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Regolamento (CE) n. 2580/2001 del Consiglio, del 27 dicembre 2001, relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo Gazzetta ufficiale n. L 344 del 28/12/2001 pag. 0070 - 0075 Regolamento (CE) n. 2580/2001 del Consigliodel 27 dicembre 2001relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismoIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 60, 301 e 308,vista la posizione comune 2001/931/PESC relativa all'applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo(1), adottata dal Consiglio il 27 dicembre 2001,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Parlamento europeo(2),considerando quanto segue:(1) Durante la riunione straordinaria del 21 settembre 2001, il Consiglio europeo ha dichiarato che il terrorismo rappresenta una vera sfida per il mondo e per l'Europa e che la lotta al terrorismo costituirà un obiettivo prioritario per l'Unione europea.(2) Il Consiglio europeo ha dichiarato che la lotta al finanziamento del terrorismo costituisce un aspetto decisivo della lotta al terrorismo e ha chiesto al Consiglio di adottare le misure necessarie a combattere qualsiasi forma di finanziamento delle attività terroristiche.(3) Con la risoluzione 1373(2001) del 28 settembre 2001, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha imposto a tutti gli Stati di congelare i capitali e le altre attività finanziarie o le risorse economiche delle persone che commettono o cercano di commettere atti terroristici, che partecipano alla loro esecuzione o che la facilitano.(4) Il Consiglio di sicurezza ha inoltre deciso che occorrerebbe adottare misure per vietare che i capitali e le altre attività finanziarie o risorse economiche siano messi a disposizione delle persone suddette, e che siano resi loro servizi finanziari o servizi connessi.(5) È necessaria l'azione della Comunità per attuare gli aspetti PESC della posizione comune 2001/931/PESC.(6) Il presente regolamento è una misura necessaria a livello comunitario e complementare alle procedure amministrative e giudiziarie applicate alle organizzazioni terroristiche nell'Unione europea e nei paesi terzi.(7) Ai fini del presente regolamento, il territorio della Comunità comprende tutti i territori degli Stati membri ai quali si applica il trattato alle condizioni stabilite nel medesimo.(8) Per tutelare gli interessi della Comunità si possono accordare determinate deroghe.(9) Quanto alla procedura per redigere e modificare l'elenco di cui all'articolo 2, paragrafo 3, del presente regolamento, il Consiglio dovrebbe esso stesso esercitare i corrispondenti poteri di attuazione riguardo ai mezzi specifici disponibili a tale scopo per i suoi membri.(10) Per prevenire l'elusione del presente regolamento, occorrerebbe istituire un adeguato sistema d'informazione e le eventuali misure correttive del caso, compresa l'adozione di atti legislativi comunitari supplementari.(11) Le autorità competenti degli Stati membri dovrebbero essere abilitate, all'occorrenza, a garantire l'osservanza delle disposizioni del presente regolamento.(12) Gli Stati membri dovrebbero determinare le sanzioni da imporre in caso di violazione delle disposizioni del presente regolamento e garantirne l'applicazione. Tali sanzioni devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive.(13) È necessario che la Commissione e gli Stati membri si informino reciprocamente delle misure adottate in base al presente regolamento e si comunichino tutte le altre informazioni in loro possesso in relazione al presente regolamento.(14) L'elenco di cui all'articolo 2, paragrafo 3 del presente regolamento può includere persone ed entità legate o facenti capo a paesi terzi oppure su cui si incentrano per altri motivi gli aspetti PESC della posizione comune 2001/931/PESC. I soli poteri d'azione previsti dal trattato ai fini dell'adozione del presente regolamento sono quelli di cui all'articolo 308.(15) La Comunità europea ha già attuato le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 1267(1999) e 1333(2000) adottando il regolamento (CE) n. 467/2001(3) congelando le attività di determinate persone e gruppi e pertanto tali persone e gruppi non sono contemplate dal presente regolamento,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1Ai fini del presente regolamento si intende per:1) "Capitali, altre attività finanziarie e risorse economiche": attività di qualsiasi natura, materiali o immateriali, mobili o immobili, indipendentemente dal modo in cui sono stati acquisite, e documenti o strumenti giuridici in qualsiasi forma, anche elettronica o digitale, da cui risulti un diritto o un interesse riguardante tali attività, tra cui crediti bancari, assegni turistici, assegni bancari, ordini di pagamento, azioni, titoli, obbligazioni, tratte e lettere di credito.2) "Congelamento di capitali, altre attività finanziarie e risorse economiche": divieto di spostare, trasferire, alterare, utilizzare o trattare i capitali in modo da modificarne il volume, l'importo, la collocazione, la proprietà, il possesso, la natura e la destinazione o da introdurre altri cambiamenti tali da consentire l'uso dei capitali in questione, compresa la gestione di portafoglio.3) "Servizio finanziario": qualsiasi servizio di natura finanziaria, compresi tutti i servizi assicurativi e connessi, nonché tutti i servizi bancari e altri servizi finanziari (esclusa l'assicurazione) quali:Servizi assicurativi e connessii) assicurazione diretta (compresa la coassicurazione):A) ramo vita;B) ramo danni;ii) riassicurazione e retrocessione;iii) intermediazione assicurativa (ad esempio attività di broker e agenzie);iv) servizi accessori, quali consulenza, calcolo attuariale, valutazione del rischio e liquidazione sinistri.Servizi bancari e altri servizi finanziari (esclusa l'assicurazione)v) accettazione dal pubblico di depositi e altri fondi rimborsabili;vi) prestiti di qualsiasi tipo, compresi crediti al consumo, crediti ipotecari, factoring e finanziamenti di operazioni commerciali;vii) leasing finanziario;viii) tutti i servizi di pagamento e trasferimento di denaro, compresi carte di credito e di addebito, assegni turistici e bonifici bancari;ix) garanzie e impegni;x) compravendita e scambi per conto proprio o di clienti, sul mercato dei cambi, sul mercato ristretto o altrimenti, di:A) strumenti del mercato monetario (compresi assegni, cambiali, certificati di deposito);B) valuta estera;C) prodotti derivati, ivi compresi, a titolo puramente esemplificativo e non limitativo, contratti a termine e a premio;D) strumenti relativi a tassi di cambio e d'interesse, inclusi "swaps" (riporti in cambi) e tassi di cambio a termine;E) titoli trasferibili;F) altri strumenti negoziabili e beni finanziari, compresi i lingotti.xi) partecipazione all'emissione di qualsiasi genere di titoli, compresi sottoscrizione e collocamento in qualità di agente (in forma pubblica o privata) e fornitura di servizi collegati;xii) intermediazione nel mercato monetario;xiii) gestione delle attività e passività, ad esempio gestione di cassa o di portafoglio, tutte le forme di gestione di investimenti collettivi, di fondi pensione, servizi di custodia, di deposito e amministrazione fiduciaria;xiv) servizi di liquidazione e compensazione relativi a beni finanziari, ivi compresi titoli, prodotti derivati e altri strumenti negoziabili;xv) disponibilità e trasferimento di informazioni finanziarie, elaborazione di dati finanziari e relativo software da parte di fornitori di altri servizi finanziari;xvi) servizi finanziari di consulenza, intermediazione e altro, relativamente a tutte le attività elencate nei commi da v) a xv), compresi referenze bancarie e informazioni commerciali, ricerche e consulenze in merito a investimenti e portafoglio, consulenze su acquisizioni e su ristrutturazioni e strategie aziendali.4) "Atto terroristico" ai fini del presente regolamento, la definizione è quella di cui all'articolo 1, paragrafo 3 della posizione comune 2001/931/PESC.5) "Possesso di una persona giuridica, gruppo o entità": possedere almeno il 50 % dei diritti di proprietà di una persona giuridica, di un gruppo o un'entità o detenere una partecipazione maggioritaria.6) "Controllo di una persona giuridica, gruppo o entità":a) avere il diritto di nominare o destituire la maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione, di gestione o di controllo di una persona giuridica, gruppo o entità;b) aver nominato, solo esercitando i propri diritti di voto, la maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione, di gestione o di controllo di una persona giuridica, gruppo o entità rimasti in carica durante l'esercizio finanziario in corso e quello precedente;c) avere il controllo totale, previo accordo con gli altri azionisti o soci di una persona giuridica, gruppo o entità, della maggioranza dei diritti di voto degli azionisti o dei soci in seno a detta persona giuridica, gruppo o entità;d) avere il diritto di esercitare un'influenza dominante su una persona giuridica, gruppo o entità, sulla base di un accordo concluso con detta persona giuridica, gruppo o entità o in virtù di una disposizione in tal senso inserita nel suo statuto, qualora la legge che disciplina detta persona giuridica, gruppo o entità consenta di assoggettarla a un accordo o a una disposizione di tal genere;e) potersi avvalere del diritto di esercitare un'influenza dominante, ai sensi della lettera d), pur non essendo il titolare di detto diritto;f) avere il diritto di utilizzare, integralmente o in parte, le attività di una persona giuridica, gruppo o entità;g) gestire una persona giuridica, gruppo o entità su base unificata, pubblicando nel contempo rendiconti consolidati;h) condividere, in modo congiunto e solidale, o garantire le passività finanziarie di una persona giuridica, gruppo o entità.Articolo 21. Fatte salve le disposizioni degli articoli 5 e 6:a) tutti i capitali, le altre attività finanziarie e le risorse economiche di cui una persona fisica o giuridica, gruppo o entità ricompresi nell'elenco di cui al paragrafo 3 detenga la proprietà o il possesso sono congelati;b) è vietato mettere, direttamente o indirettamente, a disposizione delle persone fisiche o giuridiche, gruppo o entità ricompresi nell'elenco di cui al paragrafo 3, capitali, altre attività finanziarie e risorse economiche.2. Fatti salvi gli articoli 5 e 6, è vietata la prestazione di servizi finanziari destinati alle persone fisiche o giuridiche, gruppi o entità ricompresi nell'elenco di cui al paragrafo 3.3. Il Consiglio, deliberando all'unanimità, elabora, riesamina e modifica l'elenco di persone, gruppi o entità ai quali si applica il presente regolamento in conformità delle disposizioni di cui all'articolo I, paragrafi 4, 5 e 6 della posizione comune 2001/931/PESC. Tale elenco include:i) persone che commettono o tentano di commettere atti terroristici, che partecipano alla loro esecuzione o che la facilitano;ii) persone giuridiche, gruppi o entità che commettono o tentano di commettere atti terroristici, che partecipano alla loro esecuzione o che la facilitano;iii) persone giuridiche, gruppi o entità di proprietà o sotto il controllo di una o più delle persone fisiche o giuridiche, dei gruppi e delle entità di cui ai punti i) e ii);iv) persone fisiche o giuridiche, gruppi o entità che agiscano per conto o su incarico di una o più persone fisiche o giuridiche, gruppi o entità di cui ai punti i) e ii).Articolo 31. È vietata la partecipazione, consapevole e intenzionale, ad attività che abbiano per oggetto o per effetto, direttamente o indirettamente, di eludere l'articolo 2.2. Qualsiasi informazione relativa all'elusione, già avvenuta o ancora in corso, delle disposizioni del presente regolamento viene comunicata alle autorità competenti degli Stati membri elencate nell'allegato e alla Commissione.Articolo 41. Fatte salve le regole applicabili in materia di rendicontazione, riservatezza e segreto professionale, e in applicazione dell'articolo 284 del trattato, le banche, le altre istituzioni finanziarie, le società di assicurazioni, gli altri organismi e le altre persone:- forniscono immediatamente tutte le informazioni atte ad agevolare l'osservanza del presente regolamento, quali i conti e gli importi congelati in conformità dell'articolo 2 e le operazioni eseguite a norma degli articoli 5 e 6:- alle autorità competenti dello Stato membro in cui risiedono o sono situati, elencate nell'allegato e- alla Commissione tramite dette autorità competenti,- collaborano con le autorità competenti elencate nell'allegato per verificare le informazioni fornite.2. Tutte le informazioni fornite o ricevute ai sensi del presente articolo sono usate unicamente ai fini per i quali sono state fornite o ricevute.3. Tutte le informazioni ricevute direttamente dalla Commissione sono messe a disposizione delle autorità competenti dello Stato membro interessato e del Consiglio.Articolo 51. L'articolo 2, paragrafo 1, lettera b) non si applica agli interessi versati sui conti congelati. Tali interessi sono anch'essi congelati.2. Le autorità competenti degli Stati membri elencate nell'allegato II possono rilasciare autorizzazioni specifiche, alle condizioni che ritengano appropriate per impedire il finanziamento di atti di terrorismo, per quanto riguarda:1) l'uso dei capitali congelati per soddisfare, all'interno della Comunità, un fabbisogno umano fondamentale di una persona fisica compresa nell'elenco di cui all'articolo 2, paragrafo 3 o di un suo familiare, compresi i pagamenti per alimentazione, medicinali, affitto o ipoteca per la dimora familiare, contributi e spese per le cure mediche dei suddetti familiari;2) l'uso dei conti congelati per effettuare pagamenti ai seguenti fini:a) tasse, premi di assicurazioni obbligatorie e canoni per servizi di pubblica utilità come gas, acqua, elettricità e telecomunicazioni da pagare all'interno della Comunità eb) spese bancarie dovute nella Comunità per la tenuta dei conti;3) i pagamenti a una persona, un'entità o un organismo compreso nell'elenco di cui all'articolo 2, paragrafo 3 connessi a contratti, accordi o obblighi conclusi o insorti prima dell'entrata in vigore del presente regolamento, purché detti pagamenti vengano effettuati su un conto congelato all'interno della Comunità.3. Le richieste di autorizzazione vanno rivolte all'autorità competente dello Stato membro sul cui territorio sono stati congelati i capitali e le altre attività finanziarie o risorse economiche.Articolo 61. Fatto salvo il disposto dell'articolo 2 e allo scopo di tutelare gli interessi della Comunità, che comprendono gli interessi dei suoi cittadini e residenti, le autorità competenti di uno Stato membro possono concedere autorizzazioni specifiche al fine di:- scongelare i capitali o le altre attività finanziarie o risorse economiche,- rendere disponibili i capitali o le altre attività finanziarie o risorse economiche a una persona, un'entità o un organismo compreso nell'elenco di cui all'articolo 2, paragrafo 3 o- prestare servizi finanziari a tale persona, entità o organismoprevia consultazione degli altri Stati membri, del Consiglio e della Commissione conformemente al paragrafo 2.2. Un'autorità competente che riceva una richiesta di autorizzazione di cui al paragrafo 1 notifica alle autorità competenti degli Stati membri, del Consiglio e della Commissione elencate nell'allegato e alla Commissione i motivi per i quali intende respingere la richiesta o concedere un'autorizzazione specifica, informandole dei requisiti che considera necessari per impedire il finanziamento di atti terroristici.L'autorità competente che intende concedere un'autorizzazione specifica tiene debitamente conto delle osservazioni formulate dagli Stati membri, dal Consiglio e dalla Commissione entro due settimane.Articolo 7La Commissione è abilitata a modificare l'allegato in base alle informazioni fornite dagli Stati membri.Articolo 8Gli Stati membri, il Consiglio e la Commissione si informano reciprocamente delle misure adottate ai sensi del presente regolamento e si comunicano le informazioni in loro possesso connesse al presente regolamento, in particolare quelle ricevute ai sensi degli articoli 3 e 4, e quelle riguardanti le violazioni e i problemi di applicazione o le sentenze pronunciate dai tribunali nazionali.Articolo 9Ciascuno Stato membro determina le sanzioni da imporre in caso di violazione delle disposizioni del presente regolamento. Le sanzioni devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive.Articolo 10Il presente regolamento si applica:1) nel territorio della Comunità, compreso il suo spazio aereo;2) a bordo di tutti gli aeromobili e di tutti i natanti sotto la giurisdizione di uno Stato membro;3) a tutti i cittadini di uno Stato membro che si trovano altrove;4) a tutte le persone giuridiche, gruppi o entità registrati o costituiti secondo la legislazione di uno Stato membro;5) a tutte le persone giuridiche, gruppi o entità che svolgono attività commerciali nella Comunità.Articolo 111. Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.2. Entro un anno dall'entrata in vigore del presente regolamento, la Commissione presenta una relazione sul suo impatto e propone le modifiche eventualmente necessarie.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 27 dicembre 2001.Per il ConsiglioIl PresidenteL. Michel(1) Vedi pagina 93 della presente Gazzetta ufficiale.(2) Parere espresso il 13 dicembre 2001 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 67 del 9.3.2001, pag. 1.ALLEGATOELENCO DELLE AUTORITÀ COMPETENTI DI CUI AGLI ARTICOLI 3, 4 E 5BELGIOMinistère des finances Trésorerie avenue des Arts 30 B - 1040 Bruxelles Fax (32-2) 233 75 18DANIMARCAErhvervsfremmestyrelsen Dahlerups PakhusLangelinie Alle 17DK - 2100 København Ø Tel. (45) 35 46 60 00 Fax (45) 35 46 60 01GERMANIA- concerning freeze of funds: Deutsche Bundesbank Wilhelm Eppsteinstr. 14 D - 60431 Frankfurt/Main Tel. (00-49-69)- 95 66- concerning insurances: Bundesaufsichtsamt für das Versicherungswesen (BAV) Graurheindorfer Str. 108 D - 53117 Bonn Tel. (00-49-228)- 42 28GRECIAMinistry of National Economy General Directorate of Economic Policy 5 Nikis str. GR - 105 63 Athens Tel. (00-30-1) 333 27 81-2 Fax (00-30-1) 333 27 93Yπουργείο Εθνικήs Οικονομίαs Γενική Διεύθυνση Οικονομικήs Πολιτικήs Νίκηs 5, 10562 ΑΘΗΝΑ Τηλ.: (00-30-1) 333 27 81-2 Φαξ: (00-30-1) 333 27 93SPAGNADirección General de Comercio e InversionesSubdirección General de Inversiones ExterioresMinisterio de Economía Paseo de la Castellana, 162 E - 28046 Madrid Tel. (00-34) 91 349 39 83 Fax (00-34) 91 349 35 62Dirección General del Tesoro y Política FinancieraSubdirección General de Inspección y Control de Movimientos de CapitalesMinisterio de Economía Paseo del Prado, 6 E - 28014 Madrid Tel. (00-34) 91 209 95 11 Fax (00-34) 91 209 96 56FRANCIAMinistère de l'économie, des finances et de l'industrie Direction du TrésorService des affaires européennes et internationalesSous-direction E139, rue du Bercy F - 75572 Paris Cedex 12 Tel. (33-1) 44 87 17 17 Fax (33-1) 53 18 36 15IRLANDACentral Bank of Ireland Financial Markets Department P.O. Box 559 Dame Street Dublin 2 Tel. (353-1) 671 66 66Department of Foreign AffairsBilateral Economic Relations Division76-78 Harcourt Street Dublin 2 Tel. (353-1) 408 24 92ITALIAMinistero dell'Economia e delle Finanze ...LUSSEMBURGOMinistère des affaires étrangères, du commerce extérieur, de la coopération, de l'action humanitaire et de la défense Direction des relations économiques internationales BP 1602 L - 1016 Luxembourg Tel. (352) 478-1 ou 478-2350 Fax (352) 22 20 48Ministère des Finances 3 rue de la Congrégation L - 1352 Luxembourg Tel. (352) 478-2712 Fax (352) 47 52 41PAESI BASSIMinisterie van Financiën Directie Wetgeving, Juridische en Bestuurlijke Zaken Postbus 20201 2500 EE Den Haag Nederland Tel. (31-70) 342 82 27 Fax (31-70) 342 79 05AUSTRIA- Articolo 3 Bundesministerium für Inneres - Bundeskriminalamt A - 1090 Wien Josef-Holaubek-Platz 1 Tel. (+ 431) 313 45-0 Fax ( 431) 313 45-85 290- Articolo 4 Oestereichische Nationalbank A - 1090 Wien Otto-Wagner-Platz 3 Tel. + 431) 404 20-0 Fax ( 431) 404 20-73 99 Bundesministerium für Inneres - Bundeskriminalamt A - 1090 Wien Josef-Holaubek-Platz 1 Tel. (+ 431) 313 45-0 Fax ( 431) 313 45-85 290- Articolo 5 Oestereichische Nationalbank A - 1090 Wien Otto-Wagner-Platz 3 Tel. + 431) 404 20-0 Fax ( 431) 404 20-73 99PORTOGALLOMinistério das Finanças Direcção Geral dos Assuntos Europeus e Relações Internacionais Avenida Infante D. Henrique, n.o 1, C 2.o P - 1100 Lisboa Tel.: (351-1) 882 32 40/47 Fax: (351-1) 882 32 49Ministério dos Negócios Estrangeiros Direcção Geral dos Assuntos Multilaterias/Direcção dos Serviços das Organizações Políticas Internacionais Largo do Rilvas P - 1350-179 Lisboa Tel.: (351 21) 394 60 72 Fax: (351 21) 394 60 73FINLANDIAUlkoasiainministeriö/Utrikesministeriet PL 176 SF - 00161 Helsinki Tel. (358-9) 13 41 51 Fax. (358-9) 13 41 57 07 and (358-9) 62 98 40SVEZIA- Articolo 3 Rikspolisstyrelsen (RPS) Box 12256 102 26 Stockholm tfn 08-401 90 00 fax 08-401 99 00- Articolo 4 e 6 Finanzinspektionen Box 7831 103 98 Stockholm tfn 08-787 80 00 fax 08-24 13 35- Articolo 5 Riksförsäkringsverket (RFV) 103 51 Stockholm tfn 08-786 90 00 fax 08-411 27 89REGNO UNITOHM Treasury International Financial Services Team 19 Allington Towers London SW1E 5EB United Kingdom Tel: (44-207) 270 55 50 Fax: (44-207) 270 43 65Bank of England Financial Sanctions Unit Threadneedle Street London EC2R 8AH United Kingdom Tel. (44-207) 601 46 07 Fax (44-207) 601 43 09COMUNITÀ EUROPEACommission des Communautés européennes Direction générale pour les relations extérieuresDirection PESCUnit A.2/Mr A. de VriesRue de la Loi/Wetstraat 200 B - 1049 Bruxelles/Brussel Tel.: (32-2) 295 68 80 Fax: (32-2) 296 75 63 E-mail: [email protected]
Misure restrittive per combattere il terrorismo QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Esso mira a prevenire e vietare il finanziamento di atti terroristici*. Il regolamento è stato adottato ai sensi della Posizione Comune 2001/931/PESC. PUNTI CHIAVE I Paesi dell’UE decidono all’unanimità quali persone, gruppi ed entità rientrano nell’ambito di applicazione della normativa. L’elenco include persone fisiche e giuridiche, gruppi o entità che commettono o tentano di commettere atti terroristici, che partecipano alla loro esecuzione o che la facilitano, che sono sotto il controllo o agiscono per conto di uno qualsiasi di tali gruppi. Tutti i fondi, le attività finanziarie e le risorse economiche* appartenenti a, posseduti o detenuti da chiunque o da qualsiasi organismo nella lista proscritta sono congelati e non possono essere resi disponibili a nessun altro. Cercare, consapevolmente e intenzionalmente, di evitare il congelamento di qualsiasi attività costituisce reato. I Paesi dell’UE possono consentire l’utilizzo dei capitali congelati, a determinate condizioni, per:fabbisogno personale fondamentale, quali i pagamenti per alimentazione, medicinali o per la dimora;tasse, premi di assicurazioni e servizi di pubblica utilità come gas, acqua, elettricità e telecomunicazioni, nonché spese bancarie;contratti conclusi prima che la normativa entrasse in vigore. Le banche, le società di assicurazioni e le altre istituzioni finanziarie devono fornire tutte le informazioni rilevanti sui conti congelati alle autorità nazionali. La normativa si applica:all’interno dell’Unione, compreso il suo spazio aereo e a bordo di tutti gli aeromobili e di tutti i natanti sotto la giurisdizione di un Paese dell’UE;a tutti i cittadini di un Paese dell’UE;a tutte le persone giuridiche, gruppi o entità che abbiano la sede o l’attività principale all’interno dell’Unione. Nel dicembre 2001 i governi dell’UE hanno accettato di stilare un elenco di individui, gruppi ed entità coinvolti in atti terroristici i cui fondi e attività finanziarie sono soggetti a congelamento (Posizione Comune 2001/931/PESC). DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica dal 28 dicembre 2001. CONTESTO GENERALE Nel settembre 2001, dopo gli attacchi dell’11 settembre, i leader dei governi hanno fatto della lotta al terrorismo una delle priorità dell’UE. Un modo significativo per raggiungere quest’obiettivo è combattere il finanziamento del terrorismo. Nello stesso mese, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha dato il suo sostegno al congelamento di tutte le risorse finanziarie ed economiche utilizzate per commettere atti terroristici. PAROLE CHIAVE Atti terroristici: azioni intenzionali che possono danneggiare gravemente un Paese o un’organizzazione internazionale e che sono considerati un reato ai sensi della legislazione nazionale. Fondi, altre attività finanziarie e risorse economiche: beni di qualsiasi tipo, tangibili o intangibili, mobili o immobili. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 2580/2001 del Consiglio, del 27 dicembre 2001, relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo (GU L 344 del 28.12.2001, pag. 70). DOCUMENTI CORRELATI Posizione comune 2001/931/PESC del Consiglio, del 27 dicembre 2001, relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo (GU L 344 del 28.12.2001, pag. 93).
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Accordo quadro di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee ed il Regno di Norvegia Gazzetta ufficiale n. L 078 del 24/03/1986 pag. 0027 - 0028 *****ACCORDO QUADRO di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee ed il Regno di Norvegia IL GOVERNO NORVEGESE, che agisce a nome del Regno di Norvegia, in seguito denominato « Norvegia », da un lato, IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, che agisce a nome della Comunità economica europea e LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, che agisce a nome della Comunità europea dell'energia atomica, dall'altro, considerando che, fatte salve le disposizioni pertinenti dei trattati che istituiscono le Comunità europee, il presente accordo quadro e qualsiasi azione avviata ai sensi di detto accordo non pregiudicheranno in alcun modo i poteri che spettano agli stati membri delle Comunità di avviare attività bilaterali con la Norvegia nei settori della scienza, della tecnologia, della ricerca e dello sviluppo e di concludere eventuali accordi a tal fine; considerando l'importanza della ricerca scientifica e tecnica per la Norvegia e le Comunità ed il loro interesse reciproco a cooperare in detto settore, per meglio utilizzare le risorse impiegate ed evitare inutili doppioni; considerando che in occasione della riunione di Lussemburgo del 9 aprile 1984 i ministri degli stati membri delle Comunità, i ministri degli stati membri dell'associazione europea di libera scambio (EFTA) e la Commissione hanno ritenuto che la sempre crescente interdipendenza economica tra le Comunità ed i paesi dell'EFTA giustificassero in particolare una cooperazione nel settore della ricerca e dello sviluppo ed hanno sottolineato la necessità di intensificare tali sforzi, in particolare per promuovere la mobilità dei ricercatori; che i ministri hanno peraltro auspicato che una particolare attenzione fosse riservata a determinati settori industriali e tecnologici d'avvenire; considerando che la Norvegia e la Comunità cooperano nell'ambito di differenti programmi di ricerca e nell'ambito di azioni comunitarie; considerando che la Norvegia e la Comunità economica europea hanno concluso, il 19 settembre 1985, un accordo di cooperazione relativo ad un programma di ricerca e sviluppo nel settore dei metalli e delle sostanze minerali; considerando che la Comunità economica europea e l'Ente nazionale per la ricerca e le librerie speciali in Norvegia hanno concluso il 19 dicembre 1984 un accordo di cooperazione sull'interconnessione della rete comunitaria per la trasmissione dati (DIANE) e la rete dati norvegese a fini di ricerca informazioni; considerando che la Norvegia e la Comunità economica europea cooperano anche nel quadro della cooperazione europea per la ricerca scientifica e tecnica (COST) e che esse intendono proseguire i propri sforzi in tale contesto; considerando che la Norvegia e la Comunità realizzano attualmente importanti programmi di ricerca in settori prioritari e che gli obiettivi di tali programmi coincidono in larga misura; considerando che la Norvegia e la Comunità sono interessate a cooperare nel quadro di un grande numero di questi programmi; considerando che a tal fine è auspicabile stabilire un quadro che comprenda la totalità della cooperazione tra la Norvegia e le Comunità nel settore della ricerca e che permetta di associare a detta cooperazione enti ed imprese private; che inoltre tale accordo quadro deve prevedere procedure semplici ed efficaci e rivestire un carattere dinamico, HANNO CONVENUTO LE DISPOSIZIONI SEGUENTI: A. Obiettivo dell'accordo Articolo 1 Il presente accordo definisce il quadro per lo sviluppo della cooperazione scientifica e tecnica tra la Norvegia e le Comunità nei settori di interesse comune oggetto di programmi di ricerca e sviluppo comunitari e norvegesi. Articolo 2 La cooperazione può essere realizzate tramite enti ed imprese, pubblici o privati, che partecipano in Norvegia e nelle Comunità ai programmi di ricerca di cui all'arti- colo 1. Articolo 3 La cooperazione tra la Norvegia e le Comunità deve basarsi su progetti e programmi concreti. Essa può assumere le forme seguenti: - regolari scambi di opinioni sugli orientamenti e le priorità della politica di ricerca in Norvegia e nelle Comunità e sulla pianificazione di detta politica, - scambi di opinioni sulle prospettive e sullo sviluppo della cooperazione, - trasmissione di informazioni risultanti dalla cooperazione instaurata nel presente accordo, - coordinamento di programmi e progetti realizzati in Norvegia e nelle Comunità, - partecipazione a programmi o sottoprogrammi comuni e realizzazione di azioni comuni in Norvegia e nelle Comunità. Articolo 4 La cooperazione può essere attuata con i mezzi seguenti: - riunioni comuni, - visite e scambi di ricercatori, ingegneri e tecnici, - contatti regolari e continui tra i responsabili dei programmi o progetti, - partecipazione di esperti ai seminari, simposi e gruppi di lavoro, - partecipazione a programmi o sottoprogrammi comuni ad azioni comuni, - messa a disposizione di documenti e comunicazione dei risultati dei lavori avviati nell'ambito della cooperazione. Articolo 5 Le parti contraenti possono, in qualsiasi momento, di comune accordo adattare e sviluppare la cooperazione. B. Realizzazione della cooperazione Articolo 6 La cooperazione di cui al presente accordo è realizzata attraverso accordi opportuni. Articolo 7 Gli accordi di cui all'articolo 6 specificheranno le forme ed i mezzi delle azioni di cooperazione, nonché: - gli obiettivi e il contenuto scientifico e tecnico, - le norme relative alla diffusione delle conoscenze e alla proprietà intellettuale, - le disposizioni relative alla mobilità del personale ed alla partecipazione di rappresentanti di una parte contraente agli enti dell'altra parte, - le modalità di partecipazione finanziaria agli accordi, - ogni altra opportuna modalità. Articolo 8 Gli accordi di cui all'articolo 6 saranno conclusi conformemente alle procedure in vigore per le parti contraenti. Articolo 9 Le parti si comunicano il nome degli enti e delle imprese previsti all'articolo 2, che partecipano alla cooperazione. C. Comitato misto Articolo 10 È istituito un comitato misto, denominato « Comitato di ricerca Norvegia/Comunità », incaricato di: - identificare i settori che possono prestarsi alla cooperazione ed esaminare qualsiasi misura tale da migliorare e sviluppare la cooperazione, - avere scambi regolari di opinioni sugli orientamenti e sulle priorità delle politiche in materia di ricerca, nonché sulla pianificazione della ricerca in Norvegia e nelle Comunità e sulle prospettive della cooperazione, - curare la buona esecuzione del presente accordo. Articolo 11 Il comitato misto composto da rappresentanti della Commissione e della Norvegia adotta il proprio regolamento interno. Esso si riunisce su richiesta di una parte contraente ed almeno una volta all'anno. D. Comunità europea del carbone e dell'acciaio Articolo 12 Un protocollo separato può essere concluso tra la Comunità europea del carbone e dell'acciaio ed i suoi stati membri, da un lato, e il Regno di Norvegia, dall'altro, qualora si constati un reciproco interesse alla cooperazione nei settori oggetto del trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio. E. Disposizioni finali Articolo 13 Il presente accordo sarà approvato dalle parti contraenti, nell'ambito delle procedure in vigore per ciascuna parte contraente. Esso entrerà in vigore alla data in cui le parti contraenti si saranno notificate l'espletamento delle procedure necessarie a tal fine. Articolo 14 Il presente accodo si applica, da un lato, ai territori in cui è applicabile il trattato che istituisce la Comunità economica europea, alle condizioni in esso previste e, dall'altro, al territorio del Regno di Norvegia. Articolo 15 Il presente accordo ha una durata illimitata. Ogni parte contraente può in qualsiasi momento denunciarlo o richiederne la revisione con un preavviso di dodici mesi. Articolo 16 Il presente accordo è redatto in duplice copia in lingua danese, francese, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, tedesca e norvegese, ciascun testo facente egualmente fede. Per il Consiglio e la Commissione delle Comunità europee Per il Regno di Norvegia
Cooperazione scientifica e tecnologica tra UE, Euratom e la Norvegia QUAL È LO SCOPO DELL’ACCORDO E DELLE DECISIONI? L’accordo stabilisce un quadro formale per lo sviluppo della cooperazione scientifica e tecnologica tra la Norvegia e le Comunità europee (oggi Unione europea (UE) ed Euratom) in settori di interesse comune che sono oggetto di programmi di ricerca e sviluppo. Con la sua decisione 86/88/CEE, Euratom, il Consiglio ha approvato la conclusione dell’accordo per conto dell’UE e di Euratom. Con la decisione 97/183/Euratom, la Commissione europea ha approvato la conclusione definitiva dell’accordo a nome della Comunità europea dell’energia atomica (Euratom). PUNTI CHIAVE Cooperazione La cooperazione può assumere le seguenti forme:regolari scambi di opinioni sulla direzione e le priorità delle politiche e della pianificazione della ricerca in Norvegia, nell’UE e nell’Euratom; scambi di opinioni sulle prospettive e sullo sviluppo della cooperazione; la trasmissione delle informazioni derivanti dalla cooperazione ai sensi del presente accordo; coordinamento di programmi e progetti realizzati in Norvegia e nell’UE (UE ed Euratom); la partecipazione a programmi o sottoprogrammi comuni e la realizzazione di azioni comuni tra la Norvegia e l’UE e l’Euratom.Attività La cooperazione può essere attuata nei seguenti modi:riunioni congiunte; visite e scambi di ricercatori, ingegneri e tecnici; contatti regolari tra i pianificatori di programmi o progetti e i rispettivi responsabili; partecipazione di esperti a seminari, simposi e laboratori; partecipazione a programmi o sottoprogrammi comuni e azioni comuni; disponibilità di documenti e comunicazione dei risultati del lavoro svolto nel contesto della cooperazione. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 17 luglio 1987 per un periodo indeterminato. Può essere revocato e riesaminato in qualsiasi momento da entrambe le parti con un preavviso scritto di 12 mesi. CONTESTO Le relazioni tra l’UE e la Norvegia sono disciplinate principalmente dall’Accordo sullo Spazio economico europeo, che ha creato una zona di libera circolazione di persone, servizi, beni e capitali che comprende i paesi dell’UE, l’Islanda, il Liechtenstein e la Norvegia. Per ulteriori informazioni, si consulti:La Norvegia e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna). DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo quadro di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee ed il Regno di Norvegia (GU L 78 del 24.3.1986, pag. 27). Decisione 86/88/CE del Consiglio, del 10 marzo 1986, relativa alla conclusione dell’accordo quadro di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee ed il Regno di Norvegia (GU L 78 del 24.3.1986, pag. 26). Decisione 87/183/Euratom della Commissione, del 9 marzo 1987, concernente la conclusione definitiva, a nome della Comunità europea dell’energia atomica, degli accordi di cooperazione scientifica e tecnica tra le Comunità europee ed il Regno di Svezia, la Confederazione svizzera, la Repubblica di Finlandia, il Regno di Norvegia e la Repubblica d’Austria (GU L 71 del 14.3.1987, pag. 36).
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DIRETTIVA 2009/102/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 16 settembre 2009 in materia di diritto delle società, relativa alle società a responsabilità limitata con un unico socio (versione codificata) (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 44, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) La dodicesima direttiva 89/667/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, in materia di diritto delle società relativa alle società a responsabilità limitata con un unico socio (3), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (4). È opportuno, per ragioni di chiarezza e di razionalizzazione, procedere alla codificazione di tale direttiva. (2) Occorre coordinare, al fine di renderle equivalenti in tutta la Comunità, certe garanzie che sono richieste negli Stati membri alle società ai sensi dell’articolo 48, secondo comma, del trattato, per proteggere gli interessi tanto dei soci quanto dei terzi. (3) In tale settore, da un lato la prima direttiva 68/151/CEE del Consiglio, del 9 marzo 1968, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all’articolo 58, secondo comma, del trattato, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi (5), la quarta direttiva 78/660/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1978, fondata sull’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del trattato e riguardante i conti annuali di taluni tipi di società (6), e la settima direttiva 83/349/CEE del Consiglio, del 13 giugno 1983, fondata sull’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del trattato, riguardante i conti consolidati (7), riguardanti rispettivamente la pubblicità, la validità degli obblighi e la nullità delle società, nonché i conti annuali e i conti consolidati, si applicano a tutte le società di capitali. Dall’altro lato, la seconda direttiva 77/91/CEE del Consiglio, del 13 dicembre 1976, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società di cui all’articolo 58, secondo comma, del trattato, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa (8), la terza direttiva 78/855/CEE del Consiglio, del 9 ottobre 1978, fondata sull’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del trattato e riguardante le fusioni delle società anonime (9), e la sesta direttiva 82/891/CEE del Consiglio, del 17 dicembre 1982, fondata sull’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del trattato e riguardante le scissioni delle società anonime (10), riguardanti rispettivamente la costituzione e il capitale, nonché le fusioni e le scissioni, si applicano soltanto alle società anonime. (4) È necessario uno strumento giuridico che consenta di limitare la responsabilità dell’imprenditore unico in tutta la Comunità, ferme restando le disposizioni degli Stati membri che, in casi eccezionali, prescrivono la responsabilità di siffatto imprenditore per le obbligazioni dell’impresa. (5) Una società a responsabilità limitata può avere un socio unico all’atto della sua costituzione o in seguito alla riunione di tutte le sue quote in capo a un unico socio. In attesa del coordinamento delle disposizioni nazionali in materia di diritto dei gruppi, gli Stati membri hanno facoltà di prevedere disposizioni speciali o sanzioni quando una persona fisica sia il socio unico di più società oppure quando il socio unico di una società sia una società unipersonale o qualsivoglia altra persona giuridica. L’unico obiettivo di tale facoltà è di tener conto delle particolarità esistenti in talune legislazioni nazionali. A tal fine, gli Stati membri possono, per casi specifici, prevedere limitazioni all’accesso alla società unipersonale oppure una responsabilità illimitata per il socio unico. Gli Stati membri sono liberi di elaborare norme per far fronte ai rischi che una società unipersonale può presentare data l’esistenza di un unico socio, in particolare per assicurare la liberazione del capitale sottoscritto. (6) La riunione di tutte le quote in capo a un unico socio e l’identità del socio unico dovrebbero essere oggetto di pubblicità in un registro accessibile al pubblico. (7) È necessario che tutte le decisioni prese dal socio unico in qualità di assemblea dei soci rivestano la forma scritta. (8) Anche i contratti tra il socio unico e la società da lui rappresentata dovrebbero essere redatti per iscritto, sempreché non riguardino operazioni correnti concluse a condizioni normali. (9) La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione nel diritto nazionale e di applicazione indicati nell’allegato II, parte B, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Le misure di coordinamento prescritte dalla presente direttiva si applicano alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri riguardanti le forme di società di cui all’allegato I. Articolo 2 1. La società può avere un socio unico al momento della costituzione, nonché quando tutte le quote siano cumulate in capo a un unico socio (società unipersonale). 2. In attesa del coordinamento delle disposizioni nazionali in materia di diritto dei gruppi, le legislazioni degli Stati membri possono prevedere disposizioni speciali o sanzioni: a) quando una persona fisica sia il socio unico di più società; ovvero b) quando il socio unico di una società sia una società unipersonale o qualsivoglia altra persona giuridica. Articolo 3 Quando la società diventa unipersonale in seguito al cumulo di tutte le sue quote in capo a un unico socio, un’indicazione in tal senso e l’identità del socio unico devono figurare nel fascicolo o essere trascritte nel registro di cui all’articolo 3, paragrafi 1 e 2, della direttiva 68/151/CEE, ovvero essere trascritte in un registro tenuto presso la società e accessibile al pubblico. Articolo 4 1. Il socio unico esercita i poteri demandati all’assemblea dei soci. 2. Le decisioni prese dal socio unico nelle materie di cui al paragrafo 1 sono iscritte a verbale o redatte per iscritto. Articolo 5 1. I contratti stipulati tra il socio unico e la società che egli rappresenta sono iscritti a verbale o redatti per iscritto. 2. Gli Stati membri possono non applicare il paragrafo 1 alle operazioni correnti concluse in condizioni normali. Articolo 6 Quando uno Stato membro permette la società unipersonale, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, anche per la società per azioni, si applica la presente direttiva. Articolo 7 Uno Stato membro può non permettere la società unipersonale quando la sua legislazione preveda, a favore degli imprenditori unici, la possibilità di costituire imprese a responsabilità limitata a un patrimonio destinato a una determinata attività, purché per questo tipo di impresa siano previste garanzie equivalenti a quelle imposte dalla presente direttiva, nonché dalle altre disposizioni comunitarie applicabili alle società di cui all’articolo 1. Articolo 8 Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 9 La direttiva 89/667/CEE, modificata dagli atti di cui all’allegato II, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione nel diritto nazionale e di applicazione di cui all’allegato II, parte B. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all’allegato III. Articolo 10 La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 11 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, addì 16 settembre 2009. Per il Parlamento europeo Il presidente J. BUZEK Per il Consiglio La presidente C. MALMSTRÖM (1) GU C 77 del 31.3.2009, pag. 42. (2) Parere del Parlamento europeo del 18 novembre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 13 luglio 2009. (3) GU L 395 del 30.12.1989, pag. 40. (4) Cfr. allegato II, parte A. (5) GU L 65 del 14.3.1968, pag. 8. (6) GU L 222 del 14.8.1978, pag. 11. (7) GU L 193 del 18.7.1983, pag. 1. (8) GU L 26 del 31.1.1977, pag. 1. (9) GU L 295 del 20.10.1978, pag. 36. (10) GU L 378 del 31.12.1982, pag. 47. ALLEGATO I Forme di società di cui all’articolo 1 — per il Belgio: société privée à responsabilité limitée/besloten vennootschap met beperkte aansprakelijkheid; — per la Bulgaria: дружество с ограничена отговорност, акционерно дружество; — per la Repubblica ceca: společnost s ručením omezeným; — per la Danimarca: anpartsselskaber; — per la Germania: Gesellschaft mit beschränkter Haftung; — per l’Estonia: aktsiaselts, osaühing; — per l’Irlanda: private company limited by shares or by guarantee; — per la Grecia: εταιρεία περιορισμένης ευθύνης; — per la Spagna: sociedad de responsabilidad limitada; — per la Francia: société à responsabilité limitée; — per l’Italia: società a responsabilità limitata; — per Cipro: ιδιωτική εταιρεία περιορισμένης ευθύνης με μετοχές ή με εγγύηση; — per la Lettonia: sabiedrība ar ierobežotu atbildību; — per la Lituania: uždaroji akcinė bendrovė; — per il Lussemburgo: société à responsabilité limitée; — per l’Ungheria: korlátolt felelősségű társaság, részvénytársaság; — per Malta: kumpannija privata/private limited liability company; — per i Paesi Bassi: besloten vennootschap met beperkte aansprakelijkheid; — per l’Austria: Aktiengesellschaft, Gesellschaft mit beschränkter Haftung; — per la Polonia: spółka z ograniczoną odpowiedzialnością; — per il Portogallo: sociedade por quotas; — per la Romania: societate cu răspundere limitată; — per la Slovenia: družba z omejeno odgovornostjo; — per la Slovacchia: spoločnosť s ručením obmedzeným; — per la Finlandia: osakeyhtiö/aktiebolag; — per la Svezia: aktiebolag; — per il Regno Unito: private company limited by shares or by guarantee. ALLEGATO II PARTE A Direttiva abrogata ed elenco delle sue modificazioni successive (di cui all’articolo 9) Direttiva 89/667/CEE del Consiglio (GU L 395 del 30.12.1989, pag. 40). Allegato I, punto XI, lettera A, dell’atto di adesione del 1994 (GU C 241 del 29.8.1994, pag. 194). Allegato II, punto 4, lettera A, dell’atto di adesione del 2003 (GU L 236 del 23.9.2003, pag. 338). Direttiva 2006/99/CE del Consiglio (GU L 363 del 20.12.2006, pag. 137). limitatamente alla lettera A, punto 4, dell’allegato PARTE B Elenco dei termini di attuazione nel diritto nazionale e di applicazione (di cui all’articolo 9) Direttiva Termine di attuazione Data di applicazione 89/667/CEE 31 dicembre 1991 Soltanto dal 1o gennaio 1993 per le società già esistenti il 1o gennaio 1992. 2006/99/CE 1o gennaio 2007 ALLEGATO III TAVOLA DI CONCORDANZA Direttiva 89/667/CEE Presente direttiva Articolo 1, alinea Articolo 1 Articolo 1, dal primo al ventisettesimo trattino Allegato I Articoli da 2 a 7 Articoli da 2 a 7 Articolo 8, paragrafo 1 — Articolo 8, paragrafo 2 — Articolo 8, paragrafo 3 Articolo 8 — Articolo 9 — Articolo 10 Articolo 9 Articolo 11 — Allegato I — Allegato II — Allegato III
Società a responsabilità limitata unipersonale QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Crea uno strumento giuridico che permette di limitare la responsabilità dell’imprenditore individuale all’interno dell’Unione europea (UE). Stabilisce le norme applicabili alle società a responsabilità limitata con un unico socio. Codifica e abroga la Dodicesima direttiva 89/667/CEE in materia di diritto delle società. PUNTI CHIAVE La società può avere un unico socio all’atto della costituzione nonché in seguito al cumulo di tutte le sue quote in un’unica mano (società unipersonale). Quando la società diventa unipersonale in seguito al cumulo di tutte le sue quote in un’unica mano, la relativa indicazione e l’identità del socio unico devono sia essere trascritte in un registro tenuto presso la società e accessibile al pubblico, sia figurare nel fascicolo o essere trascritte nel registro centrale, nel registro di commercio o nel registro delle imprese. Il socio unico esercita i poteri demandati all’assemblea dei soci. Le decisioni del socio unico e i contratti stipulati tra tale persona e la società da lui o da lei rappresentata sono iscritti a verbale o redatti per iscritto. Se un paese dell’UE permette la società per azioni unipersonale, si applicano le norme della presente direttiva. La direttiva 2013/24/UE ha adattato la direttiva, aggiungendo la Croazia all’elenco dei paesi presenti nell’allegato I in seguito all’adesione di tale paese all’UE. DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? Si applica dal 21 ottobre 2009. La direttiva 2009/102/CE codifica e sostituisce la direttiva 89/667/CEE e successive modifiche. La direttiva originale 89/667/UE doveva essere recepita pei paesi dell’UE entro il 1992. CONTESTO Per ulteriori informazioni sul diritto delle società dell’UE si consulti:Diritto delle società e direzione d’azienda (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2009/102/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, in materia di diritto delle società, relativa alle società a responsabilità limitata con un unico socio (GU L 258 dell’1.10.2009, pag. 20). Le successive modifiche alla direttiva 2009/102/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentario.
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Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica argentina Gazzetta ufficiale n. L 006 del 11/01/2000 pag. 0032 - 0038 ACCORDOdi cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica argentinaLa COMUNITÀ EUROPEA (in seguito denominata "la Comunità"),da una parte, ela REPUBBLICA ARGENTINA (in seguito denominata "Argentina"),dall'altra,in seguito denominate le "parti",CONSIDERATO l'accordo quadro di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la Repubblica argentina del 2 aprile 1990;CONSIDERATA l'importanza che riveste la ricerca scientifica e tecnologica per lo sviluppo economico e sociale delle parti;CONSIDERATA la cooperazione scientifica e tecnologica in atto tra la Comunità e l'Argentina;CONSIDERATO che la Comunità europea e l'Argentina stanno conducendo ricerche e attività tecnologiche, ivi compresi progetti di dimostrazione secondo la definizione dell'articolo 2, lettera d), in alcuni settori di interesse comune e che le parti possono trarre reciproco vantaggio dalla partecipazione alle rispettive attività di ricerca e sviluppo a condizioni di reciprocità;DESIDERANDO stabilire una base formale per la cooperazione nel campo della ricerca scientifica e tecnologica che consenta di ampliare e rafforzare le attività di cooperazione in settori di interesse comune e di promuovere l'applicazione dei risultati di tale cooperazione a vantaggio del loro sviluppo economico e sociale;CONSIDERATO che il presente accordo di cooperazione scientifica e tecnologica si colloca nel contesto della cooperazione globale tra l'Argentina e la Comunità,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1ObiettivoLe parti promuovono, sviluppano e agevolano attività di cooperazione tra la Comunità e l'Argentina in settori d'interesse comune in cui conducono attività di ricerca e sviluppo scientifico e tecnologico.Articolo 2DefinizioniAi fini del presente accordo, si intende per:a) "attività di cooperazione", qualunque attività che le parti intraprendono o finanziano ai sensi del presente accordo, compresa la ricerca congiunta;b) "informazioni", dati scientifici o tecnici, risultati o metodi di ricerca e sviluppo frutto della ricerca congiunta e qualsiasi altro dato ritenuto necessario dai partecipanti alle attività di cooperazione, incluse, se del caso, le parti stesse;c) "proprietà intellettuale", la definizione data dall'articolo 2 della convenzione che istituisce l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, conclusa a Stoccolma il 14 luglio 1967;d) "ricerca congiunta", ricerca, sviluppo tecnologico o dimostrazione condotta con o senza il finanziamento di una delle parti o di entrambe, che comporti la collaborazione di partecipanti sia della Comunità che dell'Argentina e che sia designata per iscritto come ricerca congiunta dalle parti o da agenzie e organismi delle parti che attuino programmi di ricerca scientifica. Se il finanziamento è erogato da una sola parte, la designazione spetta alla parte finanziatrice e ai partecipanti al progetto. Per "progetti di dimostrazione" si intendono progetti che sono destinati a comprovare l'efficienza economico-finanziaria di nuove tecnologie che offrono un potenziale beneficio economico, ma che non possono essere commercializzate direttamente;e) "partecipante" o "organismo" di ricerca, qualsiasi persona fisica o giuridica, istituto di ricerca o qualunque altro soggetto giuridico o impresa avente sede nella Comunità o in Argentina, che partecipi ad attività di cooperazione, incluse le parti stesse.Articolo 3PrincipiLe attività di cooperazione sono svolte sulla base dei principi seguenti:a) il vantaggio reciproco fondato su una ripartizione equilibrata dei vantaggi;b) l'accesso reciproco alle attività di ricerca e sviluppo tecnologico intraprese dalle parti;c) lo scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sulle attività di cooperazione;d) una tutela adeguata dei diritti di proprietà intellettuale.Articolo 4Settori di cooperazioneLa cooperazione ai sensi del presente accordo può estendersi a tutte le azioni di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione, in seguito denominate "RST", rientranti nella prima azione del programma quadro e definite dall'articolo 164 del trattato che istituisce la Comunità europea e a tutte le azioni di RST analoghe condotte in Argentina nei corrispondenti settori scientifici e tecnici.Il presente accordo lascia impregiudicata la partecipazione dell'Argentina, in quanto paese in via di sviluppo, alle attività della Comunità nel campo della ricerca ai fini dello sviluppo.Articolo 5Modalità delle attività di cooperazionea) Le Parti favoriscono la partecipazione degli organismi di ricerca alle attività di cooperazione ai sensi del presente accordo, in conformità delle rispettive politiche interne e legislazioni, con l'obiettivo di offrire opportunità comparabili di partecipazione alle rispettive attività di ricerca e sviluppo scientifico e tecnologico.b) Le attività di cooperazione possono assumere le forme seguenti:- partecipazione di organismi di ricerca argentini a progetti di RST previsti dalla prima azione del programma quadro e reciproca partecipazione di organismi di ricerca aventi sede nella Comunità a progetti argentini intrapresi in settori analoghi di RST. Tale partecipazione è soggetta alle regole e alle procedure applicabili previste dai programmi di RST di ciascuna delle parti;- collaborazione in progetti di RST già in atto in conformità delle procedure previste dai programmi di RST delle parti;- visite e scambi di personale scientifico e personale tecnico;- organizzazione in comune di seminari, conferenze, simposi e workshop e partecipazione di esperti a tali attività;- azioni concertate;- scambi o condivisione di attrezzature e materiali;- scambi di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi rilevanti ai fini della cooperazione ai sensi del presente accordo;- qualsiasi altra modalità raccomandata dal comitato direttivo previsto dall'articolo 6, lettera b), e ritenuta conforme alle politiche e alle procedure applicabili in entrambe le parti.I progetti congiunti di RST sono attuati dopo che i partecipanti hanno elaborato un piano di gestione della tecnologia, secondo quanto indicato nell'allegato del presente accordo.Articolo 6Coordinamento e agevolazione delle attività di cooperazionea) Ai fini del presente accordo, le parti designano le seguenti autorità, quali organi esecutivi incaricati del coordinamento e dell'agevolazione delle attività di cooperazione: per conto dell'Argentina, il segretariato di scienza e tecnologia del ministero della Cultura e dell'Istruzione, o altra autorità che l'Argentina potrà notificare in qualsiasi momento con preavviso scritto e, per conto della Comunità, i rappresentanti della Commissione delle Comunità europee.b) Gli organi esecutivi istituiscono un comitato direttivo per la cooperazione nella RST (in seguito denominato "comitato direttivo") a cui è affidata la gestione del presente accordo. Il comitato direttivo è formato da un numero pari di rappresentanti ufficiali per ciascuna parte; esso adotta il proprio regolamento interno.c) Il comitato direttivo svolge, tra l'altro, le seguenti funzioni:1) promuove e controlla le varie attività di cooperazione menzionate all'articolo 4 del presente accordo, nonché le attività eventualmente intraprese a titolo di cooperazione nel quadro della RST ai fini dello sviluppo;2) indica, tra i possibili settori di cooperazione ai sensi dell'articolo 5, lettera b), primo trattino, quali sono i settori e i sottosettori prioritari di reciproco interesse in cui è opportuno cooperare;3) propone, ai sensi dell'articolo 5, lettera b), secondo trattino, ai ricercatori di entrambe le parti le collaborazioni nei progetti da loro attuati che possono essere reciprocamente vantaggiose e complementari;4) formula raccomandazioni ai sensi dell'articolo 5, lettera b), settimo trattino;5) consiglia alle parti metodi per valorizzare e rafforzare la cooperazione, coerenti con i principi stabiliti dal presente accordo;6) esamina l'efficienza e l'applicazione dell'accordo;7) compila ogni anno una relazione destinata alle parti sullo stato della cooperazione intrapresa in virtù del presente accordo, sul livello raggiunto dalla stessa e sui suoi risultati. Tale relazione è inviata al comitato misto istituito dall'accordo quadro di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la Repubblica argentina del 2 aprile 1990.d) Il comitato direttivo si riunisce normalmente una volta all'anno, preferibilmente prima della riunione del comitato misto istituito dall'accordo quadro di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la Repubblica argentina del 2 aprile 1990, nelle date concordate, e informa detto comitato dell'esito delle riunioni. Le riunioni si tengono alternativamente nella Comunità e in Argentina. Su richiesta di una delle parti, possono essere convocate riunioni straordinarie.e) Ciascuna parte si fa carico delle spese relative alla propria partecipazione alle riunioni del comitato direttivo. I costi diversi dalle spese di viaggio e di soggiorno direttamente connessi alle riunioni del comitato direttivo sono a carico della parte ospitante.Articolo 7Finanziamentoa) Le attività di cooperazione sono subordinate alla disponibilità di fondi sufficienti e all'osservanza delle leggi, delle politiche e dei programmi applicabili nelle parti. I costi sostenuti dai partecipanti alle attività di cooperazione non possono comportare trasferimenti di fondi da una parte all'altra.b) Qualora programmi specifici di cooperazione di una delle parti prevedano il finanziamento dei partecipanti dell'altra parte, qualsiasi sovvenzione, contributo finanziario o di altro tipo erogato da una parte ai partecipanti dell'altra a favore di tali attività deve essere esentato da tasse e dazi doganali, in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari applicabili nel territorio di ciascuna parte.Articolo 8Circolazione del personale e delle apparecchiatureOgni parte adotta le misure necessarie e si adopera, nel rispetto delle disposizioni legislative e regolamentari applicabili nel territorio di ciascuna delle parti, al fine di agevolare l'entrata, il soggiorno e l'uscita dal suo territorio di persone, materiali, dati e apparecchiature inerenti o impiegati in attività di cooperazione individuate dalle parti ai sensi delle disposizioni del presente accordo.Articolo 9Divulgazione e utilizzazione di informazioniPer quanto riguarda la titolarità, la divulgazione e l'uso di informazioni nonché la proprietà intellettuale sorta nel contesto della partecipazione a progetti comunitari di RST, gli organismi di ricerca aventi sede in Argentina, che partecipano a progetti comunitari di RST, sono tenuti ad osservare le norme sulla diffusione dei risultati della ricerca derivanti da programmi specifici comunitari di RST e le disposizioni dell'allegato del presente accordo.Gli organismi di ricerca aventi sede nella Comunità, che partecipano a progetti di RST argentini, hanno, per quanto riguarda la titolarità, la divulgazione e l'uso di informazioni nonché la proprietà intellettuale sorta nell'ambito di tale partecipazione, gli stessi diritti ed obblighi degli organismi di ricerca argentini e sono soggetti alle disposizioni dell'allegato del presente accordo.L'allegato sui diritti di proprietà intellettuale forma parte integrante del presente accordo.Articolo 10Ambito d'applicazione territorialeIl presente accordo si applica ai territori cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni previste da detto trattato, e al territorio della Repubblica argentina.Articolo 11Entrata in vigore, denuncia e composizione delle controversiea) Il presente accordo entra in vigore alla data dell'ultima delle comunicazioni scritte mediante le quali le parti si sono notificate l'avvenuto espletamento delle procedure previste dai rispettivi ordinamenti per l'entrata in vigore dell'accordo.b) Il presente accordo è concluso per un periodo iniziale di cinque anni e può essere tacitamente prorogato di quinquennio in quinquennio, previa valutazione effettuata nel corso del penultimo anno di ogni quinquennio.c) Il presente accordo può essere modificato con il consenso delle parti. Le modificazioni entrano in vigore secondo le stesse modalità di cui alla lettera a).d) Il presente accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da ciascuna delle parti con preavviso scritto di sei mesi inoltrato per via diplomatica. La cessazione o la denuncia del presente accordo lasciano impregiudicati la validità e la durata degli accordi stipulati nel suo contesto, nonché i diritti e gli obblighi attribuiti a norma dell'allegato.e) Qualsiasi questione o controversia relativa all'interpretazione o all'attuazione del presente accordo sarà composta consensualmente tra le parti.In fede di che, i plenipotenziari sottoscritti hanno apposto le loro firme in calce al presente accordo.Fatto a Bruxelles, il venti settembre millenovecentonovantanove, in duplice copia, nelle lingue danese, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese e tedesca, ciascun testo facente ugualmente fede.Per la Comunità europea>PIC FILE= "L_2000006IT.003501.EPS">Per la Repubblica argentina>PIC FILE= "L_2000006IT.003502.EPS">ALLEGATODIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALEL'allegato forma parte integrante dell' "Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica argentina", in seguito denominato "accordo".I diritti di proprietà intellettuale sorti o ceduti in virtù dell'accordo sono attribuiti secondo le disposizioni del presente allegato.I. Ambito di applicazioneIl presente allegato si applica alla ricerca congiunta condotta ai sensi dell'accordo, salvo che sia diversamente convenuto tra le parti.II. Titolarità, attribuzione ed esercizio dei diritti1. Agli effetti del presente allegato, la definizione di "proprietà intellettuale" è quella data dall'articolo 2, lettera c) dell'accordo.2. Il presente allegato disciplina l'attribuzione dei diritti, degli interessi e delle royalties alle parti e ai partecipanti. Ciascuna delle parti e i suoi partecipanti provvedono affinché l'altra parte e i partecipanti dell'altra parte ottengano i diritti di proprietà intellettuale loro spettanti a norma dell'allegato. Il presente allegato non modifica né pregiudica altrimenti la ripartizione di diritti, interessi e royalties tra una parte ed i suoi cittadini o partecipanti, che è disciplinata dalle norme e dalle procedure previste dall'ordinamento di ciascuna parte.3. Le parti si attengono inoltre ai seguenti principi, che devono essere riportati nei contratti conclusi in base al presente accordo:a) protezione effettiva della proprietà intellettuale. Le parti e/o i partecipanti, secondo il caso, si impegnano a darsi reciproca comunicazione, entro un termine ragionevole, di qualunque proprietà intellettuale sorta nell'ambito dell'accordo e a provvedere tempestivamente alla protezione di tale diritto;b) sfruttamento effettivo dei risultati, tenendo conto dei contributi delle parti e dei loro partecipanti;c) trattamento non discriminatorio dei partecipanti dell'altra parte rispetto al trattamento accordato ai propri partecipanti;d) protezione delle informazioni commerciali riservate.4. I partecipanti elaborano congiuntamente un piano di gestione della tecnologia che determina la titolarità e l'uso, inclusa la pubblicazione, delle informazioni e delle invenzioni od opere oggetto di proprietà intellettuale che dovessero essere create nell'ambito della ricerca congiunta. Il piano di gestione della tecnologia deve essere approvato dal dipartimento o dall'agenzia che eroga i fondi della parte finanziatrice della ricerca, prima della conclusione dei contratti specifici di cooperazione nelle attività di ricerca e sviluppo, ai quali deve essere allegato. Il piano di gestione della tecnologia deve essere elaborato tenendo conto delle finalità della ricerca congiunta, del relativo finanziamento e degli altri contributi delle parti e dei partecipanti, della convenienza di stabilire un regime di licenze territoriali o per campi di utilizzazione, del trasferimento di dati, beni o servizi la cui esportazione è controllata, dei requisiti prescritti dalle leggi applicabili e di ogni altro fattore che i partecipanti ritengano rilevante. Il piano di gestione della tecnologia definisce anche i diritti e gli obblighi in materia di proprietà intellettuale per quanto riguarda le ricerche condotte da ricercatori ospiti (cioè ricercatori che non provengono dalle parti né sono partecipanti).Il piano di gestione della tecnologia è un accordo specifico sottoscritto dai partecipanti al fine di regolare l'attuazione della ricerca congiunta ed i rispettivi diritti ed obblighi.Normalmente, per quanto riguarda la proprietà intellettuale, il piano di gestione della tecnologia disciplina, tra l'altro, i seguenti aspetti: la titolarità, la protezione e l'oggetto dei diritti di utilizzazione a fini di ricerca e sviluppo, di sfruttamento e di divulgazione, inclusa la pubblicazione in comune, i diritti e gli obblighi dei ricercatori ospiti e le procedure di composizione delle controversie. Il piano di gestione della tecnologia può disciplinare anche le conoscenze di base e le nuove conoscenze, le licenze e gli elementi da fornire.5. Se nel corso della ricerca congiunta sono ottenute conoscenze o sorgono diritti di proprietà intellettuale non contemplati dal piano di gestione della tecnologia, la titolarità di tali conoscenze o diritti è attribuita, con il consenso di entrambe le parti, in conformità dei principi stabiliti dal piano di gestione della tecnologia. In caso di disaccordo, la titolarità di tali conoscenze o diritti spetta in comune a tutti partecipanti alla ricerca congiunta che ha generato le conoscenze o i diritti. Ciascun partecipante a cui si applica la presente disposizione ha diritto di sfruttare economicamente tali conoscenze e diritti di proprietà intellettuale senza limiti geografici.6. Ciascuna parte provvede affinché siano attribuiti all'altra parte ed ai partecipanti di questa i diritti di proprietà intellettuale loro spettanti in conformità di tali principi.7. Compatibilmente con il mantenimento della concorrenza nei settori in cui opererà l'accordo, ciascuna parte fa il possibile per assicurare che i diritti acquistati in base al presente protocollo e ai contratti stipulati nel suo contesto siano esercitati in modo tale da promuovere:i) la divulgazione e l'utilizzazione delle informazioni create, rivelate o altrimenti rese disponibili ai sensi dell'accordo, eii) l'adozione e l'applicazione di norme tecniche internazionali.8. La cessazione o la denuncia dell'accordo lasciano impregiudicati i diritti e gli obblighi attribuiti a norma del presente allegato.III. Opere oggetto di diritto d'autore e letteratura scientificaAi diritti d'autore spettanti alle parti o ai partecipanti si applica la disciplina della Convenzione di Berna (Atto di Parigi 1971). Il diritto d'autore può avere per oggetto soltanto espressioni e non idee, procedure, metodi operativi o concetti matematici in quanto tali. Le limitazioni o le deroghe ai diritti di esclusiva sono ammesse solo in casi speciali e non possono impedire il normale sfruttamento dell'opera né pregiudicare gli interessi del titolare del diritto.Salvo diverse disposizioni del piano di gestione della tecnologia e quanto previsto alla sezione II, i risultati della ricerca sono pubblicati in comune dalle parti o dai partecipanti alla ricerca congiunta. Fermo restando tale principio generale, si applicano le seguenti disposizioni:1) in caso di pubblicazione ad opera di una parte o di un organismo pubblico facente capo a una parte di riviste, articoli, relazioni o libri di carattere scientifico o tecnico, inclusi video e software, che siano frutto di una ricerca congiunta condotta ai sensi dell'accordo, l'altra parte ha diritto di ottenere una licenza non esclusiva, irrevocabile, a titolo gratuito e valida in tutti i paesi, che le consenta di tradurre, riprodurre, adattare, trasmettere e distribuire al pubblico tali opere.2) Le parti assicurano che le opere di letteratura scientifica frutto di una ricerca congiunta condotta ai sensi dell'accordo e pubblicate da editori indipendenti abbiano la più ampia diffusione possibile.3) Ogni riproduzione destinata al pubblico di un'opera tutelata da diritto d'autore, prodotta a norma delle presenti disposizioni, deve indicare i nomi degli autori dell'opera, salvo quelli che espressamente richiedano di non essere citati. Deve inoltre contenere una menzione chiara e visibile del contributo di cooperazione erogato dalle parti.IV. Invenzioni, scoperte ed altri ritrovati scientifici e tecnologiciLe invenzioni, le scoperte ed altri ritrovati scientifici e tecnologici creati nell'ambito di attività di cooperazione svolte direttamente dalle parti sono di proprietà delle parti stesse, salvo diverso accordo tra le parti.V. Informazioni esclusiveA. Informazioni esclusive documentali1. Ciascuna delle parti e, se del caso, le agenzie e i partecipanti di questa devono indicare quanto prima possibile, preferibilmente nel piano di gestione della tecnologia, le informazioni esclusive che esse intendono mantenere segrete con riferimento all'accordo, sulla base, tra l'altro, dei seguenti criteri:a) segretezza delle informazioni, nel senso che non deve trattarsi di informazioni già note o conoscibili con mezzi leciti da esperti del settore nella loro individualità o nell'esatta configurazione o insieme degli elementi che le compongono;b) il valore commerciale reale o potenziale dell'informazione in virtù della sua segretezza;c) protezione precedente delle informazioni, nel senso che esse devono essere state oggetto delle precauzioni richieste dalle circostanze e poste in essere dal loro legittimo detentore per mantenerne la segretezza.Le parti ed i loro partecipanti possono convenire in taluni casi che, salvo diversa indicazione, tutte o parte delle informazioni fornite, scambiate o create nel corso di una ricerca congiunta condotta ai sensi dell'accordo devono essere tenute segrete.2. Ciascuna parte identifica o assicura che i propri partecipanti identifichino chiaramente le informazioni esclusive, per esempio mediante apposito timbro o menzione. Ciò vale anche per le riproduzioni, integrali o parziali, di dette informazioni.La parte che riceve informazioni esclusive ai sensi dell'accordo si impegna ad osservare l'obbligo del segreto. Tale obbligo cessa automaticamente quando le informazioni sono rese di pubblico dominio dal titolare.3. Le informazioni esclusive comunicate ai sensi dell'accordo possono essere rivelate dalla parte che le riceve a personale interno o da essa assunto, nonché ad altri suoi dipartimenti o uffici autorizzati ai fini specifici della ricerca congiunta in corso, a condizione che le informazioni esclusive così comunicate siano regolate da un accordo scritto sulla riservatezza e siano rese facilmente riconoscibili in quanto tali nel modo sopra indicato.4. Previo consenso scritto della parte che fornisce le informazioni esclusive, la parte che riceve dette informazioni può divulgarle in maniera più ampia di quanto consentito ai sensi del paragrafo 3. Le parti collaborano al fine di stabilire le procedure in base alle quali può essere chiesto ed ottenuto il consenso scritto preliminare a una più ampia divulgazione delle informazioni esclusive. Ciascuna parte si impegna a rilasciare tale consenso nei limiti consentiti dalla propria legislazione e dalle proprie politiche.B. Informazioni esclusive non documentaliAlle informazioni esclusive non documentali e ad ogni altra informazione confidenziale fornita nel corso di seminari o altre riunioni indette ai sensi dell'accordo, nonché alle informazioni apprese attraverso il personale distaccato, l'uso di strutture o l'esecuzione di progetti congiunti, le parti ed i loro partecipanti applicano le disposizioni previste per le informazioni documentali, a condizione che i soggetti che ricevono tali informazioni esclusive, confidenziali o segrete siano resi edotti del carattere confidenziale o segreto delle informazioni all'atto della comunicazione delle stesse.C. ControlloCiascuna parte si impegna a controllare l'osservanza delle disposizioni dell'accordo per quanto riguarda l'obbligo di mantenere il segreto sulle informazioni esclusive. Se una delle parti si rende conto che non è in grado o presumibilmente non sarà in grado di osservare le disposizioni sull'obbligo del segreto contenute nelle sezioni A e B, ne informa immediatamente l'altra parte. Le parti quindi si consultano per definire gli interventi del caso.
Cooperazione scientifica e tecnologica tra l’UE e l’Argentina QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE? L’accordo stabilisce un quadro formale di cooperazione volto a incoraggiare, sviluppare e agevolare attività negli ambiti scientifici e tecnologici di comune interesse. Con questa decisione, il Consiglio ha approvato la conclusione dell’accordo per conto della Comunità europea (attuale UE). PUNTI CHIAVE Le attività condotte nell’ambito dell’accordo si basano su una serie di principi:beneficio reciproco fondato su una ripartizione equilibrata dei vantaggi; accesso reciproco alle attività; scambio tempestivo delle informazioni; tutela adeguata dei diritti di proprietà intellettuale.Settori di cooperazione L’accordo può riguardare le attività nell’ambito dell’attuazione dei programmi di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione di entrambe le parti. Attività Le attività di cooperazione possono assumere le forme seguenti:partecipazione di organismi di ricerca argentini a progetti di RST nell’ambito del programma quadro di ricerca e innovazione dell’UE (R&I) e reciproca partecipazione di organismi di ricerca aventi sede nell’UE a progetti argentini intrapresi in settori analoghi; collaborazione in progetti di RST già in atto in conformità delle procedure previste dai programmi di R&I delle parti; visite e scambi di personale scientifico e personale tecnico; organizzazione congiunta di seminari scientifici, conferenze, simposi e workshop e partecipazione di esperti a tali attività; azioni concertate; scambi o condivisione di attrezzature e materiali; scambi di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi rilevanti ai fini della cooperazione ai sensi del presente accordo; qualsiasi altra modalità raccomandata dal comitato direttivo come previsto dall’articolo 6 dell’accordo. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 28 maggio 2001 per un periodo iniziale di 5 anni e potrebbe essere tacitamente rinnovato a seguito di una valutazione durante il penultimo anno di ogni quinquennio successivo. Può essere risolto in qualsiasi momento da entrambe le parti con un preavviso scritto di sei mesi. CONTESTO La base di una più ampia cooperazione politica tra l’UE e l’Argentina è l’Accordo quadro di cooperazione commerciale ed economica del 1990 che stabilisce le basi per la cooperazione nel commercio estero, nell’economia, nell’agricoltura e nell’industria. Per ulteriori informazioni, si veda:Relazioni UE- Argentina (Servizio europeo per l’azione esterna).Per maggiori informazioni sulla cooperazione nell’ambito della ricerca e dell’innovazione (R&I) con l’Argentina, consultare:Cooperazione internazionale R&I con l’Argentina (Commissione europea). DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica argentina (GU L 6 dell’11.1.2000, pag. 32). Decisione 2000/15/CE del Consiglio, del 2 dicembre 1999, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica argentina (GU L 6 dell’11.1.2000, pag. 31).
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32011L0064
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DIRETTIVA 2011/64/UE DEL CONSIGLIO del 21 giugno 2011 relativa alla struttura e alle aliquote dell’accisa applicata al tabacco lavorato (codificazione) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 113, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Parlamento europeo, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo, deliberando secondo una procedura legislativa speciale, considerando quanto segue: (1) Le direttive del Consiglio 92/79/CEE, del 19 ottobre 1992, relativa al ravvicinamento delle imposte sulle sigarette (1), 92/80/CEE, del 19 ottobre 1992, relativa al ravvicinamento delle imposte sui tabacchi lavorati diversi dalle sigarette (2), e 95/59/CE, del 27 novembre 1995, relativa alle imposte diverse dall’imposta sul volume d’affari che gravano sul consumo dei tabacchi lavorati (3), hanno subito diverse e sostanziali modificazioni (4). È opportuno, per motivi di chiarezza e di razionalizzazione, procedere alla codificazione di dette direttive incorporandole in un unico atto. (2) La normativa dell’Unione in materia di tassazione dei prodotti del tabacco deve garantire il corretto funzionamento del mercato interno e, al contempo, un livello elevato di protezione della salute, come richiesto dall’articolo 168 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, tenendo presente che i prodotti del tabacco possono nuocere gravemente alla salute e che l’Unione è parte della convenzione quadro dell’Organizzazione mondiale della sanità per il controllo del tabacco (FCTC). È opportuno tener conto della situazione esistente per ciascuno dei vari tipi di tabacchi lavorati. (3) Uno degli obiettivi del trattato nei riguardi dell’Unione europea è preservare un’unione economica che presenti caratteristiche analoghe a quelle di un mercato interno in cui ci sia una sana concorrenza. La realizzazione di tale obiettivo nel settore dei tabacchi lavorati presuppone l’applicazione, negli Stati membri, di accise sui prodotti di tale settore che non falsino le condizioni di concorrenza e non ne ostacolino la libera circolazione nell’Unione. (4) È opportuno definire i vari tipi di tabacchi lavorati che si differenziano tra loro per le rispettive caratteristiche e per gli usi cui sono destinati. (5) Occorre distinguere tra il tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette e gli altri tabacchi da fumo. (6) È opportuno considerare quali sigarette anche i rotoli di tabacco che possono essere fumati tali e quali o previa una semplice manipolazione manuale, ai fini di una tassazione uniforme di detti prodotti. (7) Occorre precisare la nozione di produttore quale persona fisica o giuridica che confeziona effettivamente i prodotti del tabacco e stabilisce il prezzo massimo di vendita al minuto per ciascuno Stato membro in cui detti prodotti sono destinati a essere immessi in consumo. (8) Nella prospettiva di una tassazione uniforme ed equa, è opportuno stabilire una definizione di sigarette, sigari e sigaretti e di altro tabacco da fumo affinché, rispettivamente, ai fini delle accise, i rotoli di tabacco che, per lunghezza, possono essere considerati come due sigarette o più vengano trattati come tali, un tipo di sigaro simile, per molti aspetti, a una sigaretta venga trattato come una sigaretta, il tabacco da fumo simile, per molti aspetti, al tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare sigarette venga trattato come tabacco trinciato a taglio fino e i cascami di tabacco siano chiaramente definiti. Tenuto conto delle difficoltà economiche che potrebbero derivare per gli operatori tedeschi e ungheresi interessati da un’attuazione immediata, la Germania e l’ Ungheria dovrebbero essere autorizzate a rinviare l’applicazione della definizione di sigarette e sigari fino al 1o gennaio 2015. (9) L’armonizzazione delle strutture per quanto riguarda le accise dei tabacchi deve, in particolare, far sì che la competitività delle varie categorie di tabacchi lavorati appartenenti a uno stesso gruppo non sia falsata dagli effetti dell’imposizione e che, di conseguenza, sia realizzata l’apertura dei mercati nazionali degli Stati membri. (10) Le esigenze della concorrenza implicano un sistema di prezzi che si formino liberamente per tutti i gruppi di tabacchi lavorati. (11) La struttura dell’accisa sulle sigarette deve comprendere, oltre a un elemento specifico determinato per unità di prodotto, un elemento proporzionale basato sul prezzo di vendita al minuto comprensivo di tutte le imposte. Avendo l’imposta sul volume d’affari relativa alle sigarette lo stesso effetto di un’accisa ad valorem, è opportuno tenerne conto nello stabilire il rapporto fra l’elemento specifico dell’accisa e l’onere fiscale totale. (12) Fatta salva la struttura fiscale mista e la percentuale massima dell’elemento specifico nell’onere fiscale totale, è opportuno che gli Stati membri dispongano di mezzi efficaci per applicare accise specifiche o minime sulle sigarette così da garantire l’applicazione di almeno un determinato onere fiscale minimo in tutta l’Unione. (13) Per il corretto funzionamento del mercato interno, è necessario fissare accise minime per le diverse categorie di tabacchi lavorati. (14) Riguardo alle sigarette, è opportuno garantire condizioni neutre di concorrenza per i produttori, ridurre la frammentazione dei mercati del tabacco e mettere in rilievo gli obiettivi di tipo sanitario. Un requisito minimo ad valorem dovrebbe quindi essere espresso in termini di prezzo medio ponderato di vendita al minuto, mentre un importo minimo dovrebbe applicarsi a tutte le sigarette. Per gli stessi motivi, il prezzo medio ponderato di vendita al minuto dovrebbe servire anche come riferimento per determinare l’incidenza dell’accisa specifica sull’onere fiscale totale. (15) Riguardo ai prezzi e ai livelli di accisa in particolare per le sigarette, che rappresentano di gran lunga la categoria più importante di prodotti del tabacco, nonché per il tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare sigarette esistono ancora differenze di rilievo fra gli Stati membri, che possono ostacolare il funzionamento del mercato interno. Un certo livello di convergenza delle aliquote fiscali applicate negli Stati membri contribuirebbe a ridurre le frodi e il contrabbando nell’Unione. (16) Tale convergenza contribuirebbe anche a garantire un elevato livello di protezione della salute umana. Gli oneri fiscali sono infatti uno dei principali elementi del prezzo dei prodotti del tabacco, che a sua volta influenza le preferenze dei fumatori. Le frodi e il contrabbando riducono l’incidenza della fiscalità sui livelli di prezzo, in particolare delle sigarette e del tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare sigarette, compromettendo così il raggiungimento degli obiettivi di controllo del tabacco e di protezione della salute. (17) Riguardo a prodotti diversi dalle sigarette, è opportuno garantire un’incidenza fiscale armonizzata per tutti i prodotti appartenenti alla stessa categoria di tabacchi lavorati. La fissazione di un’accisa minima globale espressa in percentuale o con un importo per chilogrammo o per numero di pezzi è la più consona per il funzionamento del mercato interno. (18) Per quanto riguarda il tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare sigarette, è opportuno che il requisito minimo ad valorem nell’Unione sia espresso in modo tale da ottenere effetti simili a quelli osservati nel settore delle sigarette e prenda come punto di riferimento il prezzo medio ponderato di vendita al minuto. (19) È necessario allineare i livelli minimi per il tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare sigarette a quelli applicabili alle sigarette per tenere meglio conto del livello di concorrenza esistente fra i due prodotti, che si riflette nei modelli di consumo osservati, nonché del loro carattere ugualmente dannoso. (20) È opportuno accordare al Portogallo la possibilità di applicare un’aliquota ridotta per le sigarette fabbricate da piccoli produttori e consumate nelle regioni ultraperiferiche delle Azzorre e di Madera. (21) Periodi transitori dovrebbero consentire agli Stati membri di adattarsi agevolmente ai livelli dell’accisa globale, limitando in tal modo gli eventuali effetti secondari. (22) Per non nuocere all’equilibrio economico e sociale della Corsica, è necessario e giustificato fornire una deroga fino al 31 dicembre 2015 che permette alla Francia di applicare un’aliquota di accisa inferiore all’aliquota di accisa nazionale sulle sigarette e gli altri tabacchi lavorati immessi al consumo in Corsica. Entro tale data il regime di accisa sui tabacchi lavorati, ivi immessi al consumo, dovrebbe essere completamente adeguata al regime di accisa in vigore sul continente. Tuttavia, per evitare un passaggio troppo brusco verso quest’ultimo regime, è opportuno procedere ad un aumento graduale dell’accisa sulle sigarette e sul tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare sigarette in vigore in Corsica. (23) La maggioranza degli Stati membri pratica esenzioni o effettua rimborsi di accise per taluni tabacchi lavorati, in funzione dell’uso ed è necessario stabilire nella presente direttiva le esenzioni o i rimborsi per impieghi particolari. (24) È opportuno fornire una procedura che consenta un esame periodico delle aliquote o degli importi prescritti nella presente direttiva in base ad una relazione della Commissione la quale tenga conto di tutti gli elementi pertinenti. (25) La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale e di applicazione delle direttive di cui all’allegato I, parte B, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: CAPO 1 OGGETTO Articolo 1 La presente direttiva stabilisce taluni principi generali di armonizzazione della struttura e delle aliquote dell’accisa che gli Stati membri applicano ai tabacchi lavorati. CAPO 2 DEFINIZIONI Articolo 2 1. Ai fini della presente direttiva, per tabacchi lavorati si intendono: a) le sigarette; b) i sigari e i sigaretti; c) il tabacco da fumo: i) il tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotondare le sigarette; ii) gli altri tabacchi da fumo. 2. Sono assimilati alle sigarette e al tabacco da fumo i prodotti costituiti interamente o parzialmente da sostanze diverse dal tabacco, ma che rispondono ai criteri di cui all’articolo 3 o all’articolo 5, paragrafo 1. In deroga al primo comma, i prodotti che non contengono tabacco non sono considerati tabacchi lavorati quando hanno una funzione esclusivamente medica. 3. Fatte salve le disposizioni dell’Unione già in vigore, le definizioni di cui al paragrafo 2 del presente articolo e agli articoli 3, 4 e 5 non pregiudicano la determinazione dei sistemi o livelli d’imposizione applicabili ai vari gruppi di prodotti ivi considerati. Articolo 3 1. Ai fini della presente direttiva, per sigarette si intendono: a) i rotoli che possono essere fumati tali e quali e che non sono sigari o sigaretti ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1; b) i rotoli di tabacco che, previa una semplice manipolazione non industriale, sono inseriti in tubi per sigarette; c) i rotoli di tabacco che, previa una semplice manipolazione non industriale, sono arrotolati in fogli di carta per sigarette. 2. Ai fini dell’applicazione dell’accisa, un rotolo di tabacco di cui al paragrafo 1 è considerato come due sigarette quando ha una lunghezza, esclusi filtro e bocchino, superiore a 8 cm ma non superiore a 11 cm e come tre sigarette quando ha una lunghezza, esclusi filtro e bocchino, superiore a 11 cm ma non superiore a 14 cm e così via. Articolo 4 1. Ai fini della presente direttiva, sono considerati sigari o sigaretti, se possono essere e, se, tenuto conto delle loro proprietà e delle normali attese dei consumatori, sono esclusivamente destinati a essere fumati tali e quali: a) i rotoli muniti di una fascia esterna di tabacco naturale; b) i rotoli di tabacco riempiti di una miscela di tabacco battuto e muniti di una fascia esterna del colore tipico dei sigari, di tabacco ricostituito, ricoprente interamente il prodotto, compreso l’eventuale filtro ma escluso il bocchino nei sigari che ne sono provvisti, aventi peso unitario, esclusi il filtro o il bocchino, non inferiore a 2,3 g e non superiore a 10 g e la cui circonferenza misurabile su almeno un terzo della lunghezza non è inferiore a 34 mm. 2. In deroga al paragrafo 1, il comma che segue può continuare ad essere applicato dalla Germania e dall’Ungheria fino al 31 dicembre 2014. Sono considerati sigari o sigaretti, se possono essere fumati tali e quali: a) i rotoli di tabacco costituiti interamente da tabacco naturale; b) i rotoli muniti di una fascia esterna di tabacco naturale; c) i rotoli di tabacco riempiti di una miscela di tabacco battuto e muniti di una fascia esterna del colore tipico dei sigari ricoprente interamente il prodotto, compreso l’eventuale filtro, ma escluso il bocchino nei sigari che ne sono provvisti, e di una sottofascia, entrambi di tabacco ricostituito, aventi peso unitario, esclusi il filtro o il bocchino, non inferiore a 1,2 g e la cui fascia, in forma di spirale, forma un angolo acuto di almeno 30o rispetto all’asse longitudinale del sigaro; d) i rotoli di tabacco riempiti di una miscela di tabacco battuto e muniti di una fascia esterna del colore tipico dei sigari, di tabacco ricostituito, ricoprente interamente il prodotto, compreso l’eventuale filtro ma escluso il bocchino nei sigari che ne sono provvisti, aventi peso unitario, esclusi il filtro o il bocchino, non inferiore a 2,3 g e la cui circonferenza misurabile su almeno un terzo della lunghezza non è inferiore a 34 mm. 3. Sono assimilati ai sigari e ai sigaretti i prodotti costituiti parzialmente da sostanze diverse dal tabacco, ma che corrispondono agli altri criteri di cui al paragrafo 1. Articolo 5 1. Ai fini della presente direttiva, per tabacchi da fumo si intendono: a) il tabacco trinciato o in altro modo frazionato, filato o compresso in tavolette, che può essere fumato senza successiva trasformazione industriale; b) i cascami di tabacco preparati per la vendita al minuto, non compresi nell’articolo 3 e nell’articolo 4, paragrafo 1, e che possono essere fumati. Ai fini del presente articolo sono considerati cascami di tabacco i residui delle foglie di tabacco e i sottoprodotti della lavorazione del tabacco o della fabbricazione di prodotti del tabacco. 2. Il tabacco da fumo nel quale più del 25 % in peso delle particelle di tabacco abbia una lunghezza di taglio inferiore a 1,5 millimetri è considerato tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette. Inoltre, gli Stati membri possono considerare come tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette, il tabacco da fumo in cui più del 25 % in peso delle particelle di tabacco abbia una larghezza di taglio pari a 1,5 millimetri od oltre e che sia stato venduto per arrotolare le sigarette, o sia a ciò destinato. Articolo 6 Si considera produttore la persona fisica o giuridica stabilita nell’Unione che trasforma il tabacco in prodotti lavorati, confezionati per la vendita al minuto. CAPO 3 DISPOSIZIONI SULLE SIGARETTE Articolo 7 1. Le sigarette prodotte nell’Unione e quelle importate da paesi terzi sono soggette, in ciascuno degli Stati membri, a un’accisa ad valorem calcolata sul prezzo massimo di vendita al minuto, compresi i dazi doganali, nonché a un’accisa specifica calcolata per unità di prodotto. In deroga al primo comma, gli Stati membri possono escludere i dazi doganali dalla base di calcolo dell’accisa ad valorem riscossa sulle sigarette. 2. L’aliquota dell’accisa ad valorem e l’importo dell’accisa specifica devono essere uguali per tutte le sigarette. 3. Nella fase finale dell’armonizzazione delle strutture, è stabilito per le sigarette in tutti gli Stati membri lo stesso rapporto tra l’accisa specifica e la somma dell’accisa ad valorem e dell’imposta sul volume d’affari, in modo che la gamma dei prezzi di vendita al minuto rifletta equamente il divario dei prezzi di cessione dei produttori. 4. Nella misura in cui ciò risulti necessario, l’accisa sulle sigarette può comportare un onere fiscale minimo, sempre che la struttura mista della tassazione e la fascia dell’elemento specifico dell’accisa, ai sensi dell’articolo 8, siano rigidamente rispettate. Articolo 8 1. La percentuale dell’elemento specifico dell’accisa nell’importo dell’onere fiscale totale sulle sigarette è fissato con riferimento al prezzo medio ponderato di vendita al minuto. 2. Il prezzo medio ponderato di vendita al minuto è calcolato in riferimento al valore totale di tutte le sigarette immesse in consumo, basato sul prezzo di vendita al minuto comprensivo di tutte le imposte, diviso per la quantità totale di sigarette immesse in consumo. È fissato al più tardi entro il 1o marzo di ogni anno in base ai dati relativi a tutte le immissioni in consumo dell’anno civile precedente. 3. Fino al 31 dicembre 2013 l’elemento specifico dell’accisa non può essere inferiore al 5 % e non può essere superiore al 76,5 % dell’importo dell’onere fiscale totale derivante dall’aggregazione dei seguenti elementi: a) l’accisa specifica; b) l’accisa ad valorem e l’imposta sul valore aggiunto (IVA) applicate al prezzo medio ponderato di vendita al minuto. 4. Dal 1o gennaio 2014 l’elemento specifico dell’accisa sulle sigarette non può essere inferiore al 7,5 % e non può essere superiore al 76,5 % dell’importo dell’onere fiscale totale derivante dall’aggregazione dei seguenti elementi: a) l’accisa specifica; b) l’accisa ad valorem e l’IVA applicate al prezzo medio ponderato di vendita al minuto. 5. In deroga ai paragrafi 3 e 4, quando in uno Stato membro si verifica una variazione nel prezzo medio ponderato di vendita al minuto delle sigarette che porta l’elemento specifico dell’accisa, espresso in percentuale dell’onere fiscale totale, a un livello inferiore al 5 % o al 7,5 %, secondo il caso, o superiore al 76,5 % dell’onere fiscale totale, lo Stato membro di cui trattasi può omettere di adeguare l’importo dell’accisa specifica fino al 1o gennaio del secondo anno successivo all’anno della variazione. 6. Fatti salvi i paragrafi 3, 4 e 5 del presente articolo e l’articolo 7, paragrafo 1, secondo comma, gli Stati membri possono applicare un’accisa minima sulle sigarette. Articolo 9 1. Gli Stati membri applicano alle sigarette imposte di consumo minime secondo le norme previste nel presente capitolo. 2. Il paragrafo 1 si applica alle imposte che sono prelevate sulle sigarette conformemente al presente capo e che comprendono: a) un’accisa specifica per unità di prodotto; b) un’accisa ad valorem calcolata sulla base del prezzo massimo di vendita al minuto; c) un’IVA proporzionale al prezzo di vendita al minuto. Articolo 10 1. L’accisa minima globale (specifica più ad valorem, IVA esclusa) sulle sigarette rappresenta almeno il 57 % del prezzo medio ponderato di vendita al minuto di tutte le sigarette immesse in consumo. Tale accisa non può essere inferiore a 64 EUR per 1 000 sigarette indipendentemente dal prezzo medio ponderato di vendita al minuto. Tuttavia, gli Stati membri che applicano un’accisa di almeno 101 EUR per 1 000 sigarette sulla base del prezzo medio ponderato di vendita al minuto non sono tenuti a rispettare la regola del 57 %, di cui al primo comma. 2. Dal 1o gennaio 2014 l’accisa globale sulle sigarette è pari ad almeno il 60 % del prezzo medio ponderato di vendita al minuto delle sigarette immesse in consumo. L’accisa non può essere inferiore a 90 EUR per 1 000 sigarette, indipendentemente dal prezzo medio ponderato di vendita al minuto. Tuttavia, gli Stati membri che applicano un’accisa di almeno 115 EUR per 1 000 sigarette sulla base del prezzo medio ponderato di vendita al minuto non sono tenuti a rispettare la regola del 60 %, di cui al primo comma. A Bulgaria, Estonia, Grecia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia e Romania viene concesso un periodo transitorio fino al 31 dicembre 2017 al fine di raggiungere i requisiti di cui al primo e secondo comma. 3. Gli Stati membri aumentano gradualmente le accise per raggiungere i requisiti di cui al paragrafo 2 alle date ivi fissate. Articolo 11 1. Se in uno Stato membro una variazione intervenuta al prezzo medio ponderato di vendita al minuto delle sigarette porta l’accisa globale al di sotto dei livelli fissati rispettivamente al paragrafo 1, prima frase, e al paragrafo 2, prima frase, dell’articolo 10, lo Stato membro di cui trattasi può omettere di adeguare tale accisa fino al 1o gennaio del secondo anno successivo alla variazione. 2. Se in uno Stato membro aumenta l’aliquota dell’IVA applicabile alle sigarette, esso può ridurre l’accisa globale fino a un livello, espresso in percentuale del prezzo medio ponderato di vendita al minuto, che è equivalente all’incidenza dell’aumento dell’aliquota dell’IVA, ugualmente espressa in percentuale del prezzo medio ponderato di vendita al minuto, anche se per effetto di tale adeguamento l’accisa globale scende al di sotto dei livelli espressi come un prezzo medio ponderato di vendita al minuto fissato rispettivamente al paragrafo 1, prima frase, e al paragrafo 2, prima frase, dell’articolo 10. Tuttavia, lo Stato membro aumenta l’accisa in modo da raggiungere almeno detti livelli entro il 1o gennaio del secondo anno successivo all’anno della riduzione. Articolo 12 1. Il Portogallo può applicare un’aliquota ridotta inferiore al 50 % al massimo di quella fissata all’articolo 10 alle sigarette consumate nelle regioni ultraperiferiche delle Azzorre e di Madera e fabbricate da piccoli produttori la cui produzione annuale non superi per ciascuno di essi le 500 tonnellate. 2. In deroga all’articolo 10, la Francia è autorizzata ad applicare, per il periodo dal 1o gennaio 2010 fino al 31 dicembre 2015, un’aliquota di accisa ridotta sulle sigarette immesse al consumo nei dipartimenti della Corsica fino a un contingente annuo pari a 1 200 tonnellate. Tale aliquota ridotta è fissata come segue: a) fino al 31 dicembre 2012, almeno il 44 % del prezzo delle sigarette appartenenti alla classe di prezzo più richiesta in tali dipartimenti; b) dal 1o gennaio 2013, almeno il 50 % del prezzo medio ponderato di vendita al minuto delle sigarette immesse in consumo. L’accisa non può essere inferiore a 88 EUR per 1 000 sigarette, indipendentemente dal prezzo medio ponderato di vendita al minuto; c) dal 1o gennaio 2015, almeno il 57 % del prezzo medio ponderato di vendita al minuto delle sigarette immesse in consumo; l’accisa non può essere inferiore a 90 EUR per 1 000 sigarette, indipendentemente dal prezzo medio ponderato di vendita al minuto. CAPO 4 DISPOSIZIONI SUI TABACCHI LAVORATI A ECCEZIONE DELLE SIGARETTE Articolo 13 I seguenti tipi di tabacchi lavorati, prodotti nell’Unione e importati da paesi terzi, sono soggetti, in ciascuno Stato membro, a un’accisa minima fissata all’articolo 14: a) sigari e sigaretti; b) tabacchi trinciati a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette; c) altri tabacchi da fumo. Articolo 14 1. Gli Stati membri applicano un’accisa che può essere: a) ad valorem, calcolata sui prezzi massimi di vendita al minuto di ciascun prodotto, fissati liberamente dai produttori stabiliti nell’Unione e dagli importatori da paesi terzi, conformemente all’articolo 15, oppure b) specifica, espressa in un importo per chilogrammo o, per i sigari e i sigaretti, alternativamente per numero di pezzi; oppure c) mista, contenente un elemento ad valorem e un elemento specifico. Gli Stati membri possono stabilire un importo minimo di accisa qualora l’accisa sia ad valorem o mista. 2. L’accisa globale (specifica e/o ad valorem IVA esclusa), espressa in una percentuale o in un importo per chilogrammo o per numero di pezzi, deve essere almeno pari alle aliquote o agli importi minimi fissati come segue: a) per quanto concerne i sigari e sigaretti: al 5 % del prezzo di vendita al minuto, imposte comprese, o a 12 EUR per 1 000 pezzi o per chilogrammo; b) per quanto concerne i tabacchi da fumo trinciati a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette: al 40 % del prezzo medio ponderato di vendita al minuto del tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette immesso in consumo, o a 40 EUR per chilogrammo; c) per quanto concerne gli altri tabacchi da fumo: al 20 % del prezzo di vendita al minuto, imposte comprese, o a 22 EUR per chilogrammo. Dal 1o gennaio 2013 l’accisa globale sui tabacchi da fumo trinciati a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette è pari ad almeno il 43 % del prezzo medio ponderato di vendita al minuto del tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette immesso in consumo, o ad almeno 47 EUR al chilogrammo. Dal 1o gennaio 2015 l’accisa globale sui tabacchi da fumo trinciati a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette è pari ad almeno il 46 % del prezzo medio ponderato di vendita al minuto del tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette immesso in consumo, o ad almeno 54 EUR al chilogrammo. Dal 1o gennaio 2018 l’accisa globale sui tabacchi da fumo trinciati a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette è pari ad almeno il 48 % del prezzo medio ponderato di vendita al minuto del tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette immesso in consumo, o ad almeno 60 EUR al chilogrammo. Dal 1o gennaio 2020 l’accisa globale sui tabacchi da fumo trinciati a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette è pari ad almeno il 50 % del prezzo medio ponderato di vendita al minuto del tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette immesso in consumo, o ad almeno 60 EUR al chilogrammo. Il prezzo medio ponderato di vendita al minuto è calcolato in riferimento al valore totale del tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette immesso in consumo, basato sul prezzo di vendita al minuto comprensivo di tutte le imposte, diviso per la quantità totale di tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette immesso in consumo. È fissato entro il 1o marzo di ogni anno in base ai dati relativi a tutte le immissioni in consumo dell’anno civile precedente. 3. Le aliquote o gli importi di cui ai paragrafi 1 e 2 sono validi per tutti i prodotti appartenenti al tipo di tabacchi lavorati in questione, senza distinzione all’interno di ogni tipo per quanto concerne la qualità, la presentazione, l’origine del prodotto, i materiali utilizzati, le caratteristiche delle imprese interessate o qualsiasi altro criterio. 4. In deroga ai paragrafi 1 e 2, la Francia può continuare ad applicare, per il periodo dal 1o gennaio 2010 fino al 31 dicembre 2015, un’aliquota di accisa ridotta sui tabacchi lavorati diversi dalle sigarette immessi al consumo nei dipartimenti della Corsica. a) per sigari e sigaretti: almeno il 10 % del prezzo di vendita al minuto, imposte comprese; b) per i tabacchi da fumo trinciati a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette: i) fino al 31 dicembre 2012 almeno il 27 % del prezzo di vendita al minuto, imposte comprese; ii) dal 1o gennaio 2013 almeno il 30 % del prezzo di vendita al minuto, imposte comprese; iii) dal 1o gennaio 2015 almeno il 35 % del prezzo di vendita al minuto, imposte comprese; c) per altri tabacchi da fumo: almeno il 22 % del prezzo di vendita al minuto, imposte comprese. CAPO 5 DETERMINAZIONE DEL PREZZO MASSIMO DI VENDITA AL MINUTO DEL TABACCO LAVORATO, RACCOLTA DI ACCISE, ESENZIONI E RIMBORSI Articolo 15 1. I produttori o, se del caso, i loro rappresentanti o mandatari nell’Unione, nonché gli importatori di tabacco da paesi terzi stabiliscono liberamente i prezzi massimi di vendita al minuto di ciascuno dei loro prodotti per ciascuno Stato membro in cui sono destinati a essere immessi in consumo. Il primo comma non osta, tuttavia, all’applicazione delle legislazioni nazionali sul controllo del livello dei prezzi imposti, sempreché siano compatibili con la normativa dell’Unione. 2. Per agevolare la riscossione dell’accisa, gli Stati membri possono stabilire un listino dei prezzi di vendita al minuto, per gruppo di tabacchi lavorati, purché ciascun listino sia sufficientemente ampio e diversificato da corrispondere effettivamente alla varietà dei prodotti originari dell’Unione. Ciascun listino è valido per tutti i prodotti appartenenti al gruppo di tabacchi lavorati cui si riferisce, senza distinzioni basate sulla qualità, sulla presentazione, sull’origine dei prodotti o delle materie impiegate, sulle caratteristiche delle imprese o su qualsiasi altro criterio. Articolo 16 1. Le modalità di riscossione dell’accisa sono armonizzate al più tardi nella fase finale di armonizzazione dell’accisa. Nel corso della tappa precedente, l’accisa è in linea di massima riscossa a mezzo di marche fiscali. Gli Stati membri che riscuotono l’imposta tramite marche fiscali sono tenuti a metterle a disposizione dei produttori e commercianti degli altri Stati membri. Se invece riscuotono l’imposta con altri mezzi, gli Stati membri provvedono a che nessun ostacolo amministrativo o tecnico pregiudichi gli scambi tra gli Stati membri. 2. Gli importatori e i produttori dei tabacchi lavorati dell’Unione sono soggetti al regime di cui paragrafo 1 per quanto riguarda le modalità di riscossione e di pagamento dell’accisa. Articolo 17 Possono essere esentati dall’accisa od ottenere il rimborso dell’accisa già versata, i tabacchi lavorati: a) denaturati usati a fini industriali od orticoli; b) distrutti sotto sorveglianza amministrativa; c) destinati esclusivamente a prove scientifiche e a prove relative alla qualità dei prodotti; d) riutilizzati dal produttore. Gli Stati membri stabiliscono le condizioni e le formalità cui sono sottoposti le esenzioni o i rimborsi di cui al presente articolo. CAPO 6 DISPOSIZIONI FINALI Articolo 18 1. La Commissione pubblica una volta all’anno il valore dell’euro nelle diverse valute nazionali da applicare agli importi dell’accisa globale. I tassi di cambio da applicare sono quelli che sono fissati il primo giorno lavorativo di ottobre e che sono pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Essi si applicano a decorrere dal 1o gennaio del successivo anno civile. 2. Gli Stati membri hanno la facoltà di mantenere l’importo delle accise in vigore al momento dell’adeguamento annuale di cui al paragrafo 1 se la conversione degli importi delle accise espressi in euro comporta un aumento dell’accisa espressa in moneta nazionale inferiore al 5 % ovvero inferiore a 5 EUR, tenendo conto dell’importo più basso. Articolo 19 1. Ogni quattro anni, la Commissione presenta al Consiglio una relazione e, se del caso, una proposta concernenti le aliquote e la struttura di accisa di cui alla presente direttiva. La relazione della Commissione tiene conto del corretto funzionamento del mercato interno, del valore reale e delle quote di accisa e degli obiettivi del trattato in generale. 2. La relazione di cui al paragrafo 1 si basa, in particolare, sulle informazioni fornite dagli Stati membri. 3. La Commissione stabilisce, secondo la procedura di cui all’articolo 43 della direttiva 2008/118/CE del Consiglio (5), un elenco di dati statistici necessari per la relazione, esclusi i dati relativi a singole persone fisiche o giuridiche. A parte i dati a disposizione degli Stati membri, l’elenco contiene solo dati la cui raccolta non comporta oneri amministrativi sproporzionati per gli Stati membri. 4. La Commissione non pubblica né diffonde altrimenti i dati qualora ciò comporti la divulgazione di un segreto commerciale, industriale o professionale. Articolo 20 Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 21 Le direttive 92/79/CEE, 92/80/CEE e 95/59/CE, modificate dalle direttive di cui all’allegato I, parte A, sono abrogate, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale e di applicazione delle direttive di cui all’allegato I, parte B. I riferimenti alle direttive abrogate s’intendono fatti alla presente direttiva e vanno letti secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato II. Articolo 22 La presente direttiva entra in vigore il 1o gennaio 2011. Articolo 23 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Lussemburgo, addì 21 giugno 2011. Per il Consiglio Il presidente FAZEKAS S. (1) GU L 316 del 31.10.1992, pag. 8. (2) GU L 316 del 31.10.1992, pag. 10. (3) GU L 291 del 6.12.1995, pag. 40. (4) Cfr. allegato I, parte A. (5) GU L 9 del 14.1.2009, pag. 12. ALLEGATO I PARTE A Direttive abrogate con l’elenco delle modificazioni successive (di cui all’articolo 21) Direttiva 92/79/CEE del Consiglio (GU L 316 del 31.10.1992, pag. 8) Direttiva 1999/81/CE del Consiglio (GU L 211 dell’11.8.1999, pag. 47) limitatamente all’articolo 1 Direttiva 2002/10/CE del Consiglio (GU L 46 del 16.2.2002, pag. 26) limitatamente all’articolo 1 Direttiva 2003/117/CE del Consiglio (GU L 333 del 20.12.2003, pag. 49) limitatamente all’articolo 1 Direttiva 2010/12/UE del Consiglio (GU L 50 del 27.2.2010, pag. 1) limitatamente all’articolo 1 Direttiva 92/80/CEE del Consiglio (GU L 316 del 31.10.1992, pag. 10) Direttiva 1999/81/CE del Consiglio (GU L 211 dell’11.8.1999, pag. 47) limitatamente all’articolo 2 Direttiva 2002/10/CE del Consiglio (GU L 46 del 16.2.2002, pag. 26) limitatamente all’articolo 2 Direttiva 2003/117/CE del Consiglio (GU L 333 del 20.12.2003, pag. 49) limitatamente all’articolo 2 Direttiva 2010/12/UE del Consiglio (GU L 50 del 27.2.2010, pag. 1) limitatamente all’articolo 2 Direttiva 95/59/CE del Consiglio (GU L 291 del 6.12.1995, pag. 40) Direttiva 1999/81/CE del Consiglio (GU L 211 dell’11.8.1999, pag. 47) limitatamente all’articolo 3 Direttiva 2002/10/CE del Consiglio (GU L 46 del 16.2.2002, pag. 26) limitatamente all’articolo 3 Direttiva 2010/12/UE del Consiglio (GU L 50 del 27.2.2010, pag. 1) limitatamente all’articolo 3 PARTE B Elenco dei termini di recepimento nel diritto nazionale e di applicazione (di cui all’articolo 21) Direttiva Termine di recepimento Data di applicazione 92/79/CEE 31 dicembre 1992 — 92/80/CEE 31 dicembre 1992 — 95/59/CE — — 1999/81/CE 1o gennaio 1999 1o gennaio 1999 2002/10/CE 1o luglio 2002 (1) — 2003/117/CE 1o gennaio 2004 — 2010/12/UE 31 dicembre 2010 1o gennaio 2011 (1) In deroga alla data stabilita all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2002/10/CE: a) la Repubblica federale di Germania è autorizzata a mettere in vigore le disposizioni necessarie per conformarsi all’articolo 3, punto 1, della direttiva 2002/10/CE al più tardi entro il 1o gennaio 2008; b) il Regno di Spagna e la Repubblica ellenica sono autorizzati a mettere in vigore le disposizioni necessarie per conformarsi all’articolo 1, punto 1, della direttiva 2002/10/CE (tenuto conto dell’articolo 2, paragrafo 1, seconda frase, della direttiva 92/79/CEE) al più tardi entro il 1o gennaio 2008. ALLEGATO II Tavola di concordanza Direttiva 92/79/CEE Direttiva 92/80/CEE Direttiva 95/59/CE Presente direttiva — — Articolo 1, paragrafi 1 e 2 Articolo 1 — — Articolo 1, paragrafo 3 — — — Articolo 2, paragrafo 1, frase introduttiva Articolo 2, paragrafo 1, frase introduttiva — — Articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e b) Articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e b) — — Articolo 2, paragrafo 1, lettera c), primo trattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera c), punto i) — — Articolo 2, paragrafo 1, lettera c), secondo trattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera c), punto ii) — — Articolo 2, paragrafo 1, proposizione finale — — — Articolo 2, paragrafo 2 — — — Articolo 7, paragrafo 2 Articolo 2, paragrafo 2 — — Articolo 2, paragrafo 3 Articolo 2, paragrafo 3 — — Articolo 4, paragrafo 1, primo comma Articolo 3, paragrafo 1 — — Articolo 4, paragrafo 1, secondo comma — — — Articolo 4, paragrafo 2 Articolo 3, paragrafo 2 — — Articolo 3, paragrafo 1 Articolo 4, paragrafo 1 — — Articolo 3, paragrafo 2 Articolo 4, paragrafo 2 — — Articolo 7, paragrafo 1 Articolo 4, paragrafo 3 — — Articolo 5, frase introduttiva Articolo 5, paragrafo 1, frase introduttiva — — Articolo 5, punto 1 Articolo 5, paragrafo 1, lettera a) — — Articolo 5, punto 2 Articolo 5, paragrafo 1, lettera b) — — Articolo 6, primo comma Articolo 5, paragrafo 2, primo comma — — Articolo 6, secondo comma Articolo 5, paragrafo 2, secondo comma — — Articolo 9, paragrafo 1, primo comma Articolo 6 — — Articolo 8, paragrafo 1 Articolo 7, paragrafo 1, primo comma — — Articolo 16, paragrafo 6 Articolo 7, paragrafo 1, secondo comma — — Articolo 8, paragrafi 2, 3 e 4 Articolo 7, paragrafi 2, 3 e 4 — — Articolo 16, paragrafi da 1 a 5 Articolo 8, paragrafi da 1 a 5 — — Articolo 16, paragrafo 7 Articolo 8, paragrafo 6 Articolo 1 — — Articolo 9 Articolo 2, paragrafi 1 e 2 — — Articolo 10, paragrafi 1 e 2 Articolo 2, paragrafo 3 — — — Articolo 2, paragrafo 4 — — Articolo 10, paragrafo 3 Articolo 2 bis — — Articolo 11 Articolo 3, paragrafo 1 — — — Articolo 3, paragrafo 2 — — Articolo 12, paragrafo 1 Articolo 3, paragrafo 3 — — — Articolo 3, paragrafo 4 — — Articolo 12, paragrafo 2 — Articolo 1 — Articolo 13 — Articolo 2 — — — Articolo 3, paragrafo 1, primo e secondo comma — Articolo 14, paragrafo 1 — Articolo 3, paragrafo 1, terzo comma, frase introduttiva — Articolo 14, paragrafo 2, primo comma, frase introduttiva — Articolo 3, paragrafo 1, terzo comma, primo, secondo e terzo trattino — — — Articolo 3, paragrafo 1, quarto e quinto comma — — — Articolo 3, paragrafo 1, sesto comma, frase introduttiva — — — Articolo 3, paragrafo 1, sesto comma, lettere a), b) e c) — Articolo 14, paragrafo 2, primo comma, lettere a), b) e c) — Articolo 3, paragrafo 1, settimo comma — — — Articolo 3, paragrafo 1, ottavo comma — — — Articolo 3, paragrafo 1, nono comma — Articolo 14, paragrafo 2, secondo comma — Articolo 3, paragrafo 1, decimo comma — Articolo 14, paragrafo 2, terzo comma — Articolo 3, paragrafo 1, undicesimo comma — Articolo 14, paragrafo 2, quarto comma — Articolo 3, paragrafo 1, dodicesimo comma — Articolo 14, paragrafo 2, quinto comma — Articolo 3, paragrafo 1, tredicesimo comma — Articolo 14, paragrafo 2, sesto comma — Articolo 3, paragrafo 1, quattordicesimo comma — — — Articolo 3, paragrafo 2 — Articolo 14, paragrafo 3 — Articolo 3, paragrafo 3 — — — Articolo 3, paragrafo 4 — Articolo 14, paragrafo 4 — — Articolo 9, paragrafo 1, secondo comma Articolo 15, paragrafo 1, primo comma — — Articolo 9, paragrafo 1, terzo comma Articolo 15, paragrafo 1, secondo comma — — Articolo 9, paragrafo 2, prima frase Articolo 15, paragrafo 2, primo comma — — Articolo 9, paragrafo 2, seconda frase Articolo 15, paragrafo 2, secondo comma — — Articolo 10 Articolo 16 — — Articolo 11 Articolo 17 — — Articolo 12 — — — Articolo 13 — — — Articolo 14 — — — Articolo 15 — Articolo 2, paragrafo 5 Articolo 5, paragrafo 1 — Articolo 18, paragrafo 1 Articolo 2, paragrafo 6 Articolo 5, paragrafo 2 — Articolo 18, paragrafo 2 Articolo 4 Articolo 4 — Articolo 19 Articolo 5, paragrafo 1 Articolo 6, paragrafo 1 — — Articolo 5, paragrafo 2 Articolo 6, paragrafo 2 Articolo 18 Articolo 20 — — Articolo 19, paragrafo 1 Articolo 21, primo comma — — Articolo 19, paragrafo 2 Articolo 21, secondo comma — — Articolo 20 Articolo 22 Articolo 6 Articolo 7 Articolo 21 Articolo 23 — — Allegato I — — — Allegato II — — — — Allegato I — — — Allegato II
Accisa sul tabacco lavorato QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA? La presente direttiva stabilisce i principi generali e le aliquote minime dell’accisa sul tabacco lavorato (cioè sigarette, sigari e sigaretti e altro tabacco a taglio fino per arrotolare le sigarette e altri tabacchi da fumo) nel territorio dell’Unione europea (UE). PUNTI CHIAVE Disposizioni che si applicano alle sigarette Gli Stati membri devono applicare una accisa minima sia sulle sigarette prodotte nell’UE e che su quelle importate. L’imposta si compone di: un’imposta ad valorem* accisa calcolata sulla base del prezzo massimo di vendita al minuto compresi i dazi doganali (gli Stati membri possono tuttavia escludere i dazi doganali dalla base di calcolo dell’accisa ad valorem riscossa sulle sigarette) e l’imposta sul valore aggiunto (IVA) applicata al prezzo medio ponderato di vendita*; un’accisa specifica calcolata per unità di prodotto. L’aliquota dell’accisa ad valorem e l’importo dell’accisa specifica devono essere identici per tutte le sigarette. Dal 1o gennaio 2014: l’elemento specifico dell’accisa non può essere inferiore al 7,5 % e non può essere superiore al 76,5 %. l’accisa globale sulle sigarette è pari ad almeno il 60 % del prezzo medio ponderato di vendita al minuto delle sigarette immesse in consumo. L’accisa non può essere inferiore a 90 euro per 1 000 sigarette, indipendentemente dal prezzo medio ponderato di vendita al minuto. Gli Stati membri che applicano un’accisa di almeno 115 euro per 1000 sigarette non sono tenuti a rispettare la regola del 60 %. Ad alcuni paesi (Bulgaria, Estonia, Grecia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia e Romania e Croazia) è stato concesso un periodo transitorio fino al 31 dicembre 2017 al fine di raggiungere i requisiti di cui sopra. Se un paese dell’UE aumenta l’aliquota dell’IVA applicabile alle sigarette, esso può ridurre l’accisa globale fino a un livello, espresso in percentuale del prezzo medio ponderato di vendita al minuto, equivalente all’incidenza dell’aumento dell’aliquota IVA. Tuttavia, lo Stato membro in questione deve aumentare nuovamente l’accisa in modo da raggiungere almeno il livello originale entro il 1o gennaio del secondo anno successivo all’anno della riduzione. Disposizioni sui tabacchi lavorati a eccezione delle sigarette I paesi dell’UE devono applicare un’accisa ai tabacchi lavorati diversi dalle sigarette, che può essere: un’imposta ad valorem calcolata sulla base del prezzo massimo di vendita al minuto di ciascun prodotto; un’imposta specifica espressa in un importo per chilogrammo o per 1 000 pezzi; un’imposta mista contenente un elemento ad valorem e un elemento specifico. L’accisa globale deve essere almeno pari alle aliquote o agli importi minimi fissati per: sigari e sigaretti: al 5 % del prezzo di vendita al minuto o a 12 euro per 1 000 pezzi o per chilogrammo; tabacchi da fumo trinciati a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette: al 46 % del prezzo medio ponderato di vendita al minuto o a 54 euro per chilogrammo; tali aliquote minime saliranno gradualmente, entro il 2020, al 50 % o a 60 euro; altri tabacchi da fumo al 20 % del prezzo di vendita al minuto o a 22 euro per chilogrammo. Prezzo massimo di vendita al minuto I produttori, i loro rappresentanti o mandatari nell’UE, nonché gli importatori di tabacco da paesi terzi hanno il diritto di stabilire il prezzo massimo di vendita al minuto di ciascuno dei loro prodotti per ciascun paese dell’UE in cui sono destinati a essere immessi al consumo. Tale disposizione non pregiudica tuttavia l’applicazione della normativa nazionale sul controllo dei prezzi o il rispetto dei prezzi imposti, a condizione che siano compatibili con la normativa dell’UE. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DIRETTIVA? È stata applicata dal 1o gennaio 2011. La direttiva 2011/64/UE codifica e sostituisce le direttive 92/79/CEE, 92/80/CEE e 95/59/CE (e successive modificazioni). CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Accise: normativa sul tabacco (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Ad valorem: un dazio legato al valore del prodotto in questione. Prezzo medio ponderato di vendita al minuto: calcolato in riferimento al valore totale di tutte le sigarette immesse in consumo, basato sul prezzo di vendita al minuto comprensivo di tutte le imposte, diviso per la quantità totale di sigarette immesse in consumo. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2011/64/UE del Consiglio, del 21 giugno 2011, sulla struttura e sulle aliquote dell’accisa applicata al tabacco lavorato (codifica) (GU L 176 del 5.7.2011, pagg. 24-36) Si veda la versione consolidata.
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32002L0065
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Direttiva 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002, concernente la commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori e che modifica la direttiva 90/619/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE e 98/27/CE Gazzetta ufficiale n. L 271 del 09/10/2002 pag. 0016 - 0024 Direttiva 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consigliodel 23 settembre 2002concernente la commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori e che modifica la direttiva 90/619/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE e 98/27/CEIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 47, paragrafo 2, e gli articoli 55 e 95,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale(2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(3),considerando quanto segue:(1) Nell'ambito della realizzazione degli obiettivi del mercato interno è necessario adottare le misure intese a consolidare progressivamente tale mercato, misure che devono d'altro canto contribuire al conseguimento di un livello elevato di protezione dei consumatori conformemente agli articoli 95 e 153 del trattato.(2) Sia per i consumatori che per i fornitori di servizi finanziari, la commercializzazione a distanza di servizi finanziari costituirà uno dei principali risultati tangibili della realizzazione del mercato interno.(3) Nell'ambito del mercato interno, è interesse dei consumatori poter accedere senza discriminazione alla gamma quanto più ampia possibile di servizi finanziari disponibili nella Comunità, onde poter scegliere quelli meglio rispondenti ai loro bisogni. Per assicurare la libertà di scelta dei consumatori, loro diritto essenziale, occorre un livello elevato di protezione del consumatore per aumentare la fiducia del consumatore nel commercio a distanza.(4) Per il buon funzionamento del mercato interno è essenziale che i consumatori possano negoziare e concludere contratti con un fornitore insediato in altri Stati membri, indipendentemente dal fatto che il fornitore sia o meno legalmente stabilito nello Stato membro di residenza del consumatore.(5) Per la loro natura immateriale i servizi finanziari si prestano particolarmente al commercio a distanza, e l'instaurazione di un quadro giuridico applicabile alla commercializzazione a distanza di servizi finanziari dovrebbe accrescere la fiducia del consumatore nell'utilizzazione delle nuove tecniche di commercializzazione a distanza di servizi finanziari, come il commercio elettronico.(6) La presente direttiva dovrebbe essere applicata conformemente al trattato ed al diritto derivato, ivi compresa la direttiva 2000/31/CE(4) sul commercio elettronico che è applicabile unicamente alle operazioni rientranti nel suo campo d'applicazione.(7) La presente direttiva tende a conseguire gli obiettivi sopra indicati senza interferire sull'applicabilità della legislazione nazionale o comunitaria che disciplina la libera prestazione di servizi o, se del caso, il controllo da parte dello Stato membro ospitante e/o i sistemi di autorizzazione o di sorveglianza degli Stati membri, ove ciò sia compatibile con la legislazione comunitaria.(8) Inoltre la presente direttiva, ed in particolare le disposizioni relative alle informazioni concernenti clausole contrattuali sulla legislazione applicabile al contratto e/o sul foro competente, non incide sulla possibilità di applicare alla commercializzazione a distanza di servizi finanziari il regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale(5), e la convenzione di Roma del 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali.(9) Il conseguimento degli obiettivi del piano d'azione per i servizi finanziari necessita di un livello ancora più elevato di protezione dei consumatori in alcuni settori. Ciò implica una maggiore convergenza, in particolare per quanto riguarda i fondi comuni d'investimento non armonizzati, le norme di comportamento applicabili ai servizi d'investimento e il credito al consumo. In attesa di realizzare detta convergenza dovrebbe essere mantenuto un livello elevato di protezione dei consumatori.(10) La direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 1997, riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza(6), stabilisce le principali disposizioni che si applicano ai contratti a distanza relativi a beni o servizi conclusi tra un fornitore e un consumatore. I servizi finanziari non sono tuttavia contemplati da detta direttiva.(11) Nel contesto dell'analisi da essa condotta al fine di determinare la necessità di misure specifiche nell'ambito dei servizi finanziari, la Commissione ha invitato tutte le parti interessate a trasmetterle le loro osservazioni, segnatamente in occasione dell'elaborazione del suo Libro verde intitolato "Servizi finanziari: come soddisfare le aspettative dei consumatori". Dalle consultazioni condotte in tale contesto è emersa la necessità di rafforzare la protezione dei consumatori in questo settore. La Commissione ha pertanto deciso di presentare una proposta specifica concernente la commercializzazione a distanza di servizi finanziari.(12) Disposizioni divergenti o diverse di protezione dei consumatori, adottate dagli Stati membri in materia di commercializzazione a distanza dei servizi finanziari ai consumatori, potrebbero avere un'incidenza negativa sul funzionamento del mercato interno e sulla concorrenza tra le imprese in esso attive. È quindi necessario introdurre regole comuni a livello comunitario in tale ambito, senza pregiudicare la protezione generale del consumatore negli Stati membri.(13) Un livello elevato di protezione dei consumatori dovrebbe essere assicurato dalla presente direttiva, per assicurare la libera circolazione dei servizi finanziari. Gli Stati membri non dovrebbero poter prevedere disposizioni diverse da quelle stabilite dalla presente direttiva per i settori che essa armonizza, salvo indicazione contraria espressamente menzionata nella direttiva stessa.(14) La presente direttiva copre tutti i servizi finanziari suscettibili di essere forniti a distanza. Certi servizi finanziari sono tuttavia disciplinati da disposizioni specifiche della legislazione comunitaria, che continuano ad applicarsi a detti servizi finanziari. Occorre tuttavia stabilire principi relativi alla commercializzazione a distanza di tali servizi.(15) I contratti negoziati a distanza implicano l'utilizzazione di tecniche di comunicazione a distanza, che sono utilizzate nel quadro di un sistema di vendita o di prestazione di servizi a distanza senza che si dia la presenza simultanea del fornitore e del consumatore. L'evoluzione permanente di tali tecniche impone di definire principi validi anche per quelle ancora poco utilizzate. I contratti a distanza sono quindi quelli in cui l'offerta, la negoziazione e la conclusione sono effettuate a distanza.(16) Uno stesso contratto che comporta operazioni successive o distinte della stessa natura scaglionate nel tempo può ricevere qualificazioni giuridiche diverse nei diversi Stati membri, ma è importante che la presente direttiva sia applicata allo stesso modo in tutti gli Stati membri. A tal fine occorre considerare che essa si applica alla prima di una serie di operazioni successive, o di una serie di operazioni distinte della stessa natura scaglionate nel tempo e che possono essere considerate come un atto unico, sia nel caso in cui detta operazione o serie di operazioni costituisca l'oggetto di un contratto singolo, sia nel caso di contratti successivi distinti.(17) Per "accordo iniziale di servizio" si può intendere ad esempio l'apertura di un conto bancario, l'acquisizione di una carta di credito, la conclusione di un contratto di gestione del portafoglio, e per "operazioni" si può intendere ad esempio l'alimentazione di un conto bancario o il prelievo dallo stesso, i pagamenti con carta di credito, le transazioni nell'ambito di un contratto di gestione del portafoglio. L'aggiunta di nuovi elementi a un accordo iniziale, quale ad esempio la possibilità di utilizzare uno strumento di pagamento elettronico in collegamento con un conto bancario, non costituisce un'"operazione" bensì un contratto aggiuntivo cui si applica la presente direttiva. La sottoscrizione di nuove quote dello stesso fondo di investimento collettivo viene considerata una delle "operazioni successive della stessa natura".(18) Riferendosi a un sistema di prestazioni di servizi organizzato dal fornitore di servizi finanziari, la presente direttiva mira a escludere dal proprio campo di applicazione le prestazioni di servizi effettuate su base strettamente occasionale e al di fuori di una struttura commerciale avente l'obiettivo di concludere contratti a distanza.(19) Il fornitore è la persona che fornisce servizi a distanza. La presente direttiva dovrebbe tuttavia applicarsi anche quando una delle tappe della commercializzazione comporta la partecipazione di un intermediario. In considerazione della natura e del grado di tale partecipazione, le disposizioni pertinenti della presente direttiva dovrebbero applicarsi a detto intermediario, indipendentemente dal suo status giuridico.(20) I "supporti durevoli" comprendono in particolare i dischetti informatici, i CD-ROM, i DVD e il disco fisso del computer del consumatore che tiene in memoria messaggi di posta elettronica, ma non comprendono i siti Internet tranne quelli che soddisfino i criteri di cui alla definizione di supporto durevole.(21) L'impiego di tecniche di comunicazione a distanza non dovrebbe portare a una diminuzione indebita dell'informazione fornita al consumatore. Per assicurare la trasparenza la presente direttiva fissa requisiti volti a garantire un livello adeguato di informazione del consumatore sia prima che dopo la conclusione del contratto. Il consumatore dovrebbe ricevere, prima della conclusione di un contratto, le informazioni preliminari necessarie al fine di poter valutare opportunamente il servizio finanziario propostogli e quindi scegliere con cognizione di causa. Il fornitore dovrebbe espressamente indicare per quanto tempo la sua offerta eventuale rimane immutata.(22) Le informazioni elencate nella presente direttiva comprendono informazioni di natura generale relative a tutti i tipi di servizi finanziari. Gli altri requisiti in materia di informazioni relative ad un determinato servizio, quali la copertura di una polizza assicurativa, non sono precisati unicamente nella presente direttiva. Le informazioni di questo tipo dovrebbero essere fornite in conformità, ove del caso, della pertinente normativa comunitaria o della pertinente legislazione nazionale, adottata conformemente al diritto comunitario.(23) Per garantire una protezione ottimale del consumatore, è importante che egli sia sufficientemente informato sulle disposizioni della presente direttiva ed eventualmente sui codici di condotta esistenti in questo settore, e che disponga di un diritto di recesso.(24) Qualora il diritto di recesso non si applichi per effetto di un'esplicita richiesta di esecuzione del contratto da parte del consumatore, il fornitore dovrebbe informarne il consumatore.(25) Il consumatore dovrebbe essere tutelato dai servizi non sollecitati. Dovrebbe essere sollevato da qualsiasi obbligo nel caso di servizi non sollecitati e l'assenza di risposta non dovrebbe implicare consenso da parte sua. Tale regola non dovrebbe pregiudicare tuttavia la possibilità del tacito rinnovo dei contratti conclusi validamente tra le parti, quando il diritto degli Stati membri consenta tale tacito rinnovo.(26) Gli Stati membri dovrebbero prendere le misure necessarie per proteggere efficacemente i consumatori che non vogliono essere contattati tramite determinate tecniche di comunicazione o in determinati momenti. La presente direttiva dovrebbe fare salve le garanzie particolari offerte al consumatore dalla legislazione comunitaria relativa alla protezione dei dati personali e della vita privata.(27) Per tutelare i consumatori occorre prevedere procedure appropriate ed efficaci di reclamo e di ricorso negli Stati membri onde disciplinare le eventuali controversie tra fornitori e consumatori utilizzando, se del caso, le procedure esistenti.(28) Gli Stati membri dovrebbero incitare gli organismi pubblici o privati preposti alla composizione stragiudiziale delle controversie a cooperare nella risoluzione delle controversie transfrontaliere. Questa cooperazione potrebbe in particolare mirare a consentire al consumatore di sottoporre agli organi extragiudiziali stabiliti nello Stato membro in cui risiede i reclami relativi a fornitori stabiliti in altri Stati membri. L'istituzione della rete FIN-NET offre un'ulteriore assistenza ai consumatori che si avvalgono di servizi transfrontalieri.(29) La presente direttiva lascia impregiudicata l'estensione da parte degli Stati membri, nel rispetto della normativa comunitaria, della protezione accordata dalla presente direttiva alle organizzazioni senza scopo di lucro e agli individui che si avvalgono di servizi finanziari per divenire imprenditori.(30) È opportuno che la presente direttiva contempli anche i casi in cui la normativa nazionale include il concetto di dichiarazione contrattuale vincolante fatta dal consumatore.(31) Occorre che le disposizioni della presente direttiva riguardanti la scelta della lingua da parte del fornitore lascino impregiudicate le disposizioni di diritto interno adottate in conformità del diritto comunitario che disciplinano la scelta della lingua.(32) La Comunità e gli Stati membri hanno preso impegni nell'ambito dell'accordo generale sugli scambi di servizi (GATS) quanto alla possibilità, per i consumatori, di acquistare all'estero servizi bancari e servizi d'investimento. Il GATS consente agli Stati membri di adottare misure per ragioni prudenziali, comprese misure per la protezione degli investitori, dei depositanti, dei sottoscrittori di assicurazioni o delle persone alle quali il fornitore di servizi finanziari è tenuto a prestare un servizio. Tali misure dovrebbero limitarsi ad imporre soltanto le restrizioni giustificate dalla protezione dei consumatori.(33) In vista dell'adozione della presente direttiva, è opportuno procedere all'adeguamento del campo di applicazione della direttiva 97/7/CE e della direttiva 98/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 1998, relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori(7), nonché del campo di applicazione del termine di risoluzione previsto nella direttiva 90/619/CEE del Consiglio, dell'8 novembre 1990, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative riguardanti l'assicurazione diretta sulla vita, fissa le disposizioni destinate a facilitare l'esercizio effettivo della libera prestazione di servizi e modifica la direttiva 79/267/CEE(8).(34) Poiché lo scopo della presente direttiva, vale a dire l'istituzione di disposizioni comuni in tema di commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale scopo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1Oggetto e campo di applicazione1. La presente direttiva ha per oggetto il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative alla commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori.2. Per i contratti riguardanti servizi finanziari costituiti da un accordo iniziale di servizio seguito da operazioni successive o da una serie di operazioni distinte della stessa natura scaglionate nel tempo, le disposizioni della presente direttiva si applicano esclusivamente all'accordo iniziale.Qualora non vi sia un accordo iniziale di servizio ma le operazioni successive o distinte della stessa natura scaglionate nel tempo siano eseguite tra le stesse parti contrattuali, gli articoli 3 e 4 si applicano solo quando è eseguita la prima operazione. Tuttavia, ove nessuna operazione della stessa natura sia eseguita entro un periodo di un anno, l'operazione successiva è considerata come la prima di una nuova serie di operazioni e, di conseguenza, si applicano le disposizioni degli articoli 3 e 4.Articolo 2DefinizioniAi fini della presente direttiva s'intende per:a) "contratto a distanza": qualunque contratto avente per oggetto servizi finanziari, concluso tra un fornitore e un consumatore nell'ambito di un sistema di vendita o di prestazione di servizi a distanza organizzato dal fornitore che, per tale contratto, impieghi esclusivamente una o più tecniche di comunicazione a distanza fino alla conclusione del contratto, compresa la conclusione del contratto stesso;b) "servizio finanziario": qualsiasi servizio di natura bancaria, creditizia, assicurativa, servizi pensionistici individuali, di investimento o di pagamento;c) "fornitore": qualunque persona fisica o giuridica, pubblica o privata, che, nell'ambito delle proprie attività commerciali o professionali, è il fornitore contrattuale dei servizi oggetto di contratti a distanza;d) "consumatore": qualunque persona fisica che, nei contratti a distanza, agisca per fini che non rientrano nel quadro della propria attività commerciale o professionale;e) "tecnica di comunicazione a distanza": qualunque mezzo che, senza la presenza fisica e simultanea del fornitore e del consumatore, possa impiegarsi per la commercializzazione a distanza di un servizio tra le parti;f) "supporto durevole": qualsiasi strumento che permetta al consumatore di memorizzare informazioni a lui personalmente dirette in modo che possano essere agevolmente recuperate durante un periodo di tempo adeguato ai fini cui sono destinate le informazioni stesse, e che consenta la riproduzione immutata delle informazioni memorizzate;g) "operatore o fornitore di tecnica di comunicazione a distanza": qualunque persona fisica o giuridica, pubblica o privata, la cui attività commerciale o professionale consista nel mettere a disposizione dei fornitori una o più tecniche di comunicazione a distanza.Articolo 3Informazione del consumatore prima della conclusione del contratto a distanza1. In tempo utile prima che il consumatore sia vincolato da un contratto a distanza o da un'offerta, gli sono fornite le informazioni riguardanti:1) il fornitorea) l'identità del fornitore e la sua attività principale, l'indirizzo geografico al quale il fornitore è stabilito e qualsiasi altro indirizzo geografico rilevante nei rapporti tra consumatore e fornitore;b) l'identità del rappresentante del fornitore stabilito nello Stato membro di residenza del consumatore e l'indirizzo geografico rilevante nei rapporti tra consumatore e rappresentante, quando tale rappresentante esista;c) se il consumatore ha relazioni commerciali con un professionista diverso dal fornitore, l'identità del professionista, la veste in cui agisce nei confronti del consumatore, nonché l'indirizzo geografico rilevante nei rapporti tra consumatore e professionista;d) se il fornitore è iscritto in un registro commerciale o in un pubblico registro analogo, il registro di commercio in cui il fornitore è iscritto e il numero di registrazione o un elemento equivalente per identificarlo nel registro;e) qualora l'attività del fornitore sia soggetta ad autorizzazione, gli estremi della competente autorità di controllo;2) il servizio finanziarioa) una descrizione delle principali caratteristiche del servizio finanziario;b) il prezzo totale che il consumatore dovrà corrispondere al fornitore per il servizio finanziario, compresi tutti i relativi oneri, commissioni e spese e tutte le imposte versate tramite il fornitore o, se non è possibile indicare il prezzo esatto, la base di calcolo del prezzo, che consenta al consumatore di verificare quest'ultimo;c) se del caso, un avviso indicante che il servizio finanziario è in rapporto con strumenti che implicano particolari rischi dovuti a loro specifiche caratteristiche o alle operazioni da effettuare, o il cui prezzo dipenda dalle fluttuazioni dei mercati finanziari su cui il fornitore non esercita alcuna influenza, e che i risultati ottenuti in passato non costituiscono elementi indicativi riguardo ai risultati futuri;d) l'indicazione dell'eventuale esistenza di altre imposte e/o costi non versati tramite il fornitore o non fatturati da quest'ultimo;e) qualsiasi limite del periodo durante il quale sono valide le informazioni fornite;f) le modalità di pagamento e di esecuzione;g) qualsiasi costo specifico aggiuntivo per il consumatore relativo all'utilizzazione della tecnica di comunicazione a distanza, se addebitato;3) il contratto a distanzaa) l'esistenza o la mancanza del diritto di recesso conformemente all'articolo 6 e, se tale diritto esiste, la durata e le modalità d'esercizio, comprese le informazioni relative all'importo che il consumatore può essere tenuto a versare ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 1, nonché alle conseguenze derivanti dal mancato esercizio di detto diritto;b) la durata minima del contratto a distanza, in caso di prestazione permanente o periodica di servizi finanziari;c) le informazioni relative agli eventuali diritti delle parti, secondo i termini del contratto a distanza, di mettere fine allo stesso prima della scadenza o unilateralmente, comprese le penali eventualmente stabilite dal contratto in tali casi;d) le istruzioni pratiche per l'esercizio del diritto di recesso, comprendenti tra l'altro l'indirizzo a cui deve essere inviata la comunicazione di recesso;e) lo Stato membro o gli Stati membri sulla/e cui legislazione/i il fornitore si basa per instaurare rapporti con il consumatore prima della conclusione del contratto a distanza;f) qualsiasi clausola contrattuale sulla legislazione applicabile al contratto a distanza e/o sul foro competente;g) la lingua o le lingue in cui sono comunicate le condizioni contrattuali e le informazioni preliminari di cui al presente articolo, nonché la lingua o le lingue in cui il fornitore, con l'accordo del consumatore, s'impegna a comunicare per la durata del contratto a distanza;4) ricorsoa) l'esistenza o la mancanza di procedure extragiudiziali di reclamo e di ricorso accessibili al consumatore che è parte del contratto a distanza e, ove tali procedure esistono, le modalità che consentono al consumatore di avvalersene;b) l'esistenza di fondi di garanzia o di altri dispositivi di indennizzo, non contemplati dalla direttiva 94/19/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 1994, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi(9), e della direttiva 97/9/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 marzo 1997 relativa ai sistemi di indennizzo degli investitori(10).2. Le informazioni di cui al paragrafo 1, il cui fine commerciale deve risultare in maniera inequivoca, sono fornite in modo chiaro e comprensibile con qualunque mezzo adeguato alla tecnica di comunicazione a distanza utilizzata, tenendo debitamente conto in particolare dei principi di buona fede nelle transazioni commerciali e dei principi che disciplinano la protezione delle persone che, secondo la legislazione degli Stati membri, sono ritenute incapaci, quali i minori.3. In caso di comunicazioni mediante telefonia vocale:a) l'identità del fornitore e il fine commerciale della chiamata avviata dal fornitore sono dichiarati in maniera inequivoca all'inizio di qualsiasi conversazione con il consumatore;b) devono essere fornite, previo consenso formale del consumatore, solo le informazioni seguenti:- l'identità della persona in contatto con il consumatore e il suo rapporto con il fornitore,- una descrizione delle principali caratteristiche del servizio finanziario,- il prezzo totale che il consumatore dovrà corrispondere al fornitore per il servizio finanziario, comprese tutte le imposte versate tramite il fornitore o, se non è possibile indicare il prezzo esatto, la base di calcolo del prezzo, che consenta al consumatore di verificare quest'ultimo,- l'indicazione dell'eventuale esistenza di altre imposte e/o costi non versati tramite il fornitore o non fatturati da quest'ultimo,- l'esistenza o la mancanza del diritto di recesso conformemente all'articolo 6 e, se tale diritto esiste, la durata e le modalità d'esercizio, comprese le informazioni relative all'importo che il consumatore può essere tenuto a versare ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 1.Il fornitore comunica al consumatore che altre informazioni sono disponibili su richiesta e ne precisa la natura. Il fornitore comunica in ogni caso le informazioni complete quando adempie ai propri obblighi ai sensi dell'articolo 5.4. Le informazioni relative agli obblighi contrattuali, da comunicare al consumatore nella fase precontrattuale, devono essere conformi agli obblighi contrattuali imposti dalla legge che si presume applicabile al contratto a distanza qualora questo sia concluso.Articolo 4Requisiti aggiuntivi in materia di informazioni1. Se disposizioni della legislazione comunitaria che disciplina i servizi finanziari contengono requisiti aggiuntivi in materia di informazioni preliminari rispetto a quelli di cui all'articolo 3, paragrafo 1, tali requisiti rimangono applicabili.2. In attesa di un'ulteriore armonizzazione, gli Stati membri possono mantenere o introdurre disposizioni più rigorose riguardo ai requisiti in materia di informazioni preliminari se tali disposizioni sono conformi al diritto comunitario.3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione le disposizioni nazionali sui requisiti in materia di informazioni preliminari di cui ai paragrafi 1 e 2 del presente articolo se tali requisiti sono aggiuntivi rispetto a quelli di cui all'articolo 3, paragrafo 1. Nel procedere alla stesura della relazione di cui all'articolo 20, paragrafo 2, la Commissione tiene conto delle disposizioni nazionali comunicate.4. Al fine di garantire con ogni mezzo appropriato un elevato grado di trasparenza, la Commissione si assicura che le informazioni sulle disposizioni nazionali che le sono comunicate siano anche comunicate ai consumatori e ai fornitori.Articolo 5Comunicazione delle condizioni contrattuali e delle informazioni preliminari1. Il fornitore comunica al consumatore tutte le condizioni contrattuali nonché le informazioni di cui all'articolo 3, paragrafo 1, e all'articolo 4 su supporto cartaceo o su un altro supporto durevole, disponibile ed accessibile per il consumatore in tempo utile, prima che il consumatore sia vincolato da un contratto a distanza o da un'offerta.2. Il fornitore ottempera all'obbligo di cui al paragrafo 1 subito dopo la conclusione del contratto a distanza, se quest'ultimo è stato concluso su richiesta del consumatore utilizzando una tecnica di comunicazione a distanza che non consente di trasmettere le condizioni contrattuali né le informazioni ai sensi del paragrafo 1.3. In qualsiasi momento del rapporto contrattuale il consumatore, se lo richiede, ha il diritto di ricevere le condizioni contrattuali su supporto cartaceo. Inoltre il consumatore ha il diritto di cambiare la tecnica di comunicazione a distanza utilizzata, a meno che ciò non sia incompatibile con il contratto concluso o con la natura del servizio finanziario prestato.Articolo 6Diritto di recesso1. Gli Stati membri fanno in modo che il consumatore disponga di un termine di quattordici giorni di calendario per recedere dal contratto senza penali e senza dover indicare il motivo. Tuttavia, tale termine è esteso a trenta giorni di calendario per i contratti a distanza aventi per oggetto le assicurazioni sulla vita di cui alla direttiva 90/619/CEE e le operazioni aventi ad oggetto gli schemi pensionistici individuali.Il termine durante il quale può essere esercitato il diritto di recesso decorre:- dalla data della conclusione del contratto, tranne nel caso di tali assicurazioni sulla vita, per le quali il termine comincia a decorrere dal momento in cui al consumatore viene comunicato che il contratto è stato concluso, oppure- dalla data in cui il consumatore riceve le condizioni contrattuali e le informazioni di cui all'articolo 5, paragrafi 1 o 2, se tale data è successiva a quella di cui al primo trattino.Oltre al diritto di recesso, gli Stati membri possono prevedere che l'applicabilità dei contratti relativi ai servizi di investimento sia sospesa durante la decorrenza del termine previsto nel presente paragrafo.2. Il diritto di recesso non si applica:a) ai servizi finanziari il cui prezzo dipende da fluttuazioni del mercato finanziario che il fornitore non è in grado di controllare e che possono aver luogo durante il periodo di recesso, quali ad esempio i servizi riguardanti:- operazioni di cambio,- strumenti del mercato monetario,- valori mobiliari,- quote di un organismo di investimento collettivo,- contratti a termine fermo ("futures") su strumenti finanziari, compresi gli strumenti equivalenti che si regolano in contanti,- contratti a termine su tassi di interesse (FRA),- contratti swaps su tassi d'interesse, su valute o contratti di scambio connessi ad azioni o a indici azionari ("equity swaps"),- opzioni per acquistare o vendere qualsiasi strumento previsto dalla presente lettera, compresi gli strumenti equivalenti che si regolano in contanti. Sono comprese in particolare in questa categoria le opzioni su valute e su tassi d'interesse;b) alle polizze di assicurazione viaggio e bagagli o alle analoghe polizze assicurative a breve termine di durata inferiore a un mese;c) ai contratti interamente eseguiti da entrambe le parti su richiesta esplicita del consumatore prima che quest'ultimo eserciti il suo diritto di recesso.3. Gli Stati membri possono prevedere che il diritto di recesso non si applichi:a) ai crediti diretti principalmente a permettere di acquistare o mantenere diritti di proprietà su terreni o edifici esistenti o progettati, o di rinnovare o ristrutturare edifici; ob) ai crediti garantiti da ipoteca su beni immobili o da diritti su beni immobili; oc) alle dichiarazioni dei consumatori rilasciate dinanzi ad un pubblico ufficiale a condizione che il pubblico ufficiale confermi che al consumatore sono garantiti i diritti di cui all'articolo 5, paragrafo 1.Il presente paragrafo non pregiudica il diritto ad un periodo di riflessione a vantaggio dei consumatori residenti negli Stati membri in cui tale diritto vige al momento dell'adozione della presente direttiva.4. Gli Stati membri che si avvalgono della possibilità di cui al paragrafo 3 ne danno comunicazione alla Commissione.5. La Commissione mette le informazioni comunicate dagli Stati membri a disposizione del Parlamento europeo e del Consiglio e assicura che esse siano comunicate anche ai consumatori e ai fornitori che ne fanno richiesta.6. Se esercita il suo diritto di recesso, il consumatore invia, prima dello scadere del termine, secondo le istruzioni pratiche che gli sono state date ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, punto 3, lettera d), una comunicazione che costituisca un mezzo di prova conformemente alla legislazione nazionale. Il termine si considera rispettato se la comunicazione, sempreché effettuata per iscritto o mediante altro supporto durevole disponibile e accessibile al destinatario, sia inviata anteriormente alla scadenza del termine.7. Il presente articolo non si applica alla risoluzione dei contratti di credito disciplinata dall'articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 97/7/CE o dall'articolo 7 della direttiva 94/47/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 1994, concernente la tutela dell'acquirente per taluni aspetti dei controlli relativi all'acquisizione di un diritto di godimento a tempo parziale di beni immobili(11).Se a un contratto a distanza relativo a un determinato servizio finanziario è aggiunto un altro contratto a distanza riguardante servizi finanziari prestati da un fornitore o da un terzo sulla base di un accordo tra il terzo e il fornitore, questo contratto aggiuntivo è risolto, senza alcuna penale, qualora il consumatore eserciti il suo diritto di recesso secondo le modalità fissate all'articolo 6, paragrafo 1.8. Il presente articolo lascia impregiudicate le disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri in materia di scioglimento, estinzione o non applicabilità del contratto a distanza o il diritto del consumatore di ottemperare ai suoi obblighi contrattuali prima del termine fissato dal contratto a distanza. Questo vale a prescindere dalle condizioni e dagli effetti giuridici della risoluzione del contratto a distanza.Articolo 7Pagamento del servizio fornito prima del recesso1. Il consumatore che esercita il diritto di recesso conferitogli dall'articolo 6, paragrafo 1 può essere tenuto a pagare quanto prima solo l'importo del servizio finanziario effettivamente prestato dal fornitore conformemente al contratto a distanza. L'esecuzione del contratto può iniziare solo previo consenso del consumatore. Detto importo non può:- eccedere un importo proporzionale all'importanza del servizio già fornito in rapporto a tutte le prestazioni previste dal contratto a distanza,- essere tale da poter costituire una penale.2. Gli Stati membri possono prevedere che il consumatore non sia tenuto a pagare alcun importo allorché recede da un contratto di assicurazione.3. Il fornitore non può esigere dal consumatore il pagamento di un importo in base al paragrafo 1 se non è in grado di provare che il consumatore è stato debitamente informato dell'importo dovuto, in conformità dell'articolo 3, paragrafo 1, punto 3, lettera a). Egli non può tuttavia in alcun caso esigere tale pagamento se ha dato inizio all'esecuzione del contratto prima della scadenza del periodo di esercizio del diritto di recesso di cui all'articolo 6, paragrafo 1, senza che vi fosse una preventiva richiesta del consumatore.4. Il fornitore è tenuto a rimborsare al consumatore, quanto prima e al più tardi entro 30 giorni di calendario, tutti gli importi da questo versatigli in conformità del contratto a distanza, ad eccezione dell'importo di cui al paragrafo 1. Il periodo decorre dal giorno in cui il fornitore riceve la comunicazione di recesso.5. Il consumatore restituisce al fornitore quanto prima, e al più tardi entro 30 giorni di calendario, qualsiasi importo e/o bene che abbia ricevuto da quest'ultimo. Il periodo decorre dal giorno in cui il consumatore invia la comunicazione di recesso.Articolo 8Pagamento con carta di pagamentoGli Stati membri si accertano che esistano misure adeguate affinché:- il consumatore possa chiedere l'annullamento di un pagamento in caso di uso fraudolento della sua carta di pagamento nell'ambito di contratti a distanza,- in caso di tale uso fraudolento, al consumatore sia riaccreditato o rimborsato l'importo versato.Articolo 9Servizi non richiestiFatte salve le disposizioni degli Stati membri relative al tacito rinnovo dei contratti a distanza, quando dette norme consentono il tacito rinnovo, gli Stati membri adottano le misure necessarie per:- vietare la fornitura di servizi finanziari ad un consumatore senza che questi ne abbia preliminarmente fatto richiesta, quando questa fornitura comporti una domanda di pagamento immediato o differito nel tempo,- dispensare il consumatore da qualunque obbligo in caso di fornitura non richiesta, fermo restando che l'assenza di risposta non implica consenso.Articolo 10Comunicazioni non richieste1. L'utilizzazione da parte di un fornitore delle seguenti tecniche di comunicazione a distanza richiede il previo consenso del consumatore:a) sistemi automatizzati di chiamata senza intervento di un operatore (dispositivo automatico di chiamata);b) fax (telecopia).2. Gli Stati membri adottano le misure appropriate affinché le tecniche di comunicazione a distanza diverse da quelle indicate al paragrafo 1, quando consentono una comunicazione individuale:a) non siano autorizzate se non è stato ottenuto il consenso del consumatore interessato; ob) possano essere utilizzate solo in assenza di una manifesta opposizione del consumatore.3. Le misure di cui ai paragrafi 1 e 2 non comportano costi per i consumatori.Articolo 11SanzioniGli Stati membri prevedono sanzioni adeguate in caso di mancato rispetto da parte del fornitore delle disposizioni nazionali adottate in conformità della presente direttiva.A tal fine essi possono disporre, in particolare, che il consumatore possa risolvere il contratto in qualsiasi momento, senza costi e senza penali.Tali sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.Articolo 12Carattere cogente delle disposizioni della presente direttiva1. Il consumatore non può rinunciare ai diritti conferitigli dalla presente direttiva.2. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché il consumatore non sia privato della tutela assicurata dalla presente direttiva in virtù della scelta della legge di un paese terzo quale legge applicabile al contratto quando questo contratto presenta uno stretto collegamento con il territorio di uno o più Stati membri.Articolo 13Ricorso giudiziario o amministrativo1. Gli Stati membri vigilano affinché siano posti in atto mezzi adeguati ed efficaci per assicurare il rispetto della presente direttiva nell'interesse dei consumatori.2. I mezzi di cui al paragrafo 1 comprendono disposizioni che permettano ad uno o più dei seguenti organismi, determinati dalla legislazione nazionale, di adire, secondo il diritto nazionale, i giudici o gli organi amministrativi competenti per l'applicazione delle disposizioni nazionali di attuazione della presente direttiva:a) organismi pubblici o loro rappresentanti;b) associazioni di consumatori aventi un interesse legittimo a tutelare i consumatori;c) associazioni professionali aventi un interesse legittimo ad agire.3. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché i fornitori e gli operatori di tecniche di comunicazione a distanza, se sono in grado di farlo, pongano fine alle pratiche dichiarate non conformi alla presente direttiva sulla base di una decisione giudiziaria, di una decisione emanante da un'autorità amministrativa o da un'autorità di controllo loro notificata.Articolo 14Ricorso extragiudiziale1. Gli Stati membri promuovono l'istituzione di adeguate ed efficaci procedure extragiudiziali di reclamo e di ricorso per la composizione di controversie riguardanti i consumatori relative a servizi finanziari forniti a distanza.2. Gli Stati membri, in particolare, esortano gli organismi responsabili della composizione extragiudiziale delle controversie a cooperare ai fini della composizione delle controversie transfrontaliere riguardo a servizi finanziari forniti a distanza.Articolo 15Onere della provaFatto salvo l'articolo 7, paragrafo 3, gli Stati membri hanno facoltà di stabilire che l'onere della prova, per quanto riguarda l'ottemperanza da parte del fornitore all'obbligo di informazione del consumatore e per quanto riguarda il consenso del consumatore alla conclusione del contratto e, se del caso, all'esecuzione di quest'ultimo, possa incombere al fornitore.Costituisce clausola abusiva, ai sensi della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori(12), ogni clausola contrattuale che ponga a carico del consumatore l'onere della prova dell'ottemperanza, totale o parziale, da parte del fornitore, agli obblighi che gli incombono in virtù della presente direttiva.Articolo 16Misure transitorieGli Stati membri possono far valere norme nazionali conformi alla presente direttiva nei confronti dei fornitori stabiliti in uno Stato membro che non ha ancora recepito la presente direttiva e in cui non vigono obblighi corrispondenti a quelli in essa previsti.Articolo 17Direttiva 90/619/CEEAll'articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 90/619/CEE, il primo comma è sostituito dal seguente: "1. Ciascuno Stato membro prescrive che il contraente di un contratto individuale di assicurazione sulla vita disponga di un termine di 30 giorni di calendario a decorrere dal momento in cui il contraente è informato che il contratto è stato concluso, per rinunciare agli effetti del contratto."Articolo 18Direttiva 97/7/CELa direttiva 97/7/CE è modificata come segue:1) all'articolo 3, paragrafo 1, il primo trattino è sostituito dal seguente: "- relativi a un servizio finanziario cui si applica la direttiva 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002, concernente la commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori e che modifica le direttive 90/619/CEE del Consiglio, 97/7/CE e 98/27/CE(13);"2) l'allegato II è soppresso.Articolo 19Direttiva 98/27/CEAll'allegato della direttiva 98/27/CE è aggiunto il seguente punto 11: "11. Direttiva 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002, concernente la commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori e che modifica le direttive 90/619/CEE del Consiglio, 97/7/CE e 98/27/CE(14)."Articolo 20Riesame1. In seguito all'attuazione della presente direttiva, la Commissione esamina il funzionamento del mercato interno dei servizi finanziari per quanto riguarda la commercializzazione di tali servizi. Essa dovrebbe cercare di analizzare ed esporre dettagliatamente le difficoltà che incontrano o possono incontrare sia i consumatori sia i fornitori, in particolare quelle derivanti dalle differenze tra disposizioni nazionali in materia di informazione e di diritto di recesso.2. Entro il 9 aprile 2006 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sui problemi incontrati dai consumatori e dai fornitori per acquistare e vendere servizi finanziari, corredata se del caso di proposte dirette a modificare e/o armonizzare ulteriormente le disposizioni in materia di informazione e di diritto di recesso contenute nella normativa comunitaria riguardante i servizi finanziari e/o contemplate dall'articolo 3.Articolo 21Recepimento1. Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi il 9 ottobre 2004. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva nonché una tabella di corrispondenza tra le disposizioni della presente direttiva e le disposizioni nazionali adottate.Articolo 22Entrata in vigoreLa presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 23DestinatariGli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 23 settembre 2002.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioLa PresidenteM. Fischer Boel(1) GU C 385 dell'11.12.1998, pag. 10 eGU C 177 E del 27.6.2000, pag. 21.(2) GU C 169 del 16.6.1999, pag. 43.(3) Parere del Parlamento europeo del 5.5.1999 (GU C 279 dell'1.10.1999, pag. 207), posizione comune del Consiglio del 19.12.2001 (GU C 58 E del 5.3.2002, pag. 32) e decisione del Parlamento europeo del 14.5.2002 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Decisione del Consiglio del 26.6.2002 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale.(4) GU L 178 del 17.7.2000, pag. 1.(5) GU L 12 del 16.1.2001, pag. 1.(6) GU L 144 del 4.6.1997, pag. 19.(7) GU L 166 dell'11.6.1998, pag. 51. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 178 del 17.7.2000, pag. 1).(8) GU L 330 del 29.11.1990, pag. 50. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 92/96/CEE (GU L 360 del 9.12.1992, pag. 1).(9) GU L 135 del 31.5.1994, pag. 5.(10) GU L 84 del 26.3.1997, pag. 22.(11) GU L 280 del 29.10.1994, pag. 83.(12) GU L 95 del 21.4.1993, pag. 29.(13) GU L 271 del 9.10.2002, pag. 16.(14) GU L 271 del 9.10.2002, pag. 16.
Commercializzazione a distanza di servizi finanziari: protezione dei consumatori QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA? Stabilisce norme comuni per la commercializzazione di servizi finanziari dai fornitori ai consumatori nell’Unione europea (Unione), al fine di garantire la protezione dei consumatori. PUNTI CHIAVE Ambito di applicazione La direttiva riguarda tutti i servizi finanziari, compresa la vendita di carte di credito, di fondi d’investimento, di piani pensionistici individuali e assicurativi ai consumatori tramite canali di commercializzazione a distanza quali il telefono, il fax e Internet. La direttiva garantisce la protezione dei consumatori, che prevede:l’obbligo da parte del fornitore di dare ai consumatori informazioni complete prima di concludere un contratto; il diritto del consumatore di recedere dal contratto entro 14 giorni; il divieto delle pratiche abusive di commercializzazione volte a obbligare i consumatori a comprare un servizio che non hanno richiesto («fornitura non richiesta»); norme volte a limitare altre pratiche, quali chiamate telefoniche ed email non richieste («cold calling» e spam); sanzioni adeguate da parte degli Stati membri dell’Unione ai fornitori che non rispettano la presente direttiva; ricorso legale appropriato, comprese procedure di composizione extragiudiziale per i consumatori i cui diritti siano stati violati.La direttiva 2011/83/CE sui diritti dei consumatori (si veda la sintesi) regola la commercializzazione a distanza ai consumatori di tutti gli altri beni e servizi non finanziari, sostituendo la direttiva 97/7/CE. Riesame della direttiva Il riesame della direttiva è stato incluso nel programma di lavoro della Commissione per il 2020 (Allegato II – Iniziative REFIT), «Un nuovo slancio per la democrazia europea»). É stata inoltre pubblicata una valutazione della direttiva nel 2020. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è in vigore dal 9 ottobre 2002 e doveva diventare legge negli Stati membri entro il 9 ottobre 2004. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si veda:Commercializzazione a distanza di servizi finanziari (Commissione europea). Revisione delle norme UE sulla commercializzazione a distanza di servizi finanziari (Commissione europea). Commercializzazione a distanza di servizi finanziari – valutazione delle norme dell’UE (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002, concernente la commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori e che modifica la direttiva 90/619/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE e 98/27/CE (GU L 271 del 9.10.2002, pag. 16). Le successive modifiche alla direttiva 2002/65/CE sono state incorporate nel testo originale. Questa versione consolidata ha solo valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, sui diritti dei consumatori, recante modifica della direttiva 93/13/CEE del Consiglio e della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 85/577/CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 304 del 22.11.2011, pag. 64). Si veda la versione consolidata. Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo — Riesame della direttiva concernente la commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori (2002/65/CE) [COM(2009) 626 def. del 20.11.2009].
14,079
697
32006R0816
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REGOLAMENTO (CE) N. 816/2006 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 17 maggio 2006 concernente la concessione di licenze obbligatorie per brevetti relativi alla fabbricazione di prodotti farmaceutici destinati all'esportazione verso paesi con problemi di salute pubblica IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea e in particolare gli articoli 95 e 133, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), conformemente alla procedura prevista all'articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) Il 14 novembre 2001, la quarta conferenza ministeriale dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) ha adottato la dichiarazione di Doha sull'accordo relativo agli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (accordo TRIPS) e la salute pubblica. La dichiarazione riconosce a ciascun membro dell'OMC il diritto di concedere licenze obbligatorie e la libertà di determinare i motivi che sono alla base della concessione di tali licenze. Riconosce inoltre che i membri dell'OMC le cui capacità di fabbricazione nel settore farmaceutico sono insufficienti o inesistenti potrebbero incontrare difficoltà a ricorrere in modo efficace alle licenze obbligatorie. (2) Il 30 agosto 2003 il consiglio generale dell'OMC, alla luce della dichiarazione letta dal suo presidente, ha adottato una decisione sull'attuazione del paragrafo 6 della dichiarazione di Doha sull'accordo TRIPS e la salute pubblica (di seguito «la decisione»). Fatte salve alcune condizioni, la decisione prevede deroghe a taluni obblighi concernenti la concessione di licenze obbligatorie stabiliti nell'accordo TRIPS al fine di rispondere alle esigenze dei membri dell'OMC con capacità di fabbricazione insufficienti. (3) Tenuto conto del ruolo attivo della Comunità nell'adozione della decisione, del suo impegno presso l'OMC a contribuire pienamente all'attuazione della decisione e del suo appello a tutti i membri dell'OMC volto a garantire la creazione di condizioni adeguate per consentire un funzionamento efficace del sistema posto in essere dalla decisione, è importante che la Comunità attui la decisione nell'ordinamento giuridico comunitario. (4) Un'attuazione uniforme della decisione è necessaria a garantire che le condizioni di concessione delle licenze obbligatorie per la fabbricazione e la vendita di prodotti farmaceutici, quando tali prodotti sono destinati all'esportazione, siano identiche in tutti gli Stati membri e per evitare la distorsione della concorrenza tra gli operatori nel mercato unico. Si dovrebbero egualmente applicare regole uniformi volte ad evitare la reimportazione nel territorio comunitario di prodotti farmaceutici fabbricati in virtù della decisione. (5) Il presente regolamento si inscrive in una più ampia azione europea e internazionale volta a porre rimedio ai problemi di salute pubblica di paesi meno avanzati e di altri paesi in via di sviluppo, e intende in particolare migliorare l'accesso a medicinali a prezzi abbordabili, ivi comprese le combinazioni a dosi prestabilite, che siano sicuri ed efficaci e la cui qualità sia garantita. A tale riguardo si potrà ricorrere alle procedure stabilite dalla legislazione comunitaria sui prodotti farmaceutici a garanzia della qualità scientifica di tali prodotti, in particolare a quella prevista all'articolo 58 del regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che istituisce procedure comunitarie per l'autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l'Agenzia europea per i medicinali (3). (6) Considerando il fatto che il suo scopo è di porre rimedio a problemi di sanità pubblica, il sistema di licenze obbligatorie posto in essere dal presente regolamento dovrebbe essere applicato in buona fede. Esso non dovrebbe essere utilizzato dai paesi al fine di perseguire obiettivi di politica industriale o commerciale. Il presente regolamento ha lo scopo di creare un quadro giuridico certo e di scoraggiare le controversie. (7) Poiché il presente regolamento fa parte di un'azione più ampia per affrontare il problema dell'accesso dei paesi in via di sviluppo a medicinali a prezzi abbordabili, azioni complementari sono delineate nel programma d'azione della Commissione «Azione accelerata di lotta contro l'HIV/AIDS, la malaria e la tubercolosi nel quadro della riduzione della povertà» e nella comunicazione della Commissione «Un quadro politico europeo coerente per le azioni esterne di lotta contro l'HIV/AIDS, la malaria e la tubercolosi». È necessario continuare a portare avanti con urgenza tali azioni, comprese azioni di sostegno alla ricerca per la lotta contro queste malattie e di rafforzamento della capacità nei paesi in via di sviluppo. (8) I prodotti fabbricati in virtù del presente regolamento devono imperativamente pervenire solo alle persone che ne hanno bisogno e non essere sviati dai loro destinatari. La concessione di licenze obbligatorie in virtù del presente regolamento deve pertanto essere subordinata alla previsione di condizioni chiare per il titolare della licenza per quanto riguarda gli atti coperti dalla licenza, l'identificazione dei prodotti farmaceutici fabbricati in virtù della licenza e i paesi verso i quali questi prodotti sono esportati. (9) Dovrebbero essere adottate misure doganali alle frontiere esterne per controllare i prodotti fabbricati e venduti all'esportazione in virtù di una licenza obbligatoria che qualcuno tenti di reimportare nel territorio comunitario. (10) Quando prodotti farmaceutici fabbricati in virtù di una licenza obbligatoria sono sequestrati a norma del presente regolamento, l'autorità competente può decidere, in conformità della legislazione nazionale e al fine di assicurare che i prodotti farmaceutici sequestrati siano utilizzati per l'uso cui erano destinati, di inviare tali prodotti nel paese importatore previsto in base alla licenza obbligatoria concessa. (11) Per evitare l'incoraggiamento della sovrapproduzione e l'eventuale sviamento dei prodotti, le autorità competenti dovrebbero tenere conto delle licenze obbligatorie esistenti per gli stessi prodotti e gli stessi paesi, nonché delle domande parallele indicate dal richiedente. (12) Dal momento che gli obiettivi del presente regolamento, in particolare la creazione di procedure armonizzate per la concessione di licenze obbligatorie che contribuiscano all'effettiva attuazione del sistema posto in essere dalla decisione, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri, a causa delle opzioni disponibili per i paesi esportatori nell'ambito della decisione e possono quindi, a causa degli effetti potenziali sugli operatori nel mercato interno, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può adottare misure in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi, in ottemperanza al principio di proporzionalità definito nello stesso articolo. (13) La Comunità riconosce che è quanto mai auspicabile promuovere il trasferimento di tecnologia e la costruzione di capacità in paesi le cui capacità di fabbricazione nel settore farmaceutico sono insufficienti o inesistenti, al fine di favorire e far aumentare la produzione di prodotti farmaceutici da parte di questi paesi. (14) Per assicurare un trattamento efficiente delle domande di licenza obbligatoria a norma del presente regolamento, gli Stati membri dovrebbero avere la possibilità di prevedere requisiti puramente formali o amministrativi, ad esempio norme riguardo alla lingua della domanda, al formulario da utilizzare, all'identificazione del brevetto o dei brevetti e/o del certificato o certificati complementari di protezione per i quali è richiesta una licenza obbligatoria, e norme sulle domande presentate in formato elettronico. (15) La semplice formula per stabilire la retribuzione ha lo scopo di accelerare la procedura di concessione della licenza obbligatoria nel caso di un'emergenza nazionale o di altre circostanze di estrema urgenza oppure in caso di uso pubblico non commerciale, ai sensi dell'articolo 31, lettera b), dell'accordo TRIPS. La cifra del 4 % potrebbe essere utilizzata come riferimento per deliberazioni relative alla retribuzione adeguata in circostanze diverse da quelle sopraelencate, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Campo di applicazione Il presente regolamento stabilisce una procedura di concessione di licenze obbligatorie per brevetti e certificati complementari di protezione concernenti la fabbricazione e la vendita di prodotti farmaceutici, se questi prodotti sono destinati all'esportazione verso paesi importatori ammissibili che ne hanno bisogno per affrontare problemi di salute pubblica. Gli Stati membri concedono la licenza obbligatoria a qualunque soggetto presenti una domanda conformemente all'articolo 6 e fatte salve le condizioni stabilite agli articoli da 6 a 10. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento, s'intende per: 1) «prodotto farmaceutico»: qualunque prodotto del settore farmaceutico, compresi i prodotti medicinali così come definiti all'articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (4), i principi attivi e i kit di diagnostica ex vivo; 2) «titolare dei diritti»: il titolare di un brevetto o di un certificato complementare di protezione che sia oggetto di una domanda di licenza obbligatoria in virtù del presente regolamento; 3) «paese importatore»: il paese verso il quale il prodotto farmaceutico deve essere esportato; 4) «autorità competente» ai fini degli articoli da 1 a 11, 16 e 17: ogni autorità nazionale che ha competenza per la concessione di licenze obbligatorie a norma del presente regolamento in un determinato Stato membro. Articolo 3 Autorità competente L'autorità competente quale definita all'articolo 2, punto 4, è quella che ha competenza per la concessione di licenze obbligatorie in virtù del diritto nazionale dei brevetti, fatte salve disposizioni contrarie dello Stato membro. Gli Stati membri notificano alla Commissione l'autorità competente designata quale definita all'articolo 2, punto 4. Le notifiche saranno pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 4 Paesi importatori ammissibili È considerato come paese importatore ammissibile: a) qualunque paese meno avanzato che figuri come tale nell'elenco delle Nazioni Unite; b) qualunque membro dell'OMC, che non sia un paese meno avanzato ai sensi della lettera a), che abbia notificato al Consiglio TRIPS la sua intenzione di utilizzare il sistema in quanto importatore, compresa l'indicazione dell'intenzione di utilizzare il sistema nella sua totalità o in modo limitato; c) qualunque paese che non è membro dell'OMC ma che figura nell'elenco del comitato per l'assistenza allo sviluppo dell'OCSE dei paesi a basso reddito aventi un PNL pro capite inferiore a 745 USD e che abbia notificato alla Commissione la propria intenzione di utilizzare il sistema in quanto importatore, compresa l'indicazione dell'intenzione di utilizzare il sistema nella sua totalità o in modo limitato. Tuttavia, qualunque membro dell'OMC che abbia dichiarato all'OMC che non utilizzerà il sistema in quanto membro importatore non è considerato come un paese importatore ammissibile. Articolo 5 Estensione a paesi meno sviluppati e in via di sviluppo che non sono membri dell'OMC Ai paesi importatori ammissibili ai sensi dell'articolo 4 che non sono membri dell'OMC si applicano le seguenti disposizioni: a) il paese importatore effettua la notifica di cui all'articolo 8, paragrafo 1, direttamente alla Commissione; b) nella notifica di cui all'articolo 8, paragrafo 1, il paese importatore dichiara che utilizzerà il sistema per affrontare problemi di salute pubblica e non quale strumento per perseguire obiettivi di politica industriale o commerciale e che adotterà le misure di cui al paragrafo 4 della decisione; c) l'autorità competente può, su richiesta del titolare dei diritti o di propria iniziativa, qualora il diritto nazionale la autorizzi ad agire di propria iniziativa, porre termine ad una licenza obbligatoria concessa a norma del presente articolo se il paese importatore non ha assolto gli obblighi di cui alla lettera b). Prima di porre termine ad una licenza obbligatoria, l'autorità competente tiene conto di eventuali pareri espressi dagli organi di cui all'articolo 6, paragrafo 3, lettera f). Articolo 6 Domanda di licenza obbligatoria 1. Qualunque persona può depositare una domanda di licenza obbligatoria in virtù del presente regolamento presso le autorità competenti dello Stato membro o degli Stati membri nei quali i brevetti o i certificati complementari di protezione sono applicabili e coprono le attività di fabbricazione e di vendita all'esportazione che intende esercitare. 2. Se la persona che richiede una licenza obbligatoria ha presentato, per lo stesso prodotto, una domanda presso le autorità di più paesi, lo segnala in ciascuna domanda, indicando le quantità e i paesi importatori interessati. 3. La domanda, conformemente al paragrafo 1, comprende le seguenti indicazioni: a) il nome e le coordinate del richiedente e di qualunque agente o rappresentante che il richiedente ha nominato per agire a suo nome presso l'autorità competente; b) la denominazione comune del prodotto o dei prodotti farmaceutici che il richiedente ha intenzione di fabbricare e di vendere all'esportazione in virtù della licenza obbligatoria; c) le quantità di prodotti farmaceutici che il richiedente ha intenzione di produrre in virtù della licenza obbligatoria; d) il paese o i paesi importatori; e) se del caso, la prova che negoziati preliminari hanno avuto luogo con il titolare dei diritti conformemente all'articolo 9; f) la prova che una domanda specifica è stata rivolta da parte: i) dei rappresentanti autorizzati del paese o dei paesi importatori; o ii) di un'organizzazione non governativa che agisce con l'autorizzazione ufficiale di uno o più paesi importatori; o iii) di organismi ONU o altre organizzazioni sanitarie internazionali che agiscono con l'autorizzazione ufficiale di uno o più paesi importatori, nonché le quantità di prodotti necessari. 4. Requisiti puramente formali o amministrativi necessari per il trattamento efficace della domanda possono essere previsti ai sensi del diritto nazionale. Tali requisiti non aumentano, se non necessario, i costi o gli oneri a carico del richiedente e comunque non rendono la procedura per la concessione di licenze obbligatorie ai sensi del presente regolamento più onerosa di quella prevista per la concessione di altre licenze obbligatorie ai sensi del diritto nazionale. Articolo 7 Diritti del titolare dei diritti L'autorità competente notifica senza indugio la domanda di licenza obbligatoria al titolare dei diritti. Prima di concedere la licenza obbligatoria l'autorità competente dà al titolare dei diritti la possibilità di formulare osservazioni sulla domanda e di fornire all'autorità competente ogni informazione pertinente sulla stessa. Articolo 8 Verifica 1. L'autorità competente verifica che: a) ciascun paese importatore citato nella domanda che è membro dell'OMC abbia effettuato la notifica all'OMC in virtù della decisione; o che: b) ciascun paese importatore citato nella domanda che non è membro dell'OMC abbia effettuato la notifica alla Commissione ai sensi del presente regolamento in merito a ciascuno dei prodotti coperti dalla domanda; tale notifica: i) specifica i nomi e le quantità attese del prodotto o dei prodotti necessari; ii) a meno che il paese importatore non sia un paese meno sviluppato, conferma che il paese in questione ha stabilito che le sue capacità di fabbricazione nel settore farmaceutico sono insufficienti o inesistenti per un prodotto o prodotti particolari, ricorrendo ad una delle modalità indicate nell'allegato della decisione; iii) conferma che quando un prodotto farmaceutico è brevettato sul territorio del paese importatore, questo paese importatore ha concesso o intende concedere una licenza obbligatoria per l'importazione del prodotto in questione, conformemente all'articolo 31 dell'accordo TRIPS e alle disposizioni della decisione. Il presente paragrafo non pregiudica la flessibilità di cui godono i paesi meno sviluppati ai sensi della decisione del Consiglio TRIPS del 27 giugno 2002. 2. L'autorità competente verifica che le quantità di prodotti citate nella domanda non superino quelle notificate all'OMC da un paese importatore che è membro dell'OMC o quelle notificate alla Commissione da un paese importatore che non è membro dell'OMC, e che, tenuto conto delle altre licenze obbligatorie concesse altrove, le quantità totali di prodotti di cui si autorizza la produzione per un paese importatore non superino in modo significativo le quantità notificate da tale paese all'OMC, nel caso dei paesi che sono membri dell'OMC, o quelle notificate alla Commissione, nel caso dei paesi che non sono membri dell'OMC. Articolo 9 Negoziati preliminari 1. Il richiedente fornisce alle autorità competenti prove convincenti del fatto che si è sforzato di ottenere un'autorizzazione del titolare dei diritti e che questi sforzi non hanno prodotto risultati entro un periodo di trenta giorni anteriore alla presentazione della domanda. 2. I requisiti di cui al paragrafo 1 non si applicano a situazioni d'emergenza nazionale, ad altre circostanze di estrema urgenza o in caso di utilizzazione pubblica a fini non commerciali conformemente all'articolo 31, lettera b), dell'accordo TRIPS. Articolo 10 Condizioni per la concessione della licenza obbligatoria 1. La licenza concessa è non cedibile, fatta eccezione per la parte dell'impresa o dell'avviamento che beneficia della licenza, e non esclusiva. Essa enuncia le condizioni specifiche elencate nei paragrafi da 2 a 9 che dovrà rispettare il titolare della licenza. 2. Le quantità del prodotto o dei prodotti fabbricati in virtù della licenza non superano le quantità necessarie per rispondere ai bisogni del paese o dei paesi importatori citati nella domanda, tenendo conto della quantità del prodotto o dei prodotti fabbricati in virtù di altre licenze obbligatorie concesse altrove. 3. La durata della licenza viene indicata. 4. La licenza è strettamente limitata a tutti gli atti necessari ai fini della fabbricazione del prodotto in questione per l'esportazione e la distribuzione nel paese o nei paesi citati nella domanda. Nessun prodotto fabbricato o importato in virtù della licenza obbligatoria è proposto alla vendita o commercializzato in un paese diverso da quello citato nella domanda, a meno che un paese importatore non si avvalga delle possibilità di cui al paragrafo 6, punto i), della decisione per esportare in altri paesi che sono membri di un accordo commerciale regionale e che condividono il problema sanitario in questione. 5. I prodotti fabbricati in virtù della licenza sono chiaramente identificati tramite un'etichettatura o marcatura specifica come prodotti fabbricati in virtù del presente regolamento. I prodotti vengono distinti da quelli fabbricati dal titolare dei diritti tramite un imballaggio speciale e/o l'individuazione di una forma/colorazione speciale, purché tale distinzione sia materialmente possibile e non abbia un'incidenza significativa sul prezzo. L'imballaggio e tutta la documentazione connessa recano l'indicazione secondo la quale il prodotto è soggetto a una licenza obbligatoria in virtù del presente regolamento, precisando il nome dell'autorità competente e qualunque numero o riferimento d'identificazione, e indicando chiaramente che il prodotto è destinato esclusivamente all'esportazione e alla distribuzione nel paese o nei paesi importatori interessati. Le caratteristiche dettagliate del prodotto sono comunicate alle autorità doganali degli Stati membri. 6. Prima dell'invio nel paese o nei paesi importatori citati nella domanda, il titolare della licenza pubblica rende disponibili su un sito Internet le seguenti informazioni: a) le quantità fornite in virtù della licenza e i paesi importatori destinatari; b) le caratteristiche distintive del prodotto o dei prodotti in questione. L'indirizzo del sito Internet è comunicato all'autorità competente. 7. Se il prodotto o i prodotti coperti dalla licenza obbligatoria sono brevettati nei paesi importatori citati nella domanda, il prodotto o i prodotti sono esportati solo se questi paesi hanno rilasciato la licenza obbligatoria per l'importazione, la vendita e/o la distribuzione dei prodotti. 8. L'autorità competente può, su richiesta del titolare dei diritti o di propria iniziativa, qualora il diritto nazionale la autorizzi ad agire di propria iniziativa, chiedere di accedere ai libri e ai registri tenuti dal titolare della licenza, al solo fine di verificare se le condizioni della licenza e in particolare quelle concernenti la destinazione finale dei prodotti sono state rispettate. Libri e registri comprendono la prova dell'esportazione, sotto forma di una dichiarazione di esportazione certificata dalle autorità doganali interessate, nonché la prova dell'importazione, fornita da uno degli organismi di cui all'articolo 6, paragrafo 3, lettera f). 9. Il titolare della licenza è tenuto a versare una retribuzione adeguata al titolare dei diritti, secondo le seguenti modalità determinate dall'autorità competente: a) nei casi di cui all'articolo 9, paragrafo 2, la retribuzione corrisponde al massimo al 4 % del prezzo complessivo pagato dal paese importatore o per conto di esso; b) in tutti gli altri casi, la retribuzione è determinata tenuto conto del valore economico dell'utilizzazione autorizzata al paese o ai paesi importatori interessati nel quadro della licenza nonché di eventuali circostanze umanitarie o di natura extracommerciale legate alla concessione della licenza. 10. Le condizioni relative alla licenza non pregiudicano il metodo di distribuzione del paese importatore. La distribuzione può avvenire ad esempio tramite uno degli organismi di cui all'articolo 6, paragrafo 3, lettera f), e sulla base di condizioni commerciali o extracommerciali, anche a titolo gratuito. Articolo 11 Rifiuto della domanda L'autorità competente rifiuta qualunque richiesta se una delle condizioni fissate agli articoli da 6 a 9 non è rispettata, o se la domanda non contiene gli elementi necessari perchè l'autorità competente possa concedere la licenza in conformità dell'articolo 10. Prima di rifiutare una domanda, l'autorità competente dà al richiedente la possibilità di rettificare la situazione e di essere ascoltato. Articolo 12 Notifica Quando una licenza obbligatoria è concessa, lo Stato membro notifica al Consiglio TRIPS, tramite la Commissione, la concessione della licenza e le relative condizioni specifiche. Le informazioni comunicate comprendono le seguenti indicazioni: a) il nome e l'indirizzo del titolare della licenza; b) il prodotto o i prodotti interessati; c) le quantità da fornire; d) il paese o i paesi verso i quali il prodotto o i prodotti devono essere esportati; e) la durata della licenza; f) l'indirizzo del sito Internet di cui all'articolo 10, paragrafo 6. Articolo 13 Divieto di importazione 1. È vietato importare nella Comunità prodotti fabbricati in virtù di una licenza obbligatoria concessa in conformità della decisione e/o del presente regolamento ai fini dell'immissione in libera pratica, della riesportazione o del collocamento in regime sospensivo, in una zona franca o in un deposito franco. 2. Il divieto di cui al paragrafo 1 non si applica in caso di riesportazione verso il paese importatore citato nella domanda e identificato sull'imballaggio e nella documentazione associata al prodotto, o di collocamento in un regime di transito o in un deposito doganale ovvero in una zona franca o in un deposito franco ai fini della riesportazione in detto paese importatore. Articolo 14 Intervento delle autorità doganali 1. Se vi sono motivi sufficienti per sospettare che, contrariamente all'articolo 13, paragrafo 1, sono importati nella Comunità prodotti fabbricati in virtù di una licenza obbligatoria concessa in conformità della decisione e/o del presente regolamento, le autorità doganali sospendono l'immissione dei prodotti in questione o li trattengono per il tempo necessario alla comunicazione di una decisione dell'autorità competente sulla natura delle merci. Gli Stati membri prevedono un organismo abilitato a controllare se l'importazione ha luogo. Il periodo di sospensione o di sequestro temporaneo non supera i dieci giorni lavorativi, fatte salve circostanze particolari, nel qual caso tale periodo può essere prorogato per un massimo di dieci giorni lavorativi. Alla scadenza di tale periodo, si procede all'immissione dei prodotti, a condizione che tutte le formalità doganali siano state compiute. 2. L'autorità competente, il titolare dei diritti e il fabbricante o l'esportatore sono immediatamente informati della sospensione dell'immissione o del sequestro temporaneo dei prodotti e ricevono tutte le informazioni disponibili riguardanti i prodotti interessati. Si tiene debito conto delle disposizioni nazionali relative alla protezione dei dati personali, al segreto commerciale e industriale e alla riservatezza professionale e amministrativa. L'importatore e, se del caso, l'esportatore hanno ampia possibilità di fornire alle autorità competenti le informazioni che esse ritengono utili in merito ai prodotti. 3. Se viene confermato che i prodotti la cui immissione è sospesa o che sono temporaneamente sequestrati dalle autorità doganali erano destinati all'importazione nella Comunità in violazione del divieto posto dall'articolo 13, paragrafo 1, l'autorità competente vigila affinché i prodotti siano definitivamente sequestrati e se ne disponga conformemente alla legislazione nazionale. 4. I costi della procedura di sospensione o di sequestro delle merci sono a carico dell'importatore. Se è impossibile ottenere il rimborso di tali costi dall'importatore, lo si può ottenere, in conformità della legislazione nazionale, da qualsiasi altra persona responsabile della tentata importazione illecita. 5. Se successivamente risulta che i prodotti la cui immissione è sospesa o che sono temporaneamente sequestrati dalle autorità doganali non violano il divieto posto dall'articolo 13, paragrafo 1, le autorità doganali consentono la consegna dei prodotti al destinatario a condizione che tutte le formalità doganali siano state compiute. 6. L'autorità competente informa la Commissione delle eventuali decisioni di sequestro o di distruzione adottate in virtù del presente regolamento. Articolo 15 Deroga per i bagagli personali Gli articoli 13 e 14 non sono applicabili alle merci sprovviste di qualunque carattere commerciale contenute nei bagagli personali dei viaggiatori e destinate al loro uso privato, entro i limiti che si applicano all'esonero dai diritti doganali. Articolo 16 Annullamento o revisione della licenza 1. Fatta salva l'adeguata protezione degli interessi legittimi del titolare della licenza, una licenza obbligatoria concessa in virtù del presente regolamento può essere annullata tramite decisione dell'autorità competente o da una delle istanze di cui all'articolo 17 se le condizioni della licenza non sono rispettate dal titolare della licenza. L'autorità competente è abilitata a controllare, su richiesta motivata del titolare dei diritti o del titolare della licenza, se si sono rispettate le condizioni della licenza. Se del caso, tale revisione si basa sulla valutazione fatta nel paese importatore. 2. L'annullamento della licenza concessa in virtù del presente regolamento è notificato al Consiglio TRIPS tramite la Commissione. 3. Dopo l'annullamento della licenza, l'autorità competente o qualsiasi altro organismo demandato dallo Stato membro ha facoltà di stabilire un periodo di tempo ragionevole entro il quale il titolare della licenza fa quanto è necessario affinché gli eventuali prodotti in suo possesso, sotto la sua custodia o sotto il suo controllo siano rinviati a sue spese verso i paesi che ne hanno bisogno, come indicato all'articolo 4, o siano altrimenti utilizzati secondo modalità fissate dall'autorità competente o da un altro organismo demandato dallo Stato membro, in consultazione con il titolare dei diritti. 4. Quando il paese importatore notifica che la quantità del prodotto farmaceutico è diventata insufficiente per soddisfare le proprie esigenze, l'autorità competente può, a seguito di una richiesta da parte del titolare della licenza, modificare le condizioni della licenza onde consentire la produzione e l'esportazione di quantitativi aggiuntivi del prodotto nella misura necessaria per soddisfare le esigenze del paese importatore interessato. In tali casi, la richiesta del titolare della licenza è esaminata conformemente a una procedura semplificata e accelerata, che non fa obbligo di fornire le informazioni di cui all'articolo 6, paragrafo 3, lettere a) e b), a condizione che la licenza obbligatoria originale sia individuata dal titolare della licenza. Nei casi in cui si applica l'articolo 9, paragrafo 1, ma non la deroga di cui all'articolo 9, paragrafo 2, non sono richieste ulteriori prove che attestino la negoziazione con il titolare dei diritti, purché il quantitativo aggiuntivo richiesto non superi il 25 % del quantitativo ammesso dalla licenza originale. Nei casi in cui si applica l'articolo 9, paragrafo 2, non è richiesta la prova che attesti la negoziazione con il titolare dei diritti. Articolo 17 Ricorsi 1. I ricorsi contro una decisione dell'autorità competente, nonché le controversie riguardanti il rispetto delle condizioni della licenza, sono trattati dall'istanza competente in conformità con il diritto nazionale. 2. Gli Stati membri assicurano che l'autorità competente e/o l'organismo di cui al paragrafo 1 abbiano facoltà di decidere dell'effetto sospensivo di un ricorso avverso una decisione di concessione di una licenza obbligatoria. Articolo 18 Sicurezza ed efficacia dei prodotti medicinali 1. Quando la domanda di licenza obbligatoria riguarda un prodotto medicinale il richiedente può ricorrere: a) alla procedura di parere scientifico di cui all'articolo 58 del regolamento (CE) n. 726/2004; o b) ad analoghe procedure previste nel diritto nazionale, ad esempio, pareri scientifici o certificati d'esportazione destinati esclusivamente a mercati extracomunitari. 2. Se una richiesta di una delle suddette procedure riguarda un prodotto che è un generico di un prodotto medicinale di riferimento, il quale è o è stato autorizzato in virtù dell'articolo 6 della direttiva 2001/83/CE, non si applicano i periodi di protezione di cui all'articolo 14, paragrafo 11, del regolamento (CE) n. 726/2004 e all'articolo 10, paragrafi 1 e 5, della direttiva 2001/83/CE. Articolo 19 Revisione Tre anni dopo l'entrata in vigore del presente regolamento e, in seguito, a intervalli di tre anni, la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo sul funzionamento del presente regolamento, incluso ogni adeguato piano di modifica. Tale relazione copre in particolare: a) l'applicazione dell'articolo 10, paragrafo 9, riguardante la determinazione della retribuzione del titolare dei diritti; b) l'applicazione della procedura semplificata e accelerata di cui all'articolo 16, paragrafo 4; c) l'adeguatezza dei requisiti di cui all'articolo 10, paragrafo 5, per prevenire la deviazione degli scambi; e d) il ruolo che il presente regolamento ha svolto nell'attuazione del sistema posto in essere dalla decisione. Articolo 20 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, addì 17 maggio 2006. Per il Parlamento europeo Il presidente J. BORRELL FONTELLES Per il Consiglio Il presidente H. WINKLER (1) GU C 286 del 17.11.2005, pag. 4. (2) Parere del Parlamento europeo dell'1.12.2005 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 28 aprile 2006. (3) GU L 136 del 30.4.2004, pag. 1. (4) GU L 311 del 28.11.2001, pag. 67. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2004/27/CE (GU L 136 del 30.4.2004, pag. 34).
Esportazione di medicinali generici verso i paesi in via di sviluppo: licenze obbligatorie SINTESI CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? Istituisce una procedura per le aziende nell’Unione europea (UE) che desiderano produrre medicinali generici da usare nei paesi in via di sviluppo volta a richiedere una licenza obbligatoria da un detentore di brevetto, che ne consente la produzione. PUNTI CHIAVE I paesi importatori idonei a beneficiare di questo programma sono: i paesi meno sviluppati del mondo; quei paesi che hanno comunicato all’Organizzazione mondiale del commercio la loro intenzione di farlo; i paesi a basso reddito che figurano nell’elenco del comitato per l’assistenza allo sviluppo dell’OCSE. I paesi importatori devono confermare che useranno il programma a scopi di salute pubblica, non per obiettivi industriali o commerciali. Chiunque non sia riuscito ad assicurarsi l’autorizzazione da parte del titolare del brevetto può presentare una richiesta di licenza obbligatoria all’autorità nazionale competente. Deve fornire i propri dati personali, informazioni sul prodotto, la quantità che intende produrre e i paesi di destinazione. Tali informazioni devono essere supportate da una richiesta specifica da parte del paese interessato, di un’organizzazione della società civile o di un organo delle Nazioni Unite. L’autorità nazionale competente nell’UE informa il titolare dei diritti e verifica la validità della richiesta, prima di prendere una decisione. Le condizioni allegate alla licenza obbligatoria stabiliscono le quantità relative e la durata della concessione. I prodotti fabbricati in virtù della licenza devono essere chiaramente identificabili tramite un’etichettatura o marcatura specifica. I prodotti fabbricati in virtù di una licenza obbligatoria non possono essere reimportati e venduti nell’UE. Qualsiasi prodotto che sia sospettato di infrangere la legge può inizialmente essere trattenuto per 10 giorni e successivamente sequestrato. Un titolare di licenza che non rispetti le condizioni di una licenza obbligatoria può vedersela sottoporre a revisione e addirittura annullamento. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il regolamento è entrato in vigore il 29 giugno 2006. CONTESTO La normativa è parte di una più ampia azione dell’UE volta ad affrontare le problematiche di salute pubblica che i paesi meno sviluppati del mondo e i paesi in via di sviluppo affrontano, in particolare l’accesso a medicinali sicuri, efficaci ed economici. Accesso ai medicinali sul sito Internet della Commissione europea ATTO Regolamento (CE) n. 816/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2006, concernente la concessione di licenze obbligatorie per brevetti relativi alla fabbricazione di prodotti farmaceutici destinati all’esportazione verso paesi con problemi di salute pubblica (GU L 157 del 9.6.2006, pag. 1-7)
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RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE del 17 settembre 2013 sui principi di funzionamento di SOLVIT (Testo rilevante ai fini del SEE) (2013/461/UE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 292, considerando quanto segue: (1) L’articolo 26 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) definisce il mercato interno come uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali. L’articolo 4, paragrafo 3, del trattato sull’Unione europea (TUE) fa obbligo agli Stati membri di adottare ogni misura atta ad assicurare il pieno rispetto degli obblighi che loro incombono ai sensi del diritto dell’Unione. (2) Il mercato interno offre molte opportunità ai singoli cittadini che desiderano vivere e lavorare in un altro Stato membro e alle imprese che intendono ampliare i loro mercati. Il mercato interno funziona di norma correttamente, ma talvolta possono sorgere problemi dovuti al mancato rispetto del diritto dell’Unione da parte delle autorità pubbliche. (3) A seguito della raccomandazione 2001/893/CE della Commissione, del 7 dicembre 2001, relativa ai principi per l’utilizzo di «SOLVIT», la rete per la soluzione dei problemi nel mercato interno (1), SOLVIT è stata creata come una rete di centri istituiti dagli Stati membri nell’ambito delle amministrazioni nazionali, quale strumento rapido e informale per risolvere i problemi che i cittadini e le imprese incontrano nell’esercizio dei loro diritti nel mercato interno. (4) Pur essendo di natura informale e pragmatica, SOLVIT contribuisce, grazie alla sua struttura, a garantire che le soluzioni individuate siano conformi al diritto dell’Unione. SOLVIT si basa su una procedura trasparente di risoluzione dei problemi che toccano due Stati membri. La Commissione, sebbene di norma non partecipi alla soluzione dei casi, mantiene uno stretto contatto con i centri SOLVIT, offre periodicamente formazioni in campo giuridico, per alcuni casi complessi, fornisce consulenza a titolo informale. Ha inoltre il compito di verificare il trattamento dei casi SOLVIT e il relativo esito tramite la banca dati online e può intervenire qualora ritenga che le soluzioni proposte dai centri SOLVIT non siano conformi al diritto dell’Unione. Non solo la predetta struttura garantisce la legittimità dell’esito dei singoli casi, ma, come emerge dalla valutazione, l’operato di SOLVIT ha contribuito anche ad accrescere in generale il rispetto del diritto dell’Unione da parte delle autorità nazionali. (5) Dalla sua creazione SOLVIT ha registrato una sostanziale evoluzione. Il numero dei casi trattati è attualmente dieci volte superiore rispetto a dieci anni fa. È anche notevolmente cresciuta la gamma di casi trattati rispetto a quanto inizialmente previsto. I casi sono risolti in gran parte con successo, in media entro nove settimane, con grande soddisfazione di quanti, singoli cittadini e imprese, si sono rivolti a SOLVIT. (6) SOLVIT si è rivelata un’iniziativa di successo, ma l’accresciuta dimensione del servizio ha amplificato diversi problemi. Dalla valutazione approfondita della rete realizzata nel corso del 2010 è emerso che non tutti i centri SOLVIT sono dotati di risorse sufficienti o sono adeguatamente posizionati. Anche la presa in carico dei casi e il livello del servizio offerto variano. Inoltre, il numero di persone e imprese che si rivolgono a SOLVIT è ancora troppo esiguo. (7) Per questi motivi, è necessario adottare misure per rafforzare ulteriormente SOLVIT e aumentarne la visibilità sia sulla rete che fuori dalla rete, come sottolineato nel documento di lavoro dei servizi della Commissione dal titolo «Reinforcing effective problem-solving in the Single Market» (rafforzare la soluzione efficace dei problemi nel mercato unico), nella comunicazione «Una governance migliore per il mercato unico» (2) e nella relazione sulla cittadinanza dell’Unione (3). Nel quadro di questo esercizio, occorre emanare una nuova raccomandazione, in sostituzione della raccomandazione 2001/893/CE, per chiarire i risultati che SOLVIT dovrebbe raggiungere, sulla base delle migliori pratiche. Essa definisce obiettivi e standard sia per gli Stati membri che per la Commissione, per assicurare che le imprese e i cittadini ricevano un’assistenza efficace nei casi in cui il diritto dell’Unione non viene rispettato. Essa mira inoltre a garantire che i centri SOLVIT applichino le stesse norme e forniscano lo stesso tipo uniforme di servizio in tutta la rete. (8) Per garantire l’interpretazione uniforme del mandato in tutta la rete, la presente raccomandazione definisce le categorie di casi che SOLVIT è chiamato a trattare. Secondo la raccomandazione 2001/893/CE, SOLVIT si occupa dei casi di «inadeguata applicazione delle norme sul mercato interno». Questa definizione dell’ambito di applicazione ha generato mancanza di uniformità. In primo luogo, è stato sostenuto che l’espressione «inadeguata applicazione» implica che i centri SOLVIT non possono trattare i casi in cui la normativa nazionale è in contrasto con il diritto dell’Unione (i cosiddetti «casi strutturali»); in secondo luogo si è ritenuto che SOLVIT possa intervenire soltanto se la normativa dell’Unione in questione riguarda il mercato interno. (9) I casi SOLVIT sono ora definiti come tutti i problemi transfrontalieri causati da una potenziale violazione da parte di un’autorità pubblica del diritto dell’Unione che disciplina il mercato interno, se e nella misura in cui i problemi non sono oggetto di un procedimento dinanzi al giudice né a livello nazionale né a livello UE. (10) Il termine «violazione» è usato per indicare che i centri SOLVIT prendono in carico come caso SOLVIT tutte le situazioni in cui le autorità pubbliche non rispettano il diritto dell’Unione che disciplina il mercato interno, indipendentemente dalla causa principale del problema. La stragrande maggioranza dei casi trattati da SOLVIT configura situazioni in cui un’autorità pubblica applica in maniera scorretta il diritto dell’Unione che disciplina il mercato interno. Tuttavia, i centri SOLVIT hanno anche dimostrato di essere in grado di offrire un aiuto efficace in caso di problemi strutturali. Sebbene i casi strutturali rappresentino solo una piccola parte del numero complessivo di casi SOLVIT, la presa in carico di tali casi da parte di SOLVIT è importante per assicurare che i problemi connessi non passino inosservati: rappresenta la migliore garanzia che i problemi strutturali vengano affrontati efficacemente al livello appropriato. (11) La presente raccomandazione ribadisce che SOLVIT si occupa dei casi che configurano un problema transfrontaliero con un’autorità pubblica. Il criterio del carattere transfrontaliero assicura che un caso SOLVIT venga trattato dai centri SOLVIT di due Stati membri, il che garantisce trasparenza e qualità dei risultati. Il criterio dell’autorità pubblica è connesso al fatto che SOLVIT fa parte dell’amministrazione nazionale e opera soltanto a titolo informale. (12) La presente raccomandazione mira inoltre a chiarire il livello del servizio che i singoli cittadini e le imprese possano aspettarsi da SOLVIT. Essa precisa le modalità di informazione dei richiedenti e il livello minimo di assistenza offerto. Chiarisce inoltre le varie fasi procedurali e i termini da rispettare per il trattamento di un caso SOLVIT, nonché il seguito da dare qualora un caso non possa essere risolto. (13) Inoltre, la presente raccomandazione stabilisce le norme minime che i centri SOLVIT sono tenuti a rispettare in termini di organizzazione, consulenza giuridica e relazioni con altre reti. Precisa inoltre il ruolo della Commissione nell’ambito della rete SOLVIT. (14) La Commissione ha recentemente ristrutturato la banca dati online di SOLVIT facendone un modulo a sé stante nel sistema di informazione del mercato interno. Tenuto conto di questa integrazione tecnica, le norme in materia di trattamento dei dati personali e delle informazioni riservate di cui al regolamento (UE) n. 1024/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno e che abroga la decisione 2008/49/CE della Commissione («regolamento IMI») (4) si applicano anche alle procedure SOLVIT. La presente raccomandazione specifica nel dettaglio alcuni aspetti del trattamento dei dati personali nell’ambito di SOLVIT conformemente al regolamento IMI. (15) La presente raccomandazione non mira a precisare le modalità di trattamento da parte della Commissione dei reclami ricevuti direttamente e non pregiudica in alcun modo il suo ruolo in quanto custode dei trattati. Inoltre, non mira a specificare il ruolo di EU Pilot e dei coordinatori nazionali di EU Pilot. Tali aspetti sono trattati in orientamenti specifici, che sono aggiornati periodicamente, HA ADOTTATO LA SEGUENTE RACCOMANDAZIONE: I. OBIETTIVO E DEFINIZIONI A. Obiettivi La presente raccomandazione fissa i principi che disciplinano il funzionamento di SOLVIT. SOLVIT mira a fornire una soluzione veloce, efficace e informale dei problemi che i cittadini e le imprese si trovano ad affrontare quando le autorità pubbliche negano loro i diritti UE riconosciuti nel mercato interno. SOLVIT contribuisce a un migliore funzionamento del mercato unico, favorendo e promuovendo un maggiore rispetto del diritto dell’Unione. Per conseguire questo obiettivo, occorre che i centri nazionali SOLVIT collaborino tra di loro sulla base dei principi stabiliti nella presente raccomandazione. B. Definizioni Ai fini della presente raccomandazione si applicano le seguenti definizioni: 1) «richiedente»: persona fisica o giuridica che incontra un problema transfrontaliero che segnala a SOLVIT direttamente o tramite un intermediario, o organizzazione che segnala un problema concreto a nome dei suoi membri; 2) «problema transfrontaliero»: problema incontrato dal richiedente in uno Stato membro che configura una potenziale violazione del diritto dell’Unione che disciplina il mercato interno da parte di un’autorità pubblica in un altro Stato membro; sono compresi i problemi causati al richiedente dalle amministrazioni pubbliche del proprio paese, dopo aver esercitato i propri diritti di libera circolazione o al momento di esercitarli; 3) «diritto dell’Unione che disciplina il mercato interno»: la normativa, le regole o i principi dell’Unione relativi al funzionamento del mercato interno ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 2, del TFUE. Ciò include regole che, pur non intese a disciplinare il mercato interno in quanto tale, hanno un impatto sulla libera circolazione di beni, servizi, persone e capitali tra gli Stati membri; 4) «autorità pubblica»: organo della pubblica amministrazione di uno Stato membro a livello nazionale, regionale o locale, od organismo, a prescindere dalla forma giuridica, cui è affidato, mediante provvedimento adottato dallo Stato, il compito di prestare un servizio pubblico sotto il controllo dello Stato e che a tal fine dispone di poteri speciali al di là di quelli derivanti delle norme ordinarie applicabili ai rapporti fra singoli; 5) «procedimento giudiziario»: procedimento formale di risoluzione delle controversie promosso dinanzi a organo giurisdizionale o paragiurisdizionale. Sono esclusi i ricorsi amministrativi contro la stessa autorità all’origine del problema; 6) «problema strutturale»: violazione causata da una norma nazionale in contrasto con il diritto dell’Unione; 7) «centro di appartenenza»: centro SOLVIT nello Stato membro con cui il richiedente ha i legami più stretti sulla base, ad esempio, della cittadinanza, della residenza, dello stabilimento o del luogo in cui il richiedente ha acquisito i diritti in questione; 8) «centro competente»: centro SOLVIT dello Stato membro in cui è avvenuta la presunta violazione del diritto dell’Unione che disciplina il mercato interno; 9) «banca dati SOLVIT»: applicazione online creata nell’ambito del sistema di informazione del mercato interno (IMI) come ausilio per il trattamento dei casi SOLVIT. II. MANDATO DI SOLVIT La rete SOLVIT tratta i problemi transfrontalieri dovuti a una potenziale violazione da parte di un’autorità pubblica del diritto dell’Unione che disciplina il mercato interno, se e nella misura in cui i problemi non sono oggetto di un procedimento dinanzi al giudice né a livello nazionale né a livello UE. Essa contribuisce a un migliore funzionamento del mercato unico, favorendo e promuovendo un maggiore rispetto del diritto dell’Unione. III. SERVIZI OFFERTI DA SOLVIT Gli Stati membri dovrebbero assicurare che i richiedenti possano beneficiare dei seguenti servizi minimi: 1) i centri SOLVIT dovrebbero essere disponibili per telefono o per e-mail, e dovrebbero fornire una risposta rapida alle comunicazioni che ricevono; 2) i richiedenti dovrebbero ricevere entro una settimana una prima risposta al loro problema, compresa, se possibile sulla base delle informazioni fornite, l’indicazione se SOLVIT può o no trattare il caso. Se necessario, essi dovrebbero essere contestualmente invitati a trasmettere tutta la documentazione necessaria per preparare il relativo fascicolo. Entro un mese dalla prima valutazione, a condizione che il fascicolo sia completo, i richiedenti dovrebbero ricevere una conferma se il loro caso è accettato o no dal centro competente e aperto come caso SOLVIT; 3) quando un problema non può essere preso in carico come caso SOLVIT, i richiedenti, oltre a essere informati dei motivi, dovrebbero ricevere indicazioni sulle soluzioni alternative, tra cui la segnalazione o, se possibile, la trasmissione del caso ad un’altra rete pertinente di informazione o di soluzione dei problemi o all’autorità nazionale competente; 4) entro dieci settimane dalla data di apertura del caso il richiedente dovrebbe ottenere la soluzione del suo problema, che tra l’altro può consistere nel chiarimento del diritto dell’Unione applicabile. In circostanze eccezionali e in particolare quando una soluzione è a portata di mano o qualora si tratti di un problema strutturale, il caso può essere lasciato aperto fino ad un massimo di dieci settimane oltre il termine, informandone il richiedente; 5) i richiedenti dovrebbero essere informati della natura informale dell’intervento di SOLVIT e delle procedure e dei termini applicabili. Inoltre dovrebbero essere informati degli altri mezzi di ricorso e avvertiti del fatto che il trattamento del caso da parte di SOLVIT non sospende i termini di ricorso a livello nazionale e che le soluzioni offerte da SOLVIT sono di natura informale e non possono essere oggetto di ricorso. I richiedenti dovrebbero inoltre essere informati della gratuità dei servizi SOLVIT. Essi dovrebbero essere regolarmente informati dell’avanzamento del loro caso; 6) le procedure SOLVIT, data la loro natura informale, non precludono al richiedente la possibilità di avviare un procedimento formale a livello nazionale, con la conseguente chiusura del caso SOLVIT; 7) quando viene trovata una soluzione favorevole, il richiedente dovrebbe essere informato delle azioni da intraprendere per beneficiare della soluzione proposta; 8) non appena emerge che un caso non può essere risolto nel quadro di SOLVIT, il caso dovrebbe essere chiuso e il richiedente dovrebbe esserne informato immediatamente. In tal caso, SOLVIT dovrebbe anche consigliare il richiedente su altre possibili vie di ricorso a livello nazionale o dell’Unione. Quando consigliano ai ricorrenti di presentare un reclamo alla Commissione, i centri SOLVIT dovrebbero incoraggiarli a far riferimento a procedure avviate nel passato da SOLVIT (fornendo loro il numero di riferimento e una sintesi della procedura in questione). I casi irrisolti dovrebbero essere sistematicamente segnalati alla Commissione tramite la banca dati; 9) dopo la chiusura del caso i richiedenti dovrebbero essere invitati a trasmettere il loro parere sul modo in cui il caso è stato trattato da SOLVIT. IV. ORGANIZZAZIONE DEI CENTRI SOLVIT 1) Ogni Stato membro dovrebbe disporre di un centro SOLVIT. 2) Per garantire che i centri SOLVIT possano svolgere i compiti stabiliti nella presente raccomandazione, gli Stati membri dovrebbero garantire che i centri SOLVIT: a) dispongano in numero sufficiente di personale qualificato che abbia una conoscenza operativa di più di una lingua dell’Unione se necessario per assicurare una comunicazioni rapida e trasparente con altri centri SOLVIT; b) dispongano di adeguate competenze giuridiche o di un’esperienza pertinente nell’applicazione del diritto dell’Unione, per poter effettuare una valutazione giuridica indipendente di ogni caso; c) siano inseriti in una parte dell’amministrazione nazionale che disponga di sufficienti poteri di coordinamento per essere in grado di garantire la corretta applicazione del diritto dell’Unione nell’ambito dell’amministrazione nazionale; d) siano in grado di creare una rete nell’ambito dell’amministrazione nazionale per poter accedere alla consulenza e all’assistenza giuridica specifiche necessarie per giungere a una soluzione pratica dei casi. V. PROCEDURA SOLVIT A. Principi che regolano il trattamento dei casi SOLVIT 1) Tutti i casi SOLVIT dovrebbero essere trattati da due centri SOLVIT: il centro di appartenenza e il centro competente. 2) Il centro di appartenenza e il centro competente dovrebbero cooperare in modo aperto e trasparente al fine di trovare rapidamente soluzioni efficaci per i richiedenti. 3) Il centro di appartenenza e il centro competente dovrebbero decidere di comune accordo la lingua da utilizzare nelle comunicazioni reciproche, tenendo presente l’esigenza di risolvere i problemi attraverso contatti informali nella maniera più rapida ed efficace possibile e di assicurare trasparenza e comunicazione. 4) Tutti i problemi sottoposti, le valutazioni effettuate dai centri SOLVIT interessati, i provvedimenti adottati e le soluzioni proposte dovrebbero essere registrati nella banca dati SOLVIT in modo chiaro e completo. I casi che presentano problemi strutturali dovrebbero essere segnalati come tali nella banca dati, in modo che la Commissione possa monitorare sistematicamente tali casi. 5) Tutte le soluzioni proposte devono essere sempre pienamente conformi al diritto dell’Unione. 6) I centri SOLVIT dovrebbero rispettare le norme dettagliate sul trattamento dei casi specificate nel manuale SOLVIT per il trattamento dei casi, che la Commissione riesaminerà periodicamente in cooperazione con i centri SOLVIT. B. Centro di appartenenza 1) Il centro di appartenenza dovrebbe registrare tutti i problemi giuridici ricevuti, indipendentemente dal fatto che configurino o no un caso SOLVIT. 2) Una volta che il centro di appartenenza accetta di prendere in carico un reclamo come caso SOLVIT, costituire un fascicolo completo e svolge un’analisi giuridica approfondita del problema prima di trasmetterlo al centro competente. 3) Quando riceve una proposta di soluzione dal centro competente, ivi compreso il chiarimento del diritto dell’Unione applicabile, il centro di appartenenza dovrebbe verificare che la soluzione sia conforme al diritto dell’Unione. 4) Il centro di appartenenza dovrebbe fornire tempestivamente al richiedente informazioni adeguate durante le relative fasi della procedura. C. Centro competente 1) Il centro competente dovrebbe confermare l’accettazione del caso entro una settimana dalla trasmissione da parte del centro di appartenenza. 2) Il centro competente dovrebbe mirare a trovare una soluzione per i richiedenti, tra cui il chiarimento del diritto dell’UE applicabile, e dovrebbe informare regolarmente il centro di appartenenza sul modo in cui sta procedendo. 3) Quando il problema sottoposto dal richiedente è un problema strutturale, il centro competente dovrebbe valutare il più rapidamente possibile se il problema può essere risolto tramite la procedura SOLVIT. Se ritiene che non sia possibile, dovrebbe chiudere il caso, archiviandolo come caso irrisolto, e informare le autorità nazionali competenti responsabili della corretta applicazione del diritto dell’Unione nello Stato membro in questione, per assicurare che venga effettivamente posto termine alla violazione del diritto dell’Unione. La Commissione dovrebbe inoltre essere informata tramite la banca dati. VI. RUOLO DELLA COMMISSIONE 1) La Commissione assiste e sostiene il funzionamento di SOLVIT: a) organizzando sessioni di formazione periodiche ed eventi in rete in collaborazione con i centri nazionali SOLVIT; b) redigendo e aggiornando il manuale SOLVIT per il trattamento dei casi in collaborazione con i centri nazionali SOLVIT; c) fornendo assistenza per il trattamento dei casi, su richiesta dei centri SOLVIT. Nei casi complessi può anche essere chiamata a fornire consulenza legale a titolo informale. I servizi della Commissione dovrebbero rispondere alle richieste di consulenza giuridica informale entro un termine di due settimane. La consulenza ha carattere esclusivamente informale e non può essere considerata vincolante per la Commissione; d) gestendo e mantenendo la banca dati SOLVIT e la relativa interfaccia pubblica e offrendo formazione e documentazione specifiche al fine di facilitarne l’uso da parte dei centri SOLVIT; e) controllando la qualità e l’operato dei centri SOLVIT e i casi di cui si occupano. Per i casi riguardanti problemi strutturali, la Commissione sorveglia da vicino il caso e, se necessario, fornisce consulenza e assistenza per garantire la soluzione del problema strutturale. La Commissione valuta se i problemi strutturali irrisolti necessitano di un ulteriore seguito; f) assicurando la comunicazione adeguata tra SOLVIT, CHAP (5) ed EU Pilot (6) per garantire un seguito adeguato dei casi SOLVIT irrisolti, per monitorare i casi strutturali e per evitare la duplicazione del trattamento dei reclami; g) informando i centri SOLVIT, su loro richiesta, in merito al seguito dato dalla Commissione ai casi irrisolti, nei casi in cui il reclamo è stato presentato alla Commissione. 2) Se del caso, la Commissione può trasmettere i reclami ricevuti a SOLVIT affinché venga trovata una soluzione rapida e informale, previo consenso del ricorrente. VII. CONTROLLO DI QUALITÀ E RELAZIONI 1) I centri SOLVIT dovrebbero effettuare controlli periodici della qualità dei casi che trattano sia in quanto centro di appartenenza che in quanto centro competente, come specificato nel manuale per il trattamento dei casi. 2) I servizi della Commissione effettuano controlli periodici generali della qualità di tutti i casi e segnalano eventuali problemi ai centri SOLVIT interessati, che dovrebbero adottare misure adeguate per rimediare alle carenze identificate. 3) La Commissione riferisce periodicamente sulla qualità e sull’operato di SOLVIT. La Commissione riferisce inoltre sul tipo di problemi sottoposti a SOLVIT e sui casi trattati da SOLVIT, al fine di individuare le tendenze e identificare i restanti problemi nel mercato interno. Nell’ambito di questo quadro di comunicazione la Commissione riferisce separatamente sulle cause strutturali. VIII. VISIBILITÀ DELLA RETE 1) La Commissione promuove la conoscenza e l’uso di SOLVIT presso le organizzazioni europee dei portatori di interesse e presso le istituzioni dell’Unione e migliora l’accessibilità di SOLVIT tramite strumenti online e la sua presenza in rete. 2) Gli Stati membri dovrebbero assicurare la disponibilità di informazioni di facile impiego e la facilità di accesso ai servizi SOLVIT, in particolare su tutti i siti web pertinenti della pubblica amministrazione. 3) Gli Stati membri dovrebbero inoltre avviare attività volte ad aumentare la conoscenza di SOLVIT tra i portatori di interesse. La Commissione fornisce assistenza a tal fine. IX. COOPERAZIONE CON ALTRE RETI E PUNTI DI CONTATTO 1) Per assicurare che i richiedenti ottengano un aiuto efficace, i centri SOLVIT dovrebbero cooperare con altre reti di informazione e di assistenza europee e nazionali, quali La tua Europa, Europe Direct, La tua Europa — Consulenza, Enterprise Europe Network, i centri europei dei consumatori, EURES, FIN-NET e la rete europea dei difensori civici. I centri SOLVIT dovrebbero inoltre instaurare buoni rapporti di lavoro con i rispettivi membri nazionali della commissione amministrativa per il coordinamento dei regimi di previdenza sociale, per assicurare il trattamento efficace dei casi relativi alla sicurezza sociale. 2) I centri SOLVIT dovrebbero essere in contatto regolare e collaborare strettamente con i punti di contatto nazionali EU Pilot, al fine di garantire un adeguato scambio di informazioni sui casi e sui reclami ricevuti. 3) La Commissione facilita tale cooperazione, tra l’altro organizzando eventi in rete congiunti e installando mezzi tecnici di collegamento alle reti e ai punti di contatto di cui al punto 1 (7). X. PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI E RISERVATEZZA Il trattamento di dati personali ai fini della presente raccomandazione è disciplinato dal regolamento IMI, ivi compresi, in particolare, gli obblighi di trasparenza e i diritti degli interessati. In linea con il predetto regolamento, dovrebbero applicarsi le seguenti disposizioni: 1) i richiedenti dovrebbero essere in grado di presentare i loro reclami a SOLVIT tramite un’interfaccia pubblica collegata al sistema di informazione del mercato interno, messa a loro disposizione dalla Commissione. I richiedenti non hanno accesso alla banca dati SOLVIT; 2) il centro di appartenenza e il centro competente dovrebbero avere accesso alla banca dati SOLVIT, ivi compreso ai dati personali del richiedente, ed essere in grado di trattare il caso tramite la banca dati; 3) altri centri SOLVIT non coinvolti nel caso specifico e la Commissione dovrebbero avere accesso alle informazioni sul caso in sola lettura e in forma anonima; 4) per facilitare la soluzione del problema, il centro di appartenenza dovrebbe di norma comunicare l’identità del richiedente al centro competente. Il richiedente dovrebbe essere informato al riguardo all’inizio della procedura ed avere la possibilità di opporsi. Qualora il richiedente si opponga, l’identità non dovrebbe essere comunicata; 5) le informazioni fornite dal richiedente dovrebbero essere usate dal centro competente e dalle autorità pubbliche interessate dal reclamo solo ai fini della soluzione del caso. I funzionari incaricati del caso trattano i dati personali soltanto per gli scopi per i quali sono stati trasmessi. Dovrebbero essere inoltre adottati opportuni provvedimenti per tutelare le informazioni commerciali sensibili che non includono dati personali; 6) il caso può essere trasferito ad un’altra rete o a un’altra organizzazione di soluzione dei problemi soltanto con il consenso del richiedente; 7) il personale della Commissione dovrebbe avere accesso ai dati personali del richiedente solo qualora ciò sia necessario per: a) evitare il trattamento parallelo dello stesso problema presentato alla Commissione o a un’altra istituzione dell’Unione mediante altra procedura; b) offrire consulenza giuridica informale ai sensi della sezione VI; c) decidere in merito all’eventuale seguito da dare a casi già trattati da SOLVIT; d) risolvere problemi tecnici riguardanti la banca dati SOLVIT; 8) 18 mesi dopo la chiusura del caso SOLVIT i dati personali relativi al caso dovrebbero essere bloccati nel sistema di informazione del mercato interno. Nella banca dati SOLVIT dovrebbero rimanere descrizioni in forma anonima dei casi, che potrebbero essere utilizzate a fini statistici e informativi, nonché per l’elaborazione delle politiche in materia. XI. ALTRE DISPOSIZIONI La presente raccomandazione sostituisce la raccomandazione 2001/893/CE. Ogni riferimento alla raccomandazione 2001/893/CE si intende fatto alla presente raccomandazione. XII. DATA DI APPLICAZIONE E DESTINATARI La presente raccomandazione si applica a decorrere dal 1o ottobre 2013. Gli Stati membri sono destinatari della presente raccomandazione. Fatto a Bruxelles, il 17 settembre 2013 Per la Commissione Michel BARNIER Membro della Commissione (1) GU L 331 del 15.12.2001, pag. 79. (2) COM(2012) 259 final. (3) COM(2013) 269 final. (4) GU L 316 del 14.11.2012, pag. 1. (5) Complaint Handling/Accueil des Plaignants: sistema di registrazione delle denunce presentate alla Commissione. (6) COM(2007) 502 definitivo. (7) Alla data di adozione della presente raccomandazione i mezzi tecnici di collegamento risultano installati con La tua Europa — Consulenza e sono in fase di sviluppo con Europe Direct.
I principi relativi a SOLVIT, la rete per la risoluzione dei problemi di cittadini e imprese La rete SOLVIT mira a trovare soluzioni ai reclami dei cittadini e delle imprese dell'UE che sospettano una violazione dei propri diritti da parte di un'autorità pubblica. ATTO Raccomandazione 2013/461/UEdella Commissione, del 17 settembre 2013, sui principi alla base di SOLVIT ( GU L 249 del 19.9.2013). SINTESI La raccomandazione della Commissione stabilisce le regole per la cooperazione tra i centri SOLVIT. Tutti gli Stati membri dell'UE, insieme a Norvegia, Islanda e Liechtenstein, hanno creato un centro SOLVIT nazionale, nella maggior parte dei casi all'interno dell'ufficio del primo ministro o del ministro degli Esteri o dell'Economia. Tali centri cooperano direttamente tramite una base di dati online per risolvere, in modo pragmatico ed entro dieci settimane, i problemi presentati da cittadini e imprese. La Commissione ha il compito di facilitare e coordinare la rete SOLVIT. Il servizio è gratuito e le soluzioni non sono vincolanti, in quanto si tratta di una rete informale. Affinché SOLVIT possa intervenire è necessaria: una violazione della legge dell’UE, da parte di un’autorità pubblica, in una situazione transfrontaliera. Il richiedente non deve aver avviato un procedimento formale in quanto, in tal caso, non sarebbe più possibile trovare una soluzione informale al problema. SOLVIT tratta problemi in aree quali la sicurezza sociale, i diritti di residenza, la libera circolazione di merci e servizi, il riconoscimento di qualifiche professionali, la tassazione e la registrazione di veicoli. Quanto segue costituisce una breve sintesi di alcuni esempi dei servizi che i centri SOLVIT dovrebbero offrire secondo la raccomandazione (NB: per una piena comprensione dei principi, si prega di leggere l'intera raccomandazione): i centri SOLVIT devono essere disponibili via telefono o e-mail e devonorispondere immediatamente alle richieste; i richiedenti devono ricevere una prima risposta al loro problema entro 1 settimana; entro 1 mese da una prima valutazione e a condizione che il loro fascicolo sia completo, i richiedenti devono ricevere una conferma dell’apertura del loro caso nel sistema SOLVIT; qualora un problema non possa essere accettato come caso SOLVIT, i richiedenti devono ricevere delle motivazioni a riguardo e consigli su eventuali altre azioni da intraprendere e che possano aiutarli a superare il problema; entro 10 settimane dalla data di apertura del caso, il richiedente deve ricevere una soluzione al suo problema, inclusiva di chiarimenti in merito alla legge dell’UE pertinente. Visibilità della rete SOLVIT La raccomandazione suggerisce che i paesi dell'UE debbano garantire la disponibilità di informazioni facilmente accessibili e comprensibili ai servizi SOLVIT, in particolare su tutti i relativi siti web dell'amministrazione pubblica. Essa esorta altresì i paesi dell'UE a svolgere attività volte ad accrescere la consapevolezza in merito a SOLVIT. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell'Unione europea Raccomandazione 2013/461/UE - - GU L 249 del 19.9.2013
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32011L0098
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DIRETTIVA 2011/98/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 13 dicembre 2011 relativa a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 79, paragrafo 2, lettere a) e b), vista la proposta della Commissione europea, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), visto il parere del Comitato delle regioni (2), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (3), considerando quanto segue: (1) Al fine di istituire progressivamente uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, il trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) prevede l’adozione di misure nei settori dell’asilo, dell’immigrazione e della salvaguardia dei diritti dei cittadini dei paesi terzi. (2) Il Consiglio europeo ha riconosciuto, nella riunione speciale svoltasi a Tampere il 15 e 16 ottobre 1999, la necessità di armonizzare le normative nazionali relative alle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi. In questo contesto ha affermato, in particolare, che l’Unione europea dovrebbe garantire l’equo trattamento dei cittadini dei paesi terzi che soggiornano regolarmente nel territorio degli Stati membri e che una politica di integrazione più incisiva dovrebbe mirare a garantire loro diritti e obblighi analoghi a quelli dei cittadini dell’Unione. Conseguentemente, il Consiglio europeo ha chiesto al Consiglio di adottare strumenti giuridici sulla base di proposte della Commissione. La necessità di raggiungere gli obiettivi definiti a Tampere è stata ribadita dal programma di Stoccolma adottato dal Consiglio europeo del 10 e 11 dicembre 2009. (3) L’istituzione di una procedura unica di domanda volta al rilascio di un titolo combinato che comprenda sia il permesso di soggiorno sia i permessi di lavoro in un unico atto amministrativo contribuirà alla semplificazione e all’armonizzazione delle norme che vigono attualmente negli Stati membri. Una semplificazione procedurale di questo tipo è già stata introdotta da vari Stati membri, rendendo più efficiente la procedura sia per i migranti sia per i loro datori di lavoro e ha consentito controlli più agevoli della regolarità del soggiorno e dell’impiego. (4) Al fine di permettere il primo ingresso nel loro territorio, gli Stati membri dovrebbero poter rilasciare un permesso unico o, se rilasciano permessi unici solo dopo l’ingresso, un visto. Gli Stati membri dovrebbero rilasciare tali permessi unici o visti in maniera tempestiva. (5) È opportuno fissare una serie di norme che disciplinino la procedura di esame della domanda di permesso unico. Tale procedura dovrebbe essere efficace e gestibile, tenendo conto del normale carico di lavoro delle amministrazioni degli Stati membri, nonché trasparente ed equa, in modo da garantire agli interessati un livello adeguato di certezza del diritto. (6) Le disposizioni della presente direttiva dovrebbero far salva la competenza degli Stati membri a regolamentare l’ingresso, anche in termini di volumi, di cittadini di paesi terzi ammessi a fini lavorativi. (7) La presente direttiva non dovrebbe riguardare i cittadini di paesi terzi che sono lavoratori distaccati. Ciò non dovrebbe impedire ai cittadini di paesi terzi che soggiornano e lavorano regolarmente in uno Stato membro e sono distaccati in un altro Stato membro di continuare a godere di pari trattamento rispetto ai cittadini dello Stato membro di origine per la durata del loro distacco, per quanto riguarda i termini e le condizioni di lavoro che non sono interessati dall’applicazione della direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1996, relativa al distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi (4). (8) La presente direttiva non dovrebbe riguardare i cittadini di paesi terzi che hanno acquisito lo status di soggiornanti di lungo periodo ai sensi della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo (5), tenuto conto del loro status più privilegiato e del loro tipo specifico di permesso di soggiorno («soggiornante di lungo periodo-UE»). (9) Considerato il loro status temporaneo, è opportuno escludere dall’ambito di applicazione della presente direttiva i cittadini di paesi terzi che siano stati ammessi nel territorio di uno Stato membro per svolgere un’attività lavorativa stagionale. (10) L’obbligo per gli Stati membri di stabilire se la domanda debba essere presentata dal cittadino di un paese terzo o dal suo datore di lavoro dovrebbe far salve eventuali modalità di partecipazione obbligatoria di entrambe le parti alla procedura. Gli Stati membri dovrebbero decidere se la domanda di permesso unico debba essere introdotta nello Stato membro di destinazione o a partire da un paese terzo. Nei casi in cui il cittadino di un paese terzo non sia autorizzato a presentare la domanda a partire da un paese terzo, gli Stati membri dovrebbero assicurare che la domanda possa essere presentata dal datore di lavoro nello Stato membro di destinazione. (11) Le disposizioni della presente direttiva relative alla procedura unica di domanda e al permesso unico non dovrebbero riguardare i visti uniformi o i visti per soggiorni di lunga durata. (12) La designazione dell’autorità competente ai sensi della presente direttiva dovrebbe far salvi il ruolo e le responsabilità delle altre autorità e, se del caso, delle parti sociali, in relazione all’esame della domanda e alla decisione sulla stessa. (13) Il termine per l’adozione di una decisione sulla domanda non dovrebbe includere il tempo necessario per il riconoscimento delle qualifiche professionali né quello necessario per il rilascio di un visto. La presente direttiva dovrebbe far salve le procedure nazionali relative al riconoscimento dei diplomi. (14) Il permesso unico dovrebbe essere conforme al regolamento (CE) n. 1030/2002 del Consiglio, del 13 giugno 2002, che istituisce un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di paesi terzi (6), e che consente agli Stati membri di aggiungere ulteriori informazioni, in particolare su un eventuale permesso di lavoro della persona interessata. Anche al fine di controllare meglio l’immigrazione, gli Stati membri dovrebbero indicare quest’ultima informazione non solo nel permesso unico, ma anche negli altri permessi di soggiorno rilasciati, a prescindere dal tipo di permesso o dal titolo di soggiorno in base al quale il cittadino di un paese terzo è stato ammesso nel territorio di uno Stato membro e ha ottenuto l’accesso al mercato del lavoro di tale Stato membro. (15) Le disposizioni della presente direttiva relative ai permessi di soggiorno a fini diversi dall’attività lavorativa dovrebbero applicarsi soltanto al modello di tali permessi e dovrebbero far salve le norme dell’Unione o nazionali concernenti le procedure di ingresso e le procedure di rilascio di tali permessi. (16) Le disposizioni della presente direttiva sul permesso unico e sul permesso di soggiorno rilasciato per fini diversi dall’attività lavorativa non dovrebbero impedire agli Stati membri di rilasciare un documento cartaceo aggiuntivo che consenta loro di fornire informazioni più precise sul rapporto di lavoro per le quali non vi è sufficiente spazio nel modello di permesso di soggiorno. Un tale documento può servire a impedire lo sfruttamento dei cittadini di paesi terzi e a lottare contro il lavoro irregolare, ma dovrebbe essere facoltativo per gli Stati membri e non dovrebbe fungere da sostituto del permesso di lavoro, compromettendo in tal modo il concetto del permesso unico. Per memorizzare tali informazioni in formato elettronico ci si può altresì avvalere delle possibilità tecniche offerte dall’articolo 4 del regolamento (CE) n. 1030/2002 e dal punto 16, lettera a), del relativo allegato. (17) Le condizioni e i criteri in base ai quali una domanda di rilascio, modifica o rinnovo di un permesso unico può essere respinta o sulla base dei quali il permesso unico può essere revocato dovrebbero essere oggettivi e dovrebbero essere stabiliti a livello nazionale, incluso l’obbligo di rispettare il principio della preferenza dell’Unione enunciato in particolare nelle disposizioni pertinenti degli atti di adesione del 2003 e del 2005. È opportuno che le decisioni di rigetto o revoca siano debitamente motivate. (18) I cittadini di paesi terzi in possesso di un documento di viaggio valido e di un permesso unico rilasciato da uno Stato membro che applica integralmente l’acquis di Schengen dovrebbero poter entrare e circolare liberamente nel territorio degli Stati membri che applicano integralmente l’acquis di Schengen per un periodo non superiore a tre mesi per semestre, in conformità del regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) (7), e dell’articolo 21 della convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen del 14 giugno 1985 tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni (8) (convenzione Schengen). (19) In mancanza di una normativa orizzontale a livello di Unione, i cittadini dei paesi terzi hanno diritti diversi a seconda dello Stato membro in cui lavorano e della loro cittadinanza. Al fine di sviluppare ulteriormente una politica di immigrazione coerente, di ridurre la disparità di diritti tra i cittadini dell’Unione e i cittadini di paesi terzi che lavorano regolarmente in uno Stato membro e di integrare l’acquis esistente in materia di immigrazione, è opportuno definire un insieme di diritti al fine, in particolare, di specificare i settori in cui è garantita la parità di trattamento tra i cittadini di uno Stato membro e i cittadini di paesi terzi che non beneficiano ancora dello status di soggiornanti di lungo periodo. Tali disposizioni mirano a creare condizioni di concorrenza uniformi minime nell’Unione, a riconoscere che tali cittadini di paesi terzi contribuiscono all’economia dell’Unione con il loro lavoro e i loro versamenti di imposte e a fungere da garanzia per ridurre la concorrenza sleale tra i cittadini di uno Stato membro e i cittadini di paesi terzi derivante dall’eventuale sfruttamento di questi ultimi. Ai fini della presente direttiva un lavoratore di un paese terzo dovrebbe essere definito, fatta salva l’interpretazione del concetto di rapporto di lavoro in altre disposizioni del diritto dell’Unione, come un cittadino di un paese terzo che è stato ammesso nel territorio di uno Stato membro, che vi soggiorna regolarmente e a cui è ivi consentito lavorare conformemente al diritto o alla prassi nazionale nel contesto di un rapporto di lavoro retribuito. (20) Tutti i cittadini di paesi terzi che soggiornano e lavorano regolarmente negli Stati membri dovrebbero beneficiare quanto meno di uno stesso insieme comune di diritti, basato sulla parità di trattamento con i cittadini dello Stato membro ospitante, a prescindere dal fine iniziale o dal motivo dell’ammissione. Il diritto alla parità di trattamento nei settori specificati dalla presente direttiva dovrebbe essere riconosciuto non solo ai cittadini di paesi terzi che sono stati ammessi in uno Stato membro a fini lavorativi, ma anche a coloro che sono stati ammessi per altri motivi e che hanno ottenuto l’accesso al mercato del lavoro di quello Stato membro in conformità di altre disposizioni del diritto dell’Unione o nazionale, compresi i familiari di un lavoratore di un paese terzo che sono ammessi nello Stato membro in conformità della direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare (9), i cittadini di paesi terzi che sono ammessi nel territorio di uno Stato membro in conformità della direttiva 2004/114/CE del Consiglio, del 13 dicembre 2004, relativa alle condizioni di ammissione dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato (10), e i ricercatori ammessi in conformità della direttiva 2005/71/CE del Consiglio, del 12 ottobre 2005, relativa a una procedura specificamente concepita per l’ammissione di cittadini di paesi terzi a fini di ricerca scientifica (11). (21) Il diritto alla parità di trattamento in specifici settori dovrebbe essere strettamente collegato al soggiorno regolare del cittadino del paese terzo e all’accesso al mercato del lavoro di uno Stato membro risultanti dal permesso unico che autorizza il soggiorno e il lavoro e dai permessi di soggiorno rilasciati per altri motivi che contengono informazioni relative al permesso di lavoro. (22) Nella presente direttiva per condizioni di lavoro si dovrebbero intendere quanto meno la retribuzione e il licenziamento, la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro, l’orario di lavoro e le ferie, tenendo in considerazione i contratti collettivi in vigore. (23) Uno Stato membro dovrebbe riconoscere le qualifiche professionali acquisite da un cittadino di un paese terzo in un altro Stato membro nello stesso modo di quelle dei cittadini dell’Unione e dovrebbe prendere in considerazione le qualifiche acquisite in un paese terzo conformemente alla direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (12). Il diritto alla parità di trattamento dei lavoratori dei paesi terzi per quanto riguarda il riconoscimento di diplomi, certificati e altre qualifiche professionali secondo le procedure nazionali applicabili dovrebbe far salva la competenza degli Stati membri ad ammettere tali lavoratori di paesi terzi nei rispettivi mercati del lavoro. (24) I lavoratori di paesi terzi dovrebbero beneficiare della parità di trattamento per quanto riguarda la sicurezza sociale. I settori della sicurezza sociale sono definiti dal regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (13). Le disposizioni della presente direttiva relative alla parità di trattamento in materia di sicurezza sociale dovrebbero applicarsi anche ai lavoratori ammessi in uno Stato membro direttamente da un paese terzo. La presente direttiva, tuttavia, non dovrebbe conferire ai lavoratori di paesi terzi diritti maggiori di quelli che il diritto vigente dell’Unione già prevede in materia di sicurezza sociale per i cittadini di paesi terzi che si trovano in situazioni transfrontaliere. La presente direttiva non dovrebbe neppure conferire diritti in relazione a situazioni che esulano dall’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, ad esempio in relazione a familiari soggiornanti in un paese terzo. La presente direttiva dovrebbe conferire diritti soltanto in relazione ai familiari che raggiungono lavoratori di un paese terzo per soggiornare in uno Stato membro sulla base del ricongiungimento familiare ovvero ai familiari che già soggiornano regolarmente in tale Stato membro. (25) Gli Stati membri dovrebbero garantire per lo meno la parità di trattamento per i cittadini di paesi terzi che lavorano o che, dopo un periodo minimo di lavoro, sono registrati come disoccupati. Qualsiasi restrizione alla parità di trattamento in materia di sicurezza sociale in virtù della presente direttiva dovrebbe far salvi i diritti conferiti ai sensi del regolamento (UE) n. 1231/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, che estende il regolamento (CE) n. 883/2004 e il regolamento (CE) n. 987/2009 ai cittadini di paesi terzi cui tali regolamenti non siano già applicabili unicamente a causa della nazionalità (14). (26) Il diritto dell’Unione non limita la facoltà degli Stati membri di organizzare i rispettivi regimi di sicurezza sociale. In mancanza di armonizzazione a livello di Unione, spetta a ciascuno Stato membro stabilire le condizioni per la concessione delle prestazioni di sicurezza sociale nonché l’importo di tali prestazioni e il periodo durante il quale sono concesse. Tuttavia, nell’esercitare tale facoltà, gli Stati membri dovrebbero conformarsi al diritto dell’Unione. (27) La parità di trattamento dei lavoratori di paesi terzi non dovrebbe applicarsi alle misure adottate nel settore della formazione professionale finanziate a titolo dei regimi di assistenza sociale. (28) La presente direttiva dovrebbe applicarsi senza pregiudizio delle disposizioni più favorevoli contenute nel diritto dell’Unione e negli strumenti internazionali applicabili. (29) Gli Stati membri dovrebbero attuare le disposizioni della presente direttiva senza discriminazioni fondate su sesso, razza, colore della pelle, origine etnica o sociale, caratteristiche genetiche, lingua, religione o convinzioni personali, opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, appartenenza a una minoranza nazionale, patrimonio, nascita, disabilità, età o orientamento sessuale, in particolare in conformità della direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica (15), e della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (16). (30) Poiché gli obiettivi della presente direttiva, cioè la fissazione di una procedura unica di domanda per il rilascio ai cittadini di paesi terzi di un permesso unico per lavorare nel territorio di uno Stato membro e un insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornino regolarmente in uno Stato membro, non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a motivo della portata e degli effetti dell’azione in questione, essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea (TUE). La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (31) La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, TUE. (32) Conformemente alla dichiarazione politica congiunta degli Stati membri e della Commissione sui documenti esplicativi del 28 settembre 2011, gli Stati membri si sono impegnati ad accompagnare, ove ciò sia giustificato, la notifica delle loro misure di recepimento con uno o più documenti intesi a chiarire il rapporto tra gli elementi di una direttiva e le parti corrispondenti degli strumenti nazionali di recepimento. Per quanto riguarda la presente direttiva, il legislatore ritiene che la trasmissione di tali documenti sia giustificata. (33) A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo (n. 21) sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda, allegato al TUE e TFUE, e fatto salvo l’articolo 4 di detto protocollo, tali Stati membri non partecipano all’adozione della presente direttiva, non sono da essa vincolati, né sono soggetti alla sua applicazione. (34) A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo (n. 22) sulla posizione della Danimarca, allegato al TUE e al TFUE, la Danimarca non partecipa all’adozione della presente direttiva, non è da essa vincolata, né è soggetta alla sua applicazione, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: CAPO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Oggetto 1. La presente direttiva stabilisce: a) una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di paesi terzi di soggiornare a fini lavorativi nel territorio di uno Stato membro, al fine di semplificare le procedure di ingresso e di agevolare il controllo del loro status; e b) un insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro, a prescindere dalle finalità dell’ingresso iniziale nel territorio dello Stato membro in questione, sulla base della parità di trattamento rispetto ai cittadini di quello Stato membro. 2. La presente direttiva fa salva la competenza degli Stati membri per quanto riguarda l’ingresso di cittadini di paesi terzi nei rispettivi mercati del lavoro. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva, si intende per: a) «cittadino di un paese terzo» chi non è cittadino dell’Unione ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, TFUE; b) «lavoratore di un paese terzo» un cittadino di un paese terzo, ammesso nel territorio di uno Stato membro, che soggiorni regolarmente e sia autorizzato a lavorare in tale Stato membro nel quadro di un rapporto di lavoro retribuito conformemente al diritto o alla prassi nazionale; c) «permesso unico» un permesso di soggiorno rilasciato dalle autorità di uno Stato membro che consente a un cittadino di un paese terzo di soggiornare regolarmente nel territorio di quello Stato membro a fini lavorativi; d) «procedura unica di domanda» una procedura, avviata a seguito di una domanda unica di autorizzazione a soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro presentata da un cittadino di un paese terzo o dal suo datore di lavoro, volta all’adozione di una decisione relativa a tale domanda di permesso unico. Articolo 3 Ambito di applicazione 1. La presente direttiva si applica: a) ai cittadini di paesi terzi che chiedono di soggiornare in uno Stato membro a fini lavorativi; b) ai cittadini di paesi terzi che sono stati ammessi in uno Stato membro a fini diversi dall’attività lavorativa a norma del diritto dell’Unione o nazionale, ai quali è consentito lavorare e che sono in possesso di un permesso di soggiorno ai sensi del regolamento (CE) n. 1030/2002; e c) ai cittadini di paesi terzi che sono stati ammessi in uno Stato membro a fini lavorativi a norma del diritto dell’Unione o nazionale. 2. La presente direttiva non si applica ai cittadini di paesi terzi: a) che sono familiari di cittadini dell’Unione che hanno esercitato o esercitano il loro diritto alla libera circolazione nell’Unione conformemente alla direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri (17); b) che godono, insieme ai loro familiari e a prescindere dalla loro cittadinanza, di diritti di libera circolazione equivalenti a quelli dei cittadini dell’Unione a norma di accordi tra l’Unione e gli Stati membri o tra l’Unione e paesi terzi; c) che sono distaccati, per la durata del distacco; d) che hanno presentato domanda di ammissione o sono stati ammessi nel territorio di uno Stato membro in qualità di lavoratori trasferiti all’interno di società; e) che hanno presentato domanda di ammissione o sono stati ammessi nel territorio di uno Stato membro come lavoratori stagionali o «alla pari»; f) che sono autorizzati a soggiornare in uno Stato membro a titolo di protezione temporanea ovvero hanno chiesto l’autorizzazione al soggiorno a tale titolo e sono in attesa di una decisione sul loro status; g) che sono beneficiari di protezione internazionale ai sensi della direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta (18), o hanno chiesto la protezione internazionale a norma di tale direttiva e sono in attesa di una decisione definitiva sulla loro domanda; h) che sono beneficiari di protezione in base al diritto nazionale, agli obblighi internazionali o alla prassi di uno Stato membro ovvero hanno presentato domanda di protezione in base al diritto nazionale, agli obblighi internazionali o alla prassi di uno Stato membro e sono in attesa di una decisione definitiva sulla loro domanda; i) che sono soggiornanti di lungo periodo ai sensi della direttiva 2003/109/CE; j) il cui allontanamento è stato sospeso per motivi di fatto o di diritto; k) che hanno presentato domanda di ammissione o che sono stati ammessi nel territorio di uno Stato membro come lavoratori autonomi; l) che hanno presentato domanda di ammissione o sono stati ammessi come lavoratori marittimi o per svolgere qualunque altra attività lavorativa a bordo di una nave registrata in uno Stato membro o battente bandiera di uno Stato membro. 3. Gli Stati membri possono decidere che il capo II non si applichi ai cittadini di paesi terzi che sono stati autorizzati a lavorare nel territorio di uno Stato membro per un periodo non superiore a sei mesi o che sono stati ammessi in uno Stato membro a fini di studio. 4. Il capo II non si applica ai cittadini di paesi terzi cui è consentito lavorare in forza di un visto. CAPO II PROCEDURA UNICA DI DOMANDA E PERMESSO UNICO Articolo 4 Procedura unica di domanda 1. La domanda di rilascio, modifica o rinnovo di un permesso unico è presentata mediante una procedura unica di domanda. Gli Stati membri stabiliscono se le domande di permesso unico debbano essere presentate dal cittadino di un paese terzo o dal datore di lavoro del cittadino di un paese terzo. Gli Stati membri possono anche decidere di permettere che la domanda sia presentata indifferentemente dall’una o dall’altra parte. Se la domanda deve essere presentata dal cittadino di un paese terzo, gli Stati membri permettono che la domanda sia presentata a partire da un paese terzo o, se previsto dal diritto nazionale, nel territorio dello Stato membro in cui il cittadino di un paese terzo è presente regolarmente. 2. Gli Stati membri esaminano la domanda presentata ai sensi del paragrafo 1 e, se il richiedente soddisfa i requisiti previsti dal diritto dell’Unione o nazionale, adottano una decisione di rilascio, modifica o rinnovo del permesso unico. Una decisione di rilascio, modifica o rinnovo del permesso unico costituisce un atto amministrativo unico che combina il permesso di soggiorno e il permesso di lavoro. 3. La procedura unica di domanda non pregiudica la procedura di rilascio del visto che sia eventualmente richiesto per il primo ingresso. 4. Gli Stati membri rilasciano un permesso unico, qualora siano soddisfatte le condizioni previste, ai cittadini di paesi terzi che chiedono l’ammissione e ai cittadini di paesi terzi già ammessi che chiedono il rinnovo o la modifica del permesso di soggiorno dopo l’entrata in vigore delle disposizioni nazionali di esecuzione. Articolo 5 Autorità competente 1. Gli Stati membri designano l’autorità competente a ricevere la domanda e a rilasciare il permesso unico. 2. L’autorità competente adotta una decisione sulla domanda completa non appena possibile e in ogni caso entro quattro mesi dalla data di presentazione della domanda. In circostanze eccezionali dovute alla complessità dell’esame della domanda, il termine di cui al primo comma può essere prorogato. Se, entro il termine stabilito dal presente paragrafo, non è stata adottata alcuna decisione, le eventuali conseguenze sono determinate dal diritto nazionale. 3. L’autorità competente notifica per iscritto la decisione al richiedente secondo le procedure di notifica previste dal diritto nazionale applicabile. 4. Se le informazioni o i documenti forniti a sostegno della domanda sono incompleti in base ai criteri specificati dal diritto nazionale, l’autorità competente notifica per iscritto al richiedente le ulteriori informazioni o gli ulteriori documenti necessari e può fissare un termine ragionevole per la loro presentazione. Il termine di cui al paragrafo 2 è sospeso fino a quando l’autorità competente o le altre autorità interessate non abbiano ricevuto le informazioni supplementari richieste. Se le informazioni o i documenti supplementari non sono forniti entro il termine stabilito, l’autorità competente può respingere la domanda. Articolo 6 Permesso unico 1. Gli Stati membri rilasciano il permesso unico usando il modello uniforme previsto dal regolamento (CE) n. 1030/2002 e indicano le informazioni relative al permesso di lavoro conformemente alla lettera a), sezione 7.5-9, dell’allegato del medesimo regolamento. Gli Stati membri possono indicare informazioni supplementari concernenti il rapporto di lavoro del cittadino di un paese terzo (ad esempio nome e indirizzo del datore di lavoro, luogo di lavoro, tipo di lavoro, orario di lavoro, retribuzione) su supporto cartaceo oppure memorizzare tali dati in formato elettronico come previsto all’articolo 4 del regolamento (CE) n. 1030/2002 e alla lettera a), sezione 16, del relativo allegato. 2. Quando rilasciano un permesso unico, gli Stati membri non rilasciano permessi aggiuntivi come prova di autorizzazione all’accesso al mercato del lavoro. Articolo 7 Permessi di soggiorno rilasciati per fini diversi dall’attività lavorativa 1. Quando rilasciano permessi di soggiorno ai sensi del regolamento (CE) n. 1030/2002, gli Stati membri indicano le informazioni relative al permesso di lavoro, a prescindere dal tipo di permesso. Gli Stati membri possono indicare informazioni supplementari concernenti il rapporto di lavoro del cittadino di un paese terzo (ad esempio nome e indirizzo del datore di lavoro, luogo di lavoro, tipo di lavoro, orario di lavoro, retribuzione) in formato cartaceo oppure memorizzare tali dati in formato elettronico come previsto all’articolo 4 del regolamento (CE) n. 1030/2002 e alla lettera a), sezione 16, del relativo allegato. 2. Quando rilasciano permessi di soggiorno ai sensi del regolamento (CE) n. 1030/2002, gli Stati membri non rilasciano permessi aggiuntivi come prova di autorizzazione all’accesso al mercato del lavoro. Articolo 8 Garanzie procedurali 1. Le decisioni che respingono la domanda di rilascio, modifica o rinnovo del permesso unico o le decisioni che revocano il permesso unico in base a criteri previsti dal diritto dell’Unione o nazionale sono motivate e notificate per iscritto. 2. Le decisioni che respingono una domanda di rilascio, modifica o rinnovo del permesso unico o che revocano il permesso unico sono impugnabili nello Stato membro interessato, conformemente al diritto nazionale. Nella notifica scritta di cui al paragrafo 1 sono indicati l’organo giurisdizionale o l’autorità amministrativa presso cui l’interessato può presentare ricorso nonché i termini entro cui presentarlo. 3. Una domanda può essere considerata inammissibile per ragioni legate ai volumi di ingresso di cittadini di paesi terzi che entrano a fini lavorativi e in tal caso non necessita di essere trattata. Articolo 9 Accesso all’informazione Gli Stati membri forniscono, a richiesta, informazioni adeguate al cittadino del paese terzo e al futuro datore di lavoro in merito ai documenti necessari per presentare una domanda completa. Articolo 10 Diritti da pagare Se del caso, gli Stati membri possono imporre ai richiedenti il pagamento di diritti per il trattamento delle domande ai sensi della presente direttiva. L’importo di tali diritti è proporzionato e può essere basato sui servizi effettivamente prestati per il trattamento delle domande e il rilascio dei permessi. Articolo 11 Diritti derivanti dal permesso unico Durante il suo periodo di validità, il permesso unico rilasciato ai sensi del diritto nazionale autorizza il titolare quanto meno a: a) entrare e soggiornare nel territorio dello Stato membro che ha rilasciato il permesso unico, a condizione che il titolare soddisfi tutti i requisiti per l’ingresso conformemente al diritto nazionale; b) accedere liberamente a tutto il territorio dello Stato membro che ha rilasciato il permesso unico, nei limiti previsti dal diritto nazionale; c) svolgere la specifica attività lavorativa autorizzata dal permesso unico conformemente al diritto nazionale; d) essere informato dei diritti conferitigli dal permesso in virtù della presente direttiva e/o del diritto nazionale. CAPO III DIRITTO ALLA PARITÀ DI TRATTAMENTO Articolo 12 Diritto alla parità di trattamento 1. I lavoratori dei paesi terzi di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettere b e c), beneficiano dello stesso trattamento riservato ai cittadini dello Stato membro in cui soggiornano per quanto concerne: a) le condizioni di lavoro, tra cui la retribuzione e il licenziamento nonché la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro; b) la libertà di associazione, adesione e partecipazione a organizzazioni di lavoratori o di datori di lavoro o a qualunque organizzazione professionale di categoria, compresi i vantaggi che ne derivano, fatte salve le disposizioni nazionali in materia di ordine pubblico e pubblica sicurezza; c) l’istruzione e la formazione professionale; d) il riconoscimento di diplomi, certificati e altre qualifiche professionali secondo le procedure nazionali applicabili; e) i settori della sicurezza sociale definiti nel regolamento (CE) n. 883/2004; f) le agevolazioni fiscali, purché il lavoratore sia considerato come avente il domicilio fiscale nello Stato membro interessato; g) l’accesso a beni e servizi a disposizione del pubblico e all’erogazione degli stessi, incluse le procedure per l’ottenimento di un alloggio, conformemente al diritto nazionale, fatta salva la libertà contrattuale conformemente al diritto dell’Unione e al diritto nazionale; h) i servizi di consulenza forniti dai centri per l’impiego. 2. Gli Stati membri possono limitare la parità di trattamento: a) in ordine al paragrafo 1, lettera c): i) restringendone l’applicazione ai lavoratori di paesi terzi che svolgono o hanno svolto un’attività lavorativa e sono registrati come disoccupati; ii) escludendo i lavoratori di paesi terzi che sono stati ammessi nel territorio nazionale ai sensi della direttiva 2004/114/CE; iii) escludendo le borse di studio e i prestiti concessi a fini di studio e di mantenimento o altri tipi di borse e prestiti; iv) stabilendo requisiti specifici, tra cui il possesso di conoscenze linguistiche e il pagamento di tasse scolastiche, conformemente al diritto nazionale, per quanto riguarda l’accesso all’università e all’istruzione post-secondaria, nonché alla formazione professionale che non sia direttamente collegata all’attività lavorativa specifica; b) limitando i diritti conferiti ai lavoratori di paesi terzi ai sensi del paragrafo 1, lettera e), senza restringerli per i lavoratori di paesi terzi che svolgono o hanno svolto un’attività lavorativa per un periodo minimo di sei mesi e sono registrati come disoccupati. Inoltre, gli Stati membri possono decidere che il paragrafo 1, lettera e), per quanto concerne i sussidi familiari, non si applichi ai cittadini di paesi terzi che sono stati autorizzati a lavorare nel territorio di uno Stato membro per un periodo non superiore a sei mesi, ai cittadini di paesi terzi che sono stati ammessi a scopo di studio o ai cittadini di paesi terzi cui è consentito lavorare in forza di un visto; c) in ordine al paragrafo 1, lettera f), per quanto concerne le agevolazioni fiscali, limitando l’applicazione ai casi in cui i familiari del lavoratore di un paese terzo per i quali si chiedono le agevolazioni abbiano il domicilio o la residenza abituale nel territorio dello Stato membro interessato; d) in ordine al paragrafo 1, lettera g): i) limitandone l’applicazione ai lavoratori di paesi terzi che svolgono un’attività lavorativa; ii) limitando l’accesso per quanto concerne l’assistenza abitativa. 3. Il diritto alla parità di trattamento stabilito al paragrafo 1 fa salvo il diritto dello Stato membro di revocare o rifiutare di rinnovare il permesso di soggiorno rilasciato ai sensi della presente direttiva, il permesso di soggiorno rilasciato per fini diversi dall’attività lavorativa o ogni altra autorizzazione a lavorare in uno Stato membro. 4. I lavoratori di paesi terzi che si trasferiscono in un paese terzo o i loro superstiti residenti in un paese terzo e i cui diritti derivano dai lavoratori in questione ottengono, in relazione alla vecchiaia, invalidità o morte, diritti pensionistici basati sull’occupazione precedente di tali lavoratori e acquisiti in conformità delle legislazioni di cui all’articolo 3 del regolamento (CE) n. 883/2004, alle stesse condizioni e secondo gli stessi parametri applicabili ai cittadini degli Stati membri interessati che si trasferiscono in un paese terzo. CAPO IV DISPOSIZIONI FINALI Articolo 13 Disposizioni più favorevoli 1. La presente direttiva non pregiudica le disposizioni più favorevoli: a) del diritto dell’Unione, inclusi gli accordi bilaterali e multilaterali tra l’Unione o l’Unione e i suoi Stati membri, da una parte, e uno o più paesi terzi, dall’altra; e b) di accordi bilaterali o multilaterali tra uno più Stati membri e uno o più paesi terzi; 2. La presente direttiva fa salva la facoltà degli Stati membri di introdurre o mantenere disposizioni nazionali più favorevoli alle persone a cui si applica. Articolo 14 Informazioni al pubblico Gli Stati membri mettono a disposizione del pubblico informazioni regolarmente aggiornate sulle condizioni d’ingresso e di soggiorno nel loro territorio dei cittadini di paesi terzi che intendono svolgervi un’attività lavorativa. Articolo 15 Relazioni 1. Periodicamente, e per la prima volta entro il 25 dicembre 2016, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione della presente direttiva negli Stati membri e propone le modifiche che ritiene necessarie. 2. Annualmente, e per la prima volta entro il 25 dicembre 2014, gli Stati membri comunicano alla Commissione statistiche sul numero di cittadini di paesi terzi a cui hanno rilasciato un permesso unico nell’anno civile precedente, conformemente al regolamento (CE) n. 862/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, relativo alle statistiche comunitarie in materia di migrazione e di protezione internazionale (19). Articolo 16 Recepimento 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 25 dicembre 2013. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 17 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 18 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva conformemente ai trattati. Fatto a Strasburgo, il 13 dicembre 2011 Per il Parlamento europeo Il presidente J. BUZEK Per il Consiglio Il presidente M. SZPUNAR (1) GU C 27 del 3.2.2009, pag. 114. (2) GU C 257 del 9.10.2008, pag. 20. (3) Posizione del Parlamento europeo del 24 marzo 2011 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e posizione del Consiglio in prima lettura del 24 novembre 2011 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Posizione del Parlamento europeo del 13 dicembre 2011 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). (4) GU L 18 del 21.1.1997, pag. 1. (5) GU L 16 del 23.1.2004, pag. 44. (6) GU L 157 del 15.6.2002, pag. 1. (7) GU L 105 del 13.4.2006, pag. 1. (8) GU L 239 del 22.9.2000, pag. 19. (9) GU L 251 del 3.10.2003, pag. 12. (10) GU L 375 del 23.12.2004, pag. 12. (11) GU L 289 del 3.11.2005, pag. 15. (12) GU L 255 del 30.9.2005, pag. 22. (13) GU L 166 del 30.4.2004, pag. 1. (14) GU L 344 del 29.12.2010, pag. 1. (15) GU L 180 del 19.7.2000, pag. 22. (16) GU L 303 del 2.12.2000, pag. 16. (17) GU L 158 del 30.4.2004, pag. 77. (18) GU L 304 del 30.9.2004, pag. 12. (19) GU L 199 del 31.7.2007, pag. 23.
Lavoratori di paesi terzi: semplificazione delle formalità per lavorare e soggiornare Questa direttiva istituisce un permesso unico di soggiorno e di lavoro per i lavoratori di paesi terzi. Definisce inoltre un insieme di diritti specifici per garantire lo stesso trattamento ai lavoratori di paesi terzi interessati dalla direttiva. ATTO Direttiva 2011/98/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro. SINTESI CHE COSA FA LA PRESENTE DIRETTIVA? La direttiva istituisce: un permesso unico combinato di soggiorno e di lavoro per i lavoratori di paesi terzi che risiedono legalmente in un paese dell’Unione europea (UE); una procedura unica per il rilascio di tale permesso; un insieme di diritti (compreso lo stesso trattamento ricevuto dai cittadini di tale paese) per i lavoratori di paesi terzi interessati dalla direttiva. PUNTI CHIAVE Chi riguarda? La direttiva si applica ai cittadini di paesi terzi autorizzati a vivere o lavorare nell’UE indipendentemente dal motivo originario della loro ammissione. Sono compresi: cittadini di paesi terzi che cercano di essere ammessi in un paese dell’UE per soggiornarvi e lavorare; cittadini di paesi terzi già residenti e che hanno accesso al mercato del lavoro o già lavorano in un paese dell’UE. Alcune categorie di cittadini di paesi terzi non sono interessati dalla direttiva, come coloro cui è stato concesso lo status di residente a lungo termine dell’UE (che rientra in altre legislazioni unionali). Procedura di domanda unica Le autorità dei paesi dell’UE devono trattare qualsiasi richiesta per tale permesso unico di soggiorno e di lavoro (nuovo, modificato o rinnovato) come un’unica procedura di domanda. Devono inoltre decidere se la richiesta deve essere presentata dal cittadino del paese terzo o dal suo datore di lavoro (o da entrambi). Il formato del permesso unico è lo stesso descritto nel regolamento (CE) n. 1030/2002 che istituisce un permesso di soggiorno unico per i cittadini di paesi terzi. Diritto allo stesso trattamento Il permesso unico consente ai beneficiari dei paesi terzi di godere di un insieme di diritti, fra cui: il diritto di lavorare, risiedere e circolare liberamente nel paese dell’UE che lo rilascia; le stesse condizioni applicate ai cittadini del paese che lo rilascia in materia di condizioni di lavoro (quali retribuzione e licenziamento, salute e sicurezza, orario di lavoro e permessi), istruzione e formazione, riconoscimento delle qualifiche, determinati aspetti di sicurezza sociale, benefici fiscali, accesso a beni e servizi compresa l’abitazione e i servizi di consulenza per l’occupazione. La direttiva stabilisce criteri specifici in base ai quali i paesi dell’UE possono restringere il trattamento in determinate materie (accesso all’istruzione/formazione, benefici di sicurezza sociale come l’assegno familiare o l’abitazione). QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? A partire dal 25.12.2013. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Direttiva 2011/98/UE 24.12.2011 25.12.2013 GU L 343 del 23.12.2011, pag. 1-9 ATTO COLLEGATO Regolamento (CE) n. 1030/2002 del Consiglio, del 13 giugno 2002, che istituisce un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di paesi terzi (GU L 157 del 15.6.2002, pag. 1-7). Direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo (GU L 16 del 23.1.2004, pag. 44-53).
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REGOLAMENTO (UE) N. 1300/2013 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 17 dicembre 2013 relativo al Fondo di coesione e che abroga il regolamento (CE) n. 1084/2006 del Consiglio IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 177, secondo comma, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), visto il parere del Comitato delle regioni (2), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, considerando quanto segue: (1) L'articolo 174, primo comma, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) prevede che l'Unione sviluppi e prosegua le proprie azioni intese a realizzare il rafforzamento della sua coesione economica, sociale e territoriale. Il Fondo di coesione istituito con il presente regolamento dovrebbe perciò erogare contributi finanziari a progetti nel settore dell'ambiente e a reti transeuropee nel settore dell'infrastruttura dei trasporti. (2) Il regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (3) stabilisce le disposizioni comuni al Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), al Fondo sociale europeo, al Fondo di coesione, al Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e al Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca. Tale regolamento costituisce un nuovo quadro per i Fondi strutturali e d'investimento europei, tra cui il Fondo di coesione. È pertanto necessario precisare i compiti del Fondo di coesione in relazione a tale quadro e in relazione allo scopo assegnato al Fondo di coesione nel TFUE. (3) È opportuno stabilire disposizioni specifiche concernenti i tipi di attività che possono essere sostenute dal Fondo di coesione al fine di contribuire alle priorità di investimento nell'ambito degli obiettivi tematici definiti nel regolamento (UE) n. 1303/2013. (4) L'Unione dovrebbe essere in grado di contribuire, attraverso il Fondo di coesione, ad azioni volte a realizzare i propri obiettivi ambientali a norma degli articoli 11 e 191 TFUE, vale a dire l'efficienza energetica e le energie rinnovabili e, nel settore dei trasporti al di fuori delle reti transeuropee, il trasporto ferroviario, fluviale e marittimo, i sistemi di trasporto intermodale e la loro interoperabilità, la gestione del traffico stradale, marittimo e aereo, il trasporto urbano pulito e il trasporto pubblico. (5) È opportuno ricordare che, qualora le misure basate sull'articolo 192, paragrafo 1, TFUE implichino costi ritenuti sproporzionati per le pubbliche autorità di uno Stato membro e il sostegno finanziario sia fornito dal Fondo di coesione a norma dell'articolo 192, paragrafo 5, TFUE, si applica comunque il principio "chi inquina paga". (6) I progetti relativi alla rete transeuropea dei trasporti (TEN-T) sostenuti dal Fondo di coesione devono essere conformi agli orientamenti stabiliti nel regolamento (UE) n. 1315/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (4). Per concentrare gli sforzi al riguardo, è opportuno dare la priorità ai progetti di interesse comune definiti in detto regolamento. (7) È opportuno che gli investimenti volti a conseguire la riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra provenienti dalle attività elencate nell'allegato I della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5) non siano ammissibili al sostegno del Fondo di coesione in quanto già beneficiano dal punto di vista finanziario dell'applicazione di tale direttiva. Tale esclusione non dovrebbe limitare la possibilità di ricorrere al Fondo di coesione a sostegno delle attività che non sono elencate nell'allegato I della direttiva 2003/87/CE anche se svolte dagli stessi operatori economici, e comprendono attività quali investimenti per l'efficienza energetica nella cogenerazione di energia termica ed elettrica e nelle reti di teleriscaldamento, sistemi intelligenti di distribuzione, stoccaggio e trasmissione dell'energia, e misure dirette a ridurre l'inquinamento atmosferico, anche se uno degli effetti indiretti di tali attività è la riduzione dell' emissione di gas a effetto serra, o se sono elencate nel piano nazionale di cui alla direttiva 2003/87/CE. (8) Gli investimenti nell'edilizia abitativa, diversi da quelli destinati alla promozione dell'efficienza energetica o dell'uso delle energie rinnovabili, non possono essere ammissibili al sostegno del Fondo di coesione in quanto non rientrano nell'ambito di applicazione del sostegno di tale Fondo quale definito nel TFUE. (9) Al fine di accelerare lo sviluppo dell'infrastruttura dei trasporti nell'Unione, è opportuno che il Fondo di coesione sostenga i progetti nel settore dell'infrastruttura dei trasporti aventi un valore aggiunto europeo di cui al regolamento (UE) n. 1316/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (6) per un importo complessivo di 10 000 000 000 di EUR. L'attribuzione del sostegno da parte del Fondo di coesione a tali progetti dovrebbe essere conforme alle norme di cui all'articolo 92, paragrafo 6, del regolamento (UE) n. 1303/2013. Conformemente al regolamento (UE) n. 1316/2013, il sostegno dovrebbe essere messo a disposizione soltanto degli Stati membri ammissibili al finanziamento a titolo del Fondo di coesione, e con i tassi di cofinanziamento applicabili a tale Fondo. (10) È importante garantire che, nel promuovere gli investimenti nella gestione dei rischi, si tenga conto dei rischi specifici a livello regionale, transfrontaliero e transnazionale. (11) È opportuno assicurare la complementarità e le sinergie tra gli interventi sostenuti dal Fondo di coesione, dal FESR, dall'obiettivo della cooperazione territoriale europea e dal meccanismo per collegare l'Europa, al fine di evitare la duplicazione degli sforzi e di garantire il collegamento ottimale tra diversi tipi di infrastrutture a livello locale, regionale e nazionale e in tutta l'Unione. (12) Per rispondere alle esigenze specifiche del Fondo di coesione, e in linea con la strategia dell'Unione per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, è necessario fissare nell'ambito di ciascun obiettivo tematico stabilito dal regolamento (UE) n.1303/2013 le azioni specifiche del Fondo di coesione quali "priorità di investimento". Tali priorità dovrebbero definire obiettivi dettagliati, che non si escludano a vicenda, cui il Fondo di coesione dovrà contribuire. Inoltre, tali priorità d'investimento dovrebbero costituire la base per la definizione di obiettivi specifici nell'ambito dei programmi operativi che tengano conto delle esigenze e delle caratteristiche dell'area del programma. Per aumentare la flessibilità e ridurre gli oneri amministrativi attraverso un'attuazione congiunta, è opportuno allineare nell'ambito dei corrispondenti obiettivi tematici le priorità d'investimento del FESR e del Fondo di coesione. (13) È opportuno definire nell'allegato del presente regolamento una serie di indicatori comuni di output per valutare i progressi aggregati, a livello di Unione, nell'attuazione dei programmi operativi. Tali indicatori dovrebbero corrispondere alla priorità d'investimento e al tipo di azione oggetto di sostegno conformemente al presente regolamento e alle pertinenti disposizioni del regolamento (UE) n. 1303/2013. Gli indicatori comuni di output dovrebbero essere completati da indicatori di risultato specifici per ciascun programma e, se del caso, da indicatori di output specifici per ciascun programma. (14) Al fine di modificare il presente regolamento per quanto concerne taluni elementi non essenziali, dovrebbe essere delegato alla Commissione il potere di adottare atti conformemente all'articolo 290 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea riguardo alla modifica dell'elenco degli indicatori comuni di output di cui all'allegato I del presente regolamento. È di particolare importanza che durante i lavori preparatori la Commissione svolga adeguate consultazioni, anche a livello di esperti. Nella preparazione e nell'elaborazione degli atti delegati la Commissione dovrebbe provvedere alla contestuale, tempestiva e appropriata trasmissione dei documenti pertinenti al Parlamento europeo e al Consiglio. (15) Poiché l'obiettivo del presente regolamento, vale a dire rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale dell'Unione negli interessi della promozione di uno sviluppo sostenibile non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri, ma può, a motivo delle eccessive disparità tra i livelli di sviluppo delle varie regioni e del ritardo delle regioni meno favorite e delle limitate risorse finanziarie degli Stati membri e delle regioni, essere conseguito meglio a livello di Unione, quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (16) Poiché il presente regolamento sostituisce il regolamento (CE) n. 1084/2006 del Consiglio (7), è opportuno abrogare tale regolamento. Tuttavia, il presente regolamento non dovrebbe pregiudicare il proseguimento o la modifica degli interventi approvati dalla Commissione in base al regolamento (CE) n. 1084/2006 o ad altri atti normativi applicabili a tali interventi al 31 dicembre 2013. Tale regolamento o tale altro atto normativo applicabile dovrebbe quindi continuare ad applicarsi dopo il 31 dicembre 2013 a tali interventi o operazioni fino alla loro chiusura. Le domande di intervento presentate o approvate a norma del regolamento (CE) n. 1084/2006 dovrebbero restare valide. (17) Al fine di consentire la tempestiva applicazione delle misure previste nel presente regolamento, quest'ultimo dovrebbe entrare in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Istituzione del Fondo di coesione e suo oggetto 1. È istituito un Fondo di coesione al fine di rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale dell'Unione nell'interesse della promozione dello sviluppo sostenibile. 2. Il presente regolamento stabilisce i compiti del Fondo di coesione e l'ambito di applicazione del suo sostegno per quanto riguarda l'obiettivo "Investimenti a favore della crescita e dell'occupazione" di cui all'articolo 89 del regolamento (UE) n. 1303/2013. Articolo 2 Ambito di intervento del Fondo di coesione 1. Il Fondo di coesione, assicurando un appropriato equilibrio e in base alle esigenze di ciascuno Stato membro in fatto di investimenti e di infrastrutture, sostiene: a) gli investimenti in materia ambientale, anche in settori connessi allo sviluppo sostenibile e all'energia che presentano benefici per l'ambiente; b) le TEN-T, secondo gli orientamenti adottati con il regolamento (UE) n. 1315/2013; c) l'assistenza tecnica. 2. Il Fondo di coesione non sostiene: a) la disattivazione o la costruzione delle centrali nucleari; b) gli investimenti volti a conseguire la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra provenienti dalle attività elencate nell'allegato I della direttiva 2003/87/CE; c) gli interventi nel campo dell'edilizia abitativa, a meno che non siano destinati a promuovere l'efficienza energetica o l'uso delle energie rinnovabili; d) la fabbricazione, la trasformazione e la commercializzazione del tabacco e dei prodotti del tabacco; e) le imprese in difficoltà, quali definite secondo le norme dell'Unione in materia di aiuti di Stato; f) gli investimenti in infrastrutture aeroportuali, a meno che non siano connessi alla protezione dell'ambiente o accompagnati da investimenti necessari a mitigare o ridurre il loro impatto ambientale negativo. Articolo 3 Sostegno del Fondo di coesione per i progetti nel settore dell'infrastruttura dei trasporti in virtù del meccanismo per collegare l'Europa Il Fondo di coesione sostiene i progetti nel settore dell'infrastruttura dei trasporti aventi un valore aggiunto europeo di cui al regolamento (UE) n. 1316/2013 per un importo di 10 000 000 000 di EUR, ai sensi dell'articolo 92, paragrafo 6, del regolamento (UE) n. 1303/2013. Articolo 4 Priorità d'investimento Il Fondo di coesione sostiene le seguenti priorità d'investimento nell'ambito degli obiettivi tematici indicati all'articolo 9, primo comma, del regolamento (UE) n. 1303/2013, conformemente alle esigenze di sviluppo e alle potenzialità di crescita indicate nell'articolo 15, paragrafo 1, lettera a), punto i), di detto regolamento e nell'accordo di partenariato: a) favorire il passaggio a un'economia a bassa emissione di carbonio in tutti i settori: i) promuovendo la produzione e la distribuzione di energia ottenuta da fonti rinnovabili; ii) promuovendo l'efficienza energetica e l'uso dell'energia rinnovabile nelle imprese; iii) sostenendo l'efficienza energetica, la gestione intelligente dell'energia e l'uso dell'energia rinnovabile nelle infrastrutture pubbliche, compresi gli edifici pubblici, e nel settore dell'edilizia abitativa; iv) sviluppando e realizzando sistemi di distribuzione intelligenti che operano a bassa e media tensione; v) promuovendo strategie di bassa emissione di carbonio per tutti i tipi di territorio, in particolare per le aree urbane, inclusa la promozione della mobilità urbana multimodale sostenibile e di misure di adattamento finalizzate all'attenuazione delle emissioni; vi) promuovendo l'uso della cogenerazione ad alto rendimento di energia termica ed elettrica basata su una domanda di calore utile; b) promuovere l'adattamento al cambiamento climatico, la gestione e la prevenzione dei rischi: i) sostenendo investimenti riguardanti l'adattamento al cambiamento climatico, compresi gli approcci basati sugli ecosistemi; ii) promuovendo investimenti destinati a far fronte a rischi specifici, garantendo la capacità di reagire alle catastrofi e sviluppando sistemi di gestione delle catastrofi; c) preservare e proteggere l'ambiente e promuovere l'efficienza delle risorse: i) investendo nel settore dei rifiuti per rispondere agli obblighi imposti dalla normativa dell'Unione in materia ambientale e per far fronte alle necessità, individuate dagli Stati membri, di investimenti che vadano oltre tali obblighi; ii) investendo nel settore dell'acqua per rispondere agli obblighi imposti dalla normativa dell'Unione in materia ambientale e per far fronte alle necessità, individuate dagli Stati membri, di investimenti che vadano oltre tali obblighi; iii) proteggendo e ripristinando la biodiversità e i suoli e promuovendo i servizi ecosistemici anche attraverso Natura 2000 e per mezzo di infrastrutture verdi; iv) intervenendo per migliorare l'ambiente urbano, rivitalizzare le città, riqualificare e decontaminare le aree industriali dismesse (comprese quelle di riconversione), ridurre l'inquinamento atmosferico e promuovere misure di riduzione del rumore; d) promuovere il trasporto sostenibile ed eliminare le strozzature nelle principali infrastrutture di rete: i) favorendo la creazione di uno spazio unico europeo dei trasporti multimodale con investimenti nella TEN-T; ii) sviluppando e migliorando sistemi di trasporto ecologici (anche a bassa rumorosità) e a bassa emissione di carbonio, tra cui vie navigabili interne e trasporti marittimi, porti, collegamenti multimodali e infrastrutture aeroportuali, al fine di favorire la mobilità regionale e locale sostenibile; iii) sviluppando e riattando sistemi di trasporto ferroviario globali, di elevata qualità e interoperabili, e promuovendo misure di riduzione del rumore; e) potenziare la capacità istituzionale delle autorità pubbliche e dei soggetti interessati e l'efficienza delle pubbliche amministrazioni attraverso azioni tese a rafforzare la capacità istituzionale e l'efficienza della pubblica amministrazione e dei servizi pubblici connessi all'attuazione del Fondo di coesione. Articolo 5 Indicatori 1. Sono utilizzati, ai sensi dell'articolo 27, paragrafo 4, e dell'articolo 96, paragrafo 2, lettera b), punti ii) e iv), e lettera c),), punti ii) e iv), del regolamento (UE) n. 1303/2013, gli indicatori di output comuni figuranti nell'allegato I del presente regolamento, gli indicatori di risultato specifici per ciascun programma e, se del caso, gli indicatori di output specifici per ciascun programma. 2. Per gli indicatori di output comuni e specifici per ciascun programma i valori base sono fissati a zero. Sono fissati valori obiettivo cumulativi quantificati per tali indicatori per il 2023. 3. Per gli indicatori di risultato specifici per ciascun programma, che si riferiscono a priorità d'investimento, i valori base utilizzano gli ultimi dati disponibili e i valori obiettivo sono fissati per il 2023. I valori obiettivo possono essere espressi in termini quantitativi o qualitativi. 4. Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati a norma dell'articolo 7 per modificare l'elenco degli indicatori di output comuni di cui all'allegato I, al fine di effettuare aggiustamenti, ove ciò sia giustificato per garantire una valutazione efficace dei progressi compiuti nell'attuazione dei programmi operativi. Articolo 6 Disposizioni transitorie 1. Il presente regolamento non pregiudica il proseguimento o la modifica, compresa la soppressione totale o parziale, degli interventi approvati dalla Commissione in base al regolamento (CE) n. 1084/2006 o ad altri atti normativi applicabili a tali interventi al 31 dicembre 2013. Detto regolamento o ogni altro atto normativo applicabile continuano ad applicarsi dopo il 31 dicembre 2013 a tali interventi od operazioni fino alla loro chiusura. Ai fini del presente paragrafo, gli interventi riguardano programmi operativi e grandi progetti. 2. Le richieste di intervento presentate o approvate a norma del regolamento (CE) n. 1084/2006 restano valide. Articolo 7 Esercizio della delega 1. Il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione alle condizioni stabilite nel presente articolo. 2. Il potere di adottare gli atti delegati di cui all'articolo 5, paragrafo 4, è conferito alla Commissione a decorrere da 21 dicembre 2013 fino al 31 dicembre 2020. 3. La delega di potere di cui all'articolo 5, paragrafo 4, può essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio. La decisione di revoca pone fine alla delega di potere ivi specificata. Gli effetti della decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea o da una data successiva ivi specificata. Essa non pregiudica la validità degli atti delegati già in vigore. 4. Non appena adotta un atto delegato, la Commissione ne dà contestualmente notifica al Parlamento europeo e al Consiglio. 5. L'atto delegato adottato ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 4, entra in vigore solo se né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni entro il termine di due mesi dalla data in cui esso è stato loro notificato o se, prima della scadenza di tale termine, sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno informato la Commissione che non intendono sollevare obiezioni. Tale termine è prorogato di due mesi su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio. Articolo 8 Abrogazione Fatto salvo l'articolo 6 del presente regolamento, il regolamento (CE) n. 1084/2006 è abrogato con effetto dal 1o gennaio 2014. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza contenuta nell'allegato II. Articolo 9 Riesame Il Parlamento europeo e il Consiglio riesaminano il presente regolamento entro il 31 dicembre 2020 conformemente all'articolo 177 TFUE. Articolo 10 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 17 dicembre 2013 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente R. ŠADŽIUS (1) GU C 191 del 29.6.2012, pag. 38. (2) GU C 225 del 27.7.2012, pag. 143. (3) Regolamento (UE) 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (Cfr. pag. 320 della presente Gazzetta ufficiale). (4) Regolamento (UE) 1315/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 11 dicembre 2013, sugli orientamenti dell'Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti e che abroga la decisione n. 661/2010/UE (GU L 348 del 20.12.2013, pag. 1). (5) Direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 2003, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE del Consiglio (GU L 275 del 25.10.2003, pag. 32). (6) Regolamento (UE) n. 1316/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 11 dicembre 2013, che istituisce il meccanismo per collegare l'Europa, che modifica il regolamento (UE) n. 913/2010 e che abroga i regolamenti (CE) n. 680/2007 e (CE) n. 67/2010 (GU L 348 del 20.12.2013, pag. 129). (7) Regolamento (CE) n. 1084/2006 del Consiglio, dell'11 luglio 2006, che istituisce un Fondo di coesione e abroga il regolamento (CE) n. 1164/94 (GU L 210 del 31.7.2006, pag. 79). ALLEGATO I INDICATORI COMUNI DI OUTPUT PER IL FONDO DI COESIONE UNITÀ DENOMINAZIONE Ambiente Rifiuti solidi tonnellate/anno Capacità addizionale di riciclaggio dei rifiuti Approvvigionamento idrico persone Popolazione addizionale beneficiaria dell'approvvigionamento idrico potenziato Trattamento delle acque reflue equivalente popolazione Popolazione addizionale beneficiaria del trattamento delle acque reflue potenziato Prevenzione e gestione dei rischi persone Popolazione beneficiaria di misure di protezione contro le alluvioni persone Popolazione beneficiaria di misure di protezione contro gli incendi forestali Riabilitazione dei suoli ettari Superficie totale dei suoli riabilitati Natura e biodiversità ettari Superficie degli habitat che ricevono un sostegno per raggiungere un migliore stato di conservazione Energia e cambiamento climatico Energie rinnovabili MW Capacità addizionale di produzione di energia da fonti rinnovabili Efficienza energetica unità abitative Numero di unità abitative con classificazione del consumo energetico migliorata kWh/anno Diminuzione del consumo annuale di energia primaria degli edifici pubblici utenti Numero di utenti di energia addizionali collegati a reti intelligenti Riduzione delle emissioni di gas a effetto serra tonnellate equivalenti CO2 Diminuzione annuale stimata dei gas a effetto serra Trasporti Ferrovie chilometri Lunghezza totale delle nuove linee ferroviarie chilometri Lunghezza totale delle linee ferroviarie ricostruite o rinnovate Strade chilometri Lunghezza totale delle strade di nuova costruzione Chilometri Lunghezza totale delle strade ricostruite o rinnovate Trasporti urbani Chilometri Lunghezza totale delle linee tramviarie e metropolitane nuove o migliorate Vie navigabili Chilometri Lunghezza totale delle vie navigabili nuove o migliorate ALLEGATO II TAVOLA DI CONCORDANZA Regolamento (CE) n. 1084/2006 Il presente regolamento Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2 Articolo 2 Articolo 3 — Articolo 4 — — Articolo 3 — Articolo 4 — Articolo 5 Articolo 5 Articolo 6 Articolo 5 bis — — Articolo 7 Articolo 6 Articolo 8 Articolo 7 Articolo 9 Articolo 8 Articolo 10 Dichiarazione comune del Parlamento europeo e del Consiglio concernente l'applicazione dell'articolo 6 del regolamento FESR, dell'articolo 15 del regolamento CTE e dell'articolo 4 del regolamento sul Fondo di coesione Il Parlamento europeo e il Consiglio prendono atto della garanzia fornita dalla Commissione al legislatore dell'Unione che gli indicatori comuni di output relativi al regolamento FESR, al regolamento CTE e al regolamento del Fondo di coesione, che figureranno quale allegato di ciascun regolamento, rappresentano il risultato di un lungo processo di preparazione che ha visto la partecipazione degli esperti di valutazione sia della Commissione che degli Stati membri, e si prevede che, in linea di principio, resteranno immutati.
Fondo di coesione (2014-2020) Il presente regolamento stabilisce gli obiettivi per un Fondo di coesione dell'UE relativamente al periodo di finanziamento 2014-2020. Il Fondo rappresenta uno degli strumenti finanziari dell'UE che mirano a ridurre le disparità nello sviluppo tra le regioni. ATTO Regolamento (UE) n. 1300/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, relativo al Fondo di coesione e che abroga il regolamento (CE) n. 1084/2006 del Consiglio. SINTESI Il Fondo di coesione fornisce sostegno alle regioni più deboli dell'UE, al fine di promuoverne la crescita, l'occupazione e lo sviluppo sostenibile. Gli Stati membri con un prodotto interno lordo (PIL) per abitante inferiore al 90 % della media europea sono ammissibili a finanziamenti del Fondo di coesione. Il tetto per il contributo del Fondo di coesione alla spesa pubblica negli Stati membri è fissato all'85 %. Campi di attività Il Fondo di coesione co-finanzia azioni volte a: — sviluppare le reti di trasporto transeuropee; — sviluppare ulteriormente gli obiettivi dell’UE in materia di ambiente, ovvero la promozione dell’efficienza energetica e dell’energia rinnovabile e il sostegno per progetti di trasporto sostenibile che non fanno parte delle reti di trasporto transeuropee; — fornire assistenza tecnica. Lepriorità d'investimento comprendono progetti che promuovono: — un’economia a basse emissioni di carbonio; — adattamento ai cambiamenti climatici, prevenzione e gestione del rischio; — protezione/conservazione dell’ambiente; — trasporto sostenibile ed eliminazione dei colli di bottiglia. Un totale di 10 miliardi di euro sarà disponibile nel periodo di finanziamento 2014-2020 per co-finanziare progetti di infrastrutture per i trasporti di valore aggiunto europeo di cui al regolamento sul meccanismo per collegare l’Europa (n. 1316/2013) Spese ammissibili L'ammissibilità è decisa a livello nazionale. Tuttavia, i seguenti tipi di spese non sono ammissibili al finanziamento del Fondo di coesione: — la disattivazione o la costruzione di una centrale nucleare; — investimenti atti ad ottenere la riduzione di emissioni di gas serra da attività che rientrano nel sistema di scambio delle quote di emissione (ETS); — edilizia abitativa (eccettuate le spese per i miglioramenti dell’efficienza energetica e per l’utilizzo di energie rinnovabili); — la fabbricazione, la trasformazione e la commercializzazione del tabacco; — aiuti ad imprese in difficoltà; — investimenti nell’infrastruttura aeroportuale (a meno che non siano pertinenti alla protezione dell’ambiente o accompagnati da misure volte a mitigare gli impatti negativi sull’ambiente). Il regolamento deve essere riesaminato entro il 31 dicembre 2020. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell'Unione europea Regolamento (CE) n. 1300/2013 21.12.2013 - GU L 347 del 20.12.2013 ATTI COLLEGATI Decisione di esecuzione 2014/99/UEdella Commissione, del 18 febbraio 2014, che definisce l'elenco delle regioni ammesse a beneficiare del finanziamento del Fondo europeo di sviluppo regionale e del Fondo sociale europeo nonché degli Stati membri ammessi a beneficiare del finanziamento del Fondo di coesione per il periodo 2014-2020 (GU L 50 del 20.2.2014). Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio.
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Direttiva 2000/53/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 settembre 2000, relativa ai veicoli fuori uso - Dichiarazioni della Commissione Gazzetta ufficiale n. L 269 del 21/10/2000 pag. 0034 - 0043 Direttiva 2000/53/CE del Parlamento europeo e del Consigliodel 18 settembre 2000relativa ai veicoli fuori usoIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 175, paragrafo 1,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale(2),previa consultazione del Comitato delle regioni,deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato, visto il progetto comune approvato dal comitato di conciliazione il 23 maggio 2000(3),considerando quanto segue:(1) È opportuno armonizzare i diversi provvedimenti nazionali relativi ai veicoli fuori uso in primo luogo per ridurre al minimo l'impatto di questi veicoli sull'ambiente, contribuendo così alla protezione, alla conservazione e al miglioramento della qualità dell'ambiente nonché alla conservazione dell'energia e, in secondo luogo, per assicurare il corretto funzionamento del mercato interno ed evitare distorsioni della concorrenza nella Comunità.(2) È necessario un quadro giuridico comunitario che garantisca la coerenza degli approcci nazionali per il conseguimento degli obiettivi precedentemente indicati, con particolare riguardo alla progettazione dei veicoli in vista del loro riciclaggio e recupero, ai requisiti relativi agli impianti di raccolta e di trattamento ed al conseguimento di obiettivi di reimpiego, riciclaggio e recupero, tenendo conto del principio di sussidiarietà e del principio "chi inquina paga".(3) Ogni anno i veicoli fuori uso nella Comunità producono 8-9 milioni di tonnellate di rifiuti, che devono essere gestiti correttamente.(4) Per attuare i principi della precauzione e dell'azione preventiva e in conformità con la strategia comunitaria di gestione dei rifiuti, occorre evitare quanto più possibile la generazione di rifiuti.(5) Secondo un altro principio fondamentale, i rifiuti dovrebbero essere reimpiegati e recuperati e si dovrebbero privilegiare il reimpiego e il riciclaggio.(6) Gli Stati membri dovrebbero introdurre misure per assicurare che gli operatori economici istituiscano sistemi per la raccolta, il trattamento e il recupero dei veicoli fuori uso.(7) Gli Stati membri dovrebbero assicurare che l'ultimo detentore e/o proprietario possa conferire il veicolo fuori uso a un impianto di trattamento autorizzato senza incorrere in spese per il fatto che il veicolo non ha più valore di mercato o ha valore di mercato negativo. Gli Stati membri dovrebbero assicurare che siano i produttori a sostenere, totalmente o in misura significativa, i costi derivanti dall'attuazione di tali misure. Il normale gioco delle forze di mercato non dovrebbe esserne ostacolato.(8) La presente direttiva dovrebbe applicarsi ai veicoli, ai veicoli fuori uso ed ai loro componenti e materiali, così come ai ricambi, ferme restando le norme di sicurezza e sul controllo delle emissioni atmosferiche e sonore.(9) Ai fini della presente direttiva, per alcune definizioni si deve far riferimento ad altre direttive vigenti, vale a dire alla direttiva 67/548/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1967, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura delle sostanze pericolose(4), alla direttiva 70/156/CEE del Consiglio, del 6 febbraio 1970, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi(5) e alla direttiva 75/442/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti(6).(10) I veicoli d'epoca, ossia i veicoli storici o di valore per i collezionisti o destinati ai musei, conservati in modo adeguato e attento all'ambiente, pronti all'uso ovvero in pezzi smontati non rientrano nella definizione di rifiuti ai sensi della direttiva 75/442/CEE e non sono soggetti alla presente direttiva.(11) È importante attuare misure di prevenzione fin dalla fase di progettazione dei veicoli, in particolare riducendo e controllando le sostanze pericolose presenti nei veicoli, al fine di prevenirne il rilascio nell'ambiente, facilitare il riciclaggio ed evitare il successivo smaltimento di rifiuti pericolosi è opportuno proibire, in particolare, l'impiego di piombo, mercurio, cadmio e cromo esavalente. Tali metalli pesanti dovrebbero essere impiegati soltanto in determinate applicazioni, indicate in un elenco da riesaminare periodicamente. Ciò contribuirà ad assicurare che determinati materiali e componenti non diventino rifiuti frantumati né vengano inceneriti o smaltiti in discarica.(12) Si dovrebbe continuamente migliorare il riciclaggio di tutte le materie plastiche derivanti da veicoli fuori uso. La Commissione sta attualmente esaminando l'impatto ambientale del PVC. La Commissione presenterà, in base a tale esame, appropriate proposte quanto all'impiego del PVC, che contengano considerazioni circa i veicoli.(13) Le prescrizioni di demolizione, reimpiego e riciclaggio dei veicoli fuori uso e dei relativi componenti dovrebbero entrare a far parte della progettazione e produzione dei veicoli nuovi.(14) È opportuno incoraggiare lo sviluppo del mercato dei materiali riciclati.(15) Al fine di garantire che i veicoli fuori uso siano smaltiti senza pericolo per l'ambiente, dovrebbero essere istituiti opportuni sistemi di raccolta.(16) Dovrebbe essere istituito un certificato di rottamazione, che costituisca il requisito per la cancellazione del veicolo fuori uso dal registro automobilistico. Gli Stati membri che non hanno un sistema di cancellazione dal registro automobilistico dovrebbero istituire un sistema in base al quale il certificato di rottamazione è trasmesso alle autorità competenti quando iI veicolo fuori uso è consegnato a un impianto di trattamento.(17) La presente direttiva non impedisce agli Stati membri di autorizzare, ove opportuno, la sospensione temporanea dell'iscrizione al registro automobilistico.(18) Gli operatori addetti alla raccolta e al trattamento dovrebbero poter operare solo se in possesso di autorizzazione o, qualora all'autorizzazione si sostituisca la registrazione, solo se in possesso di determinati requisiti.(19) Si dovrebbero incoraggiare la riciclabilità e la recuperabilità dei veicoli.(20) È importante stabilire i requisiti relativi alle operazioni di stoccaggio e di trattamento, al fine di prevenire impatti negativi sull'ambiente e di evitare che si creino distorsioni del commercio e della concorrenza.(21) Per ottenere risultati a breve termine, e offrire nel contempo agli operatori, ai consumatori ed alle pubbliche amministrazioni prospettive a lungo termine, dovrebbero essere fissati obiettivi quantificati di reimpiego, riciclaggio e recupero per gli operatori economici.(22) I produttori dovrebbero far sì che i veicoli siano progettati e fabbricati in modo da poter conseguire gli obiettivi quantificati di reimpiego, riciclaggio e recupero. A tal fine la Commissione promuoverà l'elaborazione di norme europee e adotterà le altre misure necessarie al fine di modificare la pertinente normativa comunitaria in materia di omologazione.(23) Gli Stati membri dovrebbero garantire che, in sede di applicazione delle disposizioni della presente direttiva, sia salvaguardata la concorrenza, soprattutto per quanto riguarda l'accesso delle piccole e medie imprese al mercato della raccolta, della demolizione, del trattamento e del riciclaggio.(24) Al fine di facilitare la demolizione e il recupero e, in particolare, il riciclaggio dei veicoli fuori uso, i costruttori dovrebbero fornire agli impianti di trattamento autorizzati tutte le informazioni necessarie per la demolizione, in particolare per le sostanze pericolose.(25) Dovrebbe essere promossa, ove necessario, l'elaborazione di norme europee. I costruttori dei veicoli ed i produttori dei materiali dovrebbero utilizzare una codifica dei componenti e dei materiali, definita dalla Commissione assistita dal competente comitato. In sede di elaborazione di tali norme, la Commissione terrà conto, se del caso, dei lavori in corso al riguardo nelle sedi internazionali competenti.(26) Sono necessari dati sui veicoli fuori uso a livello comunitario al fine di controllare l'attuazione degli obiettivi della presente direttiva.(27) I consumatori devono essere adeguatamente informati al fine di poter adattare i propri comportamenti ed abitudini. A tal fine, dovrebbero essere fornite informazioni ai pertinenti operatori economici.(28) Gli Stati membri possono scegliere di attuare talune disposizioni mediante accordi con il settore economico interessato, purché siano soddisfatte determinate condizioni.(29) La Commissione dovrebbe assicurare, secondo una procedura di comitato, l'adeguamento al progresso scientifico e tecnico dei requisiti relativi agli impianti di trattamento e all'impiego di sostanze pericolose, nonché l'adozione di norme minime per quanto riguarda il certificato di rottamazione, i formulari per le banche dati e le disposizioni di attuazione per controllare l'osservanza degli obiettivi quantificati.(30) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(7).(31) Gli Stati membri possono applicare le disposizioni della presente direttiva anteriormente alla data prevista, purché tali misure siano compatibili con il trattato,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1ObiettiviLa presente direttiva istituisce misure volte, in via prioritaria, a prevenire la produzione di rifiuti derivanti dai veicoli nonché, inoltre, al reimpiego, al riciclaggio e ad altre forme di recupero dei veicoli fuori uso e dei loro componenti, in modo da ridurre il volume dei rifiuti da smaltire e migliorare il funzionamento dal punto di vista ambientale di tutti gli operatori economici coinvolti nel ciclo di utilizzo dei veicoli e specialmente di quelli direttamente collegati al trattamento dei veicoli fuori uso.Articolo 2DefinizioniAi fini della presente direttiva, si intende per:1) "veicolo", i veicoli appartenenti alle categorie M1 e N1 di cui all'allegato II, parte A della direttiva 70/156/CEE e i veicoli a motore a tre ruote definiti nella direttiva 92/61/CEE, ma con l'esclusione dei tricicli a motore;2) "veicolo fuori uso", un veicolo che costituisce un rifiuto ai sensi dell'articolo 1, lettera a), della direttiva 75/442/CEE;3) "produttore", il costruttore o l'importatore professionale del veicolo in uno Stato membro;4) "prevenzione", i provvedimenti volti a ridurre la quantità e la nocività per l'ambiente dei veicoli fuori uso e dei materiali e delle sostanze che li compongono;5) "trattamento", le attività eseguite dopo la consegna del veicolo fuori uso ad un impianto di depurazione, demolizione, tranciatura, frantumazione, recupero o preparazione per lo smaltimento dei rifiuti frantumati, nonché tutte le altre operazioni, eseguite ai fini del recupero e/o dello smaltimento del veicolo fuori uso e dei suoi componenti;6) "reimpiego", le operazioni in virtù delle quali i componenti di un veicolo fuori uso sono utilizzati allo stesso scopo per cui erano stati originariamente concepiti;7) "riciclaggio", il ritrattamento in un processo di produzione dei materiali di rifiuto per la loro funzione originaria o per altri fini, escluso il recupero di energia. Per recupero di energia si intende l'utilizzo di rifiuti combustibili quale mezzo per produrre energia mediante incenerimento diretto con o senza altri rifiuti ma con recupero del calore;8) "recupero", le pertinenti operazioni di cui all'allegato II parte B della direttiva 75/442/CEE;9) "smaltimento", le pertinenti operazioni di cui all'allegato II parte A della direttiva 75/442/CEE;10) "operatori economici", i produttori, i distributori, gli operatori addetti alla raccolta, le compagnie di assicurazione, le imprese di demolizione, di frantumazione, di recupero, di riciclaggio e altri operatori di trattamento di veicoli fuori uso, e dei loro componenti e materiali;11) "sostanza pericolosa", le sostanze considerate pericolose in base alla direttiva 67/548/CEE;12) "frantumatore", un dispositivo impiegato per ridurre in pezzi e in frammenti i veicoli fuori uso, anche allo scopo di ottenere detriti di metallo reimpiegabili.13) "informazioni per la demolizione", tutte le informazioni necessarie al trattamento appropriato e compatibile con l'ambiente di un veicolo fuori uso. I costruttori di autoveicoli e i produttori di componenti le mettono a disposizione degli impianti di trattamento autorizzati sotto forma di manuali o di supporti elettronici (ad esempio CD-ROM, servizi on line).Articolo 3Ambito d'applicazione1. La presente direttiva si applica ai veicoli, ai veicoli fuori uso e ai relativi componenti e materiali, a prescindere, fatto salvo l'articolo 5, paragrafo 4, terzo comma, dal modo in cui il veicolo è stato mantenuto o riparato nel corso della sua utilizzazione nonché dal fatto che esso sia dotato di componenti forniti dal produttore o di altri componenti il cui montaggio come ricambio corrisponde alle norme comunitarie o interne.2. La presente direttiva si applica, ferma restando la vigente normativa comunitaria e la pertinente legislazione nazionale, in particolare in materia di norme di sicurezza e di controllo delle emissioni atmosferiche e sonore nonché di protezione del suolo e delle acque.3. Se un produttore costruisce o importa veicoli cui non si applica la direttiva 70/156/CEE, in forza dell'articolo 8, paragrafo 2, lettera a), della presente direttiva, gli Stati membri possono escludere tale produttore e i suoi veicoli dall'applicazione dell'articolo 7, paragrafo 4, nonché degli articoli 8 e 9 della presente direttiva.4. I veicoli speciali ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, lettera a), secondo trattino, della direttiva 70/156/CEE non rientrano nel campo di applicazione dell'articolo 7 della presente direttiva.5. Per i veicoli a motore a tre ruote, si applicano solo l'articolo 5, paragrafi 1 e 2 e l'articolo 6 della presente direttiva.Articolo 4Prevenzione1. Al fine di promuovere la prevenzione della formazione dei rifiuti gli Stati membri incoraggiano, in particolare:a) i costruttori di veicoli, in collaborazione con i costruttori di materiali ed equipaggiamenti, a limitare l'uso di sostanze pericolose nella costruzione dei veicoli e a ridurle quanto più possibile sin dalla fase di progettazione, in particolare per prevenirne il rilascio nell'ambiente, facilitare il riciclaggio ed evitare l'esigenza di smaltimento dei rifiuti pericolosi;b) una progettazione e produzione di veicoli nuovi che tenga pienamente in considerazione e agevoli la demolizione, il reimpiego, il recupero e soprattutto il riciclaggio dei veicoli fuori uso e dei loro componenti e materiali;c) i costruttori di veicoli, in collaborazione con i produttori di materiali ed equipaggiamenti, a reimpiegare una quantità crescente di materiale riciclato nei veicoli e in altri prodotti, al fine di sviluppare il mercato dei materiali riciclati;2. a) Gli Stati membri provvedono affinché i materiali e i componenti dei veicoli immessi sul mercato dopo il 1o luglio 2003 contengano piombo, mercurio, cadmio o cromo esavalente solo nei casi di cui all'allegato II alle condizioni ivi specificate.b) Secondo la procedura di cui all'articolo 11, la Commissione apporta periodicamente modifiche o aggiunte all'allegato II per tener conto del progresso tecnico e scientifico, al fine di:i) fissare, se necessario, fissare valori di concentrazione massimi sino ai quali è tollerata la presenza di queste sostanze di cui alla lettera a) in materiali e componenti specifici di veicoli;ii) non applicare, per determinati materiali e componenti di veicoli, la lettera a) se l'impiego di tali sostanze è inevitabile;iii) eliminare materiali e componenti di veicoli dall'allegato II se l'impiego di tali sostanze è inevitabile;iv) in relazione ai punti i) e ii), specificare quei materiali e componenti di veicoli che possono essere rimossi prima di un ulteriore trattamento; essi sono etichettati o resi identificabili con altri mezzi appropriati.c) La Commissione modifica per la prima volta l'allegato II entro il 21 ottobre 2001. In ogni caso nessuna delle esenzioni in esso elencate sarà soppressa anteriormente al 1o gennaio 2003.Articolo 5Raccolta1. Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari:- affinché gli operatori economici istituiscano sistemi di raccolta di tutti i veicoli fuori uso e, nella misura in cui ciò sia tecnicamente fattibile, dei mezzi usati allo stato di rifiuto, asportati al momento della riparazione delle autovetture,- per assicurare un'adeguata presenza di centri di raccolta sul territorio nazionale.2. Gli Stati membri adottano inoltre i provvedimenti necessari affinché tutti i veicoli fuori uso siano consegnati ad impianti di trattamento autorizzati.3. Gli Stati membri istituiscono un sistema che renda necessaria la presentazione di un certificato di rottamazione per la cancellazione del veicolo fuori uso dal registro automobilistico. Il certificato viene rilasciato al detentore e/o al proprietario del veicolo quando il veicolo fuori uso è consegnato ad un impianto di trattamento. Gli impianti di trattamento in possesso di autorizzazione a norma dell'articolo 6 possono rilasciare il certificato di rottamazione. Gli Stati membri possono consentire ai produttori, ai concessionari e agli operatori addetti alla raccolta per un impianto di trattamento autorizzato di rilasciare certificati di rottamazione, sempre che essi garantiscano che il veicolo fuori uso sarà consegnato a un impianto di trattamento autorizzato e sempre che essi siano registrati presso le competenti autorità.Il fatto di rilasciare un certificato di rottamazione non conferisce agli impianti di rottamazione, concessionari o operatori addetti alla raccolta incaricati da un impianto autorizzato di trattamento, il diritto di pretendere rimborsi, fuori dai casi in cui ciò sia espressamente stato previsto dagli Stati membri.Gli Stati membri che all'entrata in vigore della presente direttiva non hanno un sistema di cancellazione dal registro automobilistico istituiscono un sistema in base al quale il certificato di rottamazione è trasmesso alle autorità competenti quando il veicolo fuori uso è consegnato a un impianto di trattamento e osservano comunque le disposizioni del presente paragrafo. Gli Stati membri che applicano questo comma ne informano la Commissione dandone dovuta motivazione.4. Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per garantire che la consegna del veicolo ad un impianto di trattamento autorizzato a norma del paragrafo 3 avvenga senza che l'ultimo detentore o proprietario incorra in spese a causa del valore di mercato nullo o negativo del veicolo.Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per garantire che i produttori sostengano interamente o per una parte significativa i costi di attuazione di questa misura e/o ritirino i veicoli fuori uso alle condizioni di cui al primo comma.Gli Stati membri possono prevedere che la consegna di veicoli fuori uso non sia del tutto gratuita se il veicolo fuori uso non contiene i suoi componenti essenziali, in particolare il motore e la carrozzeria, o se contiene rifiuti aggiunti.La Commissione controlla periodicamente l'applicazione del primo comma per evitare distorsioni del mercato e, se necessario, propone al Parlamento europeo e al Consiglio una modifica del medesimo.5. Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari affinché le autorità competenti riconoscano reciprocamente ed accettino i certificati di rottamazione emessi in altri Stati a norma del paragrafo 3. A tal fine la Commissione fissa, entro il 21 ottobre 2001 i requisiti minimi per il certificato di rottamazione.Articolo 6Trattamento1. Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari ai fini del deposito, anche temporaneo, e del trattamento di tutti i veicoli fuori uso nel rispetto dei requisiti generali di cui all'articolo 4 della direttiva 75/442/CEE e secondo le prescrizioni tecniche minime di cui all'allegato I della presente direttiva, fatte salve le norme nazionali sulla salute e sull'ambiente.2. Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari affinché gli stabilimenti o le imprese che eseguono le operazioni di trattamento siano in possesso di un'autorizzazione rilasciata dalle autorità competenti, o siano registrati presso queste ultime, in base agli articoli 9, 10 e 11 della direttiva 75/442/CEE.La deroga all'autorizzazione di cui all'articolo 11, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 75/442/CEE può applicarsi ad operazioni di recupero relative ai rifiuti derivanti da veicoli fuori uso una volta sottoposti al trattamento di cui all'allegato I, punto 3, della presente direttiva qualora vi sia un'ispezione da parte delle autorità competenti prima della registrazione. Tale ispezione verifica:a) il tipo e le quantità dei rifiuti da trattare;b) le prescrizioni tecniche generali da soddisfare;c) le misure di sicurezza da adottare;ai fini del perseguimento degli obiettivi di cui all'articolo 4 della direttiva 75/442/CEE. Tale ispezione è effettuata una volta all'anno. Gli Stati membri che si avvalgono della deroga inviano i risultati alla Commissione.3. Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari affinché gli stabilimenti o le imprese che eseguono le operazioni di trattamento soddisfino almeno i seguenti obblighi a norma dell'allegato I:a) prima di un ulteriore trattamento, procedono allo smontaggio dei componenti dei veicoli fuori uso o ad altre operazioni equivalenti volte a ridurre gli eventuali effetti nocivi sull'ambiente; i componenti o i materiali etichettati o resi in altro modo identificabili a norma dell'articolo 4, paragrafo 2 devono essere rimossi prima di procedere ad un ulteriore trattamento;b) rimuovono e separano i materiali e i componenti pericolosi in modo selettivo, così da non contaminare i successivi rifiuti frantumati provenienti da veicoli fuori uso;c) eseguono le operazioni di smontaggio dei componenti e di deposito in modo da non compromettere le possibilità di reimpiego e recupero, nonché in particolare di riciclaggio, dei componenti dei veicoli.Le operazioni di trattamento per la depurazione dei veicoli fuori uso di cui all'allegato I, punto 3 sono effettuate al più presto.4. Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per garantire che l'autorizzazione o la registrazione di cui al paragrafo 2 includa tutte le condizioni necessarie all'osservanza delle prescrizioni dei paragrafi 1, 2 e 3.5. Gli Stati membri incoraggiano gli stabilimenti o le imprese ad effettuare le operazioni di trattamento introducendo sistemi certificati di gestione dell'ambiente.Articolo 7Reimpiego e recupero1. Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per incoraggiare il reimpiego dei componenti idonei, il recupero di quelli non reimpiegabili, nonché, come soluzione privilegiata, il riciclaggio, ove sostenibile dal punto di vista ambientale, fatte salve le norme sulla sicurezza dei veicoli e gli obblighi ambientali quali il controllo delle emissioni atmosferiche e del rumore.2. Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari affinché siano conseguiti dagli operatori economici i seguenti obiettivi:a) entro il 1o gennaio 2006, per tutti i veicoli fuori uso, la percentuale di reimpiego e recupero sia almeno l'85 % del peso medio per veicolo e anno; entro la stessa data, la percentuale di reimpiego e riciclaggio sia almeno dell'80 % del peso medio per veicolo e anno.Per i veicoli prodotti anteriormente al 1o gennaio 1980, gli Stati membri possono stabilire obiettivi inferiori, ma non al di sotto del 75 % per il reimpiego ed il recupero e non al di sotto del 70 % per il reimpiego e il riciclaggio. Gli Stati membri che si avvalgono della presente disposizione ne comunicano le ragioni alla Commissione e agli altri Stati membri;b) entro il 1o gennaio 2015, per tutti i veicoli fuori uso la percentuale di reimpiego e recupero sia almeno il 95 % del peso medio per veicolo e per anno; entro la stessa data la percentuale di reimpiego e riciclaggio sia almeno dell'85 % del peso medio per veicolo e per anno.Entro il 31 dicembre 2005, il Parlamento europeo e il Consiglio riesaminano gli obiettivi di cui alla lettera b), in base a una relazione della Commissione corredata di una proposta. Nella sua relazione la Commissione deve tenere conto dello sviluppo della composizione materiale dei veicoli e in ogni altro aspetto rilevante dal punto di vista ambientale in materia di veicoli.La Commissione stabilisce, secondo la procedura di cui all'articolo 11, le modalità necessarie per controllare l'osservanza, da parte degli Stati membri, degli obiettivi enunciati nel presente paragrafo. A tal fine, la Commissione tiene conto di tutti i fattori pertinenti, tra cui la disponibilità di dati e la questione delle esportazioni ed importazioni di veicoli fuori uso. La Commissione adotta questa misura entro il 21 ottobre 2002.3. Per gli anni successivi al 2015, gli obiettivi di reimpiego e recupero e di reimpiego e riciclaggio sono definiti dal Parlamento europeo e dal Consiglio su proposta della Commissione.4. Per predisporre una modifica della direttiva 70/156/CEE la Commissione promuove l'elaborazione di norme europee relative alle possibilità di demolizione, di recupero e di riciclaggio dei veicoli. Dopo che tali norme siano state approvate, ma, in ogni caso, entro e non oltre la fine del 2001, il Parlamento europeo e il Consiglio modificano, su proposta della Commissione, la direttiva 70/156/CEE, in modo che i veicoli omologati in forza della medesima e immessi sul mercato a partire da tre anni dopo la modifica della direttiva 70/156/CEE siano reimpiegabili e/o riciclabili per almeno l'85 % del loro peso e reimpiegabili e/o recuperabili per almeno il 95 % del loro peso.5. All'atto di proporre una modifica della direttiva 70/156/CEE relativa alle possibilità di demolizione, di recupero e di riciclaggio dei veicoli, la Commissione tiene conto, per quanto opportuno, della necessità di garantire che il reimpiego dei componenti non comporti pericoli per la sicurezza e per l'ambiente.Articolo 8Codifica e informazioni per la demolizione1. Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari affinché i produttori, in collaborazione con i costruttori di materiali ed equipaggiamenti, utilizzino norme di codifica dei componenti e dei materiali, al fine precipuo di facilitare l'identificazione di quelli idonei ad essere reimpiegati e recuperati.2. Entro il 21 ottobre 2001 la Commissione stabilisce, secondo la procedura di cui all'articolo 11, le norme di cui al paragrafo 1 del presente articolo. A tale riguardo essa tiene conto dei lavori in corso in questo settore in seno agli organismi internazionali interessati, partecipando, se del caso, a tali lavori.3. Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari affinché i produttori forniscano informazioni per la demolizione per ogni tipo di nuovo veicolo immesso sul mercato entro sei mesi dalla sua immissione sul mercato. Tali informazioni identificano, nella misura in cui siano richiesti dagli impianti di trattamento per ottemperare alle disposizioni della presente direttiva, i diversi componenti e materiali e l'ubicazione di tutte le sostanze pericolose nel veicolo, in particolare al fine di realizzare gli obiettivi stabiliti nell'articolo 7.4. Fatta salva la riservatezza commerciale e industriale, gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per garantire che i produttori di componenti utilizzati nei veicoli mettano a disposizione degli impianti di trattamento autorizzati le informazioni appropriate in materia di demolizione, stoccaggio e verifica dei componenti che possono essere riutilizzati, per quanto richiesto da tali impianti.Articolo 9Relazione e informazione1. Ogni tre anni gli Stati membri trasmettono alla Commissione una relazione sull'applicazione della presente direttiva. Tale relazione è redatta sulla base di un questionario o di uno schema elaborato dalla Commissione secondo la procedura di cui all'articolo 6 della direttiva 91/692/CEE(8), al fine di costituire banche dati sui veicoli fuori uso e sul loro trattamento. La relazione contiene le informazioni pertinenti sulle eventuali modifiche della struttura nei settori industriali relativi alla distribuzione di veicoli nonché alla raccolta della demolizione, frantumazione, recupero e riciclaggio, che possono comportare distorsioni di concorrenza fra gli Stati membri o al loro interno. Il questionario o lo schema è inviato agli Stati membri sei mesi prima dell'inizio del periodo contemplato dalla relazione. La relazione è trasmessa alla Commissione entro nove mesi dalla fine del periodo di tre anni in essa esaminato.La prima relazione riguarda il periodo di tre anni a decorrere dal 21 aprile 2002.Sulla base delle informazioni di cui sopra, la Commissione pubblica una relazione sull'attuazione della direttiva entro nove mesi dalla ricezione delle relazioni degli Stati membri.2. Gli Stati membri prevedono ad ogni modo che gli operatori economici in questione pubblichino informazioni:- sulla costruzione dei veicoli e dei loro componenti che possono essere recuperati e riciclati,- sul trattamento ecologicamente sano dei veicoli fuori uso, in particolare sulla rimozione di tutti i liquidi e sulla demolizione,- sullo sviluppo e sull'ottimizzazione delle possibilità di reimpiego, riciclaggio e recupero dei veicoli fuori uso e dei loro componenti,- sui progressi conseguiti per quanto riguarda il recupero e il riciclaggio al fine di ridurre i rifiuti da smaltire e di aumentare il tasso di recupero e di riciclaggio.Il produttore deve rendere accessibili queste informazioni ai futuri acquirenti dei veicoli. Esse devono essere incluse nelle pubblicazioni promozionali utilizzate per la commercializzazione del nuovo veicolo.Articolo 10Attuazione1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 21 aprile 2002. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative da essi adottate nella materia disciplinata dalla presente direttiva.3. Purché i risultati perseguiti dalla presente direttiva siano raggiunti, gli Stati membri possono recepire le disposizioni di cui all'articolo 4, paragrafo 1, all'articolo 5, paragrafo 1, all'articolo 7, paragrafo 1, all'articolo 8, paragrafi 1 e 3 e all'articolo 9, paragrafo 2, e precisare le modalità di applicazione dell'articolo 5, paragrafo 4 mediante accordi tra le autorità competenti e i settori economici interessati. Tali accordi devono soddisfare i seguenti requisiti:a) avere forza vincolante;b) specificare gli obiettivi e le corrispondenti scadenze;c) essere pubblicati nella Gazzetta ufficiale nazionale o in un documento ufficiale parimenti accessibile al pubblico e comunicati alla Commissione;d) i risultati conseguiti nel quadro degli accordi devono essere periodicamente controllati, riferiti alle competenti autorità e alla Commissione e resi accessibili al pubblico alle condizioni stabilite dagli stessi;e) le autorità competenti devono prendere provvedimenti per esaminare i progressi compiuti nel quadro degli accordi;f) in caso di inosservanza degli accordi, gli Stati membri devono applicare le pertinenti disposizioni della presente direttiva attraverso misure legislative, regolamentari o amministrative.Articolo 11Procedura di comitato1. La Commissione è assistita dal comitato istituito dall'articolo 18 della direttiva 75/442/CEE, in seguito denominato "il comitato".2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente articolo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.4. La Commissione, secondo la procedura di cui al presente articolo:a) adotta i requisiti minimi del certificato di rottamazione di cui all'articolo 5, paragrafo 5;b) adotta le modalità di cui all'articolo 7, paragrafo 2, terzo comma;c) adotta i formati relativi alle banche dati di cui all'articolo 9;d) adotta le modifiche necessarie per adeguare gli allegati della presente direttiva al progresso scientifico e tecnico.Articolo 12Entrata in vigore1. La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.2. L'articolo 5, paragrafo 4 si applica- a decorrere dal 1o luglio 2002 per i veicoli immessi sul mercato a decorrere da tale data,- a decorrere dal 1o gennaio 2007 per i veicoli immessi sul mercato anteriormente alla data di cui al primo trattino.3. Gli Stati membri possono applicare l'articolo 5, paragrafo 4, anteriormente alle date di cui al paragrafo 2.Articolo 13DestinatariGli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 18 settembre 2000.Per il Parlamento europeoLa PresidenteN. FontainePer il ConsiglioIl PresidenteH. Védrine(1) GU C 337 del 7.11.1997, pag. 3 eGU C 156 del 3.6.1999, pag. 5.(2) GU C 129 del 27.4.1998, pag. 44.(3) Parere espresso l'11 febbraio 1997 (GU C 150 del 28.5.1999, pag. 420), posizione comune del Consiglio del 29 luglio 1999 (GU C 317 del 4.11.1999, pag. 19) e decisione del Parlamento europeo del 3 febbraio 2000 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Decisione del Consiglio del 20 luglio 2000 e decisione del Parlamento europeo del 7 settembre 2000.(4) GU 196 del 16.8.1967, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 98/98/CE della Commissione (GU L 355 del 30.12.1998, pag. 1).(5) GU L 42 del 23.2.1970, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 98/91/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 11 del 16.1.1999, pag. 25).(6) GU L 194 del 25.7.1975, pag. 39. Direttiva modificata da ultimo dalla decisione 96/350/CE (GU L 135 del 6.6.1996, pag. 32).(7) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(8) GU L 377 del 31.12.1991, pag. 48.ALLEGATO IPrescrizioni tecniche minime per il trattamento a norma dell'articolo 6, paragrafi 1 e 31. Siti di stoccaggio (anche temporaneo) dei veicoli fuori uso prima del trattamento:- area adeguata, dotata di superficie impermeabile e di sistemi di raccolta dello spillaggio, di decantazione e di sgrassaggio,- attrezzature per il trattamento delle acque, comprese le acque piovane, secondo le vigenti norme sanitarie e ambientali.2. Siti di trattamento:- area adeguata, dotata di superficie impermeabile e di sistemi di raccolta dello spillaggio, di decantazione e di sgrassaggio,- adeguato stoccaggio dei pezzi smontati e stoccaggio impermeabile dei pezzi contaminati da oli,- stoccaggio degli accumulatori in appositi contenitori (la neutralizzazione elettrolitica può essere effettuata sul posto o altrove), dei filtri dell'olio e dei condensatori contenenti policlorobifenili o policlorotrifenili,- stoccaggio in appositi serbatoi per stoccaggio separato dei liquidi e dei fluidi derivanti dai veicoli fuori uso: carburante, olio motore, olio del cambio, olio della trasmissione, olio idraulico, liquido di raffreddamento, antigelo, liquido dei freni, acidi degli accumulatori, fluidi dei sistemi di condizionamento e altri fluidi o liquidi contenuti nel veicolo fuori uso,- attrezzature per il trattamento delle acque, comprese le acque piovane, secondo le vigenti normative in materia sanitaria e ambientale,- adeguato stoccaggio degli pneumatici usati, che preveda un sistema antincendio ed eviti un accumulo eccessivo di materiale.3. Operazioni di trattamento per la depurazione dei veicoli fuori uso:- rimozione degli accumulatori e dei serbatoi di gas liquefatto,- rimozione o neutralizzazione dei componenti che possono esplodere (per esempio airbag),- rimozione con raccolta e deposito separati di carburante, olio motore, olio della trasmissione, liquido di raffreddamento, antigelo, liquido dei freni, liquido dei sistemi di condizionamento e altri fluidi contenuti nel veicolo fuori uso, a meno che non siano necessari per il reimpiego delle parti interessate,- rimozione, per quanto fattibile, di tutti i componenti identificati come contenenti mercurio.4. Operazioni di trattamento per la promozione del riciclaggio:- rimozione dei catalizzatori,- rimozione del rame, dell'alluminio e del magnesio contenenti componenti metallici se tali metalli non vengono separati nel processo di frantumazione,- rimozione degli pneumatici e dei grandi componenti di plastica (per esempio, paraurti, cruscotto e serbatoi contenitori di liquidi), se tali materiali non vengono separati nel processo di frantumazione in modo tale da poter essere effettivamente ricliclati come materiali,- rimozione del vetro.5. Le operazioni di stoccaggio devono essere effettuate evitando danni ai componenti che contengono liquidi e fluidi, ai componenti recuperabili e ai pezzi smontati.ALLEGATO IIMateriali e componenti cui non si applica l'articolo 4, paragrafo 2, lettera a)>SPAZIO PER TABELLA>Nell'ambito della procedura di cui all'articolo 4, paragrafo 2, lettera b), la Commissione valuta in via prioritaria le categorie seguenti:- piombo come elemento di lega in alluminio di cerchi, parti del motore e manovelle dei finestrini- piombo negli accumulatori- piombo nelle masse di equilibratura delle ruote- componenti elettrici che contengono piombo inseriti in una matrice di vetro o ceramica- cadmio negli accumulatori per i veicoli elettriciper stabilire prima possibile se l'allegato II debba essere modificato di conseguenza.Per quanto riguarda il cadmio negli accumulatori per i veicoli elettrici, la Commissione tiene conto, nell'ambito della procedura di cui all'articolo 4, paragrafo 2, lettera b) e di una valutazione ambientale globale, della disponibilità di prodotti sostitutivi nonché della necessità di mantenere la disponibilità di veicoli elettrici.Dichiarazioni della CommissioneArticolo 5, paragrafo 1, primo trattinoLa Commissione conferma che l'articolo 5, paragrafo 1, primo trattino consente agli Stati membri di utilizzare i sistemi di raccolta esistenti per le parti utilizzate e non fa loro obbligo di istituire sistemi di raccolta separati con requisiti finanziari specifici (per le parti utilizzate).Articolo 5, paragrafo 3, primo commaLa Commissione ritiene che il riferimento al registro di cui all'articolo 5, paragrafo 3, primo comma consenta agli Stati membri di stabilire se i produttori, i distributori e gli operatori addetti alla raccolta debbano essere inseriti in un registro ai sensi della direttiva quadro sui rifiuti o in un nuovo registro appositamente istituito.Articolo 7, paragrafo 1La Commissione dichiara che l'articolo 7, paragrafo 1 non stabilisce ulteriori requisiti, misure o criteri in materia di controlli tecnici.
Veicoli fuori uso QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Stabilisce misure per prevenire e limitare i rifiuti dei veicoli fuori uso e dei loro componenti garantendone il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero. Mira inoltre a migliorare il funzionamento dal punto di vista ambientale di tutti gli operatori economici coinvolti nel ciclo di vita dei veicoli. PUNTI CHIAVE I costruttori di veicoli e di equipaggiamenti devono tener conto della demolizione, del riutilizzo e del recupero dei veicoli quando progettano e producono i loro prodotti. Essi devono garantire che i nuovi veicoli siano:reimpiegabili e/o riciclabili per almeno l’85 % del peso del veicolo;reimpiegabili e/o recuperabili per almeno il 95 % del peso del veicolo. Non possono utilizzare sostanze pericolose come piombo, mercurio, cadmio e cromo esavalente. I produttori, gli importatori e i distributori devono fornire sistemi per raccogliere i veicoli fuori uso e, ove tecnicamente fattibile, delle parti utilizzate dalle autovetture riparate. I proprietari di veicoli fuori uso consegnati per il trattamento dei rifiuti devono ricevere un certificato di rottamazione, necessario per la cancellazione del veicolo dal registro automobilistico. I produttori devono sostenere interamente o per una parte significativa i costi connessi con la consegna di un veicolo fuori uso a un impianto di trattamento dei rifiuti. Il proprietario di un veicolo non dovrebbe sostenere alcuna spesa per la consegna di un veicolo fuori uso a un impianto autorizzato per il trattamento dei rifiuti, tranne nei rari casi in cui manca il motore o il veicolo fuori uso è pieno di rifiuti. Gli impianti di trattamento dei rifiuti devono richiedere un’autorizzazione o registrarsi presso le autorità competenti del paese dell’Unione europea (Unione) in cui si trovano. I veicoli fuori uso vengono smontati prima di un ulteriore trattamento. Le sostanze e i componenti pericolosi vengono rimossi e separati. L’attenzione è rivolta al potenziale reimpiego, recupero o riciclaggio dei rifiuti. Esistono chiari obiettivi quantificati da riportare in una relazione annuale alla Commissione europea per il reimpiego, il riciclaggio e il recupero dei veicoli fuori uso. Tali obiettivi stanno diventando sempre più esigenti. Questa normativa si applica alle autovetture e ai piccoli autocarri, ma non ai grandi camion, ai veicoli d’epoca, ai veicoli per uso speciale e ai motocicli.Direttiva di modifica (UE) 2018/849 La direttiva (UE) 2018/849 modifica la direttiva 2000/53/CE e conferisce alla Commissione il potere di adottare:atti di esecuzione sulle modalità necessarie per controllare l’osservanza da parte dei paesi dell’Unione degli obiettivi dei veicoli fuori uso e le esportazioni e importazioni di veicoli fuori uso; atti delegati per integrare la direttiva:escludendo alcuni materiali e componenti contenenti piombo, mercurio, cadmio o cromo esavalente (tranne che nei casi di cui all’allegato II), se il loro uso è inevitabile e fissando i livelli massimi di concentrazione consentiti, nonché eliminando materiali e componenti di veicoli dall’allegato II, se il loro impiego è evitabile,introducendo norme di codifica per facilitare l’identificazione dei componenti adatti al reimpiego e al recupero,fissando i requisiti minimi per i certificati di rottamazione,stabilendo i requisiti minimi per il trattamento dei veicoli fuori uso (allegato I). DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva doveva entrare in vigore nei paesi dell’Unione il 21 aprile 2002. È in vigore dal:1o luglio 2002 per i veicoli immessi sul mercato a partire da questa data 1o gennaio 2007 per i veicoli immessi sul mercato prima del 1o luglio 2002. CONTESTO Ogni anno i veicoli fuori uso generano tra gli 8 e i 9 milioni di tonnellate di rifiuti nell’Unione. Per maggiori informazioni consultare:Veicoli fuori uso (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2000/53/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 settembre 2000, relativa ai veicoli fuori uso (GU L 269 del 21.10.2000, pag. 34). Le successive modifiche alla direttiva 2000/53/CE sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Direttiva (UE) 2018/849 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018, che modifica le direttive 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso, 2006/66/CE relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori e 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (GU L 150 del 14.6.2018, pag. 93). Direttiva 2005/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, sull’omologazione dei veicoli a motore per quanto riguarda la loro riutilizzabilità, riciclabilità e recuperabilità e che modifica la direttiva 70/156/CEE del Consiglio (GU L 310 del 25.11.2005, pag. 10). Si veda la versione consolidata. Decisione 2005/293/CE della Commissione, del 1o aprile 2005, che istituisce le modalità di controllo dell’osservanza degli obiettivi di reimpiego/recupero e di reimpiego/riciclaggio fissati nella direttiva 2000/53/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai veicoli fuori uso (GU L 94 del 13.4.2005, pag. 30). Decisione 2003/138/CE della Commissione, del 27 febbraio 2003, che stabilisce norme di codifica dei componenti e dei materiali per i veicoli a norma della direttiva 2000/53/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai veicoli fuori uso (GU L 53 del 28.2.2003, pag. 58). Decisione 2002/151/CE della Commissione, del 19 febbraio 2002, relativa ai requisiti minimi per il certificato di rottamazione rilasciato ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 3, della direttiva 2000/53/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai veicoli fuori uso (GU L 50 del 21.2.2002, pag. 94). Decisione 2001/753/CE della Commissione, del 17 ottobre 2001, relativa al questionario che gli Stati membri devono utilizzare per le loro relazioni sull’attuazione della direttiva 2000/53/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai veicoli fuori uso (GU L 282 del 26.10.2001, pag. 77).
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32020D0701
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DECISIONE (UE) 2020/701 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 25 maggio 2020 sulla fornitura di assistenza macrofinanziaria ai paesi partner dell’allargamento e del vicinato nel contesto della pandemia di Covid‐19 IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 212, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (1), considerando quanto segue: (1) La pandemia di Covid‐19 ha effetti molto dannosi sulla stabilità economica e finanziaria delle regioni dell’allargamento e del vicinato. Nei paesi partner la bilancia dei pagamenti e la situazione di bilancio sono deboli e in rapido peggioramento e l’economia si sta avviando verso una recessione. Solidi motivi spingono a un intervento dell’Unione rapido e deciso a sostegno di tali economie. La presente decisione interessa pertanto dieci paesi partner: Repubblica d’Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo (*), Montenegro e Repubblica di Macedonia del Nord nella regione dell’allargamento; Georgia, Repubblica di Moldova e Ucraina nel vicinato orientale e Regno hascemita di Giordania e Repubblica tunisina nel vicinato meridionale («paesi partner»). (2) Il carattere urgente dell’assistenza è connesso alla necessità immediata per i paesi partner di ottenere fondi a integrazione di quelli che saranno forniti mediante altri strumenti dell’Unione, dalle istituzioni finanziarie internazionali, dagli Stati membri e da altri donatori bilaterali. Ciò è necessario al fine di consentire un margine di manovra a breve termine che consenta alle autorità dei paesi partner di attuare misure volte a contrastare le ripercussioni economiche della pandemia di Covid‐19. (3) Le autorità di ciascun paese partner e il Fondo monetario internazionale (FMI) hanno già concordato un programma che sarà sostenuto da un accordo di credito con l’FMI o prevedibilmente concorderanno a breve tale programma. (4) L’assistenza macrofinanziaria dell’Unione dovrebbe essere uno strumento finanziario eccezionale di sostegno alla bilancia dei pagamenti non vincolato e non specifico, destinato a coprire il fabbisogno immediato di finanziamenti esterni del beneficiario parallelamente a un accordo di credito non precauzionale con l’FMI che è soggetto a un programma concordato di riforme economiche. Nel contesto della pandemia di Covid‐19 l’assistenza macrofinanziaria dell’Unione dovrebbe essere disponibile anche per i paesi partner che beneficiano di finanziamenti di emergenza provenienti dall’FMI, che possono essere erogati senza azioni preliminari e/o condizionalità, ad esempio attraverso lo strumento di finanziamento rapido (Rapid Financing Instrument). Tale assistenza dovrebbe pertanto essere di durata più breve, limitata a due erogazioni e volta a sostenere l’attuazione di un programma di intervento contenente una serie limitata di misure di riforma. (5) Il sostegno finanziario dell’Unione a favore dei paesi partner è coerente con le politiche dell’Unione di allargamento e di vicinato. (6) In quanto paesi in fase di adesione o preadesione o interessati dalla politica europea di vicinato, i paesi partner sono ammissibili a ricevere l’assistenza macrofinanziaria dell’Unione. (7) Poiché si prevede che, a causa del rapido peggioramento, il fabbisogno di finanziamenti esterni dei paesi partner sia di gran lunga superiore alle risorse che saranno fornite dall’FMI e da altre istituzioni multilaterali, si ritiene che, nelle circostanze eccezionali attuali, la concessione di un’assistenza macrofinanziaria da parte dell’Unione sia una risposta appropriata alla richiesta dei paesi partner di sostenere la loro stabilizzazione economica. L’assistenza macrofinanziaria dell’Unione sosterrebbe la stabilizzazione economica, integrando le risorse messe a disposizione nel quadro dell’accordo di credito con l’FMI. (8) L’assistenza macrofinanziaria dell’Unione dovrebbe mirare a sostenere il ripristino della sostenibilità della situazione finanziaria esterna dei paesi partner, sostenendo così un rinnovato sviluppo economico e sociale. (9) L’importo dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione si basa su una stima preliminare del fabbisogno di finanziamento esterno residuo di ciascun paese partner e tiene conto della capacità del paese di autofinanziarsi con le proprie risorse, in particolare le riserve internazionali a sua disposizione. L’assistenza macrofinanziaria dell’Unione dovrebbe integrare i programmi e le risorse messi a disposizione dall’FMI e dalla Banca mondiale. La determinazione dell’importo dell’assistenza tiene conto anche della necessità di garantire un’equa ripartizione degli oneri tra l’Unione e gli altri donatori, nonché della preesistente mobilitazione degli altri strumenti finanziari esterni dell’Unione e del valore aggiunto dell’intervento complessivo dell’Unione. (10) La Commissione dovrebbe garantire che l’assistenza macrofinanziaria dell’Unione sia coerente, sotto il profilo giuridico e sostanziale, con i principi fondamentali, gli obiettivi e le misure adottate nei vari settori dell’azione esterna e con le altre politiche pertinenti dell’Unione. (11) L’assistenza macrofinanziaria dell’Unione dovrebbe sostenere la politica esterna dell’Unione nei confronti dei paesi partner. La Commissione e il servizio europeo per l’azione esterna (SEAE) dovrebbero lavorare a stretto contatto durante l’intera operazione di assistenza macrofinanziaria al fine di coordinare la politica esterna dell’Unione e garantirne la coerenza. (12) È opportuno che l’assistenza macrofinanziaria dell’Unione sostenga l’impegno dei paesi partner nei confronti dei valori condivisi con l’Unione, tra cui la democrazia, lo Stato di diritto, il buon governo, il rispetto dei diritti umani, lo sviluppo sostenibile e la riduzione della povertà, nonché il loro impegno nei confronti dei principi di un commercio aperto, disciplinato da regole ed equo. (13) La concessione dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione dovrebbe essere subordinata alla condizione preliminare del rispetto, da parte dei paesi partner, di meccanismi democratici effettivi, compresi un sistema parlamentare multipartitico e lo Stato di diritto, e dei diritti umani. È inoltre opportuno che gli obiettivi specifici dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione rafforzino l’efficienza, la trasparenza e l’assunzione di responsabilità nei sistemi di gestione delle finanze pubbliche nei paesi partner e promuovano riforme strutturali volte a favorire una crescita sostenibile e il risanamento di bilancio. La Commissione e il SEAE dovrebbero sottoporre a un monitoraggio regolare il rispetto delle condizioni preliminari e il conseguimento di tali obiettivi. (14) Per assicurare una tutela efficace degli interessi finanziari dell’Unione connessi all’assistenza macrofinanziaria dell’Unione, i paesi partner dovrebbero adottare misure appropriate in materia di prevenzione e di lotta contro la frode, la corruzione e ogni altra irregolarità relativa a tale assistenza. È inoltre opportuno prevedere controlli da parte della Commissione, verifiche contabili da parte della Corte dei conti e l’esercizio delle competenze da parte della Procura europea. (15) L’erogazione dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione lascia impregiudicati i poteri del Parlamento europeo e del Consiglio in quanto autorità di bilancio. (16) Gli importi delle dotazioni richieste per l’assistenza macrofinanziaria dovrebbero essere coerenti con gli stanziamenti di bilancio definiti nel quadro finanziario pluriennale. (17) È opportuno che l’assistenza macrofinanziaria dell’Unione sia gestita dalla Commissione. Al fine di garantire che il Parlamento europeo e il Consiglio possano seguire l’attuazione della presente decisione, la Commissione dovrebbe informarli periodicamente in merito agli sviluppi relativi a tale assistenza e fornire loro i documenti pertinenti. (18) È opportuno attribuire alla Commissione competenze di esecuzione al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione della presente decisione. Tali competenze dovrebbero essere esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (2). (19) L’assistenza macrofinanziaria dell’Unione dovrebbe essere soggetta a condizioni di politica economica, da stabilire in un protocollo d’intesa. Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione e per ragioni di efficienza, la Commissione dovrebbe essere autorizzata a negoziare tali condizioni con le autorità dei paesi partner sotto la supervisione del comitato dei rappresentanti degli Stati membri conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011. A norma di tale regolamento, si dovrebbe fare ricorso alla procedura consultiva, come regola generale, in tutti i casi diversi da quelli previsti da detto regolamento. Considerato l’impatto potenzialmente rilevante di un’assistenza di oltre 90 milioni di EUR, si dovrebbe ricorrere alla procedura d’esame specificata nel regolamento (UE) n. 182/2011 per le operazioni al di sopra di tale soglia. In considerazione dell’importo dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione a ciascun paese partner, si dovrebbe ricorrere alla procedura consultiva per l’adozione del protocollo d’intesa con il Montenegro e alla procedura d’esame per l’adozione del protocollo d’intesa con gli altri paesi partner contemplati dalla presente decisione e, rispettivamente, a ciascuna di tali procedure per qualsiasi riduzione, sospensione o annullamento di tale assistenza. (20) Poiché l’obiettivo della presente decisione, vale a dire sostenere le economie dei paesi partner che stanno attualmente attraversando situazioni di bilancia dei pagamenti e fiscali sfavorevoli e in rapido peggioramento, con economie che stanno andando in recessione, in conseguenza della pandemia di Covid‐19, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della sua portata e dei suoi effetti, può essere conseguito meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea (TUE). La presente decisione si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (21) Considerata l’urgenza dovuta alle circostanze eccezionali provocate dalla pandemia di Covid‐19 e alle relative conseguenze economiche, è stato considerato opportuno ammettere un’eccezione al periodo di otto settimane di cui all’articolo 4 del protocollo n. 1 sul ruolo dei parlamenti nazionali nell’Unione europea, allegato al TUE, al trattato sul funzionamento dell’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica. (22) La presente decisione dovrebbe entrare in vigore con urgenza il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 1. L’Unione mette a disposizione della Repubblica d’Albania, della Bosnia-Erzegovina, della Georgia, del Regno hascemita di Giordania, del Kosovo, della Repubblica di Moldova, del Montenegro, della Repubblica di Macedonia del Nord, della Repubblica tunisina e dell’Ucraina («paesi partner») assistenza macrofinanziaria («assistenza macrofinanziaria dell’Unione») per un importo totale massimo di 3 miliardi di EUR al fine di sostenere la stabilizzazione economica dei paesi partner e un programma sostanziale di riforme. L’assistenza contribuisce a coprire il fabbisogno urgente di sostegno alla bilancia dei pagamenti dei paesi partner individuato nel programma sostenuto dall’FMI ed è resa disponibile come segue: a) 180 milioni di EUR per la Repubblica d’Albania; b) 250 milioni di EUR per la Bosnia-Erzegovina; c) 150 milioni di EUR per la Georgia; d) 200 milioni di EUR per il Regno hascemita di Giordania; e) 100 milioni di EUR per il Kosovo; f) 100 milioni di EUR per la Repubblica di Moldova; g) 60 milioni di EUR per il Montenegro; h) 160 milioni di EUR per la Repubblica di Macedonia del Nord; i) 600 milioni di EUR per la Repubblica tunisina; j) 1,2 miliardi di EUR per l’Ucraina. 2. L’intero importo dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione è erogato a ciascun paese partner sotto forma di prestiti. La Commissione è autorizzata a prendere in prestito per conto dell’Unione i fondi necessari sui mercati dei capitali o presso istituzioni finanziarie e a prestarli al paese partner. La durata massima dei prestiti è in media di 15 anni. 3. L’erogazione dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione è gestita dalla Commissione in linea con gli accordi o le intese tra l’FMI e il paese partner. La Commissione informa periodicamente il Parlamento europeo e il Consiglio in merito all’evoluzione dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione, compresi i relativi esborsi, e fornisce a tempo debito i documenti pertinenti a tali istituzioni. 4. L’assistenza macrofinanziaria dell’Unione è messa a disposizione per un periodo di 12 mesi a decorrere dal primo giorno successivo all’entrata in vigore del protocollo d’intesa di cui all’articolo 3, paragrafo 1. 5. Qualora, nel corso del periodo di erogazione dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione, il fabbisogno di finanziamento del paese partner diminuisca radicalmente rispetto alle previsioni iniziali, la Commissione, deliberando secondo l’articolo 7, paragrafo 2, riduce l’importo dell’assistenza, la sospende o la annulla. Articolo 2 1. La concessione dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione è subordinata alla condizione preliminare del rispetto, da parte del paese partner, di meccanismi democratici effettivi — compresi un sistema parlamentare multipartitico e lo Stato di diritto — e dei diritti umani. 2. La Commissione e il SEAE monitorano il rispetto della condizione preliminare di cui al paragrafo 1 durante l’intero ciclo dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione. 3. I paragrafi 1 e 2 si applicano conformemente alla decisione 2010/427/UE del Consiglio (3). Articolo 3 1. La Commissione concorda con le autorità di ciascun paese partner, conformemente all’articolo 7, paragrafo 2, le condizioni di politica economica e le condizioni finanziarie, chiaramente definite e incentrate sulle riforme strutturali e sulla solidità delle finanze pubbliche, alle quali deve essere subordinata l’assistenza macrofinanziaria dell’Unione. Tali condizioni di politica economica e condizioni finanziarie sono stabilite in un protocollo d’intesa comprensivo di un calendario per il loro soddisfacimento. Le condizioni di politica economica e le condizioni finanziarie stabilite nel protocollo d’intesa sono coerenti con gli accordi o con le intese di cui all’articolo 1, paragrafo 3, compresi i programmi di aggiustamento macroeconomico e di riforma strutturale attuati dal paese partner con il sostegno dell’FMI. 2. Le condizioni di cui al paragrafo 1 mirano, in particolare, a rafforzare l’efficienza, la trasparenza e la rendicontabilità dei sistemi di gestione delle finanze pubbliche nei paesi partner, anche ai fini del ricorso all’assistenza macrofinanziaria dell’Unione. Nella definizione delle misure di politica si tengono inoltre in debita considerazione i progressi conseguiti sul piano dell’apertura reciproca dei mercati, dello sviluppo di un commercio disciplinato da regole ed equo, nonché di altre priorità della politica esterna dell’Unione. I progressi compiuti nel conseguimento di tali obiettivi sono oggetto di un controllo regolare da parte della Commissione. 3. Le condizioni finanziarie dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione sono stabilite in dettaglio in un accordo di prestito da concludere tra la Commissione e le autorità di ciascun paese partner separatamente («accordo di prestito»). 4. La Commissione verifica a intervalli regolari che le condizioni di cui all’articolo 4, paragrafo 3, continuino ad essere soddisfatte, verificando anche che le politiche economiche del paese partner siano in linea con gli obiettivi dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione. A tal fine, la Commissione opera in stretto coordinamento con l’FMI e con la Banca mondiale e, ove necessario, con il Parlamento europeo e con il Consiglio. Articolo 4 1. Alle condizioni previste al paragrafo 3, la Commissione mette a disposizione l’assistenza macrofinanziaria dell’Unione in due rate. L’importo di ciascuna rata è fissato nel protocollo d’intesa. 2. Per gli importi dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione è prevista una dotazione, ove richiesto, ai sensi del regolamento (CE, Euratom) n. 480/2009 del Consiglio (4). 3. La Commissione decide di versare le rate a condizione che siano rispettate tutte le condizioni seguenti: a) la condizione preliminare di cui all’articolo 2; b) un bilancio costantemente soddisfacente dell’attuazione di un accordo di credito non cautelare con l’FMI; c) l’attuazione soddisfacente delle condizioni di politica economica e delle condizioni finanziarie concordate nel protocollo d’intesa. Il versamento della seconda rata non è effettuato, in linea di principio, prima di tre mesi dal versamento della prima rata. 4. Qualora le condizioni di cui al paragrafo 3, primo comma, non siano soddisfatte, la Commissione sospende temporaneamente o annulla l’erogazione dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione. In tali casi, comunica al Parlamento europeo e al Consiglio le ragioni della sospensione o dell’annullamento. 5. L’assistenza macrofinanziaria dell’Unione è erogata alla banca centrale del paese partner. Alle condizioni che saranno concordate nel protocollo d’intesa, tra cui la conferma del fabbisogno residuo di finanziamento di bilancio, i fondi dell’Unione possono essere trasferiti al ministero delle Finanze come beneficiario finale. Articolo 5 1. Le operazioni di assunzione ed erogazione di prestiti relative all’assistenza macrofinanziaria dell’Unione sono effettuate in euro utilizzando una data di valuta identica e non comportano trasformazione delle scadenze a carico dell’Unione, né la espongono a rischi di cambio o di tasso d’interesse o ad altri rischi commerciali. 2. Se le circostanze lo consentono, e qualora il paese partner ne faccia richiesta, la Commissione può adottare le disposizioni necessarie per garantire che nelle condizioni del prestito sia inserita una clausola di rimborso anticipato e che essa sia accompagnata da una clausola analoga nelle condizioni per le operazioni di assunzione del prestito. 3. Qualora le circostanze consentano un miglioramento del tasso di interesse sul prestito e il paese partner ne faccia richiesta, la Commissione può decidere di procedere a un rifinanziamento della totalità, o di parte, dei prestiti iniziali o può procedere a una ristrutturazione delle relative condizioni finanziarie. Le operazioni di rifinanziamento o di ristrutturazione sono effettuate alle condizioni di cui ai paragrafi 1 e 4 e non comportano una proroga della scadenza dei prestiti assunti, né un aumento dell’ammontare del capitale non ancora rimborsato alla data delle operazioni di rifinanziamento o di ristrutturazione. 4. Tutte le spese sostenute dall’Unione in relazione alle operazioni di assunzione ed erogazione di prestiti di cui alla presente decisione sono a carico del paese partner. 5. La Commissione informa il Parlamento europeo e il Consiglio sull’andamento delle operazioni di cui ai paragrafi 2 e 3. Articolo 6 1. L’assistenza macrofinanziaria dell’Unione è fornita conformemente al regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio (5). 2. L’assistenza macrofinanziaria dell’Unione è attuata in gestione diretta. 3. L’accordo di prestito contiene disposizioni: a) che assicurano che il paese partner verifichi a cadenza regolare che i finanziamenti provenienti dal bilancio generale dell’Unione siano stati correttamente utilizzati, adotti misure atte a prevenire irregolarità e frodi e, se necessario, intraprenda azioni legali per il recupero dei fondi concessi ai sensi della presente decisione che sono stati oggetto di appropriazione indebita; b) che assicurano la tutela degli interessi finanziari dell’Unione, in particolare prevedendo misure specifiche di prevenzione e di lotta contro la frode, la corruzione e ogni altra irregolarità che riguardi l’assistenza macrofinanziaria dell’Unione, conformemente ai regolamenti (CE, Euratom) n. 2988/95 (6) e (Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio (7) e al regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (8) e, per gli Stati membri che partecipano alla cooperazione rafforzata riguardante la Procura europea, il regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio (9). A tal fine, l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) è espressamente autorizzato a svolgere indagini, tra cui controlli e verifiche sul posto, comprese operazioni di informatica forense e colloqui; c) che autorizzano espressamente la Commissione o i suoi rappresentanti a effettuare controlli, ivi inclusi controlli e verifiche sul posto; d) che autorizzano espressamente la Commissione e la Corte dei conti a procedere a verifiche contabili durante e dopo il periodo di disponibilità dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione, comprese le verifiche contabili documentali e sul posto, come le valutazioni operative; e) che assicurano che l’Unione abbia diritto al rimborso anticipato del prestito qualora si riscontri che, in relazione alla gestione dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione, il paese partner è stato coinvolto in atti di frode o di corruzione o in altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione; e f) che assicurano che tutti i costi sostenuti dall’Unione in relazione alle operazioni di assunzione ed erogazione di prestiti di cui alla presente decisione sono a carico del paese partner. 4. Prima dell’attuazione dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione la Commissione analizza, per mezzo di una valutazione operativa, la solidità dei meccanismi finanziari, delle procedure amministrative e dei meccanismi di controllo interni ed esterni del paese partner che sono pertinenti ai fini dell’assistenza. Articolo 7 1. La Commissione è assistita da un comitato. Tale comitato è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, all’assistenza macrofinanziaria dell’Unione per il Montenegro è applicato l’articolo 4 del regolamento (UE) n. 182/2011, mentre all’assistenza macrofinanziaria dell’Unione per gli altri paesi partner contemplati dalla presente decisione è applicato l’articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011. Articolo 8 1. Entro il 30 giugno di ogni anno la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’attuazione della presente decisione nel corso dell’anno precedente, comprensiva della valutazione dell’attuazione. La relazione: a) esamina i progressi ottenuti nell’attuazione dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione; b) valuta la situazione economica e le prospettive dei paesi partner, nonché i progressi ottenuti nell’attuazione delle misure di politica di cui all’articolo 3, paragrafo 1; c) indica il legame tra le condizioni di politica economica definite nel protocollo d’intesa, i risultati economici e di bilancio dei paesi partner e le decisioni della Commissione di versare le rate dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione. 2. Entro due anni dalla scadenza del periodo di disponibilità di cui all’articol o 1, paragrafo 4, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione di valutazione ex post, che analizza i risultati e l’efficienza dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione completata e in quale misura essa abbia contribuito agli obiettivi dell’assistenza. Articolo 9 La presente decisione entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Bruxelles, il 25 maggio 2020 Per il Parlamento europeo Il presidente D. M. SASSOLI Per il Consiglio La presidente A. METELKO-ZGOMBIĆ (1) Posizione del Parlamento europeo del 15 maggio 2020 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 20 maggio 2020. (*) Tale designazione non pregiudica le posizioni riguardo allo status ed è in linea con la risoluzione 1244 (1999) dell’UNSC e con il parere della CIG sulla dichiarazione di indipendenza del Kosovo. (2) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13). (3) Decisione 2010/427/UE del Consiglio, del 26 luglio 2010, che fissa l’organizzazione e il funzionamento del servizio europeo per l’azione esterna (GU L 201 del 3.8.2010, pag. 30). (4) Regolamento (CE, Euratom) n. 480/2009 del Consiglio, del 25 maggio 2009, che istituisce un fondo di garanzia per le azioni esterne (GU L 145 del 10.6.2009, pag. 10). (5) Regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU L 193 del 30.7.2018, pag. 1). (6) Regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità (GU L 312 del 23.12.1995, pag. 1). (7) Regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio, dell’11 novembre 1996, relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità (GU L 292 del 15.11.1996, pag. 2). (8) Regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 settembre 2013, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e che abroga il regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (Euratom) n. 1074/1999 del Consiglio (GU L 248 del 18.9.2013, pag. 1). (9) Regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio, del 12 ottobre 2017, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea («EPPO») (GU L 283 del 31.10.2017, pag. 1).
Assistenza macrofinanziaria ai paesi partner dell’allargamento e del vicinato nel contesto della pandemia di Covid‐19 QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? La pandemia di Covid‐19 ha effetti molto dannosi sulla stabilità economica e finanziaria delle regioni dell’allargamento e del vicinato le cui economie si stanno avviando verso una recessione. In questo contesto, l’Unione europea (Unione) mette a disposizione l’assistenza macrofinanziaria (AMF)* per sostenere dieci paesi partner vicini. PUNTI CHIAVE L’Unione mette a disposizione di dieci paesi vicini (partner) per un importo totale massimo di 3 miliardi di euro al fine di sostenere la stabilizzazione economica dei paesi partner e un programma concordato di riforme economiche. L’assistenza contribuisce a coprire il fabbisogno urgente di sostegno alla bilancia dei pagamenti dei paesi partner, individuato in un programma concordato, e un accordo di credito tra le parti e il Fondo monetario internazionale (FMI). Il sostegno si basa su una stima del fabbisogno di finanziamento di ciascun partner e tiene conto della loro capacità di finanziarsi con le proprie risorse, in particolare le eventuali riserve internazionali a loro disposizione. Gli importi messi a disposizione sono i seguenti:Albania: 180 milioni di euroBosnia-Erzegovina: 250 milioni di euroGeorgia: 150 milioni di euroGiordania: 200 milioni di euro.Kosovo*: 100 milioni di euroMoldova: 100 milioni di euroMontenegro: 60 milioni di euroMacedonia del Nord: 160 milioni di euroTunisia: 600 milioni di euroUcraina: 1,2 miliardi di euro. L’assistenza avviene sotto forma di prestiti, la cui durata massima è in media di 15 anni. La Commissione europea prende in prestito i fondi necessari sui mercati dei capitali o presso istituzioni finanziarie e informa periodicamente il Parlamento europeo e il Consiglio in merito al funzionamento del programma.CondizioniCome pre-condizione, i partner sono tenuti a rispettare meccanismi democratici effettivi, compresi un sistema parlamentare multipartitico e lo Stato di diritto, e garanzie sul rispetto dei diritti umani. L’Unione e ciascun paese partner concordano le condizioni di politica economica e le condizioni finanziarie, incentrate sulle riforme strutturali e sulla solidità delle finanze pubbliche, stabilite in un protocollo d’intesa. Le condizioni mirano a rafforzare l’efficienza, la trasparenza e la rendicontabilità dei sistemi di gestione delle finanze pubbliche nei paesi partner. Si tengono inoltre in debita considerazione lo sviluppo di un commercio disciplinato da regole e di un commercio equo. I progressi compiuti nel conseguimento di tali obiettivi sono monitorati dalla Commissione. Prima dell’attuazione dell’assistenza, la Commissione analizza la solidità dei meccanismi finanziari, delle procedure amministrative e dei meccanismi di controllo interni ed esterni del paese partner.PagamentiIl pagamento avviene in due rate, garantite dal bilancio dell’Unione tramite i Fondi di garanzia relativi alle azioni esterne. La Commissione versa le rate a condizione che siano rispettate tutte le condizioni seguenti:la condizione preliminare;il bilancio costantemente soddisfacente dell’attuazione di un accordo di credito non cautelare con l’FMI;l’attuazione soddisfacente della politica economica e delle condizioni finanziarie concordate nel protocollo d’intesa. L’AMF dell’Unione è messa a disposizione per un periodo di 12 mesi a decorrere dal primo giorno successivo all’entrata in vigore del protocollo d’intesa.Accordo di prestito Le condizioni finanziarie sono stabilite in dettaglio in un accordo di prestito, che prevede quanto segue:il paese partner verifica a cadenza regolare che i finanziamenti siano correttamente utilizzati; vengono adottate misure atte a prevenire irregolarità e frodi e intraprese azioni legali per il recupero dei fondi oggetto di appropriazione indebita; vengono tutelati gli interessi finanziari dell’Unione, in particolare prevedendo misure specifiche di prevenzione e di lotta contro la frode, la corruzione e ogni altra irregolarità; la Commissione o i suoi rappresentanti sono autorizzati a effettuare controlli, ivi inclusi controlli e verifiche sul posto; la Commissione e la Corte dei conti sono autorizzati a procedere a verifiche contabili che comprendono verifiche contabili documentali e sul posto, così come valutazioni operative; la garanzia che l’Unione abbia diritto al rimborso anticipato del prestito qualora si riscontri che il paese partner è stato coinvolto in atti di frode o di corruzione o in altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione; la garanzia che tutti i costi sostenuti dall’Unione per l’assunzione e l’erogazione di prestiti sono a carico del paese partner. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE? Viene applicata a partire dal 28 maggio 2020. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Coronavirus: La Commissione propone un pacchetto di assistenza macrofinanziaria da 3 miliardi di euro per sostenere dieci paesi vicini - comunicato stampa (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Assistenza macrofinanziaria (AMF): Aiuti finanziari concessi dall’UE ai paesi partner che affrontano una crisi nella bilancia dei pagamenti. Essa assume la forma di prestiti o sovvenzioni a medio/lungo termine, o una combinazione, disponibile solo per i paesi che beneficiano di un programma di erogazione dell’FMI.L’AMF è concepita per i paesi geograficamente, economicamente e politicamente vicini all’Unione, compresi i paesi candidati e potenziali candidati, i paesi confinanti con l’Unione coperti dalla politica europea di vicinato e, in circostanze eccezionali, altri paesi terzi. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione (UE) 2020/701 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 2020, sulla fornitura di assistenza macrofinanziaria ai paesi partner dell’allargamento e del vicinato nel contesto della pandemia di Covid‐19 (GU L 165 del 27.5.2020, pag. 31). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE, Euratom) n. 480/2009 del Consiglio, del 25 maggio 2009, che istituisce un fondo di garanzia per le azioni esterne (Versione codificata) (GU L 145 del 10.6.2009, pag. 10). Le successive modifiche al regolamento (CE, Euratom) n. 480/2009 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. *Tale designazione non pregiudica le posizioni riguardo allo status ed è in linea con la risoluzione UNSCR 1244 (1999) e con il parere della Corte internazionale di giustizia sulla dichiarazione di indipendenza del Kosovo.
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32010R1210
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REGOLAMENTO (UE) N. 1210/2010 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 15 dicembre 2010 relativo all’autenticazione delle monete in euro e al trattamento delle monete non adatte alla circolazione IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 133, vista la proposta della Commissione europea, visto il parere della Banca centrale europea (1), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerand quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 1338/2001 del Consiglio, del 28 giugno 2001, che definisce talune misure necessarie alla protezione dell’euro contro la falsificazione (3), impone agli enti creditizi e, nei limiti delle loro attività di pagamento, ad altri prestatori di servizi di pagamento e a ogni altro istituto partecipante al trattamento e alla distribuzione al pubblico di banconote e monete di assicurare che le banconote e le monete in euro, che hanno ricevuto e che intendono rimettere in circolazione, siano sottoposte a controlli relativi all’autenticità per individuare quelle contraffatte. (2) La raccomandazione 2005/504/CE della Commissione, del 27 maggio 2005, relativa all’autenticazione delle monete in euro e al trattamento delle monete non adatte alla circolazione (4), stabilisce pratiche raccomandate relative all’autenticazione delle monete in euro e al trattamento delle monete non adatte alla circolazione. Tuttavia, a causa della mancanza di un quadro comune obbligatorio per l’autenticazione delle monete, le pratiche differiscono fra gli Stati membri e non può essere pertanto garantita una protezione uniforme della valuta in tutta l’area dell’euro. (3) Per ottenere un’autenticazione delle monete efficace e uniforme in tutta l’area dell’euro, è pertanto necessario introdurre norme vincolanti per l’applicazione di procedure comuni di autenticazione delle monete in euro in circolazione e per l’applicazione di meccanismi di controllo di tali procedure da parte delle autorità nazionali. (4) Durante il processo di autenticazione dovrebbero anche essere individuate le monete in euro autentiche, ma non adatte alla circolazione. La circolazione delle monete non adatte rende più difficile il loro utilizzo, soprattutto in apparecchi automatici a moneta, e può creare confusione per gli utenti circa la loro autenticità. È opportuno che le monete non adatte alla circolazione siano ritirate. Occorrono pertanto regole comuni vincolanti per gli Stati membri per il trattamento e il rimborso delle monete in euro non adatte alla circolazione. (5) Al fine di coordinare l’applicazione delle procedure di autenticazione è opportuno che il centro tecnico-scientifico europeo (CTSE), istituito con decisione 2005/37/CE (5) della Commissione, previa consultazione del gruppo di esperti sulla falsificazione delle monete di cui a tale decisione, precisi ulteriormente le prescrizioni in materia di test e formazione per l’autenticazione delle monete, come pure le specifiche per controllare le monete in euro non adatte alla circolazione e le altre modalità pratiche di applicazione. (6) Al fine di consentire un graduale adeguamento del loro attuale sistema di norme e prassi alle disposizioni del presente regolamento, gli Stati membri dovrebbero, durante un periodo transitorio fino al 31 dicembre 2014, poter prevedere deroghe concernenti i tipi di apparecchiature per il trattamento delle monete da utilizzarsi per l’autenticazione delle monete in euro e il numero di tali apparecchiature da controllare annualmente. (7) Ciascuna autorità nazionale che tratta le monete in euro non adatte alla circolazione dovrebbe poter applicare una commissione di trattamento a norma del presente regolamento per sostenere le spese connesse a tale processo. Le commissioni di trattamento non dovrebbero applicarsi alle consegne di modeste quantità di monete in euro non adatte alla circolazione. Gli Stati membri dovrebbero poter accordare esenzioni dalle commissioni di trattamento alle persone che collaborano strettamente con le autorità nazionali incaricate di ritirare dalla circolazione le monete contraffatte o non adatte. Gli Stati membri dovrebbero poter accettare sacchetti o contenitori di monete contraffatte e di quelle non adatte senza applicare una sovrattassa, qualora ciò risponda al pubblico interesse. (8) Dovrebbe spettare a ciascuno Stato membro introdurre sanzioni applicabili in caso di violazioni, al fine di realizzare in tutta l’area dell’euro un’autenticazione equivalente delle monete in euro e un trattamento delle monete in euro non adatte alla circolazione. (9) Poiché l’obiettivo del presente regolamento, vale a dire l’efficace e uniforme autenticazione delle monete in euro in tutta l’area dell’euro, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri a causa delle divergenze tra le pratiche nazionali, e può dunque essere realizzato meglio a livello dell’Unione, l’Unione può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: CAPO I OGGETTO E DEFINIZIONI Articolo 1 Oggetto Il presente regolamento istituisce procedure necessarie per l’autenticazione delle monete in euro e per il trattamento delle monete non adatte alla circolazione. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni: a) «autenticazione delle monete in euro»: il processo di verifica dell’autenticità e dell’idoneità alla circolazione delle monete in euro; b) «monete in euro non adatte alla circolazione»: monete in euro autentiche ma che sono state respinte durante il processo di autenticazione o monete in euro il cui aspetto è stato significativamente alterato; c) «autorità nazionali incaricate»: il centro nazionale di analisi delle monete o un’altra autorità incaricata dallo Stato membro interessato; d) «enti»: gli enti di cui all’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, del regolamento (CE) n. 1338/2001, esclusi quelli di cui all’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, terzo trattino di detto regolamento; e) «GEFM» (Gruppo esperti sulla falsificazione delle monete): il gruppo di esperti sulla falsificazione delle monete di cui alla decisione 2005/37/CE. CAPO II AUTENTICAZIONE DELLE MONETE IN EURO Articolo 3 Autenticazione delle monete in euro 1. Gli enti garantiscono che le monete in euro, che hanno ricevuto e che intendono rimettere in circolazione, siano sottoposte ad una procedura di autenticazione. Essi adempiono a detto obbligo mediante: a) apparecchiature per il trattamento delle monete figuranti nell’elenco di cui all’articolo 5, paragrafo 2; o b) personale qualificato formato conformemente alle modalità definite dagli Stati membri. 2. A seguito dell’autenticazione, tutte le monete sospettate di essere contraffatte e le monete in euro non adatte alla circolazione sono consegnate all’autorità nazionale incaricata. 3. Le monete in euro contraffatte trasmesse per identificazione alle autorità nazionali competenti conformemente all’articolo 6 del regolamento (CE) n. 1338/2001 sono esenti da commissioni di trattamento o di altra natura. Per quanto riguarda le monete in euro non adatte alla circolazione, si applica il capo III del presente regolamento. Articolo 4 Requisiti del test e apparecchiature per il trattamento delle monete 1. Quando si applica l’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), gli enti devono utilizzare esclusivamente i tipi di apparecchiature per il trattamento delle monete che abbiano superato un test di individuazione effettuato dall’autorità nazionale incaricata o dal CTSE e che erano elencati nel sito internet di cui all’articolo 5, paragrafo 2, al momento del loro acquisto. Gli enti provvedono affinché tali apparecchiature siano periodicamente adeguate per mantenere la loro capacità di individuazione, tenuto conto delle modifiche introdotte nell’elenco di cui all’articolo 5, paragrafo 2. Il test di individuazione assicura la capacità di un’apparecchiatura per il trattamento delle monete di respingere i tipi noti di monete in euro contraffatte e, in tale processo, le monete in euro non adatte alla circolazione e tutti gli altri oggetti simili alle monete non conformi alle specifiche delle monete in euro autentiche. 2. Per un periodo transitorio fino al 31 dicembre 2014, gli Stati membri possono prevedere speciali deroghe alla prima frase del paragrafo 1 per le apparecchiature per il trattamento delle monete che erano in funzione alla data del 11 gennaio 2011 e che si sono dimostrate in grado di individuare monete in euro contraffatte, monete non adatte alla circolazione e altri oggetti simili alle monete non conformi alle specifiche delle monete in euro autentiche, sebbene tali apparecchiature non figurino nell’elenco di cui all’articolo 5, paragrafo 2. Tali deroghe sono adottate previa consultazione del GEFM. Articolo 5 Predisposizione delle apparecchiature per il trattamento delle monete 1. Onde consentire ai produttori di apparecchiature per il trattamento delle monete di ottenere le specifiche necessarie per predisporre le proprie attrezzature per individuare le monete in euro contraffatte, i test di cui all’articolo 4 possono essere effettuati presso l’autorità nazionale incaricata, il CTSE oppure, in virtù di un accordo bilaterale, presso i locali del produttore. A seguito dell’esito positivo del test effettuato su un’apparecchiatura per il trattamento delle monete, viene elaborata una relazione riassuntiva sul test di individuazione all’attenzione del produttore dell’apparecchiatura e trasmessa in copia al CTSE. 2. La Commissione pubblica sul suo sito internet una lista consolidata di tutte le apparecchiature per il trattamento delle monete per le quali è pervenuta o è stata elaborata dal CTSE una relazione riassuntiva sul test di individuazione positiva e valida. Articolo 6 Controlli degli Stati membri 1. Gli Stati membri effettuano i controlli previsti dal presente articolo. 2. Gli Stati membri effettuano controlli annuali sul posto presso gli enti al fine di verificare, mediante test di individuazione, il corretto funzionamento di un numero rappresentativo di apparecchiature utilizzate per il trattamento delle monete. Qualora il personale degli enti sia incaricato di verificare manualmente l’autenticità delle monete in euro che devono essere rimesse in circolazione, gli Stati membri ricevono l’assicurazione dagli enti che il loro personale sia adeguatamente formato a tale scopo. 3. Ciascuno Stato membro deve controllare annualmente un numero di apparecchiature per il trattamento delle monete il cui volume di monete in euro trattate durante l’anno equivale ad almeno il 25 % del volume netto totale cumulato di monete emesse dallo Stato stesso dal momento d’introduzione dell’euro fino alla fine dell’anno precedente. Il numero di apparecchiature per il trattamento delle monete da controllare è calcolato in base al volume dei tre più elevati tagli di monete in euro destinate alla circolazione. Gli Stati membri si adoperano per garantire che le apparecchiature per il trattamento delle monete siano controllate a rotazione. 4. Qualora il numero delle apparecchiature per il trattamento delle monete da controllare annualmente a norma del paragrafo 3, sia superiore al numero delle apparecchiature funzionanti in un determinato Stato membro, tutte le apparecchiature per il trattamento delle monete funzionanti in tale Stato membro sono controllate annualmente. 5. Per un periodo transitorio fino al 31 dicembre 2014, gli Stati membri possono decidere, previa notifica alla Commissione, che il numero di apparecchiature per il trattamento delle monete da controllare annualmente sia tale che il volume di monete in euro trattate da tali apparecchiature durante l’anno equivalga ad almeno il 10 % del volume netto totale cumulato di monete emesse dallo Stato membro in questione dal momento dell’introduzione dell’euro fino alla fine dell’anno precedente. 6. Nell’ambito di questi controlli annuali, gli Stati membri verificano la capacità degli enti di autenticare le monete in euro valutando: a) l’esistenza di una politica scritta che preveda istruzioni concernenti, a seconda dei casi, l’impiego di apparecchiature automatiche per il trattamento delle monete oppure la selezione manuale; b) l’assegnazione di risorse umane adeguate; c) l’esistenza di un programma scritto di manutenzione volto a mantenere le apparecchiature per il trattamento delle monete ad un livello adeguato di efficienza; d) l’esistenza di procedure scritte per consegnare alle autorità nazionali incaricate le monete in euro contraffatte, le monete in euro non adatte alla circolazione e gli altri oggetti simili alle monete non conformi alle specifiche delle monete in euro autentiche; nonché e) l’esistenza di procedure interne di controllo che descrivano le modalità e la frequenza dei controlli che gli enti devono svolgere al fine di garantire che i loro centri di selezione e il loro personale seguano le istruzioni di cui al presente paragrafo. 7. Qualora uno Stato membro rilevi l’inosservanza del presente regolamento, l’ente interessato adotta le misure necessarie a garantire che l’inosservanza sia corretta tempestivamente. Articolo 7 Disposizioni tecniche La Commissione assicura che il CTSE definisca, entro termini ragionevoli e previa consultazione del GEFM, le specifiche tecniche per il test di individuazione e altre disposizioni pratiche di esecuzione, quali le prassi di formazione, il periodo di validità della relazione riassuntiva sul test di individuazione, le informazioni da inserire nell’elenco di cui all’articolo 5, paragrafo 2, gli orientamenti relativi ai controlli, ai collaudi e alle verifiche degli Stati membri, le regole per la rettifica dei casi d’inosservanza e le relative soglie di accettazione delle monete autentiche. CAPO III TRATTAMENTO DELLE MONETE IN EURO NON ADATTE ALLA CIRCOLAZIONE Articolo 8 Ritiro e rimborso di monete in euro non adatte alla circolazione 1. Gli Stati membri ritirano dalla circolazione le monete in euro non adatte alla circolazione. 2. Gli Stati membri rimborsano o sostituiscono le monete in euro diventate non adatte a causa di un lungo utilizzo o incidentalmente o che siano state scartate durante il processo di autenticazione per qualsiasi altra ragione. Gli Stati membri possono rifiutare di rimborsare monete in euro non adatte alla circolazione che sono state alterate deliberatamente o a causa di un procedimento avente l’effetto prevedibile di alterarle, fatto salvo il rimborso di monete raccolte a fini caritativi, quali le monete gettate nelle fontane. 3. Gli Stati membri assicurano che le monete in euro non adatte alla circolazione, una volta ritirate, siano distrutte mediante deformazione fisica e permanente, così da impedire che tali monete siano rimesse in circolazione o presentate ai fini del rimborso. Articolo 9 Commissione di trattamento 1. Al momento del rimborso o della sostituzione di monete in euro non adatte alla circolazione, può essere trattenuta una commissione di trattamento del 5 % del valore nominale delle monete consegnate. In caso di controllo dell’intero sacchetto o contenitore di monete, come stabilito all’articolo 11, paragrafo 2, la commissione di trattamento può essere incrementata di un ulteriore 15 % del valore nominale delle monete in euro consegnate. 2. Gli Stati membri possono accordare esenzioni generali o parziali dalle commissioni di trattamento nei casi in cui le persone fisiche o giuridiche che provvedono alla consegna delle monete in euro collaborino strettamente e regolarmente con l’autorità nazionale incaricata del ritiro delle monete in euro contraffatte o delle monete in euro non adatte alla circolazione, ovvero qualora tali esenzioni rispondano al pubblico interesse. 3. I costi di trasporto e altri costi collegati sono a carico della persona fisica o giuridica che provvede alla consegna delle monete in euro. 4. Fatta salva l’esenzione di cui al paragrafo 2, ogni persona fisica o giuridica che provvede alla consegna di monete in euro non adatte alla circolazione è esente dalla commissione di trattamento su un massimo di un chilogrammo di monete per taglio e per anno. Qualora tale limite sia superato, tutte le monete consegnate possono essere soggette a una commissione. 5. Qualora una singola consegna di monete comprenda monete trattate con sostanze chimiche o altre sostanze pericolose al punto da poter essere considerate un rischio per la salute del personale addetto al trattamento, le commissioni prelevate conformemente al paragrafo 1 sono incrementate di un’ulteriore commissione equivalente al 20 % del valore nominale delle monete in euro consegnate. Articolo 10 Imballaggio delle monete in euro non adatte alla circolazione 1. La persona fisica o giuridica che provvede alla consegna di monete in euro per il rimborso o la sostituzione le seleziona in base al taglio e le pone in appositi sacchetti o contenitori standardizzati, secondo le seguenti indicazioni: a) i sacchetti o contenitori devono contenere: i) 500 monete per i tagli da EUR 2 e EUR 1; ii) 1 000 monete per i tagli da EUR 0,50, EUR 0,20 e EUR 0,10; iii) 2 000 monete per i tagli da EUR 0,05, EUR 0,02 e EUR 0,01; iv) in caso di quantità inferiori, 100 monete per taglio; b) ciascun sacchetto o contenitore indica la persona fisica o giuridica che provvede alla consegna, il valore e il taglio contenuti, il peso, la data d’imballaggio e il numero del sacchetto o del contenitore; la persona fisica o giuridica che provvede alla consegna fornisce un elenco degli imballaggi indicante l’insieme dei sacchetti o contenitori consegnati; qualora le monete siano state trattate con sostanze chimiche o altre sostanze pericolose, gli imballaggi standardizzati sono accompagnati da una dichiarazione scritta che precisi le sostanze esatte impiegate; c) qualora il quantitativo totale delle monete in euro non adatte alla circolazione sia inferiore a quelli fissati alla lettera a), le monete in euro sono distinte in base al taglio e possono essere consegnate in imballaggi non standardizzati. 2. In deroga al paragrafo 1, gli Stati membri possono mantenere requisiti diversi per l’imballaggio, come stabilito dalla loro legislazione nazionale alla data del 11 gennaio 2011. Articolo 11 Controlli sulle monete in euro non adatte alla circolazione 1. Gli Stati membri possono procedere ai seguenti controlli sulle monete in euro non adatte alla circolazione che hanno ricevuto: a) controllano la quantità dichiarata pesando ogni sacchetto o contenitore; b) effettuano controlli relativi all’autenticità e all’aspetto su un campione di almeno il 10 % delle monete consegnate. 2. Qualora i controlli di cui al paragrafo 1 rivelassero anomalie o difformità dall’articolo 10, l’intero sacchetto o contenitore è controllato. 3. Qualora l’accettazione o il trattamento di monete in euro costituisca un rischio per la salute del personale addetto al trattamento o una consegna non rispetti le norme in materia di imballaggio ed etichettatura, gli Stati membri possono rifiutarsi di accettare tali monete. Gli Stati membri possono prevedere provvedimenti da adottare nei confronti delle persone fisiche o giuridiche che hanno consegnato le monete di cui al primo comma. CAPO IV DISPOSIZIONI FINALI Articolo 12 Relazioni, comunicazione e valutazione 1. Gli Stati membri presentano annualmente alla Commissione relazioni sulle loro attività di autenticazione delle monete in euro. L’informazione fornita comprende il numero dei controlli effettuati a norma dell’articolo 6, paragrafo 2, e il numero di apparecchiature per il trattamento delle monete controllate, i risultati dei test, il volume di monete trattate da tali apparecchiature, il numero di monete esaminate sospettate di essere contraffatte e il numero di monete in euro non adatte alla circolazione rimborsate, nonché i dettagli di tutte le deroghe concesse a norma dell’articolo 4, paragrafo 2, o dell’articolo 6, paragrafo 5. 2. Per consentire agli Stati membri di controllare l’osservanza del presente regolamento da parte degli enti, questi, ove richiesto, forniscono agli Stati membri almeno annualmente le seguenti informazioni minime: a) i tipi e il numero di apparecchiature per il trattamento delle monete impiegate; b) l’ubicazione di ciascuna apparecchiatura per il trattamento delle monete; nonché c) il volume delle monete trattate per apparecchiatura per il trattamento delle monete, per anno e taglio, per almeno i principali tre tagli. 3. Gli Stati membri assicurano che le informazioni, riguardanti le autorità incaricate del rimborso o della sostituzione delle monete in euro e le modalità specifiche, relative, ad esempio, ai requisiti per l’imballaggio e alle commissioni, siano a disposizione del pubblico sugli appositi siti internet e attraverso le opportune pubblicazioni. 4. Previa analisi delle relazioni ricevute dagli Stati membri, la Commissione presenta una relazione annuale al comitato economico e finanziario sugli sviluppi e sui risultati relativi all’autenticazione delle monete in euro e alle monete in euro non adatte alla circolazione. 5. Entro il 30 giugno 2014 la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sul funzionamento e sugli effetti del presente regolamento. Tale relazione può essere accompagnata, se del caso, da proposte legislative che attuino in maggior dettaglio, o modifichino, il presente regolamento, in particolare per quanto concerne gli articoli 6 e 8. Articolo 13 Sanzioni Gli Stati membri stabiliscono norme relative a sanzioni applicabili alle violazioni del presente regolamento e adottano tutte le misure necessarie a garantirne l’attuazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Articolo 14 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Esso si applica a decorrere dal 1o gennaio 2012, ad eccezione del capo III che si applica a decorrere dalla data dell’entrata in vigore del presente regolamento. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile negli Stati membri conformemente ai trattati. Fatto a Strasburgo, il 15 dicembre 2010. Per il Parlamento europeo Il presidente J. BUZEK Per il Consiglio Il presidente O. CHASTEL (1) GU C 284 del 25.11.2009, pag. 6. (2) Posizione del Parlamento europeo del 7 settembre 2010 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e posizione del Consiglio del 29 novembre 2010. (3) GU L 181 del 4.7.2001, pag. 6. (4) GU L 184 del 15.7.2005, pag. 60. (5) GU L 19 del 21.1.2005, pag. 73.
Controlli relativi all’autenticità dell’euro QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Istituisce procedure e metodi per l’autenticazione delle monete in euro e per il trattamento delle monete non adatte alla circolazione. Completa il regolamento (CE) n. 1338/2001 (Sistema per la protezione dell’euro contro la falsificazione), che impone alle banche e ad altri prestatori di servizi di pagamento di garantire la verifica dell’autenticità delle banconote e delle monete in euro da essi ricevute che intendono reimmettere in circolazione e di provvedere al fine di individuare le potenziali falsificazioni. PUNTI CHIAVE Test Il regolamento impone agli enti creditizi di autenticare le monete in euro mediante apparecchiature per il trattamento delle monete oppure manualmente, con l’impiego di personale formato specificamente a tale scopo. Qualsiasi apparecchiatura per il trattamento delle monete utilizzata deve aver superato con successo un test di individuazione effettuato dall’autorità nazionale incaricata o dal Centro nazionale di analisi delle monete in ciascun paese dell’area dell’euro. Controlli sul posto I paesi nell’area dell’euro devono effettuare controlli annuali sul posto presso gli enti al fine di verificare, mediante test di individuazione, il corretto funzionamento di un numero rappresentativo di apparecchiature per il trattamento delle monete. Ciascun paese deve controllare annualmente un numero di apparecchiature per il trattamento delle monete il cui volume di monete in euro trattate durante l’anno equivale ad almeno il 25 % del volume netto totale cumulato di monete emesse dal paese stesso dal momento d’introduzione dell’euro fino alla fine dell’anno precedente. Ritiro e rimborso di monete in euro non adatte alla circolazione I paesi dell’UE devono ritirare dalla circolazione non solo le monete in euro falsificate, ma anche le monete in euro autentiche diventate non adatte a causa di un utilizzo prolungato, incidentalmente o per qualsiasi altra ragione. I paesi dell’UE possono rifiutare di rimborsare monete in euro non adatte alla circolazione che sono state alterate deliberatamente o a causa di un procedimento avente l’effetto prevedibile di alterarle. Ciascuna autorità nazionale che tratta monete in euro non adatte alla circolazione può prelevare una commissione di trattamento a persone fisiche o giuridiche per sostenere le spese connesse a tale processo. Le commissioni di trattamento non devono essere applicate alle consegne di modeste quantità di monete in euro non adatte alla circolazione. Il regolamento istituisce norme per l’imballaggio delle monete in euro non adatte alla circolazione, che devono essere selezionate in base al taglio* e poste in appositi sacchetti o contenitori standardizzati. Relazioni e valutazione I paesi dell’UE presentano annualmente alla Commissione europea relazioni sulle loro attività di autenticazione delle monete in euro. Per controllare l’osservanza da parte degli enti, i paesi dell’UE devono imporre loro di fornire le seguenti informazioni:i tipi e il numero di apparecchiature per il trattamento delle monete impiegate; l’ubicazione di ciascuna apparecchiatura per il trattamento delle monete; il volume delle monete trattate per apparecchiatura per il trattamento delle monete, per anno e taglio, almeno per i tre tagli principali. Come stabilito nel regolamento, nel 2017 la Commissione ha presentato al Parlamento europeo e al Consiglio l’ultima relazione sul funzionamento e sugli effetti del regolamento. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica dal 1° gennaio 2012, fatto salvo il suo capo III (trattamento delle monete non adatte alla circolazione), che si applica dall’11 gennaio 2011. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si consulti:«Misure per la lotta alla falsificazione» (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Tagli: le monete in euro sono coniate in tagli da 1, 2, 5, 10, 20 e 50 centesimi e 1 e 2 euro. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) n. 1210/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2010, relativo all’autenticazione delle monete in euro e al trattamento delle monete non adatte alla circolazione (GU L 339 del 22.12.2010, pag. 1). DOCUMENTI CORRELATI Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 1210/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2010, relativo all’autenticazione delle monete in euro e al trattamento delle monete non adatte alla circolazione, C(2017) 6734 final del 12.10.2017. Regolamento (UE) n. 651/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, sull’emissione di monete in euro (GU L 201 del 27.7.2012, pag. 135). Regolamento (UE) n. 1338/2001 del Consiglio, del 28 giugno 2001, che definisce talune misure necessarie alla protezione dell’euro contro la falsificazione (GU L 181 del 4.7.2001, pag. 6). Modifiche successive al regolamento (CE) n. 1338/2001 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente un valore documentale.
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Accordo sulla mutua assistenza giudiziaria tra l'Unione europea e gli Stati Uniti d'America Gazzetta ufficiale n. L 181 del 19/07/2003 pag. 0034 - 0042 Accordosulla mutua assistenza giudiziaria tra l'Unione europea e gli Stati Uniti d'AmericaSOMMARIO>SPAZIO PER TABELLA>L'UNIONE EUROPEA E GLI STATI UNITI D'AMERICA,DESIDEROSI di agevolare ulteriormente la cooperazione tra gli Stati membri dell'Unione europea e gli Stati Uniti d'America,DESIDEROSI di lottare contro la criminalità in modo più efficace quale mezzo per proteggere le rispettive società democratiche e i valori comuni,NEL DEBITO RISPETTO dei diritti della persona e dello Stato di diritto,TENENDO CONTO delle garanzie stabilite nei rispettivi ordinamenti giuridici che sanciscono per l'indiziato di reato il diritto a un processo equo nonché il diritto ad una sentenza pronunciata da un tribunale imparziale costituito a norma di legge,DESIDEROSI di concludere un accordo relativo all'assistenza giudiziaria in materia penale,HANNO CONVENUTO LE DISPOSIZIONI SEGUENTI:Articolo 1Oggetto e scopoLe parti contraenti si impegnano, in conformità delle disposizioni del presente accordo, a prevedere l'intensificazione della cooperazione e della mutua assistenza giudiziaria.Articolo 2Definizioni1. Per "parti contraenti" si intendono l'Unione europea e gli Stati Uniti d'America.2. Per "Stato membro" si intende uno Stato membro dell'Unione europea.Articolo 3Campo d'applicazione del presente accordo in relazione ai trattati bilaterali di mutua assistenza giudiziaria tra Stati Uniti e Stati membri e in loro mancanza1. L'Unione europea, a norma del trattato sull'Unione europea, e gli Stati Uniti d'America provvedono a che le disposizioni del presente accordo siano applicate in relazione ai trattati bilaterali di mutua assistenza giudiziaria tra gli Stati membri e gli Stati Uniti d'America, vigenti al momento dell'entrata in vigore del presente accordo, alle condizioni seguenti.a) L'articolo 4 si applica per l'individuazione di conti e transazioni finanziari, ad integrazione dei poteri già conferiti dalle disposizioni del trattato bilaterale.b) L'articolo 5 si applica per autorizzare la costituzione e le attività di squadre investigative comuni, ad integrazione dei poteri già conferiti dalle disposizioni del trattato bilaterale.c) L'articolo 6 si applica per autorizzare l'assunzione della deposizione di una persona che si trova nello Stato richiesto mediante tecnologie di trasmissione video tra lo Stato richiedente e lo Stato richiesto, ad integrazione dei poteri già conferiti dalle disposizioni del trattato bilaterale.d) L'articolo 7 si applica per autorizzare l'impiego di mezzi di comunicazione rapida, ad integrazione dei poteri già conferiti dalle disposizioni del trattato bilaterale.e) L'articolo 8 si applica per autorizzare la prestazione di mutua assistenza giudiziaria alle autorità amministrative interessate, ad integrazione dei poteri già conferiti dalle disposizioni del trattato bilaterale.f) Fatti salvi i suoi paragrafi 4 e 5, l'articolo 9 si applica in sostituzione, o in mancanza, di disposizioni del trattato bilaterale che disciplinano le restrizioni all'uso di informazioni o mezzi di prova trasmessi allo Stato richiedente e che disciplinano la prestazione condizionale o il rifiuto dell'assistenza per motivi di protezione dei dati.g) L'articolo 10 si applica in mancanza di disposizioni del trattato bilaterale relative alle circostanze in cui lo Stato richiedente può chiedere che la sua richiesta sia protetta da riservatezza.2. a) L'Unione europea, a norma del trattato sull'Unione europea, provvede a che ciascuno Stato membro confermi, mediante strumento scritto tra di esso e gli Stati Uniti d'America, che il pertinente trattato bilaterale di mutua assistenza giudiziaria in vigore con gli Stati Uniti d'America è applicato come stabilito dal presente articolo.b) L'Unione europea a norma del trattato sull'Unione europea provvede a che i nuovi Stati membri che aderiscono all'Unione europea successivamente all'entrata in vigore del presente accordo e che sono dotati di trattati bilaterali di mutua assistenza giudiziaria con gli Stati Uniti d'America adottino le misure di cui alla lettera a).c) Le parti contraenti si adoperano per concludere la procedura di cui alla lettera b) prima della data prevista per l'adesione di un nuovo Stato membro o al più presto dopo l'adesione. L'Unione europea notifica agli Stati Uniti d'America la data di adesione dei nuovi Stati membri.3. a) L'Unione europea, a norma del trattato sull'Unione europea, e gli Stati Uniti d'America provvedono inoltre a che le disposizioni del presente accordo si applichino in mancanza di un trattato bilaterale di mutua assistenza giudiziaria in vigore tra uno Stato membro e gli Stati Uniti d'America.b) L'Unione europea a norma del trattato sull'Unione europea provvede a che tale Stato membro confermi, mediante strumento scritto tra di esso e gli Stati Uniti d'America, l'applicazione delle disposizioni del presente accordo.c) L'Unione europea a norma del trattato sull'Unione europea provvede a che i nuovi Stati membri che aderiscono all'Unione europea successivamente all'entrata in vigore del presente accordo e che non hanno concluso trattati bilaterali di mutua assistenza giudiziaria con gli Stati Uniti d'America adottino le misure di cui alla lettera b).4. Se alla data di adesione non è stata espletata la procedura di cui al paragrafo 2, lettera b) e al paragrafo 3, lettera c), le disposizioni del presente accordo si applicano nei rapporti tra gli Stati Uniti d'America e il nuovo Stato membro a decorrere dalla data in cui si sono notificati l'avvenuto espletamento delle procedure interne a tal fine necessarie e l'hanno notificato all'Unione europea.5. Le parti contraenti convengono che il presente accordo riguarda esclusivamente l'assistenza giudiziaria tra gli Stati interessati. Le disposizioni del presente accordo non conferiscono a un privato alcun diritto a ottenere, sopprimere o escludere mezzi di prova né a impedire l'esecuzione di una richiesta, né a estendere o limitare i diritti altrimenti previsti dalla normativa nazionale.Articolo 4Accertamenti bancari1. a) Su domanda dello Stato richiedente, lo Stato richiesto accerta prontamente, a norma del presente articolo, se alle banche ubicate nel suo territorio risulta che una determinata persona fisica o giuridica sospettata o imputata di un reato è titolare di uno o più conti bancari. Lo Stato richiesto comunica senza indugio allo Stato richiedente l'esito degli accertamenti effettuati.b) Gli accertamenti di cui alla lettera a) possono anche essere compiuti per raccogliere:i) informazioni su persone fisiche o giuridiche condannate per un reato o altrimenti implicate in un reato;ii) informazioni presso istituti finanziari diversi dalle banche, oiii) su transazioni finanziarie slegate da conti.2. La domanda di cui al paragrafo 1 include:a) informazioni sull'identità della persona fisica o giuridica utili per localizzare i conti o le transazioni; eb) informazioni sufficienti a permettere all'autorità competente dello Stato richiesto di:i) sospettare ragionevolmente che la persona fisica o giuridica in questione sia implicata in un reato e che le banche o istituti finanziari diversi dalle banche nel territorio dello Stato richiesto possano disporre delle informazioni richieste;ii) giungere alla conclusione che le informazioni richieste riguardano un'indagine o un procedimento penale;c) per quanto possibile, indicazioni sulla banca o sull'istituto finanziario non bancario eventualmente interessati e altre informazioni che possono contribuire a circoscrivere gli accertamenti.3. La trasmissione delle richieste di assistenza a norma del presente articolo è effettuata tramite:a) le autorità centrali competenti per l'assistenza giudiziaria negli Stati membri o le autorità nazionali degli Stati membri competenti per le indagini o l'azione penale, designate a norma dell'articolo 15, paragrafo 2, eb) le autorità nazionali degli Stati Uniti competenti per le indagini o l'azione penale, designate a norma dell'articolo 15, paragrafo 2.Le parti contraenti possono, successivamente all'entrata in vigore del presente accordo, concordare mediante scambio di note diplomatiche, di cambiare, i canali tramite i quali sono effettuate le richieste ai sensi del presente articolo.4. a) Fatta salva la lettera b) uno Stato può, in applicazione dell'articolo 15, limitare il proprio obbligo di prestare assistenza a norma del presente articolo:i) ai reati punibili dalla legge sia dello Stato richiesto sia dello Stato richiedente;ii) ai reati punibili con una pena o misura di sicurezza privativa della libertà non inferiore, nel massimo, a quattro anni nello Stato richiedente e a due anni nello Stato richiesto; oppureiii) a determinati reati gravi punibili dalla legge sia dello Stato richiesto sia dello Stato richiedente.b) Lo Stato che limita il proprio obbligo, a norma della lettera a), punto ii) o iii), permette almeno gli accertamenti sui conti associati ad attività terroristiche e al riciclaggio dei proventi di una vasta gamma di gravi attività criminali, punibili dalla legge sia dello Stato richiesto sia dello Stato richiedente.5. L'assistenza non può essere rifiutata, a norma del presente articolo, per motivi di segreto bancario.6. Lo Stato richiesto risponde a una richiesta volta alla trasmissione dei dati inerenti ai conti o transazioni individuati in applicazione del presente articolo attenendosi alle disposizioni del pertinente trattato di mutua assistenza giudiziaria in vigore tra gli Stati interessati o, in mancanza di questo, ottemperando ai requisiti della sua normativa nazionale.7. Le parti contraenti provvedono a che l'applicazione del presente articolo non comporti oneri straordinari per lo Stato richiesto. Qualora siffatti oneri risultino comunque per lo Stato richiesto, anche riguardo alle banche o per l'utilizzazione dei mezzi di comunicazioni di cui al presente articolo, le parti contraenti procedono immediatamente a consultazioni per facilitare l'applicazione del presente articolo, anche tramite l'adozione dei provvedimenti necessari per limitare gli oneri presenti e futuri.Articolo 5Squadre investigative comuni1. Le parti contraenti che non hanno ancora proceduto in tal senso prendono le misure necessarie a permettere la costituzione e l'operatività di squadre investigative comuni nel rispettivo territorio, di ciascuno Stato membro e degli Stati Uniti d'America, al fine di agevolare le indagini o azioni penali che coinvolgono uno o più Stati membri e gli Stati Uniti d'America, ove ritenuto appropriato sia dallo Stato membro interessato che dagli Stati Uniti d'America.2. Le autorità competenti, responsabili delle indagini o dell'azione penale, designate dallo Stato interessato, concordano le procedure secondo cui la squadra deve operare, quali composizione, durata, ubicazione, organizzazione, funzioni, scopo e condizioni per la partecipazione dei membri della squadra di uno Stato alle attività investigative svolte nel territorio di un altro Stato.3. Ai fini della costituzione e dell'operatività di dette squadre, le autorità competenti, designate dallo Stato interessato, comunicano direttamente, salvo quando si ritiene che la complessità eccezionale, la vastità del campo d'intervento o la presenza di altre circostanze impongano un maggior accentramento del coordinamento su tutti gli aspetti o alcuni di essi; in tal caso gli Stati possono concordare altri canali di comunicazione appropriati.4. Se la squadra investigativa comune ravvisa la necessità che in uno degli Stati che hanno costituito la squadra siano adottate misure investigative, uno dei membri della squadra di detto Stato può farne direttamente richiesta alle proprie autorità competenti senza che gli altri Stati debbano presentare una richiesta di assistenza giudiziaria. I parametri giuridici necessari per ottenere la misura in tale Stato sono quelli applicabili alle attività investigative condotte a livello nazionale.Articolo 6Collegamento in videoconferenza1. Le parti contraenti adottano le misure necessarie per consentire l'impiego di tecnologie per il collegamento video tra ciascuno Stato membro e gli Stati Uniti d'America per l'assunzione della deposizione in un procedimento, per il quale è disponibile l'assistenza giudiziaria, di un testimone o di un perito che si trova nello Stato richiesto, se tale tipo di assistenza non è ancora disponibile. Ove non espressamente previste nel presente articolo, si applicano a tale procedura le modalità previste nel pertinente trattato di assistenza giudiziaria in vigore tra gli Stati in questione o nel diritto dello Stato richiesto, a seconda dei casi.2. Salvo diversa intesa tra lo Stato richiedente e lo Stato richiesto, lo Stato richiedente sostiene i costi per stabilire e mantenere il collegamento video. Gli altri costi risultanti dalla prestazione dell'assistenza (comprese le spese di viaggio dei partecipanti nello Stato richiesto) sono imputati secondo le disposizioni applicabili del trattato di assistenza giudiziaria in vigore tra gli Stati interessati, o, in mancanza di un siffatto trattato, secondo quanto convenuto tra lo Stato richiedente e lo Stato richiesto.3. Lo Stato richiedente e lo Stato richiesto si possono consultare per favorire la soluzione delle eventuali questioni giuridiche, tecniche o logistiche connesse con l'esecuzione della richiesta.4. Fatta salva la competenza giurisdizionale ai sensi della legge dello Stato richiedente, la falsa testimonianza intenzionale o altro comportamento scorretto del testimone o del perito nel corso del collegamento in videoconferenza è punibile nello Stato richiesto nello stesso modo in cui sarebbe punito nell'ambito di un procedimento nazionale.5. Il presente articolo lascia impregiudicato il ricorso agli altri mezzi disponibili per ottenere la deposizione nello Stato richiesto in virtù del trattato o della legge applicabile.6. Il presente articolo lascia impregiudicata l'applicazione delle disposizioni degli accordi bilaterali di mutua assistenza giudiziaria tra gli Stati membri e gli Stati Uniti d'America che esigono o consentono l'impiego di tecnologie di collegamento in videoconferenza per fini non menzionati al paragrafo 1, compreso ai fini dell'identificazione di persone o cose o dell'assunzione di dichiarazioni nel corso dell'indagine. Ove non già previsto dal trattato o dalla legge applicabile, uno Stato può consentire l'impiego di tecnologie di collegamento in videoconferenza in detti casi.Articolo 7Trasmissione rapida di richiesteLe richieste di mutua assistenza giudiziaria e le comunicazioni ad esse relative possono essere inoltrate con mezzi di comunicazione rapida, compresi fax e posta elettronica, con riserva di successiva conferma formale, se lo Stato richiesto la esige. Lo Stato richiesto può rispondere alla richiesta con uno di tali mezzi di comunicazione rapida.Articolo 8Assistenza giudiziaria alle autorità amministrative1. L'assistenza giudiziaria è concessa altresì a un'autorità amministrativa nazionale che indaga su un comportamento, in conformità degli specifici poteri amministrativi o regolamentari conferitile per procedere a tali indagini, allo scopo di perseguire penalmente detto comportamento o di rinviare il caso alle autorità preposte alle indagini o all'azione penale. L'assistenza giudiziaria può essere concessa anche ad altre autorità amministrative nelle medesime circostanze. L'assistenza giudiziaria non è disponibile per materie per le quali l'autorità amministrativa prevede che non si proceda, a seconda dei casi, all'azione penale o al rinvio.2. a) La trasmissione delle richieste di assistenza a norma del presente articolo è effettuata tramite le autorità centrali designate in virtù del trattato bilaterale di mutua assistenza giudiziaria in vigore tra gli Stati interessati o tramite altre autorità eventualmente designate di comune accordo dalle autorità centrali.b) In mancanza di un trattato, la trasmissione delle richieste è effettuata tramite il dipartimento della Giustizia statunitense e il ministero della Giustizia dello Stato membro interessato, o, in applicazione dell'articolo 15, paragrafo 1, analogo ministero, competente per la trasmissione delle richieste di assistenza giudiziaria, o tramite altre autorità eventualmente designate di comune accordo dal dipartimento della Giustizia e detto ministero.3. Le Parti contraenti provvedono a che l'applicazione del presente articolo non comporti oneri straordinari per lo Stato richiesto. Qualora siffatti oneri risultino comunque per lo Stato richiesto, le Parti contraenti procedono immediatamente a consultazioni per facilitare l'applicazione del presente articolo, anche tramite l'adozione dei provvedimenti necessari per limitare gli oneri presenti e futuri.Articolo 9Restrizioni all'uso per motivi di protezione dei dati personali e di altro tipo1. Lo Stato richiedente può utilizzare i mezzi di prova o le informazioni ottenuti dallo Stato richiesto:a) ai fini delle sue indagini e procedimenti penali;b) per la prevenzione di una minaccia immediata e grave per la sua sicurezza pubblica;c) nei suoi procedimenti giudiziari non penali o amministrativi direttamente connessi con le indagini o i procedimenti:i) menzionati alla lettera a), oppureii) per i quali è stata prestata assistenza giudiziaria ai sensi dell'articolo 8;d) per qualsiasi altra finalità se le informazioni o i mezzi di prova sono stati resi pubblici nel quadro dei procedimenti per i quali sono stati trasmessi, o in qualsiasi altra situazione di cui alle lettere a), b) e c);e) per qualsiasi altra finalità, solo previa autorizzazione dello Stato richiesto.2. a) Il presente articolo lascia impregiudicata la facoltà dello Stato richiesto di imporre condizioni supplementari in casi determinati, laddove l'inadempimento di tali condizioni impedisca il soddisfacimento della specifica richiesta di assistenza. Qualora siano state imposte condizioni supplementari conformemente alla presente lettera, lo Stato richiesto può esigere che lo Stato richiedente fornisca precisazioni sull'uso dei mezzi di prova o delle informazioni.b) Lo Stato richiesto non può imporre restrizioni generiche, con riferimento alle norme giuridiche dello Stato richiedente in materia di trattamento dei dati personali, quale condizione di cui alla lettera a) per la comunicazione di mezzi di prova o di informazioni.3. Qualora lo Stato richiesto, successivamente alla comunicazione allo Stato richiedente, venga a conoscenza di circostanze che potrebbero indurlo a prevedere una condizione supplementare in un determinato caso, esso può consultarsi con lo Stato richiedente per determinare in quale misura i mezzi di prova e le informazioni possano essere protetti.4. Lo Stato richiesto può applicare, invece del presente articolo, la disposizione sulla restrizione d'uso prevista dal pertinente trattato bilaterale di assistenza giudiziaria se ne risulta una restrizione minore all'uso delle informazioni e dei mezzi di prova.5. Se il trattato bilaterale di assistenza giudiziaria tra uno Stato membro e gli Stati Uniti d'America, in vigore alla data della firma del presente accordo, consente limitazioni dell'obbligo di prestare assistenza per determinati reati tributari, lo Stato membro interessato può indicare, nello scambio di strumenti scritti con gli Stati Uniti d'America di cui all'articolo 3, paragrafo 2, che per tali reati continuerà ad applicare la disposizione sulla restrizione d'uso contenuta in detto trattato.Articolo 10Richiesta di riservatezza da parte dello Stato richiedenteLo Stato richiesto si adopera al massimo per garantire la riservatezza della richiesta e del suo contenuto se così gli è domandato dallo Stato richiedente. Se la richiesta non può essere eseguita senza violare la riservatezza domandata, l'autorità centrale dello Stato richiesto ne informa lo Stato richiedente, il quale decide se essa debba essere eseguita comunque.Articolo 11ConsultazioniLe parti contraenti si consultano secondo necessità per assicurare la massima efficacia nell'applicazione del presente accordo nonché per agevolare la composizione delle eventuali controversie sulla sua interpretazione o applicazione.Articolo 12Applicazione nel tempo1. Il presente accordo si applica ai reati commessi sia precedentemente sia successivamente alla sua entrata in vigore.2. Il presente accordo si applica alle richieste di assistenza giudiziaria trasmesse successivamente alla sua entrata in vigore. Gli articoli 6 e 7 si applicano tuttavia alle richieste che alla data dell'entrata in vigore dell'accordo sono pendenti nello Stato richiesto.Articolo 13InderogabilitàFatti salvi l'articolo 4, paragrafo 5 e l'articolo 9, paragrafo 2, lettera b), il presente accordo lascia impregiudicata la facoltà dello Stato richiesto di addurre i motivi di rifiuto di assistenza previsti da un trattato bilaterale di assistenza giudiziaria o, in mancanza di questo, derivanti dai suoi pertinenti principi giuridici, e inoltre quando l'esecuzione della richiesta ne pregiudicherebbe la sovranità, la sicurezza, l'ordine pubblico o altri interessi essenziali.Articolo 14Futuri trattati di assistenza giudiziaria tra Stati Uniti e Stati membriIl presente accordo non preclude la conclusione, successivamente alla sua entrata in vigore, di accordi bilaterali fra uno Stato membro e gli Stati Uniti d'America conformi al presente accordo.Articolo 15Designazioni e notificazioni1. Se a norma dell'articolo 8, paragrafo 2, lettera b) è designato un ministero diverso da quello della giustizia, l'Unione europea notifica agli Stati Uniti d'America tale designazione anteriormente allo scambio di strumenti scritti tra gli Stati Uniti d'America e gli Stati membri di cui all'articolo 3, paragrafo 3.2. Previe reciproche consultazioni su quali siano le autorità nazionali responsabili delle indagini e dell'azione penale da designare conformemente all'articolo 4, paragrafo 3, le parti contraenti si notificano, anteriormente allo scambio di strumenti scritti tra gli Stati membri e gli Stati Uniti d'America previsto all'articolo 3, paragrafi 2 e 3, le autorità nazionali da esse designate. Per gli Stati membri che non hanno concluso un trattato di assistenza giudiziaria con gli Stati Uniti d'America, l'Unione europea notifica agli Stati Uniti d'America, anteriormente a tale scambio, l'identità delle autorità centrali di cui all'articolo 4, paragrafo 3.3. Le parti contraenti si notificano le eventuali limitazioni invocate ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 4, anteriormente allo scambio di strumenti scritti tra gli Stati membri di cui all'articolo 3, paragrafi 2 e 3 e gli Stati Uniti d'America.Articolo 16Applicazione territoriale1. Il presente accordo si applica:a) agli Stati Uniti d'America;b) in relazione all'Unione europea:- agli Stati membri,- ai territori le cui relazioni esterne sono di competenza di uno Stato membro o ai paesi che non sono Stati membri nei cui confronti uno Stato membro ha obblighi diversi rispetto alle relazioni esterne, concordati tra le parti contraenti con uno scambio di note diplomatiche debitamente confermate dallo Stato membro pertinente.2. Ciascuna delle parti contraenti può denunciare l'applicazione del presente accordo al territorio o al paese al quale è stata estesa ai sensi del paragrafo 1, lettera b), mediante preavviso scritto di sei mesi all'altra parte per via diplomatica, con debita conferma dello Stato membro pertinente e degli Stati Uniti d'America.Articolo 17RiesameLe parti contraenti stabiliscono di procedere ad un riesame comune del presente accordo al massimo cinque anni dopo la sua entrata in vigore. Il riesame riguarda in particolare l'attuazione pratica dell'accordo e può vertere anche su questioni quali le conseguenze dell'ulteriore evoluzione registrata nell'Unione europea sul tema oggetto del presente accordo.Articolo 18Entrata in vigore e denuncia1. Il presente accordo entra in vigore il primo giorno successivo al terzo mese dalla data in cui le Parti contraenti si sono scambiate gli strumenti a conferma dell'espletamento delle rispettive procedure interne a tal fine necessarie. Detti strumenti indicano inoltre l'avvenuto completamento dell'iter previsto all'articolo 3, paragrafi 2 e 3.2. Ciascuna delle parti contraenti può denunciare il presente accordo in qualsiasi momento mediante notificazione scritta all'altra parte; tale denuncia prende effetto sei mesi dopo la data in cui è stata notificata.In fede di che, i plenipotenziari sottoscritti hanno apposto le loro firme in calce al presente accordoFatto a Washington D.C., addì venticinque giugno duemilatre in duplice esemplare in lingua danese, finlandese, francese, greco, inglese, italiano, olandese, portoghese, spagnolo, svedese e tedesco, tutti i testi facenti ugualmente fede.Por la Unión Europea/For Den Europæiske Union/Für die Europäische Union/Για την Ευρωπαϊκή Ένωση/For the European Union/Pour l'Union européenne/Per l'Unione europea/Voor de Europese Unie/Pela União Europeia/Euroopan unionin puolesta/På Europeiska unionens vägnar>PIC FILE= "L_2003181IT.004001.TIF">Por los Estados Unidos de América/For Amerikas Forenede Stater/Für die Vereinigten Staaten von Amerika/Για τις Ηνωμένες Πολιτείες της Αμερικής/For the United States of America/Pour les États-Unis d'Amérique/Per gli Stati Uniti d'America/Voor de Verenigde Staten van Amerika/Pelos Estados Unidos da América/Amerikan yhdysvaltojen puolesta/På Amerikas förenta staters vägnar>PIC FILE= "L_2003181IT.004002.TIF">Nota esplicativa relativa all'accordo sulla mutua assistenza giudiziaria tra l'Unione europea e gli Stati Uniti d'AmericaLa presente nota rispecchia le intese tra le parti contraenti per l'applicazione di talune disposizioni dell'accordo sull'assistenza giudiziaria tra l'Unione europea e gli Stati Uniti d'America (in seguito "accordo").Articolo 8Per quanto riguarda l'assistenza giudiziaria alle autorità amministrative ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 1, la prima frase dell'articolo 8, paragrafo 1, impone l'obbligo di concedere l'assistenza giudiziaria alle autorità amministrative federali statunitensi richiedenti e alle autorità amministrative nazionali degli Stati membri richiedenti. A norma della seconda frase di tale paragrafo l'assistenza giudiziaria può essere concessa anche ad altre autorità amministrative, non federali o locali. L'applicazione di detta disposizione è lasciata alla discrezionalità dello Stato richiesto.Le parti convengono che, a norma dell'articolo 8, paragrafo 1, prima frase, l'assistenza giudiziaria sia concessa ad una autorità amministrativa richiedente che, al momento della richiesta, sta procedendo a indagini o svolgendo procedimenti nell'intento di perseguire penalmente un comportamento o di rinviare il caso alle competenti autorità preposte all'azione penale, in conformità del mandato conferitole per legge, come illustrato più in dettaglio qui di seguito. Il fatto che, al momento della richiesta, si prenda in considerazione il rinvio ai fini dell'azione penale non esclude che detta autorità possa chiedere sanzioni diverse da quelle penali. Pertanto l'assistenza giudiziaria ottenuta ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 1, può portare l'autorità amministrativa richiedente alla conclusione che non sia appropriato chiedere l'azione penale o il rinvio all'autorità penale. Queste eventuali conseguenze lasciano impregiudicato l'obbligo delle parti contraenti di fornire assistenza ai sensi di detto articolo.Tuttavia l'autorità amministrativa richiedente non può ricorrere all'articolo 8, paragrafo 1, per chiedere assistenza giudiziaria quando non sono presi in considerazione l'azione penale o il rinvio, né nei casi in cui il comportamento su cui s'indaga non è passibile, a norma della legge dello Stato richiedente, di sanzioni penali o di rinvio.L'Unione europea rammenta che, per quanto la riguarda, la materia dell'accordo rientra nelle disposizioni sulla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale di cui al titolo VI del trattato sull'Unione europea e che l'accordo è concluso nell'ambito di tali disposizioni.Articolo 9L'articolo 9, paragrafo 2, lettera b), mira ad assicurare che si possa rifiutare l'assistenza adducendo motivi di protezione dei dati solo in casi eccezionali. Tale situazione potrebbe presentarsi se, una volta ponderati gli interessi importanti in gioco nella fattispecie (da un lato, l'interesse pubblico, compresa la buona amministrazione della giustizia e, dall'altro, l'interesse della vita privata), la comunicazione dei dati specifici chiesti dallo Stato richiedente creasse difficoltà talmente gravi da rientrare per lo Stato richiesto tra i motivi di interessi essenziali che giustificano il rifiuto. Lo Stato richiesto non può quindi applicare in maniera ampia, tassativa o sistematica i principi della protezione dei dati per rifiutare la cooperazione. Pertanto, il fatto che lo Stato richiedente e lo Stato richiesto abbiano sistemi diversi per tutelare la riservatezza dei dati (ad esempio, il fatto che lo Stato richiedente non disponga dell'equivalente del garante della riservatezza dei dati) o ricorrano a mezzi diversi per tutelare i dati personali (ad esempio, il fatto che lo Stato richiedente, per tutelare la riservatezza o l'esattezza dei dati personali comunicati dalle autorità incaricate dell'applicazione della legge, usi mezzi diversi dalla cancellazione) non può, in quanto tale, essere imposto come condizione supplementare a norma dell'articolo 9, paragrafo 2, lettera a).Articolo 14L'articolo 14 dispone che l'accordo non preclude la conclusione, successivamente alla sua entrata in vigore, di accordi bilaterali sull'assistenza giudiziaria tra uno Stato membro e gli Stati Uniti d'America conformi all'accordo.Qualora le misure previste nell'accordo creino difficoltà operative per gli USA e per uno o più Stati membri, tali difficoltà dovrebbero essere risolte in primo luogo, se possibile, mediante consultazioni tra lo Stato membro o gli Stati membri interessati e gli Stati Uniti d'America o, se del caso, mediante le procedure di consultazione previste nell'accordo. Se non fosse possibile risolvere tali difficoltà operative per il solo tramite delle consultazioni, sarebbe conforme all'accordo prevedere per futuri accordi bilaterali tra lo Stato membro dell'UE e gli Stati Uniti d'America un meccanismo alternativo realizzabile sul piano operativo che soddisfacesse gli obiettivi della disposizione specifica che ha dato luogo alle difficoltà.
Accordo con gli Stati Uniti sulla mutua assistenza giudiziaria QUAL È LO SCOPO DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE? L’accordo stabilisce le condizioni relative alla fornitura di assistenza giudiziaria in materia penale tra l’UE e gli Stati Uniti. Mira a rafforzare la cooperazione tra i Paesi dell’UE e gli Stati Uniti, a complemento dei trattati bilaterali conclusi tra gli stessi e gli Stati Uniti. La decisione stabilisce a nome dell’UE l’accordo con gli Stati Uniti relativo all’assistenza giudiziaria reciproca. PUNTI CHIAVE I Paesi dell’UE e gli Stati Uniti applicano le condizioni di questo accordo quadro ai loro trattati bilaterali di assistenza giudiziaria reciproca. In mancanza di un simile trattato, l’UE e gli Stati Uniti si impegnano a garantire l’applicazione dell’accordo. Nel caso in cui i trattati bilaterali esistenti tra i Paesi dell’UE e gli Stati Uniti non siano compatibili con l’accordo, il quadro dell’UE trova applicazione. Assistenza legale reciprocaPer quanto riguarda le informazioni bancarie, se richieste da un determinato Paese, il Paese interpellato deve prontamente identificare e comunicare informazioni in tal riguardo:se una persona fisica o giuridica, sospettata o accusata di un reato, ha uno o più conti bancari;Se vi sono persone fisiche o giuridiche condannate o coinvolte in un reato;informazioni presso istituti finanziari diversi dalle banche;transazioni finanziarie non connesse a conti bancari. Le richieste di assistenza dei Paesi dell’UE sono trasmesse dalle autorità centrali responsabili dell’assistenza giudiziaria o dalle autorità nazionali incaricate di indagare o perseguire i reati. Gli Stati Uniti trasmettono le proprie richieste di assistenza tramite le proprie autorità nazionali incaricate di indagare o perseguire i reati e che sono specificamente designate ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2 dell’accordo. Il Paese richiedente può utilizzare un mezzo di comunicazione accelerato, come fax o email, per la trasmissione della richiesta di assistenza e le relative comunicazioni, seguita da conferma formale se richiesta dal Paese interpellato. Il Paese richiedente può richiedere al Paese interpellato di tenere una richiesta di assistenza e il suo contenuto riservati. L’autorità centrale del Paese interpellato deve informare il Paese richiedente se non può dare seguito alla richiesta di assistenza senza violare la riservatezza. Il Paese richiedente deve quindi decidere se la richiesta di assistenza possa essere evasa o meno. L’UE e gli Stati Uniti devono consentire la costituzione e il funzionamento di squadre investigative comuni per facilitare indagini o azioni penali tra uno o più Paesi dell’UE e gli Stati Uniti. L’UE e gli Stati Uniti devono inoltre abilitare le videoconferenze tra i Paesi dell’UE e gli Stati Uniti per inviare testimonianze di testimoni o esperti nei procedimenti. Assistenza alle autorità amministrativeL’assistenza giudiziaria deve essere fornita anche alle autorità nazionali e ad altre autorità amministrative, ma solo quando la condotta oggetto dell’inchiesta porta ad un procedimento penale o ad un deferimento ad autorità investigative o giudiziarie. L’assistenza non sarà disponibile per le questioni in cui l’autorità amministrativa anticipa che non si procederà ad alcuna azione giudiziaria o rinvio, come richiesto dal caso. Le autorità responsabili della trasmissione di richieste di assistenza sono designate conformemente ai trattati bilaterali di assistenza giudiziaria reciproca tra i Paesi interessati. Laddove tale trattato non esiste, le richieste vengono trasmesse tra il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti e il Ministero della Giustizia del Paese dell’UE o un altro ministero equivalente che è responsabile della trasmissione delle richieste di assistenza giudiziaria reciproca. L’assistenza non può essere rifiutata in nome del segreto bancario. Protezione dei dati personaliIl Paese richiedente può utilizzare esclusivamente i mezzi di prova o le informazioni trasmesse dal paese interpellato in relazione a:sue indagini e procedimenti penali;protezione della sua sicurezza pubblica rispetto a una minaccia immediata e grave;suoi procedimenti giudiziari non penali o amministrativi direttamente connessi con le indagini penali o i procedimenti;altri fini, a condizione che le informazioni o i mezzi di prova siano stati resi pubblici o il Paese interpellato abbia fornito l’autorizzazione preventiva. Il Paese interpellato può imporre condizioni supplementari che limitano l’uso delle prove o delle informazioni in un caso particolare se, a causa dell’assenza di tali condizioni, non fosse in grado di soddisfare la particolare richiesta di assistenza. In tal caso, il Paese interpellato può richiedere al Paese richiedente di fornire informazioni sull’uso che intende fare di prove o informazioni. Oltre alle limitazioni d’uso sopra menzionate ai fini della protezione di dati personali e di altro tipo, l’accordo tra gli Stati Uniti d’America e l’Unione europea sulla protezione delle informazioni personali relative alla prevenzione, all’indagine, all’individuazione e al perseguimento di reati (Accordo UE-Stati Uniti d’America) integra, ove necessario, le garanzie di protezione dei dati contenute nell’accordo. Revisione dell’Accordo In linea con l’articolo 17 dell’accordo, l’UE e gli Stati Uniti hanno portato a termine una revisione del funzionamento dell’accordo nel 2015-2016. La conclusione della revisione ha confermato che, in termini generali, l’accordo ha avuto successo. Il processo di revisione ha generato anche raccomandazioni per migliorare il funzionamento pratico della relazione di assistenza giudiziaria UE-USA, compresa una migliore condivisione delle conoscenze tra i professionisti sulle leggi e sui processi di terzi e per utilizzare meglio la tecnologia al fine di accelerare la trasmissione di richieste, prove e comunicazioni generali. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 1° febbraio 2010. È stato implementato nei Paesi dell’UE con strumenti bilaterali. CONTESTO GENERALE Per ulteriori informazioni, consultare:Assistenza giudiziaria reciproca ed estradizione (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Accordo sull’assistenza giudiziaria tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America (GU L 181 del 19.7.2003, pag. 34). Decisione 2009/820/PESC del Consiglio, del 23 ottobre 2009 relativa alla conclusione a nome dell’Unione europea dell’accordo sull’estradizione tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America e l’accordo sull’assistenza giudiziaria tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America (GU L 291 del 7.11.2009, pag. 40). Decisione 2003/516 CE del Consiglio, del 6 giugno 2003 relativa alla firma degli accordi tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America in materia di estradizione e assistenza giudiziaria relativa a questioni di natura penale (GU L 181 del 19.7.2003, pag. 25). DOCUMENTI CORRELATI Accordo tra gli Stati Uniti d’America e l’Unione europea sulla protezione delle informazioni personali relative alla prevenzione, all’indagine, all’individuazione e al perseguimento di reati (GU L 336 del 10.12.2016, pag. 3). Informazioni sulla data di entrata in vigore degli accordi di estradizione e di assistenza giudiziaria reciproca tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America (GU L 323 del 10.12.2009, pag. 11).
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DECISIONE N. 445/2014/UE DEL PARLAMENTO E DEL CONSIGLIO del 16 aprile 2014 che istituisce un'azione dell'Unione «Capitali europee della cultura» per gli anni dal 2020 al 2033 e che abroga la decisione n. 1622/2006/CE IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 167, paragrafo 5, primo trattino, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visti i pareri del Comitato delle regioni (1), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) Il trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) ha lo scopo di creare un'unione sempre più stretta tra i popoli europei e assegna all'Unione, tra l'altro, il compito di contribuire al pieno sviluppo delle culture degli Stati membri, nel rispetto delle loro diversità nazionali e regionali, evidenziando nel contempo il retaggio culturale comune. A tale riguardo, se necessario, l'Unione appoggia e integra l'azione degli Stati membri intesa a migliorare la conoscenza e a diffondere la cultura e la storia dei popoli europei. (2) La comunicazione della Commissione del 10 maggio 2007 su un'agenda europea per la cultura in un mondo in via di globalizzazione, adottata dal Consiglio con sua risoluzione del 16 novembre 2007 (3) e dal Parlamento europeo con sua risoluzione del 10 aprile 2008 (4), stabilisce gli obiettivi per le attività future dell'Unione in ambito culturale. Tali attività devono promuovere la diversità culturale e il dialogo interculturale, la cultura quale catalizzatore della creatività nell'ambito della strategia per la crescita e l'occupazione, nonché la cultura come elemento essenziale delle relazioni internazionali dell'Unione. (3) La Convenzione sulla protezione e promozione della diversità delle espressioni culturali dell'Unesco, entrata in vigore il 18 marzo 2007, e della quale l'Unione è parte, mira a proteggere e promuovere la diversità culturale, stimolare l'interculturalità e promuovere la consapevolezza del valore della diversità culturale ai livelli locale, nazionale e internazionale. (4) La decisione n. 1622/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5), ha istituito un'azione a favore della manifestazione «Capitale europea della cultura» per gli anni dal 2007 al 2019. (5) Le valutazioni delle Capitali europee della cultura e la consultazione pubblica sul futuro dell'azione dopo il 2019 hanno dimostrato che la manifestazione è diventata progressivamente una delle iniziative culturali più ambiziose e apprezzate in Europa. È opportuno, pertanto, istituire una nuova azione per coprire gli anni 2020-2033. (6) Agli obiettivi iniziali delle Capitali europee della cultura, che erano la valorizzazione della ricchezza e della diversità delle culture europee e delle loro caratteristiche comuni nonché la promozione di una maggiore comprensione reciproca tra i cittadini europei, le città cui è stato attribuito il titolo di Capitale europea della cultura («titolo») hanno progressivamente aggiunto una nuova dimensione utilizzando l'effetto incentivante del titolo per stimolare un loro sviluppo più generale conformemente alle loro rispettive strategie e priorità. (7) Pertanto, gli obiettivi dell'azione stabiliti dalla presente decisione dovrebbero essere pienamente in linea con quelli del programma Europa creativa, istituito con regolamento (UE) n. 1295/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (6), che mira a salvaguardare, sviluppare e promuovere la diversità culturale e linguistica europea, a promuovere il patrimonio culturale europeo e a rafforzare la competitività dei settori culturali e creativi europei, in particolare del settore audiovisivo, al fine di sostenere una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Il conseguimento di tali obiettivi dovrebbe altresì aiutare nel rafforzare il sentimento di appartenenza a un'area culturale comune e nello stimolare il dialogo interculturale e la comprensione reciproca. (8) Per realizzare tali obiettivi è importante che le città cui è stato attribuito il titolo cerchino di sviluppare legami tra, da una parte, i loro settori culturali e creativi, e, dall'altra, settori come l'istruzione, la ricerca, l'ambiente, lo sviluppo urbano o il turismo culturale. In particolare l'esperienza passata ha mostrato il potenziale delle Capitali europee della cultura quale catalizzatore per lo sviluppo locale e il turismo culturale come evidenziato nella comunicazione della Commissione del 30 giugno 2010 intitolata «L'Europa, prima destinazione turistica mondiale — un nuovo quadro politico per il turismo europeo», accolta con favore dal Consiglio nelle sue conclusioni del 12 ottobre 2010 e approvata dal Parlamento europeo nella sua risoluzione del 27 settembre 2011 (7). (9) È altresì importante che le città cui è stato attribuito il titolo cerchino di promuovere l'inclusione sociale e le pari opportunità e si adoperino al massimo per assicurare il coinvolgimento più ampio possibile di tutte le componenti della società civile nella preparazione ed attuazione del programma culturale, con una particolare attenzione per i giovani e i gruppi emarginati e svantaggiati. (10) Le valutazioni e la consultazione pubblica hanno altresì dimostrato in maniera convincente che le Capitali europee della cultura possono offrire notevoli vantaggi se il progetto è attentamente pianificato. Pur restando innanzitutto un'iniziativa culturale, la manifestazione può anche portare importanti ripercussioni positive a livello sociale ed economico, in particolare se inserita in una strategia di sviluppo a lungo termine per la città interessata, basata sulla cultura. (11) L'azione delle Capitali europee della cultura ha anche comportato, tuttavia, notevoli difficoltà. L'organizzazione di un programma culturale della durata di un anno è un compito impegnativo e alcune città cui è stato attribuito il titolo sono riuscite meglio di altre a sfruttare le potenzialità offerte dal titolo. È quindi opportuno consolidare tale azione per aiutare tutte le città a sfruttare pienamente il titolo. (12) È opportuno che il titolo continui a essere riservato alle città, indipendentemente dalla loro dimensione, ma queste ultime dovrebbero avere, quanto prima, la possibilità di coinvolgere l'area circostante per raggiungere un pubblico più vasto e amplificare l'impatto della manifestazione. (13) L'attribuzione del titolo dovrebbe continuare a basarsi su un programma culturale creato appositamente, caratterizzato da una forte dimensione europea. Tale programma culturale dovrebbe rientrare in una strategia a più lungo termine con un impatto sostenibile sullo sviluppo economico, culturale e sociale a livello locale. (14) Il processo di selezione in due fasi, realizzato da una giuria di esperti indipendenti sulla base di un elenco cronologico di Stati membri, ha dato prova di equità e trasparenza. Esso ha consentito alle città di migliorare le loro candidature tra la fase di preselezione e quella della selezione grazie ai pareri espressi dagli esperti di tale giuria e ha garantito una ripartizione equa del titolo in tutti gli Stati membri. Inoltre, per salvaguardare la continuità dell'azione delle Capitali europee della cultura ed evitare la perdita di esperienza e conoscenze che si verificherebbe in caso di sostituzione simultanea di tutti gli esperti, la sostituzione degli esperti dovrebbe essere scaglionata. (15) La competenza nazionale dovrebbe continuare a essere garantita agli Stati membri, fornendo loro la possibilità di nominare fino a due esperti nella giuria incaricata della procedura di selezione e di monitoraggio. (16) È opportuno che i criteri di selezione siano formulati in modo più preciso per orientare meglio le città candidate riguardo agli obiettivi e ai requisiti che devono soddisfare al fine di ottenere il titolo. Tali criteri di selezione dovrebbero, inoltre, essere più semplici da quantificare per aiutare la giuria nella selezione e nel monitoraggio delle città. A tal riguardo è opportuno attribuire un'attenzione particolare ai piani per le attività legate al titolo inseriti in una strategia di politica culturale a lungo termine delle città candidate, che possano produrre un impatto culturale, economico e sociale sostenibile. (17) È opportuno che le città candidate esplorino la possibilità, se del caso, di chiedere di utilizzare il sostegno finanziario dei programmi e dei fondi dell'Unione. (18) La fase di preparazione che intercorre fra la nomina di una città e l'anno della manifestazione è di importanza fondamentale per il successo dell'azione «Capitali europee della cultura». Le parti coinvolte concordano ampiamente sulla grande utilità per le città interessate delle misure di accompagnamento introdotte dalla decisione n. 1622/2006/CE. È opportuno rafforzare ulteriormente tali misure, in particolare aumentando la frequenza delle riunioni di monitoraggio e delle visite alle città da parte degli esperti della giuria e consolidando ancora di più lo scambio di esperienze tra città cui è stato attribuito il titolo passate, presenti e future, come pure fra città candidate. Le città nominate potrebbero altresì sviluppare ulteriori collegamenti con le altre città detentrici del titolo. (19) Il premio Melina Mercouri, istituito con decisione n. 1622/2006/CE, ha acquisito un forte valore simbolico, che va ben oltre la somma effettiva versata dalla Commissione. Per assicurarsi che le città nominate rispettino i propri impegni, le condizioni per il versamento della somma relativa a tale premio in denaro devono tuttavia essere più rigorose e precise. (20) È importante che le città interessate pongano in risalto in tutto il materiale di comunicazione che l'azione istituita dalla presente decisione è un'azione dell'Unione. (21) Le valutazioni delle precedenti Capitali europee della cultura realizzate dalla Commissione, che si basano sui dati raccolti a livello locale, non sono state in grado di fornire dati primari sull'impatto del titolo. Le città stesse devono pertanto essere i soggetti principali nel processo di valutazione. (22) L'esperienza passata ha dimostrato che la partecipazione dei paesi candidati può aiutare ad avvicinarli all'Unione mettendo in evidenza gli aspetti comuni delle culture europee. È quindi opportuno aprire nuovamente l'azione istituita dalla presente decisione alla partecipazione dei paesi candidati e potenziali candidati dopo il 2019. (23) Tuttavia, nel periodo coperto dalla presente decisone, segnatamente dal 2020 al 2033, per motivi di equità nei confronti delle città degli Stati membri, le città dei paesi candidati e potenziali candidati sono autorizzate a partecipare a un solo concorso per l'ottenimento del titolo. Ancora, per motivi di equità nei confronti degli Stati membri, ogni paese candidato o potenziale candidato dovrebbe essere autorizzato a ospitare la manifestazione una sola volta durante tale periodo. (24) La decisione n. 2006/1622/CE dovrebbe essere abrogata. Le disposizioni di tale decisione dovrebbero, tuttavia, continuare a essere applicate per tutte le città che sono state già nominate o in procinto di essere nominate per gli anni che vanno fino al 2019. (25) Poiché gli obiettivi della presente decisione, segnatamente tutelare e promuovere la diversità delle culture in Europa, valorizzare le loro caratteristiche comuni e promuovere il contributo della cultura allo sviluppo a lungo termine delle città, non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della portata e degli effetti dell'azione in questione, possono essere conseguiti meglio a livello dell'Unione, soprattutto data la necessità di criteri e procedure comuni, chiari e trasparenti per la selezione e il monitoraggio, come pure di un forte coordinamento tra Stati membri, l'Unione può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea. La presente decisione si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Istituzione È istituita un'azione dell'Unione dal titolo «Capitali europee della cultura» per gli anni dal 2020 al 2033 («azione»). Articolo 2 Obiettivi 1. Gli obiettivi generali dell'azione sono i seguenti: a) tutelare e promuovere la diversità delle culture in Europa e valorizzare le loro caratteristiche comuni nonché accrescere il senso di appartenenza dei cittadini europei a un'area culturale comune; b) promuovere il contributo della cultura allo sviluppo a lungo termine delle città conformemente alle loro rispettive strategie e priorità. 2. Gli obiettivi specifici dell'azione sono i seguenti: a) migliorare l'ampiezza, la diversità e la dimensione europea dell'offerta culturale delle città, anche attraverso la cooperazione transnazionale; b) ampliare l'accesso e la partecipazione alla cultura; c) rafforzare le capacità del settore culturale e i suoi collegamenti con altri settori; d) aumentare la visibilità delle città a livello internazionale mediante la cultura. Articolo 3 Accesso all'azione 1. La partecipazione al concorso per il titolo è aperta unicamente alle città; esse possono associare i territori circostanti. 2. Il numero delle città cui è stato attribuito il titolo in un determinato anno («anno del titolo») non può essere superiore a tre. Ogni anno il titolo è attribuito a una sola città di ciascuno dei due Stati membri indicati nel calendario di cui all'allegato («calendario») e, negli anni pertinenti, a una città dei paesi candidati e potenziali candidati o a una città di un paese che aderisce all'Unione nelle circostanze di cui al paragrafo 5. 3. Le città degli Stati membri possono essere nominate per l'attribuzione del titolo per un anno conformemente all'ordine degli Stati membri risultante dal calendario. 4. Le città dei paesi candidati e potenziali candidati che, alla data di pubblicazione dell'invito a presentare la candidatura di cui all'articolo 10, paragrafo 2, partecipano al programma Europa creativa o a successivi programmi dell'Unione a sostegno della cultura, possono candidarsi al titolo per un anno nell'ambito di un concorso generale organizzato ogni tre anni conformemente al calendario. Le città dei paesi candidati e potenziali candidati sono autorizzate a partecipare a un solo concorso nel periodo dal 2020 al 2033. Ogni paese candidato o potenziale candidato è autorizzato a ospitare la manifestazione una sola volta nel periodo dal 2020 al 2033. 5. Qualora un paese aderisca all'Unione dopo il 4 maggio 2014 ma prima del 1o gennaio 2027, può ospitare la manifestazione, a norma delle disposizioni e delle procedure applicabili agli Stati membri, sette anni dopo la propria adesione. Il calendario è aggiornato di conseguenza. Qualora un paese aderisca all'Unione il 1o gennaio 2027 o successivamente, non può partecipare alla presente azione in qualità di Stato membro. Tuttavia, negli anni in cui, a norma del calendario, vi siano già tre città cui è stato attribuito il titolo, alle città dei paesi di cui al primo comma può essere attribuito il titolo solamente nel successivo anno disponibile nel calendario, secondo l'ordine di adesione di tali paesi. Una città di un paese di cui al primo comma, la quale abbia precedentemente partecipato a un concorso per paesi candidati e potenziali candidati, non può partecipare a nessun successivo concorso per gli Stati membri. Qualora una città di un paese aderente sia stata nominata per detenere il titolo nel periodo dal 2020 al 2033 in conformità del paragrafo 4, tale paese non potrà, dopo la sua adesione, organizzare un concorso in qualità di Stato membro durante tale periodo. Qualora più di un paese aderisca all'Unione alla stessa data e non si riesca a giungere a un accordo circa l'ordine di partecipazione all'azione tra questi paesi, il Consiglio procede a un sorteggio. Articolo 4 Candidatura 1. La Commissione predispone un formulario comune di candidatura che riflette i criteri di cui all'articolo 5 e che è utilizzato da tutte le città candidate. Qualora una città candidata associ il territorio circostante, la candidatura viene presentata con il nome di tale città. 2. Ogni candidatura deve basarsi su un programma culturale caratterizzato da una forte dimensione europea. Il presente programma culturale copre l'anno della manifestazione ed è specificamente ideato per il titolo, secondo i criteri di cui all'articolo 5. Articolo 5 Criteri I criteri per la valutazione delle candidature («criteri») sono suddivisi nelle categorie «contributo alla strategia a lungo termine», «dimensione europea», «contenuto culturale e artistico», «capacità di realizzazione», «portata» e «gestione», nel modo seguente: 1) per quanto riguarda la categoria «contributo alla strategia a lungo termine» vengono presi in considerazione i seguenti fattori: a) l'esistenza di una strategia culturale per la città candidata al momento della candidatura, che comprenda l'azione e i piani di sostegno alle attività culturali oltre l'anno del titolo; b) i piani per rafforzare le capacità dei settori culturali e creativi, ivi incluso lo sviluppo di legami a lungo termine tra i settori culturale, economico e sociale della città candidata; c) l'impatto a lungo termine, incluso lo sviluppo urbano, che si prevede il titolo possa avere a livello culturale, sociale ed economico sulla città candidata; d) i piani per il monitoraggio e la valutazione dell'impatto del titolo sulla città candidata e per la diffusione dei risultati della valutazione; 2) per quanto riguarda la categoria «dimensione europea», sono valutati i seguenti fattori: a) la portata e la qualità delle attività destinate a promuovere la diversità culturale dell'Europa, il dialogo interculturale e una maggiore comprensione reciproca tra i cittadini europei; b) la portata e la qualità delle attività destinate a valorizzare gli aspetti comuni delle culture, del patrimonio e della storia dell'Europa, come pure l'integrazione europea e i temi europei attuali; c) la portata e la qualità delle attività cui partecipano gli artisti europei, la cooperazione con operatori o città di paesi diversi, incluso, se del caso, con altre città cui è stato attribuito il titolo, e i partenariati transnazionali; d) la strategia che sarà adottata per suscitare l'interesse di un vasto pubblico europeo ed internazionale; 3) per quanto riguarda la categoria «contenuto culturale e artistico», vengono valutati i seguenti fattori: a) l'esistenza di una visione artistica e di una strategia chiare e coerenti per il programma culturale; b) la partecipazione di artisti e organizzazioni culturali locali all'ideazione e all'attuazione del programma culturale; c) l'ampiezza e la diversità delle attività proposte e la loro qualità artistica complessiva; d) la capacità di combinare il patrimonio culturale locale e le forme d'arte tradizionali con espressioni culturali nuove, innovative e sperimentali; 4) per quanto riguarda la categoria «capacità di realizzazione», le città candidate devono dimostrare che: a) la candidatura gode di un ampio e forte sostegno politico e di un impegno sostenibile da parte delle autorità locali, regionali e nazionali; b) la città dispone o disporrà di infrastrutture adeguate e sostenibili a lungo termine per detenere il titolo; 5) per quanto riguarda la categoria «portata», sono valutati i seguenti fattori: a) il coinvolgimento della popolazione locale e della società civile nella preparazione della candidatura e nella realizzazione dell'azione; b) la creazione di opportunità nuove e sostenibili che consentano a un gran numero di cittadini di assistere o partecipare ad attività culturali, soprattutto giovani, volontari e gruppi emarginati o svantaggiati, comprese le minoranze, con un'attenzione particolare alle persone disabili e agli anziani, per quanto attiene alla loro accessibilità a tali attività; c) la strategia generale di sviluppo del pubblico e in particolare il legame con il settore dell'istruzione e la partecipazione delle scuole. 6) per quanto riguarda la categoria «gestione», sono valutati i seguenti fattori: a) la sostenibilità della strategia di raccolta di fondi e del bilancio proposto che include, se del caso, i piani per chiedere il sostegno finanziario dei programmi e dei fondi dell'Unione, e che copre la fase preparatoria, l'anno del titolo, la valutazione e la continuazione delle attività legate al titolo, e il piano di emergenza; b) la struttura di governance e di attuazione prevista per l'esecuzione dell'azione che contempli, fra l'altro, la predisposizione di un'adeguata collaborazione tra le autorità locali e l'organismo di attuazione, inclusa la direzione artistica; c) le procedure di nomina dei direttori generali ed artistici e i loro campi di azione; d) la strategia di marketing e comunicazione deve essere globale e deve porre in rilievo il fatto che l'azione è un'azione dell'Unione; e) la possibilità che l'organismo di attuazione disponga di personale con capacità ed esperienza adeguate per pianificare, gestire e realizzare il programma culturale dell'anno del titolo. Articolo 6 Giuria di esperti 1. È istituita una giuria di esperti indipendenti («giuria»), incaricata delle procedure di selezione e monitoraggio. 2. La giuria è costituita da dieci esperti nominati dalle istituzioni e dagli organi dell'Unione («esperti europei») in conformità del paragrafo 3. 3. Dopo l'organizzazione di un invito generale a manifestare interesse, la Commissione propone un gruppo di potenziali esperti europei. Il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione procedono a selezionare ciascuno tre esperti del gruppo e li nominano conformemente alle rispettive procedure. Il Comitato delle regioni seleziona un esperto del gruppo e nomina tale esperto conformemente alle proprie procedure. Nel selezionare gli esperti europei, ciascuna di tali istituzioni od organi dell'Unione si adopera per garantire, nella composizione complessiva della giuria, la complementarità delle competenze, una distribuzione geografica equilibrata e l'equilibrio di genere. 4. Oltre agli esperti europei, per la selezione e il monitoraggio della città di uno Stato membro, lo Stato membro interessato è autorizzato a nominare fino a due esperti nella giuria, conformemente alle proprie procedure e di concerto con la Commissione. 5. Tutti gli esperti: a) sono cittadini dell'Unione; b) sono indipendenti; c) hanno esperienza e competenze rilevanti nei settori: i) della cultura; ii) dello sviluppo culturale delle città; o iii) nell'organizzazione di una Capitale europea della cultura o di un evento culturale internazionale di simile portata e dimensioni; d) sono in grado di dedicare un numero appropriato di giorni di lavoro all'anno alla giuria. 6. La giuria nomina il suo presidente. 7. Gli esperti europei sono nominati per un periodo di tre anni. Fatto salvo il primo comma, per quanto concerne la prima costituzione della giuria, il Parlamento europeo nomina i suoi esperti per tre anni, la Commissione per due anni e il Consiglio e il Comitato delle regioni per un anno. 8. Tutti gli esperti dichiarano qualsiasi conflitto di interessi in atto o potenziale rispetto a una determinata città candidata. Qualora un esperto rilasci una tale dichiarazione o venga alla luce un conflitto di interessi di questo tipo, l'esperto interessato si dimette e l'istituzione o l'organo dell'Unione o lo Stato membro pertinenti sostituiscono l'esperto per il periodo restante del mandato conformemente alla procedura pertinente. Articolo 7 Presentazione delle candidature negli Stati membri 1. Ogni Stato membro è responsabile dell'organizzazione del concorso tra le città del suo territorio conformemente al calendario. 2. Gli Stati membri interessati pubblicano un invito a presentare candidature almeno sei anni prima dell'anno del titolo. In deroga a quanto disposto al primo comma, gli Stati membri che possono designare una città per detenere il titolo nel 2020, pubblicano tale invito quanto prima dopo il 4 maggio 2014. Ogni invito a presentare candidature contiene il formulario di candidatura di cui all'articolo 4, paragrafo 1. Per ciascuno degli inviti a presentare candidature il termine per la presentazione da parte delle città candidate è fissato a non meno di dieci mesi dalla data di pubblicazione. 3. Gli Stati membri interessati comunicano le candidature alla Commissione. Articolo 8 Preselezione negli Stati membri 1. Ciascuno Stato membro interessato convoca la giuria a una riunione di preselezione con le città candidate al più tardi cinque anni prima dell'anno del titolo. In deroga a quanto disposto al primo comma, gli Stati membri che possono designare le città per detenere il titolo per l'anno 2020 possono prorogare il termine per un anno al massimo. 2. La giuria, dopo aver valutato le candidature conformemente ai criteri, concorda su un elenco ristretto di città candidate e predispone una relazione di preselezione relativa a tutte le candidature fornendo, tra l'altro, raccomandazioni alle città candidate preselezionate. 3. La giuria presenta la relazione di preselezione agli Stati membri interessati e alla Commissione. 4. Ciascuno Stato membro interessato approva formalmente la preselezione in base alla relazione della giuria. Articolo 9 Selezione negli Stati membri 1. Le città candidate preselezionate completano e rivedono le loro candidature in modo da conformarsi ai criteri e tener conto delle raccomandazioni contenute nella relazione di preselezione e le trasmettono allo Stato membro interessato, che le inoltra quindi alla Commissione. 2. Entro nove mesi dalla riunione di preselezione ciascuno Stato membro interessato convoca la giuria a una riunione di selezione con le città candidate preselezionate. Se necessario lo Stato membro interessato, di concerto con la Commissione, può prorogare tale termine di nove mesi per un periodo ragionevole. 3. La giuria valuta le candidature completate e rivedute. 4. La giuria predispone una relazione di selezione sulle candidature delle città preselezionate con una raccomandazione sulla designazione di una sola città dello Stato membro interessato. La relazione di selezione contiene anche raccomandazioni alla città interessata sui progressi da realizzare entro l'anno del titolo. La giuria presenta la relazione di selezione agli Stati membri interessati e alla Commissione. 5. In deroga al paragrafo 4, se nessuna delle città candidate soddisfa tutti i criteri, la giuria può raccomandare che il titolo non venga attribuito per l'anno in questione. Articolo 10 Preselezione e selezione nei paesi candidati e potenziali candidati 1. La Commissione è responsabile dell'organizzazione del concorso tra le città dei paesi candidati e potenziali candidati. 2. La Commissione pubblica nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea un invito a presentare candidature almeno sei anni prima dell'anno del titolo. Ciascun invito a presentare candidature contiene il formulario di candidatura di cui all'articolo 4, paragrafo 1. Per ciascuno degli inviti a presentare candidature il termine per la presentazione è fissato a non meno di dieci mesi dalla data di pubblicazione. 3. La preselezione delle città è effettuata dalla giuria almeno cinque anni prima dell'anno del titolo, sulla base delle rispettive candidature. Non è organizzata alcuna riunione con le città candidate. La giuria, dopo aver valutato le candidature conformemente ai criteri, concorda su un elenco ristretto di città candidate e predispone una relazione di preselezione relativa a tutte le candidature fornendo, tra l'altro, raccomandazioni alle città candidate preselezionate. La giuria presenta la relazione di preselezione alla Commissione. 4. Le città candidate preselezionate completano e rivedono le loro candidature in modo da conformarsi ai criteri e tener conto delle raccomandazioni contenute nella relazione di preselezione e le trasmettono alla Commissione. Entro nove mesi dalla riunione di preselezione la Commissione convoca la giuria a una riunione di selezione finale con le città candidate preselezionate. Se necessario la Commissione può prorogare tale termine di nove mesi per un periodo ragionevole. 5. La giuria valuta le candidature completate e rivedute. 6. La giuria predispone una relazione di selezione sulle candidature delle città candidate preselezionate unitamente ad una raccomandazione sulla nomina di una sola città di un paese candidato o potenziale candidato. La relazione di selezione contiene anche raccomandazioni alla città interessata sui progressi da realizzare entro l'anno del titolo. La giuria presenta la relazione di selezione alla Commissione. 7. In deroga al paragrafo 6, se nessuna delle città candidate soddisfa tutti i criteri, la giuria può raccomandare che il titolo non venga attribuito per l'anno in questione. Articolo 11 Designazione 1. Ciascuno Stato membro interessato designa una città per detenere il titolo, sulla base delle raccomandazioni contenute nella relazione di selezione della giuria, e notifica tale designazione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Commissione e al Comitato delle regioni almeno quattro anni prima dell'anno del titolo. In deroga a quanto disposto al primo comma, gli Stati membri che possono designare le città per detenere il titolo per l'anno 2020 possono prorogare il termine quadriennale per un anno al massimo. 2. Nel caso di paesi candidati e potenziali candidati la Commissione designa una città per detenere il titolo per gli anni pertinenti, sulla base delle raccomandazioni contenute nella relazione di selezione della giuria, e notifica tale designazione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato delle regioni almeno quattro anni prima dell'anno del titolo. 3. Le designazioni di cui ai paragrafi 1 e 2 sono accompagnate da una motivazione basata sulle relazioni della giuria. 4. Qualora una città associ il territorio circostante, si designa la città. 5. Entro due mesi dalla notifica della designazione, la Commissione pubblica l'elenco delle città designate Capitale europea della cultura nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, serie C. Articolo 12 Cooperazione tra le città designate Le città designate per lo stesso anno si adoperano per stabilire collegamenti tra i rispettivi programmi culturali; tale cooperazione può essere presa in considerazione nell'ambito della procedura di monitoraggio di cui all'articolo 13. Articolo 13 Monitoraggio 1. La giuria segue i preparativi delle città designate per l'anno del titolo fornisce loro appoggio e orientamenti dal momento della nomina fino all'inizio dell'anno del titolo. 2. A tal fine la Commissione convoca tre riunioni di monitoraggio cui partecipano la giuria e le città nominate come segue: a) tre anni prima dell'anno del titolo; b) diciotto mesi prima dell'anno del titolo; c) due mesi prima dell'anno del titolo. Lo Stato membro o il paese candidato o potenziale candidato interessato può designare un osservatore per partecipare a queste riunioni. Sei settimane prima di ciascuna riunione di monitoraggio, le città designate presentano alla Commissione relazioni sullo stato di avanzamento dei lavori. Durante le riunioni di monitoraggio la giuria fa il punto sui preparativi e fornisce consulenze al fine di aiutare le città designate a predisporre un programma culturale di elevata qualità e una strategia efficace. La giuria presta particolare attenzione alle raccomandazioni formulate nella relazione di selezione e in qualsiasi precedente relazione di monitoraggio di cui al paragrafo 3. 3. Dopo ogni riunione di monitoraggio la giuria predispone una relazione di monitoraggio sull'andamento dei preparativi e sulle eventuali misure da adottare. La giuria trasmette le sue relazioni di monitoraggio alla Commissione, nonché a tutte le città designate e allo Stato membro o ai paesi candidati o potenziali candidati interessati. 4. Oltre alle riunioni di monitoraggio, la Commissione può organizzare, ove necessario, visite dei membri della giuria alle città designate. Articolo 14 Premio 1. La Commissione può assegnare ad una città nominata un premio pecuniario in onore di Melina Mercouri («premio») in funzione delle disponibilità finanziarie previste dal quadro finanziario pluriennale. Gli aspetti giuridici e finanziari relativi a tale premio rientrano nell'ambito dei rispettivi programmi dell'Unione a sostegno della cultura. 2. Il premio in denaro è versato entro la fine del mese di marzo dell'anno del titolo, purché la città designata interessata continui a onorare gli impegni assunti all'atto della candidatura, si conformi ai criteri e tenga conto delle raccomandazioni contenute nelle relazioni di selezione e monitoraggio. Si ritiene che la città nominata abbia onorato gli impegni assunti all'atto della candidatura se non sono state apportate modifiche sostanziali al programma e alla strategia tra la fase di candidatura e l'anno del titolo, in particolare: a) se il bilancio è stato mantenuto ad un livello tale da permettere di realizzare un programma culturale di elevata qualità in linea con la candidatura e i criteri; b) se l'indipendenza della direzione artistica è stata adeguatamente rispettata; c) se la dimensione europea continua ad essere sufficientemente forte nella versione definitiva del programma culturale; d) se la strategia di marketing e comunicativa e il materiale di comunicazione utilizzati dalla città nominata riflettono chiaramente il fatto che l'azione è un'azione dell'Unione; e) se sono stati predisposti piani per il monitoraggio e la valutazione dell'impatto del titolo sulla città designate. Articolo 15 Modalità pratiche La Commissione in particolare: a) assicura la coerenza complessiva dell'azione; b) assicura il coordinamento fra gli Stati membri e la giuria; c) alla luce degli obiettivi di cui all'articolo 2 e dei criteri, stabilisce orientamenti ai fini dell'assistenza nelle procedure di selezione e di monitoraggio in stretta collaborazione con la giuria; d) fornisce sostegno tecnico alla giuria; e) pubblica, sul proprio sito web, tutte le relazioni della giuria; f) pubblica tutte le informazioni pertinenti e contribuisce alla visibilità dell'azione a livello europeo ed internazionale; g) favorisce lo scambio di esperienze e di buone pratiche tra le passate, presenti e future città cui è stato attribuito il titolo, nonché tra le città candidate, e promuove una più ampia diffusione delle relazioni di valutazione delle città e delle esperienze acquisite. Articolo 16 Valutazione 1. Ciascuna città interessata è responsabile della valutazione dei risultati dell'anno in cui è stata Capitale europea della cultura. La Commissione stabilisce orientamenti e indicatori comuni per le città interessate sulla base degli obiettivi di cui all'articolo 2 e dei criteri al fine di garantire un approccio coerente alla procedura di valutazione. Le città interessate predispongono le proprie relazioni di valutazione e le trasmettono alla Commissione entro il 31 dicembre dell'anno successivo a quello del titolo. La Commissione pubblica dette relazioni di valutazione sul proprio sito Internet. 2. Oltre alle valutazioni effettuate dalle città, la Commissione assicura che venga periodicamente predisposta una valutazione esterna ed indipendente dei risultati dell'azione. Le valutazioni esterne e indipendenti intendono principalmente analizzare tutte le manifestazioni passate secondo una prospettiva europea, che consenta di effettuare confronti e di trarre utili insegnamenti per le future Capitali europee della cultura e per tutte le città europee. Tali valutazioni includono un apprezzamento sull'azione nel suo complesso, in particolare l'efficienza dei processi che intervengono nella sua realizzazione, l'impatto provocato e in quale modo possa essere migliorata. La Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato delle regioni le seguenti relazioni basate su tali valutazioni, corredate, se del caso, di opportune proposte: a) una relazione iniziale intermedia entro il 31 dicembre 2024; b) una seconda relazione intermedia entro il 31 dicembre 2029; c) una relazione ex post entro il 31 dicembre 2034. Articolo 17 Abrogazione e disposizione transitoria La decisione n. 1622/2006/CE è abrogata. Essa continua tuttavia ad applicarsi alle città che sono già state o sono in procinto di essere nominate Capitali europee della cultura per gli anni dal 2013 al 2019. Articolo 18 Entrata in vigore La presente decisione entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Fatto a Strasburgo, il 16 aprile 2014 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente D. KOURKOULAS (1) GU C 113 del 18.4.2012, pag. 17 e GU C 17 del 19.1.2013, pag. 97. (2) Posizione del Parlamento europeo del 12 dicembre 2013 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e posizione del Consiglio in prima lettura del 24 marzo 2014 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Posizione del Parlamento europeo del 15 aprile 2014 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). (3) GU C 287 del 29.11.2007, pag. 1. (4) GU C 247 E del 15.10.2009, pag. 32. (5) Decisione n. 1622/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 2006, che istituisce un'azione comunitaria a favore della manifestazione Capitale europea della cultura per gli anni dal 2007 al 2019 (GU L 304 del 3.11.2006, pag. 1). (6) Regolamento (UE) n. 1295/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce il programma Europa creativa (2014-2020) e che abroga le decisioni n. 1718/2006/CE, n. 1855/2006/CE e n. 1041/2009/CE (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 221). (7) GU C 56 E del 26.2.2013, pag. 41. ALLEGATO CALENDARIO 2020 Croazia Irlanda 2021 Romania Grecia Paese candidato o potenziale candidato 2022 Lituania Lussemburgo 2023 Ungheria Regno Unito 2024 Estonia Austria Paese candidato o potenziale candidato 2025 Slovenia Germania 2026 Slovacchia Finlandia 2027 Lettonia Portogallo Paese candidato o potenziale candidato 2028 Repubblica ceca Francia 2029 Polonia Svezia 2030 Cipro Belgio Paese candidato o potenziale candidato 2031 Malta Spagna 2032 Bulgaria Danimarca 2033 Paesi Bassi Italia Paese candidato o potenziale candidato
Azione dell’Unione europea «Capitali europee della cultura» per gli anni dal 2020 al 2033 QUAL È LO SCOPO DI QUESTA DECISIONE? La decisione n. 445/2014/UErinnova e aggiorna lo schema delle Capitali europee della Cultura per il periodo compreso tra il 2020 e il 2033; stabilisce le norme, le procedure e il calendario per la nomina delle Capitali europee della cultura durante tale periodo. PUNTI CHIAVE L’iniziativa per le Capitali europee della cultura celebra la ricca diversità di culture esistente in Europa e le caratteristiche comuni condivise nominando ogni anno due città per l’assegnazione del titolo. Ammissibilità Ogni anno, il titolo è assegnato a una città in ciascuno dei due paesi dell’Unione europea (Unione) elencati sul calendario stabilito nella decisione. Ogni tre anni, può essere designata anche una terza città di un paese membro dell’associazione europea di libero scambio (EFTA) o di un paese dello spazio economico europeo (SEE), di un paese candidato o potenziale candidato all’adesione. Criteri di selezioneContributo alla strategia a lungo termine: l’impatto culturale, sociale ed economico dell’anno quale Capitale europea della cultura nel lungo termine, nonché la sua sostenibilità oltre l’anno del titolo; Dimensione europea: il modo in cui sono promossi il dialogo e una maggiore comprensione reciproca fra cittadini europei, sia artisti che comuni cittadini, evidenziando aspetti comuni della cultura, del patrimonio e della storia, nonché la diversità culturale; Contenuto culturale e artistico:visione e strategia artistica;coinvolgimento nel programma di artisti e organizzazioni locali;combinazione di espressioni sperimentali nuove e innovative con quelle locali e tradizionali; Capacità di realizzazione: ampio sostegno politico e impegno per infrastrutture adeguate e sostenibili; Portata:coinvolgimento della popolazione locale, in particolare le minoranze e i gruppi svantaggiati, negli eventi;legami con l’istruzione;strategia di sviluppo del pubblico. Gestione: sostenibilità della strategia di raccolta di fondi e del bilancio, governance complessiva e adeguatezza della struttura di attuazione, dei piani di emergenza, del marketing e della comunicazione.Processo di selezione Il concorso per il titolo è lanciato sei anni prima e le Capitali europee della cultura sono nominate quattro anni prima dell’evento. Il processo di selezione in due fasi è effettuato da una giuria di esperti indipendenti nei paesi interessati:una preselezione dopo la quale si prepara un elenco ristretto, con raccomandazioni della giuria alle città che vi sono inserite; nove mesi dopo, ha luogo una selezione finale, con la giuria che suggerisce una città per il titolo.Sulla base della raccomandazione della giuria, il paese dell’Unione interessato designa una città che detenga il titolo e la Commissione europea, a questo punto, ha due mesi di tempo per pubblicare l’elenco delle città designate come Capitali europee della cultura. Un processo simile viene utilizzato per designare città da paesi candidati o potenziali candidati, ma in questo caso la Commissione è responsabile della designazione. Una volta designate le città, la giuria fornisce assistenza e sostegno alle città nella fase della preparazione dei loro programmi. Durante questo periodo, le città presentano regolarmente relazioni sui progressi e i loro rappresentanti partecipano a regolari riunioni di controllo. Effetti della pandemia di COVID-19 In conseguenza della pandemia COVID-19, la decisione di modifica (UE) 2020/2229 riconosce che, per le Capitali europee della cultura designate per il 2020, gli obiettivi dell’azione, che presuppongono mobilità, turismo, organizzazione di eventi e partecipazione del pubblico, sono stati difficili, se non impossibili, da raggiungere. Pertanto, essa modifica il calendario allegato alla decisione n. 445/2014/UE come segue:concede a Rijeka e Galway la possibilità di continuare ad attuare i loro programmi culturali previsti dalla designazione di Capitali europee della cultura 2020 fino al 30 aprile 2021, senza modificare l’anno di designazione; rinvia dal 2021 al 2023 l’anno in cui Timisoara ed Elefsina possono detenere il titolo di Capitale europea della cultura; rinvia dal 2021 al 2022 l’anno in cui l’anno in cui un paese candidato o potenziale candidato può detenere il titolo di Capitale europea della cultura.Capitali europee della cultura designate dal 2022 al 2025 Le città seguenti sono designate quali Capitali europee della cultura dal 2022 al 2025.2022: Kaunas (Lituania), Esch (Lussemburgo) e Novi Sad (Serbia, paese candidato). 2023: Veszprém (Ungheria), Timișoara (Romania) ed Elefsina (Grecia). 2024: Tartu (Estonia), Bodø (Norvegia, paese EFTA/SEE) e Bad Ischl (Austria). 2025: Chemnitz (Germania) e Nova Gorica (Slovenia, paese raccomandato).Abrogazione La decisione n. 445/2014/UE abroga la decisione 1622/2006/CE. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LE DECISIONI? La decisione n. 445/2014/UE è in vigore dal 4 maggio 2014. La decisione di modifica (UE) 2020/2229 si applica dal 1o gennaio 2021. CONTESTO Dalla metà degli anni ’80, quando fu lanciata per la prima volta l’iniziativa Capitale europea della cultura, c’è stato un maggiore riconoscimento del ruolo della cultura nelle città, come stimolo della creatività, della coesione sociale e territoriale, dell’occupazione e della crescita.Capitali europee della cultura (Commissione europea) DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione n. 445/2014/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che istituisce un’azione dell’Unione «Capitali europee della cultura» per gli anni dal 2020 al 2033 e che abroga la decisione n. 1622/2006/CE (GU L 132 del 3.5.2014, pag. 1). Le successive modifiche alla decisione n. 445/2014/UE sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Decisione 2020/2229 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 dicembre 2020, recante modifica della decisione n. 445/2014/UE che istituisce un’azione dell’Unione «Capitali europee della cultura» per gli anni dal 2020 al 2033 (GU L 437 del 28.12.2020, pag. 116). Decisione (UE) 2015/809 del Consiglio, del 19 maggio 2015, che designa le Capitali europee della cultura per l’anno 2019 in Bulgaria e Italia (GU L 128 del 23.5.2015, pag. 20). Decisione 2014/352/UE del Consiglio, del 21 maggio 2014, che designa la Capitale europea della cultura per l’anno 2018 nei Paesi Bassi (GU L 175 del 14.6.2014, pag. 26). Decisione di esecuzione 2014/353/UE del Consiglio, del 21 maggio 2014, in merito alle modalità pratiche e procedurali per la nomina da parte del Consiglio di tre esperti della giuria di selezione e monitoraggio per l’azione Capitali europee della cultura per gli anni dal 2020 al 2033 (GU L 175 del 14.6.2014, pag. 27).
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DIRETTIVA 2014/60/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 15 maggio 2014 relativa alla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro e che modifica il regolamento (UE) n. 1024/2012 (Rifusione) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 114, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (1), considerando quanto segue: (1) La direttiva 93/7/CEE del Consiglio (2) ha subito sostanziali modifiche ad opera delle direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 96/100/CE (3) e 2001/38/CE (4). Poiché si rendono necessarie nuove modifiche, a fini di chiarezza è opportuno procedere alla sua rifusione. (2) Il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali in conformità al trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). Ai sensi dell'articolo 36 TFUE, le pertinenti disposizioni sulla libera circolazione delle merci lasciano impregiudicati i divieti o le restrizioni all'importazione, all'esportazione e al transito giustificati da motivi di protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale. (3) Ai sensi e nei limiti dell'articolo 36 TFUE, gli Stati membri mantengono il diritto di definire il proprio patrimonio nazionale e di prendere le misure necessarie per garantirne la protezione. Tuttavia, l'Unione svolge un ruolo prezioso nell'incoraggiare la cooperazione tra gli Stati membri al fine di proteggere il patrimonio culturale d'importanza europea di cui fanno parte i patrimoni nazionali. (4) La direttiva 93/7/CEE ha istituito un sistema che permette agli Stati membri di ottenere la restituzione nel proprio territorio dei beni culturali che sono classificati come beni del patrimonio nazionale ai sensi dell'articolo 36 TFUE, che appartengono alle categorie comuni di beni culturali di cui all'allegato di tale direttiva, che sono usciti dal loro territorio in violazione delle disposizioni nazionali o del regolamento (CE) n. 116/2009 del Consiglio (5). Tale direttiva disciplinava anche i beni culturali classificati come patrimonio nazionale che fanno parte integrante delle collezioni pubbliche o degli inventari delle istituzioni ecclesiastiche ma non rientrano in tali categorie comuni. (5) La direttiva 93/7/CEE ha istituito una cooperazione amministrativa tra gli Stati membri per quanto riguarda i loro patrimoni nazionali, in stretto collegamento con la loro cooperazione con l'Interpol e altri organismi competenti nel settore delle opere d'arte rubate, prevedendo in particolare la registrazione di beni culturali perduti, rubati o usciti illecitamente e facenti parte dei loro patrimoni nazionali e delle loro collezioni pubbliche. (6) La procedura prevista dalla direttiva 93/7/CEE ha costituito un primo passo verso la cooperazione tra Stati membri in questo settore nell'ambito del mercato interno, al fine di un ulteriore riconoscimento reciproco delle legislazioni nazionali in materia. (7) Il regolamento (CE) n. 116/2009, insieme alla direttiva 93/7/CEE, ha introdotto un sistema dell'Unione per la tutela dei beni culturali degli Stati membri. (8) L'obiettivo della direttiva 93/7/CEE era di assicurare il rientro materiale dei beni culturali nello Stato membro dal cui territorio tali beni erano usciti illecitamente, a prescindere dai diritti di proprietà applicabili a tali beni. L'applicazione di tale direttiva ha, tuttavia, messo in luce i limiti del sistema destinato a ottenere la restituzione di tali beni culturali. Le relazioni sull'applicazione della direttiva ne hanno rivelato una scarsa applicazione a motivo, in particolare, della ristrettezza del suo ambito di applicazione risultante dalle condizioni stabilite nel suo allegato, dei termini brevi per l'avvio di un'azione di restituzione e dei costi legati alle azioni di restituzione. (9) L'ambito di applicazione della presente direttiva dovrebbe estendersi a qualsiasi bene culturale classificato o definito da uno Stato membro, in applicazione della legislazione nazionale o delle procedure amministrative nazionali, come patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale ai sensi dell'articolo 36 TFUE. La presente direttiva dovrebbe contemplare pertanto beni aventi interesse storico, paleontologico, etnografico o numismatico o valore scientifico, siano essi parte di collezioni pubbliche o di altro tipo oppure singoli elementi, siano essi provenienti da scavi regolari o clandestini, purché siano classificati o definiti come patrimonio nazionale. Inoltre, i beni culturali classificati o definiti come patrimonio nazionale non dovrebbero più appartenere a categorie o rispettare le soglie di antichità e/o di valore per poter essere restituiti a norma della presente direttiva. (10) Il rispetto della diversità dei sistemi nazionali di protezione dei patrimoni nazionali è riconosciuto dall'articolo 36 TFUE. Al fine di promuovere la fiducia reciproca, lo spirito di cooperazione e la mutua comprensione tra gli Stati membri, è opportuno determinare la portata del termine «patrimonio nazionale» nel quadro dell'articolo 36 TFUE. Gli Stati membri dovrebbero inoltre facilitare la restituzione dei beni culturali nello Stato membro dal cui territorio detti beni sono usciti illecitamente a prescindere dalla data di adesione di tale Stato membro e dovrebbero garantire che la restituzione dei beni in questione non generi costi irragionevoli. Gli Stati membri dovrebbero poter restituire beni culturali diversi da quelli classificati o definiti come patrimonio nazionale a condizione che rispettino le disposizioni pertinenti TFUE, nonché beni culturali usciti illecitamente anteriormente al 1o gennaio 1993. (11) È necessario intensificare la cooperazione amministrativa tra gli Stati membri per favorire un'applicazione più efficace e uniforme della presente direttiva. A questo fine, è opportuno imporre alle autorità centrali di cooperare in modo efficiente tra di loro e di scambiarsi informazioni sui beni culturali usciti illecitamente attraverso l'uso del sistema di informazione del mercato interno («IMI») previsto dal regolamento (UE) n. 1024/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (6). Per migliorare l'attuazione della presente direttiva, è opportuno creare un modulo del sistema IMI specificamente concepito per i beni culturali. È altresì auspicabile che le altre autorità competenti degli Stati membri utilizzino, ove opportuno, lo stesso sistema. (12) Al fine di garantire la protezione dei dati personali, la cooperazione amministrativa e lo scambio di informazioni tra le autorità competenti dovrebbero essere conformi alle norme enunciate nella direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (7) e, qualora sia utilizzato l'IMI, nel regolamento (UE) n. 1024/2012. Le definizioni utilizzate nella direttiva 95/46/CE e nel regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (8) dovrebbero applicarsi anche ai fini della presente direttiva. (13) Il termine per verificare se il bene culturale reperito in un altro Stato membro costituisce un bene culturale ai sensi della direttiva 93/7/CEE è stato giudicato troppo breve nella pratica, per cui dovrebbe essere portato a sei mesi. Un termine più lungo dovrebbe permettere agli Stati membri di adottare le misure necessarie alla conservazione del bene culturale e, all'occorrenza, evitare che sia sottratto alla procedura di restituzione. (14) È altrettanto opportuno portare il termine per esercitare l'azione di restituzione a tre anni a decorrere dalla data in cui lo Stato membro dal cui territorio il bene culturale è uscito illecitamente viene a conoscenza del luogo in cui si trova il bene culturale e dell'identità del suo possessore o detentore. L'estensione di tale termine dovrebbe facilitare la restituzione e scoraggiare l'uscita illecita di beni del patrimonio culturale. A fini di chiarezza, è opportuno precisare che il termine per esercitare l'azione comincia a decorrere dalla data in cui viene a conoscenza dei fatti l'autorità centrale dello Stato membro dal cui territorio il bene culturale è uscito illecitamente. (15) La direttiva 93/7/CEE prevedeva che l'azione di restituzione si prescrivesse dopo trent'anni dalla data in cui il bene culturale era uscito illecitamente dal territorio dello Stato membro. Tuttavia, nel caso di beni che fanno parte di collezioni pubbliche e dei beni appartenenti agli inventari delle istituzioni ecclesiastiche, negli Stati membri in cui sono oggetto di misure speciali di tutela in virtù del diritto nazionale, l'azione di restituzione è soggetta a un termine più lungo in determinate circostanze. Considerato che nel diritto nazionale degli Stati membri possono vigere accordi speciali di tutela intercorrenti con istituzioni religiose diverse da quelle ecclesiastiche, la presente direttiva dovrebbe applicarsi anche a queste tali istituzioni religiose. (16) Nelle conclusioni sulla prevenzione e il contrasto dei reati a danno dei beni culturali, adottate il 13 e 14 dicembre 2011, il Consiglio ha riconosciuto la necessità di adottare misure volte a rafforzare l'efficacia della prevenzione della criminalità relativa ai beni culturali e della lotta contro tale fenomeno. Ha raccomandato alla Commissione di prestare sostegno agli Stati membri per tutelare in modo efficace i beni culturali al fine di prevenirne e combatterne il traffico illecito e, ove opportuno, di promuovere misure complementari. Inoltre, il Consiglio ha raccomandato agli Stati membri di prendere in considerazione la ratifica della convenzione dell'Unesco concernente le misure da adottare per interdire e impedire l'illecita importazione, esportazione e trasferimento di proprietà dei beni culturali, firmata a Parigi il 17 novembre 1970, e della convenzione dell'UNIDROIT sui beni culturali rubati o illecitamente esportati, firmata a Roma il 24 giugno 1995. (17) È opportuno garantire che tutti i soggetti sul mercato mostrino diligenza nelle operazioni relative ai beni culturali. Le conseguenze dell'acquisizione di un bene culturale di provenienza illecita saranno davvero dissuasive solo se il pagamento dell'indennizzo è accompagnato dall'obbligo per il possessore del bene di dimostrare l'esercizio della diligenza richiesta. Pertanto, al fine di raggiungere gli obiettivi dell'Unione di prevenzione e lotta contro il traffico illecito di beni culturali, la presente direttiva dovrebbe stabilire per il possessore l'obbligo di dimostrare di aver esercitato la diligenza richiesta all'atto dell'acquisizione del bene, ai fini dell'indennizzo. (18) Sarebbe altresì utile che ogni persona, in particolare ogni soggetto del mercato, avesse facilmente accesso alle informazioni pubbliche sui beni culturali classificati o definiti come patrimonio nazionale dagli Stati membri. Gli Stati membri dovrebbero cercare di facilitare l'accesso a tali informazioni pubbliche. (19) Al fine di favorire un'interpretazione uniforme della nozione di diligenza richiesta, la presente direttiva dovrebbe precisare quali criteri non esaustivi debbano essere presi in considerazione per determinare l'effettivo esercizio della diligenza richiesta da parte del possessore all'atto dell'acquisizione del bene. (20) Poiché l'obiettivo della presente direttiva, vale a dire consentire la restituzione dei beni culturali classificati o definiti come patrimonio nazionale usciti illecitamente dal territorio degli Stati membri, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri, ma, a motivo della sua portata e dei suoi effetti, può essere conseguito meglio a livello di Unione, quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (21) Poiché i compiti del comitato istituito dal regolamento (CE) n. 116/2009 sono diventati obsoleti a causa della soppressione dell'allegato della direttiva 93/7/CEE, è opportuno sopprimere i riferimenti a detto comitato. Tuttavia, al fine di mantenere la piattaforma per lo scambio di esperienze e buone prassi sull'applicazione della presente direttiva tra gli Stati membri, la Commissione dovrebbe istituire un gruppo di esperti provenienti dalle autorità centrali degli Stati membri incaricate dell'applicazione della presente direttiva, che dovrebbe partecipare, tra l'altro, al processo di elaborazione di un modulo del sistema IMI per i beni culturali. (22) Poiché l'allegato del regolamento (UE) n. 1024/2012 contiene un elenco delle disposizioni relative alla cooperazione amministrativa negli atti dell'Unione attuati mediante l'IMI, è opportuno modificare il suddetto allegato per includervi la presente direttiva. (23) L'obbligo di recepimento della presente direttiva nel diritto interno dovrebbe essere limitato alle disposizioni che costituiscono una modifica sostanziale rispetto alle direttive precedenti. L'obbligo di recepire le disposizioni che restano immutate discende dalla direttiva precedente. (24) La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto interno delle direttive di cui all'allegato I, parte B, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 La presente direttiva si applica alla restituzione dei beni culturali classificati o definiti da uno Stato membro tra i beni del patrimonio nazionale, di cui all'articolo 2, punto 1, che sono usciti illecitamente dal territorio di tale Stato membro. Articolo 2 Ai fini della presente direttiva si intende per: 1) «bene culturale»: un bene che è classificato o definito da uno Stato membro, prima o dopo essere illecitamente uscito dal territorio di tale Stato membro, tra i beni del «patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale» secondo la legislazione nazionale o delle procedure amministrative nazionali, ai sensi dell'articolo 36 TFUE; 2) «bene uscito illecitamente dal territorio di uno Stato membro»: un bene: a) uscito dal territorio di uno Stato membro in violazione delle norme di detto Stato membro sulla protezione del patrimonio nazionale oppure in violazione del regolamento (CE) n. 116/2009, o b) non rientrato dopo la scadenza del termine fissato per una spedizione temporanea lecita o un bene che si trova in situazione di violazione di una delle altre condizioni di tale spedizione temporanea; 3) «Stato membro richiedente»: lo Stato membro dal cui territorio è uscito illecitamente il bene culturale; 4) «Stato membro richiesto»: lo Stato membro nel cui territorio si trova il bene culturale che è uscito illecitamente dal territorio di un altro Stato membro; 5) «restituzione»: il rientro materiale del bene culturale nel territorio dello Stato membro richiedente; 6) «possessore»: la persona che detiene materialmente il bene culturale per proprio conto; 7) «detentore»: la persona che detiene materialmente il bene culturale per conto altrui; 8) «collezioni pubbliche»: le collezioni, classificate come pubbliche conformemente alla legislazione di uno Stato membro, di proprietà di tale Stato membro, di un'autorità locale o regionale situata in tale Stato membro oppure di un ente che sia situato nel territorio di tale Stato membro, a condizione che il suddetto ente sia di proprietà di detto Stato membro o di un'autorità locale o regionale, oppure che sia finanziato in modo significativo dagli stessi. Articolo 3 I beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro sono restituiti secondo la procedura e le modalità stabilite dalla presente direttiva. Articolo 4 Ciascuno Stato membro designa una o più autorità centrali per l'esercizio delle funzioni previste dalla presente direttiva. Gli Stati membri comunicano alla Commissione tutte le autorità centrali da essi designate in applicazione del presente articolo. La Commissione pubblica l'elenco di tali autorità centrali, nonché le relative modifiche, nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, serie C. Articolo 5 Le autorità centrali degli Stati membri cooperano e promuovono la consultazione tra le autorità competenti degli Stati membri. Queste ultime assolvono in particolare i seguenti compiti: 1) individuare, su domanda dello Stato membro richiedente, un determinato bene culturale uscito illecitamente dal territorio di detto Stato, nonché localizzarlo e identificarne il possessore e/o detentore. La domanda deve comprendere qualsiasi informazione utile per agevolare la ricerca, in particolare riguardante la localizzazione vera o presunta del bene; 2) effettuare una notifica agli Stati membri interessati quando è ritrovato un bene culturale nel loro proprio territorio e sussistono validi motivi per ritenere che detto bene sia uscito illecitamente dal territorio di altro Stato membro; 3) facilitare la verifica, da parte delle autorità competenti dello Stato membro richiedente, che il bene in questione costituisce un bene culturale purché tale operazione sia effettuata entro sei mesi dalla notifica prevista al punto 2. Qualora la verifica non sia effettuata entro il termine stabilito, i punti 4 e 5 non sono più d'applicazione; 4) prendere, ove occorra, in cooperazione con lo Stato membro interessato, le misure necessarie per la conservazione materiale del bene culturale; 5) impedire, mediante i necessari provvedimenti provvisori, che il bene culturale sia sottratto alla procedura di restituzione; 6) svolgere il ruolo d'intermediario tra il possessore e/o detentore e lo Stato membro richiedente ai fini della restituzione. In tale senso, le autorità competenti dello Stato membro richiesto possono agevolare, fatto salvo l'articolo 6, l'esecuzione di una procedura di arbitrato, conformemente alla legislazione nazionale dello Stato membro richiesto e a condizione che lo Stato membro richiedente ed il possessore o detentore vi diano formalmente il proprio accordo. Al fine di cooperare e consultarsi tra di loro, le autorità centrali degli Stati membri utilizzano un modulo del sistema d'informazione del mercato interno («l'IMI») stabilito dal regolamento (UE) n. 1024/2012, specificamente adattato per i beni culturali. Possono inoltre avvalersi dell'IMI per diffondere tutte le pertinenti informazioni correlate a casi relative ai beni culturali rubati o usciti illecitamente dal loro territorio. Gli Stati membri decidono in merito all'uso dell'IMI da parte delle altre autorità competenti ai fini della presente direttiva. Articolo 6 Lo Stato membro richiedente può proporre contro il possessore e, in mancanza di questo, contro il detentore, davanti al giudice competente dello Stato membro richiesto, l'azione di restituzione del bene culturale uscito illecitamente dal suo territorio. Per essere ammissibile, l'atto introduttivo dell'azione di restituzione deve essere corredato di: a) un documento che descriva il bene oggetto della richiesta e dichiari che si tratta un bene culturale; b) una dichiarazione delle autorità competenti dello Stato membro richiedente secondo la quale il bene culturale è uscito illecitamente dal territorio del medesimo. Articolo 7 L'autorità centrale competente dello Stato membro richiedente informa senza indugio l'autorità centrale competente dello Stato membro richiesto in merito all'azione avviata per assicurare la restituzione del bene in questione. L'autorità centrale competente dello Stato membro richiesto informa senza indugio le autorità centrali degli altri Stati membri. Gli scambi d'informazioni avvengono mediante l'IMI conformemente alle disposizioni giuridiche in materia di protezione dei dati personali e della vita privata, senza pregiudizio della possibilità per le autorità centrali competenti di ricorrere ad altri mezzi di comunicazione oltre all'IMI. Articolo 8 1. Gli Stati membri dispongono nella loro legislazione che l'azione di restituzione di cui alla presente direttiva si prescrive nel termine di tre anni a decorrere dalla data in cui l'autorità centrale competente dello Stato membro richiedente è venuta a conoscenza del luogo in cui si trovava il bene culturale e dell'identità del suo possessore o detentore. In ogni caso l'azione di restituzione si prescrive entro il termine di trent'anni a decorrere dalla data in cui il bene culturale è uscito illecitamente dal territorio dello Stato membro richiedente. Tuttavia, nel caso di beni che fanno parte delle collezioni pubbliche di cui all'articolo 2, punto 8, e dei beni appartenenti a inventari delle istituzioni ecclesiastiche o altre istituzioni religiose negli Stati membri in cui sono oggetto di misure speciali di tutela in virtù del diritto nazionale, l'azione di restituzione si prescrive entro il termine di settantacinque anni, tranne negli Stati membri in cui l'azione è imprescrittibile e nel caso di accordi bilaterali tra Stati membri che prevedano un termine superiore a settantacinque anni. 2. L'azione di restituzione è inammissibile qualora l'uscita del bene culturale dal territorio dello Stato membro richiedente abbia cessato di essere illecita nel momento in cui è stata proposta. Articolo 9 Fatte salve le disposizioni degli articoli 8 e 14, il giudice competente ordina la restituzione del bene culturale dopo aver accertato che si tratta di un bene culturale ai sensi dell'articolo 2, punto 1, uscito illecitamente dal territorio nazionale. Articolo 10 Qualora sia ordinata la restituzione del bene, il giudice competente dello Stato membro richiesto accorda al possessore un equo indennizzo in base alle circostanze del caso concreto, a condizione che il possessore dimostri di aver usato, all'atto dell'acquisizione, la diligenza richiesta. Per determinare l'esercizio della diligenza richiesta da parte del possessore si tiene conto di tutte le circostanze dell'acquisizione, in particolare della documentazione sulla provenienza del bene, delle autorizzazioni di uscita prescritte dal diritto dello Stato membro richiedente, della qualità delle parti, del prezzo pagato, del fatto che il possessore abbia consultato o meno i registri accessibili dei beni culturali rubati e ogni informazione pertinente che avrebbe potuto ragionevolmente ottenere o di qualsiasi altra pratica cui una persona ragionevole avrebbe fatto ricorso in circostanze analoghe. In caso di donazione o di successione, il possessore non può beneficiare di una posizione più favorevole di quella del dante causa. Lo Stato membro richiedente è tenuto a pagare tale indennizzo al momento della restituzione. Articolo 11 Le spese inerenti all'esecuzione della decisione che ordina la restituzione del bene culturale spettano allo Stato membro richiedente. Lo stesso dicasi per le spese delle misure di cui all'articolo 5, punto 4. Articolo 12 Il pagamento dell'equo indennizzo di cui all'articolo 10 e delle spese di cui all'articolo 11 lascia impregiudicato il diritto dello Stato membro richiedente di esigere il rimborso di detti importi da parte delle persone responsabili dell'uscita illecita del bene culturale dal suo territorio. Articolo 13 La proprietà del bene culturale dopo la restituzione è disciplinata dalla legge dello Stato membro richiedente. Articolo 14 La presente direttiva riguarda unicamente i beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro a decorrere dal 1o gennaio 1993. Articolo 15 1. Ciascuno Stato membro può applicare il regime previsto dalla presente direttiva alla restituzione di beni culturali diversi da quelli definiti all'articolo 2, punto 1. 2. Ciascuno Stato membro può applicare la disciplina prevista nella presente direttiva alle richieste di restituzione di beni culturali usciti illecitamente dal territorio di altri Stati membri anteriormente al 1o gennaio 1993. Articolo 16 La presente direttiva lascia impregiudicate le azioni civili o penali spettanti, in base al diritto nazionale degli Stati membri, allo Stato membro richiedente e/o al proprietario cui è stato sottratto il bene. Articolo 17 1. Entro il 18 dicembre 2015 e, successivamente, ogni cinque anni, gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione sull'applicazione della presente direttiva. 2. Ogni cinque anni la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo una relazione che valuti l'applicazione e l'efficacia della presente direttiva. Tale relazione è accompagnata, se necessario, da proposte idonee. Articolo 18 All'allegato del regolamento (UE) n. 1024/2012 è aggiunto il punto seguente: «8. Direttiva 2014/60/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014 relativa alla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro e che modifica il regolamento (UE) n. 1024/2012 (9): articoli 5 e 7. Articolo 19 1. Entro il 18 dicembre 2015 gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi all'articolo 2, punto 1, all'articolo 5, primo comma, punto 3, all'articolo 5, secondo comma, all'articolo 7, terzo comma, all'articolo 8, paragrafo 1, all'articolo 10, primo e secondo comma, e all'articolo 17, paragrafo 1, della presente direttiva. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni. Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Esse recano altresì l'indicazione che, nelle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in vigore, i riferimenti alla direttiva abrogata dalla presente direttiva dalla presente direttiva si intendono fatti a quest'ultima. Le modalità del riferimento e la formulazione dell'indicazione sono stabilite dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 20 La direttiva 93/7/CEE, come modificata dalle direttive di cui all'allegato 1, parte A, è abrogata a decorrere dal 19 dicembre 2015, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto interno di cui all'allegato 1, parte B. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato II. Articolo 21 La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. L'articolo 2, punti da 2 a 8, gli articoli 3 e 4, l'articolo 5, primo comma, punti 1, 2, 4, 5 e 6, l'articolo 6, l'articolo 7, primo e secondo comma, l'articolo 8, paragrafo 2, l'articolo 9, l'articolo 10, terzo e quarto comma e gli articoli da 11 a 16 si applicano a decorrere dal 19 dicembre 2015. Articolo 22 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, il 15 maggio 2014 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente D. KOURKOULAS (1) Posizione del Parlamento europeo del 16 aprile 2014 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio dell'8 maggio 2014. (2) Direttiva 93/7/CEE del Consiglio, del 15 marzo 1993, relativa alla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro (GU L 74 del 27.3.1993, pag. 74). (3) Direttiva 96/100/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 febbraio 1997, che modifica l'allegato della direttiva 93/7/CEE relativa alla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro (GU L 60 dell'1.3.1997, pag. 59). (4) Direttiva 2001/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 giugno 2001, che modifica la direttiva 93/7/CEE del Consiglio relativa alla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro (GU L 187 del 10.7.2001, pag. 43). (5) Regolamento (CE) n. 116/2009 del Consiglio, del 18 dicembre 2008, relativo all'esportazione di beni culturali (GU L 39 del 10.2.2009, pag. 1). (6) Regolamento (UE) n. 1024/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno e che abroga la decisione 2008/49/CE della Commissione («regolamento IMI») (GU L 316 del 14.11.2012, pag. 1). (7) Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281 del 23.11.1995, pag. 74). (8) Regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1). ALLEGATO I PARTE A Direttiva abrogata ed elenco delle modifiche successive (di cui all'articolo 20) Direttiva 93/7/CEE del Consiglio (GU L 74 del 27.3.1993, pag. 74). Direttiva 96/100/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 60 dell'1.3.1997, pag. 59). Direttiva 2001/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 187 del 10.7.2001, pag. 43). PARTE B Termini di recepimento nel diritto interno (di cui all'articolo 20) Direttiva Termine di recepimento 93/7/CEE 15.12.1993 (15.3.1994 per Belgio, Germania e Paesi Bassi) 96/100/CE 1.9.1997 2001/38/CE 31.12.2001 ALLEGATO II Tavola di concordanza Direttiva 93/7/CEE Presente direttiva — Articolo 1 Articolo 1, punto 1, primo trattino Articolo 2, punto 1 Articolo 1, punto 1, secondo trattino, parte introduttiva — Articolo 1, punto 1, secondo trattino, primo sottotrattino, prima frase — Articolo 1, punto 1, secondo trattino, primo sottotrattino, seconda frase Articolo 2, punto 8 Articolo 1, punto 1, secondo trattino, secondo sottotrattino — Articolo 1, punto 2, primo trattino Articolo 2, punto 2, lettera a) Articolo 1, punto 2, secondo trattino Articolo 2, punto 2, lettera b) Articolo 1, punti da 3 a 7 Articolo 2, punti da 3 a 7 Articolo2 Articolo 3 Articolo 3 Articolo 4 Articolo 4, parte introduttiva Articolo 5, primo comma, parte introduttiva Articolo 4, punti 1 e 2 Articolo 5, primo comma, punti 1 e 2 Articolo 4, punto 3 Articolo 5, primo comma, punto 3 Articolo 4, punti da 4 a 6 Articolo 5, primo comma, punti da 4 a 6 — Articolo 5, secondo comma Articolo 5, primo comma Articolo 6, primo comma Articolo 5, secondo comma, primo trattino Articolo 6, secondo comma, lettera a) Articolo 5, secondo comma, secondo trattino Articolo 6, secondo comma, lettera b) Articolo 6, primo comma Articolo 7, primo comma Articolo 6, secondo comma Articolo 7, secondo comma — Articolo 7, terzo comma Articolo 7, paragrafi 1 e 2 Articolo 8, paragrafi 1 e 2 Articolo 8 Articolo 9 Articolo 9, primo comma Articolo 10, primo comma Articolo 9, secondo comma — — Articolo 10, secondo comma Articolo 9, terzo e quarto comma Articolo 10, terzo e quarto comma Articoli da 10 a 15 Articoli da 11 a 16 Articolo 16, paragrafi 1 e 2 Articolo 17, paragrafi 1 e 2 Articolo 16, paragrafo 3 — Articolo 16, paragrafo 4 — Articolo 17 — — Articolo 18 Articolo 18 Articolo 19 — Articolo 20 — Articolo 21 Articolo 19 Articolo 22 Allegato — — Allegato I — Allegato II
La restituzione dei beni culturali usciti illecitamente da un altro paese dell’Unione europea Con la presente direttiva l’Unione europea (UE) chiarisce ed estende le regole esistenti sulla restituzione di tutti i beni culturali considerati patrimonio nazionale da un paese dell’UE, usciti illecitamentegennaio 1993 dal suo territorio a decorrere dal 1ogennaio 1993 . ATTO Direttiva 2014/60/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa alla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato membro e che modifica il regolamento (UE) n. 1024/2012 (rifusione) SINTESI COSA FA LA PRESENTE DIRETTIVA? Con la presente direttiva l’Unione europea (UE) chiarisce ed estende le regole esistenti sulla restituzione di tutti i beni culturali considerati patrimonio nazionale da un paese dell’UE, usciti illecitamentegennaio 1993 dal suo territorio a decorrere dal 1ogennaio 1993 . PUNTI CHIAVE Campo d’applicazione La presente direttiva contempla i beni aventi interesse storico, paleontologico, etnografico, numismatico o valore scientifico. Tali beni possono essere parte di collezioni pubbliche o di altro tipo oppure singoli elementi. Possono provenire da scavi regolari o clandestini, purché siano classificati o definiti come patrimonio nazionale. Non è più in essere il requisito in base a cui i beni dovrebbero appartenere a categorie o rispettare le soglie di antichità e/o di valore per poter essere restituiti a norma della presente direttiva. Cooperazione tra i paesi dell’UE Alle agenzie governative nazionali viene richiesto di cooperare in modo efficiente tra di loro e di scambiarsi informazioni sui beni culturali usciti illecitamente attraverso l’uso del sistema di informazione del mercato interno. Termini per la verifica e la restituzione Una volta ricevuta la notifica della scoperta di un bene, un paese dispone di un termine di sei mesi per verificare se il bene culturale reperito in un altro paese dell’UE costituisce patrimonio nazionale. Il paese dal cui territorio il bene culturale è uscito illecitamente può iniziare un’azione di restituzione entro tre anni a decorrere dalla data in cui viene a conoscenza del luogo in cui si trova il bene culturale e dell’identità del suo possessore o detentore. L’azione di restituzione si prescrive entro il termine di trent’anni a decorrere dalla data in cui il bene culturale è uscito illecitamente dal territorio dello Stato membro richiedente. Tale limite di tempo è esteso entro il termine di settantacinque anni nel caso di beni che fanno parte di collezioni pubbliche o di istituzioni ecclesiastiche (nei paesi in cui sono oggetto di misure speciali di tutela). Indennizzo In base alle circostanze del caso, e a condizione che il detentore dimostri di aver usato, all’atto dell’acquisizione del bene, la diligenza richiesta (ossia che non fosse a conoscenza del traffico illecito dello stesso), il giudice competente dello Stato membro richiesto accorda un equo indennizzo. Tale dimostrazione si basa sulla documentazione sulla provenienza del bene, sulle autorizzazioni di uscita prescritte dal diritto dello Stato membro richiedente, sul prezzo pagato, sul fatto che il detentore abbia consultato o meno i registri accessibili dei beni culturali rubati. QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva 2014/60/UE abroga la legislazione esistente (la direttiva 93/7/CEE) a decorrere dal 19.12.2015. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Direttiva 2014/60/UE 17.6.2014 18.12.2015 GU L 159 del 28.5.2014, pag. 1-10 Rettifica - - GU L 147 del 12.6.2015, pag. 24
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32006R1367
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REGOLAMENTO (CE) N. 1367/2006 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 6 settembre 2006 sull'applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della convenzione di Aarhus sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 175, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), previa consultazione del Comitato delle regioni, deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato, visto il progetto comune approvato il 22 giugno 2006 dal comitato di conciliazione (2), considerando quanto segue: (1) La normativa comunitaria in materia ambientale è destinata a contribuire fra l'altro alla salvaguardia, alla tutela e al miglioramento della qualità dell'ambiente e alla protezione della salute umana, promuovendo così uno sviluppo sostenibile. (2) Il sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente (3) sottolinea l’importanza di fornire adeguate informazioni sull’ambiente e di offrire al pubblico effettive possibilità di partecipare al processo decisionale in materia ambientale, in modo da accrescere la responsabilità e la trasparenza del processo decisionale e contribuire a rafforzare la consapevolezza e il sostegno del pubblico nei confronti delle decisioni adottate. Al pari dei programmi precedenti (4), il sesto programma promuove un’attuazione e un'applicazione più efficaci della normativa comunitaria nel campo della tutela dell’ambiente, in particolare attraverso il controllo del rispetto delle norme comunitarie e l'adozione di misure per contrastare le violazioni della normativa ambientale comunitaria. (3) Il 25 giugno 1998 la Comunità ha firmato la convenzione della commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite (UNECE) sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale (in seguito denominata «convenzione di Aarhus»). La Comunità ha approvato la convenzione di Aarhus il 17 febbraio 2005 (5). È opportuno adeguare le norme di diritto comunitario alle disposizioni della convenzione. (4) La Comunità ha già adottato una esauriente normativa in costante evoluzione che contribuisce al raggiungimento degli obiettivi della convenzione di Aarhus. Occorrerebbe adottare le misure necessarie per applicare le disposizioni della convenzione alle istituzioni e agli organi comunitari. (5) È opportuno disciplinare i tre pilastri della convenzione di Aarhus, vale a dire accesso alle informazioni, partecipazione del pubblico ai processi decisionali e accesso alla giustizia in materia ambientale, in un unico atto normativo e stabilire disposizioni comuni per quanto riguarda gli obiettivi e le definizioni. Ciò contribuisce a razionalizzare la normativa e ad accrescere la trasparenza delle misure di attuazione adottate a livello delle istituzioni e degli organi comunitari. (6) Il principio generale è che i diritti garantiti dai tre pilastri della convenzione di Aarhus sono senza discriminazioni sulla cittadinanza, sulla nazionalità o sulla residenza. (7) La convenzione di Aarhus detta una definizione molto ampia di «autorità pubblica». L’idea di fondo è che ogniqualvolta viene esercitato il potere pubblico, gli individui e le loro organizzazioni dovrebbero godere di determinati diritti. È pertanto necessario che le istituzioni e gli organi comunitari soggetti alle disposizioni del presente regolamento siano definiti in modo altrettanto ampio e funzionale. In base alla convenzione di Aarhus, si possono escludere dall'ambito di applicazione della convenzione le istituzioni e gli organi comunitari che agiscono nell'esercizio del potere giudiziario o legislativo. Tuttavia, per motivi di coerenza con il regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (6), le disposizioni relative all'accesso a informazioni ambientali dovrebbero applicarsi alle istituzioni ed agli organi comunitari che agiscono nell'esercizio del potere legislativo. (8) La definizione di «informazioni ambientali» nel presente regolamento comprende le informazioni sullo stato dell’ambiente disponibili in qualsiasi forma. La definizione, che è stata armonizzata con quella adottata nella direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio (7), ha lo stesso contenuto della definizione prevista dalla convenzione di Aarhus. La definizione di «documenti» di cui al regolamento (CE) n. 1049/2001 comprende le informazioni ambientali quali definite nel presente regolamento. (9) È opportuno che il presente regolamento fornisca una definizione di «piani e programmi» tenendo conto delle disposizioni della convenzione di Aarhus, mantenendo un parallelismo con l’impostazione seguita in relazione agli obblighi imposti agli Stati membri dalla normativa comunitaria vigente. Occorrerebbe definire i «piani e programmi in materia ambientale» in relazione al loro contributo al conseguimento degli obiettivi e delle priorità della politica ambientale comunitaria o alla loro capacità di incidere significativamente sulla realizzazione di tali obiettivi e priorità. Il sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente stabilisce gli obiettivi della politica ambientale comunitaria e le azioni previste per conseguire tali obiettivi nell'arco di dieci anni a partire dal 22 luglio 2002. Un nuovo programma di azione in materia ambientale dovrebbe essere adottato alla fine di tale periodo. (10) Trattandosi di una disciplina in costante evoluzione, la definizione di diritto ambientale dovrebbe riferirsi agli obiettivi della politica comunitaria sull’ambiente, quali figurano nel trattato. (11) È opportuno che gli atti amministrativi di portata individuale possano essere soggetti a ricorso interno qualora abbiano effetti esterni e giuridicamente vincolanti. Allo stesso modo, dovrebbero poter essere soggette a ricorso le omissioni, nel caso in cui il diritto ambientale preveda un obbligo di adottare un atto amministrativo. Dato che gli atti adottati dalle istituzioni o dagli organi comunitari nell’esercizio del potere giudiziario o legislativo possono essere esclusi, si dovrebbero egualmente escludere le procedure di inchiesta nelle quali le istituzioni o gli organi comunitari agiscano in qualità di organi di controllo amministrativo ai sensi delle disposizioni del trattato. (12) La convenzione di Aarhus impone l'accesso del pubblico alle informazioni ambientali sia su richiesta di quest’ultimo, sia nel quadro di una politica di diffusione attiva delle informazioni ad opera delle autorità soggette alle sue disposizioni. Il regolamento (CE) n. 1049/2001 si applica al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione, nonché alle agenzie e agli organi simili istituiti da atti normativi comunitari. Il regolamento stabilisce una serie di norme che sono in larga misura conformi alle disposizioni della convenzione di Aarhus. È necessario estendere l’applicazione del regolamento (CE) n. 1049/2001 a tutte le altre istituzioni e agli altri organi comunitari. (13) Nelle materie in cui le disposizioni della convenzione di Aarhus non sono riprese, in tutto o in parte, nel regolamento (CE) n. 1049/2001, è necessario adottare le pertinenti disposizioni, con particolare riferimento alla raccolta e alla diffusione delle informazioni ambientali. (14) Affinché il diritto di accesso del pubblico alle informazioni ambientali sia effettivo è indispensabile che le informazioni fornite siano di buona qualità. È quindi opportuno introdurre regole che impongano alle istituzioni e agli organi comunitari di assicurare tale qualità. (15) Le eccezioni previste dal regolamento (CE) n. 1049/2001 dovrebbero trovare applicazione, fatte salve eventuali disposizioni più specifiche del presente regolamento in materia di richieste di informazioni ambientali. Le motivazioni di rifiuto per quanto riguarda l'accesso alle informazioni ambientali dovrebbero essere interpretate in modo restrittivo, tenendo conto dell'interesse pubblico che la rivelazione di dette informazioni persegue e valutando se le informazioni richieste riguardano le emissioni nell'ambiente. I termini «interessi commerciali» abbracciano accordi in materia di riservatezza conclusi da istituzioni o organismi che agiscono a titolo di istituto bancario. (16) Ai sensi della decisione n. 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 settembre 1998, che istituisce una rete di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili nella Comunità (8), è già stata istituita a livello comunitario una rete destinata a promuovere la cooperazione e il coordinamento tra gli Stati membri, con l’assistenza della Commissione, al fine di migliorare la prevenzione e il controllo di una serie di malattie trasmissibili. La decisione n. 1786/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (9), adotta un programma comunitario di azione nel campo della salute pubblica che integra le politiche nazionali in materia. Il miglioramento delle informazioni e delle conoscenze per promuovere la salute pubblica e rafforzare la capacità di rispondere rapidamente e in modo coordinato alle minacce per la salute fa parte integrante di questo programma ed è un obiettivo totalmente conforme alle disposizioni della convenzione di Aarhus. Pertanto, il presente regolamento dovrebbe applicarsi fatte salve le decisioni n. 2119/98/CE e n. 1786/2002/CE. (17) La convenzione di Aarhus impone alle parti di adottare le disposizioni atte a consentire al pubblico di partecipare all’elaborazione dei piani e dei programmi in materia ambientale. Tali disposizioni devono prevedere termini ragionevoli per informare il pubblico del processo decisionale in materia ambientale in questione. Per essere effettiva, la partecipazione del pubblico deve avvenire in una fase iniziale, quando tutte le alternative sono ancora praticabili. In sede di adozione delle disposizioni relative alla partecipazione del pubblico, le istituzioni e gli organi comunitari dovrebbero individuare il pubblico ammesso a partecipare. La convenzione di Aarhus impone inoltre alle parti di adoperarsi, nella misura opportuna, per consentire al pubblico di partecipare all'elaborazione delle politiche in materia ambientale. (18) L'articolo 9, paragrafo 3, della convenzione di Aarhus prevede l’accesso a procedure di ricorso di natura giurisdizionale e non avverso gli atti e le omissioni dei privati e delle pubbliche autorità che violano le norme di diritto ambientale. Le disposizioni sull’accesso alla giustizia dovrebbero essere compatibili con il trattato. In questo contesto, è opportuno che il presente regolamento si applichi esclusivamente agli atti e alle omissioni delle pubbliche autorità. (19) Per assicurare mezzi di impugnazione adeguati e efficaci, compresi quelli esperibili dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee ai sensi delle pertinenti disposizioni del trattato, è opportuno che l’istituzione o l’organo comunitario che ha emanato l’atto oggetto di impugnazione o, in caso di presunta omissione, che avrebbe dovuto emanarlo, abbia la possibilità di riconsiderare la propria decisione o, nel caso di un comportamento omissivo, di adottare il provvedimento richiesto. (20) Le organizzazioni non governative attive nel campo della tutela dell’ambiente che soddisfino determinati criteri, in particolare finalizzati ad assicurare che siano organizzazioni indipendenti e affidabili che abbiano dimostrato che il loro obiettivo primario è promuovere la protezione dell'ambiente, dovrebbero essere legittimate a richiedere una revisione interna a livello comunitario di atti adottati nel quadro della legislazione ambientale o di omissioni da parte di un'istituzione o organo comunitario di deliberare in materia di legislazione ambientale nella prospettiva di un riesame da parte dell'istituzione o organo in questione. (21) Nel caso in cui una richiesta di riesame interno non sia stata accolta, le organizzazioni non governative interessate dovrebbero avere la possibilità di proporre ricorsi in materia ambientale dinanzi alla Corte di giustizia ai sensi delle pertinenti disposizioni del trattato. (22) Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali ed osserva i principi riconosciuti dall'articolo 6 del trattato sull'Unione europea, come rispecchiati nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare l'articolo 37, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: TITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Obiettivo 1. L'obiettivo del presente regolamento è quello di contribuire all'adempimento degli obblighi derivanti dalla convenzione UNECE sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale, di seguito denominata «convenzione di Aarhus», stabilendo le regole per applicare le disposizioni della convenzione alle istituzioni e agli organi comunitari, e a tal fine: a) garantisce al pubblico il diritto di accesso alle informazioni ambientali ricevute o elaborate dalle istituzioni o dagli organi comunitari e da essi detenute, e definisce le condizioni generali e le modalità pratiche per l’esercizio di tale diritto; b) assicura la progressiva disponibilità e diffusione al pubblico delle informazioni ambientali per garantirne la più ampia possibile disponibilità e diffusione sistematica al pubblico, promuovendo in particolare, a tal fine, l'uso di tecnologie di telecomunicazione informatica e/o elettronica, se disponibili; c) prevede la partecipazione del pubblico riguardo all’elaborazione di piani e programmi in materia ambientale; d) prevede l’accesso alla giustizia in materia ambientale a livello comunitario alle condizioni stabilite dal presente regolamento. 2. Nell'applicare le disposizioni del presente regolamento, le istituzioni e gli organi comunitari si adoperano per fornire assistenza e orientamento al pubblico con riguardo all'accesso alle informazioni, alla partecipazione ai processi decisionali e all’accesso alla giustizia in materia ambientale. Articolo 2 Definizioni 1. Ai fini del presente regolamento, si intende per: a) «richiedente»: qualsiasi persona fisica o giuridica che chiede informazioni ambientali; b) «pubblico»: una o più persone fisiche o giuridiche, nonché le associazioni, le organizzazioni o i gruppi costituiti da tali persone; c) «istituzioni o organi comunitari»: le istituzioni, gli organi, le agenzie o gli uffici pubblici istituiti dal trattato o sulla base del medesimo, salvo qualora agiscano nell’esercizio del potere giudiziario o legislativo. Tuttavia, le disposizioni del titolo II si applicano alle istituzioni o agli organi comunitari che agiscono nell'esercizio del potere legislativo. d) «informazioni ambientali»: qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica o in qualunque altra forma materiale riguardante: i) lo stato degli elementi dell'ambiente quali l'aria e l'atmosfera, l'acqua, il suolo, il territorio, il paesaggio e i siti naturali, comprese le zone umide, le zone costiere e marine, la biodiversità e le sue componenti, compresi gli organismi geneticamente modificati, nonché l'interazione fra questi elementi; ii) fattori quali le sostanze, l'energia, il rumore, le radiazioni o i rifiuti, compresi quelli radioattivi, le emissioni, gli scarichi e altri rilasci nell'ambiente, che incidono o possono incidere sugli elementi dell'ambiente di cui al punto i); iii) le misure (compresi i provvedimenti amministrativi) quali le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori di cui ai punti i) e ii), nonché le misure o le attività intese a proteggere i suddetti elementi; iv) i rapporti sull'attuazione della normativa ambientale; v) le analisi costi-benefici ed altre analisi e ipotesi economiche utilizzate nell'ambito delle misure e attività di cui al punto iii); vi) lo stato di salute e la sicurezza umana, compresa la contaminazione della catena alimentare, se del caso, le condizioni di vita delle persone, i siti e gli edifici di interesse culturale, nella misura in cui siano o possano essere influenzati dallo stato degli elementi dell'ambiente di cui al punto i) o, attraverso tali elementi, da uno qualsiasi dei fattori di cui ai punti ii) e iii); e) «piani e programmi in materia ambientale», i piani e i programmi: i) elaborati ed eventualmente adottati da un’istituzione o da un organo comunitario; ii) previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative; e iii) che contribuiscono o possono incidere significativamente sulla realizzazione degli obiettivi della politica ambientale comunitaria stabiliti nel sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente o in successivi programmi d'azione generali in materia ambientale. Si considerano piani e programmi in materia ambientale anche i programmi d'azione generali in materia ambientale. La definizione non comprende i piani e i programmi finanziari o di bilancio, in particolare quelli che stabiliscono come debbano essere finanziati progetti o attività particolari o quelli relativi ai bilanci annuali proposti, i programmi di lavoro interni delle istituzioni o organi comunitari o i piani e programmi di emergenza destinati esclusivamente a scopi di protezione civile; f) «diritto ambientale»: la normativa comunitaria che, a prescindere dalla base giuridica, contribuisce al raggiungimento degli obiettivi della politica comunitaria in materia ambientale, stabiliti nel trattato: salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell'ambiente, protezione della salute umana, utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali e promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o mondiale; g) «atto amministrativo»: qualsiasi provvedimento di portata individuale nell'ambito del diritto ambientale adottato da un'istituzione o da un organo comunitari e avente effetti esterni e giuridicamente vincolanti; h) «omissione amministrativa»: la mancata adozione di un atto amministrativo di cui alla lettera g) da parte di un'istituzione o organo comunitario. 2. Gli atti e le omissioni di natura amministrativa non comprendono le misure adottate dalle istituzioni o dagli organi comunitari o le loro omissioni, in qualità di organi di controllo amministrativo, in applicazione delle seguenti disposizioni del trattato: a) articoli 81, 82, 86 e 87 (regole di concorrenza); b) articoli 226 e 228 (procedura di infrazione); c) articolo 195 (ricorsi al mediatore); d) articolo 280 (procedimenti dinanzi all'OLAF). TITOLO II ACCESSO ALLE INFORMAZIONI AMBIENTALI Articolo 3 Applicazione del regolamento (CE) n. 1049/2001 Il regolamento (CE) n. 1049/2001 si applica a tutte le richieste di accesso alle informazioni ambientali detenute dalle istituzioni e dagli organi comunitari senza discriminazioni basate sulla cittadinanza, la nazionalità o la residenza del richiedente e, qualora si tratti di persone giuridiche, sull’ubicazione della sede legale o del centro effettivo delle loro attività. Ai fini del presente regolamento, il termine «istituzione» di cui al regolamento (CE) n. 1049/2001 deve intendersi come «istituzione o organo comunitario». Articolo 4 Raccolta e diffusione delle informazioni ambientali 1. Le istituzioni e gli organi comunitari organizzano le informazioni ambientali in loro possesso e attinenti alle loro funzioni ai fini della diffusione attiva e sistematica presso il pubblico, in particolare mediante le tecnologie telematiche e/o elettroniche, a norma dell'articolo 11, paragrafi 1 e 2, e dell'articolo 12 del regolamento (CE) n. 1049/2001. Essi assicurano la progressiva disponibilità delle informazioni ambientali in banche dati elettroniche facilmente accessibili al pubblico attraverso le reti pubbliche di telecomunicazioni. A tal fine, introducono dette informazioni in loro possesso in apposite banche dati che dotano di sistemi d'interrogazione e altri strumenti informatici destinati ad aiutare il pubblico a trovare le informazioni richieste. Le informazioni messe a disposizione mediante tecnologie telematiche e/o elettroniche non devono necessariamente comprendere le informazioni raccolte prima dell’entrata in vigore del presente regolamento, a meno che non siano già disponibili in formato elettronico. Le istituzioni e gli organi comunitari indicano, per quanto possibile, dove si trovano le informazioni raccolte prima dell'entrata in vigore del presente regolamento che non sono disponibili in formato elettronico. Le istituzioni e gli organi comunitari compiono ogni ragionevole sforzo per conservare le informazioni ambientali in loro possesso in forme o formati facilmente riproducibili e consultabili tramite reti di telecomunicazione informatica o altri mezzi elettronici. 2. Le informazioni ambientali da mettere a disposizione e divulgare vengono opportunamente aggiornate. In aggiunta ai documenti di cui all’articolo 12, paragrafi 2 e 3, e all’articolo 13, paragrafi 1 e 2 del regolamento (CE) n. 1049/2001, le banche dati o i registri comprendono quanto segue: a) testi di trattati, convenzioni o accordi internazionali e legislazione comunitaria riguardanti direttamente o indirettamente l'ambiente e di politiche, piani e programmi in materia ambientale; b) relazioni sullo stato di attuazione degli elementi di cui alla lettera a) qualora elaborati o detenuti in forma elettronica dalle istituzioni o organi comunitari; c) passi compiuti nelle procedure di infrazione al diritto comunitario a partire dalla fase di parere motivato ai sensi dell'articolo 226, paragrafo 1, del trattato; d) relazioni sullo stato dell’ambiente, come previsto dal paragrafo 4; e) dati o sintesi di dati ricavati dal monitoraggio delle attività che incidono o possono incidere sull'ambiente; f) autorizzazioni, con impatto significativo sull'ambiente, e accordi ambientali, o indicazione del luogo in cui è possibile chiedere o consultare tali informazioni; g) studi sull'impatto ambientale e valutazioni dei rischi relativi agli elementi ambientali, o indicazione del luogo in cui è possibile chiedere o consultare tali informazioni. 3. Ove opportuno, le istituzioni e gli organi comunitari possono adempiere agli obblighi di cui ai paragrafi 1 e 2 creando collegamenti a siti Internet nei quali è possibile reperire le informazioni. 4. La Commissione provvede affinché, ad intervalli periodici non superiori a quattro anni, sia pubblicata e diffusa una relazione sullo stato dell’ambiente, contenente informazioni sulla sua qualità e sulle pressioni a cui è sottoposto. Articolo 5 Qualità delle informazioni ambientali 1. Nei limiti delle loro possibilità, le istituzioni e gli organi comunitari garantiscono che tutte le informazioni da essi raccolte o raccolte per loro conto siano aggiornate, precise e comparabili. 2. Su esplicita domanda, le istituzioni e gli organi comunitari specificano al richiedente dove possono essere ottenute, se disponibili, informazioni sulle procedure di misurazione utilizzate per raccogliere le informazioni, compresi i metodi di analisi, campionamento e preparazione dei campioni. In alternativa, essi possono rinviarli alla procedura standardizzata utilizzata. Articolo 6 Applicazione delle eccezioni relative alla richiesta di accesso alle informazioni ambientali 1. Per quanto concerne l'articolo 4, paragrafo 2, primo e terzo trattino, del regolamento (CE) n. 1049/2001, eccezion fatta per le indagini, in particolare quelle relative ad una possibile violazione della normativa comunitaria, si ritiene che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione qualora le informazioni richieste riguardino emissioni nell'ambiente. Circa le altre eccezioni di cui all'articolo 4 del regolamento (CE) n. 1049/2001, i motivi del rifiuto di accesso vanno interpretati in modo restrittivo, tenendo conto dell'interesse pubblico tutelato dalla divulgazione e del fatto che le informazioni richieste riguardino emissioni nell'ambiente. 2. Oltre alle eccezioni di cui all'articolo 4 del regolamento (CE) n. 1049/2001, le istituzioni e gli organi comunitari possono rifiutare l'accesso alle informazioni ambientali, quando la loro divulgazione possa ripercuotersi negativamente sulla tutela dell'ambiente cui le informazioni si riferiscono, quali i siti di riproduzione delle specie rare. Articolo 7 Richiesta di accesso ad informazioni ambientali che non sono in possesso di un'istituzione o di un organo comunitario Nel caso in cui riceva una richiesta di accesso ad informazioni ambientali che non sono in suo possesso, l'istituzione o l'organo comunitario interpellato indica quanto prima al richiedente, e comunque entro 15 giorni lavorativi, l'altra istituzione o organo comunitario o autorità pubblica ai sensi della direttiva 2003/4/CE presso cui ritiene possibile ottenere tali informazioni, o inoltra la richiesta alla pertinente istituzione o organo comunitario o pubblica autorità, informandone il richiedente. Articolo 8 Cooperazione In caso di minaccia imminente per la salute umana, la vita o l'ambiente, imputabile ad attività umane o dovuta a cause naturali, le istituzioni e gli organi comunitari collaborano con le autorità pubbliche di cui alla direttiva 2003/4/CE, su richiesta delle stesse, e le aiutano a diffondere immediatamente e senza indugio a chiunque possa esserne colpito tutte le informazioni ambientali in possesso delle istituzioni e degli organi comunitari e/o delle autorità pubbliche in questione, o detenute da terzi per conto loro che potrebbero consentirgli di adottare le misure atte a prevenire o attenuare i danni derivanti da tale minaccia. Il primo comma si applica fatti salvi gli eventuali obblighi specifici previsti dalla normativa comunitaria, in particolare dalle decisioni n. 2119/98/CE e n. 1786/2002/CE. TITOLO III PARTECIPAZIONE DEL PUBBLICO RIGUARDO A PIANI E PROGRAMMI IN MATERIA AMBIENTALE Articolo 9 1. Mediante opportune disposizioni pratiche e/o di altro tipo, le istituzioni e gli organi comunitari prevedono tempestivamente opportunità concrete per il pubblico di partecipare all'elaborazione, alla modifica o alla revisione di programmi o piani in materia ambientale quando tutte le possibilità sono ancora aperte. In particolare, nel caso in cui la Commissione elabori una proposta per un certo programma o piano da sottoporre alla decisione di altre istituzioni o organi comunitari, essa prevede la partecipazione del pubblico in questa fase preparatoria. 2. Le istituzioni e gli organi comunitari individuano il pubblico che subisce o può subire gli effetti di un piano o di un programma, quali quelli di cui al paragrafo 1, o che ha un interesse in relazione ad essi, tenendo conto degli obiettivi del presente regolamento. 3. Le istituzioni e gli organi comunitari garantiscono che il pubblico di cui al paragrafo 2 sia informato tramite un avviso pubblico o altro mezzo appropriato, ad esempio un mezzo elettronico se disponibile, in merito: a) al progetto di proposta, se disponibile; b) alle informazioni o valutazioni ambientali relative al piano o al programma in preparazione, se disponibili; e c) alle modalità pratiche di partecipazione, tra cui l'indicazione: i) dell'entità amministrativa presso cui possono essere ottenute le informazioni pertinenti; ii) dell'entità amministrativa a cui possono essere sottoposti commenti, pareri o quesiti; nonché iii) di scadenze ragionevoli che diano tempo sufficiente al pubblico di essere informato, prepararsi e partecipare in modo effettivo al processo decisionale in materia ambientale. 4. È previsto un termine di almeno otto settimane entro cui far pervenire commenti. Quando si organizzano riunioni o audizioni, se ne deve dare l'avviso con almeno quattro settimane di anticipo. Tali termini possono essere ridotti in caso di urgenza o qualora il pubblico abbia già avuto la possibilità di formulare commenti sul piano o sul programma in questione. 5. Nel decidere riguardo ad un piano o ad un programma in materia ambientale, le istituzioni e gli organi comunitari tengono debitamente conto dell'esito della partecipazione del pubblico. Le istituzioni e gli organi comunitari informano il pubblico in merito al piano o al programma, incluso il suo testo, nonché in merito alle motivazioni e alle considerazioni su cui è basata la decisione, inclusa l'informazione circa la partecipazione del pubblico. TITOLO IV RIESAME INTERNO E ACCESSO ALLA GIUSTIZIA Articolo 10 Richiesta di riesame interno degli atti amministrativi 1. Qualsiasi organizzazione non governativa che soddisfa i criteri di cui all'articolo 11 può presentare una richiesta di riesame interno all'istituzione o all'organo comunitario che ha adottato un atto amministrativo ai sensi del diritto ambientale o, in caso di presunta omissione amministrativa, che avrebbe dovuto adottarlo. Tale richiesta dev'essere formulata per iscritto entro un termine massimo di sei settimane a decorrere dalla data più recente tra quelle di adozione, notifica o pubblicazione dell'atto amministrativo o, in caso di presunta omissione, entro sei settimane dalla data in cui lo stesso avrebbe dovuto essere adottato. La richiesta deve contenere una motivazione del riesame. 2. L’istituzione o l’organo comunitario di cui al paragrafo 1 esamina tale richiesta a meno che essa sia chiaramente infondata. Non appena possibile, e comunque entro dodici settimane dal ricevimento della richiesta, l'istituzione o l'organo comunitario risponde per iscritto adducendo le sue motivazioni. 3. Qualora, nonostante la dovuta diligenza, l'istituzione o l'organo comunitario non sia in grado di agire a norma del paragrafo 2, non appena possibile, e in ogni caso entro i termini di cui al suddetto paragrafo, detta istituzione o detto organo comunitario informa l'organizzazione non governativa che ha formulato la richiesta dei motivi di impedimento e di quando intende porvi rimedio. L’istituzione o l’organo comunitario è tenuto ad agire in ogni caso entro diciotto settimane dal ricevimento della richiesta. Articolo 11 Criteri di legittimazione a livello comunitario 1. Un'organizzazione non governativa può formulare una richiesta di riesame interno ai sensi dell'articolo 10, a condizione che: a) sia una persona giuridica indipendente senza fini di lucro a norma del diritto nazionale o della prassi di uno Stato membro; b) abbia come obiettivo primario dichiarato di promuovere la tutela dell'ambiente nell'ambito del diritto ambientale; c) sia stata costituita da più di due anni e persegua attivamente l'obiettivo di cui alla lettera b); d) l’oggetto della richiesta di riesame interno rientri nel suo obiettivo e nelle sue attività. 2. La Commissione adotta le disposizioni necessarie ad assicurare un'applicazione trasparente e coerente dei criteri di cui al paragrafo 1. Articolo 12 Ricorsi dinanzi alla Corte di giustizia 1. L'organizzazione non governativa che ha formulato la richiesta di riesame interno ai sensi dell'articolo 10 può proporre ricorso dinanzi alla Corte di giustizia a norma delle pertinenti disposizioni del trattato. 2. Qualora l'istituzione o l'organo comunitario ometta di agire a norma dell'articolo 10, paragrafo 2 o paragrafo 3, l'organizzazione non governativa ha il diritto di proporre ricorso dinanzi alla Corte di giustizia a norma delle pertinenti disposizioni del trattato. TITOLO V DISPOSIZIONI FINALI Articolo 13 Misure di applicazione Se necessario, le istituzioni e gli organi comunitari adeguano i propri regolamenti interni alle disposizioni del presente regolamento. Detti adeguamenti hanno effetto a decorrere dal 28 giugno 2007. Articolo 14 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Esso si applica a decorrere dal 28 giugno 2007. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, addì 6 settembre 2006. Per il Parlamento europeo Il presidente J. BORRELL FONTELLES Per il Consiglio La presidente P. LEHTOMÄKI (1) GU C 117 del 30.4.2004, pag. 52. (2) Parere del Parlamento europeo del 31 marzo 2004 (GU C 103 E del 29.4.2004, pag. 612), posizione comune del Consiglio del 18 luglio 2005 (GU C 264 E del 25.10.2005, pag. 18) e posizione del Parlamento europeo del 18 gennaio 2006 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 4 luglio 2006 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 18 luglio 2006. (3) Decisione n. 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 2002, che istituisce il sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente (GU L 242 del 10.9.2002, pag. 1). (4) Quarto programma comunitario di azione in materia ambientale (GU C 328 del 7.12.1987, pag. 1). Quinto programma comunitario di azione in materia ambientale (GU C 138 del 17.5.1993, pag. 1). (5) Decisione 2005/370/CE del Consiglio (GU L 124 del 17.5.2005, pag. 1). (6) GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43. (7) GU L 41 del 14.2.2003, pag. 26. (8) GU L 268 del 3.10.1998, pag. 1. Decisione modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 1882/2003 (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). (9) GU L 271 del 9.10.2002, pag. 1. Decisione modificata dalla decisione n. 786/2004/CE (GU L 138 del 30.4.2004, pag. 7).
Informazioni ambientali: partecipazione del pubblico e accesso alla giustizia (convenzione di Aarhus) QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento richiede alle istituzioni e agli organi dell’Unione europea (Unione) di attuare gli obblighi contenuti nella convenzione di Aarhus (si veda la sintesi). La convenzione conferisce al pubblico il diritto di:accesso alle informazioni ambientali; partecipazione al processo decisionale; giustizia in materia ambientale. PUNTI CHIAVE Accesso alle informazioni ambientali Le istituzioni e gli organi dell’Unione devono:garantire l’accesso del pubblico alle informazioni ambientali che detengono, secondo le condizioni stabilite nel regolamento; garantire che le informazioni ambientali siano progressivamente rese disponibili e diffuse al pubblico; organizzare le informazioni in banche dati facilmente accessibili al pubblico; aggiornare le informazioni e garantire che siano esatte e comparabili; rispondere a eventuali richieste di informazioni ambientali entro quindici giorni lavorativi.Le banche dati o i registri ambientali devono comprendere:testi di trattati internazionali, convenzioni o accordi, politiche, piani e programmi; relazioni sullo stato di avanzamento dell’attuazione degli elementi di cui sopra; passi compiuti nelle procedure di violazione del diritto dell’Unione; relazioni sullo stato dell’ambiente; dati di monitoraggio delle attività che potrebbero incidere sull’ambiente; autorizzazioni rilasciate che potrebbero incidere sull’ambiente; studi sull’impatto ambientale e valutazioni dei rischi.Le richieste di informazioni possono essere rifiutate solo in circostanze specifiche, come nel caso di procedimenti giudiziari in corso o se la loro divulgazione può danneggiare l’ambiente, ad esempio rivelando siti di riproduzione di specie rare. Partecipazione del pubblico ai processi decisionali in materia ambientale Le istituzioni e gli organi dell’Unione devono prevedere tempestivamente opportunità concrete per il pubblico di partecipare al processo decisionale relativo a piani o programmi in materia ambientale. Nel caso in cui la Commissione europea elabori un piano o un programma da sottoporre alla decisione di altri organi dell’Unione, deve prevedere la partecipazione del pubblico a tale fase preparatoria. Le istituzioni e gli organi dell’Unione devono individuare il pubblico che rischia di essere interessato da un piano o da un programma, nonché garantire che sia informato in merito:al progetto di proposta; alle informazioni ambientali pertinenti; alle modalità pratiche di partecipazione, tra cui l’indicazione:dell’entità presso cui è possibile ottenere ulteriori informazioni;dell’entità a cui è possibile sottoporre commenti o quesiti;di scadenze ragionevoli che diano tempo sufficiente al pubblico di prepararsi e partecipare in modo effettivo al processo decisionale.È previsto un termine di almeno otto settimane entro cui fare pervenire commenti, e di almeno quattro settimane per gli avvisi riguardanti eventuali riunioni o audizioni. Le istituzioni e gli organi dell’Unione tengono debitamente conto dell’esito della partecipazione del pubblico e informano il pubblico in merito a qualsiasi decisione e alle considerazioni su cui si è basata la decisione, inclusa l’informazione circa la partecipazione del pubblico. Riesame interno e accesso alla giustizia I membri del pubblico, in presenza di determinate condizioni, possono presentare una richiesta di riesame interno all’istituzione o all’organo dell’Unione che ha adottato o, in caso di un’omissione, che avrebbe dovuto adottare un atto amministrativo alla luce del fatto che tale atto o omissione contravviene al diritto ambientale. Un’organizzazione non governativa (ONG) può formulare una richiesta a condizione che:sia una persona giuridica indipendente senza fini di lucro a norma del diritto nazionale o della prassi di uno Stato membro dell’Unione; abbia come obiettivo primario dichiarato quello di promuovere la tutela dell’ambiente nell’ambito del diritto ambientale; sia stata costituita da più di due anni; l’oggetto della richiesta rientri nel suo obiettivo e nelle sue attività.La richiesta di riesame interno può altresì essere formulata da altri membri del pubblico qualora siano in grado di:dimostrare che i propri diritti sono lesi in maniera diretta dalla presunta violazione del diritto ambientale dell’Unione rispetto al pubblico in generale; dimostrare un interesse pubblico sufficiente, sostenuto da almeno 4 000 membri del pubblico di almeno cinque Stati membri, con almeno 250 membri del pubblico provenienti da ciascuno di tali Stati membri.Le richieste formulate da tali altri membri del pubblico devono essere presentate da una ONG ambientale che soddisfi i criteri sopra delineati o da un avvocato autorizzato a esercitare in uno Stato membro dell’Unione. Tali richieste devono essere formulate entro otto settimane dall’adozione, dalla notifica o dalla pubblicazione dell’atto amministrativo, qualunque azione sia la più recente. Le istituzioni e gli organi dell’Unione devono pubblicare tutte le richieste di riesame interno il prima possibile in seguito alla ricezione, nonché tutte le decisioni finali relative a tali richieste il prima possibile dopo la loro adozione. L’istituzione o l’organo dell’Unione deve pronunciarsi entro ventidue settimane dalla scadenza del termine di presentazione di otto settimane. Qualora un’istituzione o un organo dell’Unione si astenga dal pronunciarsi in merito a una richiesta di riesame interno, o nel caso in cui una richiesta venga respinta, l’ONG o altri membri del pubblico possono presentare ricorso dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il regolamento è in vigore dal 28 giugno 2007. Talune norme modificate, principalmente relative all’accesso alla giustizia, sono in vigore dal 28 ottobre 2021. Le norme che consentono ad altri membri del pubblico, oltre alle ONG ambientali, di accedere al riesame interno entreranno in vigore il 29 aprile 2023. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si veda:Convenzione di Aarhus (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1367/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006, sull’applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (GU L 264 del 25.9.2006 pag. 13). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1367/2006 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, che prevede la partecipazione del pubblico nell’elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale e modifica le direttive del Consiglio 85/337/CEE e 96/61/CE relativamente alla partecipazione del pubblico e all’accesso alla giustizia (GU L 156 del 25.6.2003, pag. 17). Si veda la versione consolidata. Direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio (GU L 41 del 14.2.2003, pag. 26). Si veda la versione consolidata.
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22002A0809(01)
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Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica dell'India Gazzetta ufficiale n. L 213 del 09/08/2002 pag. 0030 - 0037 Accordodi cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica dell'IndiaLA COMUNITÀ EUROPEA, in appresso denominata "Comunità",da una parte, eIL GOVERNO DELLA REPUBBLICA DELL'INDIA, in appresso denominata "India",dall'altra,qui di seguito denominati "le parti",CONSIDERATA l'importanza che riveste la ricerca scientifica e tecnologica per il loro sviluppo economico e sociale;RICONOSCENDO che la Comunità e l'India svolgono programmi congiunti di ricerca e sviluppo tecnologico in vari settori di interesse comune e che agevolando l'ulteriore cooperazione le parti possono trarre reciproci vantaggi;OSSERVANDO che nell'ambito dell'accordo di cooperazione tra la Comunità e l'India sulla compartecipazione e sullo sviluppo firmato il 20 dicembre 1993 vi è stata un'attiva cooperazione e uno scambio di informazioni in vari settori scientifici e tecnologici;VISTA la dichiarazione congiunta concordata in occasione del vertice tra UE ed India del 28 giugno 2000,DESIDERANDO estendere la cooperazione nel campo della ricerca scientifica e tecnologica per rafforzare lo svolgimento di attività di cooperazione in settori di interesse comune e promuovere l'applicazione dei risultati di tale cooperazione a vantaggio del loro sviluppo economico e sociale,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1ObiettivoLe parti promuovono ed agevolano attività di ricerca e sviluppo in cooperazione tra la Comunità e l'India in settori scientifici e tecnologici di interesse comune.Articolo 2DefinizioniAi fini del presente accordo, si intende per:a) "attività di cooperazione", qualunque attività che le parti intraprendono o finanziano ai sensi del presente accordo, compresa la ricerca comune;b) "informazioni", dati scientifici o tecnici, risultati o metodi di ricerca e sviluppo frutto delle ricerche comuni effettuate nel quadro del presente accordo e qualsiasi altro dato ritenuto necessario dai partecipanti alle attività di cooperazione, incluse, se del caso, le parti stesse;c) "proprietà intellettuale", la definizione data dall'articolo 2 della convenzione che istituisce l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, firmata a Stoccolma il 14 luglio 1967;d) "ricerca comune", i progetti di ricerca, sviluppo tecnologico o dimostrazione condotti con il sostegno finanziario di una o di entrambe le parti che comportino la collaborazione di partecipanti sia della Comunità che dell'India e che siano designati per iscritto dalle parti o dagli agenti esecutivi come ricerche comuni. Se il finanziamento è erogato da una sola parte, la designazione spetta alla parte finanziatrice ed ai partecipanti al progetto;e) "partecipante" o "ente di ricerca" qualsiasi persona, istituzione accademica, istituto di ricerca o altra entità giuridica o impresa avente sede nella Comunità o in India che partecipi ad attività di cooperazione, incluse le parti stesse.Articolo 3PrincipiLa cooperazione si svolge sulla base dei seguenti principi:a) vantaggio reciproco fondato su una ripartizione equilibrata dei vantaggi;b) accesso reciproco alle attività di ricerca e sviluppo tecnologico intraprese da ciascuna parte;c) scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sulle attività di cooperazione;d) tutela adeguata dei diritti di proprietà intellettuale.Articolo 4Settori di cooperazioneLa cooperazione ai sensi del presente accordo può coprire tutte le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione, di seguito denominate "RST", che rientrano nella prima azione prevista dal programma quadro ai sensi dell'articolo 164 del trattato che istituisce la Comunità europea e a tutte le analoghe attività di RST svolte in India nei corrispondenti settori scientifici e tecnologici.Il presente accordo lascia impregiudicata la partecipazione dell'India, in quanto paese in via di sviluppo, alle attività della Comunità nel campo della ricerca ai fini dello sviluppo.Articolo 5Forme di collaborazioneLe attività di cooperazione possono assumere le seguenti forme:- partecipazione di enti di ricerca indiani a progetti di RST previsti dalla prima azione del programma quadro e reciproca partecipazione di enti di ricerca aventi sede nella Comunità a progetti indiani intrapresi in settori analoghi di RST. Tale partecipazione è soggetta alle norme e alle procedure applicabili in ciascuna parte,- progetti comuni di RST; i progetti comuni di RST sono attuati previa elaborazione ad opera dei partecipanti di un piano di gestione della tecnologia, secondo quanto indicato nell'allegato,- messa in comune di progetti di RST già in atto in conformità delle procedure previste dai programmi di RST di ciascuna parte,- visite e scambi di ricercatori ed esperti tecnici,- organizzazione in comune di seminari scientifici, conferenze, simposi e workshop e partecipazione di esperti a tali attività,- azioni concertate per la diffusione dei risultati e lo scambio di esperienze sui progetti comuni di RST finanziati,- scambi e condivisione di attrezzature e materiali, compreso l'uso in comune di strutture di ricerca avanzate,- scambio di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi attinenti alla cooperazione prevista dal presente accordo,- qualsiasi altra modalità raccomandata dal comitato direttivo e ritenuta conforme alle politiche e procedure applicabili in entrambe le parti.Articolo 6Coordinamento e agevolazione delle attività di cooperazionea) Il compito di coordinare e di agevolare le attività cooperative previste dal presente accordo spetta per l'India al ministero della Scienza e della tecnologia (Dipartimento di scienza e tecnologia) e per la Comunità ai servizi della Commissione delle Comunità europee (direzione generale delle Ricerca), in qualità di agenti esecutivi.b) Gli agenti esecutivi istituiscono un comitato direttivo per la cooperazione scientifica e tecnologica, in appresso denominato "comitato direttivo", incaricato della gestione del presente accordo. Il comitato è composto da un uguale numero di rappresentanti ufficiali per ciascuna parte, e da due copresidenti nominati dalle parti; esso adotta il proprio regolamento interno.c) Il comitato direttivo svolge le seguenti funzioni:i) promuove e controlla le varie attività di cooperazione di cui all'articolo 4 nonché le attività eventualmente intraprese nel quadro delle attività comunitarie nel campo della ricerca ai fini dello sviluppo;ii) raccomanda il finanziamento, sulla base della ripartizione dei costi tra le parti, dei progetti comuni di RST ricevuti a seguito della pubblicazione simultanea a cura degli agenti esecutivi dell'invito congiunto a presentare proposte;i progetti comuni, presentati dai ricercatori di una delle parti per la partecipazione ai programmi dell'altra saranno selezionati da ciascuna parte secondo le proprie procedure, con eventuale partecipazione di esperti di entrambe le parti;iii) indica per l'anno successivo, ai sensi dell'articolo 5, primo e secondo trattino, tra i possibili settori di cooperazione RST, i settori o sottosettori prioritari di reciproco interesse in cui è opportuno cooperare;iv) ai sensi dell'articolo 5, terzo trattino, propone ai ricercatori di entrambe le parti la messa in comune dei progetti che possano essere reciprocamente vantaggiosi e complementari;v) formula raccomandazioni ai sensi dell'articolo 5, dal quarto all'ottavo trattino;vi) consiglia le parti sui metodi per valorizzare e migliorare la cooperazione in modo conforme ai principi stabiliti nel presente accordo;vii) vigila sul buon funzionamento e sull'attuazione del presente accordo e valuta i progetti di cooperazione in corso, ai quali l'India partecipa in qualità di paese in via di sviluppo nel quadro delle attività della Comunità nel campo della ricerca ai fini dello sviluppo;viii) presenta ogni anno alle parti un rapporto sulla situazione, sui risultati e sull'efficacia della cooperazione intrapresa ai sensi del presente accordo. Il rapporto è trasmesso alla commissione comune istituita nel quadro dell'accordo di cooperazione tra la Comunità europea e l'India sulla compartecipazione e lo sviluppo.d) Il comitato direttivo si riunisce di norma una volta all'anno, preferibilmente prima della riunione della commissione comune istituita nel quadro dell'accordo di cooperazione tra la Comunità europea e l'India sulla compartecipazione e lo sviluppo, secondo un calendario concordato; le riunioni dovrebbero svolgersi alternativamente nella Comunità ed in India. Su richiesta di una delle parti possono essere convocate riunioni straordinarie.e) Le decisioni del comitato direttivo sono prese mediante consensus. Per ogni riunione è redatto un verbale, che comprende l'elenco delle decisioni e dei principali punti discussi. I verbali sono approvati dai due copresidenti del comitato direttivo.f) Ciascuna parte si fa carico delle spese di viaggio e soggiorno dei propri partecipanti alle riunioni del comitato direttivo. Gli altri costi relativi alle riunioni del comitato direttivo sono a carico della parte ospitante.Articolo 7Finanziamentoa) Le attività di cooperazione sono subordinate alla disponibilità di fondi adeguati nonché alle leggi ed ai regolamenti applicabili nel territorio di ciascuna parte (compresa la normativa in materia di esenzione fiscale e doganale) e sono conformi alle politiche e ai programmi delle parti.b) I costi delle attività di cooperazione selezionate saranno ripartiti tra i partecipanti senza trasferimento di fondi da una parte all'altra.c) Un accordo di attuazione precisa le esatte procedure amministrative e finanziarie applicabili alle attività di cooperazione.d) Ai progetti di RST cui l'India partecipa in qualità di paese in via di sviluppo, finanziati nell'ambito delle attività della Comunità nel campo della ricerca ai fini dello sviluppo, non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 7, lettere b) e c).Articolo 8Circolazione di personale e attrezzatureNel rispetto delle leggi e dei regolamenti applicabili nel proprio territorio, ciascuna parte prende tutte le misure ragionevoli e si adopera per agevolare l'entrata, il soggiorno e l'uscita dal proprio territorio di persone ed attrezzature impegnate o impiegate nelle attività di cooperazione individuate dalle parti in base alle disposizioni del presente accordo.Articolo 9Diffusione e uso delle informazioniLa diffusione e l'uso delle informazioni nonché la gestione, la ripartizione e l'esercizio dei diritti di proprietà intellettuale derivanti dalla ricerca comune promossa in virtù del presente accordo, sono soggetti ai requisiti dell'allegato. L'allegato forma parte integrante del presente accordo.Articolo 10Applicazione territorialeIl presente accordo si applica ai territori in cui vige il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni previste da detto trattato, e al territorio dell'India, fatta salva la possibilità di intraprendere attività di cooperazione in alto mare, nello spazio, o nel territorio di paesi terzi, conformemente al diritto internazionale.Articolo 11Entrata in vigore, denuncia dell'accordo e risoluzione delle controversiea) Il presente accordo entra in vigore alla data in cui ciascuna delle parti ha notificato all'altra per iscritto l'avvenuto espletamento delle rispettive procedure interne necessarie per la sua entrata in vigore.b) Il presente accordo è concluso per un periodo iniziale di cinque anni e può essere rinnovato su accordo delle parti, previa valutazione da effettuarsi nel corso dell'ultimo anno di ciascun periodo successivo.c) Le parti possono concordare modifiche al presente accordo. Le modifiche entrano in vigore alla data in cui ciascuna parte ha notificato all'altra per iscritto l'avvenuto espletamento delle rispettive procedure interne all'uopo previste.d) Il presente accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da ciascuna delle parti con preavviso scritto di almeno sei mesi. La cessazione del presente accordo alla scadenza o la sua denuncia lasciano impregiudicati la validità o la durata dei contratti stipulati in base ad esso, nonché i diritti e gli obblighi maturati in conformità delle disposizioni dell'allegato.e) Tutte le questioni o controversie relative all'interpretazione o all'attuazione del presente accordo sono risolte di comune accordo tra le parti.Articolo 12Il presente accordo è redatto in duplice copia nelle lingue danese, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese, tedesca e indiana, ciascun testo facente ugualmente fede.In fede di che i sottoscritti, debitamente autorizzati, hanno firmato il presente accordo.Hecho en Nueva Delhi el veintitrés de noviembre del dos mil uno por duplicado en alemán, danés, español, finés, francés, griego, inglés, italiano, neerlandés, portugués, sueco e hindi, siendo cada uno de estos textos igualmente auténticos./Udfærdiget i New Delhi, den treogtyvende november to tusind og et, i to eksemplarer på dansk, engelsk, finsk, fransk, græsk, italiensk, nederlandsk, portugisisk, spansk, svensk, tysk og hindi, idet hver af disse tekster har samme gyldighed./Geschehen zu New Delhi am dreiundzwanzigsten November zweitausendundeins in zwei Urschriften in dänischer, deutscher, englischer, finnischer, französischer, griechischer, italienischer, niederländischer, portugiesischer, schwedischer und spanischer Sprache sowie in Hindi abgefasst, wobei jeder Wortlaut gleichermaßen verbindlich ist./Έγινε στο Νέο Δελχί, στις είκοσι τρεις Νοεμβρίου δύο χιλιάδες ένα, σε δύο αντίτυπα στην αγγλική, γαλλική, γερμανική, δανική, ελληνική, ισπανική, ιταλική, ολλανδική, πορτογαλική, σουηδική και φινλανδική γλώσσα και τη γλώσσα Hindi· όλα τα κείμενα είναι εξίσου αυθεντικά./Done at New Delhi on the twenty-third day of November in the year two thousand and one, in two copies, in the Danish, Dutch, English, Finnish, French, German, Greek, Italian, Portuguese, Spanish, Swedish, and Hindi languages, with each text being equally authentic./Fait à New Delhi, le vingt-trois novembre deux mille un, en deux exemplaires, en langues allemande, anglaise, danoise, espagnole, française, finnoise, grecque, italienne, néerlandaise, portugaise, suédoise et hindi, chacun de ces textes faisant également foi./Fatto a Nuova Delhi, addì ventitre novembre duemilauno, in duplice copia nelle lingue danese, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese, tedesca e hindi, ciascun testo facente ugualmente fede./Gedaan te New Delhi op de drieëntwintigste november tweeduizendeneen in twee exemplaren in de Deense, de Duitse, de Engelse, de Finse, de Franse, de Griekse, de Italiaanse, de Nederlandse, de Portugese, de Spaanse, de Zweedse en de Hinditaal, zijnde alle teksten gelijkelijk authentiek./Feito em Nova Deli, em vinte e três de Novembro de dois mil e um, em duplo exemplar, nas línguas alemã, dinamarquesa, espanhola, finlandesa, francesa, grega, inglesa, italiana, neerlandesa, portuguesa, sueca e hindi, fazendo igualmente fé todos os textos./Tehty New Delhissä kahdentenakymmenentenäkolmantena päivänä marraskuuta vuonna kaksituhattayksi kahtena kappaleena englannin-, espanjan-, hollannin-, italian-, kreikan-, portugalin-, ranskan-, ruotsin-, saksan-, suomen-, tanskan- ja hindinkielellä, ja jokainen teksti on yhtä todistusvoimainen./Upprättat i New Delhi den tjugotredje november tjugohundraett i två exemplar på danska, engelska, finska, franska, grekiska, italienska, nederländska, portugisiska, spanska, svenska och tyska språken samt på hindi, varvid samtliga språkversioner äger lika giltighet./>PIC FILE= "L_2002213IT.003301.TIF">Por la Comunidad Europea/For Det Europæiske Fællesskab/Für die Europäische Gemeinschaft/Για την Ευρωπαϊκή Κοινότητα/For the European Community/Pour la Communauté européenne/Per la Comunità europea/Voor de Europese Gemeenschap/Pela Comunidade Europeia/Euroopan yhteisön puolesta/På Europeiska gemenskapens vägnar/>PIC FILE= "L_2002213IT.003401.TIF">>PIC FILE= "L_2002213IT.003402.TIF">Por el Gobierno de la República de la India/På Republikken Indiens regerings vegne/Für die Regierung der Republik Indien/Για την κυβέρνηση της Δημοκρατίας της Ινδίας/For the Government of the Republic of India/Pour le gouvernement de la République de l'Inde/Per il governo della Repubblica dell'India/Voor de regering van de Republiek India/Pelo Governo da República da Índia/Intian tasavallan hallituksen puolesta/På Republiken Indiens regerings vägnar/>PIC FILE= "L_2002213IT.003403.TIF">>PIC FILE= "L_2002213IT.003404.TIF">ALLEGATODIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALEI diritti di proprietà intellettuale sorti o ceduti in virtù dell'accordo sono attribuiti secondo quanto stabilito nel presente allegato.APPLICAZIONEIl presente allegato si applica alla ricerca comune condotta ai sensi dell'accordo, salvo se sia diversamente convenuto tra le parti.I. Titolarità, attribuzione ed esercizio dei diritti1. Ai fini del presente allegato "proprietà intellettuale" ha il significato di cui all'articolo 2, lettera c), dell'accordo.2. Il presente allegato disciplina l'attribuzione dei diritti e degli interessi alle parti ed ai loro partecipanti. Ciascuna parte e i suoi partecipanti garantisce che l'altra parte e i suoi partecipanti ottengano i diritti di proprietà intellettuale loro spettanti conformemente al presente allegato. Il presente allegato non modifica altrimenti e lascia impregiudicate la ripartizione di diritti, interessi e royalties tra una parte ed i suoi cittadini o partecipanti e le regole sulla diffusione e l'uso delle informazioni, che saranno stabilite dalle leggi e dalle pratiche di ciascuna parte.3. Le parti si atterranno inoltre ai seguenti principi, che devono figurare nei contratti conclusi in base all'accordo:a) protezione effettiva dei diritti di proprietà intellettuale. Le parti e/o i partecipanti, secondo il caso, si impegnano a darsi reciproca comunicazione, entro un termine ragionevole, di qualunque diritto di proprietà intellettuale sorto nell'ambito dell'accordo o delle modalità di attuazione e a provvedere in tempo opportuno alla protezione di tale diritto;b) sfruttamento effettivo dei risultati, tenendo conto dei contributi delle parti e dei loro partecipanti;c) trattamento non discriminatorio dei partecipanti dell'altra parte rispetto al trattamento accordato ai propri partecipanti per ciò che concerne la titolarità, l'uso e la diffusione delle informazioni e la titolarità, la ripartizione e l'esercizio dei diritti di proprietà intellettuale;d) protezione delle informazioni commerciali riservate.4. I partecipanti elaborano congiuntamente un piano di gestione della tecnologia (Technology Management Plan, TMP). Il piano di gestione della tecnologia è un accordo specifico sottoscritto dai partecipanti a una ricerca comune che definisce i rispettivi diritti ed obblighi, sia in relazione alla titolarità ed all'uso delle informazioni, inclusa la pubblicazione, sia in materia di diritti di proprietà intellettuale sorti nell'ambito della ricerca comune.Con riferimento alla proprietà intellettuale, di norma il piano di gestione della tecnologia disciplina, tra l'altro, i seguenti aspetti: titolarità, protezione, diritti di utilizzazione a fini di ricerca e sviluppo, sfruttamento e diffusione, inclusa la pubblicazione in comune, diritti ed obblighi dei ricercatori in visita e procedure di risoluzione delle controversie. Il piano di gestione della tecnologia può anche definire il regime delle informazioni principali e secondarie, delle licenze e dei risultati finali (deliverables). Il piano è elaborato secondo le normative vigenti in ciascuna delle parti tenendo conto delle finalità della ricerca comune, dei contributi, finanziari o di altro tipo, delle parti e dei partecipanti, dei vantaggi e svantaggi di un regime di licenze su base territoriale o settoriale, degli obblighi posti dalle leggi applicabili, della necessità di procedure di risoluzione delle controversie e di altri fattori considerati rilevanti dai partecipanti. Il piano definisce altresì i diritti ed obblighi in materia di proprietà intellettuale in relazione alle ricerche condotte da ricercatori in visita (cioè ricercatori che non provengono né dalle parti né da organismi partecipanti). Il piano di gestione della tecnologia è approvato dal dipartimento o dal servizio competente ad erogare i fondi della parte finanziatrice della ricerca prima della conclusione dei singoli contratti di cooperazione in materia di ricerca e sviluppo e viene allegato ad essi.5. L'informazione o la proprietà intellettuale create nel corso della ricerca comune non disciplinate dal piano di gestione della tecnologia sono attribuite secondo i principi stabiliti dal piano. In caso di disaccordo che non possa essere risolto tramite la procedura di composizione delle controversie concordata dalle parti, tale informazione o proprietà intellettuale spetta in comune a tutti i partecipanti alla ricerca comune dalla quale è derivata. Ciascun partecipante cui si applica la presente disposizione ha il diritto di usare tale informazione o proprietà intellettuale a fini di sfruttamento commerciale senza limiti geografici.6. In conformità della normativa applicabile, ciascuna parte garantisce che l'altra parte ed i suoi partecipanti ottengano i diritti di proprietà intellettuale ad essi attribuiti.7. Compatibilmente con il mantenimento della concorrenza nei settori in cui si applica l'accordo, ciascuna parte si adopera per assicurare che i diritti acquisiti ai sensi dell'accordo e i contratti stipulati nel suo contesto siano esercitati in modo tale da promuovere in particolare:i) la diffusione e l'uso delle informazioni prodotte, rivelate o altrimenti rese disponibili ai sensi dell'accordo eii) l'adozione e l'applicazione di norme internazionali.8. La denuncia o la scadenza dell'accordo lasciano impregiudicati i diritti o gli obblighi dei partecipanti in materia di proprietà intellettuale in relazione ai progetti approvati ed in corso in conformità del presente allegato.II. Opere oggetto di diritto d'autore e letteratura scientificaAi diritti d'autore spettanti alle parti o ai partecipanti si applica un trattamento conforme alle norme della convenzione di Berna (Atto di Parigi 1971) e dell'accordo TRIPS.Fatto salvo quanto previsto nella sezione III, e tranne se altrimenti convenuto nel piano di gestione della tecnologia, i risultati della ricerca sono pubblicati in comune dalle parti o dai partecipanti. Sulla base della regola generale di cui sopra, si applicano le seguenti procedure:1) in caso di pubblicazione ad opera di una parte o di un suo organismo pubblico di riviste, articoli, saggi e libri di carattere scientifico o tecnico, inclusi video e software, che siano frutto della ricerca comune svolta ai sensi dell'accordo, la controparte ha diritto a una licenza non esclusiva, irrevocabile, gratuita e valida per tutti i paesi per la traduzione, la riproduzione, l'adattamento, la trasmissione e la distribuzione pubblica di tali opere.2) Le parti provvedono alla massima diffusione possibile delle opere di letteratura scientifica frutto della ricerca comune svolta ai sensi dell'accordo e pubblicate da editori indipendenti.3) Ogni riproduzione destinata al pubblico di un'opera tutelata da diritto d'autore, prodotta a norma delle presenti disposizioni, deve indicare i nomi degli autori dell'opera, salvo se un autore chieda di non essere citato. Essa deve inoltre recare chiara e visibile menzione del contributo delle parti in termini di cooperazione.III. Informazioni riservateA. Informazioni riservate di carattere documentale1. Ciascuna parte, o, se del caso, i suoi servizi o i suoi partecipanti, indica quanto prima e preferibilmente nel piano di gestione della tecnologia le informazioni che intende mantenere riservate con riferimento all'accordo, sulla base, tra l'altro, dei seguenti criteri:a) segretezza delle informazioni, nel senso che non deve trattarsi di informazioni già note o conoscibili con mezzi leciti da esperti del settore nella loro integralità o nell'esatta configurazione o insieme degli elementi che le compongono;b) valore commerciale effettivo o potenziale delle informazioni a causa della loro segretezza;c) protezione precedente delle informazioni, nel senso che il legittimo detentore deve aver posto in essere le precauzioni richieste dalle circostanze per mantenerne la segretezza.Le parti ed i loro partecipanti possono in taluni casi convenire che, salvo diversa indicazione, tutte o parte delle informazioni fornite, scambiate o prodotte nel corso di una ricerca comune condotta ai sensi dell'accordo siano riservate.2. Ciascuna parte provvede affinché le informazioni riservate siano chiaramente identificate mediante apposita marcatura o una menzione restrittiva. Ciò vale anche per le riproduzioni, integrali o parziali, di dette informazioni.La parte che riceva informazioni riservate ai sensi dell'accordo è tenuta a rispettarne la riservatezza. Tale obbligo cessa automaticamente quando le informazioni sono rese di pubblico dominio dal titolare.3. Le informazioni riservate, comunicate ai sensi del presente accordo, possono essere rivelate dalla parte ricevente a persone residenti nel proprio territorio o impiegate alle sue dipendenze nonché ai dipartimenti ed ai servizi autorizzati ai fini specifici della ricerca comune in corso, a condizione che la diffusione sia subordinata ad un accordo scritto sulla riservatezza e che le informazioni riservate siano immediatamente riconoscibili conformemente al disposto di cui sopra.4. Previo consenso scritto della parte che fornisce le informazioni riservate ai sensi dell'accordo, la parte ricevente può diffonderle in misura più ampia di quanto altrimenti previsto nel paragrafo 3. Le parti collaborano al fine di elaborare procedure per la richiesta ed il rilascio del consenso scritto preliminare a una più ampia diffusione delle informazioni; ciascuna parte si impegna a dare il proprio consenso nei limiti della politica, della regolamentazione e della legislazione nazionali.B. Informazioni riservate di carattere non documentaleAlle informazioni riservate di carattere non documentale e alle altre informazioni confidenziali o segrete fornite in occasione di seminari o riunioni organizzati ai sensi dell'accordo, nonché alle informazioni apprese attraverso il personale distaccato, l'uso di strutture o l'esecuzione di progetti comuni, le parti ed i loro partecipanti applicano i principi previsti dall'accordo per le informazioni di carattere documentale, a condizione che il soggetto che riceve tali informazioni riservate, confidenziali o segrete sia informato in anticipo per iscritto del carattere confidenziale delle informazioni trasmesse.C. ControlloCiascuna parte si impegna a controllare l'osservanza delle disposizioni dell'accordo per quanto riguarda l'obbligo di riservatezza. Se una delle parti si rende conto che non è in grado o che presumibilmente non sarà in grado di rispettare le disposizioni sull'obbligo di riservatezza contenute nelle sezioni A e B, ne informa immediatamente l'altra parte. Le parti quindi si consultano per definire le linee di condotta da seguire.
Cooperazione scientifica e tecnologica tra UE e India QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLE DECISIONI? L’accordo stabilisce un quadro formale di cooperazione volto a incoraggiare e agevolare le attività negli ambiti scientifici e tecnologici di interesse comune fra l’UE e l’India. Le quattro decisioni riguardavano rispettivamente la conclusione dell’accordo (decisione 2002/648/CE) mediante il quale il Consiglio approvava la conclusione dell’accordo per conto della Comunità europea (oggi UE) e la sua successiva estensione nel 2009 (decisione 2009/501/CE), nel 2015 [decisione (UE) 2015/1788] e nel 2020 [decisione (UE) 2020/789]. PUNTI CHIAVE Le attività condotte nell’ambito dell’accordo si basano su una serie di principi:vantaggio reciproco; accesso reciproco alle attività; scambio tempestivo delle informazioni; tutela adeguata dei diritti di proprietà intellettuale.Settori di cooperazione L’accordo ha come oggetto tutte le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (RST). Attività Le attività di cooperazione possono assumere le forme seguenti:partecipazione di organismi di ricerca indiani a progetti di RST previsti dai programmi quadro dell’UE per la ricerca e l’innovazione e reciproca partecipazione di organismi di ricerca aventi sede nell’UE a progetti indiani avviati in settori analoghi; progetti congiunti RST; visite e scambi di personale scientifico e personale tecnico; organizzazione congiunta di seminari scientifici, conferenze, simposi e workshop e partecipazione di esperti a tali attività; azioni concertate per la diffusione di risultati/scambi di esperienze su progetti congiunti di RST; scambi e condivisione di attrezzature e materiali, compreso l’uso condiviso di strutture di ricerca avanzate; scambi di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi rilevanti ai fini della cooperazione ai sensi del presente accordo. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 14 ottobre 2002 per un periodo iniziale di cinque anni. È stato rinnovato tre volte, l’ultima nel 2020, per un periodo aggiuntivo di altri cinque anni. CONTESTO La base per una più ampia collaborazione fra l’UE e l’India è l’accordo di cooperazione del 1994 che per primo ha portato le relazioni al di là del commercio e della cooperazione economica. Per maggiori informazioni consultare:Relazioni UE-India - Scheda informativa (Servizio europeo per l’azione esterna).Per maggiori informazioni sulla cooperazione nell’ambito della ricerca e dell’innovazione (R&I) con l’India, consultare:Cooperazione internazionale R&I con l’India (Commissione europea). DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica dell’India (GU L 213 del 9.8.2002, pag. 30). Decisione 2002/648/CE del Consiglio, del 25 giugno 2002, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica dell’India (GU L 213 del 9.8.2002, pag. 29). Accordo che rinnova l’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica dell’India (GU L 171 dell’ 1.7.2009, pag. 19). Decisione 2009/501/CE del Consiglio, del 19 gennaio 2009, relativa alla conclusione di un accordo che rinnova l’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica dell’India (GU L 171 dell’ 1.7.2009, pag. 17). Decisione (UE) 2015/1788 del Consiglio, del 1° ottobre 2015, relativa al rinnovo dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica dell’India (GU L 260 del 7.10.2015, pag. 18). Decisione (UE) 2020/789 del Consiglio, del 9 giugno 2020, relativa al rinnovo dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica dell’India (GU L 193 del 17.6.2020, pag. 3). DOCUMENTI CORRELATI Informazione relativa all’entrata in vigore del rinnovo dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica dell’India (GU L 89 del 6.4.2016, pag. 1). Accordo di cooperazione tra la Comunità europea e la Repubblica dell’India sulla compartecipazione e sullo sviluppo - Dichiarazione della Comunità relativa agli adeguamenti tariffari - Dichiarazione della Comunità e dell’India (GU L 223 del 27.8.1994, pag. 24).
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Direttiva 1999/94/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 1999, relativa alla disponibilità di informazioni sul risparmio di carburante e sulle emissioni di CO2 da fornire ai consumatori per quanto riguarda la commercializzazione di autovetture nuove Gazzetta ufficiale n. L 012 del 18/01/2000 pag. 0016 - 0023 DIRETTIVA 1999/94/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIOdel 13 dicembre 1999relativa alla disponibilità di informazioni sul risparmio di carburante e sulle emissioni di CO2 da fornire ai consumatori per quanto riguarda la commercializzazione di autovetture nuoveIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 175, paragrafo 1,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale(2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(3),(1) considerando che l'articolo 174 del trattato prescrive un'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali; che l'utilizzazione razionale dell'energia si iscrive tra i principali mezzi per conseguire tale obiettivo e ridurre l'inquinamento ambientale;(2) considerando che l'obiettivo ultimo della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici è di stabilizzare le concentrazioni di gas ad effetto serra nell'atmosfera ad un livello tale da escludere qualsiasi pericolosa interferenza delle attività umane sul sistema climatico;(3) considerando che, ai sensi del protocollo di Kyoto della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici concordato nella conferenza di Kyoto del dicembre 1997, la Comunità ha accettato l'obiettivo di ridurre le emissioni di una serie di gas ad effetto serra dell'8 % rispetto ai livelli del 1990 durante il periodo 2008-2012;(4) considerando che la Commissione, riconoscendo l'importanza delle autovetture quale fonte di emissioni di CO2, ha proposto una strategia comunitaria per ridurre le emissioni di CO2 e migliorare il risparmio di carburante delle autovetture; che nelle conclusioni del 25 giugno 1996 il Consiglio ha accolto l'impostazione sostenuta dalla Commissione;(5) considerando che l'informazione svolge un ruolo fondamentale nel gioco delle forze di mercato; che, fornendo informazioni precise, puntuali ed omogenee sul consumo specifico di carburante e sulle emissioni di CO2 delle autovetture, si può influire sulla scelta dei consumatori indirizzandoli verso l'acquisto di autovetture che consumano meno carburante e, di conseguenza, emettono meno CO2, incoraggiando quindi i costruttori a cercare di ridurre i consumi delle autovetture prodotte;(6) considerando che la presenza di etichette su veicoli d'occasione nei punti vendita potrebbe orientare gli acquirenti di autovetture nuove verso veicoli a basso consumo, dato che questa caratteristica sarà presa in considerazione al momento della rivendita del veicolo; che è pertanto opportuno, nell'ambito del primo riesame della presente direttiva, prevedere l'estensione del campo di applicazione ai veicoli usati contemplati dalla direttiva 93/116/CE della Commissione, del 17 dicembre 1993, che adegua al progresso tecnico la direttiva 80/1268/CEE del Consiglio relativa al consumo di carburante dei veicoli a motore(4);(7) considerando che è pertanto necessario sviluppare un'etichetta relativa al risparmio di carburante destinata a tutte le autovetture nuove esposte presso i punti vendita;(8) considerando che tale etichetta dovrebbe fornire informazioni sul consumo di carburante e sulle emissioni specifiche di CO2, determinati in base alle norme arnonizzate e ai metodi di cui alla direttiva 80/1268/CEE del Consiglio, del 16 dicembre 1980, relativa alle emissioni di biossido di carbonio e al consumo di carburante dei veicoli a motore(5);(9) considerando che è necessario rendere disponibili ulteriori informazioni sul consumo di carburante e sulle emissioni specifiche di CO2 di tutte le versioni di autovetture nuove, sotto forma di dati presentati in modo appropriato sia presso i punti vendita sia presso enti designati da ciascuno Stato membro; che potranno avvalersi di tali informazioni sia i consumatori che decidono l'acquisto ancor prima di recarsi in una sala d'esposizione sia coloro che per acquistare un'autovettura non si servono dei servizi di una concessionaria né visitano le sale d'esposizione;(10) considerando che è importante che in ogni punto vendita i potenziali clienti siano messi al corrente di quali siano i modelli di autovetture più efficienti sotto il profilo del consumo di carburante disponibili presso il punto vendita stesso;(11) considerando che tutti i testi promozionali e, se del caso, tutto il restante materiale promozionale utilizzato nella commercializzazione delle autovetture nuove dovrebbe contenere i dati relativi al consumo di carburante e alle emissioni di CO2 dei modelli di autovetture cui si riferisce,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1La presente direttiva ha lo scopo di garantire che siano fornite ai consumatori informazioni relative al consumo di carburante ed alle emissioni di CO2 delle autovetture nuove in vendita o in leasing nella Comunità, affinché i consumatori possano effettuare una scelta consapevole.Articolo 2Ai fini della presente direttiva si intende per:1) "autovettura", un veicolo a motore della categoria M1, come definito nell'allegato II della direttiva 70/156/CEE(6), che rientra nell'ambito di applicazione della direttiva 80/1268/CEE. Sono esclusi i veicoli che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 92/61/CEE(7) ed i veicoli speciali di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettera a), secondo trattino della direttiva 70/156/CEE;2) "autovettura nuova", un'autovettura che non sia stata precedentemente venduta se non a fini di rivendita al dettaglio o di distribuzione;3) "certificato di conformità" il certificato di cui all'articolo 6 della direttiva 70/156/CEE;4) "punto vendita", una struttura, come una sala d'esposizione o uno spazio all'aperto, in cui le autovetture nuove sono esposte o offerte in vendita o in leasing ai clienti potenziali. Le fiere in cui le autovetture nuove sono presentate al pubblico rientrano nella presente definizione;5) "consumo ufficiale di carburante", il consumo di carburante omologato dalle autorità di omologazione ai sensi delle disposizioni della direttiva 80/1268/CEE, di cui all'allegato VIII, della direttiva 70/156/CEE, apposto sul certificato di omologazione CE del veicolo o figurante nel certificato di conformità. Se più varianti e/o versioni sono raggruppate in un unico modello, i valori da attribuire al consumo di carburante di tale modello si basano sulla variante e/o versione che presenta il più elevato consumo ufficiale nell'ambito del gruppo;6) "emissioni specifiche ufficiali di CO2" per una data autovettura, le emissioni misurate ai sensi delle disposizioni della direttiva 80/1268/CEE, di cui all'allegato VIII della direttiva 70/156/CEE e apposte sul certificato di omologazione CE del veicolo o figuranti nel certificato di conformità. Se più varianti e/o versioni sono raggruppate in un unico modello, i valori da attribuire alle emissioni di CO2 di tale modello si basano sulla variante e/o versione che presenta le più elevate emissioni ufficiali di CO2 nell'ambito del gruppo;7) "etichetta relativa al risparmio di carburante", un'etichetta su cui, per informazione dei consumatori, figurano i valori ufficiali relativi al consumo di carburante e alle emissioni specifiche di CO2 della vettura su cui è apposta l'etichetta;8) "guida al risparmio di carburante", una raccolta di dati ufficiali sul consumo di carburante e sulle emissioni specifiche di CO2 dei modelli disponibili sul mercato delle autovetture nuove;9) "materiale promozionale", tutto il materiale a stampa utilizzato per la commercializzazione, pubblicizzazione e promozione al grande pubblico dei veicoli. Rientrano in questa definizione almeno i manuali tecnici, gli opuscoli, gli annunci pubblicitari su giornali e riviste, la stampa specializzata e i manifesti pubblicitari;10) "marca", la denominazione commerciale del costruttore, indicata nel certificato di conformità e nei documenti di omologazione;11) "modello", la descrizione commerciale della marca, del tipo e, se possibile e opportuno, della variante e versione di un'autovettura;12) "tipo", "variante" e "versione", i distinti veicoli di una determinata marca dichiarati dal costruttore, come previsto dall'allegato II.B della direttiva 70/156/CEE, e identificati esclusivamente in base ai caratteri alfanumerici relativi al tipo, alla variante ed alla versione.Articolo 3Gli Stati membri provvedono affinché un'etichetta relativa al risparmio di carburante ed alle emissioni di CO2 conforme ai requisiti di cui all'allegato I sia apposta in modo visibile su ciascun modello di autovettura nuova presso i punti vendita ovvero affissa nelle vicinanze delle stesse.Articolo 4Fatta salva l'elaborazione, da parte della Commissione, di una guida su Internet a livello comunitario, gli Stati membri provvedono affinché sia redatta, in consultazione con i costruttori almeno una volta all'anno, una guida al risparmio di carburante ed alle emissioni di CO2 conforme ai requisiti di cui all'allegato II. La guida deve essere portatile, compatta e disponibile gratuitamente al pubblico su richiesta, sia presso i punti vendita, sia presso enti appositamente designati in ciascuno Stato membro.L'autorità o le autorità di cui all'articolo 8 possono cooperare nell'elaborazione della guida.Articolo 5Gli Stati membri provvedono affinché per ciascuna marca di autovettura sia esposto un poster (o in alternativa uno schermo di visualizzazione) con l'elenco dei dati ufficiali relativi al consumo di carburante ed alle emissioni specifiche di CO2 di tutte le autovetture nuove esposte o messe in vendita o in leasing presso o tramite tale punto vendita. Questi valori devono essere affissi in posizione evidente e rispettare il formato di cui all'allegato III.Articolo 6Gli Stati membri provvedono affinché tutto il materiale promozionale divulgato contenga i valori ufficiali relativi al consumo di carburante e alle emissioni specifiche di CO2 dei modelli di autovetture cui si riferisce e sia conforme ai requisiti di cui all'allegato IV.Gli Stati membri provvedono in modo opportuno affinché nel materiale promozionale diverso da quello sopracitato siano riportati i valori ufficiali relativi al consumo di carburante e alle emissioni di CO2 dei modelli di veicoli cui si riferisce.Articolo 7Gli Stati membri vietano che su etichette, guide, poster o materiale promozionale di cui agli articoli 3, 4, 5 e 6 siano apposti altri marchi, simboli o diciture relativi al consumo di carburante o alle emissioni di CO2 non conformi al disposto della presente direttiva, che possano essere fonte di confusione per i potenziali consumatori di autovetture nuove.Articolo 8Gli Stati membri notificano alla Commissione l'autorità o le autorità competenti responsabili dell'attuazione e dell'applicazione del programma di informazione dei consumatori di cui alla presente direttiva.Articolo 9Le eventuali modifiche necessarie per adeguare gli allegati della presente direttiva sono adottate dalla Commissione secondo la procedura di cui all'articolo 10, previa consultazione delle organizzazioni dei consumatori e delle altre parti interessate.A supporto del processo di adeguamento, gli Stati membri trasmettono alla Commissione, entro il 31 dicembre 2003, una relazione sull'efficacia delle disposizioni della presente direttiva, che copre il periodo dal 18 gennaio 2001 fino al 31 dicembre 2002. Il formato di tale relazione è stabilito secondo la procedura di cui all'articolo 10 entro il 18 gennaio 2001.Inoltre, secondo la procedura di cui all'articolo 10, la Commissione adotta misure atte a:a) precisare ulteriormente il formato dell'etichetta di cui all'articolo 3 modificando l'allegato I;b) precisare maggiormente i requisiti relativi alla guida di cui all'articolo 4, al fine di classificare i modelli delle autovetture nuove e consentire quindi di redigere un elenco dei modelli in funzione delle emissioni di CO2 e del consumo di carburante in categorie determinate, compresa una categoria in cui rientrino i modelli di autovetture nuove caratterizzate da un minor consumo di carburante;c) formulare raccomandazioni per consentire l'applicazione ad altri mezzi e materiali di comunicazione dei principi contenuti nelle disposizioni relative al materiale promozionale di cui al primo comma dell'articolo 6.Articolo 10ComitatoLa Commissione è assistita da un comitato composto di rappresentanti degli Stati membri e presieduto da un rappresentante della Commissione.Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il proprio parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista all'articolo 205, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri è attribuita la ponderazione fissata nell'articolo precitato. Il presidente non partecipa alla votazione.La Commissione adotta le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato.Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato o in mancanza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.Se alla scadenza di un termine di tre mesi dalla data di trasmissione al Consiglio, quest'ultimo non ha deliberato, le misure proposte sono adottate dalla Commissione.Articolo 11Gli Stati membri stabiliscono le sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in base alla presente direttiva. Le sanzioni devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive.Articolo 121. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 18 gennaio 2001. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.2. GIi Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle principali disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 13La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 14Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 13 dicembre 1999.Per il Parlamento europeoLa PresidenteN. FONTAINEPer il ConsiglioIl PresidenteS. HASSI(1) GU C 305 del 3.10.1998, pag. 2 e GU C 83 del 25.3.1999, pag. 1.(2) GU C 40 del 15.2.1999, pag. 45.(3) Parere del Parlamento europeo del 17 dicembre 1998 (GU C 98 del 9.4.1999, pag. 252), posizione comune del Consiglio del 23 febbraio 1999 (GU C 123 del 4.5.1999, pag. 1) e decisione del Parlamento europeo del 4 novembre 1999 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(4) GU L 329 del 30.12.1993, pag. 39.(5) GU L 375 del 31.12.1980, pag. 36. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 93/116/CE della Commissione.(6) Direttiva 70/156/CEE del Consiglio, del 6 febbraio 1970, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (GU L 42 del 23.2.1970, pag. 1). Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 98/91/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 11 del 16.1.1999, pag. 25).(7) Direttiva 92/61/CEE del Consiglio, del 30 giugno 1992, relativa all'omologazione dei veicoli a motore a due o a tre ruote (GU L 225 del 10.8.1992, pag. 72). Direttiva modificata dall'Atto di adesione del 1994.ALLEGATO IDESCRIZIONE DELL'ETICHETTA RELATIVA AL RISPARMIO DI CARBURANTE E ALLE EMISSIONI DI CO2Gli Stati membri devono garantire che tutte le etichette relative al risparmio di carburante sul loro territorio presentino almeno i seguenti requisiti:1) abbiano un formato standardizzato che consenta un immediato riconoscimento da parte del consumatore;2) abbiano dimensioni di 297 mm × 210 mm (A4);3) rechino un riferimento al modello e al tipo di carburante dell'autovettura su cui sono apposti;4) rechino la menzione del valore numerico corrispondente al consumo ufficiale di carburante e alle emissioni specifiche ufficiali di CO2. Il valore del consumo ufficiale di carburante è espresso come uno o più dei seguenti rapporti, indicati al primo decimale: litri per 100 chilometri (l/100 km), chilometri per litro (km/l). Il valore delle emissioni specifiche ufficiali di CO2 è espresso in grammi per chilometro (g/km) approssimato al numero intero più vicino.Tali valori possono essere espressi in unità differenti (galloni e miglia) qualora siano compatibili con le disposizioni della direttiva 80/181/CEE(1);5) contengano la seguente dicitura relativa alla disponibilità della guida al consumo di carburante e alle emissioni di CO2: "È disponibile gratuitamente presso ogni punto vendita una guida relativa al risparmio di carburante e alle emissioni di CO2 che riporta i dati inerenti a tutti i nuovi modelli di autovetture;";6) contengano le seguenti diciture: "Oltre al rendimento del motore, anche lo stile di guida ed altri fattori non tecnici contribuiscono a determinare il consumo di carburante e le emissioni di CO2 di un'autovettura. Il biossido di carbonio è il gas ad effetto serra principalmente responsabile del riscaldamento terrestre."(1) Direttiva 80/181/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1979, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle unità di misura che abroga la direttiva 71/354/CEE (GU L 39 del 15.2.1980, pag. 40). Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 89/617/CEE (GU L 357 del 7.12.1989, pag. 28).ALLEGATO IIDESCRIZIONE DELLA GUIDA RELATIVA AL RISPARMIO DI CARBURANTE E ALLE EMISSIONI DI CO2Gli Stati membri devono provvedere affinché la guida relativa al risparmio di carburante e alle emissioni di CO2 contenga almeno le seguenti informazioni:1) un elenco di tutti i modelli di autovetture nuove che possono essere acquistati negli Stati membri su base annuale, raggruppati per marca e in ordine alfabetico. Se in uno Stato membro la guida è aggiornata più di una volta all'anno, questa deve contenere van elenco di tutti i modelli di autovetture nuove disponibili alla data di pubblicazione dell'aggiornamento;2) per ogni modello figurante nella guida, la menzione del tipo di carburante e del valore numerico corrispondente al consumo ufficiale di carburante e alle emissioni specifiche ufficiali di CO2. Il valore del consumo ufficiale di carburante è espresso in litri per 100 chilometri (1/100 km) o chilometri per litro (km/l), o in più rapporti indicati al primo decimale. Il valore delle emissioni specifiche ufficiali di CO2 è espresso in grammi per chilometro (g/km) ed approssimato al numero intero più vicino.Tali valori possono essere espressi in unità differenti (galloni e miglia) qualora siano compatibili con le disposizioni della direttiva 80/181/CEE;3) un elenco dei dieci modelli di autovetture nuove più effficienti in termini di consumo di carburante, in ordine crescente di emissioni specifiche di CO2, per ciascun tipo di carburante. Nell'elenco devono figurare il modello, il valore numerico corrispondente al consumo ufficiale di carburante ed alle emissioni specifiche ufficiali di CO2;4) consigli agli automobilisti circa il fatto che un uso corretto e una regolare manutenzione dell'autovettura nonché il comportamento al volante (ad esempio uno stile di guida non aggressivo, velocità moderate, frenate anticipate, corretta pressione dei pneumatici, riduzione dei tempi di attesa con il motore acceso, veicolo non sovraccaricato) permettono di ridurre il consumo di carburante e le emissioni di CO2 dell'autovettura;5) una spiegazione degli effetti delle emissioni di gas ad effetto serra, del rischio del cambiamento climatico e del ruolo svolto in questo contesto dagli autoveicoli, nonché un riferimento ai diversi carburanti disponibili sul mercato ed alle loro implicazioni ambientali in base ai dati scientifici più recenti ed alle norme di legge;6) un riferimento all'obiettivo comunitario per le emissioni medie di CO2 nelle nuove autovetture e la data entro la quale questo obiettivo dovrebbe essere raggiunto;7) un riferimento alla guida della Commissione relativa al risparmio di carburante e alle emissioni di CO2 su Internet, laddove disponibile.ALLEGATO IIIDESCRIZIONE DEL POSTER DA ESPORRE PRESSO I PUNTI VENDITAGli Stati membri devono provvedere affinché il poster rispetti i seguenti requisiti minimi:1) il poster ha una dimensione minima di 70 cm × 50 cm;2) i dati contenuti sono di facile lettura;3) i modelli di autovetture sono suddivisi ed elencati separatamente a seconda del tipo di carburante (benzina o combustibile diesel). Per ciascun tipo di carburante i modelli sono elencati in ordine crescente di emissioni di CO2, con il modello con il minor consumo ufficiale di carburante al primo posto nell'elenco;4) per ogni modello di autovettura nell'elenco figurano il valore numerico del consumo ufficiale di carburante e delle emissioni specifiche ufficiali di CO2. Il consumo ufficiale di carburante è espresso come uno o più dei seguenti rapporti, indicati al primo decimale: litri per 100 chilometri (l/100 km), chilometri per litro (km/l). Le emissioni specifiche ufficiali di CO2 sono espresse in grammi per chilometro (g/km) ed approssimate al numero intero più vicino.Tali valori possono essere espressi in unità differenti (galloni e miglia) qualora siano compatibili con le disposizioni della direttiva 80/181/CEE.Riportiamo di seguito il formato suggerito:>PIC FILE= "L_2000012IT.002202.EPS">5) sulla guida relativa al risparmio di carburante e alle emissioni di CO2 figura il seguente testo: "È disponibile gratuitamente presso ogni punto vendita una guida relativa al risparmio di carburante e alle emissioni di CO2 che riporta i dati inerenti a tutti i nuovi modelli di autovetture";6) sul poster figura il seguente testo: "Oltre al rendimento del motore, anche lo stile di guida ed altri fattori non tecnici contribuiscono a determinare il consumo di carburante e le emissioni di CO2 di un'autovettura. Il biossido di carbonio è il gas ad effetto serra principalmente responsabile del riscaldamento terrestre";7) il poster sarà integralmente aggiornato almeno ogni sei mesi. Tra un aggiornamento e l'altro le nuove vetture verranno inserite alla fine dell'elenco.ALLEGATO IVPRESENTAZIONE DEI DATI RELATIVI AL CONSUMO DI CARBURANTE E ALLE EMISSIONI DI CO2 NEL MATERIALE PROMOZIONALEGli Stati membri devono provvedere affinché tutto il materiale promozionale divulgato contenga i valori ufficiali relativi al consumo ufficiale di carburante e alle emissioni specifiche ufficiali di CO2 dei veicoli cui si riferisce. Tali informazioni devono rispettare i seguenti requisiti minimi:1) essere di facile lettura ed in pari evidenza rispetto alle informazioni principali fornite nel materiale promozionale;2) essere facilmente comprensibili anche ad una lettura superficiale;3) deve figurare il consumo ufficiale di carburante di tutti i modelli presentati nell'opuscolo. Se sono specificati più modelli, è indicato il valore relativo al consumo ufficiale di carburante di ciascuno dei modelli specificati o l'intervallo tra il valore di consumo più elevato e quello meno elevato. Il consumo è espresso come uno o più dei seguenti rapporti: litri per 100 chilometri (l/100 km), chilometri per litro (km/l). Tutti i valori numerici sono espressi al primo decimale.Tali valori possono essere espressi in unità differenti (galloni e miglia) qualora siano compatibili con le disposizioni della direttiva 80/181/CEE.Se il materiale promozionale contiene solo un riferimento alla marca e non ad una versione o ad un modello particolare, non devono essere forniti dati relativi al consumo di carburante.
Informazioni sul consumo di carburante e sulle emissioni di CO2 di autovetture nuove QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Per aiutare i consumatori nella scelta delle autovetture a basso consumo, la direttiva prescrive ai concessionari di autovetture nuove di fornire ai potenziali clienti informazioni utili sul consumo di carburante e sulle emissioni di CO2 di questi veicoli. Tali informazioni devono essere esposte sull’etichetta dell’autovettura, su manifesti pubblicitari e altro materiale promozionale. PUNTI CHIAVE La presente direttiva ha lo scopo di garantire che siano fornite ai consumatori informazioni relative al consumo di carburante e alle emissioni di CO2 delle autovetture nuove in vendita o in leasing nella Comunità. Tali informazioni del consumatore vengono comunicate in quattro diverse modalità:apponendo all’autovettura un’etichetta che riporti i consumi di carburante e le emissioni di CO2; redigendo una guida sui consumi di carburante e sulle emissioni di CO2; esponendo manifesti pubblicitari nella sala di esposizione; inserendo i dati sul consumo di carburante e sulle emissioni di CO2 nel materiale promozionale. Etichetta relativa al risparmio di carburante Sul parabrezza delle autovetture esposte presso il punto vendita deve essere apposta un’etichetta relativa al risparmio di carburante. Tale etichetta deve essere chiaramente visibile e soddisfare determinati requisiti definiti nell’allegato I. In particolare, essa deve riportare una stima del consumo di carburante, espresso in litri per 100 chilometri o in chilometri per litro (o miglia per gallone) e delle emissioni di CO2. Guida al risparmio di carburante Deve essere redatta una guida al risparmio di carburante a livello nazionale, almeno una volta l’anno. Essa deve riportare tutte le informazioni specificate all’allegato II, compreso un elenco dei dieci modelli di autovetture nuove in termini di emissioni di CO2, per ciascun tipo di carburante. La guida deve essere portatile, compatta e disponibile gratuitamente. I consumatori devono poterla reperire sia presso i punti vendita del concessionario, sia presso enti appositamente designati in ciascuno Stato membro. Dati sul consumo di carburante Per ciascuna marca di autovettura, il concessionario deve esporre tramite un poster o in qualsiasi altra forma ()compreso uno schermo di visualizzazione) l’elenco dei dati relativi al consumo di carburante di tutti i modelli. Tali dati devono essere dettagliati per tipo di carburante ed elencati in ordine crescente in base all’efficienza di consumo di carburante come indicato per i livelli delle emissioni di CO2. Il materiale promozionale (annunci pubblicitari sui quotidiani, manifesti e opuscoli) usato per la commercializzazione delle autovetture nuove deve contenere i dati sui consumi di carburante e sulle emissioni di CO2. È vietato l’uso di qualsiasi marchio relativo ai consumi di carburante che non sia conforme alle disposizioni di cui sopra e che possa essere fonte di confusione. Monitoraggio e valutazioni successive Gli Stati membri notificano alla Commissione europea l’autorità o le autorità competenti responsabili dell’attuazione e dell’applicazione del programma di informazione dei consumatori. Raccomandazioni della Commissione e nuovi regolamenti sulle procedure di prova Nel maggio 2017 la Commissione ha adottato una raccomandazione sull’uso dei valori delle emissioni di CO2 e del consumo di carburante, misurati e omologati in conformità della procedura di prova armonizzata a livello internazionale per i veicoli leggeri (WLTP, World Harmonised Light Vehicles Test Procedure). La raccomandazione deve essere applicata il prima possibile, quando le informazioni vengono rese disponibili al consumatore, al fine di garantire che questi abbia accesso ai valori più rappresentativi basati su WLTP, per evitare distorsioni del mercato e contribuire a un’attuazione agevole e armonizzata. La Commissione fornisce una serie di raccomandazioni agli Stati membri, affinché garantiscano quanto segue:I valori del nuovo ciclo di guida europeo (NEDC) riportati nel certificato di conformità delle autovetture di nuova immatricolazione vengono utilizzati per comunicare al consumatore i dati ufficiali sul consumo di carburante e sulle emissioni specifiche di CO2 fino al 31 dicembre 2018. Successivamente a tale data tutte le autovetture immesse nel mercato dell’Unione verranno sottoposte a prova e omologate in conformità con WLTP, stabilendo condizioni di prova più rigorose e consumi di carburante e valori di emissioni di CO2 più realistici. A partire dal 1 gennaio 2019, ai fini delle informazioni da fornire al consumatore, devono essere utilizzati solo i valori WLTP sul consumo di carburante e sulle emissioni di CO2. Il materiale promozionale distribuito in forma elettronica e che consente al consumatore di configurare un’autovettura specifica, come ad esempio i configuratori di auto online, deve mostrare chiaramente il modo in cui le diverse dotazioni specifiche e gli optional possano influire sui valori di consumi di carburante ed emissioni di CO2 omologati e misurati con il WLTP. Prima di prendere una decisione relativamente all’acquisto di un’autovettura, i consumatori devono essere informati riguardo ai cambiamenti nei consumi di carburante e nei valori di emissioni di CO2 conseguenti all’introduzione di WLTP e riguardo alle implicazioni che tali cambiamenti possono avere al momento dell’immatricolazione (ad esempio le imposte sulle autovetture). I valori ufficiali del consumo di carburante e delle emissioni di CO2 specifiche devono contenere almeno i valori «combinati»* misurati secondo la procedura di prova pertinente. Vengono lanciate campagne di informazione adeguate per spiegare ai consumatori l’introduzione di WLTP e le relative implicazioni per il consumo di carburante e ii valori delle emissioni di CO2, in particolare sull’aumento di quei valori in confronto ai valori derivati in base al NEDC e il significato dei valori risultanti dalle diverse fasi di prova. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore dal 18 gennaio 2000 e doveva diventare legge negli Stati membri entro il 18 gennaio 2001. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Etichettatura delle autovetture. Obbligatorie dal 1° settembre prove nuove e più efficaci delle emissioni degli autoveicoli — comunicato stampa (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Valore combinato: valore derivato dalla combinazione del valore ufficiale di consumo di carburante e del valore delle emissioni di CO2 specifiche. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 1999/94/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 1999, relativa alla disponibilità di informazioni sul risparmio di carburante e sulle emissioni di CO2 da fornire ai consumatori per quanto riguarda la commercializzazione di autovetture nuove (GU L 12 del 18.1.2000, pagg. 16-23). Le successive modifiche alla direttiva 1999/94/CE sono state incorporate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) 2017/1151, della Commissione del 1o giugno 2017, che integra il regolamento (CE) n. 715/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’omologazione dei veicoli a motore riguardo alle emissioni dai veicoli passeggeri e commerciali leggeri (Euro 5 ed Euro 6) e all’ottenimento di informazioni sulla riparazione e la manutenzione del veicolo, modifica la direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, il regolamento (CE) n. 692/2008 della Commissione e il regolamento (UE) n. 1230/2012 della Commissione e abroga il regolamento (CE) n. 692/2008 della Commissione (GU L 175 del 7.7.2017, pagg. 1-643). Raccomandazione (UE) della Commissione, 2017/948 del 31 maggio 2017, sull’uso dei valori delle emissioni di CO2 e del consumo di carburante, misurati e omologati in conformità della procedura di prova armonizzata a livello internazionale per i veicoli leggeri (WLTP, World Harmonised Light Vehicles Test Procedure), al momento di fornire le informazioni ai consumatori a norma della direttiva 1999/94/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 142 del 2.6.2017, pagg. 100-103). Raccomandazione della Commissione, 2003/217/CE del 26 marzo 2003, sull’applicazione ad altri mezzi delle disposizioni della direttiva 1999/94/CE concernenti il materiale promozionale (GU L 82 del 29.3.2003, pagg. 33-34).
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32008R1338
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REGOLAMENTO (CE) N. 1338/2008 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 16 dicembre 2008 relativo alle statistiche comunitarie in materia di sanità pubblica e di salute e sicurezza sul luogo di lavoro (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 285, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) La decisione n. 1786/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002, che adotta un programma d'azione comunitaria nel campo della sanità pubblica (2003-2008) (3), ha rilevato che l'elemento statistico del sistema d'informazione sulla sanità pubblica doveva essere sviluppato in collaborazione con gli Stati membri facendo ricorso, ove necessario, al programma statistico comunitario per promuovere le sinergie ed evitare le sovrapposizioni. La decisione n. 1350/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, che istituisce un secondo programma d’azione comunitaria in materia di salute (2008-2013) (4), indicava che il suo obiettivo di generare e diffondere informazioni e conoscenze sulla salute sarebbe stato perseguito mediante azioni intese a proseguire la messa a punto di un sistema di sorveglianza sanitaria sostenibile dotato di meccanismi per la raccolta di dati e informazioni comparabili e di indicatori appropriati e sviluppare, con il programma statistico comunitario, la base statistica di tale sistema. (2) L'informazione comunitaria sulla sanità pubblica è stata sviluppata sistematicamente tramite i programmi comunitari in materia di sanità pubblica. Sulla base di questi lavori è stato predisposto un elenco di indicatori sanitari della Comunità europea (European Community Health Indicators — ECHI), che offre una visione d'insieme dello stato di salute, dei determinanti della salute e dei sistemi sanitari. Per ottenere la base minima di dati statistici necessari per il calcolo degli ECHI, le statistiche comunitarie in materia di sanità pubblica dovrebbero essere coerenti, se necessario e per quanto possibile, con gli sviluppi e i risultati dell'azione comunitaria nel settore della sanità pubblica. (3) La risoluzione del Consiglio del 3 giugno 2002 su una nuova strategia comunitaria per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro (2002-2006) (5) ha invitato la Commissione e gli Stati membri a intensificare i lavori in corso sull'armonizzazione delle statistiche degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali per disporre di dati comparabili che permettano di valutare oggettivamente l'impatto e l'efficacia delle misure adottate nel contesto della nuova strategia comunitaria, e ha posto l'accento, in una sezione specifica, sulla necessità di tenere conto dell'aumento del numero delle donne sul mercato del lavoro nonché di rispondere alle loro esigenze specifiche in relazione alle politiche in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro. Inoltre, nella risoluzione del 25 giugno 2007, su una nuova strategia comunitaria per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro (2007-2012) (6), il Consiglio ha invitato la Commissione a collaborare con le autorità legislative al fine di istituire un sistema statistico europeo appropriato nel settore della salute e della sicurezza sul lavoro che tenga conto dei diversi sistemi nazionali e non imponga oneri amministrativi supplementari. Infine, nella raccomandazione del 19 settembre 2003 sull'elenco europeo delle malattie professionali (7), la Commissione ha invitato gli Stati membri a rendere gradualmente compatibili con l'elenco europeo le loro statistiche sulle malattie professionali, in conformità dei lavori in corso per l'armonizzazione delle statistiche europee sulle malattie professionali. (4) Il Consiglio europeo di Barcellona del 15 e 16 marzo 2002 ha affermato tre principi direttivi per la riforma dei sistemi sanitari: accessibilità per tutti, cure di elevata qualità e sostenibilità finanziaria a lungo termine. La comunicazione della Commissione del 20 aprile 2004 intitolata «Modernizzare la protezione sociale per sviluppare un'assistenza sanitaria e un'assistenza a lungo termine di qualità, accessibili e sostenibili: come sostenere le strategie nazionali grazie al “metodo aperto di coordinamento”» ha proposto di iniziare i lavori per identificare possibili indicatori per obiettivi comuni per lo sviluppo dell'assistenza sanitaria sulla base delle attività intraprese nel quadro del programma d'azione comunitaria sulla salute, delle statistiche sulla salute dell'Eurostat e della cooperazione con le organizzazioni internazionali. Nella definizione di tali indicatori si dovrebbe prestare particolare attenzione all'uso e alla comparabilità della percezione dello stato di salute come riferita nelle indagini. (5) La decisione n. 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 2002, che istituisce il sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente (8), comprende come prioritaria un'azione sull'ambiente, la salute e la qualità della vita, e invita a definire e a sviluppare indicatori sulla salute e sull'ambiente. Inoltre, le conclusioni del Consiglio dell'8 dicembre 2003 sugli indicatori strutturali contenevano la richiesta di includere indicatori sulla biodiversità e sulla salute, sotto il titolo «ambiente», nella banca dati degli indicatori strutturali utilizzati per la relazione annuale di primavera al Consiglio europeo; tale banca dati comprende anche indicatori sulla salute e la sicurezza sul luogo di lavoro, sotto il titolo «occupazione». Anche la serie di indicatori dello sviluppo sostenibile adottati dalla Commissione nel 2005 contiene un tema sugli indicatori della sanità pubblica. (6) Il piano d'azione per l'ambiente e la salute 2004-2010 riconosce la necessità di migliorare la qualità, la comparabilità e l'accessibilità dei dati sullo stato di salute per le malattie e i disturbi legati all'ambiente, utilizzando il programma statistico comunitario. (7) La risoluzione del Consiglio del 15 luglio 2003 relativa alla promozione dell'occupazione e dell'integrazione sociale delle persone con disabilità (9) ha invitato gli Stati membri e la Commissione a raccogliere materiale statistico sulla situazione delle persone con disabilità, compresi dati sullo sviluppo di servizi e prestazioni a favore di questa categoria di persone. Inoltre, la Commissione, nella comunicazione del 30 ottobre 2003 intitolata «Pari opportunità per le persone con disabilità: un piano d'azione europeo» ha deciso di mettere a punto indicatori di contesto che siano comparabili tra gli Stati membri, al fine di valutare l'efficacia delle politiche in materia di disabilità. In tale comunicazione era affermata la necessità di sfruttare al massimo le fonti e le strutture del sistema statistico europeo, in particolare tramite lo sviluppo di moduli di indagine armonizzati, per acquisire le informazioni statistiche comparabili a livello internazionale necessarie per seguire l'evoluzione della situazione. (8) Per garantire la pertinenza e la comparabilità dei dati ed evitare duplicazioni, le attività statistiche della Commissione (Eurostat) nel settore della sanità pubblica e della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro dovrebbero essere svolte, se necessario e per quanto possibile, in cooperazione con le Nazioni Unite e i suoi organismi speciali, come l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), l'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) e l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici (OCSE). (9) La Commissione (Eurostat) raccoglie già regolarmente dati statistici in materia di sanità pubblica e di salute e sicurezza sul luogo di lavoro presso gli Stati membri che forniscono questi dati su base volontaria. Raccoglie inoltre dati su questi settori attingendo ad altre fonti. Queste attività sono condotte in stretta collaborazione con gli Stati membri. Nel settore delle statistiche della sanità pubblica, in particolare, lo sviluppo e l'attuazione sono dirette e organizzate secondo una struttura di partenariato tra la Commissione (Eurostat) e gli Stati membri. Tuttavia, le raccolte di dati statistici esistenti devono ancora essere migliorate quanto ad accuratezza e affidabilità, coerenza e comparabilità, copertura, tempestività e puntualità. È inoltre necessario realizzare altre raccolte concordate e sviluppate con gli Stati membri per ottenere la serie minima di dati statistici necessari a livello comunitario nei settori della sanità pubblica e della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro. (10) La produzione di statistiche comunitarie specifiche è disciplinata dalle disposizioni del regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, del 17 febbraio 1997, relativo alle statistiche comunitarie (10). (11) Il presente regolamento garantisce il pieno rispetto del diritto alla protezione dei dati personali previsto dall'articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (11). (12) La direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali nonché alla libera circolazione di tali dati (12), e il regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (13), si applicano nel contesto del presente regolamento. Gli obblighi statistici derivanti dall'azione comunitaria nel settore della sanità pubblica, dalle strategie nazionali per lo sviluppo di un'assistenza sanitaria di qualità, accessibile e sostenibile e dalla strategia comunitaria per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro, nonché gli obblighi relativi agli indicatori strutturali, agli indicatori di sviluppo sostenibile, agli ECHI e ad altre serie di indicatori che è necessario sviluppare per monitorare le azioni e le strategie politiche comunitarie e nazionali nei settori della sanità pubblica e della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro, rappresentano un interesse pubblico rilevante. (13) La trasmissione di dati protetti dal segreto statistico è disciplinata dalle disposizioni del regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio e del regolamento (Euratom, CEE) n. 1588/90 del Consiglio, dell'11 giugno 1990, relativo alla trasmissione all'Istituto statistico delle Comunità europee di dati statistici protetti dal segreto (14). Le misure adottate conformemente a tali regolamenti garantiscono la protezione fisica e logica dei dati riservati e prevengono il verificarsi di casi di divulgazione illecita o di utilizzo a fini diversi da quelli statistici quando vengono prodotte e diffuse statistiche comunitarie. (14) Nella produzione e nella diffusione delle statistiche comunitarie ai sensi del presente regolamento le autorità statistiche nazionali e comunitarie dovrebbero tenere conto dei principi enunciati nel codice delle statistiche europee, che è stato adottato dal comitato del programma statistico il 24 febbraio 2005. (15) Poiché l'obiettivo del presente regolamento, ossia l'istituzione di un quadro comune per la produzione sistematica di statistiche comunitarie in materia di sanità pubblica e di salute e sicurezza sul luogo di lavoro, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (16) Riconoscendo che l'organizzazione e la gestione dei sistemi di assistenza sanitaria sono di competenza nazionale e che l'attuazione della normativa comunitaria in materia di luoghi di lavoro e condizioni di lavoro è principalmente di responsabilità degli Stati membri, il presente regolamento garantisce il pieno rispetto della competenza degli Stati membri in materia di sanità pubblica e di salute e sicurezza sul luogo di lavoro. (17) È importante che il genere e l'età siano inclusi nelle variabili di suddivisione, dal momento che ciò consente di tener conto dell'impatto del genere e delle differenze d'età sulla salute e sulla sicurezza sul luogo di lavoro. (18) Le misure necessarie per l'attuazione del presente regolamento dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (15). (19) In particolare la Commissione dovrebbe avere il potere di adottare le misure di attuazione relative alle caratteristiche di determinati soggetti e alla loro suddivisione, ai periodi di riferimento, alla periodicità e ai termini per la trasmissione dei dati nonché alla trasmissione dei metadati. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento, anche completandolo con nuovi elementi non essenziali, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 5 bis della decisione 1999/468/EC. (20) Il finanziamento supplementare per la raccolta di dati nel settore della sanità pubblica e della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro dev'essere fornito rispettivamente nel quadro del secondo programma d'azione comunitaria in materia di salute (2008-2013) e nel quadro del programma comunitario per l'occupazione e la solidarietà sociale — Progress (16). All'interno di tali quadri, le risorse finanziarie dovrebbero essere utilizzate per aiutare gli Stati membri a rafforzare le capacità nazionali nella prospettiva di realizzare miglioramenti e nuovi strumenti di raccolta di dati statistici nei settori della sanità pubblica e della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro. (21) Il garante europeo della protezione dei dati è stato consultato. (22) Il comitato del programma statistico è stato consultato a norma dell'articolo 3, paragrafo 1, della decisione 89/382/CEE, Euratom (17), HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto 1. Il presente regolamento stabilisce un quadro comune per la produzione sistematica di statistiche comunitarie in materia di sanità pubblica e di salute e sicurezza sul luogo di lavoro. Le statistiche sono prodotte nel rispetto delle norme in materia di imparzialità, affidabilità, obiettività, rapporto costi/benefici e segreto statistico. 2. Le statistiche includono, nella forma di una serie di dati armonizzata e comune, le informazioni necessarie per l'azione comunitaria nel settore della sanità pubblica, per appoggiare le strategie nazionali di sviluppo di un'assistenza sanitaria di qualità, universalmente accessibile e sostenibile e per l'azione comunitaria nel settore della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro. 3. Le statistiche forniscono dati per gli indicatori strutturali, gli indicatori di sviluppo sostenibile e gli indicatori sanitari della Comunità europea (ECHI) e per le altre serie di indicatori che è necessario sviluppare per monitorare le azioni comunitarie nei settori della sanità pubblica e della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro. Articolo 2 Ambito di applicazione Gli Stati membri forniscono alla Commissione (Eurostat) statistiche sui settori seguenti: — stato di salute e determinanti della salute, come definiti nell'allegato I; — assistenza sanitaria, come definita nell'allegato II; — cause di decesso, come definite nell'allegato III; — infortuni sul lavoro, come definiti nell'allegato IV; — malattie professionali e altri problemi di salute e malattie collegati con il lavoro, come definiti nell'allegato V. Articolo 3 Definizioni Ai fini del presente regolamento si intende per: a) «statistiche comunitarie» le statistiche comunitarie come definite all'articolo 2, primo trattino, del regolamento (CE) n. 322/97; b) «produzione di statistiche» la produzione di statistiche come definita all'articolo 2, secondo trattino, del regolamento (CE) n. 322/97; c) «sanità pubblica» tutti gli elementi relativi alla salute, ossia lo stato di salute, morbilità e disabilità incluse, i determinanti aventi un effetto su tale stato di salute, le necessità in materia di assistenza sanitaria, le risorse destinate all’assistenza sanitaria, la prestazione di assistenza sanitaria e l'accesso universale ad essa, la spesa sanitaria e il relativo finanziamento e le cause di mortalità; d) «salute e sicurezza sul luogo di lavoro» tutti gli elementi relativi alla prevenzione e alla protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori sul luogo di lavoro nelle loro attività attuali o passate, in particolare gli infortuni sul lavoro, le malattie professionali e gli altri problemi di salute e malattie collegati con il lavoro. e) «microdati» i dati statistici individuali; f) «trasmissione di dati riservati» trasmissione tra le autorità nazionali e l'autorità comunitaria di dati riservati che non permettono un'identificazione diretta, ai sensi dell'articolo 14 del regolamento (CE) n. 322/97 e del regolamento (Euratom, CEE) n. 1588/90. g) «dati personali» qualsiasi informazione concernente una persona fisica identificata o identificabile, ai sensi dell'articolo 2, lettera a), della direttiva 95/46/CE. Articolo 4 Fonti Gli Stati membri raccolgono dati relativi alla sanità pubblica e alla salute e alla sicurezza sul luogo di lavoro da fonti che consistono, secondo i settori e i temi interessati e le caratteristiche dei sistemi nazionali, in indagini o moduli di indagine sulle famiglie o simili ovvero fonti nazionali amministrative o di dichiarazione. Articolo 5 Metodologia 1. I metodi utilizzati per le raccolte dei dati prendono in considerazione, anche nel caso delle attività preparatorie, le esperienze e le competenze nazionali e le specificità, le capacità e i dati disponibili a livello nazionale, nel quadro delle reti di collaborazione e di altre strutture del sistema statistico europeo (SSE) con gli Stati membri messe in atto dalla Commissione (Eurostat). Sono prese in considerazione anche le metodologie utilizzate per le raccolte regolari di dati risultanti da progetti con una dimensione statistica realizzati nell’ambito di altri programmi comunitari, come i programmi in materia di sanità pubblica o di ricerca. 2. Le metodologie statistiche e le raccolte di dati necessarie per l’elaborazione di statistiche in materia di sanità pubblica e di salute e sicurezza sul luogo di lavoro a livello comunitario tengono conto della necessità di un coordinamento, ove opportuno, con le attività delle organizzazioni internazionali operanti in questo settore, al fine di garantire la comparabilità internazionale delle statistiche e la coerenza delle raccolte di dati nonché di evitare le duplicazioni di sforzi e di trasmissione di dati da parte degli Stati membri. Articolo 6 Studi pilota e analisi costi/benefici 1. Ogniqualvolta siano necessari dati oltre a quelli già raccolti e a quelli per i quali esistono già metodologie o quando è constatata un’insufficiente qualità dei dati nei settori di cui all'articolo 2 la Commissione (Eurostat) organizza studi pilota che gli Stati membri realizzano su base volontaria. Tali studi pilota hanno lo scopo di sperimentare i concetti e i metodi e di valutare la fattibilità delle relative rilevazioni di dati, anche per quanto riguarda la qualità, la comparabilità e la convenienza economica, secondo i principi stabiliti dal codice delle statistiche europee. 2. Ogniqualvolta è prevista la predisposizione di una misura di attuazione secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 10, paragrafo 2, è effettuata un'analisi costi/benefici tenendo conto dei benefici della disponibilità dei dati in relazione al costo della raccolta dei dati e agli oneri che gravano sugli Stati membri. 3. La Commissione (Eurostat) elabora una relazione che valuta i risultati degli studi pilota e/o l'analisi costi/benefici, compresi gli effetti e le ripercussioni delle specificità nazionali, in cooperazione con gli Stati membri, nel quadro delle reti di collaborazione e delle altre strutture dell'SSE. Articolo 7 Trasmissione, trattamento e diffusione dei dati 1. Quando è necessario per la produzione di statistiche comunitarie, gli Stati membri trasmettono i microdati riservati o, secondo il settore e il tema interessati, i dati aggregati, conformemente alle disposizioni in materia di trasmissione di informazioni coperte dal segreto previste dal regolamento (CE) n. 322/97 e dal regolamento (Euratom, CEE) n. 1588/90. Dette disposizioni si applicano al trattamento dei dati da parte della Commissione (Eurostat) nella misura in cui i dati sono considerati riservati ai sensi dell'articolo 13 del regolamento (CE) n. 322/97. Gli Stati membri assicurano che i dati trasmessi non permettano di identificare direttamente le unità statistiche (persone) e che i dati personali siano protetti nel rispetto dei principi sanciti dalla direttiva 95/46/CE. 2. Gli Stati membri trasmettono i dati e i metadati richiesti dal presente regolamento in forma elettronica, secondo una norma di interscambio concordata tra la Commissione (Eurostat) e gli Stati membri. I dati sono forniti entro i termini stabiliti, secondo la periodicità prevista e nel rispetto dei periodi di riferimento indicati negli allegati o nelle misure di attuazione adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 10, paragrafo 2. 3. La Commissione (Eurostat) adotta le misure necessarie per migliorare la diffusione, l'accessibilità e la documentazione delle informazioni statistiche, secondo i principi di comparabilità, affidabilità e segreto statistico stabiliti dal regolamento (CE) n. 322/97 e dal regolamento (CE) n. 45/2001. Articolo 8 Valutazione della qualità 1. Ai fini del presente regolamento, ai dati da trasmettere si applicano i seguenti criteri di valutazione della qualità: a) «pertinenza»: il grado in cui le statistiche soddisfano le esigenze attuali e potenziali degli utenti; b) «accuratezza»: la vicinanza fra le stime e i valori reali non noti; c) «tempestività»: l'intervallo di tempo intercorrente fra la disponibilità delle informazioni e l'evento o il fenomeno che esse descrivono; d) «puntualità»: l'intervallo di tempo intercorrente fra la data della pubblicazione dei dati e la data prevista per la loro consegna; e) «accessibilità» e «chiarezza»: le condizioni alle quali e le modalità con le quali gli utenti possono ottenere, utilizzare e interpretare i dati; f) «comparabilità»: la misurazione dell'impatto delle differenze tra i concetti statistici, gli strumenti e le procedure di misurazione applicati, quando le statistiche si comparano per aree geografiche, ambiti settoriali o periodi di tempo; g) «coerenza»: la possibilità di combinare i dati in modo attendibile secondo modalità differenti e per usi diversi. 2. Ogni cinque anni ogni Stato membro presenta alla Commissione (Eurostat) una relazione sulla qualità dei dati trasmessi. La Commissione (Eurostat) valuta la qualità dei dati trasmessi e pubblica le relazioni. Articolo 9 Misure di attuazione 1. Le misure di attuazione riguardano: a) le caratteristiche, segnatamente le variabili, le definizioni e le classificazioni dei temi di cui agli allegati da I a V, b) la suddivisione delle caratteristiche, c) i periodi di riferimento, la periodicità e i termini per la trasmissione dei dati, d) la trasmissione di metadati. Tali misure tengono conto in particolare delle disposizioni di cui all'articolo 5, all'articolo 6, paragrafi 2 e 3, e all'articolo 7, paragrafo 1, nonché della disponibilità, dell'adeguatezza e del contesto giuridico delle fonti esistenti di dati comunitari a seguito di un esame di tutte le fonti relative ai rispettivi settori e temi. Tali misure intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento, anche completandolo, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 10, paragrafo 2. 2. Qualora necessario e sempre sulla base di ragioni oggettive, agli Stati membri sono accordati deroghe e periodi di transizione, adottati secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 10, paragrafo 3. Articolo 10 Comitato 1. La Commissione è assistita dal comitato del programma statistico istituito dalla decisione 89/382/CEE, Euratom. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l'articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l'articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa. Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi. Articolo 11 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, addì 16 dicembre 2008. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente B. LE MAIRE (1) GU C 44 del 16.2.2008, pag. 103. (2) Parere del Parlamento europeo del 13 novembre 2007 (GU C 282 E del 6.11.2008, pag. 109), posizione comune del Consiglio del 2 ottobre 2008 (GU C 280 E del 4.11.2008, pag. 1) e posizione del Parlamento europeo del 19 novembre 2008 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). (3) GU L 271 del 9.10.2002, pag. 1. (4) GU L 301 del 20.11.2007, pag. 3. (5) GU C 161 del 5.7.2002, pag. 1. (6) GU C 145 del 30.6.2007, pag. 1. (7) GU L 238 del 25.9.2003, pag. 28. (8) GU L 242 del 10.9.2002, pag. 1. (9) GU C 175 del 24.7.2003, pag. 1. (10) GU L 52 del 22.2.1997, pag. 1.. (11) GU C 303 del 14.12.2007, pag. 1. (12) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31. (13) GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1. (14) GU L 151 del 15.6.1990, pag. 1. (15) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. (16) Decisione n. 1672/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 2006, che istituisce un programma comunitario per l'occupazione e la solidarietà sociale — Progress (GU L 315 del 15.11.2006, pag. 1). (17) Decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio, del 19 giugno 1989, che istituisce un comitato del programma statistico delle Comunità europee (GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47). ALLEGATO I Settore: Stato di salute e determinanti della salute a) Obiettivi Il presente settore ha per oggetto la trasmissione di statistiche sullo stato di salute e i determinanti della salute. b) Ambito di applicazione Il presente settore comprende le statistiche sullo stato di salute e i determinanti della salute basate su autovalutazioni ed elaborate sulla base di indagini demografiche, quali l'indagine europea sulla salute basata su interviste (European Health Interview Survey — EHIS), e altre statistiche desunte da fonti amministrative quali quelle relative alla morbilità o agli incidenti e alle lesioni. Sono comprese le persone che vivono in collettività e i bambini da 0 a 14 anni, eventualmente e con periodicità ad hoc, previa effettuazione con esito positivo di studi pilota preliminari. c) Periodi di riferimento, periodicità e termini per la trasmissione dei dati Le statistiche sono trasmesse ogni cinque anni dall'EHIS; una frequenza diversa può essere necessaria per altre raccolte di dati, come quelle relative alla morbilità o agli incidenti e alle lesioni, e per moduli di indagine specifici; le misure relative al primo anno di riferimento, alla periodicità e al termine per la trasmissione dei dati sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 10, paragrafo 2. d) Temi La serie di dati armonizzata e comune da fornire comprende i temi seguenti: — stato di salute, compresi percezione della salute, funzionamento fisico e mentale, limitazioni e disabilità; — morbilità specifica in funzione della diagnosi; — protezione contro eventuali pandemie e malattie trasmissibili; — incidenti e lesioni, compresi quelli collegati alla sicurezza dei consumatori e, ogniqualvolta possibile, ai danni derivanti dall'alcool e dall'uso di droghe; — stile di vita, ad es. attività fisica, dieta, fumo, consumo di alcolici e uso di droghe, e fattori ambientali, sociali e professionali; — accesso e utilizzo delle strutture di assistenza sanitaria preventiva e curativa nonché dei servizi di assistenza a lungo termine (indagine demografica); — informazioni demografiche e socioeconomiche di contesto generale sugli individui. Non tutti i temi devono necessariamente essere inclusi all'atto di ciascuna trasmissione di dati. Le misure relative alle caratteristiche, segnatamente variabili, definizioni e classificazioni dei temi sopra elencati, e alla loro suddivisione sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 10, paragrafo 2. L'attuazione di indagini sugli esami sanitari è facoltativa nell'ambito del presente regolamento. La lunghezza media dell'intervista per famiglia non supera un'ora per l'indagine europea sulla salute basata su interviste e venti minuti per gli altri moduli di indagine. e) Metadati Le misure relative alla trasmissione di metadati, compresi i metadati sulle caratteristiche delle indagini e altre fonti utilizzate, la popolazione interessata e le informazioni su ogni specificità nazionale essenziali per l'interpretazione e l'elaborazione di statistiche e indicatori comparabili, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 10, paragrafo 2. ALLEGATO II Settore: Assistenza sanitaria a) Obiettivi Il presente settore ha per oggetto la trasmissione di statistiche sull'assistenza sanitaria. b) Ambito di applicazione Il presente settore comprende tutte le attività di istituzioni o persone che, applicando conoscenze e tecnologie mediche, paramediche e infermieristiche, perseguono un obiettivo di salute, compresa l'assistenza a lungo termine, nonché le relative attività di amministrazione e di gestione. I dati sono principalmente desunti da fonti amministrative. c) Periodi di riferimento, periodicità e termini per la trasmissione dei dati Le statistiche sono trasmesse con cadenza annuale. Le misure relative al primo anno di riferimento, alla periodicità e al termine per la trasmissione dei dati sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 10, paragrafo 2. d) Temi La serie di dati armonizzata e comune da fornire comprende i temi seguenti: — strutture di assistenza sanitaria; — risorse umane per l'assistenza sanitaria; — utilizzo dell'assistenza sanitaria, servizi individuali e collettivi; — spesa per l'assistenza sanitaria e relativo finanziamento. Non tutti i temi devono necessariamente essere inclusi all'atto di ciascuna trasmissione di dati. La serie di dati è elaborata secondo le classificazioni internazionali pertinenti e tenendo conto delle circostanze e delle prassi esistenti negli Stati membri. La mobilità dei pazienti, ossia il ricorso a strutture di assistenza sanitaria in un paese diverso dal paese di residenza, e quella degli operatori sanitari, ad esempio quelli che esercitano la professione al di fuori del paese che ha rilasciato la prima abilitazione, sono prese in considerazione nelle raccolte di dati. Anche la qualità dell'assistenza sanitaria è presa in considerazione nelle raccolte di dati. Le misure relative alle caratteristiche, segnatamente variabili, definizioni e classificazioni dei temi sopra elencati, e alla loro suddivisione sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 10, paragrafo 2. e) Metadati Le misure relative alla trasmissione di metadati, compresi i metadati sulle caratteristiche delle fonti e compilazioni utilizzate, la popolazione interessata e le informazioni su ogni specificità nazionale essenziali per l'interpretazione e l'elaborazione di statistiche e indicatori comparabili, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 10, paragrafo 2. ALLEGATO III Settore: Cause di decesso a) Obiettivi Il presente settore ha per oggetto la trasmissione di statistiche sulle cause di decesso. b) Ambito di applicazione Il presente settore comprende le statistiche sulle cause di decesso elaborate sulla base dei certificati medici di decesso nazionali, tenendo conto delle raccomandazioni dell'OMS. Le statistiche da elaborare si riferiscono alla causa di decesso, definita dall'OMS come «la malattia o il traumatismo che avvia il concatenamento di eventi morbosi che conduce direttamente alla morte o le circostanze dell'incidente o della violenza che hanno provocato la lesione traumatica mortale». Le statistiche sono compilate per tutti i decessi e i casi di nati morti verificatisi in ciascun Stato membro, distinguendo residenti e non residenti. Ogniqualvolta possibile, i dati relativi alle cause di decesso in caso di residenti deceduti all'estero sono inclusi nelle statistiche del paese di residenza. c) Periodi di riferimento, periodicità e termini per la trasmissione dei dati Le statistiche sono trasmesse con cadenza annuale. Le misure relative al primo anno di riferimento sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 10, paragrafo 2. I dati sono forniti entro ventiquattro mesi dalla fine dell'anno di riferimento. Dati provvisori o stimati possono essere trasmessi prima. Nel caso di eventi di sanità pubblica di particolare rilevanza, possono essere elaborate speciali raccolte di dati supplementari o per tutti i decessi, o per cause specifiche di decesso. d) Temi La serie di dati armonizzata e comune da fornire comprende i temi seguenti: — caratteristiche della persona deceduta; — regione; — caratteristiche del decesso, compresa la causa. La serie di dati relativa alle cause di decesso è elaborata secondo la classificazione internazionale delle malattie dell'OMS e segue le norme Eurostat e le raccomandazioni dell'ONU e dell'OMS relative alle statistiche sulla popolazione. I dati relativi alle caratteristiche dei casi di nati morti sono forniti su base volontaria. Nella fornitura dei dati relativi alle morti neonatali (avvenute entro il 28o giorno di vita) si riconosce l’esistenza di differenze nazionali nella prassi relativa alla registrazione delle cause multiple di decesso. Le misure relative alle caratteristiche, segnatamente variabili, definizioni e classificazioni dei temi sopra elencati, e alla loro suddivisione sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 10, paragrafo 2. e) Metadati Le misure relative alla trasmissione di metadati, compresi i metadati sulla popolazione interessata e le informazioni su ogni specificità nazionale essenziali per l'interpretazione e l'elaborazione di statistiche e indicatori comparabili, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 10, paragrafo 2. ALLEGATO IV Settore: Infortuni sul lavoro a) Obiettivi Il presente settore ha per oggetto la trasmissione di statistiche sugli infortuni sul lavoro. b) Ambito di applicazione Un infortunio sul lavoro è definito come «un evento distinto che si verifica nel corso di un'attività professionale e che causa un danno fisico o mentale». I dati sono desunti, per l'intera forza lavoro, per gli infortuni mortali sul lavoro e per quelli che provocano un'assenza dal lavoro superiore a tre giorni, da fonti amministrative integrate da altre fonti pertinenti ogniqualvolta risulti necessario e praticabile per determinati gruppi di lavoratori o determinate situazioni nazionali. Un sottoinsieme limitato di dati di base sugli infortuni che provocano un'assenza dal lavoro inferiore a quattro giorni può essere compilato, se i dati sono disponibili e su base facoltativa, nel quadro della collaborazione con l'OIL. c) Periodi di riferimento, periodicità e termini per la trasmissione dei dati Le statistiche sono trasmesse con cadenza annuale. Le misure relative al primo anno di riferimento sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 10, paragrafo 2. I dati sono forniti entro diciotto mesi dalla fine dell'anno di riferimento. d) Temi La serie di microdati armonizzata e comune da fornire comprende i temi seguenti: — caratteristiche della persona infortunata; — caratteristiche delle lesioni subite, compresa la gravità (giornate lavorative perse); — caratteristiche dell'impresa, compresa l'attività economica esercitata; — caratteristiche del luogo di lavoro; — caratteristiche dell'infortunio, compresa la sequenza degli eventi che caratterizzano le cause e le circostanze dell'infortunio. La serie di dati relativa agli infortuni sul lavoro è elaborata nel quadro delle specificazioni stabilite dalla metodologia delle statistiche europee degli infortuni sul lavoro (European Statistics on Accidents at Work — ESAW), tenendo conto delle circostanze e delle prassi esistenti negli Stati membri. I dati relativi alla nazionalità della persona infortunata, alle dimensioni dell'impresa e al momento dell'infortunio sono forniti su base volontaria. Per quanto riguarda i temi della fase III della metodologia ESAW, ossia il luogo di lavoro e la sequenza degli eventi che caratterizzano le cause e le circostanze dell'infortunio, è fornito un minimo di tre variabili. Gli Stati membri dovrebbero fornire anche, su base volontaria, dati supplementari conformi alle specificazioni della fase III della metodologia ESAW. Le misure relative alle caratteristiche, segnatamente variabili, definizioni e classificazioni dei temi sopra elencati, e alla loro suddivisione sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 10, paragrafo 2. e) Metadati Le misure relative alla trasmissione di metadati, compresi i metadati sulla popolazione interessata, i tassi di dichiarazione degli infortuni sul lavoro e, se del caso, le caratteristiche del campione, nonché informazioni su ogni specificità nazionale essenziali per l'interpretazione e l'elaborazione di statistiche e indicatori comparabili, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 10, paragrafo 2. ALLEGATO V Settore: Malattie professionali e altri problemi di salute e malattie collegati al lavoro a) Obiettivi Il presente settore ha per oggetto la trasmissione di statistiche sui casi riconosciuti di malattie professionali e altri problemi di salute e malattie collegati al lavoro. b) Ambito di applicazione — Un caso di malattia professionale è definito come un caso riconosciuto dalle autorità nazionali responsabili del riconoscimento delle malattie professionali. I dati sono raccolti per i nuovi casi di malattie professionali e i decessi dovuti ad una malattia professionale. — I problemi di salute e le malattie collegati al lavoro sono quelli che possono essere causati, aggravati o concausati dalle condizioni di lavoro. Sono inclusi i problemi di salute fisici e psicosociali. Un caso di problema di salute o di malattia collegato al lavoro non implica necessariamente il riconoscimento da parte di un'autorità e i dati relativi sono desunti dalle indagini demografiche esistenti, quali l'indagine europea sulla salute basata su interviste (European Health Interview Survey — EHIS) o altre indagini sociali. c) Periodi di riferimento, periodicità e termini per la trasmissione dei dati Per le malattie professionali, le statistiche sono fornite con cadenza annuale e trasmesse entro quindici mesi dalla fine dell'anno di riferimento. Le misure relative ai periodi di riferimento, alla periodicità e ai termini per la trasmissione delle altre raccolte di dati sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 10, paragrafo 2. d) Temi La serie di dati armonizzata e comune da fornire per le malattie professionali comprende i temi seguenti: — caratteristiche della persona malata, compresi il sesso e l'età; — caratteristiche della malattia, compresa la gravità; — caratteristiche dell'impresa e del luogo di lavoro, compresa l'attività economica; — caratteristiche dell'agente o del fattore causale. La serie di dati relativa alle malattie professionali è elaborata nel quadro delle specificazioni stabilite dalla metodologia delle statistiche europee sulle malattie professionali (European Occupational Diseases Statistics — EODS), tenendo conto delle circostanze e delle prassi esistenti negli Stati membri. La serie di dati armonizzata e comune da fornire per i problemi di salute collegati al lavoro comprende i temi seguenti: — caratteristiche della persona che soffre del problema di salute, compresi il sesso, l'età e la situazione lavorativa; — caratteristiche del problema di salute collegato al lavoro, compresa la gravità; — caratteristiche dell'impresa e del luogo di lavoro, comprese le dimensioni e l'attività economica; — caratteristiche dell'agente o del fattore che ha causato il problema di salute o l'ha aggravato. Non tutti i temi devono necessariamente essere inclusi all'atto di ciascuna trasmissione di dati. Le misure relative alle caratteristiche, segnatamente variabili, definizioni e classificazioni dei temi sopra elencati, e alla loro suddivisione sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 10, paragrafo 2. e) Metadati Le misure relative alla trasmissione di metadati, compresi i metadati sulla popolazione interessata e le informazioni su ogni specificità nazionale essenziali per l'interpretazione e l'elaborazione di statistiche e indicatori comparabili, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 10, paragrafo 2.
Statistiche in materia di sanità pubblica e di salute e sicurezza sul luogo di lavoro QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Il presente regolamento stabilisce norme su come i dati statistici in materia di sanità pubblica e di salute e sicurezza sul luogo di lavoro vengono raccolti e presentati per fornire dati comparabili attraverso tutti gli Stati membri dell’ Unione europea (Unione). Il presente regolamento aiuterà l’Unione a elaborare una politica effettiva sulla salute pubblica e a sostenere strategie nazionali in questo campo. PUNTI CHIAVE I dati statistici raccolti dagli Stati membri, Liechtenstein, Islanda e Norvegia sono inviate all’ufficio di statistica dell’Unione, Eurostat. I dati statistici vengono raccolti sui seguenti argomenti.Sanità e altri fattori che incidono su di essa:percezione della salute,funzionamento fisico e mentale, e disabilità,morbosità* tassi di morbilità, ripartiti per diagnosi,incidenti e lesioni,stile di vita (attività fisica, dieta, fumo, consumo di alcolici e uso di droghe) e fattori ambientali, sociali e professionali,accesso e utilizzo delle strutture di assistenza sanitaria,Informazioni demografiche e socio economiche su individui. Sanità:strutture,risorse umane,Spese e finanziamenti. Cause di decessole caratteristiche del decesso;regione,causa iniziale di morte. Incidenti sul lavoro, malattie occupazionali e altri problemi di salute: la persona affetta;Incidenti e lesioni e la sua gravità;L’organizzazione e il posto di lavoro;cause e fattori coinvolti.Il regolamento (CE) n. 1338/2008 è stato modificato da diversi regolamenti di esecuzione che stabiliscono norme e procedure più specifiche sugli altri aspetti della raccolta di statistiche sanitarie:Regolamento (UE) n. 328/2011 decessi e morte prenatale registrati in ogni Stato membro; Regolamento (UE) n. 349/2011 - raccolta delle statistiche sugli infortuni sul lavoro; Regolamento (UE) n. 141/2013 - indagine europea sulla salute condotta mediante interviste Regolamento (UE) 2015/359 - produzione delle statistiche sulle spese sanitarie (periodo di referenza 2014-2020). Regolamento (UE) 2021/1901 - produzione delle statistiche sulle spese sanitarie (con 2021 come primo anno di riferimento). A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È entrata in vigore dal 20 gennaio 2009. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si veda:Quadro generale delle statistiche sanitarie (Eurostat) Indagine europea sulla salute condotta mediante interviste - metodologia (Eurostat) Statistiche sugli incidenti di lavoro (Eurostat). TERMINI CHIAVE Morbosità. La prevalenza delle malattie o di una specifica patologia in un’area geografica. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1338/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo alle statistiche comunitarie in materia di sanità pubblica e di salute e sicurezza sul luogo di lavoro (Testo rilevante ai fini del SEE) (GU L 354 del 31.12.2008, pag. 70). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1338/2008 sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) 2021/1901 della Commissione, del 29 ottobre 2021, recante attuazione del regolamento (CE) n. 1338/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le statistiche sulla spesa per l’assistenza sanitaria e relativo finanziamento (Testo rilevante ai fini del SEE) (GU L 387 del 3.11.2021, pag. 110). Regolamento (UE) 2015/359 della Commissione, del 4 marzo 2015, recante attuazione del regolamento (CE) n. 1338/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le statistiche sulla spesa per l’assistenza sanitaria e relativo finanziamento Testo rilevante ai fini del SEE (GU L 62 del 6.3.2015, pag. 6). Regolamento (UE) n. 141/2013 della Commissione, del 19 febbraio 2013, che attua il regolamento (CE) n. 1338/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche comunitarie in materia di sanità pubblica e di salute e sicurezza sul luogo di lavoro per quanto riguarda le statistiche basate sull’indagine europea sulla salute (EHIS) Testo rilevante ai fini del SEE (GU L 47 del 20.2.2013, pag. 20). Si veda la versione consolidata. Regolamento (UE) n. 349/2011 della Commissione, dell’ 11 aprile 2011, recante disposizioni attuative del regolamento (CE) n. 1338/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche comunitarie in materia di sanità pubblica e di salute e sicurezza sul luogo di lavoro, per quanto riguarda le statistiche degli infortuni sul lavoro Testo rilevante ai fini del SEE (GU L 97 del 12.4.2011, pag. 3). Regolamento (UE) n.328/2011 della Commissione, del 5 aprile 2011, recante disposizione attuative del regolamento (CE) n.1338/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche comunitarie in materia di sanità pubblica e di salute e sicurezza sul luogo di lavoro, per quanto riguarda le statistiche sulle cause di decesso Testo rilevante ai fini del SEE (GU L 90 del 6.4.2011, pag. 22).
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REGOLAMENTO (UE) N. 642/2010 DELLA COMMISSIONE del 20 luglio 2010 recante modalità d’applicazione del regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio in ordine ai dazi all’importazione nel settore dei cereali (codificazione) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, visto il regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, del 22 ottobre 2007, recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento unico OCM) (1), in particolare l’articolo 143, in combinato disposto con l’articolo 4, considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 1249/96 della Commissione, del 28 giugno 1996, recante modalità d’applicazione del regolamento (CEE) n. 1766/92 del Consiglio in ordine ai dazi all’importazione nel settore dei cereali (2), è stato modificato in modo sostanziale e a più riprese (3). A fini di razionalità e chiarezza occorre provvedere alla codificazione di tale regolamento. (2) L’articolo 135 del regolamento (CE) n. 1234/2007 prevede che all’importazione dei prodotti di cui all’articolo 1 del medesimo regolamento si applicano le aliquote dei dazi della tariffa doganale comune. Tuttavia, per i prodotti di cui all’articolo 136, paragrafo 1, di detto regolamento, il dazio all’importazione è pari al prezzo d’intervento applicabile a tali prodotti all’atto dell’importazione e maggiorato del 55 %, deduzione fatta del prezzo cif all’importazione applicabile alla spedizione in questione. (3) Ai fini della classificazione dei prodotti importati, i prodotti di cui all’articolo 136, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1234/2007 sono, in certi casi, suddivisi in svariate qualità standard; conseguentemente, occorre determinare le qualità standard da utilizzare in funzione di criteri oggettivi di classificazione, come pure i limiti di tolleranza che consentono di classificare i prodotti da importare secondo la qualità più appropriata. Tra i possibili criteri oggettivi di classificazione qualitativa del frumento tenero, quelli più comunemente utilizzati in ambito commerciale e più facilmente sottoponibili a controllo sono il tenore proteico, il peso specifico e il contenuto di impurità varie (Schwarzbesatz); nel caso del frumento duro, tali criteri consistono nel peso specifico, nel contenuto di impurità varie (Schwarzbesatz) e nel tenore di grani vitrei. Pertanto, le merci importate sono sottoposte alle analisi che consentono di determinare questi parametri per ciascuna partita importata. Tuttavia, quando l’Unione ha definito una procedura di riconoscimento ufficiale dei certificati di qualità attestati e rilasciati da un’autorità dello Stato di origine delle merci, le analisi in parola devono poter essere effettuate soltanto a titolo di verifica, su un numero di partite importate sufficientemente rappresentativo. (4) Ai fini del calcolo del dazio all’importazione, l’articolo 136, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1234/2007 prevede che, per i prodotti di cui al paragrafo 1, si fissano periodicamente i prezzi rappresentativi cif all’importazione. Ai fini della determinazione di tali prezzi, devono essere specificate le quotazioni per le varie qualità di frumento e le quotazioni per gli altri cereali; pertanto, è opportuno definire tali quotazioni. (5) Per ragioni di chiarezza e trasparenza, la quotazione dei vari tipi di frumento e degli altri cereali nelle borse statunitensi delle materie prime va assunta quale base oggettiva per stabilire i prezzi rappresentativi cif all’importazione. L’aggiunta del premio commerciale attribuito sul mercato degli Stati Uniti a ciascuna qualità dei vari cereali consente di convertire la quotazione in borsa di ogni cereale in un prezzo fob all’esportazione in partenza dagli Stati Uniti; mediante aggiunta dei noli marittimi tra il Golfo del Messico o i Grandi Laghi e un porto dell’Unione secondo i valori del mercato dei noli, tali prezzi fob possono essere convertiti in prezzi rappresentativi cif all’importazione. Dato il volume dei noli e del commercio del porto di Rotterdam, questo porto costituisce la destinazione nell’Unione con le quotazioni dei noli marittimi meglio note al pubblico, più trasparenti e più agevolmente disponibili. Conseguentemente, il porto di destinazione da prendere in considerazione per l’Unione è quello di Rotterdam. (6) Tenuto conto di quanto suesposto e ai fini della trasparenza, i prezzi rappresentativi cif all’importazione di cui all’articolo 136, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1234/2007 sono stabiliti aggiungendo alla quotazione del cereale in questione sulla borsa delle materie prime il premio commerciale attribuito a detto cereale e noli marittimi tra il Golfo del Messico o i Grandi Laghi e il porto di Rotterdam. Tuttavia, per tenere conto delle differenze di costo dei noli in rapporto allo scalo di destinazione, è legittimo prevedere adeguamenti forfetari del dazio all’importazione per i porti dell’Unione situati nel Mediterraneo e nel Mar Nero, sulla costa atlantica della penisola iberica, nel Regno Unito e in Irlanda, nei paesi nordici, nei paesi baltici, e in Polonia. Per seguire l’evoluzione dei prezzi rappresentativi cif all’importazione così stabiliti, è opportuno prevedere un controllo quotidiano degli elementi che ne consentono il calcolo. Il prezzo rappresentativo cif all’importazione calcolato per l’orzo consente di valutare la situazione di mercato del sorgo e della segala e, conseguentemente, il prezzo rappresentativo cif all’importazione per l’orzo è ugualmente applicabile a tali cereali. (7) Per la fissazione del dazio all’importazione dei cereali di cui all’articolo 136 del regolamento (CE) n. 1234/2007, un periodo di verifica di dieci giorni lavorativi dei prezzi rappresentativi cif all’importazione di ciascun cereale consente di tenere conto delle tendenze del mercato senza introdurre elementi di incertezza; conseguentemente, i dazi all’importazione di questi prodotti vengono stabiliti il 15 e l’ultimo giorno lavorativo di ogni mese, facendo riferimento alla media dei prezzi rappresentativi cif all’importazione costatata durante il suddetto periodo. Il dazio all’importazione così calcolato può essere applicato per un periodo di due settimane senza incidere sensibilmente sul prezzo d’importazione, dazio incluso. Tuttavia, qualora per un determinato prodotto non sia disponibile alcuna quotazione di borsa durante il periodo di calcolo dei prezzi rappresentativi cif all’importazione o se tali prezzi, in seguito ad improvvisi mutamenti degli elementi che consentono il calcolo del diritto all’importazione, durante il periodo di calcolo subiscono fluttuazioni molto considerevoli, occorre prendere misure finalizzate al mantenimento della rappresentatività dei prezzi cif all’importazione del prodotto in causa. Nel caso di notevoli fluttuazioni della quotazione di borsa o dei premi commerciali riferiti alla quotazione, ovvero dei costi dei noli marittimi o dei tassi di cambio impiegati per il calcolo del prezzo cif all’importazione del prodotto in causa, è d’uopo ristabilire la rappresentatività di tale prezzo adeguandolo in misura corrispondente allo scarto costatato rispetto alla fissazione vigente, in modo da tener conto dei cambiamenti intervenuti. Anche in presenza di questo tipo di adeguamento, la scadenza della fissazione successiva non risulta modificata. (8) Per le importazioni di mais vitreo, in virtù della particolare qualità della merce, o in ragione del fatto che i prezzi del prodotto da importare includono un supplemento per la qualità rispetto al prezzo normale del prodotto in causa, la quotazione di borsa presa in considerazione per il calcolo del prezzo rappresentativo cif all’importazione non tiene conto dell’esistenza del supplemento in parola rispetto alle normali condizioni di mercato. Affinché si tenga conto di tale supplemento sul prezzo o sulla quotazione, e qualora l’importatore dimostri di avere utilizzato il prodotto importato per la fabbricazione di prodotti di qualità pregiata, giustificando l’esistenza del supplemento stesso, è dunque opportuno rimborsare agli importatori una percentuale forfetaria del dazio all’importazione pagato per importare la merce in causa. (9) Allo scopo di assicurare il rispetto delle disposizioni del presente regolamento da parte degli importatori, occorre stabilire un sistema di garanzie supplementari che integrino quelle specifiche del titolo. (10) Le misure previste dal presente regolamento sono conformi al parere del comitato di gestione per l’organizzazione comune dei mercati agricoli, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Le aliquote dei dazi della tariffa doganale comune di cui all’articolo 135 e all’articolo 136, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1234/2007 sono quelle applicabili alla data di cui all’articolo 67 del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio (4). Articolo 2 1. I dazi all’importazione di cui all’articolo 136, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1234/2007 per i prodotti dei codici NC 1001 10 00, 1001 90 91, ex 1001 90 99 (frumento tenero di alta qualità), 1002 00 00, 1005 10 90, 1005 90 00 e 1007 00 90, escluso l’ibrido destinato alla semina, vengono calcolati quotidianamente, ma sono fissati dalla Commissione il 15 e l’ultimo giorno lavorativo di ogni mese, per essere applicati rispettivamente a decorrere dal 16 del mese e dal primo giorno del mese successivo. Se il 15 è un giorno non lavorativo per la Commissione, i dazi sono fissati il giorno lavorativo precedente il 15 del mese in questione. Tuttavia, se nel corso del periodo di applicazione del dazio così fissato la media calcolata dei dazi all’importazione si discosta di 5 EUR/t o più dal dazio fissato, viene apportato un opportuno adeguamento. 2. Il prezzo da prendere in considerazione per calcolare il dazio all’importazione corrisponde alla media dei prezzi rappresentativi cif all’importazione giornalieri, determinati in base al metodo previsto all’articolo 5, stabiliti nel corso delle due settimane precedenti. Ai fini della fissazione e degli adeguamenti, la Commissione non tiene conto dei dazi all’importazione giornalieri utilizzati per la fissazione precedente. Il prezzo d’intervento da prendere in considerazione per calcolare i dazi è quello del mese di applicazione del dazio all’importazione. 3. I dazi all’importazione fissati conformemente alle disposizioni del presente regolamento si applicano fino all’entrata in vigore di una nuova fissazione. Dopo ogni fissazione o adeguamento la Commissione pubblica nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea i dazi all’importazione e gli elementi utilizzati per il relativo calcolo. 4. Se il porto di sbarco nell’Unione: a) si trova sul mare Mediterraneo (al di là dello stretto di Gibilterra) o sul Mar Nero e se le merci giungono attraverso l’oceano Atlantico o attraverso il Canale di Suez, la Commissione applica al dazio all’importazione una diminuzione pari a 3 EUR/t; b) si trova sulle coste atlantiche della penisola iberica, sulle coste del Regno Unito, dell’Irlanda, della Danimarca, dell’Estonia, della Lettonia, della Lituania, della Polonia, della Finlandia o della Svezia e se le merci giungono attraverso l’oceano Atlantico, la Commissione applica al dazio all’importazione una diminuzione pari a 2 EUR/t. Le autorità doganali del porto di sbarco rilasciano un certificato che attesta la quantità sbarcata di ciascun prodotto, secondo il modello riportato nell’allegato I. La diminuzione del dazio di cui al primo comma è concessa soltanto se detto certificato accompagna la merce fino all’espletamento delle formalità doganali d’importazione. Articolo 3 1. I dazi all’importazione sono ridotti di 24 EUR/t per il mais vitreo conforme alle specifiche di cui all’allegato II. 2. Per poter beneficiare della riduzione di cui al paragrafo 1, il mais vitreo deve essere trasformato in un prodotto dei codici NC 1904 10 10, 1103 13 o 1104 23 entro sei mesi dalla data di immissione in libera pratica. 3. Si applicano le disposizioni sulla destinazione particolare di cui all’articolo 82 del regolamento (CEE) n. 2913/92 e agli articoli da 291 a 300 del regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione (5). 4. Fatto salvo l’articolo 293, paragrafo 1, lettera e), del regolamento (CEE) n. 2454/93, l’importatore deve costituire presso l’organismo competente interessato una cauzione aggiuntiva di importo pari a 24 EUR/t per il mais vitreo, tranne quando il titolo d’importazione è corredato di un certificato di conformità rilasciato dal Servicio Nacional de Sanidad y Calidad Agroalimentaria (Senasa) dell’Argentina, di cui all’articolo 7, paragrafo 2, lettera a) del presente regolamento. In questo caso, la domanda di titolo d’importazione e il titolo stesso recano, nella casella 24, l’indicazione del tipo di certificato di conformità e il numero di quest’ultimo. Se, tuttavia, il dazio applicabile alla data di accettazione dell’immissione in libera pratica è inferiore a 24 EUR per il granturco, l’importo della cauzione è pari all’importo del dazio in causa. Articolo 4 I criteri qualitativi da rispettare all’importazione nell’Unione e le tolleranze ammesse sono fissati nell’allegato II. Articolo 5 1. Per la determinazione dei prezzi rappresentativi cif all’importazione, di cui all’articolo 136, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1234/2007, vengono utilizzati, per il frumento tenero di qualità alta, per il frumento duro, il granturco e gli altri cereali da foraggio di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del presente regolamento, i seguenti elementi: a) la quotazione di borsa rappresentativa sul mercato degli Stati Uniti d’America; b) il premio commerciale positivo («premium») e il premio commerciale negativo («discount») noti riferiti a tale quotazione sul mercato degli Stati Uniti d’America il giorno di quotazione e, nel caso del frumento duro, riferiti alla qualità da semola; c) il nolo tra gli Stati Uniti d’America (Golfo del Messico o Duluth) e il porto di Rotterdam di una nave di almeno 25 000 tonnellate. 2. Ogni giorno lavorativo la Commissione rileva: a) l’elemento di cui al paragrafo 1, lettera a), con riguardo alle borse e alle qualità di riferimento riportate nell’allegato III; b) gli elementi di cui al paragrafo 1, lettere b) e c), sulla base delle informazioni pubblicamente disponibili. 3. Ai fini del calcolo dell’elemento di cui al paragrafo 1, lettera b), o della pertinente quotazione fob, si applicano i seguenti premi commerciali positivi («premium») e negativi («discount»): a) premio di 14 EUR/t per il frumento tenero di qualità alta; b) premio negativo di 10 EUR/t per il frumento duro di qualità media; c) premio negativo di 30 EUR/t per il frumento duro di qualità bassa. 4. I prezzi rappresentativi cif all’importazione per il frumento duro, il frumento tenero di qualità alta e il granturco corrispondono alla somma degli elementi di cui al paragrafo 1, lettere a), b) e c). I prezzi rappresentativi cif all’importazione per la segala e il sorgo sono calcolati sulla base delle quotazioni dell’orzo negli Stati Uniti d’America, conformemente alle disposizioni dell’allegato III. 5. I prezzi rappresentativi cif all’importazione per il frumento tenero destinato alla semina del codice NC 1001 90 91 e il granturco destinato alla semina del codice NC 1005 10 90 sono quelli calcolati, rispettivamente, per il frumento tenero di qualità alta e per il granturco. Articolo 6 1. Nel caso del frumento tenero di qualità alta, le domande di titolo di importazione sono ammissibili solo se il richiedente: a) indica nella casella 20 del titolo d’importazione la qualità da importare; b) si impegna per iscritto a costituire presso l’organismo competente interessato, il giorno dell’accettazione della dichiarazione di immissione in libera pratica, una cauzione specifica aggiuntiva alle cauzioni previste dall’articolo 12 del regolamento (CE) n. 1342/2003 della Commissione (6). La cauzione aggiuntiva di cui al primo comma, lettera b), è pari a 95 EUR/t. Tuttavia, se il titolo d’importazione è corredato di certificati di conformità rilasciati dal Federal Grain Inspection Service (FGIS) e dalla Canadian Grain Commission (CGC), come indicato all’articolo 7, paragrafo 2, lettera b) o c), non è richiesta alcuna cauzione aggiuntiva. In questo caso, la domanda di titolo d’importazione e il titolo stesso recano, nella casella 24, l’indicazione del tipo di certificato di conformità e il numero di quest’ultimo. 2. Nel caso del frumento duro, le domande di titolo di importazione sono ammissibili solo se il richiedente: a) indica nella casella 20 del titolo d’importazione la qualità da importare; b) si impegna per iscritto a costituire presso l’organismo competente interessato, il giorno dell’accettazione della dichiarazione d’immissione in libera pratica, una cauzione specifica aggiuntiva alle cauzioni previste dall’articolo 12 del regolamento (CE) n. 1342/2003, se il dazio all’importazione per la qualità indicata alla casella 20 del certificato d’importazione non è il più elevato della categoria in cui rientra il prodotto in questione. L’importo della cauzione aggiuntiva di cui al primo comma, lettera b), è pari alla differenza, alla data di accettazione della dichiarazione d’immissione in libera pratica, fra il dazio più elevato e il dazio applicabile alla qualità indicata, maggiorata di un supplemento di 5 EUR/t. Tuttavia, se il dazio all’importazione applicabile alle differenti qualità di frumento duro è pari a zero, non è richiesto l’impegno scritto di cui al primo comma, lettera b). Se il titolo d’importazione è corredato di certificati di conformità rilasciati dal Federal Grain Inspection Service (FGIS) e dalla Canadian Grain Commission (CGC), come indicato all’articolo 7, non è richiesta alcuna cauzione aggiuntiva. In questo caso, il titolo d’importazione reca, nella casella 24, l’indicazione del tipo di certificato di conformità. 3. In caso di sospensione dei dazi doganali all’importazione per tutte le categorie qualitative di frumento tenero in virtù dell’articolo 187 del regolamento (CE) n. 1234/2007, la cauzione aggiuntiva di 95 EUR/t di cui al paragrafo 1 del presente articolo non è richiesta per l’intero periodo in cui si applica la sospensione dei dazi. Articolo 7 1. Per ogni partita di frumento tenero di qualità alta, di frumento duro e di mais vitreo, l’ufficio doganale di immissione in libera pratica preleva campioni rappresentativi, conformemente a quanto disposto nell’allegato I del regolamento (CE) n. 152/2009 della Commissione (7). Se alle diverse qualità è applicabile lo stesso dazio all’importazione non vengono prelevati campioni. Tuttavia, se la Commissione riconosce ufficialmente un certificato di qualità del frumento tenero di qualità alta, del frumento duro o del mais vitreo rilasciato dal paese di origine dei cereali, vengono prelevati campioni per verificare la qualità certificata soltanto da un numero di partite importate sufficientemente rappresentativo. 2. I seguenti certificati di conformità sono ufficialmente riconosciuti dalla Commissione a norma dei principi stabiliti agli articoli da 63 a 65 del regolamento (CEE) n. 2454/93: a) i certificati rilasciati dal Servicio Nacional de Sanidad y Calidad Agroalimentaria (Senasa) dell’Argentina per il mais vitreo; b) i certificati rilasciati dal Federal Grain Inspection Service (FGIS) degli Stati Uniti d’America per il frumento tenero di qualità alta e il frumento duro di qualità alta; c) i certificati rilasciati dalla Canadian Grain Commission (CGC) del Canada per il frumento tenero di qualità alta e il frumento duro di qualità alta. Un modello dei certificati di conformità rilasciati dal Senasa è riportato nell’allegato IV. La riproduzione dei timbri autorizzati dal governo dell’Argentina sarà pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. I modelli dei certificati di conformità e i timbri del FIGS sono riportati nell’allegato V. I modelli dei certificati di conformità, le specifiche di qualità per l’esportazione e i timbri della CGC sono riportati nell’allegato VI. Quando i parametri analitici indicati nei certificati di conformità rilasciati dagli organismi di cui al primo comma sono conformi alle norme di qualità del frumento tenero di qualità alta, del frumento duro e del mais vitreo di cui all’allegato II, si prelevano campioni almeno sul 3 % delle merci in arrivo in ogni porto d’entrata nel corso della campagna di commercializzazione. La merce viene classificata secondo la qualità standard per la quale risultano soddisfatti tutti i criteri di classificazione di cui all’allegato II. 3. I metodi di riferimento per le analisi di cui al paragrafo 1 sono quelli descritti nel regolamento (UE) n. 1272/2009 della Commissione (8). Il mais vitreo è il granturco della specie «Zea mays indurata» i cui grani presentano un endosperma vitreo dominante (struttura dura o cornea). I grani sono generalmente di colore arancio o rosso e la parte superiore (opposta al germe), o corona, non presenta fenditure. Sono definiti grani di mais vitreo i grani che soddisfano due criteri: a) la loro corona non presenta fenditure; e b) se tagliati longitudinalmente, il loro endosperma presenta una sezione centrale farinosa completamente circondata da una sezione cornea. Quest’ultima deve risultare predominante nella superficie totale del taglio. La percentuale di grani di mais vitreo viene stabilita contando, in un campione rappresentativo di 100 grani, il numero di grani che corrispondono ai criteri di cui al terzo comma. Il metodo di riferimento per determinare l’indice di flottazione è definito nell’allegato VII. 4. Se i risultati dell’analisi determinano una classificazione del frumento tenero di qualità alta, del frumento duro e del mais vitreo importati in una qualità standard inferiore a quella indicata sul titolo d’importazione, l’importatore è obbligato a pagare la differenza tra il dazio all’importazione applicabile al prodotto indicato sul titolo e quello applicabile al prodotto realmente importato. In questo caso, la cauzione per il titolo d’importazione di cui all’articolo 12, lettera a), del regolamento (CE) n. 1342/2003 e la cauzione aggiuntiva di cui all’articolo 3, paragrafo 4, e all’articolo 6, paragrafi 1 e 2, del presente regolamento, sono svincolate ad eccezione del supplemento di 5 EUR di cui all’articolo 6, paragrafo 2, secondo comma. Se la differenza di cui al primo comma non è corrisposta entro un mese, la cauzione addizionale di cui all’articolo 3, paragrafo 4, e all’articolo 6, paragrafi 1 e 2, viene incamerata. 5. I campioni rappresentativi dei cereali importati, prelevati dall’autorità competente dello Stato membro, devono essere conservati per sei mesi. Articolo 8 Il regolamento (CE) n. 1249/96 è abrogato. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato IX. Articolo 9 Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 20 luglio 2010. Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 299 del 16.11.2007, pag. 1. (2) GU L 161 del 29.6.1996, pag. 125. (3) Cfr. allegato VIII. (4) GU L 302 del 19.10.1992, pag. 1. (5) GU L 253 dell’11.10.1993, pag. 1. (6) GU L 189 del 29.7.2003, pag. 12. (7) GU L 54 del 26.2.2009, pag. 1. (8) GU L 349 del 29.12.2009, pag. 1. ALLEGATO I ALLEGATO II Criteri di classificazione dei prodotti importati (sulla base di un tenore di umidità del 12 % in peso, o equivalente) Prodotto Frumento tenero e spelta (1), escluso il frumento segalato Frumento duro Mais vitreo Mais non vitreo Altri cereali Codice NC 1001 90 1001 10 00 1005 90 00 1005 10 90 e 1005 90 00 1002, 1003 e 1007 00 90 Qualità (2) Alta MEDIA Bassa Alta MEDIA Bassa 1. Percen-tuale minima del contenuto proteico 14,0 11,5 — — — — — — — 2. Peso specifico minimo in kg/hl 77,0 74,0 — 76,0 76,0 — 76,0 — — 3. Percen-tuale massima di impurità (Schwarz besatz) 1,5 1,5 — 1,5 1,5 — — — — 4. Percen-tuale minima di grani vitrei — — — 75,0 62,0 — 95,0 — — 5. Indice massimo di flottazione — — — — — — 25,0 — — Tolleranza Tolleranza prevista Frumento duro e frumento tenero Mais vitreo Sulla percentuale del tenore proteico –0,7 — Sul peso specifico minimo –0,5 –0,5 Sulla percentuale massima di impurità +0,5 — Sulla percentuale di grani vitrei –2,0 –3,0 Sull’indice di flottazione — +1,0 (1) I criteri si riferiscono alla spelta decorticata. (2) Si applicano i metodi di analisi di cui all’allegato I, parte IV, del regolamento (UE) n. 1272/2009. ALLEGATO III Borse di quotazione e varietà di riferimento Prodotto Frumento tenero Frumento duro Granturco Altri cereali da foraggio Qualità standard Alta Media Bassa Varietà di riferimento (tipo/grado) per la quotazione in borsa Hard Red Spring n. 2 Hard Red Winter n. 2 Soft Red Winter n. 2 Hard Amber Durum n. 2 Yellow Corn n. 3 US Barley n. 2 Borsa di quotazione Minneapolis Grain Exchange Kansas City Board of Trade Chicago Board of Trade Minneapolis Grain Exchange (1) Chicago Board of Trade Minneapolis Grain Exchange (2) (1) Qualora non si disponga di alcuna quotazione che permetta di calcolare un prezzo rappresentativo cif all’importazione, si prendono in considerazione le quotazioni fob pubblicamente disponibili negli Stati Uniti. (2) Qualora non si disponga di alcuna quotazione che permetta di calcolare un prezzo rappresentativo cif all’importazione, si prendono in considerazione le quotazioni fob maggiormente rappresentative pubblicamente disponibili negli Stati Uniti. ALLEGATO IV MODELLO DI CERTIFICATO DI QUALITÀ DEL «SENASA» AUTORIZZATO DAL GOVERNO ARGENTINO DI CUI ALL’ARTICOLO 7, PARAGRAFO 2 ALLEGATO V MODELLO DI CERTIFICATO DI CONFORMITÀ AUTORIZZATO DAL GOVERNO DEGLI STATI UNITI D’AMERICA PER IL FRUMENTO TENERO MODELLO DI CERTIFICATO DI CONFORMITÀ AUTORIZZATO DAL GOVERNO DEGLI STATI UNITI D’AMERICA PER IL FRUMENTO DURO ALLEGATO VI MODELLO DI CERTIFICATO DI CONFORMITÀ AUTORIZZATO DAL GOVERNO DEL CANADA PER IL FRUMENTO TENERO E IL FRUMENTO DURO E SPECIFICHE DI QUALITÀ PER L’ESPORTAZIONE Specifiche di qualità per l’esportazione di frumento tenero e frumento duro canadese FRUMENTO TENERO Canada Western Red Spring (CWRS) Peso specifico Tenore totale di impurità compresi altri semi di cereali N. 1 CWRS (Min.) 79,0 kg/hl (Mass.) 0,4 %, compreso 0,2 % di altri semi N. 2 CWRS (Min.) 77,5 kg/hl (Mass.) 0,75 %, compreso 0,2 % di altri semi N. 3 CWRS (Min.) 76,5 kg/hl (Mass.) 1,25 %, compreso 0,2 % di altri semi Canada Western Extra Strong Red Spring (CWES) Peso specifico Tenore totale di impurità compresi altri semi di cereali N. 1 CWES (Min.) 78,0 kg/hl (Mass.) 0,75 %, compreso 0,2 % di altri semi N. 2 CWES (Min.) 76,0 kg/hl (Mass.) 1,5 %, compreso 0,2 % di altri semi Canada Prairie Spring Red (CPSR) Peso specifico Tenore totale di impurità compresi altri semi di cereali N. 1 CPSR (Min.) 77,0 kg/hl (Mass.) 0,75 %, compreso 0,2 % di altri semi N. 2 CPSR (Min.) 75,0 kg/hl (Mass.) 1,5 %, compreso 0,2 % di altri semi Canada Prairie Spring White (CPSW) Peso specifico Tenore totale di impurità compresi altri semi di cereali N. 1 CPSW (Min.) 77,0 kg/hl (Mass.) 0,75 %, compreso 0,2 % di altri semi N. 2 CPSW (Min.) 75,0 kg/hl (Mass.) 1,5 %, compreso 0,2 % di altri semi Canada Western Red Winter (CWRW) Peso specifico Tenore totale di impurità compresi altri semi di cereali N. 1 CWRW (Min.) 78,0 kg/hl (Mass.) 1,0 %, compreso 0,2 % di altri semi N. 2 CWRW (Min.) 74,0 kg/hl (Mass.) 2,0 %, compreso 0,2 % di altri semi Canada Western Soft White Spring (CWSWS) Peso specifico Tenore totale di impurità compresi altri semi di cereali N. 1 CWSWS (Min.) 78,0 kg/hl (Mass.) 0,75 %, compreso 0,2 % di altri semi N. 2 CWSWS (Min.) 75,5 kg/hl (Mass.) 1,0 %, compreso 0,2 % di altri semi N. 3 CWSWS (Min.) 75,0 kg/hl (Mass.) 1,5 %, compreso 0,2 % di altri semi FRUMENTO DURO Canada Western Amber Durum (CWAD) Peso specifico Tenore totale di impurità compresi altri semi di cereali N. 1 CWAD (Min.) 80,0 kg/hl (Mass.) 0,5 %, compreso 0,2 % di altri semi N. 2 CWAD (Min.) 79,5 kg/hl (Mass.) 0,8 %, compreso 0,2 % di altri semi N. 3 CWAD (Min.) 78,0 kg/hl (Mass.) 1,0 %, compreso 0,2 % di altri semi N. 4 CWAD (Min.) 75,0 kg/hl (Mass.) 3,0 %, compreso 0,2 % di altri semi Note: Altri semi di cereali : in queste categorie sono compresi soltanto avena, orzo, segala e triticale. Frumento tenero : per le esportazioni di frumento tenero, la Canadian Grain Commission fornirà la documentazione con il certificato attestante il tenore proteico del carico in questione. Frumento duro : per le esportazioni di frumento duro, la Canadian Grain Commission fornirà la documentazione con il certificato attestante la percentuale di semi vitrei e il peso specifico (kg/hl) del carico in questione. ALLEGATO VII METODO DI RIFERIMENTO PER DETERMINARE L’INDICE DI FLOTTAZIONE DI CUI ALL’ARTICOLO 7, PARAGRAFO 3 Preparare una soluzione acquosa di nitrato di sodio del peso specifico di 1,25 e conservare tale soluzione a una temperatura di 35 °C. Deporre nella soluzione 100 grani di mais prelevati da un campione rappresentativo che presenti una percentuale di umidità non superiore al 14,5 %. Agitare la soluzione per 5 minuti, a intervalli di secondi, in modo da eliminare le bolle d’aria. Separare i grani che galleggiano dai grani immersi e contarli. L’indice di flottazione viene calcolato nel seguente modo: Indice di flottazione della prova = (numero dei grani galleggianti)/(numero dei grani immersi) × 100 Ripetere la prova cinque volte. L’indice di flottazione è la media aritmetica degli indici di flottazione ottenuti nelle cinque prove effettuate, ad esclusione dei due valori estremi. ALLEGATO VIII Regolamento abrogato ed elenco delle sue modificazioni successive Regolamento (CE) n. 1249/96 della Commissione (GU L 161 del 29.6.1996, pag. 125) Regolamento (CE) n. 641/97 della Commissione (GU L 98 del 15.4.1997, pag. 2) Regolamento (CE) n. 2092/97 della Commissione (GU L 292 del 25.10.1997, pag. 10) Regolamento (CE) n. 2519/98 della Commissione (GU L 315 del 25.11.1998, pag. 7) Regolamento (CE) n. 2235/2000 della Commissione (1) (GU L 256 del 10.10.2000, pag. 13) limitatamente all’articolo 2 Regolamento (CE) n. 2104/2001 della Commissione (GU L 283 del 27.10.2001, pag. 8) Regolamento (CE) n. 597/2002 della Commissione (GU L 91 del 6.4.2002, pag. 9) Regolamento (CE) n. 1900/2002 della Commissione (GU L 287 del 25.10.2002, pag. 15) Regolamento (CE) n. 1110/2003 della Commissione (GU L 158 del 27.6.2003, pag. 12) Regolamento (CE) n. 777/2004 della Commissione (GU L 123 del 27.4.2004, pag. 50) limitatamente all’articolo 5 Regolamento (CE) n. 1074/2008 della Commissione (GU L 294 dell’1.11.2008, pag. 3) Regolamento (CE) n. 459/2009 della Commissione (GU L 139 del 5.6.2009, pag. 3) Regolamento (UE) n. 170/2010 della Commissione (GU L 51 del 2.3.2010, pag. 8) (1) Regolamento come modificato dal regolamento (CE) n. 2015/2001 (GU L 272 del 13.10.2001, pag. 31). ALLEGATO IX TAVOLA DI CONCORDANZA Regolamento (CE) n. 1249/96 Presente regolamento Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2, paragrafo 1, prima e seconda frase Articolo 2, paragrafo 1, primo comma Articolo 2, paragrafo 1, terza frase Articolo 2, paragrafo 1, secondo comma Articolo 2, paragrafo 2 Articolo 2, paragrafo 2 Articolo 2, paragrafo 3 Articolo 2, paragrafo 3 Articolo 2, paragrafo 4, primo comma, primo trattino Articolo 2, paragrafo 4, primo comma, lettera a) Articolo 2, paragrafo 4, primo comma, secondo e terzo trattino Articolo 2, paragrafo 4, primo comma, lettera b) Articolo 2, paragrafo 4, secondo comma Articolo 2, paragrafo 4, secondo comma Articolo 2, paragrafo 5, primo comma, prima frase Articolo 3, paragrafo 1 Articolo 2, paragrafo 5, primo comma, seconda frase Articolo 3, paragrafo 2 Articolo 2, paragrafo 5, primo comma, terza frase Articolo 3, paragrafo 3 Articolo 2, paragrafo 5, secondo comma Articolo 3, paragrafo 4, primo comma Articolo 2, paragrafo 5, terzo comma Articolo 3, paragrafo 4, secondo comma Articolo 2 bis — Articolo 3 Articolo 4 Articolo 4, paragrafo 1 Articolo 5, paragrafo 1 Articolo 4, paragrafo 2 Articolo 5, paragrafo 2 Articolo 4, paragrafo 3, primo, secondo e terzo trattino Articolo 5, paragrafo 3, lettere a), b) e c) Articolo 4, paragrafo 4 Articolo 5, paragrafo 4 Articolo 4, paragrafo 5 Articolo 5, paragrafo 5 Articolo 5 Articolo 6 Articolo 6, paragrafo 1 Articolo 7, paragrafo 1 Articolo 6, paragrafo 1 bis, primo comma, primo, secondo e terzo trattino Articolo 7, paragrafo 2, primo comma, lettere a), b) e c) Articolo 6, paragrafo 1 bis, dal secondo al sesto comma Articolo 7, paragrafo 2, dal secondo al sesto comma Articolo 6, paragrafo 2, primo comma Articolo 7, paragrafo 3, primo comma Articolo 6, paragrafo 2, secondo comma Articolo 7, paragrafo 3, secondo comma Articolo 6, paragrafo 2, terzo comma, primo e secondo trattino Articolo 7, paragrafo 3, terzo comma, lettere a) e b) Articolo 6, paragrafo 2, quarto comma Articolo 7, paragrafo 3, quarto comma Articolo 6, paragrafo 2, quinto comma Articolo 7, paragrafo 3, quinto comma Articolo 6, paragrafo 3 Articolo 7, paragrafo 4 Articolo 6, paragrafo 4 Articolo 7, paragrafo 5 Articolo 7 — Articolo 8 — — Articolo 8 — Articolo 9 Allegati I Allegato II Allegato II Allegato III Allegato III — Allegato IV Allegato IV Allegato IV bis Allegato V Allegato IV ter Allegato VI Allegato V Allegato VII Allegato VI Allegato I — Allegato VIII — Allegato IX
Tariffe per le importazioni di cereali QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento (UE) n. 642/2010 stabilisce le norme applicabili ai dazi variabili sulle importazioni di grano di alta qualità, grano duro, segale, mais e sorgo. PUNTI CHIAVE Calcolo delle tariffeLe tariffe di importazione applicate ai seguenti prodotti del settore dei cereali (designati dalla relativa nomenclatura combinata o codice NC) sono calcolate giornalmente dalla Commissione europea:codici NC 1001 11 00 e 1001 19 00 (grano duro);codice NC ex 1001 91 20 (grano tenero da seme);codice NC ex 1001 99 00 (grano tenero di alta qualità diverso dalle sementi);codici NC 1002 10 00 e 1002 90 00 (segale);codice NC 1005 10 90 (mais (granoturco), ad esclusione delle sementi ibride);codice NC 1005 90 00 (mais diverso dalle sementi);codici NC 1007 10 90 e 1007 90 00 (sorgo da granella diverso dagli ibridi destinati alla semina). Le tariffe applicate sono equivalenti al prezzo d’intervento al momento dell’importazione (fissato a 101,31 euro a tonnellata), aumentato del 55 % e sottraendo il prezzo all’importazione, che si basa sul prezzo di costo, assicurazione e nolo (CIF), ovvero il prezzo franco consegna alla frontiera del paese importatore. Il dazio all’importazione applicato è una media dei dazi all’importazione calcolati durante i dieci giorni lavorativi precedenti. Qualora tale media differisca di oltre cinque euro a tonnellate da un giorno all’altro, la Commissione stabilisce il nuovo dazio all’importazione. Il dazio non può superare i tassi dei dazi convenzionali* in virtù della nomenclatura combinata, lo strumento impiegato per la classificazione delle merci quando sono dichiarate presso le dogane nell’Unione europea (Unione). I prezzi di importazione CIF rappresentativi sono regolarmente aggiornati. Per quanto riguarda le importazioni di grano e mais, il prezzo CIF rappresentativo contempla tre elementi: il suo prezzo su un mercato mondiale di riferimento, a cui si aggiungono il costo di trasporto verso un porto di esportazione statunitense (Golfo del Messico o Grandi Laghi/Duluth) e il costo di trasporto tra il porto statunitense e Rotterdam. I prezzi di importazione CIF rappresentativi per il grano duro di alta qualità, le sementi di grano duro e le sementi di grano tenero corrispondono al prezzo calcolato per il grano tenere di alta qualità. Il prezzo di importazione CIF rappresentativo per il grano duro di qualità media e bassa corrisponde al prezzo calcolato per il grano tenero di alta qualità, a cui è applicato uno sconto pari a 10 euro a tonnellata per il grano duro di qualità media e uno sconto di 30 euro a tonnellata per il grano duro di bassa qualità. Il prezzo di importazione CIF rappresentativo per il sorgo diverso dalle sementi, le sementi di sorgo che rientrano nel codice NC 1007 10 90, la segale diversa dalle sementi, le sementi di segale e le sementi di mais che rientrano nel codice NC 1005 10 90 corrisponde al prezzo calcolato per il mais diverso dalle sementi.Riduzioni tariffarie Le seguenti riduzioni tariffarie si applicano ai dazi all’importazione fissi:una riduzione tariffaria pari a 3 euro a tonnellata qualora il porto di sbarco nell’Unione sia situato nel Mediterraneo (oltre lo stretto di Gibilterra) o nel Mar Nero e se le merci giungono attraverso l’oceano Atlantico o attraverso il Canale di Suez; una riduzione tariffaria pari a 2 euro a tonnellata qualora il porto di sbarco nell’Unione sia situato sulla costa atlantica della penisola iberica, dell’Irlanda, della Danimarca, dell’Estonia, della Lettonia, della Lituania, della Polonia, della Finlandia o della Svezia e se le merci giungono attraverso l’oceano Atlantico; una riduzione tariffaria pari a 24 euro a tonnellata sul mais vitreo che soddisfa talune specifiche. Entro sei mesi dalla data di accettazione dell’immissione in libera pratica, esso deve essere trasformato in alimenti preparati, ottenuti tramite soffiatura o tostatura, semole e semolini o grani lavorati (mondati, perlati, tagliati o spezzati).Precauzioni di sicurezza Per quanto riguarda il grano tenero e il grano duro, di norma gli importatori depositano una cauzione (95 euro a tonnellata per il grano tenero) presso l’autorità competente alla data di accettazione della dichiarazione di immissione in libera pratica, tranne laddove tale dichiarazione è corredata di un certificato di conformità ufficiale. Abrogazione Il regolamento (UE) n. 642/2010 abroga il regolamento (CE) n. 1249/96. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il regolamento è in vigore dal 10 agosto 2010. CONTESTO Per maggiori informazioni, si veda:Cereali, semi oleosi, colture proteiche e riso (Commissione europea). Base giuridica per i settori dei cereali, delle colture oleaginose, delle colture proteiche e del riso (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Tassi dei dazi convenzionali Gli impegni tariffari dell’Unione europea nell’Organizzazione mondiale del commercio e alcuni dazi autonomi dell’Unione europea. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) n. 642/2010 della Commissione, del 20 luglio 2010, recante modalità d’applicazione del regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio in ordine ai dazi all’importazione nel settore dei cereali (GU L 187 del 21.7.2010, pag. 5). Le successive modifiche al regolamento (UE) n. 642/2010 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 671). Si veda la versione consolidata.
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REGOLAMENTO (CE) N. 2023/2006 DELLA COMMISSIONE del 22 dicembre 2006 sulle buone pratiche di fabbricazione dei materiali e degli oggetti destinati a venire a contatto con prodotti alimentari (Testo rilevante ai fini del SEE) LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, visto il regolamento (CE) n. 1935/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 ottobre 2004 riguardante i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari (1), in particolare l’articolo 5, paragrafo 1, considerando quanto segue: (1) I gruppi di materiali e oggetti elencati nell’allegato I al regolamento (CE) n. 1935/2004 nonché le combinazioni di tali materiali ed oggetti oppure di materiali ed oggetti riciclati impiegati in tali materiali e oggetti vanno fabbricati nel rispetto delle norme generali e specifiche sulle buone pratiche di fabbricazione (Good manufacturing practices – GMP). (2) Taluni settori industriali hanno elaborato linee guida sulle GMP, altri no. Di conseguenza risulta necessario garantire l’uniformità fra gli Stati membri per quanto riguarda le GMP per i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con prodotti alimentari. (3) Per garantire l’uniformità è opportuno stabilire determinati obblighi per gli operatori del settore. (4) Tutti gli operatori del settore devono istituire un sistema efficace di gestione della qualità nell’ambito delle operazioni di fabbricazione, adeguandolo alla loro posizione nella catena di approvvigionamento. (5) Le norme vanno applicate a materiali ed oggetti destinati a venire a contatto con prodotti alimentari o già a contatto con prodotti alimentari e destinati a tal fine oppure di cui si può prevedere ragionevolmente che possano essere messi a contatto con prodotti alimentari o che trasferiscano i propri componenti ai prodotti alimentari nelle condizioni di impiego normali o prevedibili. (6) Le norme relative alle GMP vanno applicate in modo proporzionato al fine di evitare oneri eccessivi per le piccole imprese. (7) Norme specifiche vanno ora stabilite per i processi in cui vengono utilizzati inchiostri da stampa e vanno elaborate per altri processi, se necessario. Per gli inchiostri da stampa impiegati sulla parte del materiale o dell’oggetto non a contatto con il prodotto alimentare, le GMP devono soprattutto garantire che le sostanze non siano trasferite nel prodotto alimentare a causa del set-off o tramite trasferimento attraverso il substrato. (8) Le misure previste dal presente regolamento sono conformi al parere del Comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto Il presente regolamento stabilisce le norme relative alle buone pratiche di fabbricazione (GMP) per i gruppi di materiali e di oggetti destinati a venire a contatto con gli alimenti (qui di seguito «materiali ed oggetti») elencati nell’allegato I al regolamento (CE) n. 1935/2004 e le combinazioni di tali materiali ed oggetti nonché di materiali ed oggetti riciclati impiegati in tali materiali ed oggetti. Articolo 2 Campo di applicazione Il presente regolamento si applica a tutti i settori e a tutte le fasi di produzione, trasformazione e distribuzione di materiali e oggetti, sino ad e ad esclusione della produzione di sostanze di partenza. Le norme specifiche stabilite nell’allegato si applicano ai processi pertinenti, indicati singolarmente, come opportuno. Articolo 3 Definizioni Ai fini del presente regolamento si applicano le definizioni seguenti: a) «buone pratiche di fabbricazione (good manufacturing practices — GMP)»: gli aspetti di assicurazione della qualità che assicurano che i materiali e gli oggetti siano costantemente fabbricati e controllati, per assicurare la conformità alle norme ad essi applicabili e agli standard qualitativi adeguati all'uso cui sono destinati, senza costituire rischi per la salute umana o modificare in modo inaccettabile la composizione del prodotto alimentare o provocare un deterioramento delle sue caratteristiche organolettiche; b) «sistema di assicurazione della qualità»: tutti gli accordi organizzati e documentati, conclusi al fine di garantire che i materiali e gli oggetti siano della qualità atta a renderli conformi alle norme ad essi applicabili e agli standard qualitativi necessari per l’uso cui sono destinati; c) «sistema di controllo della qualità»: l’applicazione sistematica di misure stabilite nell’ambito del sistema di assicurazione della qualità al fine di garantire che i materiali di partenza e i materiali e gli oggetti intermedi e finiti siano conformi alle specifiche elaborate nel sistema di assicurazione della qualità; d) «lato non a contatto con il prodotto alimentare» indica la superficie del materiale o dell'oggetto che non si trova direttamente a contatto con il prodotto alimentare; e) «lato a contatto con il prodotto alimentare» indica la superficie del materiale o dell'oggetto che si trova direttamente a contatto con il prodotto alimentare. Articolo 4 Conformità alle buone pratiche di fabbricazione Gli operatori del settore devono garantire che le operazioni di fabbricazione siano svolte nel rispetto: a) delle norme generali sulle GMP, come stabilito dagli articoli 5, 6 e 7; b) delle norme specifiche sulle GMP, come stabilito nell’allegato. Articolo 5 Sistemi di assicurazione della qualità 1. Gli operatori del settore devono istituire, attuare e far rispettare un sistema di assicurazione della qualità efficace e documentato. Il suddetto sistema deve: a) tenere conto dell’adeguatezza del personale, delle sue conoscenze e competenze, nonché dell’organizzazione delle sedi e delle attrezzature necessarie a garantire che i materiali e gli oggetti finiti siano conformi alle norme ad essi applicabili; b) essere applicato tenendo conto della dimensione dell'impresa, in modo da non costituire un onere eccessivo per l'azienda. 2. I materiali di partenza devono essere selezionati e decono essere conformi con le specifiche prestabilite, in modo da garantire che il materiale o l’oggetto siano conformi alle norme ad essi applicabili. 3. Le varie operazioni devono svolgersi secondo istruzioni e procedure prestabilite. Articolo 6 Sistemi di controllo della qualità 1. Gli operatori del settore devono istituire e mantenere un sistema di controllo della qualità efficace. 2. Il sistema di controllo della qualità deve comprendere il monitoraggio dell’attuazione e del totale rispetto delle GMP e deve identificare misure volte a correggere eventuali mancanze di conformità alle GMP. Tali misure correttive vanno attuate senza indugio e messe a disposizione delle autorità competenti per le ispezioni. Articolo 7 Documentazione 1. Gli operatori del settore devono elaborare e conservare un’adeguata documentazione su supporto cartaceo o in formato elettronico riguardante le specifiche, le formulazioni e i processi di fabbricazione che siano pertinenti per la conformità e la sicurezza di materiali e oggetti finiti. 2. Gli operatori del settore devono elaborare e conservare un'adeguata documentazione, su supporto cartaceo o in formato elettronico, relativa alle registrazioni delle varie operazioni di fabbricazione svolte che siano pertinenti per la conformità e la sicurezza di materiali e oggetti finiti, e relativa ai risultati del sistema di controllo della qualità. 3. La documentazione deve essere messa a disposizione delle autorità competenti, qualora lo richiedano, da parte degli operatori del settore. Articolo 8 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Esso si applica a decorrere dal 1o agosto 2008. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 22 dicembre 2006. Per la Commissione Markos KYPRIANOU Membro della Commissione (1) GU L 338 del 13.11.2004, pag. 4. ALLEGATO Norme specifiche sulle buone pratiche di fabbricazione Processi che prevedono l’applicazione di inchiostri da stampa sul lato di un materiale o di un oggetto non a contatto con il prodotto alimentare 1. Gli inchiostri da stampa applicati sul lato dei materiali o degli oggetti non a contatto con il prodotto alimentare devono essere formulati e/o applicati in modo che le sostanze presenti sulla superficie stampata non siano trasferite al lato a contatto con il prodotto alimentare: a) attraverso il substrato oppure b) a causa del set-off quando vengono impilati o sono sulle bobine, in concentrazioni che portino a livelli di sostanza nel prodotto alimentare non in linea con le prescrizioni di cui all’articolo 3 del regolamento (CE) n. 1935/2004. 2. I materiali e gli oggetti stampati in stato finito o semifinito vanno movimentati e immagazzinati in modo che le sostanze presenti sulla superficie stampata non siano trasferite al lato a contatto con il prodotto alimentare: a) attraverso il substrato oppure b) a causa del set-off quando vengono impilati o sono sulle bobine, in concentrazioni che portino a livelli di sostanza nel prodotto alimentare non in linea con le prescrizioni di cui all’articolo 3 del regolamento (CE) n. 1935/2004. 3. Le superfici stampate non devono trovarsi direttamente a contatto con il prodotto alimentare.
Materiali e oggetti a contatto con prodotti alimentari: Buone pratiche di fabbricazione SINTESI CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? Stabilisce le norme relative alle buone pratiche di fabbricazione (good manufacturing practice, GMP)* dei materiali e degli oggetti destinati a venire a contatto con prodotti alimentari. PUNTI CHIAVE La normativa si applica a tutti i settori e a tutte le fasi di produzione, trasformazione e distribuzione di materiali e oggetti. Le aziende devono: conformarsi alle buone pratiche di fabbricazione; istituire, attuare e far rispettare un sistema di assicurazione della qualità* efficace e documentato; istituire e mantenere un sistema di controllo della qualità efficace; elaborare e conservare un’adeguata documentazione, su supporto cartaceo o in formato elettronico, riguardante le specifiche, le formulazioni e i processi di fabbricazione che siano pertinenti per la sicurezza dei singoli prodotti e delle varie operazioni di produzione. Le buone pratiche di fabbricazione riguardano oggetti quali contenitori, imballaggi, carta, cartone, inchiostro e adesivi destinati a venire a contatto con prodotti alimentari. I sistemi di assicurazione della qualità tengono conto: delle conoscenze e delle competenze del personale e dell’organizzazione delle sedi e delle attrezzature; della dimensione dell’impresa, in modo da non costituire un onere eccessivo per l’azienda. I sistemi di controllo della qualità comprendono: il monitoraggio dell’attuazione e delle buone pratiche di fabbricazione; l’identificazione e la correzione delle misure non conformi agli standard richiesti. Una modifica [regolamento (CE) n. 282/2008] stabilisce un sistema di assicurazione della qualità specifico per i materiali e gli oggetti in plastica riciclata destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica dal 1o agosto 2008. TERMINI CHIAVE * Buone pratiche di fabbricazione: gli aspetti dell’assicurazione della qualità che garantiscono che materiali e oggetti rispettino gli standard qualitativi, non rappresentino un pericolo per la salute umana e non causino modifiche inaccettabili alla composizione dei prodotti alimentari. * Sistema di assicurazione della qualità: accordi organizzati e documentati che garantiscono che i materiali e gli oggetti presentino la qualità richiesta. ATTO Regolamento (CE) n. 2023/2006 della Commissione, del 22 dicembre 2006, sulle buone pratiche di fabbricazione dei materiali e degli oggetti destinati a venire a contatto con prodotti alimentari (GU L 384 del 29.12.2006, pag. 75-78) Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 2023/2006 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
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DIRETTIVA 2011/70/EURATOM DEL CONSIGLIO del 19 luglio 2011 che istituisce un quadro comunitario per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica, in particolare gli articoli 31 e 32, vista la proposta della Commissione europea, elaborata previo parere di un gruppo di personalità designate dal Comitato scientifico e tecnico fra gli esperti scientifici degli Stati membri, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), considerando quanto segue: (1) Ai sensi dell’articolo 2, lettera b), del trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica («trattato Euratom») devono essere istituite norme di sicurezza uniformi per la protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione. (2) L’articolo 30 del trattato Euratom prevede l’adozione di norme fondamentali relative alla protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti. (3) L’articolo 37 del trattato Euratom prescrive che gli Stati membri forniscano alla Commissione i dati generali relativi a qualsiasi progetto di smaltimento dei residui radioattivi. (4) La direttiva 96/29/Euratom del Consiglio (3), stabilisce le norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti. Tale direttiva è stata integrata da una normativa più specifica. (5) Come riconosciuto dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella sua giurisprudenza, le disposizioni del capo 3 del trattato Euratom, relative alla protezione sanitaria, formano un complesso coerente che attribuisce alla Commissione competenze piuttosto estese per la protezione della popolazione e dell’ambiente contro i rischi di contaminazione nucleare (4). (6) La decisione 87/600/Euratom del Consiglio, del 14 dicembre 1987, concernente le modalità comunitarie di uno scambio rapido di informazioni in caso di emergenza radioattiva (5), ha istituito un quadro per la notifica e la trasmissione di informazioni che gli Stati membri devono utilizzare per proteggere la popolazione in caso di emergenza radioattiva. La direttiva 89/618/Euratom del Consiglio, del 27 novembre 1989, concernente l’informazione della popolazione sui provvedimenti di protezione sanitaria applicabili e sul comportamento da adottare in caso di emergenza radioattiva (6), ha imposto agli Stati membri l’obbligo di informare la popolazione in caso di emergenza radioattiva. (7) La direttiva 2003/122/Euratom del Consiglio (7), prevede il controllo delle sorgenti radioattive sigillate ad alta attività e delle sorgenti orfane, comprese le sorgenti dismesse. Conformemente alla convenzione congiunta sulla sicurezza della gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi («convenzione congiunta») e al codice di condotta dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) sulla sicurezza delle sorgenti radioattive nonché alle pratiche industriali correnti, le sorgenti sigillate dismesse possono essere riutilizzate, riciclate o smaltite. In molti casi ciò richiede la restituzione, a un fornitore o fabbricante, della sorgente o la restituzione delle attrezzature, inclusa la stessa sorgente, per la riqualificazione o il trattamento. (8) La direttiva 2006/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive (8), disciplina la gestione dei rifiuti delle industrie estrattive che possono essere radioattivi, ma escludendo aspetti come quelli specifici della radioattività, che sono disciplinati dal trattato Euratom. (9) La direttiva 2006/117/Euratom del Consiglio (9), istituisce a livello di Comunità europea dell’energia atomica («Comunità») un sistema di sorveglianza e controllo delle spedizioni transfrontaliere di rifiuti radioattivi e di combustibile esaurito. Tale direttiva è stata integrata dalla raccomandazione 2008/956/Euratom della Commissione, del 4 dicembre 2008, relativa ai criteri per l’esportazione di rifiuti radioattivi e di combustibile nucleare esaurito verso paesi terzi (10). (10) La direttiva 2009/71/Euratom del Consiglio, del 25 giugno 2009, che istituisce un quadro comunitario per la sicurezza nucleare degli impianti nucleari (11), impone agli Stati membri l’obbligo di istituire e mantenere un quadro nazionale per la sicurezza nucleare. Benché riguardi principalmente la sicurezza nucleare degli impianti nucleari, tale direttiva precisa che è altresì importante garantire la gestione sicura del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, anche negli impianti di stoccaggio e di smaltimento. Pertanto, tali impianti, oggetto della direttiva 2009/71/Euratom e della presente direttiva, non dovrebbero essere soggetti a obblighi sproporzionati o inutili, soprattutto per quanto riguarda le relazioni. (11) La direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, che prevede la partecipazione del pubblico nell’elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale (12), si applica a taluni piani e programmi che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente (13). (12) La raccomandazione 2006/851/Euratom della Commissione, del 24 ottobre 2006, concernente la gestione delle risorse finanziarie destinate alla disattivazione di installazioni nucleari e alla gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi (14), si concentra sull’adeguatezza del finanziamento, sulla sua sicurezza finanziaria e sulla sua trasparenza al fine di garantire che i fondi siano impiegati esclusivamente per gli scopi previsti. (13) Secondo le specifiche condizioni dell’adesione all’Unione europea di Lituania, Slovacchia e Bulgaria, laddove talune centrali nucleari erano soggette a chiusura anticipata, la Comunità ha partecipato alla mobilitazione delle risorse finanziarie e fornisce, a determinate condizioni, assistenza finanziaria a vari progetti di disattivazione, inclusa la gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile esaurito. (14) La convenzione congiunta, conclusa sotto gli auspici dell’AIEA, rappresenta uno strumento incentivante che mira a raggiungere e mantenere un elevato livello di sicurezza a livello mondiale nella gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi attraverso il potenziamento delle misure nazionali e della cooperazione internazionale. (15) Alcuni Stati membri hanno già partecipato e intendono continuare a partecipare al programma guidato da USA-Russia, denominato «Iniziativa per la riduzione della minaccia globale», spedendo il combustibile esaurito di reattori di ricerca agli Stati Uniti d’America e alla Federazione russa. (16) Nel 2006 l’AIEA ha aggiornato la struttura delle norme e pubblicato i principi fondamentali di sicurezza, sponsorizzati congiuntamente dalla Comunità, dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici/Agenzia per l’energia nucleare e da altre organizzazioni internazionali. L’applicazione dei principi fondamentali di sicurezza faciliterà l’applicazione di norme di sicurezza internazionali e consentirà una maggiore coerenza tra i regimi dei diversi Stati. (17) A seguito dell’invito del Consiglio a istituire un gruppo ad alto livello in ambito UE, contenuto nelle conclusioni dell’8 maggio 2007 relative alla sicurezza nucleare e alla gestione sicura del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, la decisione 2007/530/Euratom della Commissione, del 17 luglio 2007, relativa all’istituzione del gruppo europeo ad alto livello sulla sicurezza nucleare e la sicurezza della gestione dei residui (15), ha istituito il gruppo dei regolatori europei in materia di sicurezza nucleare (ENSREG), al fine di contribuire al conseguimento degli obiettivi della Comunità in materia di combustibile esaurito e rifiuti radioattivi. Le conclusioni e raccomandazioni dell’ENSREG sono state recepite nella risoluzione del Consiglio del 16 dicembre 2008 concernente la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi e nelle conclusioni del Consiglio del 10 novembre 2009 sulla relazione del gruppo dei regolatori europei in materia di sicurezza nucleare. (18) Il 10 maggio 2007 il Parlamento europeo ha adottato la risoluzione «Valutare l’Euratom — 50 anni di politica nucleare europea», in cui ha chiesto norme armonizzate per la gestione dei rifiuti radioattivi e ha invitato la Commissione a riesaminare i progetti della propria proposta legislativa e a presentare una nuova proposta di direttiva concernente la gestione dei rifiuti radioattivi. (19) Sebbene ciascuno Stato membro rimanga libero di decidere del proprio mix energetico, tutti gli Stati membri generano rifiuti radioattivi dalla produzione di energia o nel corso di attività industriali, agricole, sanitarie e di ricerca, oppure attraverso la dismissione degli impianti nucleari o in situazioni di riparazione e interventi. (20) Il funzionamento dei reattori nucleari genera combustibile esaurito. Ciascuno Stato membro rimane libero di definire la propria politica del ciclo del combustibile. Il combustibile esaurito può essere considerato una risorsa preziosa da ritrattare oppure un rifiuto radioattivo destinato allo smaltimento diretto. Indipendentemente dall’opzione scelta, occorre tenere in considerazione lo smaltimento di rifiuti ad alta attività, separati durante il ritrattamento, o del combustibile esaurito considerato come rifiuto. (21) I rifiuti radioattivi, ivi compreso il combustibile esaurito considerato come rifiuto, richiedono il contenimento e l’isolamento dall’uomo e dall’ambiente nel lungo periodo. La loro particolare natura, vale a dire il fatto che contengono radionuclidi, necessita di provvedimenti tesi a proteggere la salute umana e l’ambiente dai pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti, ivi compreso lo smaltimento in adeguati impianti che costituiscono il punto di arrivo finale. Lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi, compreso lo stoccaggio a lungo termine, è una soluzione provvisoria ma non un’alternativa allo smaltimento. (22) Tali provvedimenti dovrebbero basarsi su un sistema nazionale di classificazione dei rifiuti radioattivi che tenga pienamente conto delle loro proprietà e tipologie specifiche. (23) La tipica modalità di smaltimento per i rifiuti ad attività bassa e intermedia è lo smaltimento in prossimità della superficie. È ampiamente accettato a livello tecnico che, attualmente, lo smaltimento geologico in profondità rappresenti l’opzione più sicura e sostenibile come punto di arrivo della gestione di rifiuti ad alta attività e del combustibile esaurito considerato rifiuto. Gli Stati membri, mantenendo la responsabilità delle rispettive politiche in relazione alla gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi ad attività bassa, intermedia o alta, dovrebbero includere la pianificazione e l’attuazione delle opzioni di smaltimento nelle rispettive politiche nazionali. Poiché la realizzazione e lo sviluppo di un impianto di smaltimento avverrà nel corso di svariati decenni, molti programmi riconoscono la necessità di restare flessibili e adattabili, per esempio al fine di incorporare le nuove conoscenze sulle condizioni del sito o sulla possibile evoluzione del sistema di smaltimento. Le attività realizzate nel quadro della piattaforma tecnologica per lo smaltimento geologico dei residui radioattivi (Implementing Geological Disposal of Radioactive Waste Technology Platform — IGD-TP) potrebbero facilitare l’accesso alle competenze e alle tecnologie in tale ambito. A tal fine, la possibilità di riconversione e di recupero come criteri operativi e progettuali possono essere utilizzati per orientare l’elaborazione tecnica di un sistema di smaltimento. Tuttavia, tali criteri non dovrebbero sostituirsi a un impianto di smaltimento ben concepito che abbia una base difendibile per la chiusura. È necessario un compromesso in quanto la gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile esaurito è basata sullo stato dell’arte della scienza e della tecnologia. (24) Dovrebbe essere un obbligo morale di ciascuno Stato membro evitare ogni onere indebito a carico delle future generazioni in relazione al combustibile esaurito e ai rifiuti radioattivi, compreso ogni rifiuto radioattivo previsto per la disattivazione degli impianti nucleari esistenti. Attraverso l’attuazione della presente direttiva, gli Stati membri avranno dimostrato di aver intrapreso iniziative ragionevoli per garantire il conseguimento di tale obiettivo. (25) La responsabilità ultima degli Stati membri riguardo alla sicurezza della gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi è un principio fondamentale ribadito dalla convenzione congiunta. La presente direttiva dovrebbe rafforzare il principio della responsabilità nazionale, nonché quello della responsabilità primaria della sicurezza della gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, che spetta al titolare della licenza sotto il controllo della propria autorità di regolamentazione competente, e dovrebbe potenziare il ruolo e l’indipendenza dell’autorità di regolamentazione competente. (26) Resta inteso che l’utilizzo di sorgenti radioattive da parte dell’autorità di regolamentazione competente nell’espletamento dei propri compiti di regolamentazione non ne pregiudica l’indipendenza. (27) Gli Stati membri dovrebbero garantire la disponibilità di finanziamenti sufficienti per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi. (28) Gli Stati membri dovrebbero istituire un programma nazionale al fine di assicurare la trasposizione delle decisioni politiche in norme chiare per realizzare nei tempi previsti tutti i passaggi della gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, dalla generazione allo smaltimento. Tali programmi nazionali dovrebbero poter essere in forma di singolo documento di riferimento o serie di documenti. (29) Resta inteso che i regimi nazionali per la sicurezza della gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi saranno applicati sotto forma di uno strumento giuridico, regolamentare o organizzativo la cui scelta è di competenza degli Stati membri. (30) Le varie fasi della gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi sono strettamente interconnesse. Le decisioni prese per una singola fase possono avere conseguenze sulla fase successiva. Occorre pertanto tenere conto di tali interconnessioni nella messa a punto dei programmi nazionali. (31) La trasparenza è un fattore importante nella gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi. La trasparenza dovrebbe essere garantita tramite un’effettiva informazione della popolazione e la possibilità per tutte le parti interessate, comprese le autorità locali e la popolazione, di partecipazione ai processi decisionali conformemente agli obblighi nazionali e internazionali. (32) La collaborazione tra gli Stati membri e a livello internazionale potrebbe facilitare e accelerare le decisioni da prendere mediante l’accesso a competenze e tecnologia. (33) Alcuni Stati membri ritengono che la condivisione di impianti di gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, inclusi gli impianti di smaltimento, sia un’opzione potenzialmente vantaggiosa, sicura ed efficiente in termini di costi se basata su un accordo tra gli Stati membri interessati. (34) La documentazione del processo decisionale in relazione alla sicurezza dovrebbe essere commisurata ai livelli di rischio (approccio calibrato) e costituire la base per le decisioni riguardanti la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi. Questo dovrebbe consentire di individuare le aree di incertezza sulle quali sarà necessario concentrare l’attenzione in una valutazione della sicurezza. Le decisioni in materia di sicurezza dovrebbero basarsi sui risultati della valutazione della sicurezza nonché sulle informazioni sulla robustezza e l’affidabilità di tale valutazione e dei suoi presupposti. Il processo decisionale dovrebbe essere pertanto basato su un elenco delle argomentazioni e delle prove che cercano di dimostrare che la norma di sicurezza richiesta è conseguita per un impianto o un’attività relativi alla gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi. Nel caso particolare di un impianto di smaltimento, la documentazione dovrebbe aumentare ulteriormente la conoscenza degli aspetti che influenzano la sicurezza del sistema di smaltimento, tra cui anche le barriere naturali (geologiche) e artificiali, e dello sviluppo previsto del sistema di smaltimento nel tempo. (35) Uno Stato membro che non disponga di combustibile esaurito, né abbia alcuna prospettiva immediata di averne, né abbia attività in corso o pianificate relative a combustibile esaurito, avrebbe un obbligo sproporzionato e inutile se dovesse recepire e attuare le disposizioni della presente direttiva in relazione al combustibile esaurito. Pertanto tali Stati membri devono essere esentati — finché non abbiano preso la decisione di sviluppare un’attività relativa al combustibile nucleare — dall’obbligo di recepire e attuare le disposizioni relative al combustibile esaurito della presente direttiva. (36) Un trattato fra il governo della Repubblica di Slovenia e il governo della Repubblica di Croazia che regolamenta lo status e altri rapporti giuridici riguardo agli investimenti, allo sfruttamento e alla disattivazione della centrale nucleare di Krško disciplina la comproprietà di una centrale nucleare. Tale trattato prevede la responsabilità condivisa per la gestione e lo smaltimento dei rifiuti radioattivi e del combustibile esaurito. Dovrebbe pertanto essere prevista una deroga a talune disposizioni della presente direttiva al fine di non ostacolare la piena attuazione di tale trattato bilaterale. (37) Pur riconoscendo che il quadro nazionale dovrebbe prendere in considerazione tutti i pericoli radioattivi e non radioattivi associati al combustibile esaurito e ai rifiuti radioattivi, la presente direttiva non disciplina i rischi non radiologici, che rientrano nel trattato sul funzionamento dell’Unione europea. (38) Il mantenimento e lo sviluppo di nuove competenze e abilità nella gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, in quanto elementi essenziali per garantire elevati livelli di sicurezza, dovrebbero fondarsi sull’acquisizione di conoscenze sulla scorta dell’esperienza pratica. (39) La ricerca scientifica e lo sviluppo tecnologico sostenuti dalla cooperazione tecnica tra vari soggetti possono aprire orizzonti per migliorare la gestione sicura del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, nonché contribuire a ridurre il rischio della radiotossicità dei rifiuti ad alta attività. (40) La verifica inter pares potrebbe costituire un eccellente strumento per rafforzare la fiducia in riferimento alla gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi nell’Unione europea, allo scopo di sviluppare e scambiare esperienze e garantire standard elevati, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: CAPO 1 AMBITO DI APPLICAZIONE, DEFINIZIONI E PRINCIPI GENERALI Articolo 1 Oggetto 1. La presente direttiva stabilisce un quadro comunitario al fine di garantire una gestione responsabile e sicura del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi onde evitare di imporre oneri indebiti alle future generazioni. 2. Essa garantisce che gli Stati membri adottino adeguati provvedimenti in ambito nazionale per un elevato livello di sicurezza nella gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, al fine di proteggere i lavoratori e la popolazione dai pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti. 3. Essa garantisce la trasmissione delle informazioni necessarie e la partecipazione della popolazione in relazione alla gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi prestando un’attenzione particolare alle questioni concernenti le informazioni proprietarie e di sicurezza. 4. Fatta salva la direttiva 96/29/Euratom, la presente direttiva integra le norme fondamentali di cui all’articolo 30 del trattato Euratom per quanto attiene alla sicurezza del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi. Articolo 2 Ambito di applicazione 1. La presente direttiva si applica a tutte le fasi: a) della gestione del combustibile esaurito quando questo deriva da attività civili; b) della gestione dei rifiuti radioattivi, dalla generazione fino allo smaltimento, quando questi derivano da attività civili. 2. La presente direttiva non si applica: a) ai rifiuti provenienti dalle industrie estrattive che possono essere radioattivi e che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2006/21/CE; b) agli scarichi autorizzati. 3. L’articolo 4, paragrafo 4, della presente direttiva non si applica: a) al rimpatrio di sorgenti sigillate dismesse al fornitore o fabbricante; b) alla spedizione del combustibile esaurito di reattori di ricerca ad un paese in cui i combustibili di reattori di ricerca sono forniti o fabbricati, tenendo conto degli accordi internazionali applicabili; c) ai rifiuti e al combustibile esaurito dell’attuale centrale nucleare di Krško, nel contesto di spedizioni tra Slovenia e Croazia. 4. La presente direttiva fa salvo il diritto di uno Stato membro o di un’impresa di tale Stato membro di restituire i rifiuti radioattivi trattati al paese di origine, se: a) i rifiuti radioattivi devono essere spediti a tale Stato membro o impresa per il trattamento; oppure b) altri materiali devono essere spediti a tale Stato membro o impresa allo scopo di recuperare i rifiuti radioattivi. La presente direttiva fa altresì salvo il diritto di uno Stato membro o di un’impresa nello Stato membro cui debba essere spedito combustibile esaurito destinato al trattamento o al ritrattamento di restituire al paese di origine i rifiuti radioattivi recuperati con l’operazione di trattamento o ritrattamento o un prodotto equivalente concordato. Articolo 3 Definizioni Ai fini della presente direttiva si intende per: 1) «chiusura»: il completamento di tutte le operazioni ad un dato momento dopo la collocazione di combustibile esaurito o di rifiuti radioattivi in un impianto di smaltimento, compresi gli interventi tecnici finali o ogni altro lavoro necessario per rendere l’impianto sicuro a lungo termine; 2) «autorità di regolamentazione competente»: un’autorità o un sistema di autorità designati in uno Stato membro nel campo della regolamentazione della sicurezza per la gestione del combustibile esaurito o dei rifiuti radioattivi, come previsto all’articolo 6; 3) «smaltimento»: la collocazione di rifiuti radioattivi o di combustibile esaurito in un impianto senza intenzione di recuperarli successivamente; 4) «impianto di smaltimento»: qualsiasi impianto o struttura il cui scopo principale lo smaltimento dei rifiuti radioattivi; 5) «licenza»: qualsiasi documento avente valore legale rilasciato sotto la giurisdizione di uno Stato membro al fine di svolgere qualsiasi attività connessa alla gestione di combustibile esaurito o di rifiuti radioattivi oppure al fine di conferire la responsabilità in materia di localizzazione, progettazione, costruzione, messa in funzione, esercizio, disattivazione o chiusura di un impianto di gestione di combustibile esaurito o di rifiuti radioattivi; 6) «titolare della licenza»: la persona fisica o giuridica avente la responsabilità generale di un’attività o di un impianto connessi alla gestione di combustibile esaurito o di rifiuti radioattivi, come specificato in una licenza; 7) «rifiuti radioattivi»: qualsiasi materia radioattiva in forma gassosa, liquida o solida per la quale nessun utilizzo ulteriore è previsto o preso in considerazione dallo Stato membro o da una persona giuridica o fisica la cui decisione sia accettata dallo Stato membro e che sia regolamentata a titolo di rifiuto radioattivo da un’autorità di regolamentazione competente conformemente al quadro legislativo e regolamentare dello Stato membro; 8) «gestione dei rifiuti radioattivi»: tutte le attività attinenti a manipolazione, pretrattamento, trattamento, condizionamento, stoccaggio o smaltimento dei rifiuti radioattivi, escluso il trasporto al di fuori del sito; 9) «impianto di gestione dei rifiuti radioattivi»: qualsiasi impianto o struttura il cui scopo principale sia la gestione dei rifiuti radioattivi; 10) «ritrattamento»: un processo o un’operazione intesi ad estrarre materie fissili e fertili dal combustibile esaurito ai fini di un ulteriore uso; 11) «combustibile esaurito»: combustibile nucleare irradiato e successivamente rimosso in modo definitivo dal nocciolo di un reattore; il combustibile esaurito può essere considerato una risorsa utilizzabile da ritrattare o può essere destinato allo smaltimento se considerato rifiuto radioattivo; 12) «gestione del combustibile esaurito»: tutte le attività concernenti la manipolazione, lo stoccaggio, il ritrattamento o lo smaltimento del combustibile esaurito, escluso il trasporto al di fuori del sito; 13) «impianto di gestione del combustibile esaurito»: qualsiasi impianto o struttura il cui scopo principale sia la gestione del combustibile esaurito; 14) «stoccaggio»: il collocamento di combustibile esaurito o di rifiuti radioattivi in un impianto con l’intenzione di recuperarli successivamente. Articolo 4 Principi generali 1. Gli Stati membri istituiscono e mantengono politiche nazionali relative alla gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi. Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 3, ciascuno Stato membro ha la responsabilità ultima riguardo alla gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi generati nel suo territorio. 2. Qualora rifiuti radioattivi o combustibile esaurito siano spediti in uno Stato membro o un paese terzo per il trattamento o il ritrattamento, la responsabilità ultima dello smaltimento sicuro e responsabile di questi stessi materiali, inclusi eventuali rifiuti come sottoprodotti, è dello Stato membro o del paese terzo da cui il materiale radioattivo è stato spedito. 3. Le politiche nazionali sono basate su tutti i seguenti principi: a) la generazione di rifiuti radioattivi è tenuta al minimo ragionevolmente praticabile, tanto in termini di attività quanto di volume, mediante adeguate misure di progettazione e pratiche di esercizio e disattivazione, compresi il riciclaggio e il riutilizzo di materie prime; b) sono tenute in considerazione le interconnessioni tra tutte le fasi della generazione e gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi; c) il combustibile esaurito e i rifiuti radioattivi sono gestiti in sicurezza, anche nel lungo periodo con caratteristiche di sicurezza passiva; d) l’attuazione delle misure segue un approccio calibrato; e) i costi per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi sono sostenuti da coloro che hanno prodotto questi stessi materiali; f) si applica un processo decisionale documentato e basato su prove in relazione a tutte le fasi della gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi. 4. I rifiuti radioattivi sono smaltiti nello Stato membro in cui sono stati generati, a meno che, all’epoca della spedizione, tra lo Stato membro interessato e un altro Stato membro o un paese terzo non sia in vigore un accordo che tiene conto dei criteri stabiliti dalla Commissione conformemente all’articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2006/117/Euratom, per utilizzare un impianto di smaltimento situato in uno di essi. Prima di una spedizione ad un paese terzo, lo Stato membro esportatore informa la Commissione circa il contenuto di tale eventuale accordo e adotta misure ragionevoli volte ad assicurare che: a) il paese di destinazione abbia concluso un accordo con la Comunità in materia di gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi o è parte della convenzione congiunta sulla sicurezza della gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi («convenzione congiunta»); b) il paese di destinazione disponga di programmi per la gestione e lo smaltimento dei rifiuti radioattivi con obiettivi indicativi di un elevato livello di sicurezza, equivalenti a quelli stabiliti dalla presente direttiva; e c) l’impianto di smaltimento nel paese di destinazione sia autorizzato ai fini della spedizione di rifiuti radioattivi, sia operativo prima della spedizione e sia gestito conformemente ai requisiti previsti nei programmi di gestione e smaltimento dei rifiuti radioattivi di tale paese di destinazione. CAPO 2 OBBLIGHI Articolo 5 Quadro nazionale 1. Gli Stati membri istituiscono e mantengono un quadro legislativo, regolamentare e organizzativo nazionale («quadro nazionale») per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi che attribuisce la responsabilità e prevede il coordinamento tra gli organismi statali competenti. Il quadro nazionale comprende tutti gli elementi seguenti: a) un programma nazionale per l’attuazione della politica di gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi; b) un regime nazionale per la sicurezza della gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi. La determinazione delle modalità di adozione di tale regime e dei relativi strumenti di applicazione è di competenza degli Stati membri; c) un sistema di licenze per le attività o gli impianti di gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi o di entrambi che includa il divieto di attività di gestione del combustibile esaurito o dei rifiuti radioattivi o di esercizio di impianti per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi senza una licenza o di entrambi e, se del caso, imponga condizioni per l’ulteriore gestione dell’attività, degli impianti o di entrambi; d) un sistema di adeguati controlli, un sistema di gestione, ispezioni regolamentate, obblighi in materia di documentazione e relazioni per le attività o gli impianti di gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi o di entrambi, incluse adeguate misure per le fasi post-chiusura degli impianti di smaltimento; e) azioni di garanzia dell’esecuzione, comprese la sospensione delle attività e la modifica, scadenza o revoca di una licenza insieme ai requisiti, se del caso, per soluzioni alternative che portino a una sicurezza maggiore; f) la suddivisione delle responsabilità tra gli organismi coinvolti nelle diverse fasi di gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi; in particolare, il quadro nazionale conferisce la responsabilità primaria per il combustibile esaurito e i rifiuti radioattivi ai rispettivi generatori oppure, in circostanze specifiche, al titolare della licenza cui è stata conferita la responsabilità dagli organismi competenti; g) requisiti nazionali per l’informazione e la partecipazione del pubblico; h) il regime o i regimi di finanziamento per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi a norma dell’articolo 9. 2. Gli Stati membri provvedono affinché il quadro nazionale sia migliorato, se del caso, tenendo conto dell’esperienza operativa, delle conoscenze acquisite con il processo decisionale di cui all’articolo 4, paragrafo 3, lettera f), e dello sviluppo della tecnologia e delle ricerche pertinenti. Articolo 6 Autorità di regolamentazione competente 1. Ciascuno Stato membro istituisce e mantiene un’autorità di regolamentazione competente in materia di sicurezza della gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi. 2. Gli Stati membri garantiscono che l’autorità di regolamentazione competente sia funzionalmente separata da ogni altro organismo o organizzazione coinvolti nella promozione o nell’utilizzazione dell’energia nucleare o di materiale radioattivo, compresa la produzione di energia elettrica e le applicazioni dei radioisotopi, o coinvolti nella gestione di combustibile esaurito e rifiuti radioattivi al fine di assicurare l’effettiva indipendenza da influenze indebite sulla sua attività di regolamentazione. 3. Gli Stati membri provvedono affinché l’autorità di regolamentazione competente sia dotata dei poteri giuridici e delle risorse umane e finanziarie necessari per adempiere ai suoi obblighi in relazione al quadro nazionale di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettere b), c), d) ed e). Articolo 7 Titolari di licenze 1. Gli Stati membri provvedono affinché la responsabilità primaria per la sicurezza degli impianti e/o delle attività di gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi resti in capo ai titolari delle licenze. Tale responsabilità non può essere delegata. 2. Gli Stati membri provvedono affinché il quadro nazionale vigente imponga ai titolari delle licenze, sotto il controllo regolamentare dell’autorità di regolamentazione competente, di valutare e verificare periodicamente nonché di migliorare costantemente, nella misura ragionevolmente possibile, la sicurezza dell’impianto o dell’attività di gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile esaurito in modo sistematico e verificabile. Ciò è conseguito tramite un’adeguata valutazione della sicurezza, altre argomentazioni e prove. 3. Nell’ambito della concessione di licenze per un impianto o un’attività, la dimostrazione della sicurezza contempla lo sviluppo e l’esercizio di un’attività e lo sviluppo, l’esercizio e la disattivazione di un impianto o la chiusura di un impianto di smaltimento nonché la fase post-chiusura di un impianto di smaltimento. La portata della dimostrazione della sicurezza è commisurata alla complessità delle operazioni svolte e all’entità dei pericoli associati ai rifiuti radioattivi e al combustibile esaurito, e all’impianto o all’attività. La procedura di concessione di licenze contribuisce alla sicurezza dell’impianto o dell’attività durante le normali condizioni di funzionamento, di fronte a prevedibili inconvenienti nel funzionamento e a incidenti previsti nella progettazione. Essa fornisce la richiesta garanzia di sicurezza nell’impianto o attività. Le misure sono intese alla prevenzione di incidenti e all’attenuazione delle relative conseguenze, compresa la verifica delle barriere fisiche e delle procedure amministrative di protezione adottate dal titolare della licenza il cui mancato funzionamento farebbe sì che gli addetti e la popolazione fossero esposti in modo significativo alle radiazioni ionizzanti. Tale approccio individua e riduce le incertezze. 4. Gli Stati membri provvedono affinché il quadro nazionale imponga ai titolari delle licenze di istituire e attuare sistemi integrati di gestione, inclusa la garanzia di qualità, che attribuiscano alla sicurezza la dovuta priorità per la gestione complessiva del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi e che siano regolarmente controllati dall’autorità di regolamentazione competente. 5. Gli Stati membri provvedono affinché il quadro nazionale imponga ai titolari delle licenze di prevedere e mantenere adeguate risorse finanziarie e umane per adempiere ai loro obblighi, di cui ai paragrafi da 1 a 4, concernenti la sicurezza della gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi. Articolo 8 Esperienza e competenze Gli Stati membri provvedono affinché il quadro nazionale imponga a tutte le parti di prendere misure per l’istruzione e la formazione del personale, nonché di intraprendere attività di ricerca e sviluppo per contemplare le esigenze del programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi al fine di ottenere, mantenere e sviluppare ulteriormente l’esperienza e le competenze necessarie. Articolo 9 Risorse finanziarie Gli Stati membri assicurano che il quadro nazionale esiga la disponibilità al momento opportuno di adeguate risorse finanziarie per l’attuazione dei programmi nazionali di cui all’articolo 11, soprattutto per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, tenendo nel debito conto la responsabilità dei produttori di combustibile esaurito e di rifiuti radioattivi. Articolo 10 Trasparenza 1. Gli Stati membri provvedono affinché le necessarie informazioni sulla gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi siano rese disponibili ai lavoratori e alla popolazione. Sono altresì tenuti a provvedere affinché l’autorità di regolamentazione competente informi il pubblico nei settori di sua competenza. Le informazioni sono rese accessibili al pubblico conformemente alle legislazioni nazionali e agli obblighi internazionali, purché ciò non pregiudichi altri interessi, quali, in particolare, la sicurezza, riconosciuti dalla legislazione nazionale o da obblighi internazionali. 2. Gli Stati membri provvedono affinché la popolazione abbia le necessarie occasioni di effettiva partecipazione ai processi decisionali concernenti la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi conformemente alla legislazione nazionale e agli obblighi internazionali. Articolo 11 Programmi nazionali 1. Ciascuno Stato membro assicura l’attuazione del proprio programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi («programma nazionale»), comprendente tutti i tipi di combustibile esaurito e di rifiuti radioattivi soggetti alla sua giurisdizione e tutte le fasi della gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, dalla generazione allo smaltimento. 2. Ciascuno Stato membro provvede a rivedere e aggiornare periodicamente il proprio programma nazionale, tenendo conto, se del caso, dei progressi scientifici e tecnici nonché delle raccomandazioni, buone prassi e insegnamenti tratti dalle verifiche inter pares. Articolo 12 Contenuto dei programmi nazionali 1. I programmi nazionali illustrano come gli Stati membri intendono attuare le rispettive politiche nazionali di cui all’articolo 4 per la gestione responsabile e sicura del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi al fine di rispettare gli obiettivi della presente direttiva, e includono tutti gli elementi seguenti: a) gli obiettivi generali delle politiche nazionali degli Stati membri riguardanti la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi; b) le tappe più significative e chiari limiti temporali per l’attuazione di tali tappe alla luce degli obiettivi primari del programma nazionale; c) un inventario di tutto il combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi e stime delle quantità future, comprese quelle provenienti da impianti disattivati, in cui si indichi chiaramente l’ubicazione e la quantità dei rifiuti radioattivi e del combustibile esaurito, conformemente all’opportuna classificazione dei rifiuti radioattivi; d) i progetti o piani e soluzioni tecniche per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi dalla generazione fino allo smaltimento; e) i progetti e o piani per la fase post-chiusura della vita di un impianto di smaltimento, compreso il periodo in cui sono mantenuti opportuni controlli e i mezzi da impiegare per conservare la conoscenza riguardo all’impianto nel lungo periodo; f) le attività di ricerca, sviluppo e dimostrazione necessarie al fine di mettere in atto soluzioni per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi; g) la responsabilità per l’attuazione del programma nazionale e gli indicatori chiave di prestazione per monitorare i progressi compiuti per l’attuazione; h) una valutazione dei costi del programma nazionale e delle premesse e ipotesi alla base di tale valutazione, che devono includere un profilo temporale; i) il regime o i regimi di finanziamento in vigore; j) la politica o procedura in materia di trasparenza di cui all’articolo 10; k) eventuali accordi conclusi con uno Stato membro o un paese terzo sulla gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, compreso l’uso di impianti di smaltimento. 2. Il programma nazionale e la politica nazionale possono essere contenuti in un unico documento o in una serie di documenti. Articolo 13 Notifica 1. Gli Stati membri informano la Commissione dei loro programmi nazionali e di ogni successiva modifica significativa. 2. Entro sei mesi dalla data di notifica, la Commissione può richiedere chiarimenti e/o esprimere il suo parere sulla conformità del contenuto del programma nazionale all’articolo 12. 3. Entro sei mesi a decorrere dal ricevimento della reazione della Commissione, gli Stati membri forniscono i chiarimenti richiesti e/o informano la Commissione di un’eventuale revisione dei programmi nazionali. 4. Nel decidere in merito a provvedimenti comunitari di finanziamento o assistenza tecnica per impianti o attività di gestione di combustibile esaurito e rifiuti radioattivi, la Commissione tiene conto dei chiarimenti degli Stati membri e dei progressi compiuti nell’ambito dei programmi nazionali. Articolo 14 Relazione 1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione una relazione sull’attuazione della presente direttiva per la prima volta entro il 23 agosto 2015, e successivamente ogni tre anni, approfittando dei riesami e delle relazioni previsti dalla convenzione congiunta. 2. In base alle relazioni degli Stati membri, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio: a) una relazione sui progressi realizzati nell’attuazione della presente direttiva; e b) un inventario dei rifiuti radioattivi e del combustibile esaurito presenti sul territorio comunitario, nonché le prospettive per il futuro. 3. Gli Stati membri organizzano periodicamente, almeno ogni dieci anni, autovalutazioni del loro quadro nazionale, dell’autorità di regolamentazione competente, del programma nazionale e della sua attuazione, e invitano una verifica inter pares internazionale del loro quadro nazionale, dell’autorità di regolamentazione competente e/o del programma nazionale al fine di garantire che siano raggiunti elevati standard di sicurezza nella gestione sicura del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi. I risultati delle verifiche inter pares sono trasmessi alla Commissione e agli altri Stati membri e possono essere resi accessibili al pubblico qualora non confliggano con le informazioni proprietarie e di sicurezza. CAPO 3 DISPOSIZIONI FINALI Articolo 15 Recepimento 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 23 agosto 2013. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli obblighi di recepimento e attuazione delle disposizioni relative al combustibile esaurito contenute nella presente direttiva non si applicano a Cipro, Danimarca, Estonia, Irlanda, Lettonia, Lussemburgo e Malta finché tali paesi non decideranno di sviluppare una qualsiasi attività collegata al combustibile nucleare. 3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva, nonché ogni loro successiva modificazione ed integrazione. 4. Gli Stati membri trasmettono per la prima volta alla Commissione il contenuto del loro programma nazionale riguardante tutte le voci di cui all’articolo 12 al più presto e comunque non oltre il 23 agosto 2015. Articolo 16 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 17 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 19 luglio 2011. Per il Consiglio Il presidente M. SAWICKI (1) Parere del 4 maggio 2011 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Parere del 23 giugno 2011 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (3) GU L 159 del 29.6.1996, pag. 1. (4) Cause C-187/87 (Raccolta 1988, pag. 5013) e C-29/99 (Raccolta 2002, pag. I-11221). (5) GU L 371 del 30.12.1987, pag. 76. (6) GU L 357 del 7.12.1989, pag. 31. (7) GU L 346 del 31.12.2003, pag. 57. (8) GU L 102 dell’11.4.2006, pag. 15. (9) GU L 337 del 5.12.2006, pag. 21. (10) GU L 338 del 17.12.2008, pag. 69. (11) GU L 172 del 2.7.2009, pag. 18. (12) GU L 156 del 25.6.2003, pag. 17. (13) GU L 197 del 21.7.2001, pag. 30. (14) GU L 330 del 28.11.2006, pag. 31. (15) GU L 195 del 17.7.2007, pag. 44.
Rifiuti radioattivi e combustibile esaurito: le regole di sicurezza Direttiva 2011/70: gestione sicura delle scorie nucleari ATTO Direttiva 2011/70/Euratom del Consiglio, del 19 luglio 2011, che istituisce un quadro comunitario per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi SINTESI CHE COSA FA LA DIRETTIVA? Essa stabilisce: — i principi che devono fungere da guida per le politiche nazionali sui rifiuti radioattivi e il combustibile esaurito derivante da attività nucleari civili; — l’ambito di applicazione dei quadri legislativi, regolamentari e organizzativi nazionali; — le norme relative allo smaltimento. PUNTI CHIAVE La direttiva richiede ai paesi dell’Unione europea (UE) di adottare politiche nazionali sui rifiuti radioattivi e sul combustibile esaurito basate sui seguenti principi: — le quantità generate devono essere mantenute a livelli minimi; — tutte le fasi della generazione e della gestione sono interconnesse; — la sicurezza costituisce una priorità; — i generatori devono sostenere l’intero costo di tutti i requisiti di sicurezza; — tutti i processi decisionali devono essere documentati. Ciascun paese dell’UE è responsabile per la gestione dei propri rifiuti radioattivi e del proprio carburante esaurito. Per questi materiali, ciascun paese deve attuare un quadro legislativo, regolamentare e organizzativo nazionale che includa: — un programma di gestione nazionale; — misure di gestione di sicurezza; — un sistema di licenze per tutte le attività di gestione; — misure atte ad applicare i requisiti di sicurezza; — responsabilità assegnate per le varie fasi della gestione; — l’informazione e la partecipazione della popolazione; — finanziamenti adeguati. Programma di gestione nazionale Deve includere informazioni dettagliate su: — gli obiettivi generali della politica con chiari limiti temporali; — un inventario del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi con le stime delle quantità future; — piani per la fase post-chiusura di un impianto di smaltimento; — le responsabilità assegnate per l’attuazione del programma; — la valutazione dei costi legati all’attuazione di un programma nazionale; — programmi di finanziamento; — accordi conclusi con altri paesi (interni o esterni all’UE); — una politica di informazione trasparente. Autorità di regolamentazione Deve operare separatamente da produttori e promotori di materiale radioattivo ed energia nucleare. Sistema di licenze Le aziende che gestiscono rifiuti nucleari devono richiedere una licenza che li autorizzi a farlo e che conferisce loro la responsabilità primaria relativa alla gestione sicura di tali materiali. Per ottenere la licenza, l’azienda deve dimostrare di essere in grado di: — avviare, far funzionare e disattivare un impianto nucleare; — garantire la sicurezza della fase post-chiusura di un impianto. Controlli periodici Ogni 10 anni ciascun paese deve organizzare delle autovalutazioni e una verifica internazionale inter-pares del quadro nazionale, dell’autorità di regolamentazione e/o del programma nazionale, per garantire la conformità agli elevati standard di sicurezza. Smaltimento I rifiuti radioattivi devono essere smaltiti nel paese in cui sono stati generati, salvo che esistano accordi con altri paesi. Qualora i rifiuti vengano spediti a un paese esterno all’UE, la responsabilità in materia di sicurezza sarà del paese UE che ha generato i rifiuti. Tale paese deve accertarsi che il paese che riceve i rifiuti: — abbia firmato un accordo con l’UE relativo alla corretta gestione dei rifiuti radioattivi/del combustibile esaurito; — abbia avviato programmi di gestione e smaltimento conformi alle norme di sicurezza della direttiva; — possa contare su impianti già funzionanti prima che il materiale venga spedito. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? A partire dal 22 agosto 2011. CONTESTO — Rifiuti radioattivi e combustibile esaurito: le regole dell’UE RIFERIMENTO Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Direttiva 2011/70/Euratom 22.8.2011 23.8.2013 GU L 199 del 2.8.2011, pagg. 48-56
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Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e gli Stati Uniti messicani Gazzetta ufficiale n. L 290 del 04/11/2005 pag. 0017 - 0024 Accordodi cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e gli Stati Uniti messicaniLA COMUNITÀ EUROPEA, in appresso denominata "la Comunità",da una parte, eGLI STATI UNITI MESSICANI, in appresso denominati "il Messico",dall’altra,in appresso denominate "le parti",CONSIDERANDO l’accordo di partenariato economico, coordinamento politico e cooperazione tra gli Stati Uniti messicani, da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall’altra, dell’ 8 dicembre 1997;CONSIDERANDO l’importanza che rivestono la scienza e la tecnologia per il loro sviluppo economico e sociale;CONSIDERANDO l’attuale cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità e il Messico;CONSIDERANDO che la Comunità e il Messico stanno attualmente svolgendo attività di ricerca e sviluppo tecnologico comprendenti i progetti definiti all’articolo 2, lettera e), in settori di interesse comune e che le parti possono trarre reciproco vantaggio dalla partecipazione di ciascuna di esse alle attività di ricerca e sviluppo dell’altra parte in condizioni di reciprocità;DESIDEROSI di istituire una solida base di cooperazione nel campo della ricerca scientifica e tecnologica per ampliare e rafforzare lo svolgimento di attività di cooperazione in settori di interesse comune e promuovere l’applicazione dei risultati di tale cooperazione a vantaggio dello sviluppo economico e sociale di entrambe le parti;CONSIDERANDO che il presente accordo di cooperazione scientifica e tecnologica rientra nel quadro della cooperazione generale tra il Messico e la Comunità,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1ObiettivoLe parti promuovono, sviluppano e agevolano la cooperazione nelle attività di ricerca e sviluppo in settori scientifici e tecnologici di interesse comune tra la Comunità e il Messico.Articolo 2DefinizioniAi fini del presente accordo si intende per:a) "attività di cooperazione", ogni attività che le parti intraprendono o finanziano nel quadro del presente accordo, compresa la ricerca comune e la formazione di risorse umane;b) "informazioni", dati scientifici o tecnici, risultati o metodi di ricerca e sviluppo frutto delle ricerche comuni e altri dati ritenuti necessari per le attività di cooperazione dai partecipanti e, eventualmente, dalle parti stesse;c) "proprietà intellettuale", la definizione di cui all’articolo 2 della convenzione che istituisce l’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, firmata a Stoccolma il 14 luglio 1967;d) "ricerca comune", progetti di ricerca, di sviluppo tecnologico e/o di dimostrazione condotti con o senza il sostegno finanziario di una o di entrambe le parti e che comportano la collaborazione tra partecipanti della Comunità e del Messico;e) "progetti di dimostrazione", progetti intesi a dimostrare la sostenibilità di nuove tecnologie che presentano un potenziale interesse economico ma che non possono essere commercializzate senza uno studio di sostenibilità sul mercato. Le parti si tengono reciprocamente e regolarmente informate in merito alle rispettive attività considerate attività di ricerca comune ai sensi dell’articolo 6 "Coordinamento e facilitazione delle attività di cooperazione";f) "partecipante" o "organismo di ricerca", ogni persona fisica o soggetto giuridico, istituto di ricerca o altro soggetto giuridico o impresa, avente sede nella Comunità o in Messico, che partecipi ad attività di cooperazione, incluse le parti stesse.Articolo 3PrincipiLe attività di cooperazione si svolgono sulla base dei seguenti principi:a) beneficio reciproco fondato su una ripartizione equilibrata dei vantaggi;b) accesso reciproco alle attività di ricerca e sviluppo tecnologico intraprese da ciascuna parte;c) scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sulle attività di cooperazione;d) nel quadro delle leggi e dei regolamenti applicabili, tutela adeguata della proprietà intellettuale ed equa ripartizione dei diritti di proprietà intellettuale, conformemente alle disposizioni dell’allegato sui diritti di proprietà intellettuale che forma parte integrante del presente accordo.Articolo 4Ambito delle attività di cooperazionea) La cooperazione ai sensi del presente accordo può vertere su tutte le attività di ricerca, sviluppo tecnologico, dimostrazione e formazione scientifica e tecnologica di alto livello, in appresso denominate "RST", comprese nel programma quadro di RST della Comunità europea, compresa la ricerca fondamentale. Le summenzionate attività devono mirare a promuovere il progresso scientifico, la competitività industriale e lo sviluppo economico e sociale, in particolare nei seguenti settori:- ambiente e clima, inclusa l’osservazione della Terra,- biomedicina e salute,- agricoltura, silvicoltura e pesca,- tecnologie industriali e produttive,- elettronica, materiali e metrologia,- energia non nucleare,- trasporti,- tecnologie della società dell’informazione,- sviluppo economico e sociale,- biotecnologie,- aeronautica, ricerca spaziale e applicata,- politiche scientifiche e tecnologiche.b) A questo elenco possono essere aggiunti altri settori di cooperazione previa disamina e raccomandazione del comitato misto di cui all’articolo 6, lettera c), punto 7, conformemente alle procedure vigenti in ciascuna parte e alle attività di RST analoghe condotte in Messico nei settori corrispondenti.Il presente accordo lascia impregiudicata la partecipazione del Messico, in quanto paese in via di sviluppo, alle attività della Comunità nel campo della ricerca ai fini dello sviluppo.Articolo 5Forma delle attività di cooperazionea) Le parti incoraggiano la partecipazione degli istituti di istruzione superiore, dei centri di ricerca e sviluppo e degli organismi di ricerca e sviluppo alle attività di cooperazione previste dal presente accordo, nell’osservanza delle rispettive politiche e normative interne, per offrire opportunità di partecipazione alle rispettive attività di ricerca scientifica e di sviluppo tecnologico.b) Le attività di cooperazione possono assumere le seguenti forme:- costituzione di reti ed alleanze istituzionali di lunga durata tra centri di ricerca e istituti tecnologici e di ricerca e attuazione di progetti di interesse comune,- attuazione di progetti di RST tra centri di ricerca e imprese in Messico e in Europa, coinvolgendo anche imprese del settore tecnologico,- partecipazione di istituti di ricerca messicani a progetti di RST nell’ambito del programma quadro e reciproca partecipazione di istituti di ricerca aventi sede nella Comunità a progetti messicani intrapresi in settori analoghi di RST. Tale partecipazione è soggetta alle norme e alle procedure applicabili in ciascuna parte,- visite e scambi di scienziati, responsabili delle politiche di RST ed esperti tecnici, tra cui addetti alla formazione scientifica attraverso la ricerca,- organizzazione congiunta di seminari, conferenze, simposi e workshop scientifici e partecipazione di esperti a tali attività,- scambio e condivisione di apparecchiature e materiale, in particolare uso e/o prestito di infrastrutture ed attrezzature di laboratorio,- scambio di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi attinenti alla cooperazione prevista dal presente accordo, scambi di esperienze e studi sulle migliori pratiche in materia di politica scientifica e tecnologica,- altre forme di cooperazione raccomandate dal comitato direttivo di cui all’articolo 6, lettera b), e ritenute conformi alle politiche e procedure applicabili in entrambe le parti.I progetti congiunti di RST vengono attuati solo una volta che i partecipanti hanno elaborato un piano di gestione della tecnologia, secondo quanto indicato nell’allegato del presente accordo.Articolo 6Coordinamento ed agevolazione delle attività di cooperazionea) Ai fini del presente accordo le parti designano le seguenti autorità che, in qualità di agenti esecutivi, provvedono al coordinamento e all’agevolazione delle attività di cooperazione: per conto degli Stati Uniti messicani, il Consejo Nacional de Ciencia y Tecnología (Consiglio nazionale della Scienza e della Tecnologia) e, per conto della Comunità, i rappresentanti della Commissione europea.b) Gli agenti esecutivi cofirmatari dell’accordo istituiscono un comitato direttivo per la cooperazione nella RST (in seguito denominato "comitato direttivo") a cui è affidata la gestione del presente accordo. Il comitato direttivo è formato da un pari numero di rappresentanti ufficiali di ciascuna parte; esso adotta il proprio regolamento interno.c) Il comitato direttivo svolge, tra l’altro, le seguenti funzioni:1) promuove e controlla le varie attività di cooperazione menzionate all’articolo 4 nonché le attività che potrebbero essere intraprese nel quadro della cooperazione in materia di RST ai fini dello sviluppo e le attività che potrebbero, in futuro, essere intraprese in altri settori;2) indica tra i possibili settori di cooperazione ai sensi dell’articolo 5, lettera b), primo trattino, quali sono i settori e i sottosettori prioritari di reciproco interesse in cui è opportuno cooperare;3) promuove, ai sensi dell’articolo 5, lettera b), secondo trattino, in collaborazione con le comunità scientifiche delle due parti, l’individuazione dei progetti che potrebbero risultare reciprocamente vantaggiosi, complementari e/o prioritari;4) formula raccomandazioni ai sensi dell’articolo 5, lettera b), quinto trattino;5) consiglia alle parti metodi per valorizzare e rafforzare la cooperazione e la diffusione dei suoi risultati, conformi ai principi stabiliti dal presente accordo;6) sorveglia e verifica l’efficacia dell’applicazione e del funzionamento del presente accordo;7) presenta ogni anno alle parti una relazione sulla situazione, sui risultati e sull’efficacia della cooperazione intrapresa nel quadro del presente accordo. La relazione è trasmessa al comitato misto istituito nell’ambito dell’accordo di associazione dell’ 8 dicembre 1997.d) Il comitato direttivo si riunisce di norma una volta l’anno, preferibilmente prima della riunione del comitato misto istituito dall’accordo di associazione, secondo un calendario concordato precedentemente. Il comitato riferisce al comitato misto e si riunisce alternativamente nella Comunità e in Messico. Su richiesta di una delle parti possono essere convocate riunioni straordinarie.e) Le parti si fanno carico delle spese sostenute dai rispettivi rappresentanti alle riunioni del comitato direttivo. Le spese che esulano dalle spese di viaggio e soggiorno, direttamente legate alle riunioni del comitato direttivo, sono sostenute dalla parte ospitante.Articolo 7Disposizioni finanziariea) Le attività di cooperazione sono subordinate alla disponibilità di fondi nonché alle disposizioni legislative e regolamentari, alle politiche e ai programmi di ciascuna parte. Le spese sostenute dai partecipanti alle attività di cooperazione non danno luogo, in linea di principio, ad un trasferimento di fondi tra le parti.b) Laddove i programmi di cooperazione di una parte prevedano la concessione di aiuti finanziari ai partecipanti dell’altra parte, tali sovvenzioni, contributi finanziari o simili beneficiano di esenzioni fiscali e doganali conformemente alle disposizioni legislative e regolamentari applicabili in ciascuna parte.Articolo 8Circolazione di personale ed apparecchiatureCiascuna parte prende tutte le misure del caso e concede le agevolazioni necessarie perché partecipanti ufficialmente impegnati nelle attività di cooperazione previste dal presente accordo possano entrare, uscire e soggiornare nel proprio territorio. Ciascuna parte si adopera inoltre per garantire che materiali, dati e apparecchiature utilizzati per le attività previste dal presente accordo beneficino, nel paese ospitante, delle necessarie facilitazioni dal punto di vista delle vigenti disposizioni di immigrazione, fiscali, doganali, sanitarie e di sicurezza.Articolo 9Divulgazione ed uso delle informazioniPer quanto riguarda la proprietà, la divulgazione e l’uso delle informazioni nonché la proprietà intellettuale derivante dalla partecipazione a progetti comunitari di RST, gli organismi di ricerca aventi sede in Messico che partecipano a progetti comunitari di RST sono tenuti ad osservare le norme sulla divulgazione dei risultati della ricerca derivanti da programmi specifici comunitari di RST e le disposizioni dell’allegato del presente accordo. Gli organismi di ricerca aventi sede nella Comunità che partecipano a progetti di RST messicani hanno, per quanto riguarda la proprietà, la divulgazione e l’uso delle informazioni nonché la proprietà intellettuale generata da tale partecipazione, gli stessi diritti ed obblighi degli organismi di ricerca messicani e sono soggetti alle disposizioni dell’allegato del presente accordo.Articolo 10Efficacia territorialeIl presente accordo si applica, da un lato, ai territori in cui vige il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni ivi previste, e dall’altro lato, al territorio del Messico.Articolo 11Entrata in vigore, denuncia e composizione delle controversiea) Il presente accordo entra in vigore alla data dell’ultima comunicazione con la quale ciascuna parte notifica per iscritto all’altra parte l’avvenuto espletamento delle rispettive procedure interne necessarie.b) Il presente accordo è concluso per un periodo iniziale di cinque anni e può essere tacitamente prorogato di quinquennio in quinquennio previa valutazione, basata sui risultati conseguiti, effettuata dalle parti nel corso del penultimo anno di ogni quinquennio.c) Le parti possono concordare modifiche al presente accordo. Tali modifiche entrano in vigore secondo le modalità di cui alla lettera a).d) Il presente accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da ciascuna delle parti con preavviso scritto di sei mesi inoltrato per via diplomatica. La cessazione o denuncia del presente accordo non pregiudica la validità e la durata di eventuali disposizioni concordate nel quadro dello stesso, né i diritti e gli obblighi specifici disciplinati dall’allegato del presente accordo.e) Tutte le questioni o controversie relative all’interpretazione o all’applicazione del presente accordo sono risolte consensualmente tra le parti.IN FEDE DI CHE, i plenipotenziari sottoscritti hanno apposto le loro firme in calce al presente accordo.Fatto a Bruxelles il tre febbraio duemilaquattro, in duplice copia, nelle lingue danese, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese e tedesca, ciascun testo facente ugualmente fede. In caso di interpretazioni divergenti tra le lingue, prevale il testo in lingua inglese.Por la Comunidad EuropeaFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftΓια την Ευρωπαϊκή ΚοινότηταFor the European CommunityPour la Communauté européennePer la Comunità europeaVoor de Europese GemeenschapPela Comunidade EuropeiaEuroopan yhteisön puolestaPå Europeiska gemenskapens vägnar+++++ TIFF ++++++++++ TIFF +++++Por los Estados Unidos MexicanosFor De Forenede Mexicanske StaterFür die Vereinigten Mexikanischen StaatenΓια τις Ηνωμένες Πολιτείες του ΜεξικούFor the United Mexican StatesPour les États-Unis mexicainsPer gli Stati Uniti messicaniVoor de Verenigde Mexicaanse StatenPelos Estados Unidos MexicanosMeksikon yhdysvaltojen puolestaFör Mexikos förenta stater+++++ TIFF +++++--------------------------------------------------ALLEGATODIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALEIl presente allegato costituisce parte integrante dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e gli Stati Uniti messicani, in appresso denominato "l’accordo".I diritti di proprietà intellettuale sorti o ceduti in virtù dell’accordo sono attribuiti secondo le disposizioni del presente allegato.I. APPLICAZIONEIl presente allegato si applica alla ricerca comune condotta ai sensi dell’accordo, salvo se diversamente convenuto tra le parti.II. PROPRIETÁ, ATTRIBUZIONE ED ESERCIZIO DEI DIRITTI1. Il presente allegato disciplina l’attribuzione dei diritti e degli interessi alle parti e ai loro partecipanti. Ciascuna parte e i suoi partecipanti provvedono affinché l’altra parte e i suoi partecipanti ottengano i diritti di proprietà intellettuale loro spettanti a norma del presente allegato. Il presente allegato lascia impregiudicate e non modifica altrimenti la ripartizione di diritti, interessi e royalties tra una parte e i suoi cittadini o partecipanti e le regole sulla diffusione e l’uso delle informazioni, che sono stabilite dalle leggi e dalle pratiche di ciascuna parte.2. Le parti si attengono inoltre ai seguenti principi, rispecchiati nelle disposizioni dei contratti conclusi in base all’accordo:a) protezione effettiva della proprietà intellettuale. Le parti e/o i rispettivi partecipanti si impegnano a comunicarsi reciprocamente, entro un termine ragionevole, qualsiasi proprietà intellettuale generata nell’ambito dell’accordo o delle sue disposizioni di attuazione e a provvedere in tempo opportuno alla protezione di tale proprietà intellettuale;b) valorizzazione effettiva dei risultati, tenendo conto dei contributi delle parti e dei loro partecipanti nonché delle disposizioni dell’articolo 9 dell’accordo;c) trattamento non discriminatorio dei partecipanti dell’altra parte rispetto al trattamento riservato ai propri partecipanti, fatto salvo l’articolo 9 dell’accordo;d) protezione delle informazioni commerciali riservate.3. Le parti o i partecipanti elaborano congiuntamente un piano di gestione della tecnologia (Technology Management Plan — TMP) riguardante la titolarità e l’uso, inclusa la pubblicazione, delle informazioni e delle invenzioni od opere oggetto di proprietà intellettuale che dovessero essere create nell’ambito della ricerca comune. Prima della stipulazione dei corrispondenti contratti specifici di cooperazione nelle attività di ricerca e sviluppo con gli istituti di ricerca, il piano di gestione della tecnologia è approvato dall’organismo finanziatore o dall’organismo competente per il finanziamento delle attività tecnologiche dopo aver acquisito il parere del comitato direttivo. Il piano di gestione della tecnologia è elaborato, nell’osservanza della normativa in vigore in ciascuna parte, tenendo conto delle finalità della ricerca comune, del contributo finanziario o di altra natura delle parti e dei partecipanti, della convenienza o meno di istituire un regime di licenze territoriali o per campi di utilizzazione, del trasferimento di dati, beni o servizi la cui esportazione è controllata, degli obblighi imposti dalle leggi applicabili e di ogni altro elemento che i partecipanti ritengano rilevante. I piani congiunti di gestione della tecnologia definiscono inoltre i diritti e gli obblighi in materia di proprietà intellettuale in relazione alle ricerche condotte da ricercatori in visita.Con riferimento alla proprietà intellettuale, il piano di gestione della tecnologia disciplina, tra l’altro, i seguenti aspetti: titolarità, protezione, diritti di utilizzazione a fini di ricerca e sviluppo, sfruttamento e diffusione, inclusa la pubblicazione in comune, diritti e obblighi dei ricercatori in visita e procedure di risoluzione delle controversie. Il piano di gestione della tecnologia può inoltre definire il regime applicabile alle informazioni generali e specifiche, alle licenze e ai risultati concreti della cooperazione.4. Le informazioni o la proprietà intellettuale create nel corso della ricerca comune e non disciplinate dal piano di gestione della tecnologia sono attribuite, previa approvazione delle parti, secondo i principi stabiliti dal piano medesimo. In caso di disaccordo, la titolarità di tali informazioni o diritti spetta congiuntamente a tutti i partecipanti alla ricerca comune che ha dato origine a suddette informazioni o diritti. Ciascun partecipante cui si applica la presente disposizione ha il diritto di usare tali informazioni o proprietà intellettuale a fini di sfruttamento commerciale senza limiti geografici.5. Ciascuna parte provvede affinché siano attribuiti all’altra parte ed ai partecipanti di questa i diritti di proprietà intellettuale loro spettanti in virtù dei presenti principi.6. Pur mantenendo le condizioni di concorrenza nei settori oggetto dell’accordo, ciascuna parte si adopera per garantire che i diritti acquisiti in virtù dell’accordo medesimo o delle disposizioni prese nel suo ambito siano esercitati in modo tale da promuovere in particolare:i) la diffusione e l’uso delle informazioni prodotte, divulgate o altrimenti rese disponibili ai sensi dell’accordo; eii) l’adozione e l’applicazione di norme internazionali.7. Il recesso dall’accordo o la sua cessazione lasciano impregiudicati i diritti e gli obblighi attribuiti ai partecipanti a norma del presente allegato.III. OPERE TUTELATE DAL DIRITTO D’AUTORE E LETTERATURA SCIENTIFICAAi diritti d’autore spettanti alle parti o ai partecipanti si applica un trattamento conforme alle norme della convenzione di Berna (atto di Parigi del 1971). I diritti d’autore non hanno per oggetto le idee, le procedure, i metodi di funzionamento e i concetti matematici in quanto tali, bensì la loro espressione. Limitazioni o deroghe ai diritti esclusivi sono ammesse solo in casi specifici e non possono impedire il normale sfruttamento dei risultati né pregiudicare indebitamente i legittimi interessi del titolare del diritto.Fatto salvo quanto previsto nella sezione II, e salvo se altrimenti convenuto nel piano di gestione della tecnologia, i risultati della ricerca comune sono pubblicati in comune dalle parti o dai partecipanti. Fatta salva la regola generale di cui sopra si applicano le procedure descritte di seguito.1. In caso di pubblicazione ad opera di una parte o di un suo organismo pubblico di opere quali riviste, articoli, relazioni e libri, inclusi video e software, di natura scientifica e tecnica che siano frutto della ricerca comune svolta ai sensi dell’accordo, l’altra parte ha diritto a una licenza non esclusiva, irrevocabile, gratuita e valida per tutti i paesi, per la traduzione, la riproduzione, l’adattamento, la trasmissione e la distribuzione pubblica di tali opere.2. Le parti si adoperano affinché sia data la massima diffusione possibile alle opere di letteratura scientifica frutto della ricerca comune svolta ai sensi dell’accordo e pubblicate da editori indipendenti.3. Ogni riproduzione destinata al pubblico di un’opera tutelata da diritto d’autore prodotta a norma delle presenti disposizioni deve indicare i nomi degli autori, salvo se un autore chieda di non essere citato. Ogni copia deve inoltre recare chiara e visibile menzione del contributo delle parti in termini di cooperazione.IV. INVENZIONI, SCOPERTE ED ALTRI RISULTATI SCIENTIFICI E TECNOLOGICILe invenzioni, le scoperte e gli altri risultati scientifici e tecnologici derivanti da attività di cooperazione tra le parti sono di proprietà di queste ultime salvo se diversamente convenuto tra le stesse.V. INFORMAZIONI RISERVATEA. Informazioni riservate di carattere documentale1. Ciascuna parte o, se del caso, gli organismi ad essa facenti capo o i suoi partecipanti, indica quanto prima, preferibilmente nel piano di gestione della tecnologia, le informazioni che intende mantenere riservate con riferimento all’accordo sulla base, tra l’altro, dei seguenti criteri:a) segretezza delle informazioni, nel senso che non deve trattarsi di informazioni già note o conoscibili con mezzi leciti da esperti del settore nella loro integralità o nell’esatta configurazione o insieme degli elementi che le compongono;b) valore commerciale effettivo o potenziale delle informazioni a causa della loro segretezza;c) protezione precedente delle informazioni, nel senso che il legittimo detentore deve aver posto in essere le precauzioni richieste dalle circostanze per mantenerne la segretezza.Le parti e i loro partecipanti possono in taluni casi convenire che, salvo diversa indicazione, tutte o parte delle informazioni fornite, scambiate o prodotte nel corso di una ricerca comune condotta ai sensi dell’accordo siano riservate.2. Ciascuna parte provvede affinché le informazioni riservate siano chiaramente identificate, ad esempio mediante apposita marcatura o una menzione restrittiva. Ciò vale anche per le riproduzioni, integrali o parziali, di dette informazioni.La parte che riceva informazioni riservate ai sensi dell’accordo è tenuta a rispettarne la riservatezza. Tale obbligo cessa automaticamente quando le informazioni sono rese di pubblico dominio dal titolare.3. Le informazioni riservate, comunicate ai sensi del presente accordo, possono essere rivelate dalla parte ricevente a persone ad essa collegate o impiegate alle sue dipendenze nonché ad altri suoi organismi interessati ai fini specifici della ricerca comune in corso, a condizione che la diffusione sia subordinata a un accordo scritto sulla riservatezza e che le informazioni riservate siano immediatamente riconoscibili conformemente al disposto di cui sopra.4. Previo consenso scritto della parte che fornisce le informazioni riservate, la parte che riceve dette informazioni può divulgarle in maniera più ampia di quanto consentito ai sensi del paragrafo 3. Le parti collaborano al fine di elaborare procedure per la richiesta ed il rilascio del consenso scritto preliminare a una più ampia diffusione delle informazioni; ciascuna parte si impegna a dare il proprio consenso nei limiti delle politiche, della regolamentazione e della legislazione nazionali.B. Informazioni riservate di carattere non documentaleAlle informazioni riservate di carattere non documentale e ad ogni altra informazione riservata fornita nel corso di seminari o altre riunioni indette ai sensi del presente accordo, nonché alle informazioni apprese attraverso il personale distaccato, l’uso di strutture o l’esecuzione di progetti comuni, le parti ed i loro partecipanti applicano i principi previsti dal presente accordo per le informazioni documentali, a condizione che, nel momento in cui esse vengono comunicate, i soggetti che ricevono tali informazioni riservate siano già stati informati del loro carattere riservato.C. ControlloCiascuna parte si impegna a controllare l’osservanza delle disposizioni dell’accordo per quanto riguarda l’obbligo di riservatezza. Se una delle parti si rende conto di non essere in grado di rispettare le disposizioni sull’obbligo di riservatezza contenute nelle sezioni A e B, o di non essere presumibilmente in grado di farlo in futuro, ne informa immediatamente l’altra parte. Le parti si consultano quindi per definire le linee di condotta da seguire.--------------------------------------------------
Cooperazione scientifica e tecnologica tra Unione Europea e Messico QUAL È L’OBIETTIVO DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE? L’accordo stabilisce un quadro formale per la cooperazione tra la Comunità europea, oggi Unione Europea (Unione), e Messico, mirando al supporto, allo sviluppo e all’agevolazione della ricerca cooperativa e attività di sviluppo nei settori della scienza e della tecnologia di interesse comune. Con decisione, il Consiglio dell’Unione Europea approvò la conclusione dell’accordo a nome della Comunità europea. PUNTI CHIAVE Le attività svolte secondo l’accordo sono basate su un serie di principi:vantaggio reciproco; opportunità reciproche; scambio tempestivo delle informazioni; tutela adeguata della proprietà intellettuale ed equa ripartizione dei diritti di proprietà intellettuale.Settori di cooperazione Le attività cooperative devono essere dirette verso la promozione del progresso scientifico, competitività industriale e sviluppo socio-economico, in particolare nei seguenti settori:ricerca sull’ ambiente e clima, inclusa l’osservazione della Terra; biomedicina e salute; agricoltura, silvicoltura e pesca; tecnologie industriali e produttive; elettronica, materiali e metrologia; energia non nucleare; il trasporto; tecnologie della società dell’informazione; ricerca sullo sviluppo economico e sociale; biotecnologie; aeronautica, ricerca spaziale e applicata; e politiche scientifiche e tecnologiche.Attività Le attività di cooperazione possono includere:la creazione di reti e alleanze istituzionali a lungo termine tra centri di ricerche e istituti di ricerca e tecnologia, e l’implementazione congiunta di progetti con interessi comuni; la implementazione di ricerca, lo sviluppo tecnologico e progetti dimostrativi tra centri di ricerca ed economici in Messico e in Europa, incluse le compagnie basate sulla tecnologia; la partecipazione di istituti di ricerca messicana nella ricerca, nello sviluppo tecnologico e progetti di dimostrazione secondo il quadro programma esistente stabiliti nei progetti dell’Unione e Messico. visite e cambi di scienziati, ricerche, sviluppo tecnologico e responsabili delle decisioni politiche, esperti tecnici, incluso formazione scientifica attraverso la ricerca; la congiunta organizzazione dei seminari scientifici, conferenze, laboratori e convegni, la partecipazione di esperti in queste attività; lo scambio e la condivisione di materiali e attrezzatura, incluso l’uso condiviso e/o il prestito di laboratori infrastrutture e attrezzatura; lo scambio di informazioni sulle procedure, leggi, norme e programmi relative alla cooperazione secondo questo accordo; lo scambio di esperienza e studi sulle migliori pratiche nelle politiche scientifiche e tecnologiche. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 13 giugno 2005 per un periodo iniziale di 5 anni e potrebbe essere rinnovato tacitamente dopo una completa valutazione, basata sui risultati, durante il penultimo anno del quinto periodo successivo. È stato rinnovato tacitamento recentemente nel 2020 per un periodo addizionale di 5 anni. CONTESTO L’accordo forma una parte di relazioni bilaterali vaste, tra l’Unione e il Messico le quali sono governate dall’ Accordo di cooperazione, partenariato economico e coordinamento politico (anche conosciuto come l’Accordo globale) Per ulteriori informazioni, si veda:Unione Europea e Messico (Servizio europeo per l’azione esterna)Per ulteriori informazioni sulla cooperazione di ricerca e innovazione con il Messico, vedi:Messico (Commissione europea) DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e gli Stati Uniti messicani (GU L 290 del 4.11.2005, pag. 17). Decisione 2005/766/CE del Consiglio del 13 giugno 2005 — Conclusione dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e gli Stati Uniti messicani (GU L 290 del 4.11.2005 pag. 16). DOCUMENTI CORRELATI Accordo di cooperazione, partenariato economico e coordinamento tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e Stati Uniti messicani, dall’altra parte (GU L 276 del 28.10.2000, pag 45). Le successive modifiche all’accordo sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
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REGOLAMENTO (UE) 2019/1784 DELLA COMMISSIONE dell’1 ottobre 2019 che stabilisce specifiche per la progettazione ecocompatibile delle apparecchiature di saldatura conformemente alla direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (Testo rilevante ai fini del SEE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto l’articolo 114 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, vista la direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativa all’istituzione di un quadro per l’elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia (1), in particolare l’articolo 15, paragrafo 1, considerando quanto segue: (1) Ai sensi della direttiva 2009/125/CE la Commissione dovrebbe fissare specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia che rappresentano un significativo volume di vendite e di scambi commerciali nell’Unione, che hanno un significativo impatto ambientale e che possiedono notevoli potenzialità di miglioramento in termini di riduzione dell’impatto ambientale per effetto della modifica della loro progettazione senza che ciò comporti costi eccessivi. (2) La comunicazione COM (2016) 773 final (2) della Commissione (piano di lavoro sulla progettazione ecocompatibile), adottata dalla Commissione in applicazione dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2009/125/CE, stabilisce le priorità di lavoro nell’ambito del quadro sulla progettazione ecocompatibile e sull’etichettatura energetica per il periodo 2016-2019. Il piano di lavoro sulla progettazione ecocompatibile individua i gruppi di prodotti connessi all’energia considerati prioritari per la realizzazione di studi preparatori e la successiva adozione di misure di esecuzione, come pure il riesame dei regolamenti vigenti. (3) Le misure del piano di lavoro sulla progettazione ecocompatibile possono potenzialmente consentire nel 2030 risparmi annui di energia finale superiori a 260 TWh, il che equivale a una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di circa 100 milioni di tonnellate all’anno nel 2030. (4) La Commissione ha condotto uno studio preparatorio per analizzare gli aspetti tecnici, ambientali ed economici delle apparecchiature di saldatura e delle macchine utensili impiegate a scopo industriale (3). Tra le apparecchiature di saldatura oggetto dello studio figurano le apparecchiature di saldatura ad arco e al plasma per metalli, progettate e destinate di norma a usi industriali e professionali (4). Si è ritenuto che non debbano essere oggetto di regolamentazione le apparecchiature di saldatura alimentate esclusivamente a motore o a pila. (5) Lo studio preparatorio è stato condotto in stretta collaborazione con i portatori di interessi e le parti interessate all’interno e all’esterno dell’UE. I risultati sono stati resi pubblici e presentati al forum consultivo istituito a norma dell’articolo 18 della direttiva 2009/125/CE. (6) Gli aspetti ambientali delle apparecchiature di saldatura ritenuti significativi ai fini del presente regolamento sono: a) consumo di energia nella fase di esercizio, anche quando i prodotti sono in modalità di «inattività», b) aspetti relativi all’efficienza delle risorse. (7) Il consumo finale di energia annuo direttamente connesso ad apparecchiature di saldatura dovrebbe essere superiore a 6 TWh nel 2030, pari a 2,4 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, esclusa l’energia utilizzata per la fabbricazione dei relativi materiali di consumo (ad esempio gas di protezione, filo per saldatura). Dallo studio preparatorio è emerso che il consumo di energia nella fase di esercizio e in varie modalità di standby o di inattività può essere ridotto in misura significativa. (8) Si stima che entro il 2030 le specifiche per la progettazione ecocompatibile del presente regolamento si tradurranno in un risparmio energetico annuo di 1,09 TWh, corrispondente a risparmi totali annui di circa 0,27 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. (9) La comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sul piano d’azione per l’economia circolare [COM(2015) 614 final] (5) e il piano di lavoro sulla progettazione ecocompatibile mettono in luce l’importanza di utilizzare il quadro della progettazione ecocompatibile per sostenere il passaggio a un’economia circolare e più efficiente sotto il profilo delle risorse. La direttiva 2012/19/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (6) fa riferimento alla direttiva 2009/125/CE e stabilisce che le specifiche per la progettazione ecocompatibile dovrebbero agevolare il riutilizzo, lo smaltimento e il recupero dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), affrontando i problemi a monte. Di conseguenza il presente regolamento stabilisce le specifiche per gli aspetti non correlati all’energia, tra cui: a) lo smontaggio, b) la riparabilità, c) le materie prime essenziali. (10) Il presente regolamento stabilisce inoltre che le apparecchiature di saldatura devono essere corredate di informazioni sull’uso dei gas di protezione durante la saldatura e sulle quantità di filo per saldatura o materiale d’apporto utilizzate. (11) Il consumo di energia e di risorse delle apparecchiature di saldatura potrebbe essere ridotto applicando le tecnologie non proprietarie esistenti senza provocare un aumento dei costi combinati di acquisto e di esercizio. (12) Lo studio preparatorio ha concluso che le specifiche per la progettazione ecocompatibile proposte non incidono sulla funzionalità o sull’accessibilità economica delle apparecchiature di saldatura per gli utenti finali e non producono ripercussioni negative sulla salute, sulla sicurezza o sull’ambiente. (13) La tempistica per l’introduzione delle specifiche per la progettazione ecocompatibile consente ai fabbricanti di riprogettare i prodotti oggetto del presente regolamento. Essa tiene conto dell’incidenza sui costi per i fabbricanti, in particolare per l’elevato numero di imprese di piccole e medie dimensioni del settore della fabbricazione di apparecchiature di saldatura nell’UE, garantendo nel contempo il tempestivo conseguimento degli obiettivi del presente regolamento. (14) È opportuno che i parametri di prodotto siano misurati e calcolati applicando metodi affidabili, accurati e riproducibili che tengano conto di tecniche di misurazione e di calcolo all’avanguardia riconosciute, comprese, ove possibile, le norme armonizzate adottate dagli organismi europei di normazione su richiesta della Commissione, conformemente al regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (7). (15) Ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 2009/125/CE, il presente regolamento dovrebbe specificare le procedure di valutazione della conformità applicabili. (16) Per agevolare i controlli della conformità è opportuno che i fabbricanti forniscano le informazioni contenute nella documentazione tecnica di cui agli allegati IV e V della direttiva 2009/125/CE, allorché tali informazioni si riferiscano alle specifiche stabilite nel presente regolamento. (17) Oltre alle specifiche giuridicamente vincolanti stabilite nel presente regolamento, è necessario definire parametri di riferimento per le migliori tecnologie disponibili, al fine di garantire l’ampia disponibilità di informazioni relative alle prestazioni ambientali durante il ciclo di vita dei prodotti oggetti del presente regolamento e di agevolarne l’accessibilità, conformemente all’allegato I, parte 3, punto 2, della direttiva 2009/125/CE. (18) Al fine di migliorare l’efficacia e la credibilità del presente regolamento e di proteggere i consumatori, dovrebbero essere vietati i prodotti che alterano automaticamente le loro prestazioni in condizioni di prova allo scopo di migliorare i parametri dichiarati. (19) Un riesame del presente regolamento dovrebbe valutare l’adeguatezza e l’efficacia delle sue disposizioni ai fini del conseguimento dei suoi obiettivi. La tempistica del riesame dovrebbe consentire che tutte le disposizioni siano attuate e producano effetti sul mercato. (20) Al fine di migliorare il funzionamento del mercato interno e le prestazioni ambientali delle apparecchiature di saldatura in tutta l’Unione, le specifiche per la progettazione ecocompatibile dovrebbero armonizzare le pertinenti specifiche in materia di consumo di energia e di uso efficiente delle risorse. Le specifiche dovrebbero essere riesaminate al più tardi nel 2024 alla luce dell’evoluzione della tecnologia al fine di sfruttare ulteriori possibilità di miglioramento delle prestazioni delle apparecchiature e del funzionamento del mercato interno. (21) Le misure di cui al presente regolamento sono state discusse dal forum consultivo di cui all’articolo 18 della direttiva 2009/125/CE. (22) Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato istituito a norma dell’articolo 19, paragrafo 1, della direttiva 2009/125/CE, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto e ambito di applicazione 1. Il presente regolamento stabilisce le specifiche per la progettazione ecocompatibile relative all’immissione sul mercato o alla messa in servizio di apparecchiature di saldatura alimentate dalla rete elettrica. 2. Il presente regolamento si applica alle apparecchiature di saldatura che utilizzano uno o più dei seguenti procedimenti di saldatura e affini: a) saldatura ad arco manuale; b) saldatura ad arco con elettrodi rivestiti; c) saldatura con filo animato autoprotetto; d) saldatura ad arco con filo animato; e) saldatura a gas inerte e saldatura a gas attivo; f) saldatura con elettrodo di tungsteno in gas inerte; g) taglio al plasma. 3. Il presente regolamento non si applica alle apparecchiature di saldatura che utilizzano i seguenti procedimenti di saldatura e affini: a) saldatura ad arco sommerso; b) saldatura ad arco a servizio limitato; c) saldatura a resistenza; d) saldatura di perni. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni: 1. «apparecchiature di saldatura»: i prodotti utilizzati per la saldatura, la brasatura o il taglio (o tutte le suddette operazioni) manuali, automatici o semiautomatici, tramite procedimenti di saldatura ad arco e affini, fissi o trasportabili, composti di parti o di componenti, di cui almeno uno mobile, collegati tra loro per produrre coalescenza di metalli attraverso il loro riscaldamento sino alla temperatura utile per la saldatura (con o senza l’applicazione di pressione) o mediante l’applicazione della sola pressione, con o senza l’uso di metallo d’apporto, con o senza l’uso di uno o più gas di protezione, utilizzando strumenti e tecnologie adeguati, permettendo di produrre un manufatto con geometrie definite; 2. «saldatura ad arco manuale»: un procedimento di saldatura ad arco con elettrodi rivestiti in cui la mano dell’operatore controlla la velocità di esecuzione dei procedimenti di saldatura e il ritmo con il quale l’elettrodo è immesso nell’arco elettrico; 3. «saldatura ad arco con elettrodi rivestiti»: un procedimento di saldatura ad arco mediante il quale la coalescenza è prodotta attraverso il riscaldamento con un arco elettrico tra un elettrodo di metallo rivestito e la superficie del pezzo in lavorazione e l’area di lavoro; la protezione è ottenuta dalla decomposizione del rivestimento dell’elettrodo; non si fa ricorso alla pressione e il metallo d’apporto è ottenuto dall’elettrodo; 4. «saldatura con filo animato autoprotetto»: un procedimento di saldatura a filo in cui un filo continuo internamente cavo è immesso tramite la pistola saldatrice nel punto di saldatura senza la necessità di utilizzare un gas di protezione esterno per proteggere il bagno di fusione da ogni possibile contaminazione; non un gas di protezione esterno, bensì un flusso agglomerato nel filo cavo reagisce con l’arco di saldatura per formare un gas che protegge il bagno di fusione; 5. «saldatura ad arco con filo animato»: un procedimento di saldatura che utilizza elettrodi tubolari compositi di metallo d’apporto costituiti da un rivestimento metallico e da un’anima di vari materiali in polvere, che produce un ampio strato di scorie sul cordone di saldatura; può essere o non essere necessario utilizzare uno o più gas di protezione esterni; 6. «saldatura a gas inerte»: un procedimento di saldatura ad arco con metallo sotto protezione di gas nel quale la coalescenza è prodotta attraverso il riscaldamento con un arco tra un elettrodo continuo (consumabile) del metallo d’apporto e la superficie del pezzo in lavorazione; la protezione è assicurata esclusivamente per mezzo di un gas fornito dall’esterno, o una miscela di gas, che è inerte; 7. «saldatura a gas attivo»: un procedimento di saldatura ad arco con metallo sotto protezione di gas nel quale la coalescenza è prodotta attraverso il riscaldamento con un arco tra un elettrodo continuo (consumabile) del metallo d’apporto e la superficie del pezzo in lavorazione; la protezione è assicurata esclusivamente per mezzo di un gas fornito dall’esterno, o una miscela di gas, che è attivo; 8. «saldatura con elettrodo di tungsteno in gas inerte»: un procedimento di saldatura ad arco nel quale la coalescenza è prodotta attraverso il riscaldamento con un arco tra un unico elettrodo (non consumabile) di tungsteno e la superficie del pezzo in lavorazione; la protezione è assicurata per mezzo di un gas o una miscela di gas; può essere o non essere necessaria l’applicazione di pressione e può essere o non essere utilizzato metallo d’apporto; 9. «taglio al plasma»: un procedimento di taglio ad arco che utilizza un arco limitato ed elimina il metallo fuso mediante un getto ad elevata velocità di gas ionizzato (gas plasma) condotto attraverso uno stretto orifizio; il taglio al plasma è un procedimento a elettrodo negativo a corrente continua; 10. «gas plasma» (denominato anche «gas orifizio» o «gas da taglio»): un gas condotto in una torcia per circondare l’elettrodo, che è ionizzato dall’arco per formare un plasma ed esce dall’ugello della torcia come getto di plasma; 11. «gas di protezione» (denominato anche «gas secondario»): un gas che non passa attraverso l’orifizio dell’ugello, bensì attorno all’ugello e forma uno scudo attorno all’arco elettrico; 12. «saldatura ad arco sommerso»: un procedimento di saldatura ad arco che utilizza uno o più archi superiori a 600 ampere tra uno o più elettrodi di metallo nudo e il bagno di fusione; l’arco e il metallo fuso sono protetti da un flusso granulare che copre i pezzi in lavorazione; non c’è applicazione di pressione e il procedimento utilizza metallo d’apporto dall’elettrodo e talvolta da fonti aggiuntive come bacchette per saldatura, flussi o granuli di metalli; 13. «saldatura ad arco a servizio limitato»: la saldatura ad arco e i procedimenti affini non destinati ad applicazioni industriali e professionali e che: a) usano un’alimentazione monofase a basso voltaggio della rete pubblica; b) se a motore, non superano una potenza di uscita di 7,5 kVA; c) per funzionare non necessitano di dispositivi per l’accensione e la stabilizzazione dell’arco, di sistemi di raffreddamento con liquidi o di console per gas; 14. «saldatura a resistenza»: un procedimento termoelettrico in cui il calore è generato all’interfaccia tra le parti da saldare mediante il passaggio di una corrente elettrica attraverso le parti per un tempo regolato con precisione ed esercitando una pressione controllata; non è necessario alcun materiale di consumo come bacchette o gas di protezione; 15. «saldatura di perni»: un procedimento di saldatura in cui un perno in metallo o una parte simile vengono uniti (manualmente o in modo automatico o semiautomatico) a un oggetto servendosi di un arco elettrico per riscaldare entrambe le parti; 16. «modello equivalente»: il modello che presenta le stesse caratteristiche tecniche pertinenti ai fini delle informazioni tecniche da fornire, ma che è immesso sul mercato o messo in servizio dallo stesso fabbricante, mandatario o importatore come un altro modello, con identificativo del modello diverso; 17. «identificativo del modello»: il codice, solitamente alfanumerico, che distingue un dato modello di prodotto da altri modelli che riportano lo stesso marchio o il nome dello stesso fabbricante, mandatario o importatore. Articolo 3 Specifiche per la progettazione ecocompatibile Le specifiche per la progettazione ecocompatibile stabilite nell’allegato II si applicano a decorrere dalle date ivi indicate. Articolo 4 Valutazione di conformità 1. La procedura di valutazione della conformità di cui all’articolo 8 della direttiva 2009/125/CE costituisce il sistema per il controllo interno della progettazione di cui all’allegato IV della stessa direttiva o il sistema di gestione di cui all’allegato V della stessa direttiva. 2. Ai fini della valutazione di conformità di cui all’articolo 8 della direttiva 2009/125/CE, il fascicolo tecnico contiene una copia delle informazioni sul prodotto fornite conformemente all’allegato II, punti 2 e 3, nonché i dettagli e i risultati dei calcoli di cui all’allegato III del presente regolamento. 3. Se le informazioni della documentazione tecnica di un determinato modello sono state ottenute: a) da un modello che presenta le stesse caratteristiche tecniche pertinenti per le informazioni tecniche da fornire, ma è prodotto da un altro fabbricante; b) tramite calcoli effettuati in base al progetto, per estrapolazione da un altro modello dello stesso o di un altro fabbricante, o con entrambi i metodi, la documentazione tecnica comprende i dettagli di tali calcoli, la valutazione effettuata dal fabbricante per verificare l’accuratezza dei calcoli e, se del caso, la dichiarazione dell’identità tra i modelli di fabbricanti differenti. La documentazione tecnica include un elenco di tutti i modelli equivalenti, con i relativi identificativi del modello. Articolo 5 Procedura di verifica a fini di sorveglianza del mercato Quando effettuano le verifiche a fini di sorveglianza del mercato di cui all’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/125/CE, gli Stati membri applicano la procedura di verifica di cui all’allegato IV. Articolo 6 Elusione e aggiornamenti del software Il fabbricante, il mandatario o l’importatore non immettono sul mercato prodotti progettati per essere in grado di rilevare il fatto di essere sottoposti a prova (ad esempio riconoscendo le condizioni o il ciclo di prova) e per reagire in modo specifico alterando automaticamente le loro prestazioni durante la prova allo scopo di raggiungere livelli più favorevoli per qualsiasi parametro dichiarato dal fabbricante, dall’importatore o dal mandatario nella documentazione tecnica o in qualsiasi altra documentazione fornita. Il consumo di energia del prodotto e gli altri parametri dichiarati non peggiorano in seguito a un aggiornamento del software o del firmware se misurati secondo la stessa norma di prova originariamente utilizzata per la dichiarazione di conformità, salvo consenso esplicito dell’utilizzatore finale prima dell’aggiornamento. Se l’aggiornamento non è accettato le prestazioni non risultano in alcun modo modificate. L’aggiornamento del software non determina mai una modifica delle prestazioni del prodotto tale da renderlo non conforme alle specifiche di progettazione ecocompatibile applicabili alla dichiarazione di conformità. Articolo 7 Parametri di riferimento I parametri di riferimento per i prodotti e le tecniche migliori disponibili sul mercato al momento dell’adozione del presente regolamento sono illustrati nell’allegato V. Articolo 8 Riesame La Commissione procede al riesame del presente regolamento alla luce dei progressi tecnologici e presenta al forum consultivo i risultati di tale valutazione, compreso, se del caso, un progetto di proposta di revisione entro il 14 novembre 2024. Il riesame valuta, in particolare, se sia opportuno fissare apposite specifiche per la progettazione ecocompatibile relativamente ai seguenti punti: a) limiti più rigorosi dell’efficienza della sorgente di energia e di consumo di energia allo stato inattivo; b) emissioni nell’atmosfera associate all’uso di apparecchiature di saldatura; c) specifiche supplementari di efficienza delle risorse per i prodotti, conformemente agli obiettivi dell’economia circolare; d) prodotti che utilizzano procedimenti di saldatura ad arco sommerso, saldatura ad arco a servizio limitato, saldatura a resistenza e saldatura di perni. Esso valuta altresì se sia opportuno estendere l’ambito di applicazione del presente regolamento alle macchine utensili professionali, e in particolare stabilire specifiche per la progettazione ecocompatibile appropriate per le macchine utensili per quanto riguarda i valori minimi di efficienza allo stato inattivo, in modalità standby e in altri modi a basso consumo energetico. Articolo 9 Entrata in vigore e applicazione Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento si applica a decorrere dal 1o gennaio 2021. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, l’1 ottobre 2019 Per la Commissione Il presidente Jean-Claude JUNCKER (1) GU L 285 del 31.10.2009, pag. 10. (2) Comunicazione della Commissione. Piano di lavoro sulla progettazione ecocompatibile 2016-2019 [COM (2016) 773 final, Bruxelles, 30.11.2016]. (3) Le macchine utensili erano state inizialmente prese in considerazione in sede di lavori preparatori, ma sono state escluse dall’ambito di applicazione del presente regolamento a causa della difficoltà di stabilire requisiti minimi di efficienza sulla base delle informazioni attualmente disponibili. La raccolta di dati complementari, in particolare in merito alle opzioni tecniche per ridurre i consumi energetici negli stati di inattività come in modalità standby e in altri modi a consumo ridotto, potrebbe portare alla proposta in futuro di misure di progettazione ecocompatibile per le macchine utensili. (4) Come definito nella norma IEC 60 974-1: Apparecchi di saldatura ad arco — parte 1: Sorgenti di corrente di saldatura. Dall’ambito di applicazione del presente regolamento sono espressamente escluse le apparecchiature di saldatura ad arco e taglio ad impiego limitato da parte di non professionisti in conformità alla norma IEC 60 974-6: Apparecchiature per la saldatura ad arco — parte 6: Apparecchiature ad impiego limitato. (5) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni. L’anello mancante - Piano d’azione dell’Unione europea per l’economia circolare [COM(2015) 0614 final, Bruxelles, 2.12.2015]. (6) Direttiva 2012/19/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) (GU L 197 del 24.7.2012, pag. 38). (7) Regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sulla normazione europea (GU L 316 del 14.11.2012, pag. 12). ALLEGATO I Definizioni applicabili agli allegati Si applicano le seguenti definizioni: 1) «efficienza della sorgente di energia»: il rapporto, espresso in percentuale, tra la potenza di uscita in condizioni di saldatura standard e di tensioni di carico standard e il consumo massimo di energia della sorgente di energia; 2) «stato inattivo»: lo stato di esercizio in cui l’apparecchiatura è accesa e il circuito di saldatura non è alimentato; 3) «consumo di energia allo stato inattivo»: il consumo di energia, in watt, allo stato inattivo; 4) «sorgente di energia»: un dispositivo che utilizza la corrente alternata (AC) per produrre una o più potenze di uscita in AC, o che converte la corrente alternata in una o più potenze di uscita in corrente continua (DC) al fine di alimentare un’apparecchiatura di saldatura; 5) «quadro comandi»: un’interfaccia operativa globale, contenente comandi e indicatori, tra l’utilizzatore e l’apparecchiatura di saldatura; 6) «alloggiamento dell’apparecchiatura»: un involucro destinato a proteggere il prodotto dall’ambiente, compresa l’umidità ambiente, e da eventuali urti; 7) «pila»: un dispositivo quale definito all’articolo 3 della direttiva 2006/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (1), anche nel senso di «pacco batterie» o «pile o accumulatori industriali» di cui allo stesso articolo; 8) «torcia per saldatura»: un dispositivo che fornisce la corrente di saldatura all’elettrodo, il che può includere il trasferimento della corrente a un eventuale elettrodo consumabile, e che fornisce altresì il gas di protezione, quando è usato, alla superficie dell’arco elettrico; 9) «tubo di alimentazione del gas»: un tubo di alimentazione specificamente destinato alla fornitura di gas combustibili (come l’acetilene), aria compressa e gas di protezione utilizzati nelle operazioni di saldatura, costituito di norma da un tubo e una guaina protettiva, spesso specifico per il tipo di gas utilizzato e, talvolta, per le condizioni di esercizio; 10) «regolatore di alimentazione del gas»: un dispositivo che riduce la pressione più alta dei gas compressi forniti alla pressione più bassa che può essere utilizzata in condizioni di sicurezza nell’apparecchiatura di saldatura; è spesso dotato di valvola dosatrice o flussometro per misurare e/o controllare il flusso di gas; 11) «guida del filo di saldatura»: un dispositivo, utilizzato per alimentare il filo per saldatura o il materiale d’apporto, che può essere del tipo a spinta, a trazione o una combinazione di spinta e trazione; 12) «ventilatore»: un dispositivo a pale rotanti utilizzato per assicurare il suo attraversamento da parte di un flusso continuo di gas, solitamente aria, che funge ad esempio da sistema di raffreddamento interno per la sorgente di energia; 13) «cavo di alimentazione elettrica»: un cavo di alimentazione elettrica che soddisfa le prescrizioni in materia di prestazioni e sicurezza delle norme riconosciute a livello internazionale per i cavi di saldatura; 14) «riparatore professionista»: l’operatore o l’impresa che fornisce servizi di riparazione e manutenzione professionale di apparecchiature di saldatura; 15) «pezzo di ricambio»: la parte distinta che può sostituire una parte dell’apparecchiatura di saldatura avente la stessa funzione o una funzione analoga. (1) Direttiva 2006/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006 , relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori e che abroga la direttiva 91/157/CEE (GU L 266 del 26.9.2006, pag. 1). ALLEGATO II Specifiche per la progettazione ecocompatibile 1. Specifiche di efficienza energetica A decorrere dal 1o gennaio 2023 l’efficienza della sorgente di energia delle apparecchiature di saldatura non deve essere inferiore ai valori di cui alla tabella 1 e il consumo di energia allo stato inattivo non deve superare i valori di cui alla tabella 1. Tabella 1 Efficienza della sorgente di energia e consumo di energia allo stato inattivo Valore minimo dell’efficienza della sorgente di energia Valore massimo del consumo di energia allo stato inattivo Apparecchiatura di saldatura alimentata da sorgenti di energia trifase con uscita di corrente continua (DC) 85 % 50 W Apparecchiatura di saldatura alimentata da sorgenti di energia monofase con uscita di corrente continua (DC) 80 % 50 W Apparecchiatura di saldatura alimentata da sorgenti di energia monofase e trifase con uscita di corrente alternata (AC) 80 % 50 W La conformità alle specifiche per la progettazione ecocompatibile in relazione all’efficienza della sorgente di energia e al consumo di energia allo stato inattivo è valutata, misurata e calcolata in base ai metodi che figurano nell’allegato III. 2. Specifiche di efficienza delle risorse A decorrere dal 1o gennaio 2021 le apparecchiature di saldatura sono conformi alle seguenti specifiche: a) Disponibilità dei pezzi di ricambio 1) I fabbricanti, i mandatari o gli importatori di apparecchiature di saldatura mettono a disposizione dei riparatori professionisti almeno i pezzi di ricambio indicati di seguito per un periodo minimo di dieci anni dopo la produzione dell’ultima unità di un dato modello di apparecchiatura di saldatura: a) quadro comandi; b) sorgente(i) di energia; c) alloggiamento dell’apparecchiatura; d) pila(e); e) torcia per saldatura; f) tubo(i) di alimentazione del gas; g) regolatore(i) di alimentazione del gas; h) guida del filo di saldatura o del materiale d’apporto; i) ventilatore(i); j) cavo di alimentazione elettrica; k) software e firmware, compreso il software per il reset. 2) I fabbricanti si assicurano che tali pezzi di ricambio siano sostituibili utilizzando attrezzi di uso comune e senza danni permanenti all’apparecchiatura e alla parte. 3) L’elenco di tali pezzi di ricambio e la procedura per ordinarli sono resi pubblici sul sito Internet ad accesso libero del fabbricante, del mandatario o dell’importatore, al più tardi due anni dopo l’immissione sul mercato della prima unità di un modello e fino al termine del periodo di disponibilità di tali pezzi di ricambio. b) Accesso alle informazioni sulla riparazione e sulla manutenzione Al più tardi due anni dopo l’immissione sul mercato della prima unità di un modello, e fino al termine del periodo indicato alla lettera a), punto 1), il fabbricante, l’importatore o il mandatario garantiscono ai riparatori professionisti l’accesso alle informazioni sulla riparazione e sulla manutenzione delle apparecchiature di saldatura alle seguenti condizioni: 1. il sito Internet del fabbricante, del mandatario o dell’importatore indica la procedura di registrazione che i riparatori professionisti devono seguire per accedere alle informazioni; per accettare una richiesta di questo tipo, i fabbricanti, i mandatari o gli importatori possono esigere che il riparatore professionista dimostri: i) di possedere le competenze tecniche per effettuare la riparazione e la manutenzione di apparecchiature di saldatura e di ottemperare alle norme applicabili ai riparatori di apparecchiature elettriche negli Stati membri in cui opera; si accetta come prova della conformità al presente punto il riferimento a un sistema di registrazione ufficiale dei riparatori professionisti, se esiste nello Stato membro interessato; ii) di avere sottoscritto un’assicurazione che copre le responsabilità derivanti dall’attività che svolge, a prescindere dal fatto che essa sia richiesta o no dallo Stato membro; 2. i fabbricanti, i mandatari o gli importatori accettano o rifiutano la registrazione entro cinque giorni lavorativi dalla data di presentazione della richiesta da parte del riparatore professionista. Una volta registrato, il riparatore professionista ha accesso, entro un giorno lavorativo dalla domanda, alle informazioni richieste sulla riparazione e sulla manutenzione. Le informazioni possono essere fornite per un modello equivalente o un modello della stessa famiglia, se del caso. Le informazioni disponibili sulla riparazione e sulla manutenzione comprendono: — informazioni per l’identificazione inequivocabile dell’apparecchiatura di saldatura; — uno schema per il disassemblaggio o una vista esplosa; — l’elenco degli attrezzi e delle apparecchiature necessari per la riparazione e le prove; — informazioni su componenti e diagnosi (come valori di misurazione teorici minimi e massimi); — schemi elettrici e delle connessioni; — codici diagnostici di guasto e di errore (compresi i codici specifici del fabbricante, se del caso); — dati relativi ai casi di guasto registrati nelle apparecchiature per saldatura (se del caso); — istruzioni per l’installazione di software e firmware pertinenti, compreso il software per il reset. I fabbricanti, i mandatari o gli importatori possono chiedere la corresponsione di un importo ragionevole e proporzionato per l’accesso alle informazioni sulla riparazione e la manutenzione o per ricevere aggiornamenti periodici. Un importo è considerato ragionevole se non scoraggia l’accesso non tenendo conto della misura in cui il riparatore professionista faccia uso di tali informazioni. c) Termine massimo di consegna dei pezzi di ricambio Durante il periodo di cui alla lettera a), punto 1), il fabbricante, l’importatore o il mandatario garantiscono la consegna ai riparatori professionisti dei pezzi di ricambio per le apparecchiature di saldatura entro 15 giorni lavorativi dalla ricezione dell’ordine. Tale disponibilità può essere limitata ai riparatori professionisti registrati conformemente alla lettera b). d) Informazioni sul display delle apparecchiature di saldatura Se un’apparecchiatura di saldatura è provvista di display, questo deve fornire un’indicazione del consumo di filo per saldatura o di materiale d’apporto, in g/min o equivalenti unità di misura standard. e) Specifiche di smantellamento a fini di recupero e riciclaggio dei materiali, evitando l’inquinamento I fabbricanti si assicurano che le apparecchiature di saldatura siano progettate in modo tale da consentire la rimozione dei materiali e dei componenti di cui all’allegato VII della direttiva 2012/19/UE servendosi di attrezzi facilmente reperibili. I fabbricanti sono tenuti al rispetto degli obblighi di cui all’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2012/19/UE. 3. Obblighi d’informazione A decorrere dal 1o gennaio 2021 i fabbricanti, i mandatari o gli importatori devono assicurarsi che nei manuali d’istruzione destinati agli installatori e agli utilizzatori finali e, per almeno dieci anni dopo l’immissione sul mercato della prima unità di un modello di un’apparecchiatura di saldatura, sui siti web ad accesso gratuito dei fabbricanti, dei mandatari e degli importatori siano fornite le seguenti informazioni: a) il tipo di prodotto; b) la denominazione commerciale registrata, il nome del fabbricante e l’indirizzo al quale può essere contattato; c) l’identificativo del modello del prodotto; d) l’efficienza della sorgente di energia (in %); e) il consumo di energia allo stato inattivo (in watt); f) un elenco di modelli equivalenti; g) informazioni inerenti al riciclo o allo smaltimento a fine vita; h) un elenco delle materie prime essenziali presenti in quantità indicative superiori a 1 g a livello di componenti, se del caso, e un’indicazione del componente o dei componenti in cui tali materie prime essenziali sono presenti; i) l’utilizzo indicativo di gas di protezione per programmi di saldatura rappresentativi; j) l’utilizzo indicativo di filo per saldatura o di materiale d’apporto per programmi di saldatura rappresentativi. Sulla targhetta dei dati di funzionamento delle apparecchiature di saldatura deve essere fornita la seguente informazione: a) anno di fabbricazione. ALLEGATO III Metodi e calcoli di misurazione Ai fini della conformità e della verifica della conformità alle specifiche del presente regolamento, le misurazioni e i calcoli devono essere effettuati avvalendosi di norme armonizzate, i cui estremi siano stati pubblicati a tal fine nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, o di altri metodi affidabili, accurati e riproducibili, che prendano in considerazione lo stato dell’arte generalmente riconosciuto, i cui risultati si ritiene abbiano un ridotto livello di incertezza. ALLEGATO IV Procedura di verifica ai fini della sorveglianza del mercato Le tolleranze di verifica definite nel presente allegato si applicano esclusivamente alla verifica dei parametri misurati eseguita dalle autorità dello Stato membro e non devono essere utilizzate dal fabbricante, dall’importatore o dal mandatario come tolleranze ammesse per definire i valori da includere nella documentazione tecnica o per interpretare tali valori al fine di conseguire la conformità o di dichiarare prestazioni migliori. Un modello e tutti i modelli equivalenti sono considerati non conformi quando sono stati progettati per essere in grado di rilevare il fatto di essere sottoposti a prova (ad esempio riconoscendo le condizioni o il ciclo di prova) e per reagire in modo specifico alterando automaticamente le prestazioni durante la prova allo scopo di migliorare il livello dei parametri specificati nel presente regolamento o inclusi nella documentazione tecnica o altra documentazione fornita. Per verificare la conformità di un modello di prodotto alle specifiche stabilite nel presente regolamento a norma dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/125/CE, per le specifiche di cui al presente allegato, le autorità degli Stati membri applicano la seguente procedura: 1. le autorità dello Stato membro sottopongono a verifica una singola unità del modello; 2. il modello è considerato conforme alle specifiche applicabili se sono soddisfatte le seguenti condizioni: a) i valori riportati nella documentazione tecnica a norma dell’allegato IV, punto 2, della direttiva 2009/125/CE (valori dichiarati) e, se del caso, i valori usati per calcolarli non sono più favorevoli per il fabbricante, l’importatore o il mandatario dei risultati delle corrispondenti misurazioni effettuate a norma della lettera g) dello stesso allegato, e b) i valori dichiarati soddisfano le specifiche di cui al presente regolamento, e le informazioni sul prodotto necessarie pubblicate dal fabbricante, dall’importatore o dal mandatario non contengono valori più favorevoli per il fabbricante, l’importatore o il mandatario dei valori dichiarati, e c) quando verificano l’unità del modello, le autorità dello Stato membro constatano che il fabbricante, l’importatore o il mandatario hanno messo in atto un sistema che soddisfa le specifiche di cui all’articolo 6, secondo comma, e d) quando le autorità dello Stato membro verificano l’unità del modello, questo è conforme alle specifiche di cui all’articolo 6, terzo comma, alle specifiche di efficienza delle risorse di cui all’allegato II, punto 2, e alle specifiche di informazione di cui all’allegato II, punto 3, e e) quando le autorità dello Stato membro sottopongono a prova l’unità del modello, i valori determinati (i valori dei pertinenti parametri misurati nelle prove e i valori calcolati da tali misurazioni) rientrano nelle rispettive tolleranze di verifica riportate nella tabella 2. 3. Se non si ottengono i risultati di cui al punto 2, lettera a), b), c) o d), il modello e tutti i modelli equivalenti sono considerati non conformi al presente regolamento. 4. Se non si ottiene il risultato di cui al punto 2, lettera e), le autorità dello Stato membro selezionano e sottopongono a prova tre unità supplementari dello stesso modello. In alternativa le tre unità supplementari selezionate possono essere di uno o più modelli equivalenti. 5. Il modello è considerato conforme alle specifiche applicabili se, per queste tre unità, la media aritmetica dei valori determinati rientra nelle rispettive tolleranze di verifica riportate nella tabella 2. 6. Se non si ottiene il risultato di cui al punto 5, il modello e tutti i modelli equivalenti sono considerati non conformi al presente regolamento. 7. Le autorità dello Stato membro comunicano tutte le informazioni pertinenti alle autorità degli altri Stati membri e alla Commissione immediatamente dopo l’adozione della decisione relativa alla non conformità del modello ai sensi dei punti 3 o 6. Le autorità dello Stato membro si avvalgono dei metodi di calcolo e misurazione stabiliti nell’allegato III. Le autorità dello Stato membro applicano esclusivamente le tolleranze di verifica stabilite nella tabella 2 e si avvalgono unicamente della procedura descritta ai punti da 1 a 7 per le specifiche di cui al presente allegato. Ai parametri di cui alla tabella 2 non si applicano altre tolleranze di verifica, come quelle stabilite dalle norme armonizzate o in qualsiasi altro metodo di misurazione. Tabella 2 Tolleranze di verifica Parametri Tolleranze di verifica Efficienza della sorgente di energia (%) Il valore determinato (*1) non deve essere inferiore al valore dichiarato di oltre il 2 %. Consumo di energia allo stato inattivo (watt) Il valore determinato (*1) non deve superare il valore dichiarato di oltre il 10 %. (*1) Nel caso delle tre unità supplementari sottoposte a prova secondo quanto previsto al punto 4, per valore determinato si intende la media aritmetica dei valori determinati per queste tre unità supplementari. ALLEGATO V Parametri di riferimento Ai fini dell’allegato I, parte 3, punto 2, della direttiva 2009/125/CE, sono stati individuati i seguenti parametri di riferimento. In appresso è indicata la migliore tecnologia disponibile sul mercato al momento dell’entrata in vigore del presente regolamento, per quanto attiene agli aspetti ambientali quantificabili considerati significativi. Tabella 3 Parametri di riferimento per l’efficienza della sorgente di energia e per il consumo di energia allo stato inattivo Tipo di prodotto Efficienza della sorgente di energia Valore massimo del consumo di energia allo stato inattivo Apparecchiatura di saldatura alimentata da sorgenti di energia trifase con uscita di corrente continua (DC) 92 % 10 W Apparecchiatura di saldatura alimentata da sorgenti di energia monofase con uscita di corrente continua (DC) 90 % 10 W Apparecchiatura di saldatura alimentata da sorgenti di energia monofase e trifase con uscita di corrente alternata (AC) 83 % 10 W
Specifiche per la progettazione ecocompatibile delle apparecchiature di saldatura QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Stabilisce le specifiche di progettazione ecocompatibile* per l’immissione sul mercato o la messa in servizio di apparecchiature di saldatura alimentate dalla rete elettrica. PUNTI CHIAVE Elenca i processi di saldatura a cui si applica il regolamento e quelli a cui non si applica. Le specifiche per la progettazione ecocompatibile sono riportate nell’allegato II e comprendono:livelli di efficienza minimi per la sorgente di energia utilizzata;valore massimo di consumo di energia allo «stato inattivo» (simile allo standby);specifiche per gli aspetti non correlati all’energia, al fine di agevolare la riparazione, lo smontaggio, il prolungamento della vita utile e il riutilizzo di apparecchiature e componenti di saldatura, tra cui:mettere a disposizione dei riparatori professionisti i pezzi di ricambio per un periodo minimo di 10 anni;mettere gratuitamente a disposizione dei riparatori professionisti informazioni specifiche per la riparazione e la manutenzione attraverso il sito web del produttore dell’apparecchiatura di saldatura, dell’importatore o del mandatario. Il regolamento stabilisce la procedura di valutazione della conformità e nell’allegato III i metodi di misurazione e i calcoli da seguire basati, ove disponibili, sulle norme armonizzate adottate dalle organizzazioni europee di normazione. Le autorità nazionali devono applicare le procedure di verifica stabilite dall’allegato IV quando effettuano le verifiche di sorveglianza del mercato. Il fabbricante, l’importatore o il mandatario non immettono sul mercato prodotti in grado di rilevare il fatto di essere sottoposti a prova e alterare automaticamente le loro prestazioni. L’allegato V stabilisce i parametri di riferimento indicativi per i prodotti e le tecniche migliori disponibili sul mercato in termini di efficienza della sorgente di energia e di consumo di energia allo stato inattivo. La Commissione europea deve rivedere il regolamento alla luce dei progressi tecnologici e presentarne i risultati, compresa, se del caso, una bozza di proposta di revisione entro il 14 novembre 2024. DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica dal 1o gennaio 2021. CONTESTO La direttiva 2009/125/CE stabilisce un quadro per definire i requisiti di progettazione ecocompatibile per i prodotti connessi all’energia. La Commissione li stabilisce per i prodotti che sono ampiamente venduti e commercializzati nell’UE e che hanno un impatto ambientale significativo. Per ulteriori informazioni consultare:Apparecchiature di saldatura: Specifiche per la progettazione ecocompatibile (Commissione europea) Spiegazione delle nuove misure di progettazione ecocompatibile (Commissione europea) Informazioni sull’etichetta energetica e sulla progettazione ecocompatibile (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Progettazione ecocompatibile: Politica per migliorare, attraverso una migliore progettazione, le prestazioni ambientali dei prodotti durante tutto il loro ciclo di vita, in particolare l’efficienza energetica. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) n. 2019/1784 della Commissione, del 1o ottobre 2019, che stabilisce specifiche per la progettazione ecocompatibile delle apparecchiature di saldatura conformemente alla direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 272 del 25.10.2019, pag. 121). DOCUMENTI CORRELATI Comunicazione della Commissione — Piano di lavoro sulla progettazione ecocompatibile 2016-2019 [COM(2016) 773 final del 30.11.2016]. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — L’anello mancante: piano d’azione dell’Unione europea per l’economia circolare [COM(2015) 614 final del 2.12.2015]. Regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sulla normazione europea, che modifica le direttive 89/686/CEE e 93/15/CEE del Consiglio nonché le direttive 94/9/CE, 94/25/CE, 95/16/CE, 97/23/CE, 98/34/CE, 2004/22/CE, 2007/23/CE, 2009/23/CE e 2009/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la decisione 87/95/CEE del Consiglio e la decisione n. 1673/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 316 del 14.11.2012, pag. 12). Le successive modifiche al regolamento (UE) n. 1025/2012 sono state integrate nel documento originale. Questa versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Direttiva 2012/19/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) (GU L 197 del 24.7.2012, pag. 38). Si veda la versione consolidata. Direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativa all’istituzione di un quadro per l’elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia (GU L 285 del 31.10.2009, pag. 10). Si veda la versione consolidata.
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32001L0042
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Direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente Gazzetta ufficiale n. L 197 del 21/07/2001 pag. 0030 - 0037 Direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consigliodel 27 giugno 2001concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambienteIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 175, paragrafo 1,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale(2),visto il parere del Comitato delle regioni(3),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(4), visto il progetto comune approvato dal comitato di conciliazione il 21 marzo 2001,considerando quanto segue:(1) L'articolo 174 del trattato stabilisce che la politica della Comunità in materia ambientale contribuisce, tra l'altro, a perseguire gli obiettivi della salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell'ambiente, della protezione della salute umana e dell'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali e che essa dev'essere fondata sul principio della precauzione. L'articolo 6 del trattato stabilisce che le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente devono essere integrate nella definizione delle politiche e delle azioni comunitarie, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile.(2) Il quinto programma comunitario di politica ed azione a favore dell'ambiente e di uno sviluppo sostenibile "Per uno sviluppo durevole e sostenibile"(5), integrato dalla decisione n. 2179/98/CE del Consiglio(6) relativa al suo riesame, ribadisce l'importanza di valutare i probabili effetti di piani e programmi sull'ambiente.(3) La convenzione sulla biodiversità richiede alle parti di integrare, per quanto possibile e appropriato, la conservazione e l'uso sostenibile della biodiversità nei piani e nei programmi settoriali e intersettoriali pertinenti.(4) La valutazione ambientale costituisce un importante strumento per l'integrazione delle considerazioni di carattere ambientale nell'elaborazione e nell'adozione di taluni piani e programmi che possono avere effetti significativi sull'ambiente negli Stati membri, in quanto garantisce che gli effetti dell'attuazione dei piani e dei programmi in questione siano presi in considerazione durante la loro elaborazione e prima della loro adozione.(5) L'adozione di procedure di valutazione ambientale a livello di piano e programma dovrebbero andare a vantaggio delle imprese, fornendo un quadro più coerente in cui operare inserendo informazioni pertinenti in materia ambientale nell'iter decisionale. L'inserimento di una più ampia gamma di fattori nell'iter decisionale dovrebbe contribuire a soluzioni più sostenibili e più efficaci.(6) I diversi sistemi di valutazione ambientale operanti negli Stati membri dovrebbero prevedere una serie di norme procedurali comuni necessarie a contribuire ad un elevato livello di protezione dell'ambiente.(7) La Convenzione della Commissione Economica per l'Europa delle Nazioni Unite sulla valutazione di impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, del 25 febbraio 1991, che si applica sia agli Stati membri sia a altri Stati, incoraggia le parti della convenzione ad applicare i suoi principi anche a piani e programmi. Alla seconda riunione tra le parti alla convenzione tenutasi a Sofia il 26 e 27 febbraio 2001, è stato deciso di approntare un protocollo giuridicamente vincolante sulla valutazione ambientale strategica, da aggiungere alle norme in vigore sulla valutazione di impatto ambientale in un contesto transfrontaliero, per pervenire alla sua eventuale adozione in una riunione straordinaria delle parti alla convenzione in occasione della quinta conferenza ministeriale "Ambiente per l'Europa", prevista per maggio 2003 a Kiev (Ucraina). I sistemi di valutazione ambientale di piani e programmi applicati nella Comunità dovrebbero garantire adeguate consultazioni transfrontaliere quando l'attuazione di un piano o programma in preparazione in uno Stato membro potrebbe avere effetti significativi sull'ambiente di un altro Stato membro. Le informazioni relative ai piani e ai programmi che hanno effetti significativi sull'ambiente di altri Stati dovrebbero essere trasmesse su una base reciproca ed equivalente in un pertinente contesto giuridico tra gli Stati membri e tali Stati.(8) Occorre pertanto intervenire a livello comunitario in modo da fissare un quadro minimo per la valutazione ambientale che sancisca i principi generali del sistema di valutazione ambientale e lasci agli Stati membri il compito di definire i dettagli procedurali tenendo conto del principio della sussidiarietà. L'azione della Comunità non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi stabiliti nel trattato.(9) La presente direttiva ha carattere procedurale e le sue disposizioni dovrebbero essere integrate nelle procedure esistenti negli Stati membri o incorporate in procedure specificamente stabilite. Gli Stati membri dovrebbero eventualmente tener conto del fatto che le valutazioni saranno effettuate a diversi livelli di una gerarchia di piani e programmi, in modo da evitare duplicati.(10) Tutti i piani e i programmi preparati per vari settori e che definiscono il quadro di riferimento per l'autorizzazione di progetti elencati negli allegati I e II della direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati(7), e tutti i piani e i programmi per i quali è stata prescritta la valutazione ai sensi della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche(8), potrebbero avere effetti significativi sull'ambiente e dovrebbero di norma essere oggetto di una valutazione ambientale sistematica. Quando determinano l'uso di piccole aree a livello locale o sono piccole modifiche dei piani o programmi summenzionati, essi dovrebbero essere valutati soltanto se gli Stati membri stabiliscono che potrebbero avere effetti significativi sull'ambiente.(11) Altri piani e programmi che definiscono il quadro di riferimento per l'autorizzazione di progetti possono non avere effetti significativi sull'ambiente in tutti i casi e dovrebbero essere valutati soltanto se gli Stati membri stabiliscono che potrebbero avere tali effetti.(12) Gli Stati membri, nel decidere, dovrebbero tener conto dei pertinenti criteri fissati nella presente direttiva.(13) Taluni piani e programmi, a causa delle loro caratteristiche particolari, non dovrebbero rientrare nell'ambito di applicazione della presente direttiva.(14) Una valutazione, ove prescritta dalla presente direttiva, dovrebbe essere elaborata in modo da contenere informazioni pertinenti come stabilito dalla presente direttiva, identificare, descrivere e valutare i possibili effetti ambientali significativi, tenendo conto degli obiettivi e dell'ambito territoriale del piano o del programma, nonché alternative ragionevoli. Gli Stati membri dovrebbero comunicare alla Commissione le misure da essi adottate per quanto riguarda la qualità dei rapporti ambientali.(15) Allo scopo di contribuire ad una maggiore trasparenza dell'iter decisionale nonché allo scopo di garantire la completezza e l'affidabilità delle informazioni su cui poggia la valutazione, occorre stabilire che le autorità responsabili per l'ambiente ed il pubblico siano consultate durante la valutazione dei piani e dei programmi e che vengano fissate scadenze adeguate per consentire un lasso di tempo sufficiente per le consultazioni, compresa la formulazione di pareri.(16) Nel caso in cui l'attuazione di un piano o di un programma elaborato in uno Stato membro possa avere effetti significativi sull'ambiente di altri Stati membri, si dovrebbe prevedere che gli Stati membri interessati procedano a consultazioni e che le autorità interessate ed il pubblico siano informate e possano esprimere il loro parere.(17) Il rapporto ambientale e i pareri espressi dalle autorità interessate e dal pubblico, nonché i risultati delle consultazioni transfrontaliere dovrebbero essere presi in considerazione durante la preparazione del piano o del programma e prima della sua adozione o prima di avviarne l'iter legislativo.(18) Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché, quando è adottato un piano o programma, le autorità interessate ed il pubblico siano informate e siano messi a loro disposizione dati pertinenti.(19) Qualora l'obbligo di effettuare una valutazione dell'impatto ambientale risulti contemporaneamente dalla presente direttiva e da altre normative comunitarie quali la direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici(9), la direttiva 92/43/CEE, o la direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque(10), gli Stati membri, al fine di evitare duplicazioni della valutazione, possono prevedere procedure coordinate o comuni per soddisfare le prescrizioni della pertinente normativa comunitaria.(20) L'applicazione e l'efficacia della presente direttiva dovrebbero essere oggetto di una prima relazione della Commissione cinque anni dopo la sua entrata in vigore e successivamente ogni sette anni. Allo scopo di integrare ulteriormente le disposizioni per la tutela dell'ambiente e di tener conto dell'esperienza acquisita, la prima relazione dovrebbe essere corredata, se del caso, di proposte di modifica della presente direttiva, in particolare per quanto riguarda la possibilità di ampliarne l'ambito di applicazione ad altre zone/altri settori e ad altri tipi di piani e di programmi,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1ObiettiviLa presente direttiva ha l'obiettivo di garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente e di contribuire all'integrazione di considerazioni ambientali all'atto dell'elaborazione e dell'adozione di piani e programmi al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile, assicurando che, ai sensi della presente direttiva, venga effettuata la valutazione ambientale di determinati piani e programmi che possono avere effetti significativi sull'ambiente.Articolo 2DefinizioniAi fini della presente direttiva:a) per "piani e programmi" s'intendono i piani e i programmi, compresi quelli cofinanziati dalla Comunità europea, nonché le loro modifiche- che sono elaborati e/o adottati da un'autorità a livello nazionale, regionale o locale oppure predisposti da un'autorità per essere approvati, mediante una procedura legislativa, dal parlamento o dal governo e- che sono previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative;b) per "valutazione ambientale" s'intende l'elaborazione di un rapporto di impatto ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione del rapporto ambientale e dei risultati delle consultazioni nell'iter decisionale e la messa a disposizione delle informazioni sulla decisione a norma degli articoli da 4 a 9;c) per "rapporto ambientale" s'intende la parte della documentazione del piano o del programma contenente le informazioni prescritte all'articolo 5 e nell'allegato I;d) per "pubblico" s'intendono una o più persone fisiche o giuridiche, secondo la normativa o la prassi nazionale, e le loro associazioni, organizzazioni o gruppi.Articolo 3Ambito d'applicazione1. I piani e i programmi di cui ai paragrafi 2, 3 e 4, che possono avere effetti significativi sull'ambiente, sono soggetti ad una valutazione ambientale ai sensi degli articoli da 4 a 9.2. Fatto salvo il paragrafo 3, viene effettuata una valutazione ambientale per tutti i piani e i programmi,a) che sono elaborati per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, e che definiscono il quadro di riferimento per l'autorizzazione dei progetti elencati negli allegati I e II della direttiva 85/337/CEE, ob) per i quali, in considerazione dei possibili effetti sui siti, si ritiene necessaria una valutazione ai sensi degli articoli 6 e 7 della direttiva 92/43/CEE.3. Per i piani e i programmi di cui al paragrafo 2 che determinano l'uso di piccole aree a livello locale e per le modifiche minori dei piani e dei programmi di cui al paragrafo 2, la valutazione ambientale è necessaria solo se gli Stati membri determinano che essi possono avere effetti significativi sull'ambiente.4. Gli Stati membri determinano se i piani e i programmi, diversi da quelli di cui al paragrafo 2, che definiscono il quadro di riferimento per l'autorizzazione dei progetti, possono avere effetti significativi sull'ambiente.5. Gli Stati membri determinano se i piani o i programmi di cui ai paragrafi 3 e 4 possono avere effetti significativi sull'ambiente attraverso l'esame caso per caso o specificando i tipi di piani e di programmi o combinando le due impostazioni. A tale scopo gli Stati membri tengono comunque conto dei pertinenti criteri di cui all'allegato II, al fine di garantire che i piani e i programmi con probabili effetti significativi sull'ambiente rientrino nell'ambito di applicazione della presente direttiva.6. Nell'esame dei singoli casi e nella specificazione dei tipi di piani e di programmi di cui al paragrafo 5, devono essere consultate le autorità di cui all'articolo 6, paragrafo 3.7. Gli Stati membri fanno in modo che le conclusioni adottate ai sensi del paragrafo 5, comprese le motivazioni della mancata richiesta di una valutazione ambientale ai sensi degli articoli da 4 a 9, siano messe a disposizione del pubblico.8. I seguenti piani e programmi non rientrano nell'ambito di applicazione della presente direttiva:- piani e programmi destinati esclusivamente a scopi di difesa nazionale e di protezione civile,- piani e programmi finanziari o di bilancio.9. La presente direttiva non si applica ai piani e ai programmi cofinanziati a titolo dei rispettivi periodi di programmazione in corso(11) per i regolamenti (CE) n. 1260/1999(12) e (CE) n. 1257/1999(13) del Consiglio.Articolo 4Obblighi generali1. La valutazione ambientale di cui all'articolo 3 deve essere effettuata durante la fase preparatoria del piano o del programma ed anteriormente alla sua adozione o all'avvio della relativa procedura legislativa.2. Le condizioni stabilite dalla presente direttiva sono integrate nelle procedure in vigore negli Stati membri per l'adozione dei piani e dei programmi o nelle procedure definite per conformarsi alla presente direttiva.3. Nel caso di piani e programmi gerarchicamente ordinati gli Stati membri tengono conto, onde evitare duplicazioni della valutazione, del fatto che essa sarà effettuata, ai sensi della presente direttiva, a vari livelli della gerarchia. Al fine, tra l'altro, di evitare duplicazioni della valutazione, gli Stati membri applicano l'articolo 5, paragrafi 2 e 3.Articolo 5Rapporto ambientale1. Nel caso in cui sia necessaria una valutazione ambientale ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, deve essere redatto un rapporto ambientale in cui siano individuati, descritti e valutati gli effetti significativi che l'attuazione del piano o del programma potrebbe avere sull'ambiente nonché le ragionevoli alternative alla luce degli obiettivi e dell'ambito territoriale del piano o del programma. L'allegato I riporta le informazioni da fornire a tale scopo.2. Il rapporto ambientale elaborato a norma del paragrafo 1 comprende le informazioni che possono essere ragionevolmente richieste, tenuto conto del livello delle conoscenze e dei metodi di valutazione attuali, dei contenuti e del livello di dettaglio del piano o del programma e, per evitare duplicazioni della valutazione, della fase in cui si trova nell'iter decisionale e della misura in cui taluni aspetti sono più adeguatamente valutati in altre fasi di detto iter.3. Possono essere utilizzate per fornire le informazioni di cui all'allegato I quelle pertinenti disponibili sugli effetti ambientali dei piani e dei programmi e ottenute nell'ambito di altri livelli decisionali o attraverso altre disposizioni della normativa comunitaria.4. Le autorità di cui all'articolo 6, paragrafo 3 devono essere consultate al momento della decisione sulla portata delle informazioni da includere nel rapporto ambientale e sul loro livello di dettaglio.Articolo 6Consultazioni1. La proposta di piano o di programma ed il rapporto ambientale redatto a norma dell'articolo 5 devono essere messi a disposizione delle autorità di cui al paragrafo 3 del presente articolo e del pubblico.2. Le autorità di cui al paragrafo 3 e il pubblico di cui al paragrafo 4 devono disporre tempestivamente di un'effettiva opportunità di esprimere in termini congrui il proprio parere sulla proposta di piano o di programma e sul rapporto ambientale che la accompagna, prima dell'adozione del piano o del programma o dell'avvio della relativa procedura legislativa.3. Gli Stati membri designano le autorità che devono essere consultate e che, per le loro specifiche competenze ambientali, possono essere interessate agli effetti sull'ambiente dovuti all'applicazione dei piani e dei programmi.4. Gli Stati membri individuano i settori del pubblico ai fini del paragrafo 2, compresi i settori del pubblico che sono interessati dall'iter decisionale nell'osservanza della presente direttiva o che ne sono o probabilmente ne verranno toccati, includendo le pertinenti organizzazioni non governative quali quelle che promuovono la tutela dell'ambiente e altre organizzazioni interessate.5. Gli Stati membri determinano le specifiche modalità per l'informazione e la consultazione delle autorità e del pubblico.Articolo 7Consultazioni transfrontaliere1. Qualora uno Stato membro ritenga che l'attuazione di un piano o di un programma in fase di preparazione sul suo territorio possa avere effetti significativi sull'ambiente di un altro Stato membro, o qualora lo richieda uno Stato membro che potrebbe essere interessato in misura significativa, lo Stato membro sul cui territorio è in fase di elaborazione il piano o il programma trasmette, prima della sua adozione o dell'avvio della relativa procedura legislativa, una copia della proposta di piano o di programma e del relativo rapporto ambientale all'altro Stato membro.2. Uno Stato membro cui sia pervenuta copia della proposta di piano o di programma e del rapporto ambientale di cui al paragrafo 1 comunica all'altro Stato membro se intende procedere a consultazioni anteriormente all'adozione del piano o del programma o all'avvio della relativa procedura legislativa; in tal caso gli Stati membri interessati procedono alle consultazioni in merito ai possibili effetti ambientali transfrontalieri derivanti dall'attuazione del piano o del programma nonché alle misure previste per ridurre o eliminare tali effetti.Se tali consultazioni hanno luogo, gli Stati membri interessati convengono specifiche modalità affinché le autorità di cui all'articolo 6, paragrafo 3 e i settori del pubblico di cui all'articolo 6, paragrafo 4, nello Stato membro che potrebbe essere interessato significativamente, siano informati ed abbiano l'opportunità di esprimere il loro parere entro termini ragionevoli.3. Gli Stati membri interessati che partecipano alle consultazioni ai sensi del presente articolo ne fissano preventivamente la durata in tempi ragionevoli.Articolo 8Iter decisionaleIn fase di preparazione del piano o del programma e prima della sua adozione o dell'avvio della relativa procedura legislativa si prendono in considerazione il rapporto ambientale redatto ai sensi dell'articolo 5, i pareri espressi ai sensi dell'articolo 6 nonché i risultati di ogni consultazione transfrontaliera avviata ai sensi dell'articolo 7.Articolo 9Informazioni circa la decisione1. Gli Stati membri assicurano che, quando viene adottato un piano o un programma, le autorità di cui all'articolo 6, paragrafo 3, il pubblico e tutti gli Stati membri consultati ai sensi dell'articolo 7 ne siano informati e che venga messo a loro disposizione:a) il piano o il programma adottato;b) una dichiarazione di sintesi in cui si illustra in che modo le considerazioni ambientali sono state integrate nel piano o programma e come si è tenuto conto, ai sensi dell'articolo 8, del rapporto ambientale redatto ai sensi dell'articolo 5, dei pareri espressi ai sensi dell'articolo 6 e dei risultati delle consultazioni avviate ai sensi dell'articolo 7, nonché le ragioni per le quali è stato scelto il piano o il programma adottato, alla luce delle alternative possibili che erano state individuate, ec) le misure adottate in merito al monitoraggio ai sensi dell'articolo 10.2. Gli Stati membri stabiliscono le specifiche modalità per le informazioni di cui al paragrafo 1.Articolo 10Monitoraggio1. Gli Stati membri controllano gli effetti ambientali significativi dell'attuazione dei piani e dei programmi al fine, tra l'altro, di individuare tempestivamente gli effetti negativi imprevisti e essere in grado di adottare le misure correttive che ritengono opportune.2. Al fine di conformarsi al disposto del paragrafo 1, possono essere impiegati, se del caso, i meccanismi di controllo esistenti onde evitare una duplicazione del monitoraggio.Articolo 11Relazione con le altre disposizioni della normativa comunitaria1. La valutazione ambientale effettuata ai sensi della presente direttiva lascia impregiudicate le disposizioni della direttiva 85/337/CEE e qualsiasi altra disposizione della normativa comunitaria.2. Per i piani e i programmi in merito ai quali l'obbligo di effettuare una valutazione dell'impatto ambientale risulta contemporaneamente dalla presente direttiva e da altre normative comunitarie, gli Stati membri possono prevedere procedure coordinate o comuni per soddisfare le prescrizioni della pertinente normativa comunitaria, tra l'altro al fine di evitare duplicazioni della valutazione.3. Per i piani e i programmi cofinanziati dalla Comunità europea, la valutazione ambientale a norma della presente direttiva viene effettuata secondo le disposizioni speciali della pertinente legislazione comunitaria.Articolo 12Informazioni, relazioni e riesame1. Gli Stati membri e la Commissione si scambiano informazioni sull'esperienza maturata nell'applicazione della presente direttiva.2. Gli Stati membri assicurano che le relazioni ambientali siano di qualità sufficiente a soddisfare le prescrizioni della presente direttiva e comunicano alla Commissione qualunque misura da essi adottata in materia di qualità di tali relazioni.3. Prima del 21 luglio 2006 la Commissione invia una prima relazione sulla sua applicazione ed efficacia al Parlamento europeo e al Consiglio.Per integrare altre esigenze connesse con la tutela dell'ambiente, a norma dell'articolo 6 del trattato e tenuto conto dell'esperienza acquisita negli Stati membri nell'applicazione della presente direttiva, detta relazione è corredata delle proposte di modifica della presente direttiva eventualmente necessarie. In particolare, la Commissione vaglierà la possibilità di estendere l'ambito d'applicazione della presente direttiva ad altre tematiche/altri settori e ad altri tipi di piani e programmi.Successivamente viene elaborata una nuova relazione di valutazione ogni sette anni.4. Al fine di garantire la coerenza di impostazione tra la presente direttiva e i successivi regolamenti comunitari, la Commissione riferisce in merito al rapporto tra la stessa e i regolamenti (CE) n. 1260/1999 e (CE) n. 1257/1999 con molto anticipo rispetto alla scadenza dei periodi di programmazione previsti da detti regolamenti.Articolo 13Attuazione della direttiva1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva prima del 21 luglio 2004. Essi ne informano immediatamente la Commissione.2. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.3. L'obbligo di cui all'articolo 4, paragrafo 1 si applica ai piani e ai programmi il cui primo atto preparatorio formale è successivo alla data di cui al paragrafo 1. I piani e i programmi il cui primo atto preparatorio formale è precedente a tale data e che sono stati approvati o sottoposti all'iter legislativo più di ventiquattro mesi dopo la stessa data sono soggetti all'obbligo di cui all'articolo 4, paragrafo 1, a meno che gli Stati membri decidano caso per caso che ciò non è possibile, informando il pubblico di tale decisione.4. Prima del 21 luglio 2004 gli Stati membri comunicano alla Commissione, oltre alle misure di cui al paragrafo 1, informazioni separate sui tipi di piani e di programmi soggetti in forza dell'articolo 3 ad una valutazione ambientale ai sensi della presente direttiva. La Commissione mette tali informazioni a disposizione degli Stati membri. Queste sono aggiornate su base periodica.Articolo 14Entrata in vigoreLa presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 15DestinatariGli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Lussemburgo, addì 27 giugno 2001.Per il Parlamento europeoLa PresidenteN. FontainePer il ConsiglioIl PresidenteB. Rosengren(1) GU C 129 del 25.4.1997, pag. 14 eGU C 83 del 25.3.1999, pag. 13.(2) GU C 287 del 22.9.1997, pag. 101.(3) GU C 64 del 27.2.1998, pag. 63 eGU C 374 del 23.12.1999, pag. 9.(4) Parere del Parlamento europeo del 20 ottobre 1998 (GU C 341 del 9.11.1998, pag. 18) confermato il 16 settembre 1999 (GU C 54 del 25.2.2000, pag. 76), posizione comune del Consiglio del 30 marzo 2000 (GU C 137 del 16.5.2000, pag. 11) e decisione del Parlamento europeo del 6 settembre 2000 (GU C 135 del 7.5.2001, pag. 155). Decisione del Parlamento europeo del 31 maggio 2001 e decisione del Consiglio del 5 giugno 2001.(5) GU C 138 del 17.5.1993, pag. 5.(6) GU L 275 del 10.10.1998, pag. 1.(7) GU L 175 del 5.7.1985, pag. 40. Direttiva modificata dalla direttiva 97/11/CE (GU L 73 del 14.3.1997, pag. 5)(8) GU L 206 del 22.7.1992, pag. 7. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 97/62/CE (GU L 305 dell'8.11.1997, pag. 42).(9) GU L 103 del 25.4.1979, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 97/49/CE (GU L 223 del 13.8.1997, pag. 9).(10) GU L 327 del 22.12.2000, pag. 1.(11) Il periodo di programmazione 2000-2006 per il regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio e i periodi di programmazione 2000-2006 e 2000-2007 per il regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio.(12) Regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, recante disposizioni generali sui Fondi strutturali (GU L 161 del 26.6.1999, pag. 1).(13) Regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG) e che modifica ed abroga taluni regolamenti (GU L 160 del 26.6.1999, pag. 80).ALLEGATO IInformazioni di cui all'articolo 5, paragrafo 1Le informazioni da fornire ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 1, fatto salvo l'articolo 5, paragrafi 2 e 3, sono:a) illustrazione dei contenuti, degli obiettivi principali del piano o programma e del rapporto con altri pertinenti piani o programmi;b) aspetti pertinenti dello stato attuale dell'ambiente e sua evoluzione probabile senza l'attuazione del piano o del programma;c) caratteristiche ambientali delle aree che potrebbero essere significativamente interessate;d) qualsiasi problema ambientale esistente, pertinente al piano o programma, ivi compresi in particolare quelli relativi ad aree di particolare rilevanza ambientale, quali le zone designate ai sensi delle direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE;e) obiettivi di protezione ambientale stabiliti a livello internazionale, comunitario o degli Stati membri, pertinenti al piano o al programma, e il modo in cui, durante la sua preparazione, si è tenuto conto di detti obiettivi e di ogni considerazione ambientale;f) possibili effetti significativi(1) sull'ambiente, compresi aspetti quali la biodiversità, la popolazione, la salute umana, la flora e la fauna, il suolo, l'acqua, l'aria, i fattori climatici, i beni materiali, il patrimonio culturale, anche architettonico e archeologico, il paesaggio e l'interrelazione tra i suddetti fattori;g) misure previste per impedire, ridurre e compensare nel modo più completo possibile gli eventuali effetti negativi significativi sull'ambiente dell'attuazione del piano o del programma;h) sintesi delle ragioni della scelta delle alternative individuate e una descrizione di come è stata effettuata la valutazione, nonché le eventuali difficoltà incontrate (ad esempio carenze tecniche o mancanza di know-how) nella raccolta delle informazioni richieste;i) descrizione delle misure previste in merito al monitoraggio di cui all'articolo 10;j) sintesi non tecnica delle informazioni di cui alle lettere precedenti.(1) Detti effetti devono comprendere quelli secondari, cumulativi, sinergici, a breve, medio e lungo termine, permanenti e temporanei, positivi e negativi.ALLEGATO IICriteri per la determinazione dei possibili effetti significativi di cui all'articolo 3, paragrafo 51. Caratteristiche del piano o del programma, tenendo conto in particolare, dei seguenti elementi:- in quale misura il piano o il programma stabilisce un quadro di riferimento per progetti ed altre attività, o per quanto riguarda l'ubicazione, la natura, le dimensioni e le condizioni operative o attraverso la ripartizione delle risorse,- in quale misura il piano o il programma influenza altri piani o programmi, inclusi quelli gerarchicamente ordinati,- la pertinenza del piano o del programma per l'integrazione delle considerazioni ambientali, in particolare al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile,- problemi ambientali pertinenti al piano o al programma,- la rilevanza del piano o del programma per l'attuazione della normativa comunitaria nel settore dell'ambiente (ad es. piani e programmi connessi alla gestione dei rifiuti o alla protezione delle acque).2. Caratteristiche degli effetti e delle aree che possono essere interessate, tenendo conto in particolare, dei seguenti elementi:- probabilità, durata, frequenza e reversibilità degli effetti,- carattere cumulativo degli effetti,- natura transfrontaliera degli effetti,- rischi per la salute umana o per l'ambiente (ad es. in caso di incidenti),- entità ed estensione nello spazio degli effetti (area geografica e popolazione potenzialmente interessate),- valore e vulnerabilità dell'area che potrebbe essere interessata a causa:- delle speciali caratteristiche naturali o del patrimonio culturale,- del superamento dei livelli di qualità ambientale o dei valori limite,- dell'utilizzo intensivo del suolo,- effetti su aree o paesaggi riconosciuti come protetti a livello nazionale, comunitario o internazionale.
Valutazione di taluni effetti di piani e programmi sull’ambiente (VAS) QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Lo scopo della direttiva è di garantire un alto livello di protezione ambientale e far sì che nella redazione, nell’adozione e nell’implementazione dei piani e dei programmi si tenga conto delle considerazioni di natura ambientale. Essa promuove lo sviluppo sostenibile assicurando che vengano eseguite le valutazioni ambientali di determinati disegni e programmi che si ritiene abbiano effetti significativi sull’ambiente. PUNTI CHIAVE I piani e i programmi pubblici coperti dalla direttiva sulla valutazione ambientale strategica (VAS) sono soggetti a una valutazione ambientale durante la loro preparazione e prima della loro adozione. Questa direttiva si applica ai seguenti piani e programmi pubblici (e ai relativi emendamenti) che sono stati redatti e/o adottati da un’autorità competente e che sono soggetti a disposizioni amministrative, regolamentari e legislative:piani e programmi preparati per settori specifici (agricoltura, silvicoltura, pesca, energia, industria, trasporti, gestione dei rifiuti, gestione delle risorse idriche, telecomunicazioni, turismo, pianificazione urbana e del territorio e utilizzo del suolo) che tracciano le linee per lo sviluppo del consenso ai progetti in base alla direttiva sulla valutazione di impatto ambientale (VIA);piani e programmi per i quali è richiesta una valutazione in base agli articoli 6 e 7 della direttiva «Habitat»;piani e programmi che tracciano le linee per la futura approvazione di progetti diversi da quelli di cui alla direttiva sulla VIA (non limitati ai settori elencati sopra) e identificati dai paesi membri dell’UE come piani e programmi a impatto ambientale significativo. Ciò potrà essere stabilito dai paesi dell’UE attraverso un esame dei singoli casi o specificando tipologie di piani e programmi o combinando entrambi questi approcci. La direttiva definisce una procedura e una serie di passi da seguire quando si esegue la valutazione di un piano o di un programma al quale viene applicata. Tali passi comprendono:definizione del campo di applicazione;preparazione del rapporto ambientale;consultazione e partecipazione pubblica;processo decisionale; emonitoraggio. La direttiva è inoltre soggetta a una procedura di screening: i piani e i programmi diversi da quelli elencati all’articolo 3, paragrafo 2, ma che definiscono il quadro di riferimento per l’autorizzazione di progetti, nonchéi piani e i programmi che determinano l’uso di piccole aree a livello locale e lievi modifiche a piani e programmi, ma solo se possono avere effetti significativi sull’ambiente. Il margine di discrezionalità dei paesi dell’UE è limitato dai criteri di significatività dell’allegato II, quando si tratta di esaminare determinati piani e programmi. È anche limitato dall’obiettivo generale della direttiva, ovvero quello di garantire un elevato livello di protezione ambientale. I piani e i programmi il cui unico fine è quello di servire la difesa nazionale o le emergenze civili, così come i piani e programmi finanziari o di budget, non sono coperti da questa direttiva. Nelle fasi iniziali del processo decisionale in cui si sviluppano i piani e i programmi, si applica un insieme specifico di regole, e cioè nel momento in cui:si prepara una relazione sui probabili effetti significativi sull’ambiente;si informano e si consultano il pubblico e le autorità ambientali;si conducono consultazioni transfrontaliere con i paesi dell’UE potenzialmente coinvolti;si identificano le misure per fronteggiare e monitorare impatti ambientali significativi. Il rapporto ambientale deve contenere, tra le altre informazioni, quanto segue:il contenuto del piano o del programma e i suoi principali obiettivi, oltre ai collegamenti con altri piani e programmi attinenti;la situazione ambientale esistente e il suo sviluppo probabile nel caso in cui il piano o programma non venisse realizzato;i problemi ambientali esistenti attinenti al piano o programma, e in particolare quelli relativi alle zone che fanno parte della rete Natura 2000;le misure previste per prevenire, ridurre e compensare gli eventuali effetti avversi significativi per l’ambiente;una descrizione delle modalità seguite per la valutazione;le misure di monitoraggio previste;un riepilogo non tecnico delle sopracitate informazioni. La bozza del piano o programma e il rapporto ambientale dovranno essere messi a disposizione delle autorità responsabili in materia ambientale e del pubblico. Le autorità e il pubblico dovranno avere l’opportunità di esprimere le proprie opinioni in merito alla bozza del piano o programma nella fase iniziale e con una tempistica adeguata prima della sua adozione o dell’avvio della procedura legislativa. Il paese dell’UE responsabile della preparazione del piano o programma dovrà inviarne una copia, unitamente a una copia del rapporto ambientale, agli altri paesi dell’UE:qualora ritenga che il piano o programma possa avere effetti di natura ambientale sul territorio di questi altri paesi dell’UE;dietro richiesta di tali paesi dell’UE. Il rapporto ambientale, le opinioni espresse dalle autorità pertinenti e dal pubblico e i risultati di eventuali consultazioni transfrontaliere dovranno essere tenuti in considerazione dalle autorità competenti durante la stesura del piano o programma e prima che venga adottato. Quando un piano o un programma vengono adottati, il paese dell’UE responsabile ha il dovere di informare tutte le parti interessate che sono state consultate e di mettere a loro disposizione:il piano o programma così come viene adottato;una dichiarazione di sintesi sul modo in cui le considerazioni di natura ambientale sono state integrate e il rapporto sull’impatto ambientale;le opinioni e i risultati delle consultazioni;le motivazioni per aver scelto il piano o programma così come è stato adottato;le misure di monitoraggio intraprese. Tuttavia, la valutazione ambientale eseguita in ottemperanza alla direttiva VAS, non annulla l’obbligo di condurre la valutazione di impatto ambientale richiesta dalla direttiva VIA né quello di soddisfare ogni altro requisito legale dell’UE. I paesi dell’UE possono fornire procedure coordinate o comuni al fine di evitare doppie valutazioni ambientali in relazione a quei piani e programmi per i quali l’obbligo di eseguire tali valutazioni emerge simultaneamente da questa direttiva e da altre disposizioni legislative dell’UE. Entro il 21 luglio 2006, e successivamente ogni 7 anni, la Commissione europea continuerà a presentare al Parlamento europeo e al Consiglio dei rapporti sull’applicazione della direttiva. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DIRETTIVA? È in vigore dal 21 luglio 2001. Doveva entrare in vigore nei paesi dell’UE il 21 luglio 2004. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Valutazione ambientale strategica— VAS (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente (GU L 197 del 21.7.2001, pagg. 30-37) DOCUMENTI CORRELATI Direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206 del 22.7.1992, pagg. 7-50) I successivi emendamenti alla direttiva 92/43/CEE sono stati incorporati nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU L 26 del 28.1.2012, pagg. 1-21) Si veda la versione consolidata. Relazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sull’applicazione e l’efficacia della direttiva sulla valutazione ambientale strategica (direttiva 2001/42/CE) [COM(2009) 469 def. del 14.9.2009] Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo a norma dell’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2001/42/CE concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente [COM(2017) 234 final, del 15.5.2017]
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32014R0548
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REGOLAMENTO (UE) N. 548/2014 DELLA COMMISSIONE del 21 maggio 2014 recante modalità di applicazione della direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i trasformatori di potenza piccoli, medi e grandi LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, vista la direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativa all'istituzione di un quadro per l'elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all'energia (1), in particolare l'articolo 15, paragrafo 1, sentito il forum consultivo sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti, considerando quanto segue: (1) La Commissione ha condotto uno studio preparatorio che analizza gli aspetti ambientali ed economici dei trasformatori. Lo studio è stato realizzato in cooperazione con le parti in causa e le parti interessate dell'Unione e i suoi risultati sono stati resi pubblici. I trasformatori sono considerati prodotti connessi all'energia ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2009/125/CE. (2) Lo studio ha mostrato che l'aspetto ambientale più rilevante, che può essere influenzato dalla progettazione dei prodotti, è l'energia nella fase di esercizio. Nella fabbricazione dei trasformatori sono impiegati quantitativi considerevoli di materie prime (rame, ferro, resina, alluminio), ma i meccanismi di mercato sembrano garantire un adeguato trattamento di fine vita del prodotto; non è pertanto necessario stabilire requisiti specifici in materia. (3) I requisiti in materia di progettazione ecocompatibile di cui all'allegato I si applicano ai prodotti immessi sul mercato o messi in servizio ovunque essi siano installati, e non possono quindi dipendere dall'applicazione in cui il prodotto è utilizzato. (4) I trasformatori sono generalmente acquistati nell'ambito di accordi quadro. Per acquisto si intende, in tale contesto, la contrattazione con i fabbricanti per la consegna di un dato volume di trasformatori. L'entrata in vigore del contratto corrisponderà alla data della firma dello stesso ad opera delle parti. (5) Alcune categorie di trasformatori non dovrebbero rientrare nell'ambito di applicazione del presente regolamento a motivo di loro specifiche funzioni. Il consumo di energia e il potenziale di risparmio di tali trasformatori sono irrilevanti se confrontati con quelli di altri. (6) Sono previste deroghe alle prescrizioni per effetto delle limitazioni di peso imposte al montaggio dei trasformatori su pali per linee elettriche. Per evitare l'uso improprio di trasformatori destinati specificamente al montaggio su palo, essi dovranno recare ben visibile la dicitura «destinati esclusivamente al montaggio su palo», allo scopo di facilitare il lavoro delle autorità nazionali preposte alla sorveglianza del mercato. (7) Sono previste deroghe alle prescrizioni per i trasformatori dotati di dispositivi di regolazione della tensione al fine di integrare l'energia elettrica rinnovabile generata fuori rete nella rete di distribuzione. Tali deroghe dovranno decadere progressivamente con l'ulteriore evoluzione di questa tecnologia e con la messa a disposizione di norme di misurazione che consentano di distinguere le perdite legate al trasformatore di base da quelle imputabili ad apparecchiature destinate a svolgere funzioni supplementari. (8) Occorre inoltre stabilire requisiti in materia di progettazione ecocompatibile per quanto riguarda il rendimento e l'efficienza energetici dei trasformatori medi e l'efficienza energetica dei trasformatori grandi al fine di armonizzare i requisiti applicabili a tali dispositivi a livello dell'Unione. Tali requisiti contribuirebbero inoltre al buon funzionamento del mercato interno e al miglioramento delle prestazioni ambientali degli Stati membri. (9) È necessario inoltre definire requisiti in materia di progettazione ecocompatibile per i trasformatori di potenza medi e grandi al fine di favorire la penetrazione sul mercato di tecnologie e soluzioni di progettazione che ne migliorino il rendimento o l'efficienza energetici. Nel 2008 le perdite annuali totali subite dal parco trasformatori nell'UE27 ammontavano a 93,4 TWh. Le potenzialità di miglioramento in termini di costi generate da una migliore progettazione sono state stimate per il 2025 in circa 16,2 TWh all'anno, pari a 3,7 Mt di emissioni di CO2. (10) È necessario prevedere un'entrata in vigore in fasi successive dei requisiti in materia di progettazione ecocompatibile per dare ai fabbricanti il tempo necessario per riprogettare i loro prodotti. Occorre fissare i termini per l'applicazione di tali requisiti tenendo conto contestualmente dell'impatto sui costi per i fabbricanti, in particolare per le piccole e medie imprese, assicurando nel contempo che gli obiettivi strategici vengano raggiunti nei tempi previsti. (11) Per consentire l'effettiva attuazione del regolamento, si raccomanda fortemente alle autorità di regolamentazione nazionali di tenere conto dell'effetto dei requisiti minimi di efficienza sul costo iniziale del trasformatore e di favorire l'installazione di trasformatori più funzionali di quelli previsti dal regolamento, se economicamente giustificabili sulla base del loro intero ciclo di vita, tenuto conto anche di una valutazione adeguata della riduzione delle perdite. (12) Per agevolare il controllo della conformità, i fabbricanti devono essere invitati a fornire nella documentazione tecnica le necessarie informazioni conformemente agli allegati IV e V della direttiva 2009/125/CE. (13) Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato istituito a norma dell'articolo 19, paragrafo 1, della direttiva 2009/125/CE, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto e campo di applicazione 1. Il presente regolamento definisce i requisiti in materia di progettazione ecocompatibile per l'immissione sul mercato o la messa in servizio di trasformatori con una potenza minima di 1 kVA utilizzati nelle reti di trasporto e di distribuzione della corrente elettrica a 50 Hz o per applicazioni industriali. Il regolamento si applica unicamente ai trasformatori acquistati dopo l'entrata in vigore dello stesso. 2. Il presente regolamento non si applica ai trasformatori specificamente progettati e utilizzati per le seguenti applicazioni: — trasduttori progettati specificamente per alimentare strumenti di misurazione, contatori, commutatori e altri apparecchi simili, — trasformatori con avvolgimenti di bassa tensione progettati specificamente per essere utilizzati come raddrizzatori al fine di fornire un'alimentazione in corrente continua, — trasformatori progettati specificamente per essere direttamente collegati a un forno, — trasformatori progettati specificamente per essere utilizzati in impianti offshore e impianti offshore galleggianti, — trasformatori progettati specificamente per impianti di emergenza, — trasformatori e autotrasformatori progettati specificamente per sistemi di alimentazione ferroviaria, — trasformatori di messa a terra, vale a dire trifasi, destinati a fornire un punto neutro per la messa a terra di un impianto, — trasformatori di trazione installati sul materiale rotabile, vale a dire trasformatori collegati, direttamente o tramite un convertitore, ad una linea di contatto a corrente alternata o a corrente continua, utilizzati negli impianti fissi di applicazioni ferroviarie, — trasformatori di avviamento, progettati specificatamente per l'avviamento di motori trifase in modo da eliminare le cadute di tensione di alimentazione, — trasformatori di prova, progettati specificamente per essere utilizzati in un circuito al fine di produrre una data tensione o una data corrente per testare materiale elettrico, — trasformatori per saldatrici, progettati specificatamente per essere utilizzati in apparecchiature per saldatura ad arco o apparecchiature per la saldatura a resistenza, — trasformatori progettati specificamente per applicazioni antideflagrazione e per attività minerarie sotterranee (2), — trasformatori progettati specificamente per utilizzo in acque profonde (in immersione), — trasformatori di interfaccia di media tensione (MT) fino a 5 MVA, — grandi trasformatori di potenza, ove si dimostri che per una particolare applicazione non sono disponibili alternative tecnicamente praticabili che soddisfino i requisiti minimi di efficienza di cui al presente regolamento, — grandi trasformatori di potenza equivalenti, utilizzati per la sostituzione nella stessa ubicazione fisica o installazione dei grandi trasformatori di potenza esistenti se detta sostituzione non comporta costi sproporzionati legati al loro trasporto e/o alla loro installazione, ciò non riguarda le prescrizioni in materia di informazione relativa al prodotto, né la documentazione tecnica conformemente all'allegato I, punti 3 e 4. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento e dei suoi allegati si applicano le seguenti definizioni: 1) «trasformatore di potenza»: un apparecchio statico ad induzione elettromagnetica a due o più avvolgimenti destinato a trasformare un sistema di tensione e di corrente alternate in un altro sistema di tensione e corrente alternate, generalmente di valori differenti, ma della stessa frequenza, al fine di trasmettere energia elettrica; 2) «piccolo trasformatore di potenza»: un trasformatore di potenza la cui tensione d'uscita massima sia pari o inferiore a 1,1 kV; 3) «trasformatore di potenza medio»: un trasformatore di potenza la cui tensione d'uscita massima sia superiore a 1,1 kV ma pari o inferiore a 36 kV, e la cui potenza nominale sia pari o superiore a 5 kVA ma inferiore a 40 MVA; 4) «grande trasformatore di potenza»: un trasformatore di potenza la cui tensione d'uscita massima sia superiore a 36 kV e la cui potenza nominale sia pari o superiore a 5 kVA o la cui potenza nominale sia pari o superiore a 40 MVA, indipendentemente dalla tensione d'uscita massima; 5) «trasformatore immerso in un liquido»: un trasformatore di potenza il cui circuito magnetico e i cui avvolgimenti sono immersi in un liquido; 6) «trasformatore di tipo a secco»: un trasformatore di potenza il cui circuito magnetico e i cui avvolgimenti non sono immersi in un liquido isolante; 7) «trasformatore di potenza medio montato su palo»: un trasformatore di potenza con una potenza nominale non superiore a 315 kVA, adatto a un uso esterno e progettato per essere montato su strutture di sostegno di linee elettriche aeree; 8) «trasformatore di distribuzione con regolazione della tensione»: un trasformatore di potenza medio dotato di componenti aggiuntivi, all'interno o all'esterno del suo cassone, per il controllo automatico della tensione di ingresso o di uscita del trasformatore a fini di regolazione della tensione a carico; 9) «avvolgimento»: l'insieme delle spire che formano un circuito elettrico associato ad una delle tensioni assegnate al trasformatore; 10) «tensione nominale di un avvolgimento» (Un): la tensione specificata per essere applicata o indotta a vuoto fra i terminali di linea di un avvolgimento senza prese o di un avvolgimento con prese collegati con l'avvolgimento primario; 11) «avvolgimento ad alta tensione»: un avvolgimento con la più elevata tensione nominale; 12) «tensione d'uscita massima di un'apparecchiatura» (Um): applicabile ad un avvolgimento di un trasformatore, valore massimo di efficacia della tensione d'uscita concatenata in un sistema trifase per il quale è progettato tale avvolgimento in funzione del suo isolamento; 13) «potenza nominale» (Sr): valore convenzionale di potenza apparente assegnata ad un avvolgimento che, unitamente alla tensione nominale dell'avvolgimento, ne determina la corrente nominale; 14) «perdita a carico» (Pk): la potenza attiva relativa ad una coppia di avvolgimenti, assorbita alla frequenza nominale e alla temperatura di riferimento, quando la corrente nominale (corrente di presa) passa attraverso un terminale o terminali di linea di uno degli avvolgimenti e i terminali dell'altro avvolgimento sono in cortocircuito e ogni avvolgimento dotato di prese è connesso alla sua presa principale, mentre gli altri avvolgimenti, se esistenti, sono a circuito aperto; 15) «perdita a vuoto» (Po): la potenza attiva assorbita ad una frequenza nominale quando il trasformatore è alimentato e il circuito secondario è aperto; la tensione applicata è la tensione nominale e se l'avvolgimento di eccitazione è dotato di una presa è collegato alla sua presa primaria; 16) «indice di efficienza di picco» (PEI): valore massimo del rapporto tra la potenza apparente trasmessa da un trasformatore meno le perdite elettriche e la potenza apparente trasmessa dal trasformatore. Articolo 3 Requisiti in materia di progettazione ecocompatibile I trasformatori di potenza piccoli, medi e grandi soddisfano i requisiti in materia di progettazione ecocompatibile di cui all'allegato I. Articolo 4 Valutazione della conformità La valutazione della conformità è eseguita applicando la procedura per il controllo interno della progettazione di cui all'allegato IV della direttiva 2009/125/CE o la procedura del sistema di gestione di cui all'allegato V della stessa direttiva. Articolo 5 Procedura di verifica ai fini della sorveglianza del mercato Nell'effettuare la verifiche della sorveglianza del mercato previste all'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/125/CE, le autorità degli Stati membri applicano la procedura di verifica di cui all'allegato III del presente regolamento. Articolo 6 Parametri di riferimento indicativi I parametri di riferimento indicativi per i trasformatori con le migliori prestazioni tecnologicamente possibili al momento dell'adozione del presente regolamento figurano nell'allegato IV. Articolo 7 Riesame Entro tre anni dall'entrata in vigore del presente regolamento, la Commissione procede al suo riesame, tenendo conto dei progressi tecnologici, e presenta i risultati di tale riesame al forum consultivo. Il riesame analizzerà in particolare i seguenti aspetti: — possibilità di fissare valori minimi relativi all'indice di efficienza di picco per tutti i trasformatori di potenza medi, compresi quelli con una potenza nominale inferiore a 3 150 kVA, — possibilità di distinguere, se del caso, le perdite legate al trasformatore di base da quelle imputabili ad altri componenti che svolgono funzioni di regolazione della tensione, — opportunità di stabilire requisiti minimi di rendimento per trasformatori di potenza monofase, nonché per i piccoli trasformatori di potenza, — appropriatezza delle deroghe accordate per i trasformatori montati su palo e per particolari combinazioni di tensioni degli avvolgimenti nei trasformatori di potenza medi, — possibilità di intervenire sugli impatti ambientali diversi dal consumo di energia nella fase di esercizio. Articolo 8 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 21 maggio 2014 Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 285 del 31.10.2009, pag. 10. (2) Le apparecchiature destinate a essere utilizzate in atmosfera potenzialmente esplosiva rientrano nel campo di applicazione della direttiva 94/9/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 100 del 19.4.1994, pag. 1). ALLEGATO I Requisiti in materia di progettazione ecocompatibile 1. Requisiti minimi in materia di rendimento o di efficienza energetici applicabili ai trasformatori di potenza medi I trasformatori di potenza medi devono rispettare i livelli massimi consentiti di perdite a carico e di perdite a vuoto o i valori dell'indice di efficienza di picco (PEI) di cui alle tabelle da I.1 a I.5, esclusi i trasformatori di potenza medi montati su palo, che rispettano i valori massimi consentiti per le perdite a carico e le perdite a vuoto, di cui alla tabella I.6. 1.1. Requisiti applicabili ai trasformatori trifase medi con potenza nominale ≤3 150 kVA Tabella I.1: Valori massimi delle perdite a carico e delle perdite a vuoto (in W) per i trasformatori trifase medi immersi in un liquido con un avvolgimento con Um ≤ 24 kV e l'altro con Um ≤ 1,1 kV. Fase 1 (dal 1o luglio 2015) Fase 2 (dal 1o luglio 2021) Potenza nominale (kVA) Perdite massime a carico Pk (W) (1) Perdite massime a vuoto Po (W) (1) Perdite massime a carico Pk (W) (1) Perdite massime a vuoto Po (W) (1) ≤ 25 Ck (900) Ao (70) Ak (600) Ao – 10 % (63) 50 Ck (1 100) Ao (90) Ak (750) Ao – 10 % (81) 100 Ck (1 750) Ao (145) Ak (1 250) Ao – 10 % (130) 160 Ck (2 350) Ao (210) Ak (1 750) Ao – 10 % (189) 250 Ck (3 250) Ao (300) Ak (2 350) Ao – 10 % (270) 315 Ck (3 900) Ao (360) Ak (2 800) Ao – 10 % (324) 400 Ck (4 600) Ao (430) Ak (3 250) Ao – 10 % (387) 500 Ck (5 500) Ao (510) Ak (3 900) Ao – 10 % (459) 630 Ck (6 500) Ao (600) Ak (4 600) Ao – 10 % (540) 800 Ck (8 400) Ao (650) Ak (6 000) Ao – 10 % (585) 1 000 Ck (10 500) Ao (770) Ak (7 600) Ao – 10 % (693) 1 250 Bk (11 000) Ao (950) Ak (9 500) Ao – 10 % (855) 1 600 Bk (14 000) Ao (1 200) Ak (12 000) Ao – 10 % (1080) 2 000 Bk (18 000) Ao (1 450) Ak (15 000) Ao – 10 % (1 305) 2 500 Bk (22 000) Ao (1 750) Ak (18 500) Ao – 10 % (1 575) 3 150 Bk (27 500) Ao (2 200) Ak (23 000) Ao – 10 % (1 980) Tabella I.2: Valori massimi delle perdite a carico e delle perdite a vuoto (in W) per i trasformatori trifase medi di tipo a secco con un avvolgimento con Um ≤ 24kV e l'altro con Um ≤ 1,1kV. Fase 1 (dal 1o luglio 2015) Fase 2 (dal 1o luglio 2021) Potenza nominale (kVA) Perdite massime a carico Pk (W) (2) Perdite massime a vuoto Po (W) (2) Perdite massime a carico Pk (W) (2) Perdite massime a vuoto Po (W) (2) ≤ 50 Bk (1 700) Ao (200) Ak (1 500) Ao – 10 % (180) 100 Bk (2 050) Ao (280) Ak (1 800) Ao – 10 % (252) 160 Bk (2 900) Ao (400) Ak (2 600) Ao – 10 % (360) 250 Bk (3 800) Ao (520) Ak (3 400) Ao – 10 % (468) 400 Bk (5 500) Ao (750) Ak (4 500) Ao – 10 % (675) 630 Bk (7 600) Ao (1 100) Ak (7 100) Ao – 10 % (990) 800 Ak (8 000) Ao (1 300) Ak (8 000) Ao – 10 % (1 170) 1 000 Ak (9 000) Ao (1 550) Ak (9 000) Ao – 10 % (1 395) 1 250 Ak (11 000) Ao (1 800) Ak (11 000) Ao – 10 % (1 620) 1 600 Ak (13 000) Ao (2 200) Ak (13 000) Ao – 10 % (1 980) 2 000 Ak (16 000) Ao (2 600) Ak (16 000) Ao – 10 % (2 340) 2 500 Ak (19 000) Ao (3 100) Ak (19 000) Ao – 10 % (2 790) 3 150 Ak (22 000) Ao (3 800) Ak (22 000) Ao – 10 % (3 420) Tabella I.3: Correzione delle perdite a carico e delle perdite a vuoto in presenza di altre combinazioni di tensioni negli avvolgimenti o in caso di doppia tensione in uno o in entrambi gli avvolgimenti (potenza nominale > 3 150 kVA). Un avvolgimento con Um ≤ 24 kV e l'altro con Um > 1,1 kV Le perdite massime ammissibili indicate nelle tabelle I.1 e I.2 sono maggiorate del 10 % per le perdite a vuoto e per le perdite a carico Un avvolgimento con Um = 36 kV e l'altro con Um ≤ 1,1 kV Le perdite massime ammissibili indicate nelle tabelle I.1 e I.2 sono maggiorate del 15 % per le perdite a vuoto e per le perdite a carico Un avvolgimento con Um = 36 kV e l'altro con Um > 1,1 kV Le perdite massime ammissibili indicate nelle tabelle I.1 e I.2 sono maggiorate del 20 % per le perdite a vuoto e del 15 % per le perdite a carico Doppia tensione su un avvolgimento Nel caso dei trasformatori con un avvolgimento di alta tensione e due tensioni disponibili a partire da un avvolgimento con presa di bassa tensione, le perdite sono calcolate sulla base della tensione sull'avvolgimento di bassa tensione più elevata e sono conformi alle perdite massime ammissibili indicate nelle tabelle I.1 e I.2. In questo tipo di trasformatori la potenza massima disponibile alla tensione sull'avvolgimento di bassa tensione più bassa non supera l'85 % della potenza nominale assegnata all'avvolgimento di bassa tensione alla sua tensione più elevata. Nel caso dei trasformatori con un avvolgimento di bassa tensione e due tensioni disponibili a partire da un avvolgimento con presa di alta tensione, le perdite sono calcolate sulla base della tensione sull'avvolgimento di alta tensione più elevata e sono conformi alle perdite massime ammissibili indicate nelle tabelle I.1 e I.2. In questo tipo di trasformatori la potenza massima disponibile alla tensione sull'avvolgimento di alta tensione più bassa non supera l'85 % della potenza nominale assegnata all'avvolgimento di alta tensione alla sua tensione più elevata. Se la potenza nominale è disponibile nella sua totalità indipendentemente dalla combinazione di tensioni, i livelli delle perdite indicate nelle tabelle I.1 e I.2 possono essere maggiorati del 15 % per le perdite a vuoto e del 10 % per le perdite a carico. Doppia tensione su entrambi gli avvolgimenti Le perdite massime ammissibili indicate nelle tabelle I.1 e I.2 possono essere maggiorate del 20 % per le perdite a vuoto e per le perdite a carico nei trasformatori con doppia tensione su entrambi gli avvolgimenti. Il livello delle perdite per la massima potenza nominale possibile è indicato partendo dalla principio che la potenza nominale resta la stessa indipendentemente dalla combinazione di tensioni. 1.2. Requisiti applicabili ai trasformatori medi con potenza nominale > 3150kVA Tabella I.4: Valori minimi dell'indice di efficienza di picco (PEI) per i trasformatori di potenza medi immersi in un liquido Potenza nominale (kVA) Fase 1 (1o luglio 2015) Fase 2 (1o luglio 2021) Valore minimo dell'indice di efficienza di picco (%) 3 150 < Sr ≤ 4 000 99,465 99,532 5 000 99,483 99,548 6 300 99,510 99,571 8 000 99,535 99,593 10 000 99,560 99,615 12 500 99,588 99,640 16 000 99,615 99,663 20 000 99,639 99,684 25 000 99,657 99,700 31 500 99,671 99,712 40 000 99,684 99,724 I valori minimi del PEI per le potenze nominali in kVA che si situano tra i valori indicati nella tabella I.4 sono ricavati mediante interpolazione lineare. Tabella I.5. Valori minimi dell'indice di efficienza di picco (PEI) per i trasformatori di potenza medi di tipo a secco Potenza nominale (kVA) Fase 1 (1o luglio 2015) Fase 2 (1o luglio 2021) Valore minimo dell'indice di efficienza di picco (%) 3 150 < Sr ≤ 4 000 99,348 99,382 5 000 99,354 99,387 6 300 99,356 99,389 8 000 99,357 99,390 ≥ 10 000 99,357 99,390 I valori minimi del PEI per le potenze nominali in kVA che si situano tra i valori indicati nella tabella I.5 sono ricavati mediante interpolazione lineare. 1.3. Requisiti applicabili ai trasformatori medi con potenza nominale ≤ 3 150 kVA, dotati di prese adatte al funzionamento di un trasformatore alimentato o a carico, a fini di adeguamento della tensione. A questa categoria appartengono i trasformatori di distribuzione regolatori della tensione. I livelli massimi ammissibili delle perdite indicate nelle tabelle I.1 e I.2 sono maggiorati del 20 % per le perdite a vuoto e del 5 % per le perdite a carico nella fase 1 e del 10 % per le perdite a vuoto nella fase 2. 1.4. Requisiti applicabili ai trasformatori medi su palo I livelli delle perdite a vuoto e a carico indicati nelle tabelle I.1 e I.2 non riguardano i trasformatori su palo immersi in un liquido con potenza nominale compresa tra 25 kVA e 315 kVA. Per questi modelli specifici di trasformatori medi su palo, i livelli massimi delle perdite ammissibili sono indicati nella tabella I.6. Tabella I.6: Perdite massime a carico e perdite massime a vuoto (in W) per i trasformatori medi su palo immersi in un liquido. Fase 1 (1o luglio 2015) Fase 2 (1o luglio 2021) Potenza nominale (kVA) Perdite massime a carico (W) (3) Perdite massime a vuoto (W) (3) Perdite massime a carico (W) (3) Perdite massime a vuoto (W) (3) 25 Ck (900) Ao (70) Bk (725) Ao (70) 50 Ck (1 100) Ao (90) Bk (875) Ao (90) 100 Ck (1 750) Ao (145) Bk (1 475) Ao (145) 160 Ck + 32 % (3 102) Co (300) Ck + 32 % (3 102) Co-10 % (270) 200 Ck (2 750) Co (356) Bk (2 333) Bo (310) 250 Ck (3 250) Co (425) Bk (2 750) Bo (360) 315 Ck (3 900) Co (520) Bk (3 250) Bo (440) 2. Requisiti minimi in materia di efficienza energetica applicabili ai grandi trasformatori di potenza I requisiti minimi di efficienza applicabili ai grandi trasformatori di potenza sono riportati nelle tabelle I.7 e I.8. Tabella I.7: Requisiti minimi relativi all'indice di efficienza di picco (PEI) applicabili ai grandi trasformatori di potenza immersi in un liquido Potenza nominale (MVA) Fase 1 (1o luglio 2015) Fase 2 (1o luglio 2021) Valore minimo dell'indice di efficienza di picco (%) ≤ 4 99,465 99,532 5 99,483 99,548 6,3 99,510 99,571 8 99,535 99,593 10 99,560 99,615 12,5 99,588 99,640 16 99,615 99,663 20 99,639 99,684 25 99,657 99,700 31,5 99,671 99,712 40 99,684 99,724 50 99,696 99,734 63 99,709 99,745 80 99,723 99,758 ≥ 100 99,737 99,770 I valori minimi dell'indice di efficienza di picco per potenze assegnate in MVA che si situano tra i valori indicati nella tabella I.7 sono ricavati mediante interpolazione lineare. Tabella I.8.: Requisiti minimi relativi all'indice di efficienza di picco applicabili ai grandi trasformatori di potenza di tipo a secco Potenza nominale (MVA) Fase 1 (1o luglio 2015) Fase 2 (1o luglio 2021) Valore minimo dell'indice di efficienza di picco (%) ≤ 4 99,158 99,225 5 99,200 99,265 6,3 99,242 99,303 8 99,298 99,356 10 99,330 99,385 12,5 99,370 99,422 16 99,416 99,464 20 99,468 99,513 25 99,521 99,564 31,5 99,551 99,592 40 99,567 99,607 50 99,585 99,623 ≥ 63 99,590 99,626 I valori minimi dell'indice di efficienza di picco per potenze assegnate in MVA che si situano tra i valori indicati nella tabella I.8 sono ricavati mediante interpolazione lineare. 3. Prescrizioni in materia di informazioni sul prodotto A decorrere dal 1o luglio 2015 le seguenti prescrizioni in materia di informazioni sul prodotto per i trasformatori che rientrano nell'ambito di applicazione del presente regolamento (articolo 1) saranno incluse in tutta la documentazione relativa al prodotto, comprese le pagine web dei fabbricanti accessibili al pubblico: a) informazioni sulla potenza nominale, sulle perdite a carico e sulle perdite a vuoto e sulla potenza elettrica di ogni sistema di raffreddamento necessario per il funzionamento a vuoto; b) per i trasformatori di potenza medi (se del caso) e per quelli grandi, il valore dell'indice di efficienza di picco e la potenza alla quale essa si manifesta; c) per i trasformatori bitensione, la potenza massima nominale assegnata alla tensione più bassa, conformemente alla tabella I.3; d) informazioni sul peso di tutti i componenti principali di un trasformatore di potenza (compresi almeno il conduttore, la sua natura e il materiale di base); e) per i trasformatori di potenza medi montati su palo, un display visibile recante la dicitura «destinati esclusivamente al montaggio su palo». Le informazioni di cui alle lettere a), c) e d) devono figurare anche sulla targhetta dei dati di funzionamento dei trasformatori di potenza. 4. Documentazione tecnica Nella documentazione tecnica dei trasformatori di potenza devono essere incluse le seguenti informazioni: a) nome e recapito del fabbricante; b) identificazione del modello e codice alfanumerico per poter distinguere il modello da altri modelli prodotti dallo stesso fabbricante; c) le informazioni di cui al punto 3. Se la documentazione tecnica si basa interamente o in parte sulla documentazione tecnica di un altro modello, deve essere fornito l'identificatore di tale modello; la documentazione tecnica deve contenere inoltre informazioni dettagliate su come tali informazioni sono state ottenute dalla documentazione tecnica dell'altro modello, ad esempio sui calcoli e sulle estrapolazioni, compresi i risultati delle prove eseguite dal fabbricante a fini di verifica. (1) le perdite massime per le potenze nominali in kVA che si situano tra i valori indicati nella tabella I.1 sono ricavate mediante interpolazione lineare. (2) le perdite massime per le potenze nominali in kVA che si situano tra i valori indicati nella tabella I.2 sono ricavate mediante interpolazione lineare. (3) le perdite massime ammissibili per le potenze nominali in kVA che si situano tra i valori indicati nella tabella I.6 sono ricavate mediante interpolazione lineare. ALLEGATO II Metodi di misurazione e di calcolo Metodo di misurazione Ai fini della conformità ai requisiti del presente regolamento, le misurazioni sono effettuate utilizzando una procedura affidabile, accurata e riproducibile che tenga conto delle metodologie più avanzate e generalmente riconosciute, compresi i metodi definiti nei documenti i cui numeri di riferimento sono stati pubblicati a tal fine nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Metodi di calcolo Il metodo di calcolo dell'indice di efficienza di picco (PEI) per i trasformatori di potenza medi e grandi si basa sul rapporto tra la potenza apparente trasferita di un trasformatore meno le perdite elettriche e la potenza apparente trasferita del trasformatore. dove: P0 indica la misura delle perdite a vuoto alla tensione nominale e alla frequenza nominale, sulla presa nominale; Pc0 indica la potenza elettrica necessaria per il sistema di raffreddamento per il funzionamento a vuoto; Pk indica la perdita a carico misurata alla corrente nominale e alla frequenza nominale sulla presa nominale, adeguate alla temperatura di riferimento; Sr indica la potenza nominale del trasformatore o dell'autotrasformatore sulla quale si basa Pk. ALLEGATO III Procedura di verifica Nell'effettuare i controlli di sorveglianza del mercato, di cui all'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/125/CE, le autorità degli Stati membri attuano la seguente procedura di verifica per quanto riguarda i requisiti di cui all'allegato I: 1) le autorità degli Stati membri sottopongono a prova una sola unità per modello; 2) il modello è considerato conforme ai requisiti applicabili di cui all'allegato I del presente regolamento se i valori che figurano nella documentazione tecnica rispettano tali requisiti e se i parametri misurati rispondono ai requisiti di cui all'allegato I, entro le tolleranze ai fini della verifica indicati nella tabella del presente allegato; 3) se non sono raggiunti i risultati di cui al punto 2, il modello non è ritenuto conforme ai requisiti del presente regolamento. Le autorità degli Stati membri devono fornire alle autorità degli altri Stati membri e alla Commissione tutte le informazioni pertinenti, inclusi, se del caso, i risultati delle prove entro un mese dalla data di adozione della decisione sulla non conformità del modello. Le autorità degli Stati membri applicano i metodi di misurazione e di calcolo descritti nell'allegato II. Tenuto conto delle limitazioni di peso e di dimensioni nel trasporto dei trasformatori di potenza medi e grandi, le autorità degli Stati membri possono decidere di avviare la procedura di verifica nei locali dei fabbricanti, prima che gli apparecchi siano messi in servizio nel loro luogo di destinazione finale. Le tolleranze stabilite nel presente allegato si riferiscono esclusivamente alla verifica dei parametri misurati dalle autorità degli Stati membri e non sono utilizzate dal fabbricante o dall'importatore come tolleranze ammesse per stabilire i valori riportati nella documentazione tecnica. Tabella Parametro misurato Tolleranze applicabili alla verifica Perdite a carico Il valore misurato non deve superare di oltre il 5 % il valore dichiarato. Perdite a vuoto Il valore misurato non deve superare di oltre il 5 % il valore dichiarato. Potenza elettrica necessaria per il sistema di raffreddamento per il funzionamento a vuoto Il valor misurato non deve superare di oltre il 5 % il valore dichiarato. ALLEGATO IV Parametri di riferimento indicativi Al momento dell'adozione del presente regolamento la migliore tecnologia disponibile sul mercato per i trasformatori di potenza medi è stata identificata come segue: a) trasformatori di potenza medi immersi in un liquido: Ao – 20 %, Ak – 20 %; b) trasformatori di potenza medi del tipo a secco: Ao – 20 %, Ak – 20 %; c) trasformatori di potenza medi con anima di acciaio amorfo: Ao – 50 %, Ak – 50 %. La disponibilità di materiale per la fabbricazione di trasformatori con anima di acciaio amorfo deve essere ulteriormente sviluppata prima che tali valori delle perdite possano essere considerati in futuro requisiti minimi.
Requisiti per la progettazione ecocompatibile: trasformatori di potenza QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento (UE) n. 548/2014 recante modalità di applicazione della direttiva 2009/125/CE definisce i requisiti in materia di progettazione ecocompatibile* per l’immissione sul mercato o la messa in servizio di trasformatori con una potenza minima di 1 kVA utilizzati nelle reti di trasporto e di distribuzione della corrente elettrica a 50 Hz o per applicazioni industriali. L’esperienza maturata con l’attuazione della direttiva ha evidenziato che in alcuni Stati membri esistono variazioni nazionali della tensione normale delle reti di distribuzione dell’energia elettrica. Tali variazioni giustificano diversi livelli di soglia della tensione nella categorizzazione dei trasformatori e forniscono informazioni su quali requisiti minimi in materia di rendimento energetico è opportuno applicare. Il regolamento (UE) 2019/1783 modifica pertanto il regolamento (CE) n. 548/2014. PUNTI CHIAVE Il presente regolamento si applica ai trasformatori acquistati dopo l’11 giugno 2014. Per i medi trasformatori* e i trasformatori grandi*, la conformità e il rispetto del presente regolamento è rivalutata, indipendentemente dalla data della loro prima immissione sul mercato o messa in funzione, se subiscono tutte le seguenti operazioni:sostituzione del nucleo o di parte di esso; osostituzione di uno o più avvolgimenti completi. Il presente regolamento non si applica ai trasformatori specificamente progettati per le seguenti applicazioni:trasformatori collegati direttamente a un forno;trasformatori progettati specificamente per essere installati su piattaforme offshore fisse o galleggianti, su turbine eoliche offshore o a bordo di navi e di tutti i tipi di imbarcazioni;trasformatori utilizzati in apparecchiature per la saldatura ad arco o apparecchiature per la saldatura a resistenza. I requisiti di progettazione ecocompatibile sono specificati negli allegati del regolamento. Il regolamento stabilisce la procedura di valutazione della conformità.Modifiche introdotte dal regolamento (UE) 2019/1783: Le modifiche introducono:se le tensioni di soglia delle reti di distribuzione dell’energia elettrica si discostano dalla tensione normale all’interno dell’Unione, gli Stati membri ne danno comunicazione alla Commissione europea, in modo da prevedere una notifica pubblica per la corretta interpretazione delle tabelle dell’allegato I del regolamento (requisiti per la progettazione ecocompatibile); i fabbricanti, gli importatori o i loro rappresentanti autorizzati non devono immettere sul mercato prodotti che siano in grado di rilevare il fatto di essere sottoposti a prova e di alterare le prestazioni durante la prova; al fine di agevolare le verifiche, è consentito alle autorità di vigilanza del mercato di sottoporre a prova, o di assistere alle prove, dei trasformatori più grandi nei locali del fabbricante o in altri locali adeguati; la Commissione riesamina il presente regolamento e presenta i risultati entro il 1o luglio 2023. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il regolamento (UE) n. 548/2014 si applica dal 11 giugno 2014. Le modifiche introdotte dal regolamento (UE) 2019/1783 si applicano dal 14 novembre 2019. CONTESTO La direttiva 2009/125/CE stabilisce un quadro per definire i requisiti di progettazione ecocompatibile per i prodotti connessi all’energia. La Commissione li imposta per i prodotti che sono ampiamente venduti e commercializzati nell’Unione e che hanno un impatto ambientale significativo. Per maggiori informazioni consultare:Trasformatori di potenza: Specifiche per la progettazione ecocompatibile (Commissione europea) Spiegazione delle nuove misure di progettazione ecocompatibile (Commissione europea) Informazioni sull’etichetta energetica e sulla progettazione ecocompatibile — Risparmio energetico (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Progettazione ecocompatibile: Politica per migliorare, attraverso una migliore progettazione, le prestazioni ambientali dei prodotti durante tutto il loro ciclo di vita, in particolare l’efficienza energetica. trasformatore di potenza medio: un trasformatore di potenza in cui tutti gli avvolgimenti hanno una potenza nominale inferiore o uguale a 3 150 kVA e una tensione d’uscita massima superiore a 1,1 kV ma pari o inferiore a 36 kV. grande trasformatore di potenza: un trasformatore di potenza in cui almeno un avvolgimento ha una potenza nominale superiore a 3 150 kVA o una tensione d’uscita massima superiore a 36 kV. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) n. 548/2014 della Commissione, del 21 maggio 2014, recante modalità di applicazione della direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i trasformatori di potenza piccoli, medi e grandi (GU L 152 del 22.5.2014, pag. 1). Le successive modifiche al Regolamento (UE) n. 548/2014 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Comunicazione della Commissione nel quadro dell’applicazione del regolamento (UE) n. 548/2014 della Commissione recante modalità di applicazione della direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i trasformatori di potenza piccoli, medi e grandi (Pubblicazione di titoli e riferimenti di norme armonizzate ai sensi della normativa dell’Unione sull’armonizzazione) (GU L 416 dell’11.11.2016, pag. 12). Direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativa all’istituzione di un quadro per l’elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia (GU L 285 del 31.10.2009, pag. 10). Si veda la versione consolidata.
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32001L0111
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Direttiva 2001/111/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001, relativa a determinati tipi di zucchero destinati all'alimentazione umana Gazzetta ufficiale n. L 010 del 12/01/2002 pag. 0053 - 0057 Direttiva 2001/111/CE del Consigliodel 20 dicembre 2001relativa a determinati tipi di zucchero destinati all'alimentazione umanaIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),visto il parere del Comitato economico e sociale(3),considerando quanto segue:(1) Occorre semplificare talune direttive verticali nel settore dei prodotti alimentari per tener conto soltanto dei requisiti essenziali ai quali i prodotti contemplati da tali direttive devono conformarsi, affinché essi possano circolare liberamente nel mercato interno, conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo di Edimburgo dell'11-12 dicembre 1992, confermate dal Consiglio europeo di Bruxelles del 10-11 dicembre 1993.(2) La direttiva 73/437/CEE del Consiglio, dell'11 dicembre 1973, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti determinati tipi di zucchero destinati all'alimentazione umana(4), è stata motivata dal fatto che talune disparità tra le legislazioni nazionali relative a determinati tipi di zucchero potevano creare condizioni di concorrenza sleale, con la conseguenza di trarre in inganno il consumatore, e avevano quindi un'incidenza diretta sull'instaurazione e il funzionamento del mercato comune.(3) Con la direttiva 73/437/CEE si è mirato a fissare definizioni e norme comuni per le caratteristiche di fabbricazione, il confezionamento e l'etichettatura di detti prodotti, al fine di garantirne la libera circolazione all'interno della Comunità.(4) La Commissione prevede di proporre quanto prima e, in ogni caso, entro il 1o luglio 2000, l'inserimento nella direttiva 80/232/CEE del Consiglio, del 15 gennaio 1980, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alla gamma di quantità nominali e capacità nominali ammesse per taluni prodotti in imballaggi preconfezionati(5) di una gamma di pesi nominali dei prodotti definiti dalla presente direttiva.(5) È opportuno procedere alla sostituzione della direttiva 73/437/CEE al fine di rendere più accessibili le norme relative alle condizioni di fabbricazione e commercializzazione di alcuni tipi di zucchero destinati all'alimentazione umana e, inoltre, al fine di adeguarla alla legislazione comunitaria generale applicabile a tutti i prodotti alimentari e, in particolare, a quella relativa all'etichettatura, ai coloranti e agli altri additivi autorizzati, ai solventi di estrazione e ai metodi di analisi.(6) Le regole generali sull'etichettatura dei prodotti alimentari, enunciate dalla direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio(6), dovrebbero applicarsi fatte salve talune condizioni.(7) Conformemente ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità definiti dall'articolo 5 del trattato, l'obiettivo di stabilire definizioni e regole comuni per i prodotti interessati e di allineare le disposizioni alla normativa comunitaria sui prodotti alimentari non può essere sufficientemente realizzato dagli Stati membri e può dunque, data la natura della direttiva, essere realizzato meglio a livello comunitario. la presente direttiva non va al di là di quanto è necessario per il raggiungimento di tale obiettivo.(8) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate in base alla decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(7).(9) Per evitare che si creino nuovi ostacoli alla libera circolazione, occorre che gli Stati membri non adottino, per i prodotti indicati, disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1La presente direttiva si applica ai prodotti definiti nella parte A dell'allegato.Essa non si applica ai prodotti definiti nella parte A dell'allegato, qualora si tratti di zucchero impalpabile, zucchero candito e di zucchero in pani.Articolo 2La direttiva 2000/13/CE si applica ai prodotti definiti nella parte A dell'allegato, in base alle seguenti condizioni e deroghe:1) Fatto salvo il punto 5, le denominazioni di cui alla parte A dell'allegato sono riservate ai prodotti in esso definiti e sono utilizzate nel commercio per designarli.La denominazione di cui alla parte A, punto 2, dell'allegato può essere altresì utilizzata per designare il prodotto di cui alla parte A, punto 3, dello stesso.Tuttavia:- i prodotti definiti nella parte A dell'allegato possono recare, oltre alla denominazione obbligatoria, specificazioni abituali esistenti nei vari Stati membri,- queste denominazioni possono anche essere utilizzate in denominazioni elaborate per designare, conformemente all'uso, altri prodotti,a condizione che le stesse non siano tali da indurre in errore il consumatore.2) Per i prodotti preimballati di peso inferiore a 20 g, non occorre indicare il peso netto nell'etichettatura.3) L'etichettatura indica i contenuti di sostanza secca e di zucchero invertito per lo zucchero liquido, lo zucchero liquido invertito e lo sciroppo di zucchero invertito.4) L'etichettatura reca l'aggettivo "cristallizzato" per lo sciroppo di zucchero invertito che contiene cristalli nella soluzione.5) Qualora i prodotti di cui ai punti 7 e 8 dell'allegato, parte A, contengano fruttosio in quantità superiore al 5 % in rapporto alla sostanza secca, nel rispetto della loro denominazione e in quanto ingredienti, essi sono etichettati rispettivamente come "sciroppo di glucosio-fruttosio" o "sciroppo di fruttosio-glucosio", e "sciroppo disidratato di glucosio-fruttosio" o "sciroppo disidratato di fruttosio-glucosio" a seconda che prevalga la componente glucosio o fruttosio.Articolo 3Per i prodotti di cui alla presente direttiva, gli Stati membri non adottano disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva.Articolo 4Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva concernenti i punti citati in seguito sono adottate conformemente alla procedura di regolamentazione di cui all'articolo 5, paragrafo 2:- gli adeguamenti della presente direttiva alle disposizioni comunitarie generali in materia di prodotti alimentari,- gli adeguamenti al progresso tecnico.Articolo 51. La Commissione è assistita da un comitato permanente per i prodotti alimentari (in prosieguo: "il comitato") istituito dall'articolo 1 della decisione 69/414/CEE(8).2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Il Comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 6La direttiva 73/437/CEE è abrogata a decorrere dal 12 luglio 2003.I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva.Articolo 7Gli Stati membri mettono in vigore entro il 12 luglio 2003 le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative per conformarsi alla presente direttiva e ne informano immediatamente la Commissione.Dette disposizioni sono applicate in modo da:- autorizzare l'immissione in commercio dei prodotti di cui alla parte A dell'allegato, se conformi alle definizioni e alle norme previste dalla presente direttiva, a decorrere dal 12 luglio 2003,- vietare l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva a decorrere dal 12 luglio 2004.Tuttavia l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva ma etichettati entro il 12 luglio 2004, in conformità della direttiva 73/437/CEE, è autorizzata fino ad esaurimento delle scorte.Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui sopra, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di siffatto riferimento all'atto della loro pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.Articolo 8La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 9Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 20 dicembre 2001.Per il ConsiglioIl PresidenteC. Picqué(1) GU C 231 del 9.8.1996, pag. 6.(2) GU C 279 dell'1.10.1999, pag. 90.(3) GU C 56 del 24.2.1997, pag. 20.(4) GU L 356 del 27.12.1973, pag. 71. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1985.(5) GU L 51 del 25.2.1980, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 87/356/CEE (GU L 192 dell'11.7.1987, pag. 48).(6) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29.(7) GU L 184 del 7.7.1999, pag. 23.(8) GU L 291 del 19.11.1969, pag. 9.ALLEGATOA. DENOMINAZIONE E DEFINIZIONE DEI PRODOTTI1. Zucchero di fabbricaIl saccarosio depurato e cristallizzato, di qualità sana, leale e mercantile, rispondente alle caratteristiche seguenti:>SPAZIO PER TABELLA>2. Zucchero o zucchero biancoIl saccarosio depurato e cristallizzato, di qualità sana, leale e mercantile, rispondente alle caratteristiche seguenti:>SPAZIO PER TABELLA>3. Zucchero raffinato o zucchero bianco raffinatoIl prodotto rispondente alle caratteristiche di cui al punto 2, lettere a), b) e c) e il cui numero totale di punti, determinato conformemente alle disposizioni della parte B, non supera 8 né:- 4, per il tipo di colore- 6, per il contenuto di ceneri- 3, per la colorazione della soluzione.4. Zucchero liquido(1)La soluzione acquosa di saccarosio rispondente alle caratteristiche seguenti:>SPAZIO PER TABELLA>5. Zucchero liquido invertito(2)La soluzione acquosa di saccarosio parzialmente invertito mediante idrolisi, nella quale la proporzione di zucchero invertito non è preponderante e che risponde alle caratteristiche seguenti:>SPAZIO PER TABELLA>6. Sciroppo di zucchero invertito(3)La soluzione acquosa, eventualmente cristallizzata, di saccarosio parzialmente invertito mediante idrolisi, nella quale il tenore di zucchero invertito (quoziente del fruttosio per il destrosio: 1+/-0,1) deve essere superiore al 50 % in peso in rapporto alla sostanza secca e che soddisfa inoltre i requisiti di cui al punto 5, lettere a) e c).7. Sciroppo di glucosioLa soluzione acquosa depurata e concentrata di saccaridi alimentari, ottenuta da amido/fecola e/o da inulina e che risponde alle caratteristiche seguenti:>SPAZIO PER TABELLA>8. Sciroppo di glucosio disidratatoLo sciroppo di glucosio parzialmente essiccato con un tenore minimo di sostanza secca del 93 % in peso e che soddisfa i requisiti di cui al punto 7, lettere b) e c).9. Destrosio o destrosio monoidratoIl D-glucosio depurato e cristallizzato contenente una molecola d'acqua di cristallizzazione e rispondente alle caratteristiche seguenti:>SPAZIO PER TABELLA>10. Destrosio o destrosio anidroD-glucosio depurato e cristallizzato non contenente acqua di cristallizzazione, con un tenore minimo di sostanza secca del 98 % in peso e che soddisfa i requisiti di cui al punto 9, lettere a) e c).11. FruttosioD-fruttosio depurato e cristallizzato rispondente alle caratteristiche seguenti:>SPAZIO PER TABELLA>B. METODO DI DETERMINAZIONE DEL TIPO DI COLORE, DEL CONTENUTO DI CENERI CONDUTTIMETRICHE E DELLA COLORAZIONE DELLA SOLUZIONE DELLO ZUCCHERO (BIANCO) E DELLO ZUCCHERO (BIANCO) RAFFINATO DEFINITI NELLA PARTE A, PUNTI 2 E 3Un "punto" corrisponde:a) per quanto riguarda il tipo di colore, a 0,5 unità determinate secondo il metodo dell'Istituto per la tecnologia agraria e l'industria saccarifera di Braunschweig, di cui al capitolo A, punto 2, dell'allegato del regolamento (CEE) n. 1265/69 della Commissione, del 1o luglio 1969, relativo ai metodi di determinazione di qualità applicabili allo zucchero acquistato dagli organismi d'intervento(4);b) per quanto riguarda il contenuto di ceneri, allo 0,0018 % determinato secondo il metodo dell'International Commission for Uniform Methods of Sugar Analyses (ICUMSA), di cui al capitolo A, punto 1, dell'allegato del regolamento (CEE) n. 1265/69;c) per quanto riguarda la colorazione della soluzione, a 7,5 unità determinate secondo il metodo ICUMSA di cui al capitolo A, punto 3, dell'allegato del regolamento (CEE) n. 1265/69.(1) L'aggettivo "bianco" è riservato:a) allo zucchero liquido il cui colore della soluzione non superi le 25 unità ICUMSA determinate secondo il metodo di cui all'allegato, parte B, lettera c);b) allo zucchero liquido invertito ed allo sciroppo di zucchero invertito:- il cui contenuto di ceneri conduttimetriche non sia superiore allo 0,1 %,- la cui colorazione della soluzione non superi le 25 unità ICUMSA determinate secondo il metodo di cui all'allegato, parte B, lettera c).(2) L'aggettivo "bianco" è riservato:a) allo zucchero liquido il cui colore della soluzione non superi le 25 unità ICUMSA determinate secondo il metodo di cui all'allegato, parte B, lettera c);b) allo zucchero liquido invertito ed allo sciroppo di zucchero invertito:- il cui contenuto di ceneri conduttimetriche non sia superiore allo 0,1 %,- la cui colorazione della soluzione non superi le 25 unità ICUMSA determinate secondo il metodo di cui all'allegato, parte B, lettera c).(3) L'aggettivo "bianco" è riservato:a) allo zucchero liquido il cui colore della soluzione non superi le 25 unità ICUMSA determinate secondo il metodo di cui all'allegato, parte B, lettera c);b) allo zucchero liquido invertito ed allo sciroppo di zucchero invertito:- il cui contenuto di ceneri conduttimetriche non sia superiore allo 0,1 %,- la cui colorazione della soluzione non superi le 25 unità ICUMSA determinate secondo il metodo di cui all'allegato, parte B, lettera c).(4) GU L 163 dell'1.7.1969, pag. 1.
Zuccheri L’Unione europea (UE) fissa norme comuni per taluni zuccheri destinati all’alimentazione umana, nel rispetto della legislazione generale applicabile ai prodotti alimentari. Tali norme riguardano la composizione, le denominazioni di vendita, l’etichettatura e la presentazione. ATTO Direttiva 2001/111/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001, relativa a determinati tipi di zucchero destinati all’alimentazione umana. SINTESI La direttiva 2001/111/CE migliora l’etichettatura di taluni zuccheri alimentari per informare meglio i consumatori ed evitare di indurli in errore sui prodotti che essi acquistano. La direttiva si applica ferme restando le disposizioni generali relative all’etichettatura dei prodotti alimentari. Gli zuccheri La direttiva 2001/111/CE definisce undici varietà di zuccheri: zucchero di fabbrica, zucchero (zucchero bianco), zucchero raffinato (zucchero bianco raffinato), zucchero liquido, zucchero liquido invertito, sciroppo di zucchero invertito, sciroppo di glucosio, sciroppo di glucosio disidratato, destrosio monoidrato, destrosio (destrosio anidro) e fruttosio. Per ciascuna varietà corrispondono diverse caratteristiche di composizione e norme relative al confezionamento e all’etichettatura. L’etichettatura La direttiva 2001/111/CE fissa alcune disposizioni specifiche per i prodotti preimballati di peso inferiore a 20 grammi, per lo zucchero liquido, per lo sciroppo di zucchero invertito contenente cristalli nonché per alcuni prodotti che contengono più del 5% di fruttosio. Il peso netto dei prodotti preimballati di peso inferiore a 20 grammi non deve figurare sull’etichetta. Per contro, l’etichetta dello zucchero liquido invertito e dello sciroppo di zucchero invertito deve menzionare il tenore di sostanza secca e di zucchero invertito. Inoltre, l’etichetta dello sciroppo di zucchero invertito contenente cristalli deve recare l’aggettivo cristallizzato. Infine, gli sciroppi di glucosio (ivi inclusi gli sciroppi di glucosio disidratato) che contengono più del 5% di fruttosio (sostanza secca) devono recare la dicitura sciroppo di glucosio-fruttosio o sciroppo di fruttosio-glucosio e sciroppo disidratato di glucosio-fruttosio o sciroppo disidratato di fruttosio-glucosio, a seconda che prevalga la componente glucosio o fruttosio. Per i prodotti di cui alla presente direttiva, gli Stati membri non adottano disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva. Contesto Questa direttiva rientra in un quadro di semplificazione di alcune direttive verticali nel settore dei prodotti alimentari per tenere conto soltanto dei requisiti essenziali ai quali i prodotti contemplati da tali direttive devono conformarsi, affinché essi possano circolare liberamente nel mercato interno. RIFERIMENTI Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Direttiva 2001/111/CE 12.1.2002 11.7.2003 GU L 10 del 12.1.2002 ATTI COLLEGATI Regolamento (UE) n. 1021/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, recante modifica delle direttive 1999/4/CE e 2000/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e delle direttive 2001/111/CE, 2001/113/CE e 2001/114/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le competenze da conferire alla Commissione [Gazzetta ufficiale L 287 del 29.10.2013]. Il presente regolamento allinea gli attuali poteri di attuazione della Commissione stabiliti nelle cinque direttive sulla colazione, con il trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), specificatamente con l'articolo 290 che consente alla Commissione di adottare atti delegati.
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DIRETTIVA 2008/120/CE DEL CONSIGLIO del 18 dicembre 2008 che stabilisce le norme minime per la protezione dei suini (Versione codificata) IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) La direttiva 91/630/CEE del Consiglio, del 19 novembre 1991, che stabilisce le norme minime per la protezione dei suini (2), è stata modificata in modo sostanziale, a più riprese (3). A fini di razionalità e chiarezza occorre provvedere alla codificazione di tale direttiva. (2) Molti degli Stati membri hanno ratificato la convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti. Anche la Comunità ha approvato tale convenzione con la decisione 78/923/CEE del Consiglio (4). (3) La direttiva 98/58/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, riguardante la protezione degli animali negli allevamenti (5) stabilisce disposizioni comunitarie applicabili a tutti gli animali d'allevamento e concernenti le condizioni di stabulazione, i requisiti in materia di costruzione, isolamento, riscaldamento e ventilazione dei ricoveri, l'ispezione degli impianti e l'ispezione del bestiame. È quindi necessario che tali aspetti siano disciplinati nell'ambito della presente direttiva nei casi in cui debbano essere stabiliti requisiti più dettagliati. (4) I suini sono compresi, in quanto animali vivi, nell'elenco dei prodotti che figura nell'allegato I del trattato. (5) L'allevamento dei suini costituisce parte integrante dell'agricoltura. Esso rappresenta una fonte di reddito per una parte della popolazione agricola. (6) Le differenze suscettibili di comportare distorsioni nelle condizioni di concorrenza hanno un'incidenza sul corretto funzionamento dell'organizzazione del mercato comune dei suini e dei prodotti da essi derivati. (7) È quindi indispensabile stabilire le norme minime comuni per la protezione dei suini d'allevamento e da ingrasso allo scopo di garantire un razionale sviluppo della produzione. (8) I suini traggono beneficio da un ambiente che corrisponde alle loro esigenze in termini di possibilità di movimento e di comportamento esplorativo. Il loro benessere sembra essere pregiudicato da forti restrizioni di spazio. (9) Qualora i suini siano tenuti in gruppo, per il loro benessere è opportuno adottare adeguate misure di protezione. (10) Quando dispongono di libertà di movimento e si trovano in un ambiente complesso, le scrofe preferiscono avere interazioni sociali con gli altri suini. Dovrebbe essere pertanto vietato tenere le scrofe in uno stretto isolamento continuo. (11) Il mozzamento della coda e la troncatura o la levigatura dei denti possono causare ai suini dolore immediato e a volte prolungato. La castrazione provoca spesso un dolore prolungato, aggravato dall'eventuale lacerazione dei tessuti. Tali pratiche sono quindi nocive al benessere dei suini, soprattutto se eseguite da persone incompetenti e prive di esperienza. Occorre pertanto introdurre norme che garantiscano pratiche migliori. (12) Si dovrebbe garantire un equilibrio tra i vari aspetti in gioco: il benessere, inclusa la salute degli animali, le considerazioni economiche e sociali e l'impatto ambientale. (13) Occorre che i servizi ufficiali, i produttori, i consumatori ed altri operatori siano tenuti al corrente degli sviluppi in questo settore. La Commissione dovrebbe pertanto, sulla base di un parere dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare, proseguire attivamente le ricerche scientifiche sul o sui migliori sistemi di allevamento che permettano di garantire il benessere dei suini. È pertanto opportuno prevedere un periodo provvisorio allo scopo di permettere alla Commissione di svolgere tale compito nel migliore dei modi. (14) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (6). (15) La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione delle direttive nel diritto interno indicati nell'allegato II, parte B, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 La presente direttiva stabilisce le norme minime per la protezione dei suini confinati per l'allevamento e l'ingrasso. Articolo 2 Ai sensi della presente direttiva, si intende per: 1) «suino»: un animale della specie suina, di qualsiasi età, allevato per la riproduzione o l'ingrasso; 2) «verro»: un suino di sesso maschile che ha raggiunto la pubertà ed è destinato alla riproduzione; 3) «scrofetta»: un suino di sesso femminile che ha raggiunto la pubertà, ma non ha ancora partorito; 4) «scrofa»: un suino di sesso femminile che ha già partorito una prima volta; 5) «scrofa in allattamento»: un suino di sesso femminile nel periodo tra la fase perinatale e lo svezzamento dei lattonzoli; 6) «scrofa asciutta e gravida»: una scrofa nel periodo tra lo svezzamento e la fase perinatale; 7) «lattonzolo»: un suino dalla nascita allo svezzamento; 8) «suinetto»: un suino dallo svezzamento all'età di dieci settimane; 9) «suino all'ingrasso»: un suino dall'età di dieci settimane alla macellazione o all'impiego come riproduttore; 10) «autorità competente»: l'autorità competente ai sensi del punto 6 dell'articolo 2 della direttiva 90/425/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1990, relativa ai controlli veterinari e zootecnici applicabili negli scambi intracomunitari di taluni animali vivi e prodotti di origine animale, nella prospettiva della realizzazione del mercato interno (7). Articolo 3 1. Gli Stati membri provvedono affinché tutte le aziende si conformino ai seguenti requisiti: a) le superfici libere a disposizione di ciascun suinetto o suino all'ingrasso allevato in gruppo, escluse le scrofette dopo la fecondazione e le scrofe, deve corrispondere ad almeno Peso vivo (kg) m2 Fino a 10 0,15 Oltre 10 fino a 20 0,20 Oltre 20 fino a 30 0,30 Oltre 30 fino a 50 0,40 Oltre 50 fino a 85 0,55 Oltre 85 fino a 110 0,65 Oltre 110 1,00 b) le superfici libere totali a disposizione di ciascuna scrofetta dopo la fecondazione e di ciascuna scrofa qualora dette scrofette e/o scrofe siano allevate in gruppi devono essere rispettivamente di almeno 1,64 m2 e 2,25 m2. Allorché i suini in questione sono allevati in gruppi di meno di sei animali, le superfici libere disponibili devono essere aumentate del 10 %. Allorché i suini in questione sono allevati in gruppi di quaranta o più animali, le superfici libere disponibili possono essere ridotte del 10 %. 2. Gli Stati membri provvedono affinché le pavimentazioni siano conformi ai seguenti requisiti: a) per le scrofette dopo la fecondazione e le scrofe gravide: una parte della superficie di cui al paragrafo 1, lettera b), pari ad almeno 0,95 m2 per scrofetta e ad almeno 1,3 m2 per scrofa, deve essere costituita da pavimento pieno continuo riservato per non oltre il 15 % alle aperture di scarico; b) qualora si utilizzino pavimenti fessurati per suini allevati in gruppo: i) l'ampiezza massima delle aperture deve essere di: — 11 mm per i lattonzoli, — 14 mm per i suinetti, — 18 mm per i suini all'ingrasso, — 20 mm per le scrofette dopo la fecondazione e le scrofe; ii) l'ampiezza minima dei travetti deve essere di: — 50 mm per i lattonzoli e i suinetti, — 80 mm per i suini all'ingrasso, le scrofette dopo la fecondazione e le scrofe. 3. Gli Stati membri provvedono affinché sia proibita la costruzione o la conversione di impianti in cui le scrofe e le scrofette sono tenute all'attacco. L'utilizzo di attacchi per le scrofe e le scrofette è vietato a decorrere dal 1o gennaio 2006. 4. Gli Stati membri provvedono affinché le scrofe e le scrofette siano allevate in gruppo nel periodo compreso tra quattro settimane dopo la fecondazione e una settimana prima della data prevista per il parto. I lati del recinto dove viene allevato il gruppo di scrofe o di scrofette devono avere una lunghezza superiore a 2,8 m. Allorché sono allevati meno di sei animali i lati del recinto dove viene allevato il gruppo devono avere una lunghezza superiore a 2,4 m. In deroga alle disposizioni di cui al primo comma, le scrofe e le scrofette allevate in aziende di meno di dieci scrofe possono essere allevate individualmente nel periodo di cui al primo comma a condizione che gli animali possano girarsi facilmente nel recinto. 5. Gli Stati membri provvedono affinché, fatti salvi i requisiti di cui all'allegato I, le scrofe e le scrofette abbiamo accesso permanente al materiale manipolabile che soddisfi almeno i pertinenti requisiti elencati in detto allegato. 6. Gli Stati membri provvedono affinché le scrofe e le scrofette allevate in gruppo siano alimentate utilizzando un sistema atto a garantire che ciascun animale ottenga mangime a sufficienza senza essere aggredito, anche in situazione di competitività. 7. Gli Stati membri provvedono affinché, per calmare la fame e tenuto conto del bisogno di masticare, tutte le scrofe e le scrofette asciutte gravide ricevano mangime riempitivo o ricco di fibre in quantità sufficiente, così come alimenti ad alto tenore energetico. 8. Gli Stati membri provvedono affinché i suini che devono essere allevati in gruppo, che sono particolarmente aggressivi, che sono stati attaccati da altri suini o che sono malati o feriti siano temporaneamente tenuti in recinti individuali. In tal caso, il recinto individuale deve permettere all'animale di girarsi facilmente, se ciò non è in contraddizione con specifici pareri veterinari. 9. Le disposizioni di cui al paragrafo 1, lettera b), al paragrafo 2, al paragrafo 4, al paragrafo 5 e all'ultima frase del paragrafo 8 si applicano a tutte le aziende nuove o ricostruite o adibite a tale uso per la prima volta dopo il 1o gennaio 2003. A decorrere dal 1o gennaio 2013 dette disposizioni si applicano a tutte le aziende. Le disposizioni di cui al primo comma del paragrafo 4 non si applicano alle aziende con meno di dieci scrofe. Articolo 4 Gli Stati membri vigilano affinché le condizioni relative all'allevamento di suini siano conformi alle disposizioni generali stabilite nell'allegato I. Articolo 5 Le prescrizioni contenute nell'allegato I possono essere modificate secondo la procedura di cui all'articolo 11, paragrafo 2, per tener conto dei progressi scientifici. Articolo 6 Gli Stati membri provvedono affinché: a) qualsiasi persona che dia lavoro o assuma personale addetto ai suini garantisca che gli addetti agli animali abbiano ricevuto istruzioni pratiche sulle pertinenti disposizioni di cui all'articolo 3 e all'allegato I; b) siano organizzati appositi corsi di formazione, incentrati in particolare sul benessere degli animali. Articolo 7 1. Di preferenza prima del 1o gennaio 2005, ed in ogni caso entro il 1o luglio 2005, la Commissione presenta al Consiglio una relazione, elaborata in base a un parere dell’Autorità europea della sicurezza alimentare. La relazione è elaborata tenendo conto delle conseguenze socioeconomiche, delle conseguenze sanitarie, degli effetti ambientali e delle differenti condizioni climatiche. Essa prende anche in considerazione lo stato delle tecniche e dei sistemi di produzione suina e di lavorazione delle carni che consentirebbero di ridurre il ricorso alla castrazione chirurgica. La relazione è corredata, se necessario, di opportune proposte legislative sugli effetti della regolamentazione delle differenti superfici disponibili e tipi di pavimento per quanto riguarda il benessere dei suinetti e dei suini all'ingrasso. 2. Entro il 1o gennaio 2008 al più tardi la Commissione presenta al Consiglio una relazione, elaborata in base ad un parere dell’Autorità europea della sicurezza alimentare. La relazione esamina in particolare i seguenti aspetti: a) effetti della densità, tra cui la dimensione del gruppo e i metodi di raggruppamento degli animali, in diversi sistemi di allevamento sul benessere dei suini, compresa la loro salute; b) impatto della progettazione della stabulazione e dei vari tipi di pavimento sul benessere dei suini, compresa la loro salute, tenuto conto delle differenti condizioni climatiche; c) fattori di rischio connessi con la morsicatura della coda e raccomandazioni per ridurre la necessità del taglio della coda; d) ulteriori sviluppi dei sistemi di stabulazione in gruppo per le scrofe gravide, tenuto conto degli aspetti patologici, zootecnici, fisiologici ed etologici dei vari sistemi, delle pertinenti ripercussioni sulla salute e l'ambiente nonché delle differenti condizioni climatiche; e) determinazione dello spazio necessario, compresa l'area adibita alla fecondazione, ai verri adulti da riproduzione tenuti in ricoveri individuali; f) ulteriori sviluppi dei sistemi in cui le scrofe nell'area adibita alla fecondazione e le scrofe partorienti hanno una libertà di movimento che soddisfa le loro esigenze senza compromettere la sopravvivenza dei lattonzoli; g) atteggiamento e scelte dei consumatori nei confronti delle carni suine in caso di vari livelli di miglioramento del benessere degli animali; h) implicazioni socioeconomiche dei vari sistemi di allevamento dei suini e loro effetti sui partner economici della Comunità. Se necessario, tale relazione sarà corredata delle opportune proposte legislative. Articolo 8 1. Gli Stati membri provvedono affinché siano effettuate ispezioni sotto la responsabilità della competente autorità, per accertare l'osservanza delle disposizioni della presente direttiva. Queste ispezioni, che possono essere effettuate in concomitanza di controlli attuati per altri fini, riguardano ogni anno un campione statisticamente rappresentativo dei vari sistemi di allevamento in ciascuno Stato membro. 2. La Commissione, conformemente alla procedura di cui all'articolo 11, paragrafo 2, elabora un codice contenente le regole da seguire nelle ispezioni previste al paragrafo 1 del presente articolo. 3. Ogni due anni, prima dell'ultimo giorno feriale del mese di aprile e, per la prima volta, prima del 30 aprile 1996, gli Stati membri informano la Commissione in merito ai risultati delle ispezioni effettuate nei due esercizi precedenti conformemente al presente articolo, compreso il numero delle ispezioni effettuate rispetto al numero degli impianti situati nel loro territorio. Articolo 9 Per essere importati nella Comunità, gli animali provenienti da un paese terzo devono essere accompagnati da un certificato rilasciato dall'autorità competente di tale paese, il quale attesta che hanno beneficiato di un trattamento almeno equivalente a quello accordato agli animali di origine comunitaria secondo quanto previsto dalla presente direttiva. Articolo 10 Esperti veterinari della Commissione possono, nella misura in cui lo esiga l'applicazione uniforme della presente direttiva, effettuare ispezioni in loco con la collaborazione delle autorità competenti. In tale occasione i controllori osservano particolari misure di igiene onde escludere qualsiasi rischio di trasmissione di malattie. Lo Stato membro sul cui territorio viene effettuato un controllo fornisce agli esperti tutta l'assistenza necessaria per l'espletamento dei loro compiti. La Commissione comunica i risultati dei controlli effettuati all'autorità competente dello Stato membro interessato. L'autorità competente dello Stato membro interessato prende le misure necessarie per tener conto dei risultati di questo controllo. Per quanto riguarda le relazioni con i paesi terzi, si applicano le disposizioni del capitolo III della direttiva 91/496/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1991, che fissa i principi relativi all'organizzazione dei controlli veterinari per gli animali che provengono dai paesi terzi e che sono introdotti nella Comunità (8). Le disposizioni generali per l'applicazione del presente articolo sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 11, paragrafo 2. Articolo 11 1. La Commissione è assistita dal comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, istituito ai sensi dell'articolo 58 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (9), di seguito «il comitato». 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE. Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi. Articolo 12 Gli Stati membri possono mantenere o applicare nel loro territorio disposizioni più severe di quelle previste dalla presente direttiva, nel rispetto delle regole generali del trattato. Essi informano la Commissione di qualsiasi provvedimento preso in tal senso. Articolo 13 La direttiva 91/630/CEE, modificata dagli atti di cui all'allegato II, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione indicati all'allegato II, parte B. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all'allegato III. Articolo 14 La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 15 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 18 dicembre 2008. Per il Consiglio Il presidente M. BARNIER (1) GU C 146 E del 12.6.2008, pag. 78. (2) GU L 340 dell’11.12.1991, pag. 33. (3) Vedi allegato II, parte A. (4) GU L 323 del 17.11.1978, pag. 12. (5) GU L 221 dell’8.8.1998, pag. 23. (6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. (7) GU L 224 del 18.8.1990, pag. 29. (8) GU L 268 del 24.9.1991, pag. 56. (9) GU L 31 dell'1.2.2002, pag. 1. ALLEGATO I CAPITOLO I CONDIZIONI GENERALI In aggiunta alle disposizioni pertinenti di cui all'allegato della direttiva 98/58/CE, si applicano i seguenti requisiti. 1. Nella parte del fabbricato dove sono stabulati i suini vanno evitati i rumori continui di intensità pari a 85 dBA nonché i rumori costanti o improvvisi. 2. I suini devono essere tenuti alla luce di un'intensità di almeno 40 lux per un periodo minimo di 8 ore al giorno. 3. I locali di stabulazione dei suini devono essere costruiti in modo da permettere agli animali di: — avere accesso ad una zona in cui coricarsi confortevole dal punto di vista fisico e termico e adeguatamente prosciugata e pulita, che consenta a tutti gli animali di stare distesi contemporaneamente, — riposare e alzarsi con movimenti normali, — vedere altri suini; tuttavia, nella settimana precedente al momento previsto del parto e nel corso del medesimo, scrofe e scrofette possono essere tenute fuori dalla vista degli animali della stessa specie. 4. Fermo restando l'articolo 3, paragrafo 5, i suini devono avere accesso permanente a una quantità sufficiente di materiali che consentano loro adeguate attività di esplorazione e manipolazione (paglia, fieno, legno, segatura, compost di funghi, torba o un miscuglio di questi) senza comprometterne la salute. 5. I pavimenti devono essere non sdrucciolevoli e senza asperità per evitare lesioni ai suini e progettati, costruiti e mantenuti in modo da non arrecare lesioni o sofferenze ai suini. Essi devono essere adeguati alle dimensioni e al peso dei suini e, se non è prevista una lettiera, costituire una superficie rigida, piana e stabile. 6. Tutti i suini devono essere nutriti almeno una volta al giorno. Se i suini sono alimentati in gruppo e non «ad libitum» o mediante un sistema automatico di alimentazione individuale, ciascun suino deve avere accesso agli alimenti contemporaneamente agli altri suini del gruppo. 7. A partire dalla seconda settimana di età, ogni suino deve poter disporre in permanenza di acqua fresca sufficiente. 8. Tutte le operazioni effettuate per scopi diversi da quelli terapeutici o diagnostici o per l'identificazione dei suini in conformità della legislazione pertinente e che possono provocare un danno o la perdita di una parte sensibile del corpo o un'alterazione della struttura ossea sono vietate, con le seguenti eccezioni: — una riduzione uniforme degli incisivi dei lattonzoli mediante levigatura o troncatura entro i primi sette giorni di vita, che lasci una superficie liscia intatta; le zanne dei verri possono essere ridotte, se necessario, per evitare lesioni agli altri animali o per motivi di sicurezza, — il mozzamento di una parte della coda, — la castrazione di suini di sesso maschile con mezzi diversi dalla lacerazione dei tessuti, — l'apposizione di un anello al naso è ammessa soltanto quando gli animali sono detenuti in allevamenti all'aperto e nel rispetto della normativa nazionale. Né il mozzamento della coda né la riduzione degli incisivi dei lattonzoli devono costituire operazioni di routine, ma devono essere praticati soltanto ove sia comprovata la presenza di ferite ai capezzoli delle scrofe o agli orecchi o alle code di altri suini. Prima di effettuare tali operazioni si devono adottare misure intese ad evitare le morsicature delle code e altri comportamenti anormali tenendo conto delle condizioni ambientali e della densità degli animali. È pertanto necessario modificare condizioni ambientali o sistemi di gestione inadeguati. Tutte le operazioni sopra descritte devono essere praticate da un veterinario o da altra persona formata ai sensi dell'articolo 6, che disponga di esperienza nell'eseguire le tecniche applicate con mezzi idonei e in condizioni igieniche. Qualora la castrazione o il mozzamento della coda siano praticati dopo il settimo giorno di vita, essi devono essere effettuati unicamente sotto anestesia e con somministrazione prolungata di analgesici da parte di un veterinario. CAPITOLO II DISPOSIZIONI SPECIFICHE PER LE VARIE CATEGORIE DI SUINI A. Verri I recinti per i verri devono essere sistemati e costruiti in modo da permettere all'animale di girarsi e di avere il contatto uditivo, olfattivo e visivo con gli altri suini. Il verro adulto deve disporre di una superficie libera al suolo di almeno 6 m2. Qualora i recinti siano utilizzati per l'accoppiamento, il verro adulto deve disporre di una superficie al suolo di 10 m2 e il recinto deve essere libero da ostacoli. B. Scrofe e scrofette 1. Vanno adottate misure per ridurre al minimo le aggressioni nei gruppi. 2. Le scrofe gravide e le scrofette devono, se necessario, essere sottoposte a trattamento contro i parassiti interni od esterni. Se sono sistemate negli stalli da parto, esse devono essere pulite. 3. Nella settimana precedente al momento previsto del parto, scrofe e scrofette devono disporre di una lettiera adeguata in quantità sufficiente, a meno che ciò non sia tecnicamente realizzabile per il sistema di eliminazione dei liquami utilizzato nello stabilimento. 4. Dietro alla scrofa o alla scrofetta deve essere prevista una zona libera che renda agevole il parto naturale o assistito. 5. Gli stalli da parto in cui le scrofe possono muoversi liberamente devono essere provvisti di strutture (quali ad esempio apposite sbarre) destinate a proteggere i lattonzoli. C. Lattonzoli 1. Una parte del pavimento, sufficientemente ampia per consentire agli animali di riposare insieme contemporaneamente, deve essere piena o ricoperta da un tappetino, da paglia o da altro materiale adeguato. 2. Nel caso si usi uno stallo da parto, i lattonzoli devono disporre di spazio sufficiente per poter essere allattati senza difficoltà. 3. Nessun lattonzolo deve essere staccato dalla scrofa prima che abbia raggiunto un'età di 28 giorni, a meno che la permanenza presso la madre influenzi negativamente il benessere o la salute del lattonzolo o di quest'ultima. I lattonzoli possono tuttavia essere svezzati fino a sette giorni prima di tale età qualora siano trasferiti in impianti specializzati, che vengano svuotati e accuratamente puliti e disinfettati prima dell'introduzione di un nuovo gruppo e che siano separati dagli impianti in cui sono tenute le scrofe, in modo da ridurre al minimo i rischi di trasmissione di malattie ai piccoli. D. Suinetti e suini all'ingrasso 1. Quando i suini sono tenuti in gruppo, occorre prendere misure per evitare lotte che vadano oltre il comportamento normale. 2. Essi dovrebbero essere tenuti in gruppi con il minimo di commistione possibile. Qualora si debbano mescolare suini che non si conoscono, occorre farlo il prima possibile, di preferenza prima dello svezzamento o entro una settimana dallo svezzamento. Quando i suini sono mescolati, devono disporre di spazi adeguati per allontanarsi e nascondersi dagli altri suini. 3. Qualora si manifestino segni di lotta violenta, occorre immediatamente indagare le cause e adottare idonee misure, quali fornire agli animali abbondante paglia, se possibile, oppure altro materiale per esplorazione. Gli animali a rischio o particolarmente aggressivi vanno separati dal gruppo. 4. La somministrazione di tranquillanti per facilitare la commistione va limitata a condizioni eccezionali e solo dopo aver consultato un veterinario. ALLEGATO II PARTE A Direttiva abrogata e sue modificazioni successive (di cui all'articolo 13) Direttiva 91/630/CEE del Consiglio (GU L 340 dell’11.12.1991, pag. 33) Direttiva 2001/88/CE del Consiglio (GU L 316 dell’1.12.2001, pag. 1) Direttiva 2001/93/CE della Commissione (GU L 316 dell’1.12.2001, pag. 36) Regolamento (CE) n. 806/2003 del Consiglio (GU L 122 del 16.5.2003, pag. 1) Unicamente il punto 26 dell’allegato III PARTE B Elenco dei termini di attuazione in diritto nazionale (di cui all'articolo 13) Direttive Termine di attuazione 91/630/CEE 1o gennaio 1994 2001/88/CE 1o gennaio 2003 2001/93/CE 1o gennaio 2003 ALLEGATO III TAVOLA DI CONCORDANZA Direttiva 91/630/CEE Presente direttiva Articoli 1 e 2 Articoli 1 e 2 Articolo 3, alinea — Articolo 3, paragrafo 1 Articolo 3, paragrafo 1 Articolo 3, paragrafo 2 Articolo 3, paragrafo 2 Articolo 3, paragrafo 3 Articolo 3, paragrafo 3 Articolo 3, paragrafo 4, lettera a) Articolo 3, paragrafo 4, primo comma Articolo 3, paragrafo 4, lettera b) Articolo 3, paragrafo 4, secondo comma Articolo 3, paragrafo 5 Articolo 3, paragrafo 5 Articolo 3, paragrafo 6 Articolo 3, paragrafo 6 Articolo 3, paragrafo 7 Articolo 3, paragrafo 7 Articolo 3, paragrafo 8 Articolo 3, paragrafo 8 Articolo 3, paragrafo 9 Articolo 3, paragrafo 9 Articolo 4, paragrafo 1, primo comma Articolo 4 Articolo 4, paragrafo 1, secondo comma — Articolo 4, paragrafo 2 — Articolo 5 Articolo 5 Articolo 5 bis, alinea Articolo 6, alinea Articolo 5 bis, punto 1 Articolo 6, lettera a) Articolo 5 bis, punto 2 Articolo 6, lettera b) Articolo 6 Articolo 7 Articolo 7 Articolo 8 Articolo 8 Articolo 9 Articolo 9 Articolo 10 Articolo 10 Articolo 11 Articolo 11, paragrafo 1 — Articolo 11, paragrafo 2 Articolo 12 — Articolo 13 — Articolo 14 Articolo 12 Articolo 15 Allegato Allegato I — Allegato II — Allegato III
Protezione dei suini QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA? Essa cerca di stabilire le norme minime per la protezione dei suini. PUNTI CHIAVE Oltre a stabilire norme minime relative alla protezione dei suini., la direttiva disciplina lo svolgimento delle operazioni che possono arrecare dolore: castrazione, amputazione caudale, eliminazione degli incisivi, ecc. Ambito di applicazioneLe norme minime si applicano a tutte le categorie di suini d’allevamento e da ingrasso:lattonzoli (dalla nascita allo svezzamento);suinetti (dallo svezzamento all’età di dieci settimane);suini all’ingrasso (che hanno superato le dieci settimane);scrofe e scrofette (un suino di sesso femminile che ha raggiunto la pubertà, ma non ha ancora partorito);verri (un suino di sesso maschile che ha raggiunto la pubertà ed è destinato alla riproduzione.), ecc.Questi animali, salvo eccezioni (scrofe in allattamento, verro), sono allevati in gruppo. L’allevatore deve mettere in atto misure destinate a soddisfare le esigenze di base e a prevenire le aggressioni nei gruppi. In particolare, i suini devono avere accesso permanente a una quantità sufficiente di materiale di arricchimento che consenta loro adeguate attività di esplorazione e manipolazione.Scrofe e scrofetteLe scrofe e le scrofette gravide devono, se necessario, essere sottoposte a trattamento contro i parassiti. L’utilizzo di attacchi per le scrofe e le scrofette è vietato a decorrere dal 1 gennaio 2006.Una settimana prima del parto le scrofe e le scrofette possono essere isolate. Deve essere prevista una zona libera che renda agevole il parto naturale o assistito. Gli stalli devono essere provvisti di sistemi di protezione dei lattonzoli.Lattonzoli (non svezzati) Nessun lattonzolo deve essere staccato dalla scrofa prima che abbia raggiunto un’età di 28 giorni, a meno che la permanenza presso la madre influenzi negativamente il benessere o la salute del lattonzolo o di quest’ultima. Lattonzoli svezzati e suini all’ingrassoOccorre prendere misure per evitare lotte tra gli animali.I suini sono allevati in gruppo e non dovrebbero essere mescolati tra loro (se non in caso di necessità prima dello svezzamento o entro una settimana dallo svezzamento).Gli animali particolarmente aggressivi o feriti vanno separati dal gruppo. La somministrazione di tranquillanti per facilitare la commistione va limitata a condizioni eccezionali e solo dopo aver consultato un veterinario.Operazioni che possono arrecare dolore agli animaliSolo un veterinario o «altra persona» formata sugli aspetti relativi al benessere degli animali, è autorizzata a svolgere le seguenti operazioni:riduzione degli incisivi dei lattonzoli;mozzamento di una parte della coda (entro il settimo giorno di vita o successivamente solo sotto anestesia e con somministrazione prolungata di analgesici da parte di un veterinario);castrazione di suini di sesso maschile (entro il settimo giorno di vita o successivamente solo sotto anestesia e con somministrazione prolungata di analgesici da parte di un veterinario);apposizione di un anello al naso negli allevamenti all’aperto.Né il mozzamento della coda né la riduzione degli incisivi dei lattonzoli devono costituire operazioni di routine, ma devono essere praticati soltanto ove sia comprovata la presenza di ferite ai capezzoli delle scrofe o agli orecchi o alle code di altri suini. Prima di effettuare tali operazioni si devono adottare misure intese ad evitare le morsicature delle code e altri comportamenti anormali tenendo conto delle condizioni ambientali e della densità degli animali. È pertanto necessario modificare condizioni ambientali o sistemi di gestione inadeguati.Salute I suini malati o feriti sono posti in recinti individuali. Alimentazione La direttiva prevede altresì norme relative all’alimentazione in «quantità sufficiente» e all’abbeveraggio «continuo». Tutti i suini devono aver accesso agli alimenti contemporaneamente agli altri suini del gruppo. Gli animali devono essere nutriti almeno una volta al giorno. Locali di stabulazioneLe norme sulla superficie sono stabilite secondo il peso dell’animale:0,15 m2 per un suino al di sotto dei 10 kg e 1 m2 quadro per animali superiori a 110 kg;1.64 m2 per scrofetta;2.25 m2 per scrofa;6 m2 per un verro (10 m2 se il verro viene impiegato per l’accoppiamento).Talune norme sui locali si applicano solo a partire dal 1° gennaio 2013 (per i fabbricati costruiti prima del 2003 o dopo la data di adesione all’UE).I pavimenti devono essere non sdrucciolevoli e senza asperità per evitare lesioni ai suini.La zona in cui coricarsi deve essere confortevole, pulita e asciutta.Ambiente I rumori continui di intensità pari a 85 dB devono essere evitati. I suini devono essere tenuti alla luce di un’intensità di almeno 40 lux per un periodo minimo di 8 ore al giorno. IspezioniOgni anno gli Stati membri provvedono affinché siano realizzate ispezioni su un campione statisticamente rappresentativo.La Commissione europea può inviare degli esperti veterinari per effettuare ispezioni in loco, con la collaborazione degli ispettori nazionali.Disposizioni specifiche Gli Stati membri possono applicare nel loro territorio disposizioni più severe di quelle previste dalla presente direttiva. In tal caso, dovranno prima informare la Commissione di qualsiasi provvedimento preso in tal senso. Regolamento sui controlli ufficiali Il Regolamento (UE) 2017/625 la nuova legislazione relativa ai controlli ufficiali sugli alimenti e sui mangimi, modifica alcuni dettagli tecnici minori della direttiva. Tali modifiche avranno effetto dal 14 dicembre 2019. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DIRETTIVA? È stata applicata dal martedì 10 marzo 2009. La direttiva 2008/120/EC è la versione codificata della direttiva 91/630/CEE e successive modifiche. I paesi dell’UE avevano l’obbligo di incorporare la direttiva originale 91/630/CEE nella legislazione nazionale entro il 1994 (e le modifiche entro il 2003). CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Suini (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2008/120/CE del Consiglio del giovedì 18 dicembre 2008 che stabilisce le norme minime relative alla protezione dei suini (versione codificata) (GU L 47, 18.2.2009, pagg. 5-13) DOCUMENTI COLLEGATI Regolamento (UE) 2017/625 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 marzo 2017 relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l’applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fitosanitari, recante modifica dei regolamenti (CE) n. 999/2001, (CE) n. 396/2005, (CE) n. 1069/2009, (CE) n. 1107/2009, (UE) n. 1151/2012, (UE) n. 652/2014, (UE) 2016/429 e (UE) 2016/2031 del Parlamento europeo e del Consiglio, dei regolamenti (CE) n. 1/2005 e (CE) n. 1099/2009 del Consiglio e delle direttive 98/58/CE, 1999/74/CE, 2007/43/CE, 2008/119/CE e 2008/120/CE del Consiglio, e che abroga i regolamenti (CE) n. 854/2004 e (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 89/608/CEE, 89/662/CEE, 90/425/CEE, 91/496/CEE, 96/23/CE, 96/93/CE e 97/78/CE del Consiglio e la decisione 92/438/CEE del Consiglio (Regolamento sui controlli ufficiali) (GU L 95, 7.4.2017, pagg. 1–142) Le successive modifiche al Regolamento (UE) 2017/625 sono state incorporate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
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REGOLAMENTO (UE) N. 70/2012 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 18 gennaio 2012 relativo alla rilevazione statistica dei trasporti di merci su strada (rifusione) (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 338, paragrafo 1, vista la proposta dalla Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (1), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 1172/98 del Consiglio, del 25 maggio 1998, relativo alla rilevazione statistica dei trasporti di merci su strada (2), ha subito diverse e sostanziali modificazioni. Esso deve essere ora nuovamente modificato ed è quindi opportuno, per motivi di chiarezza, procedere alla rifusione di detto regolamento. (2) Per assolvere i compiti che le sono affidati nel quadro della politica comune dei trasporti, la Commissione dovrebbe disporre di statistiche comparabili, affidabili, sincronizzate, regolari e complete sull'ampiezza e lo sviluppo dei trasporti di merci su strada effettuati per mezzo di veicoli immatricolati nell'Unione, nonché sul grado di utilizzazione dei veicoli che effettuano tali trasporti. (3) È necessario istituire statistiche regionali complete, sia per quanto riguarda i trasporti di merci che i percorsi dei veicoli. (4) È pertanto opportuno in particolare garantire che l'origine e la destinazione regionale dei trasporti intra-unionali siano descritte analogamente ai trasporti nazionali, e mettere in relazione i trasporti di merci con i percorsi dei veicoli, misurando il grado di impiego dei veicoli che effettuano tali trasporti. (5) Conformemente al principio di sussidiarietà, la creazione di norme statistiche comuni che consentano di produrre informazioni armonizzate può essere realizzata solo a livello di Unione, mentre la raccolta dei dati avverrà in ciascuno Stato membro sotto l'autorità degli organismi e delle istituzioni responsabili della realizzazione delle statistiche ufficiali. (6) Il regolamento (CE) n. 223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2009, relativo alle statistiche europee (3) costituisce il quadro di riferimento per le disposizioni previste dal presente regolamento, in particolare quelle relative all'accesso alle fonti dei dati amministrativi, al rapporto costo-efficacia delle risorse disponibili e al segreto statistico. (7) È necessaria la comunicazione di dati individuali, una volta resi anonimi, per procedere a una stima della precisione complessiva dei risultati. (8) È importante garantire una diffusione adeguata delle informazioni statistiche. (9) Tenuto conto della specifica situazione geografica di Malta, dei trasporti stradali effettuati su brevi distanze, della limitata rete stradale e degli oneri sproporzionati che la raccolta dei dati comporterebbe per le autorità maltesi, è opportuno concedere una deroga a Malta. (10) Al fine di tenere conto degli sviluppi economici e tecnici, dovrebbe essere delegato alla Commissione il potere di adottare atti conformemente all'articolo 290 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea riguardo all'aggiornamento della parte 1 dell'allegato I, ad eccezione delle modifiche relative alla natura facoltativa delle informazioni richieste, e all'adattamento degli allegati da II a VII. È di particolare importanza che durante i lavori preparatori la Commissione svolga adeguate consultazioni, anche a livello di esperti. Nella preparazione e nell'elaborazione degli atti delegati la Commissione dovrebbe provvedere alla contestuale, tempestiva e appropriata trasmissione dei documenti pertinenti al Parlamento europeo e al Consiglio. (11) Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione del presente regolamento, dovrebbero essere conferite alla Commissione competenze di esecuzione. Tali competenze dovrebbero essere esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (4), HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto e ambito di applicazione 1. Ciascuno Stato membro elabora statistiche per l'Unione relative ai trasporti di merci su strada effettuati per mezzo di autoveicoli stradali destinati al trasporto di merci e immatricolati nello Stato membro in questione, nonché ai percorsi di tali veicoli. 2. Il presente regolamento non si applica al trasporto di merci su strada, ad eccezione di quello effettuato per mezzo di: a) autoveicoli stradali per il trasporto di merci il cui peso o le cui dimensioni autorizzate siano superiori ai limiti normalmente ammessi negli Stati membri interessati; b) veicoli agricoli, veicoli militari e veicoli appartenenti alle amministrazioni pubbliche, centrali o locali, eccettuati gli autoveicoli stradali per il trasporto di merci appartenenti alle imprese pubbliche, in particolare alle imprese ferroviarie. Ogni Stato membro ha la facoltà di escludere dall'ambito di applicazione del presente regolamento gli autoveicoli stradali per il trasporto di merci il cui carico utile, o il peso massimo autorizzato, sia inferiore a un determinato limite. Tale limite non può essere superiore a 3,5 tonnellate di carico utile o a 6 tonnellate di peso massimo autorizzato per gli autoveicoli singoli. 3. Il presente regolamento non si applica a Malta a condizione che il numero degli autoveicoli stradali per il trasporto di merci immatricolati a Malta e autorizzati a effettuare il trasporto internazionale di merci su strada non superi le 400 unità. A tal fine, Malta comunica annualmente a Eurostat il numero degli autoveicoli stradali per il trasporto di merci autorizzati a effettuare il trasporto internazionale di merci su strada entro la fine del mese di marzo successivo all'anno a cui si riferisce il numero degli autoveicoli stradali per il trasporto di merci. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento, si intende per: a) «trasporti di merci su strada», qualsiasi spostamento di merce effettuato per mezzo di un autoveicolo stradale destinato al trasporto di merci; b) «autoveicolo stradale», un veicolo stradale munito di un motore che costituisce il suo unico mezzo di propulsione, destinato normalmente al trasporto su strada di persone o di merci oppure alla trazione su strada di veicoli utilizzati per il trasporto di persone o di merci; c) «veicolo stradale per il trasporto di merci», un veicolo stradale, esclusivamente o principalmente concepito per il trasporto di merci (autocarro, rimorchio, semirimorchio); d) «autoveicolo stradale per il trasporto di merci», ogni autoveicolo stradale isolato oppure una combinazione di veicoli stradali, vale a dire un autotreno o un autoarticolato, per il trasporto di merci; e) «autocarro», un veicolo stradale rigido esclusivamente o principalmente concepito per il trasporto di merci; f) «trattore stradale», un autoveicolo stradale a motore esclusivamente o principalmente concepito per il traino di altri veicoli stradali non semoventi (per lo più, semirimorchi); g) «rimorchio», un veicolo stradale per il trasporto di merci concepito per essere trainato da un autoveicolo stradale; h) «semirimorchio», un veicolo stradale per il trasporto di merci, privo di asse anteriore, concepito in modo tale che una parte del veicolo e una parte considerevole del suo carico poggino sul trattore stradale; i) «autoarticolato», un trattore stradale accoppiato a un semirimorchio; j) «autotreno», un autoveicolo stradale per il trasporto di merci al quale è agganciato un rimorchio o un autoarticolato che ha un rimorchio supplementare; k) «immatricolato», il fatto di essere iscritto in un registro degli autoveicoli stradali, tenuto da un organismo ufficiale in uno Stato membro, indipendentemente dal fatto che tale iscrizione comporti o no la consegna di una targa di immatricolazione. Nel caso in cui il trasporto sia effettuato da una combinazione di autoveicoli stradali, vale a dire un autotreno o un autoarticolato e in cui l'autoveicolo stradale per il trasporto di merci e il rimorchio o il semirimorchio siano immatricolati in paesi diversi, è considerato paese di immatricolazione dell'insieme quello dell'autoveicolo stradale per il trasporto di merci; l) «carico utile», il peso massimo delle merci dichiarato ammissibile dall'autorità competente del paese di immatricolazione del veicolo. Se l'autoveicolo per il trasporto di merci è un autotreno costituito da un autocarro con rimorchio, il carico utile dell'autotreno è la somma dei carichi utili dell'autocarro e del rimorchio; m) «peso massimo autorizzato», la somma del peso del veicolo (o di una combinazione di veicoli) da fermo e in ordine di marcia e del peso del carico dichiarato ammissibile dall'autorità competente del paese di immatricolazione del veicolo; n) «Eurostat», il servizio della Commissione responsabile dell'esecuzione dei compiti a essa affidati nel settore della produzione di statistiche dell'Unione. Articolo 3 Raccolta dei dati 1. Gli Stati membri rilevano i dati statistici che si riferiscono ai seguenti ambiti: a) veicolo; b) percorso; c) merce. 2. Le variabili statistiche relative a ciascun ambito, la loro definizione e i livelli di nomenclatura utilizzati per la loro ripartizione figurano negli allegati da I a VII. 3. Nel determinare il metodo da impiegare per rilevare i dati statistici, gli Stati membri si astengono dal prevedere formalità nel passaggio delle frontiere tra Stati membri. 4. Alla Commissione è conferito il potere di adottare, ove necessario, atti delegati conformemente all'articolo 8 riguardo all'aggiornamento della parte 1 dell'allegato I, unicamente al fine di tenere conto degli sviluppi economici e tecnici, ad eccezione delle modifiche relative alla natura facoltativa delle informazioni richieste. Alla Commissione è altresì conferito il potere di adottare, se necessario, atti delegati conformemente all'articolo 8 riguardo all'adattamento degli allegati da II a VII, al fine di tenere conto degli sviluppi economici e tecnici. Nell'esercizio del potere conferitole dal presente paragrafo, la Commissione garantisce che gli atti delegati adottati non impongano rilevanti oneri amministrativi aggiuntivi per gli Stati membri e per i partecipanti. Articolo 4 Precisione dei risultati statistici Gli Stati membri garantiscono che i metodi di raccolta e di elaborazione dei dati statistici da loro impiegati siano concepiti in modo tale che i risultati statistici trasmessi ai sensi del presente regolamento siano sufficientemente precisi al fine di permettere alla Commissione di disporre di statistiche comparabili, affidabili, sincronizzate, regolari e complete che tengano conto, nel contempo, delle caratteristiche strutturali del trasporto stradale negli Stati membri. Ai fini del primo comma la Commissione, mediante atti di esecuzione, adotta norme tecniche dettagliate per quanto riguarda la precisione dei dati statistici richiesti. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all'articolo 9, paragrafo 2. Articolo 5 Trasmissione dei dati statistici a Eurostat 1. Gli Stati membri trasmettono trimestralmente a Eurostat i dati individuali debitamente verificati corrispondenti alle variabili menzionate all'articolo 3 ed elencate all'allegato I, senza indicare il nome, l'indirizzo e il numero di immatricolazione. Tale trasmissione include, se del caso, i dati statistici relativi a trimestri anteriori per i quali erano stati comunicati dati provvisori. 2. La Commissione, mediante atti di esecuzione, adotta le modalità di trasmissione dei dati di cui al paragrafo 1, incluse all'occorrenza le tabelle statistiche basate su tali dati. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all'articolo 9, paragrafo 2. 3. La trasmissione dei dati di cui al paragrafo 1 avviene entro un termine di cinque mesi a decorrere dalla fine di ciascun trimestre d'osservazione. La prima trasmissione copre il primo trimestre dell'anno 1999. Articolo 6 Diffusione dei risultati statistici I risultati statistici inerenti ai trasporti di merci su strada sono diffusi non oltre dodici mesi dopo la fine del periodo a cui i risultati si riferiscono. La Commissione, mediante atti di esecuzione, adotta norme relative alla diffusione dei risultati statistici inerenti ai trasporti di merci su strada, inclusi la struttura e il contenuto dei risultati da diffondere. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all'articolo 9, paragrafo 2. Articolo 7 Relazioni 1. Al più tardi al momento della trasmissione delle prime informazioni trimestrali, gli Stati membri trasmettono a Eurostat una relazione sui metodi di rilevazione dei dati statistici impiegati. Se necessario, gli Stati membri comunicano a Eurostat anche i mutamenti sostanziali subiti dai metodi utilizzati per la raccolta dei dati statistici. 2. Gli Stati membri comunicano annualmente a Eurostat informazioni sulle dimensioni dei campioni, sui tassi di non risposta e sull'affidabilità dei principali risultati statistici, quest'ultima sotto forma di deviazione standard o di intervallo di confidenza. 3. Entro il 31 dicembre 2014 e successivamente ogni tre anni la Commissione trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione del presente regolamento. Tale relazione valuta in particolare la qualità dei dati statistici trasmessi, i metodi di raccolta dei dati e gli oneri amministrativi per gli Stati membri e per i partecipanti. La relazione, se opportuno, è corredata da proposte di modifica dell'elenco delle variabili, tenendo conto dei risultati dei progetti connessi, in particolare quelli relativi alle emissioni di inquinanti atmosferici prodotte dai trasporti di merce su strada. Articolo 8 Esercizio della delega 1. Il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione alle condizioni stabilite nel presente articolo. 2. Il potere di adottare atti delegati di cui all'articolo 3, paragrafo 4, è conferito alla Commissione per un periodo di cinque anni a decorrere dal 23 febbraio 2012. La Commissione elabora una relazione sulla delega di potere al più tardi nove mesi prima della scadenza del periodo di cinque anni. La delega di potere è tacitamente prorogata per periodi di identica durata, a meno che il Parlamento europeo o il Consiglio non si oppongano a tale proroga al più tardi tre mesi prima della scadenza di ciascun periodo. 3. La delega di potere di cui all'articolo 3, paragrafo 4, può essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio. La decisione di revoca pone fine alla delega di potere ivi specificata. Gli effetti della decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea o da una data successiva ivi specificata. Essa non pregiudica la validità degli atti delegati già in vigore. 4. Non appena adotta un atto delegato, la Commissione ne dà contestualmente notifica al Parlamento europeo e al Consiglio. 5. L'atto delegato adottato ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 4, entra in vigore solo se né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni entro il termine di due mesi a decorrere dalla data in cui esso è stato loro notificato o se, prima della scadenza di tale termine, sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno informato la Commissione che non intendono sollevare obiezioni. Tale termine è prorogato di due mesi su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio. Articolo 9 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita dal comitato del sistema statistico europeo istituito dal regolamento (CE) n. 223/2009. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011. Articolo 10 Abrogazione Il regolamento (CE) n. 1172/98 è abrogato. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza che figura all'allegato IX. Articolo 11 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, il 18 gennaio 2012 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente N. WAMMEN (1) Posizione del Parlamento europeo del 1o dicembre 2011 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 12 dicembre 2011. (2) GU L 163 del 6.6.1998, pag. 1. (3) GU L 87 del 31.3.2009, pag. 164. (4) GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13. ALLEGATI Allegato I ELENCO DELLE VARIABILI E APPENDICE METODOLOGICA Allegato II NOMENCLATURA DELLE CONFIGURAZIONI IN BASE AL NUMERO DI ASSI Allegato III NOMENCLATURA DEI TIPI DI PERCORSO Allegato IV NOMENCLATURA DELLE MERCI Allegato V NOMENCLATURA DELLE CATEGORIE DI MERCI PERICOLOSE Allegato VI NOMENCLATURA DEI TIPI DI CARICO Allegato VII CODIFICA DEI LUOGHI DI CARICO E DI SCARICO DEI PAESI E DELLE REGIONI Allegato VIII REGOLAMENTO ABROGATO ED ELENCO DELLE SUE MODIFICAZIONI SUCCESSIVE Allegato IX TAVOLA DI CONCORDANZA ALLEGATO I Parte 1 ELENCO DELLE VARIABILI A1. Variabili relative al veicolo; A2. variabili relative al percorso; A3. variabili relative alla merce (nell'operazione elementare di trasporto). A1. VARIABILI RELATIVE AL VEICOLO Secondo la definizione fornita all'articolo 2, lettera d), l'autoveicolo stradale per il trasporto di merci è qualsiasi autoveicolo singolo, o una combinazione di autoveicoli stradali, vale a dire un autotreno o un autoarticolato per il trasporto di merci. Le variabili relative al veicolo che devono essere fornite, sono le seguenti: 1. possibilità di impiegare i veicoli per effettuare trasporti combinati (facoltativo); 2. configurazione degli assi, in base all'allegato II (facoltativo); 3. età dell'autoveicolo stradale (autocarro o trattore stradale), espressa in anni (a decorrere dalla sua prima immatricolazione); 4. peso massimo autorizzato, in quintali; 5. carico utile, in quintali; 6. NACE Rev. 2 a livello di classe (livello a quattro cifre) dell'operatore del veicolo (facoltativo) (1); 7. tipo di trasporto (per conto terzi/per conto proprio); 8. chilometri percorsi complessivamente durante il periodo d'indagine; 8.1. a pieno carico; 8.2. a vuoto (comprese le corse a vuoto dei trattori stradali) (facoltativo); 9. ponderazione del veicolo, che va usata all'atto dell'elaborazione dei risultati completi a partire da dati elementari, qualora la raccolta delle informazioni avvenga mediante sondaggio. Configurazioni successive Se l'autoveicolo stradale selezionato per l'indagine è un autocarro utilizzato singolarmente (cioè senza rimorchio) durante il periodo d'indagine, esso costituisce, in quanto tale, l'autoveicolo stradale per il trasporto di merci. Ma se l'autoveicolo stradale selezionato per l'indagine è un trattore stradale — nel qual caso gli verrà agganciato un semirimorchio — oppure è un autocarro cui viene agganciato un rimorchio, i dati richiesti in forza del presente regolamento riguardano l'autoveicolo stradale per il trasporto di merci nel suo insieme e, in questo caso, esso può subire mutamenti di configurazione nel corso del periodo d'indagine (ad esempio un autocarro che traina un rimorchio o che cambia di rimorchio nel corso del periodo o un trattore stradale che cambia semirimorchio); occorre pertanto seguire tutte queste configurazioni successive e considerare che i dati relativi al veicolo devono essere forniti per ciascun percorso. Se, tuttavia, non fosse possibile seguire queste configurazioni successive, verranno assunti — come valori delle variabili relative al veicolo — quelli corrispondenti alla configurazione che esso aveva all'inizio del primo percorso a pieno carico, realizzato nel corso del periodo di indagine, oppure alla configurazione maggiormente utilizzata durante tale periodo. Cambiamenti nel tipo di trasporto A seconda dei percorsi, inoltre, il trasporto può essere effettuato talvolta per conto proprio e talvolta per conto terzi; il tipo di trasporto deve essere indicato per ciascun percorso. Se, tuttavia, non fosse possibile seguire questi mutamenti, si assumerà — come variabile «tipo di trasporto» — quella che corrisponde alla modalità d'impiego principale. A2. VARIABILI RELATIVE AL PERCORSO Nel corso del periodo d'indagine l'autoveicolo stradale per il trasporto di merci effettua dei percorsi che possono essere a vuoto (l'autocarro, il rimorchio o il semirimorchio non contengono né merci né imballaggi vuoti: essi sono «completamente vuoti») oppure con carico (l'autocarro, il rimorchio o il semirimorchio contengono merci, o imballaggi vuoti, dal momento che gli imballaggi vuoti vengono considerati come un tipo particolare di merce). La distanza, con carico, dell'autoveicolo stradale per il trasporto di merci è la distanza tra il primo luogo di carico e l'ultimo luogo di scarico (in cui l'autoveicolo stradale per il trasporto di merci viene interamente scaricato). Un percorso con carico può pertanto comportare varie operazioni elementari di trasporto. Le variabili da fornire in merito a ciascun percorso sono le seguenti: 1. tipo di percorso, in base alla nomenclatura dell'allegato III; 2. peso della merce trasportata durante il percorso o durante ciascuna tappa del percorso, peso lordo in quintali; 3. luogo di carico (dell'autoveicolo stradale per il trasporto di merci, per un percorso con carico): — definizione: il luogo di carico del veicolo è il primo luogo in cui le merci vengono caricate sull'autoveicolo stradale per il trasporto di merci che, in precedenza, era completamente vuoto (oppure il luogo in cui al trattore stradale viene agganciato un semirimorchio carico). Per un percorso a vuoto si tratta del luogo di scarico del percorso con carico che l'ha preceduto (nozione di «luogo di inizio del percorso a vuoto»), — codifica: il luogo di carico viene codificato in base all'allegato VII; 4. luogo di scarico (dell'autoveicolo stradale per il trasporto di merci, per un percorso con carico): — definizione: il luogo di scarico è l'ultimo luogo in cui le merci vengono scaricate dall'autoveicolo stradale per il trasporto di merci che, a partire da quel momento, è interamente vuoto (oppure il luogo in cui al trattore stradale cessa di essere agganciato un semirimorchio carico). Per un percorso a vuoto, si tratta del luogo di carico del percorso con carico che lo segue (nozione di «luogo di fine del percorso a vuoto»), — codifica: il luogo di scarico è codificato in base all'allegato VII; 5. distanza percorsa: distanza effettiva, eccettuata quella percorsa quando l'autoveicolo stradale per il trasporto di merci è trasportato da un altro mezzo di trasporto; 6. tonnellate-chilometro realizzate durante il percorso; 7. paesi attraversati in transito (non più di cinque), codificati in conformità dell'allegato VII; 8. eventualmente, luogo di carico del veicolo stradale a motore su di un altro mezzo di trasporto in base all'allegato VII (facoltativo); 9. eventualmente, luogo di scarico del veicolo stradale a motore da un altro mezzo di trasporto in base all'allegato VII (facoltativo); 10. carattere «interamente carico» (modalità 2) oppure «non interamente carico» (modalità 1) dell'autoveicolo stradale per il trasporto di merci durante il percorso considerato, in termini di volume massimo di spazio utilizzato durante il percorso (modalità 0 = convenzionalmente per percorsi a vuoto) (facoltativo). A3. VARIABILI RELATIVE ALLA MERCE (nell'operazione elementare di trasporto) Durante un percorso con carico, possono avvenire numerose operazioni elementari di trasporto; un'operazione elementare di trasporto è definita come il trasporto di un tipo di merce (a sua volta definito in riferimento a un determinato livello di nomenclatura) tra il suo luogo di carico e il suo luogo di scarico. Le variabili da fornire, relative a un'operazione elementare di trasporto durante un percorso con carico, sono le seguenti: 1. tipo di merce trasportata, in base al livello di divisione relativo a una classificazione appropriata (cfr. allegato IV); 2. peso della merce: peso lordo in quintali; 3. eventualmente, appartenenza della merce a una categoria di merci pericolose, definita secondo le categorie principali della direttiva 2008/68/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 settembre 2008, relativa al trasporto interno di merci pericolose (2) riportate nell'allegato V del presente regolamento; 4. tipo di carico, come indicato nell'allegato VI (facoltativo); 5. luogo di carico della merce, codificato in base all'allegato VII; 6. luogo di scarico della merce, codificato in base all'allegato VII; 7. distanza percorsa: distanza effettiva, eccettuata quella percorsa quando l'autoveicolo stradale per il trasporto di merci è trasportato da un altro mezzo di trasporto. Operazioni di trasporto effettuate durante un percorso del tipo di «circuito di raccolta di distribuzione» (modalità 3 del tipo di percorso) Per questo tipo di percorso, che ha numerosi punti di carico e/o scarico, è praticamente impossibile chiedere agli operatori di trasporto la descrizione delle operazioni elementari di trasporto. Per tali percorsi, catalogati in quanto tali, si considera in generale che ha luogo una sola operazione elementare di trasporto, fittizia, desunta dalle informazioni relative al percorso. Ogni Stato membro comunica alla Commissione la propria definizione di questo tipo di percorso e spiega le ipotesi semplificatrici che sarà indotto ad applicare nella raccolta dei dati relativi alle corrispondenti operazioni di trasporto. Parte 2 APPENDICE METOLODOLOGICA Percorso con carico e operazione elementare di trasporto A seconda degli Stati membri, la raccolta dell'informazione è effettuata: — privilegiando la descrizione di ciascuna operazione elementare di trasporto di merci (con verifica complementare dei percorsi a vuoto), oppure — privilegiando la descrizione dei percorsi realizzati dal veicolo per effettuare queste operazioni elementari di trasporto di merci. Nella maggior parte dei casi, all'atto di un percorso con carico, si realizza una, e una sola, operazione elementare di trasporto con: — un solo tipo di merce caricata (rispetto alla nomenclatura delle merci utilizzata, in questo caso le venti divisioni derivate dalla nomenclatura NSTR) (3), — un solo luogo di carico delle merci, — un solo luogo di scarico delle merci. I due metodi utilizzati, pertanto, sono perfettamente equivalenti e le informazioni raccolte dall'uno o dall'altro consentono di descrivere contemporaneamente: — il trasporto di merci (insieme delle operazioni elementari di trasporto di merci), — i percorsi dei veicoli che effettuano tale trasporto, con controllo delle capacità di trasporto e dell'utilizzazione di tali capacità (percorsi con carico, con coefficiente di utilizzazione; percorsi a vuoto). A norma del presente regolamento è necessario descrivere contemporaneamente il trasporto di merci e i percorsi dei veicoli. Occorre però evitare di riversare sugli operatori di trasporto un onere statistico eccessivo, domandando loro di descrivere dettagliatamente sia il trasporto di merci sia i percorsi dei veicoli. Sarà dunque compito dei servizi statistici degli Stati membri, all'atto della codifica dei questionari, ricostituire i dati non esplicitamente richiesti agli operatori di trasporto a partire da quelli che essi raccolgono nell'ottica «operazione elementare di trasporto» o nell'ottica «percorsi dei veicoli». Il problema si porrà quando più operazioni elementari di trasporto sono effettuate durante un percorso con carico, il che può avvenire: — quando esistono più punti di carico e/o scarico delle merci (ma in numero limitato, perché altrimenti si tratta di circuiti di raccolta o di distribuzione, i quali danno luogo a un'elaborazione speciale). In questo caso, detti vari punti di carico e/o scarico sono controllati per calcolare correttamente le tonnellate-km realizzate durante il percorso e il servizio statistico può quindi ricostituire le operazioni elementari di trasporto, e/o — quando si hanno vari tipi diversi di merci trasportate durante il percorso con carico, il che sfugge generalmente al controllo statistico, poiché viene richiesto solo il tipo di merce (unico o principale). In questo caso si accetta la perdita di informazione e gli Stati membri che procedono a questo tipo di semplificazione provvederanno a segnalarla esplicitamente alla Commissione. (1) Nomenclatura statistica delle attività economiche nell'Unione europea. (2) GU L 260 del 30.9.2008, pag. 13. (3) NSTR: nomenclatura uniforme delle merci per la statistica dei trasporti. ALLEGATO II NOMENCLATURA DELLE CONFIGURAZIONI IN BASE AL NUMERO DI ASSI Quando si tratta di una combinazione di veicoli, il numero degli assi è calcolato sull'insieme, formato da autocarro e rimorchio oppure da trattore stradale e semirimorchio. Vengono prese in considerazione le seguenti categorie: Codice 1. Numero di assi dei veicoli singoli (autocarri): 2 120 3 130 4 140 altri 199 2. Numero di assi delle combinazioni di veicoli (autocarro e rimorchio) 2 + 1 221 2 + 2 222 2 + 3 223 3 + 2 232 3 + 3 233 altri 299 3. Numero di assi delle combinazioni di veicoli (trattore stradale e semirimorchio) 2 + 1 321 2 + 2 322 2 + 3 323 3 + 2 332 3 + 3 333 altri 399 4. Trattore stradale singolo 499 ALLEGATO III NOMENCLATURA DEI TIPI DI PERCORSO 1. Percorso con carico che comporta un'unica operazione elementare di trasporto. 2. Percorso con carico che comporta più operazioni di trasporto ma che non è considerato un circuito di raccolta o di distribuzione. 3. Percorso con carico, del tipo circuito di raccolta o di distribuzione. 4. Percorso a vuoto. ALLEGATO IV NOMENCLATURA DELLE MERCI Divisione Designazione 01 Prodotti dell'agricoltura, della caccia e della silvicoltura; pesci e altri prodotti della pesca 02 Carboni fossili e ligniti; petrolio greggio e gas naturale 03 Minerali metalliferi e altri prodotti delle miniere e delle cave; torba; uranio e torio 04 Prodotti alimentari, bevande e tabacchi 05 Prodotti dell'industria tessile e dell'industria dell'abbigliamento; cuoio e prodotti in cuoio 06 Legno e prodotti in legno e sughero (esclusi i mobili); articoli di paglia e materiali da intreccio; pasta da carta, carta e prodotti di carta; stampati e supporti registrati 07 Coke e prodotti petroliferi raffinati 08 Prodotti chimici e fibre sintetiche e artificiali; articoli in gomma e in materie plastiche; combustibili nucleari 09 Altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi 10 Metalli; manufatti in metallo, escluse le macchine e gli apparecchi meccanici 11 Macchine e apparecchi meccanici n.c.a.; macchine per ufficio, elaboratori e sistemi informatici; macchine e apparecchi elettrici n.c.a.; apparecchi radiotelevisivi e apparecchiature per le comunicazioni; apparecchi medicali, apparecchi di precisione e strumenti ottici; orologi 12 Mezzi di trasporto 13 Mobili; altri manufatti n.c.a. 14 Materie prime secondarie; rifiuti urbani e altri rifiuti 15 Posta, pacchi 16 Attrezzature e materiali utilizzati nel trasporto di merci 17 Merci trasportate nell'ambito di traslochi di uffici e abitazioni; bagagli trasportati separatamente dai passeggeri; autoveicoli trasportati per riparazione; altre merci non destinabili alla vendita n.c.a. 18 Merci raggruppate: merci di vario tipo trasportate insieme 19 Merci non individuabili: merci che per un qualunque motivo non possono essere individuate e quindi non possono essere attribuite ai gruppi da 1 a 16 20 Altre merci n.c.a. ALLEGATO V NOMENCLATURA DELLE CATEGORIE DI MERCI PERICOLOSE 1 Sostanze e oggetti esplosivi 2 Gas compressi, liquefatti o disciolti sotto pressione 3 Sostanze liquide infiammabili 4.1 Sostanze solide infiammabili 4.2 Sostanze soggette a infiammazione spontanea 4.3 Sostanze che, a contatto con l’acqua, sviluppano gas infiammabili 5.1 Sostanze comburenti 5.2 Perossidi organici 6.1 Sostanze tossiche 6.2 Sostanze in grado di produrre un’infezione 7 Sostanze radioattive 8 Sostanze corrosive 9 Sostanze e oggetti pericolosi diversi ALLEGATO VI NOMENCLATURA DEI TIPI DI CARICO (1) 0 Rinfusa liquida (nessuna unità di merce) 1 Rinfusa solida (nessuna unità di merce) 2 Grandi contenitori 3 Altri contenitori 4 Merci palettizzate 5 Merci pre-imbracate 6 Unità mobili, automotrici 7 Altre unità mobili 8 (Riservato) 9 Altri tipi di carico (1) Nazioni unite, Commissione economica per l'Europa — codici dei tipi di carico, degli imballaggi e dei materiali d'imballaggio, raccomandazione 21 adottata dal Gruppo di lavoro «Agevolazione delle procedure di commercio internazionale», Ginevra, marzo 1986. ALLEGATO VII CODIFICA DEI LUOGHI DI CARICO E DI SCARICO DEI PAESI E DELLE REGIONI 1. La codifica dei luoghi di carico e di scarico è la seguente: a) ripartizione regionale al livello 3 della nomenclatura delle unità territoriali per la statistica (NUTS) per gli Stati membri; b) elenchi delle regioni amministrative forniti dai paesi terzi interessati, per gli Stati non membri che sono parti contraenti dell'accordo sullo Spazio economico europeo (SEE), vale a dire, l'Islanda, il Liechtenstein e la Norvegia; c) i codici a due posizioni alfabetiche ISO 3166 per gli altri paesi terzi. I codici più frequentemente utilizzati figurano nella tabella del punto 2, lettera b), del presente allegato. 2. Per la codifica dei paesi attraversati in transito (punto 7 dell'allegato I, parte A2), devono essere utilizzati i seguenti codici per paese: a) la parte a due posizioni alfabetiche dei codici NUTS, che figurano nella tabella, per gli Stati membri; b) i codici a due posizioni alfabetiche ISO 3166 per tutti gli altri paesi. I codici più frequentemente utilizzati figurano nella tabella in appresso. TABELLA DEI CODICI PER PAESE a) Stati membri (corrispondono ai codici per paese NUTS a due posizioni alfabetiche) Nome del paese Codice Belgio BE Bulgaria BG Repubblica ceca CZ Danimarca DK Germania DE Estonia EE Irlanda IE Grecia GR Spagna ES Francia FR Italia IT Cipro CY Lettonia LV Lituania LT Lussemburgo LU Ungheria HU Malta MT Paesi Bassi NL Austria AT Polonia PL Portogallo PT Romania RO Slovenia SI Slovacchia SK Finlandia FI Svezia SE Regno Unito UK Nota: i paesi figurano nell'ordine ufficiale dell'Unione europea b) Altri paesi (codici ISO 3166 a due posizioni alfabetiche) Nome del paese Codice Albania AL Bosnia-Erzegovina BA Bielorussia BY Svizzera CH Croazia HR Islanda IS Liechtenstein LI Repubblica di Moldova MD Montenegro ME Ex Repubblica jugoslava di Macedonia MK (1) Norvegia NO Federazione russa RU Serbia RS Turchia TR Ucraina UA Nota: paesi ordinati per codice (1) Codice provvisorio che non pregiudica assolutamente la denominazione definitiva del paese che sarà approvata non appena conclusi i negoziati attualmente in corso al riguardo nel quadro delle Nazioni Unite. ALLEGATO VIII REGOLAMENTO ABROGATO ED ELENCO DELLE SUE MODIFICAZIONI SUCCESSIVE Regolamento (CE) n. 1172/98 del Consiglio (GU L 163 del 6.6.1998, pag. 1) Regolamento (CE) n. 2691/1999 della Commissione (GU L 326 del 18.12.1999, pag. 39) Punto 10.15 dell'allegato II dell'atto di adesione del 2003 (GU L 236 del 23.9.2003, pag. 561) Regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1) limitatamente all'allegato II, punto 27 Regolamento (CE) n. 1791/2006 del Consiglio (GU L 363 del 20.12.2006, pag. 1) limitatamente all'allegato, punto 8.5 Regolamento (CE) n. 1893/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 393 del 30.12.2006, pag. 1) limitatamente all'articolo 13 Regolamento (CE) n. 1304/2007 della Commissione (GU L 290 dell'8.11.2007, pag. 14) limitatamente all'articolo 2 Regolamento (CE) n. 399/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 126 del 21.5.2009, pag. 9) ALLEGATO IX TAVOLA DI CONCORDANZA Regolamento (CE) n. 1172/98 Presente regolamento Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2, dal primo al quattordicesimo trattino Articolo 2, lettere da a) a n) Articolo 3 Articolo 3 Articolo 4 Articolo 4 Articolo 5, paragrafi 1, 2 e 3 Articolo 5, paragrafi 1, 2 e 3 Articolo 5, paragrafo 4 — Articolo 5, paragrafo 5 — Articolo 6 Articolo 6 Articolo 7, paragrafi 1 e 2 Articolo 7, paragrafi 1 e 2 Articolo 7, paragrafo 3 — Articolo 8 — — Articolo 8 Articolo 10, paragrafi 1 e 2 Articolo 9, paragrafi 1 e 2 Articolo 10, paragrafo 3 — Articolo 11 — — Articolo 10 Articolo 12 Articolo 11 Allegati da A a G Allegati da I a VII — Allegato VIII — Allegato IX
Norme per l’elaborazione di statistiche relative alle merci trasportate su strada QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Istituisce norme per la produzione di statistiche comparabili a livello dell’UE sulle merci trasportate su strada. Esso modifica e abroga il regolamento (UE) n. 1172/98, modificato diverse volte, e allinea il regolamento con il trattato di Lisbona per quanto concerne la delega di potere alla Commissione europea per l’adozione di legislazione integrativa. PUNTI CHIAVE Ambito di applicazione Ciascun paese dell’UE deve rilevare e trasmettere alla Commissione (Eurostat) i dati relativi ai trasporti di merci su strada effettuati per mezzo di autoveicoli stradali immatricolati nel proprio territorio. Il regolamento non si applica al trasporto di merci su strada per mezzo di:autoveicoli stradali per il trasporto di merci il cui peso o le cui dimensioni autorizzate siano superiori ai limiti normalmente ammessi nei paesi dell’UE interessati; veicoli agricoli, veicoli militari e veicoli appartenenti alle amministrazioni pubbliche, centrali o locali, eccettuati gli autoveicoli stradali per il trasporto di merci appartenenti alle imprese pubbliche, in particolare alle imprese ferroviarie. I paesi dell’UE possono escludere gli autoveicoli stradali per il trasporto di merci il cui carico utile, o il peso massimo autorizzato, sia inferiore a un determinato limite. Tale limite non può essere superiore a 3,5 tonnellate di carico utile o a 6 tonnellate di peso massimo autorizzato per gli autoveicoli singoli. Il regolamento non si applica a Malta, a condizione che il numero degli autoveicoli stradali per il trasporto di merci immatricolati a Malta e autorizzati a effettuare il trasporto internazionale di merci su strada non superi le 400 unità. Raccolta dei dati e trasmissione I paesi dell’UE devono rilevare e trasmettere trimestralmente a Eurostat i dati corrispondenti ai seguenti tre ambiti:veicoli (si vedano gli allegati I e II del regolamento); percorsi (si veda l’allegato III del regolamento); merci (si vedano gli allegati IV e V del regolamento). I paesi dell’UE devono trasmettere i dati entro cinque mesi a decorrere dalla fine del trimestre d’osservazione. Diffusione dei risultati Eurostat diffonde i dati non oltre dodici mesi dopo la fine del periodo a cui si riferiscono. Relazioni Quando trasmettono i dati relativi al primo trimestre, i paesi dell’UE inviano a Eurostat una relazione sui metodi di rilevazione dei dati impiegati. Devono inoltre comunicare a Eurostat gli eventuali mutamenti sostanziali subiti da tali metodi. I paesi dell’UE comunicano annualmente a Eurostat informazioni sulle dimensioni dei campioni, sui tassi di non risposta e sull'affidabilità dei principali risultati statistici, quest’ultima sotto forma di deviazione standard o di intervallo di confidenza. La Commissione (Eurostat), la prima volta entro dicembre 2014 e successivamente ogni tre anni, deve trasmettere una relazione sull’applicazione del presente regolamento al Parlamento europeo e al Consiglio. Comitato La Commissione riceve consulenza ed è assistita dal comitato del sistema statistico europeo istituito dal regolamento (UE) n. 223/2009. Poteri delegati alla Commissione La Commissione non ha ancora esercitato il potere attribuitole dal regolamento di adottare atti delegati. In una relazione pubblicata nel 2016, la Commissione ha spiegato che né gli sviluppi economici e tecnici nel settore del trasporto stradale di merci, né le conclusioni dei gruppi di lavoro della Commissione sulle statistiche relative al trasporto di merci su strada, di cui fanno parte esperti dei paesi dell’UE, hanno segnalato la necessità di utilizzare tali poteri delegati. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica dal 23 febbraio 2012. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si consulti:Statistiche relative al trasporto di merci su strada (Eurostat). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) n. 70/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 gennaio 2012, relativo alla rilevazione statistica dei trasporti di merci su strada (GU L 32 del 3.2.2012, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (UE) n. 70/2012 sono state integrate nel documento di base. Questa versione consolidata ha solo un valore documentario. DOCUMENTI CORRELATI Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio relativa all’esercizio del potere di adottare atti delegati conferito alla Commissione a norma del regolamento (UE) n. 70/2012, del 18 gennaio 2012, relativo alla rilevazione statistica dei trasporti di merci su strada, COM(2016) 562 final del 12.9.2016 Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’applicazione del regolamento (UE) n. 70/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 gennaio 2012, relativo alla rilevazione statistica dei trasporti di merci su strada, COM(2015) 17 final del 26.1.2015
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32008L0114
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DIRETTIVA 2008/114/CE DEL CONSIGLIO dell’8 dicembre 2008 relativa all’individuazione e alla designazione delle infrastrutture critiche europee e alla valutazione della necessità di migliorarne la protezione (Testo rilevante ai fini del SEE) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 308, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), visto il parere della Banca centrale europea (2), considerando quanto segue: (1) Nel giugno 2004 il Consiglio europeo ha richiesto la preparazione di una strategia globale per la protezione delle infrastrutture critiche. In risposta, il 20 ottobre 2004, la Commissione ha adottato una comunicazione relativa alla protezione delle infrastrutture critiche nella lotta contro il terrorismo, nella quale sono indicate le proposte per incrementare la prevenzione, la preparazione e la risposta a livello europeo in caso di attentati terroristici che coinvolgono le infrastrutture critiche. (2) Il 17 novembre 2005 la Commissione ha adottato un libro verde relativo a un programma europeo per la protezione delle infrastrutture critiche, nel quale si indicavano le politiche alternative da seguire concernenti sia l’elaborazione di tale programma sia la rete informativa di allerta delle infrastrutture critiche. Le risposte al libro verde hanno sottolineato il valore aggiunto di un quadro comunitario per la protezione delle infrastrutture critiche. È stata quindi riconosciuta la necessità di rafforzare la capacità di protezione delle infrastrutture critiche in Europa e di contribuire a ridurne la vulnerabilità, ed è stata sottolineata l’importanza dei principi chiave di sussidiarietà, proporzionalità e complementarità, nonché del dialogo con le parti interessate. (3) Nel dicembre 2005 il Consiglio «Giustizia e affari interni» ha invitato la Commissione a presentare una proposta sul programma europeo per la protezione delle infrastrutture critiche (European Programme for Critical Infrastructure Protection, «EPCIP»), stabilendo che questo dovrebbe basarsi su un approccio multirischio che dia la priorità alla lotta contro le minacce terroristiche. Nell’ambito di tale approccio, il processo di protezione delle infrastrutture critiche deve tenere conto delle minacce di origine umana e tecnologica e delle catastrofi naturali, ma deve dare la priorità alla minaccia terroristica. (4) Nell’aprile 2007 il Consiglio ha adottato conclusioni dell’EPCIP in cui ha ribadito che gli Stati membri sono i responsabili principali della gestione delle modalità di protezione delle infrastrutture critiche all’interno dei loro confini nazionali, accogliendo nel contempo favorevolmente gli sforzi compiuti dalla Commissione intesi a sviluppare una procedura europea per l’individuazione e la designazione delle infrastrutture critiche europee («ECI») e la valutazione della necessità di migliorarne la protezione. (5) La presente direttiva costituisce il primo passo di approccio graduale inteso a individuare e designare ECI e a valutare la necessità di migliorarne la protezione. Tale direttiva si riferisce specificatamente ai settori dell’energia e dei trasporti, e dovrebbe essere rivista al fine di valutarne l’impatto e di esaminare la necessità di includere nel suo campo di applicazione altri settori, tra i quali anche quello delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione («ICT»). (6) La responsabilità principale e definitiva della protezione delle ECI ricade sugli Stati membri e sui proprietari/operatori di tali infrastrutture. (7) Vi sono nella Comunità infrastrutture critiche la cui distruzione o il cui danneggiamento avrebbe un significativo impatto transfrontaliero. Ciò può includere effetti intersettoriali transfrontalieri derivanti da interdipendenze fra infrastrutture interconnesse. È opportuno che tali ECI siano individuate e designate come tali attraverso una comune procedura. La valutazione dei requisiti di sicurezza per tali infrastrutture dovrebbe essere effettuata in base ad un approccio minimo comune. Gli schemi di cooperazione bilaterale fra Stati membri nel settore della protezione delle infrastrutture critiche costituiscono un modo consolidato ed efficace di tutelare le infrastrutture critiche transfrontaliere. L’EPCIP dovrebbe basarsi su tali forme di cooperazione. Le informazioni concernenti la designazione di una determinata infrastruttura come ECI dovrebbero essere classificate a un livello appropriato conformemente alla normativa comunitaria e nazionale in vigore. (8) Poiché vari settori hanno un’esperienza, una competenza e requisiti particolari in materia di protezione delle infrastrutture critiche, occorre sviluppare e attuare un approccio comunitario che tenga conto delle specificità settoriali e delle misure settoriali esistenti, segnatamente quelle già esistenti a livello comunitario, nazionale e regionale, e, se del caso, degli accordi transfrontalieri di assistenza reciproca già esistenti fra proprietari/operatori di infrastrutture critiche. Data l’enorme implicazione del settore privato nella sorveglianza e nella gestione dei rischi, nei piani di continuità dell’attività e nel recupero post catastrofe, l’approccio comunitario deve incoraggiare la piena partecipazione di tale settore. (9) In riferimento al settore energetico e, in particolare, ai metodi di produzione e trasmissione di energia elettrica (per quanto riguarda la fornitura di energia elettrica), è inteso che, se ritenuto opportuno, la produzione di energia elettrica può includere le componenti delle centrali nucleari destinate alla trasmissione di energia elettrica ma non gli elementi specificamente nucleari soggetti alla pertinente normativa in materia nucleare, compresi i trattati e il diritto comunitario. (10) La presente direttiva completa le misure settoriali esistenti a livello comunitario e a livello degli Stati membri. Qualora vi siano già dei meccanismi comunitari, essi devono continuare ad essere utilizzati per garantire l’attuazione globale della presente direttiva. È opportuno evitare doppioni o contraddizioni tra vari atti o disposizioni. (11) Tutte le ECI designate come tali dovrebbero disporre di piani di sicurezza per gli operatori («PSO») o di misure equivalenti, comprendenti l’individuazione delle strutture importanti, una valutazione dei rischi e l’individuazione, la selezione e la prioritarizzazione di contromisure e procedure. Al fine di evitare lavori inutili e doppioni, ogni Stato membro dovrebbe verificare in primo luogo se i proprietari/operatori delle ECI designate come tali dispongono di PSO o di misure simili. In mancanza di tali piani, ogni Stato membro dovrebbe prendere i provvedimenti necessari per assicurare l’adozione di misure appropriate. Spetta a ciascuno Stato membro decidere le modalità più indicate per l’elaborazione dei PSO. (12) Le misure, i principi, le linee guida, comprese le misure comunitarie nonché gli schemi di cooperazione bilaterale e/o multilaterale, che prevedono un piano simile o equivalente a un PSO o che prevedono un funzionario di collegamento in materia di sicurezza o uno equivalente sono considerati conformi ai requisiti della presente direttiva concernenti rispettivamente il PSO o il funzionario di collegamento in materia di sicurezza. (13) Per tutte le ECI designate come tali dovrebbero essere nominati funzionari di collegamento in materia di sicurezza per facilitare la cooperazione e la comunicazione con le autorità nazionali competenti in materia di protezione delle infrastrutture critiche. Al fine di evitare lavori inutili e doppioni, ogni Stato membro dovrebbe verificare in primo luogo se i proprietari/operatori delle ECI designate come tali dispongono già di un funzionario di collegamento in materia di sicurezza o di uno equivalente. In mancanza di un funzionario di collegamento in materia di sicurezza, ogni Stato membro dovrebbe prendere i provvedimenti necessari per assicurare l’adozione di misure appropriate. Spetta a ciascuno Stato membro decidere le modalità più indicate per la nomina dei funzionari di collegamento in materia di sicurezza. (14) L’efficace individuazione dei rischi, delle minacce e delle vulnerabilità nei settori specifici richiede comunicazione sia fra i proprietari/gli operatori delle ECI e gli Stati membri, sia fra gli Stati membri e la Commissione. Occorre che ogni Stato membro raccolga informazioni sulle ECI situate nel suo territorio e che la Commissione riceva dagli Stati membri informazioni generali sui rischi, sulle minacce e sulle vulnerabilità in settori in cui sono state individuate le ECI e nel caso su eventuali miglioramenti delle infrastrutture critiche europee e dipendenze intersettoriali, che, se necessario, potrebbero costituire la base per l’elaborazione di proposte specifiche da parte della Commissione sul miglioramento della protezione delle ECI. (15) Per facilitare i miglioramenti nella protezione delle ECI si possono elaborare metodologie comuni di individuazione e classificazione dei rischi, delle minacce e delle vulnerabilità relativi agli elementi d’infrastruttura. (16) Ai proprietari/agli operatori delle ECI dovrebbe essere dato accesso, in primo luogo tramite le autorità competenti dello Stato membro, alle migliori prassi e metodologie per la protezione delle infrastrutture stesse. (17) Un’efficace protezione delle ECI richiede comunicazione, coordinamento e cooperazione a livello nazionale e comunitario. Il miglior modo di realizzarli è la designazione in ogni Stato membro di punti di contatto per la protezione delle infrastrutture critiche europee («punti di contatto PICE») incaricati di coordinare le questioni legate alla protezione delle infrastrutture critiche europee sia a livello interno che con gli altri Stati membri e la Commissione. (18) Per sviluppare le attività di protezione delle infrastrutture critiche europee in ambiti che richiedono un certo grado di riservatezza, è opportuno garantire uno scambio di informazioni coerente e sicuro nell’ambito della presente direttiva. È importante rispettare le norme di riservatezza ai sensi della legislazione nazionale vigente o del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (3), con riguardo a fatti specifici relativi ad elementi infrastrutturali critici che potrebbero essere usati per pianificare ed eseguire azioni con conseguenze inaccettabili per tali strutture. Le informazioni classificate dovrebbero essere protette conformemente alla normativa comunitaria e degli Stati membri in materia. Ciascuno Stato membro e la Commissione dovrebbero rispettare la classificazione di sicurezza pertinente dei documenti conferita dall’originatore del documento. (19) È opportuno che lo scambio di informazioni sulle ECI avvenga in un contesto di fiducia e sicurezza. La condivisione delle informazioni richiede un rapporto di fiducia tale che le imprese e le organizzazioni siano a conoscenza del fatto che i loro dati sensibili e riservati saranno sufficientemente protetti. (20) Poiché gli obiettivi della presente direttiva, vale a dire l’introduzione di una procedura di individuazione e designazione delle ECI e di un approccio comune per la valutazione della necessità di migliorarne la protezione, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa delle dimensioni dell’azione, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (21) La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi sanciti in particolare dalla carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Oggetto La presente direttiva stabilisce una procedura di individuazione e designazione delle infrastrutture critiche europee («ECI»), e un approccio comune per la valutazione della necessità di migliorarne la protezione al fine di contribuire alla protezione delle persone. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva s’intende per: a) «infrastruttura critica» un elemento, un sistema o parte di questo ubicato negli Stati membri che è essenziale per il mantenimento delle funzioni vitali della società, della salute, della sicurezza e del benessere economico e sociale dei cittadini ed il cui danneggiamento o la cui distruzione avrebbe un impatto significativo in uno Stato membro a causa dell’impossibilità di mantenere tali funzioni; b) «infrastruttura critica europea» o «ECI» un’infrastruttura critica ubicata negli Stati membri il cui danneggiamento o la cui distruzione avrebbe un significativo impatto su almeno due Stati membri. La rilevanza dell’impatto è valutata in termini intersettoriali. Sono compresi gli effetti derivanti da dipendenze intersettoriali in relazione ad altri tipi di infrastrutture; c) «analisi dei rischi» la considerazione degli scenari di minaccia pertinenti, al fine di valutare la vulnerabilità e il potenziale impatto del danneggiamento o della distruzione dell’infrastruttura critica; d) «informazioni sensibili relative alla protezione delle infrastrutture critiche» i fatti relativi a un’infrastruttura critica che, se divulgati, potrebbero essere usati per pianificare ed eseguire azioni tali da comportare il danneggiamento o la distruzione di installazioni di infrastrutture critiche; e) «protezione» tutte le attività volte ad assicurare funzionalità, continuità e integrità delle infrastrutture critiche per evitare, mitigare e neutralizzare una minaccia, un rischio o una vulnerabilità; f) «proprietari/operatori di ECI» i soggetti responsabili degli investimenti e/o del funzionamento quotidiano relativi ad a un elemento o a un sistema specifico, o parte di questo, designato ECI dalla presente direttiva. Articolo 3 Individuazione delle ECI 1. Ciascuno Stato membro individua, secondo la procedura di cui all’allegato III, potenziali ECI che soddisfano i criteri sia settoriali sia intersettoriali e rispondono alle definizioni di cui all’articolo 2, lettere a) e b). La Commissione può assistere gli Stati membri, su loro richiesta, nell’individuare potenziali ECI. La Commissione può richiamare l’attenzione dei pertinenti Stati membri sull’esistenza di potenziali infrastrutture critiche che possono essere considerate conformi ai requisiti di designazione quali ECI. Gli Stati membri e la Commissione proseguono con continuità nel processo di individuazione di potenziali ECI. 2. I criteri intersettoriali di cui al paragrafo 1 comprendono: a) il criterio del numero di vittime (valutato in termini di numero potenziale di morti e feriti); b) il criterio delle conseguenze economiche (valutate in termini di entità delle perdite economiche e/o del deterioramento di prodotti o servizi, comprese le potenziali conseguenze ambientali); c) il criterio delle conseguenze per i cittadini (valutate in termini di impatto sulla fiducia dei cittadini, sofferenze fisiche e perturbazione della vita quotidiana, compresa la perdita di servizi essenziali). Le soglie dei criteri intersettoriali sono basate sulla gravità delle conseguenze del danneggiamento o della distruzione di una determinata infrastruttura. Le soglie esatte applicabili ai criteri intersettoriali sono determinate caso per caso dagli Stati membri interessati da una determinata infrastruttura critica. Ciascuno Stato membro informa annualmente la Commissione del numero di infrastrutture per settore per le quali si sono tenute discussioni riguardanti le soglie dei criteri intersettoriali. I criteri settoriali tengono conto delle caratteristiche dei singoli settori delle ECI. La Commissione, in collaborazione con gli Stati membri, elabora linee guida per l’applicazione dei criteri intersettoriali e settoriali e fissa soglie approssimative da utilizzare per l’individuazione delle ECI. I criteri sono classificati. L’uso di tali linee guida è facoltativo per gli Stati membri. 3. I settori da prendere in considerazione ai fini dell’attuazione della presente direttiva sono i settori dell’energia e dei trasporti. I sottosettori sono indicati nell’allegato I. Se ritenuto opportuno e congiuntamente al riesame della presente direttiva di cui all’articolo 11, possono essere individuati ulteriori settori da prendere in considerazione ai fini dell’attuazione della presente direttiva. In tale contesto occorre dare priorità al settore delle ICT. Articolo 4 Designazione delle ECI 1. Ciascuno Stato membro comunica agli altri Stati membri che possono essere interessati in modo significativo da una potenziale ECI qual è l’infrastruttura in questione e le ragioni per designarla come potenziale ECI. 2. Ciascuno Stato membro nel cui territorio è ubicata una potenziale ECI avvia discussioni bilaterali e/o multilaterali con gli altri Stati membri che possono essere interessati in modo significativo dalla potenziale ECI. La Commissione può partecipare alle discussioni ma non ha accesso alle informazioni particolareggiate che permetterebbero di individuare inequivocabilmente una particolare infrastruttura. Uno Stato membro che abbia motivo di ritenere di essere interessato in modo significativo dalla potenziale ECI, ma non sia ancora stato individuato come tale dallo Stato membro nel cui territorio è ubicata la potenziale ECI, può informare la Commissione del suo desiderio di avviare discussioni bilaterali e/o multilaterali sulla questione. La Commissione comunica senza indugio tale desiderio allo Stato membro nel cui territorio è ubicata la potenziale ECI e si adopera per facilitare l’accordo tra le parti. 3. Lo Stato membro nel cui territorio è ubicata una potenziale ECI designa quest’ultima come tale in base a un accordo tra lo Stato membro stesso e gli Stati membri che possono essere interessati in modo significativo. È necessario il consenso dello Stato membro nel cui territorio è ubicata l’infrastruttura che deve essere designata come ECI. 4. Lo Stato membro nel cui territorio è ubicata una ECI designata come tale comunica annualmente alla Commissione il numero per settore delle ECI così designate e il numero di Stati membri che dipendono da ciascuna di queste ECI. Solo gli Stati membri che possono essere interessati in modo significativo da una ECI possono conoscerne la sua identità. 5. Lo Stato membro nel cui territorio è ubicata l’ECI informa il proprietario/l’operatore dell’infrastruttura della sua designazione come ECI. Le informazioni relative alla designazione di un’infrastruttura come ECI sono classificate ad un livello appropriato. 6. Il processo di individuazione e designazione delle infrastrutture critiche europee a norma dell’articolo 3 e del presente articolo è completato entro in 12 gennaio 2011 e periodicamente riesaminato. Articolo 5 Piani di sicurezza per gli operatori 1. La procedura per il piano di sicurezza per gli operatori («PSO») individua gli elementi della ECI e le soluzioni di sicurezza esistenti o in corso di attuazione per la loro protezione. Il contenuto minimo della procedura per un ECI PSO è definito nell’allegato II. 2. Ogni Stato membro valuta se ciascuna ECI designata come tale ubicata nel suo territorio dispone di un PSO oppure ha adottato misure equivalenti per affrontare le questioni di cui all’allegato II. Se uno Stato membro constata che tale PSO, o uno equivalente, esiste ed è periodicamente aggiornato, non sono necessarie azioni ulteriori. 3. Se uno Stato membro constata che il PSO, o uno equivalente, non è stato approntato, adotta i provvedimenti che ritiene opportuni per accertarsi che tale PSO, o uno equivalente, sia predisposto per affrontare le questioni di cui all’allegato II. Ciascuno Stato membro si accerta che il PSO o piano equivalente sia adottato e periodicamente riesaminato entro un anno dalla designazione dell’infrastruttura critica come ECI. Tale periodo può essere prorogato in circostanze eccezionali previo accordo con l’autorità dello Stato membro e notifica alla Commissione. 4. Il presente articolo non pregiudica eventuali disposizioni di vigilanza o controllo già vigenti riguardo a una ECI e l’autorità competente dello Stato membro menzionata nel presente articolo è l’autorità di vigilanza prevista da dette disposizioni. 5. Si considera che l’osservanza di misure, comprese le misure comunitarie relative all’obbligo o all’esigenza di disporre in un particolare settore di un piano simile o equivalente al PSO e di effettuare un controllo di tale piano da parte dell’autorità competente, equivalga a soddisfare tutti i requisiti imposti agli Stati membri a norma del presente articolo o adottati in virtù di questo. Le linee guida per l’applicazione di cui all’articolo 3, paragrafo 2, contengono un elenco indicativo di tali misure. Articolo 6 Funzionari di collegamento in materia di sicurezza 1. Il funzionario di collegamento in materia di sicurezza agisce come punto di contatto per le questioni di sicurezza fra il proprietario/l’operatore della ECI e l’autorità competente dello Stato membro. 2. Ciascuno Stato membro valuta se ogni ECI designata come tale ubicata nel suo territorio dispone di un funzionario di collegamento in materia di sicurezza o di uno equivalente. Se uno Stato membro constata che tale funzionario di collegamento in materia di sicurezza, o uno equivalente, esiste non sono necessarie ulteriori azioni. 3. Se uno Stato membro constata che non esiste un funzionario di collegamento in materia di sicurezza, o uno equivalente, per una ECI designata come tale, adotta i provvedimenti che ritiene opportuni per accertarsi che tale funzionario, o uno equivalente, sia nominato. 4. Ciascuno Stato membro mette in atto un idoneo meccanismo di comunicazione tra l’autorità nazionale competente e il funzionario di collegamento in materia di sicurezza, o uno equivalente, al fine di scambiare informazioni utili relative ai rischi e alle minacce individuati riguardo alla ECI interessata. Questo meccanismo di comunicazione non pregiudica i requisiti nazionali in materia di accesso alle informazioni sensibili e classificate. 5. Si considera che l’osservanza delle misure, comprese le misure comunitarie relative all’obbligo o all’esigenza di disporre in un particolare settore di un funzionario di collegamento in materia di sicurezza o di uno equivalente, equivalga a soddisfare tutti i requisiti imposti agli Stati membri dal presente articolo o adottati in virtù di questo. Le linee guida per l’applicazione di cui all’articolo 3, paragrafo 2, contengono un elenco indicativo di tali misure. Articolo 7 Comunicazioni 1. Ciascuno Stato membro effettua una valutazione delle minacce in relazione ai sottosettori di infrastrutture critiche europee entro un anno dalla designazione dell’infrastruttura critica ubicata nel suo territorio come ECI nell’ambito di tali sottosettori. 2. Ciascuno Stato membro comunica sinteticamente ogni due anni alla Commissione i dati generali sui tipi di rischi, minacce e vulnerabilità riscontrati per settore di ECI che conti una ECI designata ai sensi dell’articolo 4 e ubicata nel suo territorio. La Commissione può predisporre un modello comune per tali comunicazioni, in cooperazione con gli Stati membri. Ciascuna comunicazione è classificata al livello ritenuto necessario dallo Stato membro d’origine. 3. In base alle comunicazioni di cui al paragrafo 2, la Commissione e gli Stati membri valutano su base settoriale l’eventualità di ulteriori misure di protezione a livello della Comunità per le ECI. Tale processo è effettuato congiuntamente al riesame della presente direttiva di cui all’articolo 11. 4. La Commissione può elaborare, in cooperazione con gli Stati membri, linee guida metodologiche comuni per la valutazione dei rischi in relazione alle ECI. L’uso di tali linee guida è facoltativo per gli Stati membri. Articolo 8 Sostegno della Commissione alle ECI La Commissione sostiene, tramite l’autorità competente dello Stato membro, i proprietari/gli operatori delle ECI designate come tali fornendo loro l’accesso alle migliori prassi e metodologie disponibili, nonché la formazione e lo scambio di informazioni sugli ultimi sviluppi tecnici in materia di protezione delle infrastrutture critiche. Articolo 9 Informazioni sensibili relative alla protezione delle ECI 1. Il personale addetto al trattamento di informazioni classificate in applicazione della presente direttiva per conto di uno Stato membro o della Commissione è soggetto a un’appropriata indagine di sicurezza. Gli Stati membri, la Commissione e gli organi di sorveglianza competenti garantiscono che le informazioni sensibili relative alla protezione delle infrastrutture critiche europee comunicate agli Stati membri o alla Commissione non siano usate per scopi diversi dalla protezione delle infrastrutture critiche. 2. Il presente articolo si applica anche allo scambio di informazioni non scritte durante le riunioni in cui sono discussi temi sensibili. Articolo 10 Punti di contatto per la protezione delle infrastrutture critiche europee 1. Ciascuno Stato membro nomina un punto di contatto per la protezione delle infrastrutture critiche europee («punto di contatto PICE»). 2. Il punto di contatto PICE coordina le questioni legate alla protezione delle infrastrutture critiche europee all’interno dello Stato membro, con gli altri Stati membri e con la Commissione. La nomina del punto di contatto PICE non esclude che altre autorità dello Stato membro siano coinvolte nelle questioni di protezione delle infrastrutture critiche europee. Articolo 11 Riesame Un riesame della presente direttiva è avviato il 12 gennaio 2012. Articolo 12 Attuazione Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 12 gennaio 2011. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali misure e la relativa corrispondenza con la presente direttiva. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. Articolo 13 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 14 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 8 dicembre 2008. Per il Consiglio Il presidente B. KOUCHNER (1) Parere del 10 luglio 2007 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) GU C 116 del 26.5.2007, pag. 1. (3) GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43. ALLEGATO I Elenco dei settori di ECI Settore Sottosettore I. Energia 1. Elettricità Infrastrutture e impianti per la produzione e la trasmissione di energia elettrica per la fornitura di elettricità 2. Petrolio Produzione, raffinazione, trattamento, stoccaggio e trasporto di petrolio attraverso oleodotti 3. Gas Produzione, raffinazione, trattamento, stoccaggio e trasporto di gas attraverso oleodotti Terminali GNL II. Trasporti 4. Trasporto stradale 5. Trasporto ferroviario 6. Trasporto aereo 7. Vie di navigazione interna 8. Trasporto oceanico, trasporto marittimo a corto raggio e porti L’individuazione, da parte degli Stati membri, delle infrastrutture critiche che possono essere designate come ECI è effettuata a norma dell’articolo 3. Pertanto, l’elenco dei settori di ECI non genera di per sé un obbligo generale di designare una ECI in ciascun settore. ALLEGATO II PROCEDURA ECI PSO Il PSO individua gli elementi dell’infrastruttura critica e le soluzioni di sicurezza esistenti o in corso di attuazione per la loro protezione. La procedura ECI PSO comporta almeno: 1) l’individuazione degli elementi importanti; 2) un’analisi dei rischi basata sulle minacce più gravi, sulla vulnerabilità di ogni elemento e sull’impatto potenziale; e 3) l’individuazione, la selezione e la prioritarizzazione di contromisure e procedure, con una distinzione fra: — misure permanenti di sicurezza, che individuano gli investimenti e gli strumenti indispensabili in materia di sicurezza che si prestano ad essere utilizzati in ogni momento. Rientrano sotto questa voce le informazioni riguardanti le misure di tipo generale, quali quelle tecniche (inclusa l’installazione di strumenti di rilevazione, controllo accessi, protezione e prevenzione); le misure organizzative (comprese le procedure di allarme e gestione delle crisi); le misure di controllo e verifica; le comunicazioni; la crescita della consapevolezza e l’addestramento; la sicurezza dei sistemi informativi, — misure graduali di sicurezza, che possono essere attivate in funzione dei diversi livelli di rischio e di minaccia. ALLEGATO III Procedura per l’individuazione, da parte degli Stati membri, delle infrastrutture critiche che possono essere designate come ECI, a norma dell’articolo 3 L’articolo 3 prevede che ciascuno Stato membro individui le infrastrutture critiche che possono essere designate come ECI. Tale procedura è attuata da ciascuno Stato membro attraverso le seguenti tappe sequenziali. Le ECI potenziali che non soddisfano i requisiti di una delle seguenti tappe non sono considerate «ECI» e sono escluse dalla procedura. Le seguenti tappe previste dalla presente procedura sono applicati alle ECI potenziali che soddisfano i requisiti. Tappa 1 Ciascuno Stato membro applica i criteri settoriali al fine di operare una prima selezione delle infrastrutture critiche nell’ambito di un settore. Tappa 2 Ciascuno Stato membro applica la definizione di infrastruttura critica a norma dell’articolo 2, lettera a), alle ECI potenziali che soddisfano i criteri indicati nella tappa 1. L’entità dell’impatto sarà determinata utilizzando metodi nazionali per l’individuazione di infrastrutture critiche o in riferimento ai criteri intersettoriali, al livello nazionale appropriato. Per le infrastrutture che offrono un servizio essenziale si terrà conto della disponibilità di alternative nonché della durata del danneggiamento e del tempo necessario per il ripristino della funzionalità. Tappa 3 Ciascuno Stato membro applica gli elementi transfrontalieri della definizione di ECI a norma dell’articolo 2, lettera b), alle ECI potenziali che hanno superato le prime due tappe della presente procedura. Le ECI potenziali che soddisfano la definizione saranno sottoposte alla tappa successiva. Per le infrastrutture che offrono un servizio essenziale si terrà conto della disponibilità di alternative nonché della durata del danneggiamento e del tempo necessario per il ripristino della funzionalità. Tappa 4 Ciascuno Stato membro applica i criteri intersettoriali alle rimanenti ECI potenziali. I criteri intersettoriali tengono conto della gravità dell’impatto e, per le infrastrutture che offrono un servizio essenziale, della disponibilità di alternative nonché della durata del danneggiamento e del tempo necessario per il ripristino della funzionalità. Le ECI potenziali che non soddisfano i criteri intersettoriali non sono considerate ECI. Le ECI potenziali che abbiano superato tutte le tappe della presente procedura sono segnalate unicamente agli Stati membri che possono essere interessati in modo significativo da dette infrastrutture.
Protezione delle infrastrutture critiche QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Stabilisce un processo dell’Unione europea (UE) per individuare e designare le infrastrutture critiche europee* (ECI), nonché un approccio per migliorarne la protezione. PUNTI CHIAVE Individuazione e designazione delle ECI I paesi dell’UE attraversano un processo di individuazione delle potenziali ECI, con l’aiuto della Commissione europea se necessario. Al momento dell’individuazione di potenziali ECI, essi devono ricorrere a: criteri trasversali quali possibili perdite, effetti economici ed effetti sui cittadini; criteri settoriali specifici della tipologia di ECI. I paesi dell’UE passano attraverso un processo di designazione collaborativo (ad esempio discussioni con gli altri paesi dell’UE) delle potenziali ECI che si trovano sul loro territorio. I paesi dell’UE riesaminano regolarmente l’individuazione e la designazione delle ECI. La direttiva si applica solo ai settori dell’energia e dei trasporti (si veda l’allegato I alla direttiva). Col tempo, altri settori possono essere aggiunti al suo ambito d’applicazione. Piani di sicurezza per gli operatori I paesi dell’UE garantiscono l’attuazione di un piano di sicurezza per gli operatori (PSO) per ciascuna ECI. Lo scopo del processo PSO è di individuare le strutture critiche dell’ECI, nonché le soluzioni di sicurezza in vigore per proteggerle. Funzionari di collegamento in materia di sicurezza I paesi dell’UE garantiscono la designazione di un funzionario di collegamento in materia di sicurezza per ciascuna ECI. Il funzionario serve da punto di contatto fra il proprietario/operatore dell’ECI e l’autorità del paese dell’UE interessata. Comunicazioni I paesi dell’UE effettuano una valutazione delle minacce relative alle ECI entro un anno dalla designazione di infrastruttura critica. I paesi dell’UE comunicano alla Commissione i dati generali sulle tipologie di rischi, minacce e vulnerabilità ogni due anni. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? È entrata in vigore il 12 gennaio 2009. I paesi dell’UE dovevano recepirla nel diritto nazionale entro il 12 gennaio 2011. CONTESTO Le autorità nazionali sono prevalentemente responsabili della protezione delle infrastrutture critiche. Tuttavia, le perturbazioni di infrastrutture critiche possono avere effetti al di là delle frontiere nazionali. Ecco perché è necessaria una dimensione unionale per aiutare a gestire tali rischi. Nel 2007, il Consiglio dell’UE ha adottato delle conclusioni relative a un programma europeo per la protezione delle infrastrutture critiche. Tale programma punta a migliorare la protezione delle infrastrutture critiche contro tutti i tipi di minacce e pericoli. In seguito al riesame della direttiva 2008/114/CE, nel 2013 la Commissione ha stabilito un nuovo approccio per l’attuazione del programma europeo per la protezione delle infrastrutture critiche, che mira a costruire strumenti comuni e un approccio comune nell’UE per la protezione e la resilienza delle infrastrutture critiche, tenendo maggiormente in considerazione le interdipendenze tra le infrastrutture critiche, le industrie e gli attori pubblici. Per maggiori informazioni, si veda: Infrastrutture critiche sul sito Internet della Commissione europea * TERMINI CHIAVE Infrastrutture critiche: strutture o sistemi essenziali per il mantenimento delle funzioni vitali della società, della sanità, della sicurezza e del benessere economico e sociale dei cittadini. Le infrastrutture critiche europee (ECI) sono infrastrutture critiche dei paesi dell’UE la cui perturbazione o distruzione potrebbe avere un impatto significativo su almeno due paesi dell’UE (ad esempio impianti per l’energia elettrica oppure oleodotti per il trasporto del petrolio). DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2008/114/CE del Consiglio, dell’8 dicembre 2008, relativa all’individuazione e alla designazione delle infrastrutture critiche europee e alla valutazione della necessità di migliorarne la protezione (GU L 345 del 23.12.2008, pagg. 75-82) DOCUMENTI CORRELATI Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo — La protezione delle infrastrutture critiche nella lotta contro il terrorismo [COM(2004) 702 def. del 20.10.2004] Libro verde relativo a un programma europeo per la protezione delle infrastrutture critiche [COM(2005) 576 def. del 17.11.2005] Comunicazione della Commissione relativa a un programma europeo per la protezione delle infrastrutture critiche [COM(2006) 786 def. del 12.12.2006] Documento di lavoro dei servizi della Commissione su un nuovo approccio al programma europeo per la protezione delle infrastrutture critiche: rendere più sicure le infrastrutture critiche europee [SWD(2013) 318 final del 28.8.2013]
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DECISIONE DELLA COMMISSIONE del 23 febbraio 1994 che istituisce il comitato consultivo per il coordinamento nel settore della lotta contro le frodi (94/140/CE) LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, considerando che la buona gestione delle finanze comunitarie implica una lotta efficace contro le frodi commesse a danno del bilancio comunitario ; considerando che il compito di adottare le misure concrete di lotta contro le frodi spetta in primo luogo agli Stati membri e che è necessaria una stretta cooperazione con la Commissione e fra gli Stati stessi ; considerando che l'articolo 209 A del trattato stabilisce che gli Stati membri devono adottare, per combattere le frodi che ledono gli interessi finanziari della Comunità, le stesse misure che adottano per combattere le frodi che ledono i loro interessi finanziari ; che a tal fine devono, con l'aiuto della Commissione, coordinare l'azione intesa a tutelare gli interessi finanziari della Comunità e a combattere le frodi ; considerando che la Commissione svolge inoltre importanti compiti nell'ambito della sua funzione generale di garante della buona esecuzione del bilancio comunitario e dell'applicazione delle disposizioni del trattato ; considerando che è quindi opportuno che la Commissione sia assistita da un comitato composto da rappresentanti degli Stati membri che possa essere consultato su ogni problema di prevenzione, di cooperazione tra gli Stati membri e la Commissione, e di repressione nel settore delle frodi nonché su ogni problema relativo alla tutela giuridica degli interessi finanziari della Comunità ; considerando che i comitati esistenti hanno solo competenza settoriale e che tali comitati specializzati non saranno sostituiti ; che è tuttavia utile una visione d'insieme della problematica delle frodi a danno del bilancio comunitario ; che è quindi necessario creare un comitato con competenza orizzontale ; considerando che, data la natura orizzontale del comitato e la necessità che gli Stati membri siano rappresentati a un livello adeguato e corrispondente alle loro strutture amministrative, il comitato deve comprendere due rappresentanti per ogni Stato membro, DECIDE: Articolo 1 È istituito presso la Commissione un comitato consultivo per il coordinamento della lotta contro le frodi, nel prosieguo denominato « il comitato ». Articolo 2 1. Il comitato può essere consultato dalla Commissione su ogni problema relativo alla prevenzione e alla repressione delle frodi e delle irregolarità nonché su qualsiasi problema di cooperazione degli Stati membri fra di loro e con la Commissione, quando questi problemi superano le attribuzioni di uno dei comitati settoriali, al fine di organizzare meglio le azioni nel settore della lotta contro le frodi. Il comitato può essere consultato dalla Commissione su ogni problema relativo alla tutela giuridica degli interessi finanziari della Comunità. 2. Ogni membro del comitato può chiedere alla Commissione che il comitato sia consultato su ogni questione che rientra nelle competenze del comitato stesso. Articolo 3 1. Il comitato comprende 2 rappresentanti per ogni Stato membro che possono essere assistiti da due funzionari dei servizi interessati. 2. Il comitato è presieduto da un rappresentante della Commissione. 3. Possono essere costituiti gruppi di lavoro per facilitare i lavori del comitato. Articolo 4 1. La Commissione provvede alla segreteria del comitato. 2. Il presidente può invitare a partecipare ai lavori, in qualità di esperto, chiunque abbia competenze particolari su una questione iscritta all'ordine del giorno. Gli esperti partecipano alle deliberazioni unicamente per il problema che ha motivato la loro presenza. 3. I rappresentanti dei servizi interessati della Commissione assistono alle riunioni del comitato. 4. Il comitato si riunisce su convocazione della Commissione. Articolo 5 1. Le deliberazioni del comitato riguardano le richieste di parere della Commissione. Esse non sono seguite da votazione. 2. La Commissione, quando chiede il parere del comitato, può fissare un termine entro il quale il parere stesso deve essere emesso. 3. Le opinioni espresse dai rappresentanti degli Stati membri sono iscritte nel verbale. Articolo 6 Fatte salve le disposizioni dell'articolo 214 del trattato, quando la Commissione informa il comitato che il parere chiesto o la questione posta riguarda una materia riservata, i partecipanti sono tenuti a non divulgare le informazioni di cui sono venuti a conoscenza attraverso i lavori del comitato o dei gruppi di lavoro. Articolo 7 La presente decisione ha effetto dal 1o marzo 1994. Fatto a Bruxelles, il 23 febbraio 1994. Per la Commissione Peter SCHMIDHUBER Membro della Commissione
Il comitato UE per il coordinamento nel settore della lotta contro le frodi QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Istituisce il Comitato consultivo per il coordinamento nel settore della lotta contro le frodi (Cocolaf), che mira a creare una cooperazione tra i paesi dell’UE e la Commissione europea per prevenire e reprimere le frodi*. PUNTI CHIAVE Un rappresentante della Commissione presiede il Cocolaf, che comprende due rappresentanti per ogni paese dell’UE, i quali possono essere assistiti da due funzionari delle autorità nazionali competenti. Per organizzare in modo più efficace una stretta e regolare cooperazione tra le autorità competenti dei paesi dell’UE per contrastare le frodi, ai sensi dell’articolo 325 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, la Commissione può consultare il Cocolaf su ogni questione riguardante: la prevenzione e la repressione delle frodi e delle irregolarità che possono ledere gli interessi finanziari dell’UE; la cooperazione tra i paesi dell’UE o tra i paesi dell’UE e la Commissione per tutelare gli interessi finanziari dell’UE. Il Cocolaf sostiene l’operato dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), che svolge indagini sulla corruzione e su gravi irregolarità all’interno delle istituzioni dell’UE, nonché frodi a danno del bilancio dell’UE. Il Cocolaf integra anche il programma Hercule III, che tra le altre cose finanzia progetti per aumentare la cooperazione antifrode tra i paesi dell’UE, la Commissione e l’OLAF. Il Cocolaf, d’intesa con la Commissione, può creare gruppi di lavoro per affrontare problemi specifici. A questo riguardo, sono stati istituiti i quattro seguenti sottogruppi: Gruppo prevenzione delle frodi: stimola la cooperazione tra le autorità nazionali competenti dei paesi dell’UE e la Commissione attraverso lo scambio di esperienze e migliori prassi nel campo della prevenzione delle frodi (ad esempio esperienze con le valutazioni dei rischi di frode, scambi sulle pratiche fraudolente rilevate, esperienze con lo sviluppo e l'attuazione di strategie, politiche o misure antifrode nazionali o settoriali, ecc.). Gruppo comunicazioni e analisi delle frodi e irregolarità: mira a introdurre e a discutere l’analisi statistica dei casi segnalati e si occupa di altri aspetti rilevanti per la preparazione della relazione prevista dall’articolo 325. Gruppo AFCOS (Servizio di coordinamento antifrode): scambia esperienze e migliori prassi nell’ambito della collaborazione investigativa tra l’OLAF e le autorità nazionali, in linea con il regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013, che disciplina le indagini dell’OLAF. Rete OLAF dei comunicatori antifrode (OAFCN): riunisce portavoce ed esperti di pubbliche relazioni delle autorità nazionali competenti e l’OLAF per condividere le strategie mediatiche e promuovere la comunicazione sulla prevenzione e la dissuasione dalle frodi. La Commissione organizza riunioni e provvede alla segreteria del Cocolaf. CONTESTO L’articolo 325 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea chiede ai paesi dell’UE di contrastare le frodi a livello UE nello stesso modo in cui combatterebbero le frodi che ledono i loro interessi economici. Parallelamente, la Commissione è responsabile della corretta esecuzione del bilancio dell’UE. Per questo motivo, è stato deciso di istituire un comitato che copra tutto il settore delle frodi a danno del bilancio dell’UE. * TERMINE CHIAVE Frode: inganno illecito destinato a tradursi in un guadagno economico o criminale. ATTO Decisione della Commissione 94/140/CE, del 23 febbraio 1994, che istituisce il comitato consultivo per il coordinamento nel settore della lotta contro le frodi (GU L 61 del 4.3.1994, pag. 27-28) Le modifiche successive alla decisione 94/140/CE sono state incorporate nel testo originario. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
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32003H0878
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Raccomandazione del Consiglio, del 2 dicembre 2003, sullo screening dei tumori Gazzetta ufficiale n. L 327 del 16/12/2003 pag. 0034 - 0038 Raccomandazione del Consigliodel 2 dicembre 2003sullo screening dei tumori(2003/878/CE)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 152, paragrafo 4, secondo comma,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Parlamento europeo,considerando quanto segue:(1) L'articolo 152 del trattato stabilisce che l'azione della Comunità completi le politiche nazionali e si indirizzi al miglioramento della sanità pubblica, alla prevenzione delle malattie e delle affezioni e all'eliminazione delle fonti di pericolo per la salute umana. Tale azione comprende la lotta contro i grandi flagelli, favorendo la ricerca sulle loro cause, la loro propagazione e la loro prevenzione, nonché l'informazione e l'educazione in materia sanitaria. L'azione della Comunità nel settore della sanità pubblica rispetta pienamente le responsabilità degli Stati membri per l'organizzazione e la fornitura di servizi sanitari e assistenza medica.(2) Lo sviluppo ulteriore dei programmi di screening dei tumori dovrebbe essere attuato in conformità della legge nazionale e delle responsabilità nazionali e regionali per l'organizzazione e la fornitura di servizi sanitari e assistenza medica.(3) Il cancro è una delle malattie e delle cause di morte più importanti in tutta l'Europa, compresi i futuri Stati membri. Si ritiene che nel 1998 nell'Unione europea si siano verificati 1580096 nuovi casi di tumore, esclusi i tumori della pelle non connessi al melanoma. L'1,4 % di questi tumori erano tumori del collo dell'utero, il 13 % tumori al seno, il 14 % tumori colorettali e il 9 % tumori della prostata. I tumori del collo dell'utero e del seno rappresentavano rispettivamente il 3 % e il 29 % dei nuovi casi di tumore nelle donne e il tumore alla prostata costituiva il 17 % dei nuovi casi di tumore negli uomini.(4) I principi dello screening quale strumento di prevenzione di malattie croniche non trasmissibili sono stati pubblicati nel 1968 dall'Organizzazione mondiale della sanità e nel 1994 dal Consiglio d'Europa. I due documenti, assieme alle migliori prassi in ciascuno dei settori di screening dei tumori, formano la base della presente raccomandazione.(5) La presente raccomandazione si basa inoltre sulle "raccomandazioni sullo screening dei tumori" del comitato consultivo per la prevenzione del cancro e sull'esperienza acquisita nelle diverse azioni sostenute nel contesto del programma "L'Europa contro il cancro" nell'ambito del quale la collaborazione europea sostenendo programmi di screening dei tumori di alta qualità ha consentito per esempio l'elaborazione di efficaci orientamenti europei in materia di buone prassi e la protezione della popolazione da screening di cattiva qualità.(6) Tra i fattori importanti da valutare prima di decidere l'attuazione dei programmi a livello dell'intera popolazione vanno considerati tra l'altro la frequenza e l'intervallo dell'applicazione del test di screening nonché altre specificità epidemiologiche nazionali o regionali.(7) Lo screening permette di individuare i tumori in una fase precoce o eventualmente addirittura prima che diventino invasivi. In tal modo è possibile trattare alcune lesioni in modo più efficace e offrire ai pazienti una maggiore speranza di vita. L'indicatore principale dell'efficacia dello screening è una riduzione della mortalità dovuta ai tumori. Dato che nel caso dei tumori del collo dell'utero sono stati scoperti precursori, una riduzione nell'incidenza di tali tumori può essere considerata un indicatore molto utile.(8) Esistono dati che dimostrano l'efficacia dello screening del tumore al seno e del tumore colorettale derivanti da prove randomizzate, mentre per lo screening del tumore del collo dell'utero l'efficacia è provata da studi di osservazione.(9) Lo screening consiste comunque nel sottoporre ad esami persone allo scopo di individuare patologie che non comportano alcuna sintomatologia. A parte gli effetti benefici per quanto concerne la mortalità, lo screening può avere anche effetti secondari negativi per la popolazione interessata. Gli operatori sanitari dovrebbero essere consapevoli di tutti i benefici e i rischi potenziali dello screening relativo a un determinato tipo di tumore prima di iniziare un nuovo programma di screening. Inoltre, al pubblico informato di oggi sarebbe opportuno presentare questi vantaggi e questi rischi in modo da consentire al singolo cittadino di decidere autonomamente se partecipare al programma di screening.(10) È opportuno prendere in considerazione gli aspetti etici, giuridici, sociali, medici, organizzativi ed economici prima di poter prendere decisioni relative all'attuazione dello screening dei tumori.(11) Prima di prendere decisioni sull'attuazione di programmi di screening dei tumori occorre esaminare gli aspetti etici, giuridici, sociali, medici, organizzativi ed economici.(12) I vantaggi per la sanità pubblica e un buon rapporto costi-benefici di un programma di screening sono possibili se il programma è applicato in modo sistematico, con una copertura di tutta la popolazione interessata e conformemente agli orientamenti in materia di buone prassi.(13) Il rapporto costi-benefici dello screening dei tumori dipende da vari fattori quali l'epidemiologia nonché il modo in cui l'assistenza sanitaria è organizzata e fornita.(14) Per un'attuazione sistematica è necessaria un'organizzazione dotata di un sistema di chiamata e di conferma, con garanzie di qualità a tutti i livelli, e un servizio efficace ed appropriato di diagnosi, di terapia e di assistenza successiva sulla base di orientamenti empirici.(15) Per gestire programmi di screening organizzati occorrono sistemi di centralizzazione dei dati, che comportino la disponibilità di un elenco di tutti i destinatari del programma, nonché di dati su tutti i test di screening, la relativa valutazione e la diagnosi finale.(16) Tutte le procedure relative a raccolta, archiviazione, trasmissione ed analisi dei dati dei registri medici interessati devono essere pienamente conformi al livello di protezione previsto dalla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati(1), nonché nel pieno rispetto delle pertinenti disposizioni degli Stati membri in materia di gestione e trattamento dei dati sulla salute, conformemente all'articolo 8 della direttiva.(17) Uno screening di qualità comporta l'analisi della metodologia e dei risultati dello screening, nonché la rapida comunicazione dei risultati alla popolazione e ai responsabili dello screening.(18) L'analisi è agevolata se la base di dati dello screening può essere collegata ai dati del registro dei tumori e alle basi di dati sulla mortalità.(19) Un'adeguata formazione del personale costituisce un'indispensabile premessa per uno screening di qualità.(20) Sono stati fissati specifici indicatori dei risultati relativi ai test di screening dei tumori. Tali indicatori dovrebbero essere regolarmente controllati.(21) Al fine di assicurare un'organizzazione e un controllo della qualità adeguati in tutti gli Stati membri devono essere disponibili le necessarie risorse umane e finanziarie.(22) Occorrerebbe prendere misure per garantire una parità d'accesso allo screening tenendo in debito conto l'eventuale necessità di mirare determinati gruppi socioeconomici.(23) Dal punto di vista etico, giuridico e sociale è indispensabile che lo screening dei tumori sia proposto a persone che non presentano sintomi, debitamente informate, solo se è stato dimostrato che lo screening riduce la mortalità specifica connessa alla malattia, se i vantaggi e i rischi sono ben noti e se il rapporto costi-benefici dello screening è accettabile.(24) I metodi di screening che attualmente rispettano queste condizioni rigorose sono elencati nell'allegato.(25) Non vi è alcun fondamento scientifico per proporre a persone che non presentano sintomi, nel contesto di un programma destinato alla popolazione, test di screening diversi da quelli elencati nell'allegato prima che prove randomizzate e controllate abbiano dimostrato una riduzione della mortalità dovuta in particolare ai tumori.(26) I test di screening elencati nell'allegato possono essere proposti unicamente nel contesto di un programma di screening organizzato destinato alla popolazione, con garanzie di qualità a tutti i livelli e disponibilità di informazioni attendibili circa i vantaggi e i rischi, di risorse adeguate per lo screening, di un controllo basato su procedure diagnostiche complementari e, se necessario, del trattamento dei pazienti con un test di screening positivo.(27) L'introduzione dei test di screening raccomandati nell'allegato, che si sono dimostrati efficaci, andrebbe presa seriamente in considerazione, fondando ogni decisione sulla disponibilità delle competenze professionali e sulla definizione di priorità relative alle risorse nell'ambito delle cure sanitarie in ciascun Stato membro.(28) Una volta ottenute le prove dell'efficacia di un nuovo test di screening, è possibile procedere a una valutazione di test modificati utilizzando altri parametri sostitutivi epidemiologicamente convalidati, a condizione che il valore predittivo di tali parametri sia sufficientemente provato.(29) Le metodologie in materia di screening sono in continua evoluzione. L'applicazione di metodologie di screening raccomandate dovrebbe pertanto essere accompagnata da simultanee valutazioni della qualità, dell'applicabilità e del rapporto costi-benefici di nuovi metodi, ove ciò sia giustificato dai dati epidemiologici disponibili. Infatti i lavori in corso possono portare a nuovi metodi che infine potrebbero sostituire o integrare i test elencati nell'allegato o essere applicati ad altri tipi di tumori,RACCOMANDA AGLI STATI MEMBRI DI:1) Attuazione dei programmi di screening dei tumoria) proporre uno screening dei tumori a tutti gli appropriati livelli della popolazione fondato su dati comprovati e mediante un approccio sistematico, con garanzie di qualità a tutti i livelli; i test da prendere in considerazione in questo contesto sono elencati nell'allegato;b) attuare programmi di screening in conformità degli orientamenti sulle migliori prassi, ove esistano e facilitare l'ulteriore sviluppo delle migliori prassi per programmi di alta qualità di screening dei tumori a livello nazionale e, se del caso, a livello regionale;c) garantire che le persone che partecipano a un programma di screening siano adeguatamente informate sui vantaggi e sui rischi;d) assicurare ai pazienti risultati positivi al test di screening adeguate procedure diagnostiche complementari, terapia, sostegno psicologico e assistenza successiva sulla base di orientamenti empirici;e) rendere disponibili le risorse umane e finanziarie, al fine di garantire un'organizzazione e un controllo della qualità appropriati;f) valutare e prendere decisioni relative all'attuazione di un programma di screening dei tumori a livello nazionale o regionale, in funzione dell'onere della patologia e delle risorse per le cure sanitarie, degli effetti collaterali, del rapporto costi-benefici dello screening dei tumori e dell'esperienza tratta dalle prove scientifiche e dai progetti pilota;g) istituire un sistema di chiamata e di conferma sistematico e di garantire la qualità a tutti i livelli adeguati, assieme a un servizio efficace ed appropriato di diagnosi, di terapia e di assistenza successiva sulla base di orientamenti empirici;h) garantire che sia prestata la dovuta attenzione alla legislazione in materia di protezione dei dati, in particolare quando si applica ai dati personali sulla salute, prima di attuare programmi di screening dei tumori.2) Registrazione e gestione dei dati di screeninga) mettere a disposizione sistemi di dati centralizzati, necessari per gestire programmi di screening organizzati;b) assicurare, con adeguati mezzi, che tutte le persone contemplate dal programma di screening vengano invitate a prendervi parte mediante un sistema di chiamata e di conferma;c) raccogliere, gestire e valutare i dati su tutti i test di screening, la relativa valutazione e la diagnosi finale;d) raccogliere, gestire e valutare i dati in modo pienamente conforme alla pertinente legislazione in materia di protezione dei dati personali.3) Controlloa) controllare regolarmente la metodologia e i risultati degli screening organizzati e comunicare rapidamente i risultati al pubblico e al personale responsabile dello screening;b) rispettare le norme definite dalla rete europea di registri sul cancro nella realizzazione e nella gestione di basi di dati dello screening in modo pienamente conforme alla pertinente legislazione in materia di protezione dei dati personali;c) controllare i programmi di screening ad intervalli adeguati.4) Formazioneorganizzare una formazione adeguata del personale a tutti i livelli per garantire uno screening di alta qualità.5) Partecipazionea) cercare un elevato livello di partecipazione, basata su un consenso pienamente informato, quando vengono proposti screening organizzati;b) prendere misure per garantire la parità di accesso allo screening tenendo in debito conto dell'eventuale necessità di mirare determinati gruppi socioeconomici.6) Introduzione di nuovi test di screening tenendo conto dei risultati della ricerca internazionalea) integrare i nuovi test di screening dei tumori nelle cure sanitarie di routine solo previa valutazione mediante prove randomizzate e controllate;b) effettuare, oltre a quelli sui parametri specifici di screening e sulla mortalità, test sulle terapie successive, sui risultati clinici, sugli effetti secondari, sulla morbosità e sulla qualità della vita;c) valutare il livello dell'efficacia per quanto riguarda gli effetti dei nuovi metodi mediante raccolta e raffronto dei risultati delle prove sulla base di presupposti rappresentativi;d) prendere in considerazione l'introduzione nelle cure sanitarie di routine di nuovi e potenzialmente promettenti test di screening, attualmente in corso di valutazione con prove randomizzate, una volta che l'efficacia sia stata dimostrata e si sia tenuto conto di altri aspetti pertinenti quali il rapporto costi-benefici nei vari sistemi di cure sanitarie;e) prendere in considerazione l'introduzione nelle cure sanitarie di routine di nuove e potenzialmente promettenti modifiche dei test di screening esistenti, una volta che l'efficacia della modifica sia stata dimostrata, possibilmente utilizzando altri parametri sostitutivi epidemiologicamente convalidati.7) Attuazione e seguito della relazioneriferire alla Commissione sull'attuazione della presente raccomandazione entro tre anni dall'adozione e successivamente in risposta ad una richiesta della Commissione per contribuire al seguito dato alla raccomandazione a livello comunitario,INVITA LA COMMISSIONE A:1) Presentare, entro la fine del quarto anno successivo all'adozione della presente raccomandazione, relazioni concernenti l'attuazione dei programmi di screening dei tumori sulle base delle informazioni fornite dagli Stati membri, analizzare l'efficacia delle misure adottate e valutare la necessità di ulteriori azioni.2) Incoraggiare la cooperazione tra Stati membri nella ricerca e nello scambio delle migliori prassi in materia di screening dei tumori al fine di elaborare e valutare nuovi metodi di screening o migliorare quelli esistenti.3) Sostenere la ricerca europea sullo screening dei tumori, compreso lo sviluppo di nuovi orientamenti e l'aggiornamento di quelli esistenti al riguardo.Fatto a Bruxelles, addì 2 dicembre 2003.Per il ConsiglioIl PresidenteR. Maroni(1) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31.ALLEGATOTEST DI SCREENING CHE SODDISFANO I REQUISITI DELLA RACCOMANDAZIONE(1):- striscio vaginale (Pap test) per individuare precursori dei tumori del collo dell'utero, con inizio non prima dei 20 anni e non dopo i 30 anni,- mammografia per individuare tumori del seno nelle donne di età compresa fra i 50 e i 69 anni conformemente agli orientamenti europei per una garanzia di qualità delle mammografie,- screening per l'individuazione del sangue occulto nelle feci per i tumori colorettali negli uomini e nelle donne di età compresa fra i 50 e i 74 anni.(1) Le fasce di età indicate sono da considerarsi fasce massime; in funzione dei dati epidemiologici e delle relative priorità a livello nazionale, può essere opportuno stabilire fasce di età più ridotte.
Promuovere lo screening dei tumori nell’Unione europea Il cancro è una delle malattie e delle cause di morte più importanti in tutta l’Europa. L’organizzazione e la fornitura di servizi sanitari e assistenza medica sono responsabilità nazionali, ma l’Unione europea (UE) può integrare le politiche in uso, contribuendo a migliorare la sanità pubblica e a combattere questa patologia. ATTO Raccomandazione del Consiglio, del 2 dicembre 2003, sullo screening dei tumori (Gazzetta ufficiale L 327 del 16 dicembre 2003, pag. 34-38). SINTESI Il cancro è una delle malattie e delle cause di morte più importanti in tutta l’Europa. L’organizzazione e la fornitura di servizi sanitari e assistenza medica sono responsabilità nazionali, ma l’Unione europea (UE) può integrare le politiche in uso, contribuendo a migliorare la sanità pubblica e a combattere questa patologia. CHE COSA FA LA RACCOMANDAZIONE? Lo screening consente di individuare i tumori in una fase precoce, aumentando le probabilità di successo del trattamento. La raccomandazione spinge i paesi dell’UE ad attuare programmi di screening dei tumori. Contempla fattori quali la registrazione e la gestione dei dati di screening, il monitoraggio del processo e la formazione del personale. La Commissione europea presenta relazioni riguardanti l’attuazione di tali programmi, incoraggia le autorità nazionali a cooperare nel campo della ricerca e in quello dell’adozione di migliori prassi, oltre a contribuire allo sviluppo di linee guida sullo screening dei tumori. PUNTI CHIAVE Due relazioni della Commissione sull’attuazione della raccomandazione del 2003 confermano i grandi progressi compiuti in tal senso. Tutti e 28 i paesi dell’UE tranne quattro avevano attuato un piano nazionale di controllo dei tumori prima del 2013. Nel 2014 la Commissione ha riunito un gruppo di esperti di controllo dei tumori affinché fornisse assistenza e consulenza in questo settore. Sempre nel 2014 è stata lanciata un’iniziativa volta a redigere una guida europea sul miglioramento della qualità nel controllo dei tumori. Una quarta versione del Codice europeo contro il cancro è attualmente in corso di stesura. Esistono delle linee guida europee riguardanti il cancro della mammella (2013), della cervice uterina (2007, aggiornata nel 2014) e del colon-retto (2010). Stando alle proiezioni attuali, tra il 2010 e il 2020 verranno eseguiti oltre 500 milioni di screening per questi tre tipi di cancro. La Commissione sta sviluppando un programma per l’assicurazione della qualità nei servizi legati al tumore al seno. Tra il 2007 e il 2014 l’UE ha investito oltre 1,4 miliardi di euro nella ricerca sul cancro. Nel 2012 il Centro comune di ricerca della Commissione è stato incaricato di coordinare il sistema informativo europeo sul cancro. CONTESTO Il numero stimato di decessi per patologie tumorali nell’UE nell’anno 2012 è di 1,263 milioni. Il più comune è risultato essere il cancro ai polmoni, seguito da quello del colon-retto, della mammella e dello stomaco. Nello stesso anno sono stati diagnosticati più di 2,6 milioni di casi di tumore, esclusi i tumori della pelle non connessi al melanoma. Per maggiori informazioni, consultare il sito web della direzione generale della Salute e della sicurezza alimentare della Commissione europea sulle patologie gravi e croniche. ATTI COLLEGATI Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Attuazione della comunicazione della Commissione, del 24 giugno 2009, « Lotta contro il cancro: un partenariato europeo» [COM(2009) 291 def] e seconda relazione sull’attuazione della raccomandazione del Consiglio, del 2 dicembre 2003, sullo screening dei tumori (2003/878/CE), COM(2014) 584 final del 23 settembre 2014. Decisione della Commissione, del 3 giugno 2014, che istituisce un gruppo di esperti della Commissione sulla lotta contro il cancro e abroga la decisione 96/469/CE (2014/C 167/05) ((GU C 167 del 4 giugno 2014, pag. 4-8).
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Convenzione sull'inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza - Risoluzione sull'inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza Gazzetta ufficiale n. L 171 del 27/06/1981 pag. 0013 - 0024 edizione speciale finlandese: capitolo 15 tomo 3 pag. 0129 edizione speciale svedese/ capitolo 15 tomo 3 pag. 0129 edizione speciale spagnola: capitolo 15 tomo 3 pag. 0053 edizione speciale portoghese: capitolo 15 tomo 3 pag. 0053 CONVENTION on long-range transboundary air pollution THE PARTIES TO THE PRESENT CONVENTION, DETERMINED to promote relations and cooperation in the field of environmental protection, AWARE of the significance of the activities of the United Nations Economic Commission for Europe in strengthening such relations and cooperation, particularly in the field of air pollution including long-range transport of air pollutants, RECOGNIZING the contribution of the Economic Commission for Europe to the multilateral implementation of the pertinent provisions of the Final Act of the Conference on security and cooperation in Europe, COGNIZANT of the references in the chapter on environment of the Final Act of the Conference on security and cooperation in Europe calling for cooperation to control air pollution and its effects, including long-range transport of air pollutants, and to the development through international cooperation of an extensive programme for the monitoring and evaluation of long-range transport of air pollutants, starting with sulphur dioxide and with possible extension to other pollutants, CONSIDERING the pertinent provisions of the Declaration of the United Nations Conference on the human environment, and in particular principle 21, which expresses the common conviction that States have, in accordance with the Charter of the United Nations and the principles of international law, the sovereign right to exploit their own resources pursuant to their own environmental policies, and the responsibility to ensure that activities within their jurisdiction or control do not cause damage to the environment of other States or of areas beyond the limits of national jurisdiction, RECOGNIZING the existence of possible adverse effects, in the short and long term, of air pollution including transboundary air pollution, CONCERNED that a rise in the level of emissions of air pollutants within the region as forecast may increase such adverse effects, RECOGNIZING the need to study the implications of the long-range transport of air pollutants and the need to seek solutions for the problems identified, AFFIRMING their willingness to reinforce active international cooperation to develop appropriate national policies and by means of exchange of information, consultation, research and monitoring, to coordinate national action for combating air pollution including long-range transboundary air pollution, HAVE AGREED as follows: Definitions Article 1 For the purposes of the present Convention: (a) "air pollution" means the introduction by man, directly or indirectly, of substances or energy into the air resulting in deleterious effects of such a nature as to endanger human health, harm living resources and ecosystems and material property and impair or interfere with amenities and other legitimate uses of the environment, and "air pollutants" shall be construed accordingly; (b) "long-range transboundary air pollution" means air pollution whose physical origin is situated wholly or in part within the area under the national jurisdiction of one State and which has adverse effects in the area under the jurisdiction of another State at such a distance that it is not generally possible to distinguish the contribution of individual emission sources or groups of sources. Fundamental principles Article 2 The Contracting Parties, taking due account of the facts and problems involved, are determined to protect man and his environment against air pollution and shall endeavour to limit and, as far as possible, gradually reduce and prevent air pollution including long-range transboundary air pollution. Article 3 The Contracting Parties, within the framework of the present Convention, shall, by means of exchanges of information, consultation, research and monitoring, develop without undue delay policies and strategies which shall serve as a means of combating the discharge of air pollutants, taking into account efforts already made at national and international level. Article 4 The Contracting Parties shall exchange information on and review their policies, scientific activities and technical measures aimed at combating, as far as possible, the discharge of air pollutants which may have adverse effects, thereby contributing to the reduction of air pollution including long-range transboundary air pollution. Article 5 Consultations shall be held, upon request, at an early stage between, on the one hand, Contracting Parties which are actually affected by or exposed to a significant risk of long-range transboundary air pollution and, on the other hand, Contracting Parties within which and subject to whose jurisdiction a significant contribution to long-range transboundary air pollution originates, or could originate, in connexion with activities carried on or contemplated therein. Air-quality management Article 6 Taking into account Articles 2 to 5, the on-going research, exchange of information and monitoring and the results thereof, the cost and effectiveness of local and other remedies and in order to combat air pollution, in particular that originating from new or rebuilt installations, each Contracting Party undertakes to develop the best policies and strategies including air-quality management systems and, as part of them, control measures compatible with balanced development, in particular by using the best available technology which is economically feasible and low- and non-waste technology. Research and development Article 7 The Contracting Parties, as appropriate to their needs, shall initiate and cooperate in the conduct of research into and/or development of: (a) existing and proposed technologies for reducing emissions of sulphur compounds and other major air pollutants, including technical and economic feasibility, and environmental consequences; (b) instrumentation and other techniques for monitoring and measuring emission rates and ambient concentrations of air pollutants; (c) improved models for a better understanding of the transmission of long-range transboundary air pollutants; (d) the effects of sulphur compounds and other major air pollutants on human health and the environment, including agriculture, forestry, materials, aquatic and other natural ecosystems and visibility, with a view to establishing a scientific basis for dose/effect relationships designed to protect the environment; (e) the economic, social and environmental assessment of alternative measures for attaining environmental objectives, including the reduction of long-range transboundary air pollution; (f) education and training programmes related to the environmental aspects of pollution by sulphur compounds and other major air pollutants. Exchange of information Article 8 The Contracting Parties, within the framework of the Executive Body referred to in Article 10 and bilaterally, shall, in their common interests, exchange available information on: (a) data on emissions at periods of time to be agreed upon, of agreed air pollutants, starting with sulphur dioxide, coming from grid-units of agreed size, or on the fluxes of agreed air pollutants, starting with sulphur dioxide, across national borders, at distances and at periods of time to be agreed upon; (b) major changes in national policies and in general industrial development, and their potential impact, which would be likely to cause significant changes in long-range transboundary air pollution; (c) control technologies for reducing air pollution relevant to long-range transboundary air pollution; (d) the projected cost of the emission control of sulphur compounds and other major air pollutants on a national scale; (e) meteorological and physico-chemical data relating to the processes during transmission; (f) physico-chemical and biological data relating to the effects of long-range transboundary air pollution and the extent of the damage (1) which these data indicate can be attributed to long-range transboundary air pollution; (g) national, sub-regional and regional policies and strategies for the control of sulphur compounds and other major air pollutants. Implementation and further development of the cooperative programme for the monitoring and evaluation of the long-range transmission of air pollutants in Europe Article 9 The Contracting Parties stress the need for the implementation of the existing "cooperative programme for the monitoring and evaluation of the long-range transmission of air pollutants in Europe" (hereinafter referred to as EMEP) and, with regard to the further development of this programme, agree to emphasize: (a) the desirability of Contracting Parties joining in and fully implementing EMEP which, as a first step, is based on the monitoring of sulphur dioxide and related substances; (b) the need to use comparable or standardized procedures for monitoring whenever possible; (c) the desirability of basing the monitoring programme on the framework of both national and international programmes. The establishment of monitoring stations and the collection of data shall be carried out under the national jurisdiction of the country in which the monitoring stations are located; (d) the desirability of establishing a framework for a cooperative environmental monitoring programme, based on and taking into account present and future national, sub-regional, regional and other international programmes; (1)The present Convention does not contain a rule on State liability as to damage. (e) the need to exchange data on emissions at periods of time to be agreed upon, of agreed air pollutants, starting with sulphur dioxide, coming from grid-units of agreed size ; or on the fluxes of agreed air pollutants, starting with sulphur dioxide, across national borders, at distances and at periods of time to be agreed upon. The method, including the model, used to determine the fluxes, as well as the method, including the model, used to determine the transmission of air pollutants based on the emissions per grid-unit, shall be made available and periodically reviewed, in order to improve the methods and the models; (f) their willingness to continue the exchange and periodic updating of national data on total emissions of agreed air pollutants, starting with sulphur dioxide; (g) the need to provide meteorological and physico-chemical data relating to processes during transmission; (h) the need to monitor chemical components in other media such as water, soil and vegetation, as well as a similar monitoring programme to record effects on health and environment; (i) the desirability of extending the national EMEP networks to make them operational for control and surveillance purposes. Executive Body Article 10 1. The representatives of the Contracting Parties shall, within the framework of the Senior Advisers to Economic Commission for Europe Governments on Environmental Problems, constitute the Executive Body of the present Convention, and shall meet at least annually in that capacity. 2. The Executive Body shall: (a) review the implementation of the present Convention; (b) establish, as appropriate, working groups to consider matters related to the implementation and development of the present Convention and to this end to prepare appropriate studies and other documentation and to submit recommendations to be considered by the Executive Body; (c) fulfil such other functions as may be appropriate under the provisions of the present Convention. 3. The Executive Body shall utilize the Steering Body for the EMEP to play an integral part in the operation of the present Convention, in particular with regard to data collection and scientific cooperation. 4. The Executive Body, in discharging its functions, shall, when it deems appropriate, also make use of information from other relevant international organizations. Secretariat Article 11 The Executive Secretary of the Economic Commission for Europe shall carry out, for the Executive Body, the following secretariat functions: (a) to convene and prepare the meetings of the Executive Body; (b) to transmit to the Contracting Parties reports and other information received in accordance with the provisions of the present Convention; (c) to discharge the functions consigned by the Executive Body. Amendments to the Convention Article 12 1. Any Contracting Party may propose amendments to the present Convention. 2. The text of proposed amendments shall be submitted in writing to the Executive Secretary of the Economic Commission for Europe, who shall communicate them to all Contracting Parties. The Executive Body shall discuss proposed amendments at its next annual meeting provided that such proposals have been circulated by the Executive Secretary of the Economic Commission for Europe to the Contracting Parties at least 90 days in advance. 3. An amendment to the present Convention shall be adopted by consensus of the representatives of the Contracting Parties, and shall enter into force for the Contracting Parties which have accepted it on the 90th day after the date on which two-thirds of the Contracting Parties have deposited their instruments of acceptance with the depositary. Thereafter, the amendment shall enter into force for any other Contracting Party on the 90th day after the date on which that Contracting Party deposits its instrument of acceptance of the amendment. Settlement of disputes Article 13 If a dispute arises between two or more Contracting Parties to the present Convention as to the interpretation or application of the Convention, they shall seek a solution by negotiation or by any other method of dispute settlement acceptable to the Parties to the dispute. Signature Article 14 1. The present Convention shall be open for signature at the United Nations Office at Geneva from 13 to 16 November 1979 on the occasion of the High-Level Meeting within the framework of the Economic Commission for Europe on the Protection of the Environment, by the member States of the Economic Commission for Europe as well as States having consultative status with the Economic Commission for Europe, pursuant to paragraph 8 of Economic and Social Council Resolution 36 (IV) of 28 March 1947, and by regional economic integration organizations, constituted by sovereign States, members of the Economic Commission for Europe, which have competence in respect of the negotiation, conclusion and application of international agreements in matters covered by the present Convention. 2. In matters within their competence, such regional economic integration organizations shall, on their own behalf, exercise the rights and fulfil the responsibilities which the present Convention attributes to their member States. In such cases, the member States of these organizations shall not be entitled to exercise such rights individually. Ratification, acceptance, approval and accession Article 15 1. The present Convention shall be subject to ratification, acceptance or approval. 2. The present Convention shall be open for accession as from 17 November 1979 by the States and organizations referred to in Article 14 (1). 3. The instruments of ratification, acceptance, approval or accession shall be deposited with the Secretary-General of the United Nations, who will perform the functions of the depositary. Entry into force Article 16 1. The present Convention shall enter into force on the 90th day after the date of deposit of the 24th instrument of ratification, acceptance, approval or accession. 2. For each Contracting Party which ratifies, accepts or approves the present Convention or accedes thereto after the deposit of the 24th instrument of ratification, acceptance, approval or accession, the Convention shall enter into force on the 90th day after the date of deposit by such Contracting Party of its instrument of ratification, acceptance, approval or accession. Withdrawal Article 17 At any time after five years from the date on which the present Convention has come into force with respect to a Contracting Party, that Contracting Party may withdraw from the Convention by giving written notification to the depositary. Any such withdrawal shall take effect on the 90th day after the date of its receipt by the depositary. Authentic texts Article 18 The original of the present Convention, of which the English, French and Russian texts are equally authentic, shall be deposited with the Secretary-General of the United Nations.
Convenzione di Ginevra sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza QUAL È LO SCOPO DELLA CONVENZIONE E DELLA DECISIONE? Con la Convenzione di Ginevra sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza, le parti (ovvero i paesi che l’hanno ratificata) si impegnano a collaborare per limitare, prevenire e ridurre gradualmente le loro emissioni di inquinanti atmosferici e a lottare contro l’inquinamento atmosferico transfrontaliero che ne deriva. La decisione conclude la convenzione per conto dell’Unione europea (Unione). Anche tutti gli Stati membri sono parti contraenti della convenzione. PUNTI CHIAVE Si definisce inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza il rilascio, diretto o indiretto dovuto all’attività umana, di sostanze nell’aria che hanno effetti nocivi per la salute umana o per l’ambiente in un altro paese e per il quale il contributo delle fonti di emissione o dei gruppi di fonti non può essere distinto. Nell’ambito della convenzione sono stati sviluppati, in totale, otto diversi protocolli.Il protocollo del 1984 relativo al finanziamento a lungo termine del programma concertato per la sorveglianza e la valutazione del trasporto a grande distanza degli inquinanti atmosferici in Europa (Protocollo EMEP): uno strumento per la condivisione internazionale dei costi di un programma di monitoraggio che costituisce la spina dorsale dell’analisi e della valutazione dell’inquinamento atmosferico europeo alla luce degli accordi sulla riduzione delle emissioni. Il protocollo del 1985 relativo alla riduzione delle emissioni di zolfo o dei loro flussi transfrontalieri (Protocollo di Helsinki) di almeno il 30 % rispetto ai livelli del 1980; Il protocollo del 1988 relativo alla lotta contro le emissioni di ossidi di azoto (NOx) o ai loro flussi transfrontalieri (protocollo di Sofia): una prima fase prevede il congelamento delle emissioni di NOx o dei loro flussi transfrontalieri ai livelli del 1987; una seconda fase prevede l’applicazione di un approccio basato sugli effetti, per ridurre ulteriormente le emissioni di composti azotati, compresa l’ammoniaca (NH3), e di composti organici volatili (COV), in considerazione del loro contributo all’inquinamento fotochimico, all’acidificazione e all’eutrofizzazione e al loro effetti sulla salute umana, sull’ambiente e sui materiali, affrontando tutte le fonti di emissione significative. Il protocollo del 1991 sul controllo delle emissioni di COV o dei loro flussi transfrontalieri: questi composti sono responsabili della formazione dell’ozono troposferico e le parti contraenti devono optare per uno dei tre obiettivi di riduzione delle emissioni, da raggiungere entro il 1999:una riduzione del 30% dei COV, usando come base un anno tra il 1984 e il 1990;una riduzione del 30% delle emissioni di COV all’interno dell’area di gestione dell’ozono troposferico specificata nell’allegato I del protocollo e garantendo che le emissioni nazionali totali non superino i livelli del 1988; ose le emissioni nel 1988 non hanno superato determinati livelli specificati, le parti contraenti possono optare per una stabilizzazione a quel livello di emissione. Il protocollo del 1994 relativo a una nuova riduzione delle emissioni di zolfo (Protocollo di Oslo): questo protocollo si basa sul protocollo di Helsinki del 1985 e fissa limiti di emissione fino al 2010 e oltre. Le parti sono tenute ad adottare le misure più efficaci per la riduzione delle emissioni di zolfo, che comprendono:aumentare l’efficienza energetica;utilizzare energie rinnovabili;ridurre il contenuto di zolfo nei carburanti; eapplicare le migliori tecnologie di controllo disponibili (BAT). Il protocollo incoraggia inoltre ad applicare strumenti economici per l’adozione di approcci economicamente efficaci alla riduzione delle emissioni di zolfo. Il protocollo del 1998 sui metalli pesanti (Protocollo di Aarhus): si concentra su tre metalli, il cadmio, il piombo e il mercurio. Le parti contraenti dovranno ridurre le loro emissioni al di sotto dei livelli raggiunti nel 1990 (o in un anno alternativo tra il 1985 e il 1995). Il protocollo mira a ridurre le emissioni da fonti industriali, processi di combustione e incenerimento dei rifiuti. Stabilisce valori limite rigorosi per le emissioni da fonti fisse e suggerisce le migliori tecniche disponibili per queste fonti, come filtri speciali o depuratori per fonti di combustione o processi privi di mercurio. Il protocollo richiede alle parti contraenti eliminare progressivamente la benzina contenente piombo. Introduce inoltre misure per ridurre le emissioni di metalli pesanti da altri prodotti, ad esempio il mercurio nelle batterie, e propone l’introduzione di misure di gestione per altri prodotti contenenti mercurio, quali i componenti elettrici, i dispositivi di misurazione, le lampade fluorescenti, l’amalgama dentale, i pesticidi e le vernici. Il protocollo è stato modificato nel 2012 per introdurre valori limite di emissione (ELV) più stringenti per le emissioni di particolato e di cadmio, piombo e mercurio applicabili per talune combustioni e altre fonti di emissioni industriali che li rilasciano nell’atmosfera. Le categorie di sorgenti di emissioni per i tre metalli pesanti sono state estese anche alla produzione di leghe di silicio e ferromanganese, allargando così l’ambito delle attività industriali per le quali sono stabiliti limiti di emissione. Il protocollo del 1998 sugli inquinanti organici persistenti, il cui obiettivo finale è quello di eliminare eventuali scarichi, emissioni e perdite di tali inquinanti. Il protocollo vieta la produzione e l’uso di alcuni prodotti in via definitiva, mentre per altri l’eliminazione era prevista per una fase successiva. Comprende disposizioni per il trattamento dei rifiuti di prodotti vietati e obbliga le parti contraenti a ridurre le loro emissioni di diossine, furani, idrocarburi policiclici aromatici ed esaclorobenzene (HCB) al di sotto dei loro livelli del 1990 (o di un anno alternativo tra il 1985 e il 1995). Per l’incenerimento dei rifiuti urbani, pericolosi e sanitari stabilisce valori limite specifici. Inizialmente si concentrava su un elenco di 16 sostanze che erano state selezionate in base a criteri di rischio concordati. Le sostanze includevano undici pesticidi, due prodotti chimici industriali e tre sottoprodotti/contaminanti. Il protocollo è stato modificato nel 2009 per includere 7 nuove sostanze: esaclorobutadiene, ottabromodifeniletere, pentaclorobenzene, pentabromodifeniletere, perfluorottano sulfonato, naftaleni policlorurati e paraffine clorurate a catena corta. Le parti contraenti hanno rivisto gli obblighi per i composti DDT, eptaclor, HCB e PCB, nonché per gli ELV derivanti dall’incenerimento dei rifiuti. Per facilitare la ratifica del protocollo da parte dei paesi con economie in transizione, le parti contraenti hanno introdotto flessibilità per questi paesi per quanto riguarda i tempi per l’applicazione degli ELV e delle BAT. Il protocollo del 1999 per la riduzione dell’acidificazione, dell’eutrofizzazione e dell’ozono troposferico (Protocollo di Göteborg): fissa limiti nazionali di emissione dal 2010 al 2020 per 4 inquinanti: anidride solforosa (SO2), NOx, COV e NH3. Stabilisce inoltre valori limite rigorosi per fonti di emissioni specifiche (ad esempio impianti di combustione, produzione di elettricità, pulitura a secco, automobili e camion) e richiede che siano utilizzate le BAT per mantenere basse le emissioni. Anche le emissioni di COV da prodotti quali vernici o aerosol devono essere ridotte e gli agricoltori sono obbligati ad adottare misure specifiche per controllare le emissioni di NH3. Il protocollo è stato modificato nel 2012 per includere impegni nazionali sulla riduzione delle emissioni da raggiungere entro il 2020 e oltre [tali emendamenti sono stati ratificati dall’Unione nella decisione (UE) 2017/1757 del Consiglio]. Molti degli allegati tecnici del protocollo sono stati rivisti con serie aggiornate di ELV sia per le principali fonti fisse che per le fonti mobili. Il protocollo rivisto è il primo accordo vincolante che include impegni per la riduzione delle emissioni di particolato fine. Il protocollo modificato include anche specificatamente l’inquinante climatico di breve durata (fuliggine) come componente di una materia particolare. La riduzione del particolato (che comprende la fuliggine) attraverso l’attuazione del protocollo ridurrà l’inquinamento atmosferico, favorendo nel contempo i benefici collaterali del clima.Cooperazione politica La convenzione prevede che le parti contraenti elaborino ed attuino politiche e strategie appropriate, in particolare dei sistemi di gestione della qualità dell’aria.Le parti contraenti si riuniscono regolarmente (almeno una volta all’anno) per valutare i progressi compiuti e consultarsi sui settori oggetto della convenzione. Cooperazione scientifica Le parti realizzano attività concertate di ricerca e di sviluppo, in particolare per ridurre le emissioni dei principali inquinanti atmosferici, per sorvegliare e misurare i tassi di emissione e le concentrazioni in questione, nonché per studiarne gli effetti sulla salute e l’ambiente. Scambio di informazioni Le parti contraenti della convenzione si scambiano informazioni riguardanti, in particolare:le emissioni dei principali inquinanti atmosferici (a cominciare dall’SO2) e i loro effetti; gli elementi in grado di indurre degli importanti cambiamenti sul piano dell’inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza (in particolare le politiche nazionali e lo sviluppo industriale); le tecnologie di controllo per ridurre l’inquinamento atmosferico; le politiche e le strategie nazionali per combattere i principali inquinanti.Cooperazione sul monitoraggio dell’inquinamentoLe parti partecipano al programma concertato per la sorveglianza e la valutazione del trasporto a grande distanza degli inquinanti atmosferici in Europa (EMEP). Tale programma, disciplinato da un protocollo separato (il protocollo EMEP), mira a fornire alle parti contraenti della convenzione:informazioni scientifiche in materia di sorveglianza dell’atmosfera, elaborazione di modelli informatici;valutazione delle emissioni;elaborazione di proiezioni. Al fine del successo di tale cooperazione, la convenzione prevede di:estendere il programma, inizialmente incentrato sulla sorveglianza dell’SO2 e delle sostanze apparentate, agli altri principali inquinanti atmosferici;sorvegliare la composizione dei comparti ambientali che potrebbero essere contaminati da tali inquinanti (acqua, suolo e vegetazione) e gli effetti sulla salute e l’ambiente;fornire dati meteorologici e altri dati scientifici relativi ai fenomeni che si manifestano nel corso del trasporto;avvalersi, ove possibile, di tecniche di monitoraggio e di modelli comparabili o standardizzati;incorporare l’EMEP nei programmi nazionali e internazionali pertinenti;scambiarsi regolarmente i dati raccolti nel corso dell’attività di sorveglianza. DATA DI ENTRATA IN VIGORE La convenzione è entrata in vigore il 16 marzo 1983, novanta giorni dopo la data di deposito del 24o strumento di ratifica, accettazione, approvazione o adesione. CONTESTO La convenzione di Ginevra sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza stabilisce un sistema che permette ai governi di collaborare con l’obiettivo di proteggere la salute umana e l’ambiente dall’inquinamento atmosferico che può danneggiare diversi paesi. La convenzione è stata firmata a Ginevra nel 1979, nell’ambito della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni unite (UNECE) ed è entrata in vigore nel 1983. Per ulteriori informazioni consultare Politica ambientale (UNECE). DOCUMENTI PRINCIPALI Convenzione sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza — Risoluzione sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza (GU L 171 del 27.6.1981, pag. 13). Decisione 81/462/CEE del Consiglio, dell’11 giugno 1981, relativa alla conclusione della convenzione sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza (GU L 171 del 27.6.1981, pag. 11). DOCUMENTI CORRELATI Decisione (UE) 2017/1757 del Consiglio, del 17 luglio 2017, relativa all’accettazione, a nome dell’Unione europea, di una modifica del protocollo del 1999 della convenzione sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza, del 1979, per la riduzione dell’acidificazione, dell’eutrofizzazione e dell’ozono troposferico (GU L 248 del 27.9.2017, pag. 3). Decisione (UE) 2016/768 del Consiglio, del 21 aprile 2016, relativa all’accettazione degli emendamenti del protocollo del 1998 della convenzione del 1979 sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza riguardante i metalli pesanti (GU L 127 del 18.5.2016, pag. 8). Decisione (UE) 2016/769 del Consiglio, del 21 aprile 2016, relativa all’accettazione degli emendamenti del protocollo del 1998 della convenzione del 1979 sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza riguardante gli inquinanti organici persistenti (GU L 127 del 18.5.2016, pag. 21). Direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento) (GU L 334 del 17.12.2010, pag. 17). Modifiche successiva alla direttiva 2010/75/UE sono state integrate nel documento originale. La versione consolidata ha unicamente un valore documentale. Decisione 2004/259/CE del Consiglio, del 19 febbraio 2004, relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, del protocollo sugli inquinanti organici persistenti alla convenzione del 1979 sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza (GU L 81 del 19.3.2004, pag. 35). Protocollo alla convenzione del 1979 sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza (GU L 81 del 19.3.2004, pag. 37). Decisione 2003/507/CE del Consiglio, del 13 giugno 2003, relativa all’adesione della Comunità europea al protocollo della convenzione del 1979 sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza per la riduzione dell’acidificazione, dell’eutrofizzazione e dell’ozono troposferico (GU L 179 del 17.7.2003, pag. 1). Protocollo alla convenzione sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza, del 1979, per la riduzione dell’acidificazione, dell’eutrofizzazione e dell’ozono troposferico (GU L 179, del 17.7.2003, pag. 3). Decisione 2001/379/CE del Consiglio, del 4 aprile 2001, relativa all’approvazione, a nome della Comunità europea, del protocollo della convenzione del 1979 sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza relativo ai metalli pesanti (GU L 134 del 17.5.2001, pag. 40). Protocollo alla convenzione del 1979 sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza relativo ai metalli pesanti (GU L 134 del 17.5.2001, pag. 41). Decisione 98/686/CE del Consiglio, del 23 marzo 1998, relativa alla conclusione, da parte della Comunità europea, del protocollo della convenzione sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza del 1979 relativo ad una nuova riduzione delle emissioni di zolfo (GU L 326 del 3.12.1998, pag. 34). Protocollo alla convenzione del 1979 sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza relativo all’ulteriore riduzione delle emissioni di zolfo (GU L 326 del 3.12.1998, pag. 35). Decisione 93/361/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1993, concernente l’adesione della Comunità al protocollo della convenzione di Ginevra sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero a lunga distanza, del 1979, relativo alla lotta contro le emissioni di ossidi di azoto o ai loro flussi transfrontalieri (GU L 149 del 21.6.1993, pag. 14). Protocollo alla convenzione sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero di lunga distanza, del 1979, relativo alla lotta contro le emissioni di ossidi di azoto o ai loro flussi transfrontalieri (GU L 149 del 21.6.1993, pag. 16). Decisione 86/277/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1986, concernente la conclusione del protocollo alla convenzione del 1979 sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza, relativo al finanziamento a lungo termine del programma concertato di sorveglianza continua e di valutazione del trasporto a grande distanza degli inquinanti atmosferici in Europa (EMEP) (GU L 181 del 4.7.1986, pag. 1). Protocollo alla convenzione del 1979 sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza, relativo al finanziamento a lungo termine del programma concertato di sorveglianza continua e di valutazione del trasporto a grande distanza degli inquinanti atmosferici in Europa (EMEP) (GU L 181 del 4.7.1986, pag. 2).
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32007L0045
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DIRETTIVA 2007/45/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 5 settembre 2007 che reca disposizioni sulle quantità nominali dei prodotti preconfezionati, abroga le direttive 75/106/CEE e 80/232/CEE del Consiglio e modifica la direttiva 76/211/CEE del Consiglio IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 95, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) La direttiva 75/106/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1974, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al precondizionamento in volume di alcuni liquidi in imballaggi preconfezionati (3), e la direttiva 80/232/CEE del Consiglio, del 15 gennaio 1980, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle gamme di quantità nominali e capacità nominali ammesse per taluni prodotti in imballaggi preconfezionati (4), hanno stabilito quantità nominali per una serie di prodotti liquidi e non liquidi in imballaggi preconfezionati, allo scopo di garantire la libera circolazione dei prodotti che soddisfano i requisiti di dette direttive. Per la maggior parte dei prodotti è consentita la coesistenza di quantità nominali nazionali e di quantità nominali comunitarie. Per alcuni prodotti, tuttavia, sono stabilite quantità nominali comunitarie che escludono qualsiasi quantità nominale nazionale. (2) L’evoluzione delle preferenze dei consumatori e l’innovazione nel settore del preconfezionamento e della vendita al dettaglio a livello comunitario e nazionale hanno reso necessario valutare l’adeguatezza della legislazione in vigore. (3) La Corte di giustizia ha sostenuto nella sentenza del 12 ottobre 2000, nella causa C-3/99 Cidrerie-Ruwet (5), che gli Stati membri non sono autorizzati a vietare lo smercio di un imballaggio preconfezionato di volume nominale non compreso nella gamma comunitaria, legalmente fabbricato e immesso in commercio in un altro Stato membro, salvo il caso che tale divieto sia diretto a soddisfare un’esigenza imperativa attinente alla tutela dei consumatori, sia indistintamente applicabile ai prodotti nazionali ed ai prodotti di importazione, sia necessario per soddisfare tale esigenza imperativa e proporzionato all’obiettivo perseguito, e tale obiettivo non possa essere raggiunto con provvedimenti che ostacolino in misura minore gli scambi comunitari. (4) La tutela dei consumatori è facilitata dalla legislazione adottata in seguito alle direttive 75/106/CEE e 80/232/CEE, in particolare la direttiva 98/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, relativa alla protezione dei consumatori in materia di indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatori (6). Gli Stati membri che non abbiano ancora provveduto dovrebbero valutare se applicare la direttiva 98/6/CE a certe piccole imprese al dettaglio. (5) Una valutazione d’impatto, comprendente un’ampia consultazione di tutte le parti interessate, ha indicato che in svariati settori le quantità nominali libere aumentano la libertà dei produttori di fornire merci rispondenti ai gusti dei consumatori e stimolano la concorrenza in termini di qualità e prezzo nel mercato interno. In altri settori, tuttavia, è più appropriato, nell’interesse dei consumatori e dell’industria, conservare per il momento quantità nominali obbligatorie. (6) L’attuazione della presente direttiva dovrebbe essere accompagnata da una maggiore informazione destinata ai consumatori e all’industria per aumentare la comprensione del prezzo per unità di misura. (7) Le quantità nominali, pertanto, non dovrebbero in linea di massima essere regolamentate a livello comunitario o nazionale e dovrebbe essere possibile commercializzare merci in imballaggi preconfezionati in qualsiasi quantità nominale. (8) Tuttavia, in taluni settori tale deregolamentazione potrebbe tradursi in costi supplementari sproporzionatamente elevati, in particolare per le piccole e medie imprese. Per questi settori si dovrebbe quindi adeguare la legislazione comunitaria vigente alla luce dell’esperienza acquisita, in particolare per garantire che vengano fissate quantità nominali comunitarie almeno per i prodotti più venduti ai consumatori. (9) Poiché il mantenimento delle quantità nominali obbligatorie andrebbe considerato una deroga, tranne che nel settore dei vini e delle sostanze alcoliche, che presenta caratteristiche specifiche, dovrebbe essere rivalutato periodicamente alla luce dell’esperienza acquisita e per rispondere alle esigenze dei consumatori e dei produttori. Per i settori nei quali le quantità nominali obbligatorie possono essere mantenute, qualora la Commissione constati una perturbazione del mercato o una destabilizzazione del comportamento dei consumatori, in particolare di quelli più vulnerabili, essa dovrebbe valutare se gli Stati membri dovrebbero essere autorizzati a mantenere periodi transitori e a mantenere in particolare i formati della gamma obbligatoria di maggior consumo. (10) Negli Stati membri in cui il pane preconfezionato costituisce gran parte del normale consumo, vi è una forte correlazione tra la dimensione degli imballaggi e il peso del pane. Come per altri prodotti preconfezionati, le dimensioni degli imballaggi attualmente vigenti non sono interessate dalla presente direttiva e possono continuare ad essere utilizzate. (11) Per favorire la trasparenza, tutte le quantità nominali per i prodotti in imballaggi preconfezionati dovrebbero figurare in un unico atto legislativo e, di conseguenza, le direttive 75/106/CEE e 80/232/CEE dovrebbero essere abrogate. (12) Per migliorare la tutela dei consumatori, in particolare dei consumatori vulnerabili, quali gli anziani e i disabili, dovrebbe essere prestata particolare attenzione ad una maggiore leggibilità e visibilità delle indicazioni riguardanti peso e volume sulle etichette dei prodotti preconfezionati in condizioni di presentazione normali. (13) Per taluni prodotti liquidi, la direttiva 75/106/CEE stabilisce requisiti metrologici identici a quelli di cui alla direttiva 76/211/CEE del Consiglio, del 20 gennaio 1976, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al precondizionamento in massa o in volume di alcuni prodotti in imballaggi preconfezionati (7). La direttiva 76/211/CEE dovrebbe essere pertanto modificata per includere nel proprio ambito d’applicazione i prodotti attualmente disciplinati dalla direttiva 75/106/CEE. (14) Conformemente al punto 34 dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (8), gli Stati membri sono incoraggiati a elaborare, per il loro territorio e nell’interesse della Comunità, proprie tabelle che presentano, nella misura del possibile, la concordanza tra la presente direttiva e le misure di recepimento, e a renderle pubbliche. (15) Poiché gli obiettivi della presente direttiva non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa della soppressione delle gamme comunitarie e dell’introduzione di quantità nominali comunitarie uniformi, laddove necessario, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: CAPO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Oggetto e ambito d’applicazione 1. La presente direttiva stabilisce norme relative alle quantità nominali dei prodotti in imballaggi preconfezionati. Si applica ai prodotti preconfezionati e agli imballaggi preconfezionati, di cui all’articolo 2 della direttiva 76/211/CEE. 2. La presente direttiva non si applica ai prodotti elencati nell’allegato che sono venduti in negozi esenti da tassazione per essere consumati al di fuori dell’Unione europea. Articolo 2 Libera circolazione delle merci 1. Fatto salvo quanto diversamente disposto dagli articoli 3 e 4, gli Stati membri non possono, per motivi attinenti alle quantità nominali degli imballaggi, rifiutare, vietare o limitare la commercializzazione dei prodotti in imballaggi preconfezionati. 2. Nel rispetto dei principi enunciati nel trattato, in particolare quelli relativi alla libera circolazione delle merci, gli Stati membri che attualmente prescrivono quantità nominali obbligatorie per il latte, il burro, la pasta secca e il caffè possono continuare a farlo fino all’11 ottobre 2012. Gli Stati membri che attualmente prescrivono quantità nominali obbligatorie per lo zucchero bianco possono continuare a farlo fino all’11 ottobre 2013. CAPO II DISPOSIZIONI PARTICOLARI Articolo 3 Commercializzazione e libera circolazione di taluni prodotti Gli Stati membri provvedono affinché i prodotti elencati nell’allegato, punto 2, e presentati in imballaggi preconfezionati negli intervalli elencati nell’allegato, punto 1, siano commercializzati solo se preconfezionati in imballaggi nelle quantità nominali elencate all’allegato, punto 1. Articolo 4 Generatori di aerosol 1. I generatori di aerosol recano un’indicazione della capacità nominale totale del loro contenitore. Tale indicazione è fatta in modo da evitare confusione con il volume nominale del loro contenuto. 2. In deroga all’articolo 8, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 75/324/CEE del Consiglio, del 20 maggio 1975, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli aerosol (9), possono non recare l’indicazione della quantità nominale espressa in massa del loro contenuto. Articolo 5 Imballaggi multipli e imballaggi preconfezionati costituiti da imballaggi singoli non destinati ad essere venduti singolarmente 1. Ai fini dell’articolo 3, qualora due o più imballaggi preconfezionati singoli costituiscano un imballaggio multiplo, le quantità nominali elencate nell’allegato, punto 1, si applicano a ciascun imballaggio preconfezionato singolo. 2. Qualora un imballaggio preconfezionato sia costituito da due o più imballaggi singoli non destinati ad essere venduti singolarmente, le quantità nominali elencate nell’allegato, punto 1, si applicano all’imballaggio preconfezionato. CAPO III ABROGAZIONI, MODIFICHE E DISPOSIZIONI FINALI Articolo 6 Abrogazioni Le direttive 75/106/CEE e 80/232/CEE sono abrogate. Articolo 7 Modifica della direttiva 76/211/CEE Nell’articolo 1 della direttiva 76/211/CEE i termini «non contemplati dalla direttiva 75/106/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1974, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al precondizionamento in volume di alcuni liquidi in imballaggi preconfezionati, e» sono soppressi. Articolo 8 Recepimento 1. Entro l’11 ottobre 2008 gli Stati membri adottano e pubblicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Essi applicano tali disposizioni a decorrere dall’11 aprile 2009. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 9 Relazioni, comunicazione di deroghe e sorveglianza 1. La Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo, entro l’11 ottobre 2015 e successivamente ogni dieci anni, una relazione sull’applicazione e sugli effetti della presente direttiva. Se necessario, tali relazioni sono corredate di una proposta di revisione della presente direttiva. 2. Entro l’11 aprile 2009 gli Stati membri di cui all’articolo 2, paragrafo 2, comunicano alla Commissione i settori oggetto della deroga di cui al suddetto paragrafo, nonché il periodo di tale deroga, le gamme dei valori delle quantità nominali obbligatorie applicate ed i relativi intervalli. 3. La Commissione sorveglia l’applicazione dell’articolo 2, paragrafo 2, in base alle proprie constatazioni ed alle relazioni degli Stati membri interessati. In particolare, la Commissione analizza gli sviluppi di mercato dopo la trasposizione e, alla luce dei risultati di tale analisi, valuta se adottare misure di applicazione della direttiva, mantenendo le quantità nominali obbligatorie per i beni di cui all’articolo 2, paragrafo 2. Articolo 10 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Gli articoli 2, 6 e 7 si applicano a decorrere dall’11 aprile 2009. Articolo 11 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, addì 5 settembre 2007. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente M. LOBO ANTUNES (1) GU C 255 del 14.10.2005, pag. 36. (2) Parere del Parlamento europeo del 2 febbraio 2006 (GU C 288 E del 25.11.2006, pag. 52), posizione comune del Consiglio del 4 dicembre 2006 (GU C 311 E del 19.12.2006, pag. 21), posizione del Parlamento europeo del 10 maggio 2007 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 16 luglio 2007. (3) GU L 42 del 15.2.1975, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dall’atto di adesione del 2003. (4) GU L 51 del 25.2.1980, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 87/356/CEE (GU L 192 dell’11.7.1987, pag. 48). (5) Raccolta 2000, pag. I-8749. (6) GU L 80 del 18.3.1998, pag. 27. (7) GU L 46 del 21.2.1976, pag. 1. Direttiva modificata dalla direttiva 78/891/CEE della Commissione (GU L 311 del 4.11.1978, pag. 21). (8) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1. (9) GU L 147 del 9.6.1975, pag. 40. Direttiva modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 807/2003 (GU L 122 del 16.5.2003, pag. 36). ALLEGATO GAMME DEI VALORI DELLE QUANTITÀ NOMINALI DEL CONTENUTO DEGLI IMBALLAGGI PRECONFEZIONATI 1. Prodotti venduti a volume (valore in ml) Vino tranquillo Nell’intervallo tra 100 ml e 1 500 ml, solo gli 8 valori seguenti: ml: 100 — 187 — 250 — 375 — 500 — 750 — 1 000 — 1 500 Vino giallo Nell’intervallo tra 100 ml e 1 500 ml, solo il valore seguente: ml: 620 Vino spumante Nell’intervallo tra 125 ml e 1 500 ml, solo i 5 valori seguenti: ml: 125 — 200 — 375 — 750 — 1 500 Vino liquoroso Nell’intervallo tra 100 ml e 1 500 ml, solo i 7 valori seguenti: ml: 100 — 200 — 375 — 500 — 750 — 1 000 — 1 500 Vino aromatizzato Nell’intervallo tra 100 ml e 1 500 ml, solo i 7 valori seguenti: ml: 100 — 200 — 375 — 500 — 750 — 1 000 — 1 500 Bevande spiritose Nell’intervallo tra 100 ml e 2 000 ml, solo i 9 valori seguenti: ml: 100 — 200 — 350 — 500 — 700 — 1 000 — 1 500 — 1 750 — 2 000 2. Definizioni dei prodotti Vino tranquillo Vino di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera b), del regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, relativo all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo (1) (codice NC ex 2204). Vino giallo Vino di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera b), del regolamento (CE) n. 1493/1999 (codice NC ex 2204) con denominazione d’origine «Côtes du Jura», «Arbois», «L'Etoile» e «Château-Chalon», in bottiglie di cui all’allegato I, punto 3, del regolamento (CE) n. 753/2002 della Commissione, del 29 aprile 2002, che fissa talune modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio per quanto riguarda la designazione, la denominazione, la presentazione e la protezione di taluni prodotti vitivinicoli (2). Vino spumante Vino di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera b), e all’allegato I, punti 15, 16, 17 e 18, del regolamento (CE) n. 1493/1999 (codice NC 2204 10). Vino liquoroso Vino di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera b), e all’allegato I, punto 14, del regolamento (CE) n. 1493/1999 (codici NC 2204 21 — 2204 29). Vino aromatizzato Vino aromatizzato di cui all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (CEE) n. 1601/91 del Consiglio, del 10 giugno 1991, che stabilisce le regole generali relative alla definizione, alla designazione e alla presentazione dei vini aromatizzati, delle bevande aromatizzate a base di vino e dei cocktail aromatizzati di prodotti vitivinicoli (3) (codice NC 2205). Bevande spiritose Bevande spiritose di cui all’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento (CEE) n. 1576/89 del Consiglio, del 29 maggio 1989, che stabilisce le regole generali relative alla definizione, alla designazione e alla presentazione delle bevande spiritose (4) (codice NC 2208). (1) GU L 179 del 14.7.1999, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1791/2006 (GU L 363 del 20.12.2006, pag. 1). (2) GU L 118 del 4.5.2002, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 382/2007 (GU L 95 del 5.4.2007, pag. 12). (3) GU L 149 del 14.6.1991, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dall’atto di adesione del 2005. (4) GU L 160 del 12.6.1989, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dall’atto di adesione del 2005.
Deregolamentazione dei formati degli imballaggi QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Stabilisce norme sulle quantità nominali dei prodotti che sono stati preimballati* per agevolare il loro accesso ai mercati nei vari Stati membri dell’Unione europea. Liberalizza i formati degli imballaggi per la maggior parte dei settori alimentari e delle bevande. Mantiene obbligatorie unicamente le quantità nominali per un numero molto limitato di merci, principalmente per i vini e le sostanze alcoliche. PUNTI CHIAVE I paesi dell’Unione europea (Unione) non possono rifiutare o limitare la circolazione di prodotti preimballati e prodotti preconfezionati all’interno del mercato unico dell’Unione. Sono stati aboliti i formati nazionali per i prodotti. Casi particolari I vini e le sostanze alcoliche che sono presentate preimballate, devono rispettare la gamma dei valori delle quantità nominali prescritte dall’allegato alla direttiva per la commercializzazione. (La presente direttiva non si applica ai prodotti che sono venduti nei negozi esenti da tassazione («duty-free shop») per essere consumati al di fuori del mercato europeo o se la confezione contiene meno di 5 g o 5 ml o più di 10 kg o 10 l). I generatori di aerosol recano un’indicazione della capacità nominale totale del loro contenitore oltre all’indicazione del volume nominale del contenuto. L’indicazione del peso nominale del contenuto è facoltativa. A PARTIRE DA QUANDO È IN VIGORE LA DIRETTIVA? Doveva essere recepita negli Stati membri entro l’11 ottobre 2008 e le norme della direttiva avrebbero dovuto essere applicate entro l’11 aprile 2009. La direttiva 2007/45/CE ha abrogato le direttive 75/106/CEE sul precondizionamento di taluni liquidi e la direttiva 80/232/CEE sulle gamme di quantità e le capacità nominali ammesse per taluni prodotti. CONTESTO Per maggiori informazioni, si veda:Preimballaggio (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Prodotto preimballato: un prodotto è preimballato allorquando viene posto in un imballaggio di qualsiasi natura, non in presenza del compratore, in maniera tale che la quantità del prodotto contenuta nell’imballaggio abbia un valore scelto in precedenza e non possa essere modificato senza aprire l’imballaggio o modificarlo in maniera riscontrabile. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2007/45/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che reca disposizioni sulle quantità nominali dei prodotti preconfezionati, abroga le direttive 75/106/CEE e 80/232/CEE del Consiglio e modifica la direttiva 76/211/CEE del Consiglio (GU L 247 del 21.9.2007, pag. 17). Le modifiche e le correzioni successive alla direttiva 2007/45/CE sono state integrate nel testo di base. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Direttiva 76/211/CEE del Consiglio, del 20 gennaio 1976, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al precondizionamento in massa o in volume di alcuni prodotti in imballaggi preconfezionati (GU L 46 del 21.2.1976, pag. 1). Si veda la versione consolidata.
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32019R1753
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REGOLAMENTO (UE) 2019/1753 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 23 ottobre 2019 relativo all’azione dell’Unione a seguito della sua adesione all’atto di Ginevra dell’accordo di Lisbona sulle denominazioni di origine e le indicazioni geografiche IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 207, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) Per poter esercitare pienamente la sua competenza esclusiva in materia di politica commerciale comune, e nel pieno rispetto degli impegni da essa assunti nel quadro dell’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (TRIPS) dell’Organizzazione mondiale del commercio, l’Unione diventerà parte contraente dell’Atto di Ginevra dell’Accordo di Lisbona sulle denominazioni di origine e le indicazioni geografiche («Atto di Ginevra») a norma della decisione (UE) 2019/1754 del Consiglio (3), autorizzando nel contempo anche gli Stati membri a ratificare l’Atto di Ginevra o ad aderirvi nell’interesse dell’Unione. Le parti contraenti dell’Atto di Ginevra sono membri di un’Unione speciale creata dall’Accordo di Lisbona per la protezione delle denominazioni di origine e per la loro registrazione internazionale («Unione speciale»). Conformemente alla decisione (UE) 2019/1754, l’Unione e gli Stati membri che hanno ratificato l’Atto di Ginevra o aderito al medesimo devono essere rappresentati dalla Commissione nell’Unione speciale per quanto attiene all’Atto di Ginevra. (2) È opportuno stabilire norme che consentano all’Unione di esercitare i diritti conferiti e adempiere agli obblighi stabiliti nell’Atto di Ginevra a nome proprio e a nome degli Stati membri che ratificano o aderiscono a tale Atto. (3) L’Atto di Ginevra protegge le denominazioni di origine, incluse le denominazioni d’origine, ai sensi dei regolamenti (UE) n. 1151/2012 (4) e (UE) n. 1308/2013 (5) del Parlamento europeo e del Consiglio, nonché le indicazioni geografiche ai sensi dei regolamenti (UE) n. 1151/2012, (UE) n. 1308/2013, (UE) n. 251/2014 (6) e (UE) 2019/787 (7) del Parlamento europeo e del Consiglio, congiuntamente denominate «indicazioni geografiche» nel presente regolamento. (4) In seguito all’adesione dell’Unione all’Atto di Ginevra, e successivamente a intervalli regolari, la Commissione dovrebbe presentare all’Ufficio internazionale dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale («l’Ufficio internazionale») domande per la registrazione internazionale nel registro dell’Ufficio internazionale («registro internazionale») di indicazioni geografiche originarie del territorio dell’Unione e ivi protette. Tali domande dovrebbero essere basate su notifiche effettuate dagli Stati membri di propria iniziativa o su richiesta di una persona fisica o giuridica di cui all’articolo 5, paragrafo 2, punto ii), dell’Atto di Ginevra, oppure di un beneficiario quale definito all’articolo 1, punto xvii), del medesimo Atto. In sede di predisposizione delle notifiche, gli Stati membri dovrebbero considerare l’interesse economico della protezione internazionale delle indicazioni geografiche interessate e tener conto, in particolare, del valore di produzione e del valore di esportazione, della protezione nell’ambito di altri accordi, nonché degli usi impropri effettivi o potenziali nei paesi terzi. (5) La registrazione di indicazioni geografiche nel registro internazionale dovrebbe perseguire l’obiettivo di garantire prodotti di qualità, una concorrenza leale e la protezione dei consumatori. Dato il loro significativo valore culturale ed economico, la registrazione di indicazioni geografiche dovrebbe essere valutata rispetto al valore creato per le comunità locali, nell’ottica di sostenere lo sviluppo rurale e promuovere nuove opportunità di lavoro nella produzione, nella trasformazione e in altri servizi correlati. (6) Al fine di instaurare un dialogo permanente con i pertinenti portatori di interessi, la Commissione dovrebbe avvalersi periodicamente dei meccanismi esistenti di consultazione degli Stati membri, delle associazioni di categoria e dei produttori dell’Unione. (7) È opportuno fissare procedure adeguate per consentire alla Commissione di valutare le indicazioni geografiche originarie delle parti contraenti dell’Atto di Ginevra che non sono Stati membri («parti terze contraenti»), e iscritte nel registro internazionale, al fine di decidere in merito alla protezione nell’Unione e, se del caso, per invalidare tale protezione. (8) L’applicazione, da parte dell’Unione, della protezione delle indicazioni geografiche originarie delle parti terze contraenti e che sono iscritte nel registro internazionale dovrebbe avvenire in conformità del capo III dell’Atto di Ginevra, e in particolare del suo articolo 14, che impone a ciascuna parte contraente di mettere a disposizione mezzi di ricorso effettivi per la protezione delle indicazioni geografiche registrate e di provvedere a che un’autorità pubblica o qualsiasi parte interessata, sia essa una persona fisica o giuridica, pubblica o privata, conformemente al proprio ordinamento giuridico e alle proprie prassi giuridiche, possa avviare procedimenti giudiziari per garantire tale protezione. (9) Al fine di garantire che parallelamente alle indicazioni geografiche siano protetti anche i marchi commerciali dell’Unione, regionali e nazionali, tenuto conto della salvaguardia dei diritti dei marchi commerciali preesistenti di cui all’articolo 13, paragrafo 1, dell’Atto di Ginevra, è opportuno tutelare la coesistenza di marchi commerciali preesistenti e indicazioni geografiche iscritte nel registro internazionale che godono di protezione o che sono utilizzati nell’Unione. (10) Data la competenza esclusiva dell’Unione in materia di politica commerciale comune, gli Stati membri che non sono già parte dell’Accordo di Lisbona per la protezione delle denominazioni di origine e la loro registrazione internazionale del 1958, quale riveduto a Stoccolma il 14 luglio 1967 e modificato il 28 settembre 1979 («Accordo di Lisbona»), non dovrebbero ratificare il suddetto Accordo o aderire al medesimo. (11) Agli Stati membri che sono già parte dell’Accordo di Lisbona dovrebbe essere permesso di restare tali, in particolare per garantire la continuità dei diritti concessi e il rispetto degli obblighi stabiliti da detto Accordo. Tuttavia, essi dovrebbero agire esclusivamente nell’interesse dell’Unione e nel pieno rispetto della competenza esclusiva dell’Unione. Tali Stati membri dovrebbero pertanto esercitare i loro diritti e adempiere ai loro obblighi derivanti dall’Accordo di Lisbona in piena conformità dell’autorizzazione concessa dall’Unione secondo le disposizioni di cui al presente regolamento. Al fine di rispettare il sistema di protezione uniforme delle indicazioni geografiche istituito nell’Unione per quanto riguarda i prodotti agricoli e per rafforzare ulteriormente l’armonizzazione nel mercato interno, è opportuno che tali Stati membri non registrino, nell’ambito dell’Accordo di Lisbona, alcuna nuova denominazione di origine di prodotti che rientrano nell’ambito di applicazione dei regolamenti (UE) n. 1151/2012, (UE) n. 1308/2013, (UE) n. 251/2014 o (UE) 2019/787. (12) Gli Stati membri che sono già parte dell’Accordo di Lisbona hanno registrato denominazioni di origine nell’ambito dell’Accordo di Lisbona. È opportuno prevedere regimi transitori per garantire la continuità della protezione di tali denominazioni di origine, fatte salve le prescrizioni previste da detto Accordo, dall’Atto di Ginevra e dal diritto dell’Unione. (13) Gli Stati membri che sono già parte dell’Accordo di Lisbona proteggono le denominazioni di origine delle parti terze a tale Accordo. Per consentire loro di adempiere agli obblighi internazionali da essi assunti precedentemente all’adesione dell’Unione all’Atto di Ginevra, è opportuno prevedere un regime transitorio che produca effetti solo a livello nazionale e non incida sugli scambi intraunionali o internazionali. (14) É opportuno che le tasse da versare nell’ambito dell’Atto di Ginevra e del regolamento di esecuzione comune dell’Accordo di Lisbona e dell’Atto di Ginevra dell’Accordo di Lisbona («regolamento di esecuzione comune») per la presentazione all’Ufficio internazionale di una domanda di registrazione internazionale di un’indicazione geografica, nonché le tasse da versare per altre iscrizioni nel registro internazionale e per la fornitura di estratti, attestati o altre informazioni relative al contenuto di tale registrazione internazionale, siano a carico dello Stato membro di cui l’indicazione geografica è originaria, di una persona fisica o giuridica di cui all’articolo 5, paragrafo 2, punto ii), dell’Atto di Ginevra, o di un beneficiario quale definito all’articolo 1, punto xvii), del medesimo Atto. Gli Stati membri dovrebbero avere la possibilità di obbligare tale persona fisica o giuridica o beneficiario a farsi carico, in tutto o in parte, delle tasse. (15) Al fine di coprire eventuali carenze in relazione al bilancio di funzionamento dell’Unione speciale, l’Unione dovrebbe essere in grado di fornire, entro i limiti delle risorse a tal fine disponibili nel bilancio annuale dell’Unione, un contributo speciale deciso dall’Assemblea dell’Unione speciale conformemente all’articolo 24, paragrafo 4, dell’Atto di Ginevra, dato il valore economico e culturale della protezione delle indicazioni geografiche. (16) Al fine di garantire condizioni uniformi per l’attuazione dell’appartenenza dell’Unione all’Unione speciale, è opportuno conferire alla Commissione competenze di esecuzione per stabilire un elenco di indicazioni geografiche da includere nella domanda di registrazione internazionale da presentare presso l’Ufficio internazionale al momento dell’adesione all’Atto di Ginevra, e per ogni presentazione successiva, per respingere un’opposizione, per decidere circa la concessione o meno della protezione di un’indicazione geografica iscritta nel registro internazionale, per la revoca del rifiuto degli effetti di una registrazione internazionale, per chiedere l’annullamento di una registrazione internazionale, per notificare l’invalidazione della protezione nell’Unione di un’indicazione geografica iscritta nel registro internazionale nonché per autorizzare gli Stati membri ad apportare le eventuali modifiche necessarie circa la denominazione di origine di un prodotto protetto ai sensi dei regolamenti (UE) n. 1151/2012, (UE) n. 1308/2013, (UE) n. 251/2014 o (UE) 2019/787 e per informarne l’Ufficio internazionale. Tali competenze dovrebbero essere esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (8). (17) In ottemperanza al principio di proporzionalità, per realizzare l’obiettivo fondamentale di consentire all’Unione di partecipare all’Unione speciale in modo tale da garantire la protezione efficiente delle indicazioni geografiche della UE a livello internazionale, è necessario e opportuno disciplinare norme e procedure relative alle azioni dell’Unione in seguito alla sua adesione all’Atto di Ginevra. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo, in conformità dell’articolo 5, paragrafo 4, del trattato sull’Unione europea. (18) È importante fare in modo che la Commissione monitori e valuti nel tempo la partecipazione dell’Unione all’Atto di Ginevra. Al fine di condurre tale valutazione, la Commissione dovrebbe, tra l’altro, prendere in considerazione il numero di indicazioni geografiche protette e registrate ai sensi del diritto dell’Unione per le quali sono state presentate domande di registrazione internazionale, i casi in cui la protezione è stata rifiutata da parti terze contraenti, l’evoluzione del numero di paesi terzi partecipanti all’Atto di Ginevra, le azioni intraprese dalla Commissione per aumentare tale numero, nonché l’impatto dello stato attuale del diritto dell’Unione in materia di indicazioni geografiche sulla capacità dell’Atto di Ginevra di attirare paesi terzi, e il numero e il tipo di indicazioni geografiche originarie delle parti contraenti terze e che sono state respinte dall’Unione, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto 1. Il presente regolamento stabilisce norme e procedure relative alle azioni dell’Unione in seguito alla sua adesione all’Atto di Ginevra dell’Accordo di Lisbona sulle denominazioni di origine e le indicazioni geografiche («Atto di Ginevra»). 2. Ai fini del presente regolamento, il termine «indicazioni geografiche» comprende le denominazioni di origine ai sensi dell’Atto di Ginevra, incluse le denominazioni di origine ai sensi dei regolamenti (UE) n. 1151/2012 e (UE) n. 1308/2013, così come le indicazioni geografiche ai sensi dei regolamenti (UE) n. 1151/2012, (UE) n. 1308/2013, (UE) n. 251/2014 e (UE) 2019/787. Articolo 2 Registrazione internazionale delle indicazioni geografiche 1. All’adesione dell’Unione all’Atto di Ginevra, e successivamente a intervalli regolari, la Commissione, nella sua capacità di autorità competente ai sensi dell’articolo 3 dell’Atto di Ginevra, presenta all’Ufficio internazionale dell’Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale («Ufficio internazionale») le domande per la registrazione internazionale di indicazioni geografiche protette e registrate ai sensi del diritto dell’Unione e relative a prodotti originari dell’Unione a norma dell’articolo 5, paragrafi 1 e 2, dell’Atto di Ginevra. 2. Ai fini del paragrafo 1, gli Stati membri possono chiedere alla Commissione di iscrivere nel registro internazionale le indicazioni geografiche originarie dei rispettivi territori che sono protette e registrate ai sensi del diritto dell’Unione. Tali richieste sono formulate: a) sulla base di una richiesta di una persona fisica o giuridica di cui all’articolo 5, paragrafo 2, punto ii), dell’Atto di Ginevra, o di un beneficiario quale definito all’articolo 1, punto xvii), del medesimo Atto, oppure b) di propria iniziativa. 3. Sulla base di tali richieste, la Commissione adotta atti di esecuzione che stabiliscono l’elenco delle indicazioni geografiche di cui al paragrafo 1 del presente articolo. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 15, paragrafo 2. Articolo 3 Cancellazione di un’indicazione geografica originaria di uno Stato membro e iscritta nel registro internazionale 1. La Commissione adotta un Atto di esecuzione per richiedere all’ufficio internazionale di cancellare una registrazione nel registro internazionale di un’indicazione geografica originaria di uno Stato membro in una delle seguenti circostanze: a) l’indicazione geografica in questione non è più protetta nell’Unione; b) dietro una richiesta dello Stato membro di cui l’indicazione geografica è originaria formulata: i) sulla base di una richiesta di una persona fisica o giuridica di cui all’articolo 5, paragrafo 2, punto ii), dell’Atto di Ginevra, o di un beneficiario quale definito all’articolo 1, punto xvii), del medesimo Atto, oppure ii) di propria iniziativa. 2. L’atto di esecuzione di cui al paragrafo 1 del presente articolo è adottato secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 15, paragrafo 2. 3. La Commissione notifica senza indugio la richiesta di annullamento all’Ufficio internazionale. Articolo 4 Pubblicazione delle indicazioni geografiche di paesi terzi iscritte nel registro internazionale 1. La Commissione pubblica le registrazioni internazionali notificate dall’Ufficio internazionale a norma dell’articolo 6, paragrafo 4, dell’Atto di Ginevra che: a) sono relative alle indicazioni geografiche iscritte nel registro internazionale e per le quali la parte contraente di origine, quale definita all’articolo 1, punto xv), dell’Atto di Ginevra, non è uno Stato membro; e b) si riferiscono a un prodotto per il quale è prevista una protezione delle indicazioni geografiche a livello dell’Unione. 2. La registrazione internazionale di cui al paragrafo 1 è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, serie C. La pubblicazione include un riferimento al tipo di prodotto e al paese di origine. Articolo 5 Valutazione delle indicazioni geografiche di paesi terzi iscritte nel registro internazionale 1. La Commissione valuta le registrazioni internazionali notificate dall’Ufficio internazionale a norma dell’articolo 6, paragrafo 4, dell’Atto di Ginevra relative alle indicazioni geografiche iscritte nel registro internazionale e per le quali la parte contraente di origine, quale definita all’articolo 1, punto xv), dell’Atto di Ginevra, non è uno Stato membro, al fine di stabilire se contengono gli elementi obbligatori di cui alla norma 5, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione comune e nell’ambito dell’Accordo di Lisbona e dell’atto di Ginevra («regolamento di esecuzione comune») le indicazioni dettagliate concernenti la qualità, la reputazione o le caratteristiche di cui alla norma 5, paragrafo 3, del regolamento di esecuzione comune, nonché verificare se la pubblicazione di cui all’articolo 4 si riferisce a un prodotto per il quale è prevista una protezione delle indicazioni geografiche a livello dell’Unione. 2. La valutazione di cui al paragrafo 1 deve essere eseguita entro quattro mesi dalla data di registrazione dell’indicazione geografica nel registro internazionale e non deve includere una valutazione di altre disposizioni specifiche dell’Unione relative all’immissione dei prodotti sul mercato e, in particolare, alle norme sanitarie e fitosanitarie, alle norme di commercializzazione o all’etichettatura dei prodotti alimentari. Articolo 6 Procedura di opposizione per le indicazioni geografiche di paesi terzi iscritte nel registro internazionale 1. Entro quattro mesi dalla data di pubblicazione della registrazione internazionale a norma dell’articolo 4, le autorità di uno Stato membro o di un paese terzo diverso dalla parte contraente di origine quale definita ai sensi dell’articolo 1, punto xv), dell’Atto di Ginevra, o una persona fisica o giuridica avente un interesse legittimo e stabilita nell’Unione o in un paese terzo diverso dalla parte contraente di origine, possono presentare un’opposizione alla Commissione. L’opposizione è in una delle lingue ufficiali delle istituzioni dell’Unione. 2. L’opposizione di cui al paragrafo 1 del presente articolo è ricevibile solo se presentata entro il termine di cui al paragrafo 1 del presente articolo e se fondata su uno o più dei seguenti motivi: a) l’indicazione geografica iscritta nel registro internazionale è in conflitto con il nome di una varietà vegetale o di una razza animale e può indurre in errore il consumatore quanto alla vera origine del prodotto; b) l’indicazione geografica iscritta nel registro internazionale è interamente o parzialmente omonima di un’indicazione geografica già protetta nell’Unione e non esiste sufficiente distinzione nella pratica tra le condizioni di uso e di presentazione locali e tradizionali dell’indicazione geografica proposta per la protezione e dell’indicazione geografica già protetta nell’Unione, tenuto conto dell’esigenza di garantire un trattamento equo dei produttori interessati e di non indurre in errore i consumatori; c) la protezione nell’Unione dell’indicazione geografica iscritta nel registro internazionale violerebbe il diritto di un marchio commerciale preesistente a livello dell’Unione, regionale o nazionale; d) la protezione nell’Unione dell’indicazione geografica del paese terzo pregiudicherebbe l’uso di una denominazione totalmente o parzialmente identica o la natura esclusiva di un marchio commerciale a livello dell’Unione, regionale o nazionale, o l’esistenza di prodotti immessi legalmente sul mercato da almeno cinque anni prima della data di pubblicazione della registrazione internazionale a norma dell’articolo 4; e) l’indicazione geografica iscritta nel registro internazionale si riferisce a un prodotto per il quale la protezione delle indicazioni geografiche a livello dell’Unione non è prevista; f) la denominazione di cui è chiesta la registrazione è un termine generico nel territorio dell’Unione; g) le condizioni di cui all’articolo 2, paragrafo 1, punti i) e ii), dell’Atto di Ginevra non sono soddisfatte; h) l’indicazione geografica iscritta nel registro internazionale è una denominazione omonima che induce erroneamente il consumatore a pensare che i prodotti siano originari di un altro territorio, anche se è esatta per quanto attiene al territorio, alla regione o al luogo di cui è effettivamente originario il prodotto in questione. 3. I motivi di opposizione di cui al paragrafo 2 sono valutati dalla Commissione in relazione al territorio dell’Unione o a una parte di esso. Articolo 7 Decisione relativa alla protezione nell’Unione di indicazioni geografiche di paesi terzi iscritte nel registro internazionale 1. Se dalla valutazione effettuata a norma dell’articolo 5, emerge che le condizioni previste da tale articolo sono soddisfatte e se non sono pervenute opposizioni, od opposizioni ricevibili, la Commissione respinge, se del caso, mediante un atto di esecuzione, le opposizioni irricevibili e decide di concedere la protezione dell’indicazione geografica. Tale atto di esecuzione è adottato secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 15, paragrafo 2. 2. Se dalla valutazione effettuata a norma dell’articolo 5 emerge che le condizioni previste da tale articolo non sono soddisfatte o se sia stata ricevuta un’opposizione ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, la Commissione decide, mediante un atto di esecuzione, se concedere o meno la protezione di un’indicazione geografica iscritta nel registro internazionale. Tale atto di esecuzione è adottato secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 15, paragrafo 2. Per quanto riguarda le indicazioni geografiche relative a prodotti che non rientrano nell’ambito di competenza dei comitati di cui all’articolo 15, paragrafo 1, la decisione in merito alla concessione della protezione è adottata dalla Commissione. 3. La decisione di concedere la protezione di un’indicazione geografica conformemente ai paragrafi 1 o 2 del presente articolo definisce l’ambito di applicazione della protezione concessa e può includere condizioni che siano compatibili con l’Atto di Ginevra, in particolare la concessione di un periodo di transizione definito secondo quanto specificato dall’articolo 17 dell’Atto di Ginevra e dalla norma 14 del regolamento di esecuzione comune. 4. Conformemente all’articolo 15, paragrafo 1, dell’Atto di Ginevra, la Commissione notifica all’Ufficio internazionale il rifiuto degli effetti della registrazione internazionale in questione sul territorio dell’Unione entro un anno dal ricevimento della notifica della registrazione internazionale a norma dell’articolo 6, paragrafo 4, dell’Atto di Ginevra, oppure nei casi di cui all’articolo 5, primo comma, della decisione (UE) 2019/1754 entro due anni dal ricevimento di tale notifica. 5. La Commissione può, di propria iniziativa o su richiesta debitamente motivata di uno Stato membro, di un paese terzo o di una persona fisica o giuridica avente un interesse legittimo revocare, in tutto o in parte, mediante un atto di esecuzione, un rifiuto precedentemente notificato all’Ufficio internazionale. Tale atto di esecuzione è adottato secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 15, paragrafo 2. La Commissione notifica senza indugio tale revoca all’Ufficio internazionale. Articolo 8 Uso delle indicazioni geografiche 1. Gli atti di esecuzione adottati dalla Commissione a norma dell’articolo 7 si applicano fatte salve altre disposizioni specifiche dell’Unione relative all’immissione di prodotti sul mercato e, in particolare, all’organizzazione comune dei mercati agricoli, alle norme sanitarie e fitosanitarie e all’etichettatura dei prodotti alimentari. 2. Alle condizioni di cui al paragrafo 1, le indicazioni geografiche protette a norma del presente regolamento possono essere utilizzate da qualsiasi operatore che commercializzi un prodotto conformemente alla registrazione internazionale di tali indicazioni geografiche. Articolo 9 Invalidazione degli effetti nell’Unione di un’indicazione geografica di un paese terzo iscritta nel registro internazionale 1. La Commissione può, di propria iniziativa o su richiesta debitamente motivata di uno Stato membro, di un paese terzo o di una persona fisica o giuridica avente un interesse legittimo, invalidare, in tutto o in parte, mediante un atto di esecuzione, gli effetti della protezione nell’Unione di un’indicazione geografica, in una o più delle seguenti circostanze: a) l’indicazione geografica non è più protetta nella parte contraente di origine; b) l’indicazione geografica non è più iscritta nel registro internazionale; c) la conformità con i contenuti obbligatori di cui alla norma 5, paragrafo 2, del regolamento di esecuzione comune o con le indicazioni dettagliate concernenti la qualità, la reputazione o le caratteristiche di cui alla norma 5, paragrafo 3, del regolamento di esecuzione comune non è più garantita. 2. Gli atti di esecuzione di cui al paragrafo 1 del presente articolo sono adottati secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 15, paragrafo 2, e solo dopo aver concesso alle persone fisiche o giuridiche di cui all’articolo 5, paragrafo 2, punto ii), dell’Atto di Ginevra, o ai beneficiari quali definiti all’articolo 1, punto xvii), del medesimo Atto, la possibilità di far valere i propri diritti. 3. Se l’invalidazione non è più suscettibile di impugnazione, la Commissione notifica senza indugio all’Ufficio internazionale la declaratoria di inefficacia sul territorio dell’Unione della registrazione internazionale dell’indicazione geografica a norma del paragrafo 1, lettere a) o c). Articolo 10 Relazione con i marchi commerciali 1. La protezione di un’indicazione geografica non pregiudica la validità di un marchio commerciale preesistente a livello dell’Unione regionale o nazionale, depositato o registrato in buona fede o acquisito con l’uso in buona fede sul territorio di uno Stato membro, di un’unione regionale di Stati membri o dell’Unione. 2. Un’indicazione geografica iscritta nel registro internazionale non è protetta sul territorio dell’Unione se, tenuto conto della reputazione di un marchio commerciale, della notorietà e della durata di utilizzazione del medesimo, la protezione di tale indicazione geografica sul territorio dell’Unione sarebbe tale da indurre in errore il consumatore quanto alla vera identità del prodotto. 3. Fatto salvo il paragrafo 2, un marchio commerciale che sia stato depositato o registrato in buona fede, o acquisito con l’uso, ove questa possibilità sia prevista dal diritto applicabile, sul territorio di uno Stato membro, di un’unione regionale di Stati membri o dell’Unione, anteriormente alla data in cui l’Ufficio internazionale ha notificato alla Commissione la pubblicazione della registrazione internazionale dell’indicazione geografica e il cui uso violerebbe la protezione dell’indicazione geografica, può continuare a essere utilizzato e rinnovato per il prodotto in questione nonostante la protezione dell’indicazione geografica, purché non sussistano motivi di nullità o di decadenza ai sensi del regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio (9) o della direttiva (UE) 2015/2436 del Parlamento europeo e del Consiglio (10). In tali casi, sia l’uso dell’indicazione geografica sia quello del marchio in questione è consentito. Articolo 11 Disposizioni transitorie per le denominazioni di origine originarie degli Stati membri già registrate nell’ambito dell’Accordo di Lisbona 1. Per ciascuna denominazione di origine, originaria in uno Stato membro che è parte dell’Accordo di Lisbona, di un prodotto protetto ai sensi di uno dei regolamenti di cui all’articolo 1 del presente regolamento, lo Stato membro interessato, sulla base di una richiesta di una persona fisica o giuridica di cui all’articolo 5, paragrafo 2, punto ii), dell’Atto di Ginevra, o di un beneficiario quale definito all’articolo 1, punto xvii), del medesimo, oppure di propria iniziativa, sceglie di chiedere: a) la registrazione internazionale della denominazione di origine in questione nell’ambito dell’Atto di Ginevra, se lo Stato membro interessato ha ratificato l’Atto di Ginevra o aderito al medesimo conformemente all’autorizzazione di cui all’articolo 3 della decisione (UE) 2019/1754, oppure b) la cancellazione della registrazione della denominazione di origine in questione nel registro internazionale. Lo Stato membro interessato notifica alla Commissione la scelta di cui al primo comma entro il 14 novembre 2022. Nelle situazioni di cui al primo comma, lettera a), lo Stato membro interessato, in coordinamento con la Commissione, verifica presso l’Ufficio internazionale se vi siano eventuali modifiche da apportare in conformità della norma 7, paragrafo 4, del regolamento di esecuzione comune ai fini della registrazione nell’ambito dell’Atto di Ginevra. La Commissione autorizza mediante un atto di esecuzione lo Stato membro ad apportare le modifiche necessarie e a notificarle all’Ufficio internazionale. Tale atto di esecuzione è adottato secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 15, paragrafo 2. 2. Per ciascuna denominazione di origine, originaria in uno Stato membro che è parte dell’Accordo di Lisbona, di un prodotto che rientra nell’ambito di applicazione di uno dei regolamenti di cui all’articolo 1, paragrafo 2, del presente regolamento ma che non è protetto da alcuno di tali regolamenti, lo Stato membro interessato sulla base di una richiesta di una persona fisica o giuridica di cui all’articolo 5, paragrafo 2, punto ii), dell’Atto di Ginevra, o di un beneficiario quale definito all’articolo 1, punto xvii), del medesimo Atto, oppure di propria iniziativa, sceglie di chiedere: a) la registrazione di tale denominazione di origine ai sensi del pertinente regolamento, oppure b) l’annullamento della registrazione della denominazione di origine in questione nel registro internazionale. Lo Stato membro interessato notifica alla Commissione la scelta di cui al primo comma, e presenta la corrispondente richiesta, entro il 14 novembre 2022. Nelle situazioni di cui al primo comma, lettera a), lo Stato membro interessato chiede la registrazione internazionale della denominazione di origine in questione nell’ambito dell’Atto di Ginevra, se ha ratificato l’Atto di Ginevra o aderito al medesimo conformemente all’autorizzazione di cui all’articolo 3 della decisione (UE) 2019/1754, entro un anno dalla data di registrazione dell’indicazione geografica a norma del pertinente regolamento. Si applicano il terzo e il quarto comma del paragrafo 1. In caso di rifiuto della richiesta di registrazione ai sensi del regolamento applicabile e una volta esperiti i relativi mezzi di ricorso amministrativi e giudiziari, o se la richiesta di registrazione nell’ambito dell’Atto di Ginevra non è stata presentata in conformità del terzo comma del presente paragrafo, lo Stato membro interessato chiede senza indugio la cancellazione della registrazione della denominazione di origine in questione nel registro internazionale. 3. Per le denominazioni di origine di prodotti che non rientrano nell’ambito di applicazione di uno dei regolamenti di cui all’articolo 1, paragrafo 2, del presente regolamento e per i quali non è prevista una protezione delle indicazioni geografiche a livello dell’Unione, uno Stato membro che è già parte dell’Accordo di Lisbona può mantenere qualsiasi registrazione esistente nel registro internazionale. Tale Stato membro può inoltre presentare ulteriori domande di registrazione nel registro internazionale, nell’ambito dell’Accordo di Lisbona, di siffatte denominazioni di origine originarie del proprio territorio, purché siano soddisfatte le seguenti condizioni: a) lo Stato membro interessato ha notificato alla Commissione il progetto di domanda di registrazione di dette denominazioni di origine; tale notifica comprende elementi volti a dimostrare che la domanda rispetta le prescrizioni per la registrazione nell’ambito dell’Accordo di Lisbona; e b) la Commissione non ha emesso un parere negativo nei due mesi successivi a tale notifica; un parere negativo può essere emesso solo previa consultazione dello Stato membro interessato e nei casi eccezionali e debitamente giustificati in cui gli elementi richiesti alla lettera a) non sono sufficienti a dimostrare che la domanda rispetta i requisiti per la registrazione nell’ambito dell’Accordo di Lisbona, oppure se la registrazione avrebbe un impatto negativo sulla politica commerciale dell’Unione. Qualora chieda ulteriori informazioni in relazione alla notifica effettuata a norma della lettera a) del secondo comma, la Commissione dispone di un mese di tempo per agire dal ricevimento delle informazioni richieste. La Commissione informa immediatamente gli altri Stati membri di qualsiasi notifica effettuata a norma della lettera a) del secondo comma. Articolo 12 Protezione transitoria per le denominazioni di origine originarie di un paese terzo registrate nell’ambito dell’Accordo di Lisbona 1. Gli Stati membri che erano parte dell’Accordo di Lisbona prima dell’adesione dell’Unione all’Atto di Ginevra possono continuare a proteggere le denominazioni di origine originarie di un paese terzo che è parte dell’Accordo di Lisbona per mezzo di un sistema di protezione nazionale, con effetto a decorrere dalla data in cui l’Unione diventa parte contraente dell’Atto di Ginevra, per quanto riguarda le denominazioni di origine registrate da tale data nell’ambito dell’Accordo di Lisbona. 2. La protezione di cui al paragrafo 1: a) è sostituita dalla protezione nell’ambito del sistema di protezione dell’Unione per una data denominazione di origine eventualmente concessa da una decisione adottata a norma dell’articolo 7 del presente regolamento in seguito all’adesione del paese terzo interessato all’Atto di Ginevra, a condizione che la protezione concessa da una decisione adottata a norma dell’articolo 7 del presente regolamento garantisca la continuità della protezione della denominazione di origine in questione nello Stato membro interessato; b) cessa di applicarsi a una data denominazione di origine quando vengono meno gli effetti della registrazione internazionale. 3. Qualora una denominazione di origine originaria di un paese terzo non sia registrata a norma del presente regolamento, o se la protezione nazionale non è sostituita conformemente al paragrafo 2, lettera a), le conseguenze di tale protezione nazionale sono responsabilità esclusiva dello Stato membro interessato. 4. Le misure adottate dagli Stati membri a norma del paragrafo 1 hanno efficacia solo a livello nazionale e non incidono in alcun modo sugli scambi intraunionali o internazionali. 5. Gli Stati membri di cui al paragrafo 1 trasmettono alla Commissione le notifiche effettuate dall’Ufficio internazionale nell’ambito dell’Accordo di Lisbona. La Commissione provvede a sua volta a inoltrare tali notifiche a tutti gli altri Stati membri. 6. Gli Stati membri di cui al paragrafo 1 del presente articolo dichiarano all’Ufficio internazionale di non poter garantire la protezione nazionale di una denominazione di origine di un prodotto rientrante nell’ambito di applicazione di uno dei regolamenti di cui all’articolo 1, paragrafo 2, del presente regolamento che è registrata e notificata loro ai sensi dell’Accordo di Lisbona a decorrere dalla data in cui l’Unione diventa parte contraente dell’Atto di Ginevra. Articolo 13 Tasse Le tasse dovute a norma dell’articolo 7 dell’Atto di Ginevra, specificate nel regolamento di esecuzione comune, sono a carico dello Stato membro di cui l’indicazione geografica è originaria, o di una persona fisica o giuridica di cui all’articolo 5, paragrafo 2, punto ii), dell’Atto di Ginevra, o di un beneficiario quale definito all’articolo 1, punto xvii), del medesimo Atto. Gli Stati membri possono obbligare la persona fisica o giuridica o il beneficiario a farsi carico, in tutto o in parte, delle tasse. Articolo 14 Contributo finanziario speciale Se le entrate provenienti dall’Unione speciale sono ricavate conformemente all’articolo 24, paragrafo 2, punto v), dell’Atto di Ginevra, l’Unione può versare un contributo speciale entro i limiti delle risorse a tal fine disponibili nel bilancio annuale dell’Unione. Articolo 15 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita dai seguenti comitati ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011 con riguardo ai prodotti seguenti: a) per i prodotti del settore vitivinicolo che rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 92, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1308/2013, dal comitato per l’organizzazione comune dei mercati agricoli istituito dall’articolo 229 di tale regolamento; b) per i prodotti vitivinicoli aromatizzati quali definiti all’articolo 3 del regolamento (UE) n. 251/2014, dal comitato per i prodotti vitivinicoli aromatizzati istituito dall’articolo 34 di tale regolamento; c) per le bevande spiritose quali definite all’articolo 2 del regolamento (CE) n. 110/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio (11), dal comitato per le bevande spiritose di cui all’articolo 47 del regolamento (UE) 2019/787; d) per i prodotti agricoli e alimentari che rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 2, paragrafo 1, primo comma, del regolamento (UE) n. 1151/2012, dal comitato per la politica di qualità dei prodotti agricoli istituito dall’articolo 57 di tale regolamento. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo si applica l’articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011. Articolo 16 Monitoraggio e valutazione Entro il 14 novembre 2021, la Commissione valuta la partecipazione dell’Unione all’Atto di Ginevra e presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sulle principali conclusioni. La valutazione si basa, tra l’altro, sugli aspetti seguenti: a) il numero di indicazioni geografiche che sono protette e registrate ai sensi del diritto dell’Unione e per le quali sono state presentate domande di registrazione internazionale e i casi in cui la protezione è stata rifiutata da parti terze contraenti; b) l’evoluzione del numero di paesi terzi partecipanti all’Atto di Ginevra e le azioni intraprese dalla Commissione per aumentare tale numero, nonché l’impatto dello stato attuale del diritto dell’Unione in materia di indicazioni geografiche sulla capacità dell’Atto di Ginevra di attirare paesi terzi; e c) il numero e il tipo di indicazioni geografiche di paesi terzi che sono state respinte dall’Unione. Articolo 17 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, il 23 ottobre 2019 Per il Parlamento europeo Il presidente D. M. SASSOLI Per il Consiglio La presidente T. TUPPURAINEN (1) GU C 110 del 22.3.2019, pag. 55. (2) Posizione del Parlamento europeo del 16 aprile 2019 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 7 ottobre 2019. (3) Decisione del Consiglio (UE) 2019/1754, del 7 ottobre 2019, relativa all’adesione dell’Unione europea all’atto di Ginevra dell’Accordo di Lisbona sulle denominazioni di origine e le indicazioni geografiche (cfr. pag. 12 della presente Gazzetta ufficiale). (4) Regolamento (UE) n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 novembre 2012, sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari (GU L 343 del 14.12.2012, pag. 1). (5) Regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 671). (6) Regolamento (UE) n. 251/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, concernente la definizione, la designazione, la presentazione, l’etichettatura e la protezione delle indicazioni geografiche dei prodotti vitivinicoli aromatizzati e che abroga il regolamento (CEE) n. 1601/91 del Consiglio (GU L 84 del 20.3.2014, pag. 14). (7) Regolamento (UE) 2019/787 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, relativo alla definizione, alla designazione, alla presentazione e all’etichettatura delle bevande spiritose, all’uso delle denominazioni di bevande spiritose nella presentazione e nell’etichettatura di altri prodotti alimentari, nonché alla protezione delle indicazioni geografiche delle bevande spiritose e all’uso dell’alcole etilico e di distillati di origine agricola nelle bevande alcoliche, e che abroga il regolamento (CE) n. 110/2008 (GU L 130 del 17.5.2019, pag. 1). (8) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13). (9) Regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU L 154 del 16.6.2017, pag. 1). (10) Direttiva (UE) 2015/2436 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU L 336 del 23.12.2015, pag. 1). (11) Regolamento (CE) n. 110/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008, relativo alla definizione, alla designazione, alla presentazione, all’etichettatura e alla protezione delle indicazioni geografiche delle bevande spiritose e che abroga il regolamento (CEE) n. 1576/89 del Consiglio (GU L 39 del 13.2.2008, pag. 16), parzialmente in vigore fino al 24 maggio 2021. Dichiarazione della Commissione sulla possibile estensione della protezione delle indicazioni geografiche dell'UE ai prodotti non agricoli La Commissione prende atto della risoluzione del Parlamento europeo del 6 ottobre 2015 sulla possibile estensione della protezione delle indicazioni geografiche dell'UE ai prodotti non agricoli. Nel novembre 2018 la Commissione ha avviato uno studio volto a ottenere prove economiche e giuridiche supplementari sulla protezione delle indicazioni geografiche di prodotti non agricoli nel mercato unico, a complemento di uno studio del 2013, e a raccogliere ulteriori dati su aspetti quali la competitività, la concorrenza sleale, la contraffazione, la percezione dei consumatori, il rapporto costi/benefici, nonché sull'efficacia dei modelli di protezione delle indicazioni geografiche non agricole alla luce del principio di proporzionalità. Conformemente ai principi di una migliore regolamentazione e agli impegni stabiliti nell'accordo interistituzionale «Legiferare meglio» del 13 aprile 2016, la Commissione esaminerà lo studio nonché la relazione sulla partecipazione dell'Unione all'atto di Ginevra di cui all'articolo sul monitoraggio e la revisione del regolamento relativo all'azione dell'Unione a seguito della sua adesione all'atto di Ginevra dell'accordo di Lisbona sulle denominazioni di origine e le indicazioni geografiche, e prenderà in considerazione eventuali azioni successive. Dichiarazione della Commissione sulla procedura di cui all'articolo 11, paragrafo 3, del regolamento La Commissione osserva che, sebbene la procedura di cui all'articolo 11, paragrafo 3, del regolamento sia una necessità giuridica, data la competenza esclusiva dell'Unione, si può tuttavia affermare che, nel contesto dell'attuale acquis dell'UE, un tale intervento da parte della Commissione sarebbe eccezionale e debitamente giustificato. Nel corso delle consultazioni con uno Stato membro, la Commissione farà tutto il possibile per risolvere, di concerto con lo Stato membro, gli eventuali problemi al fine di evitare l'emissione di un parere negativo. La Commissione osserva che un eventuale parere negativo sarebbe notificato per iscritto allo Stato membro interessato e, a norma dell'articolo 296 del TFUE, sarebbe motivato. La Commissione desidera inoltre osservare che un parere negativo non precluderebbe la presentazione di una nuova domanda relativa alla stessa denominazione di origine, se i motivi all'origine del parere negativo sono stati debitamente trattati o non sono più applicabili.
Protezione delle indicazioni geografiche — Atto di Ginevra dell’Accordo di Lisbona QUAL È LO SCOPO DELL’ATTO, DELLA DECISIONE E DEL REGOLAMENTO? L’atto di Ginevra dell’accordo di Lisbona consente a tutte le parti contraenti di beneficiare di una protezione rapida, di alto livello e indefinita per le indicazioni geografiche (IG)* attraverso un’unica registrazione. La decisione autorizza l’Unione europea (Unione) ad aderire all’Atto di Ginevra dell’Accordo di Lisbona. Il regolamento stabilisce le norme che consentono all’Unione di esercitare i diritti conferiti e adempiere agli obblighi stabiliti nell’Atto di Ginevra. PUNTI CHIAVE Accordo di LisbonaL’accordo di Lisbona del 1958 è un trattato amministrato dall’Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale (OMPI). Fornisce la protezione delle denominazioni d’origine (DO)* come il vino Bordeaux, e la loro registrazione internazionale. Le DO sono un tipo speciale di IG per quei prodotti che hanno un legame particolarmente forte con il loro luogo di origine. A partire da maggio 2020, vi sono 30 parti contraenti dell’accordo di Lisbona, sette delle quali sono paesi dell’Unione: Bulgaria, Cechia, Francia, Italia, Ungheria, Portogallo e Slovacchia. Altri tre, Grecia, Romania e Spagna, hanno firmato l’accordo, ma non l’hanno ratificato.Atto di GinevraL’Atto di Ginevra modernizza l’Accordo di Lisbona e ne amplia il campo di applicazione, non solo per le DO, ma per tutte le IG e consente alle organizzazioni internazionali di divenire parti contraenti. Oltre a indicare l’origine di un prodotto, le IG sono usate anche per distinguere e rafforzare i contributi culturali e premiare la creatività del know-how autentico. Un nome di prodotto registrato come IG o DO, nell’Unione come indicazione geografica protetta (IGP) o denominazione di origine protetta (DOP), può essere utilizzato solo dai produttori situati nell’area designata. Ciascuna parte contraente è tenuta a proteggere sul proprio territorio, nell’ambito del proprio sistema giudiziario e prassi giuridica, le DO e le IG di prodotti provenienti da altri paesi firmatari per i quali accetta la protezione.Decisione (UE) 2019/1754L’Unione ha competenza esclusiva per i settori disciplinati dall’atto di Ginevra. La decisione autorizza l’Unione ad aderire all’Atto di Ginevra per poter esercitare adeguatamente la sua competenza esclusiva. Anche i paesi dell’Unione che lo desiderano possono aderire all’atto di Ginevra insieme all’Unione nell’interesse dell’Unione e nel pieno rispetto delle sue competenze esclusive. I paesi dell’Unione che erano già parti nell’accordo di Lisbona prima dell’adesione dell’Unione all’atto di Ginevra possono rimanere tali (cfr. Causa C-24/20 — Commissione europea contro Consiglio dell’Unione europea).Norme comuni Il regolamento stabilisce le norme che disciplinano i diritti e gli obblighi dell’Unione stabiliti nell’Atto di Ginevra. In base al regolamento:la Commissione europea è responsabile del deposito delle domande di registrazione internazionale delle indicazioni geografiche relative ai prodotti originari dell’Unione. la Commissione valuterà inoltre se sono soddisfatte le condizioni per garantire una protezione a livello dell’Unione a un’IG che è stata registrata a livello internazionale come stabilito dall’atto e che ha origine in un paese terzo.Inoltre, il regolamento riguarda in particolare:i conflitti tra un’indicazione geografica registrata a livello internazionale e un marchio. le norme transitorie per accogliere i paesi dell’Unione che erano già parti nell’accordo di Lisbona prima dell’adesione dell’Unione all’atto di Ginevra. le norme in materia finanziaria e l’obbligo di controllo per la Commissione. DA QUANDO SI APPLICANO L’ATTO, LA DECISIONE IL REGOLAMENTO? L’Atto di Ginevra è entrato in vigore il 26 febbraio 2020. Il regolamento e la decisione sono in vigore dal 13 novembre 2019. CONTESTO Spiegazione dei regimi di qualità (Commissione europea) TERMINI CHIAVE Indicazioni geografiche (IG): identificano prodotti che provengono da una specifica area geografica e rispetto ai quali una data qualità, reputazione o altra caratteristica è legata all’origine geografica. Denominazioni di origine (DO): denominazioni geografiche che indicano l’origine di un prodotto e le sue qualità distintive e rinomate associate alla zona. DOCUMENTI PRINCIPALI Atto di Ginevra dell’accordo di Lisbona sulle denominazioni di origine e le indicazioni geografiche (GU L 271 del 24.10.2019, pag. 15). Decisione (UE) 2019/1754 del Consiglio, del 7 ottobre 2019, relativa all’adesione dell’Unione europea all’atto di Ginevra dell’accordo di Lisbona sulle denominazioni di origine e le indicazioni geografiche (GU L 271 del 24.10.2019, pag. 12). Regolamento (UE) 2019/1753 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, relativo all’azione dell’Unione a seguito della sua adesione all’atto di Ginevra dell’accordo di Lisbona sulle denominazioni di origine e le indicazioni geografiche (GU L 271 del 24.10.2019, pag. 1).
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Convenzione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell'Atlantico Gazzetta ufficiale n. L 162 del 18/06/1986 pag. 0034 - 0038 edizione speciale finlandese: capitolo 11 tomo 11 pag. 0262 edizione speciale svedese/ capitolo 11 tomo 11 pag. 0262 *****(Traduzione) CONVENZIONE INTERNAZIONALE PER LA CONSERVAZIONE DEI TONNIDI DELL'ATLANTICO PREAMBOLO I governi i cui rappresentanti debitamente autorizzati hanno sottoscritto la presente convenzione, considerando l'importanza che rivestono per essi le popolazioni di tonnidi e specie similari dell'oceano Atlantico e desiderando collaborare per mantenere queste popolazioni a livelli che consentano le catture massime sostenibili per scopi alimentari ed altri fini, decidono di concludere una convenzione per la conservazione delle risorse di tonnidi e specie similari dell'oceano Atlantico e, a tal fine, hanno convenuto quanto segue: Articolo I La zona cui si applica la presente convenzione (qui di seguito denominata « zona della convenzione ») comprende tutte le acque dell'oceano Atlantico e dei mari adiacenti. Articolo II Nessuna norma della presente convenzione può essere ritenuta recare pregiudizio ai diritti, alle rivendicazioni o alle opinioni di qualsiasi parte per quanto riguarda i limiti delle acque territoriali e la portata della giurisdizione in materia di pesca ai sensi del diritto internazionale. Articolo III 1. Le parti contraenti decidono di istituire e di provvedere al mantenimento di una commissione, che sarà designata con il nome di commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell'Atlantico (qui di seguito denominata « la commissione »), alla quale è affidato il compito di realizzare gli obiettivi della presente convezione. 2. Ciascuna parte contraente è rappresentata nella commissione da non più di tre delegati, che possono essere coadiuvati da esperti e consiglieri. 3. Salvo disposizione contraria della presente convenzione, le decisioni della commissione sono prese alla maggioranza dei voti delle parti contraenti, le quali dispongono ciascuna di un voto. Il quorum è costituito dai due terzi delle parti contraenti. 4. La commissione si riunisce in sessione ordinaria ogni due anni. Sessioni straordinarie possono essere convocate in qualsiasi momento a richiesta della maggioranza delle parti contraenti o con decisione del consiglio istituito ai sensi dell'articolo V. 5. Nella prima sessione, e successivamente in ogni sessione ordinaria, la commissione elegge tra i propri membri un presidente, un primo vicepresidente e un secondo vicepresidente, che possono essere rieletti una sola volta. 6. Le riunioni della commissione e dei suoi organi ausiliari sono pubbliche, salvo decisione contraria della commissione. 7. Le lingue ufficiali della commissione sono l'inglese, lo spagnolo e il francese. 8. La commissione adotta il regolamento interno e il regolamento finanziario necessari per l'esercizio delle proprie funzioni. 9. Ogni due anni la Commissione presenta alle parti contraenti una relazione sui propri lavori e sui risultati ottenuti e le informa, su loro richiesta, di tutti i problemi concernenti gli obiettivi della presente convenzione. Articolo IV 1. Per conseguire gli obiettivi della presente convenzione, la commissione provvede a studiare nelle zone della convenzione i tonnidi e le specie affini (Scombriformes, fatta eccezione per le famiglie Trichiuridae e Gempyladae e per il genere Scomber), nonché le altre specie ittiche sfruttate nella pesca di tonnidi nella zona della convenzione che non sono oggetto di ricerche da parte di un'altra organizzazione internazionale di pesca. Questo studio comprende le ricerche concernenti la consistenza, la biometria e l'ecologia dei pesci, l'oceanografia del loro ambiente e l'influsso dei fattori umani e naturali sulla loro consistenza. Per adempiere queste funzioni la commissione farà ricorso, per quanto possibile, ai servizi tecnici e scientifici degli organismi ufficiali delle parti contraenti e delle loro suddivisioni politiche, nonché alle informazioni provenienti da tali organismi e potrà, qualora risulti opportuno, avvalersi dei servizi o delle informazioni di qualsiasi istituzione o organizzazione, sia pubblica che privata, o di un cittadino privato. Essa potrà inoltre effettuare, nei limiti del proprio bilancio, ricerche indipendenti destinate a completare i lavori compiuti da governi, da enti nazionali o da altri organismi internazionali. 2. L'applicazione delle disposizioni del paragrafo 1 del presente articolo comprende: a) la raccolta e l'analisi di informazioni statistiche concernenti la situazione e le tendenze attuali delle risorse della pesca dei tonnidi nella zona della convenzione; b) lo studio e la valutazione di informazioni sulle misure e sui metodi volti a mantenere le popolazioni di tonnidi nella zona della convenzione a livelli che consentano le catture massime sostenibili, assicurando al tempo stesso uno sfruttamento efficace di tali risorse; c) la presentazione alle parti contraenti di raccomandazioni sugli studi e sulle indagini da compiere; d) la pubblicazione e la diffusione di relazioni sui risultati dei propri lavori, nonché di informazioni statistiche e biologiche e di altri dati scientifici relativi alla pesca di tonnidi nella zona della convenzione. Articolo V 1. In seno alla commissione viene istituito un consiglio, comprendente il presidente ed i vicepresidenti della commissione come pure i rappresentanti di almeno quattro e non più di otto parti contraenti. Le parti contraenti rappresentate nel consiglio sono elette ad ogni sessione ordinaria della commissione. Se il numero delle parti contraenti è superiore a 40, la commissione può designare due parti contraenti supplementari ad essere rappresentate nel consiglio. Le parti contraenti di cui sono cittadini il presidente e ed i vicepresidenti non possono essere designate per partecipare al consiglio. Nella scelta dei membri del consiglio, la commissione tiene in debito conto la situazione geografica e gli interessi delle diverse parti contraenti in materia di pesca e di trasformazione del tonno, nonché l'uguale diritto delle parti contraenti di essere rappresentate nel consiglio. 2. Il consiglio adempie le funzioni assegnategli dalla presente convenzione o che possono essegli affidate dalla commissione. Esso si riunisce almeno una volta nell'intervallo tra due sessioni ordinarie della commissione. Nei periodi che intercorrono fra le riunioni della commissione, il consiglio prende le decisioni necessarie sulle mansioni che il personale deve svolgere e impartisce le opportune istruzioni al segretario esecutivo. Le decisioni del consiglio sono adottate in conformità delle norme stabilite dalla commissione. Articolo VI Per conseguire gli obiettivi della presente convenzione, la commissione può istituire delle sottocommissioni per specie, gruppo di specie o settore geografico. In tale caso ogni sottocommissione: a) ha il compito di sorvegliare la situazione della specie, del gruppo di specie o del settore geografico di sua competenza e di raccogliere dati scientifici e altre informazioni attinenti; b) può proporre alla commissione, sulla base di studi scientifici, raccomandazioni relative a misure congiunte che le parti contraenti dovrebbero adottare; c) può raccomandare alla commissione studi e e indagini per ottenere informazioni sulla specie, sul gruppo di specie o sul settore geografico di sua competenza, nonché il coordinamento dei programmi di indagini che le parti contraenti dovrebbero effettuare. Articolo VII La commissione nomina un segretario esecutivo, la cui durata del mandato è lasciata alla discrezione della commissione. La scelta e l'amministrazione del personale della commissione sono di competenza del segretario esecutivo, fatte salve le eventuali norme e procedure fissate dalla commissione. Egli adempie inoltre le mansioni seguenti che la commissione può affidargli: a) coordinare i programmi di ricerca delle parti contraenti; b) elaborare previsioni di bilancio da sottoporre all'esame della commissione; c) autorizzare l'esborso di fondi conformemente al bilancio della commissione; d) tenere la contabilità della commissione; e) provvedere alla cooperazione con le organizzazioni di cui all'articolo XI della presente convenzione; f) riunire e analizzare i dati necessari per conseguire gli obiettivi della presente convenzione, in particolare quelli concernenti le catture attuali e le catture massime sostenibili degli stock di tonnidi; g) preparare, ai fini dell'approvazione da parte della commissione, relazioni scientifiche, amministrative e di altra natura della commissione e dei suoi organi ausiliari. Articolo VIII 1. a) La commissione è autorizzata, sulla base dei risultati di indagini scientifiche, a formulare raccomandazioni intese a mantenere le popolazioni di tonnidi e di specie affini che possono essere pescate nella zona della convenzione a livelli che consentano le catture massime sostenibili. Queste raccomandazioni sono applicate dalle parti contraenti alle condizioni stabilite nei paragrafi 2 e 3 del presente articolo. b) Le raccomandazioni suddette saranno formulate: i) su iniziativa della commissione se non è stata istituita una sottocommissione competente o con l'accordo almeno di tutte le parti contraenti se è stata istituita una sottocommissione competente; ii) su proposta di una sottocommissione competente, se è stata istituita; iii) su proposta delle sottocommissioni competenti, se la raccomandazione in oggetto concerne più settori geografici, più specie o più gruppi di specie. 2. Una raccomandazione formulata ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo entra in vigore per tutte le parti contraenti sei mesi dopo la data in cui essa è stata notificata loro dalla commissione, fatto salvo il disposto del paragrafo 3 del presente articolo. 3. a) Qualora una parte contraente, in caso di raccomandazione formulata ai sensi del paragrafo 1, lettera b), punto i), o una parte contraente membro di una sottocommissione competente, in caso di raccomandazione formulata ai sensi del paragrafo 1, lettera b), punto ii) o iii), presenti alla commissione un'obiezione nei confronti di tale raccomandazione entro il termine di sei mesi fissato al paragrafo 2, l'entrata in vigore della raccomandazione è sospesa per altri sessanta giorni. b) In tal caso qualsiasi altra parte contraente può presentare un'obiezione prima che scada il nuovo termine di sessanta giorni oppure entro quarantacinque giorni dalla data della notifica di un'obiezione presentata da un'altra parte contraente, scegliendo il termine che scade per ultimo. c) Allo scadere del termine o dei termini di obiezione previsti, la raccomandazione entra in vigore per tutte le parti contraenti che non hanno presentato un'obiezione. d) Tuttavia, se un'obiezione è stata presentata ai sensi delle lettere a) e b) da una sola parte contraente o da meno di un quarto delle parti contraenti, la commissione notifica immediatamente alla o alle parti contraenti che hanno presentato un'obiezione che questa va considerata priva di effetto. e) Nel caso previsto alla lettera d), la o le parti contraenti interessate dispongono di un termine supplementare di sessanta giorni dalla data della notifica per riconfermare le loro obiezioni. Allo scadere di tale periodo la raccomandazione entra in vigore, salvo per la o le parti contraenti che abbiano presentato un'obiezione e l'abbiano riconfermata nel termine stabilito. f) Qualora venga presentata un'obiezione ai sensi delle lettere a) e b) da oltre un quarto ma meno della maggioranza delle parti contraenti, la raccomandazione entra in vigore nei confronti delle parti contraenti che non hanno presentato obiezioni. g) Qualora vengano presentate obiezioni dalla maggioranza delle parti contraenti, la raccomandazione non entra in vigore. 4. Una parte contraente che ha presentato un'obiezione ad una raccomandazione può ritirarla in qualsiasi momento; in tal caso la raccomandazione ha effetto per questa parte contraente immediatamente, se è già in vigore, o alla data di entrata in vigore prevista dal presente articolo. 5. La commissione notifica immediatamente ad ogni parte contraente la ricezione o il ritiro di un'obiezione e l'entrata in vigore di una raccomandazione. Articolo IX 1. Le parti contraenti convengono di adottare tutte le misure necessarie per garantire l'applicazione della presente convenzione. Ciascuna parte contraente trasmette alla commissione, ogni due anni oppure ogniqualvolta la commissione ne faccia richiesta, un resoconto delle misure in tal senso adottate. 2. Le parti contraenti s'impegnano: a) a comunicare, su richiesta della commissione, tutti i dati statistici e biologici nonché le altre informazioni scientifiche disponibili che possono servire alla commissione ai fini della presente convenzione; b) qualora i propri servizi ufficiali non possano ottenere e fornire essi stessi tali informazioni, a consentire alla commissione, previa domanda rivolta alla parte contraente interessata, di procurarsele direttamente presso le società e i pescatori disposti a comunicarle. 3. Per garantire l'applicazione delle norme della presente convenzione, le parti contraenti si impegnano a collaborare tra loro per l'adozione di misure efficaci adeguate e decidono in particolare di istituire un sistema di controllo internazionale da applicare nella zona della convenzione, escluse le acque territoriali ed eventualmente le altre acque sulle quali uno Stato è autorizzato ad esercitare la propria giurisdizione in materia di pesca, a norma del diritto internazionale. Articolo X 1. La commissione adottata un bilancio delle spese comuni della commissione per il biennio successivo alla sessione ordinaria. 2. Ciascuna parte contraente versa, a titolo di contributo annuo al bilancio della commissione, un importo pari a: a) 1 000 dollari US quale contributo di membro della commissione; b) 1 000 dollari US per ciascuna delle sottocommissioni di cui è membro; c) qualora il bilancio proposto per le spese comuni di un biennio superi l'ammontare totale dei contributi che le parti contraenti versano ai sensi delle lettere a) e b) del presente paragrafo, un terzo dell'importo di tale eccedenze viene suddiviso tra le parti contraenti proporzionalmente ai contributi che esse versano conformemente alle lettere a) e b) del presente paragrafo. Per i due terzi restanti la commissione determina in base alle informazioni più recenti: i) la somma del peso vivo delle catture di tonnidi e di specie affini dell'Atlantico e del peso netto della produzione di conserve di tali specie di ciascuna parte contraente; ii) la somma degli stessi elementi per l'insieme delle parti contraenti. Il contributo di ciascuna parte contraente viene stabilito in base al rapporto esistente tra il valore rispettivo ai sensi del punto i) e il valore determinato ai sensi del punto ii). La parte del bilancio oggetto del presente comma viene fissata con l'accordo di tutte le parti contraenti presenti e che partecipano alla votazione. 3. Nella riunione ordinaria tenuta tra le sessioni della commissione, il consiglio esamina la seconda metà del bilancio biennale e, in base alla situazione effettiva e all'evoluzione prevedibile, può autorizzare, nell'ambito del bilancio globale adottato dalla commissione, una nuova ripartizione degli stanziamenti iscritti nel bilancio per il secondo anno. 4. Il segretario esecutivo della commissione notifica a ciascuna parte contraente l'importo della sua quota annua. I contributi devono essere versati il 1o gennaio dell'anno a cui si riferiscono. I contributi non pagati entro il 1o gennaio dell'anno successivo sono considerati in arretrato. 5. I contributi al bilancio biennale vengono pagati nella valuta decisa dalla commissione. 6. Nella sua prima riunione la commissione adotta un bilancio per la parte restante del primo esercizio finanziario e per l'esercizio biennale successivo. Essa trasmette senza indugio alle parti contraenti le copie di questi bilanci, indicando i rispettivi contributi per il primo anno. 7. Per gli esercizi successivi, almeno sessanta giorni prima della sessione ordinaria della commissione che precede il periodo biennale, il segretario esecutivo sottopone a ciascuna parte contraente un progetto di bilancio e di tabella di contributi. 8. La commissione può sospendere il diritto di voto della parte contraente i cui contributi arretrati siano uguali o superiori al contributo che essa deve versare per i due anni precedenti. 9. La commissione costituisce un fondo di esercizio destinato a finanziare le proprie operazioni in attesa dell'incasso dei contributi annui e per qualsiasi altro scopo da essa ritenuto necessario. La commissione fissa l'ammontare del fondo, determina gli anticipi necessari per costituirlo e adotta le norme per disciplinarne l'impiego. 10. La commissione provvede a far controllare ogni anno la propria contabilità da revisori contabili esterni. I rapporti relativi a questi controlli sono esaminati e approvati dalla commissione o dal consiglio quando la commissione non si riunisce in sessione ordinaria. 11. La commissione può accettare, per il proseguimento dei propri lavori, contributi diversi da quelli previsti al paragrafo 2 del presente articolo. Articolo XI 1. Le parti contraenti convengono che si debbano stabilire rapporti di lavoro tra la commissione e l'organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura. La commissione intavola a tal fine negoziati con l'organizzazione onde concludere un accordo in conformità dell'articolo XIII dell'atto costitutivo dell'organizzazione. In tale accordo sarà previsto in particolare che il direttore generale dell'organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura nomini un rappresentante che parteciperà, senza diritto di voto, a tutte le riunioni della commissione e dei suoi organi ausiliari. 2. Le parti contraenti convengono che si debba realizzare una collaborazione tra la commissione ed altre commissioni di pesca ed organizzazioni scientifiche internazionali in grado di contribuire ai suoi lavori. La commissione è autorizzata a concludere accordi con queste commissioni e organizzazioni. 3. La commissione può invitare qualsiasi organizzazione internazionale competente e qualsiasi governo che, pur non facendo parte della commissione, è membro dell'organizzazione delle Nazioni Unite o di un'organismo specializzato delle Nazioni Unite, ad inviare osservatori alle riunioni della commissione e dei suoi organi ausiliari. Articolo XII 1. La presente convenzione resta in vigore per dieci anni e, successivamente, fintantoché una maggioranza delle parti contraenti decida di porvi fine. 2. Una volta scaduto il termine di dieci anni dalla data di entrata in vigore della presente convenzione, ogni parte contraente può recedere dalla convenzione il 31 dicembre di qualsiasi anno, compreso il decimo, inoltrando per iscritto, al più tardi il 31 dicembre dell'anno precedente, una notifica di ritiro al direttore generale dell'organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura. 3. Qualsiasi altra parte contraente può quindi recedere dalla presente convenzione a decorrere dal 31 dicembre dello stesso anno inviando a tal fine una notifica scritta al direttore generale dell'organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura entro un mese dalla data alla quale quest'ultimo l'ha informata di un ritiro e comunque non più tardi del 1o aprile dell'anno in causa. Articolo XIII 1. Ogni parte contraente e la commissione possono proporre emendamenti alla presente convenzione. Il direttore generale dell'organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura trasmette a tutte le parti contraenti una copia certificata conforme del testo di ogni emendamento proposto. Un emendamento che non implica nuovi obblighi entra in vigore per tutte le parti contraenti il trentesimo giorno dalla data in cui è stato accettato dai tre quarti delle parti contraenti. Un emendamento che implica nuovi obblighi entra in vigore, per ciascuna parte contraente che l'ha accettato, il novantesimo giorno della data in cui è stato accettato dai tre quarti delle parti contraenti e per ciascuna delle altre dal momento in cui lo accetta. Se, a giudizio di una o più parti contraenti, un emendamento implica nuovi obblighi, esso viene considerato come tale ed entra in vigore alle condizioni suindicate. Un governo che divenisse parte contraente quando è già avviata la procedura di accettazione di un emendamento alla presente convenzione a norma del presente articolo, è vincolato dalla convenzione così modificata quando l'emendamento suddetto entra in vigore. 2. Gli emendamenti proposti sono depositari presso il direttore generale dell'organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura. Le notifiche di accettazione degli emendamenti sono depositate presso il direttore generale dell'organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura. Articolo XIV 1. La presente convenzione è aperta alla firma del governo di qualsiasi Stato membro dell'organizzazione delle Nazioni Unite o di un suo organismo specializzato. Il governo in questione che non avesse ancora firmato la convenzione può aderirvi in qualsiasi momento. 2. La presente convenzione è sottoposta alla ratifica o all'approvazione degli Stati firmatari, conformemente alla loro costituzione. Gli strumenti di ratifica, di approvazione o di adesione sono depositati presso il direttore generale dell'organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura. 3. La presente convenzione entra in vigore non appena sette governi abbiano depositato gli strumenti di ratifica, di approvazione o di adesione. Per ogni governo che deposita successivamente uno strumento di ratifica, di approvazione o di adesione, essa ha effetto dalla data del deposito di tale strumento. Articolo XV Il direttore generale dell'organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura comunica a tutti i governi di cui all'articolo XIV, paragrafo 1, il deposito degli strumenti di ratifica, di approvazione o di adesione, la data di entrata in vigore della convenzione, le proposte di emendamenti, le notifiche di accettazione degli emendamenti, la loro entrata in vigore e le notifiche di ritiro. Articolo XIV Il testo originale della presente convenzione viene depositato presso il direttore generale dell'organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura, che ne trasmette copia certificata conforme ai governi di cui all'articolo XIV, paragrafo 1. In fede di che, i rappresentanti debitamente autorizzati dai governi rispettivi hanno firmato la presente convenzione. Fatto a Rio de Janeiro, il giorno quattordici maggio millenovecentosessantasei, in un unico esemplare, nelle lingue inglese, spagnola e francese, i tre testi facenti ugualmente fede.
Convenzione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico QUAL È L’OBIETTIVO DELLA CONVENZIONE, DEL PROTOCOLLO, DELLE DECISIONI E DEL REGOLAMENTO? La convenzione intende garantire che la popolazione di tonnidi dell’Atlantico sia mantenuta a livelli tali da permettere il rendimento massimo sostenibile per prodotti alimentari ed altri fini, e istituisce la commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico (ICCAT). Il protocollo modifica la convenzione, ponendo l’accento sull’obiettivo della conservazione a lungo termine. La decisione del 1986 segna l’adesione della Comunità europea alla convenzione. La decisione del 2019 segna la firma e l’applicazione provvisoria del protocollo per conto dell’Unione europea (Unione). Il regolamento stabilisce le norme di gestione, conservazione e controllo relative alla pesca di specie di tonnidi gestite dall’ICCAT. PUNTI CHIAVE Nota: questa sintesi riguarda la convenzione come modificata in seguito dal protocollo. Struttura La convenzione istituisce l’ICCAT per realizzare i propri obiettivi, mediante l’adozione di un approccio precauzionale ed ecosistemico, che comprende:l’impiego delle migliori prove scientifiche disponibili; la protezione della diversità dell’ambiente marino; un processo decisionale equo e trasparente.Alla luce della convenzione, la commissione ICCAT si deve riunire ogni due anni ed essere costituita da non più di tre delegati provenienti da ciascun membro ICCAT, e assistita da figure esperte e consulenti. Infatti, la commissione ICCAT si riunisce ogni anno ed è responsabile:dello studio delle popolazioni di tonnidi, pesci affini ed elasmobranchi (ad esempio, squali, raie, razze e pesci sega), che sono specie oceaniche, pelagiche e altamente migratorie (specie ICCAT), utilizzando, ove possibile, i servizi tecnici e scientifici delle agenzie ufficiali dei membri della commissione ICCAT; della raccolta e dell’analisi di informazioni statistiche relative alle condizioni e alle tendenze attuali delle specie ICCAT; dello studio e della valutazione di misure e metodi volti a garantire la conservazione delle popolazioni di specie ICCAT; della raccomandazione di studi e indagini ai membri della commissione; della pubblicazione dei risultati ottenuti.Il consiglio ICCAT si riunisce una volta in occasione dell’intervallo tra le riunioni della commissione ICCAT. Esso è costituito dal presidente e dal vicepresidente ICCAT e tra i quattro e dieci rappresentanti dei membri. La commissione ICCAT nomina un segretario esecutivo e può istituire gruppi di esperti per specie o area geografica. Raccomandazioni Sulla base di prove scientifiche, l’ICCAT formula raccomandazioni concepite per:garantire la conservazione a lungo termine e lo sfruttamento sostenibile delle specie ICCAT, tramite il mantenimento o la ricostituzione dell’abbondanza degli stock a livelli pari o superiori atti a produrre il rendimento massimo sostenibile; promuovere la conservazione di altre specie dipendenti o associate alle specie ICCAT, al fine di mantenere e ricostituire le popolazioni al di sopra dei livelli ai quali la loro riproduzione può venire seriamente compromessa.Obiezioni e controversie I membri della commissione ICCAT possono presentare obiezioni scritte in relazione alle raccomandazioni, qualora:siano in contrasto con la convenzione o il diritto internazionale; attuino una discriminazione ingiustificabile del membro che ha formulato l’obiezione; il membro non possa conformarsi in termini pratici; siano presenti vincoli imposti dalla sicurezza in caso di conformazione da parte del membro che ha formulato l’obiezione.Le parti di eventuali controversie sono tenute a consultarsi in maniera reciproca per risolvere le controversie in modo amichevole e quanto più veloce possibile. Se non si giunge a una risoluzione della controversia, è possibile sottoporla ad arbitrato definitivo e vincolante mediante una richiesta congiunta. Un allegato stabilisce le procedure per la risoluzione delle controversie. Esecuzione I membri della commissione ICCAT accettano di fare tutto ciò che occorre per garantire l’esecuzione della convenzione e di presentare una dichiarazione delle azioni intraprese per raggiungere questo obiettivo ogni due anni o come richiesto. I membri della commissione ICCAT devono:fornire su richiesta qualsiasi informazione disponibile di carattere statistico, biologico e scientifico di altro tipo; permettere alla commissione ICCAT di ottenere informazioni volontarie direttamente da aziende e persone; collaborare con altri membri su misure efficaci appropriate; istituire un sistema di applicazione internazionale nell’ambito delle proprie competenze.Disposizioni finanziarie Ogni membro della commissione ICCAT contribuisce al bilancio con un importo calcolato in conformità ai regolamenti finanziari adottati dalla commissione ICCAT, basato in parte sul peso totale vivo della cattura e sul peso netto dei prodotti in scatola, nonché sul grado di sviluppo economico dei membri. Collaborazione La convezione richiede l’instaurazione di un rapporto di lavoro tra la commissione ICCAT, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, altre commissioni internazionali che si occupano di pesca e organizzazioni scientifiche che possono contribuire al suo operato, con la possibilità di partecipazione (ma non di voto) alle riunioni della commissione ICCAT. Il regolamento del 2017 Il regolamento (UE) 2017/2107 stabilisce le norme di conservazione e controllo di pesci altamente migratori gestiti dall’ICCAT (le specie interessate sono elencate in un allegato). Il regolamento contempla norme dettagliate riguardanti misure specifiche per le seguenti specie comprese nella zona di convenzione dell’ICCAT:tonnidi tropicali; alalunga dell’Atlantico settentrionale; pesci spada; marlin azzurri e marlin bianchi; squali; uccelli marini; tartarughe marine.Include altresì norme concernenti:autorizzazioni; controlli delle catture; operazioni di trasbordo; programmi di osservazione scientifica; controlli di pescherecci di paesi terzi nei porti degli Stati membri dell’Unione; l’esecuzione. DATA DI ENTRATA IN VIGORE La convenzione è entrata in vigore il 21 marzo 1969. La convenzione come modificata dal protocollo è aperta alla firma da parte di qualsiasi Stato membro delle Nazioni Unite o agenzia specializzata. Entrerà in vigore quando sette governi ne attueranno la ratifica, l’approvazione o l’adesione. Il regolamento è in vigore dal 3 dicembre 2017. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si veda:Organizzazioni regionali di gestione della pesca (Commissione europea). ICCAT (sito web). DOCUMENTI PRINCIPALI Convenzione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico (GU L 162 del 18.6.1986, pag. 34). Le modifiche successive alla convenzione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Protocollo di emendamento della convenzione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico (GU L 313 del 4.12.2019, pag. 3). Decisione 86/238/CEE del Consiglio, del 9 giugno 1986, relativa all’adesione della Comunità alla convenzione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico, emendata dal protocollo allegato all’atto finale della conferenza dei plenipotenziari degli Stati aderenti alla convenzione firmato a Parigi il 10 luglio 1984 (GU L 162 del 18.6.1986, pag. 33). Decisione (UE) 2019/2025 del Consiglio, del 18 novembre 2019, relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, e all’applicazione provvisoria del protocollo di emendamento della convenzione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico (GU L 313 del 4.12.2019, pag. 1). Regolamento (UE) 2017/2107 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 novembre 2017, che stabilisce le misure di gestione, di conservazione e di controllo applicabili nella zona della convenzione della Commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico (ICCAT), e che modifica i regolamenti del Consiglio (CE) n. 1936/2001, (CE) n. 1984/2003 e (CE) n. 520/2007 (GU L 315 del 30.11.2017, pag. 1). Si veda la versione consolidata.
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Direttiva 79/7/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale Gazzetta ufficiale n. L 006 del 10/01/1979 pag. 0024 - 0025 edizione speciale finlandese: capitolo 5 tomo 2 pag. 0111 edizione speciale greca: capitolo 05 tomo 3 pag. 0160 edizione speciale svedese/ capitolo 5 tomo 2 pag. 0111 edizione speciale spagnola: capitolo 05 tomo 2 pag. 0174 edizione speciale portoghese: capitolo 05 tomo 2 pag. 0174 ++++DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 19 dicembre 1978 relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale ( 79/7/CEE ) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE , visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea , in particolare l ' articolo 235 , vista la proposta della Commissione ( 1 ) , visto il parere del Parlamento europeo ( 2 ) , visto il parere del Comitato economico e sociale ( 3 ) , considerando che l ' articolo 1 , paragrafo 2 , della direttiva 76/207/CEE del Consiglio , del 9 febbraio 1976 , relativa all ' attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l ' accesso al lavoro , alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro ( 4 ) , prevede che , per garantire la graduale attuazione del principio della parità di trattamento in materia di sicurezza sociale , il Consiglio adotterà , su proposta della Commissione , disposizioni che ne precisino in particolare il contenuto , la portata e le modalità d ' applicazione ; che il trattato non ha previsto i poteri di azione specifici necessari a tale scopo ; considerando che occorre attuare il principio della parità di trattamento in materia di sicurezza sociale in primo luogo nei regimi legali che assicurano una protezione contro i rischi di malattia, d'invalidità, di vecchiaia, d'infortunio sul lavoro, di malattia professionale e di disoccupazione, nonché nelle disposizioni relative all ' assistenza sociale nella misura in cui sono destinate a completare detti regimi o a supplirvi ; considerando che l ' attuazione del principio della parità di trattamento in materia di sicurezza sociale non crea ostacoli alle disposizioni relative alla protezione della donna a causa della maternità e che , in questo contesto , talune disposizioni specifiche destinate a rimediare alle ineguaglianze di fatto possono essere adottate dagli Stati membri in favore delle donne , HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA : Articolo 1 Scopo della presente direttiva è la graduale attuazione , nel campo della sicurezza sociale e degli altri elementi di protezione sociale di cui all ' articolo 3 , del principio della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di sicurezza sociale , denominato qui appresso « principio della parità di trattamento » . Articolo 2 La presente direttiva si applica alla popolazione attiva - compresi i lavoratori indipendenti , i lavoratori la cui attività si trova interrotta per malattia , infortunio o disoccupazione involontaria e le persone in cerca di lavoro - , nonchù ai lavoratori pensionati o invalidi . Articolo 3 1 . La presente direttiva si applica : a ) ai regimi legali che assicurano una protezione contro i rischi seguenti : - malattia , - invalidità , - vecchiaia , - infortunio sul lavoro e malattia professionale , - disoccupazione ; b ) alle disposizioni concernenti l ' assistenza sociale , nella misura in cui siano destinate a completare i regimi di cui alla lettera a ) o a supplire ad essi . 2 . La presente direttiva non si applica alle disposizioni concernenti le prestazioni ai superstiti , nù a quelle concernenti le prestazioni familiari , a meno che non si tratti di prestazioni spettanti per i rischi di cui al paragrafo 1 , lettera a ) . 3 . Per garantire l ' attuazione del principio della parità di trattamento nei regimi professionali , il Consiglio adotterà , su proposta delle Commissione , disposizioni che ne precisino il contenuto , la portata e le modalità di applicazione . Articolo 4 1 . Il principio della parità di trattamento implica l ' assenza di qualsiasi discriminazione direttamente o indirettamente fondata sul sesso , in particolare mediante riferimento allo stato matrimoniale o di famiglia , specificamente per quanto riguarda : - il campo di applicazione dei regimi e le condizioni di ammissione ad essi , - l ' obbligo di versare i contributi e il calcolo degli stessi , - il calcolo delle prestazioni , comprese le maggiorazioni da corrispondere per il coniuge e per le persone a carico , nonchù le condizioni relative alla durata e al mantenimento del diritto alle prestazioni . 2 . Il principio della parità di trattamento non pregiudica le disposizioni relative alla protezione della donna a motivo della maternità . Articolo 5 Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinchù siano soppresse le disposizioni legislative , regolamentari e amministrative contrarie al principio della parità di trattamento . Articolo 6 Gli Stati membri introducono nei rispettivi ordinamenti giuridici interni le misure necessarie per permettere a tutti coloro che si ritengono lesi dalla mancata applicazione del principio della parità di trattamento di far valere i propri diritti per via giudiziaria , eventualmente dopo aver fatto ricorso ad altre istanze competenti . Articolo 7 1 . La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di escludere dal suo campo di applicazione : a ) la fissazione dei limite di età per la concessione della pensione di vecchiaia e di fine lavoro e le conseguenze che possono derivarne per altre prestazioni ; b ) i vantaggi accordati in materia di assicurazione vecchiaia alle persone che hanno provveduto all ' educazione dei figli ; l ' acquisto di diritti alle prestazioni a seguito di periodi di interruzione del lavoro dovuti all ' educazione dei figli ; c ) la concessione di diritti a prestazioni di vecchiaia o di invalidità in base ai diritti derivati della consorte ; d ) la concessione di maggiorazioni delle prestazioni a lungo termine di invalidità , di vecchiaia , di infortunio sul lavoro o di malattia professionale per la consorte a carico ; e ) le conseguenze risultanti dall ' esercizio , anteriormente all ' adozione della presente direttiva , di un diritto di opzione allo scopo di non acquisire diritti o di non contrarre obblighi nell ' ambito di un regime legale . 2 . Gli Stati membri esaminano periodicamente le materie escluse ai sensi del paragrafo 1 al fine di valutare se , tenuto conto dell ' evoluzione sociale in materia , sia giustificato mantenere le esclusioni in questione . Articolo 8 1 . Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative , regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro un termine di sei anni a decorrere dalla notifica . Essi ne informano immediatamente la Commissione . 2 . Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni legislative , regolamentari ed amministrative che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva , comprese le misure adottate in applicazione dell ' articolo 7 , paragrafo 2 . Essi informano la Commissione dei motivi che giustificano l ' eventuale mantenimento delle disposizioni esistenti nelle materie di cui all ' articolo 7 , paragrafo 1 e delle possibilità di una loro ulteriore revisione . Articolo 9 Entro sette anni dalla notifica della presente direttiva , gli Stati membri trasmettono alla Commissione tutti i dati utili per consentirle di redigere una relazione , da sottoporre al Consiglio , sull ' applicazione della presente direttiva e di proporre ogni altra misura necessaria per l ' attuazione del principio della parità di trattamento . Articolo 10 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva . Fatto a Bruxelles , addì 19 dicembre 1978 . Per il Consiglio Il Presidente H.-D . GENSCHER ( 1 ) GU n . C 34 dell ' 11 . 2 . 1977 , pag . 3 . ( 2 ) GU n . C 299 del 12 . 12 . 1977 , pag . 13 . ( 3 ) GU n . C 180 del 28 . 7 . 1977 , pag . 36 . ( 4 ) GU n . L 39 del 14 . 2 . 1976 , pag . 40 . DECISIONE DEI RAPPRESENTANTI DEI GOVERNI DEGLI STATI MEMBRI DELLA COMUNITÀ ECONOMICA EUROPEA RIUNITI IN SEDE DI CONSIGLIO del 18 dicembre 1978 relativa alla soppressione di alcune tasse postali per la presentazione in dogana ( 79/8/CEE ) I RAPPRESENTANTI DEI GOVERNI DEGLI STATI MEMBRI DELLA COMUNITÀ ECONOMICA EUROPEA RIUNITI IN SEDE DI CONSIGLIO , considerando le proposte della Commissione ed i pareri del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale in materia ; considerando che occorre progredire nell ' attuazione della libera circolazione reale delle merci e di farne fruire direttamente i cittadini europei , DECIDONO : Articolo 1 Non sono più riscosse tasse per la presentazione in dogana delle spedizioni di merci che sono inviate da uno Stato membro e che beneficiano all ' importazione di una franchigia dalle tasse sulla cifra d ' affari e dalle accise . Articolo 2 Gli Stati membri prendono le misure necessarie per la messa in applicazione della presente decisione al più presto possibile , ma comunque entro il 1° luglio 1979 . Fatto a Bruxelles , addì 18 dicembre 1978 . Il Presidente H.-D . GENSCHER
Sicurezza sociale — parità di trattamento tra le donne e gli uomini QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? La direttiva punta a garantire il rispetto del principio di parità di trattamento tra donne e uomini in materia di sicurezza sociale. PUNTI CHIAVE La presente direttiva si applica:ai regimi legali di protezione sociale legati ai rischi per malattia, invalidità, infortunio sul lavoro e malattia professionale, disoccupazione e vecchiaia; all’assistenza sociale che interviene a completamento o in sostituzione dei regimi di base. Non si applica ai regimi concernenti le prestazioni ai superstiti e le prestazioni familiari. Principio di parità di trattamento Tale principio tutela i cittadini europei dalle discriminazioni fondate sul sesso, indipendentemente dal fatto che siano dirette* o indirette*, per quanto riguarda:il campo d’applicazione dei regimi e le condizioni di ammissione a essi; l’obbligo di versare i contributi e il calcolo degli stessi; il calcolo delle prestazioni e le condizioni relative alla durata e al mantenimento del diritto alle prestazioni. Possono essere adottate regole specifiche per assicurare la protezione delle donne in maternità. Pensioni di vecchiaia Gli Stati membri possono escludere dal campo d’applicazione della direttiva:la fissazione del limite di età per la concessione della pensione; i vantaggi accordati alle persone pensionate che hanno provveduto ad allevare figli, in particolare riguardanti i periodi di interruzione del lavoro; la concessione di prestazioni di vecchiaia o di invalidità in base ai diritti derivati del coniuge; le prestazioni a lungo termine concessi al coniuge in base a invalidità, vecchiaia, infortuni sul lavoro o malattie professionali del congiunto; il diritto di opzione, anteriormente all’adozione della presente direttiva, ovvero la possibilità di non acquisire diritti o non contrarre obblighi nell’ambito di un regime legale di protezione sociale. Gli Stati membri esaminano periodicamente la necessità di escludere tali categorie tenendo conto dell’evoluzione sociale. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? Doveva diventare legge negli Stati dell’UE a partire dal 1984. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si consulti:Protezione sociale e pensioni (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Discriminazione diretta: sussiste discriminazione diretta quando una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga. Discriminazione indiretta: discriminazione che si verifica allorché una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere una persona in una posizione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone, a meno che essi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 79/7/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale. (GU L 6, 10.1.1979, pagg. 24–25)
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DIRETTIVA 2006/111/CE DELLA COMMISSIONE del 16 novembre 2006 relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche e alla trasparenza finanziaria all'interno di talune imprese (Testo rilevante ai fini del SEE) (Versione codificata) LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare, l'articolo 86, paragrafo 3, considerando quanto segue: (1) La direttiva 80/723/CEE della Commissione, del 25 giugno 1980, relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche e alla trasparenza finanziaria all'interno di talune imprese (1), è stata modificata in modo sostanziale e a più riprese (2). A fini di razionalità e chiarezza occorre provvedere alla codificazione di tale direttiva. (2) Le imprese pubbliche assolvono un ruolo importante nell'economia nazionale di ciascuno Stato membro. (3) Gli Stati membri concedono talvolta a determinate imprese diritti esclusivi o speciali, o erogano pagamenti o riconoscono compensazioni di altro genere a determinate imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale. Queste imprese operano spesso anche in concorrenza con altre imprese. (4) L'articolo 295 del trattato stabilisce che il trattato stesso lasci del tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri. Vanno evitate ingiustificate discriminazioni tra imprese pubbliche e private nell'applicazione delle regole di concorrenza; la presente direttiva deve quindi applicarsi sia alle imprese pubbliche che alle imprese private. (5) In virtù del trattato la Commissione ha il dovere di accertarsi che gli Stati membri non concedano alle imprese, sia pubbliche che private, aiuti incompatibili con il mercato comune. (6) La complessità delle relazioni finanziarie intercorrenti tra poteri pubblici nazionali e imprese pubbliche è tuttavia tale da ostacolare l'esecuzione di tale compito. (7) Inoltre un'applicazione efficace ed equa alle imprese pubbliche e private delle regole del trattato relative agli aiuti non può essere operata sino a quando tali relazioni finanziarie non siano rese trasparenti. (8) Peraltro, in materia di imprese pubbliche, detta trasparenza deve permettere di distinguere chiaramente fra il ruolo dello Stato in quanto potere pubblico ed in quanto proprietario. (9) L'articolo 86, paragrafo 1, del trattato impone obblighi agli Stati membri per quanto riguarda le imprese pubbliche e le imprese alle quali essi riconoscono diritti speciali o esclusivi. L'articolo 86, paragrafo 2, del trattato si applica alle imprese incaricate della gestione di servizi d'interesse economico generale. L'articolo 86, paragrafo 3, del trattato affida alla Commissione il compito di vigilare sull'applicazione di detto articolo e le fornisce i mezzi specifici necessari. Per garantire l'applicazione delle disposizioni dell'articolo 86 del trattato la Commissione deve disporre delle informazioni necessarie. Ciò presuppone la definizione delle condizioni atte ad assicurare la trasparenza. (10) È necessario precisare che cosa si intende per «poteri pubblici» e «imprese pubbliche». (11) Gli Stati membri presentano strutture territoriali amministrative diverse. La presente direttiva deve riguardare le autorità pubbliche di qualsiasi livello in ciascuno degli Stati membri. (12) I poteri pubblici possono esercitare un’influenza dominante sul comportamento delle imprese pubbliche, non solo nel caso in cui essi ne siano proprietari o detengano una partecipazione maggioritaria, ma anche in virtù del potere che detengono nei relativi organi di gestione o di sorveglianza, per via di disposizioni statutarie o per il fatto della ripartizione delle azioni. (13) L'assegnazione di risorse pubbliche ad imprese pubbliche può farsi sia direttamente sia indirettamente; è pertanto opportuno che la trasparenza sia assicurata indipendentemente dalle modalità secondo cui dette assegnazioni di risorse pubbliche vengono effettuate. Occorre ugualmente, se del caso, assicurare una conoscenza adeguata delle motivazioni di dette assegnazioni e della loro utilizzazione effettiva. (14) Situazioni complesse legate alla diversità delle forme di imprese, pubbliche e private, cui siano riconosciuti diritti speciali o esclusivi o che siano incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale, nonché la varietà delle attività che possono essere esercitate da una singola impresa ed i diversi gradi di liberalizzazione del mercato nei vari Stati membri possono ostacolare l'applicazione delle regole di concorrenza e in particolare dell'articolo 86 del trattato. È pertanto indispensabile che gli Stati membri e la Commissione abbiano accesso ad informazioni dettagliate sulla struttura finanziaria ed organizzativa interna di tali imprese, in particolare a dati contabili distinti ed attendibili in relazione alle diverse attività esercitate da una stessa impresa. (15) Nelle scritture contabili devono essere distinte le diverse attività, individuando i costi e i ricavi relativi a ciascuna di esse e specificando i metodi di imputazione e di ripartizione dei costi e dei ricavi. Una simile contabilità separata deve riportare, da un lato, i prodotti ed i servizi per i quali lo Stato membro ha riconosciuto all'impresa diritti speciali o esclusivi o ha affidato all'impresa la gestione di servizi d'interesse economico generale e, dall'altro, ogni altro prodotto o servizio sul mercato dei quali opera l'impresa medesima. L'obbligo di tenere una contabilità separata non deve peraltro applicarsi alle imprese le cui attività siano limitate alla prestazione di servizi di interesse economico generale e che non esercitino attività alcuna al di fuori dei suddetti servizi. Non appare infatti necessario prescrivere la contabilità separata nel settore dei servizi di interesse economico generale o in quello dei diritti speciali o esclusivi, quando ciò non sia necessario per la ripartizione dei costi e ricavi tra tali servizi e prodotti e quelli che non rientrano nell'ambito dei servizi di interesse economico generale o dei diritti speciali o esclusivi. (16) Chiedere agli Stati membri di provvedere affinché le imprese in oggetto tengano una contabilità distinta costituisce il modo più efficiente per garantire l'equa ed efficace applicazione delle regole di concorrenza alle imprese stesse. La Commissione ha adottato nel 1996 una comunicazione sui servizi di interesse generale in Europa (3), completata da una comunicazione del 2001 (4) nella quale si sottolinea la loro importanza. Va tenuto debitamente conto dell'importanza dei settori interessati che possono implicare la prestazione di servizi d'interesse generale, della forte posizione di mercato talvolta detenuta dalle imprese di cui trattasi e della fragilità della concorrenza emergente nei settori ove è in atto la liberalizzazione. In ottemperanza al principio di proporzionalità e ai fini dell'obiettivo essenziale della trasparenza, è necessario e adeguato introdurre la contabilità separata. La presente direttiva non va al di là di quanto è necessario a tal fine, ai sensi delle disposizioni dell'articolo 5, terzo comma, del trattato. (17) In determinati settori esistono già norme comunitarie che obbligano gli Stati membri e talune imprese a tenere una contabilità separata. È necessario assicurare la parità di trattamento di tutte le attività all'interno della Comunità ed estendere l'obbligo della contabilità separata a tutte le fattispecie analoghe. La presente direttiva non è intesa a modificare le norme specifiche stabilite allo stesso scopo in altre disposizioni comunitarie e non deve quindi applicarsi alle attività di imprese che rientrano nel campo d'applicazione di tali disposizioni. (18) Si devono prevedere delle esclusioni quantitative. Sono in effetti da escludere le imprese pubbliche la cui importanza economica ridotta non giustifichi oneri amministrativi che possono risultare dalle misure da prendere. Considerati i limitati effetti potenziali sugli scambi tra gli Stati membri, attualmente non è necessario prescrivere la tenuta di una contabilità separata per la prestazione di talune categorie di servizi. (19) La presente direttiva deve lasciare impregiudicata l'applicazione di altre disposizioni del trattato, in particolare dell’articolo 86, paragrafo 2, e degli articoli 88 e 296, nonché di tutte le altre norme concernenti la trasmissione di informazioni dagli Stati membri alla Commissione. (20) Nei casi in cui il compenso per la prestazione di servizi d'interesse economico generale è stato determinato per un periodo appropriato nell'ambito di una procedura pubblica, trasparente e non discriminatoria, non sembra necessario esigere che le imprese interessate tengano una contabilità separata. (21) Trattandosi di imprese le cui attività si svolgono in concorrenza con quelle di altre imprese, è opportuno assicurare il segreto professionale relativamente alle informazioni raccolte. (22) Un sistema di notifica basato sul controllo a posteriori dei flussi finanziari tra autorità e imprese pubbliche attive nel settore manifatturiero consentirà alla Commissione di adempiere i suoi obblighi. Tale sistema dovrà includere specifiche informazioni a carattere finanziario. (23) Per limitare gli oneri amministrativi a carico degli Stati membri, tale sistema di notifica dovrà far ricorso sia a dati pubblicamente accessibili che a informazioni disponibili agli azionisti di maggioranza; è consentita la presentazione di relazioni consolidate. Gli aiuti di carattere incompatibile erogati alle grandi imprese attive nel settore manifatturiero avranno il massimo effetto di distorsione della concorrenza nel mercato comune; pertanto un tale sistema di notifica può essere attualmente limitato alle imprese con un fatturato annuale superiore a 250 milioni di EUR. (24) La presente direttiva deve far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione delle direttive indicati nell’allegato I, parte B, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 1. Gli Stati membri assicurano, nei modi previsti dalla presente direttiva, la trasparenza delle relazioni finanziarie tra i poteri pubblici e le imprese pubbliche facendo risultare quanto segue: a) le assegnazioni di risorse pubbliche operate dai poteri pubblici direttamente alle imprese pubbliche interessate; b) le assegnazioni di risorse pubbliche effettuate da parte dei poteri pubblici tramite imprese pubbliche o enti finanziari; c) l'utilizzazione effettiva di tali risorse pubbliche. 2. Fatte salve le norme comunitarie specifiche, gli Stati membri provvedono affinché la struttura finanziaria ed organizzativa delle imprese soggette all'obbligo di tenere una contabilità separata risulti correttamente da tale contabilità, in modo che emerga chiaramente quanto segue: a) i costi e i ricavi relativi alle distinte attività; b) i metodi dettagliati con i quali detti costi e ricavi sono imputati o attribuiti alle distinte attività. Articolo 2 Ai fini della presente direttiva si intendono per: a) «poteri pubblici», tutte le autorità pubbliche, compresi lo Stato, le amministrazioni regionali e locali e tutti gli altri enti territoriali; b) «impresa pubblica», ogni impresa nei confronti della quale i poteri pubblici possano esercitare, direttamente o indirettamente, un'influenza dominante per ragioni di proprietà, di partecipazione finanziaria o della normativa che la disciplina. L'influenza dominante è presunta, qualora i poteri pubblici si trovino nei riguardi dell’impresa, direttamente o indirettamente, almeno in una delle seguenti situazioni: i) detengano la maggioranza del capitale sottoscritto dell'impresa; o ii) dispongano della maggioranza dei voti attribuiti alle quote emesse dall'impresa; o iii) possano designare più della metà dei membri dell'organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza dell'impresa; c) «imprese pubbliche attive nel settore manifatturiero», tutte le imprese la cui principale area di attività, corrispondente almeno al 50 % del fatturato annuo totale, rientri nel settore manifatturiero. Si tratta delle imprese le cui operazioni rientrano nella sezione D — Attività manifatturiere (da sottosezione DA a sottosezione DN compresa) della classificazione NACE (Rev.1) (5); d) «impresa soggetta all'obbligo di tenere una contabilità separata», ogni impresa che fruisca di diritti speciali o esclusivi riconosciuti da uno Stato membro a norma dell'articolo 86, paragrafo 1, del trattato o sia incaricata della gestione di servizi di interesse economico generale a norma dell'articolo 86, paragrafo 2, del trattato, che riceva compensazioni in qualsiasi forma per prestazioni di servizio pubblico in relazione a tali servizi e che eserciti anche altre attività; e) «attività distinte», da un lato, tutti i prodotti o servizi per i quali ad un'impresa siano stati riconosciuti diritti speciali o esclusivi ovvero tutti i servizi di interesse economico generale della cui gestione l'impresa sia stata incaricata e, dall'altro, ogni altro prodotto o servizio distinto realizzato dall'impresa medesima; f) «diritti esclusivi», i diritti riconosciuti da uno Stato membro ad un'impresa mediante qualsiasi disposizione legislativa, regolamentare o amministrativa che riservi alla stessa, con riferimento ad una determinata area geografica, la facoltà di prestare un servizio o esercitare un'attività; g) «diritti speciali», i diritti riconosciuti da uno Stato membro ad un numero limitato di imprese mediante qualsiasi disposizione legislativa, regolamentare o amministrativa che, con riferimento ad una determinata area geografica: i) limiti a due o più, senza osservare criteri di oggettività, proporzionalità e non discriminazione, il numero delle imprese autorizzate a prestare un dato servizio o una data attività; o ii) designi, senza osservare detti criteri, varie imprese concorrenti come soggetti autorizzati a prestare un dato servizio o esercitare una data attività; o iii) conferisca ad una o più imprese, senza osservare detti criteri, determinati vantaggi, previsti da leggi o regolamenti, che pregiudichino in modo sostanziale la capacità di ogni altra impresa di prestare il medesimo servizio o esercitare la medesima attività nella stessa area geografica a condizioni sostanzialmente equivalenti. Articolo 3 Le relazioni finanziarie fra i poteri pubblici e le imprese pubbliche la cui trasparenza è da assicurare a norma dell'articolo 1, paragrafo 1, sono in particolare: a) il ripianamento di perdite di esercizio; b) i conferimenti in capitale sociale o dotazione; c) i conferimenti a fondo perduto od i prestiti a condizioni privilegiate; d) la concessione di vantaggi finanziari sotto forma di non percezione dei benefici o di non restituzione dei crediti; e) la rinuncia ad una remunerazione normale delle risorse pubbliche impiegate; f) la compensazione di oneri imposti dai poteri pubblici. Articolo 4 1. Per garantire la trasparenza di cui all'articolo 1, paragrafo 2, gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché in ogni impresa soggetta all'obbligo di tenere una contabilità separata: a) i conti interni corrispondenti alle attività distinte siano separati; b) i costi e i ricavi siano correttamente imputati o attribuiti sulla base di principi di contabilità dei costi applicati in modo coerente e obiettivamente giustificati; c) i principi di contabilità dei costi secondo i quali vengono tenuti conti separati siano chiaramente definiti. 2. Il paragrafo 1 si applica unicamente alle attività che non siano disciplinate da norme comunitarie specifiche e lascia impregiudicati gli obblighi incombenti agli Stati membri o alle imprese in forza del trattato o di tali norme. Articolo 5 1. L'articolo 1, paragrafo 1, non si applica alle relazioni finanziarie fra i poteri pubblici e gli enti seguenti: a) le imprese pubbliche, per quanto riguarda la prestazione di servizi che non siano atti ad incidere sensibilmente sugli scambi fra gli Stati membri; b) le banche centrali; c) gli enti creditizi pubblici, in relazione ai depositi di fondi pubblici effettuati dai poteri pubblici alle normali condizioni di mercato; d) le imprese pubbliche il cui fatturato netto totale annuo non abbia raggiunto 40 milioni di EUR negli ultimi due esercizi finanziari precedenti quello dell'assegnazione o dell'utilizzazione delle risorse di cui all'articolo 1, paragrafo 1. Tuttavia, per gli enti creditizi pubblici, questa soglia corrisponde ad un bilancio totale pari a 800 milioni di EUR. 2. L'articolo 1, paragrafo 2, non si applica alle seguenti imprese: a) alle imprese la cui prestazione di servizi non sia atta ad incidere sensibilmente sugli scambi tra gli Stati membri; b) alle imprese il cui fatturato netto totale annuo sia stato inferiore a 40 milioni di EUR negli ultimi due esercizi finanziari precedenti l'esercizio in cui fruiscano di un diritto speciale o esclusivo riconosciuto da uno Stato membro ai sensi dell'articolo 86, paragrafo 1, del trattato, o in cui siano incaricate della gestione di un servizio di interesse economico generale ai sensi dell'articolo 86, paragrafo 2, del trattato. Tuttavia, per gli enti creditizi pubblici questa soglia corrisponde ad un bilancio totale di 800 milioni di EUR; c) alle imprese che siano state incaricate della gestione di servizi d'interesse economico generale a norma dell'articolo 86, paragrafo 2, del trattato, ove le compensazioni che ricevono in qualsivoglia forma siano state fissate per un periodo appropriato con una procedura pubblica, trasparente e non discriminatoria. Articolo 6 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché i dati relativi alle relazioni finanziarie di cui all'articolo 1, paragrafo 1, restino a disposizione della Commissione per un periodo di cinque anni a decorrere dalla fine dell'esercizio finanziario nel corso del quale le risorse pubbliche sono state assegnate alle imprese pubbliche interessate. Tuttavia, se le risorse pubbliche sono utilizzate nel corso di un esercizio ulteriore, il termine di cinque anni decorre dalla fine di questo stesso esercizio. 2. Gli Stati membri provvedono affinché i dati relativi alla struttura finanziaria ed organizzativa delle imprese di cui all'articolo 1, paragrafo 2, restino a disposizione della Commissione per un periodo di cinque anni a decorrere dalla fine dell'esercizio finanziario cui tali informazioni si riferiscono. 3. Su richiesta della Commissione, gli Stati membri comunicano i dati di cui ai paragrafi 1 e 2 nonché i relativi elementi di valutazione eventualmente necessari e, in particolare, gli obiettivi perseguiti. Articolo 7 La Commissione è tenuta a non divulgare i dati di cui ha conoscenza in virtù dell'articolo 6, paragrafo 3, e che, per loro natura, sono coperti dal segreto professionale. Le disposizioni del primo comma non ostano alla pubblicazione di informazioni generali o di studi che non comportino indicazioni individuali sulle imprese pubbliche di cui alla presente direttiva. Articolo 8 1. Gli Stati membri con imprese pubbliche attive nel settore manifatturiero forniscono alla Commissione le informazioni di carattere finanziario di cui ai paragrafi 2 e 3 su base annua e nei termini di cui al paragrafo 5. 2. Le informazioni di carattere finanziario richieste per ciascuna impresa pubblica attiva nel settore manifatturiero, da fornire secondo le modalità specificate nel paragrafo 4, sono la relazione sulla gestione e i conti annuali, ai sensi della direttiva 78/660/CEE del Consiglio (6). I conti annuali e la relazione sulla gestione comprendono lo stato patrimoniale, il conto profitti e perdite e l'allegato, unitamente alla prassi contabile, alle dichiarazioni degli amministratori e alle relazioni settoriali e sull'attività. Sono inoltre incluse comunicazioni in merito alle riunioni degli azionisti ed eventuali altre informazioni salienti. Le relazioni sono fornite separatamente per le singole imprese pubbliche, nonché per la società holding o sub-holding che raggruppa varie imprese pubbliche, se le vendite consolidate di tale società inducono a classificarla nella categoria delle imprese «manifatturiere» sopra definita. 3. Oltre alle informazioni di cui al paragrafo 2, vengono forniti i seguenti dati più specifici, se e in quanto essi non siano stati inseriti nella relazione sulla gestione e nei conti annuali delle singole imprese pubbliche: a) la disponibilità di capitale azionario o di fondi assimilabili al capitale sociale, specificando le forme in cui si configura tale disponibilità (azioni ordinarie, privilegiate, postergate o convertibili, nonché i relativi tassi d'interesse, dividendi e diritti di conversione); b) le sovvenzioni non rimborsabili o rimborsabili solo a certe condizioni; c) la concessione all'impresa di prestiti, compresi scoperti nonché anticipi su apporti di capitale, precisando i tassi d'interesse e le condizioni del prestito, nonché l'eventuale garanzia fornita al mutuante dall'impresa beneficiaria; d) le garanzie fornite all'impresa dai poteri pubblici per i prestiti (specificando le condizioni e gli oneri a carico delle imprese per tali garanzie); e) i dividendi versati e gli utili trattenuti; f) le eventuali altre forme di intervento pubblico, in particolare la rinuncia alla percezione di somme dovute allo Stato da un'impresa pubblica, segnatamente per il rimborso di prestiti e sussidi, il pagamento di imposte sulle società, di oneri sociali o altri oneri analoghi. Il capitale azionario di cui alla lettera a) comprende il capitale azionario proveniente direttamente dallo Stato e quello eventualmente fornito da una holding o altre imprese pubbliche (compresi gli istituti finanziari), esterne o interne allo stesso gruppo, ad una determinata impresa pubblica. Va sempre specificato il rapporto tra la fonte dei finanziamenti e il beneficiario. 4. Le informazioni richieste ai paragrafi 2 e 3 sono fornite per tutte le imprese pubbliche, il cui fatturato per l'anno finanziario più recente è risultato superiore a 250 milioni di EUR. Le informazioni sopra richieste vengono fornite separatamente per le singole imprese pubbliche, comprese quelle situate in altri Stati membri, e comprendono all'occorrenza i particolari relativi a tutte le operazioni intra ed intergruppo tra diverse imprese pubbliche, nonché quelle svoltesi direttamente tra le imprese pubbliche e lo Stato. Certe imprese pubbliche dividono le proprie attività tra varie società giuridicamente distinte: per esse la Commissione ammette un'unica relazione consolidata. Il consolidamento dovrà riflettere la realtà economica di un gruppo di imprese che svolgono la propria attività nello stesso settore o in settori strettamente collegati. Non saranno sufficienti le relazioni consolidate provenienti da diverse società holding aventi natura puramente finanziaria. 5. Le informazioni di cui ai paragrafi 2 e 3 sono fornite alla Commissione con periodicità annua. Le informazioni vengono fornite entro quindici giorni lavorativi dalla data di pubblicazione della relazione sulla gestione dell'impresa pubblica interessata. In ogni caso e specificamente per le imprese che non pubblicano la relazione sulla gestione, le informazioni richieste vanno presentate entro nove mesi dalla fine dell'anno d'esercizio dell'impresa. 6. Per la determinazione del numero di società cui si riferisce il sistema di notifica qui specificato, gli Stati membri forniscono alla Commissione un elenco delle società interessate dal presente articolo, con il relativo fatturato. Tale elenco va aggiornato entro il 31 marzo di ciascun anno. 7. Gli Stati membri forniscono alla Commissione eventuali altre informazioni che essa ritenga necessarie per effettuare una valutazione esauriente dei dati trasmessi. Articolo 9 La Commissione informa regolarmente gli Stati membri dei risultati dell'applicazione della presente direttiva. Articolo 10 La direttiva 80/723/CEE, modificata dalle direttive di cui all'allegato I, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione indicati nell'allegato I, parte B. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza contenuta nell’allegato II. Articolo 11 La presente direttiva entra in vigore il 20 dicembre 2006. Articolo 12 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, il 16 novembre 2006. Per la Commissione Neelie KROES Membro della Commissione (1) GU L 195 del 29.7.1980, pag. 35. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2005/81/CE (GU L 312 del 29.11.2005, pag. 47). (2) Cfr. allegato I, parte A. (3) GU C 281 del 26.9.1996, pag. 3. (4) GU C 17 del 19.1.2001, pag. 4. (5) GU L 83 del 3.4.1993, pag. 1. (6) GU L 222 del 14.8.1978, pag. 11. ALLEGATO I PARTE A DIRETTIVA ABROGATA E SUCCESSIVE MODIFICHE (di cui all’articolo 10) Direttiva 80/723/CEE della Commissione (GU L 195 del 29.7.1980, pag. 35) Direttiva 85/413/CEE della Commissione (GU L 229 del 28.8.1985, pag. 20) Direttiva 93/84/CEE della Commissione (GU L 254 del 12.10.1993, pag. 16) Direttiva 2000/52/CE della Commissione (GU L 193 del 29.7.2000, pag. 75) Direttiva 2005/81/CE della Commissione (GU L 312 del 29.11.2005, pag. 47) PARTE B ELENCO DEI TERMINI DI ATTUAZIONE NEL DIRITTO NAZIONALE (di cui all’articolo 10) Direttiva Termine di attuazione 80/723/CEE 31 dicembre 1981 85/413/CEE 1o gennaio 1986 93/84/CEE 1o novembre 1993 2000/52/CE 31 luglio 2001 2005/81/CE 19 dicembre 2006 ALLEGATO II TAVOLA DI CONCORDANZA Direttiva 80/723/CEE Presente direttiva Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2, paragrafo 1, alinea Articolo 2, alinea Articolo 2, paragrafo 1, lettera a) Articolo 2, lettera a) Articolo 2, paragrafo 1, lettera b) Articolo 2, lettera b), primo comma Articolo 2, paragrafo 1, lettere da c) a f) Articolo 2, lettere da c) a f) Articolo 2, paragrafo 1, lettera g), alinea Articolo 2, lettera g), alinea Articolo 2, paragrafo 1, lettera g), primo trattino Articolo 2, lettera g), punto i) Articolo 2, paragrafo 1, lettera g), secondo trattino Articolo 2, lettera g), punto ii) Articolo 2, paragrafo 1, lettera g), terzo trattino Articolo 2, lettera g), punto iii) Articolo 2, paragrafo 2, alinea Articolo 2, lettera b), secondo comma, alinea Articolo 2, paragrafo 2, lettera a) Articolo 2, lettera b), secondo comma, punto i) Articolo 2, paragrafo 2, lettera b) Articolo 2, lettera b), secondo comma, punto ii) Articolo 2, paragrafo 2, lettera c) Articolo 2, lettera b), secondo comma, punto iii) Articolo 3 Articolo 3 Articolo 3 bis Articolo 4 Articolo 4 Articolo 5 Articolo 5 Articolo 6 Articolo 5 bis, paragrafo 1 Articolo 8, paragrafo 1 Articolo 5 bis, paragrafo 2, primo comma, alinea Articolo 8, paragrafo 2, primo comma Articolo 5 bis, paragrafo 2, primo comma, punto i) Articolo 8, paragrafo 2, primo comma Articolo 5 bis, paragrafo 2, secondo comma, alinea Articolo 8, paragrafo 3, primo comma, alinea Articolo 5 bis, paragrafo 2, secondo comma, punto ii) Articolo 8, paragrafo 3, primo comma, lettera a) Articolo 5 bis, paragrafo 2, secondo comma, punto iii) Articolo 8, paragrafo 3, primo comma, lettera b) Articolo 5 bis, paragrafo 2, secondo comma, punto iv) Articolo 8, paragrafo 3, primo comma, lettera c) Articolo 5 bis, paragrafo 2, secondo comma, punto v) Articolo 8, paragrafo 3, primo comma, lettera d) Articolo 5 bis, paragrafo 2, secondo comma, punto vi) Articolo 8, paragrafo 3, primo comma, lettera e) Articolo 5 bis, paragrafo 2, secondo comma, punto vii) Articolo 8, paragrafo 3, primo comma, lettera f) Articolo 5 bis, paragrafo 3, primo comma Articolo 8, paragrafo 4, primo comma Articolo 5 bis, paragrafo 3, secondo comma, prima frase Articolo 8, paragrafo 4, secondo comma Articolo 5 bis, paragrafo 3, secondo comma, seconda frase Articolo 8, paragrafo 3, secondo comma, prima frase Articolo 5 bis, paragrafo 3, secondo comma, terza frase Articolo 8, paragrafo 3, secondo comma, seconda frase Articolo 5 bis, paragrafo 3, secondo comma, ultima frase Articolo 8, paragrafo 2, secondo comma Articolo 5 bis, paragrafo 3, terzo comma Articolo 8, paragrafo 4, terzo comma Articolo 5 bis, paragrafo 4, primo comma Articolo 8, paragrafo 5, primo comma Articolo 5 bis, paragrafo 4, secondo comma Articolo 8, paragrafo 5, secondo comma Articolo 5 bis, paragrafo 4, terzo comma Articolo 8, paragrafo 6 Articolo 5 bis, paragrafo 5 — Articolo 5 bis, paragrafo 6 Articolo 8, paragrafo 7 Articolo 6, paragrafo 1 Articolo 7, primo comma Articolo 6, paragrafo 2 Articolo 7, secondo comma Articolo 7 Articolo 9 Articolo 8 — — Articolo 10 — Articolo 11 Articolo 9 Articolo 12 — Allegato I — Allegato II
Trasparenza delle relazioni finanziarie tra enti pubblici e imprese pubbliche QUAL È LO SCOPO DI QUESTA DIRETTIVA? Mira a garantire la trasparenza delle relazioni finanziarie tra i paesi dell’Unione europea (UE) e le imprese di proprietà statale, in modo da assicurare che vi sia una concorrenza leale con le imprese private e non discriminazione verso le stesse. PUNTI CHIAVE Nello specifico, i paesi dell’UE devono garantire la trasparenza di qualsiasi risorsa pubblica assegnata a imprese di proprietà statale e del modo in cui è utilizzata, nonché garantire che i costi e i ricavi di tali imprese siano chiaramente indicati mediante contabilità separata. Tra i tipi di relazioni finanziarie che rientrano nell’ambito della direttiva vi sono i conferimenti in capitale sociale, i sussidi o i prestiti a condizioni privilegiate e il ripianamento di perdite* di esercizio. I paesi dell’UE devono garantire che i conti interni delle imprese interessate siano separati in relazione alle distinte attività e che tutti i costi e i ricavi siano correttamente indicati sulla base di adeguati principi di contabilità dei costi. Alcune relazioni finanziarie sono escluse dalla direttiva, ad esempio quelle tra i paesi dell’UE e le banche centrali, o con imprese di proprietà statale che implichino la prestazione di servizi che difficilmente avrebbero un impatto significativo sugli scambi tra i paesi dell’UE. I paesi dell’UE devono garantire che le informazioni finanziarie pertinenti siano messe a disposizione della Commissione europea per un periodo fino a cinque anni a decorrere da quando le risorse pubbliche sono state assegnate all’impresa. La Commissione, tuttavia, non deve divulgare alcuna informazione coperta dal segreto professionale. Per quanto riguarda il settore manifatturiero, queste informazioni devono essere fornite alla Commissione su base annua e devono includere i conti annuali e la relazione sulla gestione. DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? Si applica dal 20 dicembre 2006. La direttiva 2006/111/CE codifica e sostituisce la direttiva 80/723/CEE e successive modifiche. La direttiva originale 80/723/UE doveva essere recepita pei paesi dell’UE entro il 1981. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare:Legislazione – Trasparenza delle imprese pubbliche sul sito Internet della Commissione europea. TERMINI CHIAVE Ripianamento di perdite: termine di contabilità per cui alla registrazione di una perdita si contrappone una voce attiva al fine di neutralizzarne l’effetto. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2006/111/CE della Commissione, del 16 novembre 2006, relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie tra i paesi dell’UE e le loro imprese pubbliche e alla trasparenza finanziaria all’interno di talune imprese (versione codificata) (GU L 318 del 17.11.2006, pag. 17).
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DECISIONE DEL CONSIGLIO del 12 febbraio 2007 che istituisce per il periodo 2007-2013 il programma specifico «Giustizia penale», quale parte del programma generale su diritti fondamentali e giustizia (2007/126/GAI) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l'articolo 31 e l'articolo 34, paragrafo 2, lettera c), vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) L’articolo 29 del trattato sull’Unione europea stabilisce che l’obiettivo che l’Unione si prefigge è di fornire ai cittadini un livello elevato di sicurezza in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, sviluppando tra gli Stati membri un’azione in comune nel settore della cooperazione giudiziaria in materia penale. (2) Ai sensi dell’articolo 31 del trattato sull’Unione europea, l’azione comune nel settore penale comprende, in particolare, la cooperazione tra le competenti autorità degli Stati membri. (3) Basandosi sulle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere, il programma dell’Aia adottato dal Consiglio europeo nel novembre 2004 ribadisce la priorità di un rafforzamento della libertà, della sicurezza e della giustizia nell’Unione europea, in particolare rafforzando la cooperazione giudiziaria in materia penale, sulla base del principio del reciproco riconoscimento. (4) Il programma quadro istituito dalla decisione 2002/630/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2002, che istituisce un programma quadro sulla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale (AGIS) (2), ha contribuito considerevolmente al rafforzamento della cooperazione tra i servizi di polizia e altre autorità di contrasto e i servizi giudiziari degli Stati membri e al miglioramento della reciproca comprensione tra i rispettivi ordinamenti di polizia, giudiziari, giuridici ed amministrativi e della reciproca fiducia negli stessi. (5) È opportuno realizzare gli ambiziosi obiettivi fissati dal trattato sull'Unione europea e dal programma dell’Aia stabilendo un programma flessibile ed efficace che ne agevoli la pianificazione e l’attuazione. (6) Il programma dovrebbe migliorare la reciproca fiducia nel sistema giudiziario. Come indicato nel programma dell’Aia, la reciproca fiducia dovrebbe essere rafforzata attraverso lo sviluppo di reti di organizzazioni e di istituzioni giudiziarie, il miglioramento della formazione delle professioni legali, lo sviluppo della valutazione dell’attuazione delle politiche dell’UE nel settore della giustizia, nel pieno rispetto dell'indipendenza del potere giudiziario, lo sviluppo della ricerca nel settore della cooperazione giudiziaria e l’incoraggiamento di progetti operativi negli Stati membri per modernizzare la giustizia. (7) Il programma dovrebbe altresì facilitare l’applicazione del principio del reciproco riconoscimento, migliorando la conoscenza reciproca di precedenti condanne pronunciate nell’Unione europea, in particolare creando un sistema informatizzato di scambio di informazioni sui casellari giudiziari. (8) La rete europea di formazione giudiziaria, creata da istituti specificamente incaricati della formazione dei magistrati di tutti gli Stati membri, promuove un programma di formazione dei giudici e dei pubblici ministeri con un'autentica dimensione europea. Ciò contribuisce a rafforzare la fiducia reciproca e migliora la comprensione reciproca tra le autorità giudiziarie e i vari ordinamenti giuridici. (9) Poiché gli obiettivi della presente decisione non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa delle dimensioni o degli effetti del programma, essere realizzati meglio a livello dell'Unione europea, il Consiglio può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato che istituisce la Comunità europea, applicabile all'Unione in virtù dell'articolo 2 del trattato sull'Unione europea. La presente decisione si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nell'articolo 5 del trattato che istituisce la Comunità europea. (10) Il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (3) (di seguito «regolamento finanziario»), e il regolamento (CE, Euratom) n. 2342/2002 della Commissione, del 23 dicembre 2002, recante modalità d’esecuzione del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio (4), che tutelano entrambi gli interessi finanziari della Comunità, si applicano tenendo conto dei principi di semplicità e coerenza nella scelta degli strumenti di bilancio, della limitazione del numero dei casi nei quali la Commissione mantiene una responsabilità diretta a livello di attuazione e gestione, nonché della necessaria proporzionalità tra l’entità delle risorse e l’onere amministrativo del loro impiego. (11) È opportuno inoltre adottare misure atte a prevenire le irregolarità e le frodi e intraprendere i passi necessari ai fini del recupero di fondi perduti, indebitamente versati o scorrettamente utilizzati a norma dei regolamenti del Consiglio (CE, Euratom) n. 2988/95, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità (5), ed (Euratom, CE) n. 2185/96, dell'11 novembre 1996, relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione (6), e del regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, relativo alle indagini svolte dall'Ufficio per la lotta antifrode (OLAF) (7). (12) Il regolamento finanziario impone che si adotti un atto di base per coprire le sovvenzioni di funzionamento. (13) Le misure necessarie per l'attuazione della presente decisione sono adottate secondo le procedure in essa previste, con l'assistenza di un comitato. (14) È opportuno sostituire, dal 1o gennaio 2007, la decisione 2002/630/GAI con il presente programma e con il nuovo programma specifico sulla prevenzione e lotta contro la criminalità che rientra nel programma generale sulla sicurezza e la tutela delle libertà. (15) Al fine di assicurare l'effettiva e tempestiva attuazione del programma, la presente decisione dovrebbe essere applicata a decorrere dal 1o gennaio 2007, DECIDE: Articolo 1 Oggetto 1. La presente decisione istituisce il programma specifico «Giustizia penale» (di seguito «programma»), quale parte del programma generale sui diritti fondamentali e la giustizia, al fine di contribuire al rafforzamento dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia. 2. Il programma è istituito per il periodo dal 1o gennaio 2007 al 31 dicembre 2013. Articolo 2 Obiettivi generali 1. Il programma persegue i seguenti obiettivi generali: a) promuovere la cooperazione giudiziaria, al fine di contribuire alla creazione di un autentico spazio europeo di giustizia in materia penale, basato sul riconoscimento e sulla fiducia reciproci; b) promuovere la compatibilità delle normative applicabili negli Stati membri nella misura necessaria per migliorare la cooperazione giudiziaria. Promuovere la riduzione degli attuali ostacoli giuridici al buon funzionamento della cooperazione giudiziaria al fine di rafforzare il coordinamento delle indagini e di aumentare la compatibilità dei sistemi giudiziari vigenti negli Stati membri con l'Unione europea per dare seguito adeguato alle indagini delle autorità di contrasto degli Stati membri; c) migliorare i contatti e lo scambio di informazioni e di migliori prassi tra le autorità legislative, giudiziarie e amministrative e i professionisti legali (avvocati e altri professionisti coinvolti nei lavori giudiziari) e promuovere la formazione dei magistrati, al fine di accrescere la fiducia reciproca; d) accrescere ulteriormente la fiducia reciproca, al fine di garantire la tutela dei diritti delle vittime e degli imputati. 2. Fatti salvi gli obiettivi e le competenze della Comunità europea, gli obiettivi generali del programma contribuiscono allo sviluppo delle politiche comunitarie e specificamente alla creazione di uno spazio giudiziario. Articolo 3 Obiettivi specifici Il programma persegue i seguenti obiettivi specifici: a) promuovere la cooperazione giudiziaria in materia penale allo scopo di: i) promuovere il riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie e delle sentenze; ii) eliminare gli ostacoli creati dalle disparità esistenti tra i sistemi giudiziari degli Stati membri e promuovere il necessario ravvicinamento del diritto penale sostanziale concernente le forme gravi di criminalità, in particolare quelle con dimensioni transfrontaliere; iii) accrescere ulteriormente l'introduzione di norme minime relative ad aspetti del diritto processuale penale ai fini della promozione degli aspetti pratici della cooperazione giudiziaria; iv) garantire una corretta amministrazione della giustizia, evitando i conflitti di giurisdizione; v) migliorare lo scambio di informazioni, attraverso l'uso di sistemi informatizzati, in particolare di quelle estratte dai casellari giudiziari nazionali; vi) promuovere i diritti degli imputati e l’assistenza sociale e giudiziaria alle vittime; vii) incoraggiare gli Stati membri a intensificare la cooperazione con Eurojust nella lotta contro la criminalità organizzata transfrontaliera e altre forme gravi di criminalità; viii) promuovere misure volte ad un'effettiva risocializzazione delle persone che hanno commesso reati, in particolare dei minorenni autori di reati; b) migliorare la conoscenza reciproca dei sistemi giuridici e giudiziari degli Stati membri in materia penale e promuovere e potenziare la creazione di reti, la cooperazione reciproca, lo scambio e la diffusione delle informazioni, dell’esperienza e delle migliori prassi; c) assicurare che gli strumenti dell’Unione nei settori della cooperazione giudiziaria in materia penale trovino regolare attuazione, siano concretamente e correttamente applicati nonché valutati; d) migliorare le informazioni sui sistemi giuridici degli Stati membri e l’accesso alla giustizia; e) promuovere la formazione in diritto comunitario e dell'Unione per i magistrati, gli avvocati e gli altri professionisti coinvolti nei lavori giudiziari; f) valutare le condizioni generali necessarie per sviluppare la fiducia reciproca, migliorando la comprensione reciproca tra le autorità giudiziarie e i vari ordinamenti giuridici, in particolare per quanto riguarda l'attuazione delle politiche dell'UE nel settore della giustizia; g) sviluppare e realizzare un sistema informatizzato di scambio di informazioni sui casellari giudiziari e sostenere gli studi per istituire altri tipi di scambio di informazioni. Articolo 4 Azioni ammissibili Al fine di conseguire gli obiettivi generali e specifici di cui agli articoli 2 e 3, il programma sostiene, alle condizioni stabilite dal programma di lavoro annuale, i seguenti tipi di azione: a) azioni specifiche della Commissione, quali studi e ricerche, elaborazione e realizzazione di progetti specifici come la creazione di un sistema informatizzato di scambio di informazioni sui casellari giudiziari, sondaggi e inchieste, elaborazione di indicatori e metodologie comuni, raccolta, sviluppo e diffusione di dati e statistiche, seminari, conferenze e riunioni di esperti, organizzazione di campagne ed eventi pubblici, sviluppo e aggiornamento di siti web, preparazione e diffusione di materiale d’informazione, supporto e sviluppo di reti di esperti nazionali, attività di analisi, di controllo e di valutazione; o b) progetti transnazionali specifici di interesse per l'Unione presentati da almeno due Stati membri o da almeno uno Stato membro ed un altro paese, che può essere un paese aderente o un paese candidato, conformemente alle condizioni fissate nei programmi di lavoro annuali; o c) sostegno alle attività di organizzazioni non governative o di altri enti che perseguono un obiettivo di interesse europeo generale nel quadro degli obiettivi generali del programma, conformemente alle condizioni fissate nei programmi di lavoro annuali; o d) una sovvenzione di funzionamento destinata a cofinanziare le spese sostenute per il programma di lavoro permanente della rete europea di formazione giudiziaria, il cui obiettivo è quello di servire l’interesse europeo generale nel settore della formazione dei magistrati; e) progetti nazionali all'interno degli Stati membri che i) preparino progetti transnazionali e/o azioni dell'Unione («misure di avviamento»); ii) integrino progetti transnazionali e/o azioni dell'Unione («misure complementari»); iii) contribuiscano ad elaborare metodi e/o tecnologie innovativi con un potenziale di trasferibilità verso azioni a livello dell'Unione, o elaborino tali metodi e tecnologie al fine di trasferirli ad altri Stati membri e/o altri paesi, che possono essere paesi aderenti o paesi candidati. Articolo 5 Destinatari Il programma è diretto, tra l’altro, agli operatori della giustizia, ai rappresentanti dei servizi di assistenza alle vittime e ad altri professionisti coinvolti nei lavori giudiziari, alle autorità nazionali e ai cittadini dell’Unione in generale. Articolo 6 Accesso al programma 1. L’accesso al programma è aperto alle istituzioni e alle organizzazioni pubbliche o private, comprese le organizzazioni professionali, le università, gli istituti di ricerca e gli istituti di formazione/specializzazione giuridica e giudiziaria per gli operatori della giustizia e le organizzazioni non governative degli Stati membri. Gli organismi e le organizzazioni a scopo di lucro hanno accesso alle sovvenzioni soltanto in associazione con organizzazioni senza scopo di lucro o statali. Per «operatori della giustizia» si intendono, tra l’altro, i giudici, i magistrati delle procure, gli avvocati, i procuratori legali, i funzionari ministeriali, gli ausiliari di giustizia, gli ufficiali giudiziari, gli interpreti presso i tribunali e altri prefessionisti coinvolti nei lavori giudiziari in campo penale. 2. I progetti transnazionali non possono essere presentati da paesi terzi o da organizzazioni internazionali, che però possono partecipare in qualità di partner. Articolo 7 Tipologie di intervento 1. Il finanziamento comunitario può assumere una delle seguenti forme giuridiche: a) sovvenzioni; b) contratti di appalto pubblico. 2. Le sovvenzioni comunitarie sono di norma concesse in seguito ad inviti a presentare proposte, tranne in casi d’urgenza, eccezionali e debitamente giustificati, o se le caratteristiche del beneficiario non lasciano altra scelta per un’azione determinata e sono erogate in forma di sovvenzioni di funzionamento e sovvenzioni alle azioni. Il programma di lavoro annuale fissa il tasso minimo della spesa annuale da destinare alle sovvenzioni. Esso è almeno del 65 %. Il tasso massimo di cofinanziamento dei costi dei progetti è specificato nel programma di lavoro annuale. 3. Sono inoltre previste spese destinate a misure di accompagnamento, attraverso contratti di appalto pubblico; in tal caso i fondi comunitari finanziano l’acquisto di beni e servizi. Sono finanziate, tra l’altro, le spese di informazione e comunicazione, preparazione, attuazione, monitoraggio, controllo e valutazione dei progetti, delle politiche, dei programmi e della legislazione. Articolo 8 Misure di attuazione 1. La Commissione attua il finanziamento della Comunità conformemente al regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 (di seguito «regolamento finanziario»). 2. Al fine di attuare il programma, la Commissione adotta, entro la fine di settembre, nei limiti degli obiettivi generali di cui all’articolo 2, un programma di lavoro annuale, contenente gli obiettivi specifici, le priorità tematiche, una descrizione delle misure di accompagnamento previste all’articolo 7, paragrafo 3, e, se necessario, un elenco di altre azioni. Il programma di lavoro annuale per il 2007 è adottato tre mesi dopo che la presente decisione ha preso effetto. 3. Il programma di lavoro annuale è adottato secondo la procedura di gestione di cui all'articolo 11. 4. Le procedure di valutazione e di concessione delle sovvenzioni alle azioni tengono conto, tra l'altro, dei seguenti criteri: a) la conformità al programma di lavoro annuale, agli obiettivi generali di cui all'articolo 2 e alle misure adottate nei vari settori di cui agli articoli 3 e 4; b) la qualità dell'azione proposta in relazione alla sua concezione, organizzazione, presentazione e ai risultati attesi; c) l'importo del finanziamento comunitario richiesto e la sua adeguatezza rispetto ai risultati attesi; d) l'impatto dei risultati attesi sugli obiettivi generali di cui all'articolo 2 e sulle misure adottate nei vari settori di cui agli articoli 3 e 4. 5. Le richieste di sovvenzioni di funzionamento di cui all’articolo 4, lettere c) e d), sono valutate considerando: a) la coerenza con gli obiettivi del programma; b) la qualità delle attività programmate; c) il probabile effetto moltiplicatore di tali attività sul pubblico; d) l'impatto geografico delle attività svolte; e) il coinvolgimento dei cittadini nelle strutture degli organismi interessati; f) il rapporto costi/benefici dell'attività proposta. 6. La Commissione adotta le decisioni relative alle azioni presentate ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, lettera a), secondo la procedura di gestione di cui all'articolo 11. La Commissione adotta le decisioni relative alle azioni presentate ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, lettere da b) ad e), secondo la procedura consultiva di cui all'articolo 10. La Commissione adotta le decisioni relative alle domande di sovvenzioni che riguardano organismi o organizzazioni a scopo di lucro secondo la procedura di gestione di cui all'articolo 11. 7. Ai sensi dell’articolo 113, paragrafo 2, del regolamento finanziario, il principio di degressività non si applica alle sovvenzioni di funzionamento che sono concesse alla rete europea di formazione giudiziaria, poiché essa persegue un obiettivo di interesse generale europeo. Articolo 9 Comitato 1. La Commissione è assistita da un comitato composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione (di seguito «comitato»). 2. Il comitato adotta il proprio regolamento interno. 3. La Commissione può invitare i rappresentanti dei paesi candidati a riunioni informative successive alle riunioni del comitato. Articolo 10 Procedura consultiva 1. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente articolo, il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato esprime il parere sul progetto entro un termine che il presidente può stabilire in funzione dell'urgenza della questione in esame, procedendo eventualmente a votazione. 2. Il parere è messo a verbale; ciascuno Stato membro ha il diritto di chiedere che la sua posizione sia messa a verbale. 3. La Commissione tiene in massima considerazione il parere del comitato. Essa lo informa del modo in cui ha tenuto conto del parere. Articolo 11 Procedura di gestione 1. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente articolo, il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato esprime il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista dall'articolo 205, paragrafo 2, del trattato che istituisce la Comunità europea per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri è attribuita la ponderazione definita nell'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto. 2. La Commissione adotta misure che si applicano immediatamente. Tuttavia, se tali misure non sono conformi al parere del comitato, la Commissione le comunica immediatamente al Consiglio. In quest'ultimo caso, la Commissione può differire l'applicazione delle misure da essa decise per un periodo di tre mesi a decorrere da tale comunicazione. 3. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può prendere una decisione diversa entro il termine di cui al paragrafo 2. Articolo 12 Complementarietà 1. Si devono ricercare sinergie e complementarietà con altri strumenti dell'Unione e della Comunità, tra l'altro con il programma specifico «Giustizia civile» quale parte del programma generale sui diritti fondamentali e la giustizia e con i programmi generali sulla sicurezza e la tutela delle libertà e sulla solidarietà e la gestione dei flussi migratori. Le informazioni statistiche sulla giustizia penale sono sviluppate in collaborazione con gli Stati membri, usando se necessario il programma statistico comunitario. 2. Le risorse del programma possono essere messe in comune con quelle di altri strumenti dell'Unione e della Comunità, in particolare con il programma specifico «Giustizia civile» quale parte del programma generale sui diritti fondamentali e la giustizia, al fine di attuare azioni dirette a realizzare gli obiettivi comuni ai due programmi. 3. Le operazioni finanziate a norma della presente decisione non ricevono assistenza da altri strumenti finanziari dell'Unione/Comunità per i medesimi obiettivi. Si provvede affinché i beneficiari della presente decisione forniscano alla Commissione informazioni sui finanziamenti ottenuti a carico del bilancio generale dell'Unione europea e di altre fonti, nonché informazioni sulle richieste di finanziamento in corso. Articolo 13 Risorse di bilancio Le risorse di bilancio destinate alle azioni previste nel programma sono iscritte negli stanziamenti annuali del bilancio generale dell'Unione europea. L'autorità di bilancio autorizza gli stanziamenti annuali disponibili per ciascun esercizio entro i limiti del quadro finanziario. Articolo 14 Sorveglianza 1. La Commissione provvede affinché, per ogni azione finanziata dal programma, il beneficiario trasmetta relazioni tecniche e finanziarie sullo stato di avanzamento e una relazione finale sia trasmessa entro tre mesi dal completamento dell'azione. La Commissione stabilisce forma e struttura delle relazioni. 2. La Commissione provvede affinché i contratti e le convenzioni risultanti dall'attuazione del programma prevedano in particolare la supervisione e il controllo finanziario da parte della Commissione (o di rappresentanti autorizzati), da effettuarsi se necessario mediante controlli in loco, anche a campione, e controlli contabili da parte della Corte dei conti. 3. La Commissione provvede affinché il beneficiario del finanziamento tenga a disposizione della Commissione tutti i documenti giustificativi attinenti alle spese connesse con l'azione per un periodo di cinque anni dopo l'ultimo pagamento relativo a quest'ultima. 4. Se necessario, in base ai risultati delle relazioni e dei controlli in loco di cui ai paragrafi 1 e 2, la Commissione provvede affinché siano rettificati l’entità o le condizioni di concessione del sostegno finanziario originariamente approvato e il calendario dei pagamenti. 5. La Commissione provvede affinché sia adottato qualsiasi altro provvedimento necessario per verificare che le azioni finanziate siano eseguite correttamente e nel rispetto delle disposizioni della presente decisione e del regolamento finanziario. Articolo 15 Tutela degli interessi finanziari della Comunità 1. In sede di attuazione delle azioni finanziate a norma della presente decisione, la Commissione assicura la tutela degli interessi finanziari della Comunità mediante l'applicazione di misure di prevenzione contro le frodi, la corruzione e qualsiasi altra attività illecita, attraverso controlli efficaci e tramite il recupero delle somme indebitamente corrisposte e, nel caso in cui siano riscontrate irregolarità, mediante l'applicazione di sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, secondo quanto disposto dai regolamenti (CE, Euratom) n. 2988/95, (Euratom, CE) n. 2185/96 e (CE) n. 1073/1999. 2. Per quanto concerne le azioni comunitarie finanziate nell’ambito della presente decisione, i regolamenti (CE, Euratom) n. 2988/95 e (Euratom, CE) n. 2185/96 si applicano a qualsiasi violazione di una disposizione di diritto comunitario, incluso qualsiasi inadempimento di un obbligo contrattuale stipulato sulla base del programma, derivante da un atto o da un’omissione da parte di un operatore economico, che abbia o possa avere l'effetto di arrecare pregiudizio al bilancio generale dell'Unione europea o ai bilanci da questa gestiti, a causa di una spesa indebita. 3. La Commissione provvede affinché l'importo dell'aiuto finanziario concesso per un'azione sia ridotto, sospeso o recuperato qualora accerti l'esistenza di irregolarità, inclusa l'inosservanza delle disposizioni della presente decisione o della singola decisione o del contratto o della convenzione ai cui sensi è concesso il sostegno finanziario in questione, o qualora risulti che, senza chiedere il consenso della Commissione, siano state apportate ad un'azione modifiche incompatibili con la natura o le condizioni di esecuzione del progetto. 4. Qualora non siano state rispettate le scadenze o qualora l'andamento dell'esecuzione di un’azione giustifichi solo una parte dell'assistenza finanziaria concessa, la Commissione provvede affinché venga richiesto al beneficiario di comunicarle le sue osservazioni entro un termine prestabilito. Qualora il beneficiario non fornisca spiegazioni adeguate, la Commissione provvede affinché l'assistenza finanziaria residua possa essere annullata e si possa chiedere il rimborso dei fondi già erogati. 5. La Commissione provvede affinché tutti gli importi indebitamente versati siano restituiti alla Commissione. Gli importi non restituiti a tempo debito sono maggiorati dei relativi interessi di mora, alle condizioni stabilite dal regolamento finanziario. Articolo 16 Valutazione 1. Il programma è oggetto di monitoraggio periodico, al fine di seguire l’attuazione delle attività previste nell’ambito dello stesso. 2. La Commissione garantisce una valutazione periodica, indipendente ed esterna del programma. 3. La Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio: a) una presentazione annuale sull'attuazione del programma; b) una relazione di valutazione intermedia sui risultati ottenuti e sugli aspetti qualitativi e quantitativi dell'attuazione del programma, entro il 31 marzo 2011; c) una comunicazione sulla continuazione del programma, entro il 30 agosto 2012; d) una relazione di valutazione ex post, entro il 31 dicembre 2014. Articolo 17 Pubblicazione dei progetti Ogni anno la Commissione pubblica l'elenco delle azioni finanziate nell'ambito del programma, corredato di una breve descrizione di ciascun progetto. Articolo 18 Disposizioni transitorie A partire dal 1o gennaio 2007 la presente decisione sostituisce le corrispondenti disposizioni della decisione 2002/630/GAI. Le azioni iniziate prima del 31 dicembre 2006 a norma della decisione 2002/630/GAI continuano a essere disciplinate, fino a completamento avvenuto, da detta decisione. Il comitato di cui all’articolo 7 di tale decisione è sostituito dal comitato di cui all’articolo 10 della presente decisione. Articolo 19 Efficacia e applicazione La presente decisione ha effetto il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Essa si applica a decorrere dal 1o gennaio 2007. Fatto a Bruxelles, addì 12 febbraio 2007. Per il Consiglio Il presidente F.-W. STEINMEIER (1) Parere del 14 dicembre 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) GU L 203 dell'1.8.2002, pag. 5. (3) GU L 248 del 16.9.2002, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE, Euratom) n. 1995/2006 (GU L 390 del 30.12.2006, pag. 1). (4) GU L 357 del 31.12.2002, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE, Euratom) n. 1248/2006 della Commissione (GU L 227 del 19.8.2006, pag. 3). (5) GU L 312 del 23.12.1995, pag. 1. (6) GU L 292 del 15.11.1996, pag. 2. (7) GU L 136 del 31.5.1999, pag. 1.
Programma specifico: «Giustizia penale» (2007-2013) La presente decisione istituisce il programma specifico «Giustizia penale». Questo programma costituisce uno dei cinque pilastri del programma generale «Diritti fondamentali e giustizia» il cui obiettivo è quello di creare un reale spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia nell’Unione europea (UE). Il programma dovrebbe migliorare la cooperazione e la fiducia reciproca tra le autorità giudiziarie e gli operatori della giustizia dei paesi dell’UE. ATTO Decisione 2007/126/GAI del Consiglio, del 12 febbraio 2007, che stabilisce per il periodo 2007-2013, nel quadro del programma generale «Diritti fondamentali e giustizia», il programma specifico «Giustizia penale». SINTESI La presente decisione stabilisce il programma specifico «Giustizia penale». Questo programma è uno dei cinque programmi specifici che costituiscono il programma-quadro «Diritti fondamentali e giustizia», elaborato al fine di creare uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia nell’Unione europea. Il programma copre il periodo dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013. Obiettivi generali Il programma «Giustizia penale» si prefigge di creare uno spazio giudiziario europeo. Esso persegue quattro obiettivi generali: promuovere la cooperazione giudiziaria in materia penale; ravvicinare i sistemi giudiziari dei paesi dell’UE fra di loro, nonché questi e quello dell'Unione europea; migliorare i contatti e lo scambio di informazioni e di buone pratiche fra le autorità giudiziarie, amministrative e le professioni giuridiche, nonché promuovere la formazione degli esperti di diritto; migliorare ulteriormente la fiducia fra le autorità giudiziarie. Obiettivi specifici Più in particolare, il programma «Giustizia penale» intende favorire la cooperazione giudiziaria penale al fine di: promuovere il reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie; ravvicinare i sistemi giudiziari dei paesi dell’UE in materia penale, in particolare per quanto riguarda le cause attinenti alla grande criminalità transfrontaliera; definire norme minime in materia di procedura penale; evitare i conflitti di competenza; migliorare gli scambi di informazioni, ad esempio grazie a un sistema informatizzato di scambio di informazioni sui casellari giudiziari; promuovere la protezione delle persone partecipanti alle procedure penali e l'assistenza alle vittime; intensificare la cooperazione dei paesi dell’UE con Eurojust; incoraggiare le misure di risocializzazione dei delinquenti. Il programma mira del pari a raggiungere gli obiettivi specifici seguenti: migliorare la conoscenza reciproca del diritto e dei sistemi giudiziari dei paesi dell’UE e incoraggiare le reti, la cooperazione e lo scambio di informazioni e procedure; garantire la buona attuazione a la valutazione delle azioni dell'Unione nei settori della cooperazione giudiziaria in materia penale; informare meglio il pubblico sul diritto dei paesi dell’UE e sull'accesso alla giustizia; promuovere la formazione in diritto europeo degli operatori del settore giudiziario; migliorare la comprensione reciproca fra i paesi dell’UE al fine di creare le basi di una fiducia reciproca; mettere a punto un sistema informatizzato di scambio di informazioni sui casellari giudiziari ed esaminare la possibilità di introdurre nuove vie di scambio di informazioni. Azioni ammissibili Il programma «Giustizia penale» sostiene diverse iniziative fra cui: le azioni svolte dalla Commissione, quali i lavori di ricerca, l'attuazione di progetti specifici, la messa a punto di indicatori e di metodologie, lo sviluppo di reti di esperti nazionali ovvero la diffusione di informazioni; i progetti transnazionali presentati da vari paesi dell’UE, in collaborazione (almeno due paesi dell’UE o almeno un paese dell’UE e un paese in fase di adesione o un paese candidato); le attività di organizzazioni non governative (ONG) o altre entità che perseguono obiettivi d'interesse generale europeo; le spese della rete europea di formazione giudiziaria che può ottenere una sovvenzione di funzionamento nel quadro del presente programma; i progetti nazionali dei paesi dell’UE, individualmente, possono essere sostenuti dal programma in presenza di determinate condizioni. Obiettivo e operatori Il presente programma riguarda particolarmente gli operatori del settore giudiziario, le autorità nazionali e i cittadini dell'Unione in generale. Possono partecipare al programma gli organismi tanto pubblici quanto privati, nonché professionisti, università, centri di ricerca e di formazione, operatori della giustizia, ONG e organizzazioni a scopo di lucro, tuttavia con la riserva di determinate condizioni. I paesi non appartenenti all’UE e le organizzazioni internazionali possono partecipare ai progetti transnazionali solamente in qualità di partner. Tipi di finanziamento dell’UE Il programma prevede due tipi di finanziamento da parte dell’UE: le sovvenzioni, erogate in linea di principio in seguito a inviti a presentare proposte, queste assumono la forma di sovvenzioni di funzionamento e di sovvenzioni di azioni. Il programma di lavoro annuale deve indicare la percentuale minima delle spese annuali destinate alle sovvenzioni, che è pari ad almeno 65 %. Esso deve precisare del pari la percentuale massima di cofinanziamento dei progetti; gli appalti pubblici sono previsti per misure di accompagnamento come ad esempio l'acquisizione di beni e di servizi, segnatamente le spese d'informazione e di comunicazione, l'attuazione e lo sviluppo dei progetti, delle politiche, dei programmi e della legislazione. Disposizioni di esecuzione La Commissione attua il sostegno finanziario in conformità del regolamento finanziario applicabile al bilancio generale dell’UE. La Commissione adotta anche un programma di lavoro annuale che precisa gli obiettivi specifici, le priorità tematiche, nonché le misure di accompagnamento finanziate tramite appalti pubblici. La valutazione e l'erogazione delle sovvenzioni tengono conto di vari criteri fra i quali: la conformità rispetto al programma di lavoro annuale, ai quattro obiettivi generali, agli obiettivi specifici ed alle azioni ammissibili; la qualità dell'azione; l'importo del finanziamento dell’UE richiesto; il rapporto fra i risultati attesi e gli obiettivi generali, specifici e le azioni ammissibili. La concessione di sovvenzioni di funzionamento alle azioni svolte dalle ONG o dalla rete europea di formazione giudiziaria è parimenti sottoposta a determinati criteri. Complementarietà con altri programmi È auspicabile che vengano create sinergie con altri programmi, fra i quali: il programma specifico «Giustizia civile» che rientra, così come il programma «Giustizia penale», nel programma generale «Diritti fondamentali e giustizia»; il programma generale «Sicurezza e tutela delle libertà»; il programma generale «Solidarietà e gestione dei flussi migratori»; il programma statistico dell’UE. Controllo e valutazione Al fine di consentire alla Commissione di controllare le azioni finanziate dal programma, il beneficiario dell'aiuto deve: presentare relazioni tecniche e finanziarie sullo stato di avanzamento dei lavori, nonché una relazione finale entro tre mesi dalla realizzazione dell'azione finanziata; conservare e tenere a disposizione della Commissione i documenti giustificativi delle spese per cinque anni a decorrere dalla data dell'ultimo versamento riguardante l'azione svolta. La Commissione è tenuta a: effettuare un controllo e un audit finanziario delle azioni risultanti dal programma, segnatamente tramite controlli effettuati in loco. La Corte dei conti può del pari realizzare audit per assicurarsi della buona esecuzione delle spese; controllare che siano adeguati il volume, le condizioni di erogazione dell'aiuto ed il calendario; far sì che ogni altra misura necessaria possa essere adottata per verificare la corretta esecuzione delle azioni. La Commissione applica misure preventive contro le frodi, la corruzione e ogni altra attività illegale. Essa effettua controlli, recupera somme indebitamente versate e applica sanzioni in caso di irregolarità. La Commissione controlla e valuta il programma periodicamente in maniera indipendente ed esterna e pubblica ogni anno un elenco delle azioni finanziate nel quadro del programma. Riferimenti Atto Data di entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 2007/126/GAI 24.2.2007 - GU L 58, 24.02.2007
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RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE del 18 luglio 2011 sull’accesso a un conto di pagamento di base (Testo rilevante ai fini del SEE) (2011/442/UE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 292, considerando quanto segue: (1) Garantire ai consumatori l’accesso ai servizi di pagamento all’interno dell’Unione europea (nel prosieguo «l’Unione») è essenziale al fine di permettere loro di beneficiare appieno del mercato unico e assicurare il corretto funzionamento di quest’ultimo. Allo stato attuale, la disponibilità dei servizi di pagamento essenziali non è né assicurata dai prestatori di servizi di pagamento, né garantita da tutti gli Stati membri dell’Unione. (2) I severi requisiti attualmente imposti dai prestatori di servizi di pagamento per l’apertura di un conto di pagamento che vanno oltre le disposizioni di legge possono pregiudicare il pieno godimento della libertà di circolazione delle persone all’interno dell’Unione. Inoltre, chi non dispone di un conto di pagamento ha un accesso limitato ai servizi finanziari tradizionali, da cui consegue un indebolimento dell’inclusione finanziaria e sociale, spesso a discapito delle categorie di popolazione più vulnerabili. In tale situazione è inoltre più difficile per i consumatori accedere a beni e servizi essenziali. È pertanto necessario stabilire dei principi che regolino l’accesso ai conti di pagamento di base, che costituiscono un elemento fondamentale nella promozione dell’inclusione e coesione sociale, al fine di consentire ai consumatori di beneficiare di un minimo garantito di servizi di pagamento essenziali. (3) È importante assicurare che i principi in materia di accesso ai conti di pagamento di base siano applicati in maniera omogenea all’interno dell’Unione. Tuttavia, per una maggiore efficacia, è opportuno che l’applicazione di tali principi tenga conto delle diverse prassi bancarie esistenti in seno all’Unione. (4) La raccomandazione determina inoltre i principi generali che disciplinano l’offerta di conti di pagamento di base all’interno dell’Unione. (5) La presente raccomandazione si applica in combinato disposto con la direttiva 2007/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno (1). È pertanto opportuno che le norme che disciplinano la trasparenza delle condizioni e le informazioni sui servizi di pagamento si estendano anche ai conti di pagamento di base. (6) È necessario che le disposizioni previste dalla presente raccomandazione non pregiudichino l’adozione, da parte degli Stati membri o dei prestatori di servizi di pagamento, di misure per ragioni di pubblica sicurezza e ordine pubblico in linea con il diritto dell’UE. (7) In ciascuno Stato membro, i consumatori che risiedono legalmente all’interno dell’Unione e che non sono titolari di un conto di pagamento in tale Stato membro dovrebbero avere la facoltà di aprire e disporre di un conto di pagamento di base. Al fine di garantire un accesso più ampio possibile ai conti di pagamento di base, è indispensabile che gli Stati membri garantiscano che i consumatori abbiano accesso a un tale conto indipendentemente dalla situazione finanziaria di questi ultimi, ad esempio in caso di disoccupazione o fallimento personale. Tuttavia occorre che il diritto di accesso a un conto di pagamento di base in qualsiasi Stato membro sia concesso in conformità alle disposizioni della direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo (2), segnatamente in materia di procedure di due diligence nei confronti del cliente. (8) Occorre inoltre che la presente raccomandazione non pregiudichi l’obbligo del prestatore di servizi di pagamento di recedere dal contratto relativo al conto di pagamento di base in circostanze eccezionali contemplate dalla legislazione unionale o nazionale pertinente, ad esempio dalla legislazione in materia di riciclaggio di denaro e finanziamento del terrorismo o di prevenzione e indagine di reati. (9) Al fine di garantire la disponibilità dei conti di pagamento di base in considerazione delle specificità dei singoli Stati membri, occorre che questi ultimi designino uno, più o tutti i prestatori di servizi di pagamento in base ai principi di trasparenza, non-discriminazione e proporzionalità. È necessario che le misure che gli Stati membri adotteranno a tale fine non diano luogo a distorsioni della concorrenza tra i prestatori di servizi di pagamento e che siano fondate sui principi di trasparenza, non-discriminazione e proporzionalità. In tale contesto, è opportuno che gli Stati membri rendano pubblici i diritti e gli obblighi dei prestatori incaricati di fornire conti di pagamento di base. (10) Al fine di garantire un trattamento trasparente ed equo e di permettere al consumatore di opporsi alla decisione del prestatore di servizi di pagamento, quest’ultimo è tenuto a comunicare al consumatore le motivazioni del rifiuto di aprire un conto di pagamento di base. (11) È necessario che ciascuno Stato membro assicuri l’accesso a un livello minimo garantito di servizi di pagamento essenziali. È necessario che tra i servizi intrinsecamente legati ai conti di pagamento di base siano compresi il deposito e il ritiro di denaro contante dal conto. È opportuno che tali conti consentano ai consumatori di usufruire di operazioni di pagamento essenziali, ad esempio l’accredito dello stipendio o di altre prestazioni, il pagamento di fatture o imposte e l’acquisto di beni e servizi, tra l’altro ricorrendo ad addebiti diretti e bonifici, oltre all’uso di una carta di pagamento. Al fine di garantire la maggior inclusione finanziaria possibile, occorre che tali servizi permettano di acquistare beni e servizi on line, laddove tecnicamente possibile. È altresì necessario che diano l’opportunità al consumatore di trasmettere ordini di pagamento avvalendosi delle funzioni di banca on line dei prestatori di servizi di pagamento, sempre previa disponibilità a livello tecnico. Tuttavia è opportuno che il conto di pagamento di base non consenta di effettuare ordini di pagamento la cui esecuzione comporterebbe un saldo negativo del conto. L’accesso al credito non può essere considerato alla stregua di una componente automatica di un conto di pagamento di base o un diritto a esso correlato. (12) Nell’eventualità in cui il prestatore di servizi di pagamento addebiti al consumatore commissioni di apertura, gestione e chiusura del conto, nonché di utilizzo dei servizi intrinsecamente associati allo stesso conformemente alla presente raccomandazione, è necessario che le spese totali a carico del consumatore siano ragionevoli e tali da non pregiudicare, in considerazione del contesto nazionale specifico, l’apertura del conto di pagamento di base e l’utilizzo dei servizi connessi. È opportuno che eventuali ulteriori spese addebitate al consumatore in seguito alla violazione degli obblighi contrattuali dello stesso siano anch’esse ragionevoli. (13) Al fine di garantire un’applicazione coerente ed efficiente del principio di ragionevolezza della spesa, gli Stati membri dovrebbero definire tale concetto sulla base dei criteri indicativi forniti dalla presente raccomandazione, che possono essere considerati congiuntamente. (14) Al fine di promuovere l’inclusione finanziaria, è inoltre necessario adottare misure di sensibilizzazione dei consumatori sull’esistenza di conti di pagamento di base. È dunque indispensabile che gli Stati membri e i prestatori di servizi di pagamento forniscano informazioni di portata generale, chiare e comprensibili ai consumatori sulle caratteristiche e le condizioni principali di tali conti, così come sulle istruzioni pratiche che consentano di esercitare il diritto di accesso a un conto di pagamento di base. È inoltre opportuno che i consumatori siano informati del fatto che non sussiste alcun obbligo di acquisire servizi accessori per accedere a un conto di pagamento di base. (15) L’osservanza delle disposizioni stabilite nella presente raccomandazione comporta il trattamento di dati personali dei consumatori. Tale trattamento è disciplinato dalla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (3), segnatamente dagli articoli 6, 7, 10, 11, 12 e 17, che mirano a garantire un trattamento dei dati equo e legittimo e il rispetto del diritto fondamentale alla protezione dei dati personali, in particolar modo considerati i requisiti generali di necessità e proporzionalità, del diritto della persona interessata di accedere ai propri dati personali e a far rettificare e cancellare o bloccare dati non corretti, nonché dall’articolo 28, relativo alle autorità di controllo pubbliche e indipendenti incaricate di sorvegliare l’applicazione delle disposizioni di attuazione della direttiva 95/46/CE. (16) Per la risoluzione di controversie derivanti dai principi di cui alla presente raccomandazione è opportuno che i consumatori abbiano accesso a procedure di reclamo e ricorso extragiudiziale. Per la risoluzione delle controversie si può ricorrere, se del caso, ai relativi organismi e regimi esistenti, ad esempio quelli istituiti per la risoluzione delle controversie relative ai diritti e agli obblighi di cui alla direttiva 2007/64/CE. (17) È opportuno che l’applicazione dei principi stabiliti nella presente raccomandazione sia corroborata dal riesame delle autorità di controllo a livello nazionale. A tal fine occorre che le autorità preposte al controllo siano dotate dei mezzi necessari per svolgere efficacemente i compiti loro affidati. (18) Gli Stati membri dovrebbero avere statistiche annuali affidabili in materia di conti di pagamento di base, almeno per quanto riguarda il numero di conti aperti, il numero di richieste di apertura rifiutate, il numero di recessi, nonché l’entità delle spese correlate a tali conti. Per raggiungere tale obiettivo, si invitano gli Stati membri a ricorrere a tutte le fonti di informazione rilevanti. È opportuno che gli Stati membri comunichino tali informazioni alla Commissione su base annuale, avviando tale esercizio al più tardi il 1o luglio 2012. (19) Occorre che gli Stati membri siano invitati ad adottare le misure necessarie per assicurare che la presente raccomandazione sia applicata al più tardi 6 mesi dopo la sua pubblicazione. Sulla base delle relazioni trasmesse dagli Stati membri, la Commissione monitorerà e valuterà le misure realizzate fino al 1o luglio 2012. Sulla base di tale monitoraggio, la Commissione proporrà eventuali interventi, incluse, laddove necessarie, misure di carattere legislativo, al fine di garantire che gli obiettivi della presente raccomandazione siano pienamente raggiunti, HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE: SEZIONE I Definizioni 1. Ai fini della presente raccomandazione si intende per: a) «consumatore» qualsiasi persona fisica che agisce per scopi estranei alla sua attività commerciale, imprenditoriale, artigianale o professionale; b) «prestatore di servizi di pagamento» prestatore/i di servizi ai sensi dell’articolo 4, punto 9 della direttiva 2007/64/CE, che mette a disposizione i conti di pagamento di base di cui al punto 3; c) «conto di pagamento» conto detenuto a nome di un consumatore utilizzato per l’esecuzione delle operazioni di pagamento; d) «operazione di pagamento» operazione di pagamento ai sensi dell’articolo 4, punto 5 della direttiva 2007/64/CE; e) «fondi» fondi definiti all’articolo 4, punto 15 della direttiva 2007/64/CE; f) «contratto» contratto quadro ai sensi dell’articolo 4, punto 12 della direttiva 2007/64/CE. SEZIONE II Diritto di accesso 2. Gli Stati membri dovrebbero garantire che qualsiasi consumatore che risiede legalmente all’interno dell’Unione abbia diritto ad aprire e disporre di un conto di pagamento di base presso un prestatore di servizi di pagamento che opera sul loro territorio, a condizione che il consumatore non sia già titolare di un conto di pagamento che gli consenta di fruire, nel loro territorio, dei servizi di pagamento elencati al punto 6. Tale diritto dovrebbe applicarsi indipendentemente dalla situazione finanziaria del consumatore. 3. Gli Stati membri dovrebbero assicurare che almeno un prestatore di servizi di pagamento offra conti di pagamento di base sul loro territorio. A tale proposito, dovrebbero tenere in considerazione la dislocazione geografica o la quota di mercato dei prestatori di servizi di pagamento all’interno del proprio territorio. Gli Stati membri dovrebbero inoltre evitare che ciò crei distorsioni della concorrenza tra prestatori di servizi di pagamento. 4. Gli Stati membri dovrebbero adottare misure che garantiscano che i prestatori di servizi di pagamento ricorrano a sistemi trasparenti, equi e affidabili per verificare se un consumatore è già titolare o meno di un conto di pagamento. 5. Gli Stati membri dovrebbero garantire che in caso di rifiuto di una richiesta di apertura di un conto di pagamento di base, il prestatore di servizi di pagamento informi immediatamente il consumatore, per iscritto e senza alcun addebito, sulle motivazioni che hanno determinato tale rifiuto. Tale diritto di informazione può essere limitato mediante misure legislative nel caso in cui tale limitazione costituisca una misura necessaria e proporzionata ai fini della tutela di obiettivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza. SEZIONE III Caratteristiche di un conto di pagamento di base 6. Un conto di pagamento di base dovrebbe includere i seguenti servizi di pagamento: a) servizi che permettano di eseguire tutte le operazioni necessarie per l’apertura, la gestione e la chiusura di un conto di pagamento; b) servizi che consentano di versare denaro contante su un conto di pagamento; c) servizi che offrano la possibilità di ritirare denaro contante da un conto di pagamento; d) esecuzione di operazioni di pagamento, incluso il trasferimento di fondi su e da un conto di pagamento presso il prestatore di servizi di pagamento del consumatore o presso un altro prestatore di servizi di pagamento in relazione: i) all’esecuzione di addebiti diretti; ii) all’esecuzione di operazioni di pagamento tramite carta di pagamento che non consenta l’esecuzione di operazioni di pagamento per importi superiori al saldo corrente del conto di pagamento; iii) all’esecuzione di bonifici. 7. L’accesso a un conto di pagamento di base non dovrebbe essere subordinato all’acquisto di servizi accessori. 8. Il prestatore di servizi di pagamento non dovrebbe offrire, esplicitamente o tacitamente, alcun tipo di scoperto di conto correlato al conto di pagamento di base. Il prestatore di servizi di pagamento del consumatore non dovrebbe eseguire ordini di pagamento che comporterebbero un saldo negativo del conto di pagamento di base del consumatore. SEZIONE IV Spese applicate 9. Gli Stati membri dovrebbero garantire che un conto di pagamento di base sia offerto gratuitamente o con una spesa ragionevole. 10. Nel caso in cui un prestatore di servizi di pagamento applichi delle spese al consumatore per l’apertura, la gestione e la chiusura di un conto di pagamento di base, oppure per uno, alcuni o tutti i servizi elencati al punto 6, l’entità di tali spese dovrebbe essere ragionevole. 11. Eventuali ulteriori spese addebitate dal prestatore di servizi di pagamento in relazione al contratto del conto di pagamento di base, comprese quelle risultanti dalla violazione degli obblighi contrattuali del consumatore, dovrebbero essere ragionevoli. 12. Gli Stati membri dovrebbero definire il principio di ragionevolezza della spesa alla luce di uno o più dei seguenti criteri: a) livelli di reddito nazionali; b) media delle commissioni applicate ai conti di pagamento in tale Stato membro; c) costi complessivi di un conto di pagamento di base sopportati dal prestatore del servizio; d) prezzi al consumo nazionali. SEZIONE V Informazioni generali 13. Gli Stati membri dovrebbero lanciare campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sull’esistenza di conti di pagamento di base, sulle relative spese, le procedure da seguire al fine di esercitare il diritto di accesso agli stessi e le modalità di ricorso a meccanismi di reclamo e ricorso extragiudiziali. 14. Gli Stati membri dovrebbero far sì che i prestatori di servizi di pagamento mettano a disposizione del consumatore tutte le informazioni relative alle caratteristiche specifiche dei conti di pagamento di base offerti, alle spese addebitate e alle relative condizioni d’uso. È inoltre opportuno che i consumatori siano informati del fatto che non sussiste alcun obbligo di acquisire servizi accessori per accedere a un conto di pagamento di base. SEZIONE VI Vigilanza e meccanismi di risoluzione extragiudiziale delle controversie 15. Gli Stati membri dovrebbero designare le autorità competenti a garantire e monitorare l’effettiva osservanza dei principi stabiliti nella presente raccomandazione. Le autorità competenti designate dovrebbero essere indipendenti dai prestatori di servizi di pagamento. 16. Gli Stati membri dovrebbero garantire l’istituzione di procedure di reclamo e ricorso adeguate ed efficaci per la risoluzione extragiudiziale di controversie in materia di diritti e obblighi stabiliti in applicazione dei principi definiti nella presente raccomandazione tra prestatori di servizi di pagamento e consumatori, avvalendosi, se del caso, di organismi già esistenti. Gli Stati membri dovrebbero inoltre assicurare che tutti i prestatori di servizi di pagamento responsabili di mettere a disposizione conti di pagamento di base aderiscano a uno o più organismi che attuano tali procedure di reclamo e ricorso. 17. Gli Stati membri dovrebbero garantire la cooperazione attiva tra gli organismi di cui al punto 16 ai fini della risoluzione delle controversie transfrontaliere. SEZIONE VII Informazioni statistiche 18. Gli Stati membri dovrebbero garantire che i prestatori di servizi di pagamento forniscano alle autorità nazionali informazioni affidabili sui conti di pagamento di base riguardanti quanto meno il numero di conti aperti, il numero di richieste di apertura rifiutate con le relative motivazioni, il numero di recessi, nonché le spese annue correlate a tali conti. Tali informazioni dovrebbero essere fornite in forma aggregata. 19. Su base annua e a partire al più tardi dal 1o luglio 2012, gli Stati membri sono invitati a trasmettere alla Commissione informazioni circa il numero di conti di pagamento di base aperti, il numero di richieste di apertura rifiutate con le relative motivazioni, il numero di recessi, nonché le spese annue correlate a tali conti. SEZIONE VIII Disposizioni finali 20. Gli Stati membri sono invitati ad adottare le misure necessarie per assicurare che la presente raccomandazione sia applicata al più tardi 6 mesi dopo la sua pubblicazione e a notificare alla Commissione le misure adottate in conformità della stessa. 21. Gli Stati membri sono destinatari della presente raccomandazione. Fatto a Bruxelles, il 18 luglio 2011. Per la Commissione Michel BARNIER Membro della Commissione (1) GU L 319 del 5.12.2007, pag. 1. (2) GU L 309 del 25.11.2005, pag. 15. (3) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31.
Accesso dei consumatori ai conti di pagamento di base L’accesso dei consumatori ai conti di pagamento di base dovrebbe essere garantito in tutti i paesi dell’Unione europea (UE). In tale ottica, la Commissione presenta i principi generali dell’offerta di questo tipo di servizio finanziario. ATTO Raccomandazione 2011/442/UE della Commissione, del 18 luglio 2011, sull’accesso a un conto di pagamento di base (Testo rilevante ai fini del SEE) [GU L 190 del 21.7.2011]. SINTESI I consumatori europei che non dispongono di un conto di pagamento dovrebbero avere la facoltà di aprire e disporre di un conto di pagamento di base, indipendentemente dalla loro situazione finanziaria e dal luogo di residenza nell’Unione europea (UE). La Commissione raccomanda che, in ciascuno Stato membro, almeno un prestatore di servizi di pagamento * offra tale servizio. Caratteristiche di un conto di pagamento di base I servizi di pagamento offerti dovrebbero consentire almeno: di eseguire tutte le operazioni necessarie per l’apertura, la gestione e la chiusura di un conto di pagamento; di versare denaro contante su un conto di pagamento; di ritirare denaro contante da un conto di pagamento; di eseguire operazioni di pagamento tramite bonifici o trasferimenti di fondi, anche mediante carta di pagamento (senza tuttavia poter prevedere uno scoperto). L'acquisto di servizi accessori non dovrebbe costituire una condizione d’accesso al conto di pagamento di base. Spese applicate al conto di pagamento di base Gli Stati membri dovrebbero garantire che il conto di pagamento di base sia offerto gratuitamente o con una spesa ragionevole. Ove non sia prevista la gratuità, l’entità totale delle spese applicate per l’utilizzo dei servizi di pagamento minimo dovrebbe essere ragionevole. In ogni caso, tutte le altre spese previste in relazione al contratto del conto, comprese quelle applicate per il mancato rispetto degli obblighi contrattuali da parte del consumatore, dovrebbero essere ragionevoli. L’entità delle spese applicate al consumatore dovrebbe essere calcolata sulla base: dei livelli nazionali di reddito e dei prezzi al consumo; della media delle commissioni applicate ai conti di pagamento in tale Stato membro; dei costi complessivi di un conto di pagamento di base sopportati dal prestatore del servizio. Vigilanza e risoluzione delle controversie Gli Stati membri dovrebbero designare autorità indipendenti dai prestatori dei servizi, incaricate di monitorare l’osservanza delle presenti raccomandazioni. Inoltre, dovrebbero garantire l’istituzione di procedure di reclamo e ricorso in caso di controversia. Informazioni ai consumatori Il prestatore che rifiuti una richiesta di apertura del conto dovrebbe giustificare tale rifiuto e informarne il consumatore per iscritto. Tuttavia, tale diritto di informazione può essere limitato mediante misure legislative per motivi di pubblica sicurezza o di ordine pubblico. I prestatori dovrebbero fornire informazioni adeguate in relazione alle caratteristiche specifiche dei conti offerti, alle spese addebitate e alle relative condizioni d’uso. Gli Stati membri dovrebbero lanciare campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulle possibilità offerte dai conti di pagamento di base e sulle possibilità di meccanismi extragiudiziali in caso di controversia. Termini chiave Prestatore di servizi di pagamento: soggetto che può essere costituito da enti creditizi, istituti di pagamento o di moneta elettronica o da uffici postali.
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DECISIONE (PESC) 2020/472 DEL CONSIGLIO del 31 marzo 2020 relativa a un’operazione militare dell’Unione europea nel Mediterraneo (EUNAVFOR MED Irini) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 42, paragrafo 4, e l’articolo 43, paragrafo 2, vista la proposta dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, considerando quanto segue: (1) Il 19 gennaio 2020 si è tenuta a Berlino una conferenza sulla Libia. I partecipanti si sono impegnati, in particolare, a rispettare e a mettere in atto, senza riserve e totalmente, l’embargo sulle armi deciso dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite con la risoluzione (UNSCR) 1970 (2011) e successive risoluzioni, in particolare le UNSCR 2292 (2016) e UNSCR 2473 (2019). (2) Il 12 febbraio 2020 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (ONU) nell’UNSCR 2510 (2020) ha espresso apprezzamento per la conferenza di Berlino sulla Libia e ne ha approvato le conclusioni, osservando che tali conclusioni costituiscono un elemento importante per una soluzione globale alla situazione in Libia. Ha inoltre chiesto il pieno rispetto da parte di tutti gli Stati membri dell’ONU dell’embargo sulle armi e ha inoltre chiesto a tutti gli Stati di non intervenire nel conflitto o di non adottare misure che aggravano il conflitto. (3) L’11 febbraio 2020 il Consiglio di sicurezza dell’ONU con l’UNSCR 2509 (2020) ha esteso le misure imposte con l’UNSCR 2146 (2014) allo scopo di prevenire l’esportazione illecita dalla Libia di petrolio, incluso il petrolio greggio e i prodotti del petrolio raffinati, e ha prorogato il mandato del gruppo di esperti istituito con l’UNSCR 1973 (2011). (4) Il 17 febbraio 2020 il Consiglio ha raggiunto un accordo politico sull’avvio di una nuova operazione nel Mediterraneo destinata ad attuare l’embargo sulle armi imposto dall’ONU nei confronti della Libia utilizzando mezzi aerei, satellitari e marittimi. L’operazione dovrebbe, tra i compiti secondari, contribuire all’attuazione delle misure ONU volte a prevenire l’esportazione illecita di petrolio dalla Libia, allo sviluppo di capacità e alla formazione della guardia costiera e della marina libiche e allo smantellamento del modello di attività delle reti di traffico e tratta di esseri umani. Il teatro dell’operazione e la zona di interesse dell’operazione dovrebbero essere definite in funzione del mandato concordato nei pertinenti documenti di pianificazione. (5) Inoltre, il Consiglio potrebbe decidere in futuro di ampliare l’ambito dell’operazione al fine di consentire l’impiego della sorveglianza aerea all’interno dello spazio aereo libico, in conformità delle UNSCR applicabili o con il consenso delle autorità libiche, qualora ritenga che siano soddisfatti i necessari requisiti giuridici e le necessarie condizioni politiche. (6) Il 18 maggio 2015 il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2015/778 (1). EUNAVFOR MED operazione Sophia è in corso da tale data ed è stata prorogata mediante la decisione (PESC) 2019/1595 del Consiglio (2). (7) Il comitato politico e di sicurezza (CPS) dovrebbe esercitare, sotto la responsabilità del Consiglio e dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (AR), il controllo politico sull’operazione, assicurarne la direzione strategica e adottare le decisioni pertinenti a norma dell’articolo 38, terzo comma, del trattato sull’Unione europea (TUE). (8) L’autorizzazione dell’operazione dovrebbe essere riconfermata ogni quattro mesi e il CPS, nell’esercizio del controllo politico e della direzione strategica dell’operazione, dovrebbe essere autorizzato ad adottare una decisione che proroghi l’operazione a meno che lo schieramento dei mezzi marittimi dell’operazione non produca sulla migrazione un effetto di attrazione sulla base di prove fondate raccolte conformemente ai criteri stabiliti nel piano operativo. (9) A norma dell’articolo 41, paragrafo 2, TUE e in conformità della decisione (PESC) 2015/528 del Consiglio (3), le spese operative derivanti dalla presente decisione, che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa, devono essere sostenute dagli Stati membri. (10) A norma dell’articolo 5 del protocollo n. 22 sulla posizione della Danimarca, allegato al trattato sull’Unione europea (TUE) e al trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), la Danimarca non partecipa all’elaborazione e all’attuazione di decisioni e azioni dell’Unione che hanno implicazioni nel settore della difesa. La Danimarca non partecipa pertanto all’adozione della presente decisione, non è da essa vincolata, né è soggetta alla sua applicazione e non partecipa al finanziamento della presente operazione, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Missione 1. L’Unione istituisce e dà avvio a un’operazione militare di gestione di crisi per contribuire a prevenire il traffico di armi nel teatro dell’operazione e nella zona di interesse convenuti in conformità dell’UNSCR 1970 (2011) e delle successive risoluzioni relative all’embargo sulle armi nei confronti della Libia, tra cui l’UNSCR 2292 (2016) e l’UNSCR 2473 (2019). L’operazione contribuisce inoltre all’attuazione delle misure delle Nazioni Unite volte a contrastare l’esportazione illecita di petrolio dalla Libia a norma dell’UNSCR 2146 (2014) e successive risoluzioni, in particolare l’UNSCR 2509 (2020) e l’UNSCR 2510 (2020). L’operazione presta altresì assistenza nello sviluppo delle capacità e nella formazione della guardia costiera e della marina libiche per i compiti di contrasto in mare. L’operazione contribuisce anche a smantellare il modello di attività delle reti di traffico e tratta di esseri umani, a norma del diritto internazionale applicabile, ivi compresi la Convenzione dell’ONU sul diritto del mare (UNCLOS), le pertinenti risoluzioni dell’UNSCR e le leggi internazionali sui diritti umani applicabili. 2. L’operazione è denominata EUNAVFOR MED Irini. 3. Il teatro dell’operazione, la zona di interesse e le disposizioni dettagliate per la raccolta di informazioni in tali zone al fine di adempiere a tutti i compiti dell’operazione sono definiti nei pertinenti documenti di pianificazione approvati dal Consiglio. Articolo 2 Contributo all’attuazione dell’embargo ONU sulle armi nei confronti della Libia 1. EUNAVFOR MED Irini ha come compito principale il contributo all’attuazione dell’embargo sulle armi imposto dall’ONU nei confronti della Libia con mezzi aerei, satellitari e marittimi. 2. A tal fine EUNAVFOR MED Irini raccoglie informazioni estese e complete circa il traffico di armi e materiale connesso da ogni direzione con i partner e le condivide con le agenzie pertinenti, caso per caso e in base al principio della necessità di conoscere, attraverso i meccanismi previsti nei pertinenti documenti di pianificazione, allo scopo di contribuire a una completa conoscenza situazionale nel teatro dell’operazione e nella zona di interesse. Laddove siano classificate fino al livello «SECRET UE/EU SECRET», tali informazioni possono essere scambiate con i partner e le agenzie pertinenti, conformemente alla decisione 2013/488/UE del Consiglio (4) e sulla base di accordi conclusi a livello operativo conformemente all’articolo 14, paragrafo 9, della presente decisione, e nel pieno rispetto dei principi di reciprocità e di inclusione. Le informazioni classificate ricevute sono trattate da EUNAVFOR MED Irini senza alcuna distinzione tra il suo personale e unicamente in base a requisiti operativi. 3. In conformità delle pertinenti UNSCR, in particolare dell’UNSCR 2292 (2016), e in funzione delle esigenze, EUNAVFOR MED Irini svolge ispezioni, conformemente alle disposizioni stabilite nei pertinenti documenti di pianificazione e nel teatro dell’operazione convenuto, in alto mare al largo delle coste libiche, sulle imbarcazioni dirette in Libia o provenienti da tale paese laddove vi siano fondati motivi di ritenere che trasportino armi o materiale connesso da o verso la Libia, direttamente o indirettamente, in violazione dell’embargo sulle armi imposto nei confronti della Libia. EUNAVFOR MED Irini effettua gli interventi opportuni per sequestrare e smaltire tali prodotti, anche al fine di deviare tali imbarcazioni e i loro equipaggi verso un porto adatto a facilitare tale smaltimento, con il consenso dello Stato di approdo, a norma delle pertinenti UNSCR, tra cui l’UNSCR 2292 (2016). 4. EUNAVFOR MED Irini riferisce al CPS in merito a tutte le questioni e a tutti gli eventi connessi a dette ispezioni. Il CPS può prendere in considerazione eventuali misure successive, secondo necessità. 5. In considerazione dei requisiti operativi eccezionali e su invito di uno Stato membro, EUNAVFOR MED Irini può deviare le imbarcazioni verso i porti di tale Stato membro e smaltire all’interno del territorio di tale Stato membro le armi e il materiale connesso sequestrati a norma del paragrafo 3, anche mediante deposito e distruzione. I porti verso i quali le imbarcazioni possono essere deviate sono indicati nel piano operativo. 6. In conformità delle pertinenti UNSCR, tra cui la risoluzione UNSCR 2292 (2016), in particolare nel corso di ispezioni svolte conformemente al paragrafo 3, EUNAVFOR MED Irini può raccogliere e conservare prove connesse al trasporto di prodotti vietati nell’ambito dell’embargo sulle armi nei confronti della Libia. EUNAVFOR MED Irini può raccogliere e conservare, conformemente al diritto applicabile, dati personali relativi alle persone coinvolte nel trasporto di tali prodotti vietati per quanto riguarda le caratteristiche che potrebbero contribuire alla loro identificazione, tra cui le impronte digitali nonché i seguenti dettagli, a esclusione di altri dati personali: cognome, cognome da nubile, nomi ed eventuali pseudonimi o appellativi correnti; data e luogo di nascita, cittadinanza, sesso, luogo di residenza, professione e luogo in cui si trovano; dati relativi alle patenti di guida, ai documenti di identificazione e al passaporto. EUNAVFOR MED Irini può trasmettere tali dati, nonché i dati relativi alle imbarcazioni e alle attrezzature utilizzate da dette persone, e le pertinenti informazioni acquisite nel corso dell’esecuzione di tale compito principale, alle pertinenti autorità incaricate dell’applicazione della legge degli Stati membri e agli organismi competenti dell’Unione, in conformità del diritto applicabile. Articolo 3 Contribuire all’attuazione delle misure dell’ONU nei confronti delle esportazioni illecite di petrolio dalla Libia 1. Quale compito secondario, nonché nei limiti dei suoi mezzi e delle sue capacità, EUNAVFOR MED Irini svolge attività di controllo e sorveglianza e raccoglie informazioni sulle esportazioni illecite di petrolio dalla Libia, compresi il petrolio greggio e i prodotti del petrolio raffinati, che sono contrarie all’UNSCR 2146 (2014) e successive UNSCR, in particolare l’UNSCR 2509 (2020), contribuendo in tal modo alla conoscenza situazionale e nel teatro dell’operazione e nella zona di interesse. 2. Le informazioni raccolte in tale contesto possono essere conservate e fornite alle autorità libiche legittime e alle pertinenti autorità incaricate dell’applicazione della legge degli Stati membri nonché agli organismi competenti dell’Unione. Articolo 4 Sviluppo delle capacità e formazione della guardia costiera e della marina libiche 1. Quale ulteriore compito secondario, EUNAVFOR MED Irini contribuisce allo sviluppo delle capacità e alla formazione della guardia costiera e della marina libiche nei compiti di contrasto in mare, in particolare per prevenire il traffico e la tratta di esseri umani. 2. Il compito di cui al paragrafo 1 è svolto in alto mare, nel teatro dell’operazione convenuto di EUNAVFOR MED Irini. Detto compito può altresì essere svolto nel territorio, comprese le acque territoriali, della Libia o di uno Stato terzo ospitante vicino della Libia, qualora il CPS decida in tal senso a seguito di una valutazione del Consiglio sulla base di un invito da parte della Libia o dello Stato ospitante interessato, e in conformità del diritto internazionale. 3. In considerazione dei requisiti operativi eccezionali, parte del compito di cui al paragrafo 1 può essere svolta in uno Stato membro, su invito di quest’ultimo, anche in centri di formazione pertinenti. 4. Ai fini del compito di cui al paragrafo 1, EUNAVFOR MED Irini istituisce e gestisce un meccanismo di controllo in stretto coordinamento con altre pertinenti parti interessate, anche, se necessario, in Libia. 5. Nella misura necessaria per il compito di cui al paragrafo 1, EUNAVFOR MED Irini può raccogliere, conservare e scambiare con le pertinenti autorità degli Stati membri, i competenti organismi dell’Unione, la missione di sostegno dell’ONU in Libia, Interpol, la Corte penale internazionale e gli Stati Uniti d’America le informazioni, compresi i dati personali, raccolte ai fini delle procedure di controllo su eventuali tirocinanti, a condizione che questi abbiano prestato il loro consenso scritto. Inoltre, EUNAVFOR MED Irini può raccogliere e conservare le informazioni mediche e i dati biometrici necessari sui tirocinanti con il loro consenso scritto. Articolo 5 Contributo allo smantellamento del modello di attività delle reti di traffico e tratta di esseri umani 1. Come altro compito secondario e in conformità dell’UNSCR 2240 (2015), EUNAVFOR MED Irini sostiene l’individuazione e il controllo delle reti di traffico e tratta di esseri umani attraverso la raccolta di informazioni e il pattugliamento in alto mare effettuato con mezzi aerei, nel teatro dell’operazione convenuto. 2. Nello svolgimento di detto compito, EUNAVFOR MED Irini può raccogliere e conservare dati, a norma del diritto applicabile, relativi al traffico e alla tratta di esseri umani, anche in materia di reati attinenti alla sicurezza dell’operazione, che può trasmettere alle pertinenti autorità di contrasto degli Stati membri e ai competenti organi dell’Unione. Articolo 6 Nomina del comandante dell’operazione dell’Unione Il Contrammiraglio Fabio Agostini è nominato comandante dell’operazione EUNAVFOR MED Irini. Articolo 7 Designazione della sede del comando operativo dell’Unione Il comando operativo di EUNAVFOR MED Irini ha sede a Roma, Italia. Articolo 8 Controllo politico e direzione strategica 1. Il CPS esercita, sotto la responsabilità del Consiglio e dell’AR, il controllo politico e la direzione strategica di EUNAVFOR MED Irini. 2. Il Consiglio autorizza il CPS ad assumere le decisioni pertinenti a norma dell’articolo 38 TUE. Tale autorizzazione include le competenze necessarie per modificare i documenti di pianificazione, compreso il piano operativo, la catena di comando e le regole di ingaggio. Essa include inoltre le competenze necessarie per adottare decisioni relative alla nomina del comandante dell’operazione dell’Unone e del comandante della forza dell’Unione. Le competenze decisionali riguardanti gli obiettivi e la conclusione dell’operazione militare dell’Unione restano attribuite al Consiglio. 3. Nonostante il periodo di cui all’articolo 15, paragrafo 2, l’autorizzazione dell’operazione è riconfermata ogni quattro mesi. Il CPS proroga l’operazione a meno che lo schieramento dei mezzi marittimi dell’operazione non produca sulla migrazione un effetto di attrazione sulla base di prove fondate raccolte conformemente ai criteri stabiliti nel piano operativo. 4. Il comandante dell’operazione riferisce periodicamente sulla condotta dell’operazione, ivi compreso il suo impatto sul teatro dell’operazione. A norma dell’articolo 38 TUE, il CPS può in qualunque momento, su richiesta dell’AR o di uno Stato membro, dare istruzioni al comandante dell’operazione sullo schieramento dei mezzi. 5. Il CPS riferisce periodicamente al Consiglio. 6. Il presidente del Comitato militare dell’Unione (EUMC) riferisce periodicamente al CPS sulla condotta di EUNAVFOR MED Irini. Il CPS può invitare alle sue riunioni, secondo i casi, il comandante dell’operazione dell’Unione o il comandante della forza dell’Unione. Articolo 9 Direzione militare 1. L’EUMC sorveglia la corretta esecuzione di EUNAVFOR MED Irini, condotta sotto la responsabilità del comandante dell’operazione dell’Unione. 2. Il comandante dell’operazione dell’Unione riferisce periodicamente all’EUMC. Quest’ultimo può invitare alle sue riunioni, secondo i casi, il comandante dell’operazione dell’Unione o il comandante della forza dell’Unione. 3. Il presidente dell’EUMC agisce in qualità di punto di contatto principale con il comandante dell’operazione dell’Unione. Articolo 10 Coerenza della risposta dell’Unione e coordinamento 1. L’AR garantisce l’attuazione della presente decisione e ne assicura la coerenza con l’azione esterna dell’Unione nel suo complesso, inclusi i programmi di sviluppo dell’Unione e la sua assistenza umanitaria. 2. L’AR, assistito dal Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), agisce in qualità di punto di contatto principale con l’ONU, le autorità dei paesi nella regione, nonché con altri attori internazionali e bilaterali, NATO, Unione africana e Lega degli Stati arabi compresi. 3. EUNAVFOR MED Irini coopera con le pertinenti autorità degli Stati membri e stabilisce un meccanismo di coordinamento nonché, se del caso, conclude accordi con altri organismi e agenzie dell’Unione, in particolare Frontex, Europol, Eurojust, l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo, il centro satellitare dell’Unione europea (SatCen) e le pertinenti missioni PSDC. 4. EUNAVFOR MED Irini ospita una cellula sulle informazioni sui reati («CIC») composta da personale delle pertinenti autorità incaricate dell’applicazione della legge degli Stati membri e delle agenzie dell’Unione di cui al paragrafo 3, al fine di facilitare la ricezione, la raccolta e la trasmissione di informazioni, compresi i dati personali, sull’embargo sulle armi nei confronti della Libia di cui all’articolo 2, sulle esportazioni illecite dalla Libia di petrolio di cui all’articolo 3, e sul traffico e sulla tratta di esseri umani di cui all’articolo 5, nonché sui reati pertinenti per la sicurezza dell’operazione. 5. Il trattamento dei dati personali in questo contesto è effettuato conformemente al diritto dello Stato di bandiera della nave su cui è ubicata la CIC e, per quanto riguarda il personale delle agenzie dell’Unione, in conformità del quadro giuridico applicabile alle rispettive agenzie. 6. EUNAVFOR MED Irini gode del sostegno del SatCen e del Centro dell’Unione europea di situazione e di intelligence (IntCen) per la raccolta delle informazioni necessarie allo svolgimento dei suoi compiti. Articolo 11 Partecipazione di Stati terzi 1. Fatta salva l’autonomia decisionale dell’Unione o del quadro istituzionale unico e in base agli orientamenti pertinenti del Consiglio europeo, gli Stati terzi possono essere invitati a partecipare all’operazione. 2. Il Consiglio autorizza il CPS a invitare gli Stati terzi a offrire un contributo e ad adottare, su raccomandazione del comandante dell’operazione dell’Unione e dell’EUMC, le pertinenti decisioni in merito all’accettazione dei contributi proposti. 3. Le disposizioni particolareggiate per la partecipazione di Stati terzi sono oggetto di accordi conclusi a norma dell’articolo 37 TUE e secondo la procedura di cui all’articolo 218 TFUE. Quando l’Unione e uno Stato terzo hanno concluso un accordo che istituisce un quadro per la partecipazione di quest’ultimo alle missioni dell’Unione di gestione delle crisi, le disposizioni di tale accordo si applicano nell’ambito di EUNAVFOR MED Irini. 4. Gli Stati terzi che forniscono contributi militari significativi a EUNAVFOR MED Irini hanno gli stessi diritti e gli stessi obblighi, in termini di gestione quotidiana dell’operazione, degli Stati membri che vi partecipano. 5. Il Consiglio autorizza il CPS ad adottare le pertinenti decisioni sull’istituzione di un comitato dei contributori, qualora Stati terzi forniscano contributi militari significativi. Articolo12 Status del personale diretto dall’Unione Lo status delle unità e del personale diretti dall’Unione è definito, se necessario, conformemente al diritto internazionale. Articolo13 Disposizioni finanziarie 1. I costi comuni dell’operazione militare dell’Unione sono gestiti a norma della decisione (PESC) 2015/528. 2. Per il periodo fino al 31 marzo 2021 l’importo di riferimento per i costi comuni di EUNAVFOR MED Irini è pari a 9 837 800 EUR. La percentuale dell’importo di riferimento di cui all’articolo 25, paragrafo 1, della decisione (PESC) 2015/528 è pari al 30 % in impegni e al 30 % in pagamenti. Articolo14 Comunicazione di informazioni 1. L’AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi designati e alla Corte penale internazionale, secondo necessità e in funzione delle esigenze operative di EUNAVFOR MED Irini, e nel pieno rispetto dei principi di reciprocità e di inclusione, tutti i documenti non classificati dell’Unione connessi alle deliberazioni del Consiglio relative all’operazione, e coperti dall’obbligo del segreto professionale a norma dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento interno del Consiglio (5). Il CPS, purché queste condizioni siano soddisfatte, designa caso per caso gli Stati terzi interessati. 2. L’AR è autorizzato a comunicare agli Stati terzi designati e alla Corte penale internazionale, secondo necessità e in funzione delle esigenze operative di EUNAVFOR MED Irini, e nel pieno rispetto dei principi di reciprocità e di inclusione, le informazioni classificate dell’Unione che sono prodotte ai fini dell’operazione, conformemente alla decisione 2013/488/UE, come segue: a) fino al livello previsto nei pertinenti accordi sulla sicurezza delle informazioni conclusi tra l’Unione e lo Stato terzo in questione; o b) fino al livello «CONFIDENTIEL UE/EU CONFIDENTIAL» negli altri casi. Il CPS, purché queste condizioni siano soddisfatte, designa caso per caso gli Stati terzi interessati. 3. Le informazioni classificate ricevute sono trattate da EUNAVFOR MED Irini senza alcuna distinzione tra il suo personale e unicamente in base a requisiti operativi. 4. L’AR è altresì autorizzato a comunicare all’ONU, in funzione delle esigenze operative di EUNAVFOR MED Irini, le informazioni classificate UE fino al livello «RESTREINT UE/UE RESTRICTED» che sono prodotte ai fini di EUNAVFOR MED Irini, conformemente alla decisione 2013/488/UE. 5. L’AR è autorizzato a comunicare a Interpol le informazioni pertinenti, compresi i dati personali, in funzione delle esigenze operative di EUNAVFOR MED Irini. 6. In attesa della conclusione di un accordo tra l’Unione e Interpol, EUNAVFOR MED Irini può scambiare tali informazioni con gli uffici centrali nazionali Interpol degli Stati membri, conformemente agli accordi che saranno conclusi tra il comandante dell’operazione dell’Unione e il capo dell’ufficio centrale nazionale pertinente. 7. In caso di esigenze operative specifiche, l’AR è autorizzato, previa approvazione del PSC, a comunicare alle legittime autorità libiche le informazioni classificate UE fino al livello «RESTREINT UE/EU RESTRICTED» prodotte ai fini di EUNAVFOR MED Irini, conformemente alla decisione 2013/488/UE. 8. L’AR è autorizzato a concludere gli accordi necessari per attuare le disposizioni relative allo scambio delle informazioni previste nella presente decisione. 9. L’AR può delegare le autorizzazioni a comunicare le informazioni, nonché la capacità di concludere gli accordi di cui alla presente decisione, a funzionari del SEAE, al comandante dell’operazione dell’Unione o al comandante della forza dell’Unione conformemente all’allegato VI, parte VII, della decisione 2013/488/UE. 10. EUNAVFOR MED Irini trasmette senza indugio all’ONU, a norma dell’UNSCR 2509 (2020), le informazioni raccolte in merito a presunti casi di mancato rispetto dell’embargo dell’ONU sulle armi nei confronti della Libia come previsto dall’UNSCR 1970 (2011) e successive risoluzioni, in particolare le UNSCR 2292 (2016) e 2473 (2019), nonché le informazioni raccolte su presunti incidenti di inosservanza delle misure dell’ONU per prevenire le esportazioni illecite di petrolio dalla Libia come previsto dall’UNSCR 2146 (2014) e successive risoluzioni. Articolo15 Entrata in vigore e termine 1. La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione. 2. EUNAVFOR MED Irini termina il 31 marzo 2021. 3. La presente decisione è abrogata a decorrere dalla data di chiusura della sede del comando operativo dell’Unione, conformemente alla pianificazione approvata per la conclusione di EUNAVFOR MED Irini e fatte salve le procedure per la verifica e la presentazione dei conti di EUNAVFOR MED Irini di cui alla decisione (PESC) 2015/528. Fatto a Bruxelles, il 31 marzo 2020 Per il Consiglio La presidente A. METELKO-ZGOMBIĆ (1) Decisione (PESC) 2015/778 del Consiglio, del 18 maggio 2015, relativa a un’operazione militare dell’Unione europea nel Mediterraneo centromeridionale (EUNAVFOR MED operazione Sophia) (GU L 122 del 19.5.2015, pag. 31). (2) Decisione (PESC) 2019/1595 del Consiglio, del 26 settembre 2019, che modifica la decisione (PESC) 2015/778 relativa a un’operazione militare dell’Unione europea nel Mediterraneo centromeridionale (EUNAVFOR MED operazione Sophia) (GU L 248 del 27.9.2019, pag. 73). (3) Decisione (PESC) 2015/528 del Consiglio, del 27 marzo 2015, relativa all’istituzione di un meccanismo per amministrare il finanziamento dei costi comuni delle operazioni dell’Unione europea che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa (Athena) e che abroga la decisione 2011/871/PESC (GU L 84 del 28.3.2015, pag. 39). (4) Decisione 2013/488/UE del Consiglio, del 23 settembre 2013, sulle norme di sicurezza per proteggere le informazioni classificate UE (GU L 274 del 15.10.2013, pag. 1). (5) Decisione 2009/937/UE del Consiglio, del 1o dicembre 2009, relativa all’adozione del suo regolamento interno (GU L 325 dell’11.12.2009, pag. 35).
Operazione militare dell’Unione europea nel Mediterraneo (Forza navale dell’Unione europea, operazione Irini nel Mediterraneo) QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Essa istituisce l’operazione IRINI (che in greco significa «pace») della Forza navale dell’Unione europea (Unione), che ha come compito principale il contributo all’attuazione dell’embargo sulle armi imposto nei confronti della Libia dalle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 1970 (2011), 2292 (2016) e 2473 (2019) con mezzi aerei, satellitari e marittimi. I compiti secondari di IRINI sono:impedire le esportazioni illecite di petrolio dalla Libia;lo sviluppo delle capacità e la formazione della guardia costiera e della marina libiche nei compiti di contrasto in mare, in particolare per prevenire il traffico e la tratta di esseri umani;contribuire a reprimere la tratta e il traffico di esseri umani attraverso la raccolta di informazioni e il pattugliamento in alto mare; PUNTI CHIAVE Per attuare l’embargo sulle armi, l’operazione Irini prevede di:sorvegliare e raccogliere informazioni sulle esportazioni illecite di armi e materiale connesso, petrolio, petrolio greggio e altri prodotti del petrolio; ispezionare le imbarcazioni dirette in Libia o provenienti da tale paese sospettate di trasportare armi; sequestrare e smaltire le armi trovate, raccogliere dati personali relativi alle persone coinvolte nel traffico; condividere le informazioni raccolte con le autorità nazionali, dell’Unione e internazionali competenti; deviare le imbarcazioni che violano l’embargo sulle armi verso un porto specifico. istituire una cellula sulle informazioni sui reati composta dalle pertinenti autorità incaricate dell’applicazione della legge dell’Unione e del trattamento delle informazioni raccolte.La decisione (PESC) 2021/542 modifica la decisione (PESC) 2020/472 e stabilisce le modalità operative per lo smaltimento delle armi e del materiale connesso sequestrati nell’attuazione dell’embargo delle Nazioni Unite (UN) nei confronti della Libia, compresi il deposito, la distruzione o il trasferimento dei prodotti sequestrati verso uno Stato membro o terzi Lo strumento europeo per la pace, istituito con la Decisione (PESC) 2021/509 – si veda la sintesi – sostiene i costi di conservazione e smaltimento delle armi e del materiale connesso sequestrati con l’operazione IRINI nell’ambito delle sue operazioni, compresi i costi per i relativi servizi portuali. Lo strumento sostiene inoltre i costi di eventuali responsabilità finanziarie derivanti dalla diversione di una nave o da azioni successive relative al trasporto, alla conservazione e allo smaltimento dei beni sequestrati, con l’eccezione dei casi di colpa grave o dolo dello Stato membro che ha prestato assistenza alla smaltimento o di uno qualsiasi dei suoi agenti. Il controllo politico e la direzione strategica di Irini sono esercitati dagli organi seguenti.Comitato politico e di sicurezza che riconferma l’autorizzazione dell’operazione ogni quattro mesi e riferisce regolarmente ai governi degli Stati membri. Comitato militare dell’Unione (istituito con la decisione 2001/79/PESC) che monitora le operazioni. L’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza il quale:garantisce la coerenza di Irini con l’azione esterna dell’Unione nel suo complesso, inclusi i programmi di sviluppo dell’Unione e la sua assistenza umanitaria;agisce in qualità di punto di contatto principale con le Nazioni Unite e con altri attori internazionali e bilaterali, compresi gli Stati della regione;è autorizzato a condividere informazioni coperte e non coperte dal segreto professionale con gli Stati terzi e con organismi quali la Corte penale internazionale, l’ONU e l’Interpol.Il mandato iniziale per l’operazione Irini è rimasto in vigore fino al 31 marzo 2021. La decisione (PESC) di modifica 2021/542 ha prorogato il mandato fino al 31 marzo 2023. Il comando operativo dell’operazione Irini ha sede a Roma, sotto il comando del Contrammiraglio Stefano Turchetto. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? Viene applicata dal 31 marzo 2020. CONTESTO Il 19 gennaio 2020, in occasione della conferenza sulla Libia di Berlino, i partecipanti si sono impegnati a rispettare e a mettere in atto l’embargo sulle armi deciso da varie risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU. Il 17 febbraio 2020 gli Stati membri hanno raggiunto un accordo sull’avvio di una nuova operazione nel Mediterraneo destinata ad attuare l’embargo sulle armi imposto dall’ONU. Contemporaneamente, l’Unione ha adottato la decisione (PESC) 2020/471 che fissa la conclusione dell’operazione EUNAVFOR MED Sophia al 31 marzo 2020. L’operazione era stata avviata il 22 giugno 2015 come parte dell’approccio complessivo dell’Unione sulla migrazione. Per ulteriori informazioni, si veda:L’Unione avvia l’operazione IRINI per applicare l’embargo sulle armi nei confronti della Libia — comunicato stampa (Consiglio dell’Unione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione (PESC) 2020/472 del Consiglio, del 31 marzo 2020, relativa a un’operazione militare dell’Unione europea nel Mediterraneo (EUNAVFOR MED Irini) (GU L 101 del 1.4.2020, pag. 4). Le successive modifiche alla decisione (PESC) 2020/472 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Decisione (PESC) 2021/509 del Consiglio, del 22 marzo 2021, che istituisce uno strumento europeo per la pace, e abroga la decisione (PESC) 2015/528 (GU L 102 del 24.3.2021, pag. 14). Decisione (PESC) 2020/471 del Consiglio, del 31 marzo 2020, che abroga la decisione (PESC) 2015/778 relativa a un’operazione militare dell’Unione europea nel Mediterraneo centromeridionale (EUNAVFOR MED operazione SOPHIA) (GU L 101 del 1.4.2020, pag. 3).
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DECISIONE DEL CONSIGLIO del 21 ottobre 2010 sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione (2010/707/UE) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 148, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, visto il parere del Parlamento europeo (1), visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2), visto il parere del Comitato delle regioni (3), visto il parere del Comitato per l’occupazione (4), considerando quanto segue: (1) Il trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) dispone nell’articolo 145 che gli Stati membri e l’Unione si adoperino per sviluppare una strategia coordinata a favore dell’occupazione, e in particolare a favore della promozione di una forza lavoro competente, qualificata, adattabile nonché mercati del lavoro in grado di rispondere ai mutamenti economici, al fine di realizzare gli obiettivi previsti all’articolo 3 del trattato sull’Unione europea (TUE). Gli Stati membri, tenuto conto delle prassi nazionali in materia di responsabilità delle parti sociali, considerano la promozione dell’occupazione una questione di interesse comune e coordinano in sede di Consiglio le loro azioni al riguardo, in base alle disposizioni dell’articolo 148 TFUE. (2) Il TUE sancisce, all’articolo 3, paragrafo 3, che l’Unione mira alla piena occupazione e combatte l’esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali e dispone che l’Unione prenda iniziative per assicurare il coordinamento delle politiche sociali degli Stati membri. L’articolo 8 del TFUE dispone che in tutte le sue azioni l’Unione mira ad eliminare le ineguaglianze nonché a promuovere la parità, tra uomini e donne. In virtù dell’articolo 9 l’Unione tiene conto, nella definizione e nell’attuazione delle sue politiche e azioni, delle esigenze connesse alla promozione di un elevato livello di occupazione, la garanzia di un’adeguata protezione sociale, la lotta contro l’esclusione sociale, e un elevato livello di istruzione e formazione. (3) A norma del TFUE, il Consiglio deve adottare orientamenti a favore dell’occupazione e indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri. (4) La strategia di Lisbona lanciata nel 2000 era basata sulla consapevolezza che l’UE, per far fronte alla concorrenza mondiale, ai cambiamenti tecnologici, alle sfide ambientali e all’invecchiamento della popolazione, doveva migliorare occupazione, produttività e competitività rafforzando nel contempo la coesione sociale. La strategia di Lisbona è stata rilanciata nel 2005 a seguito di un riesame intermedio che ha conferito maggiore centralità alla crescita e al miglioramento quantitativo e qualitativo dell’occupazione. (5) La strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione ha contribuito a creare un consenso sull’impostazione generale delle politiche economiche e occupazionali dell’UE. Nel 2005 il Consiglio, con la decisione 2005/600/CE (5), ha adottato nell’ambito di tale strategia indirizzi di massima per le politiche economiche e orientamenti a favore dell’occupazione, che sono stati rivisti con la decisione 2008/618/CE (6). I 24 orientamenti hanno posto le basi dei programmi nazionali di riforma, definendo le principali priorità per le riforme macroeconomiche, microeconomiche e del mercato del lavoro per l’intera Unione. L’esperienza dimostra tuttavia che le priorità definite dagli orientamenti non erano sufficientemente chiare e che i collegamenti tra di essi non erano abbastanza forti, il che ne ha limitato l’impatto sull’elaborazione delle politiche nazionali. (6) La crisi finanziaria ed economica iniziata nel 2008 ha provocato pesanti perdite di posti di lavoro e di produzione potenziale e un gravissimo deterioramento delle finanze pubbliche. Il piano europeo di ripresa economica, tuttavia, ha aiutato gli Stati membri ad affrontare la crisi, in parte mediante uno stimolo fiscale coordinato, mentre l’euro ha costituito un’ancora per la stabilità macroeconomica. La crisi ha dimostrato pertanto che il coordinamento delle politiche economiche dell’UE, quando è rafforzato e reso efficace, può dare ottimi risultati. La crisi ha evidenziato altresì la stretta interdipendenza fra le prestazioni economiche e quelle occupazionali degli Stati membri. (7) La Commissione ha proposto di definire una nuova strategia per il prossimo decennio, nota come Europa 2020, per consentire all’Unione di uscire più forte dalla crisi e di far progredire la sua economia verso una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, accompagnata da elevati livelli di occupazione, produttività e coesione sociale. Cinque obiettivi principali, elencati negli orientamenti corrispondenti, costituiscono traguardi comuni che devono orientare l’azione degli Stati membri, tenendo in considerazione le rispettive posizioni di partenza e le situazioni nazionali, e dell’Unione. Gli Stati membri dovrebbero inoltre adoperarsi con il massimo impegno per conseguire i traguardi nazionali ed eliminare gli ostacoli che frenano la crescita. (8) Nell’ambito di strategie globali di uscita dalla crisi economica, gli Stati membri dovrebbero attuare riforme ambiziose per garantire la stabilità macroeconomica, la promozione di nuovi e migliori posti di lavoro e la sostenibilità delle finanze pubbliche, migliorare la competitività e la produttività, ridurre gli squilibri macroeconomici e migliorare le prestazioni del mercato del lavoro. Il ritiro dello stimolo fiscale dovrebbe essere operato e coordinato nell’ambito del patto di stabilità e crescita. (9) Nell’ambito della strategia Europa 2020 gli Stati membri e l’Unione europea devono attuare riforme finalizzate a una «crescita intelligente», guidata dalla conoscenza e dall’innovazione. Le riforme devono puntare a migliorare la qualità dell’istruzione e garantirne l’accesso a tutti, nonché potenziare sia la ricerca sia le prestazioni delle imprese e a perfezionare il quadro normativo onde promuovere l’innovazione e il trasferimento delle conoscenze in tutta l’Unione. Le riforme devono incoraggiare l’imprenditoria, lo sviluppo delle piccole e medie imprese (PMI) e contribuire a trasformare le idee creative in prodotti, servizi e processi innovativi che permettano di stimolare la crescita, creare posti di lavoro di qualità e sostenibili, favorire la coesione territoriale, economica e sociale e gestire meglio le sfide proprie della società europea e mondiale. In tale contesto, è di fondamentale importanza sfruttare appieno le tecnologie dell’informazione e della comunicazione. (10) Le politiche dell’Unione e degli Stati membri, ivi inclusi i programmi di riforma, devono puntare alla «crescita sostenibile». Crescita sostenibile significa costruire un’economia efficiente sotto il profilo energetico e delle risorse, sostenibile e competitiva, assicurare un’equa ripartizione di costi e benefici e sfruttare il ruolo guida dell’Europa nella corsa allo sviluppo di nuovi processi e tecnologie, comprese le tecnologie verdi. Gli Stati membri e l’Unione devono varare le riforme necessarie per ridurre le emissioni di gas a effetto serra e garantire un uso efficiente delle risorse, contribuendo così anche alla prevenzione del degrado ambientale e della perdita di biodiversità. Devono inoltre migliorare il clima imprenditoriale, favorire la creazione di posti di lavoro verdi e aiutare le imprese ad ammodernare la base industriale. (11) Le politiche dell’Unione e i programmi di riforma degli Stati membri devono puntare anche alla «crescita inclusiva». Crescita inclusiva significa costruire una società coesa in cui i cittadini possano prepararsi ai cambiamenti e gestirli e, di conseguenza, partecipare attivamente alla società e all’economia. Le riforme degli Stati membri devono pertanto garantire a tutti accesso e opportunità in tutto l’arco della vita, in modo da ridurre la povertà e l’esclusione sociale eliminando i fattori che ostacolano la partecipazione al mercato del lavoro, specialmente per le donne, i lavoratori anziani, i giovani, le persone con disabilità e gli immigrati regolari. Occorre inoltre estendere i benefici della crescita economica a tutti i cittadini e a tutte le regioni e promuovere una crescita capace di favorire l’occupazione sulla base di un lavoro dignitoso. I programmi di riforma degli Stati membri devono quindi puntare in via prioritaria a garantire il funzionamento dei mercati occupazionali mediante investimenti finalizzati al buon esito delle transizioni, ai sistemi d’istruzione e di formazione, allo sviluppo di competenze appropriate, al miglioramento qualitativo dei posti di lavoro e alla lotta contro la segmentazione, la disoccupazione strutturale, la disoccupazione giovanile e l’inattività, assicurando una protezione sociale adeguata e sostenibile e un’inclusione attiva per prevenire e ridurre la povertà, concentrandosi in particolare sulla lotta alla povertà di chi lavora e alla riduzione della povertà dei gruppi più esposti al rischio di esclusione sociale, tra cui i bambini e i giovani, sempre nel rispetto del risanamento di bilancio convenuto. (12) Una maggiore partecipazione femminile al mercato del lavoro è un presupposto indispensabile per migliorare la crescita e far fronte alle sfide demografiche. Per dare attuazione a tutti gli aspetti degli orientamenti negli Stati membri è quindi essenziale integrare in tutti i settori politici una prospettiva di pari opportunità visibile. Occorre creare le condizioni per sostenere l’offerta di servizi assistenziali adeguati, abbordabili e di qualità ai bambini in età prescolare. Si dovrebbe applicare il principio della parità tra uomo e donna nelle retribuzioni per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore. (13) Le riforme strutturali dell’Unione e degli Stati membri possono dare un contributo effettivo alla crescita e all’occupazione purché rafforzino la competitività dell’Unione nell’economia mondiale, offrano nuovi sbocchi agli esportatori europei e assicurino un accesso competitivo alle importazioni vitali. Pertanto, le riforme devono tener conto delle proprie implicazioni in termini di competitività esterna per stimolare la crescita e la partecipazione dell’Europa ai mercati aperti ed equi di tutto il mondo. (14) La strategia Europa 2020 deve essere sostenuta da una serie integrata di politiche europee e nazionali, che gli Stati membri e l’Unione devono attuare integralmente e tempestivamente per assicurare le ricadute positive delle riforme strutturali coordinate e un contributo più coerente delle politiche europee agli obiettivi della strategia. Gli orientamenti offrono agli Stati membri il quadro entro il quale delineare, attuare e verificare le politiche nazionali nell’ambito della strategia globale dell’UE. Gli obiettivi principali di Europa 2020 elencati negli orientamenti corrispondenti devono guidare gli Stati membri nel definire i rispettivi obiettivi ed eventuali sotto-obiettivi, tenendo conto delle rispettive posizioni di partenza e situazioni nazionali e secondo le rispettive procedure decisionali nazionali. In questo gli Stati membri possono basarsi opportunamente sugli indicatori sviluppati dal comitato per l’occupazione e dal comitato per la protezione sociale. L’obiettivo principale a favore dell’occupazione si concentra sulla riduzione della disoccupazione presso i gruppi vulnerabili, tra cui i giovani. (15) La politica di coesione e i fondi strutturali fanno parte di importanti meccanismi attuativi volti a realizzare le priorità di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva negli Stati membri e nelle regioni. Nelle conclusioni del 17 giugno 2010 il Consiglio europeo ha sottolineato l’importanza di promuovere la coesione economica, sociale e territoriale al fine di contribuire al successo della nuova strategia Europa 2020. (16) In sede di definizione e di attuazione dei programmi nazionali di riforma alla luce di tali orientamenti, gli Stati membri devono garantire una governanza efficace della politica occupazionale. Sebbene i presenti orientamenti siano destinati agli Stati membri, la strategia Europa 2020, secondo le circostanze, deve essere attuata, verificata e valutata in partenariato con tutte le autorità nazionali, regionali e locali e in stretta collaborazione con i parlamenti, le parti sociali e i rappresentanti della società civile, che contribuiranno all’elaborazione dei programmi nazionali di riforma, alla loro attuazione e alla comunicazione globale sulla strategia. (17) Integra la strategia Europa 2020 una serie più limitata di orientamenti, che sostituisce i precedenti 24 e affronta in modo coerente questioni riguardanti l’occupazione e la politica economica in senso lato. Gli orientamenti per le politiche a favore dell’occupazione degli Stati membri, allegati alla presente decisione, sono strettamente legati agli orientamenti per le politiche economiche degli Stati membri e dell’Unione allegati alla raccomandazione del Consiglio, del 13 luglio 2010, sugli orientamenti di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell’Unione (7) insieme ai quali costituiscono gli «orientamenti integrati di Europa 2020». (18) Questi nuovi orientamenti integrati, in linea con le conclusioni del Consiglio europeo, danno agli Stati membri indicazioni precise su come definire e attuare i propri programmi nazionali di riforma, tenendo conto dell’interdipendenza e in linea con il patto di stabilità e crescita. Gli orientamenti a favore dell’occupazione devono essere alla base di tutte le eventuali raccomandazioni specifiche per paese rivolte dal Consiglio agli Stati membri a norma dell’articolo 148, paragrafo 4, TFUE, parallelamente alle raccomandazioni specifiche per paese trasmesse agli Stati membri a norma dell’articolo 121, paragrafo 4 del trattato, per ottenere un pacchetto coerente di raccomandazioni. Gli orientamenti per l’occupazione dovrebbero costituire inoltre la base per la redazione della relazione comune sull’occupazione che Consiglio e Commissione europea trasmettono ogni anno al Consiglio europeo. (19) In conformità del rispettivo mandato che ha fondamento nel trattato, il comitato per l’occupazione e il comitato per la protezione sociale dovrebbero monitorare i progressi inerenti agli aspetti occupazionali e sociali degli orientamenti per l’occupazione, in particolare muovendo dalle attività svolte con il metodo di coordinamento aperto nei settori dell’occupazione e della protezione sociale e dell’inclusione sociale. Il comitato per l’occupazione dovrebbe inoltre tenersi in stretto contatto con gli altri organi preparatori del Consiglio pertinenti, ivi incluso il settore dell’istruzione. (20) Sebbene debbano essere elaborati ogni anno, i presenti orientamenti dovrebbero rimanere stabili fino al 2014 per mantenere la centralità dell’applicazione, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 Sono adottati gli orientamenti per le politiche degli Stati membri, di cui all’allegato, a favore dell’occupazione. Articolo 2 Le politiche occupazionali degli Stati membri tengono conto degli orientamenti e ad essi si fa riferimento nei programmi nazionali di riforma. Articolo 3 Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione. Fatto a Lussemburgo, addì 21 ottobre 2010. Per il Consiglio La presidente J. MILQUET (1) Parere dell’8 settembre 2010 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Parere del 27 maggio 2010 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (3) Parere del 10 giugno 2010 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (4) Parere del 20 maggio 2010 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (5) GU L 205 del 6.8.2005, pag. 21. (6) GU L 198 del 26.7.2008, pag. 47. (7) GU L 191 del 23.7.2010, pag. 28. ALLEGATO ORIENTAMENTI PER LE POLITICHE DEGLI STATI MEMBRI A FAVORE DELL’OCCUPAZIONE Orientamento 7: incrementare la partecipazione al mercato del lavoro di donne e uomini, riducendo la disoccupazione strutturale e promuovendo la qualità del lavoro L’attivazione è fondamentale per aumentare la partecipazione al mercato del lavoro. Gli Stati membri dovrebbero integrare nelle loro politiche occupazionali i principi di flessicurezza appoggiati dal Consiglio europeo ed applicarli sfruttando adeguatamente il sostegno del Fondo sociale europeo e di altri fondi dell’UE al fine di aumentare la partecipazione al mercato del lavoro e combattere la segmentazione, l’inattività e la disuguaglianza di genere, riducendo nel contempo la disoccupazione strutturale. I provvedimenti volti a migliorare flessibilità e sicurezza dovrebbero risultare equilibrati e rafforzarsi a vicenda. Gli Stati membri dovrebbero pertanto introdurre una combinazione di forme contrattuali flessibili ed affidabili, politiche attive del mercato del lavoro, apprendimento permanente efficace, politiche a favore della mobilità dei lavoratori e sistemi di previdenza sociale adeguati volti ad assicurare transizioni nel mercato del lavoro accompagnate da una definizione chiara dei diritti e delle responsabilità affinché i disoccupati possano cercare attivamente un impiego. Insieme alle parti sociali, si dovrebbe prestare particolare attenzione alla flessicurezza interna sul posto di lavoro. Gli Stati membri dovrebbero intensificare il dialogo sociale e affrontare il problema della segmentazione del mercato del lavoro prendendo iniziative per contrastare l’occupazione precaria, la sottoccupazione e il lavoro non dichiarato. La mobilità professionale dovrebbe essere promossa e premiata. Si dovrebbe migliorare la qualità del posto di lavoro e le condizioni lavorative. Gli Stati membri dovrebbero combattere la povertà nel lavoro e promuovere la salute e la sicurezza sul lavoro. Si dovrebbero inoltre garantire misure di previdenza sociale adeguate ai lavoratori con contratti a tempo determinato e ai lavoratori autonomi. I servizi di promozione dell’occupazione svolgono un ruolo importante nell’attivazione e nella conciliazione di offerta e domanda di lavoro e andrebbero pertanto rafforzati con servizi personalizzati e provvedimenti attivi e preventivi riguardanti il mercato del lavoro in una fase tempestiva. Tali servizi e provvedimenti dovrebbero essere aperti a tutti, ivi compresi i giovani, le persone che rischiano la disoccupazione e quelle che si trovano più ai margini del mercato del lavoro. Le politiche volte a rendere conveniente lavorare rimangono importanti. Al fine di aumentare i livelli di competitività e partecipazione, in particolare quelli delle persone scarsamente qualificate, e in linea con il secondo orientamento di politica economica, gli Stati membri dovrebbero creare condizioni che favoriscano sistemi di contrattazione salariale e sviluppi del costo del lavoro coerenti con la stabilità dei prezzi e le tendenze della produttività. Gli Stati membri dovrebbero riesaminare il proprio sistema fiscale e previdenziale e l’effettiva capacità dei servizi pubblici di fornire il sostegno necessario, al fine di aumentare la partecipazione al mercato del lavoro e stimolare la domanda di lavoro. Dovrebbero promuovere l’invecchiamento attivo e la parità di genere, ivi compresi la parità di retribuzione e l’integrazione nel mercato del lavoro dei giovani, dei disabili, degli immigrati regolari e degli altri gruppi vulnerabili. Si dovrebbe inoltre conciliare vita privata e vita professionale mediante politiche che prevedano fornitura di servizi di assistenza a prezzi accessibili e innovazione del modo in cui il lavoro viene organizzato per aumentare i tassi d’occupazione, in particolare tra i giovani, i lavoratori anziani e le donne. Gli Stati membri dovrebbero inoltre rimuovere le barriere all’ingresso sul mercato del lavoro e promuovere il lavoro autonomo, l’imprenditorialità e la creazione di posti di lavoro in tutti i settori, ivi compresi l’occupazione verde e l’assistenza e promuovere l’innovazione sociale. L’obiettivo principale dell’UE, in base al quale gli Stati membri definiranno i propri obiettivi nazionali, tenendo conto delle rispettive posizioni di partenza e situazioni nazionali, è portare il tasso di occupazione per gli uomini e le donne di età compresa tra i 20 e i 64 anni al 75 % entro il 2020, ampliando la partecipazione giovanile, dei lavoratori anziani e scarsamente qualificati e facilitando l’integrazione degli immigrati regolari. Orientamento 8: sviluppare una forza lavoro qualificata rispondente alle esigenze del mercato occupazionale e promuovere l’apprendimento permanente Gli Stati membri dovrebbero promuovere la produttività e l’occupabilità fornendo conoscenze e competenze per rispondere alle esigenze attuali e future del mercato del lavoro. Un’istruzione iniziale di alta qualità e una formazione professionale attraente devono essere integrate con efficaci incentivi all’apprendimento permanente, sia degli occupati che dei disoccupati, garantendo in tal modo ad ogni adulto la possibilità di riconvertirsi o migliorare le proprie qualifiche e superare gli stereotipi di genere, nonché offrendo una seconda opportunità di apprendimento e politiche mirate in materia di immigrazione e di integrazione. Gli Stati membri dovrebbero mettere a punto sistemi per il riconoscimento delle competenze acquisite, rimuovere gli ostacoli alla mobilità professionale e geografica dei lavoratori, promuovere l’acquisizione di competenze trasversali per sostenere la creatività, l’innovazione e l’imprenditorialità. In particolare, gli sforzi si dovrebbero concentrare sul sostegno ai lavoratori con competenze professionali scarse e obsolete, aumentando l’occupabilità dei lavoratori più anziani, migliorando la formazione, le competenze e le esperienze dei lavoratori altamente qualificati, ivi compresi i ricercatori e le donne nei settori scientifico, matematico e tecnologico. Inoltre, in collaborazione con le aziende e le parti sociali, gli Stati membri dovrebbero migliorare l’accesso alla formazione, potenziare l’orientamento scolastico e professionale. Tali miglioramenti dovrebbero essere combinati con la messa a disposizione di informazioni sistematiche sulle nuove opportunità di lavoro, la promozione dell’imprenditorialità e una maggiore capacità di anticipare le esigenze in termini di competenze richieste. Si dovrebbe incoraggiare l’investimento nello sviluppo delle risorse umane, la riqualificazione e la partecipazione agli schemi di apprendimento permanente per mezzo del contributo finanziario congiunto dei governi, dei lavoratori e dei datori di lavoro. Per sostenere i giovani, in particolare quelli disoccupati o non iscritti a corsi d’istruzione o di formazione, gli Stati membri dovrebbero prendere iniziative in collaborazione con le parti sociali per aiutarli a trovare una prima occupazione, esperienza professionale o corsi post-universitari e opportunità di formazione, compresi gli stage, e dovrebbe intervenire prontamente quando i giovani restano senza lavoro. Il monitoraggio regolare dei risultati delle politiche di riqualificazione e di anticipazione dovrebbe contribuire ad individuare i settori da migliorare e a delineare sistemi d’istruzione e di formazione in grado di rispondere più prontamente alle esigenze del mercato del lavoro attuali ed emergenti, quale l’economia a bassa emissione di carbonio ed efficiente sotto il profilo delle risorse. Gli Stati membri dovrebbero mobilitare l’FSE e altri fondi dell’UE, ove appropriato, per sostenere tali obiettivi. Politiche volte a stimolare la domanda di lavoro potrebbero integrare gli investimenti in capitale umano. Orientamento 9: migliorare la qualità e l’efficacia dei sistemi d’istruzione e formazione a tutti i livelli e aumentare la partecipazione all’istruzione terziaria o equipollente Per garantire a tutti l’accesso ad un sistema d’istruzione e di formazione di qualità e migliorarne i risultati, gli Stati membri dovrebbero investire efficacemente nei sistemi d’istruzione e di formazione, segnatamente per innalzare il livello di competenze della forza lavoro dell’UE in modo da soddisfare le esigenze in rapida evoluzione dei mercati del lavoro moderni e della società in generale. In linea con i principi dell’apprendimento permanente, le iniziative dovrebbero interessare tutti i settori (dall’istruzione e dalle scuole della prima infanzia all’istruzione superiore e all’istruzione e alla formazione professionali fino all’istruzione degli adulti) tenendo in considerazione anche l’apprendimento in contesti informali e non formali. Le riforme dovrebbero mirare a garantire l’acquisizione di competenze chiave, ovvero quelle necessarie ad ogni individuo per avere successo in un’economia basata sulla conoscenza, segnatamente in termini di occupabilità, in linea con le priorità menzionate nell’orientamento 4. Si dovrebbe incoraggiare la mobilità internazionale di docenti e discenti. Si dovrebbero inoltre adottare misure volte a far sì che la mobilità dei giovani e degli insegnanti a fini di apprendimento diventi la norma. Gli Stati membri dovrebbero migliorare l’apertura e la pertinenza degli schemi d’istruzione e di formazione nazionali con percorsi formativi flessibili e creare partenariati tra il mondo dell’istruzione e della formazione e quello del lavoro. Dovrebbe essere resa più attraente la professione pedagogica e si dovrebbe prestare attenzione all’istruzione iniziale e allo sviluppo professionale continuo degli insegnanti. L’istruzione superiore dovrebbe diventare maggiormente aperta a discenti non tradizionali e si dovrebbe aumentare la partecipazione all’istruzione terziaria o equipollente. Al fine di ridurre il numero di giovani disoccupati e non frequentanti corsi di istruzione o di formazione vanno prese tutte le misure necessarie per contrastare l’abbandono scolastico precoce. L’obiettivo principale dell’UE, in base al quale gli Stati membri definiranno i propri obiettivi nazionali, tenendo conto delle rispettive posizioni di partenza e situazioni nazionali, mirerà a ridurre l’abbandono scolastico a tassi inferiori al 10 % e ad aumentare ad almeno il 40 % la quota delle persone tra i 30 e i 34 anni in possesso di un titolo di studio terziario o equipollente (1). Orientamento 10: promuovere l’inclusione sociale e lottare contro la povertà L’ampliamento delle opportunità di occupazione è un aspetto essenziale delle strategie integrate degli Stati membri volte a prevenire e ridurre la povertà e a promuovere la piena partecipazione alla società e all’economia. Al tal fine si dovrebbe fare un uso appropriato del Fondo sociale europeo e di altri fondi dell’UE. Si dovrebbero inoltre concentrare gli sforzi per assicurare le pari opportunità, ivi compreso mediante l’accesso per tutti a servizi di alta qualità, accessibili e sostenibili, in particolare in campo sociale. A tale riguardo svolgono un ruolo importante i servizi pubblici (ivi compresi i servizi on line, in linea con l’orientamento 4). Gli Stati membri dovrebbero porre in essere misure antidiscriminatorie efficaci. Coinvolgendo le persone e promuovendo la partecipazione al mercato del lavoro di coloro che ne restano più esclusi, evitando nel contempo la povertà nel lavoro, si aiuterà a combattere l’esclusione sociale. Ciò richiederebbe un rafforzamento dei sistemi di protezione sociale, dell’apprendimento permanente e di politiche attive di inclusione globali al fine di creare opportunità nelle diverse fasi della vita e di proteggere le persone dal rischio di esclusione, in particolare le donne. I sistemi di protezione sociale, ivi compresi quelli pensionistici e l’accesso alla sanità pubblica, dovrebbero essere modernizzati e resi capaci di fornire un sostegno del reddito e servizi adeguati, creando in tal modo coesione sociale, e rimanere nel contempo finanziariamente sostenibili ed incoraggiare la partecipazione alla società e al mercato del lavoro. I sistemi previdenziali dovrebbero mirare a garantire la sicurezza del reddito ai lavoratori durante le transizioni e a ridurre la povertà, in particolare fra i gruppi maggiormente a rischio d’esclusione sociale, come le famiglie monoparentali, le minoranze, ivi compresi i rom, i disabili, i bambini ed i giovani, gli anziani, gli immigrati regolari ed i senzatetto. Gli Stati membri dovrebbero inoltre promuovere attivamente l’economia sociale e l’innovazione sociale a sostegno dei più vulnerabili. Tutte le misure dovrebbero inoltre mirare a promuovere la parità di genere. L’obiettivo principale dell’UE, in base al quale gli Stati membri definiranno i propri obiettivi nazionali, tenendo conto delle posizioni di partenza relative e delle circostanze nazionali, sarà quello di promuovere l’inclusione sociale, in particolare attraverso la riduzione della povertà mirando a sottrarre almeno 20 milioni di persone al rischio di povertà ed esclusione (2). (1) Il Consiglio europeo sottolinea la competenza degli Stati membri a definire e attuare obiettivi quantitativi nel settore dell’istruzione. (2) La popolazione è definita in base al numero di persone che sono a rischio di povertà e di esclusione in conformità di tre indicatori (rischio di povertà, deprivazione materiale, nucleo familiare privo di occupazione) lasciando gli Stati membri liberi di fissare i propri obiettivi nazionali in base agli indicatori più appropriati, tenuto conto delle priorità e situazioni nazionali.
Orientamenti per le politiche a favore dell'occupazione Gli orientamenti del Consiglio guidano il coordinamento delle politiche nazionali degli Stati membri dell'Unione europea (UE). Basati sugli obiettivi della strategia Europa 2020, questi orientamenti sono volti a sostenere le riforme per una crescita sostenibile, basata sulla conoscenza e l'innovazione. ATTO Decisione 2010/707/UE del Consiglio, del 21 ottobre 2010, sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione. SINTESI Gli Stati membri dell'UE tengono conto degli orientamenti per le politiche occupazionali nell'elaborazione delle proprie politiche e nell'impostazione di obiettivi nazionali. La versione più recente di tali orientamenti è valida fino alla fine del 2014. Gli orientamenti per le politiche occupazionali sono associati agli orientamenti di massima delle politiche economiche e insieme costituiscono gli orientamenti integrati della strategia Europa 2020. Inoltre, questi sostengono la relazione comune annuale sull'occupazione. Incrementare la partecipazione al mercato del lavoro L'UE si pone l'obiettivo di portare al 75 % il tasso di occupazione per gli uomini e le donne di età compresa tra i 20 e i 64 anni entro il 2020. Per raggiungere tale obiettivo, gli Stati membri devono incoraggiare la partecipazione al mercato del lavoro da parte di giovani, lavoratori anziani, lavoratori scarsamente qualificati e immigrati regolari. Devono inoltre rendere l'impiego più attraente, concentrandosi sulla «flessicurezza», la mobilità dei lavoratori e la conciliazione tra vita professionale e vita privata, oltre a promuovere il lavoro indipendente, l'imprenditoria e la creazione di posti di lavoro, anche nelle aree dell'assistenza e dell'occupazione verde. Sviluppare una forza lavoro qualificata La produttività e l'occupabilità dei lavoratori possono essere incrementate sviluppando nuove competenze per rispondere alle esigenze del mercato del lavoro. Gli Stati membri devono migliorare i sistemi di istruzione e di formazione e adattarli all'evoluzione della società verso un'economia a bassa emissione di carbonio ed efficiente sotto il profilo delle risorse. Le misure adottate devono assicurare la qualità dell'istruzione iniziale e la possibilità di un apprendimento permanente. La formazione deve essere accessibile ai lavoratori scarsamente qualificati e a quelli altamente qualificati. Gli Stati membri devono inoltre incoraggiare la mobilità professionale, soprattutto grazie ai sistemi di riconoscimento delle competenze acquisite. Migliorare i sistemi d'istruzione e formazione L'obiettivo, entro il 2020, è ridurre l'abbandono scolastico a tassi inferiori al 10 % e aumentare ad almeno il 40 % la quota delle persone tra i 30 e i 34 anni in possesso di un titolo di studio terziario o equivalente. Gli Stati membri devono incoraggiare l'apprendimento continuo, la mobilità internazionale di docenti e studenti, lo sviluppo di quadri di certificazione che favoriscano percorsi formativi flessibili e la creazione di partenariati con le imprese. Lottare contro l'esclusione sociale La strategia Europa 2020 promuove l'inclusione sociale e la lotta contro la povertà, affinché almeno 20 milioni di persone non debbano più affrontare il rischio di povertà ed esclusione. Gli Stati membri devono prestare particolare attenzione all'occupazione delle persone più escluse dal mercato del lavoro, allo scopo di lottare contro la povertà dei lavoratori. Le politiche nazionali devono permettere di garantire l'accesso a servizi economicamente accessibili, sostenibili e di elevata qualità, compresi quelli del settore sociale. Inoltre, devono assicurare la modernizzazione e supportare i sistemi di protezione sociale e pensionistici. Infine, gli Stati membri devono sostenere l'economia sociale e l'innovazione sociale, incoraggiando le pari opportunità e la lotta contro le discriminazioni. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 2010/707/UE 21.10.2010 - GU L 308 del 24.11.2010 Atto modificatore Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione 2013/208/UE 22.4.2013 - GU L 118 del 30.4.2013 Decisione 2014/322/UE 14.5.2014 - GU L 165 del 4.6.2014
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32010R0584
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REGOLAMENTO (UE) N. 584/2010 DELLA COMMISSIONE del 1o luglio 2010 recante modalità di esecuzione della direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la forma e il contenuto del modello standard della lettera di notifica e dell’attestato OICVM, l’utilizzo dei mezzi elettronici per le comunicazioni tra le autorità competenti ai fini della notifica, nonché le procedure per le verifiche sul posto e le indagini e lo scambio di informazioni tra le autorità competenti (Testo rilevante ai fini del SEE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, vista la direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) (1), in particolare l’articolo 95, paragrafo 2, lettere a), b) e c), l’articolo 101, paragrafo 9, e l’articolo 105, considerando quanto segue: (1) La direttiva 2009/65/CE conferisce alla Commissione competenze di esecuzione volte a specificare e armonizzare taluni aspetti della nuova procedura di notifica e commercializzazione di quote di OICVM in uno Stato membro ospitante. Tale armonizzazione dovrebbe fornire alle autorità competenti la certezza necessaria riguardo la messa in opera dei nuovi requisiti e contribuire a garantire che la nuova procedura funzioni senza complicazioni. (2) Per facilitare la procedura di notifica è necessario specificare la forma e il contenuto del modello standard della lettera di notifica che l’OICVM deve utilizzare nonché la forma e il contenuto dell’attestato che le autorità competenti dello Stato membro devono rilasciare per confermare che l’OICVM soddisfa le condizioni previste dalla direttiva 2009/65/CE. È opportuno che gli Stati membri siano in grado di trasmettere per via elettronica sia la lettera di notifica che l’attestato. (3) Considerando che l’obiettivo della direttiva 2009/65/CE è di assicurare che gli OICVM abbiano la facoltà di commercializzare le proprie quote in altri Stati membri a seguito di una procedura di notifica basata su una migliore comunicazione tra le autorità competenti di detti Stati, è necessario stabilire una procedura dettagliata per la trasmissione per via elettronica del fascicolo di notifica tra tali autorità. (4) La direttiva 2009/65/CE prescrive alle autorità competenti dello Stato membro d’origine dell’OICVM l’obbligo di verificare che il fascicolo di notifica sia completo prima di trasmetterlo alle autorità competenti dello Stato membro in cui l’OICVM intende commercializzare le proprie quote. Inoltre, essa fornisce all’OICVM il diritto di accesso al mercato dello Stato membro ospitante subito dopo la trasmissione, da parte delle autorità competenti dello Stato membro d’origine dell’OICVM, del fascicolo di notifica completo alle autorità competenti dello Stato membro sul cui territorio l’OICVM intende commercializzare le proprie quote. Onde assicurare la certezza del diritto, è necessario stabilire quando la trasmissione del fascicolo di notifica completo si possa considerare avvenuta. Inoltre, la procedura relativa all’uso della trasmissione elettronica richiede alle autorità competenti dello Stato membro d’origine dell’OICVM di verificare che l’invio dell’intera documentazione sia effettivamente avvenuto, prima di informare l’OICVM ai sensi dell’articolo 93, paragrafo 3, della direttiva 2009/65/CE. È inoltre necessario stabilire delle procedure riguardo eventuali problemi tecnici che possono insorgere nel processo di trasmissione del fascicolo di notifica tra le autorità competenti dello Stato membro d’origine e dello Stato membro ospitante dell’OICVM. (5) Per semplificare la trasmissione del fascicolo di notifica e contemporaneamente tenere conto delle innovazioni tecniche e della possibilità che vengano sviluppati sistemi più sofisticati di comunicazione elettronica, le autorità competenti possono attuare degli accordi di cooperazione volti a migliorare la trasmissione elettronica del fascicolo, in particolare per quanto riguarda la sicurezza del sistema e l’uso di meccanismi di criptazione. Occorre inoltre che le autorità competenti coordinino la gestione delle trasmissioni elettroniche all’interno del comitato delle autorità europee di regolamentazione dei valori mobiliari (CESR). (6) La direttiva 2009/65/CE stabilisce che gli Stati membri debbano attuare le necessarie misure amministrative e organizzative al fine di facilitare la cooperazione. Il rafforzamento della cooperazione tra le autorità competenti è necessario per garantire che gli OICVM e le società di gestione degli OICVM ottemperino alla direttiva 2009/65/CE e per assicurare il buon funzionamento del mercato interno e un livello elevato di tutela degli investitori. (7) Ai sensi della direttiva 2009/65/CE, le autorità competenti di uno Stato membro possono chiedere la cooperazione delle loro omologhe presso un altro Stato membro per svolgere un’attività di vigilanza, una verifica in loco o un’indagine nel territorio di queste ultime. In particolare, se un OICVM è gestito da una società di gestione sita in un altro Stato membro, è fondamentale stabilire dei meccanismi di cooperazione tra le autorità competenti e delle procedure dettagliate da applicare quando un’autorità competente debba svolgere un’indagine o una verifica in loco riguardo un’entità o persona che si trova in un diverso Stato membro. (8) L’autorità competente dovrebbe avere facoltà di richiedere la cooperazione di altre autorità competenti riguardo materie che rientrano nell’ambito delle sue responsabilità di vigilanza. L’autorità interpellata dovrebbe fornire assistenza anche laddove il comportamento oggetto di indagine non costituisca una violazione di una normativa in vigore sul suo territorio. L’autorità interpellata può rifiutare di fornire assistenza nei casi elencati all’articolo 101, paragrafo 6, della direttiva 2009/65/CE. (9) La direttiva 2009/65/CE stabilisce che le autorità competenti degli Stati membri si scambino con la massima tempestività le informazioni necessarie ai fini dell’esercizio delle funzioni loro assegnate. È pertanto opportuno stabilire regole dettagliate circa lo scambio routinario di informazioni e lo scambio di informazioni senza previa richiesta. (10) Al fine di assicurare che gli obblighi di cui alla direttiva 2009/65/CE e di cui al presente regolamento siano applicabili dalla stessa data, è necessario che quest’ultimo si applichi a decorrere dalla stessa data delle misure nazionali di recepimento della direttiva 2009/65/CE. (11) Il comitato delle autorità europee di regolamentazione dei valori mobiliari istituito con decisione 2009/77/CE della Commissione (2) è stato consultato e ha prestato la propria consulenza tecnica. (12) Le misure previste dal presente regolamento sono conformi al parere del comitato europeo dei valori mobiliari, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: CAPO I PROCEDURA DI NOTIFICA Articolo 1 Forma e contenuto della lettera di notifica Un organismo d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) stila la lettera di notifica ai sensi dell’articolo 93, paragrafo 1, della direttiva 2009/65/CE conformemente al modello che figura nell’allegato I del presente regolamento. Articolo 2 Forma e contenuto dell’attestato OICVM Le autorità competenti dello Stato membro d’origine dell’OICVM emettono l’attestato che comprova che l’OICVM soddisfa le condizioni imposte dalla direttiva 2009/65/CE ai sensi dell’articolo 93, paragrafo 3, della medesima conformemente al modello che figura nell’allegato II del presente regolamento. Articolo 3 Indirizzo e-mail designato 1. Le autorità competenti designano un indirizzo e-mail allo scopo di trasmettere la documentazione di cui all’articolo 93, paragrafo 3, della direttiva 2009/65/CE e in modo da poter procedere allo scambio di informazioni ai fini della procedura di notifica di cui allo stesso articolo. 2. Le autorità competenti trasmettono l’indirizzo e-mail designato alle loro omologhe in altri Stati membri e si assicurano che eventuali modifiche apportate a tale indirizzo pervengano immediatamente a queste ultime. 3. Le autorità competenti dello Stato membro d’origine dell’OICVM trasmettono la documentazione completa di cui all’articolo 93, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva 2009/65/CE ai soli indirizzi e-mail designati delle autorità competenti dello Stato membro nel quale l’OICVM intenda commercializzare le proprie quote. 4. Le autorità competenti stabiliscono una procedura per assicurare che l’indirizzo e-mail designato per la ricezione delle notifiche venga controllato ogni giorno lavorativo. Articolo 4 Trasmissione del fascicolo di notifica 1. Le autorità competenti dello Stato membro d’origine dell’OICVM trasmettono, via e-mail, la documentazione completa di cui all’articolo 93, paragrafo 3, primo e secondo comma, della direttiva 2009/65/CE alle autorità competenti dello Stato membro nel quale l’OICVM intenda commercializzare le proprie quote. Come riportato nell’allegato I, ogni allegato alla lettera di notifica viene elencato nell’e-mail e trasmesso in un formato d’uso comune in grado di essere letto e stampato. 2. La trasmissione della documentazione completa, come riportata all’articolo 93, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva 2009/65/CE, non è da considerarsi avvenuta solo in uno dei seguenti casi: a) un documento di cui è richiesta la trasmissione è assente, incompleto o in un formato diverso da quello specificato al paragrafo 1; b) le autorità competenti dello Stato membro d’origine dell’OICVM non utilizzano l’indirizzo e-mail designato dalle autorità competenti dello Stato membro nel quale l’OICVM intende commercializzare le proprie quote ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1; c) le autorità competenti dello Stato membro d’origine dell’OICVM non hanno trasmesso la documentazione completa a seguito di un guasto tecnico del loro sistema elettronico. 3. Le autorità competenti dello Stato membro di origine dell’OICVM si assicurano dell’avvenuta trasmissione della documentazione completa di cui all’articolo 93, paragrafo 3, della direttiva 2009/65/CE prima di segnalarla all’OICVM. 4. Se le autorità competenti dello Stato membro di origine dell’OICVM vengono informate o vengono a conoscenza della mancata trasmissione della documentazione completa, procedono immediatamente al suo inoltro. 5. Le autorità competenti possono stabilire, di comune accordo, di sostituire le modalità di trasmissione della documentazione completa di cui all’articolo 93, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva 2009/65/CE con un metodo più sofisticato di comunicazione elettronica — rispetto all’e-mail — oppure istituire ulteriori procedure per rafforzare la sicurezza delle e-mail trasmesse. Eventuali metodi alternativi o procedure rafforzate rispettano i termini di notifica stabiliti al capo XI della direttiva 2009/65/CE e non ledono la capacità dell’OICVM di accedere al mercato di uno Stato membro diverso da quello di origine. Articolo 5 Ricevimento del fascicolo di notifica 1. Quando le autorità competenti dello Stato membro nel quale l’OICVM intenda commercializzare le proprie quote ricevono la documentazione loro spedita ai sensi dell’articolo 93, paragrafo 3, della direttiva 2009/65/CE, esse confermano alle loro omologhe dello Stato membro d’origine dell’OICVM al più presto, e comunque non oltre cinque giorni lavorativi dalla data di ricezione del documento: a) se tutti gli allegati che devono essere elencati ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, del presente regolamento sono stati effettivamente ricevuti; e b) se la documentazione dovuta è visionabile o stampabile. La conferma può essere spedita via posta elettronica alle autorità competenti dello Stato membro d’origine dell’OICVM, utilizzando l’indirizzo designato ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, tranne nei casi in cui le autorità competenti pertinenti abbiano concordato un metodo più sofisticato di conferma dell’avvenuto ricevimento. 2. Se le autorità competenti dello Stato membro d’origine dell’OICVM non hanno ricevuto conferma da parte delle loro omologhe nello Stato membro in cui l’OICVM intende commercializzare le proprie quote entro i termini stabiliti al paragrafo 1, esse contattano queste ultime per verificare se la trasmissione della documentazione completa ha avuto luogo. CAPO II COOPERAZIONE IN MATERIA DI VIGILANZA SEZIONE 1 Procedura per le verifiche in loco e le indagini Articolo 6 Richiesta di assistenza per verifiche in loco e indagini 1. L’autorità competente che intenda svolgere una verifica in loco o un’indagine sul territorio di un altro Stato membro («l’autorità richiedente») presenta una richiesta scritta all’autorità competente di tale Stato membro («l’autorità interpellata»). La richiesta contiene i seguenti elementi: a) motivi della richiesta, incluse le disposizioni legislative applicabili sul territorio dell’autorità richiedente sulle quali essa si basa; b) ambito della verifica in loco o dell’indagine; c) azioni già intraprese dall’autorità richiedente; d) eventuali azioni da intraprendere da parte dell’autorità interpellata; e) metodologia proposta per la verifica in loco o l’indagine e motivazioni che hanno condotto l’autorità richiedente a sceglierla. 2. La richiesta viene presentata con sufficiente anticipo rispetto alla verifica in loco o all’indagine. 3. Laddove la richiesta di assistenza per una verifica in loco o un’indagine sia urgente, è possibile trasmetterla via posta elettronica, confermandola in seguito per iscritto. 4. L’autorità interpellata accusa ricezione della richiesta senza indebito ritardo. 5. L’autorità richiedente fornisce tutte le informazioni richieste dall’autorità interpellata, in modo da consentire a quest’ultima di fornire l’assistenza necessaria. 6. L’autorità interpellata trasmette senza indebito ritardo tutte le informazioni e i documenti a sua disposizione in quanto pertinenti od utili all’autorità richiedente, in base alle motivazioni e all’ambito della verifica in loco o dell’indagine. 7. L’autorità interpellata e l’autorità richiedente valutano nuovamente la necessità della verifica in loco o dell’indagine in base ai documenti e alle informazioni trasmesse come dal paragrafo 5 o 6. 8. L’autorità interpellata decide se svolgere la verifica in loco o l’indagine in prima persona oppure se consentire di espletare tale compito all’autorità richiedente o a revisori o altri esperti. 9. L’autorità interpellata e quella richiedente concordano sulle modalità di ripartizione dei costi relativi all’espletamento della verifica in loco o dell’indagine. Articolo 7 Svolgimento della verifica in loco e dell’indagine da parte dell’autorità interpellata 1. Qualora l’autorità interpellata decida di svolgere la verifica in loco o l’indagine in prima persona, lo fa conformemente alla procedura prevista dalla legge dello Stato membro sul cui territorio tale verifica in loco o indagine viene svolta. 2. Qualora l’autorità richiedente chieda che i propri funzionari accompagnino quelli dell’autorità interpellata che espletano la verifica o l’indagine ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 5, della direttiva 2009/65/CE, le due autorità stabiliscono di comune accordo le modalità pratiche di tale partecipazione. Articolo 8 Svolgimento della verifica in loco e dell’indagine da parte dell’autorità richiedente 1. Qualora l’autorità interpellata decida di consentire all’autorità richiedente di svolgere la verifica in loco o l’indagine, tale attività è espletata conformemente alla procedura prevista dalla legge dello Stato membro sul cui territorio essa si svolge. 2. In caso l’autorità interpellata decida di consentire all’autorità richiedente di svolgere la verifica in loco o l’indagine, provvede a fornire l’assistenza necessaria per portare a termine tale compito. 3. Se nel corso della verifica in loco o dell’indagine l’autorità richiedente viene a conoscenza di informazioni importanti che hanno rilevanza per lo svolgimento dei compiti di competenza dell’autorità interpellata, la prima le trasmette senza indebito ritardo a quest’ultima. Articolo 9 Svolgimento della verifica in loco e dell’indagine da parte di revisori o di esperti 1. Qualora l’autorità interpellata decida di consentire a revisori o esperti di svolgere la verifica in loco o l’indagine, tale attività è espletata conformemente alla procedura prevista dalla legge dello Stato membro sul cui territorio essa si svolge. 2. Qualora l’autorità interpellata decida di consentire a revisori o esperti di svolgere la verifica in loco o l’indagine, provvede a fornire loro l’assistenza necessaria per portare a termine tale compito. 3. Qualora l’autorità richiedente proponga di nominare dei revisori o degli esperti, trasmette all’autorità interpellata tutte le informazioni pertinenti riguardo l’identità e le qualifiche professionali degli stessi. L’autorità interpellata provvede prontamente a comunicare all’autorità richiedente se accetta tale nomina. Se l’autorità interpellata non accetta la nomina proposta o se l’autorità richiedente non propone la nomina di revisori o esperti, la prima ha il diritto di proporre essa stessa dei nominativi. 4. Se l’autorità interpellata e quella richiedente non trovano un accordo sulla nomina dei revisori o degli esperti, l’autorità interpellata decide se svolgere la verifica in loco o l’indagine in prima persona o se consentire l’espletamento di tale attività all’autorità richiedente. 5. A meno che le due autorità convengano diversamente, i costi pertinenti sono a carico dell’autorità che ha proposto la nomina dei revisori o degli esperti. 6. Se, nel corso dello svolgimento della verifica in loco o dell’indagine i revisori o gli esperti vengono a conoscenza di informazioni importanti che hanno rilevanza per lo svolgimento dei compiti di competenza dell’autorità interpellata, essi le trasmettono senza indebito ritardo a quest’ultima. Articolo 10 Richieste di assistenza per colloqui con persone site in un altro Stato membro 1. Qualora l’autorità richiedente ritenga necessario porre domande a persone site sul territorio di un altro Stato membro, inoltra una richiesta scritta alle autorità competenti di quest’ultimo. 2. La richiesta contiene i seguenti elementi: a) motivi della richiesta, incluse le disposizioni legislative applicabili sul territorio dell’autorità richiedente sulle quali si basa la richiesta; b) ambito dei colloqui; c) azioni già intraprese dall’autorità richiedente; d) eventuali azioni da intraprendere da parte dell’autorità interpellata; e) metodologia proposta per i colloqui e motivazioni che hanno condotto l’autorità richiedente a sceglierla. 3. La richiesta va presentata con sufficiente anticipo rispetto ai colloqui. 4. Laddove la richiesta di assistenza per i colloqui con persone site sul territorio di un altro Stato membro sia urgente, è possibile trasmetterla via posta elettronica, confermandola in seguito per iscritto. 5. L’autorità interpellata accusa ricezione della richiesta senza indebito ritardo. 6. L’autorità richiedente fornisce tutte le informazioni richieste dall’autorità interpellata, in modo da consentire a quest’ultima di fornire l’assistenza necessaria. 7. L’autorità interpellata trasmette senza indebito ritardo tutte le informazioni e i documenti a sua disposizione in quanto pertinenti o utili all’autorità richiedente, in base alle motivazioni e all’ambito dei colloqui. 8. In base ai documenti e alle informazioni trasmesse come dal paragrafo 6 o 7, l’autorità interpellata e l’autorità richiedente valutano nuovamente la necessità di intraprendere dei colloqui. 9. L’autorità interpellata decide se condurre i colloqui in prima persona o se consentire lo svolgimento di tale compito all’autorità richiedente. 10. L’autorità interpellata e quella richiedente concordano sulle modalità di ripartizione dei costi relativi all’espletamento dei colloqui. 11. L’autorità richiedente può partecipare ai colloqui richiesti in conformità al paragrafo 1. Prima e durante i colloqui, l’autorità richiedente può far pervenire delle domande da porre. Articolo 11 Disposizioni specifiche relative a verifiche sul posto e indagini 1. Le autorità competenti dello Stato membro di origine della società di gestione e quelle dello Stato membro di origine dell’OICVM si segnalano a vicenda eventuali verifiche in loco o indagini da intraprendere riguardo la società di gestione o l’OICVM della cui vigilanza sono rispettivamente responsabili. All’atto della ricezione della segnalazione, l’autorità ricevente può richiedere senza indebito ritardo all’autorità che emette tale segnalazione di includere nell’ambito della verifica in loco o dell’indagine gli aspetti sui quali l’autorità ricevente esercita la propria vigilanza. 2. Le autorità competenti dello Stato membro di origine della società di gestione possono richiedere assistenza all’autorità competente dello Stato membro di origine dell’OICVM per verifiche in loco e indagini riguardanti i depositari di OICVM, se ciò è necessario per lo svolgimento dei compiti di vigilanza che le competono riguardo la società di gestione. 3. Le autorità competenti dello Stato membro di origine dell’OICVM e quelle dello Stato membro di origine della società di gestione stabiliscono di comune accordo delle procedure per condividere i risultati ottenuti in seguito alle verifiche in loco e alle indagini sulla società di gestione e sull’OICVM della cui vigilanza sono responsabili. 4. Ove necessario, le autorità competenti dello Stato membro di origine dell’OICVM e quelle dello Stato membro di origine della società di gestione stabiliscono di comune accordo ulteriori azioni da intraprendere riguardo la verifica in loco o l’indagine. SEZIONE 2 Scambio di informazioni Articolo 12 Scambio routinario di informazioni 1. Le autorità competenti dello Stato membro di origine dell’OICVM informano immediatamente quelle degli Stati membri ospitanti l’OICVM e, nel caso in cui l’OICVM sia gestito da una società di gestione sita in uno Stato membro diverso dal suo Stato membro d’origine, le autorità competenti dello Stato membro di origine della società di gestione, a proposito: a) di qualsiasi decisione concernente la revoca dell’autorizzazione ad un OICVM; b) di qualsiasi decisione presa nei confronti di un OICVM riguardo la sospensione dell’emissione, del riacquisto o del rimborso delle sue quote; c) di qualsiasi altra grave misura presa nei confronti dell’OICVM. 2. Nel caso in cui l’OICVM sia amministrato da una società di gestione sita in uno Stato membro diverso dallo Stato membro d’origine dell’OICVM, le autorità competenti dello Stato membro di origine della società di gestione informano immediatamente le loro omologhe dello Stato membro di origine dell’OICVM qualora la capacità di una società di gestione di assolvere correttamente i propri compiti rispetto all’OICVM gestito possa risultare seriamente compromessa o qualora la società di gestione non risponda agli obblighi fissati al capo III della direttiva 2009/65/CE. 3. Qualora un OICVM sia gestito da una società di gestione sita in uno Stato membro diverso da quello d’origine dell’OICVM, le autorità competenti dello Stato membro d’origine dell’OICVM e di quello della società di gestione facilitano lo scambio delle informazioni richieste al fine di esercitare le funzioni loro assegnate a norma della direttiva 2009/65/CE, inclusa la creazione di flussi di informazioni adeguati. Ciò comprende lo scambio delle informazioni reso necessario: a) dalle procedure per autorizzare una società di gestione a svolgere attività sul territorio di un altro Stato membro ai sensi degli articoli 17 e 18 della direttiva 2009/65/CE; b) dalle procedure per autorizzare una società di gestione a gestire un OICVM autorizzato in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di origine della stessa, ai sensi dell’articolo 20 della direttiva 2009/65/CE; c) dalla vigilanza continua delle società di gestione e degli OICVM. Articolo 13 Scambio di informazioni non richiesto Le autorità competenti comunicano alle altre autorità competenti, senza previa richiesta e indebito ritardo, tutte le informazioni pertinenti che potrebbero rivelarsi importanti per lo svolgimento dei compiti stabiliti ai sensi della direttiva 2009/65/CE. CAPO III DISPOSIZIONI FINALI Articolo 14 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Esso si applica a decorrere dal 1o luglio 2011. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 1o luglio 2010. Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 302 del 17.11.2009, pag. 32. (2) GU L 25 del 29.1.2009, pag. 18. ALLEGATO I LETTERA DI NOTIFICA ALLEGATO II ATTESTATO OICVM
Procedura di notifica dell’UE per OICVM QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Stabilisce nel dettaglio le procedure e i moduli che le autorità nazionali devono usare per la trasmissione elettronica delle informazioni, come previsto dalla direttiva 2009/65/CE sulle norme che riguardano l’organismo d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM). Tali procedure e moduli sono necessari per garantire che il processo di comunicazione funzioni in maniera ottimale nel momento in cui un OICVM* desideri commercializzare i suoi prodotti in un altro paese dell’UE. PUNTI CHIAVE Il regolamento sviluppa condizioni uniformi per l’esecuzione della legislazione OICVM di base (direttiva 2009/65/CE). Questa direttiva conferisce alla Commissione europea il potere di adottare atti di esecuzione che delineano in maggior dettaglio gli aspetti procedurali della legge originale. Un OICVM che desidera operare in un altro paese dell’UE deve prima presentare una lettera di notifica standard relativa alle sue intenzioni alle autorità nazionali di riferimento. Questa contiene i dettagli di base della società di gestione nella forma prescritta nell’allegato al presente regolamento. Le autorità nazionali devono:confermare che le informazioni presentate soddisfano le necessarie condizioni giuridiche; stabilire un determinato indirizzo e-mail per tutte le comunicazioni; trasferire alle autorità competenti nell’altro paese dell’UE tutta la documentazione pertinente in un formato standard; possono stabilire, di comune accordo, di utilizzare una forma più sofisticata di comunicazione elettronica rispetto all’e-mail; confermare, entro 5 giorni lavorativi, di aver ricevuto la documentazione loro inviata. Il presente regolamento istituisce alcune procedure di cooperazione in caso di verifiche e indagini svolte nel territorio di un altro paese dell’UE. Le autorità competenti sono tenute a:fornire spiegazioni chiare e un preavviso sufficiente quando si richiede il diritto di svolgere un’indagine o interviste in loco in un altro paese dell’UE; rendere disponibili le informazioni richieste dalle loro controparti nell’altro paese dell’UE; possono decidere se condurre le indagini in prima persona o consentire alle autorità competenti dell’altro paese dell’UE di farlo. Il presente regolamento stabilisce inoltre norme per lo scambio di informazioni tra le autorità competenti nell’UE che coprono tutte le misure gravi prese nei confronti degli OICVM, compresi eventuali cambiamenti dello status di un OICVM, come la revoca della sua autorizzazione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? È in vigore dal 1° luglio 2011. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) — Direttiva 2009/65/EC (Commissione europea). TERMINI CHIAVE OICVM: organismo che raccoglie capitali da una pluralità di investitori al fine di investire tali capitali collettivamente tramite un portafoglio di strumenti finanziari quali azioni, obbligazioni e altri titoli. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) n. 584/2010 della Commissione, del 1° luglio 2010, recante modalità di esecuzione della direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la forma e il contenuto del modello standard della lettera di notifica e dell’attestato OICVM, l’utilizzo dei mezzi elettronici per le comunicazioni tra le autorità competenti ai fini della notifica, nonché le procedure per le verifiche sul posto e le indagini e lo scambio di informazioni tra le autorità competenti (GU L 176 del 10.7.2010, pagg. 16-27) DOCUMENTI CORRELATI Direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) (GU L 302 del 17.11.2009, pagg. 32-96) Le successive modifiche alla Direttiva 2009/65/CE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
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REGOLAMENTO (CE) N. 458/2007 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 25 aprile 2007 sul sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (ESSPROS) (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 285, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) L’articolo 2 del trattato si riferisce alla promozione di un livello elevato di protezione sociale come uno dei compiti della Comunità. (2) Il Consiglio europeo di Lisbona del marzo 2000 ha dato l’avvio ad un processo di scambio politico fra gli Stati membri dell'UE sull'ammodernamento dei sistemi di protezione sociale. (3) La decisione 2004/689/CE del Consiglio (3) ha istituito un comitato della protezione sociale al fine di consentire lo scambio cooperativo tra la Commissione e gli Stati membri in merito all’ammodernamento e al miglioramento dei sistemi di protezione sociale. (4) La comunicazione della Commissione del 27 maggio 2003 intitolata: «Potenziare la dimensione sociale della strategia di Lisbona: razionalizzare il coordinamento aperto nel settore della protezione sociale», ha delineato una strategia di razionalizzazione dei processi di coordinamento aperto nel settore della politica sociale al fine di potenziare il ruolo della protezione e dell’inclusione sociale all’interno della strategia di Lisbona. Il 20 ottobre 2003 il Consiglio ha deciso che la razionalizzazione sarebbe entrata in vigore a partire dal 2006. In tale contesto, la relazione annuale congiunta è divenuta lo strumento informativo principale, con l’obiettivo di riunire i principali risultati analitici e i messaggi politici riguardanti il metodo aperto di coordinamento (OMC) nelle sue varie applicazioni e tematiche multisettoriali nell’ambito della protezione. (5) L'OMC ha sottolineato nuovamente la necessità di statistiche comparabili, puntuali e attendibili nel settore della politica sociale. Statistiche comparabili sulla protezione sociale sono impiegate in particolare nella relazione annuale congiunta. (6) La Commissione (Eurostat) sta già ricevendo dagli Stati membri su base volontaria dati annuali sulla protezione sociale. Questa prassi è consolidata negli Stati membri e si basa su principi metodologici comuni, elaborati al fine di garantire la comparabilità dei dati. (7) La produzione di statistiche comunitarie specifiche è disciplinata dalle disposizioni del regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, del 17 febbraio 1997, relativo alle statistiche comunitarie (4). (8) Le misure necessarie per l'esecuzione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (5). (9) In particolare, la Commissione ha il potere di stabilire il primo anno per il quale si dovrebbe procedere ad una raccolta completa dei dati relativi alle prestazioni nette di protezione sociale. La Commissione ha anche il potere di adottare misure riguardanti la classificazione dettagliata dei dati, le definizioni da impiegare e l'aggiornamento delle norme di diffusione. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento e a integrare il presente regolamento con l'aggiunta di nuovi elementi non essenziali, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE. (10) Poiché l'obiettivo del presente regolamento, ossia l'introduzione di norme statistiche comuni che consentano l'elaborazione di dati armonizzati, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito all'articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (11) È in atto una cooperazione con l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico nel settore delle prestazioni nette di protezione sociale. (12) Il comitato del programma statistico istituito dalla decisione 89/382/CEE, Euratom (6) è stato consultato, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto L’obiettivo del presente regolamento è istituire un sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale, (di seguito «ESSPROS»), fissando: a) un quadro metodologico basato su norme, definizioni, classificazioni e regole contabili comuni da utilizzare per compilare statistiche su una base comparabile ad uso della Comunità; e b) scadenze per la trasmissione delle statistiche compilate secondo ESSPROS. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento, si intende per: a) «statistiche comunitarie»: quanto indicato dall’articolo 2 del regolamento (CE) n. 322/97; b) «protezione sociale»: l'insieme delle prestazioni erogate da istituzioni pubbliche o private al fine di consentire alle famiglie e ai singoli individui di far fronte a determinati eventi e bisogni, a condizione che tali prestazioni non abbiano una contropartita e non siano riconducibili a disposizioni individuali. L’elenco degli eventi e dei bisogni all'origine delle prestazioni di protezione sociale è stabilito convenzionalmente nel modo seguente: malattia e/o assistenza sanitaria; invalidità; vecchiaia; superstiti; famiglia/figli; disoccupazione; alloggio; esclusione sociale non classificata altrove; c) «regime di protezione sociale»: un insieme distinto di norme, sostenuto da una o più unità istituzionali, che disciplina la fornitura di prestazioni di protezione sociale ed il relativo finanziamento; d) «prestazioni di protezione sociale»: trasferimenti — in denaro o in natura — effettuati dai regimi di protezione sociale a favore delle famiglie e dei singoli individui al fine di permettere loro di far fronte a determinati eventi o di soddisfare particolari bisogni; e) «benefici fiscali»: il valore delle prestazioni di protezione sociale al netto delle tasse e dei contributi sociali versati dai beneficiari, al quale si aggiungono i «benefici fiscali»; f) «prestazioni nette di protezione sociale»: la protezione sociale fornita sotto forma di agevolazioni fiscali che, se versate in contanti, sarebbero definite prestazioni di protezione sociale. Sono escluse le agevolazioni fiscali che promuovono la fornitura di protezione sociale o i piani di previdenza privati. Articolo 3 Campo d’applicazione del sistema 1. Le statistiche inerenti al sistema centrale dell'ESSPROS riguardano i flussi finanziari delle spese e delle entrate nell’ambito della protezione sociale. Tali dati sono trasmessi a livello dei regimi di protezione sociale; per ogni regime sono indicate dettagliatamente le spese e le entrate, rispettando la classificazione ESSPROS. Per i dati quantitativi per regimi e prestazioni dettagliate, i dati da trasmettere, con riferimento alla classificazione aggregata, e le modalità per la fornitura e la diffusione dei dati sono oggetto dell'allegato I, punto 1. Per l'informazione qualitativa per regimi e prestazioni dettagliate, i temi cui si riferiscono e le modalità per la fornitura dei dati, l’aggiornamento dell'informazione qualitativa e la diffusione sono oggetto dell'allegato I, punto 2. Il primo anno per il quale sono raccolti i dati è il 2008. 2. Oltre al sistema centrale ESSPROS sono aggiunti moduli riguardanti altre informazioni statistiche sui beneficiari delle pensioni e sulle prestazioni nette di protezione sociale. Articolo 4 Modulo sui beneficiari delle pensioni 1. A partire dal primo anno di raccolta dei dati in applicazione del presente regolamento, al sistema centrale è aggiunto un modulo sui beneficiari delle pensioni. I temi sui quali raccogliere informazioni e le modalità per la fornitura e la diffusione dei dati sono oggetto dell’allegato II. 2. Il primo anno per il quale sono raccolti i dati è il 2008. Articolo 5 Moduli sulle prestazioni nette di protezione sociale 1. Entro la fine del 2008 tutti gli Stati membri effettuano un'indagine pilota di dati per il 2005 in vista dell'introduzione di un modulo sulle prestazioni nette di protezione sociale. I temi sui quali raccogliere informazioni e le modalità per la fornitura dei dati sono oggetto dell’allegato III. 2. Le misure relative all'avvio della raccolta completa dei dati nell'ambito del suddetto modulo sono adottate sulla base di una sintesi di tale indagine pilota di dati nazionali, a condizione che l'esito di un'ampia maggioranza di tali studi pilota sia positivo, secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 8, paragrafo 3. L'avvio di tale raccolta completa dei dati non inizia prima del 2010. Articolo 6 Fonti dei dati Le statistiche di protezione sociale sono fondate sulle seguenti fonti di dati, a seconda della disponibilità negli Stati membri e nel rispetto delle leggi e delle prassi nazionali: a) registri ed altre fonti amministrative; b) indagini; c) stime. Articolo 7 Modalità di esecuzione 1. Le modalità di esecuzione del presente regolamento tengono conto dei risultati di un'analisi costi-benefici e riguardano il sistema centrale ESSPROS di cui all'allegato I, il modulo sui beneficiari delle pensioni di cui all'allegato II e il modulo sulle prestazioni nette di protezione sociale di cui all'articolo 5. 2. Le misure che riguardano i formati per la trasmissione dei dati, i risultati da comunicare e i criteri di misurazione della qualità sono adottate secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 8, paragrafo 2. 3. Le misure che riguardano la decisione sul primo anno relativamente al quale devono essere raccolti i dati completi e le misure che riguardano la classificazione dettagliata dei dati, le definizioni da impiegare e l'aggiornamento delle norme di diffusione, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 8, paragrafo 3. Tali misure sono intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento, anche integrando il regolamento stesso. Articolo 8 Procedura 1. La Commissione è assistita dal comitato del programma statistico istituito dalla decisione 89/382/CEE, Euratom. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa. Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6 della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l'articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l'articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa. Articolo 9 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, addì 25 aprile 2007. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente G. GLOSER (1) GU C 309 del 16.12.2006, pag. 78. (2) Parere del Parlamento europeo del 30 novembre 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 22 marzo 2007. (3) GU L 314 del 13.10.2004, pag. 8. (4) GU L 52 del 22.2.1997, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). (5) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. Decisione modificata dalla decisione 2006/512/CE (GU L 200 del 22.7.2006, pag. 11). (6) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47. ALLEGATO I SISTEMA CENTRALE ESSPROS 1. Dati quantitativi per regime e prestazioni dettagliate Dati trasmessi In riferimento alla classificazione aggregata i dati trasmessi riguarderanno: Spese 1.1.1.1. Prestazioni di protezione sociale classificate per: a) funzione (corrispondente ad eventi o necessità), e b) all’interno di ogni funzione: soggette a particolari condizioni di reddito e non soggette a tali condizioni, prestazioni in denaro (suddivise in prestazioni periodiche e prestazioni ad importo forfetario) e prestazioni in natura. 1.1.1.2. Spese di amministrazione 1.1.1.3. Trasferimenti verso altri regimi 1.1.1.4. Altre spese Entrate 1.1.2.1. Contributi sociali 1.1.2.2. Contributi a carico delle amministrazioni pubbliche 1.1.2.3. Trasferimenti da altri regimi 1.1.2.4. Altre entrate I dati raccolti (in riferimento alla classificazione dettagliata) saranno forniti secondo la procedura di cui all’articolo 8, paragrafo 3. 1.2. Fornitura dei dati Le statistiche saranno fornite annualmente. I dati si riferiranno all’anno di calendario nel rispetto delle prassi nazionali. I dati per l'anno di calendario N, unitamente ad eventuali revisioni degli anni precedenti, vanno trasmessi entro il 30 giugno dell'anno N + 2. 1.3. Diffusione La Commissione (Eurostat) pubblicherà i dati sulle spese di protezione sociale a livello totale dei regimi entro il 31 ottobre dell’anno N + 2, basandosi sui dati dell'anno civile N. Nello stesso tempo la Commissione (Eurostat) diffonderà anche dati dettagliati per regime a determinati utenti (istituti nazionali che compilano i dati ESSPROS, servizi della Commissione ed istituzioni internazionali). Tali utenti saranno autorizzati a pubblicare solo informazioni riguardanti gruppi di regimi. 2. Informazione qualitativa per regimi e prestazioni dettagliate 2.1. Temi Per ogni regime l’informazione qualitativa comprende una descrizione generale del regime stesso, una descrizione dettagliata delle prestazioni ed informazioni su modifiche e riforme recenti. 2.2. Fornitura dei dati e aggiornamento dell’informazione qualitativa L’aggiornamento annuale di una serie completa di informazioni qualitative già fornite si limiterà alle eventuali modifiche del sistema di protezione sociale e sarà trasmesso unitamente ai dati quantitativi. 2.3. Diffusione La Commissione (Eurostat) diffonderà le informazioni qualitative a livello di regime entro il 31 ottobre dell'anno N + 2. ALLEGATO II MODULO SUI BENEFICIARI DELLE PENSIONI 1. Categorie di prestazioni Il modulo contiene dati sui beneficiari delle pensioni, definiti come soggetti riceventi una o più fra le seguenti prestazioni periodiche in denaro provenienti da un regime di protezione sociale: a) pensione di invalidità; b) assegno di pensione anticipata dovuta ad una riduzione della capacità lavorativa; c) pensione di vecchiaia; d) pensione di vecchiaia anticipata; e) pensione parziale; f) pensione di reversibilità; g) assegno di pensione anticipata per motivi inerenti al mercato del lavoro. 2. Fornitura dei dati Le statistiche saranno fornite annualmente. I dati saranno di stock e riferiti alla fine dell’anno di calendario. Il termine di trasmissione dei dati per l’anno N è la fine di maggio dell’anno N + 2; vanno osservate le seguenti suddivisioni: a) per regime di protezione sociale; b) per genere per il totale dei regimi. 3. Diffusione La Commissione (Eurostat) pubblicherà i dati per tutti i regimi entro il 31 ottobre dell’anno N + 2, basandosi sui dati dell'anno N. Nello stesso tempo la Commissione (Eurostat) diffonde anche dati dettagliati per regime a determinati utenti (istituti nazionali che compilano i dati ESSPROS, servizi della Commissione ed istituzioni internazionali). Tali utenti saranno autorizzati a pubblicare solo informazioni riguardanti gruppi di regimi. La Commissione (Eurostat) pubblicherà e diffonderà a determinati utenti (istituti nazionali che compilano i dati ESSPROS, servizi della Commissione ed istituzioni internazionali) i dati relativi al totale di ciascuna delle sette categorie entro il 31 ottobre dell'anno N + 2 basandosi sui dati dell'anno civile N. ALLEGATO III INDAGINE PILOTA DI DATI SULLE PRESTAZIONI NETTE DI PROTEZIONE SOCIALE 1. Temi Tale indagine riguarda il calcolo delle «prestazioni nette di protezione sociale». 2. Fornitura dei dati Deve essere indicata la parte di imposta sul reddito e di contributi sociali prelevata dalle prestazioni di protezione sociale per l'anno 2005, a seconda dei vari tipi di prestazioni in denaro, preferibilmente anche a seconda dei vari gruppi di regimi tassati in modo omogeneo. In casi difficili i risultati possono essere indicati per gruppi di prestazioni, ovvero può essere indicato il totale delle sette categorie di pensioni di cui all’allegato II o il totale delle prestazioni in denaro di una determinata funzione. I benefici fiscali saranno indicati separatamente per ogni voce secondo il metodo delle perdite di gettito.
Sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (ESSPROS) QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento stabilisce il sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (ESSPROS). Il sistema disciplina norme giuridiche volte a migliorare l’utilità delle attuali raccolte di dati in termini di tempestività, copertura e comparabilità. PUNTI CHIAVE Il regolamento istituisce un sistema europeo di statistiche integrate sulla protezione sociale, denominato ESSPROS. Esso disciplinaun insieme di regole, basate su norme, definizioni, nomenclature e regole contabili comuni, da utilizzare per la compilazione di statistiche su una base comparabile ad uso dell’UE; i termini per la trasmissione delle statistiche compilate. Le statistiche relative al sistema principale ESSPROS riguardano i flussi finanziari relativi alle spese e alle entrate nell’ambito della protezione sociale (dati quantitativi e qualitativi). Esse interessano i diversi regimi di protezione sociale. Oltre al sistema centrale, sono stati aggiunti moduli che comprendono informazioni statistiche supplementari in merito ad aspetti particolari della protezione sociale. Scopo del sistema ESSPROS si occupa delle statistiche relative ai flussi finanziari delle spese e delle entrate nell’ambito della sicurezza sociale. I dati vengono raccolti a partire dall’anno 2008, che costituisce il periodo di riferimento. Modulo sui beneficiari delle pensioni Si prevedeva di aggiungere un modulo sui beneficiari delle pensioni al sistema centrale a partire dal 2008, come periodo di riferimento. Moduli aggiuntivi Al fine di introdurre un modulo sulle prestazioni sociali nette*, le raccolte di dati pilota per l’anno 2005 dovevano essere eseguite in tutti i Paesi dell’UE entro la fine del 2008. Sulla base di una sintesi di detti dati pilota nazionali, è stata presa la decisione di introdurre questo modulo e di avviare la raccolta completa dei dati, a partire dal 2010. Fonti dati Le statistiche devono essere basate su registri e altre fonti amministrative, indagini e stime, in base alla loro disponibilità nei Paesi dell’UE e in conformità con le leggi e le pratiche nazionali. Disposizioni per l’attuazione La Commissione europea ha adottato regolamenti specifici per attuare il regolamento ESPROSS. Questi riguardano:formati per la trasmissione, risultati da trasmettere e criteri per la misurazione della qualità per il sistema centrale ESSPROS, e il modulo sui beneficiari delle pensioni (regolamento (CE) n. 1322/2007) e per il modulo sulle prestazioni nette di protezione sociale (Regolamento (UE) N. 110/2011); le definizioni, le classificazioni dettagliate e l’aggiornamento delle regole di disseminazione per il sistema centrale ESSPROS e il modulo sui beneficiari delle pensioni (Regolamento (CE) N. 10/2008); avvio della raccolta completa dei dati per il modulo ESSPROS sulle prestazioni nette di protezione sociale (Regolamento (UE) N. 263/2011). DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica dal 20 maggio 2007. CONTESTO GENERALE Per ulteriori informazioni, consultare:Sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (Eurostat). PUNTI CHIAVE Prestazioni sociali nette: trasferimenti, in denaro o in natura, da regimi di protezione sociale a famiglie e individui al fine di permettere loro di far fronte a uno o più rischi o esigenze quali:malattia e/o assistenza sanitaria,disabilità,vecchiaia,disoccupazione,problemi abitativi eesclusione sociale.Le prestazioni nette di protezione sociale tengono conto del loro valore al netto di eventuali imposte e contributi sociali versati dal beneficiario. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 458/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 aprile 2007, relativo al sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (ESSPROS) (GU L 113 del 30.4.2007, pag. 3). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 263/2011 della Commissione, del 17 marzo 2011, che attua il Regolamento (CE) n. 458/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (SESPROS) per quanto riguarda l’avvio della raccolta completa dei dati per il modulo ESSPROS sulle prestazioni nette di protezione sociale (GU L 71 del 18.3.2011, pag. 4). Regolamento (UE) n. 110/2011 della Commissione, dell’ 8 febbraio 2011, che attua il Regolamento (CE) n. 458/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (SESPROS) per quanto riguarda i formati appropriati per la trasmissione di dati, i risultati da trasmettere e i criteri per determinare la qualità del modulo ESSPROS sulle prestazioni nette di protezione sociale (GU L 34 del 9.2.2011, pag. 29). Regolamento (CE) n. 10/2008 della Commissione, dell’ 8 gennaio 2008, che attua il Regolamento (CE) n. 458/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (SESPROS) per quanto riguarda le definizioni, le classificazioni dettagliate e l’aggiornamento delle regole per la diffusione del sistema centrale ESSPROS e del modulo sui beneficiari delle pensioni (GU L 5 del 9.1.2008, pag. 3). Regolamento (CE) n. 1322/2007 della Commissione, del 12 novembre 2007, che attua il Regolamento (CE) n. 458/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale (SESPROS) per quanto riguarda i formati appropriati per la trasmissione, i risultati da trasmettere e i criteri per la misurazione della qualità per il sistema centrale ESSPROS e il modulo sui beneficiari delle pensioni (GU L 294 del 13.11.2007, pag. 5).
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98/317/CE: Decisione del Consiglio del 3 maggio 1998 a norma dell'articolo 109 J, paragrafo 4 del trattato Gazzetta ufficiale n. L 139 del 11/05/1998 pag. 0030 - 0035 DECISIONE DEL CONSIGLIO del 3 maggio 1998 a norma dell'articolo 109 J, paragrafo 4 del trattato (98/317/CE)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, riunito nella composizione dei capi di Stato o di governo,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 109 J, paragrafo 4,vista la relazione della Commissione,vista la relazione dell'Istituto monetario europeo,viste le raccomandazioni del Consiglio del 1° maggio 1998,visto il parere del Parlamento europeo (1),(1) considerando che, a norma dell'articolo 109 J, paragrafo 4 del trattato, la terza fase dell'Unione economica e monetaria (UEM) inizierà il 1° gennaio 1999;(2) considerando che, a norma dell'articolo 109 J, paragrafo 2 del trattato, in base alle relazioni presentate dalla Commissione e dall'Istituto monetario europeo sui progressi compiuti nell'adempimento, da parte degli Stati membri, degli obblighi relativi alla realizzazione dell'UEM, in data 1° maggio 1998 il Consiglio ha valutato se i singoli Stati membri soddisfino le condizioni necessarie per l'adozione di una moneta unica e ha trasmesso le seguenti conclusioni, sotto forma di raccomandazioni, al Consiglio riunito nella composizione dei Capi di Stato o di governo:Belgio In Belgio la legislazione nazionale, incluso lo statuto della banca centrale nazionale, è compatibile con gli articoli 107 e 108 del trattato e con lo statuto del Sistema europeo di banche centrali (SEBC).Per quanto riguarda il rispetto dei criteri di convergenza indicati nell'articolo 109 J, paragrafo 1, primo, secondo, terzo e quarto trattino del trattato:- il tasso medio di inflazione in Belgio nei dodici mesi fino al gennaio 1998 è stato dell'1,4 %, vale a dire inferiore al valore di riferimento;- il Belgio non è oggetto di una decisione del Consiglio circa l'esistenza di un disavanzo pubblico eccessivo;- il Belgio ha fatto parte del meccanismo di cambio negli ultimi due anni; in detto periodo il franco belga (BEF) non ha conosciuto gravi tensioni e il Belgio non ha svalutato di propria iniziativa il suo tasso centrale bilaterale nei confronti della moneta di qualsiasi altro Stato membro;- nei dodici mesi fino al gennaio 1998 il tasso medio di interesse a lungo termine in Belgio è stato del 5,7 %, vale a dire inferiore al valore di riferimento.Il Belgio ha realizzato un alto grado di sostenibile convergenza riguardo a tutti e quattro i criteri.Di conseguenza, il Belgio soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica.Germania In Germania la legislazione nazionale, incluso lo statuto della banca centrale nazionale, è compatibile con gli articoli 107 e 108 del trattato e con lo statuto del SEBC.Per quanto riguarda il rispetto dei criteri di convergenza indicati nell'articolo 109 J, paragrafo 1, primo, secondo, terzo e quarto trattino del trattato:- il tasso medio di inflazione in Germania nei dodici mesi fino al gennaio 1998 è stato dell'1,4 %, vale a dire inferiore al valore di riferimento;- la Germania non è oggetto di una decisione del Consiglio circa l'esistenza di un disavanzo pubblico eccessivo;- la Germania ha fatto parte del meccanismo di cambio negli ultimi due anni; in detto periodo il marco tedesco (DEM) non ha conosciuto gravi tensioni e la Germania non ha svalutato di propria iniziativa il suo tasso centrale bilaterale nei confronti della moneta di qualsiasi altro Stato membro;- nei dodici mesi fino al gennaio 1998 il tasso medio di interesse a lungo termine in Germania è stato del 5,6 %, vale a dire inferiore al valore di riferimento.La Germania ha realizzato un alto grado di sostenibile convergenza riguardo a tutti e quattro i criteri.Di conseguenza, la Germania soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica.Grecia In Grecia la legislazione nazionale, incluso lo statuto della banca centrale nazionale, è compatibile con gli articoli 107 e 108 del trattato e con lo statuto del SEBC.Per quanto riguarda il rispetto dei criteri di convergenza indicati nell'articolo 109 J, paragrafo 1, primo, secondo, terzo e quarto trattino del trattato:- il tasso medio di inflazione in Grecia nei dodici mesi fino al gennaio 1998 è stato del 5,2 %, vale a dire superiore al valore di riferimento;- il 26 settembre 1994 il Consiglio ha deciso che in Grecia esiste un disavanzo pubblico eccessivo e tale decisione non è stata abrogata;- la moneta della Grecia non ha fatto parte del meccanismo di cambio nei due anni aventi termine nel febbraio 1998; durante questo periodo la dracma greca (GRD) è stata relativamente stabile nei confronti delle monete facenti parte del meccanismo di cambio, ma è stata sottoposta, in alcune occasioni, a tensioni alle quali si è fatto fronte con aumenti temporanei dei tassi di interesse interni e con interventi sui cambi. La dracma greca ha aderito al meccanismo di cambio nel marzo 1998;- nei dodici mesi fino al gennaio 1998 il tasso medio di interesse a lungo termine in Grecia è stato del 9,8 %, vale a dire superiore al valore di riferimento.La Grecia non soddisfa i criteri di convergenza di cui all'articolo 109 J, paragrafo 1, primo, secondo, terzo e quarto trattino.Di conseguenza, la Grecia non soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica.Spagna In Spagna la legislazione nazionale, incluso lo statuto della banca centrale nazionale, è compatibile con gli articoli 107 e 108 del trattato e con lo statuto del SEBC.Per quanto riguarda il rispetto dei criteri di convergenza indicati nell'articolo 109 J, paragrafo 1, primo, secondo, terzo e quarto trattino del trattato:- il tasso medio di inflazione in Spagna nei dodici mesi fino al gennaio 1998 è stato dell'1,8 %, vale a dire inferiore al valore di riferimento;- la Spagna non è oggetto di una decisione del Consiglio circa l'esistenza di un disavanzo pubblico eccessivo;- la Spagna ha fatto parte del meccanismo di cambio negli ultimi due anni; in detto periodo la peseta spagnola (ESP) non ha conosciuto gravi tensioni e la Spagna non ha svalutato di propria iniziativa il suo tasso centrale bilaterale nei confronti della moneta di qualsiasi altro Stato membro;- nei dodici mesi fino al gennaio 1998 il tasso medio di interesse a lungo termine in Spagna è stato del 6,3 %, vale a dire inferiore al valore di riferimento.La Spagna ha realizzato un alto grado di sostenibile convergenza riguardo a tutti e quattro i criteri.Di conseguenza, la Spagna soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica.Francia La Francia ha adottato tutte le misure necessarie per far sì che la propria legislazione nazionale, incluso lo statuto della banca centrale nazionale, sia compatibile con gli articoli 107 e 108 del trattato e con lo statuto del SEBC.Per quanto riguarda il rispetto dei criteri di convergenza indicati nell'articolo 109 J, paragrafo 1, primo, secondo, terzo e quarto trattino del trattato:- il tasso medio di inflazione in Francia nei dodici mesi fino al gennaio 1998 è stato dell'1,2 %, vale a dire inferiore al valore di riferimento;- la Francia non è oggetto di una decisione del Consiglio circa l'esistenza di un disavanzo pubblico eccessivo;- la Francia ha fatto parte del meccanismo di cambio negli ultimi due anni; in detto periodo il franco francese (FRF) non ha conosciuto gravi tensioni e la Francia non ha svalutato di propria iniziativa il suo tasso centrale bilaterale nei confronti della moneta di qualsiasi altro Stato membro;- nei dodici mesi fino al gennaio 1998 il tasso medio di interesse a lungo termine in Francia è stato del 5,5 %, vale a dire inferiore al valore di riferimento.La Francia ha realizzato un alto grado di sostenibile convergenza riguardo a tutti e quattro i criteri.Di conseguenza, la Francia soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica.Irlanda In Irlanda la legislazione nazionale, incluso lo statuto della banca centrale nazionale, è compatibile con gli articoli 107 e 108 del trattato e con lo statuto del SEBC;Per quanto riguarda il rispetto dei criteri di convergenza indicati nell'articolo 109 J, paragrafo 1, primo, secondo, terzo e quarto trattino del trattato:- il tasso medio di inflazione in Irlanda nei dodici mesi fino al gennaio 1998 è stato dell'1,2 %, vale a dire inferiore al valore di riferimento;- nella seconda fase dell'UEM l'Irlanda non è stata oggetto di una decisione del Consiglio circa l'esistenza di un disavanzo pubblico eccessivo;- l'Irlanda ha fatto parte del meccanismo di cambio negli ultimi due anni; in detto periodo la sterlina irlandese (IEP) non ha conosciuto gravi tensioni e il suo tasso centrale bilaterale non è stato svalutato nei confronti della moneta di qualsiasi altro Stato membro; il 16 marzo 1998, su richiesta delle autorità irlandesi, i tassi centrali bilaterali della IEP nei confronti di tutte le altre monete aderenti agli accordi di cambio sono stati rivalutati del 3 %;- nei dodici mesi fino al gennaio 1998 il tasso medio di interesse a lungo termine in Irlanda è stato del 6,2 %, vale a dire inferiore al valore di riferimento.L'Irlanda ha realizzato un alto grado di sostenibile convergenza riguardo a tutti e quattro i criteri.Di conseguenza, l'Irlanda soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica.Italia In Italia la legislazione nazionale, incluso lo statuto della banca centrale nazionale, è compatibile con gli articoli 107 e 108 del trattato e con lo statuto del SEBC.Per quanto riguarda il rispetto dei criteri di convergenza indicati nell'articolo 109 J, paragrafo 1, primo, secondo, terzo e quarto trattino del trattato:- il tasso medio di inflazione in Italia nei dodici mesi fino al gennaio 1998 è stato dell'1,8 %, vale a dire inferiore al valore di riferimento;- l'Italia non è oggetto di una decisione del Consiglio circa l'esistenza di un disavanzo pubblico eccessivo;- l'Italia è rientrata nel meccanismo di cambio nel novembre 1996; nel periodo che va dal marzo al novembre 1996 la lira italiana (ITL) si è apprezzata rispetto alle monete facenti parte del meccanismo di cambio; da quando è rientrata nel meccanismo di cambio la lira non ha conosciuto gravi tensioni e l'Italia non ha svalutato di propria iniziativa il suo tasso centrale bilaterale nei confronti della moneta di qualsiasi altro Stato membro;- nei dodici mesi fino al gennaio 1998 il tasso medio di interesse a lungo termine in Italia è stato del 6,7 %, vale a dire inferiore al valore di riferimento.L'Italia soddisfa i criteri di convergenza di cui all'articolo 109 J, paragrafo 1, primo, secondo e quarto trattino; per quanto riguarda invece il criterio di cui al terzo trattino, la ITL, pur essendo rientrata nel meccanismo di cambio solo nel novembre 1996, ha dato prova di sufficiente stabilità negli ultimi due anni. Per questi motivi, l'Italia ha realizzato un alto grado di sostenibile convergenza.Di conseguenza, l'Italia soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica.Lussemburgo Il Lussemburgo ha adottato tutte le misure necessarie per far sì che la propria legislazione nazionale, incluso lo statuto della banca centrale nazionale, sia compatibile con gli articoli 107 e 108 del trattato e con lo statuto del SEBC.Per quanto riguarda il rispetto dei criteri di convergenza indicati nell'articolo 109 J, paragrafo 1, primo, secondo, terzo e quarto trattino del trattato:- il tasso medio di inflazione in Lussemburgo nei dodici mesi fino al gennaio 1998 è stato dell'1,4 %, vale a dire inferiore al valore di riferimento;- nella seconda fase dell'UEM il Lussemburgo non è stato oggetto di una decisione del Consiglio circa l'esistenza di un disavanzo pubblico eccessivo;- il Lussemburgo ha fatto parte del meccanismo di cambio negli ultimi due anni; in detto periodo il franco lussemburghese (LUF) non ha conosciuto gravi tensioni e il Lussemburgo non ha svalutato di propria iniziativa il suo tasso centrale bilaterale nei confronti della moneta di qualsiasi altro Stato membro;- nei dodici mesi fino al gennaio 1998 il tasso medio di interesse a lungo termine in Lussemburgo è stato del 5,6 %, vale a dire inferiore al valore di riferimento.Il Lussemburgo ha realizzato un alto grado di sostenibile convergenza riguardo a tutti e quattro i criteri.Di conseguenza, il Lussemburgo soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica.Paesi Bassi Nei Paesi Bassi la legislazione nazionale, incluso lo statuto della banca centrale nazionale, è compatibile con gli articoli 107 e 108 del trattato e con lo statuto del SEBC.Per quanto riguarda il rispetto dei criteri di convergenza indicati nell'articolo 109 J, paragrafo 1, primo, secondo, terzo e quarto trattino del trattato:- il tasso medio di inflazione nei Paesi Bassi nei dodici mesi fino al gennaio 1998 è stato dell'1,8 %, vale a dire inferiore al valore di riferimento;- i Paesi Bassi non sono oggetto di una decisione del Consiglio circa l'esistenza di un disavanzo pubblico eccessivo;- i Paesi Bassi hanno fatto parte del meccanismo di cambio negli ultimi due anni; in detto periodo il fiorino olandese (NLG) non ha conosciuto gravi tensioni ed i Paesi Bassi non hanno svalutato di propria iniziativa il loro tasso centrale bilaterale nei confronti della moneta di qualsiasi altro Stato membro;- nei dodici mesi fino al gennaio 1998 il tasso medio di interesse a lungo termine nei Paesi Bassi è stato del 5,5 %, vale a dire inferiore al valore di riferimento.I Paesi Bassi hanno realizzato un alto grado di sostenibile convergenza riguardo a tutti e quattro i criteri.Di conseguenza, i Paesi Bassi soddisfano le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica.Austria In Austria la legislazione nazionale, incluso lo statuto della banca centrale nazionale, è compatibile con gli articoli 107 e 108 del trattato e con lo statuto del SEBC.Per quanto riguarda il rispetto dei criteri di convergenza indicati nell'articolo 109 J, paragrafo 1, primo, secondo, terzo e quarto trattino del trattato:- il tasso medio di inflazione in Austria nei dodici mesi fino al gennaio 1998 è stato dell'1,1 %, vale a dire inferiore al valore di riferimento;- l'Austria non è oggetto di una decisione del Consiglio circa l'esistenza di un disavanzo pubblico eccessivo;- l'Austria ha fatto parte del meccanismo di cambio negli ultimi due anni; in detto periodo lo scellino austriaco (ATS) non ha conosciuto gravi tensioni e l'Austria non ha svalutato di propria iniziativa il suo tasso centrale bilaterale nei confronti della moneta di qualsiasi altro Stato membro;- nei dodici mesi fino al gennaio 1998 il tasso medio di interesse a lungo termine in Austria è stato del 5,6 %, vale a dire inferiore al valore di riferimento.L'Austria ha realizzato un alto grado di sostenibile convergenza riguardo a tutti e quattro i criteri.Di conseguenza, l'Austria soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica.Portogallo In Portogallo la legislazione nazionale, incluso lo statuto della banca centrale nazionale, è compatibile con gli articoli 107 e 108 del trattato e con lo statuto del SEBC.Per quanto riguarda il rispetto dei criteri di convergenza indicati nell'articolo 109 J, paragrafo 1, primo, secondo, terzo e quarto trattino del trattato:- il tasso medio di inflazione in Portogallo nei dodici mesi fino al gennaio 1998 è stato dell'1,8 %, vale a dire inferiore al valore di riferimento;- il Portogallo non è oggetto di una decisione del Consiglio circa l'esistenza di un disavanzo pubblico eccessivo;- il Portogallo ha fatto parte del meccanismo di cambio negli ultimi due anni; in detto periodo l'escudo portoghese (PTE) non ha conosciuto gravi tensioni e il Portogallo non ha svalutato di propria iniziativa il suo tasso centrale bilaterale nei confronti della moneta di qualsiasi altro Stato membro;- nei dodici mesi fino al gennaio 1998 il tasso medio di interesse a lungo termine in Portogallo è stato del 6,2 %, vale a dire inferiore al valore di riferimento.Il Portogallo ha realizzato un alto grado di sostenibile convergenza riguardo a tutti e quattro i criteri.Di conseguenza, il Portogallo soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica.Finlandia In Finlandia la legislazione nazionale, incluso lo statuto della banca centrale nazionale, è compatibile con gli articoli 107 e 108 del trattato e con lo statuto del SEBC.Per quanto riguarda il rispetto dei criteri di convergenza indicati nell'articolo 109 J, paragrafo 1, primo, secondo, terzo e quarto trattino del trattato:- il tasso medio di inflazione in Finlandia nei dodici mesi fino al gennaio 1998 è stato dell'1,3 %, vale a dire inferiore al valore di riferimento;- la Finlandia non è oggetto di una decisione del Consiglio circa l'esistenza di un disavanzo pubblico eccessivo;- la Finlandia ha fatto parte del meccanismo di cambio dall'ottobre 1996; nel periodo che va dal marzo all'ottobre 1996 il marco finlandese (FIM) si è apprezzato rispetto alle monete facenti parte del meccanismo di cambio; da quando ha aderito al meccanismo di cambio il marco finlandese non ha conosciuto gravi tensioni e la Finlandia non ha svalutato di propria iniziativa il suo tasso centrale bilaterale nei confronti della moneta di nessun altro Stato membro;- nei dodici mesi fino al gennaio 1998 il tasso medio di interesse a lungo termine in Finlandia è stato del 5,9 %, vale a dire inferiore al valore di riferimento.La Finlandia soddisfa i criteri di convergenza di cui all'articolo 109 J, paragrafo 1, primo, secondo e quarto trattino; per quanto riguarda invece il criterio di cui al terzo trattino, il FIM, pur essendo entrato a far parte del meccanismo di cambio solo nell'ottobre 1996, ha dato prova di sufficiente stabilità negli ultimi due anni. Per questi motivi, la Finlandia ha realizzato un alto grado di sostenibile convergenza.Di conseguenza, la Finlandia soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica.Svezia In Svezia la legislazione nazionale, incluso lo statuto della banca centrale nazionale, non è compatibile con gli articoli 107 e 108 del trattato e con lo statuto del SEBC.Per quanto riguarda il rispetto dei criteri di convergenza indicati nell'articolo 109 J, paragrafo 1, primo, secondo, terzo e quarto trattino del trattato:- il tasso medio di inflazione in Svezia nei dodici mesi fino al gennaio 1998 è stato dell'1,9 %, vale a dire inferiore al valore di riferimento;- la Svezia non è oggetto di una decisione del Consiglio circa l'esistenza di un disavanzo pubblico eccessivo;- la moneta della Svezia non ha mai fatto parte del meccanismo di cambio; nei due anni in esame la corona svedese (SEK) ha oscillato nei confronti delle monete che fanno parte del meccanismo di cambio, riflettendo, tra l'altro, l'assenza di un obiettivo di tasso di cambio;- nei dodici mesi fino al gennaio 1998 il tasso medio di interesse a lungo termine in Svezia è stato del 6,5 %, vale a dire inferiore al valore di riferimento.La Svezia soddisfa i criteri di convergenza di cui all'articolo 109 J, paragrafo 1, primo, secondo e quarto trattino, ma non soddisfa il criterio di cui all'articolo 109 J, paragrafo 1, terzo trattino.Di conseguenza, la Svezia non soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica.(3) considerando che il Consiglio, riunito nella composizione dei capi di Stato o di governo, dopo aver effettuato una valutazione complessiva dei singoli Stati membri, tenuto conto delle relazioni suindicate della Commissione e dell'Istituto monetario europeo, del parere del Parlamento europeo e delle raccomandazioni formulate dal Consiglio il 1° maggio 1998, conclude che il Belgio, la Germania, la Spagna, la Francia, l'Irlanda, l'Italia, il Lussemburgo, i Paesi Bassi, l'Austria, il Portogallo e la Finlandia soddisfano le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica;(4) considerando che la Grecia e la Svezia attualmente non soddisfano le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica; che, pertanto, alla Grecia e alla Svezia si applica la deroga di cui all'articolo 109 K del trattato;(5) considerando che, a norma del paragrafo 1 del protocollo n. 11 del trattato, il Regno Unito ha notificato al Consiglio che non intende passare alla terza fase dell'UEM il 1° gennaio 1999; che, in virtù di tale notifica, i paragrafi da 4 a 9 del protocollo n. 11 stabiliscono le disposizioni applicabili al Regno Unito fino alla data dell'eventuale passaggio del Regno Unito alla terza fase;(6) considerando che, a norma del paragrafo 1 del protocollo n. 12 del trattato e della decisione adottata a Edimburgo dai capi di Stato o di governo nel dicembre 1992, la Danimarca ha notificato al Consiglio che non intende partecipare alla terza fase dell'UEM; che, in virtù di tale notifica, tutti gli articoli e tutte le disposizioni del trattato e dello statuto del SEBC, che fanno riferimento ad una deroga, sono applicabili alla Danimarca;(7) considerando che, in virtù delle notifiche suindicate, il Consiglio non ha dovuto effettuare la valutazione di cui all'articolo 109 J, paragrafo 2 per quanto riguarda il Regno Unito e la Danimarca,HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:Articolo 1 Il Belgio, la Germania, la Spagna, la Francia, l'Irlanda, l'Italia, il Lussemburgo, i Paesi Bassi, l'Austria, il Portogallo e la Finlandia soddisfano le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica il 1° gennaio 1999.Articolo 2 Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.Articolo 3 La presente decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Fatto a Bruxelles, addì 3 maggio 1998.Per il ConsiglioIl presidenteT. BLAIR(1) Parere espresso il 2 maggio 1998 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
Designazione degli Stati membri che aderiscono alla terza fase dell'UEM (1999) Il Consiglio designa gli Stati membri che soddisfano le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica il 1° gennaio 1999. ATTO Decisione 98/317/CE del Consiglio, del 3 maggio 1998, a norma dell'articolo 121, paragrafo 4 del trattato [Gazzetta ufficiale L 139 dell'11.05.1998]. SINTESI Valutazione globale per Stato membro secondo i criteri di convergenza. BELGIO la legislazione nazionale è compatibile con gli articoli 108 e 109 del trattato e con lo statuto del SEBC; il tasso medio d'inflazione è pari all'1,4%, vale a dire inferiore al valore di riferimento; Il Belgio non è oggetto di una decisione del Consiglio circa l'esistenza di un disavanzo pubblico eccessivo; Il Belgio ha fatto parte del meccanismo di cambio negli ultimi due anni; il franco belga non ha conosciuto gravi tensioni e non è stato svalutato nei confronti della moneta di nessun altro Stato membro; il tasso medio d'interesse a lungo termine è del 5,7%, vale a dire inferiore al valore di riferimento. Il Belgio soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica. GERMANIA la legislazione nazionale è compatibile con gli articoli 108 e 109 del trattato e con lo statuto del SEBC; il tasso medio d'inflazione è pari all'1,4%, vale a dire inferiore al valore di riferimento; La Germania non è oggetto di una decisione del Consiglio circa l'esistenza di un disavanzo pubblico eccessivo; La Germania ha fatto parte del meccanismo di cambio negli ultimi due anni; il marco tedesco non ha conosciuto gravi tensioni e non è stato svalutato nei confronti della moneta di nessun altro Stato membro; il tasso medio d'interesse a lungo termine è del 5,6%, vale a dire inferiore al valore di riferimento. La Germania soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica. GRECIA la legislazione nazionale è compatibile con gli articoli 108 e 109 del trattato e con lo statuto del SEBC; il tasso medio d'inflazione è pari al 5,2%, vale a dire superiore al valore di riferimento; La Grecia è oggetto di una decisione del Consiglio circa l'esistenza di un disavanzo pubblico eccessivo; La Grecia non ha fatto parte del meccanismo di cambio negli ultimi due anni; la dracma è stata sottoposta a tensioni alle quali si è fatto fronte con un aumento dei tassi d'interesse e con interventi sui cambi; il tasso medio d'interesse a lungo termine è del 9,8%, vale a dire superiore al valore di riferimento. La Grecia (es de en fr) non soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica. SPAGNA la legislazione nazionale è compatibile con gli articoli 108 e 109 del trattato e con lo statuto del SEBC; il tasso medio d'inflazione è pari all'1,8%, vale a dire inferiore al valore di riferimento; La Spagna non è oggetto di una decisione del Consiglio circa l'esistenza di un disavanzo pubblico eccessivo; La Spagna ha fatto parte del meccanismo di cambio negli ultimi due anni; la peseta spagnola non ha conosciuto gravi tensioni e non è stata svalutata nei confronti della moneta di nessun altro Stato membro; il tasso medio d'interesse a lungo termine è del 6,3%, vale a dire inferiore al valore di riferimento. La Spagna soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica. FRANCIA la legislazione nazionale è compatibile con gli articoli 108 e 109 del trattato e con lo statuto del SEBC; il tasso medio d'inflazione è pari all'1,2%, vale a dire inferiore al valore di riferimento; La Francia non è oggetto di una decisione del Consiglio circa l'esistenza di un disavanzo pubblico eccessivo; La Francia ha fatto parte del meccanismo di cambio negli ultimi due anni; il franco francese non ha conosciuto gravi tensioni e non è stato svalutato nei confronti della moneta di nessun altro Stato membro; il tasso medio d'interesse a lungo termine è del 5,5%, vale a dire inferiore al valore di riferimento. La Francia soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica. IRLANDA la legislazione nazionale è compatibile con gli articoli 108 e 109 del trattato e con lo statuto del SEBC; il tasso medio d'inflazione è pari all'1,2%, vale a dire inferiore al valore di riferimento; L'Irlanda non è oggetto di una decisione del Consiglio circa l'esistenza di un disavanzo pubblico eccessivo; L'Irlanda ha fatto parte del meccanismo di cambio negli ultimi due anni; la sterlina irlandese non ha conosciuto gravi tensioni e non è stata svalutata nei confronti della moneta di nessun altro Stato membro; il tasso medio d'interesse a lungo termine è del 6,2%, vale a dire inferiore al valore di riferimento. L'Irlanda soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica. ITALIA la legislazione nazionale è compatibile con gli articoli 108 e 109 del trattato e con lo statuto del SEBC; il tasso medio d'inflazione è pari all'1,8%, vale a dire inferiore al valore di riferimento; L'Italia non è oggetto di una decisione del Consiglio circa l'esistenza di un disavanzo pubblico eccessivo; L'Italia è rientrata nel meccanismo di cambio nel novembre 1996; da quando è rientrata nel meccanismo la lira italiana non ha conosciuto gravi tensioni e non è stata svalutata nei confronti della moneta di nessun altro Stato membro; il tasso medio d'interesse a lungo termine è del 6,7%, vale a dire inferiore al valore di riferimento. L'Italia soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica. LUSSEMBURGO la legislazione nazionale è compatibile con gli articoli 108 e 109 del trattato e con lo statuto del SEBC; il tasso medio d'inflazione è pari all'1,4%, vale a dire inferiore al valore di riferimento; Il Lussemburgo non è oggetto di una decisione del Consiglio circa l'esistenza di un disavanzo pubblico eccessivo; Il Lussemburgo ha fatto parte del meccanismo di cambio negli ultimi due anni; il franco lussemburghese non ha conosciuto gravi tensioni e non è stato svalutato nei confronti della moneta di nessun altro Stato membro; il tasso medio d'interesse a lungo termine è del 5,6%, vale a dire inferiore al valore di riferimento. Il Lussemburgo soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica. PAESI BASSI la legislazione nazionale è compatibile con gli articoli 108 e 109 del trattato e con lo statuto del SEBC; il tasso medio d'inflazione è pari all'1,8%, vale a dire inferiore al valore di riferimento; I Paesi Bassi non sono oggetto di una decisione del Consiglio circa l'esistenza di un disavanzo pubblico eccessivo; I Paesi Bassi hanno partecipato al meccanismo di cambio negli ultimi due anni; il fiorino olandese non ha conosciuto gravi tensioni e non è stato svalutato nei confronti della moneta di nessun altro Stato membro; il tasso medio d'interesse a lungo termine è del 5,5%, vale a dire inferiore al valore di riferimento. I Paesi Bassi soddisfano le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica. AUSTRIA la legislazione nazionale è compatibile con gli articoli 108 e 109 del trattato e con lo statuto del SEBC; il tasso medio d'inflazione è pari all'1,1%, vale a dire inferiore al valore di riferimento; L'Austria non è oggetto di una decisione del Consiglio circa l'esistenza di un disavanzo pubblico eccessivo; L'Austria ha fatto parte del meccanismo di cambio negli ultimi due anni; lo scellino austriaco non ha conosciuto gravi tensioni e non è stato svalutato nei confronti della moneta di nessun altro Stato membro; il tasso medio d'interesse a lungo termine è del 5,6%, vale a dire inferiore al valore di riferimento. L'Austria soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica. PORTOGALLO la legislazione nazionale è compatibile con gli articoli 108 e 109 del trattato e con lo statuto del SEBC; il tasso medio d'inflazione è pari all'1,8%, vale a dire inferiore al valore di riferimento; Il Portogallo non è oggetto di una decisione del Consiglio circa l'esistenza di un disavanzo pubblico eccessivo; Il Portogallo ha fatto parte del meccanismo di cambio negli ultimi due anni; l'escudo portoghese non ha conosciuto gravi tensioni e non è stato svalutato nei confronti della moneta di nessun altro Stato membro; il tasso medio d'interesse a lungo termine è del 6,2%, vale a dire inferiore al valore di riferimento. Il Portogallo soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica. FINLANDIA la legislazione nazionale è compatibile con gli articoli 108 e 109 del trattato e con lo statuto del SEBC; il tasso medio d'inflazione è pari all'1,3%, vale a dire inferiore al valore di riferimento; La Finlandia non è oggetto di una decisione del Consiglio circa l'esistenza di un disavanzo pubblico eccessivo; La Finlandia fa parte del meccanismo di cambio dall'ottobre 1996; da quando ha aderito al meccanismo di cambio il marco finlandese non ha conosciuto gravi tensioni e non è stato svalutato nei confronti della moneta di nessun altro Stato membro; il tasso medio d'interesse a lungo termine è del 5,9%, vale a dire inferiore al valore di riferimento. La Finlandia soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica. SVEZIA la legislazione nazionale non è compatibile con gli articoli 108 e 109 del trattato e con lo statuto del SEBC; il tasso medio d'inflazione è pari all'1,9%, vale a dire inferiore al valore di riferimento; La Svezia non è oggetto di una decisione del Consiglio circa l'esistenza di un disavanzo pubblico eccessivo; La Svezia non ha mai fatto parte del meccanismo di cambio; nel corso degli ultimi due anni, la corona svedese ha oscillato nei confronti delle monete che fanno parte del meccanismo di cambio; il tasso medio d'interesse a lungo termine è del 6,5%, vale a dire inferiore al valore di riferimento. La Svezia (es de en fr) non soddisfa le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica. Contesto Il Regno Unito (es de en fr) ha notificato al Consiglio che non intende passare alla terza fase dell'UEM il 1° gennaio 1999. La Danimarca (es de en fr) ha notificato al Consiglio che non intende passare alla terza fase dell'UEM. La Grecia (es de en fr) e la Svezia (es de en fr), che non soddisfano le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica, saranno oggetto della deroga di cui all'articolo 122 del trattato. Il Belgio, la Germania, la Spagna, la Francia, l'Irlanda, l'Italia, il Lussemburgo, i Paesi Bassi, l'Austria, il Portogallo e la Finlandia soddisfano le condizioni necessarie per l'adozione della moneta unica il 1° gennaio 1999.
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32019L0997
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DIRETTIVA (UE) 2019/997 DEL CONSIGLIO del 18 giugno 2019 che istituisce un documento di viaggio provvisorio dell'UE e abroga la decisione 96/409/PESC IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 23, secondo comma, vista la proposta della Commissione europea, visto il parere del Parlamento europeo (1), deliberando secondo una procedura legislativa speciale, considerando quanto segue: (1) La cittadinanza dell'Unione è lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri. Essa conferisce ai cittadini dell'Unione il diritto di godere, nel territorio di un paese terzo nel quale lo Stato membro di cui hanno la cittadinanza non è rappresentato, della tutela delle autorità diplomatiche e consolari di un altro Stato membro, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato membro. La direttiva (UE) 2015/637 del Consiglio (2) conferisce efficacia a tale diritto stabilendo le misure di coordinamento e cooperazione necessarie per facilitare la tutela consolare dei cittadini dell'Unione non rappresentati. (2) La direttiva (UE) 2015/637 assimila i documenti di viaggio provvisori a un tipo di assistenza consolare dovuta dalle ambasciate e dai consolati degli Stati membri ai cittadini dell'Unione non rappresentati. Il documento di viaggio provvisorio è un documento di sola andata che consente al titolare di rimpatriare o eccezionalmente di raggiungere un'altra destinazione, nell'eventualità che non disponga del suo regolare documento di viaggio, poiché per esempio smarrito o rubato. Un'altra destinazione potrebbe essere, fra l'altro, un paese limitrofo o un paese ugualmente vicino in cui lo Stato membro di cittadinanza del cittadino non rappresentato disponga di un'ambasciata o di un consolato. (3) La decisione 96/409/PESC dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio (3) ha istituito un documento di viaggio provvisorio di modello uniforme, rilasciato dagli Stati membri ai cittadini dell'Unione nel territorio di paesi in cui lo Stato membro di cittadinanza di questi cittadini non dispone di rappresentanza diplomatica o consolare permanente. Occorre ora aggiornare le disposizioni della richiamata decisione e stabilire un modello moderno e più sicuro di documento di viaggio provvisorio dell'UE («ETD UE»). È opportuno assicurare coerenza tra le condizioni specifiche e la procedura di rilascio dell'ETD UE e le norme generali sulla tutela consolare dettate dalla direttiva (UE) 2015/637 in quanto questa si applica, compresa la procedura finanziaria ivi menzionata all'articolo 14, al rilascio dell'ETD UE ai cittadini non rappresentati. La presente direttiva dovrebbe prevedere norme supplementari da applicarsi contestualmente alle norme previste dalla direttiva (UE) 2015/637, ove necessario. (4) Su richiesta dell'interessato dovrebbe essere rilasciato un ETD UE a qualsiasi cittadino non rappresentato in un paese terzo il cui passaporto o documento di viaggio sia stato smarrito, rubato o distrutto, o non possa essere altrimenti ottenuto entro un lasso di tempo ragionevole, per esempio per i neonati nati durante il viaggio o per le persone i cui documenti siano scaduti e non possano essere facilmente sostituiti dallo Stato membro di cittadinanza. L'ETD UE dovrebbe essere rilasciato una volta che lo Stato membro che presta assistenza al cittadino non rappresentato abbia ricevuto conferma della sua cittadinanza e identità dallo Stato membro di cittadinanza. (5) Poiché la perdita del passaporto o documento di viaggio può causare gravi difficoltà ai cittadini non rappresentati nei paesi terzi, è necessario stabilire una procedura semplificata per la cooperazione e il coordinamento tra lo Stato membro che presta assistenza e lo Stato membro di cittadinanza del cittadino non rappresentato. Gli Stati membri dovrebbero garantire che le consultazioni siano effettuate il più rapidamente possibile, di norma entro pochi giorni lavorativi. Al tempo stesso è necessario mantenere una flessibilità sufficiente in casi eccezionali. Solo in casi di estrema urgenza allo Stato membro che presta assistenza dovrebbe essere consentito di rilasciare un ETD UE senza previa consultazione dello Stato membro di cittadinanza. Prima di procedere, gli Stati membri dovrebbero di norma aver esaurito tutti i mezzi di comunicazione disponibili con lo Stato membro di cittadinanza. Per esempio, gli Stati membri dovrebbero prima tentare di trasmettere una parte delle informazioni pertinenti, come il nome, la cittadinanza e la data di nascita del richiedente. In tali situazioni lo Stato membro che presta assistenza dovrebbe informare lo Stato membro di cittadinanza quanto prima dell'assistenza concessa a suo nome e garantire che questo sia adeguatamente informato. (6) Per motivi di sicurezza i beneficiari dell'ETD UE dovrebbero restituire il documento provvisorio una volta giunti a destinazione, per esempio alle guardie di frontiera o alle autorità competenti per il rilascio dei passaporti. È poi opportuno che sia conservata una copia o una scansione dell'ETD UE presso l'autorità di rilascio dello Stato membro che presta assistenza e che una seconda copia o scansione sia inviata allo Stato membro di cittadinanza del beneficiario. È altresì opportuno che l'ETD UE, una volta restituito, e le copie conservate siano distrutti quanto prima possibile. (7) I cittadini non rappresentati dovrebbero poter chiedere un ETD UE all'ambasciata o al consolato di qualsiasi Stato membro. Come stipulato nella direttiva (UE) 2015/637, gli Stati membri hanno la possibilità di concludere accordi pratici sulla condivisione delle responsabilità di rilasciare un ETD UE a cittadini non rappresentati. Gli Stati membri che ricevono domande di ETD UE dovrebbero valutare caso per caso l'opportunità di rilasciare tale documento oppure di trasferire il caso all'ambasciata o al consolato designato quale competente in conformità di specifici accordi esistenti. (8) In linea con il suo obiettivo di documento di sola andata, l'ETD UE dovrebbe essere valido per il periodo necessario a compiere tale tragitto. Considerate le possibilità e la velocità dei viaggi moderni, la validità di un ETD UE non dovrebbe superare, salvo circostanze eccezionali, i 15 giorni di calendario. (9) Oltre al rilascio di un ETD UE a cittadini non rappresentati in paesi terzi, la presente direttiva non dovrebbe precludere agli Stati membri la possibilità di rilasciare un ETD UE in altre situazioni, tenuto conto della legislazione e della prassi nazionali. Gli Stati membri dovrebbero inoltre poter rilasciare un ETD UE ai loro stessi cittadini, ai cittadini dell'Unione non rappresentati all'interno del territorio degli Stati membri e a cittadini di un altro Stato membro rappresentato nel paese in cui cercano di ottenere un ETD UE. In tal caso è opportuno che gli Stati membri prendano le misure necessarie per evitare abusi e frodi. Tuttavia, gli Stati membri potrebbero anche decidere di non rilasciare un ETD UE in tali situazioni. (10) In conformità dell'articolo 5 della direttiva (UE) 2015/637 e al fine di garantire l'efficacia del diritto sancito all'articolo 20, paragrafo 2, lettera c), del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) e del diritto al rispetto della vita privata e familiare sancito all'articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea («Carta»), e tenendo conto del diritto e della prassi nazionali, lo Stato membro che presta assistenza dovrebbe essere in grado di rilasciare un ETD UE ai familiari che non sono cittadini dell'Unione, che accompagnano cittadini dell'Unione, qualora detti familiari siano residenti legali in uno Stato membro, viste le particolari circostanze del singolo caso. (11) Oltre all'ETD UE, alcuni familiari che non sono cittadini dell'Unione potrebbero essere assoggettati all'obbligo di ottenere un visto per ritornare nel territorio dell'Unione. In conformità dell'articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (4), i familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro sono soltanto assoggettati all'obbligo del visto d'ingresso, conformemente al regolamento (UE) 2018/1806 del Parlamento europeo e del Consiglio (5) o, se del caso, alla legislazione nazionale. Il possesso della carta di soggiorno di cui all'articolo 10 della direttiva 2004/38/CE, in corso di validità, esonera detti familiari dal requisito di ottenere tale visto. Gli Stati membri devono concedere a dette persone ogni agevolazione affinché ottengano i visti necessari. Tali visti devono essere rilasciati il più presto possibile in base a una procedura accelerata e sono gratuiti. (12) L'ETD UE dovrebbe essere costituito da un modulo uniforme ETD UE e da un adesivo uniforme ETD UE. L'ETD UE dovrebbe contenere tutte le informazioni necessarie e soddisfare elevati requisiti tecnici, in particolare per quanto attiene alle garanzie contro la contraffazione e la falsificazione. Dovrebbe essere efficiente in termini di costi, idoneo all'uso in tutti gli Stati membri e presentare caratteristiche di sicurezza universalmente riconoscibili, visibili a occhio nudo. (13) Il modulo uniforme ETD UE dovrebbe comprendere pagine bianche cui poter apporre eventuali visti. Il modulo dovrebbe fungere da substrato per l'adesivo uniforme ETD UE in cui figurano le pertinenti informazioni sul beneficiario. L'adesivo uniforme ETD UE dovrebbe ricalcare il modello uniforme per i visti stabilito dal regolamento (CE) n. 1683/95 del Consiglio (6), e dovrebbe contenere analoghe caratteristiche di sicurezza. L'adesivo uniforme ETD UE dovrebbe essere compilato, usando le stesse stampanti dei visti, presso l'ambasciata o il consolato dello Stato membro che presta assistenza. In caso di forza maggiore tecnica, dovrebbe essere possibile compilare manualmente l'adesivo uniforme ETD UE. Per evitare rischi di minore accettazione e di sicurezza, la compilazione manuale dovrebbe essere quanto più limitata possibile e dovrebbe avere luogo solo se l'adesivo uniforme ETD UE compilato mediante stampante non può essere rilasciato entro un lasso di tempo ragionevole. (14) Onde aumentare la sicurezza e la velocità della procedura di rilascio, è opportuno rilevare l'immagine del volto del richiedente usata per l'ETD UE direttamente presso l'ambasciata o il consolato con una fotocamera digitale o mezzo equivalente. Solo nei casi in cui ciò non sia possibile, è consentito utilizzare una fotografia dopo che l'ambasciata o il consolato abbiano garantito che corrisponde alla persona del richiedente. La stessa immagine del volto o fotografia dovrebbe quindi essere trasferita allo Stato membro di cittadinanza per conferma dell'identità del richiedente. (15) È opportuno che la presente direttiva stabilisca prescrizioni che non dovrebbero restare segrete. Se del caso, potrebbe essere necessario integrare tali prescrizioni con prescrizioni complementari segrete per evitare contraffazioni e falsificazioni. (16) Affinché le informazioni sulle prescrizioni tecniche complementari non siano divulgate a più persone di quanto necessario, ciascuno Stato membro dovrebbe designare un organismo responsabile della realizzazione dei moduli e degli adesivi uniformi di ETD UE. A fini di efficienza, gli Stati membri sono incoraggiati a designare un unico organismo. Gli Stati membri dovrebbero avere la facoltà di cambiare l'organismo da essi designato, se necessario. Per motivi di sicurezza, ciascuno Stato membro dovrebbe comunicare il nome dell'organismo in questione alla Commissione e agli altri Stati membri. (17) Al fine di rispondere alla necessità di adeguare le prescrizioni del modulo e dell'adesivo uniformi ETD UE in seguito ai progressi tecnici, nonché di cambiare lo Stato membro responsabile della fornitura dei facsimile per la notifica del modello uniforme di ETD UE ai paesi terzi, dovrebbe essere delegato alla Commissione il potere di adottare atti conformemente all'articolo 290 TFUE. È di particolare importanza che durante i lavori preparatori la Commissione svolga adeguate consultazioni, anche a livello di esperti, nel rispetto dei principi stabiliti nell'accordo interistituzionale del 13 aprile 2016«Legiferare meglio» (7). In particolare, al fine di garantire la parità di partecipazione alla preparazione degli atti delegati, il Consiglio riceve tutti i documenti contemporaneamente agli esperti degli Stati membri, e i suoi esperti hanno sistematicamente accesso alle riunioni dei gruppi di esperti della Commissione incaricati della preparazione di tali atti delegati. (18) Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione della presente direttiva riguardo alle prescrizioni tecniche e agli indicatori complementari per il monitoraggio dell'applicazione della direttiva, è opportuno attribuire alla Commissione competenze di esecuzione. È altresì opportuno che tali competenze siano esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (8). (19) Affinché cresca l'accettazione dell'ETD UE, le delegazioni dell'Unione nei paesi terzi dovrebbero notificare alle autorità competenti di detti paesi il modello uniforme di ETD UE e tutte le successive modifiche, riferire in merito all'accettazione dell'ETD UE da parte dei paesi terzi e promuoverne l'uso. I facsimile a tal fine utilizzati dovrebbero essere forniti al servizio europeo per l'azione esterna (SEAE) da uno Stato membro con il sostegno della Commissione. (20) La presente direttiva non dovrebbe pregiudicare disposizioni nazionali più favorevoli, purché con essa compatibili. (21) Al trattamento dei dati personali effettuato dagli Stati membri nell'attuare la presente direttiva è opportuno applicare il regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio (9). Il sistema ETD UE esige il trattamento dei dati personali necessari a verificare l'identità del richiedente, stampare l'adesivo uniforme ETD UE e agevolare il viaggio dell'interessato. È necessario specificare ulteriormente le garanzie applicabili ai dati personali trattati, quali il termine massimo di conservazione dei dati personali raccolti. Onde assicurare la riscossione dei diritti applicabili ed evitare eventuali abusi o altre attività fraudolente è necessario un termine massimo di conservazione di 180 giorni per lo Stato membro che presta assistenza e di due anni per lo Stato membro di cittadinanza. La cancellazione dei dati personali dei richiedenti non dovrebbe incidere sulla capacità degli Stati membri di monitorare l'applicazione della presente direttiva. (22) In conformità dei punti 22 e 23 dell'accordo interistituzionale del 13 aprile 2016«Legiferare meglio», la Commissione dovrebbe valutare la presente direttiva in particolare sulla base di informazioni raccolte tramite specifici dispositivi di monitoraggio per stimare l'incidenza della stessa direttiva e l'esigenza di ulteriori interventi. Tale valutazione potrebbe anche tenere conto di futuri sviluppi tecnici che consentano l'introduzione di documenti di viaggio provvisori elettronici (eETD). (23) Poiché l'obiettivo della presente direttiva, vale a dire stabilire le misure necessarie per facilitare la tutela consolare dei cittadini non rappresentati mediante il rilascio di documenti di viaggio provvisori sicuri e ampiamente accettati, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della necessità di evitare la frammentazione e la conseguente minore accettazione dei documenti di viaggio provvisori rilasciati dagli Stati membri ai cittadini non rappresentati, può essere conseguito meglio a livello di Unione, quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea (TUE). La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (24) La presente direttiva mira a promuovere la tutela consolare garantita dall'articolo 46 della Carta. Essa rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti in particolare dalla Carta, incluso il diritto al rispetto della vita privata e familiare e il diritto alla protezione dei dati personali. La presente direttiva dovrebbe essere interpretata e applicata conformemente a tali diritti e principi. (25) È opportuno abrogare la decisione 96/409/PESC, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: CAPO I OGGETTO E DEFINIZIONI Articolo 1 Oggetto La presente direttiva disciplina le condizioni e la procedura per il rilascio ai cittadini non rappresentati in paesi terzi di un documento di viaggio provvisorio dell'UE («ETD UE») e stabilisce un modello uniforme per tale documento. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni: 1) «cittadino non rappresentato»: qualsiasi cittadino avente la cittadinanza di uno Stato membro non rappresentato in un paese terzo di cui all'articolo 6 della direttiva (UE) 2015/637; 2) «richiedente»: la persona che presenta domanda di ETD UE; 3) «beneficiario»: la persona cui è rilasciato l'ETD UE; 4) «Stato membro che presta assistenza»: lo Stato membro destinatario della domanda di ETD UE; 5) «Stato membro di cittadinanza»: lo Stato membro di cui il richiedente si dichiara cittadino; 6) «giorni lavorativi»: tutti i giorni eccetto i giorni festivi o i fine settimana osservati dall'autorità tenuta ad agire. CAPO II DOCUMENTO DI VIAGGIO PROVVISORIO DELL'UE Articolo 3 Documento di viaggio provvisorio dell'UE 1. Il documento di viaggio provvisorio dell'UE («ETD UE») è un documento di viaggio rilasciato da uno Stato membro a un cittadino non rappresentato in un paese terzo per un viaggio di sola andata nello Stato membro di cittadinanza o di residenza di quel cittadino, su richiesta di quest'ultimo, o eccezionalmente verso altra destinazione. Gli Stati membri possono altresì decidere di rilasciare un ETD UE ad altri beneficiari a norma dell'articolo 7. 2. Gli Stati membri rilasciano un ETD UE ai cittadini non rappresentati nei paesi terzi il cui passaporto o documento di viaggio sia stato smarrito, rubato o distrutto, o non possa essere altrimenti ottenuto entro un lasso di tempo ragionevole, secondo la procedura descritta all'articolo 4. Articolo 4 Procedura 1. Quando uno Stato membro riceve una domanda di ETD UE, esso consulta quanto prima, e non oltre due giorni lavorativi dal ricevimento della domanda, lo Stato membro di cittadinanza conformemente all'articolo 10, paragrafo 2, della direttiva (UE) 2015/637 per verificare la cittadinanza e l'identità del richiedente. 2. Lo Stato membro che presta assistenza fornisce allo Stato membro di cittadinanza tutte le informazioni pertinenti, tra cui: a) cognome e nome/i del richiedente, cittadinanza, data di nascita e sesso; b) un'immagine del volto del richiedente rilevata dalle autorità dello Stato membro che presta assistenza al momento della domanda o, solo nei casi in cui ciò non sia possibile, una fotografia digitale o scansionata del richiedente, in base alle norme stabilite nella parte 3 del documento 9303 dell'Organizzazione per l'aviazione civile internazionale (ICAO) sui documenti di viaggio a lettura ottica (Settima edizione, 2015) («documento ICAO 9303»); c) una copia o una scansione di tutti i mezzi di identificazione disponibili, quali la carta d'identità o la patente di guida, e, se disponibile, il tipo e numero del documento sostituito e il numero di registrazione nazionale o di sicurezza sociale. 3. Quanto prima e non oltre tre giorni lavorativi dal ricevimento delle informazioni di cui al paragrafo 2, lo Stato membro di cittadinanza risponde alla consultazione conformemente all'articolo 10, paragrafo 3, della direttiva (UE) 2015/637 e conferma se il richiedente è suo cittadino. Se non è in grado di rispondere entro tre giorni lavorativi, lo Stato membro di cittadinanza ne informa, entro tale termine, lo Stato membro che presta assistenza e fornisce una stima del momento in cui dovrebbe pervenire la risposta. Lo Stato membro che presta assistenza ne informa opportunamente il richiedente. In caso di conferma della cittadinanza del richiedente, lo Stato membro che presta assistenza rilascia a quest'ultimo l'ETD UE quanto prima e non oltre due giorni lavorativi dal ricevimento della conferma. 4. Se lo Stato membro di cittadinanza si oppone al rilascio di un ETD UE a uno dei suoi cittadini, ne informa lo Stato membro che presta assistenza. In tal caso, l'ETD UE non è rilasciato e lo Stato membro di cittadinanza si assume la responsabilità di offrire tutela consolare al proprio cittadino conformemente ai suoi obblighi giuridici e alla prassi nazionale. Lo Stato membro che presta assistenza, in stretta consultazione con lo Stato membro di cittadinanza, ne informa opportunamente il richiedente. 5. In casi giustificati gli Stati membri possono disporre di termini più lunghi rispetto a quelli di cui ai paragrafi 1 e 3. 6. In casi di estrema urgenza lo Stato membro che presta assistenza può rilasciare un ETD UE senza previa consultazione dello Stato membro di cittadinanza. Prima di procedere, lo Stato membro che presta assistenza deve aver esaurito i mezzi di comunicazione disponibili con lo Stato membro di cittadinanza. Lo Stato membro che presta assistenza comunica quanto prima allo Stato membro di cittadinanza l'effettivo rilascio di un ETD UE e l'identità della persona cui è stato rilasciato. Tale comunicazione ricomprende tutti i dati figuranti nell'ETD UE. 7. L'autorità dello Stato membro che rilascia l'ETD UE conserva una copia o una scansione di ciascun documento rilasciato e ne invia una seconda copia o scansione allo Stato membro di cittadinanza del richiedente. 8. È fatto obbligo al beneficiario di un ETD UE di restituire il documento, che sia o meno scaduto, all'arrivo a destinazione. 9. La Commissione può adottare atti di esecuzione per istituire un modulo standard di domanda di ETD UE contenente informazioni sull'obbligo di restituire l'ETD UE all'arrivo. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 12, paragrafo 2. Articolo 5 Disposizioni finanziarie 1. Lo Stato membro che presta assistenza riscuote dal richiedente i diritti applicati ai propri cittadini per il rilascio dei documenti provvisori nazionali. 2. Lo Stato membro che presta assistenza può rinunciare alla riscossione di diritti in generale o in situazioni specifiche da esso stabilite. 3. Qualora non siano in grado di versare allo Stato membro che presta assistenza i diritti applicabili al momento della presentazione della domanda, i richiedenti si impegnano a rimborsare lo Stato membro di cittadinanza utilizzando il modulo standard di cui all'allegato I della direttiva (UE) 2015/637. In tali casi si applicano l'articolo 14, paragrafo 2, e l'articolo 15 della direttiva (UE) 2015/637. Articolo 6 Validità L'ETD UE ha una validità pari alla durata del viaggio per il quale è stato rilasciato. Rientrano nel calcolo di tale durata le soste notturne necessarie e il tempo richiesto per le coincidenze di trasporto. Il periodo di validità comprende una «franchigia» aggiuntiva di due giorni. Salvo circostanze eccezionali la validità di un ETD UE non può superare i 15 giorni di calendario. Articolo 7 Rilascio facoltativo di un ETD UE 1. Se il passaporto o il documento di viaggio del richiedente è stato smarrito, rubato o distrutto, o non può essere altrimenti ottenuto entro un lasso di tempo ragionevole, uno Stato membro può rilasciare un ETD UE: a) ai suoi stessi cittadini; b) ai cittadini dell'Unione non rappresentati all'interno del territorio degli Stati membri, inclusi i paesi e i territori d'oltremare di cui all'articolo 355, paragrafo 2, primo comma, TFUE; c) ai cittadini di un altro Stato membro che è rappresentato nel paese in cui cercano di ottenere un ETD UE e in cui esistono a tal fine accordi tra gli Stati membri interessati; d) ai familiari che non sono cittadini dell'Unione e che accompagnano cittadini dell'Unione non rappresentati in un paese terzo o cittadini dell'Unione di cui alle lettere a), b) o c), qualora detti familiari siano residenti legali in uno Stato membro, fatti salvi eventuali obblighi di visto applicabili; e) ad altre persone alle quali detto Stato membro o un altro Stato membro sono tenuti a fornire tutela a norma del diritto internazionale o nazionale e che sono residenti legali in uno Stato membro. 2. Qualora uno Stato membro rilasci un ETD UE in conformità: a) del paragrafo 1, lettere b) o c), la consultazione ai sensi dell'articolo 4 interessa lo Stato membro di cittadinanza dei cittadini dell'Unione; b) del paragrafo 1, lettera d), la consultazione ai sensi dell'articolo 4 interessa lo Stato membro di cittadinanza del cittadino dell'Unione accompagnato e, se necessario, lo Stato membro di residenza del familiare. In deroga all'articolo 4, paragrafo 6, nessun ETD UE è rilasciato senza previa consultazione dello Stato membro di cittadinanza del cittadino dell'Unione accompagnato e, se necessario, dello Stato membro di residenza del familiare; c) del paragrafo 1, lettera e), del presente articolo, la consultazione ai sensi dell'articolo 4 interessa lo Stato membro tenuto a fornire tutela al richiedente a norma del diritto internazionale o nazionale, che sarà il paese di destinazione indicato nell'ETD UE. CAPITOLO III MODELLO UNIFORME DI ETD UE Articolo 8 Modello uniforme di ETD UE 1. L'ETD UE è costituito da un modulo uniforme ETD UE e da un adesivo uniforme ETD UE. Tale modulo e tale adesivo sono conformi alle prescrizioni di cui agli allegati I e II e alle prescrizioni tecniche complementari definite ai sensi dell'articolo 9. 2. Al momento della compilazione dell'adesivo uniforme ETD UE, le sezioni di cui all'allegato II e la zona a lettura ottica sono completate in conformità del documento ICAO 9303. 3. Al fine di conseguire gli obiettivi della presente direttiva, in particolare garantire l'esercizio del diritto alla tutela consolare sulla base di un modello di ETD UE moderno e sicuro, alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati, conformemente all'articolo 11, per modificare gli allegati I e II e i riferimenti alle norme stabilite dall'ICAO di cui al paragrafo 2 del presente articolo e all'articolo 4, paragrafo 2, lettera b), in seguito ai progressi tecnici. 4. Gli Stati membri possono aggiungere le necessarie menzioni nazionali nella sezione «annotazioni» dell'adesivo uniforme ETD UE di cui al punto 9 dell'allegato II. Tali menzioni nazionali non duplicano le sezioni di cui all'allegato II. 5. Tutte le menzioni sull'adesivo uniforme ETD UE, compresa l'immagine del volto, sono stampate. Non sono ammesse modifiche manuali dell'adesivo uniforme ETD UE. In via eccezionale, in caso di forza maggiore tecnica, è consentito compilare manualmente l'adesivo uniforme ETD UE e apporre una fotografia. In tali casi la fotografia reca una protezione supplementare contro la sostituzione. Non può essere apportata nessuna modifica all'adesivo uniforme ETD UE compilato manualmente. 6. Se viene rilevato un errore nell'adesivo uniforme ETD UE che non sia stato ancora apposto sul modulo uniforme ETD UE, l'adesivo uniforme ETD UE è invalidato e distrutto. Se viene rilevato un errore nell'adesivo uniforme ETD UE che sia stato già apposto sul modulo uniforme ETD UE, entrambi sono invalidati e distrutti, ed è realizzato un nuovo adesivo uniforme ETD UE. 7. L'adesivo uniforme ETD UE stampato e compilato in tutte le sue sezioni è apposto sul modulo uniforme ETD UE conformemente all'allegato I. 8. Gli Stati membri garantiscono lo stoccaggio in condizioni di sicurezza dei moduli e degli adesivi uniformi ETD UE vergini. Articolo 9 Prescrizioni tecniche complementari 1. La Commissione adotta atti di esecuzione contenenti prescrizioni tecniche complementari per l'ETD UE in relazione a quanto segue: a) formato, modello e colori del modulo e dell'adesivo uniformi ETD UE; b) requisiti relativi al materiale e alle tecniche di stampa del modulo uniforme ETD UE; c) caratteristiche e requisiti di sicurezza, inclusi più efficaci dispositivi anti-contraffazione e anti-falsificazione; d) altre norme da osservare ai fini della compilazione e del rilascio dell'ETD UE. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 12, paragrafo 2. 2. Può essere deciso che le prescrizioni tecniche complementari di cui al paragrafo 1 siano segrete e non pubblicabili. In questo caso sono comunicate esclusivamente agli organismi designati dagli Stati membri per la realizzazione dell'ETD UE e alle persone debitamente autorizzate da uno Stato membro o dalla Commissione. Articolo 10 Realizzazione dell'ETD UE 1. Ciascuno Stato membro designa un organismo responsabile della realizzazione dei moduli e degli adesivi uniformi ETD UE. Lo stesso organismo può essere designato da più o tutti gli Stati membri. 2. Ogni Stato membro comunica alla Commissione e agli altri Stati membri il nome dell'organismo che realizza i propri moduli e adesivi uniformi ETD UE. Se uno Stato membro cambia l'organismo designato, ne informa la Commissione e gli altri Stati membri. Articolo 11 Esercizio della delega 1. Il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione alle condizioni stabilite nel presente articolo. 2. Il potere di adottare gli atti delegati di cui agli articoli 8, paragrafo 3, e 13, paragrafo 1, è conferito alla Commissione per un periodo di tempo indeterminato a decorrere dal 10 luglio 2019. 3. La delega di potere di cui agli articoli 8, paragrafo 3, e 13, paragrafo 1, può essere revocata in qualsiasi momento dal Consiglio. La decisione di revoca pone fine alla delega di potere ivi specificata. Gli effetti della decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea o da una data successiva ivi specificata. Essa non pregiudica la validità degli atti delegati già in vigore. 4. Prima dell'adozione dell'atto delegato la Commissione consulta gli esperti designati da ciascuno Stato membro nel rispetto dei principi stabiliti nell'accordo interistituzionale del 13 aprile 2016«Legiferare meglio». 5. Non appena adotta un atto delegato, la Commissione ne dà notifica al Consiglio. 6. L'atto delegato adottato ai sensi degli articoli 8, paragrafo 3, e d13, paragrafo 1, entra in vigore solo se il Consiglio non ha sollevato obiezioni entro il termine di due mesi dalla data in cui esso è stato notificato al Consiglio stesso o se, prima della scadenza di tale termine, il Consiglio ha informato la Commissione che non intende sollevare obiezioni. Tale termine è prorogato di due mesi su iniziativa del Consiglio. 7. Il Parlamento europeo è informato dell'adozione degli atti delegati da parte della Commissione, di qualsiasi obiezione mossa agli stessi o della revoca della delega di poteri da parte del Consiglio. Articolo 12 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita dal comitato istituito dall'articolo 6 del regolamento (CE) n. 1683/95. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011. Articolo 13 Notifica ai paesi terzi 1. Entro 21 mesi dall'adozione delle prescrizioni tecniche complementari di cui all'articolo 9, lo Stato membro che esercita la presidenza del Consiglio a norma dell'articolo 16, paragrafo 9, del TUE, fornisce alla Commissione e al SEAE dei facsimile del modulo e dell'adesivo uniformi ETD UE. Alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati conformemente all'articolo 11 al fine di modificare il primo comma del presente paragrafo designando un altro Stato membro quale Stato responsabile della fornitura dei facsimile di cui al suddetto comma, sulla base di criteri oggettivi, quali la presenza sul suo territorio dell'organismo designato per la realizzazione di ETD UE da parte di più o tutti gli Stati membri. 2. Il SEAE trasmette i facsimile del modulo e dell'adesivo uniformi UE ETD alle delegazioni dell'Unione nei paesi terzi. 3. Le delegazioni dell'Unione nei paesi terzi notificano alle competenti autorità dei rispettivi paesi terzi l'uso dell'ETD UE, nonché il suo modello uniforme e le sue principali caratteristiche di sicurezza, anche fornendo dei facsimile del modulo e dell'adesivo uniformi UE ETD a titolo di riferimento. La notifica a un singolo paese terzo è ripetuta su richiesta di tale paese terzo. La notifica non include le prescrizioni che devono essere tenute segrete conformemente all'articolo 9, paragrafo 2. 4. Ogniqualvolta sia apportata una modifica al modulo o all'adesivo uniformi ETD UE, si ripete la procedura descritta ai paragrafi da 1 a 3. Il termine di cui al paragrafo 1 è di 21 mesi dall'adozione del modello modificato di modulo o di adesivo uniformi ETD UE. 5. Qualora nessuna delegazione dell'Unione sia presente in un paese terzo, gli Stati membri rappresentati decidono, attraverso la cooperazione consolare locale, quale Stato membro notifica alle autorità pertinenti di tale paese terzo il modello uniforme di ETD UE, nonché le sue principali caratteristiche di sicurezza. Il SEAE coordina con lo Stato membro interessato la trasmissione dei facsimile del modulo e dell'adesivo uniformi ETD UE a tal fine. CAPO IV DISPOSIZIONI FINALI Articolo 14 Trattamento più favorevole Gli Stati membri possono stabilire o mantenere disposizioni più favorevoli di quelle della presente direttiva, purché con questa compatibili. Articolo 15 Protezione dei dati personali 1. I dati personali trattati ai fini della presente direttiva, inclusa l'immagine del volto o la fotografia del richiedente di cui all'articolo 4, paragrafo 2, sono utilizzati al solo scopo di verificarne l'identità secondo la procedura descritta all'articolo 4, stampare l'adesivo uniforme ETD UE e agevolare il viaggio di detto richiedente. Lo Stato membro che presta assistenza e lo Stato membro di cittadinanza assicurano un adeguato livello di sicurezza dei dati personali. 2. Fatto salvo il regolamento (UE) 2016/679, il richiedente cui è rilasciato un ETD UE ha il diritto di verificare i dati personali contenuti nel documento e, ove opportuno, di chiederne la rettifica mediante il rilascio di un nuovo documento. 3. L'ETD UE non contiene informazioni a lettura ottica che non figurino anche nelle sezioni di cui all'allegato II, punto 6. 4. Lo Stato membro che presta assistenza e lo Stato membro di cittadinanza conservano i dati personali del richiedente solo per il tempo necessario, anche ai fini della riscossione dei diritti di cui all'articolo 5. In nessun caso i dati personali sono conservati per più di 180 giorni dallo Stato membro che presta assistenza o per più di due anni dallo Stato membro di cittadinanza. Allo scadere del periodo di conservazione i dati personali del richiedente sono cancellati. 5. In deroga al paragrafo 4, gli Stati membri garantiscono la distruzione tempestiva e sicura degli ETD UE restituiti e di tutte le relative copie. Articolo 16 Monitoraggio 1. Gli Stati membri monitorano periodicamente l'applicazione della presente direttiva in base ai seguenti indicatori: a) numero di ETD UE rilasciati a norma dell'articolo 3 e cittadinanza del ricevente; b) numero di ETD UE rilasciati a norma dell'articolo 7 e cittadinanza del ricevente; e c) numero di casi di frode e contraffazione di ETD UE. 2. Gli Stati membri organizzano la raccolta e la produzione dei dati necessari per misurare le variazioni degli indicatori descritti al paragrafo 1 e comunicano tali informazioni alla Commissione con cadenza annuale. 3. La Commissione può adottare atti di esecuzione per stabilire indicatori complementari a quelli di cui al paragrafo 1. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura d'esame di cui all'articolo 12, paragrafo 2. Articolo 17 Valutazione 1. Non prima di cinque anni dalla data di recepimento della presente direttiva, la Commissione effettua una valutazione della medesima e presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sulle sue principali conclusioni. La relazione comprende una valutazione dell'adeguatezza del livello di sicurezza dei dati personali, dell'impatto sui diritti fondamentali e dell'eventuale introduzione di un diritto uniforme per gli ETD UE. 2. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione le informazioni necessarie per la preparazione della relazione di cui al paragrafo 1. Articolo 18 Abrogazione 1. La decisione 96/409/PESC è abrogata a decorrere da 36 mesi dopo l'adozione delle prescrizioni tecniche complementari di cui all'articolo 9. 2. I riferimenti alla decisione abrogata si intendono fatti alla presente direttiva. 3. Gli Stati membri provvedono all'annullamento e alla distruzione dei moduli ETD realizzati conformemente alla decisione 96/409/PESC entro il termine di cui al paragrafo 1. Articolo 19 Recepimento 1. Gli Stati membri adottano e pubblicano, entro 24 mesi dall'adozione delle prescrizioni tecniche complementari di cui all'articolo 9, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni. Essi applicano tali misure a decorrere da 36 mesi dall'adozione delle prescrizioni tecniche complementari di cui all'articolo 9. Le misure adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 20 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 21 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Lussemburgo, il 18 giugno 2019 Per il Consiglio Il presidente G. CIAMBA (1) Parere del 16 gennaio 2019 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Direttiva (UE) 2015/637 del Consiglio, del 20 aprile 2015, sulle misure di coordinamento e cooperazione per facilitare la tutela consolare dei cittadini dell'Unione non rappresentati nei paesi terzi e che abroga la decisione 95/553/CE (GU L 106 del 24.4.2015, pag. 1). (3) Decisione 96/409/PESC dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, del 25 giugno 1996, relativa all'istituzione di un documento di viaggio provvisorio (GU L 168 del 6.7.1996, pag. 4). (4) Direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 e abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU L 158 del 30.4.2004, pag. 77). (5) Regolamento (UE) 2018/1806 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 novembre 2018, che adotta l'elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all'atto dell'attraversamento delle frontiere esterne e l'elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo (GU L 303 del 28.11.2018, pag. 39). (6) Regolamento (CE) n. 1683/95 del Consiglio, del 29 maggio 1995, che istituisce un modello uniforme per i visti (GU L 164 del 14.7.1995, pag. 1). (7) GU L 123 del 12.5.2016, pag. 1. (8) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13). (9) Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1). ALLEGATO I MODULO UNIFORME ETD UE Il modulo uniforme ETD UE rispetta le seguenti prescrizioni: 1. Formato e dimensioni Il modulo uniforme ETD UE è un pieghevole a tre ante (foglio singolo stampato su entrambi i lati e piegato in tre). Il pieghevole ha dimensioni conformi allo standard ISO/IEC 7810 ID-3. 2. Pagina 1: copertina La copertina del modulo uniforme ETD UE contiene nell'ordine i termini «UNIONE EUROPEA» in tutte le lingue ufficiali dell'Unione e i termini «EMERGENCY TRAVEL DOCUMENT» e «TITRE DE VOYAGE PROVISOIRE». Essa contiene inoltre dodici stelle dorate che formano un cerchio. 3. Pagina 2: apposizione dell'adesivo uniforme ETD UE L'adesivo uniforme ETD UE è saldamente apposto sulla seconda pagina del modulo uniforme ETD UE in modo da prevenirne la facile rimozione. L'adesivo uniforme ETD UE viene applicato e allineato al bordo della pagina. La zona dell'adesivo uniforme ETD UE a lettura ottica è allineata col bordo esterno della pagina. Il timbro delle autorità di rilascio è apposto sull'adesivo uniforme ETD UE in modo da oltrepassarlo e sporgere sulla pagina. 4. Pagine 3 e 4: informazioni La terza e la quarta pagina contengono traduzioni dei termini «documento di viaggio provvisorio» nonché delle didascalie dell'adesivo uniforme ETD UE in tutte le lingue ufficiali dell'Unione, fatta eccezione per l'inglese e il francese. È riportato inoltre il seguente testo: «This EU Emergency Travel Document is a travel document issued by a Member State of the European Union for a single journey to the holder's Member State of nationality or residence or, exceptionally, to another destination. Authorities of non-EU countries are hereby requested to allow the holder to pass freely without hindrance. Le présent titre de voyage provisoire de l'UE est un titre de voyage délivré par un État membre de l'Union européenne aux fins d'un trajet unique vers l'État membre de nationalité ou de résidence du détenteur, ou, à titre exceptionnel, vers une autre destination. Les autorités des pays tiers sont priées d'autoriser le détenteur du titre de voyage provisoire à circuler sans entraves.». 5. Pagine 5 e 6: visti e timbri di ingresso/uscita La quinta e sesta pagina recano l'intestazione «VISA/VISA» e sono altrimenti lasciate in bianco. Tali pagine sono riservate ai visti e ai timbri di ingresso/uscita. 6. Numero del modulo uniforme ETD UE Un numero di sette cifre è prestampato sul modulo uniforme EU ETD. ALLEGATO II ADESIVO UNIFORME ETD UE L'adesivo uniforme ETD UE rispetta le seguenti prescrizioni: Caratteristiche dell'adesivo uniforme ETD UE 1. L'adesivo uniforme EU ETD contiene un'immagine del volto del titolare, stampata conformemente a elevati requisiti di sicurezza, a meno che non sia utilizzata una fotografia a norma dell'articolo 8, paragrafo 5. L'immagine del volto o la fotografia è quella usata ai fini dell'articolo 4, paragrafo 2. 2. L'adesivo uniforme EU ETD contiene caratteristiche di sicurezza che garantiscono una protezione sufficiente contro la falsificazione, tenendo conto in particolare delle caratteristiche di sicurezza utilizzate per il modello uniforme per i visti. 3. Le medesime caratteristiche di sicurezza sono utilizzate per tutti gli Stati membri. 4. Sull'adesivo uniforme ETD UE figurano le seguenti diciture: a) l'abbreviazione «EU ETD/TVP UE»; b) i termini «European Union/Union européenne»; c) il codice di tre lettere «EUE», come indicato nel documento ICAO 9303. 5. L'adesivo uniforme EU ETD riporta il numero dell'adesivo uniforme ETD UE di sette cifre prestampato in nero con orientamento orizzontale. È utilizzato un carattere tipografico speciale. Questo numero è preceduto dal codice del paese a due lettere dello Stato membro di rilascio, come indicato nel documento ICAO 9303, che può essere prestampato o aggiunto all'atto della compilazione dell'adesivo uniforme EU ETD. A fini di sicurezza, lo stesso numero a sette cifre può essere prestampato più volte sull'adesivo uniforme ETD UE. Sezioni da completare 6. L'adesivo uniforme ETD UE contiene sezioni per le seguenti informazioni: a) il paese di destinazione ed eventuali paesi di transito per i quali viene rilasciato l'ETD UE; b) lo Stato membro di rilascio e l'ubicazione dell'autorità di rilascio; c) la data di rilascio e la data di scadenza; d) il cognome e nome/i, la cittadinanza, la data di nascita e il sesso del richiedente dell'ETD UE; e) il numero del modulo uniforme ETD UE cui sarà apposto l'adesivo uniforme ETD UE, di cui all'allegato I, punto 6. 7. Le didascalie delle sezioni da compilare sono in inglese e francese e sono numerate. 8. Le date sono indicate con: due cifre per il giorno (la prima è uno zero quando il numero corrispondente al giorno si compone di unità); due cifre per il mese (la prima è uno zero quando il numero corrispondente al mese si compone di unità); quattro cifre per l'anno. Giorno e mese sono seguiti da uno spazio vuoto. Per esempio: 20 01 2018 = 20 gennaio 2018. 9. L'adesivo uniforme ETD UE contiene una sezione «annotazioni» che servirà all'autorità di rilascio per indicare eventuali informazioni necessarie, per esempio il tipo e il numero del documento sostituito. Informazioni a lettura ottica 10. L'adesivo uniforme ETD UE contiene le informazioni a lettura ottica in linea con il documento ICAO 9303 necessarie a facilitare i controlli alle frontiere esterne. Le lettere maiuscole «AE» sono utilizzate come primi due caratteri della zona a lettura ottica per designare il documento come documento di viaggio provvisorio dell'UE. Nella zona a lettura ottica dovrà figurare un testo stampato, visibile nella stampa di fondo, contenente la dicitura «Unione europea» in tutte le lingue ufficiali dell'Unione. Il testo non pregiudica le caratteristiche tecniche della zona a lettura ottica né la sua leggibilità. 11. È riservato uno spazio per l'eventuale aggiunta di un codice a barre bidimensionale comune.
Documento di viaggio provvisorio (DVP) QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA? Il documento di viaggio provvisorio dell’Unione europea (DVP) è un documento di viaggio rilasciato su richiesta da uno Stato membro dell’Unione europea a un cittadino* dell’Unione europea (Unione) non rappresentato se, ad esempio, è stato rubato, perso o distrutto o non è possibile ottenerlo in tempi ragionevoli. La direttiva stabilisce le norme e le procedure per il rilascio del documento e definisce un modello uniforme. Essa consente di offrire lo stesso tipo di protezione consolare o diplomatica nel paese visitato goduto dai cittadini dello Stato membro che rilascia il documento. PUNTI CHIAVE ProceduraI cittadini non rappresentati possono fare domanda per un documento di viaggio provvisorio dell’Unione all’ambasciata o al consolato di qualsiasi Stato membro. Quando uno Stato membro riceve la domanda, deve, il prima possibile e non oltre due giorni lavorativi dalla ricezione della stessa, consultare lo Stato membro di cittadinanza per verificare la nazionalità e l’identità del richiedente. Deve fornire tutte le informazioni pertinenti, in particolare:il nome del richiedente, la nazionalità, la data di nascita e il genere;una fotografia dell’intero volto;una copia o una copia scansionata di tutti i mezzi di identificazione disponibili, tra cui carta di identità, patente di guida o codice fiscale. Di solito, entro tre giorni dalla ricezione delle informazioni, lo Stato membro di cittadinanza della persona conferma se il richiedente è un suo cittadino. Lo Stato membro che gestisce la domanda, rilascerà quindi il documento di viaggio provvisorio dell’Unione entro due giorni lavorativi. Se lo Stato membro di cittadinanza si oppone al rilascio di un documento di viaggio provvisorio dell’Unione a uno dei suoi cittadini, il documento non verrà rilasciato e lo Stato membro di cittadinanza sarà pertanto responsabile della protezione consolare. In casi di estrema urgenza, lo Stato membro che gestisce la domanda può rilasciare un documento di viaggio provvisorio dell’Unione senza consultazione; tuttavia, deve avere adoperato tutti i mezzi di comunicazione disponibili e deve informare il prima possibile lo Stato membro di cittadinanza. Per motivi di sicurezza, al titolare viene richiesto di restituire il documento di viaggio provvisorio dell’Unione, a prescindere che sia scaduto o meno, all’arrivo alla destinazione finale. La Commissione europea può adottare atti di esecuzione che istituiscono un modulo standard per la domanda.Modello uniformeLa direttiva definisce il modello standard da utilizzare per i documenti di viaggio provvisori dell’Unione, che consiste in un modulo standard e un adesivo di accompagnamento. Deve comprendere tutte le informazioni necessarie e soddisfare norme tecniche elevate, in particolare misure di sicurezza contro la contraffazione e la falsificazione. La Commissione adotterà atti di esecuzione che contemplano specifiche tecniche supplementari per i documenti di viaggio provvisori dell’Unione per quanto concerne i seguenti aspetti:modello, formato e colori del modulo standard e dell’adesivo del documento di viaggio provvisorio dell’Unione;materiali e tecniche di stampa del modulo standard del documento di viaggio provvisorio dell’Unione;caratteristiche di sicurezza;altre norme ulteriori da osservare.Costi Lo Stato membro che gestisce la domanda deve richiedere al richiedente la medesima imposta applicata ai propri cittadini per il rilascio di documenti provvisori, e può scegliere di rinunciare all’imposta in generale o in qualsiasi situazione specifica che esso determini. Validità Un documento di viaggio provvisorio dell’Unione è valido per il periodo richiesto per portare a termine il viaggio per il quale è stato rilasciato, permettendo le soste notturne necessarie e le coincidenze di trasporto. Il periodo di validità comprende una «franchigia» di due giorni aggiuntivi. Di norma, la validità non supera i 15 giorni. Recepimento, monitoraggio e valutazioneGli Stati membri garantiscono il monitoraggio periodico della modalità di applicazione della direttiva. Gli Stati membri dispongono di due anni dall’adozione delle specifiche tecniche supplementari per approvare leggi, regolamenti e norme amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva. La Commissione valuta e presenta una relazione dei risultati principali al Parlamento europeo e al Consiglio dell’Unione europea non prima di cinque anni dalla data di recepimento. La relazione comprende una valutazione dell’adeguatezza del livello di sicurezza dei dati personali, dell’impatto sui diritti fondamentali e dell’eventuale introduzione di un’imposta uniforme per i documenti di viaggio provvisori dell’Unione. La decisione abroga la decisione 96/409/PESC. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è in vigore dal 10 luglio 2019. CONTESTO Si veda anche:Protezione consolare (Commissione europea). Protezione consolare (Consiglio dell’Unione europea). TERMINI CHIAVE Cittadino dell’Unione europea non rappresentato. Un cittadino avente la cittadinanza di uno Stato membro non rappresentato in un paese terzo, ovvero che non dispone di un’ambasciata o di un consolato permanente o che non possiede alcuna ambasciata, consolato o console onorario che si trovi in una posizione adeguata a fornire protezione consolare in un caso particolare. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva (UE) 2019/997 del Consiglio, del 18 giugno 2019, che istituisce un documento di viaggio provvisorio dell’Unione e abroga la decisione 96/409/PESC (GU L 163 del 20.6.2019, pag. 1). DOCUMENTI CORRELATI Direttiva (UE) 2015/637 del Consiglio, del 20 aprile 2015, sulle misure di coordinamento e cooperazione per facilitare la tutela consolare dei cittadini dell’Unione non rappresentati nei paesi terzi e che abroga la decisione 95/553/CE (GU L 106 del 24.4.2015, pag. 1).
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32009R1217
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REGOLAMENTO (CE) N. 1217/2009 DEL CONSIGLIO del 30 novembre 2009 relativo all’istituzione di una rete d’informazione contabile agricola sui redditi e sull’economia delle aziende agricole nella Comunità europea (versione codificata) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 37, paragrafo 2, terzo comma, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) Il regolamento n. 79/65/CEE del Consiglio, del 15 giugno 1965, relativo all’istituzione di una rete contabile agricola sui redditi e sull’economia delle aziende agricole della Comunità economica europea (2), ha subito numerose e sostanziali modificazioni (3). È opportuno, per motivi di chiarezza e di razionalizzazione, procedere alla codificazione di tale regolamento. (2) Per lo sviluppo della politica agricola comune è necessario disporre d’informazioni obiettive e funzionali, in particolare sui redditi nelle varie categorie di aziende agricole e sul funzionamento economico delle aziende appartenenti alle categorie che richiedono una particolare attenzione a livello della Comunità. (3) Le contabilità delle aziende agricole costituiscono la fonte fondamentale dei dati indispensabili per rilevare i redditi nelle aziende agricole e per analizzare il loro funzionamento economico. (4) I dati raccolti dovrebbero provenire da aziende agricole appositamente e opportunamente scelte secondo norme comuni e poggiare su fatti controllabili; tali dati dovrebbero rispecchiare la realtà tecnica, economica e sociale dell’azienda agricola, essere rilevati presso le singole aziende e resi disponibili il più rapidamente possibile, in base a definizioni identiche e a uno stesso modello di presentazione, di cui la Commissione possa servirsi in ogni momento, nelle forme più dettagliate. (5) Tali obiettivi possono essere conseguiti solo mediante una rete comunitaria d’informazione contabile agricola, («rete d’informazione»), che si avvalga degli uffici contabili agricoli in ciascuno Stato membro e che, riscuotendo la fiducia degli interessati, poggi sulla loro partecipazione volontaria. (6) Per ottenere risultati contabili sufficientemente omogenei a livello comunitario è opportuno, in particolare, ripartire le aziende contabili per circoscrizioni e classi di aziende, sulla base di una stratificazione del campo d’osservazione fondata sulla tipologia comunitaria delle aziende agricole definita dal regolamento (CE) n. 1242/2008 della Commissione, dell’8 dicembre 2008, che istituisce una tipologia comunitaria delle aziende agricole (4). (7) Le circoscrizioni della rete d’informazione dovrebbero essere per quanto possibile identiche a quelle considerate ai fini della presentazione di altri dati regionali essenziali per l’orientamento della politica agricola comune. (8) Per motivi di gestione è opportuno autorizzare la Commissione a modificare l’elenco delle circoscrizioni degli Stati membri, su richiesta di uno Stato membro. (9) Il campo di osservazione della rete di dati dovrebbe comprendere tutte le aziende agricole di una certa dimensione economica, indipendentemente da qualsiasi attività esterna intrapresa dall’operatore; esso dovrebbe essere periodicamente riesaminato alla luce dei nuovi dati forniti dall’indagine sulla struttura delle aziende agricole. (10) Le aziende contabili dovrebbero essere scelte conformemente alle norme fissate nell’ambito di un piano di selezione inteso a fornire un campione contabile rappresentativo del campo di osservazione. (11) Sulla base dell’esperienza acquisita, è opportuno che le principali decisioni concernenti la selezione delle aziende contabili, in particolare l’elaborazione del piano di selezione, vengano adottate a livello nazionale; conseguentemente, la responsabilità di questa operazione dovrebbe essere affidata a un organo nazionale. È tuttavia opportuno consentire agli Stati membri aventi più circoscrizioni di mantenere i comitati regionali. (12) L’organo di collegamento nazionale dovrebbe assumere una funzione essenziale nella gestione della rete d’informazione. (13) Nel selezionare le aziende agricole, nonché in sede di esame critico e di valutazione dei dati raccolti, è necessario fare riferimento a dati provenienti da altre fonti d’informazione. (14) È opportuno fornire agli agricoltori l’assicurazione che i dati contabili della loro azienda e ogni altra informazione individuale, ottenuti in base al presente regolamento, non saranno utilizzati a scopi fiscali, o per fini diversi da quelli previsti nel presente regolamento, né divulgati dalle persone che partecipano o che hanno partecipato alla rete comunitaria d’informazione contabile agricola. (15) Per accertarsi dell’obiettività e del carattere funzionale delle informazioni raccolte, la Commissione dovrebbe essere in grado di ottenere tutte le informazioni necessarie sul modo secondo il quale gli organi incaricati della selezione delle aziende agricole e gli uffici contabili partecipanti alla rete comunitaria d’informazione contabile agricola adempiono ai loro compiti e, ove lo ritenga necessario, di inviare sul posto degli esperti con il concorso degli organi nazionali competenti. (16) La rete contabile è un utile strumento che consente alla Comunità di porre in essere la politica agricola comune e di conseguenza giova agli Stati membri oltre che alla Comunità. È dunque opportuno che i costi dei sistemi informatizzati su cui la rete è basata, come pure degli studi e delle attività per lo sviluppo di altri aspetti della rete siano ammessi a beneficiare dei finanziamenti comunitari. (17) Le misure necessarie per l’esecuzione del presente regolamento dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (5), HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: CAPO I ISTITUZIONE DI UNA RETE D’INFORMAZIONE CONTABILE AGRICOLA DELLA COMUNITÀ Articolo 1 1. Per le necessità della politica agricola comune, viene istituita una rete d’informazione contabile agricola («rete d’informazione»). 2. La rete d’informazione si prefigge di raccogliere i dati contabili necessari in particolare: a) per una rilevazione annua dei redditi nelle aziende agricole che rientrano nel campo d’osservazione definito all’articolo 5; b) per un’analisi del funzionamento economico di aziende agricole. 3. Gli elementi ottenuti a norma del presente regolamento servono come base per la stesura, da parte della Commissione, delle relazioni sulla situazione dell’agricoltura e dei mercati agricoli, nonché sui redditi agricoli nella Comunità. Le relazioni presentate annualmente al Parlamento europeo e al Consiglio, in particolare ai fini della fissazione annua dei prezzi dei prodotti agricoli. Articolo 2 Ai fini del presente regolamento, si applicano le definizioni seguenti: a) «capo-azienda»: la persona fisica che provvede alla gestione corrente e quotidiana dell’azienda agricola; b) «classe di aziende»: un insieme di aziende agricole appartenenti a una stessa classe di orientamento tecnico-economico e di dimensione economica aziendale, quali definite nella tipologia comunitaria delle aziende agricole stabilita con il regolamento (CE) n. 1242/2008; c) «azienda contabile»: qualsiasi azienda agricola scelta, o da scegliere, nel quadro della rete d’informazione; d) «circoscrizione»: territorio di uno Stato membro, o parte del territorio di uno Stato membro, delimitata ai fini della scelta delle aziende contabili; l’elenco delle circoscrizioni figura nell’allegato I; e) «dati contabili»: qualsiasi dato tecnico, finanziario o economico che caratterizzi una azienda agricola e che risulti da una contabilità che abbia comportato registrazioni sistematiche e regolari durante l’esercizio contabile. Articolo 3 Su richiesta di uno Stato membro, l’elenco delle circoscrizioni è modificato secondo la procedura di cui all’articolo 18, paragrafo 2, sempre che la richiesta riguardi le circoscrizioni dello Stato membro medesimo. CAPO II RILEVAZIONE DEI REDDITI NELLE AZIENDE AGRICOLE Articolo 4 Il presente capo si applica alla raccolta dei dati contabili ai fini della rilevazione annua dei redditi nelle aziende agricole. Articolo 5 1. Il campo d’osservazione di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera a) comprende le aziende agricole di dimensione economica superiore o uguale a un minimo espresso in euro pari a uno dei limiti inferiori delle classi di dimensione economica, quali definite nella tipologia comunitaria. 2. Sono considerate aziende contabili le aziende agricole che: a) hanno una dimensione economica pari o superiore a un minimo da determinare a norma del paragrafo 1; b) sono gestite da agricoltori che dispongono di una contabilità o sono disposti e preparati a tenere una contabilità aziendale, e che accertano che i dati contabili della loro azienda vengano messi a disposizione della Commissione; c) sono nel loro complesso, e a livello delle singole circoscrizioni, rappresentative del campo d’osservazione. 3. Il numero massimo di aziende contabili è di 105 000 per la Comunità. 4. Le modalità di applicazione del presente articolo, in particolare la dimensione economica minima e il numero di aziende contabili per ciascuna circoscrizione, sono adottate secondo la procedura di cui all’articolo 18, paragrafo 2. Articolo 6 1. Ogni Stato membro istituisce un comitato nazionale per la rete d’informazione («comitato nazionale»). 2. Al comitato nazionale compete la responsabilità di selezionare le aziende contabili. A tal fine, esso ha in particolare il compito di approvare: a) il piano di selezione delle aziende contabili, che precisi segnatamente la loro ripartizione per classe d’aziende e le modalità di selezione di dette aziende; b) il rapporto sull’esecuzione del piano di selezione delle aziende contabili. 3. Il presidente del comitato nazionale è designato dallo Stato membro tra i membri del comitato. Il comitato nazionale prende le proprie decisioni all’unanimità. Se non è raggiunta l’unanimità, le decisioni sono prese da una autorità designata dallo Stato membro. 4. Gli Stati membri con più circoscrizioni possono creare, a livello di ciascuna di esse, un comitato regionale per la rete d’informazione («comitato regionale»). Il comitato regionale ha in particolare il compito di cooperare con l’organo di collegamento di cui all’articolo 7 nella selezione delle aziende contabili. 5. Le modalità di applicazione del presente articolo sono adottate secondo la procedura di cui all’articolo 18, paragrafo 2. Articolo 7 1. Ogni Stato membro designa un organo di collegamento incaricato di: a) informare il comitato nazionale, i comitati regionali e gli uffici contabili circa le modalità di applicazione che li riguardano e di vigilare sulla corretta applicazione di tali modalità; b) redigere, sottoporre all’approvazione del comitato nazionale e trasmettere quindi alla Commissione: i) il piano di selezione delle aziende contabili, redatto sulla base dei dati statistici più recenti, presentati secondo la tipologia comunitaria delle aziende agricole; ii) il rapporto sull’esecuzione del piano di selezione delle aziende contabili; c) elaborare: i) l’elenco delle aziende contabili; ii) l’elenco degli uffici contabili disposti a compilare le schede aziendali, e in grado di farlo, conformemente alle clausole dei contratti previsti agli articoli 10 e 15; d) riunire le schede aziendali trasmessegli dagli uffici contabili e verificare, sulla base di un programma comune di controllo, che siano state debitamente compilate; e) inviare alla Commissione le schede aziendali debitamente compilate, subito dopo la loro verifica; f) trasmettere al comitato nazionale, ai comitati regionali e agli uffici contabili le richieste d’informazione di cui all’articolo 17, e inoltrare alla Commissione le relative risposte. 2. Le modalità di applicazione del presente articolo sono adottate secondo la procedura di cui all’articolo 18, paragrafo 2. Articolo 8 1. Ogni azienda contabile è oggetto di una scheda aziendale individuale e anonima. 2. La scheda aziendale contiene i dati contabili che permettono di: — caratterizzare l’azienda contabile mediante gli elementi essenziali dei suoi fattori di produzione, — valutare il reddito dell’azienda sotto i suoi vari aspetti, — procedere a controlli per accertare la veridicità delle informazioni fornite. 3. La natura dei dati contabili che un’azienda deve fornire, la forma della loro presentazione, nonché le relative definizioni e istruzioni, sono determinate secondo la procedura di cui all’articolo 18, paragrafo 2. Articolo 9 L’agricoltore la cui azienda è stata selezionata quale azienda contabile sceglie sull’apposito elenco preparato dall’organo di collegamento l’ufficio contabile disposto a compilare la scheda della propria azienda, conformemente alle clausole del contratto di cui all’articolo 10. Articolo 10 1. Un contratto è concluso annualmente, sotto la responsabilità dello Stato membro, tra l’organo competente designato dalle autorità nazionali e ciascuno degli uffici contabili scelti conformemente alle disposizioni dell’articolo 9. In base a tale contratto gli uffici contabili s’impegnano a compilare le schede aziendali conformemente alle disposizioni dell’articolo 8, contro una retribuzione forfetaria. 2. Le clausole del contratto di cui al paragrafo 1, che devono essere uniformi in tutti gli Stati membri, sono adottate secondo la procedura di cui all’articolo 18, paragrafo 2. 3. Ove le mansioni di un ufficio contabile siano assunte da un servizio amministrativo, queste gli sono notificate per via amministrativa. CAPO III RACCOLTA DEI DATI CONTABILI AI FINI DELL’ANALISI DELLA SITUAZIONE ECONOMICA DELLE AZIENDE AGRICOLE Articolo 11 Il presente capo si applica alla raccolta dei dati contabili ai fini dell’analisi della situazione economica delle aziende agricole. Articolo 12 Secondo la procedura di cui all’articolo 18, paragrafo 2, si provvede a determinare: — l’oggetto delle analisi menzionate all’articolo 1, paragrafo 2, lettera b), — le modalità particolareggiate di selezione delle aziende contabili e il loro numero, da stabilire in funzione degli obiettivi di ciascuna analisi. Articolo 13 1. Ogni azienda contabile selezionata in base alle disposizioni dell’articolo 12, secondo trattino, è oggetto di una scheda aziendale specifica, individuale e anonima. Tale scheda aziendale contiene i dati contabili indicati all’articolo 8, paragrafo 2, nonché tutti gli elementi e dettagli complementari di natura contabile rispondenti alle esigenze particolari di ciascuna analisi. 2. La natura dei dati che devono figurare nelle schede aziendali specifiche, la forma della loro presentazione, nonché le relative definizioni e istruzioni, sono determinate secondo la procedura di cui all’articolo 18, paragrafo 2. 3. La scheda aziendale specifica è compilata dall’ufficio contabile prescelto conformemente alle disposizioni dell’articolo 14. Articolo 14 L’agricoltore la cui azienda è stata selezionata in base alle disposizioni adottate a norma dell’articolo 12, secondo trattino, sceglie sull’apposito elenco preparato dall’organo di collegamento l’ufficio contabile disposto a compilare la scheda specifica della propria azienda secondo le clausole del contratto di cui all’articolo 15. Articolo 15 1. Un contratto è concluso sotto la responsabilità dello Stato membro tra l’organo competente che esso ha designato e ciascuno degli uffici contabili scelti conformemente alle disposizioni dell’articolo 14. In base a tale contratto gli uffici contabili s’impegnano a compilare le schede aziendali specifiche conformemente alle disposizioni dell’articolo 13, contro una retribuzione forfetaria. 2. Le clausole del contratto di cui al paragrafo 1, che devono essere uniformi in tutti gli Stati membri, sono adottate secondo la procedura di cui all’articolo 18, paragrafo 2. Le disposizioni complementari che uno Stato membro può aggiungere al contratto sono adottate secondo la stessa procedura. 3. Ove le mansioni di un ufficio contabile siano assunte da un servizio amministrativo, queste gli sono notificate per via amministrativa. CAPO IV DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 16 1. È vietato utilizzare a scopi fiscali i dati contabili individuali od ogni altra informazione individuale ottenuti in base al presente regolamento, nonché divulgare o utilizzare tali dati per fini diversi da quelli indicati all’articolo 1. 2. Le persone che partecipano o hanno partecipato alla rete d’informazione sono tenute a non divulgare i dati contabili individuali o qualsiasi altra informazione individuale di cui siano venute a conoscenza nell’esercizio delle loro funzioni o per altra via contestualmente all’esercizio delle loro funzioni. 3. Gli Stati membri adottano tutte le misure appropriate al fine di perseguire le infrazioni alle disposizioni del paragrafo 2. Articolo 17 1. Il comitato nazionale, i comitati regionali, l’organo di collegamento e gli uffici contabili sono tenuti, ciascuno per quanto di sua competenza, a fornire alla Commissione qualsiasi informazione che essa chieda loro circa l’assolvimento dei loro compiti nel quadro del presente regolamento. Tali richieste d’informazione rivolte al comitato nazionale, ai comitati regionali oppure agli uffici contabili, nonché le relative risposte, vengono inoltrate per iscritto tramite l’organo di collegamento. 2. Se le informazioni fornite sono insufficienti o se non giungono per tempo, la Commissione, con il concorso dell’organo di collegamento, può inviare degli esperti sul posto. Articolo 18 1. La Commissione è assistita dal comitato comunitario per la rete d’informazione contabile agricola («comitato comunitario»). 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 4 e 7 della decisione 1999/468/CE. Il termine di cui all’articolo 4, paragrafo 3 della decisione 1999/468/CE è fissato a un mese. 3. Il comitato comunitario è consultato allo scopo di: a) verificare della conformità dei piani di selezione delle aziende contabili alle disposizioni dell’articolo 5; b) analizzare e valutare dei risultati annuali ponderati della rete d’informazione, tenuto conto in particolare di dati provenienti da altre fonti quali le statistiche e i conti economici complessivi. 4. Il comitato comunitario può prendere in esame ogni altro problema sollevato dal suo presidente, per iniziativa di quest’ultimo o su richiesta del rappresentante di uno Stato membro. Nell’ottobre di ogni anno esso procede a un esame dell’evoluzione dei redditi agricoli nella Comunità, in particolare sulla base delle rilevazioni aggiornate della rete d’informazione. Esso viene tenuto regolarmente al corrente circa l’attività della rete d’informazione. 5. Il presidente convoca le riunioni del comitato comunitario. Alle mansioni di segreteria del comitato comunitario provvede la Commissione. Articolo 19 1. Gli stanziamenti da iscrivere nel bilancio generale dell’Unione europea, sezione Commissione, riguardano: a) le spese della rete d’informazione risultanti dalle retribuzioni forfetarie degli uffici contabili per l’assolvimento degli obblighi di cui agli articoli 10 e 15; b) tutte le spese concernenti i sistemi informatizzati di cui la Commissione si avvale per la raccolta, la verifica, l’elaborazione e la valutazione dei dati contabili forniti dagli Stati membri. Le spese di cui alla lettera b) includono, eventualmente, i costi relativi alla divulgazione dei risultati di tali iniziative, nonché agli studi e allo sviluppo di altri aspetti della rete contabile. 2. Le spese sostenute per la costituzione e il funzionamento del comitato nazionale, dei comitati regionali e degli organi di collegamento non sono a carico del bilancio della Comunità. Articolo 20 Il regolamento n. 79/65/CEE è abrogato. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza dell’allegato III. Articolo 21 Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 30 novembre 2009. Per il Consiglio Il presidente S. O. LITTORIN (1) Parere del 20 ottobre 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea). (2) GU 109 del 23.6.1965, pag. 1859/65. (3) V. allegato II. (4) GU L 335 del 13.12.2008, pag. 3. (5) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. ALLEGATO I Elenco delle circoscrizioni di cui all'articolo 2, lettera d) Belgio 1. Vlaanderen 2. Bruxelles-Brussel 3. Wallonie Bulgaria 1. Северозападен (Severozapaden) 2. Северен централен (Severen tsentralen) 3. Североизточен (Severoiztochen) 4. Югозападен (Yugozapaden) 5. Южен централен (Yuzhen tsentralen) 6. Югоизточен (Yugoiztochen) La Bulgaria può tuttavia costituire una circoscrizione fino al 31 dicembre 2009. Repubblica ceca Forma un'unica circoscrizione Danimarca Forma un'unica circoscrizione Germania 1. Schleswig-Holstein 2. Hamburg 3. Niedersachsen 4. Bremen 5. Nordrhein-Westfalen 6. Hessen 7. Rheinland-Pfalz 8. Baden-Württemberg 9. Bayern 10. Saarland 11. Berlin 12. Brandenburg 13. Mecklenburg-Vorpommern 14. Sachsen 15. Sachsen-Anhalt 16. Thüringen Estonia Forma un'unica circoscrizione Irlanda Forma un'unica circoscrizione Grecia 1. Μακεδονία - Θράκη 2. Ήπειρος - Πελοπόννησος - Νήσοι Ιονίου 3. Θεσσαλία 4. Στερεά Ελλάς - Νήσοι Αιγαίου - Κρήτη Spagna 1. Galicia 2. Asturias 3. Cantabria 4. País Vasco 5. Navarra 6. La Rioja 7. Aragón 8. Cataluña 9. Baleares 10. Castilla-León 11. Madrid 12. Castilla-La Mancha 13. Comunidad Valenciana 14. Murcia 15. Extremadura 16. Andalucía 17. Canarias Francia 1. Île de France 2. Champagne-Ardenne 3. Picardie 4. Haute-Normandie 5. Centre 6. Basse-Normandie 7. Bourgogne 8. Nord-Pas-de-Calais 9. Lorraine 10. Alsace 11. Franche-Comté 12. Pays de la Loire 13. Bretagne 14. Poitou-Charentes 15. Aquitaine 16. Midi-Pyrénées 17. Limousin 18. Rhône-Alpes 19. Auvergne 20. Languedoc-Roussillon 21. Provence-Alpes-Côte d'Azur 22. Corse Italia 1. Piemonte 2. Valle d'Aosta 3. Lombardia 4. Alto Adige 5. Trentino 6. Veneto 7. Friuli-Venezia Giulia 8. Liguria 9. Emilia-Romagna 10. Toscana 11. Umbria 12. Marche 13. Lazio 14. Abruzzi 15. Molise 16. Campania 17. Puglia 18. Basilicata 19. Calabria 20. Sicilia 21. Sardegna Cipro Forma un'unica circoscrizione Lettonia Forma un'unica circoscrizione Lituania Forma un'unica circoscrizione Lussemburgo Forma un'unica circoscrizione Ungheria 1. Közép-Magyarország 2. Közép-Dunántúl 3. Nyugat-Dunántúl 4. Dél-Dunántúl 5. Észak-Magyarország 6. Észak-Alföld 7. Dél-Alföld Malta Forma un'unica circoscrizione Paesi Bassi Forma un'unica circoscrizione Austria Forma un'unica circoscrizione Polonia 1. Pomorze e Mazury 2. Wielkopolska e Śląsk 3. Mazowsze e Podlasie 4. Małopolska e Pogórze Portogallo 1. Norte e Centro 2. Ribatejo-Oeste 3. Alentejo e Algarve 4. Açores e Madeira Romania 1. Nord-Est 2. Sud-Est 3. Sud-Muntenia 4. Sud-Vest-Oltenia 5. Vest 6. Nord-Vest 7. Centru 8. București-Ilfov Slovenia Forma un'unica circoscrizione Slovacchia Forma un'unica circoscrizione Finlandia 1. Etelä-Suomi 2. Sisä-Suomi 3. Pohjanmaa 4. Pohjois-Suomi Svezia 1. Pianure della Svezia centrale e meridionale 2. Zone forestali e agricolo-forestali della Svezia centrale e meridionale 3. Zone della Svezia settentrionale Regno Unito 1. England - North Region 2. England - West - Region 3. England - East Region 4. Wales 5. Scotland 6. Northern Ireland ALLEGATO II Regolamento abrogato ed elenco delle sue modificazioni successive Regolamento n. 79/65/CEE del Consiglio (GU 109 del 23.6.1965, pag. 1859/65) Atto di adesione del 1972, Allegato I, punto II.A.4 e Allegato II, punto II.D.1 (GU L 73 del 27.3.1972, pag. 59 e pag. 125) Regolamento (CEE) n. 2835/72 del Consiglio (GU L 298 del 31.12.1972, pag. 47) Regolamento (CEE) n. 2910/73 del Consiglio (GU L 299 del 27.10.1973, pag. 1) Atto di adesione del 1979, Allegato I, punti II.A e II.G. (GU L 291 del 19.11.1979, pag. 64 e pag. 87) Regolamento (CEE) n. 2143/81 del Consiglio (GU L 210 del 30.7.1981, pag. 1) Regolamento (CEE) n. 3644/85 del Consiglio (GU L 348 del 24.12.1985, pag. 4) Atto di adesione del 1985, Allegato I, punto XIV.(i) (GU L 302 del 15.11.1985, pag. 235) Regolamento (CEE) n. 3768/85 del Consiglio (GU L 362 del 31.12.1985, pag. 8) limitatamente al punto 2 dell’allegato Regolamento (CEE) n. 3577/90 del Consiglio (GU L 353 del 17.12.1990, pag. 23) limitatamente all’allegato XVI Atto di adesione del 1994, Allegato I, punto V.A.I (GU C 241 del 29.8.1994, pag. 117) Regolamento (CE) n. 2801/95 del Consiglio (GU L 291 del 6.12.1995, pag. 3) Regolamento (CE) n. 1256/97 del Consiglio (GU L 174 del 2.7.1997, pag. 7) Regolamento (CE) n. 806/2003 del Consiglio (GU L 122 del 16.5.2003, pag. 1) limitatamente al punto 1 dell’allegato II Atto di adesione del 2003, Allegato II, punto 6.A.1 (GU L 236 del 23.9.2003, pag. 346) Regolamento (CE) n. 2059/2003 del Consiglio (GU L 308 del 25.11.2003, pag. 1) Regolamento (CE) n. 660/2004 della Commissione (GU L 104 dell'8.4.2004, pag. 97) Regolamento (CE) n. 1791/2006 della Commissione (GU L 363 del 20.12.2006, pag. 1) limitatamente all'allegato, capitolo 5, sezione A, punto 1 Regolamento (CE) n. 1469/2007 della Commissione (GU L 329 del 14.12.2007, pag. 5) ALLEGATO III TAVOLA DI CONCORDANZA Regolamento n. 79/65/CEE Presente regolamento Articoli 1 e 2 Articoli 1 e 2 Articolo 2 bis Articolo 3 Articolo 3 Articolo 4 Articolo 4 Articolo 5 Articolo 5 Articolo 6 Articolo 6, paragrafo 1, lettera a) Articolo 7, paragrafo 1, lettera a) Articolo 6, paragrafo 1, lettera b), primo trattino Articolo 7, paragrafo 1, lettera b), (i) Articolo 6, paragrafo 1, lettera b), secondo trattino Articolo 7, paragrafo 1, lettera b), (ii) Articolo 6, paragrafo 1, lettera c), primo trattino Articolo 7, paragrafo 1, lettera c), (i) Articolo 6, paragrafo 1, lettera c), secondo trattino Articolo 7, paragrafo 1, lettera c), (ii) Articolo 6, paragrafo 1, lettere e), f) e g) Articolo 7, paragrafo 1, lettere e), f) e g) Articolo 6, paragrafo 2 Articolo 7, paragrafo 2 Articolo 7 Articolo 8 Articolo 8 Articolo 9 Articolo 9 Articolo 10 Articolo 10 Articolo 11 Articolo 11 Articolo 12 Articolo 12 Articolo 13 Articolo 13 Articolo 14 Articolo 14 Articolo 15 Articolo 15 Articolo 16 Articolo 16 Articolo 17 Articolo 17 — Articolo 18 — Articolo 19 Articolo 18, paragrafi 1, 2 e 3 Articolo 20, paragrafi 1 e 2 Articolo 18, paragrafi 4 e 5 Articolo 21, primo e secondo comma Articolo 18, paragrafo 6 Articolo 21, terzo comma — Articolo 22 Articolo 19 Articolo 23 — — Articolo 20 — Articolo 21 Allegato Allegato I — Allegato II — Allegato III
Operazioni e redditi agricoli: statistiche dell’Unione europea La rete d’informazione contabile agricola (FADN) autorizza la Commissione europea a raccogliere dati sui redditi e le attività economiche delle aziende agricole nell’Unione europea (UE) al fine di prendere decisioni informate per plasmare il futuro della politica agricola comune. ATTO Regolamento (CE) n. 1217/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo all’istituzione di una rete d’informazione contabile agricola sui redditi e sull’economia delle aziende agricole nella Comunità europea SINTESI Per garantire un accesso semplice e pratico alle altre istituzioni e al pubblico alle relazioni analitiche annuali basate sulla rete FADN, le relazioni riguardanti determinati settori vengono pubblicate su uno speciale sito web. CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? Stabilisce le regole per la raccolta di dati d’informazione contabile agricola comparabili in tutta l’UE. Questi dati vengono utilizzati per determinare i redditi annuali delle aziende agricole e per le analisi del funzionamento economico delle loro attività. I dati vengono raccolti ogni anno in base a un campione composto da più di 80 000 aziende agricole. Il processo di raccolta dei dati d’informazione contabile I paesi dell’UE devono garantire lo svolgimento dei sondaggi sul proprio territorio e sono tenuti a nominare un organo di collegamento incaricato di organizzare la raccolta dei dati da varie fonti (come ad esempio aziende agricole e uffici contabilità) e di inoltrare elettronicamente tali dati alla Commissione. Un comitato nazionale è responsabile per la selezione delle aziende contabili (ossia le aziende che partecipano al sondaggio). Se un paese UE è composto da varie circoscrizioni, il comitato nazionale potrà avvalersi di comitati regionali. Schede aziendali Tutte le aziende agricole intervistate completano una scheda, ovvero un tipo di questionario. I dati da raccogliere e consegnare alla Commissione sono i medesimi per tutti i paesi dell’UE, indipendentemente dalle pratiche contabili e dall’organizzazione del processo di raccolta dei dati dei singoli Stati. PUNTI CHIAVE Il regolamento (UE) n. 1318/2013 modifica il regolamento (CE) n. 1217/2009 del Consiglio (l’atto di base della rete FADN) e introduce alcuni cambiamenti alle norme della rete FADN. Conferisce alla Commissione il potere di adottare atti delegati e di esecuzione. Tali deleghe si riferiscono, tra le altre cose: alla creazione di un elenco delle circoscrizioni della rete FADN (alcuni paesi dell’UE rappresentano un’unica circoscrizione, mentre altri, in particolare quelli più grandi, sono suddivisi in unità territoriali più piccole, come regioni o province); alle norme per fissare la dimensione economica delle aziende contabili che partecipano al campione e al piano per selezionare le aziende contabili; alla classificazione principale delle tipologie delle aziende agricole presenti nell’UE; ai gruppi principali di dati contabili da raccogliere e alle norme generali per la raccolta dei dati. In forza di questa delega, il regolamento delegato (UE) n. 1198/2014 della Commissione stabilisce norme che integrano alcuni elementi del regolamento (CE) n. 1217/2009 (ad esempio la corrispondenza tra le tipologie di aziende agricole o l’elenco dei gruppi principali di dati contabili da rilevare). Per quanto concerne le competenze di esecuzione, il regolamento di esecuzione (UE) 2015/220 della Commissione stabilisce le norme per l’applicazione del regolamento (CE) n. 1217/2009 del Consiglio. Esse includono una descrizione dettagliata del gruppo di dati contabili da raccogliere in ciascuna scheda aziendale e le soglie economiche applicate in ogni paese. Ai sensi del regolamento (CE) n. 1217/2009, i dati sono protetti da rigorose norme di riservatezza e possono essere usati solo per soddisfare le esigenze della politica agricola comune. Ad esempio, tali dati non possono essere impiegati dalle autorità a fini fiscali o di conformità. Infine, il regolamento sancisce che la Commissione verrà assistita dal comitato per la rete di informazione contabile agricola, composto dai rappresentanti di tutti i paesi dell’UE. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il regolamento (CE) n. 1217/2009 è entrato in vigore a gennaio 2010, mentre la modifica introdotta dal regolamento (UE) n. 1318/2013 si applica dal 1o gennaio 2014. Ulteriori informazioni sono disponibili presso il sito web della direzione generale dell’Agricoltura e dello sviluppo rurale della Commissione europea. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Regolamento (CE) n. 1217/2009 4.1.2010 - GU L 328 del 15.12.2009, pag. 27-38 Atto(i) modificatore(i) Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Regolamento (UE) n. 1318/2013 20.12.2013 - GU L 340 del 17.12.2013, pag. 1-6 ATTI COLLEGATI Regolamento delegato (UE) n. 1198/2014 della Commissione, del 1o agosto 2014, che integra il regolamento (CE) n. 1217/2009 del Consiglio relativo all’istituzione di una rete d’informazione contabile agricola sui redditi e sull’economia delle aziende agricole nell’Unione europea (GU L 321 del 7.11.2014, pag. 2-6) Regolamento delegato (UE) 2015/220 della Commissione, del 3 febbraio 2015, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1217/2009 del Consiglio relativo all’istituzione di una rete d’informazione contabile agricola sui redditi e sull’economia delle aziende agricole nell’Unione europea (GU L 46 del 19.2.2015, pag. 1-106)
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Accordo quadro di cooperazione tra la Comunità economica europea e la Repubblica federativa del Brasile - Scambio di lettere tra la Comunità economica europea e la Repubblica federativa del Brasile in materia di trasporti marittimi Gazzetta ufficiale n. L 262 del 01/11/1995 pag. 0054 - 0065 ACCORDO QUADRO DI COOPERAZIONE tra la Comunità economica europea e la Repubblica federativa del BrasileIL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE,da una parte, eIL GOVERNO DELLA REPUBBLICA FEDERATIVA DEL BRASILE,dall'altra,CONSIDERANDO le relazioni di amicizia e i vincoli che tradizionalmente legano gli Stati membri della Comunità economica europea, in appresso denominata « Comunità », e la Repubblica federativa del Brasile, in appresso denominata « Brasile »;RIBADENDO l'importanza da essi attribuita ai principi della Carta delle Nazioni Unite, ai valori democratici e al rispetto dei diritti dell'uomo;CONSAPEVOLI della comune volontà di ampliare e diversificare i loro scambi commerciali, nonché di incrementare la loro cooperazione economica, scientifica, tecnica e finanziaria;RICONOSCENDO le implicazioni positive del processo di riforma, di modernizzazione economica e di liberalizzazione commerciale del Brasile sulle loro relazioni economiche e commerciali;COMPIACENDOSI del fatto che il dialogo tra il Gruppo di Rio, la Comunità e i suoi Stati membri sia stato istituzionalizzato con la dichiarazione di Roma del 20 dicembre 1990, e che l'integrazione progredisca grazie al Mercato comune del Cono Sud (Mercosur);RICONOSCENDO la necessità di tutelare maggiormente l'ambiente, connessa all'assoluta esigenza di uno sviluppo economico e sociale duraturo;PERSUASI dell'importanza che rivestono le norme e i principi dell'accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT) per un commercio internazionale aperto, e ribadendo gli impegni assunti nel quadro di detto accordo, nonché il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale e di libertà degli investimenti;RICONOSCENDO la necessità di promuovere i diritti sociali, in particolare in favore dei settori più sfavoriti,HANNO DECISO di concludere il presente accordo e a tal fine hanno designato come plenipotenziari:IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE:IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA FEDERATIVA DEL BRASILE:I QUALI, dopo aver scambiato i loro pieni poteri, riconosciuti in buona e debita forma,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1 Basi democratiche della cooperazione Le relazioni di cooperazione tra la Comunità e il Brasile e tutte le disposizioni del presente accordo si basano sul rispetto dei principi democratici e dei diritti dell'uomo cui si ispirano le politiche interne ed internazionali tanto della Comunità quanto del Brasile, e che costituiscono una componente fondamentale del presente accordo.Articolo 2 Consolidamento della cooperazione 1. Le parti contraenti si impegnano ad imprimere un nuovo impulso alle loro relazioni. Per raggiungere questo obiettivo fondamentale, esse sono decise a favorire, in particolare, lo sviluppo della cooperazione in materia di scambi commerciali, investimenti, finanze e tecnologia, tenendo conto della particolare situazione del Brasile quale paese in via di sviluppo.2. Per il conseguimento degli obiettivi del presente accordo, le parti riconoscono l'utilità di consultarsi su questioni internazionali di interesse comune.Articolo 3 Cooperazione economica 1. Tenendo conto del reciproco interesse e dei loro obiettivi economici a medio e lungo termine, le parti contraenti si impegnano ad instaurare la più vasta cooperazione economica possibile. Tale cooperazione è intesa in particolare a:a) rafforzare e diversificare, in linea generale, i loro vincoli economici;b) contribuire a sviluppare le loro economie su basi durature e a migliorare i rispettivi livelli di vita;c) promuovere l'espansione degli scambi commerciali, al fine di diversificarli e di aprire nuovi mercati;d) favorire i flussi di investimenti e i trasferimenti tecnologici ed a rafforzare la tutela degli investimenti;e) incentivare la cooperazione tra operatori economici, in particolare le piccole e medie imprese;f) creare condizioni favorevoli al miglioramento del livello occupazionale;g) tutelare e migliorare l'ambiente;h) favorire misure volte a sviluppare il settore rurale;i) consolidare la base scientifica e le capacità innovative di entrambe le parti contraenti;j) sostenere gli sforzi e le iniziative di integrazione regionale.2. A tal scopo, tenendo conto del reciproco interesse e delle rispettive competenze e capacità, le parti contraenti determinano di comune accordo i settori della loro cooperazione economica, senza escluderne nessuno a priori. Questa cooperazione riguarda in particolare i settori seguenti:a) industria;b) utilizzazione delle risorse naturali nell'ambito di uno sviluppo duraturo;c) proprietà intellettuale, compresa la proprietà industriale, norme e criteri di qualità;d) normativa sanitaria e fitosanitaria;e) servizi in genere, segnatamente turismo e trasporti;f) informatica, elettronica, telecomunicazioni, utilizzazione delle tecniche spaziali;g) informazioni sulle questioni monetarie.3. Per realizzare gli obiettivi della cooperazione economica, le parti contraenti, conformemente alle rispettive legislazioni, cercano di promuovere, tra l'altro:a) lo scambio continuo di informazioni e di opinioni in materia di cooperazione, soprattutto mediante il collegamento con le banche dati esistenti o la creazione di nuove banche dati;b) la promozione di joint ventures o, più in generale, lo sviluppo di una compartecipazione che risponda alle caratteristiche specifiche delle imprese;c) le visite, i contatti e le attività volti a promuovere la cooperazione tra persone e delegazioni che rappresentino imprese o organizzazioni economiche, compresa la creazione di meccanismi e istituzioni appropriati;d) l'organizzazione di seminari e di incontri tra dirigenti d'azienda, nonché di fiere, esposizioni e simposi specializzati, e l'agevolazione dei contatti tra operatori economici in tali occasioni;e) la realizzazione di studi o relazioni di valutazione sulla fattibilità dei progetti o sull'individuazione preventiva di nuove forme di cooperazione;f) i progetti di ricerca e gli scambi di scienziati.Articolo 4 Trattamento della nazione più favorita Nelle loro relazioni commerciali, le parti contraenti si concedono il trattamento della nazione più favorita, in conformità delle disposizioni dell'accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio (GATT).Esse ribadiscono inoltre la loro volontà di effettuare gli scambi commerciali conformemente al presente accordo.Articolo 5 Sviluppo della cooperazione commerciale 1. Le parti contraenti si impegnano a promuovere lo sviluppo e la diversificazione dei propri scambi commerciali al più alto livello possibile, tenendo conto delle rispettive situazioni economiche e concedendosi reciprocamente le massime agevolazioni.2. A tale scopo, le parti contraenti studieranno i metodi e i mezzi necessari per ridurre ed eliminare i vari ostacoli allo sviluppo del commercio, in particolare gli ostacoli non tariffarie e paratariffari, tenendo conto dei lavori già effettuati in materia dalle organizzazioni internazionali.3. Le parti contraenti decidono di promuovere gli scambi di informazioni e le consultazioni in materia di tariffe, requisiti sanitari e tecnici, legislazioni e pratiche connesse al commercio, nonché in materia di dazi antidumping e compensativi eventualmente applicabili.4. Fatti salvi i loro diritti e obblighi nell'ambito del GATT, le parti contraenti si impegnano a consultarsi su qualsiasi eventuale controversia in materia commerciale.Le consultazioni hanno luogo con la massima sollecitudine dopo la richiesta di una delle parti. La parte contraente che le ha richieste fornisce all'altra parte tutte le informazioni necessarie per un'analisi approfondita della situazione.Durante le consultazioni si cerca di risolvere il più rapidamente possibile la controversia commerciale.5. Qualora, nell'ambito degli scambi commerciali tra le parti contraenti, vengano presentate, per un determinato prodotto, denunce in materia di dumping o di sovvenzioni, le quali richiedano un'inchiesta da parte delle autorità competenti, le parti contraenti si impegnano ad esaminare le richieste presentate al riguardo dall'altra parte.Su richiesta degli interessati, le competenti autorità delle parti contraenti le informano dei fatti e delle considerazioni principali in base a cui si adotterà una decisione. Tali informazioni vengono fornite prima di giungere a conclusioni definitive in merito all'inchiesta e con un anticipo sufficiente affinché gli interessati possano tutelare i propri interessi.Prima di applicare dazi antidumping compensativi definitivi, le parti contraenti fanno quanto possibile per risolvere il problema in modo costruttivo.6. I paragrafi 3, 4 e 5 cessano di essere applicabili all'entrata in vigore, in Brasile e nella Comunità, del nuovo codice antidumping e degli altri strumenti del GATT attualmente negoziati nel quadro dell'Uruguay Round.Articolo 6 Modalità della cooperazione commerciale Ai fini di una cooperazione commerciale più dinamica, conformemente alle rispettive legislazioni e in funzione dei rispettivi diversi livelli di sviluppo, le parti contraenti si impegnano a:- promuovere gli incontri, gli scambi e i contatti tra dirigenti d'azienda di entrambe al fine di individuare i prodotti che possono essere commercializzati sul mercato dell'altra parte contraente;- agevolare la cooperazione amministrativa tra i rispettivi servizi doganali, in particolare per quanto riguarda la formazione professionale, lo snellimento delle procedure, nonché la prevenzione e l'individuazione delle infrazioni alle normative doganali;- incentivare e sostenere le attività di promozione commerciale, quali i seminari, i convegni, le fiere e le esposizioni commerciali e industriali, le missioni commerciali, le visite, le settimane commerciali ed altre manifestazioni, al fine di favorire l'espansione del commercio;- sostenere le rispettive organizzazioni e imprese affinché realizzino operazioni reciprocamente vantaggiose;- tener conto degli interessi di entrambe per quanto riguarda l'accesso ai rispettivi mercati per i prodotti di base, semilavorati e finiti, nonché la stabilizzazione dei mercati internazionali delle materie prime, conformemente agli obiettivi stabiliti dalle organizzazioni internazionali competenti;- studiare gli strumenti e le misure necessari per agevolare gli scambi commerciali ed eliminare gli ostacoli al commercio, tenendo conto dei lavori delle organizzazioni internazionali.Articolo 7 Importazione temporanea di merci Conformemente alle rispettive legislazioni e tenendo conto, per quanto possibile, delle convenzioni internazionali esistenti in materia, le parti contraenti si impegnano a concedersi reciprocamente l'esonero dai dazi e dalle tasse all'importazione al momento dell'ammissione temporanea di merci.Articolo 8 Cooperazione industriale Le parti contraenti promuovono l'espansione e la diversificazione della base produttiva del Brasile nei settori dell'industria e dei servizi, orientando in particolare le loro azioni di cooperazione verso le piccole e medie imprese e favorendo gli interventi volti ad agevolarne l'accesso alle fonti di capitale, ai mercati ed alle tecnologie appropriate, nonché le iniziative di imprese comuni finalizzate alla commercializzazione sui rispettivi mercati e su quelli dei paesi terzi.A tal fine, nei limiti delle rispettive competenze, le parti contraenti incentivano i progetti e le azioni destinati a favorire la cooperazione tra le imprese quali le joint ventures, il subappalto, il trasferimento tecnologico, le licenze, la ricerca applicata e le franchigie, consolidando in particolare le reti di promozione industriale e di investimento esistenti, ad esempio l'ECIP (European Community Investment Partners) e la BC-Net (Business Cooperation Network).Articolo 9 Investimenti Nell'ambito delle rispettive competenze, normative e politiche, le parti contraenti decidono di:- promuovere l'incremento di investimenti reciprocamente vantaggiosi;- valutare se sia possibile realizzare azioni e meccanismi volti a migliorare le condizioni per questo tipo di investimenti, conformemente agli orientamenti del paragrafo 38 della dichiarazione di Roma sulle relazioni tra la Comunità economica europea e i suoi Stati membri e i paesi del Gruppo di Rio.Articolo 10 Cooperazione scientifica e tecnologica 1. Tenendo conto dell'interesse reciproco e degli obiettivi delle rispettive politiche scientifiche, le parti contraenti si impegnano a promuovere una cooperazione scientifica e tecnica destinata a:- rafforzare i legami tra le comunità scientifiche e tecnologiche;- promuovere gli scambi di ricercatori;- favorire i trasferimenti tecnologici secondo criteri di reciproco vantaggio;- promuovere le relazioni tra i centri di ricerca di entrambe le parti;- promuovere l'innovazione;- definire i rapporti di cooperazione nel settore della scienza applicata.2. La portata della cooperazione dipenderà dalla volontà delle parti, che sceglieranno di concerto i settori considerati prioritari.3. Al fine di realizzare gli obiettivi fissati, le parti contraenti favoriscono e promuovono, oltre ad altre attività, la formazione di scienziati ad alto livello, la realizzazione di progetti di ricerca comune, gli scambi di informazioni scientifiche nell'ambito di seminari, gruppi di lavoro, congressi e riunioni di lavoro tra le rispettive comunità scientifiche. Tali iniziative possono essere realizzate tra istituzioni, organismi e imprese a carattere pubblico o privato.Articolo 11 Cooperazione in materia di norme Fatti salvi i rispettivi obblighi internazionali, le parti contraenti prendono, entro i limiti delle loro competenze e in conformità delle rispettive legislazioni, misure volte a ridurre le differenze a livello di metrologia, normalizzazione e certificazione, promuovendo l'uso di norme e sistemi di certificazione compatibili. A tal fine, esse favoriscono soprattutto:- i contatti tra esperti per agevolare gli scambi di informazioni e gli studi in materia di metrologia, normalizzazione, controllo, promozione e certificazione della qualità;- gli scambi e i contatti tra organismi e istituti specializzati in queste materie;- le azioni intese al reciproco riconoscimento dei sistemi di certificazione della qualità;- l'assistenza tecnica in materia in metrologia, di normalizzazione e di certificazione, nonché i programmi volti a migliorare la qualità;- le riunioni di consultazione intese a garantire che le norme non costituiscano un ostacolo al commercio.Articolo 12 Sviluppo tecnologico e proprietà intellettuale 1. Ai fini di una collaborazione efficace tra le imprese del Brasile e della Comunità per quanto riguarda i trasferimenti di tecnologia, la concessione delle licenze, i coinvestimenti e i finanziamenti mediante capitali di rischio, le parti contraenti s'impegnano a:- individuare i rami o settori industriali in cui si concentrerà la cooperazione, nonché i meccanismi in grado di promuovere la cooperazione industriale nell'ambito dell'alta tecnologia;- cooperare per favorire la mobilitazione di risorse finanziarie a sostegno di progetti comuni tra imprese brasiliane ed imprese della Comunità, i quali si prefiggano l'applicazione industriale di nuove conoscenze tecnologiche;- favorire la formazione di personale qualificato nei settori della ricerca e dello sviluppo tecnologici;- promuovere l'innovazione mediante gli scambi di informazioni sui programmi attuati a tal fine da ciascuna delle parti, i regolari scambi di esperienze nella gestione dei programmi istituiti i soggiorni di funzionari di entrambe le parti incaricati di promuovere l'innovazione in istituzioni del Brasile e della Comunità.2. Nell'ambito delle rispettive leggi, normative e politiche, le parti contraenti si impegnano a garantire rafforzandola, se necessario, una protezione adeguata ed effettiva dei diritti di proprietà intellettuale, compresi i brevetti, i marchi di prodotti o servizi, i diritti d'autore e simili, le denominazioni geografiche, comprese le denominazioni d'origine, i progetti e modelli industriali e gli schemi di configurazione (topografie) dei circuiti integrati. Esse si sforzeranno inoltre di agevolare, per quanto possibile, l'accesso alle banche e alle basi di dati nel settore.Articolo 13 Cooperazione nel settore minerario Conformemente alle rispettive legislazioni, le parti contraenti decidono di promuovere la cooperazione nel settore minerario, soprattutto mediante azioni volte a:- incoraggiare le imprese di entrambe le parti a partecipare alla prospezione, allo sfruttamento e alla valorizzazione delle rispettive risorse minerarie:- sviluppare attività che favoriscano le piccole e medie imprese comuni del settore minerario;- scambiare esperienze e tecnologie in materia di prospezione e sfruttamento delle miniere, nonché effettuare ricerche comuni per promuovere le possibilità di sviluppo tecnologico.Articolo 14 Cooperazione in materia di energia Le parti contraenti riconoscono l'importanza del settore energetico per lo sviluppo economico e sociale e si dichiarano disposte a rafforzare la cooperazione per quanto riguarda il risparmio e l'utilizzazione razionale dell'energia. Questa maggiore cooperazione comprenderà, tra l'altro, la pianificazione energetica e terrà conto degli aspetti ambientali.Per raggiungere tali obiettivi, le parti contraenti decidono di promuovere:- la realizzazione di studi e ricerche comuni;- contatti regolari tra i responsabili della pianificazione energetica (bilanci energetici, studi di prospezione, ecc.);- l'esecuzione di programmi e progetti in materia.Articolo 15 Cooperazione in materia di trasporti Riconoscendo l'importanza dei trasporti per lo sviluppo e per l'intensificazione degli scambi commerciali, le parti contraenti adottano le misure necessarie per sviluppare la cooperazione in questo settore.Per quanto riguarda i trasporti aerei stradali e ferroviari nonché il settore delle infrastrutture, la cooperazione riguarda principalmente:- scambi di informazioni in merito alle questioni di reciproco interesse, comprese le politiche attuate nel settore;- programmi di formazione destinati agli operatori economici e ai responsabili delle pubbliche amministrazioni;- un'assistenza tecnica, segnatamente per i programmi volti a modernizzare le infrastrutture, a rinnovare il materiale mobile e a introdurre tecnologie combinate e plurimodali.Articolo 16 Cooperazione nel settore delle tecnologie dell'informazione, delle telecomunicazioni e dell'utilizzazione delle tecniche spaziali Le parti contraenti, constatando che le tecnologie dell'informazione e le telecomunicazioni hanno un'importanza capitale per lo sviluppo economico e sociale, si dichiarano disposte a promuovere la cooperazione nei settori di comune interesse, segnatamente per quanto riguarda:- la normalizzazione, le prove di conformità e la certificazione;- le telecomunicazioni terrestri e spaziali, ad esempio: reti di trasporto, satelliti, fibre ottiche, rete numerica di servizi integrati (ISDN), trasmissione di dati;- l'elettronica e la microelettronica;- l'informatizzazione e l'automazione;- la televisione ad alta definizione;- la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie in materia di informazione e di telecomunicazioni;- la promozione degli investimenti e dei coinvestimenti.La cooperazione avverrà, in particolare, mediante:- la collaborazione tra esperti;- gli studi e gli scambi di informazioni;- la formazione di personale scientifico e tecnico;- la definizione di progetti d'interesse comune;- la promozione di progetti comuni in materia di ricerca e sviluppo e la creazione di reti d'informazione e di banche dati tra università, centri di ricerca, laboratori di prova, imprese e operatori di reti pubbliche o private della Comunità e del Brasile.Articolo 17 Cooperazione in materia di turismo Conformemente alle rispettive legislazioni, le parti contraenti promuovono la cooperazione turistica mediante azioni specifiche tra cui:- gli scambi di informazioni e studi di prospezione;- un'assistenza in materia statistica e informatica;- azioni di formazione;- l'organizzazione di manifestazioni;- la promozione di investimenti e coinvestimenti per sviluppare l'afflusso dei turisti.Articolo 18 Cooperazione in materia ambientale Nell'instaurare una cooperazione ambientale, le parti contraenti esprimono la volontà di contribuire ad uno sviluppo duraturo. Esse cercano di conciliare le esigenze dello sviluppo economico e sociale con la necessaria protezione della natura e di rivolgere particolare attenzione, nelle azioni di cooperazione, alle fasce più sfavorite della popolazione, ai problemi dell'ambiente urbano e alla tutela degli ecosistemi quali le foreste tropicali.A tal fine, conformemente alle rispettive legislazioni, le parti contraenti cercano di realizzare azioni comuni finalizzate in particolare:- ad un potenziamento delle strutture ambientali pubbliche e private;- alla formazione di personale specializzato;- all'informazione e alla sensibilizzazione dell'opinione pubblica;- alla realizzazione di studi, all'organizzazione di incontri, agli scambi di conoscenze e di esperienze;- all'elaborazione di progetti comuni;- al sostegno e all'assistenza alla ricerca ambientale;- ad una cooperazione industriale nel settore dell'ambiente.Articolo 19 Cooperazione nei settori agricolo, forestale e rurale Le parti contraenti avviano una cooperazione nei settori agricolo e rurale, forestale, agroindustriale e agroalimentare.A tal fine, in conformità delle rispettive legislazioni, esse esaminano, in uno spirito di cooperazione e di buona volontà:- le possibilità di sviluppare gli scambi di prodotti agricoli, forestali e agroindustriali;- le misure sanitarie, fitosanitarie e ambientali, nonché le loro conseguenze, per evitare che ostacolino gli scambi.Le parti contraenti cercano di realizzare azioni che favoriscano la cooperazione per quanto riguarda:- lo sviluppo del settore agricolo;- lo sviluppo e la tutela delle risorse forestali;- l'ambiente agricolo e rurale;- i problemi connessi alla dimensione umana dello sviluppo;- la formazione scientifica e tecnologica in materia di agricoltura;- la ricerca agronomica;- i contatti tra i produttori agricoli di entrambe le parti per facilitare le operazioni commerciali e gli investimenti;- le statistiche agricole.Articolo 20 Cooperazione in materia di pubblica sanità Le parti contraenti decidono di cooperare nel settore della pubblica sanità al fine di migliorare l'accesso ai servizi offerti in Brasile e la qualità degli stessi, concentrandosi sulle cure di base delle fasce più sfavorite della popolazione.A tal fine, esse cercano di:- sostenere la formazione professionale in settori sanitari specifici,- avviare programmi e progetti volti a migliorare le condizioni sanitarie e il benessere sociale in ambiente urbano e rurale;- sostenere la lotta contro le malattie infettive e contagiose, compresa la sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS).Articolo 21 Cooperazione in materia di sviluppo sociale 1. Le parti contraenti instaurano una cooperazione in materia di sviluppo sociale per migliorare le condizioni di vita delle classi meno favorite della popolazione.2. Le misure ed azioni destinate a raggiungere questi obiettivi comprendono sostegni, principalmente sotto forma di assistenza tecnica, nei settori seguenti:- amministrazione dei servizi sociali;- formazione professionale e creazione di posti di lavoro;- miglioramento degli alloggi e delle condizioni igieniche in ambiente urbano e rurale;- prevenzione sanitaria;- tutela dell'infanzia;- programmi di educazione e di assistenza a favore dei giovani criminali.Articolo 22 Lotta contro la droga 1. Conformemente alle rispettive competenze, le parti contraenti si impegnano a coordinare ed intensificare le loro iniziative volte a prevenire e a ridurre la produzione e il consumo di droga.2. La cooperazione comprende, tra l'altro:- progetti di formazione, istruzione, cura e disintossicazione dei tossicomani, compreso il loro reinserimento nella vita professionale e sociale. I progetti saranno realizzati nel paese beneficiario avvalendosi, nella misura del possibile, delle infrastrutture esistenti:- programmi e progetti di ricerca;- azioni di cooperazione economica volte e favorire le attività economiche alternative;- scambi di qualsiasi informazione pertinente, comprese le misure relative al riciclaggio del denaro.3. Per il finanziamento delle azioni previste al paragrafo 2, le parti contraenti possano chiedere la cooperazione di istituzioni pubbliche e private, nonché di organizzazioni nazionali, regionali e internazionali.Articolo 23 Cooperazione in materia di integrazione e cooperazione regionale 1. La cooperazione tra le parti contraenti può estendersi ad iniziative attuate nell'ambito di accordi di cooperazione o di integrazione con paesi terzi della stessa regione, purché non siano incompatibili con tali accordi.2. Senza escludere nessun settore, si privilegiano le azioni riguardanti:- l'assistenza tecnica (invio di esperti, formazione di tecnici per quanto riguarda alcuni aspetti pratici dell'integrazione);- la promozione del commercio interregionale;- il sostegno alle istituzioni regionali, nonché ai progetti e alle iniziative stabiliti in comune nell'ambito del MERCOSUR, del Gruppo di Rio o del trattato di cooperazione per l'Amazzonia;- gli studi relativi ai collegamenti e alle comunicazioni regionali.3. Determinati settori, quali le telecomunicazioni e l'ambiente, possono, di comune accordo, essere aperti ad altri paesi della regione ugualmente interessati, in modo che la cooperazione non sia limitata al contesto strettamente bilaterale.Su richiesta di una delle parti contraenti, sarà possibile prendere in considerazione la dimensione regionale in qualsiasi altro tipo di progetto.Articolo 24 Cooperazione nel settore della pubblica amministrazione 1. Conformemente alle rispettive legislazioni, le parti contraenti cooperano, nel settore della pubblica amministrazione, a livello federale, statale e comunale.2. Per raggiungere tali obiettivi, esse attuano iniziative finalizzate:- alla modernizzazione del settore pubblico;- alla formazione alle nuove tecniche di amministrazione;- alla formazione e al perfezionamento per aumentare la mobilità e consentire i trasferimenti di personale richiesti dagli adeguamenti amministrativi;- al miglioramento e al perfezionamento dei metodi di programmazione di bilancio;- all'assistenza tecnica per l'amministrazione dei servizi sociali e alla cooperazione in materia di pianificazione economica e sociale.3. A tal fine, le parti contraenti organizzano:- incontri e visite di tecnici, nonché seminari e corsi di formazione per funzionari e impiegati delle amministrazioni a livello federale, statale e comunale;- scambi di informazioni su programmi volti a modernizzare le amministrazioni.Articolo 25 Cooperazione in materia di informazione e cultura Nell'ambito delle rispettive competenze, le parti contraenti decidono di avviare azioni comuni nel settore dell'informazione e della comunicazione onde rafforzare i vincoli culturali che già esistono tra il Brasile e gli Stati membri della Comunità.Gli interventi assumono, in particolare, la forma di:- scambi di informazioni su argomenti di reciproco interesse;- studi preparatori e assistenza tecnica per la conservazione del patrimonio culturale;- promozione di manifestazioni a carattere culturale e di scambi culturali e accademici.Articolo 26 Cooperazione in materia di pesca Le parti contraenti riconoscono quanto sia importante ravvicinare i rispettivi interessi in materia di pesca. Esse cercano pertanto di rafforzare e sviluppare la cooperazione nel settore mediante l'elaborazione e l'esecuzione di programmi specifici, con l'attiva partecipazione degli operatori economici del settore.Articolo 27 Cooperazione in materia di formazione Le parti contraenti realizzano programmi di formazione del personale nei settori di comune interesse, avvalendosi delle nuove tecnologie.La cooperazione può assumere la forma di:- azioni specifiche mediante l'invio di esperti o di operatori nel paese partner;- cicli di formazione destinati ai formatori, ai quadri dell'amministrazione o del settore privato;- programmi di scambi di conoscenze e di tecniche tra le varie istituzioni, ad esempio in materia statistica.Articolo 28 Mezzi per realizzare la cooperazione Le parti contraenti si impegnano a fornire, compatibilmente con le loro possibilità e attraverso i rispettivi meccanismi, i mezzi necessari per realizzare gli obiettivi della cooperazione prevista dal presente accordo, comprese le risorse finanziarie. In tale contesto, si procede ad una programmazione pluriennale e alla determinazione delle priorità tenendo conto delle esigenze e del livello di sviluppo del Brasile.Articolo 29 Commissione mista 1. Le parti contraenti decidono di mantenere la commissione mista istituita dall'accordo di cooperazione del 1982, nonché la sottocommissione per la scienza e tecnologia istituita nel 1987 e la sottocommissione per la cooperazione industriale istituita nel 1989.2. La commissione mista ha il compito di:- garantire il corretto funzionamento del presente accordo;- coordinare le attività, i progetti e le azioni concrete volte a realizzare gli obiettivi del presente accordo e proporre gli strumenti necessari per la loro esecuzione;- esaminare l'andamento degli scambi commerciali e della cooperazione tra le parti contraenti;- formulare tutte le raccomandazioni necessarie per favorire l'espansione degli scambi commerciali, nonché l'intensificazione e la diversificazione della cooperazione;- cercare il modo di prevenire le eventuali difficoltà nei settori contemplati dal presente accordo.3. Le parti contraenti stabiliscono, di comune accordo, l'ordine del giorno, la data e la sede delle riunioni della commissione mista.La commissione mista prende disposizioni per quanto riguarda la frequenza e la sede delle riunioni successive, la presidenza, la possibilità di creare sottocommissioni diverse da quelle esistenti ed altre eventuali questioni.Articolo 30 Altri accordi 1. Fatte salve le disposizioni dei trattati che istituiscono le Comunità europee, il presente accordo e tutte le azioni intraprese nel suo ambito lasciano totalmente impregiudicate le competenze degli Stati membri della Comunità per intraprendere azioni bilaterali con il Brasile, nel quadro della cooperazione economica con questo paese, e, eventualmente, concludere nuovi accordi di cooperazione economica con il Brasile.2. Fatte salve le disposizioni del paragrafo 1, relative alla cooperazione economica, le disposizioni del presente accordo sostituiscono, qualora esse siano incompatibili o identiche, le disposizioni degli accordi conclusi tra gli Stati membri della Comunità e il Brasile.Articolo 31 Clausola di applicazione territoriale Il presente accordo si applica, da una parte, ai territori in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità, alle condizioni in esso indicate, e, dall'altra, al territorio del Brasile.Articolo 32 Allegato L'allegato costituisce parte integrante del presente accordo.Articolo 33 Entrata in vigore e tacito rinnovo Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del mese successivo alla data in cui le parti contraenti si sono notificate l'espletamento delle procedure giuridiche all'uopo necessarie ed è concluso per un periodo di cinque anni. Esso è prorogato tacitamente di anno in anno se nessuna delle parti contraenti lo denuncia per iscritto all'altra parte sei mesi prima della scadenza.Articolo 34 Lingue facenti fede Il presente accordo è redatto in duplice esemplare in lingua danese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola e tedesca, ciascun testo facente ugualmente fede.Articolo 35 Clausola evolutiva 1. Le parti contraenti possono ampliare di concerto il presente accordo onde potenziare la cooperazione e completarla mediante strumenti relativi a settori o attività specifici.2. Nell'ambito dell'applicazione del presente accordo, ciascuna parte contraente può presentare proposte onde ampliare il campo di applicazione della cooperazione in base all'esperienza acquisita nel corso dell'esecuzione dello stesso.>RIFERIMENTO A UN FILM>ALLEGATO SCAMBIO DI LETTERE tra la Comunità economica europea e la Repubblica federativa del Brasile in materia di trasporti marittimi A. Lettera della Comunità Signor . . . . . .,Le saremmo grati se volesse confermarci che il Suo governo è d'accordo su quanto segue:In occasione della firma dell'accordo quadro di cooperazione tra la Comunità europea e la Repubblica federativa del Brasile, le parti si sono impegnate a far sì che le questioni relative al funzionamento dei trasporti marittimi vengano esaminate in modo appropriato, in particolare quando potrebbero ostacolare lo sviluppo degli scambi. In tale contesto, si cercheranno soluzioni reciprocamente soddisfacenti rispettando il principio di una libera e leale concorrenza su basi commerciali.Si è inoltre deciso che tali questioni verranno esaminate durante le riunioni della commissione mista.Voglia gradire, Signor . . . . . ., l'espressione della nostra più profonda stima.A nome del Consiglio delle Comunità europeeB. Lettera della Repubblica federativa del Brasile Signor . . . . . .,Mi pregio comunicarLe di aver ricevuto la Sua lettera in data odierna ed informarLa che il mio governo è d'accordo su quanto segue:« In occasione della firma dell'accordo quadro di cooperazione tra la Comunità europea e la Repubblica federativa del Brasile, le parti si sono impegnate a far sì che le questioni relative al funzionamento dei trasporti marittimi vengano esaminate in modo appropriato, in particolare quando potrebbero ostacolare lo sviluppo degli scambi. In tale contesto, si cercheranno soluzioni reciprocamente soddisfacenti rispettando il principio di una libera e leale concorrenza su basi commerciali.Si è inoltre deciso che tali questioni verranno esaminate durante le riunioni della commissione mista. »Voglia gradire, Signor . . . . . ., l'espressione della mia più profonda stima.Per il governo della Repubblica federativa del Brasile
Accordi quadro bilaterali di cooperazione con i paesi del Mercosur QUAL È LO SCOPO DEGLI ACCORDI E DECISIONI? Gli accordi forniscono la base per la cooperazione bilaterale tra Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay, e l’Unione europea (l’Unione). Le decisioni concludono accordi a nome dell’Unione. PUNTI CHIAVE L’Argentina, il Brasile, il Paraguay e l’Uruguay sono i quattro membri fondatori del Mercosur — il Mercato comune del Cono del Sud America. I principi fondamentali degli accordi comprendono:il rispetto per la democrazia e i diritti umani; eil rafforzamento dell’integrazione regionale. In tutti e 4 gli accordi, le parti si concedono reciprocamente il trattamento della nazione più favorita*. Gli accordi disciplinano aree simili di cooperazione, ma sono redatti su misura per soddisfare le esigenze dei singoli Stati. I settori di cooperazione comprendono:commercio — sviluppare e diversificare gli scambi commerciali ed esaminare il modo di eliminare gli ostacoli, compresi i dazi e le imposte, e lo scambio di informazioni;questioni economiche — rafforzare i legami economici, incrementare il commercio, migliorare il tenore di vita, favorire gli investimenti ecc.;agricoltura — concentrarsi sullo sviluppo degli scambi commerciali e sulle questioni sanitarie;l’integrazione regionale — tra cui la cooperazione in materia ambientale a livello regionale, la promozione del commercio interregionale, il sostegno alle istituzioni regionali, allo sviluppo di politiche e attività comuni e alle comunicazioni regionali;ambiente — per risolvere i problemi legati all’inquinamento dell’acqua, del suolo e atmosferico, all’erosione, alla desertificazione, alla deforestazione; allo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali e alla tutela degli ecosistemi;scienza e tecnologia;sviluppo — in particolare ambito sociale e rurale. L’accordo con il Brasile definisce la più ampia area di cooperazione, in materia di informatica, telecomunicazioni e tecnologia spaziale, trasporti, energia, nel settore minerario, forestale e rurale, la pesca, lo sviluppo tecnologico e la proprietà intellettuale. La commissione mista di cooperazione, composta da rappresentanti di entrambe le parti, garantisce il corretto funzionamento di ciascun accordo e formula raccomandazioni. Gli accordi sono stati conclusi per un periodo iniziale di 5 anni quindi prorogati tacitamente di anno in anno. Gli accordi prevedono tutti una clausola evolutiva, che consente alle parti di ampliare il contenuto degli accordi. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo con il Brasile è entrato in vigore il 1o novembre 1995. L’accordo con il Paraguay è entrato in vigore il 1o novembre 1992. L’accordo con l’Uruguay è entrato in vigore il 1o novembre 1994. L’accordo con la Repubblica argentina è entrato in vigore il 1o agosto 1991. CONTESTO In aggiunta agli accordi bilaterali, le relazioni tra l’Unione e il Mercosur sono ulteriormente rafforzate da un accordo quadro interregionale di cooperazione. Oltre a focalizzarsi sui rapporti esistenti, l’accordo quadro è volto a definire le basi per un’associazione interregionale. Nel giugno 2019 è stato raggiunto un accordo politico sull’accordo di associazione tra le parti.Per ulteriori informazioni consultare:Unione europea e Mercosur (Servizio europeo per l’azione esterna). TERMINI CHIAVE Nazione più favorita (NPF): il trattamento NPF prevede che un paese offra le concessioni, i privilegi o le immunità accordati a un paese all’interno di un accordo commerciale agli altri paesi parti dell’accordo che prevede tale clausola. Solitamente, la clausola si applica ai membri dell’Organizzazione mondiale del commercio, che deve concedere ogni trattamento preferenziale a tutti gli altri stati che fanno parte dell’Organizzazione mondiale del commercio per quanto riguarda le materie disciplinate da tali accordi. DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo quadro di cooperazione tra la Comunità economica europea e la Repubblica federativa del Brasile (GU L 262 del 1.11.1995, pag. 54). Decisione 95/445/CE del Consiglio, del 30 ottobre 1995, concernente la conclusione dell’accordo quadro di cooperazione tra la Comunità economica europea e la Repubblica federale del Brasile (GU L 262 del 1.11.1995, pag. 53). Accordo quadro di cooperazione tra la Comunità economica europea e la Repubblica del Paraguay (GU L 313 del 30.10.1992, pag. 72). Decisione 92/509/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, concernente la conclusione dell’accordo quadro di cooperazione tra la Comunità economica europea e la Repubblica del Paraguay (GU L 313 del 30.10.1992, pag. 71). Accordo quadro di cooperazione tra la Comunità economica europea e la Repubblica orientale dell’Uruguay (GU L 94 dell’8.4.1992, pag. 2). Decisione 92/205/CEE del Consiglio, del 16 marzo 1992, relativa alla conclusione dell’accordo quadro di cooperazione tra la Comunità economica europea e la Repubblica orientale dell’Uruguay (GU L 94 dell’8.4.1992, pag. 1). Accordo quadro di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la Repubblica argentina (GU L 295 del 26.10.1990, pag. 67). Decisione 90/530/CEE del Consiglio, dell’8 ottobre 1990, relativa alla conclusione dell’accordo quadro di cooperazione commerciale ed economica tra la Comunità economica europea e la repubblica Argentina (GU L 295 del 26.10.1990, pag. 66). DOCUMENTI CORRELATI Informazione concernente l’entrata in vigore dell’accordo quadro di cooperazione tra la Comunità economica europea e la Repubblica federativa del Brasile (GU L 262 dell’1.11.1995, pag. 66). Informazione sulla data di entrata in vigore dell’accordo quadro di cooperazione tra la Repubblica del Paraguay e la Comunità economica europea, firmato a Bruxelles in data 3 febbraio 1992 (GU L 313 del 30.10.1992, pag. 82). Informazione concernente l’entrata in vigore dell’accordo quadro di cooperazione tra la Comunità economica europea e la Repubblica orientale dell’Uruguay (GU L 286 del 5.11.1994, pag. 40). Informazione concernente la data d’entrata in vigore dell’Accordo di cooperazione tra la Comunità economica europea e la Repubblica Argentina (GU L 208 del 30.7.1991, pag. 73).
11,571
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32007L0043
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DIRETTIVA 2007/43/CE DEL CONSIGLIO del 28 giugno 2007 che stabilisce norme minime per la protezione dei polli allevati per la produzione di carne (Testo rilevante ai fini del SEE) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 37, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2), previa consultazione del Comitato delle regioni, considerando quanto segue: (1) Il protocollo sulla protezione ed il benessere degli animali allegato al trattato che istituisce la Comunità europea prevede che, nella formulazione e nell’attuazione delle politiche nel settore dell’agricoltura, la Comunità e gli Stati membri tengano pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali, rispettando nel contempo le disposizioni legislative o amministrative e le consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda, in particolare, i riti religiosi, le tradizioni culturali e il patrimonio regionale. (2) La direttiva 98/58/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, riguardante la protezione degli animali negli allevamenti (3), redatta sulla base della Convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti (4) («la convenzione»), definisce norme minime per la protezione degli animali negli allevamenti, con disposizioni relative alla disponibilità di un ricovero, di alimentazione e di cure adeguate alle esigenze fisiologiche ed etologiche degli animali. (3) La Comunità ha aderito alla Convenzione e una raccomandazione specifica relativa ai polli domestici (Gallus gallus), comprensiva di disposizioni aggiuntive per i polli allevati per la produzione di carne, è stata adottata nell’ambito della Convenzione. (4) La relazione del comitato scientifico della salute e del benessere degli animali, del 21 marzo 2000, sul benessere dei polli allevati per la produzione di carne (broiler) ha concluso che l’elevato tasso di crescita delle varietà di polli attualmente impiegate a tal fine non è accompagnato da un livello soddisfacente di benessere e salute degli animali, e che gli effetti negativi dell’elevata densità sono minori negli edifici al cui interno sono possibili condizioni climatiche favorevoli. (5) Appena saranno disponibili i relativi pareri dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), saranno adottate disposizioni specifiche per le aree non provviste di lettiera, al fine di minimizzare l’influenza di parametri genetici o di includere indicatori di benessere oltre alla pododermatite. (6) È necessario stabilire norme a livello comunitario per la protezione dei polli allevati per la produzione di carne, al fine di evitare distorsioni della concorrenza che possono interferire col corretto funzionamento dell’organizzazione comune di mercato in questo settore, nonché per garantire lo sviluppo razionale del settore stesso. (7) In conformità del principio di proporzionalità è necessario e opportuno, per raggiungere l’obiettivo fondamentale di introdurre miglioramenti quanto al benessere degli animali nell’allevamento intensivo di pollame, stabilire norme minime per la protezione dei polli allevati per la produzione di carne. In conformità dell’articolo 5, terzo comma, del trattato, la presente direttiva non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi perseguiti. (8) Le norme dovrebbero concentrarsi sui problemi di benessere nei sistemi di allevamento intensivo. Per evitare di applicare misure sproporzionate all’allevamento di piccoli gruppi di polli, occorre stabilire una soglia minima per l’applicazione della presente direttiva. (9) È importante che il personale che si occupa dei polli comprenda le esigenze in materia di benessere degli animali e riceva una formazione adeguata per svolgere le proprie mansioni o abbia acquisito un’esperienza equivalente a detta formazione. (10) Nello stabilire norme per la protezione dei polli allevati per la produzione di carne, occorre mantenere un equilibrio tra i diversi aspetti da considerare per quanto attiene al benessere degli animali, alle considerazioni sanitarie, economiche e sociali e all’impatto ambientale. (11) Il regolamento (CE) n. 854/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche per l’organizzazione di controlli ufficiali sui prodotti di origine animale destinati al consumo umano (5), e il regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali (6), definiscono già un quadro per i controlli ufficiali che prevede il rispetto di alcune norme in materia di benessere degli animali. Inoltre, il regolamento (CE) n. 882/2004 prevede che gli Stati membri presentino relazioni annuali sull’attuazione dei piani di controllo nazionali pluriennali, comprensive dei risultati dei controlli e degli audit effettuati. A tale scopo è previsto un sostegno finanziario sia in tali regolamenti sia nella decisione 90/424/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1990, relativa a talune spese nel settore veterinario (7). (12) In diversi Stati membri esistono già vari sistemi facoltativi per l’etichettatura della carne di pollo, in conformità delle norme sul benessere degli animali e di altri parametri. (13) Alla luce dell’esperienza ottenuta applicando tali sistemi facoltativi di etichettatura, è opportuno che la Commissione presenti una relazione sulla possibile introduzione di un sistema di etichettatura specifico, armonizzato e obbligatorio a livello comunitario per la carne, i prodotti e le preparazioni a base di carne di pollo, nel rispetto delle norme relative al benessere degli animali e tenendo conto delle possibili implicazioni socioeconomiche, degli effetti sui partner economici della Comunità e della conformità del sistema di etichettatura con le norme dell’Organizzazione mondiale del commercio. (14) È opportuno che la Commissione presenti una relazione basata su prove scientifiche aggiornate, tenendo conto delle ricerche ed esperienze pratiche ulteriori per migliorare il benessere dei polli allevati per la produzione di carne, compresa la linea ascendente di tali polli, in particolare per quanto riguarda gli aspetti non coperti dalla presente direttiva. La relazione dovrebbe considerare in modo specifico la possibilità di introdurre soglie per le indicazioni di condizioni di scarso benessere individuate durante le ispezioni post mortem e l’influenza dei parametri genetici sulle carenze individuate che sono all’origine di scarso benessere dei polli allevati per la produzione di carne. (15) È opportuno che gli Stati membri stabiliscano norme relative alle sanzioni da irrogare in caso di violazione delle disposizioni della presente direttiva e ne garantiscano l’applicazione. Le sanzioni devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive. (16) Il Consiglio, a norma del punto 34 dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (8), dovrebbe incoraggiare gli Stati membri a redigere e rendere pubblici, nell’interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la presente direttiva e i provvedimenti di attuazione. (17) Le misure necessarie per l’attuazione della presente direttiva sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (9), HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Oggetto e ambito di applicazione 1. La presente direttiva si applica ai polli allevati per la produzione di carne. Non si applica tuttavia: a) alle aziende con meno di 500 polli; b) alle aziende in cui sono allevati soltanto gruppi di polli da riproduzione; c) agli incubatoi; d) ai polli allevati estensivamente al coperto e all’aperto, di cui alle lettere b), c), d) ed e) dell’allegato IV del regolamento (CEE) n. 1538/91 della Commissione, del 5 giugno 1991, recante disposizioni di applicazione del regolamento (CEE) n. 1906/90 che stabilisce talune norme di commercializzazione per le carni di pollame (10); e e) ai polli allevati con metodi biologici in conformità del regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio, del 24 giugno 1991, relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari (11). 2. La presente direttiva si applica agli animali d’allevamento presenti nelle aziende con animali sia da riproduzione che d’allevamento. Gli Stati membri restano liberi di adottare misure più rigorose nel settore oggetto della presente direttiva. La responsabilità principale per il benessere degli animali spetta al proprietario o al detentore degli animali stessi. Articolo 2 Definizioni 1. Ai fini della presente direttiva si intende per: a) «proprietario»: qualunque persona fisica o giuridica proprietaria dell’azienda in cui è allevato il pollame; b) «detentore»: qualunque persona fisica o giuridica responsabile dei polli a titolo contrattuale o per legge, in modo temporaneo o permanente; c) «autorità competente»: l’autorità centrale di uno Stato membro competente per effettuare i controlli relativi al benessere degli animali ed i controlli veterinari e zootecnici o qualsiasi altra autorità cui è stata conferita competenza in materia a livello regionale, locale o altro; d) «veterinario ufficiale»: un veterinario qualificato, in conformità dell’allegato I, sezione III, capo IV, parte A), del regolamento (CE) n. 854/2004, ad assumere tale funzione e nominato dall’autorità competente; e) «pollo»: animale della specie Gallus gallus allevato per la produzione di carne; f) «azienda»: un luogo di produzione in cui si allevano polli; g) «pollaio»: un edificio all’interno di un’azienda in cui è allevato un gruppo di polli; h) «area utilizzabile»: un’area provvista di lettiera e sempre accessibile ai polli; i) «densità di allevamento»: il peso vivo complessivo dei polli presenti contemporaneamente in un pollaio per metro quadro di area utilizzabile; j) «gruppo»: un insieme di polli collocati e presenti contemporaneamente in un pollaio di un’azienda; k) «tasso di mortalità giornaliera»: il numero dei polli deceduti in un pollaio lo stesso giorno, compresi quelli abbattuti per malattia o per altri motivi, diviso per il numero di polli presenti in tale giorno nel pollaio, moltiplicato per 100; l) «tasso di mortalità giornaliera cumulativo»: la somma dei tassi di mortalità giornaliera. 2. La definizione di «area utilizzabile» di cui al paragrafo 1, lettera h), riguardo alle aree non provviste di lettiera può essere completata secondo la procedura di cui all’articolo 11, alla luce dei risultati del parere scientifico dell’Agenzia europea per la sicurezza alimentare sull’impatto delle aree provviste di lettiera sul benessere dei polli. Articolo 3 Norme per l’allevamento dei polli 1. Gli Stati membri garantiscono che: a) tutti i pollai rispettino le norme di cui all’allegato I; b) le ispezioni previste, il monitoraggio e i controlli successivi, compresi quelli di cui all’allegato III, siano effettuati dall’autorità competente o dal veterinario ufficiale. 2. Gli Stati membri garantiscono che la densità massima di allevamento in un’azienda o in un pollaio di un’azienda non superi in alcun momento 33 kg/m2. 3. In deroga al paragrafo 2, gli Stati membri possono stabilire una maggiore densità massima purché il proprietario o il detentore rispetti le norme di cui all’allegato II oltre a quelle di cui all’allegato I. 4. Gli Stati membri provvedono affinché, qualora sia concessa una deroga ai sensi del paragrafo 3, la densità massima di allevamento in un’azienda o in un pollaio di un’azienda non superi in alcun momento 39 kg/m2. 5. Quando i criteri di cui all’allegato V sono soddisfatti, gli Stati membri possono autorizzare un aumento della densità massima di allevamento di cui al paragrafo 4 di 3 kg/m2 al massimo. Articolo 4 Formazione e orientamento per il personale che si occupa dei polli 1. Gli Stati membri provvedono affinché i detentori che sono persone fisiche ricevano una formazione sufficiente allo svolgimento delle loro mansioni e siano disponibili corsi di formazione adeguati. 2. I corsi di formazione di cui al paragrafo 1 sono incentrati sugli aspetti relativi al benessere e riguardano in particolare le questioni elencate nell’allegato IV. 3. Gli Stati membri provvedono affinché sia istituito un sistema per il controllo e l’approvazione dei corsi di formazione. Il detentore dei polli deve essere titolare di un certificato riconosciuto dall’autorità competente dello Stato membro interessato, attestante il completamento dei corsi di formazione o l’acquisizione di un’esperienza equivalente alla formazione stessa. 4. Gli Stati membri possono riconoscere l’esperienza acquisita anteriormente al 30 giugno 2010 come equivalente alla partecipazione ai corsi di formazione ed emettono certificati per attestare tale equivalenza. 5. Gli Stati membri possono stabilire che le disposizioni di cui ai paragrafi da 1 a 4 si applichino anche ai proprietari. 6. I proprietari o i detentori forniscono istruzioni e orientamenti sulle norme applicabili in materia di benessere degli animali, comprese quelle relative ai metodi di abbattimento praticati nelle aziende, alle persone da loro assunte per occuparsi dei polli, catturarli o caricarli. Articolo 5 Etichettatura delle carni di pollame Entro il 31 dicembre 2009 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sulla possibile introduzione di un sistema di etichettatura specifico, armonizzato e obbligatorio per le carni, i prodotti e le preparazioni a base di carne di pollame basato sul rispetto di criteri relativi al benessere degli animali. La relazione prende in considerazione le eventuali implicazioni socioeconomiche, gli effetti per i partner economici della Comunità e la compatibilità di tale sistema di etichettatura con le norme dell’Organizzazione mondiale del commercio. La relazione è accompagnata da adeguate proposte legislative che tengano conto di tali considerazioni e dell’esperienza acquisita dagli Stati membri nell’applicazione dei sistemi di etichettatura facoltativi. Articolo 6 Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio 1. Sulla scorta di un parere scientifico dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio, entro il 31 dicembre 2010, una relazione sull’influenza dei parametri genetici sulle carenze individuate che sono all’origine di scarso benessere dei polli. Se necessario, la relazione può essere accompagnata da adeguate proposte legislative. 2. Gli Stati membri sottopongono alla Commissione i risultati della raccolta dei dati fondata sul monitoraggio di un campione rappresentativo di gruppi macellati durante un periodo minimo di un anno. Al fine di consentire analisi pertinenti, i requisiti in materia di campionatura e di dati di cui all’allegato III dovrebbero essere scientificamente fondati, obiettivi e comparabili, ed essere stabiliti in conformità della procedura di cui all’articolo 11. Gli Stati membri possono necessitare di un contributo finanziario della Comunità per la raccolta dei dati ai fini della presente direttiva. 3. Sulla base dei dati disponibili e tenuto conto delle nuove prove scientifiche, la Commissione trasmette al Parlamento europeo ed al Consiglio, entro il 30 giugno 2012, una relazione sull’applicazione della presente direttiva e sui suoi effetti sul benessere dei polli, nonché sullo sviluppo degli indicatori di benessere. La relazione tiene conto dei vari metodi e condizioni di produzione. Essa tiene conto altresì delle implicazioni socioeconomiche e amministrative della presente direttiva, ivi compresi gli aspetti regionali. Articolo 7 Ispezioni 1. L’autorità competente effettua ispezioni non discriminatorie per verificare il rispetto delle disposizioni della presente direttiva. Tali ispezioni sono effettuate su una percentuale adeguata degli animali allevati in ciascuno Stato membro, conformemente alle disposizioni pertinenti di cui al regolamento (CE) n. 882/2004, e possono essere condotte contemporaneamente a controlli effettuati ad altri fini. Gli Stati membri instaurano procedure adeguate per determinare la densità di allevamento. 2. Gli Stati membri presentano alla Commissione, entro il 30 giugno di ogni anno, una relazione annuale sulle ispezioni di cui al paragrafo 1 effettuate nell’anno precedente. La relazione è corredata di un elenco delle azioni più importanti intraprese dall’autorità competente per ovviare ai principali problemi di benessere riscontrati. Articolo 8 Guide alle buone pratiche di gestione Gli Stati membri incoraggiano l’elaborazione di guide alle buone pratiche di gestione, comprendenti orientamenti riguardo all’osservanza della presente direttiva. Sono incoraggiate la diffusione e l’utilizzazione di tali guide. Articolo 9 Sanzioni Gli Stati membri stabiliscono le norme relative alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in applicazione della presente direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari per garantirne l’attuazione. Le sanzioni previste devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano le relative disposizioni alla Commissione entro il 30 giugno 2010 e provvedono a notificare immediatamente le eventuali successive modifiche. Articolo 10 Competenze di esecuzione Le misure necessarie per garantire l’applicazione uniforme della presente direttiva possono essere adottate secondo la procedura prevista all’articolo 11. Articolo 11 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita dal comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, istituito dal regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (12), del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare («il comitato»). 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE. Il termine di cui all’articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi. Articolo 12 Recepimento Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 30 giugno 2010. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. Articolo 13 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 14 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Lussemburgo, addì 28 giugno 2007. Per il Consiglio Il presidente S. GABRIEL (1) Parere del 14 febbraio 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Parere del 26 ottobre 2005 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (3) GU L 221 dell’8.8.1998, pag. 23. Direttiva modificata dal regolamento (CE) n. 806/2003 (GU L 122 del 16.5.2003, pag. 1). (4) GU L 323 del 17.11.1978, pag. 14. Convenzione modificata da un protocollo di modifica (GU L 395 del 31.12.1992, pag. 22). (5) GU L 139 del 30.4.2004, pag. 206; rettifica nella GU L 226 del 25.6.2004, pag. 83. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1791/2006 del Consiglio (GU L 363 del 20.12.2006, pag. 1). (6) GU L 165 del 30.4.2004, pag. 1; rettifica nella GU L 191 del 28.5.2004, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1791/2006 del Consiglio. (7) GU L 224 del 18.8.1990, pag. 19. Decisione modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 1791/2006. (8) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1; rettifica nella GU C 4 dell’8.1.2004, pag. 7. (9) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. Decisione modificata dalla decisione 2006/512/CE (GU L 200 del 22.7.2006, pag. 11). (10) GU L 143 del 7.6.1991, pag. 11. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 2029/2006 (GU L 414 del 30.12.2006, pag. 29). (11) GU L 198 del 22.7.1991, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 394/2007 della Commissione (GU L 98 del 13.4.2007, pag. 3). (12) GU L 31 dell’1.2.2002, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 575/2006 della Commissione (GU L 100 dell’8.4.2006, pag. 3). ALLEGATO I NORME APPLICABILI ALLE AZIENDE Oltre alle disposizioni pertinenti contenute in altri atti legislativi pertinenti del diritto comunitario, si applicano le norme seguenti: Abbeveratoi 1. Gli abbeveratoi sono posizionati e sottoposti a manutenzione in modo da ridurre al minimo le perdite. Alimentazione 2. Il mangime è disponibile in qualsiasi momento o soltanto ai pasti e non dev’essere ritirato prima di 12 ore dal momento previsto per la macellazione. Lettiera 3. Tutti i polli hanno accesso in modo permanente a una lettiera asciutta e friabile in superficie. Ventilazione e riscaldamento 4. Vi dev’essere sufficiente ventilazione per evitare il surriscaldamento, se necessario in combinazione con i sistemi di riscaldamento per rimuovere l’umidità in eccesso. Rumore 5. Il livello sonoro dev’essere il più basso possibile. La costruzione, l’installazione, il funzionamento e la manutenzione dei ventilatori, dei dispositivi di alimentazione e di altre attrezzature sono tali da provocare la minore quantità possibile di rumore. Luce 6. Tutti gli edifici sono illuminati con un’intensità di almeno 20 lux durante le ore di luce, misurata a livello dell’occhio dell’animale e in grado di illuminare almeno l’80 % dell’area utilizzabile. Una riduzione temporanea del livello di luce può essere ammessa se ritenuta necessaria in seguito al parere di un veterinario. 7. Entro i sette giorni successivi al momento in cui i polli sono collocati nell’edificio e fino a tre giorni prima del momento previsto per la macellazione, la luce deve seguire un ritmo di 24 ore e comprendere periodi di oscurità di almeno 6 ore totali, con almeno un periodo ininterrotto di oscurità di almeno 4 ore, esclusi i periodi di attenuazione della luce. Ispezioni 8. Tutti i polli presenti nell’azienda devono essere ispezionati almeno due volte al giorno. Occorre prestare particolare attenzione ai segni che rivelano un abbassamento del livello di benessere e/o di salute degli animali. 9. I polli gravemente feriti o che mostrano segni evidenti di deterioramento della salute, come quelli con difficoltà nel camminare o che presentano ascite o malformazioni gravi, e che è probabile che soffrano, ricevono una terapia appropriata o sono abbattuti immediatamente. Un veterinario è contattato ogniqualvolta se ne presenti la necessità. Pulizia 10. Ad ogni depopolamento definitivo, le parti degli edifici, delle attrezzature o degli utensili in contatto con i polli sono pulite e disinfettate accuratamente prima di introdurre nel pollaio un nuovo gruppo di animali. Dopo il depopolamento definitivo di un pollaio si deve rimuovere tutta la lettiera e predisporre una lettiera pulita. Tenuta dei registri 11. Il proprietario o detentore deve tenere un registro per ciascun pollaio dell’azienda, indicante: a) il numero di polli introdotti; b) l’area utilizzabile; c) l’ibrido o la razza dei polli, se noti; d) per ogni controllo, il numero di volatili trovati morti con indicazione delle cause, se note, nonché il numero di volatili abbattuti e la causa; e) il numero di polli rimanenti nel gruppo una volta prelevati quelli destinati alla vendita o alla macellazione; Tali registri sono conservati per un periodo di almeno tre anni e vengono resi disponibili all’autorità competente che effettui un’ispezione o che ne faccia comunque richiesta. Interventi chirurgici 12. Sono proibiti tutti gli interventi chirurgici, effettuati a fini diversi da quelli terapeutici o diagnostici, che recano danno o perdita di una parte sensibile del corpo o alterazione della struttura ossea. La troncatura del becco può tuttavia essere autorizzata dagli Stati membri una volta esaurite le altre misure volte a impedire plumofagia e cannibalismo. In tali casi, detta operazione è effettuata, soltanto previa consultazione e su consiglio di un veterinario, da personale qualificato su pulcini di età inferiore a 10 giorni. Inoltre, gli Stati membri possono autorizzare la castrazione degli animali. La castrazione è effettuata soltanto con la supervisione di un veterinario e ad opera di personale specificamente formato. ALLEGATO II NORME PER IL RICORSO A DENSITÀ PIÙ ELEVATE Notifica e documentazione Si applicano le seguenti norme: 1. Il proprietario o il detentore comunica all’autorità competente l’intenzione di ricorrere a una densità superiore a 33 kg/m2 di peso vivo. Egli indica la cifra esatta ed informa l’autorità competente di qualsiasi modifica della densità di allevamento almeno 15 giorni prima della collocazione del gruppo di polli nel pollaio. Se l’autorità competente lo richiede, la notifica è accompagnata da un documento che riprende in sintesi le informazioni contenute nella documentazione di cui al punto 2. 2. Il proprietario o detentore tiene a disposizione nel pollaio la documentazione che descrive in dettaglio i sistemi di produzione. In particolare, tale documentazione comprende informazioni relative a particolari tecnici del pollaio e delle sue attrezzature quali: a) una mappa del pollaio indicante le dimensioni delle superfici occupate dai polli; b) sistemi di ventilazione e, ove pertinente, di raffreddamento e riscaldamento, comprese le rispettive ubicazioni, un piano della ventilazione indicante in dettaglio i parametri di qualità dell’aria prefissati, come flusso, velocità e temperatura dell’aria; c) sistemi di alimentazione e approvvigionamento d’acqua e loro ubicazione; d) sistemi d’allarme e di riserva in caso di guasti ad apparecchiature automatiche o meccaniche essenziali per la salute ed il benessere degli animali; e) tipo di pavimentazione e lettiera normalmente usate. La documentazione è resa disponibile all’autorità competente su sua richiesta ed è tenuta aggiornata. In particolare, sono registrate le ispezioni tecniche al sistema di ventilazione e di allarme. Il proprietario o detentore comunica senza indugio all’autorità competente eventuali cambiamenti del pollaio, delle attrezzature e delle procedure descritti che potrebbero influire sul benessere dei volatili. Norme per le aziende — controllo dei parametri ambientali 3. Il proprietario o detentore provvede affinché ciascun pollaio di un’azienda sia dotato di sistemi di ventilazione e, se necessario, di riscaldamento e raffreddamento concepiti, costruiti e fatti funzionare in modo che a) la concentrazione di ammoniaca (NH3) non superi 20 ppm e la concentrazione di anidride carbonica (CO2) non superi 3 000 ppm misurati all’altezza della testa dei polli; b) la temperatura interna non superi quella esterna di più di 3 °C quando la temperatura esterna all’ombra è superiore a 30 °C; c) l’umidità relativa media misurata all’interno del pollaio durante 48 ore non superi il 70 % quando la temperatura esterna è inferiore a 10 °C. ALLEGATO III MONITORAGGIO E CONTROLLI SUCCESSIVI PRESSO IL MACELLO (di cui all’articolo 3, paragrafo 1) 1. Mortalità 1.1. In caso di densità di allevamento superiori a 33 kg/m2, la documentazione che accompagna il gruppo include il tasso di mortalità giornaliera e il tasso di mortalità giornaliera cumulativo calcolati dal proprietario o detentore e all’ibrido o alla razza dei polli. 1.2. Sotto la supervisione del veterinario ufficiale, tali dati e il numero di polli da carne arrivati morti vengono registrati indicando l’azienda e il pollaio della stessa. La credibilità dei dati e del tasso di mortalità giornaliera cumulativo è controllata tenendo conto del numero di polli da carne macellati e del numero di polli da carne arrivati morti al macello. 2. Ispezione post mortem Nel contesto dei controlli effettuati a norma del regolamento (CE) n. 854/2004, il veterinario ufficiale valuta i risultati dell’ispezione post mortem al fine di individuare altre possibili indicazioni di condizioni di scarso benessere, quali livelli anormali di dermatiti da contatto, parassitismo e malattie sistemiche nell’azienda o nel pollaio dell’azienda di origine. 3. Comunicazione dei risultati Se il tasso di mortalità di cui al punto 1 o i risultati dell’ispezione post mortem di cui al punto 2 corrispondono a condizioni di benessere animale scarse, il veterinario ufficiale comunica i dati al proprietario o al detentore degli animali ed all’autorità competente, che intraprendono azioni appropriate. ALLEGATO IV FORMAZIONE I corsi di formazione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, riguardano almeno la normativa comunitaria relativa alla protezione dei polli, in particolare le seguenti questioni: a) allegati I e II; b) fisiologia, in particolare il fabbisogno di acqua e cibo, comportamento animale e concetto di stress; c) aspetti pratici della manipolazione attenta del pollame, compresi la cattura, il carico e il trasporto; d) cure d’emergenza per i polli, uccisione e abbattimento d’emergenza; e) misure di biosicurezza preventiva. ALLEGATO V CRITERI PER IL RICORSO ALL’AUMENTO DELLA DENSITÀ MASSIMA (di cui all’articolo 3, paragrafo 5) 1. Criteri a) il monitoraggio dell’azienda effettuato dall’autorità competente negli ultimi due anni non ha rivelato carenze rispetto ai requisiti della presente direttiva, b) il proprietario dell’azienda o il detentore effettua il monitoraggio utilizzando le guide alle buone pratiche di gestione di cui all’articolo 8, e c) in almeno sette gruppi consecutivi di polli successivamente controllati e provenienti da un pollaio, la mortalità giornaliera cumulativa è stata inferiore a 1 % + 0,06 % moltiplicato per l’età alla macellazione espressa in giorni. Qualora non sia stato effettuato alcun monitoraggio dell’azienda dall’autorità competente negli ultimi due anni, dev’essere effettuato almeno un monitoraggio per controllare se sia rispettato il requisito di cui alla lettera a). 2. Circostanze eccezionali In deroga al punto 1, lettera c), l’autorità competente può decidere di aumentare la densità di allevamento quando il proprietario o il custode abbia fornito spiegazioni sufficienti riguardo alla natura eccezionale di un tasso di mortalità giornaliera cumulativo più alto o abbia dimostrato che le cause sfuggono al suo controllo.
Benessere animale: protezione dei polli allevati per la produzione di carne QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA? Mira a introdurre norme per migliorare il benessere animale nelle aziende dell’Unione europea (UE) dove vengono allevati polli per la produzione di carne. Tali norme hanno lo scopo di evitare distorsioni della concorrenza nel settore. PUNTI CHIAVE Ambito di applicazioneLa direttiva si applica ai polli allevati per la produzione di carne (broiler) e agli animali d’allevamento presenti nelle aziende con animali sia da riproduzione che d’allevamento. Non si applica a:alle aziende con meno di 500 polli;alle aziende in cui sono allevati soltanto gruppi di polli da riproduzione;agli incubatoi*;ai polli allevati estensivamente al coperto e all’aperto;ai polli allevati con metodi biologici.Norme che si applicano a tutte le aziendeI pollai dove vengono allevati i polli devono consentire a tutti i polli l’accesso adeguato:all’acqua di abbeveraggio;al mangime,a una lettiera asciutta e friabile. Gli edifici devono essere adeguatamente illuminati durante le ore di luce e vi dev’essere sufficiente ventilazione. Tutti i polli presenti nell’azienda devono essere ispezionati almeno due volte al giorno. I polli gravemente feriti o in cattiva salute devono essere sottoposti a terapia o abbattuti immediatamente. Sono generalmente proibiti gli interventi chirurgici effettuati a fini diversi da quelli terapeutici. La troncatura del becco e la castrazione sono consentite solo in determinati casi. Il proprietario o detentore deve tenere un registro per ciascun pollaio dell’azienda, indicante:il numero di polli introdotti e rimanenti una volta prelevati quelli destinati alla vendita o alla macellazione;l’area utilizzabile;l’ibrido o la razza dei polli;il tasso di mortalità.Densità*Gli Stati membri devono garantire che la densità massima in un’azienda o nel pollaio di un’azienda non superi mai i 33 kg/m2. È consentita una densità superiore al massimo di 39 kg/m2 se il proprietario o detentore rispetta i requisiti stabiliti nell’allegato II alla direttiva (parametri ambientali). Il proprietario o detentore deve fornire alle autorità competenti la documentazione specifica contenente le specifiche tecniche relative all’azienda e alla relativa attrezzatura. Tali aziende ad elevata densità devono essere dotate di sistemi di ventilazione, di riscaldamento e raffreddamento per mantenere la temperatura, l’umidità e le concentrazioni di CO2 e NH3 adeguate. In circostanze eccezionali, definite nell’allegato V, la densità può arrivare fino a un massimo di 42 kg/m2.FormazioneLe persone che si occupano dei polli devono possedere un certificato che attesta il completamento di un corso di formazione approvato o un’esperienza equivalente a una tale formazione. I corsi di formazione devono riguardare i seguenti aspetti di benessere:i requisiti di densità per le aziende;la fisiologia animale;la manipolazione del pollame e la somministrazione di cure d’emergenza;la biosicurezza preventiva. Gli Stati membri devono incoraggiare lo sviluppo e la distribuzione di guide pratiche per una buona gestione.Ispezioni Le autorità nazionali devono eseguire ispezioni regolari delle aziende per garantire che rispettino la direttiva. Ogni anno, devono presentare una relazione alla Commissione europea sulle ispezioni effettuate e un elenco delle azioni intraprese per affrontare eventuali problemi di benessere riscontrati. Monitoraggio e controlli successivi presso i macelli Il monitoraggio presso i macelli garantisce la registrazione del numero di polli da carne morti all’arrivo. Nel corso dell’ispezione post mortem possono essere individuate indicazioni di condizioni di scarso benessere. Se vengono individuate indicazioni di tal genere, l’azienda e le autorità competenti devono intraprendere misure adeguate. RelazioniNegli ultimi anni, un’ampia gamma di tratti metabolici e comportamentali dei polli da carne è stata modificata tramite selezione genetica, il che ha comportato diverse questioni legate al benessere , relativamente alle zampe e al movimento, alla sindrome della morte improvvisa e alle malattie della pelle, quali la dermatite da contatto. Nel 2016, la Commissione ha pubblicato una relazione che esamina l’influenza dei parametri genetici sule carenze individuate che provocano uno scarso benessere dei polli. La relazione ha concluso che:gli allevatori stanno progressivamente tenendo conto dei tratti relativi alla salute e al benessere dei polli nei loro programmi di selezione;la normativa attuale prevede un sistema di monitoraggio degli indicatori del benessere animale in condizioni commerciali che potrebbero essere ulteriormente usati nell’ambito della selezione genetica. Nel 2018, la Commissione ha pubblicato una relazione relativa all’applicazione della direttiva 2007/43/CE e alla sua incidenza sul benessere dei polli allevati per la produzione di carne, nonché alla definizione degli indicatori di benessere.Comitato permanente Il comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi assiste la Commissione europea nell’attuazione della presente direttiva. Modifica Il regolamento (UE) 2017/625 sull’applicazione delle norme dell’Unione europea per la filiera agroalimentare (si veda la sintesi) ha introdotto alcune modifiche minori al regolamento (CE) n. 1/2005. Il regolamento di modifica riunisce sotto lo stesso ombrello giuridico i controlli ufficiali in tutti i vari segmenti della catena di approvvigionamento (compreso il benessere degli animali). Prevede inoltre l’istituzione di nuovi centri di riferimento europei per il benessere degli animali. Tali centri intraprenderanno studi tecnici e scientifici, svolgeranno corsi di formazione e renderanno disponibili i risultati delle ricerche fornendo consulenze scientifiche e tecniche agli Stati membri. Un atto di esecuzione, il regolamento di esecuzione della Commissione (UE) 2019/1685, ha designato un centro di riferimento dell’UE per il pollame e altri animali d’allevamento di piccola taglia. DA QUANDO È IN VIGORE LA DIRETTIVA? La direttiva è in vigore dal 1 agosto 2007 e doveva diventare legge negli Stati membri entro il 30 giugno 2010. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si veda:Polli da carne (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Incubatoio. Un edificio dove le uova del pollame vengono incubate, spesso in condizioni artificiali tramite l’uso di incubatrici. Densità. Il peso vivo complessivo dei polli presenti contemporaneamente in un pollaio per metro quadro di area utilizzabile. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2007/43/CE del Consiglio, del 28 giugno 2007, che stabilisce norme minime per la protezione dei polli allevati per la produzione di carne (GU L 182 del 12.7.2007, pag. 19). Le successive modifiche alla direttiva 2007/43/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento di esecuzione (UE) 2019/1685 della Commissione del 4 ottobre 2019 che designa un centro di riferimento dell’Unione europea per il benessere degli animali per il pollame e altri animali d’allevamento di piccola taglia (GU L 258 del 9.10.2019, pag. 11). Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio relativa all’applicazione della direttiva 2007/43/CE e alla sua incidenza sul benessere dei polli allevati per la produzione di carne, nonché alla definizione degli indicatori di benessere [COM(2018) 181 final, del 13.4.2018]. Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio relativa all’influenza della selezione genetica sul benessere dei polli allevati per la produzione di carne [COM(2016) 182 final del 7.4.2016].
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Direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio Gazzetta ufficiale n. L 041 del 14/02/2003 pag. 0026 - 0032 Direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consigliodel 28 gennaio 2003sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del ConsiglioIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 175, paragrafo 1,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale europeo(2),visto il parere del Comitato delle regioni(3),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(4), visto il progetto comune approvato l'8 novembre 2002 dal comitato di conciliazione,considerando quanto segue:(1) Un rafforzamento dell'accesso del pubblico all'informazione ambientale e la diffusione di tale informazione contribuiscono a sensibilizzare maggiormente il pubblico alle questioni ambientali, a favorire il libero scambio di opinioni, ad una più efficace partecipazione del pubblico al processo decisionale in materia e, infine, a migliorare l'ambiente.(2) La direttiva 90/313/CEE del Consiglio, del 7 giugno 1990, concernente la libertà di accesso all'informazione in materia di ambiente(5), ha avviato un processo di mutamento del modo in cui le autorità pubbliche affrontano la questione dell'apertura e della trasparenza, stabilendo misure per l'esercizio del diritto di accesso del pubblico all'informazione ambientale che andrebbe sviluppato e continuato. La presente direttiva amplia l'accesso esistente sancito dalla direttiva 90/313/CEE.(3) L'articolo 8 di detta direttiva dispone che gli Stati membri riferiscano alla Commissione sull'esperienza acquisita e che la Commissione sottoponga una relazione al Parlamento europeo ed al Consiglio corredata delle eventuali proposte di revisione della direttiva che ritenga opportune.(4) La relazione di cui all'articolo 8 di detta direttiva individua una serie di problemi concreti riscontrati nell'applicazione pratica della direttiva.(5) Il 25 giugno 1998 la Comunità europea ha firmato la Convenzione ONU/ECE sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale ("la Convenzione di Aarhus"). Le disposizioni di diritto comunitario devono essere compatibili con quelle di tale convenzione in vista della sua conclusione da parte della Comunità europea.(6) È opportuno, nell'interesse di una maggiore trasparenza, sostituire la direttiva 90/313/CEE anziché modificarla, in modo da fornire agli interessati un testo legislativo unico, chiaro e coerente.(7) Le disparità tra le normative vigenti negli Stati membri in tema di accesso all'informazione ambientale detenuta dalle autorità pubbliche possono creare disparità di trattamento nella Comunità sotto il profilo dell'accesso a tale informazione o delle condizioni di concorrenza.(8) È necessario garantire che qualsiasi persona fisica o giuridica abbia il diritto di accedere all'informazione ambientale detenuta dalle autorità pubbliche o per conto di esse senza dover dichiarare il proprio interesse.(9) È altresì necessario che le autorità pubbliche mettano a disposizione del pubblico e diffondano l'informazione ambientale nella massima misura possibile, in particolare ricorrendo alle tecnologie d'informazione e di comunicazione. È opportuno tener conto dell'evoluzione futura di dette tecnologie nell'ambito delle relazioni sulla direttiva e in sede di revisione della stessa.(10) La definizione di "informazione ambientale" dovrebbe essere chiarita per comprendere l'informazione, in qualsiasi forma, concernente lo stato dell'ambiente, i fattori, le misure o le attività che incidono o possono incidere sull'ambiente ovvero sono destinati a proteggerlo, le analisi costi-benefici e altre analisi economiche usate nell'ambito di tali misure o attività, nonché l'informazione sullo stato della salute e della sicurezza umana, compresa la contaminazione della catena alimentare, le condizioni della vita umana, i siti e gli edifici di interesse culturale, nella misura in cui essi siano o possano essere influenzati da uno qualsiasi di questi elementi.(11) Per tener conto del principio di cui all'articolo 6 del trattato, vale a dire che le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente dovrebbero essere integrate nella definizione e nell'attuazione delle politiche e azioni comunitarie, la definizione di autorità pubbliche dovrebbe essere estesa in modo da comprendere il governo e ogni altra pubblica amministrazione a livello nazionale, regionale o locale, aventi o no responsabilità specifiche per l'ambiente. La definizione dovrebbe peraltro essere estesa fino ad includere altre persone o organismi che assolvono funzioni di pubblica amministrazione connesse con l'ambiente, ai sensi del diritto nazionale, nonché altre persone o organismi che agiscono sotto il loro controllo e aventi responsabilità o funzioni pubbliche connesse con l'ambiente.(12) L'informazione ambientale detenuta materialmente per conto delle autorità pubbliche da altri organismi dovrebbe rientrare anch'essa nell'ambito di applicazione della presente direttiva.(13) L'informazione ambientale dovrebbe essere messa a disposizione dei richiedenti il più presto possibile e in tempi ragionevoli tenendo conto di un eventuale termine specificato dal richiedente.(14) Le autorità pubbliche dovrebbero mettere a disposizione l'informazione ambientale nelle forme o nei formati richiesti dal richiedente salvo se non sia già pubblicamente disponibile in altra forma o formato o se risulti ragionevole renderla disponibile in altra forma o formato. Inoltre è opportuno che le autorità pubbliche siano tenute a fare ogni ragionevole sforzo per mantenere l'informazione ambientale detenuta da esse o per conto di esse in forme o formati facilmente riproducibili e consultabili tramite mezzi elettronici.(15) È opportuno che gli Stati membri determinino le modalità pratiche di effettiva messa a disposizione di tale informazione. Tali modalità garantiscono che l'informazione sia accessibile di fatto e in modo agevole e sia messa progressivamente a disposizione del pubblico attraverso reti di telecomunicazioni pubbliche, inclusi elenchi, pubblicamente accessibili, delle autorità pubbliche nonché registri o elenchi dell'informazione ambientale detenuta dalle autorità pubbliche o per conto di esse.(16) Il diritto all'informazione implica che la divulgazione dell'informazione sia ritenuta un principio generale e che alle autorità pubbliche sia consentito respingere una richiesta di informazione ambientale in casi specifici e chiaramente definiti. Le ragioni di rifiuto dovrebbero essere interpretate in maniera restrittiva, ponderando l'interesse pubblico tutelato dalla divulgazione delle informazioni con l'interesse tutelato dal rifiuto di divulgarle. Le ragioni del rifiuto dovrebbero essere comunicate al richiedente entro il periodo stabilito dalla presente direttiva.(17) Le autorità pubbliche dovrebbero rendere l'informazione ambientale disponibile in parte, quando è possibile estrarre le informazioni che rientrano nelle eccezioni contemplate dal resto dell'informazione richiesta.(18) Le autorità pubbliche dovrebbero poter fornire l'informazione ambientale dietro pagamento di un corrispettivo che dovrebbe essere di entità ragionevole. Ciò implica che, in linea di principio, il corrispettivo non può eccedere i costi effettivi della produzione del materiale in questione. I casi in cui è richiesto un pagamento anticipato dovrebbero essere limitati. In casi particolari, in cui le autorità pubbliche mettono a disposizione l'informazione ambientale a titolo commerciale e l'esigenza di garantire la continuazione della raccolta e della pubblicazione dell'informazione lo impone, si considera ragionevole un corrispettivo calcolato sulla base del mercato; può essere richiesto un pagamento anticipato. È opportuno pubblicare e mettere a disposizione dei richiedenti un tariffario unitamente a informazioni sulle circostanze nelle quali può essere richiesto o meno il pagamento.(19) I richiedenti dovrebbero poter ricorrere in sede giurisdizionale o amministrativa contro gli atti o le omissioni della pubblica autorità in relazione ad una richiesta.(20) Le autorità pubbliche dovrebbero sforzarsi di garantire che l'informazione ambientale, quando è raccolta da loro o per loro conto, sia comprensibile, precisa e confrontabile. Poiché rappresenta un fattore importante per valutare la qualità dell'informazione fornita, anche il metodo utilizzato per la raccolta dell'informazione dovrebbe essere divulgato su richiesta.(21) Per sensibilizzare maggiormente il pubblico alle questioni ambientali e migliorare la protezione dell'ambiente, le autorità pubbliche dovrebbero, se del caso, rendere disponibili e diffondere informazioni sull'ambiente nell'ambito delle loro funzioni, in particolare mediante le tecnologie di telecomunicazione informatica e/o le tecnologie elettroniche, se disponibili.(22) È opportuno che, dopo l'entrata in vigore, la presente direttiva sia oggetto di valutazione ogni quattro anni, alla luce dell'esperienza acquisita e previa presentazione dei pertinenti rapporti da parte degli Stati membri, e sia soggetta a revisione su tale base. La Commissione dovrebbe presentare una relazione di valutazione al Parlamento europeo e al Consiglio.(23) Dal momento che gli obiettivi dell'azione proposta non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può adottare misure secondo il principio di sussidiarietà di cui all'articolo 5 del trattato. Secondo il principio di proporzionalità di cui a detto articolo, la presente direttiva non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento di questi obiettivi.(24) Le disposizioni della presente direttiva non pregiudicano il diritto degli Stati membri di mantenere o introdurre misure che prevedano un accesso all'informazione più ampio di quello stabilito dalla presente direttiva,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1ObiettiviGli obiettivi della presente direttiva sono i seguenti:a) garantire il diritto di accesso all'informazione ambientale detenuta dalle autorità pubbliche o per conto di esse e stabilire i termini e le condizioni di base nonché modalità pratiche per il suo esercizio;b) garantire che l'informazione ambientale sia sistematicamente e progressivamente messa a disposizione del pubblico e diffusa, in modo da ottenere la più ampia possibile sistematica disponibilità e diffusione al pubblico dell'informazione ambientale. A tal fine è promosso l'uso, in particolare, delle tecnologie di telecomunicazione e/o delle tecnologie elettroniche, se disponibili.Articolo 2DefinizioniAi fini della presente direttiva, si intende per:1) "informazione ambientale" qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica o in qualunque altra forma materiale concernente:a) lo stato degli elementi dell'ambiente, quali l'aria e l'atmosfera, l'acqua, il suolo, il territorio, il paesaggio e i siti naturali, compresi gli igrotopi, le zone costiere e marine, la diversità biologica e i suoi elementi costitutivi, compresi gli organismi geneticamente modificati, nonché le interazioni tra questi elementi;b) fattori quali le sostanze, l'energia, il rumore, le radiazioni o i rifiuti, compresi quelli radioattivi, le emissioni, gli scarichi e altri rilasci nell'ambiente, che incidono o possono incidere sugli elementi dell'ambiente di cui alla lettera a);c) le misure (comprese quelle amministrative) quali le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori di cui alle lettere a) e b), nonché le misure o attività intese a proteggere i suddetti elementi;d) le relazioni sull'attuazione della legislazione ambientale;e) le analisi costi-benefici ed altre analisi e ipotesi economiche usate nell'ambito delle misure e attività di cui alla lettera c); ef) lo stato della salute e della sicurezza umana, compresa la contaminazione della catena alimentare, ove pertinente, le condizioni della vita umana, i siti e gli edifici di interesse culturale nella misura in cui sono o possono essere influenzati dallo stato degli elementi dell'ambiente di cui alla lettera a) o, attraverso tali elementi, da qualsiasi fattore di cui alle lettere b) e c);2) "autorità pubblica":a) il governo o ogni altra amministrazione pubblica, compresi gli organi consultivi pubblici, a livello nazionale, regionale o locale;b) ogni persona fisica o giuridica svolgente funzioni di pubblica amministrazione ai sensi della legislazione nazionale, compresi incarichi, attività o servizi specifici connessi all'ambiente; ec) ogni persona fisica o giuridica avente responsabilità o funzioni pubbliche o che fornisca servizi pubblici connessi con l'ambiente, sotto il controllo di un organismo o di una persona di cui alla lettera a) o b).Gli Stati membri possono stabilire che questa definizione non comprende gli organismi o le istituzioni che agiscono nell'esercizio di competenze giurisdizionali o legislative. Se alla data di adozione della presente direttiva nessuna disposizione costituzionale prevede procedure di riesame ai sensi dell'articolo 6, gli Stati membri possono escludere detti organismi o istituzioni da tale definizione;3) "informazione detenuta da un'autorità pubblica": l'informazione ambientale che è in suo possesso e che è stata prodotta o ricevuta da detta autorità;4) "informazione detenuta per conto di un'autorità pubblica": l'informazione ambientale che è materialmente detenuta da una persona fisica o giuridica per conto di un'autorità pubblica;5) "richiedente": ogni persona fisica o giuridica che chiede l'informazione ambientale;6) "pubblico": una o più persone fisiche o giuridiche e, secondo la legislazione o la prassi nazionale, le loro associazioni, organizzazioni o gruppi.Articolo 3Accesso all'informazione ambientale su richiesta1. Gli Stati membri provvedono affinché le autorità pubbliche siano tenute, ai sensi delle disposizioni della presente direttiva, a rendere disponibile l'informazione ambientale detenuta da essi o per loro conto a chiunque ne faccia richiesta, senza che il richiedente debba dichiarare il proprio interesse.2. Fatte salve le disposizioni dell'articolo 4 e tenuto conto di un eventuale termine specificato dal richiedente, l'informazione ambientale è messa a disposizione del richiedente:a) quanto prima possibile o al più tardi entro un mese dal ricevimento, da parte dell'autorità pubblica di cui al paragrafo 1, della richiesta del richiedente; oppureb) entro due mesi dal ricevimento della richiesta da parte dell'autorità pubblica se il volume e la complessità delle informazioni richieste sono tali che non è possibile soddisfare la richiesta entro il periodo di un mese di cui alla lettera a). In tali casi, il richiedente è informato il più presto possibile e, comunque, prima della fine di detto periodo di un mese, della proroga e dei motivi che la giustificano.3. Se la richiesta è formulata in modo eccessivamente generico, l'autorità pubblica chiede al più presto e non oltre il termine di cui al paragrafo 2, lettera a), al richiedente di specificarla e lo assiste in tale compito, ad esempio fornendo informazioni sull'uso dei registri pubblici di cui al paragrafo 5, lettera c). Le autorità pubbliche, se lo ritengono opportuno, possono respingere la richiesta a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, lettera c).4. Se il richiedente chiede all'autorità pubblica la messa a disposizione dell'informazione ambientale in una forma o in un formato specifici (compresa la riproduzione di documenti), l'autorità pubblica la mette a disposizione nei modi richiesti salvo se:a) l'informazione è già pubblicamente disponibile in altra forma o formato, di cui in particolare all'articolo 7, facilmente accessibili per i richiedenti; ob) è ragionevole per l'autorità pubblica renderla disponibile in un'altra forma o formato, nel qual caso indica i motivi di questa scelta.Ai fini del presente paragrafo, le autorità pubbliche compiono tutti gli sforzi ragionevoli per mantenere l'informazione ambientale in loro possesso o detenuta per conto loro in forme o formati facilmente riproducibili e consultabili tramite reti di telecomunicazione informatica o altri mezzi elettronici.I motivi del rifiuto di mettere a disposizione, in tutto o in parte, le informazioni nella forma o nel formato richiesti sono comunicati al richiedente entro il termine di cui al paragrafo 2, lettera a).5. Ai fini del presente articolo, gli Stati membri assicurano che:a) i funzionari siano tenuti ad assistere il pubblico che chiede di accedere all'informazione;b) gli elenchi delle autorità pubbliche siano accessibili al pubblico;c) siano stabilite le modalità pratiche per assicurare che il diritto di accesso all'informazione ambientale possa essere effettivamente esercitato, in particolare:- la designazione di addetti all'informazione,- l'istituzione e il mantenimento di uffici per la consultazione dell'informazione richiesta,- registri o elenchi dell'informazione ambientale detenuta dalle autorità pubbliche o dai punti di informazione, con indicazioni chiare per quanto riguarda il luogo dove tale informazione è disponibile.Gli Stati membri garantiscono che le autorità pubbliche informino adeguatamente il pubblico in merito ai diritti di cui gode ai sensi della presente direttiva e forniscano, in misura appropriata, informazioni, orientamenti e consigli a tal fine.Articolo 4Eccezioni1. Gli Stati membri possono disporre che una richiesta di informazione ambientale sia respinta nei seguenti casi:a) se le informazioni richieste non sono detenute dall'autorità pubblica alla quale è rivolta la richiesta o per suo conto. In tal caso, se detta autorità è al corrente che l'informazione è detenuta da o per conto di un'altra autorità pubblica, trasmette il più presto possibile la richiesta a quest'ultima autorità e ne informa conseguentemente il richiedente o comunica a quest'ultimo l'autorità pubblica dalla quale ritiene sia possibile ottenere l'informazione richiesta;b) se la richiesta è manifestamente infondata;c) se la richiesta è formulata in termini troppo generici, alla luce dell'articolo 3, paragrafo 3;d) se la richiesta riguarda materiale in corso di completamento ovvero documenti o dati incompleti;e) se la richiesta riguarda comunicazioni interne, tenendo conto dell'interesse pubblico tutelato dalla divulgazione.Qualora una richiesta venga respinta sulla base del fatto che riguarda materiale in corso di completamento, l'autorità pubblica riporta il nome dell'autorità che prepara il materiale e la data approssimativa entro la quale sarà pronto.2. Gli Stati membri possono disporre che la richiesta di informazione ambientale sia respinta qualora la divulgazione di tale informazione rechi pregiudizio:a) alla riservatezza delle deliberazioni interne delle autorità pubbliche qualora essa sia prevista dal diritto;b) alle relazioni internazionali, alla sicurezza pubblica o alla difesa nazionale;c) allo svolgimento di procedimenti giudiziari, alla possibilità per ogni persona di avere un processo equo o alla possibilità per l'autorità pubblica di svolgere indagini di carattere penale o disciplinare;d) alla riservatezza delle informazioni commerciali o industriali qualora la riservatezza sia prevista dal diritto nazionale o comunitario per tutelare un legittimo interesse economico, compreso l'interesse pubblico di mantenere la riservatezza statistica ed il segreto fiscale;e) ai diritti di proprietà intellettuale;f) alla riservatezza dei dati personali e/o dei dossier riguardanti una persona fisica qualora tale persona non abbia acconsentito alla divulgazione dell'informazione al pubblico, laddove detta riservatezza sia prevista dal diritto nazionale o comunitario;g) agli interessi o alla protezione di chiunque abbia fornito le informazioni richieste di sua propria volontà, senza che sussistesse alcun obbligo legale reale o potenziale in tal senso, a meno che la persona interessata abbia acconsentito alla divulgazione delle informazioni in questione;h) alla tutela dell'ambiente cui si riferisce l'informazione, come nel caso dell'ubicazione di specie rare.I motivi di rifiuto di cui ai paragrafi 1 e 2 sono interpretati in modo restrittivo tenendo conto nel caso specifico dell'interesse pubblico tutelato dalla divulgazione. In ogni caso specifico l'interesse pubblico tutelato dalla divulgazione è ponderato con l'interesse tutelato dal rifiuto. Gli Stati membri non possono, in virtù del paragrafo 2, lettere a), d), f), g) e h), disporre che una richiesta sia respinta se quest'ultima concerne informazioni sulle emissioni nell'ambiente.In questo quadro e ai fini dell'applicazione della lettera f), gli Stati membri garantiscono che siano rispettati i requisiti della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati(6).3. Se uno Stato membro prevede eccezioni in materia, può redigere un elenco di criteri, accessibile al pubblico, sulla base del quale l'autorità interessata possa decidere in merito all'ulteriore espletamento della richiesta.4. L'informazione ambientale detenuta dalle autorità pubbliche o per loro conto e oggetto di richiesta è messa a disposizione in maniera parziale quando è possibile estrarre dal resto dell'informazione richiesta le informazioni indicate al paragrafo 1, lettere d) ed e), o al paragrafo 2.5. Il rifiuto di mettere a disposizione, in tutto o in parte, l'informazione richiesta è notificato al richiedente per iscritto o elettronicamente, se si tratta di una richiesta scritta o se il richiedente lo desidera, entro i termini di cui all'articolo 3, paragrafo 2, lettera a), o, eventualmente, lettera b). La notifica precisa i motivi del rifiuto ed informa il richiedente della procedura di riesame di cui all'articolo 6.Articolo 5Tasse1. L'accesso a tutti i registri o elenchi pubblici, istituiti e mantenuti come previsto dall'articolo 3, paragrafo 5, e l'esame in situ dell'informazione richiesta sono gratuiti.2. Le autorità pubbliche possono applicare una tassa per la fornitura dell'informazione ambientale, ma tale tassa non supera un importo ragionevole.3. Quando sono applicate tasse, le autorità pubbliche pubblicano e mettono a disposizione dei richiedenti il relativo tariffario nonché informazioni sulle circostanze nelle quali una tassa può essere applicata o meno.Articolo 6Accesso alla giustizia1. Gli Stati membri provvedono affinché il richiedente, allorché reputa che la sua richiesta di informazioni sia stata ignorata o infondatamente respinta (in tutto o in parte), non abbia ricevuto una risposta adeguata o non sia stata trattata ai sensi delle disposizioni degli articoli 3, 4 e 5, possa esperire una procedura mediante la quale gli atti o le omissioni della pubblica autorità interessata sono riesaminati dalla stessa o da un'altra autorità pubblica o in via amministrativa da un organo indipendente e imparziale istituito dalla legge. In entrambi i casi le procedure sono celeri e gratuite o non dispendiose.2. Oltre alla procedura di riesame di cui al paragrafo 1, gli Stati membri provvedono affinché il richiedente possa presentare ricorso, per chiedere il riesame degli atti o delle omissioni dell'autorità pubblica in questione, dinanzi ad un organo giurisdizionale o ad un altro organo indipendente e imparziale istituito dalla legge le cui decisioni possano diventare definitive. Gli Stati membri possono inoltre prevedere che terzi messi sotto accusa per effetto della divulgazione dell'informazione possano ugualmente presentare ricorso.3. Le decisioni definitive adottate a norma del paragrafo 2 sono vincolanti per l'autorità pubblica che detiene l'informazione. Almeno nei casi in cui l'accesso all'informazione viene rifiutato ai sensi del presente articolo, i motivi del rifiuto sono specificati per iscritto.Articolo 7Diffusione dell'informazione ambientale1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che le autorità pubbliche strutturino l'informazione ambientale rilevante per le loro funzioni e in loro possesso o detenuta per loro conto ai fini di un'attiva e sistematica diffusione al pubblico, in particolare mediante le tecnologie di telecomunicazione informatica e/o le tecnologie elettroniche, se disponibile.L'informazione resa disponibile mediante le tecnologie di telecomunicazione informatica e/o le tecnologie elettroniche non deve comprendere l'informazione raccolta precedentemente all'entrata in vigore della presente direttiva a meno che questa non sia già disponibile in forma elettronica.Gli Stati membri assicurano che l'informazione ambientale sia resa progressivamente disponibile in banche dati elettroniche cui il pubblico può avere facilmente accesso tramite reti di telecomunicazione pubbliche.2. L'informazione che deve essere resa disponibile e diffusa viene aggiornata, se del caso, e comprende almeno:a) i testi di trattati, convenzioni e accordi internazionali, e di atti legislativi comunitari, nazionali, regionali o locali concernenti direttamente o indirettamente l'ambiente;b) le politiche, i piani e i programmi relativi all'ambiente;c) le relazioni sullo stato di attuazione degli elementi di cui alle lettere a) e b) qualora elaborati o detenuti in forma elettronica dalle autorità pubbliche;d) le relazioni sullo stato dell'ambiente di cui al paragrafo 3;e) dati o sintesi di dati ricavati dal monitoraggio di attività che incidono o possono incidere sull'ambiente;f) le autorizzazioni con un impatto significativo sull'ambiente e gli accordi in materia di ambiente ovvero un riferimento al luogo in cui l'informazione può essere richiesta o reperita nell'ambito dell'articolo 3;g) gli studi sull'impatto ambientale e le valutazioni dei rischi relativi agli elementi ambientali di cui all'articolo 2, punto 1, lettera a), ovvero un riferimento al luogo in cui l'informazione può essere richiesta o reperita nell'ambito dell'articolo 3.3. Senza pregiudizio di qualsiasi obbligo specifico di relazione stabilito dal diritto comunitario, gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché si provveda alla pubblicazione a intervalli regolari, non superiori a quattro anni, di rapporti nazionali e, a seconda dei casi, regionali o locali sullo stato dell'ambiente. Detti rapporti contengono informazioni sulla qualità dell'ambiente e sulle pressioni cui è sottoposto.4. Fatto salvo qualsiasi obbligo specifico stabilito dalla normativa comunitaria, gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le autorità pubbliche, in caso di minaccia imminente per la salute umana o per l'ambiente, provocata dalle attività umane o dovuta a cause naturali, diffondano immediatamente e senza indugio tutte le informazioni in loro possesso o detenute per loro conto che consentano a chiunque possa esserne colpito di adottare le misure atte a prevenire o alleviare i danni derivanti da tale minaccia.5. Le eccezioni di cui all'articolo 4, paragrafi 1 e 2, possono applicarsi agli obblighi imposti dal presente articolo.6. Gli Stati membri possono adempiere gli obblighi del presente articolo creando collegamenti a siti Internet in cui può essere reperita l'informazione.Articolo 8Qualità dell'informazione ambientale1. Gli Stati membri provvedono, nella misura del possibile, affinché tutte le informazioni raccolte dagli stessi o per loro conto siano aggiornate, precise e confrontabili.2. Qualora venga loro richiesto, nella risposta a una richiesta di informazioni ai sensi dell'articolo 2, punto 1, lettera b), le autorità pubbliche indicano al richiedente dove possono essere reperite le informazioni, se disponibili, relative al procedimento di misurazione, compresi i metodi di analisi, di prelievo di campioni e di preparazione degli stessi utilizzati per raccogliere l'informazione, ovvero fanno riferimento alla procedura normalizzata utilizzata.Articolo 9Procedura di revisione1. Entro il 14 febbraio 2009 ciascuno Stato membro redige un rapporto sull'esperienza acquisita nell'applicazione della presente direttiva.Gli Stati membri trasmettono il loro rapporto alla Commissione entro il 14 agosto 2009.Entro il 14 febbraio 2004 la Commissione trasmette agli Stati membri un documento di orientamento in cui stabilisce in modo chiaro come desidera che gli Stati membri redigano il loro rapporto.2. Alla luce dell'esperienza acquisita e tenendo conto degli sviluppi delle tecnologie di telecomunicazione informatica e/o delle tecnologie elettroniche, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione corredata delle eventuali proposte di revisione che ritenga opportune.Articolo 10AttuazioneGli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 14 febbraio 2005. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.Articolo 11AbrogazioneLa direttiva 90/313/CEE è abrogata con effetto a decorrere dal 14 febbraio 2005.I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e sono interpretati secondo la tabella di corrispondenza in allegato.Articolo 12Entrata in vigoreLa presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Articolo 13DestinatariGli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 28 gennaio 2003.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteG. Papandreou(1) GU C 337 E del 28.11.2000, pag. 156 e GU C 240 E del 28.8.2001, pag. 289.(2) GU C 116 del 20.4.2001, pag. 43.(3) GU C 148 del 18.5.2001, pag. 9.(4) Parere del Parlamento europeo del 14 marzo 2001 (GU C 343 del 5.12.2001, pag. 165), posizione comune del Consiglio del 28 gennaio 2002 (GU C 113 E del 14.5.2002, pag. 1) e decisione del Parlamento europeo del 30 maggio 2002 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Decisione del Consiglio del 16 dicembre 2002 e decisione del Parlamento europeo del 18 dicembre 2002.(5) GU L 158 del 23.6.1990, pag. 56.(6) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31.ALLEGATOTABELLA DI CORRISPONDENZA>SPAZIO PER TABELLA>
Accesso del pubblico all’informazione ambientale QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Adatta completamente le legislazioni nazionali dei paesi dell'Unione europea (UE) alla convenzione di Aarhus del 1998 sull’accesso all’informazione, la partecipazione del pubblico e l'accesso alla giustizia in materia ambientale. Garantisce l’accesso del pubblico all’informazione ambientale* detenuta dalle autorità pubbliche*, o per conto di esse, sia su richiesta che attraverso la diffusione attiva. Stabilisce i termini, le condizioni e le modalità pratiche di base che un cittadino deve rispettare quando gli viene concesso di accedere alle informazioni ambientali richieste. PUNTI CHIAVE Accesso su richiesta Le autorità pubbliche devono mettere tutte le informazioni di natura ambientale in loro possesso a disposizione del richiedente senza che questo fornisca alcuna ragione. Le informazioni devono essere fornite entro un mese dal ricevimento della richiesta. Tale termine può essere esteso a due mesi nel caso di richieste particolarmente voluminose e complesse. Le autorità pubbliche devono compiere ogni ragionevole sforzo per assicurare che le informazioni di cui dispongono vengano riprodotte tempestivamente e siano accessibili elettronicamente. Queste informazioni devono essere fornite nella forma o formato specificati dal richiedente, salvo laddove esse siano già disponibili al pubblico in un altro formato. I paesi dell’Unione europea (UE) devono garantire che i dipendenti pubblici aiutino i cittadini ad accedere alle informazioni e mantenere un elenco delle autorità pubbliche accessibili. Tra le modalità pratiche da seguire per gestire le richieste, è prevista: la nomina di addetti all’informazione; l’istituzione di uffici per la consultazione dell’informazione richiesta; messa a disposizione di registri o elenchi dell’informazione detenuta e dettagli relativi ai punti di informazione. Le richieste possono essere rifiutate se: manifestamente infondate; formulate in termini troppo generici; riguardanti materiale in corso di completamento; riguardanti comunicazioni interne. Possono inoltre essere respinte, completamente o in parte, qualora la divulgazione di tale informazione rechi pregiudizio: alle relazioni internazionali; al corso della giustizia; ai diritti di proprietà intellettuale; alla riservatezza commerciale o industriale. L’accesso ai registri pubblici deve essere gratuito. Le autorità pubbliche possono richiedere un compenso per l’informazione ambientale che forniscono, ma l’importo deve essere ragionevole. Qualora un richiedente reputi che la sua richiesta sia stata ignorata o erroneamente rifiutata, potrà procedere per vie legali, rivolgendosi a un tribunale o altro organo indipendente. Diffusione attiva L’informazione ambientale accessibile elettronicamente deve contenere almeno: i testi di trattati internazionali, convenzioni o accordi, le politiche, i piani e i programmi relativi all'ambiente; le relazioni sullo stato di attuazione degli elementi di cui sopra; le relazioni sullo stato dell’ambiente; il monitoraggio dei dati delle attività che potrebbero incidere sull’ambiente; le autorizzazioni che potrebbero avere un impatto significativo sull’ambiente; gli studi sull’impatto e la valutazione dei rischi. Per elementi diversi da quelli sopra elencati, la diffusione attiva può essere effettuata progressivamente, tenendo conto delle risorse umane, finanziarie e tecniche necessarie. I paesi dell’UE devono assicurare che le informazioni compilate da loro o per loro conto siano aggiornate, precise e comparabili. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? È in vigore dal 14 febbraio 2003. I paesi dell’UE dovevano recepirla nel diritto nazionale entro il 14 febbraio 2005. CONTESTO La convenzione di Aarhus è in vigore dal 2001. Essa si basa sulla premessa che una maggiore consapevolezza del pubblico in merito all'ambiente e un maggiore coinvolgimento nelle questioni ambientali migliorerà la protezione dell'ambiente. E concepita per favorire la protezione del diritto di ogni persona, della generazione presente e di quelle future, a vivere in un ambiente adeguato alla propria salute e al proprio benessere. A questo scopo, la Convenzione prevede di intervenire in 3 aree: garantire l'accesso del pubblico alle informazioni ambientali detenute dalle autorità pubbliche o per conto di esse; promuovere la partecipazione del pubblico ai processi decisionali che riguardano l'ambiente; estendere le condizioni di accesso alla giustizia nelle materia ambientali. Per ulteriori informazioni si consulti: «La convenzione di Aarhus» sul sito internet della Commissione europea. * TERMINI CHIAVE Informazione ambientale: qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica o in qualunque altra forma concernente gli elementi indicati nell’articolo 2, paragrafo 1 della direttiva 2003/4/CE. Autorità pubblica: il governo o ogni altra amministrazione pubblica nazionale, regionale o locale, compresi gli organi consultivi pubblici e gli individui coperti dalla legislazione. I governi dell’UE possono determinare se questa definizione includa o meno tali organi nell’esercizio del potere giudiziario o legislativo. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio (GU L 41 del 14.2.2003, pag. 26-32) DOCUMENTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001 relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43-48) Modifiche successive al regolamento 1049/2001 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005, sulla conclusione, per conto della Comunità europea, della Convenzione sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale (GU L 124 del 17.5.2005, pag. 1-3) Regolamento (CE) n. 1367/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006, sull’applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (GU L 264 del 25.9.2006, pag. 13-19) Direttiva 2007/2/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 marzo 2007, che istituisce un'Infrastruttura per l'informazione territoriale nella Comunità europea (Inspire) (GU L 108 del 25.4.2007, pag. 1-14)
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Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo degli Stati Uniti d'America - Proprietà intellettuale Gazzetta ufficiale n. L 284 del 22/10/1998 pag. 0037 - 0044 ACCORDO di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo degli Stati Uniti d'AmericaLA COMUNITÀ EUROPEA, in prosieguo denominata «la Comunità»,da una parte, eIL GOVERNO DEGLI STATI UNITI D'AMERICA,dall'altra,in seguito denominati «le Parti»,CONSIDERATA l'importanza che riveste la ricerca scientifica e tecnologica per il loro sviluppo economico e sociale;RICONOSCENDO che la Comunità europea e il governo degli Stati Uniti d'America stanno conducendo ricerche e attività tecnologiche in alcuni settori di interesse comune e che le Parti possono trarre reciproco vantaggio dalla partecipazione alle rispettive attività di ricerca e sviluppo a condizione di reciprocità;VISTA la dichiarazione sulle relazioni CE-USA del 23 novembre 1990, la nuova agenda transatlantica e il piano d'azione comune UE-USA, adottati il 3 dicembre 1995 a Madrid;DESIDERANDO stabilire una base formale per la cooperazione nel campo della ricerca scientifica e tecnologica che consenta di estendere a rafforzare le attività svolte in cooperazione in settori di interesse comune e di promuovere l'applicazione dei risultati di tale cooperazione a vantaggio del loro sviluppo economico e sociale,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1 Obiettivo Le Parti promuovono, sviluppano e agevolano attività svolte in cooperazione in settori d'interesse comune in cui conducono attività di ricerca e sviluppo scientifico e tecnologico.Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente accordo, si intende per:a) «attività svolta in cooperazione», qualunque attività che le Parti intraprendono o sostengono finanziariamente a norma del presente accordo, compresa la ricerca congiunta;b) «informazioni», dati scientifici o tecnici, risultati o metodi di ricerca e sviluppo frutto di ricerche congiunte e qualsiasi altro dato relativo alle attività svolte in cooperazione;c) «proprietà intellettuale», la definizione data dall'articolo 2 della convenzione che istituisce l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, conclusa a Stoccolma il 14 luglio 1967;d) «ricerca congiunta», ricerca condotta con il finanziamento di una delle Parti o di entrambe, che comporti la collaborazione di partecipanti sia della Comunità che degli Stati Uniti d'America e che sia designata per iscritto come ricerca congiunta dalle Parti o da agenzie e organismi scientifici e tecnologici delle Parti, oppure, se il finanziamento è erogato da una sola Parte, dalla Parte finanziatrice e dai partecipanti al progetto;e) «partecipante», qualsiasi persona fisica o giuridica, come per esempio agenzie e organismi scientifici e tecnologici delle Parti, privati, imprese, centri di ricerca, università, controllate di società europee e statunitensi o qualunque altro soggetto giuridico che partecipi ad attività in cooperazione.Articolo 3 Principi Le attività in cooperazione sono svolte sulla base dei principi seguenti:a) il vantaggio reciproco fondato sulla ripartizione equilibrata dei vantaggi previsti dall'accordo tra le Parti;b) l'offerta reciproca di opportunità di intraprendere attività in cooperazione;c) la parità di condizioni e di trattamento;d) lo scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sull'attività svolta in cooperazione.Articolo 4 Settori di attività in cooperazione a) Le attività di cooperazione si svolgono nei settori seguenti:- ambiente (compresa la ricerca sul clima);- biomedicina e sanità (compresa la ricerca sull'AIDS, le malattie infettive e l'uso di stupefacenti);- agricoltura;- scienze della pesca;- ricerca ingegneristica;- energia non nucleare;- risorse naturali;- scienze dei materiali e metrologia;- tecnologie dell'informazione e della comunicazione;- telematica;- biotecnologia;- scienze e tecnologie marine;- ricerca nel campo delle scienze sociali;- trasporti;- politica scientifica e tecnologica, gestione, formazione e mobilità dei ricercatori.b) Le Parti possono modificare il presente elenco su raccomandazione del gruppo consultivo paritetico menzionato all'articolo 6, secondo le rispettive procedure vigenti.c) Le Parti possono condurre congiuntamente attività in cooperazione con terzi.Articolo 5 Modalità dell'attività svolta in cooperazione a) Nell'osservanza delle leggi, dei regolamenti e delle politiche applicabili, le Parti favoriscono nella massima misura possibile l'adesione di partecipanti alle attività in cooperazione a norma del presente accordo, con l'obiettivo di offrire opportunità comparabili di partecipazione alle rispettive attività di ricerca e sviluppo scientifico e tecnologico.b) Le attività svolte in cooperazione possono assumere le forme seguenti:1. progetti di ricerca coordinati e progetti di ricerca congiunta;2. task force congiunte;3. studi in comune;4. organizzazione in comune di seminari, conferenze, simposi e workshop;5. formazione di ricercatori e tecnici;6. scambi o condivisione di attrezzature e materiali;7. visite e scambi di personale scientifico, di personale tecnico e di personale di altre categorie;8. scambio di informazioni scientifiche e tecnologiche, nonché informazioni in materia di prassi, leggi, regolamenti e programmi riguardanti la cooperazione a norma del presente accordo.Ove opportuno, tali attività in cooperazione hanno luogo in base ad accordi di attuazione stipulati tra gli organi esecutivi delle Parti, ovvero tra le rispettive agenzie e organismi scientifici e tecnologici. Tali accordi possono disciplinare la natura e la durata della cooperazione in un determinato settore o per un fine specifico, il regime di proprietà intellettuale secondo le disposizioni dell'allegato, il sistema di finanziamento, la ripartizione dei costi ed altri aspetti rilevanti.Articolo 6 Coordinamento e agevolazione di attività in cooperazione a) Il coordinamento e l'agevolazione di attività in cooperazione a norma del presente accordo sono attuati dal Dipartimento di Stato, per conto del governo degli Stati Uniti d'America, e dalla Commissione europea, per conto della Comunità, che agiscono come organi esecutivi delle Parti.b) Gli organi esecutivi istituiscono un gruppo consultivo paritetico (in seguito denominato «GCP») preposto alla supervisione della cooperazione scientifica e tecnologica intrapresa a norma del presente accordo. Il GCP è formato da un numero limitato e uguale di rappresentanti ufficiali per ciascuna Parte.c) Il GCP può tenere consultazioni su temi generali di ricerca e di tecnologia, scambiare informazioni, istituire, ove opportuno, task force e gruppi di lavoro, consultare esperti secondo le necessità e svolgere ogni altro compito che faciliti per le Parti la comprensione reciproca delle rispettive attività e programmi connessi alla scienza e alla tecnologia.d) I compiti GCP comprendono:1. la supervisione delle attività previste dal presente accordo e la formulazione di pertinenti raccomandazioni;2. la formulazione di raccomandazioni a norma dell'articolo 4, lettera b);3. la consulenza delle Parti sulle possibili vie per incrementare la cooperazione in base ai principi enunciati nel presente accordo;4. la redazione di una relazione annuale, destinata alle Parti, sul livello, lo stato di avanzamento e l'efficacia delle attività in cooperazione intraprese in forza del presente accordo;5. l'esame dell'efficienza e dell'effettiva applicazione dell'accordo.e) Il GCP si riunisce una volta all'anno, salvo diverso accordo delle Parti. Le riunioni si tengono alternativamente nella Comunità o negli Stati Uniti d'America. Il GCP stabilisce le proprie procedure interne, che sono soggette all'approvazione delle Parti.f) Le decisioni del GCP sono adottate per consenso. Ad ogni riunione viene redatto un verbale in cui sono annottate le decisioni e i principali punti discussi. Il suddetto verbale è approvato dalle persone che le Parti hanno designato per presiedere in comune la riunione.Articolo 7 Aspetti finanziari e giuridici a) Le attività in considerazione sono subordinate alla disponibilità di fondi sufficienti e all'osservanza delle leggi, dei regolamenti e delle politiche applicabili, nonché dei programmi della Comunità e degli Stati Uniti d'America.b) Ciascuna Parte sostiene i costi relativi all'espletamento delle funzioni di sua competenza a norma del presente accordo, ivi compresi i costi della partecipazione alle riunioni del GCP. Tuttavia, i costi direttamente connessi alle riunioni del GCP, diversi dalle spese di viaggio e di soggiorno, sono direttamente sostenuti dalla Parte ospitante.Articolo 8 Circolazione del personale e delle apparecchiature Ogni Parte adotta le misure necessarie e si adopera, nel rispetto delle disposizioni legislative vigenti, al fine di agevolare l'entrata e l'uscita dal suo territorio del personale, del materiale, dei dati e delle apparecchiature impiegati nelle attività in cooperazione di cui al presente accordo.Articolo 9 Regime di proprietà intellettuale L'attribuzione e la protezione dei diritti di proprietà intellettuale a norma del presente accordo sono disciplinate dalle disposizioni dell'allegato, che forma parte integrante del presente accordo.Articolo 10 Altri accordi e disposizioni transitorie a) Ove opportuno, le Parti si adoperano per ricondurre ai termini del presente accordo nuove intese in materia di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità e il governo degli Stati Uniti d'America che rientrino nell'ambito dell'articolo 4.b) Il presente accordo non pregiudica i diritti e gli obblighi derivanti da altri accordi tra le Parti, né da accordi o intese avvenuti tra ciascuna delle Parti e terzi non partecipanti, ivi compresi gli accordi e le intese tra le rispettive agenzie ed organismi scientifici e tecnologici e uno Stato membro della Comunità.Articolo 11 Campo d'applicazione territoriale Il presente accordo si applica nei territori in cui è applicabile il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni da esso indicate, e nel territorio degli Stati Uniti d'America, fatta salva la possibilità di intraprendere attività in cooperazione in alto mare, nello spazio extra-atmosferico, o nei territori di paesi terzi, a norma del diritto internazionale.Articolo 12 Entrata in vigore, denuncia e risoluzione delle controversie a) Il presente accordo entra in vigore alla data in cui entrambe le Parti si sono notificate per iscritto l'avvenuta conclusione delle procedure previste dai rispettivi ordinamenti per l'entrata in vigore dell'accordo.b) Il presente accordo è concluso per un periodo iniziale di cinque anni. Fatto salvo il diritto delle Parti di rivedere l'accordo nel corso dell'ultimo anno di ogni quinquennio, l'accordo può essere ulteriormente prorogato, con eventuali modificazioni, di quinquennio in quinquennio mediante accordo scritto tra le Parti.c) Il presente accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da ciascuna delle Parti con preavviso scritto di sei mesi. La cessazione e la denuncia del presente accordo non pregiudica la validità o la durata di eventuali intese avviate in base allo stesso, degli accordi stipulati nel suo contesto né gli specifici diritti e obblighi attribuiti a norma dell'allegato.d) L'accordo può essere modificato con l'accordo delle Parti. Le modificazioni entrano in vigore alla data in cui entrambe le Parti si sono notificate per iscritto l'avvenuta conclusione delle procedure previste dai rispettivi ordinamenti per la modificazione del presente accordo.e) Qualsiasi questione o controversia relativa all'interpretazione o all'attuazione del presente accordo è risolta di comune accordo tra le Parti.Articolo 13 Il presente accordo è redatto in duplice copia nella lingua danese, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese e tedesca, ciascun testo facente ugualmente fede.Hecho en Washington DC, el cinco de diciembre de mil novecientos noventa y siete.Udfærdiget i Washington DC, den femte december nitten hundrede og syvoghalvfems.Geschehen zu Washington DC am fünften Dezember neunzehnhundertsiebenundneunzig.¸ãéíå óôçí ÏõÜóéãêôïí DC, óôéò 5 Äåêåìâñßïõ ÷ßëéá åííéáêüóéá åíåíÞíôá åðôÜ.Done at Washington DC on the fifth day of December in the year one thousand nine hundred and ninety-seven.Fait à Washington DC, le cinq décembre mil neuf cent quatre-vingt-dix-sept.Fatto a Washington DC, addì cinque dicembre millenovecentonovantasette.Gedaan te Washington DC, de vijfde december negentienhonderd zevenennegentig.Feito em Washington DC, em cinco de Dezembro de mil novecentos e noventa e sete.Tehty Washington DC:ssä viidentenä päivänä joulukuuta vuonna tuhatyhdeksänsataayhdeksänkymmentäseitsemän.Som skedde i Washington DC den femte december nittonhundranittiosju.Por la Comunidad EuropeaFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftÃéá ôçí ÅõñùðáúêÞ ÊïéíüôçôáFor the European CommunityPour la Communauté européennePer la Comunità europeaVoor de Europese GemeenschapPela Comunidade EuropeiaEuroopan yhteisön puolestaPå Europeiska gemenskapens vägnar>RIFERIMENTO A UN FILM>Por el Gobierno de los Estados Unidos de AméricaFor regeringen for Amerikas Forenede StaterFür die Regierung der Vereinigten Staaten von AmerikaÃéá ôçí êõâÝñíçóç ôùí ÇíùìÝíùí Ðïëéôåéþí ôçò ÁìåñéêÞòFor the Government of the United States of AmericaPour le gouvernement des États-Unis d'AmériquePer il governo degli Stati Uniti d'AmericaVoor de regering van de Verenigde Staten van AmerikaPelo Governo dos Estados Unidos da AméricaAmerikan yhdysvaltojen hallituksen puolestaPå Amerikas förenta staternas regerings vägnar>RIFERIMENTO A UN FILM>For the Government of the United States of AmericaPor el Gobierno de los Estados Unidos de AméricaFor regeringen for Amerikas Forenede StaterFür die Regierung der Vereinigten Staaten von AmerikaÃéá ôçí êõâÝñíçóç ôùí ÇíùìÝíùí Ðïëéôåéþí ôçò ÁìåñéêÞòPour le gouvernement des États-Unis d'AmériquePer il governo degli Stati Uniti d'AmericaVoor de regering van de Verenigde Staten van AmerikaPelo Governo dos Estados Unidos da AméricaAmerikan yhdysvaltojen hallituksen puolestaPå Amerikas förenta staternas regerings vägnar>RIFERIMENTO A UN FILM>For the European CommunityPor la Comunidad EuropeaFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftÃéá ôçí ÅõñùðáúêÞ ÊïéíüôçôáPour la Communauté européennePer la Comunità europeaVoor de Europese GemeenschapPela Comunidade EuropeiaEuroopan yhteisön puolestaPå Europeiska gemenskapens vägnar>RIFERIMENTO A UN FILM>ALLEGATO PROPRIETÀ INTELLETTUALE A norma dell'articolo 9 del presente accordo,le Parti assicurano la protezione adeguata ed effettiva dei diritti di proprietà intellettuale sorti o conferiti in forza del presente accordo e degli accordi conclusi per la sua attuazione. Ciascuna Parte si impegna a notificare tempestivamente all'altra Parte qualunque invenzione o opera tutelata da diritto d'autore, che sia creata nel contesto del presente accordo, e a provvedere tempestivamente alla protezione dei relativi diritti di proprietà intellettuale. L'attribuzione di tali diritti è disciplinata dalle disposizioni del presente allegato.I. AMBITO DI APPLICAZIONE A. Il presente allegato si applica a tutte le attività in cooperazione dalle Parti o dai loro partecipanti a norma del presente accordo, salvo che sia diversamente convenuto tra le Parti.B. Agli effetti del presente accordo, la definizione di «proprietà intellettuale» è quella data dall'articolo 2 della convenzione di Stoccolma del 14 luglio 1967, che istituisce l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale.C. Il presente allegato disciplina l'attribuzione dei diritti, degli interessi e delle royalties alle Parti o ai partecipanti. Ciascuna delle Parti provvede affinché l'altra Parte o i partecipanti dell'altra Parte possano ottenere i diritti di proprietà intellettuale loro spettanti a norma dell'allegato. Il presente allegato non modifica né pregiudica altrimenti la ripartizione dei diritti tra una Parte e i suoi cittadini che è disciplinata dalle leggi e dalle prassi previste dall'ordinamento di tale Parte.D. Qualsiasi controversia in materia di proprietà intellettuale che sorga nell'ambito del presente accordo dovrebbe essere risolta mediante trattative tra i partecipanti interessati o, se necessario, tra le Parti. Previo accordo delle Parti, i partecipanti possono rimettere la controversia ad un collegio arbitrale, che emette una decisione vincolante. Salvo diverso accordo scritto tra i partecipanti, all'arbitrato si applicano le norme UNCITRAL.E. La cessazione o la denuncia del presente accordo lasciano impregiudicati i diritti e gli obblighi di cui al presente allegato.II. ATTRIBUZIONE DEI DIRITTI A. Ciascuna Parte ha diritto di ottenere una licenza non esclusiva, irrevocabile, a titolo gratuito e valida in tutti i paesi, che le consenta di riprodurre, di distribuire al pubblico e di tradurre articoli di riviste scientifiche e tecniche, relazioni scientifiche non oggetto di esclusiva e libri, che sono diretto risultato della cooperazione intrapresa a norma del presente accordo. Ogni copia da distribuire al pubblico di un'opera tutelata dal diritto d'autore, estratta sulla base della presente disposizione deve indicare i nomi degli autori dell'opera, salvo quelli che espressamente richiedano di non essere citati. Ogni Parte o i partecipanti di questa hanno diritto di rivedere una traduzione prima della sua distribuzione al pubblico.B. I diritti di proprietà intellettuale di qualunque tipo, ad eccezione dei diritti menzionati al paragrafo II, punto A, sono attribuiti nella maniera seguente:1. Ai ricercatori ospiti, come per esempio agli scienziati che intendono principalmente perfezionare la loro istruzione, spettano i diritti di proprietà intellettuale previsti dagli accordi con gli organismi ospitanti. Inoltre, ogni ricercatore, ospite designato come inventore ha diritto allo stesso trattamento dei cittadini del paese ospitante per quanto riguarda i premi, le gratifiche, i vantaggi e qualsiasi altro diritto accordato in base alla politica praticata dall'organismo ospitante.2. a) Per la proprietà intellettuale che sorge o può sorgere nell'ambito della ricerca congiunta, le Parti o i loro partecipanti elaborano congiuntamente un piano di gestione della tecnologia. Il piano di gestione della tecnologia tiene conto del contributo rispettivamente apportato dalle Parti e dai loro partecipanti, della convenienza di stabilire un regime di licenze territoriali o un regime per campi di applicazione, delle legislazioni nazionali delle Parti e di ogni altro fattore ritenuto importante.b) Se le Parti o i loro partecipanti non hanno stabilito un piano di gestione della tecnologia nell'accordo iniziale di ricerca in cooperazione e non riescono a raggiungere un accordo entro un congruo periodo di tempo, non superiore a sei mesi da quando una Parte è venuta a conoscenza del fatto che sono sorti o probabilmente sorgeranno diritti di proprietà intellettuale nell'ambito della ricerca congiunta, le Parti e i loro partecipanti definiscono la questione a norma del paragrafo I, punto D. In attesa della definizione della questione, la proprietà intellettuale è comune a entrambe le Parti o ai loro partecipanti, ma l'esercizio del diritto di utilizzazione economica (incluso lo sviluppo di prodotti) è subordinato al reciproco consenso.c) Per «ricerca congiunta» si intende la ricerca condotta con il finanziamento di una delle Parti o di entrambe, che comporti la collaborazione di partecipanti sia della Comunità che degli Stati Uniti d'America e che sia designata per iscritto come ricerca congiunta dalle Parti o da agenzie e organismi scientifici e tecnologici delle Parti, oppure, se il finanziamento è erogato da una sola Parte, dalla Parte finanziatrice e dai partecipanti al progetto.d) Qualora una Parte ritenga che un progetto di ricerca congiunta che rientra nell'ambito del presente accordo comporti o possa comportare la nascita o il conferimento di un tipo di diritti di proprietà intellettuale che, pur essendo tutelati da essa, non trovano tutela in tutto il territorio dell'altra Parte, le Parti aprono immediatamente una trattativa per definire l'attribuzione dei diritti di proprietà intellettuale in questione. Le attività congiunte in questione saranno sospese in pendenza della trattativa, salvo diverso accordo delle Parti. Se non può essere raggiunto un accordo entro tre mesi dalla data in cui è stata richiesta l'apertura della trattativa, la cooperazione nel progetto considerato è sospesa o cessa, su richiesta di una delle Parti.III. INFORMAZIONI ESCLUSIVE Se nel contesto del presente accordo sono fornite o elaborate informazioni esclusive tempestivamente individuate come tali, ciascuna delle Parti e i propri partecipanti tutelano tali informazioni secondo le leggi, i regolamenti e le prassi amministrative applicabili. In mancanza di previa autorizzazione scritta, è fatto divieto alle Parti di rivelare a chiunque le informazioni esclusive ad eccezione di dipendenti, funzionari governativi, contraenti e subcontraenti. In ogni caso le informazioni rivelate possono essere utilizzate esclusivamente nei limite delle autorizzazioni o licenze concesse alle Parti oppure nell'ambito di lavori oggetto di contratti stipulati con le Parti e riguardanti la materia oggetto delle informazioni divulgate. Le Parti impongono o hanno imposto, mediante strumenti adeguati, quali contratti di ricerca, atti di assegnazione di borse di studio o piani di gestione della tecnologia, l'obbligo per tutti i partecipanti che ricevono tali informazioni di mantenerle segrete.Se una delle Parti si rende conto che secondo le proprie disposizioni legislative e regolamentari non è in grado o presumibilmente non sarà in grado di osservare il divieto di rivelare le informazioni esclusive, ne informa immediatamente l'altra Parte. Le Parti quindi si consultano per definire gli interventi del caso. Per poter essere individuata come esclusiva un'informazione deve essere segreta, cioè non deve essere nota o conoscibile con mezzi leciti nella sua individualità o nell'esatta configurazione o insieme degli elementi che la compongono, deve avere un valore economico effettivo o potenziale in virtù della sua segretezza, deve essere stata oggetto degli atti richiesti dalle circostanze posti in essere dal suo legittimo detentore per mantenerne la segretezza e non deve essere già in possesso del soggetto che la riceve senza che questi sia tenuto all'obbligo della riservatezza.
Cooperazione scientifica e tecnologica tra UE e gli Stati Uniti QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLE DECISIONI? L’accordo stabilisce un sistema formale di cooperazione volto a incoraggiare, sviluppare e agevolare le attività negli ambiti scientifici e tecnologici. Con la sua decisione 98/591/CE, il Consiglio ha approvato la conclusione dell’accordo per conto della Comunità europea (attuale UE). Il consiglio ha approvato le successive proroghe nel 2004 (Decisione 2004/756/CE), nel 2009 (Decisione 2009/306/CE — compresa una modifica dell’accordo), nel 2014 (Decisione 2014/240/UE) e nel 2018 [Decisione (UE) 2018/1578]. PUNTI CHIAVE Le attività condotte nell’ambito dell’accordo sono basate sui seguenti principi:beneficio reciproco; opportunità reciproche di porre in essere attività di cooperazione; trattamento equo e corretto; scambio tempestivo delle informazioni.Cooperazione Le aree di attività di cooperazione sono:ambiente (inclusa la ricerca sul clima); biomedicina e salute (inclusi AIDS, malattie infettive e abuso di droghe); agricoltura; scienze della pesca; ricerca ingegneristica; energia non nucleare; risorse naturali; scienze dei materiali (comprese le nanotecnologie) e metrologia; tecnologie dell’informazione e della comunicazione; telematica; biotecnologia; scienze e tecnologie marine; ricerca in scienze sociali; trasporti; ricerca sulla sicurezza; ricerca spaziale; politica scientifica e tecnologica, gestione, formazione e mobilità dei ricercatori.Attività Le attività di cooperazione possono includere:progetti di ricerca coordinati e progetti di ricerca comuni; task force comuni; studi comuni; organizzazione congiunta di seminari, conferenze, simposi e workshop; formazione di personale scientifico e personale tecnico; scambio o condivisione di attrezzature e materiali; visite e scambi di personale scientifico, ingegneri o altro personale qualificato; scambi di informazioni scientifiche e tecnologiche e di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi rilevanti ai fini della cooperazione ai sensi del presente accordo. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 14 ottobre 1998 per un periodo iniziale di cinque anni e può essere prorogato con eventuali modifiche per ulteriori periodi di cinque anni. L’accordo è stato prorogato quattro volte, l’ultima delle quali nel 2018, ogni volta per un ulteriore periodo di cinque anni. La seconda proroga conteneva una modifica — aggiungendo la ricerca sulla sicurezza e lo spazio all’elenco dei settori interessati dalle attività di cooperazione. CONTESTO Per ulteriori informazioni consultare:Gli Stati Uniti e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna)Per maggiori informazioni sulla cooperazione con gli Stati Uniti per la ricerca e l’innovazione (RI), consultare:Cooperazione internazionale R&I con il Cile (Commissione europea). Tabella di marcia per la cooperazione S&T tra UE e USA (Commissione europea). DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione (UE) 2018/1578 del Consiglio, del 18 settembre 2018, relativa alla proroga dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo degli Stati Uniti d’America (GU L 263 del 22.10.2018, pag. 1). Decisione 2014/240/UE del Consiglio, del 14 aprile 2014, relativa alla proroga dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo degli Stati Uniti d’America (GU L 128 del 30.4.2014, pag. 43). Decisione 2009/306/CE del Consiglio, del 30 marzo 2009, relativa alla proroga e alla modifica dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo degli Stati Uniti d’America (GU L 90 del 2.4.2009, pag. 20). Decisione 98/591/CE del Consiglio, del 13 ottobre 1998, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo degli Stati Uniti d’America (GU L 284 del 22.10.1998, pag. 35). Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo degli Stati Uniti d’America (GU L 284 del 22.10.1998, pag. 37). DOCUMENTI CORRELATI Accordo di attuazione tra la Commissione europea e il governo degli Stati Uniti d’America per la cooperazione tra ricercatori finanziati separatamente dai programmi quadro dell’Unione europea e degli Stati Uniti su ricerca e innovazione, lunedì 17 ottobre 2016.
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DIRETTIVA 2009/42/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 6 maggio 2009 concernente la rilevazione statistica dei trasporti di merci e di passeggeri via mare (rifusione) (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 285, paragrafo 1, vista la proposta della Commissione, deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (1), considerando quanto segue: (1) La direttiva 95/64/CE del Consiglio, dell’8 dicembre 1995, concernente la rilevazione statistica dei trasporti di merci e di passeggeri via mare (2), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (3). In occasione di nuove modificazioni, è opportuno, per motivi di chiarezza, procedere alla rifusione di tale direttiva. (2) Per assolvere ai compiti ad essa affidati nell’ambito della politica comune dei trasporti marittimi, la Commissione (Eurostat) dovrebbe disporre di statistiche comparabili, affidabili, sincronizzate e regolari sull’ampiezza e lo sviluppo dei trasporti di merci e di passeggeri via mare in partenza dalla Comunità e verso la medesima, tra Stati membri e all’interno degli Stati membri. (3) Occorre inoltre sottolineare l’importanza di una buona conoscenza del mercato dei trasporti marittimi per gli Stati membri e gli operatori economici. (4) La raccolta di dati statistici comunitari, su una base comparabile o armonizzata, consente l’istituzione di un sistema integrato in grado di fornire informazioni affidabili, compatibili e aggiornate. (5) I dati relativi ai trasporti di merci e di passeggeri via mare devono essere resi comparabili da uno Stato membro all’altro e tra i vari modi di trasporto. (6) Conformemente al principio di sussidiarietà, la creazione di norme statistiche comuni che permettano di produrre informazioni armonizzate può essere trattata efficacemente solo a livello comunitario. La raccolta di dati statistici sarà effettuata in ciascuno Stato membro sotto l’autorità degli organismi e delle istituzioni responsabili per l’elaborazione delle statistiche ufficiali. (7) Le misure necessarie per l’esecuzione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (4). (8) In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di adottare determinate modalità di attuazione della presente direttiva. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, anche completandola con nuovi elementi non essenziali, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE. (9) I nuovi elementi introdotti nella presente direttiva riguardano esclusivamente le procedure di comitato. Non sono pertanto necessari provvedimenti di recepimento da parte degli Stati membri. (10) La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento della direttiva indicati nell’allegato IX, parte B, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Raccolta di dati statistici Gli Stati membri raccolgono statistiche comunitarie sui trasporti di merci e di passeggeri effettuati da navi che fanno scalo nei porti situati sul loro territorio. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva, si intende per: a) «trasporto di merci e di passeggeri via mare»: i movimenti di merci e di passeggeri per mezzo di navi, su rotte seguite, totalmente o parzialmente, per mare. L’ambito di applicazione della presente direttiva comprende altresì le merci: Sono esclusi dall’ambito di applicazione della presente direttiva i depositi e i rifornimenti messi a disposizione delle navi; b) «nave marittima»: una nave diversa da quelle che navigano esclusivamente nelle acque interne, nelle acque protette o nelle acque adiacenti alle acque protette o alle zone in cui si applicano i regolamenti portuali. Le navi da pesca e le navi-officina per trattamento del pesce, le navi da trivellazione e da esplorazione, i rimorchiatori, gli spintori, le draghe, le navi per la ricerca e l’esplorazione, le navi da guerra e le imbarcazioni utilizzate unicamente a fini non commerciali non rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva; c) «porto»: un luogo munito di installazioni che consentono alle navi commerciali di attraccare e di scaricare o caricare merci, nonché di sbarcare o imbarcare passeggeri da o verso una nave; d) «nazionalità dell’operatore di trasporto marittimo»: la nazionalità del paese in cui ha sede il centro reale dell’attività commerciale dell’operatore di trasporto; e) «operatore di trasporto marittimo»: ogni persona tramite la quale o in nome della quale è concluso un contratto di trasporto di merci o di persone via mare con uno spedizioniere marittimo o un passeggero. Articolo 3 Caratteristiche della raccolta di dati 1. Gli Stati membri rilevano i dati relativi alle: a) informazioni in merito alle merci e ai passeggeri; b) informazioni in merito alla nave. Possono essere escluse dalla raccolta di dati le navi di stazza lorda inferiore a 100. 2. Le caratteristiche della raccolta di dati, ossia le variabili statistiche di ciascun settore, le nomenclature per la loro classificazione e la loro frequenza di osservazione, sono indicate negli allegati da I a VIII. 3. La raccolta di dati si basa, per quanto possibile, sulle fonti disponibili, in modo da limitare l’onere per i rispondenti. 4. La Commissione adegua le caratteristiche della raccolta di dati e il contenuto degli allegati da I a VIII ai progressi economici e tecnici nella misura in cui tale adeguamento non comporta un sostanziale aumento dei costi per gli Stati membri e/o dell’onere per i rispondenti. Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 10, paragrafo 3. Articolo 4 Porti 1. Ai fini della presente direttiva, la Commissione redige un elenco di porti codificati e classificati per paese e per zone costiere marittime. Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 10, paragrafo 3. 2. Ogni Stato membro seleziona dall’elenco di cui al paragrafo 1 i porti che trattano annualmente più di un milione di tonnellate di merci o che registrano più di 200 000 movimenti di passeggeri. Per ogni porto selezionato devono essere forniti dati dettagliati, conformemente all’allegato VIII, per i settori (merci, passeggeri) per i quali il porto rispetta il criterio di selezione ed, eventualmente, i dati sommari per l’altro settore. 3. Per porti dell’elenco non selezionati sono forniti dati sommari, conformemente all’allegato VIII, insieme di dati A3. Articolo 5 Accuratezza delle statistiche I metodi per la raccolta di dati sono tali da garantire che i dati statistici comunitari sul trasporto marittimo abbiano il grado di precisione richiesto per l’insieme dei dati statistici descritti all’allegato VIII. La Commissione stabilisce le norme di accuratezza. Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 10, paragrafo 3. Articolo 6 Trattamento dei risultati della raccolta di dati Gli Stati membri trattano le informazioni statistiche raccolte in base all’articolo 3, in modo da ottenere statistiche comparabili, che abbiano il grado di accuratezza di cui all’articolo 5. Articolo 7 Trasmissione dei risultati della raccolta di dati 1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i risultati della raccolta di dati di cui all’articolo 3, compresi i dati dichiarati riservati dagli Stati membri a norma della legislazione o delle prassi nazionali in materia di riservatezza statistica, conformemente al regolamento (CE) n. 223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2009, relativo alle statistiche europee (5). 2. I risultati sono trasmessi conformemente alla struttura degli insiemi di dati statistici definita nell’allegato VIII. Le modalità tecniche per la trasmissione dei risultati sono stabilite secondo la procedura di gestione di cui all’articolo 10, paragrafo 2. 3. La trasmissione dei risultati avviene entro un termine di cinque mesi a decorrere dalla fine del periodo di osservazione per i dati la cui frequenza è trimestrale e di otto mesi per i dati la cui frequenza è annuale. La prima trasmissione copre il primo trimestre dell’anno 1997. Articolo 8 Relazioni Gli Stati membri comunicano alla Commissione (Eurostat) tutte le pertinenti informazioni relative ai metodi impiegati per la produzione dei dati. Se necessario, gli Stati membri comunicano anche i mutamenti sostanziali apportati ai metodi di raccolta utilizzati. Articolo 9 Diffusione dei dati statistici La Commissione (Eurostat) diffonde i dati statistici appropriati con frequenza analoga a quella delle trasmissioni dei risultati. Le modalità di pubblicazione o di diffusione dei dati statistici da parte della Commissione (Eurostat) sono determinate secondo la procedura di gestione di cui all’articolo 10, paragrafo 2. Articolo 10 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita dal comitato del sistema statistico europeo istituito dal regolamento (CE) n. 223/2009. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 4 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa. Il periodo di cui all’articolo 4, paragrafo 3, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa. Articolo 11 Comunicazione delle disposizioni nazionali Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 12 Abrogazione La direttiva 95/64/CE, modificata dagli atti di cui all’allegato IX, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento in diritto interno della direttiva indicati all’allegato IX, parte B. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all’allegato X. Articolo 13 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 14 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, il 6 maggio 2009. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente J. KOHOUT (1) Parere del Parlamento europeo del 21 ottobre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 23 aprile 2009. (2) GU L 320 del 30.12.1995, pag. 25. (3) V. allegato IX, parte A. (4) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. (5) GU L 87 del 31.3.2009, pag. 164. ALLEGATO I VARIABILI E DEFINIZIONI 1. Variabili statistiche a) Informazioni relative alle merci e ai passeggeri: — peso lordo in tonnellate delle merci; — tipo di carico, secondo la nomenclatura di cui all'allegato II; — descrizione delle merci, secondo la nomenclatura di cui all'allegato III; — porto dichiarante; — direzione del movimento, entrata o uscita; — per le entrate di merci: il porto di carico (il porto, cioè, in cui le merci sono state caricate sulla nave con la quale esse sono arrivate nel porto dichiarante) utilizzando i porti individuali dei paesi dello Spazio economico europeo (SEE) figuranti nell'elenco dei porti e, al di fuori dei paesi del SEE, le zone costiere marittime di cui all'allegato IV; — per le uscite di merci: il porto di scarico (il porto, cioè, in cui le merci devono essere scaricate dalla nave con la quale hanno lasciato il porto dichiarante) utilizzando i porti individuali dei paesi del SEE figuranti nell'elenco dei porti e, al di fuori dei paesi del SEE, le zone costiere marittime di cui all'allegato IV; — numero di passeggeri che cominciano o terminano una traversata e numero di croceristi che effettuano un'escursione nel corso di una crociera. Per le merci trasportate in container o su unità roro, vanno rilevate le seguenti caratteristiche supplementari: — numero complessivo dei container (con o senza carico); — numero dei container senza carico; — numero complessivo di unità mobili (roro) con e senza carico; — numero di unità mobili (roro) senza carico. b) Informazioni relative alle navi: — numero di navi; — tonnellate di portata lorda (deadweight) o stazza lorda delle navi; — paese o territorio di registrazione delle navi, secondo la nomenclatura di cui all'allegato V; — tipi di nave, secondo la nomenclatura di cui all'allegato VI; — classe di grandezza delle navi, secondo la nomenclatura di cui all'allegato VII. 2. Definizioni a) «Container per trasporto»: elemento di un'attrezzatura da trasporto 1) di carattere durevole e, dunque, abbastanza solido da sopportare un uso prolungato; 2) concepito in maniera da agevolare il trasporto di merci da parte di uno o più modi di trasporto senza rottura del carico; 3) munito di accessori tali da consentire una sua rapida movimentazione e, in particolare, il suo trasferimento da un modo di trasporto ad un altro; 4) concepito in modo da essere caricato e scaricato; 5) di lunghezza pari o superiore a 20 piedi. b) «Unità roro»: elemento montato su un dispositivo munito di ruote, destinato al trasporto di merci, come un autocarro o un rimorchio, che può essere condotto o rimorchiato su una nave. In questa definizione vengono compresi i rimorchi che appartengano ai porti o alle navi. Le classificazioni devono ottemperare alla raccomandazione UNECE n. 21 «Codici dei tipi di carico, degli imballaggi e dei materiali d'imballaggio». c) «Carico in contenitore» contenitori con carico o senza carico imbarcati su navi che li trasportano per mare o da queste sbarcati. d) «Carico roro»: unità roro e merci (in contenitori, oppure no) in unità roro, che salgono su navi che le trasportano per mare o scendono da queste. e) «Tonnellaggio lordo di merci»: tonnellaggio delle merci trasportate, compresi gli imballaggi ma esclusa la tara dei contenitori e delle unità roro. f) «Tonnellaggio di portata lorda (TPL)»: differenza espressa in tonnellate fra il dislocamento di una nave, consentito dal bordo libero estivo, in acqua con un peso specifico di 1,025 e il peso a vuoto della nave stessa, ossia il suo dislocamento senza carico, combustibile, lubrificante, acqua di zavorra, acqua fresca e acqua potabile contenuta in serbatoi, provviste soggette a consumo, passeggeri, equipaggio e loro effetti personali. g) «Stazza lorda»: la misura delle dimensioni totali di una nave determinata conformemente alla convenzione internazionale del 1969 sulla stazzatura delle navi mercantili. h) «Crocerista»: il passeggero marittimo che compie un viaggio per mare su una nave da crociera. Sono esclusi i passeggeri di navi che effettuano escursioni giornaliere. i) «Nave da crociera»: la nave per passeggeri destinata a prestare un servizio turistico completo. Tutti i passeggeri sono alloggiati in cabine. Sono incluse le strutture d'intrattenimento a bordo. Sono escluse le navi che effettuano normale servizio di traghetto, anche se alcuni passeggeri percepiscono tale servizio come una crociera. Sono inoltre escluse le navi da carico in grado di trasportare un numero molto limitato di passeggeri alloggiati in cabine. Sono escluse anche le navi che effettuano unicamente escursioni giornaliere. j) «Escursione di un crocerista»: la breve visita compiuta a una attrazione turistica associata a un porto da un crocerista che conserva la sua cabina a bordo della nave. ALLEGATO II CLASSIFICAZIONE DEL TIPO DI CARICO Categoria (1) Codice a una cifra Codice a due cifre Descrizione Tonnellaggio Numero Rinfusa liquida 1 1X Merci alla rinfusa, liquide (mancano le unità di carico) X 11 Gas liquidi X 12 Petrolio greggio X 13 Prodotti petroliferi X 19 Altre merci alla rinfusa, liquide X Rinfusa solida 2 2X Merci alla rinfusa, a secco (mancano le unità di carico) X 21 Minerale X 22 Carbone X 23 Prodotti agricoli (per esempio: cereali, soia, tapioca) X 29 Altre merci alla rinfusa, a secco X Container 3 3X Grandi container X (2) X 31 Unità di carico da 20 piedi X (2) X 32 Unità di carico da 40 piedi X (2) X 33 Unità di carico > 20 piedi e < 40 piedi X (2) X 34 Unità di carico > 40 piedi X (2) X Roro (semoventi) 5 5X Unità semoventi mobili X X 51 Autoveicoli stradali destinati al trasporto di merci, anche accompagnati da rimorchi X (2) X 52 Autovetture private, anche accompagnate da rimorchi e roulotte, e motocicli X (3) 53 Autobus X (3) 54 Veicoli commerciali (inclusi veicoli in importazione/esportazione) X X (3) 56 Animali vivi «in piedi» X X (3) 59 Altre unità mobili semoventi X X Roro (non semoventi) 6 6X Unità non semoventi mobili X X 61 Rimorchi e semirimorchi stradali per il trasporto di merci, non accompagnati X (2) X 62 Roulotte e altri veicoli stradali, agricoli e industriali non accompagnati X (3) 63 Vagoni ferroviari, rimorchi per il trasporto marittimo trasportati da navi e chiatte per il trasporto di merci trasportate da navi X (2) X 69 Altre unità non semoventi mobili X X Altro carico generale (compresi i piccoli container) 9 9X Altro carico non classificato altrove X 91 Prodotti forestali X 92 Prodotti ferrosi ed acciaio X 99 Altro carico generale X (1) Queste categorie sono compatibili con la raccomandazione UNECE n. 21. (2) La quantità da registrare è rappresentata dal peso lordo delle merci, compreso l'imballaggio ma escluso il peso dei container e delle unità roro. (3) Solo il numero totale di unità. ALLEGATO III NST 2007 Divisione Designazione 01 Prodotti dell’agricoltura, della caccia e della silvicoltura; pesci e altri prodotti della pesca 02 Carboni fossili e ligniti; petrolio greggio e gas naturale 03 Minerali metalliferi e altri prodotti delle miniere e delle cave; torba; uranio e torio 04 Prodotti alimentari, bevande e tabacchi 05 Prodotti dell’industria tessile e dell’industria dell’abbigliamento; cuoio e prodotti in cuoio 06 Legno e prodotti in legno e sughero (esclusi i mobili); articoli di paglia e materiali da intreccio; pasta da carta, carta e prodotti di carta; stampati e supporti registrati 07 Coke e prodotti petroliferi raffinati 08 Prodotti chimici e fibre sintetiche e artificiali; articoli in gomma e in materie plastiche; combustibili nucleari 09 Altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi 10 Metalli di base; manufatti in metallo, escluse le macchine e gli apparecchi meccanici 11 Macchine e apparecchi meccanici n.c.a.; macchine per ufficio, elaboratori e sistemi informatici; macchine e apparecchi elettrici n.c.a.; apparecchi radiotelevisivi e apparecchiature per le comunicazioni; apparecchi medicali, apparecchi di precisione e strumenti ottici; orologi 12 Mezzi di trasporto 13 Mobili; altri manufatti n.c.a. 14 Materie prime secondarie; rifiuti urbani e altri rifiuti 15 Posta, pacchi 16 Attrezzature e materiali utilizzati nel trasporto di merci 17 Merci trasportate nell’ambito di traslochi (uffici e abitazioni); bagagli trasportati separatamente dai passeggeri; autoveicoli trasportati per riparazione; altre merci non destinabili alla vendita n.c.a. 18 Merci raggruppate: merci di vario tipo trasportate insieme 19 Merci non individuabili: merci che per un qualunque motivo non possono essere individuate e quindi non possono essere attribuite ai gruppi da 01 a 16 20 Altre merci n.c.a. ALLEGATO IV ZONE COSTIERE MARITTIME Va utilizzata la geonomenclatura [nomenclatura dei paesi e dei territori per le statistiche del commercio estero della Comunità e del commercio tra gli Stati membri della stessa, istituita in base all’articolo 9 del regolamento (CE) n. 1172/95 del Consiglio, del 22 maggio 1995, relativo alle statistiche degli scambi di beni della Comunità e dei suoi Stati membri con i paesi terzi (1)] in vigore l’anno cui si riferiscono i dati. Il codice è a 4 cifre: il codice alfabetico standard ISO a due cifre per ciascun paese della suddetta nomenclatura, seguito da due zeri (ad esempio, per la Grecia codice GR00), tranne per i paesi divisi in due o più zone costiere marittime, caratterizzate a loro volta da una quarta cifra diversa da zero (da 1 a 7), come indicato di seguito: Codice Zone costiere marittime FR01 Francia: Atlantico/Mare del FR02 Francia: Mediterraneo FR03 Dipartimenti francesi d'oltremare: Guyana francese FR04 Dipartimenti francesi d'oltremare: Martinica e Guadalupa FR05 Dipartimenti francesi d'oltremare: Riunione DE01 Germania: Mare del Nord DE02 Germania: Mar Baltico DE03 Germania: Vie d'acqua interne GB01 Regno Unito GB02 Isola di Man GB03 Isole del Canale ES01 Spagna: Atlantico settentrionale ES02 Spagna: Mediterraneo e Atlantico meridionale, incluse le isole Baleari e le isole Canarie SE01 Svezia: Mar Baltico SE02 Svezia: Mare del Nord TR01 Turchia: Mar Nero TR02 Turchia: Mediterraneo RU01 Russia: Mar Nero RU02 Russia: Mar Baltico RU03 Russia: Asia MA01 Marocco: Mediterraneo MA02 Marocco: Africa occidentale EG01 Egitto: Mediterraneo EG02 Egitto: Mar Rosso IL01 Israele: Mediterraneo IL02 Israele: Mar Rosso SA01 Arabia Saudita: Mar Rosso SA02 Arabia Saudita: Golfo US01 Stati Uniti d'America: Atlantico settentrionale US02 Stati Uniti d'America: Atlantico meridionale US03 Stati Uniti d'America: Golfo US04 Stati Uniti d'America: Pacifico meridionale US05 Stati Uniti d'America: Pacifico settentrionale US06 Stati Uniti d'America: Grandi laghi US07 Portorico CA01 Canada: Atlantico CA02 Canada: Grandi laghi e alto corso del San Lorenzo CA03 Canada: Costa occidentale CO01 Colombia: Costa settentrionale CO02 Colombia: Costa occidentale Con i codici supplementari ZZ01 Impianti off-shore ZZ02 Aggregati e zone non descritte altrove (1) GU L 118 del 25.5.1995, pag. 10. ALLEGATO V NAZIONALITÀ DI REGISTRAZIONE DELLA NAVE La nomenclatura da utilizzare è la geonomenclatura [nomenclatura dei paesi e dei territori per le statistiche del commercio estero della Comunità e del commercio tra gli Stati membri della stessa, istituita sulla base dell’articolo 9 del regolamento (CE) n. 1172/95] in vigore nell’anno cui si riferiscono i dati. Il codice è a 4 cifre: il codice alfabetico standard ISO a due cifre per ciascun paese della suddetta nomenclatura, seguito da due zeri (ad esempio, per la Grecia codice GR00), tranne per i paesi che hanno più registri, contraddistinti da una quarta cifra diversa da zero, come indicato di seguito: FR01 Francia FR02 Territorio antartico francese (di cui isole Kerguelen) IT01 Italia — Primo registro IT02 Italia — Registro internazionale GB01 Regno Unito GB02 Isola di Man GB03 Isole del Canale GB04 Gibilterra DK01 Danimarca DK02 Danimarca (DIS) PT01 Portogallo PT02 Portogallo (MAR) ES01 Spagna ES02 Spagna (Rebeca) NO01 Norvegia NO02 Norvegia (NIS) US01 Stati Uniti d'America US02 Portorico ALLEGATO VI CLASSIFICAZIONE DEL TIPO DI NAVE (ICST-COM) Tipo Categorie comprese in ciascun tipo di nave 10 Rinfuse liquide Petroliera Nave cisterna per prodotti chimici Trasportatore di gas liquefatti Chiatta-cisterna Altre navi cisterna 20 Rinfuse secche Petroliera/cargo Cargo 31 Container Porta container integrale 32 Trasportatore specializzato Portachiatte Trasportatore di prodotti chimici Trasportatore di combustibili irraggiati Trasportatore di bestiame Trasportatore di veicoli Altro trasportatore specializzato 33 Merci varie, non specializzato Nave frigorifera Nave da trasporto roro, anche per passeggeri Porta container roro Altri carichi roro Trasportatore misto di merci varie/passeggeri Trasportatore misto di merci varie/container Trasportatore di merci varie ad un ponte solo Trasportatore di merci varie a più ponti 34 Chiatta per carichi secchi Chiatta pontata Bettolina a pozzo Chiatta di tipo lash-seabee Chiatta scoperta da carico secco Chiatta coperta da carico secco Altre chiatte da carico secco 35 Passeggeri Nave passeggeri (escluse le navi da crociera) 36 Crociera Esclusivamente le navi da crociera 41 Pesca Nave da pesca (1) Nave officina per il trattamento del pesce (1) 42 Attività off-shore Trivellamento ed esplorazione (1) Approvvigionamento off-shore (1) 43 Rimorchiatori Rimorchiatori (1) Spintori (1) 49 Varie Draghe (1) Da ricerca/esplorazione (1) Altre navi e imbarcazioni non definite altrove (1) XX Sconosciuto Nave di tipo sconosciuto (1) Non comprese nella presente direttiva. ALLEGATO VII CLASSI DI GRANDEZZA DELLE NAVI espresse in tonnellate di portata lorda (DWT) o in stazza lorda (SL) Questa nomenclatura riguarda unicamente le navi di stazza lorda pari o maggiore a 100. Gruppo Limite inferiore Limite superiore DWT SL DWT SL 01 — 100 fino a 499 fino a 499 02 500 500 999 999 03 1 000 1 000 1 999 1 999 04 2 000 2 000 2 999 2 999 05 3 000 3 000 3 999 3 999 06 4 000 4 000 4 999 4 999 07 5 000 5 000 5 999 5 999 08 6 000 6 000 6 999 6 999 09 7 000 7 000 7 999 7 999 10 8 000 8 000 8 999 8 999 11 9 000 9 000 9 999 9 999 12 10 000 10 000 19 999 19 999 13 20 000 20 000 29 999 29 999 14 30 000 30 000 39 999 39 999 15 40 000 40 000 49 999 49 999 16 50 000 50 000 79 999 79 999 17 80 000 80 000 99 999 99 999 18 100 000 100 000 149 999 149 999 19 150 000 150 000 199 999 199 999 20 200 000 200 000 249 999 249 999 21 250 000 250 000 299 999 299 999 22 300 000 e oltre 300 000 e oltre — — Nota: Nel caso in cui la presente direttiva tenesse conto anche delle navi di stazza lorda inferiore a 100, a queste verrà attribuito un codice di gruppo «99». ALLEGATO VIII STRUTTURA DEGLI INSIEMI DI DATI STATISTICI Gli insiemi di dati specificati in questo allegato definiscono la frequenza delle statistiche sul trasporto marittimo richieste dalla Comunità. Ogni insieme definisce una distribuzione incrociata su un numero limitato di dimensioni di vari livelli delle nomenclature, con aggregazione su tutte le altre dimensioni e per la quale sono necessarie statistiche di buona qualità. Le condizioni di raccolta dell’insieme di dati B1 sono decise dal Consiglio su proposta della Commissione, tenuto conto dei risultati dello studio pilota condotto durante un periodo transitorio di tre anni a norma dell’articolo10 della direttiva 95/64/CE, in merito alla fattibilità e al costo, per gli Stati membri e per i rispondenti, della raccolta di tali dati. STATISTICHE SOMMARIE E DETTAGLIATE — Per i porti selezionati, gli insiemi di dati da fornire sulle merci e i passeggeri sono: A1, A2, B1, C1, D1, E1, F1 e/o F2. — Per i porti selezionati, gli insiemi di dati da fornire sulle merci, ma non sui passeggeri, sono: A1, A2, A3, B1, C1, E1, F1 e/o F2. — Per i porti selezionati, gli insiemi di dati da fornire sui passeggeri, ma non sulle merci, sono: A3, D1, F1 e/o F2. — Per i porti selezionati e non selezionati (né per le merci né per i passeggeri) l’insieme di dati da fornire è: A3. Insieme di dati A1 : Trasporti marittimi nei principali porti europei suddivisi per porto, tipo di carico e relazione Frequenza : trimestrale Variabili Dettaglio dei codici Nomenclatura Dimensioni Insieme di dati 2 caratteri alfanumerici A1 Anno di riferimento 4 caratteri alfanumerici (ad esempio, 1997) Trimestre di riferimento 1 carattere alfanumerico (1, 2, 3, 4) Porto dichiarante 5 caratteri alfanumerici Porti del SEE selezionati nell'elenco dei porti Direzione 1 carattere alfanumerico Entrata, uscita (1, 2) Porto di carico/scarico 5 caratteri alfanumerici Porti del SEE di cui all'elenco dei porti Relazione 4 caratteri alfanumerici Zone costiere marittime, allegato IV Tipo di carico 1 carattere alfanumerico Tipo di carico, allegato II Dati: peso lordo delle merci in tonnellate. Insieme di dati A2 : Trasporti marittimi, che non avvengono in container o unità mobili, nei principali porti europei suddivisi per porto, tipo di carico e relazione Frequenza : trimestrale Variabili Dettaglio dei codici Nomenclatura Dimensioni Insieme di dati 2 caratteri alfanumerici A2 Anno di riferimento 4 caratteri alfanumerici (ad esempio, 1997) Trimestre di riferimento 1 carattere alfanumerico (1, 2, 3, 4) Porto dichiarante 5 caratteri alfanumerici Porti del SEE selezionati nell'elenco dei porti Direzione 1 carattere alfanumerico Entrata, uscita (1, 2) Porto di carico/scarico 5 caratteri alfanumerici Porti del SEE di cui all'elenco dei porti Relazione 4 caratteri alfanumerici Zone costiere marittime, allegato IV Tipo di carico 2 caratteri alfanumerici Tipo di carico, allegato II (esclusi container e roro) (sottocategorie 1X, 11, 12, 13, 19, 2X, 21, 22, 23, 29, 9X, 91, 92 e 99) Dati: peso lordo delle merci in tonnellate. Insieme di dati A3 : Informazioni relative ai porti selezionati e ai porti per i quali non sono richieste statistiche dettagliate (cfr. articolo 4, paragrafo 3) Frequenza : annuale Variabili Dettaglio dei codici Nomenclatura Dimensioni Insieme di dati 2 caratteri alfanumerici A3 Anno di riferimento 4 caratteri alfanumerici (ad esempio, 1997) Trimestre di riferimento 1 carattere alfanumerico (0) Porto dichiarante 5 caratteri alfanumerici Tutti i porti nell'elenco Direzione 1 carattere alfanumerico Entrata, uscita (1, 2) Dati: peso lordo delle merci in tonnellate. Numero di passeggeri (esclusi i croceristi). Numero di croceristi che iniziano e finiscono una crociera. Numero di croceristi che effettuano un'escursione nel corso di una crociera: direzione: solo entrata (1) (facoltativo). Insieme di dati B1 : Trasporti marittimi nei principali porti europei suddivisi per porto, tipo di carico, merci e relazione Frequenza : annuale Variabili Dettaglio dei codici Nomenclatura Dimensioni Insieme di dati 2 caratteri alfanumerici B1 Anno di riferimento 4 caratteri alfanumerici (ad esempio, 1997) Trimestre di riferimento 1 carattere alfanumerico (0) Porto dichiarante 5 caratteri alfanumerici Porti del SEE selezionati nell'elenco dei porti Direzione 1 carattere alfanumerico Entrata, uscita (1, 2) Porto di carico/scarico 5 caratteri alfanumerici Porti del SEE di cui all'elenco dei porti Relazione 4 caratteri alfanumerici Zone costiere marittime, allegato IV Tipo di carico 1 carattere alfanumerico Tipo di carico, allegato II Merce 2 caratteri alfanumerici Nomenclatura delle merci, allegato III Dati: peso lordo delle merci in tonnellate. Insieme di dati C1 : Trasporti marittimi in container o roro, nei principali porti europei suddivisi per porto, tipo di carico, relazione e situazione del carico Frequenza : trimestrale Variabili Dettaglio dei codici Nomenclatura Dimensioni Insieme di dati 2 caratteri alfanumerici C1 Anno di riferimento 4 caratteri alfanumerici (ad esempio, 1997) Trimestre di riferimento 1 carattere alfanumerico (1, 2, 3, 4) Porto dichiarante 5 caratteri alfanumerici Porti del SEE selezionati nell'elenco dei porti Direzione 1 carattere alfanumerico Entrata, uscita (1, 2) Porto di carico/scarico 5 caratteri alfanumerici Porti del SEE di cui all'elenco dei porti Relazione 4 caratteri alfanumerici Zone costiere marittime, allegato IV Tipo di carico 2 caratteri alfanumerici Tipo di carico, allegato II (unicamente container e roro) (sottocategorie 3X, 31, 32, 33, 34, 5X, 51, 52, 53, 54, 56, 59, 6X, 61, 62, 63 e 69) Dati: peso lordo delle merci in tonnellate (tipo di carico: sottocategorie 3X, 31, 32, 33, 34, 5X, 51, 54, 56, 59, 6X, 61, 62, 63 e 69). Numero di unità (tipo di carico: sottocategorie 3X, 31, 32, 33, 34, 5X, 51, 52, 53, 54, 56, 59, 6X, 61, 62, 63 e 69). Numero di unità senza carico (tipo di carico: sottocategorie 3X, 31, 32, 33, 34, 5X, 51, 59, 6X, 61, 63 e 69). Insieme di dati D1 : Trasporti di passeggeri nei principali porti europei suddivisi per relazione e nazionalità di registrazione della nave Frequenza : trimestrale Variabili Dettaglio dei codici Nomenclatura Dimensioni Insieme di dati 2 caratteri alfanumerici D1 Anno di riferimento 4 caratteri alfanumerici (ad esempio, 1997) Trimestre di riferimento 1 carattere alfanumerico (1, 2, 3, 4) Porto dichiarante 5 caratteri alfanumerici Porti del SEE selezionati nell'elenco dei porti Direzione 1 carattere alfanumerico Entrata, uscita (1, 2) Porto di carico/scarico 5 caratteri alfanumerici Porti del SEE di cui all'elenco dei porti Relazione 4 caratteri alfanumerici Zone costiere marittime, allegato IV Nazionalità di registrazione della nave 4 caratteri alfanumerici Nazionalità di registrazione della nave, allegato V Dati: numero di passeggeri esclusi i croceristi che iniziano e finiscono una crociera, e croceristi che effettuano un'escursione nel corso di una crociera. Insieme di dati E1 : Trasporti marittimi nei principali porti europei suddivisi per porto, tipo di carico, relazione e nazionalità di registrazione della nave Frequenza : annuale Variabili Dettaglio dei codici Nomenclatura Dimensioni Insieme di dati 2 caratteri alfanumerici E1 Anno di riferimento 4 caratteri alfanumerici (ad esempio, 1997) Trimestre di riferimento 1 carattere alfanumerico (0) Porto dichiarante 5 caratteri alfanumerici Porti del SEE selezionati nell'elenco dei porti Direzione 1 carattere alfanumerico Entrata, uscita (1, 2) Porto di carico/scarico 5 caratteri alfanumerici Porti del SEE di cui all'elenco dei porti Relazione 4 caratteri alfanumerici Zone costiere marittime, allegato IV Tipo di carico 1 carattere alfanumerico Tipo di carico, allegato II Nazionalità di registrazione della nave 4 caratteri alfanumerici Nazionalità di registrazione della nave, allegato V Dati: peso lordo delle merci in tonnellate. Insieme di dati F1 : Traffico portuale dei principali porti europei per porto, tipo e dimensione della nave che imbarca o sbarca il carico o che imbarca o sbarca passeggeri (inclusi i croceristi che effettuano un'escursione nel corso di una crociera) Frequenza : trimestrale Variabili Dettaglio dei codici Nomenclatura Dimensioni Insieme di dati 2 caratteri alfanumerici F1 Anno di riferimento 4 caratteri alfanumerici (ad esempio, 1997) Trimestre di riferimento 1 carattere alfanumerico (1, 2, 3, 4) Porto dichiarante 5 caratteri alfanumerici Porti del SEE selezionati nell'elenco dei porti Direzione 1 carattere alfanumerico Entrata, uscita (1, 2) Tipo di nave 2 caratteri alfanumerici Tipo di nave, allegato VI Dimensione della nave TPL 2 caratteri alfanumerici Classe di portata lorda (deadweight), allegato VII Dati: numero di navi. Tonnellate di portata lorda delle navi. Insieme di dati F2 : Traffico portuale dei principali porti europei per porto, tipo e dimensione della nave che imbarca o sbarca il carico o che imbarca o sbarca passeggeri (inclusi i croceristi che effettuano un'escursione nel corso di una crociera) Frequenza : trimestrale Variabili Dettaglio dei codici Nomenclatura Dimensioni Insieme di dati 2 caratteri alfanumerici F2 Anno di riferimento 4 caratteri alfanumerici (ad esempio, 1997) Trimestre di riferimento 1 carattere alfanumerico (1, 2, 3, 4) Porto dichiarante 5 caratteri alfanumerici Porti del SEE selezionati nell'elenco dei porti Direzione 1 carattere alfanumerico Entrata, uscita (1, 2) Tipo di nave 2 caratteri alfanumerici Tipo di nave, allegato VI Dimensione della nave SL 2 caratteri alfanumerici Classe di stazza lorda, allegato VII Dati: numero di navi. Stazza lorda delle navi. ALLEGATO IX PARTE A Direttiva abrogata ed elenco delle sue modificazioni successive (di cui all’articolo 12) Direttiva 95/64/CE del Consiglio (GU L 320 del 30.12.1995, pag. 25). Decisione 98/385/CE della Commissione (GU L 174 del 18.6.1998, pag. 1). limitatamente all’articolo 3 Decisione 2000/363/CE della Commissione (GU L 132 del 5.6.2000, pag. 1). limitatamente all’articolo 1 Regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). limitatamente all’allegato II, punto 20 Decisione 2005/366/CE della Commissione (GU L 123 del 17.5.2005, pag. 1). limitatamente all’articolo 1 Regolamento (CE) n. 1304/2007 della Commissione (GU L 290 dell’8.11.2007, pag. 14). limitatamente all’articolo 1 PARTE B Termini di recepimento nel diritto nazionale (di cui all’articolo 12) Direttiva Termine di recepimento 95/64/CE 31 dicembre 1996 ALLEGATO X TAVOLA DI CONCORDANZA Direttiva 95/64/CE Presente direttiva Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2, punto 1, primo comma Articolo 2, lettera a), primo comma Articolo 2, punto 1, secondo comma, lettere a) e b) Articolo 2, lettera a), secondo comma, punti i) e ii) Articolo 2, punto 1, terzo comma Articolo 2, lettera a), terzo comma Articolo 2, punti da 2 a 5 Articolo 2, lettere da b) a e) Articolo 3 Articolo 3 Articolo 4, paragrafo 1 Articolo 4, paragrafo 1 Articolo 4, paragrafo 2, primo comma Articolo 4, paragrafo 2, primo comma Articolo 4, paragrafo 2, secondo comma — Articolo 4, paragrafo 2, terzo comma Articolo 4, paragrafo 2, secondo comma Articolo 4, paragrafo 3 Articolo 4, paragrafo 3 Articoli 5, 6 e 7 Articoli 5, 6 e 7 Articolo 8, paragrafo 1 Articolo 8 Articolo 8, paragrafo 2 — Articolo 9 Articolo 9 Articolo 10 — Articolo 11 — Articolo 12, — Articolo 13, paragrafi 1 e 2 Articolo 10, paragrafi 1 e 2 — Articolo 10, paragrafo 3 Articolo 13, paragrafo 3 — Articolo 14, paragrafo 1 — Articolo 14, paragrafo 2 Articolo 11 — Articolo 12 Articolo 15 Articolo 13 Articolo 16 Articolo 14 Allegati da I a VIII Allegati da I a VIII — Allegato IX — Allegato X
Rilevazioni statistiche dei trasporti di merci e di passeggeri via mare QUAL È LO SCOPO DELLA PRESENTE DIRETTIVA? Stabilisce il modo in cui i paesi dell’Unione europea (UE) devono produrre statistiche comunitarie sui trasporti di merci e di passeggeri effettuati da navi che fanno scalo nei porti dell’Unione. PUNTI CHIAVE I dati Tali dati statistici si riferiscono alle informazioni sulle merci e sui passeggeri, e alle informazioni sulla nave stessa. Gli allegati alla presente direttiva specificano le caratteristiche della raccolta dei dati, includendo: peso lordo e descrizione delle merci, porto dichiarante, tipo di classificazione del carico, numero di passeggeri, tipo e dimensioni delle navi. Le navi di stazza lorda inferiore a 100 tonnellate possono essere escluse dalla raccolta di dati. Raccolta La Commissione europea è responsabile della stesura di un elenco di tutti i porti dell’UE per i quali devono essere forniti dati sommari. Inoltre, ciascun paese dell’UE deve selezionare da questo elenco qualsiasi porto che: tratta più di un milione di tonnellate di merci; oppure registra più di 200 000 movimenti di passeggeri. Tali porti selezionati sono soggetti a una raccolta di dati più dettagliata. Trasmissione dei dati I paesi dell’UE devono trasmettere i risultati della raccolta alla Commissione (Eurostat): entro cinque mesi dalla fine del periodo di osservazione per i dati raccolti trimestralmente; entro otto mesi per i dati raccolti annualmente. I paesi dell’UE comunicano a Eurostat i metodi utilizzati per la produzione dei dati, nonché qualsiasi modifica sostanziale apportata ai metodi utilizzati. Eurostat dovrà poi pubblicare le statistiche appropriate raccolte. La direttiva è stata modificata dal regolamento (UE) n. 1090/2010 al fine di allineare i dati raccolti sulle merci trasportate dalle navi a quelli di altre modalità di trasporto. La decisione 2010/216/UE ha modificato alcune caratteristiche tecniche in relazione alla raccolta dei dati, compresi i codici da utilizzare per la nazionalità di registrazione delle navi e la struttura per gli insiemi di dati. La decisione 2012/186/UE ha modificato alcune delle variabili statistiche utilizzate per la raccolta dei dati e chiarito alcune definizioni e tipologie di classificazione carico. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il 26 giugno 2009. E una versione di rifusione della direttiva 95/64/CE e delle sue successive modifiche, che doveva venire integrata nel diritto nazionale entro il 31 dicembre 1996. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2009/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, concernente la rilevazione statistica dei trasporti di merci e di passeggeri via mare (rifusione) (GU L 141 del 6.6.2009, pag. 29-47) Successive modifiche alla direttiva 2009/42/CE sono state incorporate nel testo di base. La presente versione consolidata ha solo valore documentale. DOCUMENTI COLLEGATI Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’esercizio del potere di adottare atti delegati conferito alla Commissione a norma del regolamento (UE) n. 1090/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2009/42/CE concernente la rilevazione statistica dei trasporti di merci e di passeggeri via mare [COM(2015)362 final del 28.7.2015]
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32008F0841
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DECISIONE QUADRO 2008/841/GAI DEL CONSIGLIO del 24 ottobre 2008 relativa alla lotta contro la criminalità organizzata IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce l’Unione europea, in particolare l’articolo 29, l’articolo 31, paragrafo 1, lettera e), e l’articolo 34, paragrafo 2, lettera b), vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) L’obiettivo del programma dell’Aia è di migliorare le capacità comuni dell’Unione e dei suoi Stati membri al fine, segnatamente, di lottare contro la criminalità organizzata transnazionale. Tale obiettivo deve essere perseguito in particolare mediante il ravvicinamento delle legislazioni. La pericolosità e la proliferazione delle organizzazioni criminali richiedono una risposta efficace che corrisponda alle aspettative dei cittadini e alle esigenze degli Stati membri e che avvenga mediante il potenziamento della cooperazione tra gli Stati membri dell’Unione europea. In tale prospettiva, il punto 14 delle conclusioni del Consiglio europeo di Bruxelles del 4 e 5 novembre 2004 afferma che i cittadini dell’Europa si aspettano che l’Unione europea, pur garantendo il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, adotti una strategia comune più efficace per far fronte a problemi transnazionali come la criminalità organizzata. (2) Nella comunicazione del 29 marzo 2004 relativa a talune azioni da intraprendere nel settore della lotta contro il terrorismo e altre forme gravi di criminalità, la Commissione ha affermato che il dispositivo di lotta contro la criminalità organizzata all’interno dell’Unione europea doveva essere consolidato e ha manifestato l’intenzione di elaborare una decisione quadro volta a sostituire l’azione comune 98/733/GAI del 21 dicembre 1998 relativa alla punibilità della partecipazione a un’organizzazione criminale negli Stati membri dell’Unione europea (2). (3) Ai sensi del punto 3.3.2 del programma dell’Aia, il ravvicinamento del diritto penale sostanziale ha l’obiettivo di agevolare il reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie e delle sentenze e la cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale e riguarda aree di criminalità particolarmente grave con dimensioni transfrontaliere e occorre dare priorità a quei settori della criminalità che sono specificamente citati nei trattati. La definizione dei reati relativi alla partecipazione a un’organizzazione criminale dovrebbe quindi essere armonizzata negli Stati membri. La presente decisione quadro dovrebbe pertanto comprendere i reati solitamente commessi nell’ambito di un’organizzazione criminale. Dovrebbe inoltre prevedere pene corrispondenti alla gravità di tali reati nei confronti delle persone fisiche e giuridiche che li hanno commessi o ne sono responsabili. (4) Gli obblighi derivanti dall’articolo 2, lettera a), non dovrebbero pregiudicare la libertà degli Stati membri di classificare altri gruppi di persone come organizzazioni criminali, per esempio gruppi con una finalità diversa da quella di ottenere un vantaggio finanziario o un altro vantaggio materiale. (5) Gli obblighi derivanti dall’articolo 2, lettera a), non dovrebbero pregiudicare la libertà degli Stati membri di interpretare l’espressione «attività criminali» in modo che indichi l’esecuzione di atti materiali. (6) L’Unione europea dovrebbe basarsi sul considerevole lavoro svolto dalle organizzazioni internazionali, in particolare la convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale (la «convenzione di Palermo»), conclusa, a nome della Comunità europea, con la decisione 2004/579/CE del Consiglio (3). (7) Poiché gli obiettivi della presente decisione quadro non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa delle dimensioni dell’intervento, essere realizzati meglio a livello di Unione, l’Unione può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato che istituisce la Comunità europea, come applicato dal secondo comma dell’articolo 2 del trattato sull’Unione europea. La presente decisione quadro si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità. (8) La presente decisione quadro rispetta i diritti e i principi fondamentali riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare gli articoli 6 e 49. Nella presente decisione quadro nulla è inteso a ridurre o restringere le norme nazionali in materia di diritti o libertà fondamentali quali il giusto processo, il diritto di sciopero, le libertà di riunione, di associazione, di stampa o di espressione, compreso il diritto di fondare un sindacato insieme con altre persone ovvero di affiliarsi ad un sindacato per difendere i propri interessi, e il conseguente diritto a manifestare. (9) L’azione comune 98/733/GAI andrebbe pertanto abrogata, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE QUADRO: Articolo 1 Definizioni Ai fini della presente decisione quadro: 1) per «organizzazione criminale» si intende un’associazione strutturata di più di due persone, stabilita da tempo, che agisce in modo concertato allo scopo di commettere reati punibili con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privativa della libertà non inferiore a quattro anni o con una pena più grave per ricavarne, direttamente o indirettamente, un vantaggio finanziario o un altro vantaggio materiale; 2) per «associazione strutturata» si intende un’associazione che non si è costituita fortuitamente per la commissione estemporanea di un reato e che non deve necessariamente prevedere ruoli formalmente definiti per i suoi membri, continuità nella composizione o una struttura articolata. Articolo 2 Reati relativi alla partecipazione ad un’organizzazione criminale Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per far sì che sia considerato reato uno dei seguenti tipi di comportamento connessi ad un’organizzazione criminale o entrambi: a) il comportamento di una persona che, intenzionalmente ed essendo a conoscenza dello scopo e dell’attività generale dell’organizzazione criminale o dell’intenzione di quest’ultima di commettere i reati in questione, partecipi attivamente alle attività criminali dell’organizzazione, ivi compresi la fornitura di informazioni o mezzi materiali, il reclutamento di nuovi membri nonché qualsiasi forma di finanziamento delle sue attività, essendo inoltre consapevole che la sua partecipazione contribuirà alla realizzazione delle attività criminali di tale organizzazione; b) il comportamento di una persona consistente in un’intesa con una o più altre persone per porre in essere un’attività che, se attuata, comporterebbe la commissione di reati di cui all’articolo 1, anche se la persona in questione non partecipa all’esecuzione materiale dell’attività. Articolo 3 Pene 1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per far sì che: a) il reato di cui all’articolo 2, lettera a), sia passibile di una pena privativa della libertà di durata massima compresa tra due e cinque anni; o b) il reato di cui all’articolo 2, lettera b), sia passibile di una pena privativa della libertà di durata massima pari a quella prevista per il reato a cui è finalizzata l’intesa o compresa tra due e cinque anni. 2. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché il fatto che i reati di cui all’articolo 2, quali determinati da tale Stato membro, siano stati commessi nell’ambito di un’organizzazione criminale possa essere considerato una circostanza aggravante. Articolo 4 Circostanze particolari Ciascuno Stato membro può adottare le misure necessarie per far sì che le pene di cui all’articolo 3 possano essere ridotte o che l’autore del reato possa essere esentato dalla pena se, ad esempio: a) rinuncia alle sue attività criminali; e b) fornisce alle autorità amministrative o giudiziarie informazioni che esse non avrebbero potuto ottenere diversamente e che sono loro utili per: i) prevenire, porre termine o attenuare gli effetti del reato; ii) identificare o consegnare alla giustizia gli altri autori del reato; iii) acquisire elementi di prova; iv) privare l’organizzazione criminale di risorse illecite o dei profitti ricavati dalle sue attività criminali; o v) prevenire la commissione di altri reati di cui all’articolo 2. Articolo 5 Responsabilità delle persone giuridiche 1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili dei reati di cui all’articolo 2 commessi a loro beneficio da qualsiasi persona, che agisca a titolo individuale o in quanto membro di un organo della persona giuridica, la quale detenga una posizione preminente in seno alla persona giuridica stessa, basata: a) sul potere di rappresentanza di detta persona giuridica; b) sul potere di prendere decisioni per conto della persona giuridica; o c) sull’esercizio di poteri di controllo in seno a tale persona giuridica. 2. Gli Stati membri adottano inoltre le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili qualora la mancata sorveglianza o il mancato controllo da parte di una persona di cui al paragrafo 1 abbia reso possibile la commissione, da parte di una persona soggetta alla sua autorità, di uno dei reati di cui all’articolo 2 a beneficio della persona giuridica. 3. La responsabilità delle persone giuridiche ai sensi dei paragrafi 1 e 2 lascia impregiudicata la possibilità di avviare procedimenti penali contro le persone fisiche che siano autori o complici di uno dei reati di cui all’articolo 2. 4. Ai sensi della presente decisione quadro, per «persona giuridica» s’intende qualsiasi entità dotata di personalità giuridica in forza del diritto applicabile, ad eccezione degli Stati o delle istituzioni pubbliche nell’esercizio dei pubblici poteri e delle organizzazioni internazionali pubbliche. Articolo 6 Pene applicabili alle persone giuridiche 1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché la persona giuridica dichiarata responsabile ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, sia passibile di pene effettive, proporzionate e dissuasive, comprendenti sanzioni pecuniarie di natura penale o non penale ed eventualmente altre pene, ad esempio: a) l’esclusione dal godimento di un beneficio o aiuto pubblico; b) il divieto temporaneo o permanente di esercitare attività commerciali; c) l’assoggettamento a sorveglianza giudiziaria; d) lo scioglimento giudiziario; e) la chiusura temporanea o permanente delle sedi che sono state utilizzate per commettere il reato. 2. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché la persona giuridica dichiarata responsabile ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, sia passibile di pene o misure effettive, proporzionate e dissuasive. Articolo 7 Competenza giurisdizionale e coordinamento dell’azione penale 1. Ciascuno Stato membro si adopera per far sì che la propria competenza giurisdizionale copra almeno i casi in cui i reati di cui all’articolo 2: a) sono stati commessi interamente o parzialmente nel suo territorio, indipendentemente dal luogo in cui l’organizzazione criminale è stabilita o esercita le sue attività criminali; b) sono stati commessi da un suo cittadino; oppure c) sono stati commessi a beneficio di una persona giuridica stabilita nel territorio di tale Stato membro. Uno Stato membro può decidere di non applicare o di applicare solo in situazioni o circostanze specifiche le regole di giurisdizione di cui alle lettere b) e c), laddove il reato di cui all’articolo 2 sia commesso al di fuori del suo territorio. 2. Se un reato di cui all’articolo 2 rientra nella giurisdizione di più Stati membri, ciascuno dei quali è legittimato ad esercitare l’azione penale in relazione ai medesimi fatti, gli Stati membri in questione collaborano per stabilire quale di essi perseguirà gli autori del reato al fine di accentrare, se possibile, l’azione penale in un unico Stato membro. A tale scopo gli Stati membri possono avvalersi dell’Eurojust o di qualsiasi altro organo o struttura istituiti in seno all’Unione europea per agevolare la cooperazione tra le rispettive autorità giudiziarie, nonché coordinare le loro azioni. Si tiene conto in particolare dei seguenti fattori: a) lo Stato membro nel cui territorio sono stati commessi i fatti; b) lo Stato membro di cui l’autore del reato ha la nazionalità o nel quale è residente; c) lo Stato membro di origine delle vittime; d) lo Stato membro nel cui territorio è stato trovato l’autore del reato. 3. Uno Stato membro che in base al suo ordinamento giuridico non estrada o non consegna ancora i suoi cittadini adotta le misure necessarie a stabilire la propria competenza giurisdizionale e, laddove opportuno, ad avviare l’azione penale nei confronti del reato di cui all’articolo 2, qualora sia commesso da uno dei suoi cittadini al di fuori del suo territorio. 4. Il presente articolo non esclude l’esercizio della giurisdizione penale secondo quanto previsto da uno Stato membro conformemente al diritto nazionale. Articolo 8 Assenza di obbligo di querela o denuncia della vittima Ciascuno Stato membro si adopera affinché le indagini e le azioni penali relative ai reati di cui all’articolo 2 non dipendano da una querela o denuncia della vittima del reato, almeno per quanto riguarda i fatti commessi nel territorio dello Stato membro stesso. Articolo 9 Abrogazione di disposizioni esistenti L’azione comune 98/733/GAI è abrogata. I riferimenti alla partecipazione a un’organizzazione criminale ai sensi dell’azione comune 98/733/GAI negli atti adottati in applicazione del titolo VI del trattato sull’Unione europea e del trattato che istituisce la Comunità europea si intendono come riferimenti alla partecipazione a un’organizzazione criminale ai sensi della presente decisione quadro. Articolo 10 Attuazione e relazioni 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alla presente decisione quadro entro l’11 maggio 2010. 2. Gli Stati membri trasmettono entro l’11 maggio 2010 al segretariato generale del Consiglio e alla Commissione il testo delle disposizioni inerenti al recepimento nella legislazione nazionale degli obblighi imposti dalla presente decisione quadro. Sulla base di una relazione redatta a partire da tali informazioni e di una relazione scritta della Commissione, il Consiglio esamina entro l’11 novembre 2012 in quale misura gli Stati membri si siano conformati alla presente decisione quadro. Articolo 11 Applicazione territoriale La presente decisione quadro si applica a Gibilterra. Articolo 12 Entrata in vigore La presente decisione quadro entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Lussemburgo, addì 24 ottobre 2008. Per il Consiglio La presidente M. ALLIOT-MARIE (1) Parere espresso previa consultazione non obbligatoria (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) GU L 351 del 29.12.1998, pag. 1. (3) GU L 261 del 6.8.2004, pag. 69.
Lotta contro la criminalità organizzata: reati connessi alla partecipazione a un’organizzazione criminale QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE QUADRO? Riguarda la criminalizzazione dei reati connessi alla partecipazione a un’organizzazione criminale. La decisione si prefigge di armonizzare le norme dell’Unione europea (Unione) e dei suoi Stati membri sulla criminalizzazione di tali reati e di stabilire le pene relative a questi.Reati Gli Stati membri devono riconoscere come reato almeno una di queste due tipologie di condotta:1)la partecipazione attiva alle attività criminali di un’organizzazione, con la conoscenza del suo scopo o della sua intenzione di commettere reati; 2)un’intesa sulla commissione di reati, senza necessariamente partecipare all’esecuzione materiale degli stessi.PeneGli Stati membri devono prevedere pene corrispondenti ai reati di cui sopra:per la prima opzione, il requisito è una pena privativa della libertà di almeno due anni per il livello massimo della pena;per la seconda opzione, il requisito è una pena privativa della libertà di durata massima pari a quella prevista per il reato a cui è finalizzata l’intesa o di almeno due anni. Le pene possono essere ridotte in circostanze specifiche, ad esempio se l’autore del reato rinuncia alle sue attività criminali o fornisce alle autorità giudiziarie informazioni utili per identificare o consegnare alla giustizia gli altri autori del reato. Sulla base della decisione quadro, gli Stati membri devono introdurre norme volte a poter dichiarare responsabili le persone giuridiche (come le imprese) per i reati di cui sopra se commessi per loro conto da una persona che detenga una posizione preminente in seno alla persona giuridica stessa. Le pene per le persone giuridiche devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive. Queste dovrebbero includere sanzioni pecuniarie ma possono anche comprendere quanto segue:esclusione dal godimento di un aiuto pubblico;interdizione temporanea o permanente di esercizio di attività commerciali e di accesso alle sedi utilizzate per i reati;assoggettamento a sorveglianza giudiziaria;scioglimento giudiziario o liquidazione di una società.Competenza giurisdizionale e coordinamento dell’azione penaleLa competenza giurisdizionale di uno Stato membro deve estendersi ai reati se commessi, in tutto o in parte, da un suo cittadino o per conto di una persona giuridica stabilita nel territorio di tale Stato membro. Se il reato rientra nella giurisdizione di diversi Stati membri, questi ultimi devono collaborare, per esempio tramite l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale, per stabilire quale Stato membro perseguirà il reato e per accentrare l’azione penale . Particolare attenzione va posta:sul luogo in cui è stato perpetrato il reato;sulla nazionalità o il luogo di residenza dell’autore del reato;sul paese d’origine della vittima;sul territorio in cui è stato trovato l’autore del reato.Reati che ledono gli interessi finanziari dell’UnioneLa direttiva (UE) 2017/1371 stabilisce le norme in materia di reati e sanzioni per la lotta contro la frode e altre attività illecite che ledono gli interessi finanziari dell’Unione (si veda la sintesi). L’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2017/1939 che istituisce la Procura europea (EPPO) (si veda la sintesi), conferisce a questa poteri in merito ai reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione stabiliti nella direttiva (UE) 2017/1371. In conformità dell’articolo 22, paragrafo 2, del medesimo regolamento, l’EPPO è inoltre competente per i reati che riguardano la partecipazione a organizzazioni criminali, come definiti nella decisione quadro 2008/841/GAI, se l’obiettivo dell’attività criminale di tali organizzazioni è quello di commettere reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE QUADRO? Essa è in vigore dall’11 novembre 2008. CONTESTO Sin dagli anni novanta, l’Unione ha adottato una serie di misure per rendere più efficace la lotta contro la criminalità organizzata.1997: l’Unione adotta il primo piano d’azione contro la criminalità organizzata; 1998: l’Unione adotta l’azione comune 98/733/GAI sulla partecipazione a un’organizzazione criminale; 2000: l’Assemblea generale delle Nazioni Unite adotta la Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, il primo strumento giuridico globale per la lotta contro la criminalità organizzata transnazionale (entrato in vigore nel 2003); 2002: l’Unione adotta la decisione quadro 2002/475/GAI sulla lotta contro il terrorismo (che definisce un «gruppo terrorista» sulla base della definizione di «organizzazione criminale» nell’azione comune 1998/733/GAI), successivamente abrogata e sostituita dalla direttiva (UE) 2017/541 (si veda la sintesi); 2004: comunicazione della Commissione europea che riconosce la necessità di migliorare le misure di lotta contro la criminalità organizzata; mediante la decisione 2004/579/CE, l’Unione aderisce alla Convenzione delle Nazioni Unite; 2008: l’Unione adotta la decisione quadro 2008/841/GAI che abroga l’azione comune 98/733/GAI e sostituisce l’azione comune 98/733/GAI. DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione quadro 2008/841/GAI del Consiglio, del 24 ottobre 2008, relativa alla lotta contro la criminalità organizzata (GU L 300 dell’11.11.2008, pag. 42). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio, del 12 ottobre 2017, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea («EPPO») (GU L 283 del 31.10.2017, pag. 1). Le modifiche successive al regolamento (UE) 2017/1939 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2017, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale (GU L 198 del 28.7.2017, pag. 29). Direttiva (UE) 2017/541 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2017, sulla lotta contro il terrorismo e che sostituisce la decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio e che modifica la decisione 2005/671/GAI del Consiglio (GU L 88 del 31.3.2017, pag. 6). Si veda la versione consolidata. Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale e relativi protocolli. Decisione 2004/579/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, della convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale (GU L 261 del 6.8.2004, pag. 69).
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32011R0182
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REGOLAMENTO (UE) N. 182/2011 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 16 febbraio 2011 che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 291, paragrafo 3, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (1), considerando quanto segue: (1) Allorché sono necessarie condizioni uniformi di esecuzione degli atti giuridicamente vincolanti dell’Unione, questi atti («atti di base») devono conferire competenze di esecuzione alla Commissione o, in casi specifici debitamente motivati e nelle circostanze di cui agli articoli 24 e 26 del trattato sull’Unione europea, al Consiglio. (2) Spetta al legislatore, nel pieno rispetto dei criteri stabiliti dal trattato sul funzionamento dell’Unione europea («TFUE»), la decisione, con riguardo ad ogni atto di base, se conferire competenze di esecuzione alla Commissione ai sensi dell’articolo 291, paragrafo 2, di detto trattato. (3) Finora l’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione è stato disciplinato dalla decisione 1999/468/CE del Consiglio (2). (4) Il trattato sul funzionamento dell’Unione europea dispone adesso che il Parlamento europeo e il Consiglio stabiliscano le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione. (5) Occorre assicurare che le procedure relative a tale controllo siano chiare, efficaci e proporzionate alla natura degli atti di esecuzione e che riflettano sia le disposizioni istituzionali del TFUE, sia l’esperienza acquisita e la prassi in uso per l’attuazione della decisione 1999/468/CE. (6) Per quegli atti di base che richiedono il controllo degli Stati membri per l’adozione di atti di esecuzione da parte della Commissione è opportuno, ai fini di un tale controllo, istituire comitati composti da rappresentanti degli Stati membri e presieduti dalla Commissione. (7) Se del caso, il meccanismo di controllo dovrebbe includere il rinvio ad un comitato di appello che dovrebbe riunirsi al livello adeguato. (8) Per motivi di semplificazione la Commissione dovrebbe esercitare le competenze di esecuzione secondo una delle due sole procedure, vale a dire la procedura consultiva o la procedura d’esame. (9) Allo scopo di semplificare ulteriormente, ai comitati si dovrebbero applicare norme procedurali comuni, incluse le disposizioni fondamentali riguardanti il loro funzionamento e la possibilità di esprimere un parere con procedura scritta. (10) È opportuno stabilire i criteri intesi a definire la procedura da seguire per l’adozione degli atti di esecuzione da parte della Commissione. Per conseguire una maggiore coerenza, i requisiti procedurali dovrebbero essere proporzionati alla natura e all’impatto degli atti di esecuzione da adottare. (11) La procedura d’esame si dovrebbe applicare in particolare all’adozione di atti di portata generale intesi ad attuare gli atti di base e di atti di esecuzione specifici con un impatto potenziale considerevole. Tale procedura dovrebbe garantire che gli atti di esecuzione non possano essere adottati dalla Commissione se non sono conformi al parere del comitato, fatte salve circostanze del tutto eccezionali, nelle quali dovrebbero potersi applicare per un periodo di tempo limitato. La procedura dovrebbe altresì garantire che, qualora il comitato non esprima un parere, la Commissione possa rivedere il progetto di atti di esecuzione, tenendo conto dei punti di vista espressi in seno al comitato. (12) Laddove l’atto di base conferisca competenze di esecuzione alla Commissione relativamente a programmi con implicazioni di bilancio considerevoli o destinati a paesi terzi si dovrebbe applicare la procedura d’esame. (13) Il presidente di un comitato dovrebbe adoperarsi per trovare soluzioni che incontrino il più ampio sostegno possibile in seno al comitato o al comitato di appello e dovrebbe spiegare in quale modo si è tenuto conto delle discussioni e delle proposte di modifiche. A tal fine, la Commissione dovrebbe prestare particolare attenzione alle opinioni espresse in seno al comitato o al comitato di appello sul progetto di misure definitive antidumping o compensative. (14) Nell’esaminare l’adozione di altri progetti di atti di esecuzione relativi a settori particolarmente sensibili, in particolare la fiscalità, la salute dei consumatori, la sicurezza alimentare e la protezione dell’ambiente, la Commissione, onde trovare una soluzione equilibrata, dovrà, nella misura del possibile, agire in modo da evitare di contrastare qualsiasi posizione predominante che possa emergere nel comitato di appello avverso l’adeguatezza di un atto di esecuzione. (15) È opportuno, come regola generale, applicare la procedura consultiva in tutti gli altri casi o nei casi in cui essa sia considerata più appropriata. (16) Dovrebbe essere possibile, laddove ciò sia previsto in un atto di base, adottare atti di esecuzione immediatamente applicabili per imperativi motivi di urgenza. (17) Il Parlamento europeo e il Consiglio dovrebbero essere tempestivamente e regolarmente informati dei lavori dei comitati. (18) Il Parlamento europeo o il Consiglio dovrebbero poter indicare in qualsiasi momento alla Commissione che, a loro avviso, un progetto di atto di esecuzione eccede le competenze di esecuzione previste nell’atto di base, tenendo presenti il loro diritto di controllo della legittimità degli atti dell’Unione. (19) Dovrebbe essere assicurato l’accesso del pubblico alle informazioni sui lavori dei comitati, conformemente al regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (3). (20) La Commissione dovrebbe tenere un registro che contenga le informazioni relative ai lavori dei comitati. Pertanto, le norme relative alla protezione dei documenti classificati applicabili alla Commissione dovrebbero applicarsi altresì all’uso del registro. (21) La decisione 1999/468/CE dovrebbe essere abrogata. Per assicurare la transizione tra il regime previsto dalla decisione 1999/468/CE e il presente regolamento, tutti i riferimenti nella legislazione esistente alle procedure previste dalla richiamata decisione, esclusa la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis, dovrebbero essere considerati come facenti riferimento alle corrispondenti procedure del presente regolamento. Gli effetti dell’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE dovrebbero essere mantenuti provvisoriamente ai fini degli atti di base esistenti che fanno riferimento a detto articolo. (22) Il presente regolamento non pregiudica le competenze della Commissione relative all’attuazione delle norme di concorrenza, previste dal trattato sul funzionamento dell’Unione europea, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto Il presente regolamento stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità applicabili ove un atto giuridicamente vincolante dell’Unione («atto di base») individui la necessità di condizioni uniformi di attuazione e richieda che l’adozione di atti di esecuzione da parte della Commissione sia soggetta al controllo degli Stati membri. Articolo 2 Scelta delle procedure 1. Un atto di base può prevedere l’applicazione della procedura consultiva o della procedura d’esame tenendo presente la natura o l’impatto degli atti di esecuzione richiesti. 2. La procedura d’esame si applica, in particolare, per l’adozione di: a) atti di esecuzione di portata generale; b) altri atti di esecuzione riguardanti: i) programmi con implicazioni sostanziali; ii) la politica agricola comune e la politica comune della pesca; iii) l’ambiente, la sicurezza, o la protezione della salute o la sicurezza delle persone, degli animali o delle piante; iv) la politica commerciale comune; v) la fiscalità. 3. La procedura consultiva si applica, come regola generale, per l’adozione di atti di esecuzione che non rientrino nell’ambito di applicazione del paragrafo 2. Tuttavia, la procedura consultiva può applicarsi per l’adozione degli atti di esecuzione previsti dal paragrafo 2 in casi debitamente giustificati. Articolo 3 Disposizioni comuni 1. Le disposizioni comuni di cui al presente articolo si applicano a tutte le procedure di cui agli articoli da 4 a 8. 2. La Commissione è assistita da un comitato composto da rappresentanti degli Stati membri. Il comitato è presieduto da un rappresentante della Commissione. Il presidente non prende parte alle votazioni del comitato. 3. Il presidente sottopone al comitato il progetto di atto di esecuzione che deve essere adottato dalla Commissione. Salvo in casi debitamente giustificati, il presidente convoca una riunione entro un termine non inferiore a quattordici giorni dalla presentazione del progetto di atto di esecuzione e del progetto di ordine del giorno al comitato. Il comitato esprime il suo parere sul progetto di atto di esecuzione entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell’urgenza della questione. I termini sono proporzionati e offrono ai membri del comitato tempestive e effettive opportunità di esaminare il progetto di atto di esecuzione ed esprimere la loro posizione. 4. Fino a quando il comitato non esprime un parere, ogni suo membro può proporre modifiche e il presidente può presentare versioni modificate del progetto di atto di esecuzione. Il presidente si adopera per trovare soluzioni che incontrino il più ampio sostegno possibile in seno al comitato. Il presidente informa il comitato del modo in cui si è tenuto conto delle discussioni e delle proposte di modifiche, in particolare per quanto riguarda le proposte che sono state ampiamente sostenute in seno al comitato. 5. In casi debitamente giustificati, il presidente può ottenere l’opinione del comitato con procedura scritta. Il presidente comunica ai membri del comitato il progetto di atto di esecuzione e fissa un termine per la presentazione di un parere in funzione dell’urgenza della questione in esame. Si presume che qualsiasi membro del comitato che non si sia opposto al progetto di atto di esecuzione o che non si sia esplicitamente astenuto dal votarlo entro la scadenza del termine fissato abbia tacitamente approvato il progetto di atto di esecuzione. Salvo disposizione contraria nell’atto di base, la procedura scritta è conclusa senza esito quando, entro il termine di cui al primo comma, il presidente lo decida o un membro del comitato lo richieda. In tal caso, il presidente convoca una riunione del comitato entro un termine ragionevole. 6. Il parere del comitato è iscritto a verbale. I membri del comitato hanno il diritto di chiedere che la loro posizione figuri a verbale. Il presidente invia senza indugio il processo verbale ai membri del comitato. 7. Se del caso, il meccanismo di controllo prevede il rinvio a un comitato di appello. Il comitato di appello adotta il suo regolamento interno a maggioranza semplice dei suoi membri, su proposta della Commissione. Qualora una questione sia sottoposta al comitato di appello, esso si riunisce non prima di quattordici giorni, salvo in casi debitamente giustificati, e non oltre sei settimane dopo la data del rinvio. Fatto salvo il paragrafo 3, il comitato di appello esprime il suo parere entro due mesi dalla data del rinvio. Un rappresentante della Commissione presiede il comitato di appello. Il presidente fissa la data della riunione del comitato di appello in stretta cooperazione con i membri del comitato, in modo da permettere agli Stati membri e alla Commissione di essere rappresentati a un livello appropriato. Entro il 1o aprile 2011 la Commissione convoca la prima riunione del comitato di appello al fine di adottare il suo regolamento interno. Articolo 4 Procedura consultiva 1. Nei casi in cui si applica la procedura consultiva, il comitato esprime il proprio parere, procedendo eventualmente a votazione. Se il comitato procede a votazione, il parere è espresso a maggioranza semplice dei suoi membri. 2. La Commissione decide sul progetto di atto di esecuzione da adottare, tenendo nella massima considerazione le conclusioni raggiunte nei dibattiti svolti in seno al comitato e il parere espresso. Articolo 5 Procedura d’esame 1. Nei casi in cui si applica la procedura d’esame, il comitato esprime il proprio parere con la maggioranza prevista dall’articolo 16, paragrafi 4 e 5, del trattato sull’Unione europea e, ove applicabile, dall’articolo 238, paragrafo 3, TFUE, per gli atti che devono essere adottati su proposta della Commissione. I voti dei rappresentanti degli Stati membri all’interno del comitato sono ponderati nel modo stabilito nei suddetti articoli. 2. Nei casi in cui il comitato esprime un parere positivo, la Commissione adotta il progetto di atto di esecuzione. 3. Fatto salvo l’articolo 7, se il comitato esprime un parere negativo, la Commissione non adotta il progetto di atto di esecuzione. Qualora ritenga che sia necessario un atto di esecuzione, il presidente può sottoporre una versione modificata del progetto di atto di esecuzione allo stesso comitato entro due mesi dalla presentazione del parere negativo, ovvero presentare il progetto di atto di esecuzione entro un mese dalla suddetta presentazione al comitato di appello per una nuova delibera. 4. Nei casi in cui non è espresso alcun parere, la Commissione può adottare il progetto di atto di esecuzione, tranne nel caso di cui al secondo comma. Se la Commissione non adotta il progetto di atto di esecuzione, il presidente può presentare al comitato una versione modificata dello stesso. Fatto salvo l’articolo 7, la Commissione non adotta il progetto di atto di esecuzione nel caso in cui: a) tale atto riguardi la fiscalità, i servizi finanziari, la protezione della salute o della sicurezza degli esseri umani, degli animali o delle piante, o misure definitive multilaterali di salvaguardia; b) l’atto di base preveda che il progetto di atto di esecuzione non possa essere adottato nei casi in cui non è espresso alcun parere; oppure c) la maggioranza semplice dei componenti del comitato sia contraria. In uno qualsiasi dei casi di cui al secondo comma, qualora si ritenga che un atto di esecuzione sia necessario, il presidente può sottoporre una versione modificata di tale atto allo stesso comitato entro due mesi dal voto ovvero presentare il progetto di atto di esecuzione entro un mese dal voto al comitato di appello per una nuova delibera. 5. In deroga al paragrafo 4, la seguente procedura si applica per l’adozione del progetto di misure definitive antidumping o compensative, qualora non sia espresso alcun parere da parte del comitato e la maggioranza semplice dei suoi membri si opponga al progetto di atto di esecuzione. La Commissione svolge consultazioni con gli Stati membri. Entro non meno di quattordici giorni e non oltre un mese dopo la riunione del comitato, la Commissione informa i membri del comitato dei risultati di tali consultazioni e sottopone al comitato di appello un progetto di atto di esecuzione. In deroga all’articolo 3, paragrafo 7, il comitato di appello si riunisce entro non meno di quattordici giorni e non oltre un mese dopo la presentazione del progetto di atto di esecuzione. Il comitato di appello esprime il suo parere conformemente all’articolo 6. I termini stabiliti nel presente paragrafo non pregiudicano l’esigenza di rispettare le scadenze fissate negli atti di base pertinenti. Articolo 6 Rinvio al comitato di appello 1. Il comitato di appello esprime il proprio parere con la maggioranza prevista dall’articolo 5, paragrafo 1. 2. Fino a quando un parere non è espresso, ogni membro del comitato di appello può proporre modifiche al progetto di atto di esecuzione e il presidente può decidere se modificarlo o no. Il presidente si adopera per trovare soluzioni che incontrino il più ampio sostegno possibile in seno al comitato di appello. Il presidente informa il comitato di appello del modo in cui si è tenuto conto delle discussioni e delle proposte di modifiche, in particolare per quanto riguarda le proposte di modifiche che sono state ampiamente sostenute in seno al comitato di appello. 3. Nei casi in cui il comitato di appello esprima un parere positivo, la Commissione adotta il progetto di atto di esecuzione. Nei casi in cui non è espresso alcun parere, la Commissione può adottare il progetto di atto di esecuzione. Nei casi in cui il comitato di appello esprima un parere negativo, la Commissione non adotta il progetto di atto di esecuzione. 4. In deroga al paragrafo 3, per l’adozione di misure definitive multilaterali di salvaguardia, in mancanza di un parere positivo votato con la maggioranza di cui all’articolo 5, paragrafo 1, la Commissione non adotta il progetto di misure. 5. In deroga al paragrafo 1, fino al 1o settembre 2012 il comitato di appello esprime il proprio parere sul progetto di misure definitive antidumping o compensative a maggioranza semplice dei suoi membri. Articolo 7 Adozione di atti di esecuzione in casi eccezionali In deroga all’articolo 5, paragrafo 3, e all’articolo 5, paragrafo 4, secondo comma, la Commissione può adottare un progetto di atto di esecuzione, nel caso in cui esso debba essere adottato senza indugio per evitare il verificarsi di crisi significative dei mercati nel settore dell’agricoltura o di un rischio agli interessi finanziari dell’Unione, ai sensi dell’articolo 325 TFUE. In questo caso, la Commissione presenta immediatamente l’atto di esecuzione adottato al comitato di appello. Qualora quest’ultimo esprima un parere negativo sull’atto di esecuzione adottato, la Commissione abroga immediatamente tale atto. Qualora il comitato di appello esprima un parere positivo o non sia espresso alcun parere, l’atto di esecuzione rimane in vigore. Articolo 8 Atti di esecuzione immediatamente applicabili 1. In deroga agli articoli 4 e 5, un atto di base può prevedere, per imperativi motivi di urgenza debitamente giustificati, che si debba applicare il presente articolo. 2. La Commissione adotta un atto di esecuzione che è immediatamente applicabile senza previa presentazione ad un comitato e rimane in vigore per un periodo non superiore a sei mesi, salvo che l’atto di base preveda altrimenti. 3. Al massimo quattordici giorni dopo la sua adozione, il presidente sottopone l’atto di cui al paragrafo 2 al comitato competente al fine di ottenerne il parere. 4. Laddove si applica la procedura d’esame, nel caso in cui il comitato presenti un parere negativo, la Commissione abroga immediatamente l’atto di esecuzione adottato a norma del paragrafo 2. 5. Nei casi in cui la Commissione adotti misure provvisorie antidumping o compensative, si applica la procedura di cui al presente articolo. La Commissione adotta tali misure dopo aver consultato o, in casi di estrema urgenza, avere informato gli Stati membri. In quest’ultimo caso, le consultazioni si svolgono al più tardi nei dieci giorni successivi alla notifica agli Stati membri delle misure adottate dalla Commissione. Articolo 9 Regolamento interno 1. Ogni comitato adotta a maggioranza semplice dei suoi membri il proprio regolamento interno su proposta del presidente, basandosi su un regolamento di procedura tipo da redigersi ad opera della Commissione previa consultazione con gli Stati membri. La Commissione pubblica tale regolamento di procedura tipo nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. I comitati esistenti adattano, per quanto necessario, il proprio regolamento interno al regolamento di procedura tipo. 2. Ai comitati si applicano i principi e le condizioni riguardanti l’accesso del pubblico ai documenti e le norme sulla protezione dei dati applicabili alla Commissione. Articolo 10 Informazioni sui lavori dei comitati 1. La Commissione tiene un registro dei lavori dei comitati che contiene: a) un elenco dei comitati; b) gli ordini del giorno delle riunioni dei comitati; c) i resoconti sommari corredati dagli elenchi delle autorità e degli organismi cui appartengono le persone designate dagli Stati membri a rappresentarli; d) i progetti di atti di esecuzione su cui i comitati sono invitati a esprimere un parere; e) i risultati delle votazioni; f) i progetti di atti di esecuzione definitivi che fanno seguito alla presentazione di pareri dei comitati; g) le informazioni riguardanti l’adozione del progetto di atti di esecuzione definitivi da parte della Commissione; nonché h) i dati statistici sul lavoro dei comitati. 2. La Commissione pubblica inoltre una relazione annuale sul lavoro dei comitati. 3. Il Parlamento europeo e il Consiglio hanno accesso alle informazioni di cui al paragrafo 1 in conformità delle norme applicabili. 4. Contemporaneamente al loro invio ai membri del comitato, la Commissione mette a disposizione del Parlamento europeo e del Consiglio i documenti di cui al paragrafo 1, lettere b), d) ed f), informandoli anche della disponibilità di detti documenti. 5. I riferimenti di tutti i documenti di cui al paragrafo 1, lettere da a) a g), e le informazioni di cui al paragrafo 1, lettera h), sono resi pubblici nel registro. Articolo 11 Diritto di controllo del Parlamento europeo e del Consiglio Nel caso in cui l’atto di base sia adottato secondo la procedura legislativa ordinaria, sia il Parlamento europeo sia il Consiglio possono, in qualsiasi momento, comunicare alla Commissione di ritenere che, a loro avviso, un progetto di atto di esecuzione ecceda i poteri d’esecuzione previsti nell’atto di base. In tal caso, la Commissione riesamina il progetto di atto di esecuzione, tenendo conto delle posizioni espresse, e informa il Parlamento europeo e il Consiglio se essa intende mantenere, modificare o ritirare il progetto di atto di esecuzione. Articolo 12 Abrogazione della decisione 1999/468/CE La decisione 1999/468/CE è abrogata. Gli effetti dell’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE sono mantenuti ai fini degli atti di base esistenti che vi fanno riferimento. Articolo 13 Disposizioni transitorie: adattamento degli atti di base esistenti 1. Laddove gli atti di base adottati prima dell’entrata in vigore del presente regolamento prevedano l’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione conformemente alla decisione 1999/468/CE, si applicano le seguenti disposizioni: a) qualora l’atto di base faccia riferimento all’articolo 3 della decisione 1999/468/CE, si applica la procedura consultiva di cui all’articolo 4 del presente regolamento; b) qualora l’atto di base faccia riferimento all’articolo 4 della decisione 1999/468/CE, si applica la procedura d’esame di cui all’articolo 5 del presente regolamento, fatta eccezione per l’articolo 5, paragrafo 4, secondo e terzo comma; c) qualora l’atto di base faccia riferimento all’articolo 5 della decisione 1999/468/CE, si applica la procedura d’esame di cui all’articolo 5 del presente regolamento e si considera che l’atto di base preveda che, in assenza di un parere, la Commissione non possa adottare il progetto di atto di esecuzione, come previsto all’articolo 5, paragrafo 4, secondo comma, lettera b); d) qualora l’atto di base faccia riferimento all’articolo 6 della decisione 1999/468/CE, si applica l’articolo 8 del presente regolamento; e) qualora l’atto di base faccia riferimento agli articoli 7 e 8 della decisione 1999/468/CE, si applicano gli articoli 10 e 11 del presente regolamento. 2. Gli articoli 3 e 9 del presente regolamento si applicano a tutti i comitati esistenti ai fini del paragrafo 1. 3. L’articolo 7 del presente regolamento si applica solo alle procedure vigenti che fanno riferimento all’articolo 4 della decisione 1999/468/CE. 4. Le disposizioni transitorie di cui al presente articolo non pregiudicano la natura degli atti pertinenti. Articolo 14 Regime transitorio Il presente regolamento lascia impregiudicate le procedure in corso in cui un comitato ha già espresso il proprio parere conformemente alla decisione 1999/468/CE. Articolo 15 Clausola di riesame Entro il 1o marzo 2016, la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione del presente regolamento, corredata, se necessario, di adeguate proposte legislative. Articolo 16 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il 1o marzo 2011. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, il 16 febbraio 2011. Per il Parlamento europeo Il presidente J. BUZEK Per il Consiglio Il presidente MARTONYI J. (1) Posizione del Parlamento europeo del 16 dicembre 2010 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 14 febbraio 2011. (2) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. (3) GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43. DICHIARAZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO, DEL CONSIGLIO E DELLA COMMISSIONE L'articolo 5, paragrafo 2 del regolamento in esame stabilisce che la Commissione adotti un progetto di atto di esecuzione nei casi in cui il comitato esprime un parere positivo. Questa disposizione non esclude che la Commissione possa, com'è prassi corrente e in casi del tutto eccezionali, tener conto di nuove circostanze verificatesi successivamente alla votazione e decidere di non adottare un progetto di atto di esecuzione, dopo averne debitamente informato il comitato e il legislatore. DICHIARAZIONI DELLA COMMISSIONE La Commissione procederà all'esame di tutti gli atti legislativi in vigore che non sono stati adattati alla procedura di regolamentazione con controllo prima dell'entrata in vigore del trattato di Lisbona, per valutare se tali strumenti debbano essere adattati al regime degli atti delegati introdotto dall'articolo 290 TFUE. La Commissione presenterà le opportune proposte il più rapidamente possibile e non oltre le date menzionate nel calendario indicativo allegato alla presente dichiarazione. Mentre è in corso l'esercizio di allineamento, la Commissione terrà regolarmente informato il Parlamento europeo sui progetti di misure di attuazione relativi a questi strumenti, che in futuro dovrebbero diventare atti delegati. Per quanto riguarda gli atti legislativi in vigore che contengono attualmente riferimenti alla procedura di regolamentazione con controllo, la Commissione riesaminerà le disposizioni concernenti tale procedura in ciascuno degli strumenti che intende modificare, per adattarle in tempo utile ai criteri stabiliti nel trattato. Inoltre, il Parlamento europeo e il Consiglio avranno la possibilità di segnalare atti di base che ritengono importante adattare con urgenza. La Commissione valuterà i risultati di questo processo entro la fine del 2012, per stimare quanti atti legislativi contenenti riferimenti alla procedura di regolamentazione con controllo rimangano in vigore, e poi elaborerà le opportune iniziative legislative per completare l'adattamento. L'obiettivo generale della Commissione consiste nel fare in modo che, entro la fine della settima legislatura, tutte le disposizioni che fanno riferimento alla procedura di regolamentazione con controllo siano soppresse da tutti gli strumenti legislativi. La Commissione fa osservare che recentemente è stato lanciato uno studio che riesaminerà in maniera esaustiva e obiettiva tutti gli aspetti della politica di difesa commerciale dell'Unione europea e delle prassi in materia. Per esempio, saranno valutati i risultati, i metodi, l'uso e l'efficacia dell'attuale sistema degli strumenti di difesa commerciale rispetto alla realizzazione dei suoi obiettivi di politica commerciale, sarà esaminata l'efficacia delle decisioni strategiche adottate o che potrebbero essere adottate dall'Unione europea (per esempio, l'esame dell'interesse dell'Unione, la regola del dazio inferiore, il sistema di riscossione dei dazi) rispetto alle decisioni politiche di alcuni partner commerciali e, alla luce della prassi amministrativa delle istituzioni UE, delle sentenze della Corte di Giustizia dell'Unione europea e delle raccomandazioni e delle sentenze dell'organo di conciliazione dell'OMC, saranno esaminati i regolamenti antidumping e antisovvenzioni di base. Alla luce dei risultati dello studio e degli sviluppi dei negoziati dell'agenda di Doha per lo sviluppo, la Commissione intende valutare se e come aggiornare ulteriormente e modernizzare gli strumenti di difesa commerciale dell'UE. La Commissione rammenta inoltre le recenti iniziative adottate per rendere più trasparente il funzionamento degli strumenti di difesa commerciale (come la nomina di un consigliere-auditore) e il lavoro svolto con gli Stati membri per chiarire gli elementi chiave delle prassi in materia di difesa commerciale. La Commissione attribuisce grande importanza a questo lavoro e, in consultazione con gli Stati membri, cercherà di identificare altre iniziative che potrebbero essere prese a tale riguardo. Conformemente alle norme di comitatologia di cui alla decisione 1999/468/CE del Consiglio, se un comitato di gestione della politica agricola comune (PAC) esprime parere sfavorevole, la Commissione deve presentare il progetto di misura in questione al Consiglio, che ha un mese di tempo per prendere una decisione diversa. La Commissione mantiene pur sempre la possibilità di agire, poiché può scegliere di attuare la misura oppure di rinviarne l'applicazione. Quindi, essa può adottare la misura se ritiene che sospenderne l'applicazione possa, per esempio, produrre effetti negativi irreversibili sul mercato. Quando poi il Consiglio decide diversamente, la misura applicata dalla Commissione diventa ovviamente superflua. Le norme attuali offrono così alla Commissione uno strumento che permette di tutelare l'interesse comune dell'intera Unione adottando una misura almeno in via provvisoria. L'articolo 7 di questo regolamento si prefigge di mantenere tale approccio nel quadro delle nuove disposizioni in materia di comitatologia, limitandolo però a circostanze eccezionali e sulla base di criteri restrittivi e chiaramente definiti. Esso consentirebbe alla Commissione di adottare un progetto di misura malgrado il parere sfavorevole del comitato d'esame, purché «la mancata adozione entro una scadenza imperativa comporti considerevoli turbative dei mercati (…) o per gli interessi finanziari dell'Unione». La disposizione si riferisce a situazioni in cui non è possibile attendere un nuovo voto del comitato sullo stesso o su un altro progetto di misura perché nel frattempo il mercato potrebbe subire gravi turbative, per esempio a causa del comportamento speculativo degli operatori. Per garantire la capacità di azione dell'Unione, tale disposizione permetterebbe agli Stati membri e alla Commissione di avere un altro dibattito informato sul progetto di misura senza lasciare in sospeso la questione e senza dare spazio alle speculazioni con ripercussioni negative sui mercati e sul bilancio. Situazioni di questo tipo possono verificarsi in particolare nel contesto della gestione quotidiana della PAC (per esempio, fissazione delle restituzioni all'esportazione, gestione dei titoli, clausola di salvaguardia speciale) nell'ambito della quale spesso occorre decidere rapidamente e le decisioni possono avere importanti ripercussioni economiche sui mercati, e quindi sugli agricoltori e sugli operatori, ma anche sul bilancio dell'Unione. Qualora il Parlamento europeo o il Consiglio indichi alla Commissione di ritenere che un progetto di misura d'esecuzione ecceda le competenze di esecuzione previste nell'atto di base, la Commissione lo riesaminerà immediatamente tenendo conto delle posizioni espresse dal Parlamento europeo o dal Consiglio. La Commissione agirà tenendo debito conto dell'urgenza della questione in esame. Prima di decidere se il progetto di misura di esecuzione debba essere adottato, modificato, o ritirato, la Commissione informerà il Parlamento europeo o il Consiglio dell'azione che intende intraprendere e delle relative motivazioni.
Ruolo dei comitati in materia di competenze di esecuzione attribuite alla Commissione Prima di adottare gli atti di esecuzione, la Commissione europea deve consultare un comitato composto dai rappresentanti di ogni paese dell’Unione europea (UE) in merito al progetto che sta proponendo. ATTO Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione. SINTESI Prima di adottare gli atti di esecuzione, la Commissione europea deve consultare un comitato composto dai rappresentanti di ogni paese dell’Unione europea (UE) in merito al progetto che sta proponendo. CHE COSA FA IL PRESENTE REGOLAMENTO? Il regolamento stabilisce le norme per il controllo, da parte dei paesi dell’UE, dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (articolo 291 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea). Tale controllo avviene attraverso quelle che sono note in gergo UE come procedure di «comitatologia», secondo le quali la Commissione deve presentare ogni progetto di atto di esecuzione ai comitati composti dai rappresentanti dei paesi dell’Unione e presieduti dalla Commissione. Secondo l’ultima relazione della Commissione sugli sviluppi in materia di sistema di comitatologia, esistono circa 300 comitati che coprono la quasi totalità delle competenze dell’UE (in particolare agricoltura, ambiente, trasporti, salute e consumatori ecc.). Nel 2013 la Commissione ha adottato più di 1 700 atti di esecuzione. PUNTI CHIAVE Il regolamento stabilisce due procedure di controllo dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (concesse dal legislatore): La procedura d’esame: si applica principalmente per: i) le misure di portata generale e ii) le misure in determinati settori politici (ad esempio in materia di agricoltura, pesca, ambiente, salute, commercio e fiscalità). Gli atti di esecuzione della Commissione devono ricevere il sostegno di una maggioranza qualificata (un sistema ponderato di votazione, dove 16 dei 28 paesi dell’UE (1) devono votare a favore e questi voti devono rappresentare almeno il 65 % della popolazione dell’Unione) del comitato. Se il comitato dà un parere negativo, la Commissione può presentare il progetto di atto a un comitato di appello per giudicare se l’esame del provvedimento debba proseguire o modificare il testo. Se l’esito delle discussioni del comitato non danno luogo a nessun parere, la Commissione può adottare il progetto dell’atto a determinate condizioni. La procedura consultiva: viene generalmente usata per tutte le altre misure di attuazione (ad esempio per le singole misure nel settore della cultura). La Commissione deve tenere in massima considerazione il parere del comitato, che viene adottato a maggioranza semplice (la maggioranza dei votanti). Diritto di controllo del Parlamento europeo e del Consiglio: nel caso in cui l’atto giuridico di base sia adottato secondo la procedura legislativa ordinaria (la più comune procedura decisionale, che riguarda la maggior parte dei settori e in cui il Parlamento europeo e il Consiglio hanno pari peso), sia il Parlamento europeo sia il Consiglio possono, in qualsiasi momento, comunicare alla Commissione di ritenere che, a loro avviso, un progetto di atto di esecuzione ecceda i poteri d’esecuzione conferiti alla Commissione. In tali casi, la Commissione deve rivedere il progetto di atto e decidere se mantenerlo, modificarlo o ritirarlo. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? A decorrere dal 1o marzo 2011. CONTESTO L’articolo 291 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea permette alla Commissione di adottare misure di attuazione per un atto giuridico quando sono necessarie condizioni uniformi di esecuzione. L’atto giuridico di base deve concedere esplicitamente alla Commissione il potere di adottare atti di esecuzione. Si veda anche il sito web della Commissione europea sulla comitatologia. RIFERIMENTI Atto Entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Regolamento (UE) n. 182/2011 1.3.2011 - GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13-20 ATTI COLLEGATI Relazione della Commissione sui lavori dei comitati nel 2013, COM(2014) 572 final del 16.9.2014.
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Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica federativa del Brasile Gazzetta ufficiale n. L 295 del 11/11/2005 pag. 0038 - 0043 Accordodi cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica federativa del BrasileLA COMUNITÀ EUROPEA (in appresso denominata "la Comunità"),da una parte,eIL GOVERNO DELLA REPUBBLICA FEDERATIVA DEL BRASILE (in appresso denominato "il Brasile"),dall’altra,in appresso denominate "le parti",HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo IObiettivoLe parti promuovono, sviluppano e agevolano attività di cooperazione in settori di interesse comune realizzando e finanziando attività di ricerca e sviluppo scientifico e tecnologico.Articolo IIDefinizioniAi fini del presente accordo, si intende per:a) "attività di cooperazione", ogni attività che le parti intraprendono o finanziano nel quadro del presente accordo, compresa la ricerca comune;b) "informazioni", dati scientifici o tecnici, risultati o metodi di ricerca e sviluppo frutto delle ricerche comuni e altri dati ritenuti necessari per le attività di cooperazione dai partecipanti e, eventualmente, dalle parti stesse;c) "proprietà intellettuale", la definizione di cui all'articolo 2 della convenzione che istituisce l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, firmata a Stoccolma il 14 luglio 1967;d) "ricerca comune", progetti di ricerca, di sviluppo tecnologico o di dimostrazione condotti con o senza il sostegno finanziario di una o di entrambe le parti e che comportano la collaborazione tra partecipanti delle parti. Per "progetto di dimostrazione" si intende un progetto inteso a dimostrare la sostenibilità di nuove tecnologie che presentano un potenziale interesse economico ma che non possono essere commercializzate come tali. Le parti si tengono reciprocamente e regolarmente informate in merito alle rispettive attività considerate attività di ricerca comune ai sensi dell’articolo IV;e) "partecipante" o "organismo di ricerca", qualsiasi persona, gruppo di persone, istituto di ricerca o altro soggetto giuridico o impresa, avente sede in Brasile o nella Comunità, che partecipi ad attività di cooperazione, incluse le parti stesse.Articolo IIIPrincipiLe attività di cooperazione si svolgono sulla base dei seguenti principi:a) beneficio reciproco fondato su una ripartizione equilibrata dei vantaggi;b) accesso reciproco alle attività di ricerca e sviluppo tecnologico intraprese da ciascuna parte;c) scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sulle attività di cooperazione;d) tutela adeguata dei diritti di proprietà intellettuale.Articolo IVAmbito delle attività di cooperazioneLa cooperazione ai sensi del presente accordo può vertere su tutte le attività di interesse reciproco nelle quali entrambe le parti stiano realizzando o finanziando attività di ricerca e sviluppo tecnologico (in appresso denominate attività di "RST") ai sensi dell’articolo VI, paragrafo 3, lettera b). Tali attività devono essere finalizzate al progresso scientifico, alla competitività dell’industria e allo sviluppo economico e sociale, ed incentrarsi sui seguenti settori:- biotecnologie,- tecnologie dell’informazione e della comunicazione,- bioinformatica,- spazio,- micro e nanotecnologie,- ricerca sui materiali,- tecnologie pulite,- gestione ed uso sostenibile delle risorse ambientali,- biosicurezza,- salute e medicina,- aeronautica,- metrologia, normazione e valutazione della conformità, e- scienze umane.Articolo VModalità ed attività di cooperazione1. Le parti incoraggiano:a) la partecipazione degli organismi di ricerca alle attività di cooperazione previste dal presente accordo, nell'osservanza delle rispettive politiche e normative interne, per offrire opportunità simili di partecipazione alle rispettive attività di ricerca scientifica e di sviluppo tecnologico e alla valorizzazione dei risultati che ne derivano;b) l’accesso reciproco alle attività promosse da ciascuna parte nel quadro dei rispettivi programmi e politiche nazionali.2. Le attività di cooperazione possono assumere le forme seguenti:a) progetti comuni di RST;b) visite e scambi di scienziati, ricercatori ed esperti tecnici;c) organizzazione congiunta di seminari, conferenze, simposi e workshop scientifici e partecipazione di esperti a tali attività;d) azioni concertate quali il raggruppamento di progetti di RST già in atto, secondo le procedure previste dai programmi di RST di ciascuna parte, e di reti scientifiche;e) scambio e condivisione di apparecchiature e materiali;f) scambio di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi attinenti alla cooperazione prevista dal presente accordo, ivi comprese le indicazioni sulla politica scientifica e tecnologica;g) altre disposizioni raccomandate dal comitato direttivo da istituirsi in conformità dell’articolo IV e ritenute conformi alle politiche e procedure applicabili in entrambe le parti.3. I progetti comuni di RST sono realizzati solo una volta che i partecipanti hanno concluso un piano comune di gestione della tecnologia, come indicato nell’allegato del presente accordo.Articolo VICoordinamento ed attuazione delle attività di cooperazione1. Il compito di coordinare e di portare avanti le attività di cooperazione previste dal presente accordo è svolto, per la Comunità, dai servizi della Commissione europea e, per il Brasile, dal ministero degli Affari esteri, in qualità di agenti esecutivi.2. Gli agenti esecutivi istituiscono un comitato direttivo per la cooperazione scientifica e tecnica incaricato della gestione del presente accordo. Il comitato è composto da rappresentanti ufficiali di ciascuna parte e stabilisce il proprio regolamento interno.3. Il comitato direttivo svolge, in particolare, i seguenti compiti:a) proporre e finanziare le attività di cooperazione previste dall’articolo V del presente accordo;b) indicare per l’anno successivo, ai sensi dell’articolo V, paragrafo 1, lettera b), tra i possibili settori di cooperazione nel campo della RST, i settori o sottosettori prioritari di reciproco interesse in cui è opportuno cooperare;c) proporre ai ricercatori di entrambe le parti di raggruppare progetti di interesse reciproco o complementari;d) formulare raccomandazioni ai sensi dell’articolo V, paragrafo 2, lettera g);e) consigliare le parti sui metodi per valorizzare e migliorare la cooperazione in modo conforme ai principi enunciati nel presente accordo;f) verificare l’efficacia dell’applicazione e del funzionamento del presente accordo;g) presentare ogni anno alle parti una relazione sulla situazione, sui risultati e sull'efficacia della cooperazione intrapresa nel quadro del presente accordo. La relazione è trasmessa alla commissione comune istituita nell'ambito dell'accordo quadro di cooperazione tra la Comunità europea e il Brasile del 29 giugno 1992.4. Il comitato direttivo riferisce alla commissione comune e si riunisce di norma una volta l'anno, preferibilmente prima della riunione della commissione comune, secondo un calendario concordato precedentemente. Le riunioni si svolgono alternativamente nella Comunità e in Brasile. Su richiesta di una delle parti, possono essere convocate riunioni straordinarie.5. Le parti si fanno carico delle spese sostenute dai rispettivi rappresentanti alle riunioni del comitato direttivo.Articolo VIIDisposizioni finanziarieLe attività di cooperazione sono subordinate alla disponibilità di fondi sufficienti nonché alle disposizioni legislative e regolamentari, alle politiche e ai programmi di ciascuna parte. Le spese sostenute dai partecipanti alle attività di cooperazione non sono, di norma, coperte mediante trasferimento di fondi tra le parti.Articolo VIIICircolazione di personale ed apparecchiature1. Nel rispetto delle leggi e dei regolamenti applicabili nel proprio territorio, ciascuna parte prende tutte le misure ragionevoli e si adopera per agevolare l'entrata, il soggiorno e l'uscita dal proprio territorio di persone, materiali, dati e apparecchiature impegnati o impiegati nelle attività di cooperazione realizzate dalle parti in base alle disposizioni del presente accordo. Suddetti persone, materiali, dati ed apparecchiature beneficiano di esenzioni fiscali e doganali conformemente alle disposizioni legislative e regolamentari applicabili nel territorio di ciascuna parte.2. Laddove le specifiche disposizioni vigenti in una parte in materia di cooperazione prevedano la concessione di aiuti finanziari ai partecipanti dell’altra parte, tali sovvenzioni, contributi finanziari o simili concessi da una parte ai partecipanti dell’altra parte a sostegno delle attività di cooperazione beneficiano di esenzioni fiscali e doganali conformemente alle disposizioni legislative applicabili in ciascuna parte.Articolo IXProprietà intellettualeLe questioni attinenti alla proprietà intellettuale emerse nell’applicazione del presente accordo sono trattate conformemente alle disposizioni dell’allegato, che forma parte integrante dello stesso.Articolo XAttività della Comunità a sostegno dei paesi in via di sviluppoIl presente accordo lascia impregiudicata la partecipazione del Brasile, in quanto paese in via di sviluppo, alle attività della Comunità nel campo della ricerca ai fini dello sviluppo.Articolo XIEfficacia territorialeIl presente accordo si applica ai territori in cui vige il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni ivi stabilite, e al territorio della Repubblica federativa del Brasile.Articolo XIIEntrata in vigore, denuncia e composizione delle controversie1. Il presente accordo entra in vigore alla data in cui ciascuna parte ha notificato all'altra per iscritto l'avvenuto espletamento delle rispettive procedure interne necessarie.2. Il presente accordo è concluso per un periodo iniziale di cinque anni e può essere prorogato consensualmente di quinquennio in quinquennio previa valutazione effettuata dalle parti nel corso del penultimo anno di ogni quinquennio.3. Le parti possono concordare modifiche al presente accordo. Tali modifiche entrano in vigore secondo le modalità di cui al paragrafo 1.4. Il presente accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da ciascuna delle parti con preavviso scritto di sei mesi inoltrato per via diplomatica. La cessazione o denuncia del presente accordo non pregiudica la validità e la durata di eventuali progetti comuni di ricerca in corso nel quadro dello stesso, né i diritti e gli obblighi specifici disciplinati dall'allegato.5. Tutte le questioni o controversie relative all'interpretazione o all'attuazione del presente accordo sono risolte consensualmente tra le parti.Fatto a Brasilia, il diciannove gennaio duemilaquattro, in duplice esemplare, nelle lingue danese, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese e tedesca, ciascun testo facente ugualmente fede. In caso di interpretazioni divergenti tra le lingue, prevale il testo in lingua inglese.Por la Comunidad EuropeaFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftΓια την Ευρωπαϊκή ΚοινότηταFor the European CommunityPour la Communauté européennePer la Comunità europeaVoor de Europese GemeenschapPela Comunidade EuropeiaEuroopan yhteisön puolestaPå Europeiska gemenskapens vägnarPor la República Federativa de BrasilFor Den Føderative Republik BrasilienFür die Föderative Republik BrasilienΓια την Ομοσπονδιακή Δημοκρατία της ΒραζιλίαςFor the Federative Republic of BrazilPour la République fédérative du BrésilPer la Repubblica Federativa del BrasileVoor de Federale Republiek BraziliëPela República Federativa do BrasilBrasilian liittotasavallan puolestaFör Förbundsrepubliken Brasilien--------------------------------------------------ALLEGATOPROPRIETÀ INTELLETTUALEConformemente all’articolo IX:Le parti provvedono affinché la proprietà intellettuale generatasi nell’ambito del presente accordo goda di un’adeguata ed efficace tutela.Le parti si impegnano ad informarsi reciprocamente e prontamente in merito ad eventuali invenzioni o elaborati prodotti nell’ambito del presente accordo che potrebbero dar luogo a diritti di proprietà intellettuale.I. AMBITO DI APPLICAZIONEA. Ai fini del presente accordo, per "proprietà intellettuale" si intende la definizione di cui all’articolo 2 della convenzione che istituisce l’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, firmata a Stoccolma il 14 luglio 1967.B. Il presente allegato lascia impregiudicata e non modifica altrimenti la ripartizione di diritti, interessi e proprietà intellettuale tra una parte e i suoi cittadini o partecipanti, che è stabilita dalle leggi e dalle pratiche vigenti nella parte in questione.C. Le controversie in materia di proprietà intellettuale derivanti dal presente accordo sono composte consultando gli istituti partecipanti interessati o, se del caso, le parti o i loro rappresentanti autorizzati. Se la parti lo concordano, la controversia può essere sottoposta ad un organo arbitrale, conformemente alle disposizioni di diritto internazionale applicabili nella fattispecie. Salvo diversa decisione approvata per iscritto dalle parti o dai loro rappresentanti autorizzati, si applicano le norme di arbitrato della commissione delle Nazioni Unite per il diritto commerciale internazionale (UNCITRAL — United Nations Commission on International Trade Law).D. Qualora una delle parti ritenga che un particolare progetto comune di ricerca condotto nell’ambito del presente accordo abbia portato o possa portare alla creazione o alla concessione di un tipo di proprietà intellettuale non tutelato dalla legislazione applicabile nel territorio dell’altra parte, le parti si concertano immediatamente per definire una soluzione accettabile per entrambe e compatibile con la legislazione applicabile.II. ATTRIBUZIONE DI DIRITTIA. Ciascuna parte, compatibilmente con le disposizioni di legge nazionali, può ottenere per contratto una licenza non esclusiva, irrevocabile ed esente da royalties per tradurre, riprodurre, adattare, trasmettere e distribuire al pubblico articoli, relazioni e pubblicazioni tecniche e scientifiche generate direttamente nell’ambito delle attività di cooperazione previste dal presente accordo, purché siano osservate le disposizioni di legge relative alla proprietà e alla cessione dei diritti d’autore per la creazione dell’opera. Tutte le copie delle opere soggette a diritto d’autore realizzate secondo le suddette disposizioni e distribuite al pubblico devono riportare il nome degli autori, salvo laddove questi abbiano espressamente rinunciato a tale diritto.B. I diritti per le forme di proprietà intellettuale non descritte nella sezione II A del presente allegato saranno attribuiti in base alle modalità seguenti:1) I ricercatori in visita, quali gli scienziati che partecipano principalmente a scopo di perfezionamento, ottengono diritti di proprietà intellettuale definiti di concerto con l’istituto ospitante e conformemente alle disposizioni della legislazione nazionale applicabile. Inoltre, ogni ricercatore in visita designato come inventore è autorizzato, allo stesso titolo dei ricercatori dell’istituto ospitante, ad una quota proporzionale delle royalties percepite dall’istituto ospitante in virtù della licenza per l’uso della proprietà intellettuale.2) Per quanto riguarda la proprietà intellettuale che scaturisce o potrebbe scaturire dalla ricerca comune, i partecipanti elaborano un piano comune di gestione della tecnologia da negoziare nella forma di un contratto scritto tra i partecipanti ai progetti comuni di ricerca, nel quale sia preventivamente stabilita, in maniera equa ed equilibrata, la distribuzione dei proventi o di altri vantaggi derivanti dalla cooperazione, tenendo conto del contributo relativo delle parti o dei loro partecipanti ed attenendosi rigorosamente alla normativa sulla proprietà intellettuale vigente in ciascuna parte ed agli accordi internazionali sulla proprietà intellettuale di cui le parti sono firmatarie.a) Qualora le parti o i loro partecipanti non adottino un piano comune di gestione della tecnologia nella fase iniziale della cooperazione e qualora non riescano a giungere ad un accordo entro un periodo ragionevole, non superiore a sei mesi, successivo al momento in cui una parte sia a conoscenza del fatto che la ricerca comune abbia dato o possa dar luogo a proprietà intellettuale, esse sono tenute a concertarsi immediatamente per definire una soluzione accettabile per entrambe. In attesa di detta soluzione, la proprietà intellettuale è detenuta congiuntamente dalle parti o dai loro partecipanti, salvo altrimenti concordato dalle parti stesse.b) Qualora un progetto comune di ricerca realizzato nell’ambito del presente accordo risulti in una creazione suscettibile di essere tutelata da diritti di proprietà intellettuale non previsti dalla legislazione vigente in una delle parti, queste sono tenute a concertarsi immediatamente per definire una soluzione accettabile per entrambe e compatibile con la legislazione vigente.III. INFORMAZIONI RISERVATEA. Le parti e i rispettivi partecipanti devono tutelare le informazioni commerciali e/o industriali considerate riservate, che vengono generate o fornite nell’ambito del presente accordo, nel rispetto delle leggi, dei regolamenti e delle pratiche vigenti, come concordato tra le parti.B. Le parti e i rispettivi partecipanti non possono divulgare informazioni considerate riservate in mancanza di previa autorizzazione, salvo a persone appartenenti alle categorie di funzionari, contraenti e subcontraenti. La divulgazione di tali informazioni deve essere strettamente limitata alle parti coinvolte nel progetto comune di ricerca concordato tra i partecipanti e/o al personale autorizzato degli enti governativi associati al progetto o al presente accordo.C. Le informazioni possono essere divulgate solo previa autorizzazione scritta delle parti e la loro diffusione non può in alcun caso essere superiore a quanto strettamente necessario ai fini dell’esecuzione dei compiti, degli obblighi o dei contratti relativi alle informazioni divulgate.D. I destinatari devono impegnarsi per iscritto a tutelare la riservatezza delle informazioni ottenute e spetta alle parti provvedere all’adempimento di tale obbligo.E. Una parte che non è o probabilmente non sarà in grado di garantire la non divulgazione di informazioni riservate ne informa immediatamente l’altra parte. Le parti determinano di concerto le misure adeguate.--------------------------------------------------
Cooperazione scientifica e tecnologica tra UE e Brasile QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE? L’accordo stabilisce un sistema formale di cooperazione volto a incoraggiare, sviluppare e agevolare le attività negli ambiti scientifici e tecnologici di interesse comune. Con questa decisione, il Consiglio ha approvato la conclusione dell’accordo per conto della Comunità europea (attuale UE). PUNTI CHIAVE Le attività condotte nell’ambito dell’accordo sono basate su una serie di principi:beneficio reciproco; accesso reciproco; scambio tempestivo delle informazioni; tutela adeguata della proprietà intellettuale. Ambiti di cooperazione Le attività di cooperazione devono essere concepite per promuovere:il progresso scientifico; la competitività dell’industria; lo sviluppo economico e sociale. Un’enfasi particolare deve essere posta sui seguenti campi:biotecnologia; tecnologie dell’informazione e della comunicazione; bioinformatica; spazio; micro e nanotecnologie; ricerca sui materiali; tecnologie pulite; gestione ed uso sostenibile delle risorse ambientali; biosicurezza; salute e medicina; aeronautica; metrologia, normazione e valutazione della conformità; scienze umane. Attività Tra le attività di cooperazione possono figurare quelle elencate di seguito:progetti comuni di ricerca e sviluppo tecnologico (RST); visite e scambi di scienziati, ricercatori ed esperti tecnici; organizzazione congiunta di seminari, conferenze, simposi e workshop scientifici e partecipazione di esperti a tali attività; azioni concertate quali il raggruppamento di progetti di RST; scambio e condivisione di apparecchiature e materiali; scambio di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi attinenti alla cooperazione prevista dal presente accordo, ivi comprese le indicazioni sulla politica scientifica e tecnologica. DA QUANDO SI APPLICA L’ACCORDO? L’accordo è entrato in vigore il 7 agosto 2007 per un periodo iniziale di cinque anni. È stato rinnovato due volte, l’ultima nel 2017, per un periodo aggiuntivo di altri cinque anni. CONTESTO Le relazioni tra UE e Brasile si basano su un partenariato strategico istituito nel 2007, nonché sull’accordo di cooperazione tra l’UE e Mercosur. Per maggiori informazioni, consultare:Il Brasile e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna) Per maggiori informazioni sulla cooperazione nell’ambito della ricerca e dell’innovazione (R&I) con il Brasile, consultare:Cooperazione internazionale in materia di ricerca e innovazione con il Brasile (Commissione europea). DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica federativa del Brasile (GU L 295 dell’11.11.2005, pagg. 38-43) Decisione del Consiglio 2005/781/CE, del 6 giugno 2005, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica federativa del Brasile (GU L 295 dell’11.11.2005, pag. 37) DOCUMENTI CORRELATI Decisione (UE) del Consiglio 2018/343, del 5 marzo 2018, relativa al rinnovo dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica federativa del Brasile (GU L 67 del 9.3.2018, pag. 1-2) Decisione del Consiglio 2012/646/UE, del 10 ottobre 2012, relativa al rinnovo dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e la Repubblica federativa del Brasile (GU L 287 del 18.10.2012, pag. 4) Accordo quadro di cooperazione tra la Comunità economica europea e la Repubblica federativa del Brasile (GU L 262 dell’1.11.1995, pagg. 54-65)
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Regolamento (CE) n. 2065/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 novembre 2003, relativo agli aromatizzanti di affumicatura utilizzati o destinati ad essere utilizzati nei o sui prodotti alimentari Gazzetta ufficiale n. L 309 del 26/11/2003 pag. 0001 - 0008 Regolamento (CE) n. 2065/2003 del Parlamento europeo e del Consigliodel 10 novembre 2003relativo agli aromatizzanti di affumicatura utilizzati o destinati ad essere utilizzati nei o sui prodotti alimentariIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 95,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale europeo(2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(3),considerando quanto segue:(1) La direttiva 88/388/CEE del Consiglio, del 22 giugno 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri nel settore degli aromi destinati ad essere impiegati nei prodotti alimentari e nei materiali di base per la loro preparazione(4), in particolare l'articolo 5, paragrafo 1, settimo trattino, prevede l'adozione di disposizioni appropriate relative ai materiali di base impiegati per la produzione di aromatizzanti di affumicatura, nonché alle condizioni di reazione impiegate per la loro preparazione.(2) La libera circolazione di alimenti sicuri e sani costituisce un aspetto fondamentale del mercato interno e contribuisce in maniera significativa alla salute e al benessere dei cittadini, nonché ai loro interessi sociali ed economici.(3) Nel dare attuazione alle politiche comunitarie dovrebbe essere garantito un elevato livello di tutela della vita e della salute umana.(4) Ai fini della tutela della salute umana, gli aromatizzanti di affumicatura dovrebbero essere sottoposti a una valutazione della loro sicurezza mediante una procedura comunitaria prima di essere immessi sul mercato od utilizzati nei o sui prodotti alimentari all'interno della Comunità.(5) Le differenze tra le leggi, i regolamenti e le disposizioni amministrative nazionali in materia di valutazione e autorizzazione degli aromatizzanti di affumicatura possono ostacolarne la libera circolazione, creando condizioni di concorrenza scorretta e sleale. Occorrerebbe pertanto istituire una procedura di autorizzazione a livello comunitario.(6) La composizione chimica del fumo è complessa e dipende tra l'altro dal tipo di legno impiegato, dal metodo utilizzato per produrre il fumo, dal tenore d'acqua del legno, dalla temperatura e dalla concentrazione di ossigeno durante la produzione del fumo. La maggior parte dei prodotti alimentari affumicati solleva preoccupazioni dal punto di vista della salute, soprattutto per quanto attiene alla possibile presenza di idrocarburi policiclici aromatici. Considerato che gli aromatizzanti di affumicatura vengono ottenuti sottoponendo il fumo a processi di frazionamento e purificazione, il loro impiego viene in genere considerato meno rischioso per la salute rispetto al tradizionale processo di affumicatura. Tuttavia nelle valutazioni della sicurezza occorre tenere conto della possibilità di applicazioni più ampie degli aromatizzanti di affumicatura rispetto al processo di affumicatura tradizionale.(7) Il presente regolamento riguarda gli aromatizzanti di affumicatura, così come definiti nella direttiva 88/388/CEE. La produzione di tali aromatizzanti di affumicatura inizia con la condensazione del fumo. Il fumo condensato viene di norma separato attraverso processi chimici in un condensato di fumo primario a base acquosa, in una fase catramosa ad alta densità insolubile in acqua ed una fase oleosa insolubile in acqua. La fase oleosa insolubile in acqua rappresenta un sottoprodotto che non è adatto per la produzione di aromatizzanti di affumicatura. I condensati di fumo primari e le frazioni della fase catramosa ad alta densità insolubile in acqua, ovvero le cosiddette "frazioni di catrame primarie", vengono purificati per eliminare i componenti del fumo più dannosi per la salute umana. Possono allora risultare idonei ad essere utilizzati come tali nei o sui prodotti alimentari oppure nella produzione di aromatizzanti di affumicatura derivati ottenuti mediante ulteriori adeguati processi fisici quali le procedure di estrazione, la distillazione, la concentrazione per evaporazione, l'assorbimento o la separazione a membrana e l'aggiunta di ingredienti alimentari, altri aromatizzanti, additivi alimentari o solventi, fatte salve norme più specifiche della legislazione comunitaria.(8) Il comitato scientifico dell'alimentazione umana ha concluso che non è possibile sviluppare un approccio comune per la valutazione della sicurezza degli aromatizzanti di affumicatura utilizzati per aromatizzare i prodotti alimentari a causa delle grandi differenze fisiche e chimiche tra detti aromatizzanti; ha di conseguenza concluso che la valutazione tossicologica dovrebbe concentrarsi sulla sicurezza dei singoli condensati di fumo. Il presente regolamento dovrebbe prevedere, sulla base di tale parere, la valutazione scientifica dei condensati di fumo primari e delle frazioni di catrame primarie, in prosieguo "prodotti primari", dal punto di vista della sicurezza del loro impiego in quanto tali e/o ai fini della produzione di aromatizzanti di affumicatura derivati destinati ad essere utilizzati nei o sui prodotti alimentari.(9) Per quanto concerne le condizioni di produzione, il presente regolamento riflette i risultati contenuti nella relazione del comitato scientifico dell'alimentazione umana sugli aromatizzanti di affumicatura del 25 giugno 1993(5), che precisa le varie condizioni di produzione e fornisce le informazioni necessarie per la valutazione degli aromatizzanti di affumicatura utilizzati o destinati ad essere utilizzati nei o sui prodotti alimentari. Tale relazione si basa a sua volta sulla relazione del Consiglio d'Europa intitolata "Health aspects of using smoke flavours as food ingredients"(6). Essa contiene anche un elenco non esaustivo dei tipi di legno che può essere considerato come un elenco indicativo dei legni adatti alla produzione di aromatizzanti di affumicatura.(10) Dovrebbe essere prevista la compilazione, sulla base della valutazione della sicurezza, di un elenco dei prodotti primari autorizzati, all'interno della Comunità, ad essere utilizzati come tali nei o sui prodotti alimentari e/o per la produzione di aromatizzanti di affumicatura da utilizzare nei o sui prodotti alimentari. L'elenco dovrebbe descrivere chiaramente i prodotti primari, precisarne le condizioni di impiego ed indicare le date di decorrenza della validità delle autorizzazioni.(11) Per garantire l'armonizzazione, le valutazioni della sicurezza dovrebbero essere condotte dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare ("l'Autorità") istituita dal regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare(7).(12) La valutazione della sicurezza di uno specifico prodotto primario dovrebbe essere seguita da una decisione di gestione del rischio circa l'opportunità di inserire il prodotto nell'elenco comunitario dei prodotti primari autorizzati. Tale decisione dovrebbe essere adottata conformemente alla procedura di regolamentazione per garantire una stretta cooperazione tra la Commissione e gli Stati membri.(13) È opportuno che il soggetto ("il richiedente") che intende immettere sul mercato prodotti primari o aromatizzanti di affumicatura derivati presenti tutte le informazioni necessarie ai fini della valutazione della sicurezza. Il richiedente dovrebbe anche proporre un metodo convalidato di campionatura e rilevazione dei prodotti primari da utilizzare per una verifica del rispetto delle norme del presente regolamento. Laddove necessario, la Commissione dovrebbe adottare criteri di qualità per tali metodi analitici dopo aver consultato l'Autorità per assistenza tecnica e scientifica.(14) Considerato che molti aromatizzanti di affumicatura sono già disponibili sul mercato negli Stati membri, si dovrebbe prevedere una norma che garantisca un passaggio agevole alla procedura di autorizzazione comunitaria e non provochi distorsioni del mercato degli aromatizzanti di affumicatura oggi esistente. Si dovrebbe prevedere un lasso di tempo sufficiente affinché il richiedente possa fornire all'Autorità le informazioni necessarie ai fini della valutazione della sicurezza di questi prodotti. Occorrerebbe quindi prevedere un determinato periodo di tempo, di seguito denominato "prima fase", durante il quale il richiedente è tenuto a presentare all'Autorità le informazioni relative ai prodotti primari esistenti. Anche le richieste di autorizzazione di nuovi prodotti primari possono essere presentate durante la prima fase. L'Autorità dovrebbe valutare senza indugio tutte le richieste, per le quali siano state presentate informazioni sufficienti durante la prima fase, riguardanti i prodotti primari, sia quelli esistenti sia quelli nuovi.(15) L'elenco "positivo" comunitario dovrebbe essere compilato dalla Commissione al termine della valutazione della sicurezza di tutti i prodotti primari per i quali siano state fornite informazioni sufficienti nel corso della prima fase. Per garantire parità ed uguaglianza di condizioni a tutti i richiedenti, la prima compilazione dell'elenco dovrebbe avvenire nell'ambito di una procedura articolata in un'unica fase. Successivamente alla prima compilazione dell'elenco dei prodotti primari autorizzati, l'inserimento nell'elenco di ulteriori prodotti primari dovrebbe essere possibile mediante decisione della Commissione successiva alla valutazione della sicurezza da parte dell'Autorità.(16) Ogniqualvolta la valutazione dell'autorità indichi che un aromatizzante di affumicatura esistente, già commercializzato negli Stati membri, pone un grave rischio per la salute umana, il prodotto dovrebbe essere senza indugio ritirato dal mercato.(17) Gli articoli 53 e 54 del regolamento (CE) n. 178/2002 stabiliscono procedure per l'adozione di misure urgenti per alimenti di origine comunitaria o importati da un paese terzo. Consentono alla Commissione di adottare tali misure quando gli alimenti possono comportare un grave rischio per la salute umana, per la salute degli animali o per l'ambiente che non possa essere adeguatamente affrontato mediante misure adottate dallo Stato membro o dagli Stati membri interessati.(18) È necessario che gli operatori del settore alimentare che impiegano prodotti primari o aromatizzanti di affumicatura derivati siano chiamati a stabilire procedure in base alle quali sia possibile verificare, in ogni fase dell'immissione sul mercato di un prodotto primario o di un aromatizzante di affumicatura derivato, se esso sia autorizzato in forza del presente regolamento e se siano rispettate le condizioni d'impiego.(19) Per garantire uguali condizioni di accesso al mercato per i prodotti primari esistenti e per i nuovi prodotti primari, occorre prevedere un periodo transitorio durante il quale prosegua negli Stati membri l'applicazione delle misure nazionali.(20) Occorre prevedere la possibilità di modifica degli allegati del presente regolamento per tener conto del progresso tecnico e scientifico.(21) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(8),HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1Oggetto1. Il presente regolamento mira a garantire il funzionamento efficace del mercato interno per quanto attiene agli aromatizzanti di affumicatura utilizzati o destinati ad essere utilizzati nei o sui prodotti alimentari, oltre a costituire la base per assicurare un elevato livello di tutela della salute umana e la protezione degli interessi dei consumatori.2. Il presente regolamento stabilisce a tal fine:a) una procedura comunitaria per la valutazione e l'autorizzazione dei condensati di fumo primari e delle frazioni di catrame primarie da utilizzare come tali nei o sui prodotti alimentari oppure nella produzione di aromatizzanti di affumicatura derivati da utilizzare nei o sui prodotti alimentari;b) una procedura comunitaria per la compilazione di un elenco dei condensati di fumo primari e delle frazioni di catrame primarie autorizzati nella Comunità con l'esclusione di tutti gli altri, e la definizione delle relative condizioni d'impiego nei o sui prodotti alimentari.Articolo 2Ambito di applicazioneIl presente regolamento è applicabile:1) agli aromatizzanti di affumicatura utilizzati o destinati ad essere utilizzati nei o sui prodotti alimentari;2) ai materiali di base impiegati per la produzione di aromatizzanti di affumicatura;3) alle condizioni impiegate per la preparazione degli aromatizzanti di affumicatura;4) ai prodotti alimentari nei quali o sui quali sono presenti gli aromatizzanti di affumicatura.Articolo 3DefinizioniAi fini del presente regolamento si applicano le definizioni di cui alla direttiva 88/388/CEE ed al regolamento (CE) n. 178/2002.Inoltre si intende per:1) "condensati di fumo primari": la parte purificata a base acquosa di fumo condensato che rientra nella definizione di "aromatizzanti di affumicatura";2) "frazione di catrame primaria": la frazione purificata della fase catramosa ad alta densità insolubile in acqua di fumo condensato che rientra nella definizione di "aromatizzanti di affumicatura";3) "prodotti primari": i condensati di fumo primari e le frazioni di catrame primarie;4) "aromatizzanti di affumicatura derivati": gli aromatizzanti ottenuti dall'ulteriore trattamento dei condensati di fumo primari e delle frazioni di catrame primarie ed utilizzati o destinati ad essere utilizzati nei o sui prodotti alimentari per conferire loro l'aroma di affumicatura.Articolo 4Prescrizioni generali in materia di impiego e sicurezza1. L'impiego degli aromatizzanti di affumicatura nei o sui prodotti alimentari è autorizzato soltanto laddove risulti sufficientemente dimostrato che:- non pone rischi per la salute umana,- non induce in errore il consumatore.Ogni autorizzazione può essere soggetta a specifiche condizioni di impiego.2. Nessun soggetto immette sul mercato aromatizzanti di affumicatura o prodotti alimentari nei quali o sui quali sia presente un aromatizzante di affumicatura qualora l'aromatizzante medesimo non sia un prodotto primario autorizzato in forza dell'articolo 6 oppure non sia da esso derivato e qualora non siano rispettate le condizioni d'impiego previste dall'autorizzazione rilasciata a norma del presente regolamento.Articolo 5Condizioni di produzione1. Il legno utilizzato per la produzione di prodotti primari non deve essere stato volontariamente o accidentalmente trattato con sostanze chimiche nei sei mesi immediatamente precedenti o successivi all'abbattimento, salvo nel caso in cui sia dimostrabile che la sostanza impiegata per il trattamento non dà origine a sostanze potenzialmente tossiche nel corso della combustione.Il soggetto che immette sul mercato i prodotti primari deve essere in grado di dimostrare, mediante certificazione o documentazione idonea, l'avvenuto rispetto delle prescrizioni di cui al primo comma.2. L'allegato I stabilisce le condizioni di produzione dei prodotti primari. La fase oleosa insolubile in acqua, che costituisce un sottoprodotto del processo, non è impiegata per la produzione di aromatizzanti di affumicatura.3. Salvo quanto disposto da altre norme comunitarie, i prodotti primari possono essere ulteriormente trattati mediante idonei processi fisici per la produzione di aromatizzanti di affumicatura derivati. In caso di divergenza di opinioni in merito all'idoneità di un determinato processo fisico, una decisione può essere raggiunta in base alla procedura di cui all'articolo 19, paragrafo 2.Articolo 6Elenco comunitario di prodotti primari autorizzati1. Un elenco dei prodotti primari autorizzati nella Comunità con l'esclusione di tutti gli altri e destinati ad essere utilizzati come tali nei o sui prodotti alimentari e/o per la produzione di aromatizzanti di affumicatura derivati è compilato secondo la procedura di cui all'articolo 19, paragrafo 2.2. L'elenco di cui al paragrafo 1 fornisce per ciascun prodotto primario autorizzato un codice univoco del prodotto medesimo, indica la denominazione del prodotto, il nome e l'indirizzo del titolare dell'autorizzazione, contiene una descrizione ed una caratterizzazione chiare del prodotto, precisa le condizioni di impiego in o su determinati prodotti alimentari o categorie di prodotti alimentari e la data a decorrere dalla quale il prodotto è autorizzato.3. Successivamente alla compilazione dell'elenco di cui al paragrafo 1, prodotti primari possono essere inseriti in tale elenco secondo la procedura di cui all'articolo 19, paragrafo 2.Articolo 7Domanda di autorizzazione1. Per ottenere l'inserimento di un prodotto primario nell'elenco di cui all'articolo 6, paragrafo 1, è presentata domanda conformemente alla seguente procedura.2. a) La domanda è presentata all'autorità competente di uno Stato membro.b) L'autorità competente:i) accusa ricevuta della domanda dandone comunicazione scritta al richiedente entro 14 giorni dal ricevimento. La ricevuta reca la data di ricevimento della domanda;ii) informa senza indugio l'Autorità europea per la sicurezza alimentare, di seguito denominata "l'Autorità"; eiii) mette a disposizione dell'Autorità la domanda ed eventuali informazioni supplementari fornite dal richiedente.c) L'Autorità informa senza indugio della domanda gli altri Stati membri e la Commissione e mette a loro disposizione la domanda ed eventuali informazioni supplementari fornite dal richiedente.3. La domanda contiene le seguenti informazioni:a) nome e indirizzo del richiedente;b) le informazioni elencate nell'allegato II;c) una dichiarazione motivata che attesti che il prodotto è conforme all'articolo 4, paragrafo 1, primo trattino;d) una sintesi del dossier.4. L'Autorità pubblica orientamenti dettagliati sulla preparazione e presentazione delle domande di autorizzazione(9).Articolo 8Parere dell'Autorità1. L'Autorità formula, entro sei mesi dal ricevimento di una domanda valida, un parere sulla conformità del prodotto e dell'impiego cui esso è destinato all'articolo 4, paragrafo 1. L'Autorità può prorogare tale periodo. In tal caso spiega i motivi del ritardo al richiedente, alla Commissione e agli Stati membri.2. L'Autorità può, laddove opportuno, invitare il richiedente a integrare le informazioni a corredo della domanda entro un termine specificato dall'Autorità stessa, che in ogni caso non può essere superiore a dodici mesi. Allorché l'Autorità richiede informazioni supplementari la scadenza indicata al paragrafo 1 è sospesa fino al momento in cui non sia stata fornita l'informazione richiesta. Analogamente tale scadenza è sospesa per il tempo concesso al richiedente per la preparazione di spiegazioni scritte o orali.3. Onde preparare il proprio parere l'Autorità:a) verifica che le informazioni e i documenti presentati dal richiedente siano conformi all'articolo 7, paragrafo 3, ed in tal caso la domanda è ritenuta valida;b) informa il richiedente, la Commissione e gli Stati membri nel caso in cui una domanda non sia valida.4. Il parere, qualora favorevole all'autorizzazione del prodotto oggetto della valutazione, comprende le seguenti informazioni:a) le eventuali condizioni o limitazioni da associare all'impiego del prodotto primario o (oggetto della valutazione) in quanto tale e/o come aromatizzanti di affumicatura derivati in o su determinati prodotti alimentari o categorie di prodotti alimentari;b) una valutazione dell'idoneità del metodo analitico proposto, a norma del punto 4 dell'allegato II, in rapporto alle finalità di controllo previste.5. L'autorità trasmette il proprio parere alla Commissione, agli Stati membri ed al richiedente.6. L'Autorità rende pubblico il proprio parere, previa cancellazione di tutte le informazioni ritenute riservate conformemente all'articolo 15.Articolo 9Autorizzazione comunitaria1. La Commissione, entro tre mesi dal ricevimento del parere dell'Autorità, prepara il progetto di misura da adottare in relazione alla domanda finalizzata all'inserimento di un prodotto primario nell'elenco di cui all'articolo 6, paragrafo 1, tenendo conto di quanto disposto dell'articolo 4, paragrafo 1, della normativa comunitaria e di altri validi fattori attinenti alla questione in esame. Se il progetto di misura non è conforme al parere dell'Autorità, la Commissione fornisce una spiegazione dei motivi per tale non conformità.La misura di cui al primo comma consiste in:a) un progetto di regolamento che modifica l'elenco di cui all'articolo 6, paragrafo 1, mediante l'inserimento di un prodotto primario nell'elenco dei prodotti autorizzati, conformemente alle prescrizioni dell'articolo 6, paragrafo 2;b) un progetto di decisione il cui destinatario è il richiedente e che nega l'autorizzazione.2. La misura è adottata secondo la procedura di cui all'articolo 19, paragrafo 2. La Commissione informa senza indugio il richiedente della decisione adottata.3. Fatto salvo quanto disposto dall'articolo 11, l'autorizzazione concessa secondo la procedura fissata nel presente regolamento è valida in tutta la Comunità per un periodo di dieci anni ed è rinnovabile conformemente all'articolo 12.4. Dopo la concessione di un'autorizzazione avvenuta conformemente al presente regolamento, il titolare dell'autorizzazione o qualsiasi altro operatore del settore alimentare che impieghi il prodotto primario autorizzato o gli aromatizzanti di affumicatura derivati si conforma alle condizioni o limitazioni eventualmente associate all'autorizzazione.5. Il titolare dell'autorizzazione comunica immediatamente alla Commissione ogni nuovo dato scientifico o tecnico suscettibile di incidere, sotto il profilo della salute umana, sulla valutazione della sicurezza del prodotto primario o degli aromatizzanti di affumicatura derivati autorizzati. Se necessario, l'Autorità riesamina allora la valutazione.6. La concessione dell'autorizzazione lascia impregiudicata la responsabilità civile e penale generale degli operatori del settore alimentare per quanto concerne il prodotto primario, l'aromatizzante di affumicatura derivato o il prodotto alimentare contenente il prodotto primario o l'aromatizzante di affumicatura derivato autorizzati.Articolo 10Prima compilazione dell'elenco comunitario di prodotti primari autorizzati1. Nei 18 mesi successivi all'entrata in vigore del presente regolamento, gli operatori del settore presentano una domanda conformemente all'articolo 7, ai fini della compilazione di un primo elenco comunitario di prodotti primari autorizzati. Fatto salvo quanto disposto dall'articolo 9, paragrafo 1, questo primo elenco viene compilato dopo la formulazione da parte dell'Autorità di un parere in merito a ciascun prodotto primario per il quale sia stata presentata, entro il periodo indicato, una domanda di autorizzazione valida.Sono escluse dall'esame finalizzato all'inserimento nel primo elenco comunitario le richieste sulle quali l'Autorità non abbia potuto formulare un parere a causa del mancato rispetto da parte del richiedente del termine previsto per la presentazione di informazioni supplementari a norma dell'articolo 8, paragrafo 2.2. Entro tre mesi dal ricevimento di tutti i pareri di cui al paragrafo 1, la Commissione prepara una proposta di regolamento per la prima compilazione dell'elenco di cui all'articolo 6, paragrafo 1, secondo quanto prescritto dall'articolo 6, paragrafo 2.Articolo 11Modifica, sospensione e revoca delle autorizzazioni1. Il titolare di un'autorizzazione può richiedere, conformemente alla procedura di cui all'articolo 7, la modifica di un'autorizzazione già concessa.2. L'Autorità, di propria iniziativa o in seguito alla domanda di uno Stato membro o della Commissione, formula il proprio parere secondo la procedura di cui all'articolo 8, laddove applicabile, sulla questione se l'autorizzazione sia tuttora conforme al presente regolamento.3. La Commissione esamina senza indugio il parere dell'Autorità e prepara il progetto di decisione da adottare.4. Un progetto di misura che comporti la modifica di un'autorizzazione precisa quali modifiche debbano essere apportate alle condizioni di impiego ed eventualmente alle limitazioni associate a tale autorizzazione.5. La misura finale, ossia la modifica, sospensione o revoca dell'autorizzazione è adottata secondo la procedura di cui all'articolo 19, paragrafo 2.6. La Commissione informa senza indugio il titolare dell'autorizzazione della misura adottata.Articolo 12Rinnovo delle autorizzazioni1. Fatto salvo l'articolo 11, le autorizzazioni concesse ai sensi del presente regolamento sono rinnovabili per periodi di dieci anni, su richiesta da presentarsi a cura del titolare dell'autorizzazione alla Commissione almeno diciotto mesi prima della data di scadenza dell'autorizzazione medesima.2. La domanda è corredata delle informazioni e dei documenti seguenti:a) un riferimento all'autorizzazione originaria;b) tutte le informazioni disponibili relative ai punti elencati nell'allegato II ad integrazione delle informazioni già fornite all'Autorità in occasione delle precedenti valutazioni e ad aggiornamento delle medesime in funzione dell'evoluzione tecnica e scientifica;c) una dichiarazione motivata che attesti che il prodotto è conforme a quanto prescritto dall'articolo 4, paragrafo 1, primo trattino.3. Gli articoli da 7 a 9 si applicano per analogia.4. Qualora, per motivi non imputabili al titolare dell'autorizzazione, non si possa deliberare sulla domanda di rinnovo entro un mese prima della data di scadenza, la durata dell'autorizzazione è prorogata automaticamente di 6 mesi. La Commissione informa del ritardo il titolare dell'autorizzazione e gli Stati membri.Articolo 13Rintracciabilità1. Nella prima fase dell'immissione in commercio di un prodotto primario autorizzato o di un aromatizzante di affumicatura derivato da uno dei prodotti autorizzati compresi nell'elenco di cui all'articolo 6, paragrafo 1, gli operatori del settore alimentare provvedono affinché le seguenti informazioni siano trasmesse all'operatore del settore alimentare che riceve il prodotto:a) il codice del prodotto autorizzato come indicato nell'elenco di cui all'articolo 6, paragrafo 1;b) le condizioni d'impiego del prodotto autorizzato come indicate nell'elenco di cui all'articolo 6, paragrafo 1;c) nel caso di un aromatizzante di affumicatura derivato, il rapporto quantitativo con il prodotto primario; tale rapporto è espresso in termini chiari e facilmente comprensibili in modo che l'operatore del settore alimentare che riceve l'aromatizzante di affumicatura derivato possa utilizzarlo conformemente alle condizioni di impiego indicate nell'elenco di cui all'articolo 6, paragrafo 1.2. In tutte le fasi successive dell'immissione in commercio dei prodotti di cui al paragrafo 1 gli operatori del settore alimentare provvedono affinché le informazioni ottenute a norma del paragrafo 1 siano trasmesse agli operatori del settore alimentare che ricevono tali prodotti.3. Gli operatori del settore alimentare predispongono sistemi e procedure che consentono di identificare i soggetti che hanno messo a disposizione e quelli che hanno ricevuto i prodotti di cui al precedente paragrafo 1.4. Le disposizioni di cui ai paragrafi da 1 a 3 non ostano ad altre specifiche prescrizioni della legislazione comunitaria.Articolo 14Accesso del pubblico1. Le richieste di autorizzazione, le informazioni supplementari dei richiedenti e i pareri dell'Autorità, escluse le informazioni riservate, sono resi accessibili al pubblico conformemente agli articoli 38, 39 e 41 del regolamento (CE) n. 178/2002.2. Quando tratta le richieste di accesso a documenti da essa detenuti, l'Autorità applica i principi di cui al regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo(10), del Consiglio e della Commissione.3. Gli Stati membri trattano le richieste di accesso a documenti ricevuti a norma del presente regolamento nel rispetto dell'articolo 5 del regolamento (CE) n. 1049/2001.Articolo 15Riservatezza1. Il richiedente può indicare quali informazioni presentate ai sensi dell'articolo 7 dovrebbero essere trattate in modo riservato poiché dalla loro rivelazione potrebbe essere significativamente danneggiata la sua posizione competitiva. In tal caso deve essere prodotta una giustificazione verificabile.2. Fatto salvo quanto disposto dal paragrafo 3, la Commissione determina, previa consultazione del richiedente, quali informazioni dovrebbero essere mantenute riservate e informa il richiedente e l'Autorità della sua decisione.3. Fatto salvo quanto disposto dall'articolo 39, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 178/2002, non sono considerate riservate le informazioni relative ai punti di seguito elencati:a) il nome e l'indirizzo del richiedente, nonché la denominazione del prodotto;b) i dati di cui all'articolo 6, paragrafo 2, nel caso di un parere favorevole all'autorizzazione del prodotto oggetto della valutazione;c) le informazioni che attengono direttamente alla valutazione della sicurezza del prodotto;d) il metodo analitico di cui all'allegato II, punto 4.4. In deroga al paragrafo 2, l'Autorità fornisce alla Commissione e agli Stati membri tutte le informazioni in suo possesso, qualora ciò le venga richiesto.5. La Commissione, l'Autorità e gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire opportunamente la riservatezza delle informazioni da essi ricevute in virtù del presente regolamento, ad eccezione delle informazioni che devono essere divulgate, se le circostanze lo richiedono, onde proteggere la salute umana.6. Se un richiedente ritira o ha ritirato una domanda, l'Autorità, la Commissione e gli Stati membri rispettano la riservatezza delle informazioni commerciali e industriali ricevute, comprese le informazioni in materia di ricerca e sviluppo e le informazioni in merito alla cui riservatezza la Commissione e il richiedente non concordano.Articolo 16Protezione dei datiLe informazioni contenute nella domanda presentata a norma dell'articolo 7 non possono essere utilizzate a beneficio di un altro richiedente salvo che l'altro richiedente non abbia concordato con il titolare dell'autorizzazione la possibilità di impiego di tali informazioni.Articolo 17Misure di ispezione di controllo1. Gli Stati membri assicurano lo svolgimento delle ispezioni e delle altre misure di controllo eventualmente necessarie onde garantire il rispetto del presente regolamento.2. Laddove necessario e su richiesta della Commissione, l'Autorità contribuisce all'elaborazione di orientamenti tecnici in materia di campionatura ed analisi, per meglio coordinare l'attuazione di quanto disposto dal paragrafo 1.3. Se necessario, dopo aver richiesto l'assistenza tecnica e scientifica dell'Autorità, la Commissione adotta criteri di qualità per i metodi analitici convalidati proposti conformemente al punto 4 dell'allegato II, con riferimento anche alle sostanze da misurare, secondo la procedura di cui all'articolo 19, paragrafo 2.Articolo 18ModificheLe modifiche agli allegati del presente regolamento e all'elenco di cui all'articolo 6, paragrafo 1, sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 19, paragrafo 2, previa consultazione dell'Autorità per assistenza scientifica e/o tecnica.Articolo 19Procedura di comitato1. La Commissione è assistita dal comitato di cui all'articolo 58, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 178/2002.2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.Il termine di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 20Misure transitorieFatto salvo quanto disposto dall'articolo 4, paragrafo 2, sono consentiti per i periodi di seguito elencati il commercio e l'impiego dei seguenti prodotti primari e aromi di affumicatura derivati, nonché dei seguenti alimenti contenenti uno qualsiasi di tali prodotti, già sul mercato nella Comunità alla data di entrata in vigore del presente regolamento:a) prodotti primari per i quali sia presentata una domanda valida conformemente all'articolo 7 e all'articolo 8, paragrafo 3, entro il 16 giugno 2005 ed aromatizzanti di affumicatura derivati: fino alla compilazione dell'elenco di cui all'articolo 10, paragrafo 1;b) alimenti contenenti prodotti primari per i quali sia presentata una domanda valida conformemente all'articolo 7 e all'articolo 8, paragrafo 3, entro il 16 giugno 2005 e/o contenenti aromatizzanti di affumicatura derivati: fino a 12 mesi dalla compilazione dell'elenco di cui all'articolo 10, paragrafo 1;c) alimenti contenenti prodotti primari per i quali non sia presentata una domanda valida conformemente all'articolo 7 e all'articolo 8, paragrafo 3, entro il 16 giugno 2005 e/o aromatizzanti di affumicatura derivati: fino al 16 giugno 2006.Gli alimenti legalmente immessi sul mercato anteriormente alla conclusione dei periodi di cui alle lettere b) e c) possono essere commercializzati sino ad esaurimento delle scorte.Articolo 21Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.L'articolo 4, paragrafo 2, si applica dal 16 giugno 2005. Fino ad allora continuano ad applicarsi negli Stati membri le norme nazionali vigenti in materia di aromatizzanti di affumicatura e di impiego di tali prodotti nei o sugli alimenti.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 10 novembre 2003.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteA. Marzano(1) GU C 262 E del 29.10.2002, pag. 523.(2) GU C 85 dell'8.4.2003, pag. 32.(3) Parere del Parlamento europeo del 5 giugno 2003 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 9 ottobre 2003.(4) GU L 184 del 15.7.1988, pag. 61. Direttiva modificata dalla direttiva 91/71/CEE della Commissione (GU L 42 del 15.2.1991, pag. 25).(5) Relazioni del comitato scientifico dell'alimentazione umana, 34a serie, pagg. 1-7.(6) Council of Europe Publishing, 1992, ristampa 1998, ISBN 92-871-2189-3.(7) GU L 31 dell'1.2.2002, pag. 1.(8) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(9) In attesa di detta pubblicazione i richiedenti si conformano al documento "Guidance on submissions for food additive evaluations" (Guida sulla presentazione di richieste di valutazione di additivi alimentari) del comitato scientifico dell'alimentazione umana dell'11 luglio 2001 o alla versione più recente di tale documento http://europa.eu.int/comm/food/fs/sc/scf/out98_en.pdf(10) GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43.ALLEGATO ICondizioni per la produzione di prodotti primari1. Il fumo è generato dal legno di cui all'articolo 5, paragrafo 1. Vi si possono aggiungere erbe, spezie, ramoscelli di ginepro e ramoscelli, aghi e pigne di Picea purché privi dei residui di un trattamento chimico volontario o accidentale oppure purché conformi a norme più specifiche della legislazione comunitaria. Il materiale di base è sottoposto a combustione controllata, a distillazione a secco oppure a trattamento con vapore surriscaldato in presenza di una quantità controllata di ossigeno ad una temperatura massima di 600 °C.2. Il fumo viene condensato. Per la separazione di fase si possono aggiungere acqua e/o, salvo quanto disposto da altre norme comunitarie, solventi. Per l'isolamento, il frazionamento e/o la purificazione possono essere impiegati processi fisici al fine di ottenere le seguenti fasi:a) un "condensato di fumo primario" a base d'acqua contenente principalmente acidi carbossilici, composti carbonilici e fenolici, con un tenore massimo di:>SPAZIO PER TABELLA>b) una fase catramosa ad alta densità insolubile in acqua che precipita durante la separazione di fase e non può essere impiegata come tale per la produzione di aromatizzanti di affumicatura, ma solo dopo idonei trattamenti fisici per ottenere, dalla fase catramosa insolubile in acqua, frazioni con un modesto tenore di idrocarburi policiclici aromatici, già definite come "frazioni di catrame primarie", con un tenore massimo di:>SPAZIO PER TABELLA>c) una "fase oleosa insolubile in acqua".Se nel corso o al termine della condensazione non si è avuta alcuna separazione di fase il condensato di fumo ottenuto deve essere considerato una "fase catramosa ad alta densità insolubile in acqua" e deve essere sottoposto ad idonei trattamenti fisici per ottenere frazioni di catrame primarie che siano conformi ai limiti indicati.ALLEGATO IIInformazioni necessarie per la valutazione scientifica dei prodotti primariLe informazioni dovrebbero essere raccolte e presentate secondo gli orientamenti indicati all'articolo 7, paragrafo 4. Fatto salvo quanto disposto dall'articolo 8, paragrafo 2, la richiesta di autorizzazione di cui all'articolo 7 dovrebbe contenere le seguenti informazioni:1. tipo di legno utilizzato per la produzione del prodotto primario;2. informazioni dettagliate sui metodi di produzione dei prodotti primari, nonché sugli ulteriori trattamenti relativi alla produzione di aromatizzanti di affumicatura derivati;3. la composizione chimica qualitativa e quantitativa del prodotto primario e la caratterizzazione della frazione che non è stata identificata. Particolarmente importanti sono le specifiche chimiche del prodotto primario, nonché le informazioni sulla stabilità e sul grado di variabilità della composizione chimica. Le frazioni che non sono state identificate, ovvero le sostanze di cui non è nota la struttura chimica, dovrebbero essere nella quantità più contenuta possibile e dovrebbero essere caratterizzate mediante idonei metodi analitici, ad esempio metodi cromatografici e spettrometrici;4. un metodo analitico convalidato per l'identificazione, la campionatura e caratterizzazione del prodotto primario;5. informazioni sui livelli di impiego previsti in o su determinati prodotti alimentari o categorie di prodotti alimentari;6. dati tossicologici sulla base del parere del comitato scientifico dell'alimentazione umana, contenuto nella sua relazione sugli aromatizzanti di affumicatura del 25 giugno 1993 o nel suo più recente aggiornamento.
Aromatizzanti di affumicatura — valutazione della sicurezza QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Lo scopo è di stabilire norme a livello UE per l’autorizzazione e l’uso di aromatizzanti di affumicatura negli alimenti. PUNTI CHIAVE Il regolamento introduce una procedura di valutazione e autorizzazione di sicurezza per i condensati di fumo primari* e frazioni di catrame primarie* che possono essere utilizzati negli e sugli alimenti e/o per la produzione di aromatizzanti di affumicatura derivati*. I prodotti primari* che, una volta valutati, non inducono preoccupazioni per la salute e quindi sono inclusi in un elenco di prodotti autorizzati sotto specifiche condizioni d’uso. Le autorizzazioni sono concesse per un periodo di dieci anni e quindi soggette a rinnovo. Ciò garantisce che i prodotti vengano regolarmente rivalutati alla luce delle più recenti conoscenze scientifiche e tecniche e che prodotti autorizzati e non più utilizzati siano rimossi dall’elenco emesso dall’UE. Le parti che richiedono l’autorizzazione per un prodotto primario devono fornire le seguenti informazioni dettagliate su:tipologia di legno utilizzato per la produzione del prodotto primario; informazioni dettagliate sui metodi di produzione dei prodotti primari e sulla successiva trasformazione per la produzione di aromatizzanti di affumicatura derivati; usi previsti in o su specifici alimenti o categorie di alimenti; specifiche chimiche; studi tossicologici; e metodi convalidati per il campionamento e la rilevazione di prodotti primari e aromi derivati da fumo. La valutazione della sicurezza delle applicazioni è effettuata dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) secondo un calendario specifico e sulla base di procedure trasparenti. La domanda è presentata all’EFSA, alla Commissione e ai Paesi dell’UE. Dietro domanda del richiedente, alcuni dati sensibili potrebbero rimanere riservati. Le valutazioni dell’EFSA sugli aromatizzanti di affumicatura sono disponibili sulle seguenti fonti informative: Elenchi UE sugli aromi — Parere scientifico — Tre aromatizzanti di affumicatura (prodotti primari) Il Regolamento della Commissione (CE) n. 627/2006 stabilisce i criteri di qualità per i metodi analitici convalidati per il campionamento, l’identificazione e la caratterizzazione dei prodotti primari di affumicatura, ai sensi dell’Allegato II del Regolamento (CE) n. 2065/2003. DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica dal 16 dicembre 2003, a parte l’articolo 4, paragrafo 2, che vieta l’immissione sul mercato di aromatizzanti di affumicatura o alimenti in cui sono presenti aromatizzanti di affumicatura se l’aroma non è stato autorizzato; tale disposizione trova invece applicazione dal 16 giugno 2005. CONTESTO GENERALE Per ulteriori informazioni, consultare:Normative UE sugli aromi (Commissione europea) Liste UE sugli aromi (Commissione europea) Aromi di affumicatura (Autorità europea per la sicurezza alimentare). PAROLE CHIAVE Condensati di fumo primari: la parte purificata a base acquosa di fumo condensato che rientra nella definizione di aromatizzanti di affumicatura. Frazioni di catrame primarie: la frazione purificata della fase di catrame ad alta densità insolubile in acqua di fumo condensato che rientra nella definizione di aromatizzanti di affumicatura. Aromatizzanti di affumicatura derivati: aromi prodotti a seguito dell’ulteriore trasformazione di prodotti primari utilizzati in o su alimenti al fine di conferire loro l’aroma di affumicatura. Prodotti primari: condensati primari di fumo e frazioni di catrame primarie. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 2065/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 novembre 2003, sugli aromatizzanti di affumicatura utilizzati o destinati a essere utilizzati nei o sui prodotti alimentari (GU L 309 del 26.11.2003, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 2065/2003 sono state integrate nel documento originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentario. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento di esecuzione della Commissione (UE) n. 1321/2013, del 10 dicembre 2013, che stabilisce l’elenco UE di aromatizzanti di affumicatura primari destinati ad essere utilizzati come tali negli o sugli alimenti e/o per la produzione di aromi di fumo derivati (GU L 333, 12.12.2013, pag. 54). Regolamento (CE) n. 1334/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativo agli aromi e ad alcuni ingredienti alimentari con proprietà aromatizzanti destinati ad essere utilizzati negli e sugli alimenti, e che modifica il regolamento (CEE) n. 1601/91 del Consiglio, i regolamenti (CE) n. 2232/96 e (CE) n. 110/2008 e la direttiva 2000/13/CE (GU L 354 del 31.12.2008, pag. 34). Si veda la versione consolidata. Regolamento della Commissione (CE) n. 627/2006, del 21 aprile 2006, che attua il Regolamento (CE) n. 2065/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai criteri di qualità per i metodi analitici convalidati per il campionamento, l’identificazione e la caratterizzazione dei prodotti primari del fumo (GU L 109 del 22.4.2006, pag. 3).
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REGOLAMENTO (CE) N. 1467/97 DEL CONSIGLIO del 7 luglio 1997 per l'accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 104 C, paragrafo 14, secondo comma, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere dell'Istituto monetario europeo, (1) considerando che è necessario accelerare e chiarire le modalità d'attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi istituita con l'articolo 104 C del trattato al fine di prevenire l'emergere di disavanzi pubblici eccessivi e di correggere prontamente i disavanzi che si siano tuttavia determinati; che le disposizioni del presente regolamento, adottate a tal fine ai sensi dell'articolo 104 C, paragrafo 14, secondo comma, costituiscono, insieme a quelle del protocollo n. 5 del trattato, un nuovo sistema integrato di norme per l'applicazione dell'articolo 104 C; (2) considerando che il patto di stabilità e crescita ha per obiettivo l'equilibrio delle finanze pubbliche quale strumento per rafforzare le condizioni favorevoli alla stabilità dei prezzi e ad una crescita vigorosa, sostenibile e promotrice di occupazione; (3) considerando che il patto di stabilità e crescita è costituito dal presente regolamento, dal regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio (3), volto a rafforzare la sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché la sorveglianza e il coordinamento delle politiche economiche, e dalla risoluzione del Consiglio europeo del 17 giugno 1997 sul patto di stabilità e crescita (4) nella quale, conformemente all'articolo D del trattato sull'Unione europea, sono enunciati orientamenti politici fermi ai fini di un'attuazione rigorosa e tempestiva del patto di stabilità e crescita, in particolare dell'adesione all'obiettivo a medio termine consistente nel raggiungimento di un saldo del bilancio vicino al pareggio o positivo, al cui perseguimento tutti gli Stati membri si sono impegnati, nonché ai fini dell'adozione delle misure di bilancio correttive che gli Stati membri ritengono necessarie per conseguire gli obiettivi dei loro programmi di stabilità e di convergenza ogniqualvolta dispongano di informazioni che indichino una significativa divergenza effettiva o prevista rispetto all'obiettivo di bilancio a medio termine; (4) considerando che nella terza fase dell'Unione economica e monetaria (UEM) gli Stati membri sono, ai sensi dell'articolo 104 C del trattato, esplicitamente vincolati dal trattato ad evitare disavanzi pubblici eccessivi; che, conformemente al punto 5 del protocollo n. 11 del trattato, l'articolo 104 C, paragrafi 1, 9 e 11, non si applica al Regno Unito qualora non partecipi alla terza fase; che l'obbligo di cui all'articolo 109 E, paragrafo 4, di cercare di evitare disavanzi eccessivi continuerà ad applicarsi al Regno Unito; (5) considerando che la Danimarca, conformemente al paragrafo 1 del protocollo n. 12 del trattato, ha notificato, nel contesto della decisione di Edimburgo del 12 dicembre 1992, che non parteciperà alla terza fase; che pertanto, in virtù del paragrafo 2 di detto protocollo, l'articolo 104 C, paragrafi 9 e 11, del trattato non si applica alla Danimarca; (6) considerando che nella terza fase dell'Unione economica e monetaria gli Stati membri restano responsabili delle rispettive politiche di bilancio, fatte salve le disposizioni del trattato; considerando che gli Stati membri adottano le misure necessarie per ottemperare alle loro responsabilità conformemente alle disposizioni del trattato; (7) considerando che il perseguimento dell'obiettivo di bilancio a medio termine di un saldo prossimo al pareggio o positivo, che tutti gli Stati membri hanno sottoscritto, contribuisce a creare condizioni favorevoli alla stabilità dei prezzi e ad una crescita vigorosa, sostenibile e promotrice di occupazione in tutti gli Stati membri, nonché permettere ad essi di affrontare le normali fluttuazioni cicliche mantenendo il disavanzo pubblico entro il valore di riferimento del 3 % del PIL; (8) considerando che per il buon funzionamento dell'UEM occorre che la convergenza dei risultati conseguiti sotto il profilo economico e di bilancio dagli Stati che hanno adottato la moneta unica, in appresso denominati «Stati membri partecipanti», si dimostri stabile e durevole; che nella terza fase dell'UEM è necessaria una disciplina di bilancio per salvaguardare la stabilità dei prezzi; (9) considerando che conformemente all'articolo 109 K, paragrafo 3 del trattato l'articolo 104 C, paragrafi 9 e 11, si applica solo agli Stati membri partecipanti; (10) considerando che è necessario definire il concetto di superamento eccezionale e temporaneo del valore di riferimento di cui all'articolo 104 C, paragrafo 2, lettera a); che in questo contesto il Consiglio dovrebbe, tra l'altro, tener conto delle proiezioni di bilancio pluriennali fornite dalla Commissione; (11) considerando che la relazione della Commissione, ai sensi dell'articolo 104 C, paragrafo 3, tiene conto anche dell'eventuale differenza tra il disavanzo pubblico e la spesa pubblica per gli investimenti e tiene conto di tutti gli altri fattori significativi, compresa la posizione economica e di bilancio a medio termine dello Stato membro; (12) considerando che occorre stabilire dei termini per l'attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi al fine di assicurarne il tempestivo ed efficace funzionamento; che in questo contesto occorre tener conto del fatto che l'esercizio finanziario del Regno Unito non coincide con l'anno civile; (13) considerando che occorre specificare le modalità di attuazione delle sanzioni di cui all'articolo 104 C del trattato al fine di assicurare l'efficace attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi; (14) considerando che il rafforzamento della sorveglianza del Consiglio ai sensi del regolamento (CE) n. 1466/97 e la sorveglianza esercitata dalla Commissione sulle situazioni di bilancio di cui all'articolo 104 C, paragrafo 2 dovrebbero agevolare l'efficace e rapida attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi; (15) considerando che alla luce di quanto precede qualora uno Stato membro partecipante non adotti provvedimenti efficaci per correggere un disavanzo eccessivo, un periodo di tempo massimo complessivo di dieci mesi tra la data per la comunicazione dei dati che indicano l'esistenza di un disavanzo eccessivo e la decisione, ove ritenuto necessario, di imporre sanzioni sembra realistico ed appropriato al fine di esercitare sullo Stato membro partecipante interessato la pressione opportuna per indurlo ad adottare siffatti provvedimenti; che in tale caso, qualora la procedura sia avviata nel mese di marzo, le sanzioni saranno imposte entro l'anno civile nel quale la procedura stessa ha avuto inizio; (16) considerando che la raccomandazione del Consiglio per la correzione del disavanzo eccessivo o gli stadi ulteriori della procedura per i disavanzi eccessivi dovrebbero essere anticipati dallo Stato membro interessato che ha ricevuto un avvertimento nel quadro della procedura di allarme preventivo; che il determinarsi di un disavanzo eccessivo nella terza fase dell'unione monetaria costituisce un fatto grave al quale gli interessati dovrebbero reagire tempestivamente; (17) considerando che è opportuno sospendere la procedura per i disavanzi eccessivi qualora lo Stato membro interessato adotti opportuni provvedimenti in ottemperanza ad una raccomandazione formulata ai sensi dell'articolo 104 C, paragrafo 7 o di una intimazione formulata ai sensi dell'articolo 104 C, paragrafo 9 al fine di incentivare gli Stati membri ad adottare misure correttive; che il periodo durante il quale la procedura è sospesa non deve essere considerato nel periodo massimo di dieci mesi tra la data per la comunicazione dei dati che indicano l'esistenza di un deficit eccessivo e l'irrogazione di sanzioni; che è opportuno riavviare immediatamente la procedura nel caso in cui i provvedimenti annunciati non vengano attuati ovvero i provvedimenti attuati si rivelino inadeguati; (18) considerando che, per garantire il carattere dissuasivo della procedura per i disavanzi eccessivi, occorre esigere dallo Stato membro partecipante interessato la costituzione di un deposito infruttifero di importo adeguato ogniqualvolta il Consiglio decida di irrogare una sanzione; (19) considerando che la definizione delle sanzioni secondo una scala prestabilita contribuisce alla certezza del diritto; che è opportuno commisurare l'importo del deposito al PIL dello Stato membro partecipante interessato; (20) considerando che, qualora l'imposizione della costituzione del deposito infruttifero non induca lo Stato membro partecipante interessato a correggere tempestivamente il disavanzo eccessivo, occorre intensificare le sanzioni; che in tale caso è opportuno trasformare il deposito in ammenda; (21) considerando che l'adozione di misure efficaci da parte dello Stato membro partecipante interessato per la correzione del disavanzo eccessivo costituiscono il primo passo per l'abrogazione delle sanzioni; che progressi significativi nella correzione del disavanzo eccessivo consentono la riduzione delle sanzioni conformemente all'articolo 104 C, paragrafo 12; che l'abrogazione del complesso delle sanzioni interviene solo dopo che il disavanzo eccessivo sia stato integralmente corretto; (22) considerando che il regolamento (CE) n. 3605/93 del Consiglio, del 22 novembre 1993, relativo all'applicazione del protocollo n. 5 sulla procedura per i disavanzi eccessivi allegato al trattato che istituisce la Comunità europea (5), contiene disposizioni dettagliate in merito alla comunicazione dei dati di bilancio da parte degli Stati membri; (23) considerando che, ai sensi dell'articolo 109 F, paragrafo 8, nei casi in cui il trattato prevede un ruolo consultivo della Banca centrale europea (BCE), i riferimenti alla BCE devono considerarsi, prima dell'istituzione della BCE, come riferimenti all'Istituto monetario europeo, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: SEZIONE 1 DEFINIZIONI E VALUTAZIONI Articolo 1 1. Il presente regolamento stabilisce le disposizioni per l'accelerazione e il chiarimento della procedura per i disavanzi eccessivi, allo scopo di dissuadere l'emergere di disavanzi pubblici eccessivi e di correggere prontamente i disavanzi che si siano tuttavia determinati. 2. Ai fini del presente regolamento per «Stati membri partecipanti» si intendono gli Stati membri che adottano la moneta unica in conformità del trattato e per «Stati membri non partecipanti» si intendono gli Stati membri che non hanno adottato la moneta unica. Articolo 2 1. Il superamento del valore di riferimento per il disavanzo pubblico è considerato eccezionale e temporaneo, ai sensi dell'articolo 104 C, paragrafo 2, lettera a), secondo trattino, qualora sia determinato da un evento inconsueto non soggetto al controllo dello Stato membro interessato ed abbia rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria della pubblica amministrazione oppure nel caso sia determinato da una grave recessione economica. Inoltre il superamento del valore di riferimento è considerato temporaneo se le proiezioni di bilancio elaborate dalla Commissione indicano che il disavanzo diminuirà al di sotto del valore di riferimento dopo che siano cessati l'evento inconsueto o la grave recessione economica. 2. Nel predisporre la relazione di cui all'articolo 104 C, paragrafo 3, la Commissione considera in linea di principio, che il superamento del valore di riferimento provocato da una grave recessione economica sia eccezionale solo qualora sussista un declino annuo del PIL in termini reali pari almeno al 2 %. 3. Ogniqualvolta decide, ai sensi dell'articolo 104 C, paragrafo 6, sull'esistenza di un disavanzo eccessivo, il Consiglio tiene conto nella sua valutazione globale delle osservazioni formulate dallo Stato membro per dimostrare che il declino annuo del PIL, pur inferiore al 2 % in termini reali, è tuttavia eccezionale alla luce di elementi ulteriori, in particolare avuto riguardo alle modalità improvvise ed inattese con cui la recessione si è manifestata o della diminuzione cumulata della produzione rispetto alle tendenze passate. SEZIONE 2 ACCELERAZIONE DELLA PROCEDURA PER I DISAVANZI ECCESSIVI Articolo 3 1. Entro due settimane dall'adozione da parte della Commissione della relazione formulata a norma dell'articolo 104 C, paragrafo 3, il comitato economico e finanziario formula il parere di cui all'articolo 104 C, paragrafo 4. 2. Qualora la Commissione, tenendo debitamente conto del parere di cui al paragrafo 1, ritenga che esista un disavanzo eccessivo, trasmette al Consiglio un parere e una raccomandazione in conformità dell'articolo 104 C, paragrafi 5 e 6. 3. Il Consiglio decide in merito all'esistenza di un disavanzo eccessivo in conformità dell'articolo 104 C, paragrafo 6 entro tre mesi dalle date stabilite per la comunicazione dei dati dall'articolo 4, paragrafi 2 e 3 del regolamento (CE) n. 3605/93. Allorché il Consiglio decide, in conformità dell'articolo 6, che esiste un disavanzo eccessivo, formula contemporaneamente allo Stato membro interessato le raccomandazioni di cui all'articolo 104 C, paragrafo 7. 4. La raccomandazione del Consiglio formulata ai sensi dell'articolo 104 C, paragrafo 7 dispone un termine massimo di quattro mesi entro il quale lo Stato membro interessato deve darvi seguito effettivo. La raccomandazione del Consiglio dispone inoltre un termine per la correzione del disavanzo eccessivo, che dovrebbe essere completata nell'anno successivo alla constatazione del disavanzo eccessivo, salvo sussistano circostanze particolari. Articolo 4 1. L'eventuale decisione del Consiglio di rendere pubbliche le sue raccomandazioni, laddove si sia constatato, in conformità con l'articolo 104 C, paragrafo 8, che tali raccomandazioni non abbiano avuto seguito effettivo, è adottata immediatamente dopo lo scadere del termine disposto ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 4 del presente regolamento. 2. Il Consiglio, nel determinare se sia stato dato seguito effettivo alle raccomandazioni formulate a norma dell'articolo 104 C, paragrafo 7, decide sulla base di provvedimenti annunciati pubblicamente dal governo dello Stato membro interessato. Articolo 5 L'eventuale decisione del Consiglio, ai sensi dell'articolo 104 C, paragrafo 9, che intima allo Stato membro partecipante interessato di adottare misure volte alla riduzione del disavanzo di bilancio, è deliberata entro un mese dalla decisione del Consiglio che constata, in conformità con l'articolo 104 C, paragrafo 8, che non è stato dato seguito effettivo alle sue raccomandazioni. Articolo 6 Ove ricorra la fattispecie di cui all'articolo 104 C, paragrafo 11, il Consiglio irroga sanzioni in conformità all'articolo 104 C, paragrafo 11. Tale eventuale decisione interviene entro due mesi dalla decisione del Consiglio che intima allo Stato membro partecipante interessato di adottare misure di cui all'articolo 104 C, paragrafo 9. Articolo 7 Qualora uno Stato membro partecipante non ottemperi alle successive decisioni del Consiglio ai sensi dell'articolo 104 C, paragrafi 7 e 9, la decisione del Consiglio di irrogare sanzioni in conformità all'articolo 104 C, paragrafo 11, è adottata entro dieci mesi dalle date per la comunicazione dei dati previste dal regolamento (CE) n. 3605/93 e di cui all'articolo 3, paragrafo 3, del presente regolamento. Una procedura accelerata è applicata qualora il disavanzo che il Consiglio decide essere eccessivo sia programmato deliberatamente. Articolo 8 Qualora il Consiglio decida, ai sensi dell'articolo 104 C, paragrafo 11, di intensificare le sanzioni diverse dalla conversione dei depositi in ammende prevista dall'articolo 14 del presente regolamento, tale decisione interviene entro due mesi dalle date per la comunicazione dei dati di cui al regolamento (CE) n. 3605/93. Qualora il Consiglio decida, in conformità all'articolo 104 C, paragrafo 12, di abrogare una ovvero tutte le decisioni adottate in precedenza, tale decisione interviene quanto prima e comunque entro due mesi dalle date per la comunicazione dei dati di cui al regolamento (CE) n. 3605/93. SEZIONE 3 SOSPENSIONE E SORVEGLIANZA Articolo 9 1. La procedura per i disavanzi eccessivi è sospesa: — qualora lo Stato membro interessato ottemperi alle raccomandazioni di cui all'articolo 104 C, paragrafo 7, — qualora lo Stato membro partecipante interessato ottemperi all'intimazione di cui all'articolo 104 C, paragrafo 9. 2. Il periodo di sospensione della procedura non deve essere considerato ai fini del calcolo delle decorrenze di dieci mesi e due mesi, previste rispettivamente agli articoli 7 e 6 del presente regolamento. Articolo 10 1. Il Consiglio e la Commissione controllano l'attuazione delle misure adottate: — dallo Stato membro interessato in ottemperanza alle raccomandazioni formulate ai sensi dell'articolo 104 C, paragrafo 7, — dallo Stato membro partecipante interessato in ottemperanza all'intimazione di cui all'articolo 104 C, paragrafo 9. 2. Qualora tali misure non siano attuate dallo Stato membro partecipante interessato ovvero, a giudizio del Consiglio, si rivelino inadeguate, il Consiglio adotta immediatamente una decisione ai sensi, rispettivamente, dell'articolo 104 C, paragrafo 9 o dell'articolo 104 C, paragrafo 11. 3. Qualora dai dati effettivi di cui al regolamento (CE) n. 3605/93 risulti che il disavanzo eccessivo non sia stato corretto dallo Stato membro partecipante entro i termini stabiliti nelle raccomandazioni di cui all'articolo 104 C, paragrafo 7, o nell'intimazione di cui all'articolo 104 C, paragrafo 9, il Consiglio adotta immediatamente una decisione ai sensi, rispettivamente, dell'articolo 104 C, paragrafo 9 e dell'articolo 104 C, paragrafo 11. SEZIONE 4 SANZIONI Articolo 11 Qualora il Consiglio decida, ai sensi dell'articolo 104 C, paragrafo 11, di irrogare sanzioni ad uno Stato membro partecipante, esso esige, in linea di principio, la costituzione di un deposito infruttifero. Oltre ad imporre la costituzione di tale deposito, il Consiglio può decidere di applicare le misure previste all'articolo 104 C, paragrafo 11, primo e secondo trattino. Articolo 12 1. Qualora il disavanzo eccessivo risulti dalla mancata ottemperanza al criterio relativo al disavanzo pubblico di cui all'articolo 104 C, paragrafo 2, lettera a), l'ammontare del primo deposito è costituito da un elemento fisso, pari allo 0,2 % del PIL e da un elemento variabile pari ad un decimo della differenza tra il disavanzo espresso in percentuale del PIL nell'anno precedente ed il 3 % del valore di riferimento del PIL. 2. Per tutti gli anni successivi, sino a che la decisione sull'esistenza di un disavanzo eccessivo non sia abrogata, il Consiglio valuta se lo Stato membro partecipante interessato ha dato seguito effettivo all'intimazione del Consiglio di cui all'articolo 104 C, paragrafo 9. In tale valutazione annuale il Consiglio decide, in conformità all'articolo 104 C, paragrafo 11 e fatto salvo l'articolo 13 del presente regolamento, di intensificare le sanzioni, salvo che lo Stato membro partecipante interessato abbia ottemperato all'intimazione del Consiglio. Qualora sia decisa la costituzione di un deposito aggiuntivo, questo è pari a un decimo della differenza tra il disavanzo espresso in percentuale del PIL dell'anno precedente e il 3 % del valore di riferimento del PIL. 3. L'importo di ciascuno dei depositi di cui ai paragrafi 1 e 2 non può superare il massimale dello 0,5 % del PIL. Articolo 13 Il deposito iniziale è, in linea di principio, convertito in ammenda dal Consiglio, conformemente all'articolo 104 C, paragrafo 11, se, due anni dopo la decisione di esigere dallo Stato membro partecipante interessato di costituire un deposito, il disavanzo eccessivo, a giudizio del Consiglio, non è stato corretto. Articolo 14 Conformemente all'articolo 104 C, paragrafo 12, il Consiglio abroga le sanzioni di cui all'articolo 104 C, paragrafo 11, primo e secondo trattino in funzione della significatività dei progressi compiuti dallo Stato membro partecipante interessato nel correggere il disavanzo eccessivo. Articolo 15 Conformemente all'articolo 104 C, paragrafo 12, il Consiglio abroga tutte le sanzioni ancora in atto se la decisione sull'esistenza di un disavanzo eccessivo è abrogata. Le ammende comminate in conformità all'articolo 13 del presente regolamento non sono rimborsate allo Stato membro partecipante interessato. Articolo 16 I depositi di cui agli articoli 11 e 12 del presente regolamento sono costituiti presso la Commissione. Gli interessi sui depositi e le ammende di cui all'articolo 13 del presente regolamento costituiscono altre entrate ai sensi dell'articolo 201 del trattato e sono distribuiti tra gli Stati membri senza disavanzo eccessivo, determinato secondo l'articolo 104 C, paragrafo 6, in proporzione della quota da essi detenuta nel PNL totale degli Stati membri ammissibili. SEZIONE 5 DISPOSIZIONI TRANSITORIE E DEFINITIVE Articolo 17 Ai fini del presente regolamento e fintanto che il Regno Unito avrà una data d'inizio dell'esercizio finanziario che non coincide con la data d'inizio dell'anno civile, le disposizioni delle sezioni 2, 3 e 4 del presente regolamento si applicano al Regno Unito in conformità all'allegato. Articolo 18 II presente regolamento entra in vigore il 1o gennaio 1999. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 7 luglio 1997. Per il Consiglio Il Presidente J.-C. JUNCKER (1) GU n. C 368 del 6. 12. 1996, pag. 12. (2) GU n. C 380 del 16. 12. 1996, pag. 29. (3) Vedi pagina 1 della Gazzetta ufficiale. (4) GU n. C 236 del 2. 8. 1997, pag. 1. (5) GU n. L 332 del 31. 12. 1993, pag. 7. ALLEGATO TEMPI LIMITE APPLICABILI AL REGNO UNITO 1. Onde garantire la parità di trattamento a tutti gli Stati membri, il Consiglio, nel prendere decisioni di cui alle sezioni 2, 3 e 4 del presente regolamento, tiene conto della diversa data di inizio dell'esercizio finanziario del Regno Unito, in modo da adottare decisioni concernenti tale paese in fasi dell'esercizio finanziario analoghe a quelle in cui sono adottate per gli altri Stati membri. 2. Le disposizioni specificate nella colonna I sono sostituite dalle disposizioni specificate nella colonna II. Colonna I Colonna II «tre mesi dalle date stabilite per la comunicazione dei dati dall'articolo 4, paragrafi 2 e 3 del regolamento (CE) n. 3605/93» (articolo 3, paragrafo 3) «cinque mesi a decorrere dalla fine dell'esercizio finanziario in cui si è riscontrato il disavanzo» «nell'anno successivo alla constatazione del disavanzo eccessivo» (articolo 3, paragrafo 4) «nell'esercizio finanziario successivo alla constatazione del disavanzo eccessivo» «dieci mesi dalle date per la comunicazione dei dati previste dal regolamento (CE) n. 3605/93 e di cui all'articolo 3, paragrafo 3 del presente regolamento» (articolo 7) «dodici mesi a decorrere dalla fine dell'esercizio finanziario in cui è riscontrato il disavanzo» «nell'anno precedente» (articolo 12, paragrafo 1) «nell'esercizio finanziario precedente»
Parte correttiva: la procedura per i disavanzi eccessivi SINTESI CHE COSA FA IL PRESENTE REGOLAMENTO? Il patto di stabilità e di crescita (PSC) è il cardine della disciplina di bilancio dell’UE. La parte correttiva del patto disciplina la procedura per i disavanzi eccessivi (PDE), che sostiene la correzione tempestiva del debito pubblico e dei disavanzi pubblici eccessivi. Il regolamento cerca di chiarire e accelerare la PDE ai sensi dell’articolo 126 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). I paesi dell’UE che non rispettano la disciplina di bilancio richiesta dal PSC possono essere sottoposti a una PDE che comprende vari passaggi. PUNTI CHIAVE Avviare la procedura Ai sensi del PSC, la PDE viene attivata da criteri di disavanzo e di debito. Criterio del disavanzo: il disavanzo delle amministrazioni pubbliche è considerato eccessivo se supera il valore di riferimento del 3 % del prodotto interno lordo (PIL) ai prezzi di mercato; Criterio del debito: se il debito supera il 60 % del PIL e l’obiettivo di ridurre il debito di 1/20 all’anno non è stato raggiunto nei tre anni precedenti. Fasi della procedura Per i paesi dell’UE il cui disavanzo o debito superi i limiti definiti, la Commissione europea prepara una relazione che valuta se avviare o meno una procedura per i disavanzi eccessivi. La Commissione invia una notifica al paese in questione e informa il Consiglio nel caso in cui consideri eccessivo il disavanzo. Su richiesta della Commissione, il Consiglio decide a maggioranza qualificata se, alla luce delle osservazioni sul paese interessato, il disavanzo risulti eccessivo. Qualora il Consiglio giudichi eccessivo il disavanzo, invierà delle raccomandazioni al paese e prescriverà un limite di tempo massimo perché adotti azioni efficaci (tre o sei mesi). Se un paese persiste nella mancata attuazione delle raccomandazioni, il Consiglio può decidere di intimargli formalmente di intraprendere le misure necessarie per ridurre il disavanzo entro un periodo specifico. Nel caso in cui il paese non si conformi alle decisioni del Consiglio, quest’ultimo può decidere di imporre delle sanzioni. Sanzioni Le sanzioni vengono imposte nel caso in cui il disavanzo non venga ridotto. Per i paesi dell’eurozona, tali sanzioni vengono imposte gradualmente, iniziando da: l’obbligo di effettuare un deposito fruttifero pari allo 0,2 % del PIL con la Commissione nella fase preventiva; l’obbligo di effettuare un deposito infruttifero pari allo 0,2 % del PIL nella fase correttiva. Questo deposito sarà convertito in un’ammenda dal valore massimo pari allo 0,5 % del PIL se le raccomandazioni di correggere il disavanzo eccessivo non saranno seguite. Inoltre, tutti i paesi dell’UE (eccetto il Regno Unito (1)) possono subire una sospensione degli impegni o dei pagamenti dei fondi strutturali e d’investimento dell’Unione. Le multe vengono imposte anche in presenza di manipolazione delle statistiche. Sistema di voto Le decisioni riguardanti la maggior parte delle sanzioni contemplate dalla PDE vengono prese a maggioranza qualificata inversa. Ciò significa che un’ammenda si considera approvata a meno che il Consiglio non decida di respingerla a maggioranza qualificata. Inoltre, i 25 paesi che hanno firmato il trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance hanno acconsentito ad applicare la votazione a maggioranza qualificata inversa in una fase iniziale della procedura, ad esempio quando si decide se un paese dell’UE debba essere sottoposto a una PDE. Flessibilità del PSC Nel mese di gennaio 2015, la Commissione ha pubblicato una comunicazione che forniva orientamenti ai paesi dell’UE sul miglior utilizzo della flessibilità all’interno delle norme esistenti del patto di stabilità e crescita, per incoraggiare l’attuazione efficace delle riforme strutturali, promuovere gli investimenti e prendere maggiormente in considerazione la situazione economica di ciascun paese UE. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica a partire dal 1o gennaio 1999. CONTESTO Governance economica Comunicato stampa ATTO Regolamento (CE) n. 1467/97 del Consiglio, del 7 luglio 1997, relativo all’accelerazione e al chiarimento dell’attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi (GU L 209 del 2.8.1997, pag. 6-11) Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1467/97 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale. ATTI COLLEGATI Regolamento (UE) n. 1173/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, riguardante l’applicazione efficace della sorveglianza di bilancio nell’eurozona (GU L 306 del 23.11.2011, pag. 1-7) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca europea per gli investimenti «Sfruttare al meglio la flessibilità consentita dalle norme vigenti del patto di stabilità e crescita», COM(2015) 12 final del 13.1.2015
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INDIRIZZO (UE) 2015/280 DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA del 13 novembre 2014 sull'istituzione del Sistema di produzione e appalto di banconote in euro dell'Eurosistema (BCE/2014/44) IL CONSIGLIO DIRETTIVO DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 128, paragrafo 1, visto lo statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, in particolare gli articoli 12.1, 14.3 e l'articolo 16, considerando quanto segue: (1) L'articolo 128 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (di seguito, «il trattato») e l'articolo 16 dello Statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea (di seguito «lo statuto del SEBC») attribuiscono al Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE) il diritto esclusivo di autorizzare l'emissione di banconote in euro all'interno dell'Unione. Tale diritto esclusivo comprende la competenza a definire il quadro giuridico per la produzione e l'appalto delle banconote in euro. La BCE può attribuire la responsabilità di produrre le banconote in euro alle banche centrali nazionali degli Stati membri che hanno adottato l'euro (di seguito «le BCN») secondo le quote percentuali detenute dalle BCN nel capitale sottoscritto della BCE per l'esercizio finanziario di riferimento, calcolate applicando le ponderazioni nello schema di cui all'articolo 29.1 dello statuto del SEBC (di seguito «lo schema di capitale»). Il quadro giuridico per la produzione e l'appalto delle banconote in euro deve, da un lato, rispettare i requisiti previsti dall'articolo 127, paragrafo 1, del trattato e dall'articolo 2 dello statuto del SEBC, perché l'Eurosistema agisca in conformità al principio di un'economia di mercato aperta e in libera concorrenza, favorendo un'efficace allocazione delle risorse e, d'altro lato, tener conto della particolare natura delle banconote in euro, che sono prodotte al fine di essere emesse dall'Eurosistema come mezzo di pagamento sicuro. Inoltre, il quadro giuridico per la produzione e l'appalto delle banconote in euro deve altresì tenere in considerazione il fatto che alcune BCN si avvalgono di proprie stamperie interne per produrre le banconote in euro. (2) In considerazione dei summenzionati principi, il 10 luglio 2003 il Consiglio direttivo ha deciso che un approccio concorrenziale in materia di appalti, comune all'Eurosistema (di seguito «procedura unica d'appalto dell'Eurosistema»), dovesse applicarsi all'appalto di banconote in euro a partire dal 1o gennaio 2012, come stabilito nell'Indirizzo BCE/2004/18 (1). Nel marzo 2011, il Consiglio direttivo ha deciso di posticipare l'avvio della procedura unica d'appalto dell'Eurosistema al 1o gennaio 2014, salvo che fosse determinata una data diversa nel frattempo e fatta salva un'ulteriore verifica della situazione (2). Nel dicembre del 2013, il Consiglio direttivo ha deciso ulteriormente che la procedura unica d'appalto dell'Eurosistema sarebbe iniziata in una data da stabilirsi a causa del mutamento dei presupposti sulla base dei quali la data di inizio della procedura unica d'appalto dell'Eurosistema era stata fissata (3). (3) Tenuto conto del fatto che il mercato è divenuto più competitivo rispetto al 2004 e che al momento non sussiste alcun vantaggio tangibile nell'utilizzo della procedura unica d'appalto dell'Eurosistema invece degli attuali strumenti, il Consiglio direttivo ha deciso che un sistema di produzione e appalto di banconote in euro dell'Eurosistema (di seguito «SPAE») debba essere considerato una possibile alternativa. (4) Al fine di garantire la continuità della fornitura, mantenere le competenze maturate all'interno dell'Eurosistema, promuovere la concorrenza e ridurre i costi a livello dell'Eurosistema, nonché trarre vantaggio dalle innovazioni nel settore privato e pubblico, lo SPAE dovrebbe essere composto da due pilastri: un gruppo di BCN che producono le proprie banconote in euro utilizzando una stamperia interna (di seguito «BCN del gruppo con stamperia interna»), e un gruppo di BCN che affidano in appalto la produzione delle proprie banconote in euro (di seguito «BCN del gruppo appaltante»). Lo SPAE dovrebbe promuovere la produzione efficiente di banconote in euro nell'Eurosistema. Inoltre, lo SPAE richiederà l'ulteriore allineamento dei requisiti legali applicabili alle BCN del gruppo appaltante, quali quelli relativi all'uso di criteri di idoneità nella procedura d'appalto e di termini e condizioni contrattuali. I requisiti fissati in relazione allo SPAE dovrebbero essere volti a garantire condizioni paritarie negli appalti per la produzione di banconote in euro. (5) Le BCN del gruppo appaltante rimarranno responsabili della produzione e appalto delle banconote in euro loro attribuite conformemente allo schema di capitale. Per adempiere i propri obblighi, tali BCN affideranno in appalto la produzione di banconote in euro e bandiranno procedure d'appalto, singolarmente o congiuntamente ad altre BCN, in conformità alle norme in materia di appalti applicabili. Al fine di garantire condizioni paritarie, le BCN del gruppo appaltante dovrebbero cercare di allineare i propri requisiti in materia di appalti, in conformità ai requisiti previsti dalla normativa nazionale e dell'Unione sugli appalti. (6) Le BCN del gruppo con stamperia interna rimarranno responsabili della produzione delle banconote in euro loro attribuite conformemente allo schema di capitale. Tenuto conto della necessità di garantire condizioni paritarie tra tutte le stamperie, tali BCN dovrebbero assicurare che le stamperie interne non partecipino a procedure d'appalto per la produzione di banconote in euro organizzate e realizzate all'interno dell'Unione e non accettino ordini per la produzione di banconote in euro da terzi estranei alle BCN del gruppo con stamperia interna. (7) Qualora intraprendano forme di cooperazione, le BCN del gruppo con stamperia interna devono rispettare le normative nazionali applicabili e il diritto dell'Unione. Ove sia costituita una persona giuridica distinta al fine di realizzare tale cooperazione, una BCN può diventare una BCN del gruppo con stamperia interna se esercita congiuntamente il controllo su tale persona giuridica ai sensi del presente indirizzo. (8) Le banconote in euro presentano caratteristiche tecnologicamente avanzate e di natura sensibile. Pertanto, esse devono essere prodotte in un ambiente completamente sicuro, controllato e riservato, che garantisca una fornitura affidabile, di elevata qualità e continuata nel tempo. Inoltre, l'Eurosistema deve tenere in debito conto il possibile impatto della produzione delle banconote in euro sulla sanità e sicurezza pubbliche nonché sull'ambiente. (9) Il Consiglio direttivo effettuerà un controllo sistematico degli sviluppi relativi alle materie prime essenziali e ai fattori di produzione coinvolti nell'appalto e nella produzione delle banconote in euro e, se necessario, adotterà le misure adeguate al fine di assicurare che essi siano selezionati e/o forniti in modo da garantire la continuità della fornitura delle banconote in euro e impedire l'abuso di posizione dominante sul mercato da parte di qualunque appaltatore o fornitore, fatti salvi la disciplina dell'Unione in materia di concorrenza e i poteri della Commissione europea. (10) Le disposizioni del presente indirizzo dovrebbero essere interpretate, laddove necessario, in conformità alle regole contenute nella direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (4) e, a decorrere dal 18 aprile 2016, nella direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (5), HA ADOTTATO IL PRESENTE INDIRIZZO: TITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Definizioni Ai fini del presente indirizzo, si applicano le seguenti definizioni. 1. Per «principio di piena concorrenza» si intendono disposizioni interne effettive che assicurino piena separazione tra i conti di una stamperia pubblica e quelli della rispettiva autorità pubblica e il rimborso da parte di una stamperia pubblica dei costi di tutto il sostegno amministrativo e organizzativo che essa riceve dalla rispettiva autorità pubblica. Al fine di garantire una leale concorrenza quando le stamperie pubbliche partecipano a bandi di gara, è necessario che le attività di stampa delle banconote in euro siano completamente separate dal punto di vista finanziario dalle altre attività, al fine di garantire che non sia fornito, né direttamente né indirettamente, alcun aiuto di Stato che sia in qualunque modo incompatibile con il trattato. Tale separazione finanziaria è verificata e certificata annualmente da un revisore esterno indipendente, e ne è informato il Consiglio direttivo. 2. Per «stamperia interna» si intende qualsiasi stamperia che sia a) giuridicamente e organizzativamente parte di una BCN; o b) una persona giuridica separata, purché siano soddisfatte le seguenti condizioni cumulative: i) la BCN o le BCN esercitino sulla persona giuridica in questione un controllo analogo a quello esercitato sulle proprie articolazioni interne; ii) la persona giuridica controllata svolga più dell'80 % delle proprie attività nell'esecuzione di compiti a essa affidati dalla BCN o dalle BCN controllanti; iii) nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta da parte di privati. Per determinare la percentuale delle attività di cui alla lettera b), punto ii), si prende in considerazione il fatturato totale medio, o un'idonea misura alternativa basata sull'attività, quali i costi sostenuti dalla persona giuridica in questione per servizi, forniture e lavori nei tre anni precedenti l'aggiudicazione del contratto. Se, a causa della data di costituzione o di inizio dell'attività della persona giuridica in questione, ovvero a causa della riorganizzazione delle sue attività, il fatturato, o la misura alternativa basata sull'attività, quali i costi, non è disponibile per i tre anni precedenti o non è più pertinente, è sufficiente dimostrare, segnatamente in base a proiezioni dell'attività, che la misura dell'attività è credibile. Si ritiene che una BCN eserciti su una persona giuridica un controllo analogo a quello da essa esercitato sulle proprie articolazioni interne, ai sensi del primo comma, lettera b), punto i), quando essa esercita un'influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative della persona giuridica controllata. Si ritiene che le BCN esercitino congiuntamente un controllo su una persona giuridica qualora siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni cumulative: a) gli organi decisionali della persona giuridica controllata sono composti da rappresentanti di tutte le BCN partecipanti; singoli rappresentanti possono rappresentare diverse o tutte le BCN partecipanti; b) tali BCN sono in grado di esercitare congiuntamente un'influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative della persona giuridica controllata; e c) la persona giuridica controllata non persegue interessi contrari a quelli delle BCN controllanti. 3. Per «autorità pubbliche» si intendono tutte le autorità pubbliche, ivi inclusi lo Stato e le autorità regionali, locali o altre autorità territoriali, e le banche centrali. 4. Per «stamperia pubblica» si intende qualsiasi stamperia sulla quale le autorità pubbliche possano, direttamente o indirettamente, esercitare un'influenza dominante in virtù della proprietà di essa, della loro partecipazione finanziaria o delle norme che la governano. L'influenza dominante da parte delle autorità pubbliche si presume qualora rispetto a una data stamperia tali autorità, direttamente o indirettamente: a) detengano la maggioranza del capitale sottoscritto: b) controllino la maggioranza dei voti collegati alle azioni emesse dalla stessa; ovvero c) possano nominare oltre la metà dei membri dei suoi organi amministrativi, direzionali o di supervisione. Articolo 2 Ambito di applicazione 1. Lo SPAE istituisce un modello per la produzione e l'appalto di banconote in euro basato su due pilastri. Esso include l'appalto della produzione di banconote in euro da parte delle BCN del gruppo appaltante, nonché la produzione di banconote in euro da parte delle BCN del gruppo con stamperia interna, che utilizzano una stamperia interna. 2. Le BCN sono responsabili della produzione e appalto delle banconote in euro loro attribuite conformemente allo schema di capitale. TITOLO II BCN DEL GRUPPO APPALTANTE Articolo 3 Principi generali Le BCN che non hanno stamperie interne fanno parte del gruppo appaltante (BCN del gruppo appaltante). Articolo 4 Procedure d'appalto 1. Ciascuna delle BCN del gruppo appaltante è responsabile dell'appalto della produzione di banconote in euro e svolge procedure d'appalto singolarmente o congiuntamente con altre BCN del gruppo appaltante, secondo le norme sugli appalti applicabili e in linea con i requisiti dettati dal presente indirizzo. 2. Al fine di preservare la concorrenza nel mercato della produzione di banconote in euro, in linea di principio e fatta salva la normativa nazionale sugli appalti applicabile, le BCN del gruppo appaltante suddividono gli appalti in diversi lotti, e al medesimo offerente o ai medesimi offerenti non dovrebbero essere aggiudicati più lotti. 3. Le BCN del gruppo appaltante dichiarano nella documentazione di gara dell'appalto che le stamperie pubbliche, per essere idonee ad un appalto, devono aver dato attuazione al principio di piena concorrenza prima di partecipare allo stesso. Articolo 5 Armonizzazione dei requisiti Al fine di garantire condizioni paritarie, le BCN del gruppo appaltante cercano di allineare i propri requisiti in materia di appalto, inclusi i criteri di idoneità, conformemente ai requisiti della normativa nazionale e dell'Unione sugli appalti. TITOLO III BCN DEL GRUPPO CON STAMPERIA INTERNA Articolo 6 Principi generali 1. Le BCN che producono banconote in euro utilizzando una stamperia interna fanno parte del gruppo con stamperia interna (BCN del gruppo con stamperia interna). 2. Le BCN del gruppo con stamperia interna assicurano che le proprie stamperie interne non partecipino a nessuna procedura d'appalto per la produzione di banconote in euro organizzata e realizzata all'interno dell'Unione e non accettino ordini per la produzione di banconote in euro da terzi estranei alle BCN del gruppo con stamperia interna. Articolo 7 Cooperazione tra BCN del gruppo con stamperia interna 1. Per migliorare il rapporto costo/efficienza della produzione di banconote in euro, le BCN del gruppo con stamperia interna prendono in considerazione l'instaurazione di forme di cooperazione appropriate, quali acquisti congiunti e la condivisione e attuazione di buone prassi per i processi produttivi, al fine di adempiere nel miglior modo possibile la loro funzione pubblica di produzione di banconote. 2. Le BCN del gruppo con stamperia interna possono decidere di partecipare o meno a tali forme di cooperazione, a condizione che, nel caso lo facciano, si impegnino a rimanere coinvolte nelle iniziative in questione per almeno tre anni (salvo che, in tale periodo, diventino una BCN del gruppo appaltante), data la necessità di garantire continuità e in considerazione degli investimenti compiuti dalle parti. Articolo 8 Costituzione di una persona giuridica distinta, o di una cooperazione orizzontale non istituzionalizzata, per assolvere congiuntamente funzioni pubbliche 1. Per assolvere congiuntamente funzioni pubbliche, le BCN del gruppo con stamperia interna valutano a) la costituzione di una persona giuridica distinta composta dalle loro stamperie interne; oppure b) l'instaurazione di una cooperazione orizzontale non istituzionalizzata sulla base di un accordo di cooperazione. 2. Alle forme di cooperazione di cui al paragrafo 1 si applicano le seguenti condizioni: a) qualora una persona giuridica, costituita ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 1, lettera a), si aggiudichi direttamente un contratto per la produzione di banconote in euro, essa deve essere controllata congiuntamente dalle BCN interessate, secondo la definizione di controllo congiunto di cui al punto 2 dell'articolo 1; b) gli accordi conclusi ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 1, lettera b), rispettano le seguenti condizioni cumulative: i) l'accordo istituisce o dà attuazione alla cooperazione tra BCN del gruppo con stamperia interna con lo scopo di garantire che i servizi pubblici che esse devono svolgere siano forniti con il fine di raggiungere i comuni obiettivi; ii) l'attuazione di tale cooperazione è governata esclusivamente da considerazioni riguardanti l'interesse pubblico; iii) le BCN del gruppo con stamperia interna svolgono sul mercato aperto meno del 20 % delle attività interessate dalla cooperazione. Per determinare la percentuale delle attività summenzionate si applicano coerentemente il secondo e il terzo paragrafo del punto 2 dell'articolo 1. TITOLO IV DISPOSIZIONI FINALI Articolo 9 Abrogazione L'Indirizzo BCE/2004/18 è abrogato a decorrere dal 1o gennaio 2015. Articolo 10 Efficacia e attuazione Gli effetti del presente indirizzo decorrono dal giorno della notifica alle banche centrali nazionali degli Stati membri la cui moneta è l'euro. Le banche centrali dell'Eurosistema si conformano al presente indirizzo dal 1o gennaio 2015. Articolo 11 Periodo transitorio relativo all'applicazione dell'articolo 4, paragrafo 3 In deroga all'articolo 4, paragrafo 3, le procedure d'appalto bandite prima del 1o luglio 2015 possono applicare requisiti diversi circa l'esclusione di partecipanti alla gara d'appalto. Articolo 12 Revisione Il Consiglio direttivo procede alla revisione del presente indirizzo all'inizio del 2017 e successivamente ogni due anni. Articolo 13 Destinatari Tutte le banche centrali dell'Eurosistema sono destinatarie del presente indirizzo. Fatto a Francoforte sul Meno, il 13 novembre 2014 Per il Consiglio direttivo della BCE Il presidente della BCE Mario DRAGHI (1) Indirizzo BCE/2004/18, del 16 settembre 2004, sull'appalto di banconote in euro (GU L 320 del 21.10.2004, pag. 21). (2) Indirizzo BCE/2011/3, del 18 marzo 2011, sull'appalto di banconote in euro (GU L 86 dell'1.4.2011, pag. 77). (3) Indirizzo BCE/2013/49, del 18 dicembre 2013, che modifica l'indirizzo BCE/2004/18 sull'appalto di banconote in euro (GU L 32 dell'1.2.2014, pag. 36). (4) Direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU L 134 del 30.4.2004, pag. 114). (5) Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la Direttiva 2004/18/CE (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 65).
Quadro per l’appalto dell’Eurosistema QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE E DELL’INDIRIZZO? La decisione stabilisce le regole e le pratiche per l’appalto congiunto da parte di banche centrali nazionali (BCN) di beni e servizi necessari allo svolgimento dei compiti dell’Eurosistema e i ruoli dell’Ufficio di coordinamento dell’appalto dell’Eurosistema (EPCO) e delle altre autorità pubbliche coinvolte. L’indirizzo definisce le regole per garantire che le diverse tipologie di stamperie nel settore privato e pubblico possano partecipare alle procedure di appalto per la produzione di banconote in euro organizzate ed eseguite all’interno dell’Unione europea (UE) a condizioni paritarie. PUNTI CHIAVE Quando l’EPCO vede la necessità di un appalto congiunto per beni e servizi (per l’efficienza in termini di costi e di effettività, o per le norme e i requisiti armonizzati) invita le BCN a partecipare a procedure congiunte di appalto. Il Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE) approva la procedura e la banca centrale capofila proposta dall’EPCO. La banca centrale capofila attua la procedura d’appalto congiunto a beneficio delle banche centrali che vi partecipano, in linea con le regole d’appalto alle quali è sottoposta la banca centrale capofila. La partecipazione delle BCN nelle attività dell’EPCO e nelle procedure d’appalto congiunto* è volontaria. L’EPCO è ospitato da una BCN nominata dal Consiglio direttivo della BCE ogni cinque anni. La BCN del Lussemburgo detiene attualmente questa posizione (dal 1o gennaio 2020 al 31 dicembre 2024). Le banche centrali finanziano il bilancio preventivo dell’EPCO su base annuale o pluriennale. Per la produzione e l’appalto di banconote in euro, viene istituito il Sistema di produzione e appalto dell’Eurosistema. Esso copre la produzione di banconote in euro da parte delle BCN che utilizzano una stamperia interna e la produzione e l’appalto di banconote in euro da parte delle BCN che non utilizzano stamperie interne. Le BCN sono responsabili della produzione e dell’appalto delle banconote in euro loro attribuite secondo le quote detenute dalle BCN nel capitale della BCE. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LA DECISIONE E L’INDIRIZZO? La decisione 2008/893/UE si applica dal 1o dicembre 2008. Le banche centrali dell’Eurosistema si conformano al presente indirizzo dal 1o gennaio 2015. CONTESTO Il Consiglio direttivo della BCE ha il potere, ai sensi dello statuto della BCE (articolo 12, paragrafo 1), di adottare indirizzi e prendere decisioni per assicurare l’efficace funzionamento dell’Eurosistema. Esso ha inoltre il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote in euro all’interno dell’UE e di attribuire la responsabilità della produzione di banconote in euro alle BCN. Nel luglio 2007 il Consiglio direttivo della BCE ha deciso di istituire l’EPCO con l’obiettivo di rafforzare la cooperazione all’interno dell’Eurosistema nel campo degli appalti. Lo ha reso permanente nel 2019. TERMINI CHIAVE Procedura d’appalto congiunto: procedura per l’appalto congiunto di beni e servizi messa a punto dalla banca centrale capofila a beneficio delle banche centrali che partecipano alla procedura d’appalto congiunto. DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione 2008/893/CE della Banca centrale europea, del 17 novembre 2008, che definisce il quadro per l’appalto congiunto dell’Eurosistema (BCE/2008/17) (GU L 319 del 29.11.2008, pag. 76). Le modifiche successive alla decisione 2008/893/CE sono state incorporate nel testo originario. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Indirizzo (UE) 2015/280 della Banca centrale europea, del 13 novembre 2014, sull’istituzione del Sistema di produzione e appalto di banconote in euro dell’Eurosistema (BCE/2014/44) (GU L 47 del 20.2.2015, pag. 29). Si veda la versione consolidata. DOCUMENTI CORRELATI Decisione (UE) 2020/628 della Banca centrale europea, del 4 maggio 2020, che modifica la decisione BCE/2008/17 che definisce il quadro per l’appalto congiunto dell’Eurosistema (BCE/2020/27) (GU L 146 dell’8.5.2020, pag. 11).
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Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica di Corea Gazzetta ufficiale n. L 106 del 24/04/2007 pag. 0044 - 0050 Accordodi cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica di CoreaLA COMUNITÀ EUROPEA,(di seguito "la Comunità"), eIL GOVERNO DELLA REPUBBLICA DI COREA,(di seguito "la Corea"),(di seguito "le parti");CONSIDERANDO che la Comunità e la Corea stanno attualmente svolgendo attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione in vari settori di interesse comune e che sono consapevoli del rapido sviluppo delle conoscenze scientifiche e del loro contributo positivo alla promozione della cooperazione bilaterale ed internazionale;DESIDERANDO ampliare la portata della cooperazione scientifica e tecnologica in alcuni settori di interesse comune mediante la creazione di un partenariato fruttuoso per fini pacifici e vantaggi reciproci;RILEVANDO che tale cooperazione e l’applicazione dei relativi risultati contribuiranno allo sviluppo economico e sociale delle parti; eDESIDERANDO stabilire un quadro ufficiale per l’attuazione delle attività di cooperazione globali che rafforzeranno la cooperazione scientifica e tecnologica tra le parti,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1Obiettivo e principi1. Le parti promuovono, sviluppano e agevolano, nell’ambito del presente accordo, attività di cooperazione scientifica e tecnologica per fini pacifici, in conformità del presente accordo e delle disposizioni legislative e regolamentari delle due parti.2. Le attività di cooperazione nell’ambito del presente accordo si svolgono sulla base dei seguenti principi:a) contributi e vantaggi reciproci ed equi;b) reciproco accesso ai programmi e ai progetti di ricerca e di sviluppo tecnologico di ciascuna delle parti per i ricercatori ospiti dell’altra parte;c) scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sulle attività di cooperazione;d) promozione di una società della conoscenza al servizio dello sviluppo economico e sociale delle due parti; ee) protezione della proprietà intellettuale in conformità dell’allegato II del presente accordo.Articolo 2DefinizioniAi fini del presente accordo si intendono per:1) "attività di cooperazione dirette", le attività di cooperazione tra le parti;2) "attività di cooperazione indirette", le attività di cooperazione tra soggetti giuridici stabiliti in Corea e nella Comunità mediante la partecipazione di soggetti giuridici coreani al programma quadro comunitario ai sensi dell’articolo 166 del trattato che istituisce la Comunità europea (di seguito "il programma quadro") e la reciproca partecipazione di soggetti giuridici stabiliti nella Comunità a programmi o progetti coreani di ricerca in settori scientifici e tecnologici simili a quelli contemplati dal programma quadro;3) "attività di cooperazione", le attività di cooperazione sia dirette che indirette;4) "soggetto giuridico": ogni persona fisica o giuridica costituita in conformità del diritto nazionale applicabile nel suo luogo di stabilimento o del diritto comunitario, dotata di personalità giuridica e della capacità di essere titolare di diritti e di obblighi di qualsiasi natura.Articolo 3Attività di cooperazione1. Le attività di cooperazione dirette ai sensi del presente accordo possono consistere in:a) riunioni di vario tipo, comprese le riunioni di esperti, al fine di esaminare e scambiare informazioni su argomenti scientifici e tecnologici di natura generale o specifica, e di determinare i progetti e i programmi di ricerca e di sviluppo che possono essere effettuati in cooperazione;b) scambi di informazioni sulle attività, le politiche, le pratiche, le disposizioni legislative e regolamentari in materia di ricerca e sviluppo;c) visite e scambi di scienziati, di personale tecnico e di altri esperti su argomenti generali o specifici;d) attuazione di progetti e programmi di cooperazione che vengano stabiliti dal comitato misto di cui all’articolo 6, in conformità delle rispettive disposizioni legislative e regolamentari delle parti; ee) altri tipi di attività nel settore della scienza e della tecnologia che vengano stabilite dal comitato misto di cui all’articolo 6, conformemente alle rispettive disposizioni legislative e regolamentari delle parti.2. Ai fini dello sviluppo di attività di cooperazione indirette, e fatti salvi gli allegati del presente accordo, ogni soggetto giuridico stabilito in Corea o nella Comunità può partecipare ai programmi o ai progetti di ricerca condotti dall’altra parte ed aperti ai suoi soggetti giuridici, in conformità delle rispettive disposizioni legislative e regolamentari delle parti.Articolo 4Procedure di attuazione1. Le parti possono stabilire modalità di attuazione che definiscono le procedure applicabili alle attività di cooperazione condotte nell’ambito del presente accordo.2. Ciascuna delle parti può delegare l’attuazione delle attività di cooperazione scientifica e tecnologica delle parti ad istituzioni specifiche, per l’attuazione diretta o per un sostegno alle attività di cooperazione scientifica e tecnologica tra le parti.3. Le attività di cooperazione scientifica e tecnologica non basate su accordi specifici che le parti hanno promosso, sviluppato e facilitato, già iniziate e non ancora completate alla data di entrata in vigore del presente accordo, sono incorporate nel presente accordo a partire dalla suddetta data d’entrata in vigore.Articolo 5Rafforzamento della cooperazione1. Ciascuna delle parti si adopera per dare ai soggetti giuridici che svolgono attività di cooperazione nell’ambito del presente accordo tutte le agevolazioni possibili al fine di facilitare i lavori e le visite dei ricercatori che partecipano a tali attività di cooperazione nonché l’entrata e l’uscita dal proprio territorio di materiali, dati e attrezzature destinate ad essere utilizzate nell’ambito di dette attività di cooperazione.2. Le parti possono autorizzare, se necessario ed a fini pacifici, la partecipazione di ricercatori e di organismi di tutta la comunità di ricerca, compreso il settore privato, alle attività di cooperazione condotte nell’ambito del presente accordo.Articolo 6Comitato misto1. Il compito di coordinare e di agevolare le attività di cooperazione previste dal presente accordo spetta per la Corea ai ministeri coreani della scienza e della tecnologia e per la Comunità ai servizi della Commissione delle Comunità europee (direzione generale Affari scientifici, ricerca e sviluppo), in qualità di agenti esecutivi.2. Per garantire l’efficace attuazione del presente accordo, gli agenti esecutivi istituiscono un comitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica (di seguito "il comitato misto"). Il comitato misto si compone di rappresentanti ufficiali di ciascuna delle due parti ed è copresieduto dai rappresentanti delle due parti. Il comitato misto stabilisce il proprio regolamento interno per consenso.3. Il comitato misto espleta le seguenti funzioni:1) scambio di idee e di informazioni su questioni di politica scientifica e tecnologica;2) esame e discussione dei risultati delle attività di cooperazione svolte e dei risultati raggiunti nell’ambito del presente accordo;3) formulazione di raccomandazioni alle parti circa l’attuazione del presente accordo, il che può comprendere la definizione e la proposta delle attività di cooperazione da condurre nell’ambito del presente accordo e la promozione della loro attuazione;4) presentazione alle parti di una relazione sui progressi, i risultati e l’efficacia delle attività di cooperazione condotte nell’ambito del presente accordo. Detta relazione sarà presentata al comitato misto UE-Corea istituito nell’ambito dell’accordo-quadro sul commercio e la cooperazione.4. Le decisioni del comitato misto sono adottate per mutuo consenso.5. Le spese di partecipazione alle riunioni del comitato misto (spese di viaggio e di alloggio) sono a carico delle parti a cui si riferiscono. Gli altri costi relativi alle riunioni suddette sono a carico della parte ospitante.6. Il comitato misto si riunisce alternativamente in Corea e nella Comunità, secondo un calendario fissato di comune accordo, preferibilmente ogni anno.Articolo 7Disposizioni finanziarie1. L’attuazione del presente accordo è soggetta alla disponibilità di finanziamenti adeguati e alle disposizioni legislative e regolamentari di ciascuna delle parti.2. I costi delle attività di cooperazione condotte nell’ambito del presente accordo sono sostenuti secondo quanto deciso per consenso.3. Se i regimi di cooperazione specifici di una delle parti prevedono un aiuto finanziario per i partecipanti dell’altra parte, tutte le sovvenzioni, i contributi finanziari o di altra natura erogati a questo titolo da una parte ai partecipanti dell’altra parte sono esentati da tasse e dazi, in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari applicabili sul territorio di ciascuna delle parti nel momento in cui si effettuano tali sovvenzioni e contributi finanziari o di altra natura.Articolo 8Informazioni e diritti di proprietà intellettuale1. Le informazioni scientifiche e tecnologiche non di proprietà riservata derivanti dalle attività di cooperazione dirette possono essere messe a disposizione del pubblico da una o dall’altra parte per i canali abituali, secondo le procedure generali della parte.2. Ai diritti di proprietà intellettuali e agli altri diritti di proprietà generati o introdotti nel corso delle attività di cooperazione condotte nell’ambito del presente accordo si applicano le disposizioni contenute nell’allegato II del presente accordo.Articolo 9Applicazione territorialeIl presente accordo si applica, da un lato, ai territori in cui è d’applicazione il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni ivi stabilite e, dall’altro, al territorio della Corea. Questa disposizione non esclude le attività di cooperazione condotte in alto mare, nello spazio extratmosferico o sul territorio di paesi terzi, in conformità del diritto internazionale.Articolo 10Composizione delle controversie1. Le disposizioni del presente accordo lasciano impregiudicati i diritti e gli obblighi derivanti da accordi esistenti e/o futuri di cooperazione tra le parti o tra i governi di uno Stato membro della Comunità ed il governo della Corea.2. Tutte le questioni o le controversie relative all’interpretazione o all’attuazione del presente accordo sono risolte tramite consultazione tra le parti.Articolo 11AllegatiGli allegati I (sulle modalità e condizioni di partecipazione) e II (sui diritti di proprietà intellettuale) sono parte integrante del presente accordo.Articolo 12Entrata in vigore e denuncia1. Il presente accordo entra in vigore alla data in cui le parti scambiano note diplomatiche per informarsi reciprocamente che le rispettive procedure interne necessarie per la sua entrata in vigore sono state portate a termine.2. Il presente accordo è concluso per un periodo di cinque anni e resta in vigore negli anni successivi salvo denuncia da parte di una delle parti.3. Il presente accordo può essere denunciato alla fine del periodo iniziale di cinque anni o in qualsiasi momento successivo, previo preavviso di sei mesi notificato per iscritto all’altra parte.4. Le parti possono procedere ad una valutazione dell’impatto del presente accordo ogni cinque anni. Ciascuna delle due parti si adopera per facilitare la valutazione effettuata dall’altra parte e la parte che effettua la valutazione comunica all’altra parte i risultati della suddetta valutazione.5. Il presente accordo può essere consensualmente modificato dalle parti mediante scambio di note diplomatiche. Le modifiche entrano in vigore secondo la stessa procedura di cui al paragrafo 1, salvo diversa decisione delle parti.6. La denuncia del presente accordo lascia impregiudicate le attività di cooperazione condotte ai sensi del presente accordo e non portate a compimento al momento della denuncia del medesimo, nonché i diritti e gli obblighi specifici derivanti dall’attuazione degli allegati del presente accordo.IN FEDE DI CHE, i sottoscritti all’uopo autorizzati, rispettivamente dalla Comunità europea e dal governo della Repubblica di Corea, hanno firmato il presente accordo.FATTO in duplice copia a Bruxelles, addì ventidue novembre duemilasei, in ceco, danese, estone, finlandese, francese, greco, inglese, italiano, lettone, lituano, maltese, neerlandese, polacco, portoghese, slovacco, sloveno, spagnolo, svedese, tedesco, ungherese e coreano, ciascun testo facente ugualmente fede.Por la Comunidad EuropeaZa Evropské společenstvíFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftEuroopa Ühenduse nimelΓια την Ευρωπαϊκή ΚοινότηταFor the European CommunityPour la Communauté européennePer la Comunità europeaEiropas Kopienas vārdāEuropos bendrijos varduaz Európai Közösség részérőlGħall-Kominità EwropeaVoor de Europese GemeenschapW imieniu Wspólnoty EuropejskiejPela Communidade EuropeiaZa Európske spoločenstvoZa Evropsko skupnostEuroopan yhteisön puolestaPå Europeiska gemenskapens vägnar+++++ TIFF ++++++++++ TIFF ++++++++++ TIFF +++++Por el Gobierno de la República de CoreaZa vládu Korejské republikyFor Republikken Koreas regeringFür die Regierung der Republik KoreaKorea Vabariigi Valitsuse nimelΓια την Κυβέρνηση της Δημοκρατίας της ΚορέαςFor the Government of the Republic of KoreaPour le gouvernement de la République de CoréePer il governo della Repubblica di CoreaKorejas Republikas vārdāKorėjos Respublikos Vyriausybės varduA Koreai Köztársaság kormánya részérőlGħall-Gvern tar-Repubblíka tal-KoreaVoor de Regering van de Republiek KoreaW imieniu Rządu Republiki KoreiPelo Governo da República da CoreiaZa vládu Kórejskej republikyZa Vlado Republike KorejeKorean tasavallan hallituksen puolestaPå Republiken Koreas regerings vägnar+++++ TIFF ++++++++++ TIFF +++++--------------------------------------------------ALLEGATO IModalità e condizioni per la partecipazione di soggetti giuridici stabiliti nella Comunità europea e in CoreaNel quadro del presente accordo, qualora una parte concluda un contratto per un’attività di cooperazione indiretta con un soggetto giuridico dell’altra parte, quest’ultima si impegna a fornire su richiesta, secondo le circostanze, tutta l’assistenza necessaria o utile alla prima parte per un’agevole attuazione di tale contratto.1. MODALITÀ E CONDIZIONI PER LA PARTECIPAZIONE DI SOGGETTI GIURIDICI STABILITI IN COREA AD ATTIVITÀ DI COOPERAZIONE INDIRETTE DEL PROGRAMMA QUADRO COMUNITARIO DI RICERCA (DI SEGUITO "IL PROGRAMMA QUADRO")a) I soggetti giuridici stabiliti in Corea possono partecipare ad attività di cooperazione indirette del programma quadro di azioni comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione fatte salve le condizioni e i limiti fissati dal regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle norme per la partecipazione delle imprese, dei centri di ricerca e delle università e per la divulgazione dei risultati della ricerca in vista dell’attuazione del programma quadro della Comunità europea.b) Fatto salvo la lettera a), la partecipazione di soggetti giuridici stabiliti in Corea ad attività di cooperazione indirette del programma quadro deve essere conforme alle norme.2. MODALITÀ E CONDIZIONI PER LA PARTECIPAZIONE DI SOGGETTI GIURIDICI STABILITI NELLA COMUNITÀ EUROPEA A PROGRAMMI E PROGETTI DI RICERCA DELLA COREAa) I soggetti giuridici stabiliti nella Comunità possono partecipare a progetti o programmi di ricerca e sviluppo finanziati dal governo coreano.b) I soggetti giuridici stabiliti nella Comunità partecipano ai programmi o progetti coreani di ricerca e sviluppo in conformità delle leggi e dei regolamenti coreani applicabili, nonché delle pertinenti norme di partecipazione a tali programmi o progetti.--------------------------------------------------ALLEGATO IIPrincipi di attribuzione dei diritti di proprietà intellettuale1. DEFINIZIONEAi fini del presente accordo, per "proprietà intellettuale" si intende la definizione data dall’articolo 2 della Convenzione che istituisce l’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, conclusa a Stoccolma il 14 luglio 1967.2. DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE DELLE PARTI NELLE ATTIVITÀ DI COOPERAZIONE DIRETTEa) Salvo accordi diversi stabiliti dalle parti, ai diritti di proprietà intellettuale, ad eccezione dei diritti d’autore e dei diritti connessi, generati dalle parti nel corso delle attività di cooperazione dirette svolte ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del presente accordo si applicano le regole specificate qui di seguito:1) la parte che genera la proprietà intellettuale è proprietaria della stessa. Qualora la proprietà intellettuale venga generata congiuntamente e il rispettivo contributo delle parti ai lavori non possa essere verificato, la proprietà intellettuale è di proprietà comune delle parti;2) la parte proprietaria della proprietà intellettuale concede all’altra parte i diritti di accesso per lo svolgimento di qualsiasi attività di cooperazione diretta. Tali diritti di accesso sono concessi a titolo gratuito.b) Salvo accordi diversi stabiliti dalle parti, ai diritti d’autore e ai diritti connessi delle parti si applicano le regole specificate qui di seguito:1) in caso di pubblicazione ad opera di una parte di dati scientifici e tecnici, di informazioni e risultati per mezzo di un supporto adeguato, quali riviste, articoli, relazioni, libri o altro, incluse opere audiovisive e software, che siano frutto di attività di cooperazione svolte ai sensi del presente accordo, o siano connesse ad esse, tale parte si impegna al massimo per ottenere, per l’altra parte, una licenza non esclusiva, irrevocabile, a titolo gratuito e valida in tutti i paesi che prevedano una tutela del diritto di autore, che le consenta di tradurre, riprodurre, adattare, trasmettere e distribuire al pubblico tali opere;2) tutti gli esemplari, destinati al pubblico, di un’opera tutelata da diritto d’autore di cui alle disposizioni della lettera b), punto 1, devono indicare i nomi degli autori dell’opera, salvo quelli che espressamente richiedano di non essere citati. Devono inoltre contenere una menzione chiara e visibile del contributo delle parti alla cooperazione.c) Salvo accordi diversi stabiliti dalle parti, alle informazioni riservate delle parti si applicano le regole specificate qui di seguito:1) all’atto di comunicare all’altra parte le informazioni necessarie per lo svolgimento di attività di cooperazione dirette, ciascuna parte stabilisce quali siano le informazioni riservate che non desidera divulgare;2) la parte che riceve dette informazioni può comunicare, sotto la propria responsabilità, informazioni riservate a proprie agenzie o a persone assunte tramite tali agenzie ai fini specifici dell’applicazione del presente accordo;3) previo consenso scritto della parte che fornisce le informazioni riservate, l’altra parte può divulgarle in maniera più ampia di quanto consentito ai sensi della lettera c), punto 2. Le parti cooperano all’elaborazione di procedure per chiedere e ottenere il consenso scritto preventivo per tale diffusione più ampia e ciascuna delle parti concede tale approvazione nella misura consentita dalle sue leggi e dai suoi regolamenti;4) le informazioni fornite nel corso di seminari e riunioni, nonché le informazioni apprese attraverso il personale distaccato e l’uso di attrezzature nel quadro del presente accordo rimangono confidenziali, a condizione che i soggetti che ricevono tali informazioni siano invitati da chi le fornisce a tutelarne il carattere confidenziale o privilegiato all’atto della comunicazione delle stesse, ai sensi della lettera c), punto 1;5) se una delle parti si rende conto che non sarà in grado, oppure potrebbe ragionevolmente non essere in grado, di rispettare le restrizioni e le condizioni di divulgazione di cui all’articolo 2, lettera c), essa ne informa immediatamente l’altra parte. In seguito, le parti si consultano per definire un piano di azione adeguato.3. DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE DEI SOGGETTI GIURIDICI DELLE PARTI NELLE ATTIVITÀ DI COOPERAZIONE INDIRETTEa) Ciascuna delle parti garantisce che i diritti di proprietà intellettuale dei soggetti giuridici di una parte che partecipano ai programmi di ricerca e sviluppo gestiti dall’altra parte, nonché i diritti e obblighi connessi derivanti da tale partecipazione, siano coerenti con le leggi e i regolamenti, nonché le convenzioni internazionali applicabili, compreso l’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, allegato 1C dell’accordo di Marrakech che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio, nonché l’atto di Parigi, del 24 luglio 1971, della convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche, e l’atto di Stoccolma, del 14 luglio 1967, della convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale.b) Ciascuna delle parti garantisce che, nel quadro delle leggi e dei regolamenti applicabili, i soggetti giuridici di una parte che partecipano ai programmi di ricerca e sviluppo gestiti dall’altra parte, abbiano gli stessi diritti e gli stessi obblighi in materia di proprietà intellettuale dei soggetti giuridici dell’altra parte nelle stesse attività di cooperazione indirette.--------------------------------------------------
Cooperazione scientifica e tecnologica tra UE e Corea del Sud QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE? L’accordo stabilisce un sistema formale di cooperazione volto a incoraggiare, sviluppare e agevolare le attività negli ambiti scientifici e tecnologici a fini pacifici. Con questa decisione, il Consiglio ha approvato la conclusione dell’accordo per conto della Comunità europea (attuale UE). PUNTI CHIAVE Le attività condotte nell’ambito dell’accordo sono basate su una serie di principi:contributi e vantaggi reciproci ed equi; reciproco accesso ai programmi e ai progetti di ricerca e di sviluppo tecnologico di ciascuna delle parti per i ricercatori ospiti dell’altra parte; scambio tempestivo delle informazioni; promozione di una società della conoscenza al servizio dello sviluppo economico e sociale delle due parti; tutela dei diritti di proprietà intellettuale. Cooperazione L’accordo contempla due forme di attività di cooperazione:attività di cooperazione dirette tra le parti; attività di cooperazione indirette tra soggetti giuridici* stabiliti in Corea e nella Comunità mediante la partecipazione di soggetti giuridici coreani al programma quadro comunitario per la ricerca e l’innovazione e la reciproca partecipazione di soggetti giuridici stabiliti nella Comunità a programmi o progetti coreani di ricerca. Attività di cooperazione dirette Tra le attività di cooperazione dirette possono figurare quelle elencate di seguito:riunioni volte a esaminare e scambiare informazioni su argomenti scientifici e tecnologici di natura generale o specifica, e di determinare i progetti e i programmi di ricerca e di sviluppo che possono essere effettuati in cooperazione; scambi di informazioni sulle attività, le politiche, le pratiche, le disposizioni legislative e regolamentari in materia di ricerca e sviluppo; visite e scambi di scienziati, di personale tecnico e di altri esperti su argomenti generali o specifici; attuazione di progetti e programmi di cooperazione, altri tipi di attività che vengano stabiliti dal comitato misto sulla cooperazione scientifica e tecnologica. Attività di cooperazione indirette Ogni soggetto giuridico stabilito in Corea del sud o nella Comunità può partecipare ai programmi o ai progetti di ricerca condotti dall’altra parte e aperti ai suoi soggetti giuridici, in conformità delle rispettive disposizioni legislative e regolamentari delle parti. DATA DI ENTRATA IN VIGORE L’accordo è entrato in vigore il 29 marzo 2007 per un periodo iniziale di cinque anni. Successivamente, esso resta in vigore salvo denuncia da parte di una delle parti. CONTESTO Le relazioni tra l’UE e la Corea del Sud sono disciplinate da tre accordi chiave:Accordo quadro politico Accordo di libero scambio Accordo quadro per la partecipazione. Per ulteriori informazioni, consultare:La Repubblica di Corea e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna). Per maggiori informazioni sulla cooperazione per la ricerca e l’innovazione (R&I) con la Repubblica di Corea, si veda:Cooperazione internazionale R&I con la Repubblica di Corea (Commissione europea). Tabella di marcia per la cooperazione scientifica e tecnologica tra l’UE e la Repubblica di Corea (Commissione europea) TERMINI CHIAVE Soggetto giuridico: ogni persona fisica o giuridica costituita in conformità del diritto nazionale applicabile nel suo luogo di stabilimento o del diritto comunitario, dotata di personalità giuridica e della capacità di essere titolare di diritti e di obblighi di qualsiasi natura a proprio nome. DOCUMENTI PRINCIPALI Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica di Corea (GU L 106 del 24.4.2007, pag. 44). Decisione del Consiglio 2007/241/CE del 27 marzo 2007, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il governo della Repubblica di Corea (GU L 106 del 24.4.2007, pag. 43). DOCUMENTI CORRELATI Accordo quadro tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall’altra (GU L 20 del 23.1.2013, pag. 2). Accordo di libero scambio tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall’altra (GU L 127 del 14.5.2011, pag. 6). Si veda la versione consolidata. Accordo tra l’Unione europea e la Repubblica di Corea che istituisce un quadro per la partecipazione della Repubblica di Corea alle operazioni dell’Unione europea di gestione delle crisi (GU L 166 del 5.6.2014, pag. 3).
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31999L0062
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Direttiva 1999/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 1999, relativa alla tassazione a carico di autoveicoli pesanti adibiti al trasporto di merci su strada per l'uso di alcune infrastrutture Gazzetta ufficiale n. L 187 del 20/07/1999 pag. 0042 - 0050 DIRETTIVA 1999/62/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIOdel 17 giugno 1999relativa alla tassazione a carico di autoveicoli pesanti adibiti al trasporto di merci su strada per l'uso di alcune infrastruttureIL PARLAMENTO EUROPEO, IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 71, paragrafo 1, e l'articolo 93,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale(2),visto il parere del Comitato delle regioni(3),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(4),considerando quanto segue:(1) che l'eliminazione delle distorsioni di concorrenza tra le imprese di trasporto degli Stati membri richiede nel contempo l'armonizzazione dei sistemi di prelievo e l'istituzione di equi meccanismi di imputazione ai trasportatori dei costi delle infrastrutture;(2) che tali obiettivi possono essere conseguiti solo a tappe;(3) che un certo grado di armonizzazione dei sistemi fiscali è già stato realizzato con l'adozione della direttiva 92/81/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, relativa all'armonizzazione delle strutture delle accise sugli oli minerali(5), e della direttiva 92/82/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, relativa al ravvicinamento delle aliquote di accisa sugli oli minerali(6);(4) che la Corte di giustizia delle Comunità europee, con sentenza 5 luglio 1995, nella causa C-21/94, Parlamento/Consiglio(7), ha annullato la direttiva 93/89/CEE del Consiglio, del 25 ottobre 1993, relativa all'applicazione da parte degli Stati membri delle tasse su taluni autoveicoli commerciali adibiti al trasporto di merci su strada nonché dei pedaggi e diritti d'utenza riscossi per l'uso di alcune infrastrutture(8) mantenendo in vigore gli effetti di detta direttiva sino a che il Consiglio non emani una nuova direttiva; che, pertanto, la direttiva 93/89/CEE deve essere sostituita dalla presente direttiva;(5) che nell'attuale situazione occorrerebbe limitare l'adeguamento dei sistemi nazionali di imposizione agli autoveicoli commerciali di tonnellaggio superiore a una determinata soglia;(6) che, a tale scopo, è opportuno fissare aliquote minime per le tasse sugli autoveicoli che sono attualmente applicate negli Stati membri o che potrebbero eventualmente sostituirle;(7) che sarebbe opportuno incoraggiare l'impiego di veicoli che rispettino di più l'ambiente e il sistema viario introducendo una maggiore differenziazione delle tasse o di altri oneri, purché essa non interferisca col funzionamento del mercato interno;(8) che è opportuno che a taluni Stati membri sia concesso un periodo di deroga agli importi minimi per agevolare l'adeguamento delle imposizioni richieste dalla presente direttiva;(9) che alcune operazioni di trasporto interno locale che non hanno grande incidenza sul mercato dei trasporti della Comunità sono attualmente assoggettate ad aliquote ridotte delle tasse sugli autoveicoli; che, per una transizione ordinata, si dovrebbero autorizzare gli Stati membri a concedere deroghe temporanee alle aliquote minime;(10) che occorrerebbe consentire agli Stati membri di applicare aliquote ridotte o esenzioni agli autoveicoli il cui impiego non sia tale da avere ripercussioni sul mercato dei trasporti della Comunità;(11) che, al fine di tener conto di determinate situazioni speciali, occorrerebbe prevedere una procedura secondo la quale gli Stati membri possono essere autorizzati a conservare ulteriori esenzioni o riduzioni;(12) che le attuali distorsioni di concorrenza non possono essere eliminate solo mediante l'armonizzazione delle tasse o delle accise sul carburante; che, tuttavia, in attesa di forme di prelievo tecnicamente ed economicamente più idonee, le distorsioni possono essere limitate prevedendo la possibilità di conservare o introdurre pedaggi e/o diritti d'utenza per l'uso delle autostrade; che, inoltre, gli Stati membri dovrebbero essere autorizzati a prelevare diritti per l'uso di ponti, gallerie e valichi di montagna;(13) che, date le specifiche condizioni di taluni itinerari alpini, può essere opportuno che uno Stato membro non applichi un sistema di diritti d'utenza in un settore ben definito della sua rete autostradale, onde consentire l'applicazione di un onere connesso con l'infrastruttura;(14) che è necessario che i pedaggi e i diritti d'utenza non siano discriminatori, non comportino eccessive formalità, non creino ostacoli alle frontiere interne; che è necessario, quindi, adottare misure adeguate per consentire il pagamento dei pedaggi e dei diritti d'utenza in qualsiasi momento e con diversi mezzi di pagamento;(15) che le aliquote dei diritti d'utenza dovrebbero essere fissate in funzione della durata dell'uso dell'infrastruttura in questione ed essere differenziate secondo i danni causati dai veicoli stradali;(16) che ai veicoli immatricolati in Grecia dovrebbero essere temporaneamente applicati diritti d'utenza ridotti per tener conto delle difficoltà legate alla sua posizione geopolitica;(17) che, per garantire un'applicazione uniforme dei diritti d'utenza e dei pedaggi, è opportuno stabilire talune modalità di applicazione, quali le caratteristiche delle infrastrutture alle quali si applicano, i livelli massimi di alcune aliquote ed altre condizioni generali da rispettare; che le aliquote medie ponderate dai pedaggi dovrebbero essere connesse con i costi di costruzione, esercizio e sviluppo della rete di infrastrutture di cui trattasi;(18) che gli Stati membri dovrebbero poter destinare alla tutela dell'ambiente e allo sviluppo equilibrato delle reti di trasporto una percentuale dell'importo dei diritti d'utenza o dei pedaggi, a condizione che tale importo sia calcolato conformemente alle disposizioni della presente direttiva;(19) che gli importi previsti nella presente direttiva, espressi nelle unità monetarie nazionali degli Stati membri che adottano l'euro, sono stati fissati il 1o gennaio 1999 allorché il valore dell'euro è stato determinato ai sensi del regolamento (CE) n. 2866/98 del Consiglio, del 31 dicembre 1998, sui tassi di conversione tra l'euro e le monete degli Stati membri che adottato l'euro(9); che è opportuno che gli Stati membri che non adottano l'euro riesaminino annualmente gli importi previsti nella presente direttiva espressi nelle monete nazionali e adeguino, se necessario, tenendo conto delle modifiche nei tassi di cambio; che gli adeguamenti annuali nelle monete nazionali non possono essere obbligatori se la modifica derivante dall'applicazione del nuovo tasso di cambio è inferiore a una certa percentuale;(20) che dovrebbe essere applicato il principio di territorialità; che due o più Stati membri possono collaborare ai fini dell'introduzione di un sistema comune di diritti d'utenza, salva l'osservanza di talune condizioni supplementari;(21) che, in base al principio di proporzionalità, la presente direttiva non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento dei suoi obiettivi, ai sensi dell'articolo 5, terzo comma del trattato;(22) che si dovrebbe prevedere un calendario rigoroso per il riesame delle disposizioni della presente direttiva e, se necessario, per il loro adattamento allo scopo di istituire un sistema di prelievi a carattere maggiormente territoriale,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:CAPO IDisposizioni generaliArticolo 1La presente direttiva riguarda le tasse sugli autoveicoli nonché i pedaggi e i diritti d'utenza gravanti sugli autoveicoli, quali definiti all'articolo 2.La presente direttiva non si applica agli autoveicoli che effettuano trasporti esclusivamente nei territori non europei degli Stati membri.Inoltre, essa non si applica agli autoveicoli immatricolati nelle isole Canarie, a Ceuta e Melilla, e nelle Azzorre e a Madera e che effettuano trasporti esclusivamente in questi territori o tra questi e il territorio continentale rispettivamente della Spagna o del Portogallo.Articolo 2Ai fini della presente direttiva valgono le seguenti definizioni:a) "autostrada", una strada specialmente progettata e costruita per la circolazione automobilistica che non serve le proprietà finitime, e che:i) è dotata, salvo in punti particolari o a titolo temporaneo, di carreggiate distinte per i due sensi di marcia, separate mediante una banda non destinata alla circolazione oppure, in via eccezionale, mediante altri mezzi;ii) non presenta intersezioni a raso con alcun'altra strada, linea ferroviaria o sede tranviaria, o cammino pedonale;iii) è espressamente segnalata come autostrada;b) "pedaggio", il pagamento di una determinata somma per un autoveicolo che effettua un tragitto fra due punti di una delle infrastrutture di cui all'articolo 7, paragrafo 2, basata sulla distanza percorsa e sulla categoria dell'autoveicolo;c) "diritti di utenza", il pagamento di una somma determinata che dà il diritto all'utilizzo da parte di un autoveicolo, per una durata determinata, delle infrastrutture di cui all'articolo 7, paragrafo 2;d) "autoveicolo", un veicolo a motore o un insieme di autoarticolati, adibito esclusivamente al trasporto di merci su strada e che abbia un peso totale a pieno carico autorizzato pari o superiore a 12 tonnellate;e) autoveicolo "EURO I", un veicolo con le caratteristiche di cui alla casella A della tabella di cui alla sezione 8.3.1.1 dell'allegato I della direttiva 88/77/CEE del Consiglio, del 3 dicembre 1987, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai provvedimenti da prendere contro l'emissione di gas inquinanti prodotti dai motori ad accensione spontanea destinati alla propulsione dei veicoli(10);f) autoveicolo "EURO II", un veicolo con le caratteristiche di cui alla casella B della tabella di cui alla sezione 8.3.1.1 dell'allegato I della direttiva 88/77/CEE.CAPO IITasse sugli autoveicoliArticolo 31. Le tasse sugli autoveicoli di cui all'articolo 1 sono le seguenti:- Belgio:taxe de circulation sur les véhicules automobiles//verkeersbelasting op de autovoertuigen;- Danimarca:vægtafgift af motorkøretøjer m.v.;- Germania:Kraftfahrzeugsteuer;- Grecia:Τέλη κυκλοφορίας;- Spagna:a) impuesto sobre vehículos de tracción mecànica,b) impuesto sobre actividades económicas (unicamente per quanto riguarda l'importo dei prelievi riscossi per gli autoveicoli);- Francia:a) taxe spéciale sur certains véhicules routiers,b) taxe différentielle sur les véhicules à moteur;- Irlanda:vehicle excise duty;- Italia:a) tassa automobilistica,b) addizionale del 5 % sulla tassa automobilistica;- Lussemburgo:taxe sur les véhicules automoteurs;- Paesi Bassi:motorrijtuigenbelasting;- Austria:Kraftfahrzeugsteuer;- Portogallo:a) imposto de camionagem,b) imposto de circulação;- Finlandia:varsinainen ajoneuvovero//egentlig fordonsskatt;- Svezia:fordonsskatt;- Regno Unito:a) vehicle excise duty,b) motor vehicles licence.2. Lo Stato membro che sostituisca una delle tasse di cui al paragrafo 1 con un'altra analoga ne informa la Commissione, la quale procede alle necessarie modifiche.Articolo 4Le procedure di riscossione e recupero delle tasse menzionate all'articolo 3 sono stabilite da ciascuno Stato membro.Articolo 5Per quanto riguarda gli autoveicoli immatricolati negli Stati membri, le tasse di cui all'articolo 3 sono riscosse unicamente dallo Stato membro d'immatricolazione.Articolo 61. Qualunque sia la struttura delle tasse di cui all'articolo 3, gli Stati membri stabiliscono le relative aliquote in modo che, per ogni categoria o sottocategoria di autoveicoli di cui all'allegato I, non siano inferiori all'aliquota minima stabilita nell'allegato medesimo.Fino a due anni dopo l'entrata in vigore della direttiva, la Grecia, l'Italia, il Portogallo e la Spagna sono autorizzati ad applicare aliquote più basse, ma non inferiori al 65 % dei minimi stabiliti nell'allegato I.2. Gli Stati membri possono applicare aliquote ridotte o esenzioni:a) agli autoveicoli del ministero della Difesa, della protezione civile, dei servizi antincendio e degli altri servizi di pronto intervento, delle forze dell'ordine, nonché agli autoveicoli adibiti alla manutenzione stradale,b) agli autoveicoli che circolano solo occasionalmente sulla pubblica via dello Stato membro d'immatricolazione e che sono utilizzati da persone fisiche o giuridiche la cui attività principale non è il trasporto di merci, a condizione che i trasporti effettuati da tali veicoli non comportino distorsioni di concorrenza e fatto salvo l'accordo della Commissione.3. a) Il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione, può autorizzare uno Stato membro a mantenere esoneri o riduzioni supplementari delle tasse sugli autoveicoli per motivi inerenti a specifiche politiche di natura socioeconomica o connessi alle infrastrutture dello Stato medesimo. Tali esoneri o riduzioni possono riguardare unicamente autoveicoli immatricolati nello Stato membro in questione che effettuano trasporti esclusivamente all'interno di una parte ben definita del suo territorio.b) Qualunque Stato membro che desideri conservare un siffatto esonero o una siffatta riduzione ne informa la Commissione comunicandole inoltre tutte le informazioni pertinenti. La Commissione informa gli altri Stati membri dell'esonero o della riduzione proposti entro un mese.Si considera che il Consiglio abbia autorizzato il mantenimento dell'esonero o della riduzione proposti se, entro un termine di due mesi a decorrere dalla data alla quale gli altri Stati membri sono stati informati ai sensi del precedente comma, né la Commissione né alcuno Stato membro hanno chiesto che la questione venga esaminata dal Consiglio.4. Fatte salve le disposizioni del paragrafo 1, secondo comma e dei paragrafi 2 e 3 del presente articolo, nonché dell'articolo 6 della direttiva 92/106/CEE del Consiglio, del 7 dicembre 1992, relativa alla fissazione di norme comuni per taluni trasporti combinati di merci tra Stati membri(11), gli Stati membri non possono accordare alcuna esenzione o riduzione delle tasse di cui all'articolo 3, che abbia per effetto di rendere l'importo della tassa inferiore alle aliquote minime di cui al paragrafo 1 del presente articolo.CAPO IIIPedaggi e diritti d'utenzaArticolo 71. Gli Stati membri possono conservare o introdurre pedaggi e/o diritti d'utenza alle condizioni di cui ai paragrafi da 2 a 10.2. a) I pedaggi e i diritti d'utenza sono imposti solo per l'uso di autostrade o altre strade a corsie multiple con caratteristiche analoghe a quelle delle autostrade, dei ponti, delle gallerie e dei valichi di montagna.Tuttavia, in uno Stato membro sprovvisto di rete generale di autostrade o di strade a doppia carreggiata con caratteristiche analoghe, i suddetti oneri possono essere imposti in detto Stato membro all'utenza della categoria di strade più elevata dal punto di vista tecnico.b) Previa consultazione della Commissione, secondo la procedura di cui alla decisione del Consiglio del 21 marzo 1962, relativa all'istituzione di una procedura di esame e di consultazione preventivi per alcune disposizioni legislative, regolamentari o amministrative previste dagli Stati membri nel settore dei trasporti(12),i) i pedaggi e i diritti d'utenza possono essere imposti anche su altre sezioni della rete stradale principale, in particolare- quando lo richiedano ragioni di sicurezza,- in uno Stato membro sprovvisto, nella maggior parte del suo territorio, di una rete coerente di autostrade o di strade a doppia carreggiata aventi caratteristiche analoghe, in detta parte del paese, ma solo sulle strade utilizzate per il trasporto pesante di merci interregionale e internazionale, purché la domanda di traffico e la densità demografica non giustifichi economicamente la costruzione di autostrade o di strade a doppia carreggiata con caratteristiche analoghe;ii) gli Stati membri interessati possono introdurre un regime speciale per le zone frontaliere;iii) l'Austria può esentare dall'applicazione dei diritti d'utenza austriaci il tratto autostradale tra Kufstein e Brennero.3. Per l'utilizzo di uno stesso tratto stradale non possono essere imposti cumulativamente pedaggi e diritti d'utenza. Tuttavia, gli Stati membri possono applicare anche pedaggi per l'utilizzo di ponti, gallerie e valichi di montagna su reti in cui sono riscossi diritti d'utenza.4. I pedaggi e i diritti d'utenza sono applicati senza alcuna discriminazione, diretta o indiretta, fondata sulla nazionalità del trasportatore oppure all'origine o alla destinazione dell'autoveicolo.5. L'applicazione, la riscossione e il controllo del pagamento dei pedaggi e dei diritti d'utenza sono effettuati in modo da intralciare il meno possibile la fluidità del traffico, evitando controlli e verifiche obbligatori alle frontiere interne della Comunità. A tal fine gli Stati membri cooperano per introdurre metodi che consentano ai trasportatori di pagare i diritti d'utenza 24 ore su 24, almeno nei principali punti di vendita, utilizzando qualsiasi comune mezzo di pagamento all'interno e all'esterno degli Stati membri nei quali sono applicati. Gli Stati membri prevedono attrezzature adeguate ai punti di pagamento dei pedaggi e dei diritti d'utenza in modo da mantenere i normali livelli di sicurezza stradale.6. Uno Stato membro può stabilire che gli autoveicoli immatricolati nel suo territorio siano assoggettati a diritti d'utenza per l'utilizzo di tutta la sua rete stradale.7. I diritti d'utenza, comprese le spese amministrative per tutte le categorie di autoveicoli, sono fissati dallo Stato membro interessato ad un importo non superiore all'importo massimo stabilito nell'allegato II.Detto importo massimo viene riesaminato il 1o luglio 2002 e successivamente ogni due anni. Ove necessario, la Commissione propone gli adattamenti appropriati e il Parlamento europeo e il Consiglio deliberano alle condizioni previste dal trattato.Fino a due anni dall'entrata in vigore della presente direttiva, gli Stati membri in cui vige un diritto d'utenza applicano una riduzione del 50 % delle aliquote dei diritti d'utenza per gli autoveicoli immatricolati in Grecia, in ragione della sua posizione geopolitica. La Commissione può decidere di autorizzare di anno in anno la proroga di tale riduzione da parte di detti Stati membri.8. I diritti d'utenza sono proporzionali alla durata dell'utilizzo delle infrastrutture.Uno Stato membro ha facoltà di applicare agli autoveicoli immatricolati nel suo territorio importi unicamente annuali.9. I pedaggi medi ponderati sono in funzione dei costi di costruzione, esercizio e sviluppo della rete di infrastrutture di cui trattasi.10. Fatti salvi i pedaggi medi ponderati di cui al paragrafo 9, gli Stati membri possono differenziare le aliquote dei pedaggi riscossi in funzionea) delle categorie di emissione dei veicoli, a condizione che nessun pedaggio superi di oltre il 50 % il pedaggio imposto ai veicoli equivalenti che soddisfano i requisiti di emissione più severi;b) dell'ora del giorno, a condizione che nessun pedaggio superi di oltre il 100 % del pedaggio imposto durante il periodo del giorno meno costoso.Qualsiasi modulazione dei pedaggi in relazione alle categorie di emissione dei veicoli o dell'ora del giorno è proporzionale all'obiettivo perseguito.Articolo 81. Due o più Stati membri possono cooperare ai fini dell'introduzione di un sistema comune di diritti d'utenza applicabile all'insieme dei loro territori. Tali Stati membri associano strettamente la Commissione alla preparazione di detto sistema, nonché al suo successivo funzionamento e le sue eventuali modifiche.2. Un sistema comune è subordinato alle seguenti condizioni, cumulative rispetto a quelle prescritte dall'articolo 7:a) i diritti d'utenza comuni sono fissate dagli Stati membri partecipanti ad un importo non superiore a quello massimo indicato all'articolo 7, paragrafo 7;b) il pagamento dei diritti d'utenza comuni dà accesso alla rete definita dagli Stati membri partecipanti ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 2;c) altri Stati membri possono aderire al sistema comune;d) gli Stati membri partecipanti elaborano un criterio di ripartizione che consenta di assegnare a ciascuno di loro un'equa parte delle entrate provenienti dai diritti d'utenza.CAPO IVDisposizioni finaliArticolo 91. La presente direttiva lascia non pregiudica l'applicazione da parte degli Stati membri:a) delle tasse o diritti specifici:- riscossi all'atto dell'immatricolazione dell'autoveicolo, oppure- gravanti sugli autoveicoli o i carichi di peso o di dimensioni fuori della norma;b) dei pedaggi di parcheggio e diritti specifici relativi alla circolazione urbana;c) dei diritti regolatori specificamente destinati a combattere le situazioni di congestione del traffico circoscritte a determinati luoghi e momenti.2. La presente direttiva non osta inoltre a che gli Stati membri destinino alla tutela dell'ambiente e allo sviluppo equilibrato delle reti di trasporto una percentuale dell'importo di diritto d'utenza o di pedaggio, a condizione che tale importo sia calcolato a norma dell'articolo 7, paragrafi 7 e 9.Articolo 101. Per l'applicazione della presente direttiva i tassi di cambio tra l'euro e le monete nazionali degli Stati membri che non hanno adottato l'euro sono quelli fissati il primo giorno lavorativo di ottobre e pubblicati nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee; essi si applicano a decorrere dal 1o gennaio dell'anno civile successivo.2. Gli Stati membri che non hanno adottato l'euro hanno la facoltà di mantenere gli importi in vigore al momento dell'adeguamento annuale fatto ai sensi del paragrafo 1, se la conversione di tali importi espressi in euro comporta una modifica espressa in moneta nazionale inferiore al 5 %.Articolo 111. Alle date di cui all'articolo 7, paragrafo 7, secondo comma, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'attuazione della presente direttiva, tenendo conto dell'evoluzione della tecnologia e della congestione del traffico.2. Per consentire alla Commissione di redigere la suddetta relazione, gli Stati membri le forniscono, al più tardi sei mesi prima delle date di cui al paragrafo 1, le informazioni necessarie.3. Gli Stati membri che introducono sistemi elettronici di riscossione dei pedaggi o dei diritti d'utenza cooperano al fine di realizzare un adeguato livello di interoperabilità.Articolo 121. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1o luglio 2000. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nella materia disciplinata dalla presente direttiva. La Commissione ne informa gli altri Stati membri.Articolo 13La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europeeArticolo 14Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Lussemburgo, il 17 giugno 1999.Per il Parlamento europeoIl PresidenteJ. M. GIL-ROBLESPer il ConsiglioIl PresidenteF. MÜNTEFERING(1) GU C 59 del 26.2.1997, pag. 9.(2) GU C 206 del 7.7.1997, pag. 17.(3) Parere espresso il 3 giugno 1999 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(4) Parere del Parlamento europeo del 17 luglio 1997 (GU C 286 del 22.9.1997, pag. 217), posizione comune del Consiglio del 18 gennaio 1999 (GU C 58 dell'1.3.1999, pag. 1) e decisione del Parlamento europeo del 7 maggio 1999 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(5) GU L 316 del 31.10.1992, pag. 12. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 94/74/CE (GU L 365 del 31.12.1994, pag. 46).(6) GU L 316 del 31.10.1992, pag. 19. Direttiva modificata dalla direttiva 94/74/CE.(7) Racc. 1995, pag. I-1827.(8) GU L 279 del 12.11.1993, pag. 32.(9) GU L 359 del 31.12.1998, pag. 1.(10) GU L 36 del 9.2.1988, pag. 33. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 96/1/CE (GU L 40 del 17.2.1996, pag. 1).(11) GU L 368 del 17.12.1992, pag. 38.(12) GU 23 del 3.4.1962, pag. 720/62. Decisione modificata da ultimo dalla decisione 73/402/CEE (GU L 347 del 17.12.1973, pag. 48).ALLEGATO IIMPORTI MINIMI DI IMPOSTA DA APPLICARE SUGLI AUTOVEICOLI>SPAZIO PER TABELLA>>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO IIIMPORTO MASSIMO IN EURO DEI DIRITTI D'UTENZA, COMPRESE LE SPESE AMMINISTRATIVE DI CUI ALL'ARTICOLO 7, PARAGRAFO 7Annuo>SPAZIO PER TABELLA>Mensile e settimanaleL'importo massimo mensile e settimanale delle aliquote è proporzionale alla durata dell'uso delle infrastrutture.GiornalieroIl diritto d'utenza giornaliero è pari a 8 euro per tutte le categorie di veicoli.
Tassazione a carico di autoveicoli pesanti adibiti al trasporto di merci su strada: la direttiva Eurobollo La maggioranza dei paesi dell’Unione europea (UE) tassa i trasportatori per l’uso delle proprie infrastrutture di trasporto, in particolare le strade. L’UE ha introdotto l’Eurobollo con l’intento di recuperare i costi di costruzione, manutenzione, riparazione e ambientali, garantire una concorrenza leale e prevenire la discriminazione. ATTO Direttiva 1999/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 1999, relativa alla tassazione a carico di autoveicoli pesanti adibiti al trasporto di merci su strada per l’uso di alcune infrastrutture. SINTESI CHE COSA FA LA PRESENTE DIRETTIVA? Sostituisce la legislazione precedente, ovvero la direttiva 93/89/CEE annullata dalla Corte di giustizia nel 1995. Armonizza le condizioni alle quali le autorità nazionali possono applicare tasse, pedaggi e diritti d’utenza per le merci trasportate su strada. PUNTI CHIAVE Inizialmente gli oneri finanziari si applicavano solo ai veicoli con un peso totale a pieno carico pari a 12 tonnellate. Dal 2012, questa soglia è stata estesa ai pesi superiori a 3,5 tonnellate. Gli oneri possono essere applicati anche su autostrade, ponti, gallerie e valichi di montagna e altre categorie di strade, Non possono discriminare in base alla nazionalità del trasportatore né alla provenienza o alla destinazione del veicolo. I controlli obbligatori alle frontiere interne all’UE sono vietati. Gli oneri variano a seconda delle emissioni prodotte o del tempo di utilizzo dell’infrastruttura stradale. Le autorità nazionali possono applicare altre tasse in presenza di circostanze specifiche, come ad esempio immatricolazione, carichi anomali e parcheggi o per evitare congestioni. Gli oneri non si applicano ai veicoli registrati nelle isole Canarie, a Ceuta e Melilla, e nelle Azzorre e a Madeira che operano in questi territori o tra questi e la Spagna o il Portogallo. La direttiva 2003/96/CE stabilisce livelli di tassazione minimi per tutti i carburanti. I paesi con diritti d’utenza stradale possono applicare aliquote ridotte per il gasolio utilizzato da tali veicoli. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? Dal 20 luglio 1999. CONTESTO Nel 2014, la Commissione ha adottato una strategia tesa a ridurre il consumo di carburante e le emissioni di CO2 legate al trasporto. Questa ha evidenziato il contributo che le nuove tecnologie, compresi i carburanti alternativi e il passaggio ad altre forme di trasporto potrebbero offrire. Per maggiori informazioni, consultare il sito web sui pedaggi stradali della Commissione europea RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Direttiva 1999/62/CE 20.7.1999 1.7.2000 GU L 187 del 20.7.1999, pag. 42-50 Atti modificatori Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Direttiva 2006/38/CE 10.6.2006 10.6.2008 GU L 157 del 9.6.2006, pag. 8-23 Direttiva 2006/103/CE 1.1.2007 1.1.2007 GU L 363 del 20.12.2006, pag. 344-351 Direttiva 2011/76/UE 15.10.2011 16.10.2013 GU L 269 del 14.10.2011, pag. 1-16. Direttiva 2013/22/UE del Consiglio 1.7.2013 1.7.2013 GU L 158 del 10.6.2013, pag. 356-361 ATTI COLLEGATI Direttiva 2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità (GU L 283 del 31.10.2003, pag. 51). Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo: Strategia per la riduzione del consumo di carburante e delle emissioni di CO2 dei veicoli pesanti, COM(2014) 285 final del 21.5.2014.
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Direttiva 2002/32/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 maggio 2002, relativa alle sostanze indesiderabili nell'alimentazione degli animali - Dichiarazione del Consiglio Gazzetta ufficiale n. L 140 del 30/05/2002 pag. 0010 - 0022 Direttiva 2002/32/CE del Parlamento europeo e del Consigliodel 7 maggio 2002relativa alle sostanze indesiderabili nell'alimentazione degli animaliIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 152, paragrafo 4, lettera b),vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale(2),previa consultazione del Comitato delle regioni,deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(3), visto il progetto comune approvato dal comitato di conciliazione il 26 marzo 2002,considerando quanto segue:(1) Occorre apportare numerose modifiche alla direttiva 1999/29/CE del Consiglio, del 22 aprile 1999, relativa alle sostanze ed ai prodotti indesiderabili nell'alimentazione degli animali(4). A fini di chiarezza e di praticità occorre procedere ad una rifusione della suddetta direttiva.(2) La produzione animale occupa un posto estremamente importante nell'agricoltura della Comunità e il conseguimento di risultati soddisfacenti per la salute pubblica, la salute degli animali, il benessere degli animali, l'ambiente e la situazione economica degli allevatori dipende in ampia misura dall'utilizzazione di mangimi appropriati e di buona qualità.(3) La regolamentazione dell'alimentazione animale è un fattore essenziale per garantire la produttività e la sostenibilità dell'agricoltura, nonché per consentire la salvaguardia della salute pubblica e degli animali, del benessere degli animali e dell'ambiente. Inoltre, serve una regolamentazione esaustiva sull'igiene, per garantire mangimi di buona qualità nelle singole aziende agricole, anche nel caso in cui non siano prodotti commercialmente.(4) Le norme applicabili alla qualità e alla sicurezza dei prodotti destinati all'alimentazione degli animali devono applicarsi egualmente alla qualità e alla sicurezza dell'acqua consumata dagli animali. La definizione di mangimi non preclude che l'acqua possa essere considerata un mangime. Tuttavia l'elenco non esaustivo delle principali materie prime per mangimi, di cui alla direttiva 96/25/CE del Consiglio, del 29 aprile 1996, relativa alla circolazione e all'utilizzazione delle materie prime per mangimi(5), non include l'acqua. Se l'acqua sia da considerare un mangime è una questione da esaminare nell'ambito di tale direttiva.(5) È stato osservato che gli additivi possono contenere sostanze indesiderabili. È pertanto opportuno estendere l'oggetto della direttiva agli additivi.(6) I prodotti destinati all'alimentazione degli animali possono contenere sostanze indesiderabili, in grado di nuocere alla salute degli animali o, per la loro presenza nei prodotti animali, alla salute umana o all'ambiente.(7) È impossibile escludere totalmente la presenza di sostanze indesiderabili ma è importante che la loro quantità nei prodotti destinati all'alimentazione degli animali sia ridotta, con dovuto riguardo alla tossicità acuta, bioaccumulabilità e degradabilità della sostanza, in modo da impedire che si producano effetti indesiderati e nocivi. Al momento è tuttavia inappropriato fissare dette quantità al di sotto del limite di sensibilità dei metodi d'analisi da definire sul piano comunitario.(8) I metodi per stabilire la presenza di residui di sostanze indesiderabili stanno diventando sempre più sofisticati e consentono di rilevare persino residui in quantità trascurabili per la salute umana e degli animali.(9) La presenza di sostanze indesiderabili nei prodotti destinati all'alimentazione degli animali può essere ammessa soltanto alle condizioni stabilite nella presente direttiva e dette sostanze non possono essere utilizzate in altra maniera a fini di alimentazione degli animali. La presente direttiva dovrebbe pertanto lasciare impregiudicate le altre disposizioni di diritto comunitario riguardanti l'alimentazione degli animali e in particolare le norme applicabili ai mangimi composti.(10) La presente direttiva deve applicarsi ai prodotti destinati all'alimentazione degli animali sin dalla loro importazione nella Comunità. Occorre quindi precisare che i livelli massimi di sostanze indesiderabili fissati si applicano in generale dalla data in cui i prodotti destinati all'alimentazione degli animali vengono messi in circolazione o utilizzati in tutte le fasi, e in particolare dalla data di importazione.(11) I prodotti destinati all'alimentazione degli animali devono essere di qualità sana, genuina e commerciabile e quindi, se correttamente utilizzati, non devono costituire un pericolo per la salute umana e degli animali o per l'ambiente e influire sfavorevolmente sulla produzione animale. Dev'essere pertanto vietato utilizzare o mettere in circolazione prodotti destinati all'alimentazione degli animali che presentino un contenuto di sostanze indesiderabili superiore ai livelli massimi contemplati nell'allegato I.(12) È necessario limitare la presenza di alcune sostanze indesiderabili nei mangimi complementari mediante la fissazione di livelli massimi adeguati.(13) In taluni casi è stabilito un livello massimo che tiene conto dei livelli di base, ma è opportuno proseguire le iniziative atte a limitare ai minimi livelli possibili la presenza di certe sostanze indesiderabili specifiche nei prodotti destinati all'alimentazione degli animali, al fine di ridurne la presenza nella catena alimentare. È pertanto opportuno che la presente direttiva preveda la possibilità di fissare soglie d'intervento nettamente inferiori ai livelli massimi stabiliti. In caso di superamento di tali soglie d'intervento si devono effettuare indagini volte ad identificare le fonti delle sostanze indesiderabili e si devono adottare misure atte a ridurre od eliminare tali fonti.(14) Qualora siano minacciati la salute degli animali o dell'uomo o l'ambiente, occorre consentire agli Stati membri di ridurre temporaneamente i livelli massimi fissati o di fissare livelli massimi per altre sostanze ovvero di vietare la presenza di tali sostanze nei prodotti destinati all'alimentazione degli animali. Per garantire un'applicazione uniforme, è necessario decidere in merito alle eventuali modificazioni dell'allegato I della presente direttiva applicando una procedura comunitaria d'urgenza e basandosi su documenti giustificativi e sul principio di precauzione.(15) I prodotti destinati all'alimentazione degli animali conformi alle condizioni della presente direttiva possono essere sottoposti, per quanto riguarda la quantità di sostanze indesiderabili, soltanto alle restrizioni in materia di circolazione previste dalla presente direttiva e dalla direttiva 95/53/CE del Consiglio, del 25 ottobre 1995, che fissa i principi relativi all'organizzazione dei controlli ufficiali nel settore dell'alimentazione animale(6).(16) Per garantire, al momento dell'uso e della commercializzazione dei prodotti destinati all'alimentazione degli animali, il rispetto delle condizioni stabilite per le sostanze indesiderabili, gli Stati membri devono prevedere adeguate disposizioni di controllo, a norma della direttiva 95/53/CE.(17) Una procedura comunitaria appropriata è indispensabile per adattare le disposizioni tecniche fissate negli allegati della presente direttiva all'evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecniche.(18) Per agevolare l'applicazione delle misure prospettate, occorre prevedere una procedura che instauri una stretta cooperazione tra gli Stati membri e la Commissione nell'ambito del comitato permanente degli alimenti per animali istituito con decisione 70/372/CEE del Consiglio(7).(19) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate conformemente alla decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(8),HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 11. La presente direttiva riguarda le sostanze indesiderabili nei prodotti destinati all'alimentazione degli animali.2. La presente direttiva si applica fatte salve le disposizioni di cui:a) alla direttiva 70/524/CEE del Consiglio, del 23 novembre 1970, relativa agli additivi nell'alimentazione degli animali(9);b) alla direttiva 96/25/CE del Consiglio, e alla direttiva 79/373/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, relativa alla commercializzazione degli alimenti composti per animali(10);c) alla direttiva 76/895/CEE del Consiglio, del 23 novembre 1976, che fissa le quantità massime di residui di antiparassitari consentite sugli e negli ortofrutticoli(11), alla direttiva 86/362/CEE del Consiglio, del 24 luglio 1986, che fissa le quantità massime di residui di antiparassitari sui e nei cereali(12), alla direttiva 86/363/CEE del Consiglio, del 24 luglio 1986, che fissa le quantità massime di residui di antiparassitari sui e nei prodotti alimentari di origine animale(13), e alla direttiva 90/642/CEE del Consiglio, del 27 novembre 1990, che fissa le percentuali massime di residui di antiparassitari su e in alcuni prodotti di origine vegetale, compresi gli ortofrutticoli(14), allorché tali residui non figurano nell'allegato I della presente direttiva;d) alla normativa comunitaria relativa alle questioni veterinarie connesse con la salute pubblica e la salute degli animali;e) alla direttiva 82/471/CEE del Consiglio, del 30 giugno 1982, relativa a taluni prodotti impiegati nell'alimentazione degli animali(15);f) alla direttiva 93/74/CEE del Consiglio, del 13 settembre 1993 relativa ai mangimi destinati a particolari fini nutrizionali(16).Articolo 2Ai fini della presente direttiva si intende per:a) "mangimi": i prodotti di origine vegetale o animale, allo stato naturale, freschi o conservati, nonché i derivati della loro trasformazione industriale, come pure le sostanze organiche o inorganiche, semplici o in miscela, comprendenti o no additivi, destinati all'alimentazione degli animali per via orale;b) "materie prime per mangimi": i diversi prodotti di origine vegetale o animale, allo stato naturale, freschi o conservati, nonché i derivati della loro trasformazione industriale, come pure le sostanze organiche o inorganiche, comprendenti o no additivi, destinati all'alimentazione degli animali per via orale, direttamente come tali o previa trasformazione, alla preparazione di mangimi composti oppure ad essere usati come supporto delle premiscele;c) "additivi": additivi quali definiti all'articolo 2, lettera a) della direttiva 70/524/CEE del Consiglio;d) "premiscele": le miscele di additivi o le miscele di uno o più additivi con sostanze usate come supporto, destinate alla fabbricazione di mangimi;e) "mangimi composti": miscele di materie prime per mangimi, comprendenti o no additivi, destinate all'alimentazione animale per via orale, sotto forma di mangimi completi o di mangimi complementari;f) "mangimi complementari": le miscele di mangimi che contengono tassi elevati di alcune sostanze e che, per la loro composizione, assicurano la razione giornaliera soltanto se sono associate ad altri alimenti per gli animali;g) "mangimi completi": le miscele di mangimi che, per la loro composizione, bastano per assicurare una razione giornaliera;h) "prodotti destinati all'alimentazione degli animali": materie prime per mangimi, premiscele, additivi, mangimi ed ogni altro prodotto destinato ad essere utilizzato o già utilizzato per l'alimentazione degli animali;i) "razione giornaliera": la quantità totale di mangimi, sulla base di un tasso di umidità del 12 %, necessaria in media al giorno ad un animale di una specie, di una categoria d'età e di un rendimento determinati, per soddisfare tutti i suoi bisogni;j) "animali": gli animali appartenenti a specie normalmente nutrite e detenute o consumate dall'uomo nonché gli animali che vivono allo stato brado se sono nutriti con mangimi;k) "immissione in circolazione" o "circolazione": la detenzione, compresa l'offerta, di prodotti destinati all'alimentazione degli animali a fini di vendita, o altre forme di trasferimento a terzi, a titolo gratuito o oneroso, nonché la vendita stessa o le altre forme di trasferimento;l) "sostanza indesiderabile": qualsiasi sostanza o prodotto, ad eccezione dei microrganismi patogeni, che sia presente nel e/o sul prodotto destinato all'alimentazione degli animali e costituisca un pericolo potenziale per la salute animale o umana, o l'ambiente, o che potrebbe influire sfavorevolmente sull'allevamento.Articolo 31. I prodotti destinati all'alimentazione degli animali possono essere importati nella Comunità da paesi terzi, messi in circolazione e/o utilizzati soltanto se sono di qualità sana, genuina e commerciabile e, se utilizzati correttamente, non costituiscono un pericolo per la salute umana o animale o per l'ambiente e non influiscono sfavorevolmente sull'allevamento.2. In particolare, non possono essere considerati conformi alle disposizioni del paragrafo 1 i prodotti destinati all'alimentazione degli animali il cui contenuto di sostanze indesiderabili non rispetti i livelli massimi fissati nell'allegato I.Articolo 41. Gli Stati membri prescrivono che le sostanze indesiderabili elencate nell'allegato I della presente direttiva possono essere tollerate nei prodotti destinati all'alimentazione degli animali soltanto alle condizioni previste da tale allegato.2. Per ridurre o eliminare le fonti di sostanze indesiderabili nei prodotti destinati all'alimentazione degli animali, gli Stati membri, in cooperazione con gli operatori economici, effettuano indagini per identificare le fonti di sostanze indesiderabili, sia in caso di superamento dei livelli massimi fissati, sia quando sono riscontrati aumenti dei livelli di tali sostanze, tenendo conto dei livelli di base. Per disporre di un approccio uniforme nei casi di aumento dei livelli può rendersi necessario stabilire delle soglie d'intervento per avviare le indagini. Tali soglie possono essere stabilite nell'allegato II.Gli Stati membri trasmettono alla Commissione e agli altri Stati membri tutte le informazioni e tutti i risultati pertinenti relativi alla fonte e alle misure adottate per ridurre il contenuto di sostanze indesiderabili o eliminarle. Tali informazioni sono trasmesse nel quadro della relazione annuale che deve essere inoltrata alla Commissione conformemente alle disposizioni dell'articolo 22 della direttiva 95/53/CE, tranne nei casi in cui le informazioni abbiano rilevanza immediata per gli altri Stati membri. In quest'ultimo caso le informazioni sono trasmesse immediatamente.Articolo 5Gli Stati membri prescrivono che i prodotti destinati all'alimentazione degli animali in cui il contenuto di sostanza indesiderabile superi il livello massimo fissato nell'allegato I non possano essere mescolati, a scopo di diluizione, con lo stesso prodotto o con altri prodotti destinati all'alimentazione degli animali.Articolo 6Ove non esistano disposizioni particolari in materia, gli Stati membri prescrivono che i mangimi complementari, tenuto conto della proporzione di tali mangimi prescritta nella razione giornaliera, non possano contenere sostanze indesiderabili di cui all'allegato I in quantità superiori a quelle fissate per i mangimi completi.Articolo 71. Se uno Stato membro constata, in seguito a nuovi dati o ad una nuova valutazione dei dati esistenti successiva all'adozione delle disposizioni in questione, che un livello massimo stabilito nell'allegato I oppure una sostanza indesiderabile non menzionata in tale allegato presenta un pericolo per la salute animale o umana o per l'ambiente, esso può provvisoriamente ridurre tale livello massimo, stabilire un livello massimo o vietare la presenza di tale sostanza nei prodotti destinati all'alimentazione degli animali. Esso ne informa immediatamente gli altri Stati membri e la Commissione, precisando i motivi che stanno alla base della sua decisione.2. Secondo la procedura prevista all'articolo 12, viene immediatamente deciso se gli allegati I e II debbano essere modificati.Fino a quando il Consiglio o la Commissione non adottano una decisione, lo Stato membro può mantenere le misure da esso poste in applicazione.Lo Stato membro deve provvedere affinché tale decisione sia resa pubblica.Articolo 81. Conformemente alla procedura di cui all'articolo 11 la Commissione, in considerazione dell'evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecniche, adegua gli allegati I e II.2. Inoltre, conformemente alla procedura di cui all'articolo 11 la Commissione:- adotta periodicamente versioni consolidate degli allegati I e II che incorporino gli adeguamenti apportati ai sensi del paragrafo 1,- può definire i criteri di accettabilità per i processi di detossificazione, in aggiunta ai criteri previsti per i prodotti destinati all'alimentazione degli animali che sono stati sottoposti a tali processi.3. Gli Stati membri provvedono affinché siano prese misure atte a garantire la corretta applicazione di processi ritenuti accettabili ai sensi del paragrafo 2 e affinché i prodotti detossificati destinati all'alimentazione degli animali siano conformi alle disposizioni di cui all'allegato I.Articolo 9Gli Stati membri provvedono affinché i prodotti destinati all'alimentazione degli animali conformi alla presente direttiva siano sottoposti, per quanto riguarda la presenza di sostanze indesiderabili, soltanto alle restrizioni in materia di circolazione previste dalla presente direttiva e dalla direttiva 95/53/CE.Articolo 10Le disposizioni aventi implicazioni per la salute pubblica o animale o per l'ambiente sono adottate previa consultazione del comitato scientifico competente.Articolo 111. La Commissione è assistita dal comitato permanente degli alimenti per animali, istituito dall'articolo 1 della decisione 70/372/CEE.2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente articolo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.3. Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.Articolo 121. La Commissione è assistita dal comitato permanente degli alimenti per animali, istituito dall'articolo 1 della decisione 70/372/CEE.2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente articolo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.3. Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a quindici giorni.Articolo 131. Gli Stati membri applicano ai prodotti destinati all'alimentazione degli animali prodotti nella Comunità e da esportare verso paesi terzi per lo meno le disposizioni della presente direttiva.2. Il paragrafo 1 non pregiudica il diritto degli Stati membri di autorizzare la riesportazione alle condizioni stabilite nell'articolo 12 del regolamento (CE) n. 178/2002(17). Le disposizioni dell'articolo 20 del medesimo regolamento si applicano mutatis mutandis.Articolo 141. La direttiva 1999/29/CE è abrogata a decorrere dal 1o agosto 2003 fatti salvi gli obblighi degli Stati membri in merito ai termini di attuazione di cui all'allegato III, parte B, della stessa, riguardo alle direttive menzionate nella parte A di tale allegato.2. I riferimenti alla direttiva 1999/29/CE si intendono fatti alla presente direttiva e vanno letti secondo la tabella di corrispondenza figurante nell'allegato III.Articolo 15Gli Stati membri adottano e pubblicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 1o maggio 2003. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Le misure adottate si applicano a decorrere dal 1o agosto 2003.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un tale riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 16La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 17Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 7 maggio 2002.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteR. De Rato Y Figaredo(1) GU C 89 E del 28.3.2000, pag. 70 e GU C 96 E del 27.3.2001, pag. 346.(2) GU C 140 del 18.5.2000, pag. 9.(3) Parere del Parlamento europeo del 4 ottobre 2000 (GU C 178 del 22.6.2001, pag. 160), posizione comune del Consiglio del 17 settembre 2001 (GU C 4 del 7.1.2002, pag. 1) e decisione del Parlamento europeo del 12 dicembre 2001 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Decisione del Parlamento europeo del 10 aprile 2002 e decisione del Consiglio del 22 aprile 2002.(4) GU L 115 del 4.5.1999, pag. 32.(5) GU L 125 del 23.5.1996, pag. 35. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2000/16/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 105 del 3.5.2000, pag. 36).(6) GU L 265 dell'8.11.1995, pag. 17. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2001/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 234 dell'1.9.2001, pag. 55).(7) GU L 170 del 3.8.1970, pag. 1.(8) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(9) GU L 270 del 14.12.1970, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 2205/2001 della Commissione (GU L 297 del 15.11.2001, pag. 3).(10) GU L 86 del 6.4.1979, pag. 30. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2002/2/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 63 del 6.3.2002, pag. 23).(11) GU L 340 del 9.12.1976, pag. 26. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2000/57/CE della Commissione (GU L 244 del 29.9.2000, pag. 76).(12) GU L 221 del 7.8.1986, pag. 37. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2002/23/CE della Commissione (GU L 64 del 7.3.2002, pag. 13).(13) GU L 221 del 7.8.1986, pag. 43. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2002/23/CE.(14) GU L 350 del 14.12.1990, pag. 71. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2002/23/CE.(15) GU L 213 del 21.7.1982, pag. 8. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 1999/20/CE (GU L 80 del 25.3.1990, pag. 20).(16) GU L 237 del 22.9.1993, pag. 23. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 1999/29/CE (GU L 115 del 4.5.1999, pag. 32).(17) Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GU L 31 dell'1.2.2002, pag. 1).ALLEGATO I>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO II>PIC FILE= "L_2002140IT.001902.TIF">ALLEGATO IIITABELLA DI CORRISPONDENZA>SPAZIO PER TABELLA>Dichiarazione del ConsiglioGli Stati membri confermano che si adopereranno al massimo per garantire che le misure necessarie per l'attuazione della direttiva siano adottate rapidamente e comunque entro i termini fissati agli articoli 14 e 15.
Garantire un’alimentazione sicura agli animali SINTESI CHE COSA FA QUESTA DIRETTIVA? Stabilisce i livelli massimi di sostanze e prodotti indesiderabili* (contaminanti) negli alimenti per animali disponibili sul mercato dell’Unione europea (comprese le importazioni). Limita i rischi di contaminazione degli alimenti per animali da parte di sostanze e prodotti tossici o che potrebbero influire sfavorevolmente sulla produzione. PUNTI CHIAVE Ambito di applicazione La direttiva si applica a tutti i prodotti destinati all’alimentazione degli animali, comprese le materie prime, gli additivi e i mangimi complementari. Stabilisce un elenco di sostanze indesiderabili e specifica i valori soglia oltre i quali la presenza di tali sostanze nell’alimentazione degli animali è vietata (allegato I). L’elenco comprende sostanze quali determinati metalli pesanti (come piombo e cadmio), la diossina e alcuni pesticidi. L’elenco è regolarmente aggiornato alla luce delle conoscenze scientifiche e tecniche. Indagini Quando vengono superati i livelli massimi, i paesi dell’UE (in collaborazione con le aziende interessate) devono svolgere indagini volte a individuare la fonte delle sostanze. Devono informare la Commissione europea dei risultati e di qualsiasi misura adottata per eliminare o ridurre il livello delle sostanze. Miscele Per prevenire le frodi, la direttiva vieta le miscele (a scopo di diluizione) di prodotti che superano i livelli massimi. Misure provvisorie Qualora un paese dell’UE riesca a dimostrare che il livello massimo fissato per una sostanza può presentare un rischio per la salute animale o umana o per l’ambiente, può provvisoriamente introdurre limiti più severi fino al momento in cui il Consiglio o la Commissione prendono una decisione in merito. Il paese in questione deve garantire che la propria decisione sia resa pubblica. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il 30 maggio 2002. I paesi dell’UE dovevano recepirla nel diritto nazionale entro il 1o maggio 2003. CONTESTO Alimentazione degli animali: sostanze indesiderabili TERMINE CHIAVE * Sostanza indesiderabile: qualsiasi sostanza o prodotto, ad eccezione dei microrganismi patogeni, presente nel e/o sul prodotto destinato all’alimentazione degli animali, che costituisca un pericolo potenziale per la salute animale o umana, o l’ambiente, o che potrebbe influire sfavorevolmente sull’allevamento. ATTO Direttiva 2002/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 maggio 2002, relativa alle sostanze indesiderabili nell’alimentazione degli animali — Dichiarazione del Consiglio (GU L 140 del 30.5.2002, pagg. 10-22) Le successive modifiche alla direttiva 2002/32/CE e ai suoi allegati sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentale. ATTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali (GU L 165 del 30.4.2004, pagg. 1-141). Testo ripubblicato nella rettifica (GU L 191, 28.5.2004, pagg. 1-52). Si veda la versione consolidata.
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32010R1005
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REGOLAMENTO (UE) N. 1005/2010 DELLA COMMISSIONE dell'8 novembre 2010 relativo ai requisiti di omologazione per i dispositivi di rimorchio dei veicoli a motore, che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti dell'omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (Testo rilevante ai fini del SEE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, visto il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, sui requisiti dell'omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (1), in particolare l'articolo 14, paragrafo 1, lettera a), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 661/2009 è un regolamento particolare ai fini della procedura di omologazione comunitaria prevista dalla direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli («direttiva quadro») (2). (2) Il regolamento (CE) n. 661/2009 abroga la direttiva 77/389/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri relative ai dispositivi di rimorchio dei veicoli a motore (3). I requisiti stabiliti in tale direttiva vanno riportati nel presente regolamento e, se necessario, modificati per adeguarli all'evoluzione delle conoscenze scientifiche e tecniche. (3) Il campo di applicazione del presente regolamento corrisponde a quello della direttiva 77/389/CEE e si limita perciò ai veicoli delle categorie M e N. (4) Il regolamento (CE) n. 661/2009 fissa disposizioni di base sui requisiti di omologazione dei veicoli a motore con riferimento ai dispositivi di rimorchio. È pertanto necessario stabilire le procedure, le prove e i requisiti specifici per tale omologazione. (5) Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato tecnico per i veicoli a motore, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Campo di applicazione Il presente regolamento si applica ai veicoli a motore delle categorie M e N, definiti nell'allegato II della direttiva 2007/46/CE. Articolo 2 Definizioni Ai fini del presente regolamento si intende per: (1) «tipo di veicolo per quanto riguarda i dispositivi di rimorchio»: i veicoli che non differiscono per quanto concerne aspetti essenziali come le caratteristiche dei dispositivi di rimorchio; (2) «dispositivo di rimorchio»: un dispositivo a forma di gancio, occhione o altro, a cui è può essere fissata una fune o barra da traino. Articolo 3 Disposizioni relative all'omologazione CE di un veicolo per quanto riguarda i dispositivi di rimorchio 1. Il costruttore o un suo rappresentante presenta alle autorità competenti in materia di omologazione la domanda di omologazione CE per un veicolo per quanto riguarda i dispositivi di rimorchio. 2. La domanda è redatta secondo il modello della scheda informativa figurante nell'allegato I, parte 1. 3. Se i requisiti pertinenti stabiliti nell'allegato II del presente regolamento sono soddisfatti, l'autorità di omologazione rilascia l'omologazione CE e attribuisce un numero di omologazione in conformità al sistema di numerazione di cui all'allegato VII della direttiva 2007/46/CE. Uno Stato membro non può assegnare lo stesso numero a un altro tipo di veicolo. 4. Ai fini del paragrafo 3, l'autorità di omologazione rilascia il certificato di omologazione CE conforme al modello figurante nell'allegato I, parte 2. Articolo 4 Validità ed estensione delle omologazioni rilasciate a norma della direttiva 77/389/CEE Le autorità nazionali autorizzano la vendita e la messa in circolazione dei veicoli omologati anteriormente alla data di cui all'articolo 13, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 661/2009 e continuano a concedere l'estensione dell'omologazione di tali veicoli in conformità alla direttiva 77/389/CEE. Articolo 5 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, l'8 novembre 2010. Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 200 del 31.7.2009, pag. 1. (2) GU L 263 del 9.10.2007, pag. 1. (3) GU L 154 del 13.6.1977, pag. 41. ALLEGATO I Documenti amministrativi per l'omologazione CE dei veicoli a motore per quanto riguarda i dispositivi di rimorchio PARTE 1 Scheda informativa MODELLO Scheda informativa n. … relativa all’omologazione CE di un veicolo a motore per quanto riguarda i dispositivi di rimorchio. Le seguenti informazioni vanno fornite in triplice copia e comprendono un indice. I disegni devono essere forniti in scala adeguata ed essere sufficientemente dettagliati, in formato A4 o in un pieghevole di tale formato. Eventuali fotografie devono contenere sufficienti dettagli. Se i dispositivi, i componenti o le unità tecniche separate di cui alla presente scheda informativa sono controllati elettronicamente, vanno fornite informazioni sul loro funzionamento. 0. GENERALITÀ 0.1. Marca (ragione sociale del costruttore): … 0.2. Tipo: … 0.2.1. Eventuale/i denominazione/i commerciale/i: … 0.3. Mezzi d'identificazione del tipo, se indicati sul veicolo (1): … 0.3.1. Posizione dell'indicazione: … 0.4. Categoria del veicolo (2): … 0.5. Nome e indirizzo del costruttore: … 0.8. Nome e indirizzo dello o degli stabilimenti di montaggio: … 0.9. Nome e indirizzo dell'eventuale rappresentante del costruttore: … 1. CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE GENERALI DEL VEICOLO 1.1. Fotografie e/o disegni di un veicolo rappresentativo: … 2. MASSE E DIMENSIONI (3) (4) 2.8. Massa massima a pieno carico tecnicamente ammissibile dichiarata dal costruttore (5): … 2.11.5. Il veicolo è/non è (6) idoneo a rimorchiare carichi 12. VARIE 12.3. Dispositivo/i di rimorchio 12.3.1. Anteriore: gancio/occhione/altro (6) 12.3.2. Posteriore: gancio/occhione/altro/nessuno (6) 12.3.3. Disegno o fotografia del telaio/parte della carrozzeria del veicolo, che illustri la posizione, la costruzione ed il montaggio del/i dispositivo/i di rimorchio: … Note esplicative PARTE 2 Certificato di omologazione CE MODELLO Formato: A4 (210 × 297 mm) CERTIFICATO DI OMOLOGAZIONE CE Comunicazione concernente: — l'omologazione CE (7) — l'estensione dell'omologazione CE (7) — il rifiuto dell'omologazione CE (7) — la revoca dell'omologazione CE (7) di un tipo di veicolo per quanto riguarda i dispositivi di rimorchio a norma del regolamento (UE) n. 1005/2010, modificato da ultimo dal regolamento (UE) n. …/… (7) Numero di omologazione CE: … Motivo dell'estensione: … SEZIONE I 0.1. Marca (ragione sociale del costruttore): … 0.2. Tipo: … 0.2.1. Eventuale/i denominazione/i commerciale/i: … 0.3. Mezzi d'identificazione del tipo, se indicati sul veicolo (8): … 0.3.1. Posizione dell'indicazione: … 0.4. Categoria del veicolo (9): … 0.5. Nome e indirizzo del costruttore: … 0.8. Nome e indirizzo dello o degli stabilimenti di montaggio: … 0.9. Nome e indirizzo dell'eventuale rappresentante del costruttore: … SEZIONE II 1. Informazioni supplementari: cfr. Addendum. 2. Servizio tecnico incaricato dell'esecuzione delle prove: … 3. Data del verbale di prova: … 4. Numero del verbale di prova: … 5. Eventuali osservazioni: cfr. Addendum. 6. Luogo: … 7. Data: … 8. Firma: … Allegati : Fascicolo di omologazione. Verbale di prova (1) Se i mezzi d'identificazione del tipo contengono caratteri non attinenti alla descrizione dei tipi di veicoli, di componenti o di unità tecniche separate oggetto della presente scheda informativa, tali caratteri sono sostituiti nella documentazione dal simbolo «?» (p.es. ABC??123??). (2) Classificato secondo le definizioni figuranti nell'allegato II, parte A, della direttiva 2007/46/CE. (3) Se esiste una versione con cabina normale e una versione con cabina a cuccetta, indicare le dimensioni e le masse per entrambe le versioni. (4) Norma ISO 612: 1978 — Veicoli stradali — Dimensioni degli autoveicoli e dei veicoli rimorchiati — Termini e definizioni. (5) Indicare i valori massimi e minimi di ogni variante. (6) Cancellare la dicitura non pertinente. (7) Cancellare la dicitura non pertinente. (8) Se i mezzi di identificazione del tipo contengono caratteri non attinenti alla descrizione dei tipi di veicoli, componenti o unità tecnica separata oggetto della presente scheda informativa, tali caratteri sono sostituiti nella documentazione dal simbolo «?» (p. es. ABC??123??). (9) Secondo le definizioni di cui all'allegato II, sezione A, della direttiva 2007/46/CE. Addendum al certificato di omologazione CE n. … 1. Informazioni supplementari: 1.1. Breve descrizione del tipo di veicolo con riferimento a struttura, dimensioni, linee e materiali: … 1.2. Numero totale e posizione del/i dispositivo/i di rimorchio: … 1.3. Metodo di aggancio al veicolo: … 1.4. Massa massima a pieno carico tecnicamente ammissibile del veicolo (kg): … 2. Dispositivo/i di rimorchio anteriore: gancio/occhione/altro (1) smontabile o non smontabile (1) 3. Dispositivo/i di rimorchio posteriore: gancio/occhione/altro/nessuno (1) smontabile o non smontabile (1) 4. Il veicolo è/non è (1) idoneo a rimorchiare carichi. 5. Osservazioni: … (1) Cancellare la dicitura non pertinente. ALLEGATO II Requisiti dei dispositivi di rimorchio 1. REQUISITI PARTICOLARI 1.1. Numero minimo di dispositivi. 1.1.1. Tutti i veicoli a motore devono essere dotati di un dispositivo di rimorchio montato sulla parte anteriore. 1.1.2. I veicoli della categoria M1 di cui all'allegato II, parte A, della direttiva 2007/46/CE, ad eccezione dei veicoli non idonei a rimorchiare un carico, devono essere dotati di un dispositivo di rimorchio sulla parte posteriore. 1.1.3. Un dispositivo di rimorchio posteriore può essere sostituito da un dispositivo di attacco meccanico, come stabilito dal regolamento n. 55 della Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite (UN/ECE) (1), a condizione che siano soddisfatte le prescrizioni del punto 1.2.1. 1.2. Carico e stabilità 1.2.1. Ogni dispositivo di rimorchio montato sul veicolo deve poter sostenere una forza statica di trazione e compressione equivalente ad almeno la metà della massa massima a pieno carico tecnicamente ammissibile del veicolo. 2. PROCEDURA DI PROVA 2.1. I carichi per le prove di trazione e compressione sono applicati separatamente su ciascun dispositivo di rimorchio montato sul veicolo. 2.2. I carichi per le prove sono applicati in senso longitudinale e orizzontale rispetto al veicolo. (1) GU L 373 del 27.12.2006, pag. 50.
Dispositivi di rimorchio dei veicoli a motore QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Stabilisce le norme relative all’omologazione dei dispositivi di rimorchio* dei veicoli a motore. Il suo scopo consiste nell’adattare i requisiti attuali agli sviluppi delle conoscenze scientifiche e tecniche. Rientra nel quadro di attuazione del regolamento (CE) n. 661/2009 sulla sicurezza generale dei veicoli a motore. PUNTI CHIAVE Tipi di veicoli interessati Il presente regolamento si applica alle categorie di veicoli M e N, ossia:ai veicoli a motore progettati e costruiti per il trasporto di persone ed aventi almeno quattro ruote; ai veicoli a motore progettati e costruiti per il trasporto di merci ed aventi almeno quattro ruote. Requisiti per i dispositivi di rimorchioI costruttori hanno l’obbligo di dotare i veicoli di un dispositivo di rimorchio. Ogni dispositivo di rimorchio montato sul veicolo deve poter sostenere una forza statica di trazione e compressione equivalente ad almeno la metà della massa massima a pieno carico tecnicamente ammissibile del veicolo. Il regolamento fissa inoltre delle procedure di prova per testare il materiale. Norme per l’omologazione UE Il fabbricante del veicolo deve presentare all’autorità di omologazione una domanda di omologazione UE. Tale domanda deve contenere determinate informazioni, nello specifico:la marca del veicolo e il tipo di veicolo; la massa massima a pieno carico tecnicamente ammissibile dichiarata dal costruttore; il disegno o la fotografia del telaio o della parte della carrozzeria del veicolo, che illustri la posizione, la costruzione ed il montaggio del dispositivo di rimorchio. Se l’autorità competente ritiene che il veicolo soddisfi tutti i requisiti relativi ai dispositivi di rimorchio, rilascerà l’omologazione UE e attribuirà un numero di omologazione in conformità alla direttiva 2007/46/CE. DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Viene applicato dal 29 novembre 2010. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare:Direttive e regolamenti sui veicoli a motore, i loro rimorchi, dispositivi e componenti (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Dispositivo di rimorchio: un dispositivo a forma di gancio, occhione o altro, a cui può essere fissata una fune o barra da traino. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) n. 1005/2010 della Commissione, dell’8 novembre 2010, relativo ai requisiti di omologazione per i dispositivi di rimorchio dei veicoli a motore, che attua il regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 291 del 9.11.2010, pag. 36). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 661/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativo ai requisiti dell’omologazione per la sicurezza generale dei veicoli a motore, dei loro rimorchi e sistemi, componenti ed entità tecniche ad essi destinati (GU L 200 del 31.7.2009, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 661/2009 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli (Direttiva quadro) (GU L 263 del 9.10.2007, pgg. 1). Si veda la versione consolidata.
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Convenzione per la protezione del Reno - Protocollo di firma Gazzetta ufficiale n. L 289 del 16/11/2000 pag. 0031 - 0037 TRADUZIONEConvenzione per la protezione del RenoI GOVERNIDELLA REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA,DELLA REPUBLICCA FRANCESE,DEL GRANDUCATO DI LUSSEMBURGO,DEL REGNO DEI PAESI BASSI,DELLA CONFEDERAZIONE SVIZZERAE LA COMUNITÀ EUROPEA,desiderosi di operare, basandosi su una visione globale, nel senso di uno sviluppo sostenibile dell'ecosistema del Reno, tenendo conto del patrimonio naturale del fiume, delle sue rive e delle zone alluvionali,desiderosi di rafforzare la cooperazione reciproca ai fini della protezione e del miglioramento dell'ecosistema del Reno,facendo riferimento alla convenzione del 17 marzo 1992 sulla protezione e l'utilizzazione dei corsi d'acqua transfrontalieri e dei laghi internazionali e alla convenzione del 22 settembre 1992 per la protezione dell'ambiente marino dell'Atlantico nordorientale,considerati i lavori svolti nel quadro dell'accordo del 29 aprile 1963 concernente la commissione internazionale per la protezione del Reno dall'inquinamento e dell'accordo addizionale del 3 dicembre 1976,considerando che occorre continuare a migliorare il livello di qualità delle acque ottenuto grazie alla convenzione del 3 dicembre 1976 per la protezione del Reno dall'inquinamento chimico e al programma d'azione "Reno" del 30 settembre 1987,consapevoli del fatto che il risanamento del Reno è necessario anche al fine di proteggere e migliorare l'ecosistema del Mare del Nord,consapevoli dell'importanza del Reno come via navigabile europea e delle diverse utilizzazioni di questo fiume,CONVENGONO QUANTO SEGUE:Articolo 1DefinizioniAgli effetti della presente convenzione si intende per:a) "Reno":Il Reno a partire dall'uscita del Lago Inferiore e nei Paesi Bassi, i rami Bovenrijn, Bijlands Kanaal, Pannerdensch kanaal, IJssel, Nederrijn, Lek, Waal, Boven-Merwede, Beneden-Merwede, Noord, Oude Maas, Nieuwe Maas e Scheur e la Nieuwe Waterweg fino alla linea di base, così come definita dall'articolo 5 in relazione all'articolo 11 della convenzione delle nazioni unite sul diritto del mare, il Ketelmeer e l'IJsselmeer.b) "commissione":la commissione internazionale per la protezione del Reno (CIPR).Articolo 2Campo d'applicazioneIl campo d'applicazione della presente convenzione comprende:a) il Reno;b) le acque sotterranee che interagiscono con il Reno;c) gli ecosistemi acquatici e terrestri che interagiscono con il Reno o il cui rapporto d'interazione con il Reno potrebbe essere ripristinato;d) il bacino del Reno, nella misura in cui l'inquinamento ivi provocato da sostanze nocive può comportare effetti dannosi per il Reno;e) il bacino del Reno quando esso riveste un ruolo importante ai fini della prevenzione delle piene e della protezione contro le inondazioni lungo il Reno.Articolo 3ObiettiviCon la presente convenzione, le parti contraenti intendono perseguire i seguenti obiettivi:1) assicurare lo sviluppo sostenibile dell'ecosistema del Reno, in particolare:a) preservando e migliorando la qualità delle acque del Reno, inclusa la qualità dei materiali in sospensione, dei sedimenti e delle acque sotteranee, in particolare provvedendo a- prevenire, ridurre o eliminare per quanto possibile l'inquinamento provocato da sostanze nocive e nutrienti proveniente da fonti puntuali (per esempio industriali e urbane) e diffuse (per esempio agricoltura e traffico) - incluso l'inquinamento proveniente da acque sotterranee - nonché quello dovuto alla navigazione,- assicurare e migliorare la sicurezza degli impianti e prevenire gli incidenti;b) proteggere le popolazioni di organismi e la diversità delle specie riducendo l'inquinamento degli organismi da parte di sostanze nocive;c) preservare, migliorare e ripristinare la funzione naturale delle acque; assicurare una gestione della portata che tenga conto del flusso naturale dei materiali solidi e che salvaguardi l'interazione tra il fiume, le acque sotterranee e le zone alluvionali; preservare, proteggere e riattivare le zone alluvionali come zone di espansione naturale delle piene;d) preservare, migliorare e ripristinare habitat più naturali possibile per la fauna e la flora selvatiche nell'acqua, sul fondale e sulle rive del fiume e nelle zone adiacenti, nonché migliorare l'habitat dei pesci ripristinando la loro libertà di spostamento;e) assicurare una gestione delle risorse idriche rispettosa dell'ambiente e razionale;f) tener conto delle esigenze ecologiche nell'attuazione di interventi tecnici di sistemazione del corso d'acqua, per esempio ai fini delle protezione contro le inondazioni, della navigazione e dello sfruttamento idroelettrico;2) assicurare la produzione di acqua potabile dalle acque del Reno;3) migliorare la qualità dei sedimenti per poter scaricare o spargere materiali di dragaggio senza danni per l'ambiente;4) prevenire le alluvioni e assicurare la protezione contro le inondazioni in un contesto globale tenendo conto delle esigenze ecologiche;5) contribuire al risanamento del Mare del Nord in connessione con altre azioni di protezione di tale mare.Articolo 4PrincipiA tal fine, le parti contraenti si ispirano ai seguenti principi:a) principio di precauzione;b) principio di prevenzione;c) principio della correzione, preferibilmente alla fonte;d) principio "chi inquina paga";e) principio di non aumento della nocività;f) principio della compensazione in caso di interventi tecnici rilevanti;g) principio dello sviluppo sostenibile;h) applicazione e sviluppo dello stato dell'arte e delle prassi ambientali ottimali;i) principio secondo cui l'inquinamento non deve essere trasferito da una componente ambientale all'altra.Articolo 5Impegni delle parti contraentiAl fine di conseguire gli obiettivi indicati all'articolo 3 e nell'osservanza dei principi enunciati nell'articolo 4, le parti contraenti si impegnano a:1) rafforzare la cooperazione reciproca e informarsi reciprocamente sulle azioni realizzate nei loro territori ai fini della protezione del Reno;2) attuare nei loro territori i programmi di misurazione internazionali e gli studi dell'ecosistema del Reno stabiliti dalla commissione e informare la commissione dei relativi risultati;3) eseguire le analisi necessarie per individuare le cause ed i responsabili dell'inquinamento;4) intraprendere nei loro territori le azioni autonome, che esse riterranno necessarie, e provvedere come minimo a:a) assoggettare gli scarichi di acque usate che possono avere un impatto sulla qualità delle acque ad un'autorizzazione preliminare o ad una regolamentazione generale che fissi i limiti delle emissioni;b) ridurre progressivamente gli scarichi di sostanze pericolose allo scopo di eliminare completamente tali scarichi;c) controllare l'osservanza delle autorizzazioni o delle regolamentazioni generali e gli scarichi;d) esaminare ed adeguare periodicamente le autorizzazioni o le regolamentazioni generali ogniqualvolta ciò sia reso possibile da progressi sostanziali dello stato dell'arte ovvero sia necessario per via delle condizioni dell'ambiente ricevente;e) ridurre il più possibile attraverso apposite regolamentazioni i rischi di inquinamento dovuto ad incidenti e adottare appropriate misure di emergenza;f) assoggettare gli interventi tecnici che possono incidere in maniera rilevante sull'ecosistema ad un'autorizzazione preliminare subordinata agli obblighi necessari o ad una regolamentazione generale;5) intraprendere le azioni necessarie sul loro territorio per mettere in atto le decisioni della commissione conformemente all'articolo 11;6) avvertire senza ritardo, in caso di incidente che possa comportare rischi per la qualità delle acque del Reno o qualora sia prevista un'inondazione imminente, la commissione e le parti contraenti che possono subire danni, secondo i piani di allarme e di allerta coordinati dalla commissione.Articolo 6Commissione1. Ai fini dell'attuazione della presente convenzione, le parti contraenti continuano a cooperare nel contesto della commissione.2. La commissione ha personalità giuridica. Nel territorio delle parti contraenti, essa ha la capacità giuridica attribuita alle persone giuridiche dal diritto nazionale. Essa è rappresentata dal suo presidente.3. In materia di diritto del lavoro e previdenza sociale si applica la legge vigente nel luogo in cui la commissione ha sede.Articolo 7Organizzazione della commissione1. La commissione è composta dalle delegazioni delle parti contraenti. Ciascuna parte contraente designa i propri delegati, tra cui il capo della delegazione.2. Le delegazioni possono servirsi della collaborazione di esperti.3. La commissione è presieduta a turno per tre anni consecutivi da ciascuna delegazione nello stesso ordine con cui sono elencate le parti contraenti nel preambolo. La delegazione che assume la presidenza designa il presidente della Commissione. Il presidente non può svolgere funzioni di portavoce per la sua delegazione.Se una parte contraente rinuncia al diritto di presiedere la commissione, la presidenza viene assunta dalla parte contraente successiva.4. La commissione adotta il proprio regolamento interno e finanziario.5. La commissione delibera in merito all'organizzazione interna, alla struttura di lavoro che essa ritiene opportuna e al bilancio annuale di funzionamento.Articolo 8Funzioni della commissione1. Al fine di conseguire gli obiettivi stabiliti dall'articolo 3, la commissione svolge le seguenti funzioni:a) prepara i programmi internazionali di misurazione e gli studi dell'ecosistema del Reno e ne utilizza i risultati, se del caso in cooperazione con organismi scientifici;b) elabora proposte di azioni individuali e programmi d'azione, integrati, se del caso, da strumenti economici, tenendo conto dei costi previsti;c) coordina i piani di allarme e di allerta degli Stati contraenti relativi al Reno;d) valuta l'efficacia delle azioni deliberate, in particolare sulla base delle relazioni delle parti contraenti, dei risultati dei programmi internazionali di misurazione e degli studi dell'ecosistema del Reno;e) svolge ogni altra funzione che le venga affidata dalle parti contraenti.2. A tal fine, la Commissione adotta decisioni in conformità degli articoli 10 e 11.3. La commissione redige una relazione annuale sulle attività destinata alle parti contraenti.4. La commissione informa il pubblico sullo stato del Reno e sui risultati dei propri lavori. Essa può redigere e pubblicare relazioni.Articolo 9Assemblee plenarie della commissione1. La commissione si riunisce in assemblea plenaria ordinaria una volta all'anno su convocazione del presidente.2. Il presidente, di propria iniziativa o su domanda di almeno due delegazioni, può convocare assemblee plenarie straordinarie.3. Il presidente propone l'ordine del giorno. Ciascuna delegazione ha diritto di far iscrivere all'ordine del giorno i punti che essa desidera sottoporre all'esame dell'assemblea.Articolo 10Assunzione delle decisioni della commissione1. Le decisioni della Commissione sono prese all'unanimità.2. Ciascuna delegazione dispone di un voto.3. Tuttavia, se un'azione che le parti contraenti devono attuare in conformità dell'articolo 8, paragrafo 1, lettera b), rientra nella competenza della Comunità europea, quest'ultima esercita il suo diritto di voto con un numero di voti uguale al numero dei suoi Stati membri che sono parti contraenti alla presente convenzione, nonostante il paragrafo 2. La Comunità europea non esercita il suo diritto di voto nel caso in cui votino i suoi Stati membri e viceversa.4. L'astensione di una sola delegazione non costituisce un ostacolo all'unanimità. Tale disposizione non si applica alla delegazione della Comunità europea. L'assenza di una delegazione equivale ad un'astensione.5. Il regolamento interno può prevedere una procedura scritta.Articolo 11Attuazione delle decisioni della commissione1. La commissione rivolge alle parti contraenti, sotto forma di raccomandazioni, le sue decisioni relative alle azioni menzionate all'articolo 8, paragrafo 1, lettera b), che devono essere attuate conformemente al diritto nazionale delle parti contraenti.2. La commissione può stabilire che tali decisioni:a) siano applicate dalle parti contraenti secondo un calendario;b) siano attuate coordinatamente.3. Le parti contraenti sono tenute a comunicare periodicamente alla commissione:a) i provvedimenti legislativi, regolamentari o di altro tipo adottati ai fini dell'attuazione delle disposizioni della presente convenzione e in base alle decisioni della commissione;b) i risultati delle azioni realizzate ai sensi della lettera a);c) i problemi sorti nell'attuazione delle azioni di cui alla lettera a).4. Se una parte contraente non può attuare in tutta o in parte le decisioni della commissione, deve compilare una relazione entro un termine appositamente fissato dalla commissione specificandone i motivi. Ciascuna delegazione può presentare una domanda di consultatzione che deve essere evasa nel termine di due mesi.Sulla base delle relazioni delle parti contraenti o delle consultazioni, la commissione può stabilire che siano intraprese azioni intese ad agevolare l'attuazione delle decisioni.5. La commissione tiene un elenco delle proprie decisioni rivolte alle parti contraenti. Le parti contraenti aggiornano ogni anno l'elenco della commissione, comunicando alla stessa lo stato di attuazione delle decisioni della commissione almeno due mesi prima dell'assemblea plenaria della commissione.Articolo 12Segretariato della commissione1. La commissione dispone di un segretariato permanente che esercita le funzioni assegnategli dalla commissione. Il segretariato è diretto da un segretario esecutivo.2. Le parti contraenti stabiliscono il luogo in cui ha sede il segretariato.3. La commissione nomina il segretario esecutivo.Articolo 13Ripartizione dei costi1. Ciascuna parte contraente sostiene i costi relativi alla propria rappresentanza in seno alla commissione e alla sua struttura di lavoro e ciascuno Stato contraente sostiene i costi degli studi e delle azioni attuate sul suo territorio.2. La ripartizione dei costi del bilancio annuale di funzionamento tra le parti contraenti è stabilita dal regolamento interno e finanziario della commissione.Articolo 14Cooperazione con altri Stati, altre organizzazioni ed esperti esterni1. La commissione coopera con altre organizzazioni intergovernative e può rivolgere loro raccomandazioni.2. La commissione può conferire lo stato di osservatori:a) agli Stati che hanno interesse ai lavori della commissione;b) alle organizzazioni intergovernative che svolgono attività connesse alla convenzione;c) alle organizzazioni non governative qualora tratti materie di loro interesse o connesse alle loro attività.3. La commissione scambia informazioni con organizzazioni non governative qualora tratti materie di loro interesse o connesse alle loro attività. La commissione in particolare consulta tali organizzazioni prima di deliberare, quando devono essere assunte decisioni, che possono avere conseguenze rilevanti per tali organizzazioni, e le informa successivamente delle decisioni adottate.4. Gli osservatori possono sottoporre alla commissione informazioni o relazioni rilevanti ai fini degli obiettivi della convenzione e possono essere invitati a partecipare alle riunioni della commissione senza diritto di voto.5. La commissione può decidere di consultare esponenti specializzati di organizzazioni non governative riconosciute o altri esperti esterni e può invitarli a partecipare alle riunioni della commissione.6. II regolamento interno e finanziario determina le modalità di cooperazione e le condizioni di ammissione e di partecipazione.Articolo 15Lingue di lavoroLe lingue di lavoro della commissione sono il tedesco, il francese e l'olandese. Le relative modalità sono stabilite nel regolamento interno e finanziario.Articolo 16Soluzione delle controversie1. In caso di controversia tra le parti contraenti sull'interpretazione o l'applicazione della convenzione, le parti si impegnano a cercare una soluzione per via negoziale o con ogni altro metodo di soluzione delle controversie che esse ritengono accettabile.2. Salvo diverso accordo tra le parti della controversia, le controversie che non possono essere risolte in tal modo sono sottoposte, su richiesta di una di dette parti, al procedimento di arbitrato previsto dall'allegato alla presente convenzione, che forma parte integrante della stessa.Articolo 17Entrata in vigoreCiascuna parte contraente notifica al governo della Confederazione svizzera l'avvenuto espletamento delle procedure previste dall'ordinamento nazionale per l'entrata in vigore della convenzione. Il governo della confederazione svizzera dà conferma del ricevimento delle notifiche e ne informa le altre parti contraenti. La convenzione entra in vigore il primo giorno del secondo mese successivo al ricevimento dell'ultima notifica.Articolo 18Denuncia1. Decorsi tre anni dalla data di entrata in vigore, la presente convenzione può essere denunciata in qualsiasi momento da ciascuna delle parti contraenti con dichiarazione scritta inviata al governo della Confederazione svizzera.2. La denuncia della convenzione ha effetto allo spirare dell'anno successivo a quello della denuncia.Articolo 19Abrogazione e validità del diritto in vigore1. Con l'entrata in vigore della presente convenzione, fermi restando i paragrafi 2 e 3 del presente articolo, sono abrogati:a) l'accordo del 29 aprile 1963 concernente la commissione internazionale per la protezione del Reno dall'inquinamento;b) l'accordo addizionale del 3 dicembre 1976 all'accordo del 29 aprile 1963 concernente la commissione internazionale per la protezione del Reno dall inquinamento;c) la convenzione del 3 dicembre 1976 per la protezione del Reno dall'inquinamento chimico.2. Le decisioni, le raccomandazioni, i valori limite e gli altri atti adottati sulla base dell'accordo del 29 aprile 1963 concernente la commissione internazionale per la protezione del Reno dall'inquinamento e dell'accordo addizionale del 3 dicembre 1976, nonché sulla base della convenzione del 3 dicembre 1976 per la protezione del Reno dall'inquinamento chimico, restano applicabili senza alcun mutamento della loro natura giuridica, salvo che siano espressamente abrogati dalla commissione.3. La ripartizione dei costi relativi al bilancio annuale di funzionamento stabilita dall'articolo 12 dell'accordo del 29 aprile 1963 concernente la commissione internazionale per la protezione del Reno dall'inquinamento, modificata dall'accordo addizionale del 3 dicembre 1976, resta in vigore fino a quando la commissione non avrà stabilito una ripartizione nel proprio regolamento interno e finanziario.Articolo 20Testo originale e depositoLa presente convenzione, redatta in lingua francese, olandese e tedesca, i tre testi facenti ugualmente fede, è depositata negli archivi del governo della Confederazione svizzera che ne invia una copia certificata conforme a ciascuna parte contraente.Fatto a Berna, addì 12 aprile 1999.Per i governidella Repubblica federale di Germania,del Regno dei Paesi Bassi,della Repubblica francese,della Confederazione svizzera,del Granducato di Lussemburgo,Per la Comunità europea.ALLEGATOARBITRATO1. Salvo che le parti della controversia dispongano diversamente, il procedimento di arbitrato è disciplinato dalle disposizioni del presente allegato.2. Il tribunale arbitrale è composto di tre membri. Ciascuna delle parti della controversia nomina un arbitro; i due arbitri così nominati designano di comune accordo il terzo arbitro, che assume la presidenza del tribunale.Se il presidente del tribunale non viene designato nel termine di due mesi dalla designazione del secondo arbitro, il presidente della Corte internazionale di giustizia procede, a richiesta della parte più diligente, alla sua designazione entro un nuovo termine di due mesi.3. Se, nel termine di due mesi dal ricevimento della richiesta di cui all'articolo 16 della convenzione, una delle parti della controversia non ha proceduto alla designazione, di cui ha l'onere, di un membro del tribunale, l'altra parte può rivolgersi al presidente della Corte internazionale di giustizia, che designa il presidente del tribunale arbitrale entro un nuovo termine di due mesi. Non appena è stato designato, il presidente del tribunale arbitrale entro un nuovo termine di due mesi. Non appena è stato designato, il presidente del tribunale arbitrale chiede alla parte che non ha nominato l'arbitro di provvedervi nel termine di due mesi. Decorso tale termine, egli si rivolge al presidente della Corte internazionale di giustizia, che procede alla nomina dell'arbitro entro un nuovo termine di due mesi.4. Se nei casi indicati nei precedenti paragrafi sussiste un impedimento all'operato del presidente della Corte internazionale di giustizia ovvero se questo è cittadino di una delle parti della controversia, la designazione del presidente del tribunale arbitrale o la nomina dell'arbitro spetta al vicepresidente della Corte o al membro più anziano della Corte per il quale non sussista impedimento e che non sia cittadino di una delle parti della controversia.5. Le disposizioni precedenti si applicano, per analogia, per provvedere alla copertura dei seggi divenuti vacanti.6. Il tribunale arbitrale decide secondo le norme del diritto internazionale e, in particolare secondo le disposizioni della convenzione.7. Le decisioni del tribunale arbitrale, sia sulla procedura che sul merito, sono prese a maggioranza dei voti dei suoi membri; l'assenza o l'astensione di uno dei membri del tribunale designati dalle parti non impediscono al tribunale di deliberare. In caso di parità dei voti, prevale il voto del presidente. Le decisioni del tribunale sono vincolanti per le parti. Queste ultime sostengono le spese dell'arbitro che hanno designato e si dividono in parti uguali le altre spese. Per gli altri punti, il tribunale arbitrale regola esso stesso la procedura.8. In caso di controversia fra due parti contraenti, delle quali una soltanto è Stato membro della Comunità europea, anch'essa parte contraente, l'altra parte rivolge la richiesta sia a questo Stato membro che alla Comunità, che le notificano la risposta congiuntamente, nel termine di due mesi dal ricevimento della richiesta, se lo Stato membro, la Comunità o lo Stato membro e la Comunità congiuntamente si costituiscono parte della controversia. In mancanza di tale notifica nel termine prescritto, lo Stato membro e la Comunità sono considerati, ai fini dell'applicazione delle disposizioni del presente allegato, come una sola e stessa parte della controversia. La stessa disposizione si applica qualora lo Stato membro e la Comunità si costituiscano congiuntamente parte della controversia.PROTOCOLLO DI FIRMAAll'atto della firma della convenzione per la protezione del Reno i capi delle delegazioni in seno alla commissione internazionale per la protezione del Reno convengono quanto segue:1) La convenzione lascia impregiudicati i seguenti atti:a) la convenzione del 3 dicembre 1976 per la protezione del Reno dall'inquinamento da cloruri;b) lo scambio di lettere del 29 aprile/13 maggio 1983 concernente detta convenzione, entrato in vigore il 5 luglio 1985;c) la dichiarazione dell'11 dicembre 1986 dei capi di delegazione dei governi che sono parti contraenti all'accordo del 29 aprile 1963 concernente la commissione internazionale per la protezione del Reno dall'inquinamento;d) il protocollo addizionale del 25 settembre 1991 concernente la convenzione del 3 dicembre 1976 per la protezione del Reno dell'inquinamento da cloruri;e) la dichiarazione del 25 settembre 1991 dei capi di delegazione dei governi che sono parti dell'accordo del 29 aprile 1963 concernente la commissione internazionale per la protezione del Reno dall'inquinamento.2) Lo "stato dell'arte" e la "tecnologia ottimale disponibile" sono espressioni sinonime e, al pari dell'espressione "prassi ambientali ottimali", devono essere intese nel contesto della convenzione per la protezione del Reno nel senso inteso dalla convenzione del 17 marzo 1992 sulla protezione e l'utilizzazione dei corsi d'acqua trasfrontalieri e dei laghi internazionali (allegati I e II) e dalla convenzione del 22 settembre 1992 per la protezione dell'ambiente marino dell'Atlantico nordorientale (allegato 1).3) La sede della commissione rimane a Coblenza.4) Per la composizione di qualsiasi controversia tra Stati membri della Comunità europea nella quale non siano coinvolti altri Stati, si applica l'articolo 219 del trattato che istituisce la Comunità europea.Fatto a Berna, addì 12 aprile 1999.Per i governidella Repubblica federale di Germania,del Regno dei Paesi Bassi,della Repubblica francese,della Confederazione svizzera,del Granducato di Lussemburgo,per la Comunità europea.
Convenzione per la protezione del Reno QUAL È LO SCOPO DELLA CONVENZIONE E DELLA DECISIONE? La convenzione mira a garantire che i paesi firmatari lavorino per lo sviluppo sostenibile dell’ecosistema del Reno sulla base di un approccio globale che tenga conto della ricchezza naturale del fiume, delle sue rive e delle pianure alluvionali. La decisione conclude la convenzione per conto della Comunità europea (ora l’Unione europea). La convenzione sostituisce e abroga:l’accordo del 1963 concernente la commissione internazionale per la protezione del Reno dall’inquinamento,l’accordo addizionale del 1976 all’accordo del 1963 concernente la commissione internazionale per la protezione del Reno dall’inquinamento, ela convenzione del 1976 per la protezione del Reno dall’inquinamento chimico. PUNTI CHIAVE Gli obiettivi della convenzione sono i seguenti:lo sviluppo sostenibile dell’ecosistema del Reno mediante:il mantenimento e il miglioramento della qualità delle acque del Reno e della sua funzione naturale;la protezione della diversità delle specie;la riduzione dell’inquinamento;la conservazione e il miglioramento degli habitat naturali per la fauna e la flora selvatiche;la gestione delle risorse idriche rispettosa dell’ambiente e razionale;la presa in considerazione delle esigenze ecologiche nello sviluppo della via navigabile; la produzione di acqua potabile; il miglioramento della qualità dei sedimenti; la protezione contro le inondazioni; il coordinamento con le misure di protezione del Mare del Nord.I paesi rivieraschi (i paesi attraverso i quali scorre il Reno) si impegnano a:intraprendere insieme azioni per proteggere il Reno; attuare programmi e studi sul fiume; individuare le cause e i responsabili dell’inquinamento; garantire che le misure tecniche che possono avere un grave impatto sull’ecosistema, così come gli scarichi di acque reflue e di sostanze pericolose, siano soggetti ad autorizzazione preventiva; ridurre i rischi di incidenti ambientali.La commissione internazionale per la protezione del Reno (CIPR) è composta da rappresentanti degli Stati contraenti. È presieduta a turno da questi Stati. Prende decisioni all’unanimità e le comunica alle parti contraenti. I suoi compiti sono:preparare studi e programmi sull’ecosistema del Reno; presentare proposte di azioni; valutare l’efficacia delle azioni svolte; coordinare gli allarmi e gli avvisi; informare l’opinione pubblica sullo stato del Reno e sui risultati del suo lavoro.Ogni anno la CIPR redige una relazione sulle attività e la presenta alle parti contraenti. Le parti contraenti riferiscono regolarmente alla CIPR sulle misure legislative, regolamentari e di altro tipo adottate per attuare la convenzione e sui risultati di tali misure. Nel febbraio 2020, in occasione di una conferenza ministeriale ad Amsterdam, gli Stati rivieraschi si sono riuniti per fare il punto sull’attuazione del programma «Rhine 2020» della CIPR. Hanno inoltre adottato il nuovo programma «Rhine 2040» per il successivo periodo di 20 anni. ENTRATA IN VIGORE La convenzione è entrata in vigore il 1o gennaio 2003. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si consulti:Valutazione Rhine 2020 — brochure (ICPR) I ministri continuano la storia di successo e adottano il programma «Rhine 2040» — comunicato stampa (CIPR). DOCUMENTI PRINCIPALI Convenzione per la protezione del Reno — Protocollo di firma (GU L 289 del 16.11.2000, pag. 31). Decisione del Consiglio 2000/706/CE, del 7 novembre 2000, concernente la conclusione, a nome della Comunità, della convenzione per la protezione del Reno (GU L 289 del 16.11.2000, pag. 30). DOCUMENTI CORRELATI Direttiva 2007/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativa alla valutazione e alla gestione dei rischi di alluvioni (GU L 288 del 6.11.2007, pag. 27). Direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria nel campo della politica per le acque (GU L 327 del 22.12.2000, pag. 1). Le successive modifiche alla direttiva 2000/60/CE sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
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Direttiva 2001/84/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, relativa al diritto dell'autore di un'opera d'arte sulle successive vendite dell'originale Gazzetta ufficiale n. L 272 del 13/10/2001 pag. 0032 - 0036 Direttiva 2001/84/CE del Parlamento europeo e del Consigliodel 27 settembre 2001relativa al diritto dell'autore di un'opera d'arte sulle successive vendite dell'originaleIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 95,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale(2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(3), visto il progetto comune approvato dal comitato di conciliazione il 6 giugno 2001,considerando quanto segue:(1) Nel campo del diritto d'autore s'intende per diritto sulle successive vendite di un originale il diritto incedibile e inalienabile, di cui gode l'autore di un'opera d'arte figurativa, ad una cointeressenza economica nelle vendite successive dell'originale dell'opera stessa.(2) Il diritto sulle successive vendite è un diritto frugifero, che consente all'autore di percepire un compenso ogniqualvolta l'opera venga alienata. L'oggetto del diritto è costituito dall'opera materiale, ossia dal supporto in cui s'incorpora l'opera protetta.(3) Il diritto sulle successive vendite mira ad assicurare agli autori d'opere d'arte figurativa la partecipazione economica al successo delle loro opere. Detto diritto tende a ristabilire l'equilibrio tra la situazione economica degli autori d'opere d'arte figurative e quella degli altri creatori che traggono profitto dalle successive utilizzazioni delle loro opere.(4) Il diritto sulle successive vendite è parte integrante del diritto d'autore e costituisce una prerogativa essenziale degli autori. L'imposizione di un tale diritto in tutti gli Stati membri risponde alla necessità di garantire ai creatori un livello di tutela adeguato e uniforme.(5) Conformemente all'articolo 151, paragrafo 4, del trattato, la Comunità deve tener conto degli aspetti culturali nell'azione che svolge ai sensi di altre disposizioni del trattato stesso.(6) La convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche stabilisce che il diritto sulle successive vendite si applica solo ove la legislazione nazionale del paese dell'autore lo ammetta. Tale diritto è di conseguenza facoltativo e soggetto alla clausola della reciprocità. Dalla giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee sull'applicazione del principio di non discriminazione di cui all'articolo 12 del trattato, precisato nella sentenza del 20 ottobre 1993, cause riunite C 92/92 e C-326/92, Phil Collins e altri(4), risulta che non si possono invocare le clausole di reciprocità contenute in certe disposizioni nazionali per rifiutare ai cittadini di altri Stati membri i diritti conferiti agli autori nazionali. L'applicazione di tali clausole nel contesto comunitario è contraria al principio della parità di trattamento insito nel divieto di ogni discriminazione basata sulla nazionalità.(7) Alla luce del processo di internazionalizzazione del mercato dell'arte moderna e contemporanea nella Comunità, cui stanno imprimendo un'accelerazione gli effetti della cosiddetta nuova economia, e in un contesto normativo in cui pochi paesi, al di fuori dell'Unione europea, riconoscono il diritto sulle successive vendite di opere d'arte, è essenziale che la Comunità europea avvii negoziati, a livello internazionale, per sancire l'obbligatorietà dell'articolo 14 ter della convenzione di Berna.(8) L'esistenza stessa del mercato internazionale, unita al fatto che in vari Stati membri il diritto sulle successive vendite di opere d'arte non esiste e che i regimi nazionali che lo riconoscono non sono uniformi, rende essenziale fissare disposizioni transitorie, tanto in relazione all'entrata in vigore di tale diritto quanto alla sua disciplina sostanziale, atte a salvaguardare la competitività del mercato europeo.(9) Il diritto sulle successive vendite di opere d'arte è attualmente previsto dal diritto nazionale della maggior parte degli Stati membri. Quando esistono norme in questo settore, esse presentano caratteristiche diverse, in particolare per quanto riguarda le opere cui si applica, i beneficiari del diritto, le percentuali applicate, le operazioni soggette a tale diritto, nonché la base per il calcolo. L'applicazione o la non applicazione di tale diritto incide in misura significativa sulle condizioni di concorrenza nel mercato interno, in quanto l'esistenza o l'inesistenza dell'obbligo di versamento sulla base del diritto sulle successive vendite di opere d'arte deve essere presa in considerazione da chiunque desideri procedere alla vendita di un'opera d'arte. Questo diritto è pertanto uno dei fattori che contribuiscono a falsare la concorrenza e a creare fenomeni di delocalizzazione delle vendite all'interno della Comunità.(10) Tali disparità sul piano dell'esistenza del diritto sulle successive vendite di opere d'arte e della relativa applicazione da parte degli Stati membri hanno effetti negativi diretti sul buon funzionamento del mercato interno delle opere d'arte, previsto dall'articolo 14 del trattato. In una tale situazione, l'articolo 95 del trattato costituisce la base giuridica appropriata.(11) Fra gli obiettivi della Comunità definiti nel trattato rientrano la creazione di un'unione sempre più stretta tra i popoli europei, il rafforzamento dei legami fra gli Stati appartenenti alla Comunità e il loro progresso economico e sociale, mediante un'azione comune destinata ad eliminare le barriere che dividono l'Europa. A tal fine il trattato prevede l'instaurazione di un mercato interno che implica l'eliminazione degli ostacoli alla libera circolazione delle merci, la libera prestazione dei servizi e la libertà di stabilimento, nonché l'istituzione di un regime inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata nel mercato interno. L'armonizzazione delle normative degli Stati membri sul diritto sulle successive vendite di opere d'arte contribuisce alla realizzazione di questi obiettivi.(12) La sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme(5), istituisce progressivamente un regime comunitario di imposizione che si applica fra l'altro alle opere d'arte. Le misure limitate all'ambito fiscale non bastano a garantire il funzionamento armonioso del mercato delle opere d'arte. Tale obiettivo non può essere realizzato senza l'armonizzazione in materia di diritto sulle successive vendite di opere d'arte.(13) È opportuno sopprimere le attuali differenze legislative che hanno un effetto distorsivo sul funzionamento del mercato interno ed impedire che emergano nuove differenze, dello stesso tipo. Non occorre peraltro eliminare o impedire il manifestarsi di differenze che non sono tali da arrecare pregiudizio al funzionamento del mercato interno.(14) Un presupposto per il corretto funzionamento del mercato interno è l'esistenza di condizioni di concorrenza non falsate. Le differenze esistenti nelle disposizioni nazionali in materia di diritto sulle successive vendite di opere d'arte danno luogo a distorsioni di concorrenza nonché a fenomeni di delocalizzazione delle vendite all'interno della Comunità e comportano disparità di trattamento tra gli artisti a seconda di dove sono vendute le loro opere. La questione in esame presenta quindi aspetti transnazionali che non possono essere disciplinati in modo soddisfacente dall'azione degli Stati membri. La carenza di un'iniziativa comunitaria contravverrebbe all'obbligo previsto dal trattato di correggere le distorsioni di concorrenza e le disparità di trattamento.(15) Data l'importanza delle divergenze esistenti tra le disposizioni nazionali, è quindi necessario adottare misure di armonizzazione per ovviare alle disparità esistenti tra le normative degli Stati membri in settori nei quali tali disparità potrebbero creare o mantenere condizioni di concorrenza falsate. Non occorre tuttavia armonizzare ogni disposizione delle legislazioni degli Stati membri in materia di diritto sulle successive vendite di opere d'arte e nell'intento di lasciare il più ampio margine possibile a decisioni nazionali, è sufficiente limitare l'armonizzazione alle disposizioni nazionali che più direttamente si ripercuotono sul funzionamento del mercato interno.(16) La presente direttiva è del tutto rispondente ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità sanciti dall'articolo 5 del trattato.(17) Secondo la direttiva 93/98/CEE del Consiglio, del 29 ottobre 1993, concernente l'armonizzazione della durata di protezione del diritto d'autore e di alcuni diritti connessi(6), il diritto d'autore ha una durata di settant'anni post mortem auctoris. Il diritto sulle successive vendite di opere d'arte dovrebbe avere la stessa durata. Pertanto solo gli originali di opere d'arte moderna o contemporanea possono rientrare nel campo d'applicazione del diritto sulle successive vendite di opere d'arte. Tuttavia, per consentire ai sistemi giuridici degli Stati membri che all'adozione della presente direttiva non prevedono il diritto degli artisti sulle successive vendite di opere d'arte, di inserire disposizioni in tal senso nei rispettivi sistemi giuridici e permettere inoltre agli operatori economici di detti Stati membri di adeguarsi gradualmente al suddetto diritto mantenendo nel contempo la loro vitalità economica, si dovrebbe prevedere per gli Stati membri in questione un periodo transitorio limitato durante il quale essi abbiano la facoltà di non applicare il diritto sulle successive vendite di opere d'arte a favore degli aventi causa dopo la morte dell'artista.(18) È opportuno estendere l'applicazione del diritto sulle successive vendite di opere d'arte a tutte le operazioni di vendita, eccezion fatta per quelle effettuate direttamente tra persone che agiscono a titolo privato senza la partecipazione di un professionista del mercato dell'arte. Tale diritto non dovrebbe essere esteso alle vendite effettuate da persone che agiscono a titolo privato e a musei senza scopo di lucro e aperti al pubblico. Per quanto riguarda la particolare situazione delle gallerie d'arte che acquistano le opere direttamente dagli autori, dovrebbe essere lasciata agli Stati membri la facoltà di escludere dal diritto sulle successive vendite di opere d'arte originali le vendite delle opere effettuate entro tre anni dalla loro acquisizione. Occorre tener conto anche degli interessi dell'artista limitando tale esclusione alle vendite il cui prezzo non superi i 10000 EUR.(19) È utile chiarire che l'armonizzazione introdotta dalla presente direttiva non si applica ai manoscritti originali di scrittori e compositori.(20) Si dovrebbe istituire un regime efficace sulla base dell'esperienza già acquisita sul piano nazionale in materia di diritto sulle successive vendite di opere d'arte. È opportuno imporre il diritto sulle successive vendite di opere d'arte sulla base di una percentuale riscossa sul prezzo di vendita, e non sul plusvalore delle opere il cui valore originario risulti aumentato.(21) È necessario armonizzare le categorie di opere d'arte soggette al diritto.(22) La non applicazione del diritto sulle successive vendite di opere d'arte al di sotto della soglia minima può concorrere ad evitare spese di riscossione e di gestione sproporzionate rispetto al beneficio ottenuto dall'artista. Conformemente al principio di sussidiarietà, è tuttavia opportuno riconoscere agli Stati membri la facoltà di stabilire soglie nazionali, inferiori a quella comunitaria, per la promozione degli interessi dei giovani artisti. Data l'esiguità degli importi, tale deroga non è in grado di produrre effetti significativi sul corretto funzionamento del mercato interno.(23) Le percentuali fissate ai fini dell'applicazione del diritto sulle successive vendite di opere d'arte da parte degli Stati membri differiscono oggi in misura considerevole. Il funzionamento efficace del mercato interno delle opere d'arte moderna e contemporanea rende necessario determinare percentuali quanto più possibile uniformi.(24) È d'uopo stabilire un sistema di percentuali decrescenti per fasce di prezzo onde contemperare i vari interessi in gioco nel mercato dell'arte. È importante ridurre i rischi di delocalizzazione delle vendite nonché di elusione della normativa comunitaria sul diritto sulle successive vendite di opere d'arte.(25) Debitore del compenso dovuto in forza del diritto sulle successive vendite di opere d'arte è in linea di principio il venditore. Agli Stati membri dovrebbe essere concessa la facoltà di accordare deroghe a tale principio in relazione all'obbligo di pagamento. Il venditore è la persona fisica o giuridica per conto della quale è conclusa la vendita.(26) È necessario prevedere la possibilità di un adeguamento periodico della soglia e delle percentuali. A tal fine è opportuno incaricare la Commissione di predisporre relazioni periodiche sull'effettiva applicazione del diritto sulle successive vendite di opere d'arte negli Stati membri nonché sulle sue conseguenze sul mercato dell'arte nella Comunità e di formulare eventualmente proposte per la modificazione della presente direttiva.(27) È necessario determinare i beneficiari del diritto sulle successive vendite di opere d'arte nel rispetto del principio di sussidiarietà. Non è opportuno intervenire con la presente direttiva sul diritto di successione degli Stati membri. Tuttavia, gli aventi causa dell'autore devono poter beneficiare pienamente del diritto sulle successive vendite di opere d'arte dopo la sua morte, almeno dopo la scadenza del citato periodo transitorio.(28) Spetta agli Stati membri disciplinare l'esercizio del diritto sulle successive vendite di opere d'arte ed in particolare le relative modalità di gestione. Sotto questo profilo la gestione da parte di una società di gestione collettiva rappresenta una possibilità fra le altre. Gli Stati membri dovrebbero garantire che le società di gestione collettiva operino in maniera trasparente ed efficiente. Gli Stati membri sono tenuti inoltre a garantire la riscossione e la distribuzione delle somme raccolte a vantaggio degli autori cittadini di altri Stati membri. La presente direttiva lascia impregiudicate le disposizioni adottate dagli Stati membri in materia di riscossione e distribuzione.(29) Il godimento del diritto sulle successive vendite di opere d'arte dovrebbe essere limitato ai cittadini della Comunità nonché agli autori stranieri i cui paesi accordano analoga protezione agli autori cittadini degli Stati membri. Uno Stato membro dovrebbe poter avere la facoltà di estendere il godimento del diritto agli autori stranieri che hanno la residenza abituale in detto Stato membro.(30) Dovrebbero essere istituite opportune procedure che consentano il controllo delle vendite in modo da garantire che gli Stati membri applichino effettivamente il diritto sulle successive vendite di opere d'arte. Ciò comporta altresì il diritto, per l'autore o per il suo mandatario, di ottenere le informazioni necessarie presso la persona fisica o giuridica obbligata al pagamento dei compensi. Gli Stati membri che prevedono la gestione collettiva del diritto sulle successive vendite di opere d'arte possono anche prevedere che gli organismi responsabili di tale gestione collettiva siano i soli autorizzati a ottenere informazioni,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:CAPO ICAMPO D'APPLICAZIONEArticolo 1Oggetto del diritto sulle successive vendite di opere d'arte1. Gli Stati membri prevedono a favore dell'autore di un'opera d'arte un diritto sulle successive vendite dell'originale dell'opera stessa, definito come diritto inalienabile, cui non è possibile rinunciare nemmeno anticipatamente, ad un compenso sul prezzo ottenuto per ogni vendita successiva alla prima cessione da parte dell'autore.2. Il diritto di cui al paragrafo 1 si applica a tutte le vendite successive che comportano l'intervento, in qualità di venditori, acquirenti o intermediari, di professionisti del mercato dell'arte, come le case d'asta, le gallerie d'arte e, in generale, qualsiasi commerciante di opere d'arte.3. Gli Stati membri possono prevedere che il diritto di cui al paragrafo 1 non si applichi alle vendite allorché il venditore abbia acquistato l'opera direttamente dall'autore meno di tre anni prima di tali vendite e il prezzo di vendita non sia superiore a 10000 EUR.4. I compensi sono a carico del venditore. Gli Stati membri hanno la facoltà di disporre che una delle persone fisiche o giuridiche di cui al paragrafo 2, diversa dal venditore, sia obbligata in via esclusiva o solidale con il venditore al pagamento dei compensi.Articolo 2Opere d'arte cui si applica il diritto sulle successive vendite1. Ai fini della presente direttiva, si intendono per opere d'arte gli originali delle opere delle arti figurative, come i quadri, i "collages", i dipinti, i disegni, le incisioni, le stampe, le litografie, le sculture, gli arazzi, le ceramiche, le opere in vetro e le fotografie, purché si tratti di creazioni eseguite dall'artista stesso o di esemplari considerati come opere d'arte e originali.2. Le copie di opere d'arte contemplate dalla presente direttiva, prodotte in numero limitato dall'artista stesso o sotto la sua autorità, sono considerate come originali ai fini della presente direttiva. Tali copie sono abitualmente numerate, firmate o altrimenti debitamente autorizzate dall'artista.CAPO IIDISPOSIZIONI PARTICOLARIArticolo 3Soglia d'applicazione1. Spetta agli Stati membri stabilire un prezzo minimo di vendita al di sopra del quale le vendite di cui all'articolo 1 sono soggette al diritto sulle successive vendite di opere d'arte.2. Tale prezzo minimo di vendita non può in alcun caso essere superiore a 3000 EUR.Articolo 4Percentuali1. I compensi di cui all'articolo 1 sono così determinati:a) 4 % per la parte del prezzo di vendita fino a 50000 EUR;b) 3 % per la parte del prezzo di vendita compresa tra 50000,01 e 200000 EUR;c) 1 % per la parte del prezzo di vendita compresa tra 200000,01 e 350000 EUR;d) 0,5 % per la parte del prezzo di vendita compresa tra 350000,01 e 500000 EUR;e) 0,25 % per la parte del prezzo di vendita superiore a 500000 EUR.Tuttavia, l'importo totale dei compensi non può essere superiore a 12500 EUR.2. In deroga al paragrafo 1, gli Stati membri possono applicare una percentuale del 5 % per la parte del prezzo di vendita di cui al paragrafo 1, lettera a).3. Se il prezzo minimo di vendita è inferiore a 3000 EUR, lo Stato membro determina altresì la percentuale applicabile alla parte del prezzo di vendita fino all'importo di 3000 EUR; tale percentuale non può essere inferiore al 4 %.Articolo 5Base di calcoloI prezzi di vendita di cui agli articoli 3 e 4 sono al netto dell'imposta.Articolo 6Beneficiari del diritto sulle successive vendite di opere d'arte1. I compensi previsti all'articolo 1 spettano all'autore dell'opera e, fatto salvo l'articolo 8, paragrafo 2, dopo la sua morte, agli aventi causa.2. Gli Stati membri possono prevedere una gestione collettiva, obbligatoria o facoltativa, dei compensi di cui all'articolo 1.Articolo 7Beneficiari dei paesi terzi1. Gli Stati membri provvedono affinché gli autori cittadini di paesi terzi e, fatto salvo l'articolo 8, paragrafo 2, i loro aventi causa beneficino del diritto sulle successive vendite di opere d'arte conformemente alla presente direttiva ed alla legislazione degli Stati membri solo ove la legislazione del paese dell'autore o dell'avente causa consenta la protezione del diritto sulle successive vendite di opere d'arte in quel paese per gli autori degli Stati membri e i loro aventi causa.2. Sulla scorta delle informazioni fornite dagli Stati membri, la Commissione pubblica quanto prima un elenco indicativo dei paesi terzi che soddisfano le condizioni stabilite al paragrafo 1. Tale elenco è tenuto aggiornato.3. Ciascuno Stato membro può riservare agli autori che non hanno la cittadinanza di tale Stato membro ma che vi risiedono abitualmente lo stesso trattamento riservato ai propri cittadini, ai fini della tutela del diritto sulle successive vendite di opere d'arte.Articolo 8Durata di protezione del diritto sulle successive vendite di opere d'arte1. La durata di protezione del diritto corrisponde a quella stabilita dall'articolo 1 della direttiva 93/98/CEE.2. In deroga al paragrafo 1, gli Stati membri che non applicano il diritto sulle successive vendite di opere d'arte al [data di entrata in vigore di cui all'articolo 13] non sono tenuti, per un periodo che termina non oltre il 1o gennaio 2010, ad applicare il diritto a favore degli aventi causa dell'artista dopo la sua morte.3. Uno Stato membro al quale sia applicabile il paragrafo 2 può disporre di altri due anni al massimo, se necessario, per permettere agli operatori economici in detto Stato membro di adeguarsi gradualmente al sistema del diritto sulle successive vendite di opere d'arte mantenendo nel contempo la loro validità economica prima che sia tenuto ad applicare il diritto a favore degli aventi causa dell'artista dopo la sua morte. Almeno 12 mesi prima della fine del periodo di cui al paragrafo 2, lo Stato membro interessato comunica i propri motivi alla Commissione per permetterle, previe opportune consultazioni, di formulare un parere entro tre mesi dalla data di ricevimento di detta comunicazione. Se non si attiene a tale parere, lo Stato membro ne informa la Commissione entro un mese e giustifica la propria decisione. La notifica e la giustificazione dello Stato membro e il parere della Commissione sono pubblicati nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee e trasmessi al Parlamento europeo.4. Nel caso in cui, prima della fine dei periodi di cui all'articolo 8, paragrafi 2 e 3, vengano conclusi negoziati internazionali per estendere il diritto sulle successive vendite di opere d'arte a livello internazionale, la Commissione presenterà proposte adeguate.Articolo 9Diritto di ottenere informazioniGli Stati membri dispongono che, per tre anni dalla vendita, le persone legittimate ai sensi dell'articolo 6 possano esigere da qualsiasi professionista del mercato dell'arte di cui all'articolo 1, paragrafo 2, tutte le informazioni necessarie ad assicurare il pagamento dei compensi relativi al diritto sulle successive vendite di opere d'arte.CAPO IIIDISPOSIZIONI FINALIArticolo 10Applicazione nel tempoLa presente direttiva si applica a tutte le opere d'arte ai sensi dell'articolo 2 che, al 1o gennaio 2006, sono ancora protette dalla legislazione dello Stato membro nel settore del diritto d'autore o che a quella data soddisfano i criteri di protezione ai sensi della presente direttiva.Articolo 11Clausola di revisione1. La Commissione sottopone al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale, entro il 1o gennaio 2009 e successivamente ogni quattro anni, una relazione sull'applicazione e sugli effetti della presente direttiva, prestando particolare attenzione alla competitività del mercato dell'arte moderna e contemporanea nella Comunità, in particolare per quanto riguarda la posizione della Comunità in relazione a mercati rilevanti che non applicano il diritto sulle successive vendite di opere d'arte e alla promozione della creazione artistica, nonché le modalità di gestione vigenti negli Stati membri. La relazione passa in rassegna, in particolare, le conseguenze della direttiva sul mercato interno e gli effetti dell'introduzione del diritto negli Stati membri la cui legislazione nazionale non lo prevedeva fino all'entrata in vigore della presente direttiva. Se del caso, la Commissione presenta proposte per adeguare la soglia e le percentuali relative al diritto sulle successive vendite di opere d'arte all'evoluzione della situazione nel settore, proposte relative all'importo massimo di cui all'articolo 4, paragrafo 1, nonché qualsiasi altra proposta da essa ritenuta necessaria per accrescere l'efficacia della presente direttiva.2. È istituito un comitato di contatto, composto di rappresentanti delle autorità competenti degli Stati membri e presieduto da un rappresentante della Commissione. Esso si riunisce su iniziativa del Presidente o su richiesta della delegazione di uno Stato membro.3. I compiti del comitato sono i seguenti:- organizzare le consultazioni su tutte le questioni derivanti dall'applicazione della presente direttiva,- agevolare lo scambio di informazioni tra la Commissione e gli Stati membri sui pertinenti sviluppi del mercato dell'arte nella Comunità.Articolo 12Attuazione1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva prima del 1o gennaio 2006. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 13Entrata in vigoreLa presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 14DestinatariGli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 27 settembre 2001.Per il Parlamento europeoLa PresidenteN. FontainePer il ConsiglioIl PresidenteC. Picqué(1) GU C 178 del 21.6.1996, pag. 16 e GU C 125 del 23.4.1998, pag. 8.(2) GU C 75 del 10.3.1997, pag. 17.(3) Parere del Parlamento europeo del 9 aprile 1997 (GU C 132 del 28.4.1997, pag. 88), confermato il 27 ottobre 1999, posizione comune del Consiglio del 19 giugno 2000 (GU C 300 del 20.10.2000, pag. 1) e decisione del Parlamento europeo del 13 dicembre 2000 (GU C 232 del 17.8.2001, pag. 173). Decisione del Parlamento europeo del 3 luglio 2001 e decisione del Consiglio del 19 luglio 2001.(4) Racc. 1993, I-5145.(5) GU L 145 del 13.6.1977, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 1999/85/CE (GU L 277 del 28.10.1999, pag. 34).(6) GU L 290 del 24.11.1993, pag. 9.
Diritto dell’autore di un’opera d’arte sulle successive vendite dell’originale QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Mira a presentare un diritto sulle successive vendite di opere d’arte* obbligatorio a beneficio degli autori di opere d’arte in tutta l’UE. PUNTI CHIAVE Opere d’arte cui si applica il diritto sulle successive vendite A condizione che le opere d’arte siano realizzate dall’artista o siano copie realizzate in numero limitato che sono considerate opere d’arte originali secondo l’uso professionale (produzioni limitate o opere firmate, ad esempio), il diritto sulle successive vendite si applica a opere come:quadri; collage; dipinti; disegni; incisioni; stampe; litografie; sculture; arazzi; ceramiche; opere in vetro; e fotografie. Il diritto sulle successive vendite di opere d’arte non si applica ai manoscritti originali di scrittori o compositori. Oggetto del diritto sulle successive vendite di opere d’arteIl diritto sulle successive vendite di opere d’arte è di norma esigibile dal venditore. Tuttavia, i paesi dell’UE possono approvare leggi che consentono ad un professionista diverso dal venditore di essere l’unico responsabile del pagamento del diritto sulle successive vendite di opere d’arte o di condividere questa responsabilità con il venditore. I paesi dell’UE possono anche stabilire che il diritto sulle successive vendite di opere d’arte non si applichi:qualora il venditore abbia acquistato l’opera direttamente dall’autore meno di tre anni prima della rivendita; equalora il prezzo di rivendita non sia superiore a 10 000 EUR. Durata di protezione del diritto sulle successive vendite di opere d’arte La durata di protezione è stabilita dalla direttiva 2006/116/CE che armonizza la durata di protezione del diritto d’autore e di alcuni diritti connessi e vige per un periodo di 70 anni dopo la morte dell’autore. Calcolo del diritto sulle successive vendite di opere d’arteI paesi dell’UE sono obbligati a fissare un prezzo minimo di vendita per le vendite soggette al diritto sulle successive vendite di opere d’arte. Questo prezzo minimo di vendita non può in alcun caso essere superiore a 3 000 EUR. Gli artisti ricevono i compensi calcolati come percentuale del prezzo di vendita delle loro opere. Il prezzo di vendita viene diviso in cinque parti, e la percentuale dei compensi varia dal 4% allo 0,25%, a seconda della parte del prezzo di vendita. In ogni caso, l’importo totale dei compensi non può essere superiore a 12 500 EUR. BeneficiariIl diritto sulle successive vendite di opere d’arte è a beneficio dell’autore dell’opera e, dopo la sua morte, dei suoi aventi diritto. Gli autori che sono cittadini di paesi non UE possono beneficiare del diritto sulle successive vendite di opere d’arte se la legislazione del loro paese consente la protezione del diritto sulle successive vendite di opere d’arte in quel paese per gli autori provenienti dai paesi dell’UE. Tuttavia, i paesi dell’UE possono decidere di applicare questa direttiva agli autori che sono cittadini di paesi non UE ma la cui residenza abituale si trova nel paese dell’UE interessato. Diritto di ottenere informazioni Per un periodo di tre anni dopo la vendita, le persone legittimate a ricevere compensi hanno il diritto di richiedere a qualsiasi professionista del mercato dell’arte tutte le informazioni necessarie ad assicurare il pagamento dei compensi derivanti dal diritto sulle successive vendite di opere d’arte. Relazione sull’attuazione della direttiva e princìpi fondamentali e raccomandazioni Nel 2011, la Commissione europea ha adottato una relazione relativa all’attuazione della direttiva. Questa si proponeva di istituire un dialogo delle parti interessate (comprese le organizzazioni per la gestione dei diritti, gli autori e i professionisti del mercato dell’arte come commercianti d’arte, gallerie, banditori d’asta) con l’incarico di suggerire come migliorare il sistema di riscossione e distribuzione del diritto sulle successive vendite di opere d’arte nell’UE. Nel 2014, i rappresentanti di queste organizzazioni hanno sottoscritto i «Princìpi fondamentali e le raccomandazioni sulla gestione del diritto sulle successive vendite di opere d’arte». DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? Questa direttiva si applica a tutte le opere d’arte che, il 1o gennaio 2006:erano protette dalle leggi sul diritto d’autore dei paesi dell’UE; orispettavano i criteri per la protezione stabiliti in questa direttiva. La direttiva è entrata in vigore dal 13 ottobre 2001, e doveva essere recepita dai Paesi dell’UE entro il 1o gennaio 2006. CONTESTO Sebbene la Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche conferisca all’autore di un’opera d’arte il diritto sulle successive vendite di opere d’arte, questo non è vincolante, il che significa che alcuni paesi dell’UE non lo applicano. Di conseguenza, vi sono ostacoli al mercato interno e distorsioni della concorrenza al suo interno, nonché una mancanza di protezione per gli autori di opere artistiche originali. TERMINI CHIAVE Diritto sulle successive vendite di opere d’arte: il diritto, a beneficio dell’autore di un’opera d’arte, di ricevere una percentuale del prezzo ottenuto per qualsiasi successiva vendita dell’originale, effettuata da professionisti del mercato dell’arte, di quest’opera (case d’asta, gallerie o qualsiasi altro mercato dell’arte). DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2001/84/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, relativa al diritto dell’autore di un’opera d’arte sulle successive vendite dell’originale (GU L 272 del 13.10.2001, pag. 32). DOCUMENTI COLLEGATI Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo: Relazione sull’applicazione e sugli effetti della direttiva relativa al diritto dell’autore di un’opera d’arte sulle successive vendite dell’originale (2001/84/CE) [COM(2011) 878 definitivo, 14.12.2011]. Direttiva 2006/116/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, concernente la durata di protezione del diritto d’autore e di alcuni diritti connessi (versione codificata) (GU L 372 del 27.12.2006, pag. 12). Le successive modifiche alla direttiva 2006/116/CE sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha solo valore documentale.
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DECISIONE (UE) 2022/313 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 24 febbraio 2022 relativa alla concessione di assistenza macrofinanziaria all’Ucraina IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 212, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (1), considerando quanto segue: (1) Le relazioni tra l’Unione europea («Unione») e l’Ucraina continuano a svilupparsi nel quadro della politica europea di vicinato (PEV) e del partenariato orientale. Il 1o settembre 2017 è entrato in vigore un accordo di associazione tra l’Unione e l’Ucraina (2) («accordo di associazione»), comprendente una zona di libero scambio globale e approfondito (DCFTA). (2) Nella primavera del 2014 l’Ucraina ha intrapreso un ambizioso programma di riforma volto a stabilizzare la sua economia e migliorare le condizioni di vita dei suoi cittadini. Tra le priorità del programma figurano la lotta contro la corruzione e le riforme costituzionali, elettorali e giudiziarie. L’attuazione di tali riforme è stata sostenuta da cinque programmi consecutivi di assistenza macrofinanziaria, nell’ambito dei quali l’Ucraina ha ricevuto assistenza sotto forma di prestiti per un totale di 5 miliardi di EUR. L’ultima assistenza macrofinanziaria, messa a disposizione nel contesto della pandemia di COVID-19 ai sensi della decisione (UE) 2020/701 del Parlamento europeo e del Consiglio (3), ha erogato 1,2 miliardi di EUR in prestiti all’Ucraina ed è stata completata nel settembre 2021. (3) Nel 2020 l’economia dell’Ucraina è stata colpita dalla recessione a causa della pandemia di COVID-19 e delle prolungate minacce alla sicurezza lungo la frontiera con la Russia. L’incertezza in costante crescita si è tradotta recentemente in una perdita di fiducia, che ha inciso negativamente sulle prospettive economiche e, a partire dalla metà di gennaio 2022, perdita di accesso ai mercati internazionali dei capitali. Il peggioramento delle condizioni di finanziamento ha contribuito a determinare un ingente e crescente fabbisogno residuo di finanziamenti esterni e incide pesantemente sugli investimenti, riducendo in tal modo la resilienza dell’Ucraina a futuri shock economici e politici. (4) Il governo ucraino ha dato prova di un deciso impegno ad attuare ulteriori riforme, con particolare attenzione alla situazione critica, nel breve termine, in settori strategici fondamentali quali la resilienza e la stabilità economica, la governance e lo Stato di diritto e l’energia. (5) Un rinnovato impegno a dare seguito a tali riforme e una forte volontà politica hanno portato le autorità ucraine ad accelerare l’attuazione di riforme sin dall’estate 2021. Ciò ha anche consentito all’Ucraina di completare con successo l’operazione di macroassistenza finanziaria nel contesto della pandemia di COVID-19 poiché tutte le azioni di riforma concordate con l’Unione nel protocollo d’intesa sono state realizzate. (6) Per consentire una maggiore flessibilità strategica nel contesto della crisi relativa alla pandemia di COVID-19, nel giugno 2020 il Fondo monetario internazionale (FMI) ha approvato un accordo di stand-by per l’Ucraina per una durata di 18 mesi con accesso equivalente a 5 miliardi di USD. Tale accordo si concentra su quattro priorità: i) attenuare l’impatto economico della crisi, anche mediante un sostegno alle famiglie e alle imprese; ii) garantire la costante indipendenza della Banca centrale e un tasso di cambio flessibile; iii) salvaguardare la stabilità finanziaria recuperando allo stesso tempo i costi derivanti dalle risoluzioni bancarie; e iv) procedere con l’attuazione delle principali misure di governance e di lotta alla corruzione per preservare e consolidare i recenti progressi. A causa dell’attuazione disomogenea, la prima revisione del programma, nel cui ambito è stata concordata una proroga del programma stesso fino alla fine di giugno 2022, si è conclusa solo nel novembre 2021. Ne è conseguito un esborso totale nell’ambito dell’attuale programma dell’FMI equivalente, ad oggi, a 2,8 miliardi di USD. Altre due revisioni sono previste entro la fine del secondo trimestre 2022. (7) In considerazione degli elevati rischi di finanziamento del bilancio e nel contesto di una lenta ripresa dalla crisi relativa alla pandemia di COVID-19 e di una rapida accelerazione dell’inflazione, il 16 novembre 2021 l’Ucraina ha chiesto all’Unione un nuovo programma di assistenza macrofinanziaria a lungo termine per un importo massimo di 2,5 miliardi di EUR. Tale assistenza macrofinanziaria di emergenza risponde, in particolare, al forte e inatteso aumento del fabbisogno di finanziamenti esterni dell’Ucraina, innescato dalla perdita di fatto dell’accesso ai mercati finanziari, e ai problemi soggiacenti immediati. (8) In quanto paese interessato dalla PEV, l’Ucraina dovrebbe essere considerata ammissibile a ricevere l’assistenza macrofinanziaria dell’Unione. (9) L’assistenza macrofinanziaria dell’Unione dovrebbe essere uno strumento finanziario eccezionale di sostegno non vincolato e non specifico alla bilancia dei pagamenti, destinato a coprire l’immediato fabbisogno di finanziamenti esterni del beneficiario, e che dovrebbe sostenere l’attuazione di un programma di politica che preveda energiche misure di aggiustamento e di riforma strutturale immediate volte a migliorare a breve termine la situazione della bilancia dei pagamenti del beneficiario e a medio termine la sua resilienza economica. (10) Dato che la perdita di accesso al mercato e il deflusso di capitali hanno determinato un ingente fabbisogno residuo di finanziamenti esterni nella bilancia dei pagamenti ucraina, superiore alle risorse fornite dall’FMI e da altre istituzioni multilaterali, si ritiene che una rapida concessione di assistenza macrofinanziaria di emergenza all’Ucraina da parte dell’Unione costituisca, nelle attuali circostanze eccezionali, una risposta adeguata per far fronte nel breve termine ai notevoli rischi cui è esposto il paese. L’assistenza macrofinanziaria dell’Unione andrebbe a sostenere la stabilizzazione economica dell’Ucraina, mirando a rafforzare la resilienza immediata del paese e, ove sia attualmente praticabile, a rafforzare il programma di riforme strutturali dell’Ucraina, integrando le risorse messe a disposizione nel quadro dell’accordo finanziario dell’FMI. (11) L’assistenza macrofinanziaria dell’Unione dovrebbe mirare a sostenere il ripristino della sostenibilità della situazione finanziaria esterna dell’Ucraina, in modo da favorire lo sviluppo economico e sociale del paese. (12) L’assistenza macrofinanziaria dell’Unione dovrebbe andare di pari passo con le operazioni di sostegno al bilancio nell’ambito dello strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale – Europa globale, istituito dal regolamento (UE) 2021/947 del Parlamento europeo e del Consiglio (4). (13) La determinazione dell’importo dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione si basa su una valutazione quantitativa del fabbisogno residuo di finanziamenti esterni dell’Ucraina e tiene conto della capacità del paese di autofinanziarsi con le proprie risorse, in particolare con le riserve internazionali di cui dispone. L’assistenza macrofinanziaria dell’Unione dovrebbe integrare i programmi e le risorse messi a disposizione dall’FMI e dalla Banca mondiale. La determinazione dell’importo dell’assistenza tiene anche conto dei previsti contributi finanziari dei donatori multilaterali e della necessità di garantire un’equa ripartizione degli oneri tra l’Unione e gli altri donatori, nonché della preesistente mobilitazione degli altri strumenti finanziari esterni dell’Unione in Ucraina e del valore aggiunto dell’intervento complessivo dell’Unione. (14) La Commissione dovrebbe garantire che l’assistenza macrofinanziaria dell’Unione sia coerente, sotto il profilo giuridico e sostanziale, con i principi fondamentali, gli obiettivi e le misure adottate nei vari settori dell’azione esterna e con le altre politiche pertinenti dell’Unione. (15) L’assistenza macrofinanziaria dell’Unione dovrebbe sostenere la politica esterna dell’Unione nei confronti dell’Ucraina. La Commissione e il servizio europeo per l’azione esterna dovrebbero lavorare a stretto contatto durante l’intera operazione di assistenza macrofinanziaria al fine di coordinare la politica esterna dell’Unione e garantirne la coerenza. (16) È opportuno che l’assistenza macrofinanziaria dell’Unione sostenga l’impegno dell’Ucraina nei confronti dei valori condivisi con l’Unione, tra cui la democrazia, lo Stato di diritto, il buon governo, il rispetto dei diritti umani, lo sviluppo sostenibile e la riduzione della povertà, nonché il suo impegno nei confronti dei principi di un commercio aperto, disciplinato da regole ed equo. (17) È opportuno subordinare la concessione dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione al prerequisito del rispetto, da parte dell’Ucraina, di meccanismi democratici effettivi, compreso un sistema parlamentare multipartitico, e dello Stato di diritto, nonché alla garanzia del rispetto dei diritti umani. Inoltre, è opportuno che gli obiettivi specifici dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione rafforzino l’efficienza, la trasparenza e la rendicontabilità dei sistemi di gestione delle finanze pubbliche e promuovano riforme strutturali volte a favorire una crescita sostenibile ed inclusiva, la creazione di posti di lavoro dignitosi e il risanamento di bilancio. La Commissione e il servizio europeo per l’azione esterna dovrebbero monitorare regolarmente il rispetto di tali prerequisiti e il conseguimento di tali obiettivi. (18) Per assicurare una tutela efficace degli interessi finanziari dell’Unione connessi all’assistenza macrofinanziaria dell’Unione, l’Ucraina dovrebbe adottare misure appropriate in materia di prevenzione e di lotta contro la frode, la corruzione e ogni altra irregolarità relativa a tale assistenza. Inoltre, è opportuno prevedere controlli da parte della Commissione, verifiche contabili da parte della Corte dei conti e l’esercizio delle competenze da parte della Procura europea. (19) L’erogazione dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione lascia impregiudicati i poteri del Parlamento europeo e del Consiglio in quanto autorità di bilancio. (20) Gli importi delle dotazioni richieste per l’assistenza macrofinanziaria dell’Unione dovrebbero essere coerenti con gli stanziamenti di bilancio definiti nel quadro finanziario pluriennale. (21) È opportuno che l’assistenza macrofinanziaria dell’Unione sia gestita dalla Commissione. Al fine di garantire che il Parlamento europeo e il Consiglio possano seguire l’attuazione della presente decisione, la Commissione dovrebbe informarli periodicamente in merito agli sviluppi relativi a tale assistenza e fornire loro i documenti pertinenti. (22) È opportuno attribuire alla Commissione competenze di esecuzione al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione della presente decisione. È altresì opportuno che tali competenze siano esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (5). (23) L’assistenza macrofinanziaria dell’Unione dovrebbe essere soggetta a condizioni di politica economica, da stabilire in un protocollo d’intesa («protocollo d’intesa»). Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione e per ragioni di efficienza, la Commissione dovrebbe essere autorizzata a negoziare tali condizioni con le autorità ucraine sotto la supervisione del comitato dei rappresentanti degli Stati membri conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011. A norma di tale regolamento, si dovrebbe fare ricorso alla procedura consultiva, come regola generale, in tutti i casi diversi da quelli previsti da detto regolamento. Considerato l’impatto potenzialmente rilevante di un’assistenza di oltre 90 milioni di EUR, si dovrebbe ricorrere alla procedura d’esame specificata nel regolamento (UE) n. 182/2011 per le operazioni al di sopra di tale soglia. In considerazione dell’importo dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione all’Ucraina, si dovrebbe fare ricorso alla procedura d’esame per l’adozione del protocollo d’intesa e per qualsiasi riduzione, sospensione o annullamento dell’assistenza. (24) Poiché l’obiettivo della presente decisione, vale a dire la concessione dell’assistenza macrofinanziaria di emergenza all’Ucraina al fine di sostenerne, in particolare, la resilienza e la stabilità economica, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della sua portata e dei suoi effetti, può essere conseguito meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea (TUE). La presente decisione si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (25) Considerata l’urgenza dovuta alle circostanze eccezionali provocate dalla pandemia di COVID-19 e alle relative conseguenze economiche, si ritiene opportuno ammettere un’eccezione al periodo di otto settimane di cui all’articolo 4 del protocollo n. 1 sul ruolo dei parlamenti nazionali nell’Unione europea, allegato al TUE, al trattato sul funzionamento dell’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica. (26) Al fine di consentire la tempestiva applicazione delle misure di cui alla presente decisione, la presente decisione dovrebbe entrare in vigore con urgenza il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 1. L’Unione mette a disposizione dell’Ucraina un’assistenza macrofinanziaria per un importo massimo di 1,2 miliardi di EUR («assistenza macrofinanziaria dell’Unione»), al fine di sostenere la stabilizzazione economica dell’Ucraina e un programma sostanziale di riforme nel paese. L’intero importo dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione è erogato all’Ucraina sotto forma di prestiti. L’erogazione dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione è subordinata all’approvazione del bilancio dell’Unione per l’anno in questione da parte del Parlamento europeo e del Consiglio. L’assistenza contribuisce a coprire il fabbisogno di sostegno alla bilancia dei pagamenti dell’Ucraina individuato nel programma dell’FMI. 2. Al fine di finanziare l’assistenza macrofinanziaria dell’Unione, la Commissione è autorizzata a prendere in prestito i fondi necessari, per conto dell’Unione, sui mercati dei capitali o presso gli istituti finanziari e a prestarli all’Ucraina. La durata massima dei prestiti è in media di 15 anni. 3. L’erogazione dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione è gestita dalla Commissione conformemente agli accordi o alle intese conclusi tra l’FMI e l’Ucraina, nonché ai principi e agli obiettivi fondamentali delle riforme economiche stabiliti nell’accordo di associazione, comprendente la DCFTA, concordato nell’ambito della PEV. La Commissione informa periodicamente il Parlamento europeo e il Consiglio in merito all’evoluzione dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione, compresi i relativi esborsi, e fornisce a tempo debito i documenti pertinenti a dette istituzioni. 4. L’assistenza macrofinanziaria dell’Unione è messa a disposizione per un periodo di 12 mesi a decorrere dal primo giorno successivo all’entrata in vigore del protocollo di intesa di cui all’articolo 3, paragrafo 1. 5. Qualora, nel corso del periodo di erogazione dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione, il fabbisogno di finanziamenti dell’Ucraina diminuisca radicalmente rispetto alle previsioni iniziali, la Commissione, deliberando secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 7, paragrafo 2, riduce l’importo dell’assistenza, la sospende o la annulla. Articolo 2 1. La concessione dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione è subordinata al prerequisito del rispetto, da parte dell’Ucraina, di meccanismi democratici effettivi, compreso un sistema parlamentare multipartitico, e dello Stato di diritto, nonché alla garanzia del rispetto dei diritti umani. 2. La Commissione e il servizio europeo per l’azione esterna monitorano il rispetto del prerequisito di cui al paragrafo 1 durante l’intero ciclo dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione. 3. I paragrafi 1 e 2 del presente articolo si applicano conformemente alla decisione 2010/427/UE del Consiglio (6). Articolo 3 1. La Commissione concorda con le autorità ucraine, secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 7, paragrafo 2, le condizioni di politica economica e finanziarie, chiaramente definite e incentrate sulle riforme strutturali e sulla solidità delle finanze pubbliche, alle quali deve essere subordinata l’assistenza macrofinanziaria dell’Unione. Tali condizioni di politica economica e finanziarie sono stabilite in un protocollo d’intesa comprensivo di un calendario per il loro soddisfacimento. Le condizioni di politica economica e finanziarie stabilite nel protocollo d’intesa sono coerenti con gli accordi o con le intese di cui all’articolo 1, paragrafo 3, compresi i programmi di aggiustamento macroeconomico e di riforma strutturale attuati dall’Ucraina con il sostegno dell’FMI. 2. Le condizioni di cui al paragrafo 1 mirano, in particolare, a rafforzare l’efficienza, la trasparenza e la rendicontabilità dei sistemi di gestione delle finanze pubbliche in Ucraina, anche ai fini del ricorso all’assistenza macrofinanziaria dell’Unione. Nella definizione delle misure di politica si tengono inoltre in debita considerazione i progressi conseguiti sul piano dell’apertura reciproca dei mercati, dello sviluppo di un commercio disciplinato da regole ed equo, nonché di altre priorità della politica esterna dell’Unione. La Commissione monitora regolarmente i progressi compiuti nel conseguimento di tali obiettivi. 3. Le condizioni finanziarie dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione sono stabilite in dettaglio in un accordo di prestito da concludere tra la Commissione e l’Ucraina. 4. La Commissione verifica a intervalli regolari che le condizioni di cui all’articolo 4, paragrafo 3, continuino ad essere soddisfatte, e che le politiche economiche dell’Ucraina siano in linea con gli obiettivi dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione. Ai fini di tale verifica la Commissione opera in stretto coordinamento con l’FMI e con la Banca mondiale e, ove necessario, con il Parlamento europeo e con il Consiglio. Articolo 4 1. Alle condizioni di cui al paragrafo 3, la Commissione mette a disposizione l’assistenza macro-finanziaria dell’Unione in due rate di uguale importo, entrambe consistenti in un prestito. I termini temporali per l’erogazione di ciascuna rata sono fissati nel protocollo d’intesa. 2. Per gli importi dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione fornita sotto forma di prestiti è prevista una dotazione, ove richiesto, ai sensi del regolamento (UE) 2021/947. 3. La Commissione decide di versare le rate a condizione che siano rispettate tutte le condizioni seguenti: a) il prerequisito di cui all’articolo 2, paragrafo 1; b) un bilancio costantemente soddisfacente dell’attuazione di un accordo di credito non cautelare con l’FMI; c) l’attuazione soddisfacente delle condizioni di politica economica e finanziarie stabilite nel protocollo d’intesa. In linea di principio, il versamento della seconda rata non è effettuato prima di tre mesi dal versamento della prima rata. 4. Qualora le condizioni di cui al paragrafo 3, primo comma, non siano soddisfatte, la Commissione sospende temporaneamente o annulla l’erogazione dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione. In tali casi, comunica al Parlamento europeo e al Consiglio le ragioni della sospensione o dell’annullamento. 5. L’assistenza macrofinanziaria dell’Unione è erogata alla Banca nazionale dell’Ucraina. Alle condizioni che saranno concordate nel protocollo d’intesa, fra cui la conferma del fabbisogno residuo di finanziamento di bilancio, i fondi dell’Unione possono essere trasferiti al ministero delle finanze dell’Ucraina come beneficiario finale. Articolo 5 1. Le operazioni di assunzione ed erogazione di prestiti relative all’assistenza macrofinanziaria dell’Unione sono effettuate in euro utilizzando una data di valuta identica e non comportano cambiamenti di scadenze a carico dell’Unione, né espongono l’Unione a rischi di cambio o di tasso d’interesse o ad altri rischi commerciali. 2. Se le circostanze lo consentono, e qualora l’Ucraina ne faccia richiesta, la Commissione può adottare le disposizioni necessarie per garantire che nelle condizioni del prestito sia prevista una clausola di rimborso anticipato e che essa sia accompagnata da una clausola analoga nelle condizioni per le operazioni di assunzione del prestito. 3. Qualora le circostanze consentano un miglioramento del tasso di interesse sul prestito e l’Ucraina ne faccia richiesta, la Commissione può decidere di procedere a un rifinanziamento della totalità, o di parte, dei prestiti iniziali o può procedere a una ristrutturazione delle relative condizioni finanziarie. Le operazioni di rifinanziamento o di ristrutturazione sono effettuate alle condizioni di cui ai paragrafi 1 e 4 e non comportano una proroga della scadenza dei prestiti assunti, né un aumento dell’ammontare del capitale non ancora rimborsato alla data delle suddette operazioni. 4. Tutte le spese sostenute dall’Unione in relazione alle operazioni di assunzione ed erogazione di prestiti di cui alla presente decisione sono a carico dell’Ucraina. 5. La Commissione informa il Parlamento europeo e il Consiglio sull’andamento delle operazioni di cui ai paragrafi 2 e 3. Articolo 6 1. L’assistenza macrofinanziaria dell’Unione è fornita conformemente al regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio (7). 2. L’assistenza macrofinanziaria dell’Unione è attuata in gestione diretta. 3. L’accordo di prestito di cui all’articolo 3, paragrafo 3, contiene tutte le disposizioni seguenti: a) assicurare che l’Ucraina verifichi a cadenza regolare che i finanziamenti provenienti dal bilancio generale dell’Unione siano stati correttamente utilizzati, adotti misure atte a prevenire irregolarità e frodi e, se necessario, intraprenda azioni legali per il recupero dei fondi concessi ai sensi della presente decisione che sono stati oggetto di appropriazione indebita; b) assicurare la tutela degli interessi finanziari dell’Unione, in particolare prevedendo misure specifiche di prevenzione e di lotta contro la frode, la corruzione e ogni altra irregolarità che riguardi l’assistenza macrofinanziaria dell’Unione, conformemente ai regolamenti (CE, Euratom) n. 2988/95 (8) e (Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio (9), al regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (10) e, per gli Stati membri che partecipano alla cooperazione rafforzata riguardante la Procura europea, al regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio (11); c) assicurare espressamente l’Ufficio europeo per la lotta antifrode a svolgere indagini, tra cui controlli e verifiche sul posto, comprese operazioni di informatica forense e colloqui; d) assicurare espressamente la Commissione o i suoi rappresentanti a effettuare controlli, ivi inclusi controlli e verifiche sul posto; e) assicurare espressamente la Commissione e la Corte dei conti a procedere a verifiche contabili durante e dopo il periodo di disponibilità dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione, comprese verifiche contabili documentali e sul posto, come le valutazioni operative; f) garantire che l’Unione abbia diritto al rimborso anticipato del prestito qualora si riscontri che, in relazione alla gestione dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione, l’Ucraina sia stata coinvolta in atti di frode o di corruzione o in altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione; g) garantire che tutti i costi sostenuti dall’Unione in relazione alle operazioni di assunzione ed erogazione di prestiti di cui alla presente decisione siano a carico dell’Ucraina. 4. Prima dell’attuazione dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione, la Commissione analizza, per mezzo di una valutazione operativa, la solidità dei meccanismi finanziari, delle procedure amministrative e dei meccanismi di controllo interni ed esterni dell’Ucraina che sono pertinenti ai fini dell’assistenza. Articolo 7 1. La Commissione è assistita da un comitato. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011. Articolo 8 1. Entro il 30 giugno di ogni anno la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’attuazione della presente decisione nel corso dell’anno precedente, comprensiva della valutazione dell’attuazione. Tale relazione: a) esamina i progressi ottenuti nell’attuazione dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione; b) valuta la situazione economica e le prospettive dell’Ucraina, nonché i progressi ottenuti nell’attuazione delle misure di politica di cui all’articolo 3, paragrafo 1; c) indica il legame tra le condizioni di politica economica definite nel protocollo d’intesa, i risultati economici e di bilancio dell’Ucraina e le decisioni della Commissione di versare le rate dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione. 2. Entro due anni dalla scadenza del periodo di disponibilità di cui all’articolo 1, paragrafo 4, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione di valutazione ex post, che analizza i risultati e l’efficienza dell’assistenza macrofinanziaria dell’Unione completata e in quale misura essa abbia contribuito agli obiettivi dell’assistenza. Articolo 9 La presente decisione entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Bruxelles, il 24 febbraio 2022 Per il Parlamento europeo La president R. METSOLA Per il Consiglio Il president A. PANNIER-RUNACHER (1) Posizione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2022 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 21 febbraio 2022. (2) Accordo di associazione tra l’Unione europea e la Comunità europea dell’energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e l’Ucraina, dall’altra (GU L 161 del 29.5.2014, pag. 3). (3) Decisione (UE) 2020/701 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 2020, sulla fornitura di assistenza macrofinanziaria ai paesi partner dell’allargamento e del vicinato nel contesto della pandemia di Covid-19 (GU L 165 del 27.5.2020, pag. 31). (4) Regolamento (UE) 2021/947 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 giugno 2021, che istituisce lo strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale – Europa globale, che modifica e abroga la decisione n. 466/2014/UE del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga il regolamento (UE) 2017/1601 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE, Euratom) n. 480/2009 del Consiglio (GU L 209 del 14.6.2021, pag. 1). (5) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13). (6) Decisione 2010/427/UE del Consiglio, del 26 luglio 2010, che fissa l’organizzazione e il funzionamento del servizio europeo per l’azione esterna (GU L 201 del 3.8.2010, pag. 30). (7) Regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU L 193 del 30.7.2018, pag. 1). (8) Regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità (GU L 312 del 23.12.1995, pag. 1). (9) Regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio, dell’11 novembre 1996, relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità (GU L 292 del 15.11.1996, pag. 2). (10) Regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 settembre 2013, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e che abroga il regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (Euratom) n. 1074/1999 del Consiglio (GU L 248 del 18.9.2013, pag. 1). (11) Regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio, del 12 ottobre 2017, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea («EPPO») (GU L 283 del 31.10.2017, pag. 1).
Assistenza macrofinanziaria all’Ucraina QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DECISIONE? Essa mira a offrire un immediato sostegno finanziario all’Ucraina per rafforzare la sua resilienza e stabilità nei confronti delle attuali sfide economiche e geopolitiche, nel contesto dell’aggressione russa contro l’Ucraina. PUNTI CHIAVE Rapporti tra Unione europea e Ucraina L’Unione europea (Unione) sviluppa i suoi rapporti con l’Ucraina nel quadro della politica europea di vicinato e del partenariato orientale. Nel 2017 è entrato in vigore un accordo d’associazione tra le due parti, che include una zona di libero scambio globale e approfondito. Assistenza macrofinanziariaLe operazioni di assistenza macrofinanziaria (AMF) sono disponibili per i paesi di vicini dell’Unione che stanno subendo gravi problemi nella bilancia dei pagamenti. Esse mirano a soddisfare l’immediato fabbisogno di finanziamenti esterni e a sostenere l’attuazione di riforme di politica economica. L’assistenza macrofinanziaria dell’Unione dovrebbe andare di pari passo con le operazioni di sostegno al bilancio nell’ambito dello strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale — Europa globale, istituito dal regolamento (UE) 2021/947 (si veda la sintesi).L’AMF all’UcrainaL’Unione metterà a disposizione dell’Ucraina 1,2 miliardi di EUR a sostegno della stabilizzazione economica e di un programma di riforme nel paese. Erogherà l’importo totale in prestiti. La decisione concede alla Commissione europea il potere di prendere in prestito i fondi necessari, per conto dell’Unione, sui mercati dei capitali o presso gli istituti finanziari e a prestarli all’Ucraina. La durata massima dei prestiti è in media di 15 anni. La Commissione gestirà l’erogazione dell’assistenza macrofinanziaria. I fondi saranno erogati all’Ucraina per un periodo di 12 mesi. La concessione è subordinata al prerequisito del rispetto, da parte dell’Ucraina, di meccanismi democratici effettivi, dello Stato di diritto e dei diritti umani. L’AMF sarà resa disponibile in due rate paritetiche di 600 milioni di EUR:la prima rata da pagare immediatamente dopo l’accordo sulle misure di politica economica e finanziaria stabilite in un protocollo d’intesa, subordinatamente alla soddisfacente attuazione di un programma del Fondo Monetario Internazionale;anche la seconda rata è soggetta alla soddisfacente attuazione delle misure concordate nel protocollo d’intesa. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? La decisione è in vigore dal 1° marzo 2022. CONTESTO Dal 2014, l’Unione e gli istituti finanziari europei hanno erogato più di 17 miliardi di EUR in sovvenzioni e prestiti all’Ucraina. Questo importo comprende il finanziamento di 5 miliardi di EUR concessi all’Ucraina nell’ambito di cinque programmi AMF volti a sostenere l’attuazione di un’ampia politica di riforme in aree quali la lotta contro la criminalità, un sistema giudiziario indipendente, lo Stato di diritto e un migliore clima imprenditoriale. Per ulteriori informazioni, si veda:Ucraina (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Decisione (UE) 2022/313 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 febbraio 2022, relativa alla concessione di assistenza macrofinanziaria all’Ucraina (GU L 55 del 28.2.2022, pag. 4). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) 2021/947 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 giugno 2021, che istituisce lo strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale — Europa globale, che modifica e abroga la decisione n. 466/2014/UE del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga il regolamento (UE) 2017/1601 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE, Euratom) n. 480/2009 del Consiglio (GU L 209 del 14.6.2021, pag. 1). Le modifiche successive al regolamento (UE) 2021/947 sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Accordo di associazione tra l’Unione europea e la Comunità europea dell’energia atomica e i loro Stati membri, da una parte, e l’Ucraina, dall’altra (GU L 161 del 29.5.2014, pag. 3). Si veda la versione consolidata.
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Regolamento interno della Commissione [C(2000) 3614] Gazzetta ufficiale n. L 308 del 08/12/2000 pag. 0026 - 0034 Regolamento interno della Commissione[C(2000) 3614]INDICE DEGLI ARTICOLI>SPAZIO PER TABELLA>LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,visto il trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, in particolare l'articolo 16,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 218, paragrafo 2,visto il trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica, in particolare l'articolo 131,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare gli articoli 28, paragrafo 1, e 41, paragrafo 1,ADOTTA IL PRESENTE REGOLAMENTO INTERNO:CAPO ILA COMMISSIONEArticolo 1La Commissione agisce come organo collegiale, secondo le disposizioni del presente regolamento e nel pieno rispetto degli orientamenti politici definiti dal presidente.Articolo 2Nel pieno rispetto degli orientamenti politici definiti dal presidente, la Commissione fissa le proprie priorità e adotta ogni anno il programma di lavoro.Articolo 3Il presidente può assegnare ai membri della Commissione particolari settori di attività, per i quali hanno una specifica responsabilità nella preparazione dei lavori della Commissione nonché nell'esecuzione delle decisioni. Il presidente può modificare tali attribuzioni in qualsiasi momento.Il presidente può costituire dei gruppi di lavoro fra i membri della Commissione e ne designa i presidenti.Il presidente rappresenta la Commissione e designa i membri della stessa incaricati di assisterlo in tali funzioni.Articolo 4Le decisioni della Commissione sono prese:a) in riunione;oppureb) mediante procedimento scritto, secondo le disposizioni dell'articolo 12;oppurec) mediante procedimento di delegazione orizzontale, secondo le disposizioni dell'articolo 13;oppured) mediante procedimento di delegazione verticale, secondo le disposizioni dell'articolo 14.Sezione ILe riunioni della CommissioneArticolo 5Le riunioni della Commissione hanno luogo su convocazione del presidente.La Commissione si riunisce, di norma, almeno una volta alla settimana. Si riunisce inoltre ogni volta che se ne presenti la necessità.I membri della Commissione sono tenuti ad assistere a tutte le riunioni. Compete al presidente valutare qualsiasi situazione che possa impedire il rispetto di tale obbligo.Articolo 6Il presidente stabilisce l'ordine del giorno delle riunioni della Commissione tenendo conto del programma di lavoro di cui all'articolo 2.Fatto salvo il potere del presidente di stabilire l'ordine del giorno, per la presentazione di qualsiasi proposta che implichi spese significative è necessario l'accordo del membro della Commissione responsabile per il bilancio.Ogni argomento di cui un membro della Commissione chieda l'iscrizione all'ordine del giorno è comunicato al presidente con un preavviso di nove giorni, salvo casi eccezionali.L'ordine del giorno e i necessari documenti di lavoro sono comunicati ai membri della Commissione entro i termini e nelle lingue di lavoro da questa stabiliti, a norma dell'articolo 25.Ogni argomento di cui un membro della Commissione chieda il ritiro dall'ordine del giorno è rinviato, con il consenso del presidente, alla riunione successiva.La Commissione può decidere, su proposta del presidente, di deliberare su un argomento non iscritto all'ordine del giorno o per il quale i necessari documenti di lavoro non siano stati distribuiti tempestivamente. Può parimenti decidere con voto a maggioranza di non deliberare su un argomento iscritto all'ordine del giorno.Articolo 7Le deliberazioni della Commissione non sono valide se non è presente la maggioranza del numero dei membri previsto dal trattato.Articolo 8La Commissione delibera su proposta di uno o di alcuni dei suoi membri.La Commissione procede a votazione su richiesta di uno dei membri. La votazione verte sulla proposta originaria o su una proposta modificata dal membro o dai membri competenti o dal presidente.Le decisioni della Commissione sono prese a maggioranza del numero dei membri previsto dal trattato. Tale maggioranza è necessaria qualunque sia il contenuto e la natura della decisione.Articolo 9Le riunioni della Commissione non sono pubbliche. La discussione ha carattere riservato.Articolo 10Salvo decisione contraria della Commissione, il segretario generale assiste alle riunioni. Le modalità di esecuzione del presente regolamento stabiliscono le regole in base alle quali altre persone sono autorizzate ad assistere alle riunioni.In caso di assenza di un membro della Commissione, il suo capo di Gabinetto può assistere alla riunione e, su invito del presidente, esporre l'opinione del membro assente.La Commissione può decidere di ascoltare qualunque altra persona.Articolo 11Di ogni riunione della Commissione viene redatto processo verbale.I progetti di processo verbale sono approvati dalla Commissione nel corso di una riunione successiva. I processi verbali approvati sono autenticati dalle firme del presidente e del segretario generale.Sezione IIAltri procedimenti di formazione delle decisioniArticolo 12L'accordo dei membri della Commissione su una proposta presentata da uno o alcuni di essi può essere constatato mediante procedimento scritto, quando la proposta abbia ottenuto il consenso delle direzioni generali direttamente interessate e il parere favorevole del servizio giuridico.A tale scopo, il testo della proposta è comunicato per iscritto a tutti i membri della Commissione, nelle lingue da questa determinate a norma dell'articolo 25, unitamente al termine assegnato per la comunicazione di eventuali riserve o emendamenti attinenti alla proposta stessa.Nel corso del procedimento scritto, ogni membro della Commissione può chiedere che la proposta sia oggetto di discussione. In tal caso, presenta al presidente una domanda motivata in tal senso.Se, allo scadere del termine assegnato per un procedimento scritto, nessuna riserva viene formulata o confermata da un membro della Commissione, la proposta si intende approvata dalla Commissione. Delle proposte adottate si dà atto in una nota giornaliera di cui viene fatta menzione nel processo verbale della riunione successiva.Articolo 13Nel rispetto del principio di responsabilità collegiale, la Commissione può delegare uno o alcuni dei suoi membri ad adottare provvedimenti di gestione o di amministrazione, in suo nome e nei limiti e alle condizioni da essa stessa fissati.La Commissione può inoltre incaricare uno od alcuni dei suoi membri, con il consenso del presidente, di adottare il testo definitivo di un atto o di una proposta da presentare alle altre istituzioni, il cui contenuto sostanziale sia stato già definito in riunione.Le competenze così conferite possono essere oggetto di subdelegazione ai direttori generali o ai capi servizio, salvo espressa disposizione contraria contenuta nella decisione di delegazione orizzontale.Le disposizioni del primo, secondo e terzo comma non ostano all'applicazione delle norme sulle deleghe in materia finanziaria nonché sui poteri attribuiti all'autorità investita del potere di nomina e all'autorità competente per la conclusione dei contratti di assunzione.Articolo 14Nel rispetto del principio di responsabilità collegiale, la Commissione può delegare i direttori generali e i capi servizio ad adottare, in suo nome e nei limiti e alle condizioni da essa stessa fissati, provvedimenti di gestione o di amministrazione.Articolo 15Una nota giornaliera, di cui viene fatta menzione nel processo verbale della riunione successiva, dà atto delle decisioni adottate mediante procedimento di delegazione orizzontale e procedimento di delegazione verticale.Sezione IIIPreparazione ed esecuzione delle decisioni della CommissioneArticolo 16I membri della Commissione possono costituire Gabinetti incaricati di assisterli nell'espletamento delle loro funzioni e nella preparazione delle decisioni della Commissione.A tal fine il membro della Commissione competente impartisce istruzioni agli uffici interessati.Articolo 17Il segretario generale assiste il presidente nella preparazione dei lavori e delle riunioni della Commissione. Assiste inoltre i presidenti dei gruppi di lavoro istituiti a norma dell'articolo 3, secondo comma, nella preparazione e nello svolgimento delle riunioni dei gruppi stessi.Cura lo svolgimento dei procedimenti di formazione delle decisioni e vigila sull'esecuzione delle decisioni di cui all'articolo 4.Cura il necessario coordinamento fra gli uffici nella preparazione dei lavori e vigila sul rispetto delle regole di presentazione dei documenti sottoposti alla Commissione.Adotta i provvedimenti necessari per assicurare la notificazione e la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee degli atti della Commissione, nonché la trasmissione alle altre istituzioni delle Comunità europee dei documenti della Commissione e dei suoi uffici.Cura i rapporti ufficiali con le altre istituzioni delle Comunità europee, fatte salve le competenze che la Commissione decide di esercitare direttamente o di attribuire ai propri membri od uffici. Segue i lavori delle altre istituzioni delle Comunità europee e ne informa la Commissione.Articolo 18Gli atti adottati in riunione sono annessi, nella o nelle lingue in cui fanno fede, ad una nota riepilogata elaborata al termine della riunione della Commissione nel corso della quale sono stati adottati e formano con questa un tutto inscindibile. Tali atti sono autenticati dalle firme del presidente e del segretario generale apposte sull'ultima pagina della predetta nota.Gli atti adottati mediante procedimento scritto sono annessi, nella lingua o nelle lingue in cui fanno fede, alla nota giornaliera di cui all'articolo 12 e formano con questa un tutto inscindibile. Tali atti sono autenticati dalla firma del segretario generale apposta sull'ultima pagina della predetta nota.Gli atti adottati mediante procedimento di delegazione orizzontale sono annessi, nella lingua o nelle lingue in cui fanno fede, alla nota giornaliera di cui all'articolo 15 e formano con questa un tutto inscindibile. Tali atti sono autenticati dalla firma del segretario generale apposta sull'ultima pagina della predetta nota.Gli atti adottati mediante procedimento di delegazione verticale, o mediante subdelegazione a norma dell'articolo 13, terzo comma, sono annessi, nella lingua o nelle lingue in cui fanno fede, alla nota giornaliera di cui all'articolo 15 e formano con questa un tutto inscindibile. Tali atti sono autenticati con autocertificazione sottoscritta dal direttore generale o dal capo servizio.Sono atti ai sensi del presente regolamento quelli di cui all'articolo 14 del trattato CECA, all'articolo 249 del trattato CE e all'articolo 161 del trattato Euratom.Ai sensi del presente regolamento, le lingue facenti fede sono tutte le lingue ufficiali delle Comunità, quando si tratta di atti aventi efficacia generale, e quelle dei destinatari negli altri casi.CAPO IIGLI UFFICI DELLA COMMISSIONEArticolo 19Per preparare e svolgere la propria azione, la Commissione dispone di un complesso di uffici, strutturati in direzioni generali e servizi assimilati.Di norma, le direzioni generali e i servizi assimilati sono articolati in direzioni e queste in unità.Articolo 20Per rispondere ad esigenze particolari, la Commissione può istituire strutture specifiche aventi compiti precisi e delle quali determina competenze e modalità di funzionamento.Articolo 21Per garantire l'efficacia dell'azione della Commissione, gli uffici operano in stretta cooperazione e in modo coordinato per l'elaborazione o l'attuazione delle decisioni.Prima che un documento venga sottoposto alla Commissione, l'ufficio competente consulta tempestivamente gli uffici associati o interessati in considerazione dei settori di attività, delle attribuzioni o della natura stessa della materia e, non appena avviata la consultazione, ne informa il segretariato generale qualora questi non faccia parte degli uffici consultati. La consultazione del servizio giuridico è obbligatoria per tutti i progetti di atti e di proposte di atti giuridici, nonché per tutti i documenti che possono avere incidenza giuridica. La consultazione delle direzioni generali incaricate dei bilanci, del personale e dell'amministrazione è obbligatoria per tutti i documenti che possono incidere rispettivamente sul bilancio, le finanze, il personale e l'amministrazione. Lo stesso vale, ove necessario, per la direzione generale incaricata del controllo finanziario.L'ufficio competente ha cura di formulare una proposta che raccolga il consenso degli uffici consultati. Salvo il disposto dell'articolo 12, in caso di dissenso, la sua proposta è accompagnata dai pareri divergenti di tali uffici.CAPO IIISUPPLENZEArticolo 22Le funzioni del presidente vengono esercitate, in caso di impedimento, da un vicepresidente o da un membro scelto secondo l'ordine deciso dalla Commissione.Articolo 23Le funzioni del segretario generale vengono esercitate, in caso di impedimento, dal segretario generale aggiunto o, in mancanza, da un funzionario designato dalla Commissione.Articolo 24Il direttore generale è sostituito, in caso d'impedimento, dal direttore generale aggiunto presente che sia decano per anzianità di servizio e, a parità di questa, per età, oppure, se tale funzione non esiste, da un funzionario designato dalla Commissione. In assenza di tale designazione, le funzioni vengono esercitate dal funzionario subordinato presente che sia decano per anzianità di servizio e, a parità di questa, per età, nella categoria e nel grado più elevati.Il capo unità è sostituito dal capo unità aggiunto, quando tale funzione esiste.Qualsiasi altro superiore gerarchico è sostituito, in caso d'impedimento, da un funzionario designato dal direttore generale, in accordo con il membro della Commissione responsabile. In assenza di tale designazione, le funzioni vengono esercitate dal funzionario subordinato presente che sia decano per anzianità di servizio e, a parità di questa, per età, nella categoria e nel grado più elevati.DISPOSIZIONI FINALIArticolo 25La Commissione stabilisce, in quanto necessario, le modalità di esecuzione del presente regolamento.La Commissione può adottare misure supplementari relative al funzionamento della Commissione e dei suoi uffici, il cui testo viene allegato al presente regolamento.Articolo 26Il regolamento interno del 18 settembre 1999, modificato con decisione 2000/633/CE, CECA, Euratom, è abrogato.Articolo 27Il presente regolamento interno entra in vigore il 1o gennaio 2001.Articolo 28Il presente regolamento interno è pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Fatto a Bruxelles, il 29 novembre 2000.Per la CommissioneIl PresidenteRomano ProdiALLEGATOCODICE DI BUONA CONDOTTA AMMINISTRATIVA DEL PERSONALE DELLA COMMISSIONE EUROPEA NEI SUOI RAPPORTI COL PUBBLICOServizio di qualitàLa Commissione e il suo personale sono tenuti a servire l'interesse comunitario e, pertanto, l'interesse pubblico.Il pubblico ha il diritto di attendersi un servizio di qualità ed un'amministrazione aperta, accessibile e gestita correttamente.Un servizio di qualità implica che la Commissione e il suo personale diano prova di cortesia, oggettività e imparzialità.OggettoPer permettere alla Commissione di adempiere i propri obblighi di buona condotta amministrativa, in particolare nei contatti con il pubblico, la Commissione si impegna a rispettare i criteri di buona condotta amministrativa stabiliti nel presente codice e a ispirarsi ad essi nell'attività quotidiana.Campo d'applicazioneIl presente codice vincola tutto il personale soggetto allo statuto dei funzionari delle Comunità europee e al regime applicabile agli altri agenti di dette Comunità (in prosieguo: "lo statuto"), nonché alle altre norme sulle relazioni tra la Commissione e il suo personale che si applicano ai funzionari e agli altri agenti delle Comunità europee. Tuttavia, anche le persone con un contratto di diritto privato, gli esperti comandati dalle rispettive amministrazioni nazionali, i tirocinanti, ecc., che lavorano per la Commissione, dovrebbero attenersi al presente codice nella loro attività quotidiana.Le relazioni tra la Commissione e il suo personale sono disciplinate esclusivamente dallo statuto.1. PRINCIPI GENERALI DI BUONA AMMINISTRAZIONENei rapporti con il pubblico la Commissione rispetta i principi generali illustrati qui di seguito.LegalitàLa Commissione agisce in conformità del diritto e applica le norme e le procedure stabilite dalla legislazione comunitaria.Parità di trattamento e non discriminazioneLa Commissione rispetta il principio di non discriminazione e garantisce in particolare la parità di trattamento nei confronti del pubblico, senza distinzioni fondate sulla nazionalità, il sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali. Di conseguenza, il diverso trattamento di fattispecie analoghe deve essere espressamente giustificato dalla natura particolare del caso in oggetto.ProporzionalitàLa Commissione veglia a che i provvedimenti presi siano proporzionati rispetto agli scopi perseguiti.In particolare, la Commissione si assicurerà che l'applicazione del presente codice non implichi, in alcun caso, oneri amministrativi o di bilancio sproporzionati rispetto al beneficio atteso.CoerenzaLa Commissione è coerente nella sua condotta amministrativa e si conforma alla sua prassi normale. Qualsiasi eccezione a questo principio deve essere debitamente giustificata.2. ORIENTAMENTI PER UNA BUONA CONDOTTA AMMINISTRATIVAObiettività e imparzialitàIl personale è tenuto ad agire con obiettività e imparzialità, nell'interesse della Comunità e per il bene pubblico. Esso deve agire in piena indipendenza nel quadro della politica decisa dalla Commissione e la sua condotta non deve mai essere influenzata da interessi personali o nazionali ovvero da pressioni politiche.Informazioni sui procedimenti amministrativiIl personale assicura che la risposta a richieste d'informazione concernenti un procedimento amministrativo della Commissione sia comunicata entro il termine fissato per il procedimento in oggetto.3. INFORMAZIONI SUI DIRITTI DELLE PARTI INTERESSATEAudizione di tutte le parti direttamente interessateQuando il diritto comunitario prevede che le parti interessate debbano essere sentite, il personale provvede a dare loro l'opportunità di esporre il proprio punto di vista.Obbligo di motivare le decisioniOgni decisione della Commissione dovrebbe enunciare chiaramente i motivi sui quali si fonda ed essere comunicata ai soggetti e alle parti interessate.Di regola la motivazione delle decisioni deve essere esaustiva. Qualora non sia possibile comunicare in dettaglio i motivi di ogni singola decisione, ad esempio nel caso di decisioni simili che riguardano un gran numero di persone, si potrà rispondere con una lettera circolare. Queste risposte uniformi dovrebbero comunque indicare i principali motivi della decisione. Inoltre, la motivazione circostanziata deve essere comunicata alla parte interessata che la richieda espressamente.Obbligo di indicare i mezzi di ricorsoQuando il diritto comunitario lo prevede, le decisioni notificate devono indicare chiaramente la possibilità di un ricorso ed illustrarne le modalità (nome e indirizzo amministrativo della persona o dell'ufficio cui inoltrare il ricorso e termine per la sua presentazione).Se del caso, le decisioni dovrebbero indicare la possibilità di adire le vie giudiziarie e di presentare una denuncia al mediatore europeo, in conformità dell'articolo 230 e dell'articolo 195 del trattato che istituisce la Comunità europea.4. TRATTAMENTO DELLE RICHIESTELa Commissione si impegna a rispondere nel modo più appropriato e con la massima tempestività alle richieste del pubblico.Richiesta di documentiSe il documento richiesto è già pubblicato, il richiedente viene indirizzato verso i punti di vendita dell'Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee e verso i centri di documentazione o di informazione che consentono di accedere ai documenti gratuitamente, come gli "Infopoint", i centri di documentazione europea, ecc. Inoltre, numerosi documenti sono facilmente accessibili in forma elettronica.Le regole sull'accesso ai documenti figurano in un provvedimento specifico.CorrispondenzaA norma dell'articolo 21 del trattato che istituisce la Comunità europea, la Commissione deve rispondere nella lingua in cui è stata redatta la lettera pervenutale, sempreché si tratti di una delle lingue ufficiali delle Comunità.La risposta va inviata entro quindici giorni lavorativi dalla data di ricevimento della lettera da parte del servizio competente della Commissione. Essa dovrebbe precisare il nome della persona competente e indicare in quale modo possa essere contattata.Qualora la risposta non possa essere inviata entro il termine suddetto, e in tutti i casi in cui essa richieda un'attività ulteriore, come una consultazione fra gli uffici o una traduzione, il membro del personale competente dovrebbe inviare una risposta interlocutoria, indicando la data prevedibile per la risposta, in funzione dell'attività supplementare necessaria e tenuto conto del grado di urgenza e di complessità della materia.Se la risposta deve essere stilata da un ufficio diverso da quello cui la lettera iniziale era rivolta, il richiedente dovrebbe essere informato del nome e dell'indirizzo amministrativo della persona alla quale la sua lettera è stata trasmessa.Queste regole non si applicano alla corrispondenza che può ragionevolmente ritenersi inaccettabile, per esempio per il suo carattere ripetitivo, ingiurioso o privo di senso. In casi del genere, la Commissione si riserva il diritto di cessare ogni scambio di corrispondenza.Comunicazioni telefonicheNel rispondere al telefono, il personale è tenuto ad indicare il proprio nome o quello dell'ufficio cui appartiene. Qualora una persona esterna vada richiamata, occorre farlo con la massima sollecitudine.Il membro del personale interpellato fornisce direttamente le informazioni sulle materie che rientrano nelle sue competenze e negli altri casi dovrebbe indirizzare il richiedente verso la fonte specifica più adeguata. Se necessario, dovrebbe invitare il richiedente a rivolgersi al superiore gerarchico oppure consultare quest'ultimo prima di fornire l'informazione richiesta.Se la richiesta verte su un argomento che rientra direttamente nelle sue competenze, il membro del personale chiede all'interlocutore di declinare la sua identità e, prima di dare l'informazione, verifica se questa è già stata resa pubblica. In caso contrario, può valutare che la divulgazione dell'informazione non è nell'interesse della Comunità. In tal caso, dovrebbe spiegare i motivi che impediscono di fornire l'informazione e, ove ciò sia opportuno, si dovrebbe appellare al dovere di massima discrezione, sancito dall'articolo 17 dello statuto.Se del caso, può essere chiesta una conferma scritta delle richieste di informazioni fatte per telefono.Posta elettronicaLa risposta ai messaggi trasmessi per posta elettronica deve essere sollecita, secondo i criteri già illustrati con riferimento alle comunicazioni telefoniche.Il messaggio elettronico che per sua natura possa essere assimilato ad una lettera va trattato secondo i criteri relativi alla corrispondenza e nel rispetto degli stessi termini.Richieste provenienti dai mezzi di comunicazione di massaI rapporti con i mezzi di comunicazione di massa sono di competenza del servizio Stampa e comunicazione. Se però le richieste di informazione vertono su aspetti tecnici, i membri del personale possono rispondere nei settori di loro specifica competenza.5. PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI E INFORMAZIONI RISERVATELa Commissione e il suo personale rispettano segnatamente quanto segue:- le norme sulla protezione della vita privata e dei dati personali,- gli obblighi previsti dall'articolo 287 del trattato CE, in particolare quelli sulla tutela del segreto professionale,- le norme sulla tutela del segreto nelle indagini penali,- la confidenzialità delle materie discusse nei vari comitati ed organi di cui all'articolo 9 e agli allegati II e III dello statuto.6. RECLAMICommissione europeaIn caso di inosservanza dei principi stabiliti nel presente codice, possono essere presentati reclami direttamente al segretario generale(1) della Commissione europea, che provvederà a trasmetterli al servizio competente.Il direttore generale o il capo servizio deve rispondere per iscritto all'autore del reclamo entro un termine di due mesi. L'autore del reclamo dispone quindi di un mese per sollecitare presso il segretario generale della Commissione europea un riesame del proprio reclamo. Il segretario generale risponde alla domanda di riesame entro un mese.Mediatore europeoÈ possibile inoltre presentare denuncia al mediatore europeo, in conformità dell'articolo 195 del trattato che istituisce la Comunità europea, nonché dello statuto che fissa le condizioni per l'esercizio delle funzioni del mediatore stesso.(1) Indirizzo postale: Segretariato generale della Commissione europea, Unità SG/B/2 "Trasparenza, accesso ai documenti, relazioni con la società civile", rue de la Loi/Wetstraat 200, B-1049 Bruxelles [fax: (32-2) 296 72 42].Indirizzo elettronico: [email protected]
Regolamento interno della Commissione europea QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO INTERNO? L’articolo 249 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea prevede che la Commissione europea adotti il proprio regolamento interno allo scopo di assicurare il proprio funzionamento e quello dei propri servizi. PUNTI CHIAVE Il regolamento interno contiene disposizioni sull’organizzazione della Commissione (Capo I), sul ruolo dei servizi e sulle loro modalità di lavorare insieme (Capo II) e disposizioni sulle supplenze e sulla continuità operativa (Capo III). Organizzazione della CommissioneResponsabilità collegialeLa Commissione è un organismo collegiale. La sua azione è collettiva. I membri della Commissione hanno pari voce in capitolo nel processo decisionale e hanno la responsabilità collettiva di tutte le decisioni prese dalla Commissione. Presidente della CommissioneIl presidente della Commissione stabilisce gli orientamenti politici della Commissione. Il presidente rappresenta la Commissione, decide in merito alla sua organizzazione interna e assegna le responsabilità (portafogli) ai membri della Commissione. Le responsabilità possono variare nel corso dei cinque anni del mandato della Commissione. Il segretario generale della Commissione assiste il presidente nel conseguimento degli obiettivi stabiliti dalla Commissione. Il presidente nomina tutti i vice-presidenti, ad eccezione dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, e può anche nominare gruppi di commissari con mandati speciali.Quattro tipi di procedure decisionali interneProcedura orale: la Commissione adotta le decisioni (per lo più di grande importanza politica o economica) durante le riunioni ordinarie o straordinarie. Procedimento scritto: le decisioni sono adottate quando i membri della Commissione non esprimono riserve o non richiedono modifiche a un progetto normativo messo a loro disposizione entro un termine prestabilito. Procedimento di delegazione orizzontale: la Commissione può conferire a uno o più commissari la responsabilità di provvedimenti gestionali o amministrativi in suo nome. Procedimento di delegazione verticale: la Commissione delega ai direttori generali o ai capi servizio il potere di adottare determinati provvedimenti gestionali o amministrativi in suo nome.Servizi della CommissioneLe direzioni generali e i corrispondenti uffici della Commissione preparano ed eseguono l’azione della Commissione, mettendo in atto le priorità politiche della Commissione e gli orientamenti politici del presidente della Commissione. In linea di principio, le direzioni generali e gli uffici corrispondenti sono suddivisi in direzioni, a loro volta ripartite in unità. Per assicurare l’efficacia dell’azione della Commissione, sono fondamentali una stretta cooperazione e un efficiente coordinamento tra le direzioni generali e gli uffici corrispondenti. L’ufficio responsabile per la preparazione di una iniziativa della Commissione consulta gli altri uffici interessati nell’iniziativa da presentare. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento interno della Commissione (GU L 308 dell’8.12.2000, pag. 26). Le successive modifiche al regolamento di procedura sono state incorporate nel documento originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Versione consolidata del trattato sull’Unione europea — Titolo III: Disposizioni relative alle istituzioni — Articolo 17 (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 25). Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte sesta — Disposizioni istituzionali e finanziarie — Titolo I — Disposizioni istituzionali — Capo 1 — Le istituzioni — Sezione 4 — La Commissione — articolo 248 (ex articolo 217, paragrafo 2, del TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 157). Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte sesta: Disposizioni istituzionali e finanziarie — Titolo I: Disposizioni istituzionali — Capo 1: Le istituzioni — Sezione 4: La Commissione — Articolo 249 (ex articoli 218, paragrafo 2, e 212 del TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 157). Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte sesta: Disposizioni istituzionali e finanziarie — Titolo I: Disposizioni istituzionali — Capo 1: Le istituzioni — Sezione 4 — La Commissione — Articolo 250 (ex articolo 219 del TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 157). Decisione del Consiglio europeo 2013/272/UE, del 22 maggio 2013, riguardante il numero di membri della Commissione europea (GU L 165 del 18.6.2013, pag. 98). Regolamento (UE) 2016/300 del Consiglio, del 29 febbraio 2016, che definisce il trattamento economico dei titolari di alte cariche dell’UE (GU L 58 del 4.3.2016, pag. 1).
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Regolamento (CE) n. 1059/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, relativo all'istituzione di una classificazione comune delle unità territoriali per la statistica (NUTS) Gazzetta ufficiale n. L 154 del 21/06/2003 pag. 0001 - 0041 Regolamento (CE) n. 1059/2003 del Parlamento europeo e del Consigliodel 26 maggio 2003relativo all'istituzione di una classificazione comune delle unità territoriali per la statistica (NUTS)IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 285,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale europeo(2),visto il parere del Comitato delle regioni(3),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(4),considerando quanto segue:(1) Gli utenti delle statistiche manifestano una sempre maggiore necessità di armonizzazione, al fine di disporre di dati comparabili in tutta l'Unione europea. Per funzionare, il mercato interno necessita di standard statistici applicabili alla raccolta, alla trasmissione e alla pubblicazione di statistiche nazionali e comunitarie, in modo da fornire a tutti gli operatori del mercato unico dati statistici comparabili. In tale contesto le classificazioni costituiscono uno strumento importante per la rilevazione, la compilazione e la diffusione di statistiche comparabili.(2) Le statistiche regionali sono un elemento fondamentale del sistema statistico europeo. Esse sono utilizzate per molteplici scopi. Per molti anni le statistiche regionali europee sono state rilevate, compilate e diffuse in base a una classificazione regionale comune detta "Nomenclatura delle unità territoriali per la statistica" (in seguito denominata NUTS). È opportuno che tale classificazione regionale sia ora fissata in un quadro giuridico e siano stabilite regole chiare per le sue future modifiche. La classificazione NUTS non dovrebbe precludere l'esistenza di altre suddivisioni e classificazioni.(3) Di conseguenza, tutte le statistiche che gli Stati membri trasmettono alla Commissione, suddivise in unità territoriali, dovrebbero avvalersi della classificazione NUTS, ove opportuno.(4) Per l'analisi e la diffusione la Commissione dovrebbe ricorrere alla classificazione NUTS per tutte le statistiche classificate per unità territoriali, ove opportuno.(5) Per le statistiche regionali sono necessari vari livelli, a seconda della finalità per cui sono elaborate a livello nazionale ed europeo. È quindi opportuno disporre di almeno tre livelli gerarchici di dettaglio nella classificazione regionale europea NUTS. Gli Stati membri potrebbero disporre di ulteriori livelli di dettaglio relativi alla NUTS, nei casi in cui lo ritengano necessario.(6) Le informazioni relative all'attuale composizione territoriale delle regioni NUTS di livello 3 sono necessarie per una corretta gestione della classificazione NUTS e dovrebbero quindi essere trasmesse regolarmente alla Commissione.(7) I criteri oggettivi sono necessari per la definizione delle regioni e al fine di garantire l'imparzialità nella compilazione e nell'uso delle statistiche regionali.(8) Gli utenti delle statistiche regionali dovrebbero disporre di una nomenclatura stabile nel tempo. Per tale motivo la classificazione NUTS non dovrebbe essere modificata troppo spesso. L'esistenza di questo regolamento garantirà una maggiore stabilità delle regole nel tempo.(9) Per garantire la comparabilità delle statistiche regionali, la popolazione delle regioni deve essere di entità comparabile. Per raggiungere tale obiettivo le modifiche della classificazione NUTS dovrebbero rendere la struttura regionale più omogenea in termini di dimensione della popolazione.(10) Deve inoltre essere rispettata l'attuale situazione politica, amministrativa ed istituzionale. Le unità non amministrative devono rispecchiare circostanze economiche, sociali, storiche, culturali, geografiche o ambientali.(11) Occorrerebbe fare riferimento alla definizione di "popolazione" sulla quale si basa la classificazione.(12) La classificazione NUTS è limitata al territorio economico degli Stati membri e non copre completamente il territorio cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea. Il suo utilizzo per scopi comunitari dovrà pertanto essere valutato caso per caso. Il territorio economico di ogni paese, secondo la definizione contenuta nella decisione 91/450/CEE della Commissione(5) comprende anche un territorio extraregionale, costituito da parti del territorio economico che non possono essere annesse ad una determinata regione (spazio aereo, acque territoriali e piattaforma continentale, enclave, in particolare ambasciate, consolati e basi militari, depositi di petrolio, gas naturale, ecc. in acque internazionali, al di fuori della piattaforma continentale, gestiti da unità residenti). La classificazione NUTS deve anche prevedere la possibilità di statistiche per questo territorio extraregionale.(13) Le modifiche della classificazione NUTS saranno apportate dopo aver consultato accuratamente gli Stati membri.(14) Dato che gli obiettivi dell'azione proposta, vale a dire l'armonizzazione delle statistiche regionali, non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può adottare misure conformemente al principio di sussidiarietà di cui all'articolo 5 del trattato. Secondo il principio di proporzionalità di cui a detto articolo, il presente regolamento non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento dei suddetti obiettivi.(15) La classificazione NUTS oggetto del presente regolamento dovrebbe sostituire la "Nomenclatura delle unità territoriali per la statistica (NUTS)" istituita finora dall'Istituto statistico delle Comunità europee in collaborazione con gli istituti statistici nazionali. Di conseguenza, tutti i riferimenti alla "Nomenclatura delle unità territoriali per la statistica (NUTS)" negli atti comunitari andrebbero intesi come riferimenti alla classificazione NUTS oggetto del presente regolamento.(16) Il regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, del 17 febbraio 1997, relativo alle statistiche comunitarie(6), costituisce il quadro di riferimento per le disposizioni del presente regolamento.(17) Le misure necessarie per l'attuazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(7).(18) A norma dell'articolo 3 della decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio(8) è stato consultato il comitato del programma statistico istituito dalla suddetta decisione.HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1Oggetto1. Il presente regolamento mira ad istituire una classificazione statistica comune delle unità territoriali, in seguito denominata "NUTS", al fine di consentire la raccolta, la compilazione e la diffusione di statistiche regionali armonizzate nella Comunità.2. La classificazione NUTS di cui all'allegato I sostituisce la "Nomenclatura delle unità territoriali per la statistica (NUTS)" elaborata dall'Istituto statistico delle Comunità europee in collaborazione con gli istituti statistici nazionali degli Stati membri.Articolo 2Struttura1. La classificazione NUTS suddivide il territorio economico degli Stati membri, come definito dalla decisione 91/450/CEE in unità territoriali. Essa attribuisce a ogni unità territoriale un nome ed un codice specifici.2. La classificazione NUTS è gerarchica. Ogni Stato membro è suddiviso in unità territoriali di livello NUTS 1, ognuna delle quali è suddivisa in unità territoriali di livello NUTS 2, a loro volta suddivise in unità territoriali di livello NUTS 3.3. Tuttavia, una determinata unità territoriale può essere classificata a vari livelli NUTS.4. Allo stesso livello NUTS due unità territoriali diverse nello stesso Stato membro non possono essere identificate dallo stesso nome. Se due unità territoriali in Stati membri diversi hanno lo stesso nome, al nome delle unità territoriali è aggiunto l'identificatore del paese.5. In ogni Stato membro possono sussistere ulteriori livelli gerarchici di dettaglio, decisi dallo Stato membro, che suddividono il livello NUTS 3. Entro due anni dall'entrata in vigore del presente regolamento la Commissione, previa consultazione degli Stati membri, presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una comunicazione sull'opportunità di istituire norme su scala europea per livelli più particolareggiati nella classificazione NUTS.Articolo 3Criteri di classificazione1. Le unità amministrative esistenti all'interno degli Stati membri costituiscono il primo criterio di definizione delle unità territoriali.A tal fine, per "unità amministrativa" si intende una zona geografica in cui un'autorità amministrativa ha la competenza di prendere decisioni amministrative o politiche per tale zona, all'interno del quadro giuridico e istituzionale dello Stato membro.2. Per stabilire in quale livello NUTS debba essere classificata una determinata classe di unità amministrative di uno Stato membro, si considera la dimensione media della classe di unità amministrative dal punto di vista della popolazione facendo riferimento alla tabella seguente:>SPAZIO PER TABELLA>Se la popolazione di un intero Stato membro è inferiore al limite minimo per un determinato livello NUTS, l'intero Stato membro costituisce una unità territoriale NUTS per tale livello.3. Ai fini del presente regolamento, la popolazione di un'unità territoriale comprende le persone che risiedono abitualmente in questa zona.4. Le unità amministrative esistenti utilizzate per la classificazione NUTS sono elencate nell'allegato II. Gli emendamenti dell'allegato II sono adottati secondo la procedura di regolamentazione di cui all'articolo 7, paragrafo 2.5. Se, per un determinato livello NUTS, nello Stato membro non esistono unità amministrative di dimensione opportuna, in conformità dei criteri elencati nel paragrafo 2, il livello NUTS sarà costituito aggregando un numero adeguato di unità amministrative contigue esistenti di dimensione minore. L'aggregazione terrà conto di pertinenti criteri quali le circostanze geografiche, socioeconomiche, storiche, culturali o ambientali.Le unità risultanti dall'aggregazione sono definite in seguito "unità non amministrative". La dimensione delle unità non amministrative in uno Stato membro per un determinato livello NUTS deve rientrare nei limiti indicati dalla tabella di cui al paragrafo 2.Secondo la procedura di regolamentazione di cui all'articolo 7, paragrafo 2, singole unità non amministrative possono tuttavia non rientrare nei suddetti limiti in determinate circostanze geografiche, socio-economiche, storiche, culturali o ambientali specialmente nelle isole e nelle regioni ultraperiferiche.Articolo 4Componenti della NUTS1. Entro sei mesi dall'entrata in vigore del presente regolamento la Commissione pubblica l'elenco dei componenti di ogni unità territoriale NUTS di livello 3, ovvero l'elenco delle unità amministrative più piccole di cui all'allegato III, trasmessole dagli Stati membri.Gli emendamenti dell'allegato III sono adottati secondo la procedura di regolamentazione di cui all'articolo 7, paragrafo 2.2. Entro il primo semestre di ogni anno gli Stati membri comunicano alla Commissione tutti i cambiamenti dei componenti per l'anno precedente, che possano avere effetti sui confini del livello NUTS 3, rispettando in tal modo il formato elettronico dei dati richiesto dalla Commissione.Articolo 5Emendamenti della NUTS1. Gli Stati membri informano la Commissione di:a) tutte le modifiche intervenute nelle unità amministrative nella misura in cui possano avere effetti sulla classificazione NUTS di cui all'allegato I o sui contenuti degli allegati II e III;b) tutte le altre modifiche a livello nazionale che possano avere effetti sulla classificazione NUTS, secondo i criteri di classificazione di cui all'articolo 3.2. Le modifiche dei confini del livello NUTS 3 dovute a modifiche delle unità amministrative più piccole di cui all'allegato III:a) non sono considerate emendamenti della classificazione NUTS se comportano un trasferimento di popolazione uguale o inferiore all'1 % delle unità territoriali NUTS 3 interessate;b) sono considerate emendamenti della classificazione NUTS, a norma del paragrafo 3 del presente articolo, se comportano un trasferimento di popolazione superiore all'1 % delle unità territoriali NUTS 3 interessate.3. Gli emendamenti della classificazione NUTS per le unità non amministrative di uno Stato membro, come indicato nell'articolo 3, paragrafo 5, possono essere apportati se, al livello NUTS in questione, tale modifica riduce la deviazione media della dimensione in termini di popolazione di tutte le unità territoriali dell'Unione europea.4. Gli emendamenti della classificazione NUTS sono adottati nel secondo semestre dall'anno civile secondo la procedura di regolamentazione di cui all'articolo 7, paragrafo 2, rispettando un intervallo minimo di tre anni, sulla base dei criteri di cui all'articolo 3. Cionostante, nel caso di una riorganizzazione sostanziale della pertinente struttura amministrativa di uno Stato membro, gli emendamenti della classificazione NUTS possono essere adottati ad intervalli inferiori a tre anni.Le misure di attuazione della Commissione di cui al primo comma entrano in vigore, per quanto attiene alla trasmissione dei dati alla Commissione, il 1o gennaio del secondo anno dopo l'adozione.5. Allorché è apportato un emendamento alla classificazione NUTS, lo Stato membro in questione comunica alla Commissione le serie per la nuova suddivisione regionale, in sostituzione dei dati già trasmessi. L'elenco delle serie e la loro durata sono specificati secondo la procedura di regolamentazione di cui all'articolo 7, paragrafo 2, tenendo conto della possibilità concreta di fornirle. Tali serie devono essere fornite entro due anni dall'adozione dell'emendamento della classificazione NUTS.Articolo 6GestioneLa Commissione adotta le misure necessarie a garantire una gestione coerente della classificazione NUTS. Tali misure possono includere, in particolare:a) l'elaborazione e l'aggiornamento di note esplicative della NUTS;b) l'analisi di problemi legati derivanti dall'applicazione della NUTS per la classificazione delle unità territoriali degli Stati membri.Articolo 7Procedura1. La Commissione è assistita dal comitato del programma statistico, istituito dall'articolo 1 della decisione 89/382/CEE, Euratom (in seguito denominato "il comitato").2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 8RelazioneTre anni dopo l'entrata in vigore del presente regolamento, la Commissione trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sulla sua applicazione.Articolo 9Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 26 maggio 2003.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteG. Drys(1) GU C 180 E del 26.6.2001, pag. 108(2) GU C 260 del 17.9.2001, pag. 57.(3) GU C 107 del 3.5.2002, pag. 54.(4) Parere del Parlamento europeo del 24 ottobre 2001 (GU C 112 E del 9.5.2002, pag. 146), posizione comune del Consiglio del 9 dicembre 2002 (GU C 32 E dell'11.2.2003, pag. 26) e decisione del Parlamento europeo dell'8 aprile 2003 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(5) GU L 240 del 29.8.1991, pag. 36.(6) GU L 52 del 22.2.1997, pag. 1.(7) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(8) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47.ALLEGATO IClassificazione NUTS (codice - nome)>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO IIUnità amministrative esistentiA livello NUTS 1: per il Belgio "Gewesten/Régions", per la Germania "Länder", per il Portogallo "Continente", Região dos Açores and Região da Madeira, e per il Regno Unito Scozia, Galles, Irlanda del Nord e Government Office Regions of England.A livello NUTS 2: per il Belgio "Provincies/Provinces", per la Germania "Regierungsbezirke", per la Grecia "periferies", per la Spagna "comunidades y ciudades autonomas", per la Francia "régions", per l'Irlanda "regions", per l'Italia "regioni", per i Paesi Bassi "provincies" e per l'Austria "Länder".A livello NUTS 3: per il Belgio "arrondissementen/arrondissements", per la Danimarca "Amtskommuner", per la Germania "Kreise/kreisfreie Städte", per la Grecia "nomoi", per la Spagna "provincias", per la Francia "départements", per l'Irlanda "regional authority regions", per l'Italia "province", per la Svezia "län" e per la Finlandia "maakunnat/Landskapen".ALLEGATO IIIUnità amministrative più piccolePer il Belgio "Gemeenten/Communes", per la Danimarca "Kommuner", per la Germania "Gemeinden", per la Grecia "Demoi/Koinotites", per la Spagna "Municipios", per la Francia "Communes", per l'Irlanda "counties or county boroughs", per l'Italia "Comuni", per il Lussemburgo "Communes", per i Paesi Bassi "Gemeenten", per l'Austria "Gemeinden", per il Portogallo "Freguesias", per la Finlandia "Kunnat/Kommuner", per la Svezia "Kommuner" e per il Regno Unito "Wards".
Classificazione comune delle unità territoriali a fini statistici (NUTS) QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento (CE) n. 1059/2003 definisce le norme per la gestione della nomenclatura delle unità territoriali per la statistica (NUTS), un sistema gerarchico di suddivisione del territorio economico dell’Unione europea (Unione) al fine di raccogliere, sviluppare e armonizzare le statistiche regionali europee, la valutazione dei livelli di ammissibilità ai Fondi strutturali dell’Unione e l’elaborazione delle politiche regionali dell’Unione. Il regolamento contiene inoltre norme per le future modifiche alla classificazione. Ciò per garantire che i dati si riferiscano alla stessa unità regionale per un determinato periodo di tempo. Il concetto è rilevante soprattutto per le serie storiche. È stato modificato diverse volte, tra gli altri, da:regolamenti (CE) n. 1888/2005, (CE) n. 176/2008 e (UE) n. 517/2013 per tener conto dell’adesione dei nuovi Stati membri dell’UE;regolamenti (CE) n. 105/2007, (UE) n. 31/2011, (UE) n. 1319/2013, (UR) n. 868/2014, (UE) 2016/2066 e (UE) 2019/1755 che modificano gli allegati per tenere conto delle modifiche alla classificazione;regolamento di modifica (UE) 2017/2391 che introduce lo statuto giuridico per le tipologie territoriali collegate alla classificazione NUTS (si veda di seguito). PUNTI CHIAVE La gerarchia NUTS Per ciascun paese dell’Unione esistono tre livelli gerarchici di suddivisione regionale che si basa su soglie minime e massime di popolazione, come segue.NUTS 1. Principali regioni socio-economiche, ad esempio i Länder tedeschi, le Gewesten/regioni del Belgio, le macroregioni in Polonia o in Romania. NUTS 2. Regioni di base per l’applicazione delle politiche regionali, ad esempio le province in Belgio o nei Paesi Bassi, i Bundesländer austriaci e le regioni ceche (oblasti). NUTS 3. Piccole regioni per diagnosi specifiche, ad esempio i département francesi, le province bulgare (oblasti), le province italiane.Il terzo livello è una suddivisione del secondo livello, il secondo livello è una suddivisione del primo livello e il primo livello è una suddivisione dei paesi. NUTS non comprende il livello locale (municipale). Se la popolazione di un intero Stato membro è inferiore al limite minimo per un determinato livello NUTS, l’intero paese costituisce una unità territoriale NUTS per tale livello. Criteri di classificazione Le unità amministrative esistenti negli Stati membri costituiscono il primo criterio di definizione di NUTS. Il livello NUTS a cui un livello amministrativo esistente corrisponde è determinato sulla base della dimensione media della popolazione delle sue unità amministrative come segue: Livello Popolazione minima Popolazione massima NUTS 1 3 milioni 7 milioni NUTS 2 800.000 3 milioni NUTS 3 150.000 800.000 Se, per un determinato livello NUTS, nello Stato membro non esistono unità amministrative di dimensione opportuna, tale livello sarà costituito aggregando un numero adeguato di piccole unità amministrative contigue. Le unità aggregate risultanti formano un «livello non-amministrativo» in cui ogni unità non amministrativa deve rientrare nei limiti indicati precedentemente. Le deviazioni si verificano in particolari circostanze geografiche, socioeconomiche, storiche, culturali o ambientali, soprattutto nelle isole e nelle regioni ultraperiferiche. Tipologie territoriali (Tercet) Il regolamento di modifica (UE) 2017/2391 stabilisce un riconoscimento giuridico delle tipologie territoriali ai fini delle statistiche dell’Unione. Ciò consente ai regolamenti sulle statistiche tematiche e alle iniziative politiche di basarsi su tali tipologie per raccogliere statistiche dell’Unione e/o mirare a territori specifici come città, aree urbane, rurali o costiere e regioni nella politica. Il regolamento riguarda le tipologie territoriali esistenti in base al livello NUTS 3 (ad es. la tipologia urbana9-rurale, le regioni metropolitane) o le unità amministrative locali (ad es. il grado di urbanizzazione, le città, le zone costiere). Il regolamento riguarda inoltre il livello di un chilometro quadrato della griglia necessario per calcolare le altre tipologie, basate sulla distribuzione e la densità della popolazione nelle celle della griglia. Stabilisce inoltre le condizioni per l’adozione di atti delegati da parte della Commissione europea, ove opportuno. L’attuale classificazione NUTS, valida dal 1 gennaio 2021, elenca 92 regioni a livello NUTS 1, 242 regioni a livello NUTS 2 e 1166 regioni a livello NUTS 3. Ai sensi dell’atto di esecuzione, il regolamento (CE) n. 11/2008, quando viene apportata una modifica alla classificazione NUTS, lo Stato membro interessato comunica alla Commissione (Eurostat) le serie cronologiche per la nuova ripartizione regionale, al fine di sostituire i dati già trasmessi. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? La decisione è in vigore dal 11 luglio 2003. CONTESTO Dagli anni ’70, per produrre statistiche regionali e valutare i livelli di ammissibilità ai Fondi strutturali dell’Unione sulla base di criteri obiettivi e quantitativi, l’Unione ha sviluppato la classificazione NUTS come sistema unico e coerente per la suddivisione geografica del proprio territorio. Tutti gli Stati membri hanno i propri sistemi di governo e la propria struttura amministrativa, alcuni più centralizzati di altri. Inoltre, essi variano enormemente in termini di popolazione, area di superficie e livelli di sviluppo. NUTS è stata sviluppata da Eurostat considerando proprio tale diversità di circostanze. Per maggiori informazioni consultare:NUTS — Nomenclatura delle unità territoriali per la statistica (Eurostat). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1059/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, relativo all’istituzione di una classificazione comune delle unità territoriali per la statistica (NUTS) (GU L 154, 21.6.2003, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1059/2003 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) 2021/690 del Parlamento europeo e del Consiglio del 28 aprile 2021 che istituisce il programma relativo al mercato interno, alla competitività delle imprese, tra cui le piccole e medie imprese, al settore delle piante, degli animali, degli alimenti e dei mangimi e alle statistiche europee (programma per il mercato unico) e che abroga i regolamenti (UE) n. 99/2013, (UE) n. 1287/2013, (UE) n. 254/2014 e (UE) n. 652/2014 (GU L 153 del 3.5.2021, pag. 1). Si veda la versione consolidata. Decisione di esecuzione (UE) 2021/1130 della Commissione, del 5 luglio 2021, che definisce l’elenco delle regioni ammissibili al finanziamento del Fondo europeo di sviluppo regionale e del Fondo sociale europeo Plus nonché degli Stati membri ammissibili al finanziamento del Fondo di coesione per il periodo 2021-2027 [notificata con il numero C(2021) 4894] (GU L 244 del 9.7.2021, pag. 10).
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REGOLAMENTO (UE) N. 386/2012 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 19 aprile 2012 che attribuisce all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) compiti inerenti al rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, tra cui la convocazione di rappresentanti del settore pubblico e privato in un Osservatorio europeo sulle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare gli articoli 114 e 118, primo comma, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) Il benessere economico dell’Unione si basa sulla creatività e sull’innovazione continue. È pertanto indispensabile adottare misure volte a garantirne un’efficace tutela, in modo da assicurare la sua futura prosperità. (2) I diritti di proprietà intellettuale rappresentano risorse economiche vitali, che contribuiscono a garantire a quanti operano nei settori della creatività e dell’innovazione che il loro lavoro sia ricompensato in modo equo e che il loro investimento nella ricerca e nell’elaborazione di nuove idee sia tutelato. (3) Un approccio solido, integrato e graduale ai diritti di proprietà intellettuale è fondamentale nell’ambito degli sforzi messi in atto per raggiungere gli obiettivi della strategia Europa 2020, tra cui l’agenda digitale europea. (4) La crescita costante delle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale rappresenta una reale minaccia non soltanto per l’economia dell’Unione, ma anche, in molti casi, per la salute e la sicurezza dei suoi consumatori. Per contrastare con successo questo fenomeno è pertanto necessaria un’azione efficace, immediata e coordinata a livello nazionale, europeo e mondiale. (5) Nel contesto della generale strategia sui diritti di proprietà intellettuale delineata nella risoluzione del Consiglio, del 25 settembre 2008, su un piano europeo globale di lotta alla contraffazione e alla pirateria (3), il Consiglio ha chiesto alla Commissione di istituire un Osservatorio europeo sulla contraffazione e la pirateria. La Commissione ha dunque creato una rete di esperti provenienti dal settore pubblico e privato, descrivendone i compiti nella comunicazione «Migliorare la tutela dei diritti di proprietà intellettuale nel mercato interno». La denominazione dell’Osservatorio europeo sulla contraffazione e la pirateria dovrebbe essere modificata in Osservatorio europeo sulle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale («l’Osservatorio»). (6) Detta comunicazione ha stabilito che l’Osservatorio dovrebbe adempiere alla funzione di risorsa centrale per la raccolta, il monitoraggio e la comunicazione delle informazioni e dei dati relativi a tutte le violazioni dei diritti di proprietà intellettuale. L’Osservatorio dovrebbe fungere da piattaforma di cooperazione tra i rappresentanti delle autorità nazionali e delle parti interessate, affinché esse possano scambiarsi idee ed esperienze sulle migliori prassi e formulare raccomandazioni ai responsabili delle politiche per l’elaborazione di strategie congiunte finalizzate al rispetto dei diritti di proprietà intellettuale. La comunicazione ha specificato che l’Osservatorio sarebbe ospitato e gestito dai servizi della Commissione. (7) Nella risoluzione del 1o marzo 2010 sulla tutela dei diritti di proprietà intellettuale nel mercato interno (4), il Consiglio ha invitato la Commissione, gli Stati membri e l’industria a trasmettere all’Osservatorio dati affidabili e comparabili in materia di contraffazione e di pirateria, oltre a sviluppare congiuntamente e concordare, nell’ambito dello stesso Osservatorio, piani per la raccolta di ulteriori informazioni. Il Consiglio ha altresì invitato l’Osservatorio a pubblicare ogni anno un’esauriente relazione sull’entità, la portata e le principali caratteristiche del fenomeno della contraffazione e della pirateria, così come sul loro impatto sul mercato interno. La suddetta relazione annuale dovrebbe essere redatta utilizzando le informazioni pertinenti fornite in merito dalle autorità degli Stati membri, dalla Commissione e dal settore privato, nel rispetto della legislazione sulla protezione dei dati. Il Consiglio ha riconosciuto altresì l’importanza di elaborare nuovi modelli di business competitivi che permettono di ampliare l’offerta legale di contenuti culturali e creativi e, nel contempo, di prevenire e combattere le violazioni dei diritti di proprietà intellettuale, quali strumenti necessari per promuovere la crescita economica, l’occupazione e la diversità culturale. (8) Nelle conclusioni del 25 maggio 2010 sulla futura revisione del sistema del marchio nell’Unione europea (5) il Consiglio ha invitato la Commissione a stabilire una base giuridica per il coinvolgimento dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) («l’Ufficio») nelle attività connesse con il controllo del rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, inclusa la lotta alla contraffazione, in particolare intensificando la sua collaborazione con gli uffici nazionali per i marchi e con l’Osservatorio. A tal riguardo, la direttiva 2004/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale (6), prevede, tra l’altro, talune misure volte a promuovere la collaborazione, tra cui lo scambio di informazioni, tra gli Stati membri e tra questi ultimi e la Commissione. (9) Nella raccomandazione del 26 marzo 2009 sul rafforzamento della sicurezza e delle libertà fondamentali su Internet (7), il Parlamento europeo ha raccomandato al Consiglio di garantire un accesso integrale e sicuro a Internet, incoraggiando nel contempo la cooperazione tra i settori pubblico e privato ai fini del rafforzamento della collaborazione in sede di attuazione del diritto. (10) Nella risoluzione del 22 settembre 2010 sull’applicazione dei diritti di proprietà intellettuale nel mercato interno (8), il Parlamento europeo ha invitato gli Stati membri e la Commissione ad ampliare la collaborazione tra l’Ufficio e gli uffici nazionali per la proprietà intellettuale al fine di includervi anche la lotta contro le violazioni dei diritti di proprietà intellettuale. (11) Nella risoluzione del 12 maggio 2011 su «Le industrie culturali e creative, un potenziale da sfruttare» (9), il Parlamento europeo ha esortato la Commissione a tenere conto dei problemi specifici incontrati dalle piccole e medie imprese nel far valere i loro diritti di proprietà intellettuale e a promuovere migliori prassi e metodi efficaci ai fini del rispetto di tali diritti. (12) Nella risoluzione del 6 luglio 2011 su un approccio globale alla protezione dei dati personali nell’Unione europea (10), il Parlamento europeo ha invitato la Commissione a garantire un’armonizzazione integrale e una certezza giuridica che fornisca un livello uniforme ed elevato di protezione degli individui in ogni circostanza. (13) In considerazione dei molteplici compiti assegnati all’Osservatorio, occorre una soluzione che garantisca la creazione di un’infrastruttura adeguata e sostenibile per lo svolgimento dei suoi compiti. (14) Il regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (11), prevede la collaborazione amministrativa tra l’Ufficio e i tribunali o le autorità degli Stati membri, nonché lo scambio di pubblicazioni tra l’Ufficio e i servizi centrali per la proprietà industriale degli Stati membri. In base a ciò, l’Ufficio ha avviato una collaborazione con gli uffici nazionali attivi nella tutela dei diritti di proprietà intellettuale. Di conseguenza, l’Ufficio dispone già, in larga misura, delle esperienze e competenze necessarie per offrire un’infrastruttura adeguata e sostenibile alle attività dell’Osservatorio. (15) L’Ufficio ha dunque i requisiti affinché gli possa essere assegnata la gestione dei compiti sopra elencati. (16) I suddetti compiti dovrebbero riguardare tutti i diritti di proprietà intellettuale riconosciuti dalla direttiva 2004/48/CE, poiché in molti casi gli atti di violazione incidono su un insieme di diritti di proprietà intellettuale. Inoltre, perché si ottenga un quadro completo della situazione e sia possibile definire strategie globali volte a ridurre le violazioni dei diritti di proprietà intellettuale, è necessario che le informazioni e lo scambio delle migliori prassi di cui sopra riguardino tutte le tipologie di diritti di proprietà intellettuale. (17) I compiti che l’Ufficio dovrebbe espletare possono essere correlati alle misure di esecuzione e di rendicontazione di cui alla direttiva 2004/48/CE. L’Ufficio dovrebbe pertanto fornire alle autorità nazionali o agli operatori servizi che abbiano un impatto, in particolare, sull’attuazione omogenea della direttiva e che siano suscettibili di facilitarne l’applicazione. È opportuno quindi considerare i compiti dell’Ufficio come strettamente connessi alle materie che costituiscono oggetto degli atti di ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri. (18) È opportuno che l’Osservatorio, riunito in seno all’Ufficio, diventi un centro di eccellenza per le informazioni e i dati inerenti alle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale, beneficiando delle competenze, dell’esperienza e delle risorse dell’Ufficio. (19) È opportuno che l’Ufficio funga da forum nel cui ambito si incontrino autorità pubbliche e settore privato allo scopo di garantire la raccolta, l’analisi e la divulgazione di dati pertinenti oggettivi, comparabili ed affidabili sul valore dei diritti di proprietà intellettuale e le violazioni di tali diritti, di individuare e promuovere le migliori prassi e le strategie per il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, nonché di sensibilizzare l’opinione pubblica relativamente all’impatto delle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale. È inoltre opportuno che l’Ufficio svolga altri compiti, quali ad esempio quelli volti a migliorare la comprensione del valore dei diritti di proprietà intellettuale, a intensificare lo scambio di informazioni in merito a nuovi modelli di business competitivi che ampliano l’offerta legale di contenuti culturali e creativi, ad approfondire le competenze di quanti sono preposti a garantire il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale attraverso adeguate attività di formazione, ad accrescere la conoscenza delle tecniche di prevenzione della contraffazione e ad intensificare la collaborazione con paesi terzi e organizzazioni internazionali. La Commissione dovrebbe essere associata alle attività svolte dall’Ufficio ai sensi del presente regolamento. (20) L’Ufficio dovrebbe pertanto facilitare e sostenere le attività delle autorità nazionali, del settore privato e delle istituzioni dell’Unione inerenti al rispetto dei diritti di proprietà intellettuale e, in particolare, la loro azione nella lotta alle violazioni di tali diritti. L’esercizio da parte dell’Ufficio dei propri poteri ai sensi del presente regolamento non impedisce agli Stati membri di esercitare le loro competenze. Tra i compiti e le attività dell’Ufficio previsti dal presente regolamento non rientra la partecipazione a singole operazioni o indagini condotte dalle autorità competenti. (21) Al fine di espletare tali compiti con la massima efficienza, l’Ufficio dovrebbe consultare e cooperare con altre autorità a livello nazionale, europeo e,se del caso, internazionale, creare sinergie con le attività svolte da tali autorità ed evitare la duplicazione degli interventi. (22) È opportuno che l’Ufficio eserciti i compiti e le attività riguardanti il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale ricorrendo a fondi propri. (23) Relativamente ai rappresentanti del settore privato, è opportuno che l’Ufficio coinvolga, nel riunire l’Osservatorio nel quadro delle sue attività, una selezione rappresentativa dei settori economici, inclusi quelli della creatività, maggiormente interessati dalle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale o con maggiore esperienza nel contrastarle, in particolare i rappresentanti degli aventi diritto, inclusi gli autori e gli altri creatori, nonché gli intermediari in rete. Dovrebbe altresì essere garantita un’adeguata rappresentanza dei consumatori, nonché delle piccole e medie imprese. (24) Gli obblighi d’informazione imposti dal presente regolamento agli Stati membri e al settore privato non dovrebbero creare oneri amministrativi superflui e dovrebbero cercare di evitare la duplicazione dei dati già forniti dai rappresentanti degli Stati membri e del settore privato alle istituzioni dell’Unione ai sensi degli obblighi di informazione vigenti nell’Unione. (25) Poiché l’obiettivo del presente regolamento, vale a dire attribuire all’Ufficio compiti inerenti al rispetto di diritti di proprietà intellettuale, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a motivo del suo effetto, essere conseguito meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto e ambito d’applicazione Il presente regolamento affida all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) («l’Ufficio») compiti intesi a facilitare e sostenere le attività delle autorità nazionali, del settore privato e delle istituzioni dell’Unione nella lotta alle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale di cui alla direttiva 2004/48/CE. Nello svolgimento di detti compiti, l’Ufficio organizza, gestisce e supporta gli incontri di esperti, rappresentanti delle autorità e delle parti interessate riuniti sotto il nome di «Osservatorio europeo sulle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale» («l’Osservatorio»). Tra i compiti e le attività dell’Ufficio ai sensi del presente regolamento non rientra la partecipazione a singole operazioni o indagini condotte dalle autorità competenti. Articolo 2 Compiti e attività 1. All’Ufficio sono attribuiti i seguenti compiti: a) migliorare la comprensione del valore della proprietà intellettuale; b) migliorare la comprensione dell’entità e dell’impatto delle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale; c) accrescere la conoscenza delle migliori prassi del settore pubblico e privato nella tutela dei diritti di proprietà intellettuale; d) fornire supporto nel sensibilizzare l’opinione pubblica sull’impatto delle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale; e) approfondire le competenze di quanti sono preposti a garantire il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale; f) affinare la conoscenza di dispositivi tecnici per prevenire e contrastare le violazioni dei diritti di proprietà intellettuale, compresi i sistemi di tracciabilità e di rintracciabilità che aiutino a distinguere i prodotti originali da quelli contraffatti; g) fornire meccanismi che contribuiscono a migliorare, tra le autorità degli Stati membri attive nel settore dei diritti di proprietà intellettuale, lo scambio online di informazioni sul rispetto di tali diritti, e promuovere la cooperazione con e tra le predette autorità; h) adoperarsi, in consultazione con gli Stati membri, allo scopo di promuovere la collaborazione internazionale con gli uffici per la proprietà intellettuale di paesi terzi al fine di elaborare strategie e sviluppare tecniche, competenze e strumenti per il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale. 2. Per lo svolgimento dei compiti di cui al paragrafo 1, l’Ufficio realizza, in conformità del programma di lavoro adottato a norma dell’articolo 7 e conformemente al diritto dell’Unione, le seguenti attività: a) stabilisce una metodologia trasparente di raccolta, analisi e rendicontazione di dati indipendenti, oggettivi, comparabili ed affidabili sulle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale; b) raccoglie, analizza e divulga dati pertinenti oggettivi, comparabili ed affidabili sulle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale; c) raccoglie, analizza e divulga dati pertinenti oggettivi, comparabili ed affidabili circa il valore economico della proprietà intellettuale e il suo contributo alla crescita economica, al benessere, all’innovazione, alla creatività, alla diversità culturale, alla creazione di posti di lavoro altamente qualificati e allo sviluppo di prodotti e servizi di alta qualità all’interno dell’Unione; d) presenta, a scadenze regolari, valutazioni e relazioni specifiche per settore economico, area geografica e tipologia di violazione del diritto di proprietà intellettuale, in cui si valuti, tra l’altro, l’impatto che le violazioni dei diritti di proprietà intellettuale hanno sulla società e sull’economia, ivi compresa una valutazione degli effetti sulle piccole e medie imprese, nonché sulla salute, sull’ambiente, sull’incolumità e sulla sicurezza; e) raccoglie, analizza e divulga informazioni sulle migliori prassi tra i rappresentanti che si riuniscono nell’Osservatorio e, se del caso, formula raccomandazioni in ordine alle strategie basate su dette prassi; f) redige relazioni e pubblicazioni volte a sensibilizzare i cittadini dell’Unione sull’impatto delle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale e, a tal fine, organizza conferenze, eventi e incontri a livello europeo ed internazionale, oltre a supportare iniziative nazionali e paneuropee, tra cui campagne online e offline, principalmente mediante la fornitura di dati e informazioni; g) monitora lo sviluppo di nuovi modelli di business competitivi che permettano di ampliare l’offerta legale di contenuti culturali e creativi, incoraggia lo scambio di informazioni e svolge tra i consumatori un’opera di sensibilizzazione in materia; h) sviluppa e organizza corsi di formazione online e di altro tipo per i funzionari nazionali che operano nel settore della tutela dei diritti di proprietà intellettuale; i) organizza riunioni ad hoc con esperti, compresi quelli del mondo accademico, e rappresentanti competenti della società civile, che lo affianchino nell’esecuzione dei compiti ad esso conferiti ai sensi del presente regolamento; j) individua e promuove dispositivi tecnici ad uso dei professionisti ed elabora standard di riferimento, tra cui i sistemi di tracciabilità e rintracciabilità, che aiutino a distinguere i prodotti originali da quelli contraffatti; k) collabora con le autorità nazionali e con la Commissione per sviluppare una rete online che agevoli lo scambio di informazioni sulle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale tra pubbliche amministrazioni, enti e organizzazioni degli Stati membri che si occupano di tutela e rispetto di tali diritti; l) collabora con e crea sinergie tra servizi centrali per la proprietà industriale degli Stati membri, compreso l’Ufficio del Benelux per la proprietà intellettuale, e altre autorità degli Stati membri competenti in materia di diritti di proprietà intellettuale, allo scopo di sviluppare e promuovere tecniche, competenze e strumenti finalizzati al rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, compresi programmi di formazione e campagne di sensibilizzazione; m) sviluppa, in consultazione con gli Stati membri, programmi per la fornitura di assistenza tecnica a paesi terzi, nonché sviluppa e organizza eventi e programmi di formazione specifici per i funzionari dei paesi terzi che operano nel settore della tutela dei diritti di proprietà intellettuale; n) formula raccomandazioni alla Commissione in merito a tematiche che rientrano nell’ambito di applicazione del presente regolamento, su richiesta della Commissione; o) realizza attività parallele necessarie per consentire all’Ufficio lo svolgimento dei compiti di cui al paragrafo 1. 3. Nello svolgimento dei compiti e delle attività di cui ai paragrafi 1 e 2, l’Ufficio ottempera alle vigenti disposizioni del diritto dell’Unione in materia di protezione dei dati. Articolo 3 Finanziamento L’Ufficio garantisce in ogni momento che le attività affidategli in virtù del presente regolamento siano finanziate ricorrendo a mezzi propri. Articolo 4 Riunioni dell’Osservatorio 1. Ai fini dello svolgimento delle attività di cui all’articolo 2, paragrafo 2, l’Ufficio invita alle riunioni dell’Osservatorio, almeno una volta l’anno, rappresentanti delle pubbliche amministrazioni, enti e organizzazioni degli Stati membri che operano nel settore del rispetto dei diritti di proprietà intellettuale e rappresentanti del settore privato, affinché possano partecipare ai lavori dell’Ufficio previsti dal presente regolamento. 2. I rappresentanti del settore privato invitati alle riunioni dell’Osservatorio costituiscono una compagine ampia, rappresentativa ed equilibrata di enti nazionali e dell’Unione, espressione dei differenti settori economici, inclusi i settori dell’industria creativa, maggiormente colpiti dalle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale o con maggiore esperienza nel contrastarle. Sono altresì adeguatamente rappresentati le associazioni di tutela dei consumatori e le piccole e medie imprese nonché gli autori e altri creatori. 3. L’Ufficio invita ciascuno Stato membro ad inviare almeno un rappresentante della sua pubblica amministrazione alle riunioni dell’Osservatorio. In tale contesto, gli Stati membri garantiscono la continuità dei lavori dell’Osservatorio. 4. Le riunioni di cui al paragrafo 1 possono essere integrate da gruppi di lavoro all’interno dell’Osservatorio, composti da rappresentanti degli Stati membri e da rappresentanti del settore privato. 5. Ove opportuno e in aggiunta alle riunioni di cui al paragrafo 1, l’Ufficio organizza riunioni cui partecipano: a) rappresentanti delle pubbliche amministrazioni, enti e organizzazioni degli Stati membri; o b) rappresentanti del settore privato. 6. Alle riunioni di cui al presente articolo sono invitati membri o altri rappresentanti del Parlamento europeo, nonché rappresentanti della Commissione, in qualità di partecipanti o di osservatori, a seconda dei casi. 7. I nomi dei rappresentanti presenti, l’ordine del giorno e i verbali delle riunioni di cui al presente articolo sono pubblicati sul sito Internet dell’Ufficio. Articolo 5 Obblighi di informazione 1. Se del caso, conformemente al diritto nazionale, compresa la normativa in materia di trattamento dei dati personali, gli Stati membri, su richiesta dell’Ufficio o di propria iniziativa: a) informano quest’ultimo delle politiche e strategie generali adottate ai fini del rispetto dei diritti di proprietà intellettuale e di ogni relativa modifica; b) forniscono i dati statistici disponibili sulle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale; e c) informano l’Ufficio della giurisprudenza rilevante in materia. 2. Fatta salva la normativa che disciplina il trattamento dei dati personali e la tutela delle informazioni riservate, i rappresentanti del settore privato che si riuniscono nell’Osservatorio, quando possibile, su richiesta dell’Ufficio: a) informano quest’ultimo delle politiche e strategie adottate nel proprio settore di attività in materia di rispetto dei diritti di proprietà intellettuale e di ogni relativa modifica; b) forniscono dati statistici sulle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale nel proprio settore di attività. Articolo 6 L’Ufficio 1. Le pertinenti disposizioni del titolo XII del regolamento (CE) n. 207/2009 si applicano allo svolgimento dei compiti e delle attività di cui al presente regolamento. 2. Nell’esercizio dei poteri conferiti dall’articolo 124 del regolamento (CE) n. 207/2009, il presidente dell’Ufficio adotta le norme amministrative interne e pubblica le comunicazioni necessarie per il corretto svolgimento di tutti i compiti affidati all’Ufficio dal presente regolamento. Articolo 7 Contenuti del programma di lavoro e della relazione di gestione 1. L’Ufficio redige un programma di lavoro annuale che stabilisce una priorità tra le attività previste dal presente regolamento e programma le riunioni dell’Osservatorio, conformemente alle politiche e priorità dell’Unione in materia di tutela dei diritti di proprietà intellettuale e in collaborazione con i rappresentanti dell’Osservatorio di cui all’articolo 4, paragrafo 5, lettera a). 2. Il programma di lavoro di cui al paragrafo 1 è trasmesso per conoscenza al consiglio di amministrazione dell’Ufficio. 3. La relazione di gestione di cui all’articolo 124, paragrafo 2, lettera d), del regolamento (CE) n. 207/2009, contiene almeno le seguenti informazioni concernenti i compiti e le attività dell’Ufficio di cui al presente regolamento: a) una rassegna delle principali attività svolte nell’arco del precedente anno civile; b) i risultati raggiunti durante il precedente anno civile corredati, se del caso, da relazioni settoriali di analisi della situazione nei diversi comparti industriali e produttivi; c) una valutazione globale sull’adempimento dei compiti affidati all’Ufficio in virtù del presente regolamento e del programma di lavoro redatto a norma del paragrafo 1; d) una panoramica delle attività che l’Ufficio intende realizzare in futuro; e) le osservazioni sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale e sulle potenziali politiche e strategie future, anche in relazione alle modalità con cui è possibile intensificare un’efficace collaborazione con gli Stati membri e tra di essi; f) una valutazione generale dell’opportuna rappresentanza in seno all’Osservatorio di tutti i soggetti di cui all’articolo 4, paragrafo 2. Prima di presentare la relazione di gestione al Parlamento europeo, alla Commissione e al consiglio di amministrazione, il presidente dell’Ufficio consulta i rappresentanti di cui all’articolo 4, paragrafo 5, lettera a), sulle pertinenti sezioni della relazione. Articolo 8 Valutazione 1. La Commissione adotta una relazione di valutazione dell’applicazione del presente regolamento entro il 6 giugno 2017. 2. La relazione di valutazione accerta l’applicazione del presente regolamento, in particolare in merito all’impatto del rispetto dei diritti di proprietà intellettuale sul mercato interno. 3. Nel redigere la relazione di valutazione la Commissione consulta l’Ufficio, gli Stati membri e i rappresentanti riuniti nell’Osservatorio, relativamente agli aspetti di cui al paragrafo 2. 4. La Commissione inoltra la relazione di valutazione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo e avvia sulla stessa un’ampia consultazione tra le parti interessate. Articolo 9 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, il 19 aprile 2012 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente M. BØDSKOV (1) GU C 376 del 22.12.2011, pag. 62. (2) Posizione del Parlamento europeo del 14 febbraio 2012 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 22 marzo 2012 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). (3) GU C 253 del 4.10.2008, pag. 1. (4) GU C 56 del 6.3.2010, pag. 1. (5) GU C 140 del 29.5.2010, pag. 22. (6) GU L 157 del 30.4.2004, pag. 45. Versione rettificata in GU L 195 del 2.6.2004, pag. 16. (7) GU C 117 E del 6.5.2010, pag. 206. (8) GU C 50 E del 21.2.2012, pag. 48. (9) Non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale. (10) Non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale. (11) GU L 78 del 24.3.2009, pag. 1.
Violazioni ai diritti di proprietà intellettuale QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Esso attribuisce all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale, EUIPO, ex Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (OHIM), compiti di sostegno alle attività delle autorità nazionali, del settore privato e delle istituzioni dell’Unione europea nella lotta alle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale (DPI) regolamentati dalla direttiva 2004/48/CE. PUNTI CHIAVE EUIPO è responsabile dell’organizzazione di riunioni con esperti, autorità e parti interessate sotto l’ombrello dell’Osservatorio europeo sulle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale (l’osservatorio), tuttavia tra le sue attività non rientra la partecipazione a singole operazioni o indagini condotte dalle autorità competenti. Ha i seguenti compiti:migliorare la comprensione del valore dei diritti di proprietà intellettuale; migliorare la comprensione dell’entità e dell’impatto delle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale; accrescere la conoscenza delle migliori prassi del settore pubblico e privato nella tutela dei diritti di proprietà intellettuale; fornire supporto nel sensibilizzare l’opinione pubblica sull’impatto delle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale; approfondire le competenze di quanti sono preposti a garantire il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale; affinare la conoscenza di dispositivi tecnici per prevenire e contrastare le violazioni dei diritti di proprietà intellettuale, compresi i sistemi di tracciabilità e di rintracciabilità che aiutino a distinguere i prodotti originali da quelli contraffatti; fornire meccanismi che contribuiscono a migliorare lo scambio online tra gli Stati membri attivi nel settore dei diritti di proprietà intellettuale di informazioni sul rispetto di tali diritti, e promuovere la cooperazione; adoperarsi, in consultazione con gli Stati membri, allo scopo di promuovere la collaborazione internazionale con gli uffici per la proprietà intellettuale di paesi terzi al fine di elaborare strategie e sviluppare tecniche, competenze e strumenti per il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale. Riunioni dell’osservatorio Almeno una volta l’anno, EUIPO invita alle riunioni rappresentanti delle pubbliche amministrazioni, enti e organizzazioni degli Stati membri che operano nel settore del rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, bilanciati da rappresentanti del settore privato maggiormente interessati dalle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale o con maggiore esperienza nel contrastarle (soggetti aventi diritto, inclusi gli autori e gli altri creatori), nonché gli intermediari in rete. Sono altresì adeguatamente rappresentati le associazioni di tutela dei consumatori e le piccole e medie imprese nonché gli autori e altri creatori. Sono invitati membri del Parlamento europeo, nonché rappresentanti della Commissione, in qualità di partecipanti o di osservatori, a seconda dei casi. I rappresentanti del settore privato che si riuniscono nell’Osservatorio, informano l’Ufficio delle politiche e strategie adottate in materia di rispetto dei diritti di proprietà intellettuale e forniscono dati statistici sulle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale nel proprio settore di attività; Programma di lavoro L’Ufficio redige un programma di lavoro annuale che stabilisce una priorità tra le attività previste dal presente regolamento e programma le riunioni dell’Osservatorio, conformemente alle politiche e priorità dell’Unione in materia di tutela dei diritti di proprietà intellettuale e in collaborazione con i rappresentanti dell’Osservatorio. Relazione di gestione La relazione di gestione annuale contiene almeno le seguenti informazioni concernenti i compiti e le attività dell’Ufficio di cui al presente regolamento:una rassegna delle principali attività svolte nell’arco dell’anno; i risultati raggiunti durante l’anno corredati da relazioni settoriali di analisi della situazione nei diversi comparti industriali e produttivi; una valutazione globale sull’adempimento dei compiti affidati all’Ufficio; una panoramica delle attività da realizzare in futuro; le osservazioni sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale e sulle potenziali politiche e strategie future, anche in relazione alle modalità con cui è possibile intensificare un’efficace collaborazione con gli Stati membri e tra di essi; una valutazione generale della rappresentanza in seno all’Osservatorio. Valutazione La relazione valuta l’applicazione del regolamento, in particolare in merito all’impatto del rispetto dei diritti di proprietà intellettuale sul mercato interno. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL PRESENTE REGOLAMENTO? Esso si applica dal 5 giugno 2012. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Mezzi per far rispettare i diritti di proprietà intellettuale (Commissione europea) Contraffazioni, pirateria e altre violazioni dei diritti di proprietà intellettuale (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) n. 386/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 aprile 2012, oche attribuisce all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) compiti inerenti al rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, tra cui la convocazione di rappresentanti del settore pubblico e privato in un Osservatorio europeo sulle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale (GU L 129 del 16.5.2012, pagg. 1-6). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) n. 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (versione codificata) (GU L 154 del 16.6.2017, pagg. 1-99). Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche in materia di trattamento dei dati personali e alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pagg. 1-88). Si veda la versione consolidata. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al comitato delle regioni — Un mercato unico dei diritti di proprietà intellettuale: Rafforzare la creatività e l’innovazione per permettere la creazione di crescita economica, di posti di lavoro e prodotti e servizi di prima qualità in Europa, COM(2011) 287 final del 24.5.2011. Risoluzione del Consiglio, del 25 settembre 2008, su un piano europeo globale di lotta alla contraffazione e alla pirateria (GU C 253 del 4.10.2008, pagg. 1-2). Direttiva 2004/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale (GU L 157 del 30.4.2004, pagg. 45-86). Testo ripubblicato nella rettifica (GU L 195 del 2.6.2004, pagg. 16-25). Si veda la versione consolidata
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Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 luglio 2001, relativa alla mobilità nella Comunità degli studenti, delle persone in fase di formazione, di coloro che svolgono attività di volontariato, degli insegnanti e dei formatori Gazzetta ufficiale n. L 215 del 09/08/2001 pag. 0030 - 0037 Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consigliodel 10 luglio 2001relativa alla mobilità nella Comunità degli studenti, delle persone in fase di formazione, di coloro che svolgono attività di volontariato, degli insegnanti e dei formatori(2001/613/CE)IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, e in particolare l'articolo 149, paragrafo 4, e l'articolo 150, paragrafo 4,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Comitato economico e sociale(1),visto il parere del Comitato delle regioni(2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(3),considerando quanto segue:(1) La mobilità transnazionale delle persone contribuisce al pieno sviluppo delle diverse culture nazionali e permette agli interessati di arricchire il proprio bagaglio culturale e professionale e all'insieme della società europea di beneficiare degli effetti che ne derivano. Tali esperienze risultano tanto più necessarie nelle prospettive occupazionali attualmente limitate e in un mercato del lavoro che richiede maggiore flessibilità e capacità di adattamento ai cambiamenti.(2) La mobilità degli studenti, delle persone in fase di formazione, di coloro che svolgono attività di volontariato, degli insegnanti e dei formatori, esercitata nell'ambito dei programmi comunitari o al di fuori di questi, rientra nell'ambito della libera circolazione delle persone che è una delle libertà fondamentali tutelate dal trattato. Il diritto di circolare liberamente e il diritto di soggiornare liberamente sono del resto garantiti a tutti i cittadini degli Stati dell'Unione dall'articolo 18 del trattato.(3) La direttiva 68/360/CEE del Consiglio, del 15 ottobre 1968, relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei lavoratori degli Stati membri e delle loro famiglie all'interno della Comunità(4), riconosce il diritto di soggiorno dei lavoratori dipendenti e dei membri della loro famiglia. La direttiva 93/96/CEE del Consiglio, del 29 ottobre 1993, relativa al diritto di soggiorno degli studenti(5), obbliga gli Stati membri a riconoscere il diritto di soggiorno a qualsiasi studente cittadino di un altro Stato membro ammesso a seguire una formazione professionale, così come al coniuge e ai figli a carico che non godono dello stesso diritto sulla base di un'altra disposizione del diritto comunitario. Inoltre la direttiva 90/364/CEE del Consiglio, del 28 giugno 1990, relativa al diritto di soggiorno(6), riconosce più in generale il diritto di soggiorno ai cittadini dell'Unione a determinate condizioni.(4) La mobilità degli studenti, delle persone in fase di formazione, di coloro che svolgono attività di volontariato, degli insegnanti e dei formatori, è anch'essa parte integrante del principio di non discriminazione in base alla nazionalità previsto all'articolo 12 del trattato. Il suddetto principio si applica nei settori disciplinati dal trattato, come emerge dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. Esso si applica quindi nei settori dell'istruzione, della formazione e della gioventù.(5) Il Consiglio e i rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio hanno adottato, il 14 dicembre 2000, una risoluzione relativa al piano d'azione per la mobilità(7), anch'esso approvato al Consiglio europeo di Nizza.(6) A norma del regolamento (CE) n. 307/1999 del Consiglio(8) sono state parzialmente estese agli studenti le disposizioni del regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità(9).(7) Il regolamento (CEE) n. 1612/68 del Consiglio, del 15 ottobre 1968, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità(10), prevede la parità di trattamento, per quanto riguarda l'accesso all'istruzione e alla formazione professionale, dei lavoratori dipendenti e dei loro familiari che hanno esercitato il proprio diritto alla libera circolazione.(8) Il riconoscimento delle qualifiche professionali in vista dell'accesso alle professioni regolamentate come quella d'insegnante e del loro esercizio, è disciplinato nella Comunità dal sistema generale posto in essere dalle direttive 89/48/CEE del Consiglio(11) e 92/51/CEE del Consiglio(12).(9) La risoluzione del Consiglio del 3 dicembre 1992 sulla trasparenza delle qualifiche professionali(13), e quella del 15 luglio 1996 sulla trasparenza dei certificati di formazione professionale(14) hanno invitato la Commissione e gli Stati membri ad adottare misure tese al "miglioramento della comprensione reciproca dei sistemi di qualifiche dei diversi Stati membri, e delle qualifiche stesse", rendendoli più chiari e leggibili e quindi più trasparenti. È stato inoltre creato un foro europeo nel settore della trasparenza delle qualifiche professionali, con il compito di presentare proposte concrete per l'attuazione di dette risoluzioni. Le prime proposte sono state presentate nel febbraio 2000.(10) La partecipazione dei giovani ad attività transnazionali di volontariato contribuisce al loro futuro orientamento professionale e favorisce lo sviluppo delle loro attitudini sociali e un'integrazione equilibrata nella società, contribuendo così allo sviluppo di una cittadinanza attiva. Poiché l'attività di volontariato costituisce inoltre un'attività di solidarietà concreta senza scopi di lucro e non remunerata non la si deve assimilare, nel quadro della legislazione nazionale, a un'occupazione.(11) Il Consiglio ha inoltre invitato la Commissione a valutare la fattibilità dell'attuazione, su una base volontaria, di un supplemento europeo al titolo di studio universitario, al fine di creare sinergie fra il riconoscimento accademico e il riconoscimento professionale(15). I lavori intrapresi in questo senso dalla Commissione, congiuntamente al Consiglio d'Europa e all'UNESCO, sono stati terminati e saranno presto seguiti da una campagna di sensibilizzazione.(12) Malgrado le disposizioni di cui ai punti precedenti, il Libro verde "Istruzione, formazione, ricerca: gli ostacoli alla mobilità transnazionale", adottato dalla Commissione nel mese di ottobre del 1996, constatava l'esistenza di ostacoli alla mobilità. La diversità di status che gli Stati membri riconoscono agli studenti, alle persone in fase di formazione, agli insegnanti e ai formatori, per quanto riguarda segnatamente alcune disposizioni in materia di diritto di soggiorno, di diritto del lavoro, di previdenza sociale o di tassazione, costituisce quindi un ostacolo alla mobilità. Del pari, il fatto di non riconoscere la specificità del servizio di volontariato costituisce un ostacolo alla mobilità di chi lo presta.(13) Coloro che desiderano avvalersi della mobilità nei settori dell'istruzione, della formazione professionale e della gioventù, in particolare gli studenti, le persone in fase di formazione, coloro che svolgono attività di volontariato, gli insegnanti e i formatori sono spesso scoraggiati dai numerosi ostacoli che incontrano, come lo dimostrano le petizioni che inviano al Parlamento europeo. In tale contesto l'azione della Comunità dovrebbe rispondere alle aspirazioni dei cittadini in termini di mobilità per quanto riguarda l'istruzione e la formazione professionale.(14) Nell'ambito dell'articolo 293 del trattato, che prevede in particolare che gli Stati membri avviino fra loro, per quanto occorra, negoziati intesi a garantire a favore dei loro cittadini l'eliminazione della doppia imposizione fiscale all'interno della Comunità, occorre ricordare che quest'insieme di convenzioni bilaterali non è completo, il che fa sì che sussistano tuttora una serie di ostacoli alla mobilità.(15) Il Libro verde proponeva una serie di linee d'azione tese all'eliminazione di questi ostacoli. Dette linee hanno trovato il più ampio consenso nell'ambito dei dibattiti organizzati in proposito in tutti gli Stati membri. È quindi necessario eliminare detti ostacoli alla mobilità. Un'attenzione particolare andrebbe prestata alle esigenze dei gruppi più svantaggiati e vulnerabili, come le persone disabili.(16) Il Consiglio europeo di Lisbona del 23 e 24 marzo 2000 si è pronunciato a favore della mobilità come elemento essenziale per la nuova società del sapere e per la promozione della formazione permanente. In tale contesto ha invitato gli Stati membri, il Consiglio e la Commissione a:- adottare, nell'ambito delle loro competenze, le misure necessarie a incoraggiare la mobilità degli studenti, degli insegnanti e dei formatori, in particolare mediante l'eliminazione degli ostacoli alla mobilità stessa, mediante un'accresciuta trasparenza nel riconoscimento delle qualifiche e dei periodi di studio e formazione, nonché mediante misure specifiche per sopprimere gli ostacoli alla mobilità degli insegnanti entro l'anno 2002,- mettere a punto un modello comune europeo di curriculum vitae per favorire la mobilità, aiutando gli istituti di istruzione e di formazione e i datori di lavoro a meglio valutare le conoscenze acquisite.Il Consiglio europeo ha inoltre invitato il Consiglio e la Commissione a creare una banca dati europea sulle possibilità di lavoro e di formazione che possa facilitare la mobilità, migliorando la capacità di inserimento professionale e riducendo il deficit di qualifiche.(17) La mobilità favorisce la scoperta di nuove realtà culturali e sociali. È dunque opportuno facilitare la preparazione culturale e l'apertura alla vita, all'apprendimento e alle pratiche di lavoro nei diversi paesi europei, nonché il reinserimento sociale al ritorno nella comunità di origine, in particolare impartendo una formazione interculturale al personale di riferimento competente per ciascun gruppo considerato (docenti e personale amministrativo delle università, insegnanti e formatori responsabili della formazione professionale, insegnanti e dirigenti scolastici, personale delle organizzazioni di scambio sia di origine che ospitanti ecc.) e di incoraggiare gli istituti di istruzione e formazione a prevedere personale addetto a coordinare e a facilitare la formazione interculturale.(18) La presente raccomandazione è conforme al principio di sussidiarietà di cui all'articolo 5 del trattato nella misura in cui un'azione comunitaria che completa l'azione degli Stati membri risulti necessaria affinché vengano rimossi gli ostacoli alla mobilità. In detto contesto è opportuno sottolineare che la mobilità, in quanto presenta per definizione aspetti transnazionali, richiede un intervento comunitario. La presente raccomandazione è inoltre conforme al principio di proporzionalità di cui al suddetto articolo, poiché si limita a quanto è necessario per il conseguimento degli obiettivi perseguiti.(19) La presente raccomandazione intende incoraggiare la cooperazione tra gli Stati membri in materia di mobilità sostenendo le loro azioni e rispettando pienamente le loro responsabilità, nell'ambito delle rispettive legislazioni nazionali in particolare per quanto riguarda l'attuazione degli inviti che essa contiene.(20) La presente raccomandazione riguarda i cittadini degli Stati membri che desiderano maturare un'esperienza in uno Stato membro diverso da quello d'origine. È tuttavia opportuno ricordare che il Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, ha affermato che l'Unione europea deve garantire un trattamento equo ai cittadini di paesi terzi che risiedono legalmente sul territorio di uno Stato membro, e che una politica comunitaria più energica in materia di integrazione dovrebbe mirare ad attribuire loro diritti ed obblighi comparabili a quelli dei cittadini dell'Unione. Ai cittadini dei paesi terzi che risiedono legalmente in uno Stato membro dovrebbero essere accordati in tale Stato membro un insieme di diritti il più simile possibile a quelli di cui godono i cittadini dell'Unione.(21) I programmi comunitari in materia d'istruzione, formazione e gioventù sono aperti alla partecipazione degli Stati dell'associazione europea di libero scambio che partecipano all'accordo sullo Spazio economico europeo e dei paesi associati dell'Europa centrale e orientale (PECO), conformemente alle condizioni di cui agli accordi europei, ai loro protocolli aggiuntivi e alle decisioni dei rispettivi consigli d'associazione, di Cipro, di Malta e della Turchia. È opportuno sensibilizzare questi paesi in merito alla presente raccomandazione, nonché facilitare la mobilità dei loro cittadini i quali, nel quadro di un programma comunitario, compiano periodi di studio o formazione, partecipino a un'esperienza di volontariato, svolgano un'attività di insegnante o di formatore all'interno dell'Unione europea.(22) I programmi comunitari, ivi compresi i programmi sopra menzionati, hanno permesso lo sviluppo a livello comunitario di buone prassi e di validi strumenti per facilitare la mobilità degli studenti, delle persone in fase di formazione, di coloro che svolgono attività di volontariato, degli insegnanti e dei formatori. Sarebbe opportuno prevedere la più ampia applicazione possibile di queste buone pratiche e di questi strumenti,I. RACCOMANDANO agli Stati membri:1. Misure comuni a tutte le categorie di persone interessate dalla presente raccomandazionea) di adottare le misure che reputano appropriate per rimuovere gli ostacoli giuridici ed amministrativi alla mobilità delle persone che intraprendono in un altro Stato membro un ciclo di studi, un periodo di formazione, un'attività di volontariato, un'attività d'insegnante o di formatore, in particolare nell'ambito dei programmi comunitari (segnatamente Socrate, Leonardo da Vinci, Gioventù) ma anche al di fuori di questi; di cooperare con la Commissione nel promuovere lo scambio di esperienze e di buone prassi in materia di mobilità transnazionale delle persone interessate e riguardo ai diversi aspetti della presente raccomandazione;b) di adottare le misure che reputino appropriate per ridurre gli ostacoli linguistici e culturali, e in particolare:- promuovere l'apprendimento di almeno due lingue comunitarie e sensibilizzare soprattutto i giovani alla cittadinanza dell'Unione e al rispetto delle differenze culturali e sociali,- promuovere una preparazione linguistica e culturale prima di qualsiasi azione di mobilità;c) di promuovere lo sviluppo di vari dispositivi di sostegno finanziario della mobilità (indennità, borse di studio, sovvenzioni, prestiti, ecc.) e in particolare:- di facilitare la trasferibilità delle borse di studio e degli aiuti nazionali,- di adottare le misure che reputano appropriate affinché le procedure di trasferimento e di pagamento all'estero delle borse di studio e di altri aiuti siano facilitate e semplificate;d) di adottare le misure che reputano appropriate per promuovere uno spazio europeo delle qualifiche, ossia permettere alle persone interessate di fornire una prova, presso gli ambienti in questione, segnatamente gli ambienti accademici e professionali del loro Stato d'origine, dei titoli ottenuti e dell'esperienza maturata nello Stato che le ha ospitate; questo potrebbe risultare possibile promuovendo gli obiettivi delle risoluzioni del 1992 e 1996 sulla trasparenza delle qualifiche e dei certificati di formazione, incoraggiando l'utilizzo del documento "Europass-Formazione", previsto dalla decisione 1999/51/CE, del 21 dicembre 1998, relativa alla promozione di percorsi europei di formazione integrata dal lavoro ivi compreso l'apprendistato(16), del supplemento europeo al diploma e dando seguito alle conclusioni del Consiglio europeo di Lisbona del 23 e 24 marzo 2000, in particolare mediante l'elaborazione di un quadro europeo di competenza di base e di un modello comune europeo di curriculum vitae;e) di esaminare in che misura le persone interessate dalla presente raccomandazione possano beneficiare dei dispositivi di sostegno garantiti alle stesse categorie di persone nello Stato ospitante, quali, per esempio, riduzioni sui trasporti pubblici, sussidi per il vitto e l'alloggio, nonché accesso alle biblioteche e ai musei, ad eccezione delle prestazioni di previdenza sociale. Al riguardo dovrebbe essere avviata una riflessione sull'introduzione di una "carta della persona in mobilità";f) di contribuire affinché le persone interessate alla mobilità possano avere agevole accesso a qualsiasi informazione utile riguardante le possibilità di studiare, di formarsi, di partecipare ad un'attività di volontariato e di realizzare un'attività d'insegnante o di formatore negli altri Stati membri, ampliando l'attività dei centri di informazione sul riconoscimento accademico nazionale, della rete europea dei centri di informazione e di "Europe en direct", in particolare sui seguenti aspetti:- miglioramento della diffusione delle informazioni sulle possibilità e le condizioni (in particolare sui dispositivi di sostegno finanziario) di realizzazione della mobilità transnazionale,- conoscenza da parte dei loro cittadini dei propri diritti ai sensi del regolamento (CEE) n. 1408/71 e degli accordi reciproci in vigore concernenti la previdenza sociale quando essi siano temporaneamente residenti in un altro Stato membro,- promozione della formazione di responsabili amministrativi a tutti i livelli e della loro informazione regolare sull'acquis comunitario in materia di mobilità,- partecipazione all'attività di creazione di una banca dati europea sulle possibilità di occupazione e apprendistato, nel quadro di procedure decentralizzate, traendo pienamente profitto dalle strutture e dai meccanismi esistenti quali i Servizi europei dell'occupazione (EURES);g) di adottare le misure che reputino appropriate affinché le categorie di persone interessate dalla presente raccomandazione non siano discriminate, nei rispettivi Stati membri di origine, rispetto alle stesse categorie di persone che non maturano un'esperienza di mobilità transnazionale;h) di adottare le misure che ritengono adeguate onde abolire gli ostacoli alla mobilità dei cittadini di Stati terzi che, nell'ambito di un programma comunitario quale Socrates, Leonardo da Vinci e Gioventù, svolgono studi o seguono una formazione, partecipano ad un'esperienza di volontariato, svolgono un'attività d'insegnante o di formatore.2. Misure riguardanti più specificamente gli studentia) di facilitare il riconoscimento a fini accademici, nello Stato membro d'origine, del periodo di studi intrapreso nello Stato membro ospitante; dovrebbe essere incoraggiato, a tal fine, l'impiego del sistema europeo di trasferimento di crediti accademici (ECTS) che, fondato sulla trasparenza dei curricula, garantisce il riconoscimento delle esperienze e dei risultati accademici grazie ad un contratto stabilito precedentemente fra lo studente, l'istituto d'origine e quello ospitante;b) di adottare, d'altro canto, misure appropriate affinché le decisioni delle autorità competenti in materia di riconoscimento accademico siano adottate entro termini di tempo ragionevoli, siano motivate e possano formare oggetto di ricorso amministrativo e/o giurisdizionale;c) di incoraggiare gli istituti d'istruzione a rilasciare un supplemento europeo, sotto forma di allegato amministrativo al diploma, la cui funzione è di descrivere gli studi svolti per facilitarne il riconoscimento;d) di incoraggiare gli studenti a terminare una parte dei loro studi in un altro Stato membro e facilitare il riconoscimento dei periodi di studi conclusi positivamente in un altro Stato membro;e) di adottare o incoraggiare l'adozione di misure appropriate per aiutare gli studenti a dimostrare che essi dispongono di una copertura delle spese sanitarie o assicurazione sanitaria ai fini dell'ottenimento del permesso di soggiorno;f) di facilitare l'inserimento (orientamento accademico, aiuto psicopedagogico, ecc.) dello studente in mobilità nel sistema di istruzione dello Stato membro ospitante così come il suo reinserimento nel sistema educativo dello Stato membro d'origine, alla stregua di quanto avviene nell'ambito del programma Socrates.3. Misure riguardanti più specificatamente le persone in formazionea) di promuovere, nello Stato membro d'origine, la presa in considerazione della formazione seguita con esito positivo nello Stato membro ospitante; a tal fine, dovrebbe essere incoraggiato l'impiego, fra l'altro, del documento "Europass-Formazione";b) d'incoraggiare l'uso di modelli più trasparenti per i certificati di formazione professionale indicati nella risoluzione del 1996 sulla trasparenza dei certificati di formazione professionale, nonché, nelle proposte presentate dal Forum europeo per la trasparenza delle qualifiche professionali. Tali proposte sono in particolare finalizzate a:- rilasciare, insieme ad ogni certificato nazionale ufficiale, una traduzione del certificato e/o un supplemento europeo al certificato,- designare dei punti nazionali di riferimento incaricati di fornire informazioni sulle qualifiche professionali nazionali;c) di adottare le misure che reputano appropriate, conformemente alla legislazione comunitaria nonché nel quadro della legislazione nazionale, affinché le persone che si trasferiscono in un altro Stato membro per seguirvi una formazione riconosciuta non siano discriminate, a causa della mobilità per quanto concerne la pertinente previdenza sociale, comprese le formalità amministrative relative a tale previdenza come l'assistenza sanitaria e altre prestazioni pertinenti;d) di adottare le misure che reputano appropriate sul piano amministrativo per facilitare l'ottenimento della prova che la persona che accede a una formazione in un altro Stato membro dispone di risorse sufficienti, come previsto dalla direttiva 90/364/CEE del Consiglio.4. Misure riguardanti più specificamente le persone che svolgono attività di volontariatoa) di fare in modo che la specificità del volontariato sia presa in considerazione nelle disposizioni legislative ed amministrative nazionali;b) di promuovere la presa in considerazione, nello Stato membro d'origine, dell'attività di volontariato svolta nello Stato membro ospitante, mediante un attestato di partecipazione ai progetti di volontariato che descriva l'esperienza maturata, nel quadro dell'obiettivo della realizzazione di un modello europeo comune di curriculum vitae;c) di adottare le misure che reputano appropriate, conformemente alla legislazione comunitaria e nel quadro della legislazione nazionale, affinché tanto il volontario quanto la sua famiglia non siano discriminate, a causa della mobilità, per quanto concerne la pertinente previdenza sociale, come l'assistenza sanitaria e le politiche sociali a favore delle famiglie;d) di adottare le misure che reputano appropriate, nel quadro della legislazione nazionale, affinché l'attività di volontariato riconosciuta non retribuita non sia assimilata a un'occupazione.5. Misure riguardanti più specificamente gli insegnanti e i formatoria) di prendere in considerazione per quanto possibile i problemi degli insegnanti e dei formatori in fase di mobilità a tempo determinato a cui si applicano le legislazioni di vari Stati membri e di incoraggiare la cooperazione al riguardo;b) di adottare le misure che reputano appropriate per facilitare agli insegnanti e formatori la mobilità verso un altro Stato membro, per esempio:- prevedendo dei meccanismi di supplenza degli insegnanti e dei formatori in mobilità europea,- assicurando che siano posti in essere dei meccanismi che ne facilitino l'integrazione nell'istituto ospitante,- considerando la possibilità di introdurre, secondo modalità definite a livello nazionale, "periodi europei di formazione" che consentano più facilmente di seguire un'esperienza di mobilità;c) d'incoraggiare l'introduzione di una dimensione europea nell'ambiente professionale degli insegnanti e dei formatori, in particolare:- nel contenuto dei programmi di formazione degli insegnanti e dei formatori,- favorendo i contatti tra i centri di formazione degli insegnanti e dei formatori situati nei vari Stati membri, anche tramite scambi e periodi di tirocinio in un altro Stato membro;d) di promuovere la presa in considerazione dell'esperienza di mobilità europea come uno degli elementi della carriera degli insegnanti e dei formatori.II. INVITANO gli Stati membri:- a redigere e a trasmettere alla Commissione, entro due anni dall'adozione della presente raccomandazione e in seguito ogni due anni, una relazione di valutazione sulle misure da essi adottate in risposta alle raccomandazioni di cui sopra e al piano d'azione per la mobilità.III. INVITANO la Commissione:a) a costituire un gruppo di esperti, che comprenda i funzionari responsabili del coordinamento, a livello nazionale, dell'attuazione delle presenti raccomandazioni e delle misure contenute nel piano d'azione per la mobilità e in cui siano rappresentati tutti gli Stati membri, al fine di permettere lo scambio di informazioni e di esperienze sulle stesse;b) a continuare a cooperare con gli Stati membri e con le parti sociali, in seno al Forum europeo sulla trasparenza delle qualifiche professionali, al fine di consentire lo scambio di informazioni valide e di esperienze sull'attuazione delle misure preconizzate dalla presente raccomandazione;c) a sottoporre all'attenzione del Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni, non oltre due anni e sei mesi dopo l'adozione della presente raccomandazione e in seguito ogni due anni, una sintesi analitica delle relazioni degli Stati membri di cui alla parte II e a includere in tale sintesi un riferimento ai settori di attività in cui può rendersi necessaria un'azione comunitaria volta ad integrare le misure adottate dagli Stati membri;d) a studiare le modalità per l'introduzione di una carta di alunno/studente/persona in formazione/volontario in seno alla Comunità che consenta ai titolari di tali carte di usufruire di una serie di riduzioni durante il periodo della loro mobilità;e) a elaborare proposte volte a migliorare la cooperazione in materia di promozione della trasparenza delle qualifiche, in particolare per quanto riguarda l'accesso ad EUROPASS per i paesi terzi che partecipano a programmi comunitari, per quanto concerne gli attestati di formazione professionale;f) a studiare le modalità appropriate per adottare, in cooperazione con gli Stati membri, misure finalizzate allo scambio di informazioni sulle possibilità di istruzione, formazione e partecipazione a un'attività di volontario, di insegnante o di formatore negli altri Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 10 luglio 2001.Per il Parlamento europeoLa PresidenteN. FontainePer il ConsiglioIl PresidenteD. Reynders(1) GU C 168 del 16.6.2000, pag. 25.(2) GU C 317 del 6.11.2000, pag. 53.(3) Parere del Parlamento europeo del 5 ottobre 2000 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale), posizione comune del Consiglio del 19 gennaio 2001 (GU C 70 del 2.3.2001, pag. 1) e decisione del Parlamento europeo del 15 maggio 2001 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Decisione del Consiglio del 26 giugno 2001.(4) GU L 257 del 19.10.1968, pag. 13. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(5) GU L 317 del 18.12.1993, pag. 59.(6) GU L 180 del 13.7.1990, pag. 26.(7) GU C 371 del 23.12.2000, pag. 4.(8) GU L 149 del 5.7.1971, pag. 2. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CEE) n. 1399/1999 (GU L 164 del 30.6.1999, pag. 1).(9) GU L 38 del 12.2.1999, pag. 1.(10) GU L 257 del 19.10.1968, pag. 2. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CEE) n. 2434/92 (GU L 245 del 26.8.1992, pag. 1).(11) GU L 19 del 24.1.1989, pag. 16.(12) GU L 209 del 24.7.1992, pag. 25. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2000/5/CE (GU L 54 del 26.2.2000, pag. 42).(13) GU C 49 del 19.2.1993, pag. 1.(14) GU C 224 dell'1.8.1996, pag. 7.(15) GU C 195 del 6.7.1996, pag. 6.(16) GU L 17 del 22.1.1999, pag. 45.ALLEGATOCATEGORIE DI PERSONE INTERESSATE DALLA PRESENTE RACCOMANDAZIONELe persone di seguito indicate sono interessate dalla presente raccomandazione soltanto nella misura in cui prevedono di maturare un'esperienza di mobilità di durata limitata fra due Stati, lo Stato d'origine e lo Stato ospitante, che termina, in linea di principio, con un ritorno nello Stato d'origine. Tali persone conservano la residenza, quale definita dalle legislazioni di ciascuno Stato membro, nello Stato d'origine.I. StudentiLe persone che svolgono studi negli istituti di insegnamento, quali gli studi di cui all'articolo 149, paragrafo 2, terzo trattino, del trattato.II. Persone in fase di formazioneLe persone che, indipendentemente dalla loro età e dalle condizioni professionali, intraprendono una formazione professionale, a qualsiasi livello, incluso il livello di istruzione superiore.III. Persone che svolgono attività di volontariatoLe persone, in modo particolare giovani, che nell'ambito della sezione "Servizio volontario europeo" del programma comunitario "Gioventù" o nell'ambito di progetti transnazionali di volontariato che rispondono a condizioni simili al "Servizio volontario europeo", s'impegnano in un'attività di solidarietà concreta, senza scopo di lucro e non retribuita, che li aiuti ad acquisire attitudini e competenze sociali e personali.IV. InsegnantiLe persone che svolgono attività di insegnamento in istituti di insegnamento quali quelli di cui all'articolo 149, paragrafo 2, terzo trattino, del trattato.V. FormatoriLe persone che dispensano una formazione, sia nell'ambito di centri di insegnamento o di formazione professionale, come quelli di cui all'articolo 150, paragrafo 2, quarto trattino, del trattato, che nell'ambito di centri d'apprendistato o di imprese.
Mobilità degli studenti, delle persone in formazione, dei volontari, degli insegnanti e dei formatori QUAL È LO SCOPO DELLA RACCOMANDAZIONE? A seguito del Consiglio europeo di Lisbona del 2000, questa raccomandazione mira a sostenere la libera circolazione nel campo dell’istruzione e della formazione. Invita i paesi dell’Unione europea (UE) ad adottare le misure necessarie per incoraggiare la mobilità degli studenti, degli insegnanti e dei formatori all’interno dell’UE. PUNTI CHIAVE La raccomandazione sollecita i paesi dell’UE a rimuovere gli ostacoli di natura legale, amministrativa, linguistica e culturale per le persone, in particolare: studenti o persone in fase di formazione; volontari; insegnanti e formatori; in un altro paese dell’UE. Tra le questioni affrontate, gli obiettivi e i suggerimenti proposti comprendono: promuovere l’apprendimento di almeno due lingue dell’UE, con una preparazione linguistica e culturale prima di un viaggio; incoraggiare la consapevolezza della cittadinanza europea nei giovani, così come il rispetto delle differenze; facilitare l’accesso alle informazioni sulle opportunità in altri paesi dell’UE; agevolare e semplificare il sostegno finanziario (indennità, borse di studio, sovvenzioni, prestiti ecc.); assistenza per le spese di trasporto, vitto e alloggio, nonché l’accesso alle risorse culturali sulla stessa base dei cittadini del paese ospitante; una migliore consapevolezza dei diritti finanziari e dei reciproci accordi di previdenza sociale. Misure riguardanti gli studenti o le persone in fase di formazione incoraggiare gli studenti a completare una parte dei loro studi in un altro paese dell’UE e facilitare il riconoscimento accademico dei periodi di studio completati tra i paesi; incoraggiare modelli più chiari per i certificati di formazione, per esempio fornendo traduzioni e punti d’informazione centralizzati; aiutare gli studenti affinché possano dimostrare con più facilità di disporre di una copertura sanitaria o di risorse finanziarie per ottenere permessi di soggiorno; facilitare l’integrazione e il supporto degli studenti all’interno del sistema di istruzione del paese ospitante, così come il loro reinserimento nel paese di origine. Misure riguardanti i giovani volontari fare in modo che la specificità del volontariato sia presa in considerazione dalle disposizioni legislative e amministrative nazionali; promuovere l’introduzione di un attestato di partecipazione con l’obiettivo di un formato comune europeo per le domande di lavoro; evitare ogni discriminazione dei volontari per quanto riguarda misure pertinenti alla previdenza sociale. Misure riguardanti insegnati e formatori esaminare i problemi di mobilità derivanti da alcune legislazioni nazionali e incoraggiare la cooperazione; sostituzione temporanea di insegnanti e formatori in mobilità; facilitare l’integrazione nell’istituto ospitante; introdurre periodi europei di formazione per agevolare la mobilità; incoraggiare l’introduzione di una dimensione europea nella formazione degli insegnanti, attraverso il contenuto di programmi di formazione e i contatti e gli scambi tra istituti; promuovere l’esperienza di mobilità europea come uno degli elementi della carriera. I paesi dell’UE sono invitati a redigere ogni due anni una relazione sulle azioni intraprese in risposta a queste raccomandazioni. CONTESTO Le raccomandazioni descritte si applicavano in origine ai programmi dell’UE come Socrates (istruzione), Leonardo da Vinci (formazione professionale) e Youth, ora parte del programma Erasmus +, e integrano le misure che rientrano ora in ET 2020, che riguarda la cooperazione in materia di istruzione, formazione e apprendimento permanente. DOCUMENTO PRINCIPALE Raccomandazione 2001/613/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 luglio 2001, relativa alla mobilità nella Comunità degli studenti, delle persone in fase di formazione, dei giovani che svolgono attività di volontariato, degli insegnanti e dei formatori (GU L 215 del 9.8.2001, pagg. 30-37) DOCUMENTI CORRELATI Raccomandazione del Consiglio, del 28 giugno 2011 — «Youth on the move» — promuovere la mobilità dei giovani per l’apprendimento (GU C 199 del 7.7.2011, pagg. 1-5) Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Youth on the move — Un’iniziativa per valorizzare il potenziale dei giovani ai fini di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva nell’Unione europea (COM(2010) 477 def. del 15.9.2010) Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, sull’istituzione di un sistema europeo di crediti per l’istruzione e la formazione professionale (ECVET) (GU C 155 dell’ 8.7.2009, pagg. 11-18) Conclusioni del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, del 15 novembre 2007, sul miglioramento della qualità della formazione degli insegnanti (GU C 300 del 12.12.2007, pagg. 6-9) Decisione n. 2241/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2004, relativa a un quadro comunitario unico per la trasparenza delle qualifiche e delle competenze (Europass) (GU L 390 del 31.12.2004, pagg. 6-20)
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98/561/CE: Raccomandazione del Consiglio del 24 settembre 1998 sulla cooperazione in materia di garanzia della qualità nell'istruzione superiore Gazzetta ufficiale n. L 270 del 07/10/1998 pag. 0056 - 0059 RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO del 24 settembre 1998 sulla cooperazione in materia di garanzia della qualità nell'istruzione superiore (98/561/CE)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 126 e 127,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Comitato economico e sociale (1),visto il parere del Comitato delle regioni (2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 189 C del trattato (3),(1) considerando che tutti gli Stati membri hanno l'obiettivo di garantire la qualità dell'istruzione e della formazione e che la Comunità è invitata a contribuire a questo sforzo permanente incoraggiando la cooperazione fra gli Stati membri e, se necessario, sostenendone e completandone l'azione, nel pieno rispetto della responsabilità di questi ultimi per quanto riguarda il contenuto dell'istruzione e l'organizzazione dei sistemi d'istruzione e di formazione, nonché della loro diversità culturale e linguistica;(2) considerando che, nelle sue conclusioni del 25 novembre 1991 (4), il Consiglio ha indicato che il miglioramento della qualità dell'istruzione superiore è una preoccupazione condivisa da tutti gli Stati membri e da tutti gli istituti di istruzione superiore della Comunità europea; che, tenuto conto della diversità dei metodi utilizzati su scala nazionale, l'esperienza accumulata sul piano nazionale potrebbe essere completata dall'esperienza europea, acquisita in particolare nel quadro di progetti pilota volti ad avviare una cooperazione in questo campo o a rafforzare la cooperazione esistente;(3) considerando che le risposte al memorandum della Commissione sull'istruzione superiore sottolineano fra l'altro che la qualità dovrebbe essere garantita a tutti i livelli e in tutti i settori e che gli istituti dovrebbero differenziarsi soltanto per gli obiettivi; i metodi e la domanda di formazione; che in generale viene considerata positivamente l'introduzione di metodi efficaci e condivisibili di valutazione della qualità che tengano conto delle esperienze europee e internazionali e della possibilità di cooperazione;(4) considerando che uno studio realizzato dalla Commissione sulla situazione in materia di valutazione della qualità negli Stati membri ha rivelato che i nuovi sistemi di valutazione della qualità comportano taluni elementi comuni; che i due progetti pilota realizzati successivamente si basavano su un tronco comune di elementi dei sistemi nazionali esistenti; che essi hanno messo tale metodo comune alla prova con successo, dimostrando che l'insieme degli attori in questo campo desidererebbe vivamente proseguire gli scambi di esperienze che attestano la diversità delle culture nazionali sotto il profilo della valutazione nonché l'importanza della garanzia della qualità in generale;(5) considerando che, vista la grande diversità dei sistemi di istruzione nella Comunità, la definizione del termine «istituto di istruzione superiore» utilizzata nella presente raccomandazione comprende tutti i tipi di istituti che conferiscono qualifiche o titoli di tale livello, indipendentemente dalla loro denominazione negli Stati membri; che tale definizione è usata nella decisione che istituisce il programma Socrates;(6) considerando che gli istituti di istruzione superiore devono soddisfare i nuovi bisogni educativi e sociali di una «società conoscitiva» mondiale, e gli sviluppi che ad essa conseguono; che, di conseguenza, essi devono sforzarsi di migliorare le qualità richieste ai servizi da loro proposti mettendo a punto, se del caso, nuove iniziative (individualmente o grazie alla collaborazione nel quadro di associazioni a livello di istruzione superiore), volte ad accrescere la qualità dell'insegnamento e dell'apprendimento;(7) considerando che i cambiamenti tecnologici ed economici, nonché le loro conseguenze per il mercato del lavoro, comportano nuove sfide per gli studi di istruzione superiore e che, da un lato, le sfide risultanti dall'apertura del mercato mondiale e, dall'altro, l'afflusso sempre crescente di studenti verso gli istituti di istruzione superiore pongono gli Stati membri davanti alla necessità di organizzare i rispettivi sistemi d'istruzione superiore e il rapporto di questi ultimi con lo Stato e la società nel rispetto delle norme accademiche esistenti, degli obiettivi della formazione, degli standard qualitativi, dell'autonomia e/o dell'indipendenza a seconda delle strutture pertinenti di ciascuno Stato membro degli istituti di istruzione superiore, tenendo altresì presente la necessità di rendere conto al pubblico e di informarlo;(8) considerando che la discussione sulla comunicazione della Commissione del 13 febbraio 1994 ha dimostrato che i sistemi di garanzia della qualità potrebbero contribuire al reciproco riconoscimento delle qualifiche accademiche e professionali a livello comunitario;(9) considerando che il libro bianco della Commissione «Crescita, competitività e occupazione», il libro bianco «Insegnare e apprendere. Verso la società conoscitiva» nonché il libro verde «Istruzione, formazione, ricerca - Gli ostacoli alla mobilità transnazionale» rilevano l'importanza di un'istruzione di qualità per l'occupazione e la crescita nell'ambito della Comunità e per la sua competitività a livello mondiale; che questi documenti mettono in evidenza il nesso esistente tra le funzioni sociali e culturali dell'istruzione e della formazione, da un lato, e le loro funzioni economiche, dall'altro, e dunque il carattere poliedrico del concetto di qualità; che emerge chiaramente che ai fini della mobilità transnazionale occorrono sistemi di istruzione trasparenti;(10) considerando che l'incentivazione della mobilità è uno degli obiettivi della cooperazione comunitaria nei settori dell'istruzione e della formazione; che il libro verde della Commissione «Istruzione, formazione, ricerca - Gli ostacoli alla mobilità transnazionale» analizza i principali ostacoli giuridici, amministrativi e pratici con cui debbono confrontarsi gli studenti che intendano studiare in un altro Stato membro, propone misure per migliorare la mobilità e sottolinea che questo tipo di mobilità giova ad un'istruzione di elevata qualità che offra alle persone la possibilità di competere a livello internazionale e di profittare della libera circolazione nella Comunità;(11) considerando che le dimensioni, la struttura e il finanziamento dei sistemi di istruzione superiore negli Stati membri sono diversi e che le loro finalità continueranno ad evolvere; che in taluni Stati membri il sistema di istruzione superiore include università e altri istituti di istruzione superiore, spesso a indirizzo professionale; che il concetto, la portata e i metodi di valutazione della qualità saranno definiti dagli Stati membri e resteranno flessibili e modulabili a seconda delle nuove circostanze e/o strutture;(12) considerando le responsabilità esclusive degli Stati membri in materia di organizzazione e struttura dei rispettivi sistemi di istruzione superiore e i loro vincoli di bilancio nonché l'autonomia e/o l'indipendenza, a seconda delle strutture competenti di ciascuno Stato membro, degli istituti di istruzione superiore,I. RACCOMANDA agli Stati membri:A. di sostenere e, se del caso, istituire sistemi trasparenti di valutazione della qualità, al fine di:- salvaguardare la qualità dell'istruzione superiore nelle condizioni economiche, sociali e culturali specifiche di ogni paese, tenendo conto della dimensione europea e della rapida evoluzione del mondo;- incoraggiare ed aiutare gli istituti di istruzione superiore a basarsi su misure appropriate e in particolare sulla valutazione per migliorare la qualità dell'insegnamento e dell'apprendimento in un mondo in rapida evoluzione nonché della formazione alla ricerca, altro campo importante della loro missione;- promuovere gli scambi reciproci di informazioni per quanto riguarda la qualità e la garanzia della qualità a livello comunitario e mondiale e incoraggiare la cooperazione tra gli istituti di istruzione superiore in questo settore;B. di basare i sistemi di valutazione della qualità sui seguenti elementi, illustrati nell'allegato:- autonomia e/o indipendenza, a seconda delle strutture competenti ciascuno Stato membro, degli organismi incaricati della valutazione della qualità nella scelta delle procedure e dei metodi;- adeguamento delle procedure e dei metodi di valutazione della qualità al profilo e alla missione degli istituti di istruzione superiore, nel rispetto della loro autonomia, e/o indipendenza, a seconda delle strutture competenti di ciascuno Stato membro;- utilizzazione, in funzione degli obiettivi, di elementi di valutazione interna e/o esterna della qualità adattati alle procedure e ai metodi utilizzati;- partecipazione delle varie parti interessate a seconda dell'oggetto della valutazione;- pubblicazione dei risultati della valutazione in una forma adeguata a ciascuno Stato membro;C. di incoraggiare, se necessario, gli istituti d'istruzione superiore, in cooperazione con le strutture competenti degli Stati membri, ad adottare le misure di controllo adeguate;D. di invitare le autorità competenti e gli istituti di istruzione superiore ad annettere particolare importanza allo scambio di esperienze e alla cooperazione in materia di valutazione della qualità con gli altri Stati membri, nonché con le organizzazioni e le associazioni internazionali che operano nel settore dell'istruzione superiore;E. di promuovere una cooperazione tra le autorità responsabili della valutazione o della garanzia della qualità nell'istruzione superiore e di favorire il loro inserimento in rete.Questa cooperazione potrebbe riguardare, del tutto o in parte, i seguenti aspetti:a) favorire e potenziare lo scambio di informazioni e di esperienze, in particolare per quanto attiene gli sviluppi metodologici e agli esempi di buone prassi;b) rispondere alle richieste di valutazione e consulenza delle autorità interessate degli Stati membri;c) sostenere gli istituti di istruzione superiore che desiderano cooperare, su base transnazionale, in materia di valutazione;d) favorire i contatti con esperti internazionali.Nel perseguimento di tali obiettivi, dovrebbe essere preso in considerazione il nesso che si stabilisce tra la valutazione della qualità e altre attività comunitarie, in particolare quelle esistenti nel quadro dei programmi Socrates e Leonardo da Vinci, nonché l'«acquis» comunitario nel settore del riconoscimento delle qualifiche a fini professionali.II. RACCOMANDA:alla Commissione di adoperarsi, in stretta cooperazione con gli Stati membri, sulla base dei programmi esistenti e secondo gli obiettivi e le procedure abituali; aperte e trasparenti di tali programmi, per favorire la cooperazione di cui al punto I.E tra le autorità responsabili in materia di valutazione e garanzia della qualità nell'istruzione superiore e per integrarvi le organizzazioni e associazioni di istituti di istruzione superiore a vocazione europea che posseggano l'esperienza richiesta nel campo della valutazione e della garanzia della qualità.III. INVITA:la Commissione a presentare ogni tre anni, al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni relazioni sui progressi compiuti per quanto riguarda lo sviluppo dei sistemi di valutazione della qualità nei vari Stati membri, sulle attività di cooperazione a livello europeo in tale campo, compresi i progressi compiuti in merito ai suddetti obiettivi.Fatto a Bruxelles, addì 24 settembre 1998.Per il ConsiglioIl PresidenteJ. FARNLEITNER(1) GU C 19 del 21. 1. 1998, pag. 39.(2) GU C 64 del 27. 2. 1998, pag. 63.(3) Parere espresso dal Parlamento europeo del 18 novembre 1997 (GU C 371 dell'8. 12. 1997, pag. 33), posizione comune del Consiglio del 26 febbraio 1998 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Parlamento europeo del 28 maggio 1998 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(4) GU C 321 del 12. 12. 1991, pag. 2.ALLEGATO Elementi indicativi della valutazione della qualità Gli elementi menzionati in appresso sono comuni ai sistemi di valutazione esistenti in Europa. I progetti pilota europei per la valutazione della qualità nell'istruzione superiore hanno dimostrato che tutti gli attori che operano in tale settore possono trarre giovamento dallo studio di questi elementi.L'autonomia e/o l'indipendenza, a seconda delle strutture pertinenti di ciascuno Stato membro, dell'organismo incaricato della valutazione della qualità (sul piano delle procedure e dei metodi) possono contribuire all'efficacia delle procedure di valutazione e all'accettazione dei loro risultati.I criteri per la valutazione della qualità sono strettamente legati agli obiettivi assegnati a ciascun istituto in considerazione dei bisogni della società e del mercato del lavoro; le varie procedure di valutazione implicano dunque necessariamente che si tenga conto della specificità dell'istituto. La conoscenza degli obiettivi istituzionali, sia a livello dell'istituto nel suo insieme, che di un dipartimento o di una sola unità, è essenziale a tal fine.Le procedure di valutazione della qualità dovrebbero comportare, di norma, un elemento interno di autoriflessione e un elemento esterno basato sul parere di esperti esterni.L'elemento interno di autoriflessione dovrebbe puntare alla partecipazione di tutti gli attori, in particolare il corpo insegnante e, se del caso, gli amministratori responsabili dell'orientamento accademico e professionale, nonché gli studenti. L'elemento esterno dovrebbe essere un processo di cooperazione, di consultazione e di consulenza fra esperti indipendenti esterni ed attori appartenenti all'istituto in questione.In funzione degli obiettivi e dei criteri utilizzati nella procedura di valutazione nonché delle strutture dell'istruzione superiore degli Stati membri, le associazioni professionali, le parti sociali e gli ex studenti potrebbero essere rappresentati nei gruppi di esperti.Sarebbe auspicabile che esperti stranieri partecipassero alle procedure, al fine di favorire lo scambio delle esperienze acquisite in altri paesi.Le relazioni sui risultati delle procedure di valutazione della qualità dovrebbero essere pubblicate in una forma adeguata a ciascuno Stato membro e costituire un materiale di riferimento utile per i partner e per l'informazione dei cittadini in generale.
Qualità nell’istruzione superiore L’Europa è leader mondiale per quanto riguarda l’istruzione. Per mantenere tale posizione di avanguardia, i ministri europei dell’Istruzione hanno raccomandato l’introduzione di valutazioni della qualità e di meccanismi di certificazione della qualità nei sistemi di istruzione superiore. ATTO Raccomandazione del Consiglio 98/561/CE sulla cooperazione in materia di certificazione della qualità nell’istruzione superiore. SINTESI Nel 1998, i paesi dell’Unione europea (UE) si sono accordati per stabilire sistemi trasparenti di valutazione e di certificazione nel settore dell’istruzione superiore. Per salvaguardare e migliorare la qualità dell’istruzione superiore, tenendo conto delle condizioni di ogni paese, della dimensione europea e dei requisiti internazionali, questi sistemi devono integrare i seguenti elementi: autonomia e indipendenza degli organismi incaricati della valutazione e della certificazione della qualità; adeguamento delle procedure di valutazione a quelle previste dalle istituzioni scolastiche; valutazione interna ed esterna; coinvolgimento di tutte le parti interessate (insegnanti, amministratori, studenti, ex studenti, parti sociali, associazioni professionali, esperti stranieri); pubblicazione delle valutazioni. Nel 2006, una raccomandazione congiunta del Parlamento europeo e del Consiglio richiedeva l’ introduzione di sistemi interni di certificazione della qualità , in linea con gli standard e le linee guida adottate a Bergen nell’ambito del Processo di Bologna, oltre alla creazione di un registro europeo delle agenzie di certificazione della qualità (EQAR).La raccomandazione invitava gli Stati membri a consentire agli istituti d’istruzione superiore di scegliere un’agenzia di certificazione della qualità o accreditamento, tra quelle iscritte nel registro europeo, corrispondente alle loro necessità e alle loro caratteristiche, a condizione che questa fosse compatibile con la loro legislazione nazionale o consentita dalle loro autorità nazionali. Relazioni triennali Vengono redatte relazioni per monitorare i progressi in materia di certificazione della qualità negli istituti di istruzione superiore. Nonostante i progressi compiuti, sono state rilevate alcune mancanze. La relazione del 2014 evidenzia le lacune esistenti nel modo in cui la certificazione della qualità contribuisce alle riforme dell’istruzione superiore, come l’ampliamento dell’accesso, il rafforzamento dell’occupabilità e dell’internazionalizzazione o il miglioramento della formazione dottorale e delle strategie in materia di risorse umane. Per colmare queste lacune, la certificazione della qualità deve diventare un sostegno alla creazione di una cultura interna della qualità negli istituti di istruzione superiore e non essere una procedura puramente formale. È necessario un approccio settoriale alla certificazione della qualità che individui alcuni principi e orientamenti di base validi per tutti i settori e applicabili a tutte le qualifiche. Azioni pianificate Le azioni a favore di una migliore cooperazione europea in materia di certificazione della qualità per l’ apprendimento permanente comprendono: consultare le parti interessate sulla necessità e fattibilità di un rafforzamento della coerenza in materia di certificazione della qualità nei vari sottosettori dell’istruzione; revisione approfondita delle norme e degli indirizzi europei che si concentri sull’innalzamento degli standard qualitativi piuttosto che sugli aspetti procedurali, e che estenda il campo di applicazione; migliorare le sinergie tra gli strumenti esistenti: continuare a promuovere la trasparenza degli strumenti che sostengono la certificazione della qualità, quali l’EQF, l’ECTS, l’EQUAVET ed Europass; collaborare con gli Stati membri per incoraggiare un maggior numero di agenzie di certificazione della qualità a chiedere la registrazione nell’EQAR e per permettere alle agenzie straniere registrate nell’EQAR di operare nel quadro dei loro sistemi di istruzione superiore; promuovere la cooperazione in materia di certificazione della qualità a livello internazionale, mediante il dialogo politico con partner internazionali e al fine di porre le basi della costituzione di partenariati con gli istituti di istruzione superiore di tutto il mondo (tramite ERASMUS+). RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Raccomandazione 98/561/CE - - GU L 270 del 7.10.1998 ATTI COLLEGATI Raccomandazione 2006/143/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sul proseguimento della cooperazione europea in materia di certificazione della qualità nell’istruzione superiore [Gazzetta ufficiale L 64 del 4.3.2006]. Relazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Relazione sui progressi in tema di certificazione della qualità nell’istruzione superiore [COM(2009)487 def. del 21.9.2009]. Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Relazione sui progressi in tema di certificazione della qualità nell’istruzione superiore [COM(2014) 29 final del 28.1.2014 - non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Conclusioni del Consiglio, del 20 maggio 2014, sulla certificazione della qualità a sostegno dell’istruzione e della formazione [Gazzetta ufficiale C 183 del 14.06.2014].
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32006R1986
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REGOLAMENTO (CE) N. 1986/2006 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 20 dicembre 2006 sull'accesso al sistema d'informazione Schengen di seconda generazione (SIS II) dei servizi competenti negli Stati membri per il rilascio delle carte di circolazione IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 71, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), previa consultazione del Comitato delle regioni, deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) La direttiva 1999/37/CE del Consiglio, del 29 aprile 1999, relativa ai documenti di immatricolazione dei veicoli (3), dispone che gli Stati membri si prestano reciproca assistenza per l'attuazione della direttiva e possono comunicarsi informazioni sul piano bilaterale o multilaterale, in particolare per verificare, prima dell'immatricolazione di un veicolo, la situazione legale dello stesso nello Stato membro in cui era precedentemente immatricolato. Per tale verifica è possibile ricorrere a una rete elettronica. (2) Il regolamento (CE) n. …/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del …, e la decisione 2006/…/GAI del Consiglio, del … sull’istituzione, l’esercizio e l’uso del sistema d’informazione Schengen di seconda generazione (SIS II) (4) (5), costituiscono la base giuridica necessaria per disciplinare il SIS II, che costituisce una banca dati comune degli Stati membri contenente, fra l'altro, dati relativi a veicoli a motore di cilindrata superiore a 50 cc., dati relativi a rimorchi di peso a vuoto superiore a 750 kg e a roulotte e dati relativi a certificati di immatricolazione per veicoli e a targhe per veicoli rubati, altrimenti sottratti, smarriti o falsificati. (3) Il regolamento (CE) n. …/2006 e la decisione 2006/…/GAI sostituiscono gli articoli da 92 a 119 della convenzione del 19 giugno 1990 di applicazione dell’accordo di Schengen del 14 giugno 1985 tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni (6) («la convenzione di Schengen»), salvo l’articolo 102 bis. Quest’ultimo riguarda l’accesso al sistema d’informazione Schengen da parte delle autorità e dei servizi competenti negli Stati membri per il rilascio delle carte di circolazione per i veicoli. (4) È necessario ora adottare un terzo strumento, basato sul titolo V del trattato a complemento del regolamento (CE) n. …/2006 e della decisione 2006/…/GAI, per consentire l'accesso al SIS II dei servizi competenti negli Stati membri per il rilascio delle carte di circolazione per i veicoli e sostituire l’articolo 102 bis della convenzione di Schengen. (5) Le segnalazioni di oggetti, fra cui i veicoli a motore, sono inserite nel SIS II a fini di sequestro o di prova in un procedimento penale, a norma della decisione 2006/…/GAI. (6) A norma della decisione 2006/…/GAI, l’accesso alle segnalazioni di oggetti inserite nel SIS II è prerogativa esclusiva delle autorità responsabili del controllo delle frontiere e degli altri controlli doganali e di polizia, delle autorità giudiziarie e di Europol. (7) È opportuno che i servizi statali e non statali chiaramente identificati a questo scopo e competenti negli Stati membri per il rilascio delle carte di circolazione per i veicoli abbiano accesso ai dati immessi nel SIS II concernenti veicoli a motore di cilindrata superiore a 50 cc, rimorchi di peso a vuoto superiore a 750 kg, roulotte e carte di circolazione e targhe per i veicoli che siano stati rubati, altrimenti sottratti, smarriti o falsificati, per verificare se i veicoli di cui è richiesta l'immatricolazione non siano stati rubati, altrimenti sottratti o smarriti. (8) A tal fine è necessario concedere a detti servizi l'accesso a tali dati e consentire loro di utilizzarli a fini amministrativi per il regolare rilascio delle carte di circolazione. (9) Nella misura in cui i servizi competenti negli Stati membri per il rilascio delle carte di circolazione non sono organi statali, l’accesso dovrebbe essere accordato in modo indiretto, per il tramite di un’autorità con diritto di accesso a norma della decisione 2006/…/GAI, che sia garante della conformità alle norme di sicurezza e riservatezza degli Stati membri di cui alla decisione suddetta. (10) La decisione 2006/…/GAI stabilisce la linea di condotta da seguire quando l’accesso al SIS II rivela la segnalazione di un oggetto nel SIS II. (11) La direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (7), disciplina il trattamento dei dati personali a cura dei servizi competenti negli Stati membri per il rilascio delle carte di circolazione. Le disposizioni specifiche della decisione 2006/…/GAI concernenti la protezione dei dati personali, la sicurezza, la riservatezza e i registri integrano o chiariscono i principi sanciti nella richiamata direttiva quando quei servizi elaborano dati personali nell’ambito del SIS II. (12) Poiché l'obiettivo dell’azione proposta, vale a dire garantire l’accesso al SIS II ai servizi competenti negli Stati membri per il rilascio delle carte di circolazione per i veicoli, per agevolarne i compiti ai sensi della direttiva 1999/37/CE, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa dell'effettiva natura del SIS II in quanto sistema comune d’informazione, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (13) Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti in particolare dalla carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. (14) Per quanto riguarda l'Islanda e la Norvegia, il presente regolamento costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell'acquis di Schengen ai sensi dell'accordo concluso dal Consiglio dell'Unione europea con la Repubblica d'Islanda e il Regno di Norvegia sulla loro associazione all'attuazione, all'applicazione e allo sviluppo dell'acquis di Schengen (8), che rientrano nel settore di cui all'articolo 1, punto G della decisione 1999/437/CE del Consiglio, del 17 maggio 1999 (9), relativa a talune modalità di applicazione dell'accordo. (15) Per quanto riguarda la Svizzera, il presente regolamento costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell'acquis di Schengen ai sensi dell'accordo firmato dall’Unione europea, dalla Comunità europea e dalla Confederazione svizzera riguardante l’associazione della Confederazione svizzera all'attuazione, all'applicazione e allo sviluppo dell'acquis di Schengen, che rientrano nel settore di cui all’articolo 1, punto G della decisione 1999/437/CE, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 1 delle decisioni 2004/849/CE (10) e 2004/860/CE (11). (16) Il presente regolamento costituisce un atto basato sull'acquis di Schengen o ad esso altrimenti connesso ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 2 dell'atto di adesione del 2003, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. Fatti salvi gli articoli 38, 40 e 46, paragrafo 1 della decisione 2006/…/GAI, i servizi competenti negli Stati membri per il rilascio delle carte di circolazione per i veicoli ai sensi della direttiva 1999/37/CE hanno accesso ai seguenti dati inseriti nel SIS II a norma dell’articolo 38, paragrafo 2, lettere a), b) e f) di detta decisione, al solo scopo di verificare se i veicoli di cui è richiesta l'immatricolazione non siano stati rubati, altrimenti sottratti o smarriti o non siano ricercati a fini di prova in un procedimento penale: a) ai dati relativi a veicoli a motore di cilindrata superiore a 50 cc; b) ai dati relativi ai rimorchi di peso a vuoto superiore a 750 kg e alle roulotte; c) ai dati relativi a certificati di immatricolazione per veicoli e a targhe per veicoli rubati, altrimenti sottratti, smarriti o falsificati. Fatto salvo il paragrafo 2, la legge di ciascuno Stato membro disciplina l'accesso dei servizi di quello Stato membro a tali dati. 2. I servizi di cui al paragrafo 1 che siano servizi statali hanno il diritto di consultare direttamente i dati inseriti nel SIS II. 3. I servizi di cui al paragrafo 1 che non siano servizi statali accedono ai dati inseriti nel SIS II soltanto per il tramite di un'autorità di cui all'articolo 40 della decisione menzionata al paragrafo 1. Questa autorità ha il diritto di consultare i dati direttamente e di trasmetterli al servizio competente. Lo Stato membro interessato provvede affinché il servizio in questione e il suo personale siano tenuti al rispetto di tutte le restrizioni sull'uso consentito dei dati trasmessi loro da detta autorità. 4. L’articolo 39 di tale decisione non si applica all’accesso ottenuto a norma del presente articolo. La comunicazione alle autorità giudiziarie o di polizia, ad opera dei servizi di cui al paragrafo 1, di informazioni emerse durante la consultazione del SIS II che diano motivo di sospettare che sia stato commesso un reato è disciplinata dalla legislazione nazionale. Articolo 2 Il presente regolamento sostituisce l’articolo 102 bis della convenzione di Schengen. Articolo 3 Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Esso si applica dalla data fissata ai sensi dell’articolo 71, paragrafo 2 della decisione 2006/…/GAI. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 20 dicembre 2006 Per il Parlamento europeo Il presidente J. BORRELL FONTELLES Per il Consiglio Il presidente J. KORKEAOJA (1) GU C 65 del 17.3.2006, pag. 27. (2) Parere del Parlamento europeo del 25 ottobre 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 19 dicembre 2006 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). (3) GU L 138 dell'1.6.1999, pag. 57. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2003/127/CE della Commissione (GU L 10 del 16.1.2004, pag. 29). (4) GU L … (5) GU L … (6) GU L 239 del 22.9.2000, pag. 19. Convenzione modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 1160/2005 (GU L 191 del 22.7.2005, pag. 18). (7) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31. Direttiva modificata dal regolamento (CE) n. 1882/2003 (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). (8) GU L 176 del 10.7.1999, pag. 36. (9) GU L 176 del 10.7.1999, pag. 31. (10) Decisione 2004/849/CE del Consiglio, del 25 ottobre 2004, relativa alla firma, a nome dell'Unione europea, nonché all'applicazione provvisoria di alcune disposizioni dell'accordo tra l'Unione europea, la Comunità europea e la Confederazione svizzera riguardante l'associazione della Confederazione svizzera all'attuazione, all'applicazione e allo sviluppo dell'acquis di Schengen (GU L 368 del 15.12.2004, pag. 26). (11) Decisione 2004/860/CE del Consiglio, del 25 ottobre 2004, relativa alla firma, a nome della Comunità, nonché all'applicazione provvisoria di alcune disposizioni dell'accordo tra l'Unione europea, la Comunità europea e la Confederazione svizzera riguardante l'associazione della Confederazione svizzera all'attuazione, all'applicazione e allo sviluppo dell'acquis di Schengen (GU L 370 del 17.12.2004, pag. 78).
Accesso al SIS II per i servizi di immatricolazione dei veicoli QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Consente ai servizi responsabili per il rilascio delle carte di circolazione nei paesi dell’Unione europea (UE) di accedere al sistema d’informazione Schengen di seconda generazione (SIS II). Lo scopo consiste nel verificare che un veicolo presentato all’immatricolazione non sia stato rubato e/o non risulti ricercato a fini di prova in un procedimento penale. PUNTI CHIAVE Il regolamento consente ai servizi addetti al rilascio delle carte di circolazione di accedere ai dati contenuti nel SIS II per quanto concerne: veicoli a motore di cilindrata superiore a 50 cc (centimetri cubici); rimorchi di peso a vuoto superiore a 750 kg e roulotte; certificati di immatricolazione per veicoli e targhe per veicoli rubati, altrimenti sottratti, smarriti o falsificati. I servizi addetti al rilascio delle carte di circolazione che non siano servizi pubblici possono accedere ai dati contenuti nel SIS II solo attraverso le autorità indicate nella decisione relativa al SIS II (ovvero la decisione del Consiglio 2007/533/GAI). Tra queste autorità compaiono le autorità di frontiera, quelle di polizia e quelle doganali. La decisione relativa al SIS II stabilisce le misure da intraprendere nel caso in cui il SIS II riconosca un veicolo rubato o ricercato a fini di prova in un procedimento penale. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Si applica a partire dal 17 gennaio 2007. CONTESTO I paesi dell’UE devono assistersi a vicenda nell’esecuzione della direttiva 1999/37/CE del Consiglio relativa ai documenti di immatricolazione dei veicoli. Possono scambiarsi informazioni per verificare la situazione legale di un veicolo nel paese in cui era precedentemente immatricolato. Il regolamento (CE) n. 1987/2006 e la decisione 2007/533/GAI relativa all’istituzione, l’esercizio e l’uso del SIS II (regolamento e decisione relativi al SIS II) hanno sostituito tutti gli articoli tranne uno della convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen del 14 giugno 1985. Tale articolo riguarda l’accesso al sistema d’informazione Schengen da parte delle autorità e dei servizi nei paesi dell’UE responsabili per il rilascio delle carte di circolazione. Questo terzo atto completa il quadro giuridico del SIS II, consentendo l’accesso al SIS II da parte dei servizi competenti nei paesi dell’UE per il rilascio delle carte di circolazione per i veicoli, non appena sarà operativo. Per maggiori informazioni, si veda: «Il sistema d’informazione Schengen» sul sito Internet della Commissione europea. ATTO Regolamento (CE) n. 1986/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, sull’accesso al sistema d’informazione Schengen di seconda generazione (SIS II) dei servizi competenti negli Stati membri per il rilascio delle carte di circolazione (GU L 381 del 28.12.2006, pag. 1-3) Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 1986/2006 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
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118
32003D0335
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2003/335/GAI: Decisione 2003/335/GAI del Consiglio, dell'8 maggio 2003, relativa all'accertamento e al perseguimento del genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra Gazzetta ufficiale n. L 118 del 14/05/2003 pag. 0012 - 0014 Decisione 2003/335/GAI del Consigliodell'8 maggio 2003relativa all'accertamento e al perseguimento del genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerraIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 30, l'articolo 31 e l'articolo 34, paragrafo 2, lettera c),vista l'iniziativa del Regno di Danimarca(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),considerando quanto segue:(1) I tribunali penali internazionali per la ex Jugoslavia e per il Ruanda indagano, perseguono e giudicano dal 1995 violazioni del diritto internazionale connesse con atti di guerra, di genocidio e crimini contro l'umanità.(2) Lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale del 17 luglio 1998, ratificato da tutti gli Stati membri dell'Unione europea, afferma che i crimini più gravi, motivo di allarme per l'intera comunità internazionale, in particolare il genocidio, i crimini contro l'umanità e i crimini di guerra, non devono rimanere impuniti e che la loro effettiva repressione deve essere garantita mediante provvedimenti adottati in ambito nazionale e attraverso il rafforzamento della cooperazione internazionale.(3) Lo Statuto di Roma rammenta che è dovere di ciascuno Stato esercitare la propria giurisdizione penale nei confronti dei responsabili di tali crimini internazionali.(4) Lo Statuto di Roma, ai sensi del quale è stata istituita la Corte penale internazionale, sottolinea che essa è complementare alle giurisdizioni penali nazionali. L'effettivo accertamento e, se del caso, il perseguimento del genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra dovrebbero essere garantiti senza interferire con le competenze della Corte penale internazionale.(5) Le indagini, l'azione penale e lo scambio di informazioni riguardanti il genocidio, i crimini contro l'umanità e i crimini di guerra rimangono di competenza delle autorità nazionali, salvo quando il diritto internazionale disponga diversamente.(6) Gli Stati membri sono regolarmente confrontati a persone implicate in questi crimini, che cercano di entrare e soggiornare nell'Unione europea.(7) Le autorità competenti degli Stati membri devono garantire che, allorché esse ricevono informazioni secondo cui una persona che abbia presentato domanda di permesso di soggiorno sia sospettata di aver perpetrato o partecipato alla perpetrazione di genocidio, crimini contro l'umanità o crimini di guerra, gli atti in questione siano accertati e, se sussistono fondate ragioni, perseguiti, in conformità del loro diritto nazionale.(8) Le autorità nazionali incaricate dell'applicazione della legge e quelle preposte all'immigrazione, benché abbiano compiti e responsabilità distinti, dovrebbero operare in stretta collaborazione per consentire un effettivo accertamento e perseguimento di questi crimini da parte delle autorità competenti che esercitano la funzione giurisdizionale a livello nazionale.(9) Gli Stati membri dovrebbero garantire che le autorità incaricate dell'applicazione della legge e quelle preposte all'immigrazione dispongano delle risorse e delle strutture appropriate per poter efficacemente cooperare nonché investigare e, se necessario, perseguire efficacemente genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra.(10) Il successo di un effettivo accertamento e perseguimento di questi crimini richiede inoltre una stretta cooperazione a livello transnazionale tra le autorità degli Stati parti contraenti dello Statuto di Roma, compresi gli Stati membri.(11) Il 13 giugno 2002 il Consiglio ha adottato la decisione 2002/494/GAI relativa all'istituzione di una rete europea di punti di contatto in materia di persone responsabili di genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra(3). Gli Stati membri dovrebbero assicurare che si faccia pieno uso dei punti di contatto per facilitare la cooperazione fra le autorità internazionali competenti.(12) Nella posizione comune 2001/443/PESC del Consiglio, dell'11 giugno 2001, sulla Corte penale internazionale(4), gli Stati membri hanno affermato che i crimini che rientrano nella competenza giurisdizionale della Corte penale internazionale sono fonte di preoccupazione per tutti gli Stati membri, i quali sono determinati a cooperare alla prevenzione di detti crimini e a porre termine all'impunità di coloro che li hanno perpetrati,DECIDE:Articolo 1ObiettivoLa presente decisione si prefigge lo scopo di accrescere la cooperazione tra le unità nazionali al fine di ottimizzare la capacità delle autorità incaricate dell'applicazione della legge in vari Stati membri di cooperare in maniera efficace nelle indagini ed azioni penali svolte nei confronti di coloro che hanno perpetrato o partecipato alla perpetrazione di genocidio, crimini contro l'umanità o crimini di guerra, quali sono definiti agli articoli 6, 7 e 8 dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale del 17 luglio 1998.Articolo 2Informazione delle autorità incaricate dell'applicazione della legge1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le autorità incaricate dell'applicazione della legge siano informate qualora siano accertati fatti che motivano il sospetto che il richiedente di un permesso di soggiorno abbia commesso crimini di cui all'articolo 1 passibili di un'azione penale in uno Stato membro o dinnanzi a giurisdizioni penali internazionali.2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per permettere alle rispettive autorità nazionali incaricate dell'applicazione della legge e a quelle preposte all'immigrazione di scambiarsi le informazioni necessarie per poter espletare efficacemente le funzioni loro attribuite.Articolo 3Accertamento e perseguimento1. Gli Stati membri si prestano reciproca assistenza nell'accertamento e nel perseguimento dei crimini di cui all'articolo 1 in conformità dei pertinenti accordi internazionali e del diritto nazionale.2. Se, nel quadro dell'esame di una domanda di permesso di soggiorno, le autorità preposte all'immigrazione vengono a conoscenza di fatti che motivano il sospetto che il richiedente abbia partecipato a crimini di cui all'articolo 1, e ove si accerti che il richiedente ha presentato una precedente domanda di permesso di soggiorno in un altro Stato membro, le autorità incaricate dell'applicazione della legge possono rivolgersi alle competenti autorità incaricate dell'applicazione della legge di tale Stato membro per ottenere le informazioni necessarie, comprese quelle in possesso delle autorità preposte all'immigrazione.3. Laddove le autorità incaricate dell'applicazione della legge in uno Stato membro vengano a conoscenza del fatto che una persona sospettata di crimini di cui all'articolo 1 si trova in un altro Stato membro, informano dei loro sospetti le competenti autorità di detto Stato membro, precisandone le ragioni. Tali informazioni sono comunicate in conformità dei pertinenti accordi internazionali e del diritto nazionale.Articolo 4StruttureGli Stati membri esaminano l'eventuale necessità di creare o designare unità specializzate nell'ambito delle autorità incaricate dell'applicazione della legge con il compito specifico di accertare e, se necessario, perseguire i crimini in questione.Articolo 5Coordinamento e riunioni periodiche1. Gli Stati membri coordinano le iniziative in atto per indagare e perseguire coloro che hanno perpetrato o partecipato alla perpetrazione di genocidio, crimini contro l'umanità o crimini di guerra.2. Su iniziativa della presidenza i punti di contatto designati a norma dell'articolo 1 della decisione 2002/494/GAI si riuniscono a intervalli regolari, allo scopo di scambiarsi informazioni riguardanti esperienze, prassi e metodi. Queste riunioni possono svolgersi contestualmente alle riunioni nell'ambito della rete giudiziaria europea e, a seconda delle circostanze, possono essere invitati a parteciparvi anche rappresentanti dei tribunali penali internazionali per la ex Jugoslavia e il Ruanda, della Corte penale internazionale e di altri organismi internazionali.Articolo 6Conformità alla legislazione sulla protezione dei datiQualsiasi scambio di informazioni o altro genere di trattamento di dati personali ai sensi della presente decisione ha luogo nella piena conformità dei requisiti derivanti dalla legislazione vigente in materia di protezione dei dati a livello internazionale e nazionale.Articolo 7AttuazioneGli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alla presente decisione entro l'8 maggio 2005.Articolo 8Applicazione territorialeLa presente decisione si applica a Gibilterra.Articolo 9Data in cui la decisione ha effettoLa presente decisione ha effetto il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Fatto a Bruxelles, addì 8 maggio 2003.Per il ConsiglioIl PresidenteM. Chrisochoïdis(1) GU C 223 del 19.9.2002, pag. 19.(2) Parere emesso il 17 dicembre 2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 167 del 26.6.2002, pag. 1.(4) GU L 155 del 12.6.2001, pag. 19.
Genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra: accertamento e perseguimento CHE COSA FA LA DECISIONE? Stabilisce un quadro per il miglioramento della cooperazione tra i paesi dell’UE nell’accertamento e nel perseguimento degli autori, reali o sospettati, di genocidio*, crimini contro l’umanità* e crimini di guerra*. PUNTI CHIAVE I paesi dell’UE sono tenuti a informare le autorità incaricate dell’applicazione della legge nel caso esista il sospetto che il richiedente di un permesso di soggiorno abbia commesso i crimini elencati sopra. Le autorità possono, in seguito, avviare procedimenti penali in un paese dell’UE o dinnanzi a giurisdizioni penali internazionali. I paesi dell’UE si prestano reciproca assistenza nell’accertamento e nel perseguimento di tali crimini. Per agevolare questo processo, possono creare o designare unità specializzate nell’ambito delle loro autorità incaricate dell’applicazione della legge. I paesi dell’UE coordinano le iniziative in atto per indagare e perseguire coloro che hanno perpetrato o partecipato alla perpetrazione dei crimini elencati sopra. I punti di contatto della rete europea per la lotta contro il genocidio si devono riunire a intervalli regolari, al fine di scambiare informazioni sulle esperienze, le pratiche e i metodi Queste riunioni possono avere luogo congiuntamente alle riunioni della rete giudiziaria europea. Questa decisione contribuisce all’attuazione dello statuto di Roma della Corte penale internazionale, che mira a garantire che nessuno dei crimini sopraelencati rimanga impunito. La rete Eurojust presta aiuto nel processo di accertamento e perseguimento. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? Si applica a partire dal 14 maggio 2003. CONTESTO A seguito del genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra che si sono consumati in Ruanda e nell’ex Jugoslavia, i tribunali penali internazionali indagano, perseguono e giudicano coloro che li hanno perpetrati. I successi dell’accertamento e del perseguimento di questi crimini richiedono, tuttavia, una stretta cooperazione a livelli internazionali. TERMINI CHIAVE * Genocidio: atti commessi con l’intenzione di distruggere in tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso. * Crimini contro l’umanità: atti commessi come parte di un attacco generalizzato e sistematico diretto contro la popolazione civile. * Crimini di guerra: atti commessi in violazione del diritto di guerra (ad esempio, le convenzioni di Ginevra). Alcuni esempi comprendono il maltrattamento dei prigionieri di guerra, l’uccisione degli ostaggi o la distruzione deliberata di città e centri abitati. ATTO Decisione 2003/335/GAI del Consiglio, dell’ 8 maggio 2003, relativa all’accertamento e al perseguimento del genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra (GU L 118 del 14.5.2003, pag. 12-14)
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32010D0131
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DECISIONE DEL CONSIGLIO del 25 febbraio 2010 relativa all'istituzione del comitato permanente per la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna (2010/131/UE) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 240, paragrafo 3, considerando quanto segue: (1) Ai sensi dell'articolo 71 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea è istituito in seno al Consiglio un comitato permanente al fine di assicurare all'interno dell'Unione la promozione e il rafforzamento della cooperazione operativa in materia di sicurezza interna. (2) È pertanto opportuno adottare una decisione relativa all'istituzione di tale comitato e definirne i compiti, HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE: Articolo 1 È istituito nell'ambito del Consiglio il comitato permanente per la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna (di seguito «comitato permanente») previsto dall'articolo 71 del trattato. Articolo 2 Il comitato permanente facilita, promuove e rafforza il coordinamento delle azioni operative delle autorità degli Stati membri competenti in materia di sicurezza interna. Articolo 3 1. Fatti salvi i mandati degli organismi di cui all'articolo 5, il comitato permanente facilita ed assicura l'efficace cooperazione e coordinamento operativi ai sensi della parte terza, titolo V del trattato, anche in settori che rientrano nella cooperazione di polizia e doganale nonché tra le autorità preposte al controllo e alla protezione delle frontiere esterne. Vi rientra anche, se del caso, la cooperazione giudiziaria in materia penale per quanto riguarda l'aspetto operativo nell'ambito della sicurezza interna. 2. Il comitato permanente valuta altresì l'orientamento generale e l'efficacia della cooperazione operativa, individua eventuali carenze o mancanze e adotta le appropriate raccomandazioni concrete per farvi fronte. 3. Il comitato permanente assiste il Consiglio ai sensi delle disposizioni dell'articolo 222 del trattato. Articolo 4 1. Il comitato permanente non partecipa alla condotta delle operazioni che rimangono compito degli Stati membri. 2. Il comitato permanente non partecipa all'elaborazione di atti legislativi. Articolo 5 1. Se del caso, saranno invitati ad assistere alle riunioni del comitato permanente, in qualità di osservatori, rappresentanti di Eurojust, di Europol, dell'Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell'UE (Frontex) e di altri organismi pertinenti. 2. Il comitato permanente contribuirà ad assicurare la coerenza dell'operato di detti organismi. Articolo 6 1. Il comitato permanente presenta periodicamente al Consiglio una relazione sulle sue attività. 2. Il Consiglio informa il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali dei lavori del comitato permanente. Articolo 7 La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione. Essa è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 25 febbraio 2010. Per il Consiglio Il presidente A. PÉREZ RUBALCABA
Comitato permanente per la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna La presente decisione istituisce un comitato permanente volto a promuovere e rafforzare la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna nell'ambito dell'Unione europea (UE) e delinea le responsabilità del comitato. ATTO Decisione del Consiglio 2010/131/UE, del 25 febbraio 2010, relativa all'istituzione del comitato permanente per la cooperazione operativa in materia di sicurezza interna. SINTESI La decisione istituisce un comitato permanente per facilitare, promuovere e rafforzare il coordinamento delle azioni operative delle autorità degli Stati membri competenti in materia di sicurezza interna. Il comitato permanente assicura l'efficace cooperazione e coordinamento nella cooperazione di polizia e doganale nonché tra le autorità preposte al controllo e alla protezione delle frontiere esterne. Vi rientra anche, se del caso, la cooperazione giudiziaria in materia penale per quanto riguarda l'aspetto operativo nell'ambito della sicurezza interna. Il comitato permanente valuta altresì l'efficacia della cooperazione operativa, individua eventuali carenze e adotta le appropriate raccomandazioni concrete per farvi fronte. Il comitato permanente non partecipa alla condotta delle operazioni e all'elaborazione di atti legislativi. Nell’eventualità che si verifichi all'interno dell'Unione europea un attacco terroristico o un disastro naturale o causato dall'uomo, il comitato permanente assisterà il Consiglio nel rispetto della clausola di solidarietà riportata nell'articolo 222 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). Il comitato permanente contribuirà ad assicurare la coerenza dell'operato di Eurojust, di Europol, dell'Agenzia europea alle frontiere esterne (Frontex) e di altri organismi pertinenti. Se del caso, questi saranno invitati ad assistere alle riunioni del comitato permanente in qualità di osservatori. Riferimenti Atto Entrata in vigore Termine ultimo di recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Decisione del Consiglio 2010/131 25.2.2010 - GU L 52 del 3.3.2010
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DECISIONE DEL CONSIGLIO del 24 luglio 2006 relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, del protocollo per combattere il traffico di migranti per via terrestre, aerea e marittima, allegato alla convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale relativamente alle disposizioni del protocollo nella misura in cui rientrano nell'ambito di applicazione degli articoli 179 e 181 A del trattato che istituisce la Comunità europea (2006/616/CE) IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 179 e 181 A, in combinato disposto con l'articolo 300, paragrafo 2, primo comma, e paragrafo 3, primo comma, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) Gli elementi del protocollo che sono di competenza comunitaria sono stati negoziati dalla Commissione, a nome della Comunità, previa approvazione del Consiglio. (2) Il Consiglio ha incaricato la Commissione di negoziare l'adesione della Comunità all'accordo internazionale in questione. (3) I negoziati sono stati condotti a termine e lo strumento risultante è stato firmato dalla Comunità il 12 dicembre 2000, a norma della decisione 2001/87/CE del Consiglio, dell'8 dicembre 2000 (2). (4) Alcuni Stati membri sono parti contraenti del protocollo, mentre in altri Stati membri il processo di ratifica è tuttora in corso. (5) La conclusione della convenzione è stata approvata a nome della Comunità con la decisione 2004/579/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004 (3), condizione necessaria affinché la Comunità europea possa diventare parte contraente del protocollo, a norma dell'articolo 37, paragrafo 2, della convenzione. (6) Le altre condizioni richieste per il deposito, da parte della Comunità, dello strumento di approvazione di cui all'articolo 36, paragrafo 3, della convenzione e all'articolo 21, paragrafo 3, del protocollo, sono soddisfatte. (7) Nella misura in cui le disposizioni del protocollo rientrano nell'ambito di applicazione degli articoli 179 e 181 A del trattato, la conclusione del protocollo dovrebbe essere approvata a nome della Comunità. (8) Nella misura in cui le disposizioni del protocollo rientrano nell'ambito di applicazione della parte terza, titolo IV, del trattato, la conclusione del protocollo a nome della Comunità dovrebbe essere approvata con una decisione distinta del Consiglio (4). (9) In occasione del deposito dello strumento di approvazione, la Comunità dovrebbe essere altresì tenuta, a norma dell'articolo 21, paragrafo 3, del protocollo relativo al traffico di migranti, a dichiarare il proprio ambito di competenza con riferimento alle materie disciplinate dal protocollo, DECIDE: Articolo 1 Il protocollo per combattere il traffico di migranti per via terrestre, aerea e marittima, allegato alla convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, che figura nell'allegato I, è approvato a nome della Comunità europea. Lo strumento di conferma formale della Comunità include una dichiarazione relativa all'ambito di competenza a norma dell'articolo 21, paragrafo 3, del protocollo, come riportato nell'allegato II. Articolo 2 La presente decisione si applica nella misura in cui le disposizioni del protocollo rientrano nell'ambito di applicazione degli articoli 179 e 181 A del trattato. Articolo 3 Il presidente del Consiglio è autorizzato a designare la persona abilitata a depositare lo strumento di conferma formale allo scopo di impegnare la Comunità. La presente decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 24 luglio 2006. Per il Consiglio Il presidente K. RAJAMÄKI (1) Non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale. (2) GU L 30 dell'1.2.2001, pag. 44. (3) GU L 261 del 6.8.2004, pag. 69. (4) Cfr. pag. 34 della presente Gazzetta ufficiale. ALLEGATO I PROTOCOL against the Smuggling of Migrants by Land, Sea and Air, supplementing the United Nations Convention against Transnational Organised Crime PREAMBLE THE STATES PARTIES TO THIS PROTOCOL, DECLARING that effective action to prevent and combat the smuggling of migrants by land, sea and air requires a comprehensive international approach, including cooperation, the exchange of information and other appropriate measures, including socio-economic measures, at the national, regional and international levels, RECALLING General Assembly resolution 54/212 of 22 December 1999, in which the Assembly urged Member States and the United Nations system to strengthen international cooperation in the area of international migration and development in order to address the root causes of migration, especially those related to poverty, and to maximize the benefits of international migration to those concerned, and encouraged, where relevant, interregional, regional and subregional mechanisms to continue to address the question of migration and development, CONVINCED of the need to provide migrants with humane treatment and full protection of their rights, TAKING INTO ACCOUNT the fact that, despite work undertaken in other international forums, there is no universal instrument that addresses all aspects of smuggling of migrants and other related issues, CONCERNED at the significant increase in the activities of organised criminal groups in smuggling of migrants and other related criminal activities set forth in this Protocol, which bring great harm to the States concerned, ALSO CONCERNED that the smuggling of migrants can endanger the lives or security of the migrants involved, RECALLING General Assembly resolution 53/111 of 9 December 1998, in which the Assembly decided to establish an open-ended intergovernmental ad hoc committee for the purpose of elaborating a comprehensive international convention against transnational organised crime and of discussing the elaboration of, inter alia, an international instrument addressing illegal trafficking in and transporting of migrants, including by sea, CONVINCED that supplementing the United Nations Convention against Transnational Organised Crime with an international instrument against the smuggling of migrants by land, sea and air will be useful in preventing and combating that crime, HAVE AGREED AS FOLLOWS: I. GENERAL PROVISIONS Article 1 Relation with the United Nations Convention against Transnational Organised Crime 1. This Protocol supplements the United Nations Convention against Transnational Organised Crime. It shall be interpreted together with the Convention. 2. The provisions of the Convention shall apply, mutatis mutandis, to this Protocol unless otherwise provided herein. 3. The offences established in accordance with article 6 of this Protocol shall be regarded as offences established in accordance with the Convention. Article 2 Statement of purpose The purpose of this Protocol is to prevent and combat the smuggling of migrants, as well as to promote cooperation among States Parties to that end, while protecting the rights of smuggled migrants. Article 3 Use of terms For the purposes of this Protocol: (a) ‘smuggling of migrants’ shall mean the procurement, in order to obtain, directly or indirectly, a financial or other material benefit, of the illegal entry of a person into a State Party of which the person is not a national or a permanent resident; (b) ‘illegal entry’ shall mean crossing borders without complying with the necessary requirements for legal entry into the receiving State; (c) ‘fraudulent travel or identity document’ shall mean any travel or identity document: (i) that has been falsely made or altered in some material way by anyone other than a person or agency lawfully authorised to make or issue the travel or identity document on behalf of a State; or (ii) that has been improperly issued or obtained through misrepresentation, corruption or duress or in any other unlawful manner; or (iii) that is being used by a person other than the rightful holder; (d) ‘vessel’ shall mean any type of water craft, including non-displacement craft and seaplanes, used or capable of being used as a means of transportation on water, except a warship, naval auxiliary or other vessel owned or operated by a Government and used, for the time being, only on government non-commercial service. Article 4 Scope of application This Protocol shall apply, except as otherwise stated herein, to the prevention, investigation and prosecution of the offences established in accordance with article 6 of this Protocol, where the offences are transnational in nature and involve an organised criminal group, as well as to the protection of the rights of persons who have been the object of such offences. Article 5 Criminal liability of migrants Migrants shall not become liable to criminal prosecution under this Protocol for the fact of having been the object of conduct set forth in article 6 of this Protocol. Article 6 Criminalisation 1. Each State Party shall adopt such legislative and other measures as may be necessary to establish as criminal offences, when committed intentionally and in order to obtain, directly or indirectly, a financial or other material benefit: (a) the smuggling of migrants; (b) when committed for the purpose of enabling the smuggling of migrants: (i) producing a fraudulent travel or identity document; (ii) procuring, providing or possessing such a document; (c) enabling a person who is not a national or a permanent resident to remain in the State concerned without complying with the necessary requirements for legally remaining in the State by the means mentioned in subparagraph (b) of this paragraph or any other illegal means. 2. Each State Party shall also adopt such legislative and other measures as may be necessary to establish as criminal offences: (a) subject to the basic concepts of its legal system, attempting to commit an offence established in accordance with paragraph 1 of this article; (b) participating as an accomplice in an offence established in accordance with paragraph 1 (a), (b) (i) or (c) of this article and, subject to the basic concepts of its legal system, participating as an accomplice in an offence established in accordance with paragraph 1 (b) (ii) of this article; (c) organising or directing other persons to commit an offence established in accordance with paragraph 1 of this article. 3. Each State Party shall adopt such legislative and other measures as may be necessary to establish as aggravating circumstances to the offences established in accordance with paragraph 1 (a), (b) (i) and (c) of this article and, subject to the basic concepts of its legal system, to the offences established in accordance with paragraph 2 (b) and (c) of this article, circumstances: (a) that endanger, or are likely to endanger, the lives or safety of the migrants concerned; or (b) that entail inhuman or degrading treatment, including for exploitation, of such migrants. 4. Nothing in this Protocol shall prevent a State Party from taking measures against a person whose conduct constitutes an offence under its domestic law. II. SMUGGLING OF MIGRANTS BY SEA Article 7 Cooperation States Parties shall cooperate to the fullest extent possible to prevent and suppress the smuggling of migrants by sea, in accordance with the international law of the sea. Article 8 Measures against the smuggling of migrants by sea 1. A State Party that has reasonable grounds to suspect that a vessel that is flying its flag or claiming its registry, that is without nationality or that, though flying a foreign flag or refusing to show a flag, is in reality of the nationality of the State Party concerned is engaged in the smuggling of migrants by sea may request the assistance of other States Parties in suppressing the use of the vessel for that purpose. The States Parties so requested shall render such assistance to the extent possible within their means. 2. A State Party that has reasonable grounds to suspect that a vessel exercising freedom of navigation in accordance with international law and flying the flag or displaying the marks of registry of another State Party is engaged in the smuggling of migrants by sea may so notify the flag State, request confirmation of registry and, if confirmed, request authorisation from the flag State to take appropriate measures with regard to that vessel. The flag State may authorise the requesting State, inter alia: (a) to board the vessel; (b) to search the vessel; and (c) if evidence is found that the vessel is engaged in the smuggling of migrants by sea, to take appropriate measures with respect to the vessel and persons and cargo on board, as authorised by the flag State. 3. A State Party that has taken any measure in accordance with paragraph 2 of this article shall promptly inform the flag State concerned of the results of that measure. 4. A State Party shall respond expeditiously to a request from another State Party to determine whether a vessel that is claiming its registry or flying its flag is entitled to do so and to a request for authorisation made in accordance with paragraph 2 of this article. 5. A flag State may, consistent with article 7 of this Protocol, subject its authorisation to conditions to be agreed by it and the requesting State, including conditions relating to responsibility and the extent of effective measures to be taken. A State Party shall take no additional measures without the express authorisation of the flag State, except those necessary to relieve imminent danger to the lives of persons or those which derive from relevant bilateral or multilateral agreements. 6. Each State Party shall designate an authority or, where necessary, authorities to receive and respond to requests for assistance, for confirmation of registry or of the right of a vessel to fly its flag and for authorisation to take appropriate measures. Such designation shall be notified through the Secretary-General to all other States Parties within one month of the designation. 7. A State Party that has reasonable grounds to suspect that a vessel is engaged in the smuggling of migrants by sea and is without nationality or may be assimilated to a vessel without nationality may board and search the vessel. If evidence confirming the suspicion is found, that State Party shall take appropriate measures in accordance with relevant domestic and international law. Article 9 Safeguard clauses 1. Where a State Party takes measures against a vessel in accordance with article 8 of this Protocol, it shall: (a) ensure the safety and humane treatment of the persons on board; (b) take due account of the need not to endanger the security of the vessel or its cargo; (c) take due account of the need not to prejudice the commercial or legal interests of the flag State or any other interested State; (d) ensure, within available means, that any measure taken with regard to the vessel is environmentally sound. 2. Where the grounds for measures taken pursuant to article 8 of this Protocol prove to be unfounded, the vessel shall be compensated for any loss or damage that may have been sustained, provided that the vessel has not committed any act justifying the measures taken. 3. Any measure taken, adopted or implemented in accordance with this chapter shall take due account of the need not to interfere with or to affect: (a) the rights and obligations and the exercise of jurisdiction of coastal States in accordance with the international law of the sea; or (b) the authority of the flag State to exercise jurisdiction and control in administrative, technical and social matters involving the vessel. 4. Any measure taken at sea pursuant to this chapter shall be carried out only by warships or military aircraft, or by other ships or aircraft clearly marked and identifiable as being on government service and authorised to that effect. III. PREVENTION, COOPERATION AND OTHER MEASURES Article 10 Information 1. Without prejudice to articles 27 and 28 of the Convention, States Parties, in particular those with common borders or located on routes along which migrants are smuggled, shall, for the purpose of achieving the objectives of this Protocol, exchange among themselves, consistent with their respective domestic legal and administrative systems, relevant information on matters such as: (a) embarkation and destination points, as well as routes, carriers and means of transportation, known to be or suspected of being used by an organised criminal group engaged in conduct set forth in article 6 of this Protocol; (b) the identity and methods of organisations or organised criminal groups known to be or suspected of being engaged in conduct set forth in article 6 of this Protocol; (c) the authenticity and proper form of travel documents issued by a State Party and the theft or related misuse of blank travel or identity documents; (d) means and methods of concealment and transportation of persons, the unlawful alteration, reproduction or acquisition or other misuse of travel or identity documents used in conduct set forth in article 6 of this Protocol and ways of detecting them; (e) legislative experiences and practices and measures to prevent and combat the conduct set forth in article 6 of this Protocol; and (f) scientific and technological information useful to law enforcement, so as to enhance each other's ability to prevent, detect and investigate the conduct set forth in article 6 of this Protocol and to prosecute those involved. 2. A State Party that receives information shall comply with any request by the State Party that transmitted the information that places restrictions on its use. Article 11 Border measures 1. Without prejudice to international commitments in relation to the free movement of people, States Parties shall strengthen, to the extent possible, such border controls as may be necessary to prevent and detect the smuggling of migrants. 2. Each State Party shall adopt legislative or other appropriate measures to prevent, to the extent possible, means of transport operated by commercial carriers from being used in the commission of the offence established in accordance with article 6, paragraph 1 (a), of this Protocol. 3. Where appropriate, and without prejudice to applicable international conventions, such measures shall include establishing the obligation of commercial carriers, including any transportation company or the owner or operator of any means of transport, to ascertain that all passengers are in possession of the travel documents required for entry into the receiving State. 4. Each State Party shall take the necessary measures, in accordance with its domestic law, to provide for sanctions in cases of violation of the obligation set forth in paragraph 3 of this article. 5. Each State Party shall consider taking measures that permit, in accordance with its domestic law, the denial of entry or revocation of visas of persons implicated in the commission of offences established in accordance with this Protocol. 6. Without prejudice to article 27 of the Convention, States Parties shall consider strengthening cooperation among border control agencies by, inter alia, establishing and maintaining direct channels of communication. Article 12 Security and control of documents Each State Party shall take such measures as may be necessary, within available means: (a) to ensure that travel or identity documents issued by it are of such quality that they cannot easily be misused and cannot readily be falsified or unlawfully altered, replicated or issued; and (b) to ensure the integrity and security of travel or identity documents issued by or on behalf of the State Party and to prevent their unlawful creation, issuance and use. Article 13 Legitimacy and validity of documents At the request of another State Party, a State Party shall, in accordance with its domestic law, verify within a reasonable time the legitimacy and validity of travel or identity documents issued or purported to have been issued in its name and suspected of being used for purposes of conduct set forth in article 6 of this Protocol. Article 14 Training and technical cooperation 1. States Parties shall provide or strengthen specialised training for immigration and other relevant officials in preventing the conduct set forth in article 6 of this Protocol and in the humane treatment of migrants who have been the object of such conduct, while respecting their rights as set forth in this Protocol. 2. States Parties shall cooperate with each other and with competent international organisations, non-governmental organisations, other relevant organisations and other elements of civil society as appropriate to ensure that there is adequate personnel training in their territories to prevent, combat and eradicate the conduct set forth in article 6 of this Protocol and to protect the rights of migrants who have been the object of such conduct. Such training shall include: (a) improving the security and quality of travel documents; (b) recognizing and detecting fraudulent travel or identity documents; (c) Gathering criminal intelligence, relating in particular to the identification of organised criminal groups known to be or suspected of being engaged in conduct set forth in article 6 of this Protocol, the methods used to transport smuggled migrants, the misuse of travel or identity documents for purposes of conduct set forth in article 6 and the means of concealment used in the smuggling of migrants; (d) improving procedures for detecting smuggled persons at conventional and non-conventional points of entry and exit; and (e) the humane treatment of migrants and the protection of their rights as set forth in this Protocol. 3. States Parties with relevant expertise shall consider providing technical assistance to States that are frequently countries of origin or transit for persons who have been the object of conduct set forth in article 6 of this Protocol. States Parties shall make every effort to provide the necessary resources, such as vehicles, computer systems and document readers, to combat the conduct set forth in article 6. Article 15 Other prevention measures 1. Each State Party shall take measures to ensure that it provides or strengthens information programmes to increase public awareness of the fact that the conduct set forth in article 6 of this Protocol is a criminal activity frequently perpetrated by organised criminal groups for profit and that it poses serious risks to the migrants concerned. 2. In accordance with article 31 of the Convention, States Parties shall cooperate in the field of public information for the purpose of preventing potential migrants from falling victim to organised criminal groups. 3. Each State Party shall promote or strengthen, as appropriate, development programmes and cooperation at the national, regional and international levels, taking into account the socio-economic realities of migration and paying special attention to economically and socially depressed areas, in order to combat the root socio-economic causes of the smuggling of migrants, such as poverty and underdevelopment. Article 16 Protection and assistance measures 1. In implementing this Protocol, each State Party shall take, consistent with its obligations under international law, all appropriate measures, including legislation if necessary, to preserve and protect the rights of persons who have been the object of conduct set forth in article 6 of this Protocol as accorded under applicable international law, in particular the right to life and the right not to be subjected to torture or other cruel, inhuman or degrading treatment or punishment. 2. Each State Party shall take appropriate measures to afford migrants appropriate protection against violence that may be inflicted upon them, whether by individuals or groups, by reason of being the object of conduct set forth in article 6 of this Protocol. 3. Each State Party shall afford appropriate assistance to migrants whose lives or safety are endangered by reason of being the object of conduct set forth in article 6 of this Protocol. 4. In applying the provisions of this article, States Parties shall take into account the special needs of women and children. 5. In the case of the detention of a person who has been the object of conduct set forth in article 6 of this Protocol, each State Party shall comply with its obligations under the Vienna Convention on Consular Relations, (1) where applicable, including that of informing the person concerned without delay about the provisions concerning notification to and communication with consular officers. Article 17 Agreements and arrangements States Parties shall consider the conclusion of bilateral or regional agreements or operational arrangements or understandings aimed at: (a) establishing the most appropriate and effective measures to prevent and combat the conduct set forth in article 6 of this Protocol; or (b) enhancing the provisions of this Protocol among themselves. Article 18 Return of smuggled migrants 1. Each State Party agrees to facilitate and accept, without undue or unreasonable delay, the return of a person who has been the object of conduct set forth in article 6 of this Protocol and who is its national or who has the right of permanent residence in its territory at the time of return. 2. Each State Party shall consider the possibility of facilitating and accepting the return of a person who has been the object of conduct set forth in article 6 of this Protocol and who had the right of permanent residence in its territory at the time of entry into the receiving State in accordance with its domestic law. 3. At the request of the receiving State Party, a requested State Party shall, without undue or unreasonable delay, verify whether a person who has been the object of conduct set forth in article 6 of this Protocol is its national or has the right of permanent residence in its territory. 4. In order to facilitate the return of a person who has been the object of conduct set forth in article 6 of this Protocol and is without proper documentation, the State Party of which that person is a national or in which he or she has the right of permanent residence shall agree to issue, at the request of the receiving State Party, such travel documents or other authorisation as may be necessary to enable the person to travel to and re-enter its territory. 5. Each State Party involved with the return of a person who has been the object of conduct set forth in article 6 of this Protocol shall take all appropriate measures to carry out the return in an orderly manner and with due regard for the safety and dignity of the person. 6. States Parties may cooperate with relevant international organisations in the implementation of this article. 7. This article shall be without prejudice to any right afforded to persons who have been the object of conduct set forth in article 6 of this Protocol by any domestic law of the receiving State Party. 8. This article shall not affect the obligations entered into under any other applicable treaty, bilateral or multilateral, or any other applicable operational agreement or arrangement that governs, in whole or in part, the return of persons who have been the object of conduct set forth in article 6 of this Protocol. IV. FINAL PROVISIONS Article 19 Saving clause 1. Nothing in this Protocol shall affect the other rights, obligations and responsibilities of States and individuals under international law, including international humanitarian law and international human rights law and, in particular, where applicable, the 1951 Convention and the 1967 Protocol relating to the Status of Refugees and the principle of non-refoulement as contained therein. 2. The measures set forth in this Protocol shall be interpreted and applied in a way that is not discriminatory to persons on the ground that they are the object of conduct set forth in article 6 of this Protocol. The interpretation and application of those measures shall be consistent with internationally recognised principles of non-discrimination. Article 20 Settlement of disputes 1. States Parties shall endeavour to settle disputes concerning the interpretation or application of this Protocol through negotiation. 2. Any dispute between two or more States Parties concerning the interpretation or application of this Protocol that cannot be settled through negotiation within a reasonable time shall, at the request of one of those States Parties, be submitted to arbitration. If, six months after the date of the request for arbitration, those States Parties are unable to agree on the organisation of the arbitration, any one of those States Parties may refer the dispute to the International Court of Justice by request in accordance with the Statute of the Court. 3. Each State Party may, at the time of signature, ratification, acceptance or approval of or accession to this Protocol, declare that it does not consider itself bound by paragraph 2 of this article. The other States Parties shall not be bound by paragraph 2 of this article with respect to any State Party that has made such a reservation. 4. Any State Party that has made a reservation in accordance with paragraph 3 of this article may at any time withdraw that reservation by notification to the Secretary-General of the United Nations. Article 21 Signature, ratification, acceptance, approval and accession 1. This Protocol shall be open to all States for signature from 12 to 15 December 2000 in Palermo, Italy, and thereafter at United Nations Headquarters in New York until 12 December 2002. 2. This Protocol shall also be open for signature by regional economic integration organisations provided that at least one member State of such organisation has signed this Protocol in accordance with paragraph 1 of this article. 3. This Protocol is subject to ratification, acceptance or approval. Instruments of ratification, acceptance or approval shall be deposited with the Secretary-General of the United Nations. A regional economic integration organisation may deposit its instrument of ratification, acceptance or approval if at least one of its Member States has done likewise. In that instrument of ratification, acceptance or approval, such organisation shall declare the extent of its competence with respect to the matters governed by this Protocol. Such organisation shall also inform the depositary of any relevant modification in the extent of its competence. 4. This Protocol is open for accession by any State or any regional economic integration organisation of which at least one Member State is a Party to this Protocol. Instruments of accession shall be deposited with the Secretary-General of the United Nations. At the time of its accession, a regional economic integration organisation shall declare the extent of its competence with respect to matters governed by this Protocol. Such organisation shall also inform the depositary of any relevant modification in the extent of its competence. Article 22 Entry into force 1. This Protocol shall enter into force on the 90th day after the date of deposit of the 40th instrument of ratification, acceptance, approval or accession, except that it shall not enter into force before the entry into force of the Convention. For the purpose of this paragraph, any instrument deposited by a regional economic integration organisation shall not be counted as additional to those deposited by member States of such organisation. 2. For each State or regional economic integration organisation ratifying, accepting, approving or acceding to this Protocol after the deposit of the 40th instrument of such action, this Protocol shall enter into force on the 30th day after the date of deposit by such State or organisation of the relevant instrument or on the date this Protocol enters into force pursuant to paragraph 1 of this article, whichever is the later. Article 23 Amendment 1. After the expiry of five years from the entry into force of this Protocol, a State Party to the Protocol may propose an amendment and file it with the Secretary-General of the United Nations, who shall thereupon communicate the proposed amendment to the States Parties and to the Conference of the Parties to the Convention for the purpose of considering and deciding on the proposal. The States Parties to this Protocol meeting at the Conference of the Parties shall make every effort to achieve consensus on each amendment. If all efforts at consensus have been exhausted and no agreement has been reached, the amendment shall, as a last resort, require for its adoption a two-thirds majority vote of the States Parties to this Protocol present and voting at the meeting of the Conference of the Parties. 2. Regional economic integration organisations, in matters within their competence, shall exercise their right to vote under this article with a number of votes equal to the number of their Member States that are Parties to this Protocol. Such organisations shall not exercise their right to vote if their member States exercise theirs and vice versa. 3. An amendment adopted in accordance with paragraph 1 of this article is subject to ratification, acceptance or approval by States Parties. 4. An amendment adopted in accordance with paragraph 1 of this article shall enter into force in respect of a State Party 90 days after the date of the deposit with the Secretary-General of the United Nations of an instrument of ratification, acceptance or approval of such amendment. 5. When an amendment enters into force, it shall be binding on those States Parties which have expressed their consent to be bound by it. Other States Parties shall still be bound by the provisions of this Protocol and any earlier amendments that they have ratified, accepted or approved. Article 24 Denunciation 1. A State Party may denounce this Protocol by written notification to the Secretary-General of the United Nations. Such denunciation shall become effective one year after the date of receipt of the notification by the Secretary-General. 2. A regional economic integration organisation shall cease to be a Party to this Protocol when all of its member States have denounced it. Article 25 Depositary and languages 1. The Secretary-General of the United Nations is designated depositary of this Protocol. 2. The original of this Protocol, of which the Arabic, Chinese, English, French, Russian and Spanish texts are equally authentic, shall be deposited with the Secretary-General of the United Nations. IN WITNESS WHEREOF, the undersigned plenipotentiaries, being duly authorised thereto by their respective Governments, have signed this Protocol. (1) Ibid., vol. 596, Nos 8638 to 8640. ALLEGATO II Dichiarazione relativa all'ambito di competenza della Comunità europea con riferimento alle materie disciplinate dal protocollo per combattere il traffico di migranti per via terrestre, aerea e marittima, allegato alla convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale L'articolo 21, paragrafo 3, del protocollo prevede che lo strumento di adesione di un'organizzazione regionale d'integrazione economica contenga una dichiarazione intesa a precisare le materie disciplinate dal protocollo la cui competenza è stata trasferita all'organizzazione dai suoi Stati membri che sono parti contraenti del protocollo. Il protocollo per combattere il traffico di migranti per via terrestre, aerea e marittima si applica, per quanto riguarda le competenze trasferite alla Comunità europea, ai territori nei quali è applicato il trattato che istituisce la Comunità europea ed alle condizioni enunciate nel trattato stesso, in particolare nell'articolo 299 e nei protocolli allegati al trattato. La presente dichiarazione non pregiudica la posizione del Regno Unito e dell'Irlanda a norma del protocollo sull'integrazione dell'acquis di Schengen nell'ambito dell'Unione europea e del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda, allegati al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea. La presente dichiarazione lascia altresì impregiudicata la posizione della Danimarca a norma del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea. A norma dell'articolo 299, la presente dichiarazione non è applicabile ai territori degli Stati membri ai quali il trattato non si applica e non pregiudica le misure o le posizioni che potrebbero essere adottate in applicazione del protocollo dagli Stati membri interessati per conto e nell'interesse di detti territori. A norma della citata disposizione, la presente dichiarazione precisa le competenze trasferite dagli Stati membri alla Comunità in forza dei trattati nelle materie disciplinate dal protocollo. La portata e l'esercizio di tali competenze comunitarie sono soggetti, per loro stessa natura, ad una continua evoluzione in quanto la Comunità adotta ulteriormente le pertinenti norme e regolamentazioni e, all'occorrenza, la Comunità completerà o modificherà la presente dichiarazione, a norma dell'articolo 21, paragrafo 3, del protocollo. La Comunità dichiara che è competente in materia di attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri, di elaborazione delle norme e delle procedure per il controllo delle persone a dette frontiere e delle norme relative ai visti per i soggiorni di durata non superiore a tre mesi. Rientrano nella sua competenza anche le misure nel settore della politica d'immigrazione relative alle condizioni di ingresso e soggiorno e le misure di lotta contro l'immigrazione illegale e il soggiorno illegale, compreso il rimpatrio delle persone che soggiornano illegalmente. Inoltre, la Comunità può adottare misure per garantire che i servizi competenti delle amministrazioni degli Stati membri cooperino tra loro e con la Commissione nei settori di cui sopra. Nei citati settori la Comunità ha adottato norme e regolamentazioni e, qualora lo abbia fatto, spetta esclusivamente ad essa intraprendere azioni esterne con Stati terzi o competenti organizzazioni internazionali. Inoltre, la politica della Comunità in materia di cooperazione allo sviluppo integra le politiche perseguite dagli Stati membri e comprende disposizioni per prevenire e combattere il traffico di migranti.
Traffico di migranti per via terrestre, aerea e marittima — protocollo delle Nazioni Unite SINTESI CHE COSA FANNO LE PRESENTI DECISIONI? Approvano formalmente la firma da parte dell’Unione europea (UE) del protocollo delle Nazioni Unite per combattere il traffico di migranti per via terrestre, aerea e marittima nell’ambito delle competenze dell’Unione. Tale protocollo, allegato alla convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, mira a prevenire e combattere il traffico di migranti, promuovere la cooperazione tra i paesi firmatari e tutelare i diritti dei migranti vittime del traffico. PUNTI CHIAVE I paesi firmatari devono riconoscere i seguenti atti come reati, qualora siano commessi intenzionalmente a fronte di profitto finanziario o materiale: il traffico di migranti, ossia portare una persona in uno Stato di cui detta persona non sia cittadino o residente permanente; produrre, procurare, fornire o possedere documenti di viaggio o d’identità fraudolenti, qualora ciò sia svolto allo scopo di consentire il traffico di migranti; consentire a una persona di restare in uno Stato senza adempiere i requisiti necessari a una permanenza legale; partecipare, istigare e tentare di commettere tali reati. I paesi firmatari devono inoltre considerare le seguenti circostanze come elementi di maggiore gravità del reato (ossia circostanze aggravanti): mettere in pericolo la vita o la sicurezza dei migranti coinvolti; infliggere trattamenti inumani o degradanti, compreso lo sfruttamento, a tali migranti. Le vittime del traffico di migranti non possono essere soggette ad azione penale. Ambito di applicazione Il protocollo si applica: alla prevenzione, indagine e procedimento penale contro i reati di cui sopra (qualora siano di natura transnazionale e sia coinvolto un gruppo criminale organizzato); alla tutela dei diritti delle vittime di tali reati. Misure per combattere il traffico di migranti per via marittima Se uno Stato sospetta che un’imbarcazione non battente alcuna bandiera sia implicata nel traffico di migranti, può salirvi a bordo e ispezionarla. Se un paese sospetta che un’imbarcazione registrata all’estero sia implicata nel traffico di migranti, deve segnalarlo al paese dove l’imbarcazione è registrata (Stato di bandiera) e richiedere la conferma della registrazione e l’autorizzazione ad agire. Se i sospetti vengono confermati, il paese richiedente: può salire a bordo dell’imbarcazione e ispezionarla, e successivamente prendere le misure adeguate relativamente all’imbarcazione, alle persone e al carico a bordo; deve garantire la sicurezza e il trattamento umano delle persone a bordo. Se non viene riscontrato nessun pericolo imminente, non possono essere prese misure aggiuntive senza il permesso esplicito dello Stato di bandiera. Cooperazione internazionale I paesi devono lavorare per rafforzare i controlli alle frontiere e sono autorizzati a negare l’accesso a chiunque sia coinvolto nel traffico di migranti. I paesi con frontiere comuni o che si trovano lungo le rotte usate dai gruppi criminali sono tenuti a scambiarsi determinate informazioni, fra cui: i punti di partenza e di arrivo usati dai trafficanti; le rotte e le modalità di trasporto utilizzate; i metodi e i mezzi per: l’occultamento e il trasporto di persone, l’uso scorretto di documenti di viaggio o d’identità. I paesi con competenze rilevanti devono fornire assistenza tecnica ai paesi da cui frequentemente provengono o per cui transitano i migranti. Prevenzione, tutela, assistenza e rimpatrio I paesi sono tenuti ad agire in vari modi per prevenire il traffico e per accogliere le vittime del traffico. Tali azioni comprendono: campagne di sensibilizzazione e programmi di sviluppo e cooperazione a livello regionale, nazionale e internazionale per combattere le cause del traffico di migranti, soprattutto la povertà e il sottosviluppo; misure volte a tutelare i diritti dei migranti vittime del traffico, in particolare donne e bambini; fornire protezione contro la violenza che può essere inflitta ai migranti e assistenza a coloro la cui vita o sicurezza è in pericolo a seguito del traffico; occuparsi del rimpatrio dei propri cittadini o persone che hanno diritto alla residenza permanente nel proprio territorio e che siano stati oggetto di traffico. CONTESTO La direttiva 2002/90/CE e la decisione quadro 2002/946/GAI stabiliscono una definizione comune per il reato di favoreggiamento della migrazione irregolare e norme minime relative alle sanzioni e alla responsabilità delle persone giuridiche. Favoreggiamento della migrazione irregolare sul sito Internet della Commissione europea ATTO Decisione 2006/616/CE del Consiglio, del 24 luglio 2006, relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, del protocollo per combattere il traffico di migranti per via terrestre, aerea e marittima, allegato alla convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale relativamente alle disposizioni del protocollo nella misura in cui rientrano nell’ambito di applicazione degli articoli 179 e 181 A del trattato che istituisce la Comunità europea (GU L 262 del 22.9.2006, pagg. 24-33) Decisione 2006/617/CE del Consiglio, del 24 luglio 2006, relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, del protocollo per combattere il traffico di migranti per via terrestre, aerea e marittima, allegato alla convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale relativamente alle disposizioni del protocollo nella misura in cui rientrano nell’ambito di applicazione della parte terza, titolo IV, del trattato che istituisce la Comunità europea (GU L 262 del 22.9.2006, pagg. 34-43) ATTI COLLEGATI Decisione quadro 2002/946/GAI del Consiglio, del 28 novembre 2002, relativa al rafforzamento del quadro penale per la repressione del favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali (GU L 328 del 5.12.2002, pagg. 1-3) Direttiva 2002/90/CE del Consiglio, del 28 novembre 2002, volta a definire il favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali (GU L 328 del 5.12.2002, pagg. 17-18) Direttiva 2004/81/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, riguardante il titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi vittime della tratta di esseri umani o coinvolti in un’azione di favoreggiamento dell’immigrazione illegale che cooperino con le autorità competenti (GU L 261 del 6.8.2004, pagg. 19-23)
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RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE del 6 dicembre 2012 sulla pianificazione fiscale aggressiva (2012/772/UE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 292, considerando quanto segue: (1) I paesi di tutto il mondo hanno sempre considerato la pianificazione fiscale come una pratica legittima. Con il passare del tempo, tuttavia, le strutture di pianificazione fiscale sono diventate sempre più sofisticate. Esse si sviluppano tra più giurisdizioni e trasferiscono effettivamente gli utili imponibili in Stati con regimi fiscali favorevoli. Una caratteristica fondamentale delle pratiche in questione è che esse riducono l’ammontare dell’imposta dovuta mediante operazioni legali in senso stretto che sono tuttavia in contrasto con lo scopo della norma. (2) La pianificazione fiscale aggressiva consiste nello sfruttare a proprio vantaggio gli aspetti tecnici di un sistema fiscale o le disparità esistenti fra due o più sistemi fiscali al fine di ridurre l’ammontare dell’imposta dovuta. La pianificazione fiscale aggressiva può assumere svariate forme. Fra le conseguenze di questa pratica si possono citare le doppie detrazioni (ad esempio la stessa perdita è detratta sia nello Stato della fonte che nello Stato di residenza) e la doppia non imposizione (ad esempio i redditi che non sono tassati nello Stato della fonte sono esenti nello Stato di residenza). (3) Nonostante gli sforzi considerevoli, gli Stati membri hanno difficoltà a proteggere le loro basi imponibili dall’erosione dovuta alla pianificazione fiscale aggressiva. Le disposizioni nazionali vigenti in questo settore spesso non sono pienamente efficaci, soprattutto a causa della dimensione transnazionale di molte strutture di pianificazione fiscale e della maggiore mobilità dei capitali e delle persone. (4) Nella prospettiva di conseguire un migliore funzionamento del mercato interno è necessario incoraggiare tutti gli Stati membri a seguire lo stesso approccio generale nei confronti della pianificazione fiscale aggressiva, contribuendo così a ridurre le distorsioni esistenti. (5) A tal fine è necessario rimediare ai casi in cui un contribuente trae vantaggi fiscali organizzando i propri affari fiscali in modo che il reddito non sia tassato da nessuna delle giurisdizioni fiscali interessate (doppia non imposizione). Il persistere di tali situazioni può dar luogo a flussi artificiali di capitali e a movimenti artificiali di contribuenti nel mercato interno, danneggiando il corretto funzionamento dello stesso ed erodendo le basi imponibili degli Stati membri. (6) Nel 2012 la Commissione ha effettuato una consultazione pubblica sulla doppia non imposizione nel mercato interno. Poiché non è possibile risolvere tutte le questioni esaminate nell’ambito di tale consultazione con un’unica soluzione, è opportuno in un primo tempo trattare il problema legato all’utilizzo frequente di determinate strutture di pianificazione fiscale che traggono vantaggio dalle disparità esistenti fra due o più sistemi fiscali e spesso comportano una doppia non imposizione. (7) Nelle loro convenzioni contro la doppia imposizione gli Stati membri spesso si impegnano a non assoggettare a imposizione determinati elementi di reddito. Nello stabilire tale trattamento è possibile che essi non verifichino se tali elementi di reddito sono soggetti a imposta nell’altro paese aderente alla convenzione e se sussiste quindi il rischio di una doppia non imposizione. Tale rischio può verificarsi anche se gli Stati membri esentano unilateralmente elementi di redditi esteri, a prescindere dal fatto che siano soggetti a imposta nello Stato della fonte. È importante che la presente raccomandazione tratti entrambe le situazioni. (8) Dato che le strutture di pianificazione fiscale sono sempre più elaborate e spesso i legislatori nazionali non hanno tempo sufficiente per reagire, le specifiche misure antiabuso si rivelano in molti casi inadeguate a far fronte alle nuove strutture di pianificazione fiscale aggressiva. Tali strutture possono incidere negativamente sul gettito fiscale nazionale e sul funzionamento del mercato interno. È pertanto opportuno raccomandare l’adozione, da parte degli Stati membri, di una norma antiabuso generale comune intesa anche a evitare la complessità di molte norme diverse. In tale contesto è necessario tener conto dei limiti imposti dal diritto dell’Unione per quanto riguarda le norme antiabuso. (9) Al fine di preservare l’autonomia operativa degli atti dell’Unione vigenti nel settore interessato, la presente raccomandazione non si applica ai casi che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2009/133/CE del Consiglio (1), della direttiva 2011/96/UE del Consiglio (2) e della direttiva 2003/49/CE del Consiglio (3). La Commissione considera attualmente la possibilità di rivedere le suddette direttive al fine di attuare i principi della presente raccomandazione, HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE: 1. Oggetto e ambito di applicazione La presente raccomandazione riguarda la pianificazione fiscale aggressiva nel settore dell’imposizione diretta. Essa non si applica ai casi che rientrano nell’ambito di applicazione di atti dell’Unione la cui esecuzione potrebbe essere influenzata dalle disposizioni della raccomandazione. 2. Definizioni Ai fini della presente raccomandazione si intende per: a) «imposta», imposta sul reddito, imposta sulle società e, se del caso, imposta sui redditi di capitale, nonché una ritenuta alla fonte di natura equivalente a una di tali imposte; b) «reddito», tutti gli elementi definiti tali dalla legislazione nazionale dello Stato membro che utilizza detto termine e, se del caso, gli elementi definiti come redditi di capitale. 3. Limitazione dell’applicazione di norme finalizzate a evitare la doppia imposizione 3.1. Qualora gli Stati membri, nelle convenzioni contro la doppia imposizione che hanno concluso tra loro o con paesi terzi, si siano impegnati a non assoggettare a imposizione un determinato elemento di reddito, devono garantire che tale impegno si applica solo se l’elemento di reddito in questione è soggetto a imposta nell’altro Stato parte contraente della convenzione. 3.2. Per dare effetto al punto 3.1 gli Stati membri sono incoraggiati a includere una clausola appropriata nelle loro convenzioni contro la doppia imposizione. Tale clausola potrebbe essere così formulata: «Ove la presente convenzione preveda che un elemento di reddito sia imponibile solo in uno degli Stati contraenti o che possa essere soggetto a imposizione in uno degli Stati contraenti, all’altro Stato contraente è preclusa l’imposizione di tale elemento solo se detto elemento è soggetto a imposta nel primo Stato contraente». In caso di convenzioni multilaterali occorre che il riferimento all’«altro Stato contraente» sia sostituito da un riferimento agli «altri Stati contraenti». 3.3. Se, al fine di evitare la doppia imposizione mediante norme nazionali unilaterali, gli Stati membri prevedono un’esenzione fiscale per un determinato elemento di reddito percepito in un’altra giurisdizione in cui detto elemento non è assoggettato a imposta, essi sono incoraggiati a garantire che l’elemento sia tassato. 3.4. Ai fini dei punti 3.1, 3.2 e 3.3 un elemento di reddito dovrebbe essere considerato soggetto a imposta quando è ritenuto imponibile dalla giurisdizione interessata e non è esente da imposta, né beneficia di un credito fiscale pieno o di un’imposizione a tasso zero. 4. Norma generale antiabuso 4.1. Per contrastare le pratiche di pianificazione fiscale aggressiva che non rientrano nell’ambito di applicazione delle norme nazionali specifiche intese a combattere l’elusione fiscale, gli Stati membri dovrebbero adottare una norma generale antiabuso adattata alle situazioni nazionali, alle situazioni transfrontaliere limitate all’Unione e alle situazioni che coinvolgono paesi terzi. 4.2. Per dare effetto al punto 4.1 gli Stati membri sono incoraggiati a inserire la seguente clausola nella legislazione nazionale: «Una costruzione di puro artificio o una serie artificiosa di costruzioni che sia stata posta in essere essenzialmente allo scopo di eludere l’imposizione e che comporti un vantaggio fiscale deve essere ignorata. Le autorità nazionali devono trattare tali costruzioni a fini fiscali facendo riferimento alla loro «sostanza economica». 4.3. Ai fini del punto 4.2 per «costruzione» si intende una transazione, un regime, un’azione, un’operazione, un accordo, una sovvenzione, un’intesa, una promessa, un impegno o un evento. Una costruzione può comprendere più di una misura o di una parte. 4.4. Ai fini del punto 4.2 una costruzione o una serie di costruzioni è artificiosa se manca di sostanza commerciale. Per determinare se la costruzione o la serie di costruzioni è artificiosa, le autorità nazionali sono invitate a valutare se presenta una o più delle seguenti situazioni: a) la qualificazione giuridica delle singole misure di cui è composta la costruzione non è coerente con il fondamento giuridico della costruzione nel suo insieme; b) la costruzione o la serie di costruzioni è posta in essere in un modo che non sarebbe normalmente impiegato in quello che dovrebbe essere un comportamento ragionevole in ambito commerciale; c) la costruzione o la serie di costruzioni comprende elementi che hanno l’effetto di compensarsi o di annullarsi reciprocamente; d) le operazioni concluse sono di natura circolare; e) la costruzione o la serie di costruzioni comporta un significativo vantaggio fiscale, di cui tuttavia non si tiene conto nei rischi commerciali assunti dal contribuente o nei suoi flussi di cassa; f) le previsioni di utili al lordo delle imposte sono insignificanti rispetto all’importo dei previsti vantaggi fiscali. 4.5. Ai fini del punto 4.2, la finalità di una costruzione o di una serie di costruzioni artificiose consiste nell’eludere l’imposizione quando, a prescindere da eventuali intenzioni personali del contribuente, contrasta con l’obiettivo, lo spirito e la finalità delle disposizioni fiscali che sarebbero altrimenti applicabili. 4.6. Ai fini del punto 4.2, una data finalità deve essere considerata fondamentale se qualsiasi altra finalità che è o potrebbe essere attribuita alla costruzione o alla serie di costruzioni sembri per lo più irrilevante alla luce di tutte le circostanze del caso. 4.7. Nel determinare se una costruzione o una serie di costruzioni artificiose ha comportato un vantaggio fiscale di cui al punto 4.2, le autorità nazionali sono invitate a confrontare l’importo dell’imposta dovuta dal contribuente, tenendo conto della o delle costruzioni, con l’importo che lo stesso contribuente dovrebbe versare nelle stesse circostanze in assenza della o delle costruzioni. In tale contesto è utile esaminare se si verifica una o più delle seguenti situazioni: a) un importo non è compreso nella base imponibile; b) il contribuente beneficia di una detrazione; c) vi è una perdita a fini fiscali; d) non è dovuta alcuna ritenuta alla fonte; e) l’imposta estera è compensata. 5. Seguito dato alla raccomandazione Gli Stati membri informano la Commissione in merito alle misure adottate per conformarsi alla presente raccomandazione nonché alle eventuali modifiche apportate a tali misure. La Commissione pubblicherà una relazione sull’applicazione della presente raccomandazione entro tre anni dalla sua adozione. 6. Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente raccomandazione. Fatto a Bruxelles, il 6 dicembre 2012 Per la Commissione Algirdas ŠEMETA Membro della Commissione (1) GU L 310 del 25.11.2009, pag. 34. (2) GU L 345 del 29.12.2011, pag. 8. (3) GU L 157 del 26.6.2003, pag. 49.
Pianificazione fiscale aggressiva La Commissione suggerisce modalità per intervenire sulle scappatoie e sui tecnicismi giuridici, sfruttati da talune aziende per evitare di pagare la giusta quota di imposte. ATTO Raccomandazione 2012/772/UE della Commissione del 6 dicembre 2012 sulla pianificazione fiscale aggressiva. SINTESI Il contrasto alla pianificazione fiscale aggressiva è un aspetto di un piano d'azione della Commissione, particolareggiato e complesso, messo a punto per combattere l'evasione e la frode fiscale. Il piano illustra modalità pratiche per migliorare la cooperazione amministrativa tra i paesi UE, combattere gli abusi e la doppia non imposizione, nonché affrontare le problematiche legate ai paradisi fiscali e ai reati connessi al fisco. Oggi, alcuni contribuenti possono usare degli accorgimenti complessi, talvolta artificiosi, per trasferire la propria sede fiscale in altre giurisdizioni all'interno o all'esterno dell'UE. Così facendo, approfittano delle incongruenze nelle leggi nazionali, per assicurarsi che talune componenti del reddito rimangano al sicuro dall'imposizione o per sfruttare le differenze delle aliquote fiscali. Si definisce questo problema pianificazione fiscale aggressiva. La difficoltà fondamentale consiste nel fatto che una pianificazione fiscale sempre più macchinosa sposta gli utili imponibili verso altri paesi con regimi fiscali più favorevoli per i contribuenti. Questa pratica riduce l'assoggettamento alle imposte grazie ad accorgimenti che si attengono alla legge nella lettera ma ne violano lo spirito: le scappatoie giuridiche. Sono molte le forme di pianificazione fiscale aggressiva; inoltre, fra le sue conseguenze, troviamo le doppie deduzioni (la stessa perdita, per esempio, si deduce sia nel paese d'origine che in quello di residenza) e la doppia non imposizione (il reddito non tassato nel paese dove è realizzato, per esempio, è esentasse anche nel paese di residenza). La Commissione esorta quindi i paesi dell'UE a garantire che le convenzionisulla doppia imposizione stipulate con altri paesi UE ed extra-UE, prevedano una clausola progettata per risolvere un tipo di doppia non imposizione, specificamente individuato. Raccomanda altresì l'utilizzo di una norma generale antiabuso per contribuire ad assicurare la coerenza e l'efficacia in un settore dove la pratica varia notevolmente da paese membro a paese membro. In questo settore, vi sono molte altre proposte. È stata identificata, ad esempio, la vulnerabilità dell'attuale regime IVA alle frodi. La Commissione ha così deciso di istituire un forum UE sull'IVA nel quale i rappresentanti del mondo economico e le autorità tributarie possano scambiarsi opinioni sugli aspetti pratici dell'amministrazione dell'IVA applicabile alle transazioni fra i paesi UE. Inoltre, essi possono individuare e discutere le migliori pratiche, che potrebbero contribuire a linearizzare la gestione del regime IVA e a tagliare i costi di adeguamento alle normative, garantendo nel contempo anche il gettito IVA. RIFERIMENTI Atto Entrata in vigore Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri Gazzetta ufficiale Raccomandazione 2012/772/UE della Commissione - - Gazzetta ufficiale L 338 del 12.12.2012. DOCUMENTI CORRELATI Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio: Piano d'azione per rafforzare la lotta alla frode fiscale e all'evasione fiscale [COM(2012)722 final - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2011/96/UE concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi [COM(2013)814 final - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. La direttiva sulle società madri e figlie (direttiva 2011/96/UE), in origine, era concepita per impedire che le società dello stesso gruppo con sede in paesi UE diversi vedessero il medesimo reddito tassato due volte (doppia imposizione). Talune società hanno tuttavia sfruttato le disposizioni della direttiva e le incongruenze fra le norme fiscali nazionali per evitare del tutto la tassazione in qualsiasi paese dell'UE (doppia non imposizione). La modifica proposta inasprirà la direttiva, affinché gli specifici meccanismi di pianificazione fiscale (i finanziamenti ibridi) non possano più fruire di esenzioni fiscali. Secondo la proposta, se è fiscalmente deducibile nel paese UE dove ha sede la società figlia, il pagamento di un finanziamento ibrido deve essere tassato nel paese UE in cui è stabilita la società madre. Questo impedirà alle società che hanno filiali in più paesi UE di pianificare i pagamenti fra le filiali in paesi diversi, in modo da beneficiare della doppia non imposizione.
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32007D0845
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DECISIONE 2007/845/GAI DEL CONSIGLIO del 6 dicembre 2007 concernente la cooperazione tra gli uffici degli Stati membri per il recupero dei beni nel settore del reperimento e dell’identificazione dei proventi di reato o altri beni connessi IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l’articolo 30, paragrafo 1, lettere a) e b), e l’articolo 34, paragrafo 2, lettera c), vista l’iniziativa del Regno del Belgio, della Repubblica d’Austria e della Repubblica di Finlandia, visto il parere del Parlamento europeo (1), considerando quanto segue: (1) La motivazione fondamentale della criminalità organizzata transfrontaliera è il profitto economico che costituisce un incentivo a commettere ulteriori reati per conseguire sempre maggiori profitti. Di conseguenza i servizi incaricati dell’applicazione della legge dovrebbero avere le conoscenze necessarie per compiere indagini e analisi sulle tracce finanziarie delle attività criminali. Per combattere efficacemente la criminalità organizzata, le informazioni che possono condurre al reperimento e al sequestro dei proventi di reato e altri beni appartenenti ai criminali devono essere scambiate rapidamente tra gli Stati membri dell’Unione europea. (2) Il Consiglio ha adottato la decisione quadro 2003/577/GAI, del 22 luglio 2003, relativa all’esecuzione nell’Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio (2), e la decisione quadro 2005/212/GAI, del 24 febbraio 2005, relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato (3) che tratta alcuni aspetti della cooperazione giudiziaria in materia penale nel settore del blocco o sequestro e della confisca di proventi, strumenti e altri beni connessi con reati. (3) È necessaria una stretta cooperazione tra le autorità competenti degli Stati membri incaricate del reperimento di proventi illeciti e altri beni passibili di confisca e è opportuno prevedere disposizioni che permettano una comunicazione diretta tra tali autorità. (4) A tal fine gli Stati membri dovrebbero disporre di uffici nazionali per il recupero dei beni che siano competenti in questi settori e dovrebbero assicurare che tali uffici possano scambiarsi informazioni rapidamente. (5) La rete interagenzie Camden per il recupero dei beni (CARIN), istituita all’Aia il 22-23 settembre 2004 da Austria, Belgio, Germania, Irlanda, Paesi Bassi e Regno Unito, rappresenta già una rete globale di operatori e esperti con l’obiettivo di rafforzare la conoscenza reciproca dei metodi e delle tecniche utilizzati nel settore dell’identificazione, del congelamento, del sequestro e della confisca transfrontalieri dei proventi di reato e altri beni connessi. La presente decisione dovrebbe completare la CARIN fornendo la base giuridica per lo scambio di informazioni tra gli uffici per il recupero dei beni di tutti gli Stati membri. (6) Nella comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo dal titolo «Il programma dell’Aia: dieci priorità per i prossimi cinque anni», la Commissione ha altresì raccomandato di rafforzare gli strumenti per affrontare gli aspetti finanziari della criminalità organizzata, promuovendo tra l’altro la creazione di unità di informazione sui proventi del crimine negli Stati membri. (7) La cooperazione tra gli uffici per il recupero dei beni e tra detti uffici e altre autorità incaricate di facilitare il reperimento e l’identificazione dei proventi di reato si svolge in base alle procedure e ai termini previsti dalla decisione quadro 2006/960/GAI del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativa alla semplificazione dello scambio di informazioni ed intelligence tra le autorità degli Stati membri dell’Unione europea incaricate dell’applicazione della legge (4), compresi i motivi di rifiuto ivi contenuti. (8) La presente decisione dovrebbe lasciare impregiudicate le modalità di cooperazione definite dalla decisione 2000/642/GAI del Consiglio, del 17 ottobre 2000, concernente le modalità di cooperazione tra le unità di informazione finanziaria degli Stati membri per quanto riguarda lo scambio di informazioni, (5) nonché le vigenti modalità di cooperazione tra forze di polizia, DECIDE: Articolo 1 Uffici per il recupero dei beni 1. Ciascuno Stato membro istituisce o designa un ufficio nazionale per il recupero dei beni incaricato di facilitare il reperimento e l’identificazione dei proventi di reato e altri beni connessi con reati che possono essere oggetto di un provvedimento di congelamento, sequestro, ovvero confisca, emanato dall’autorità giudiziaria competente nel corso di un procedimento penale o, per quanto possibile nel rispetto del diritto nazionale dello Stato membro interessato, di un procedimento civile. 2. Fatto salvo il paragrafo 1, uno Stato membro può, in conformità del proprio diritto nazionale, istituire o designare due uffici per il recupero dei beni. Qualora uno Stato membro disponga di più di due autorità incaricate di facilitare il reperimento e l’identificazione dei proventi di reato, esso designa come punti di contatto al massimo due dei suoi uffici per il recupero dei beni. 3. Gli Stati membri indicano le autorità che costituiscono un ufficio nazionale per il recupero dei beni ai sensi del presente articolo. Gli Stati membri notificano tale informazione e qualsiasi modifica successiva al segretariato generale del Consiglio per iscritto. Ciò non osta a che altre autorità, incaricate di facilitare il reperimento e l’identificazione dei proventi di reato, scambino informazioni ai sensi degli articoli 3 e 4 con un ufficio per il recupero dei beni di un altro Stato membro. Articolo 2 Cooperazione tra uffici per il recupero dei beni 1. Gli Stati membri assicurano che i loro uffici per il recupero dei beni cooperino l’un l’altro ai fini di cui all’articolo 1, paragrafo 1, scambiandosi informazioni e migliori pratiche, sia su richiesta che spontaneamente. 2. Gli Stati membri assicurano che questa cooperazione non sia ostacolata dallo statuto degli uffici per il recupero dei beni secondo la normativa nazionale, sia che tali Uffici facciano parte di un’autorità amministrativa, di un’autorità incaricata dell’applicazione della legge o di un’autorità giudiziaria. Articolo 3 Scambio di informazioni tra gli uffici per il recupero dei beni su richiesta 1. Un ufficio per il recupero dei beni di uno Stato membro o un’altra autorità in uno Stato membro incaricata di facilitare il reperimento e l’identificazione dei proventi di reato può presentare una richiesta di informazioni presso un ufficio per il recupero dei beni di un altro Stato membro per le finalità di cui all’articolo 1, paragrafo 1. A tale scopo l’ufficio o l’unità si avvale della decisione quadro 2006/960/GAI e delle norme adottate in applicazione della stessa. 2. Nel completare il formulario previsto dalla decisione quadro 2006/960/GAI l’ufficio per il recupero dei beni richiedente specifica l’oggetto e i motivi della richiesta nonché la natura del procedimento. Esso fornisce indicazioni quanto più esatte possibile sui beni oggetto dei provvedimenti o ricercati (conti bancari, beni immobili, automobili, panfili e altri beni di valore) e/o sulle persone fisiche o giuridiche che si presume siano implicate (ad esempio nomi, indirizzi, data e luogo di nascita, data di iscrizione nel registro, azionisti, sedi). Articolo 4 Scambio spontaneo di informazioni tra gli uffici per il recupero dei beni 1. Gli uffici per il recupero dei beni o altre autorità incaricate di facilitare il reperimento e l’identificazione dei proventi di reato possono, entro i limiti imposti dal diritto nazionale applicabile e senza bisogno di apposita richiesta, scambiare informazioni che ritengono necessarie per l’esecuzione dei compiti di un altro ufficio per il recupero dei beni in conformità delle finalità enunciate all’articolo 1, paragrafo 1. 2. Allo scambio di informazioni di cui al presente articolo si applica, per analogia, l’articolo 3. Articolo 5 Protezione dei dati 1. Ciascuno Stato membro assicura che le norme in materia di protezione dei dati siano applicate anche nell’ambito della procedura sullo scambio di informazioni di cui alla presente decisione. 2. L’uso delle informazioni scambiate direttamente o bilateralmente ai sensi della presente decisione è soggetto alle disposizioni in materia di protezione dei dati dello Stato membro ricevente allorquando alle informazioni si applicano le stesse norme in materia di protezione dei dati che sarebbero applicate se fossero state raccolte in detto Stato membro. I dati personali trattati nell’ambito dell’applicazione della presente decisione sono protetti conformemente alla convenzione del Consiglio d’Europa, del 28 gennaio 1981, sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati di carattere personale e, per gli Stati membri che lo hanno ratificato, al protocollo addizionale dell’8 novembre 2001 a tale convenzione, concernente le autorità di controllo ed i flussi transfrontalieri. Nel trattare i dati personali ottenuti ai sensi della presente decisione, le autorità incaricate dell’applicazione della legge dovrebbero altresì tener conto dei principi della raccomandazione n. R(87) 15 del Consiglio d’Europa che disciplina l’uso dei dati di carattere personale nel settore della polizia. Articolo 6 Scambio delle migliori pratiche Gli Stati membri assicurano che gli uffici per il recupero dei beni procedano allo scambio delle migliori pratiche sui modi per migliorare l’efficacia degli sforzi degli Stati membri diretti a identificare e reperire proventi di reato e altri beni connessi con reati che possano essere oggetto di un provvedimento di congelamento, sequestro o confisca da parte dell’autorità giudiziaria competente. Articolo 7 Relazione con le modalità di cooperazione esistenti La presente decisione lascia impregiudicati gli obblighi derivanti dagli strumenti dell’Unione europea sull’assistenza giudiziaria reciproca o sul riconoscimento reciproco delle decisioni in materia penale, dagli accordi o intese bilaterali o multilaterali tra gli Stati membri e i paesi terzi in materia di assistenza giudiziaria reciproca e della decisione 2000/642/GAI e della decisione quadro 2006/960/GAI. Articolo 8 Osservanza 1. Gli Stati membri assicurano che saranno in grado di cooperare pienamente, in conformità delle disposizioni della presente decisione, entro il 18 dicembre 2008. Nel contempo gli Stati membri comunicano al segretariato generale del Consiglio e alla Commissione il testo di tutte le disposizioni di legislazione nazionale che consente loro di osservare gli obblighi derivanti dalla presente decisione. 2. Se gli Stati membri non hanno ancora attuato la decisione quadro 2006/960/GAI, i riferimenti a tale decisione quadro nella presente decisione si intendono fatti agli strumenti applicabili in materia di cooperazione di polizia tra gli Stati membri. 3. Il Consiglio valuta l’osservanza della presente decisione da parte degli Stati membri entro il 18 dicembre 2010, in base a una relazione presentata dalla Commissione, Articolo 9 Applicazione La presente decisione prende effetto dalla data della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 6 dicembre 2007. Per il Consiglio Il presidente A. COSTA (1) Parere del 12 dicembre 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) GU L 196 del 2.8.2003, pag. 45. (3) GU L 68 del 15.3.2005, pag. 49. (4) GU L 386 del 29.12.2006, pag. 89. (5) GU L 271 del 24.10.2000, pag. 4.
Cooperazione tra i paesi dell’Unione europea per il recupero dei proventi di reato SINTESI COSA FA LA DECISIONE? Stabilisce i requisiti per l’istituzione di uffici per il recupero dei beni nei paesi dell’Unione europea (UE). PUNTI CHIAVE L’obiettivo degli uffici per il recupero dei beni è agevolare la tracciabilità e l’identificazione dei proventi di reato che possono diventare oggetto di un ordine di congelamento, sequestro o confisca, nell’ambito di un’indagine penale o civile. I paesi dell’UE devono designare almeno un ufficio per il recupero dei beni (o un massimo di due uffici) sul territorio nazionale. Gli uffici per il recupero dei beni assicurano il mutuo scambio di informazioni, indipendentemente dal loro status (autorità incaricata dell’applicazione della legge, giudiziaria o amministrativa). Un ufficio per il recupero dei beni o un’altra autorità di un paese dell’UE con responsabilità simili può effettuare una richiesta di informazioni da un ufficio di un altro paese dell’UE, al fine di richiedere informazioni nell’ambito di un’indagine penale o civile. Tale richiesta dovrebbe includere le informazioni seguenti: l’oggetto e il motivo della richiesta; la natura del procedimento; la proprietà oggetto del provvedimento o ricercata e/o le persone fisiche o giuridiche (società o persone) che si presume essere coinvolte. Un ufficio per il recupero dei beni può, senza ricevere richiesta, scambiare spontaneamente le informazioni che ritiene necessarie per l’esecuzione dei compiti di un ufficio in un altro paese dell’UE. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? È stata applicata a partire dal 18 dicembre 2007. CONTESTO Successivamente alla decisione quadro, la Commissione europea ha lanciato una piattaforma informale per migliorare ulteriormente la cooperazione tra i paesi UE e coordinare gli scambi di informazioni e migliori pratiche. Una relazione della Commissione del 2011 ha rilevato che, sebbene gli uffici per il recupero dei beni siano uno strumento efficace per lottare contro i proventi della criminalità, essi dovevano affrontare problemi comuni, con particolare riferimento alla loro capacità di accedere alle informazioni finanziarie rilevanti. Nel 2014, è stata adottata la direttiva 2014/42/UE per stabilire norme minime comunitarie relative sia al congelamento dei beni in vista di eventuale confisca successiva, sia alla confisca dei beni in materia penale. I paesi dell’UE dovevano integrarla nella propria legislazione nazionale entro il 4 ottobre 2015. Per maggiori informazioni, si veda la pagina «Confisca e recupero dei beni»sul sito web della Commissione europea. ATTO Decisione 2007/845/GAI del Consiglio, del 6 dicembre 2007, concernente la cooperazione tra gli uffici degli Stati membri per il recupero dei beni nel settore del reperimento e dell’identificazione dei proventi di reato o altri beni connessi (GU L 332 del 18.12.2007, pagg. 103-105) ATTI COLLEGATI Direttiva 2014/42/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell’Unione europea (GU L 127 del 29.4.2014, pagg. 39-50). Le correzioni alla direttiva 2014/42/UE sono state integrate nel testo base. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale. Decisione quadro 2003/577/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa all’esecuzione nell’Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio (GU L 196 del 2.8.2003, pagg. 45-55). Si veda la versione consolidata. Decisione quadro 2006/783/GAI del Consiglio, del 6 ottobre 2006, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca (GU L 328 del 24.11.2006, pagg. 59-78). Si veda la versione consolidata.
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31990R3037
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Regolamento (CEE) n. 3037/90 del Consiglio, del 9 ottobre 1990, relativo alla classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europee Gazzetta ufficiale n. L 293 del 24/10/1990 pag. 0001 - 0026 edizione speciale finlandese: capitolo 2 tomo 7 pag. 0152 edizione speciale svedese/ capitolo 2 tomo 7 pag. 0152 REGOLAMENTO (CEE) N. 3037/90 DEL CONSIGLIOdel 9 ottobre 1990relativo alla classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europeeIL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 100 A, vista la proposta della Commissione (1), in cooperazione con il Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che il funzionamento del mercato interno della Comunità richiede l'applicazione di norme statistiche per la raccolta, la trasmissione e la pubblicazione dei dati statistici nazionali e comunitari, al fine di mettere a disposizione delle imprese, delle istituzioni finanziarie, delle amministrazioni nazionali e di tutti gli altri operatori del mercato unico dati statistici attendibili e comparabili; considerando che tali informazioni sono necessarie alle imprese affinché esse possano valutare la propria competitività ed utili alle istituzioni comunitarie per prevenire alterazioni della concorrenza; considerando che solo se gli Stati membri faranno uso, per le attività economiche, di classificazioni connesse con la classificazione comunitaria sarà possibile fornire informazioni integrate con l'attendibilità, la rapidità, la flessibilità ed il grado di dettaglio necessari per la gestione del mercato interno; considerando che è opportuno prevedere che gli Stati membri possano, per soddisfare esigenze di carattere nazionale, mantenere o inserire nelle classificazioni nazionali suddivisioni supplementari basate sulla classificazione statistica delle attività economiche nelle Comunità europee; considerando che la compatibilità internazionale delle statistiche economiche implica che gli Stati membri e leistituzioni comunitarie utilizzino classificazioni delle attività economiche direttamente collegate con la «International Standard Industrial Classification» (ISIC) delle Nazioni Unite; considerando che l'utilizzazione della classificazione delle attività economiche nella Comunità richiede che la Commissione sia assistita dal comitato del programma statistico, istituito con la decisione 89/382/CEE, Euratom (4), per qualsiasi questione relativa all'applicazione del presente regolamento, segnatamente per quanto concerne l'interpretazione di tale classificazione, le modifiche minori da apportarvi, la formulazione e l'aggiornamento delle relative note esplicative e la definizione degli orientamenti per la classificazione delle unità statistiche conformemente a detta classificazione; considerando che è indispensabile che il contenuto delle categorie della classificazione delle attività economiche nelle Comunità europee sia interpretato in modo uniforme in tutti gli Stati membri; considerando che l'introduzione di una nuova classificazione richiede un periodo di transizione, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 11. Il presente regolamento ha lo scopo di stabilire una classificazione statistica comune delle attività economiche nella Comunità europea, che garantisca la comparabilità tra classificazioni nazionali e comunitarie e, pertanto, tra statistiche nazionali e comunitarie. 2. Il presente regolamento riguarda unicamente l'impiego di classificazioni per scopi statistici. 3. Il presente regolamento non contiene, di per sé, disposizioni che obbligano gli Stati membri a raccogliere, pubblicare o fornire dati e non concerne alcun obbligo relativo al carattere particolareggiato e al tipo di unità statistiche da utilizzare nelle indagini e nelle analisi statistiche. Articolo 21. È istituita una base comune per le classificazioni statistiche delle attività economiche nelle Comunità europee, qui di seguito denominata NACE (Rev. 1); essa comprende: - un primo livello costituito da voci contraddistinte da un codice alfabetico (sezioni); - un livello intermedio costituito da voci contraddistinte da un codice alfabetico a due caratteri (sottosezioni); - un secondo livello costituito da voci contraddistinte da un codice numerico a due cifre (divisioni); - un terzo livello costituito da voci contraddistinte da un codice numerico a tre cifre (gruppi); - un quarto livello costituito da voci contraddistinte da un codice numerico a quattro cifre (classi). 2. La NACE (Rev. 1) è allegata al presente regolamento. Articolo 31. La NACE (Rev. 1) è utilizzata dai servizi della Commissione per tutte le statistiche articolate per attività economiche. 2. Le statistiche articolate per attività economiche degli Stati membri saranno elaborate utilizzando la NACE (Rev. 1) o una classificazione nazionale che ne deriva, nell'osservanza delle seguenti regole: a) le classificazioni nazionali contengono livelli corrispondenti ai livelli della NACE (Rev. 1); ognuno dei livelli delle classificazioni nazionali è costituito o dalle stesse voci del corrispondente livello della NACE (Rev. 1) o da voci che costituiscono un'esatta scomposizione delle stesse; b)possono essere introdotti livelli supplementari; c)per ciascuno dei livelli, ad eccezione del livello più elevato, i dati aggregati coincidono esattamente con quelli corrispondenti del livello immediatamente superiore della NACE (Rev. 1); d)la codificazione può essere diversa. 3. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione, per approvazione e prima della pubblicazione, i progetti di testi che definiscono o modificano la loro classificazione nazionale. La Commissione verifica la conformità di questi progetti di testi con il paragrafo 2 del presente articolo. La Commissione trasmette agli Stati membri, per informazione, la classificazione nazionale da essa approvata. La pubblicazione degli Stati membri riporta la tabella di corrispondenza tra la classificazione nazionale e la NACE (Rev. 1). 4. Gli Stati membri che desiderano utilizzare una classificazione nazionale derivata dalla NACE (Rev. 1) adottano quanto prima e non oltre il 31 dicembre 1992 le misure necessarie per l'adozione di una classificazione nazionale in conformità del presente articolo. Articolo 4Oltre alle disposizioni di cui all'articolo 3, in caso d'incompatibilità tra talune voci della NACE (Rev. 1) e la struttura dell'economia nazionale, la Commissione può autorizzare uno Stato membro ad utilizzare, per settori specifici, un raggruppamento della NACE (Rev. 1) ad un livello specifico. Per ottenere tale autorizzazione, lo Stato membro interessato deve fornire alla Commissione ogni informazione necessaria che le consenta di valutare la sua richiesta. Tuttavia, nonostante le disposizioni dell'articolo 3, paragrafo 2, lettera a), tale autorizzazione non può consentire agli Stati membri di scomporre la voce aggregata in un modo diverso da quello previsto dalla NACE (Rev. 1). La Commissione, unitamente allo Stato membro interessato, procede al riesame periodico dell'applicazione delle presenti disposizioni, al fine di verificare se siano ancora giustificate. Articolo 5La Commissione adotta tutte le misure necessarie per verificare l'attuazione e la gestione della NACE (Rev. 1). Articolo 6La Commissione, su richiesta di uno Stato membro o su propria iniziativa e previa consultazione del comitato di cui all'articolo 7, adotta le disposizioni necessarie per garantire l'applicazione uniforme della NACE (Rev. 1). Articolo 7La Commissione è assistita dal comitato del programma statistico, in appresso denominato «comitato», composto di rappresentanti degli Stati membri e presieduto da un rappresentante della Commissione. Articolo 8Il comitato può esaminare tutte le questioni relative alla NACE (Rev. 1) sollevate dal proprio presidente, sia su iniziativa di questi, sia su richiesta del rappresentante di uno Stato membro, ed aventi per oggetto l'applicazione del presente regolamento, in particolare per quanto riguarda: a) l'interpretazione della NACE (Rev. 1); b) le modifiche minori da apportare alla NACE (Rev. 1): - per tenere conto dell'evoluzione tecnologica o economica, - per uniformare e chiarire i testi, - derivanti dalle modifiche apportate ad altre classificazioni economiche, in particolare dall'ISIC (Rev. 3); c)la preparazione e il coordinamento dei lavori di revisione della NACE (Rev. 1); d)la stesura e l'aggiornamento delle note esplicative relative alla NACE (Rev. 1); e)la definizione degli orientamenti per la classificazione delle unità statistiche conformemente alla NACE (Rev. 1); f)l'esame dei problemi connessi con l'applicazione della NACE (Rev. 1) nell'ambito delle classificazioni delle attività economiche degli Stati membri; g)i lavori per preparare, se del caso, una posizione comune in merito all'attività svolta da organizzazioni internazionali in materia di classificazioni delle attività economiche, in particolare per quanto riguarda la ISIC e le relative note esplicative. Le misure di cui alle lettere da a) a g) sono adottate secondo la procedura prevista all'articolo 9. Articolo 91. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il proprio parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri è attribuita la ponderazione fissata nell'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto. 2. La Commissione adotta misure che sono immediatamente applicabili. Tuttavia, se tali misure non sono conformi al parere espresso dal comitato, la Commissione le comunica immediatamente al Consiglio. In tal caso la Commissione differisce di tre mesi, a decorrere dalla data di tale comunicazione, l'applicazione delle misure da essa decise. 3. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può prendere una decisione diversa entro il termine di cui al paragrafo 2. Articolo 101. Le statistiche raccolte dagli Stati membri dopo il 1° gennaio 1993, che contengono una classificazionearticolata per attività economiche, sono elaborate avvalendosi della NACE (Rev. 1) o di una classificazione nazionale che ne deriva, conformemente all'articolo 3. 2. Gli Stati membri utilizzano la NACE (Rev. 1) per trasmettere alla Commissione le statistiche raccolte dopo il 1° gennaio 1993, articolate per attività economiche. Articolo 111. È previsto un periodo di transizione che inizia il 1° gennaio 1993 e termina il 31 dicembre 1994. Durante tale periodo la Commissione può, per alcuni dati raccolti dopo il 1° gennaio 1993, autorizzare uno Stato membro, per motivi tecnici o operativi debitamente giustificati, ad utilizzare una classificazione diversa da quella di cui all'articolo 3. 2. La Commissione, su richiesta di uno Stato membro, può prorogare la durata del periodo di transizione. Articolo 121. In caso di trasmissione alla Commissione dei dati di cui all'articolo 11, gli Stati membri faranno in modo, su richiesta di quest'ultima, di trasmetterli adeguandoli alla NACE (Rev. 1). 2. Gli Stati membri forniscono alla Commissione (Eurostat) le necessarie informazioni sulle tavole di corrispondenza utilizzate per stabilire tali dati. La Commissione provvede a pubblicare tali tavole di corrispondenza. Articolo 13La Commissione pubblica la tavola di corrispondenza tra la NACE attuale e la NACE (Rev. 1) entro sei mesi dall'entrata in vigore del presente regolamento. Articolo 14Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Lussemburgo, addì 9 ottobre 1990. Per il ConsiglioIl PresidenteP. ROMITA(1) GU n. C 58 dell'8. 3. 1990, pag. 25. (2) GU n. C 175 del 16. 7. 1990, pag. 84 e decisione del 12 settembre 1990 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). (3) GU n. C 182 del 23. 7. 1990, pag. 1. (4) GU n. L 181 del 28. 6. 1989, pag. 47. ALLEGATO NACE (Rev. 1)>SPAZIO PER TABELLA>
Classificazione statistica delle attività economiche QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Esso definisce una classificazione delle attività economiche da utilizzare in tutta l’Unione europea per garantire che le statistiche raccolte siano comparabili. Il regolamento è stato modificato più volte. La modifica principale è rappresentata dal Regolamento (CE) n. 1893/2006 che definisce la NACE Revisione 2, attualmente applicata. PUNTI CHIAVE Il regolamento definisce una classificazione a quattro cifre delle attività economiche, comunemente nota come NACE*. Il regolamento nella sua forma originale si riferisce a NACE revisione 1. Tuttavia, la NACE Revisione 2 è in vigore dal 2008. La NACE, che fu introdotta per la prima volta nel 1970, è coerente con la classificazione delle attività delle Nazioni Unite ISIC (International Standard Industrial Classification of All Economic Activities). Ciò consente la comparazione di statistiche tra paesi e in diversi settori. La struttura alfanumerica di NACE è gerarchica e organizzata su quattro livelli, descritti in dettaglio nell’allegato al regolamento, come segue:voci contraddistinte da un codice alfabetico (sezioni), ad esempio sezione A: agricoltura, silvicoltura e pesca;voci identificate da un codice numerico a due cifre (divisioni); ad esempio divisione 01: produzioni vegetali e animali, caccia e servizi connessi e divisione 02: silvicoltura e utilizzo di aree forestali;voci identificate da un codice numerico a tre cifre (gruppi); ad esempio gruppo 01.2: coltivazione di colture permanentivoci identificate da un codice numerico a quattro cifre (classi); ad esempio gruppo 01.21: coltivazione di uva. Nel 2009, the Comitato del sistema statistico europeo ha sostituito il Comitato del programma statistico. Esso è responsabile dell’attuazione e della gestione della NACE e di garantirne l’applicazione in tutti gli Stati membri. È composto dai rappresentanti dei paesi dell’UE ed è presieduto dalla Commissione. DA QUANDO VIENE APPLICATO IL REGOLAMENTO? Il regolamento (CEE) n. 3037/90 si applica dal 13 novembre 1990. Con l’adozione del regolamento (CE) n. 1893/2006 che modifica il regolamento (CEE) n. 3037/90, la NACE Revisione 2 viene applicata dal 1o gennaio 2008 in tutti i settori ad eccezione delle statistiche a breve termine e dell’indice del costo del lavoro al quale viene applicata dal 1o gennaio 2009. CONTESTO Per ulteriori informazioni, si consulti:NACE Rev. 2 — Classificazione statistica delle attività economiche — panoramica (Eurostat). NACE Rev. 2 — Classificazione statistica delle attività economiche — pubblicazione (Eurostat). TERMINI CHIAVE NACE: abbreviazione del nome della classificazione delle attività economiche dell’UE, che ha origine dalla versione francese Nomenclature statistique des activités économiques. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 1893/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre 2006 e che definisce la classificazione statistica delle attività economiche NACE Revisione 2 e modifica il regolamento del Consiglio (CEE) n. 3037/90 del Consiglio nonché alcuni regolamenti CE relativi a settori statistici specifici (GU L 393, del 30.12.2006, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1893/2006 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Regolamento del Consiglio (CEE) n. 3037/90 del 9 ottobre 1990 relativo alla classificazione statistica delle attività economiche nella Comunità europea (GU L 293, del 24.10.1990, pag. 1). Si veda la versione consolidata.
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22003D0003(01)
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2003/3/: Decisione n. 3/2003 del Consiglio dei ministri ACP-CE, dell'11 dicembre 2003, volta a destinare le risorse della dotazione per lo sviluppo a lungo termine del nono Fondo europeo di sviluppo alla creazione di un Fondo per la Pace in Africa Gazzetta ufficiale n. L 345 del 31/12/2003 pag. 0108 - 0111 Decisione n. 3/2003 del Consiglio dei ministri ACP-CEdell'11 dicembre 2003volta a destinare le risorse della dotazione per lo sviluppo a lungo termine del nono Fondo europeo di sviluppo alla creazione di un Fondo per la Pace in AfricaIL CONSIGLIO DEI MINISTRI ACP-CE,visto l'accordo di partenariato ACP-CE firmato a Cotonou il 23 giugno 2000, in particolare il paragrafo 8 dell'allegato I,considerando quanto segue:(1) Con la decisione N. 10/2001 del Comitato degli Ambasciatori ACP-CE del 20 dicembre 2001 sull'utilizzazione delle risorse non assegnate all'8o Fondo europeo di sviluppo(1) e la decisione N. 3/2002 del Consiglio dei ministri ACP-CE del 23 dicembre 2002(2) sulla ridistribuzione delle risorse non assegnate e degli abbuoni di interesse non impegnati dell'ottavo FES, il Consiglio dei ministri ACP-CE ha stanziato risorse per la pacificazione, la prevenzione e la soluzione dei conflitti per un importo complessivo di 75 milioni di EUR.(2) Al vertice dell'Unione africana tenutosi a Maputo dal 4 al 12 luglio 2003 i capi di Stato africani hanno preso una "Decisione sull'istituzione da parte dell'Unione europea di un Fondo operativo per il sostegno della pace a favore dell'Unione africana". Nella loro decisione essi hanno chiarito che tale fondo dovrebbe essere finanziato con le risorse assegnate a ciascuno di essi nell'ambito degli accordi di cooperazione esistenti con l'Unione europea, integrate con un importo equivalente derivante dalle risorse non assegnate del Fondo europeo di sviluppo.(3) È opportuno istituire un Fondo per la Pace al fine di garantire una risposta rapida ed efficace a situazioni di conflitti violenti.(4) Per poter istituire un Fondo per la Pace in Africa ai sensi dell'articolo 11 dell'accordo di partenariato ACP-CE è necessario stanziare risorse suppletive a favore della cooperazione intra-ACP. Poiché la dotazione per la cooperazione e l'integrazione regionali ai sensi del paragrafo 3, lettera b) dell'allegato I dell'accordo di partenariato ACP-CE è esaurita, le risorse necessarie saranno trasferite dalle assegnazioni destinate ai singoli paesi ACP nell'ambito della dotazione per lo sviluppo a lungo termine del nono Fondo europeo di sviluppo quale definita dal paragrafo 3, lettera a), dell'allegato I dell'accordo di partenariato ACP-CE, nonché dalle risorse non assegnate della dotazione per lo sviluppo a lungo termineDECIDE:Articolo 1Sostegno della pace1. Dalle assegnazioni destinate agli Stati ACP ai sensi dell'articolo 1, lettera b) dell'allegato IV dell'accordo di partenariato ACP-CE verrà prelevato un contributo dell'1,5 %. Tale contributo sarà prelevato dal saldo non impegnato dell'assegnazione di cui all'articolo 3, paragrafo 2, lettera b) dell'allegato IV dell'accordo di partenariato ACP-CE, la cosiddetta assegnazione B. Qualora il saldo non impegnato dell'assegnazione B fosse insufficiente, il resto verrà prelevato dal saldo non impegnato dell'assegnazione di cui all'articolo 3, paragrafo 2, lettera a) dell'allegato IV, la cosiddetta assegnazione A. L'importo complessivo di 126,4 milioni di EUR verrà in tal modo trasferito dalle assegnazioni dei rispettivi paesi allo stanziamento intra ACP nell'ambito della dotazione per la cooperazione e l'integrazione regionali e sarà destinato alla creazione di un Fondo per la Pace in Africa. I contributi dei singoli paesi sono precisati nell'ultima colonna della tabella allegata alla presente decisione.2. L'importo di 123,6 milioni di EUR sarà trasferito dalle risorse non assegnate della dotazione del 9o FES per lo sviluppo a lungo termine all'assegnazione intra ACP nell'ambito della dotazione per la cooperazione e l'integrazione regionali e sarà destinato alla creazione di un Fondo per la Pace in Africa.Articolo 2Richiesta di finanziamentoA norma dell'articolo 13, paragrafo 2, lettera b) dell'allegato IV dell'accordo di partenariato ACP-CE, il Consiglio dei ministri ACP chiede alla Commissione di finanziare il Fondo per la Pace in Africa con un importo complessivo di 250 milioni di EUR.Articolo 3EsecuzioneGli Stati ACP, gli Stati membri e la Comunità devono adottare, ciascuno per quanto lo concerne, le misure necessarie all'esecuzione della presente decisione.Articolo 4Entrata in vigoreLa presente decisione entra in vigore il giorno dell'adozione.Fatto a Bruxelles, l'11 dicembre 2003.Per il Consiglio dei ministri ACP-CEIl PresidenteFranco Frattini(1) GU L 50 del 21.2.2002, pag. 62.(2) GU L 59 del 4.3.2003, pag. 24.ALLEGATOContributi a valere sugli stanziamenti nazionali>SPAZIO PER TABELLA>
Fondo per la pace in Africa QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE? Stabilisce un programma di finanziamento per il Fondo per la pace in Africa (APF), che costituisce la principale fonte di finanziamenti UE per l’Unione Africana (UA) e le comunità economiche regionali (REC) nel settore della pace e della sicurezza. PUNTI CHIAVE Il Fondo per la pace in Africa, istituito dall’accordo di Cotonou, è finanziato dal Fondo europeo di sviluppo (FES). L’APF si basa sul principio della partecipazione africana. I diretti beneficiari del sostegno finanziario dell’APF sono l’Unione africana e le comunità economiche regionali e i meccanismi regionali. Dal 2004, l’APF ha ricevuto più di 2,2 miliardi di euro dai finanziamenti UE. Sostegno della pace Le operazioni per il sostegno e il mantenimento della pace sono la missione principale dell’APF. L’APF ha sostenuto con successo operazioni di mantenimento della pace nella Repubblica centrafricana, Sudan, Sud Sudan, Mali, Somalia, il bacino del lago Ciad e Comore. Sviluppo di capacità Dal 2007, lo sviluppo di capacità è una componente importante dell’APF, che mira a rafforzare le capacità e l’efficienza dell’UA e delle REC/RM nel pianificare e condurre operazioni di sostegno della pace. L’obiettivo a lungo termine è quello di consentire alle istituzioni africane di garantire autonomamente la pace e la sicurezza. Risposta rapida Il meccanismo di risposta rapida permette di rispondere ai bisogni più urgenti fornendo finanziamenti per le prime fasi d’azione per la prevenzione, la gestione e la risoluzione delle crisi. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE? È stata applicata a partire dall’11 dicembre 2003. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare: «Fondo per la pace in Africa» sul sito Internet della Commissione europea. ATTO Decisione n. 3/2003 del Consiglio dei ministri ACP-CE, dell’11 dicembre 2003, volta a destinare le risorse della dotazione per lo sviluppo a lungo termine del nono Fondo europeo di sviluppo alla creazione di un Fondo per la pace in Africa (GU L 345 del 31.12.2003, pagg. 108-111) DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 617/2007 del Consiglio, del 14 maggio 2007, relativo all’applicazione del 10o Fondo europeo di sviluppo nell’ambito dell’accordo di partenariato ACP-CE (GU L 152 del 13.6.2007, pagg. 1-13) Modifiche successive al regolamento (CE) n. 617/2007 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. 2007/461/CE: decisione n. 2/2007 del Consiglio dei ministri ACP-CE, del 25 maggio 2007, intesa a consentire contributi bilaterali aggiuntivi, gestiti dalla Commissione, per la realizzazione degli obiettivi del Fondo per la pace in Africa (GU L 175 del 5.7.2007, pag. 35) Regolamento (UE) 2015/322 del Consiglio, del 2 marzo 2015, relativo all’esecuzione dell’11o Fondo europeo di sviluppo (GU L 58 del 3.3.2015, pagg. 1-16)
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Convenzione elaborata in base all'articolo K.3 del trattato sull'Unione europea relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee Gazzetta ufficiale n. C 316 del 27/11/1995 pag. 0049 - 0057 ALLEGATOCONVENZIONE elaborata in base all'articolo K.3 del trattato sull'Unione europea relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee LE ALTE PARTI CONTRAENTI della presente convenzione, Stati membri dell'Unione europea,FACENDO RIFERIMENTO all'atto del Consiglio dell'Unione europea del 26 luglio 1995;DESIDEROSE di far sì che le loro legislazioni penali contribuiscano efficacemente alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee;PRENDENDO NOTA che la frode ai danni delle entrate e delle spese della comunità in molti casi non si limita ad un unico paese, ma è spesso l'opera di organizzazioni criminali;CONVINTE che la tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee esige che ogni condotta fraudolenta che leda tali interessi debba dar luogo ad azioni penali e richieda che sia a tal fine adottata una definizione comune;CONVINTE della necessità di rendere tali condotte passibili di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive, fatta salva l'applicazione di altre sanzioni in taluni casi opportuni, e di prevedere, almeno nei casi gravi, delle pene privative della libertà che possano comportare l'estradizione;RICONOSCENDO che le imprese svolgono un ruolo importante nei settori finanziati dai bilanci comunitari, e che le persone che esercitano un potere decisionale nelle imprese non dovrebbero sfuggire alla responsabilità penale in determinate circostanze,DECISE a combattere insieme la frode che lede gli interessi finanziari delle Comunità europee assumendosi obblighi in materia di competenza giurisdizionale, di estradizione e di reciproca cooperazione,HANNO CONVENUTO LE SEGUENTI DISPOSIZIONI:Articolo 1 Disposizioni generali1. Ai fini della presente convenzione costituisce frode che lede gli interessi finanziari delle Comunità europee:a) in materia di spese, qualsiasi azione od omissione intenzionale relativa:- all'utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi, inesatti o incompleti cui consegua il percepimento o la ritenzione illecita di fondi provenienti dal bilancio generale delle Comunità europee o dai bilanci gestiti dalle Comunità europee o per conto di esse;- alla mancata comunicazione di un'informazione in violazione di un obbligo specifico cui consegua lo stesso effetto;- alla distrazione di tali fondi per fini diversi da quelli per cui essi sono stati inizialmente concessi;b) in materia di entrate, qualsiasi azione od omissione intenzionale relativa:- all'utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti cui consegua la diminuzione illegittima di risorse del bilancio generale delle Comunità europee o dei bilanci gestiti dalle Comunità europee o per conto di esse;- alla mancata comunicazione di un'informazione in violazione di un obbligo specifico cui consegua lo stesso effetto;- alla distrazione di un beneficio lecitamente ottenuto, cui consegua lo stesso effetto.2. Fatto salvo l'articolo 2, paragrafo 2, ciascuno Stato membro prende le misure necessarie e adeguate per recepire nel diritto penale interno le disposizioni del paragrafo 1, in modo tale che le condotte da esse considerate costituiscano un'illecito penale.3. Fatto salvo l'articolo 2, paragrafo 2, ciascuno Stato membro prende altresì le misure necessarie affinché la redazione o il rilascio intenzionale di dichiarazioni o di documenti falsi, inesatti o incompleti cui conseguano gli effetti di cui al paragrafo 1 costituiscano illeciti penali qualora non siano già punibili come illecito principale ovvero a titolo di complicità, d'istigazione o di tentativo di frode quale definita al paragrafo 1.4. Il carattere intenzionale di un'azione o di un'omissione di cui ai paragrafi 1 e 3 può essere dedotto da circostanze materiali oggettive.Articolo 2 Sanzioni1. Ogni Stato membro prende le misure necessarie affinché le condotte di cui all'articolo 1 nonché la complicità, l'istigazione o il tentativo relativi alle condotte descritte all'articolo 1, paragrafo 1 siano passibili di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive che comprendano, almeno, nei casi di frode grave, pene privative della libertà che possono comportare l'estradizione, rimanendo inteso che dev'essere considerata frode grave qualsiasi frode riguardante un importo minimo da determinare in ciascuno Stato membro. Tale importo minimo non può essere superiore a 50 000 ECU.2. Tuttavia, uno Stato membro può prevedere per i casi di frode di lieve entità riguardante un importo totale inferiore a 4 000 ECU, che non presentino aspetti di particolare gravità secondo la propria legislazione, sanzioni di natura diversa da quelle previste al paragrafo 1.3. Il Consiglio dell'Unione europea, deliberando all'unanimità, può variare l'importo di cui al paragrafo 2.Articolo 3 Responsabilità penale dei dirigenti delle impreseCiascuno Stato membro prende le misure necessarie per consentire che i dirigenti delle imprese ovvero qualsiasi persona che eserciti il potere di decisione o di controllo in seno ad un'impresa possano essere dichiarati penalmente responsabili, secondo i principi stabiliti dal diritto interno, per gli atti fraudolenti commessi ai danni degli interessi finanziari delle Comunità, quali definiti all'articolo 1, commessi da persona soggetta alla loro autorità per conto dell'impresa.Articolo 4 Competenza1. Ciascuno Stato membro prende le misure necessarie per istituire la propria competenza giurisdizionale sugli illeciti penali da esso costituiti a norma dell'articolo 1 e dell'articolo 2, paragrafo 1, qualora:- la frode, la partecipazione ad una frode o il tentativo di frode che leda gli interessi finanziari delle Comunità europee è commesso in tutto o in parte sul suo territorio, ivi compreso il caso di frode i cui proventi sono stati ottenuti in tale territorio;- una persona che si trova sul suo territorio concorre intenzionalmente ovvero istiga una siffatta frode sul territorio di qualsiasi altro Stato;- l'autore dell'illecito è un cittadino dello Stato membro in questione, e, al tempo stesso, la legislazione dello Stato membro può prevedere che la condotta sia altresì punibile nel paese in cui ha avuto luogo.2. All'atto della notificazione di cui all'articolo 11, paragrafo 2, ciascuno Stato membro può dichiarare che esso non applica la regola enunciata al paragrafo 1, terzo trattino del presente articolo.Articolo 5 Estradizione ed esercizio dell'azione penale1. Ciascuno Stato membro che, in virtù della propria legislazione, non estrada i propri cittadini prende le misure necessarie a stabilire la propria competenza giurisdizionale per gli illeciti penali da esso costituiti ai sensi dell'articolo 1 e dell'articolo 2, paragrafo 1, qualora siano state commesse da suoi cittadini fuori del proprio territorio.2. Ciascuno Stato membro deve, qualora uno dei propri cittadini sia presunto colpevole di aver commesso in un altro Stato membro un illecito penale consistente in una condotta quale descritta all'articolo 1 e all'articolo 2, paragrafo 1 e non estradi tale persona verso tale altro Stato membro unicamente a cagione della nazionalità, sottoporre la questione al giudizio delle proprie autorità competenti ai fini dell'esercizio dell'azione penale, se ne ricorrono i presupposti. Per consentire l'esercizio delle azioni penali i fascicoli, gli atti istruttori e gli oggetti riguardanti i'illecito sono inoltrati secondo le modalità previste all'articolo 6 della convenzione europea di estradizione. Lo Stato membro richiedente è informato delle azioni penali avviate e dei loro risultati.3. Uno Stato membro non può rifiutare l'estradizione per un atto fraudolento che leda gli interessi finanziari delle Comunità europee unicamente perché si tratta di un reato in materia di tasse o di dazi doganali.4. Ai fini del presente articolo, l'espressione «cittadino di uno Stato membro» è interpretata in conformità di qualsiasi dichiarazione fatta da quest'ultimo ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, lettera b) della convenzione europea di estradizione e del paragrafo 1, lettera c) del medesimo articolo.Articolo 6 Cooperazione1. Se una frode, quale definita all'articolo 1, costituisce un illecito penale e riguarda almeno due Stati membri, questi cooperano in modo effettivo all'inchiesta, ai procedimenti giudiziari e all'esecuzione della pena comminata, per esempio per mezzo dell'assistenza giudiziaria, dell'estradizione, del trasferimento dei procedimenti o dell'esecuzione delle sentenze pronunciate all'estero in un altro Stato membro.2. Qualora più Stati membri hanno la competenza giurisdizionale per un illecito e ciascuno di essi può validamente esercitare l'azione penale sulla base degli stessi fatti, gli Stati membri interessati collaborano per decidere quale di essi debba perseguire l'autore o gli autori dell'illecito con l'obiettivo di centralizzare, se possibile, le azioni in un unico Stato membro.Articolo 7 Ne bis in idem1. Gli Stati membri applicano, nel loro diritto penale interno, il principio «ne bis in idem», in virtù del quale la persona che sia stata giudicata con provvedimento definitivo in uno Stato membro non può essere perseguita in un altro Stato membro per gli stessi fatti, purché la pena eventualmente applicata sia stata eseguita, sia in fase di esecuzione o non possa essere pìu eseguita ai sensi della legislazione dello Stato che ha pronunciato la condanna.2. All'atto della notificazione di cui all'articolo 11, paragrafo 2, ciascuno Stato membro può dichiarare di non essere vincolato dal paragrafo 1 del presente articolo in uno o pìu dei casi seguenti:a) quando i fatti oggetto della sentenza straniera sono avvenuti sul suo territorio, in tutto o in parte. In quest'ultimo caso questa eccezione non si applica se i fatti sono avvenuti in parte sul territorio dello Stato membro nel quale la sentenza è stata pronunciata;b) quando i fatti oggetto della sentenza straniera costituiscono un illecito contro la sicurezza o contro altri interessi egualmente essenziali di quello Stato membro;c) quando i fatti oggetto della sentenza straniera sono stati commessi da un pubblico ufficiale di quello Stato membro in violazione dei doveri del suo ufficio.3. Le eccezioni che hanno costituito oggetto di una dichiarazione ai sensi del paragrafo 2 non si applicano quando lo Stato membro di cui si tratta ha, per gli stessi fatti, richiesto l'esercizio dell'azione penale all'altro Stato membro o concesso l'estradizione della persona in questione.4. Rimangono salvi gli accordi bilaterali o multilaterali conclusi tra gli Stati membri in materia e le pertinenti dichiarazioni.Articolo 8 Corte di giustizia1. Qualsiasi controversia tra Stati membri in merito all'interpretazione o all'applicazione della presente convenzione deve, in una prima fase, essere esaminata in sede di Consiglio secondo la procedura di cui al titolo VI del trattato sull'Unione europea, al fine di giungere ad una soluzione.Se entro sei mesi non si è potuto trovare una soluzione, la Corte di giustizia delle Comunità europee può essere adita da una delle parti della controversia.2. Qualsiasi controversia, relativa agli articoli 1 o 10 della presente convenzione tra uno o più Stati membri e la Commissione delle Comunità europee che non sia stato possibile risolvere mediante negoziato, può essere sottoposta alla Corte di giustizia.Articolo 9 Disposizioni interneNessuna disposizione della presente convenzione osta a che gli Stati membri adottino disposizioni di diritto interno ulteriori rispetto agli obblighi da questa derivanti.Articolo 10 Comunicazione1. Gli Stati membri comunicano alla Commissione delle Comunità europee il testo delle disposizioni con cui traspongono nel loro diritto interno gli obblighi che loro incombono in virtù delle disposizioni della presente convenzione.2. Ai fini dell'applicazione della presente convenzione, le alte parti contraenti definiscono in seno al Consiglio dell'Unione europea, le informazioni che gli Stati membri devono comunicarsi o scambiarsi tra loro ovvero tra loro e la Commissione, nonché le modalità della loro trasmissione.Articolo 11 Entrata in vigore1. La presente convenzione è sottoposta agli Stati membri per l'adozione secondo le rispettive norme costituzionali.2. Gli Stati membri notificano al segretario generale del Consiglio dell'Unione europea il compimento delle procedure richieste dalle rispettive norme costituzionali per l'adozione della presente convenzione.3. La presente convenzione entra in vigore novanta giorni dopo la notifica di cui al paragrafo 2 da parte dello Stato membro che procede per ultimo a detta formalità.Articolo 12 Adesione1. La presente convenzione è aperta all'adesione di ogni Stato che diventi membro dell'Unione europea.2. Fa fede il testo della convenzione nella lingua dello Stato membro aderente stabilito dal Consiglio dell'Unione europea.3. Gli strumenti d'adesione sono depositati preso il depositario.4. La presente convenzione entra in vigore nei confronti di ogni Stato che vi aderisca novanta giorni dopo il deposito del suo strumento d'adesione ovvero alla data dell'entrata invigore della presente convenzione, se questa non è ancora entrata in vigore al momento dello scadere di detto periodo di novanta giorni.Articolo 13 Depositario1. Il segretario generale del Consiglio dell'Unione europea è depositario della presente convenzione.2. Il depositario pubblica nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee lo stato delle adozioni e delle adesioni, le dichiarazioni e le riserve nonché qualsiasi altra notificazione relativa alla presente convenzione.En fe de lo cual, los plenipotenciarios abajo firmantes suscriben el presente Convenio.Til bekræftelse heraf har undertegnede befuldmægtigede underskrevet denne konvention.Zu Urkund dessen haben die unterzeichneten Bevollmächtigten ihre Unterschriften unter dieses Übereinkommen gesetzt.Óå ðßóôùóç ôùí áíùôÝñù, ïé õðïãñÜöïíôåò ðëçñåîïýóéïé Ýèåóáí ôçí õðïãñáöÞ ôïõò êÜôù áðü ôçí ðáñïýóá óýìâáóç.In witness whereof, the undersigned Plenipotentiaries have hereunto set their hands.En foi de quoi, les plénipotentiaires soussignés ont apposé leurs signatures au bas de la présente convention.Dá fhianú sin, chuir na Lánchumhachtaigh thíos-sínithe a lámh leis an gCoinbhinsiún seo.In fede di che, i plenipotenziari sottoscritti hanno apposto le loro firme in calce alla presente convenzione.Ten blijke waarvan de ondergetekende gevolmachtigden hun handtekening onder deze overeenkomst hebben gesteld.Em fé do que, os plenipotenciários abaixo assinados apuseram as suas assinaturas no final da presente convenção.Tämän vakuudeksi alla mainitut täysivaltaiset edustajat ovat allekirjoittaneet tämän yleissopimuksen.Til bekräftelse härav har undertecknade befullmäktigade ombud undertecknat denna konvention.Hecho en Bruselas, el veintiseis de julio de mil novecientos noventa y cinco, en un ejemplar único, en lenguas alemana, inglesa, danesa, española, finesa, francesa, griega, gaélica, italiana, neerlandesa, portuguesa y sueca, cuyos textos son igualmente auténticos y que será depositado en los archivos de la Secretaría General del Consejo de la Unión Europea.Udfærdiget i Bruxelles den seksogtyvende juli nitten hundrede og femoghalvfems, i ét eksemplar på dansk, engelsk, finsk, fransk, græsk, irsk, italiensk, nederlandsk, portugisisk, spansk, svensk og tysk, hvilke tekster alle har samme gyldighed, og deponeres i arkiverne i Generalsekretariatet for Rådet for Den Europæiske Union.Geschehen zu Brüssel am sechsundzwanzigsten Juli neunzehnhundertfünfundneunzig in einer Urschrift in dänischer, deutscher, englischer, finnischer, französischer, griechischer, irischer, italienischer, niederländischer, portugiesischer, schwedischer und spanischer Sprache, wobei jeder Wortlaut gleichermaßen verbindlich ist; die Urschrift wird im Archiv des Generalsekretariats des Rates der Europäischen Union hinterlegt.¸ãéíå óôéò ÂñõîÝëëåò, óôéò åßêïóé Ýîé Éïõëßïõ ÷ßëéá åííéáêüóéá åíåíÞíôá ðÝíôå, óå Ýíá ìüíï áíôßôõðï, óôçí áããëéêÞ, ãáëëéêÞ, ãåñìáíéêÞ, äáíéêÞ, åëëçíéêÞ, éñëáíäéêÞ, éóðáíéêÞ, éôáëéêÞ, ïëëáíäéêÞ, ðïñôïãáëéêÞ, óïõçäéêÞ êáé öéíëáíäéêÞ ãëþóóá, üëá äå ôá êåßìåíá åßíáé åîßóïõ áõèåíôéêÜ êáé êáôáôßèåíôáé óôá áñ÷åßá ôçò ÃåíéêÞò Ãñáììáôåßáò ôïõ Óõìâïõëßïõ ôçò ÅõñùðáúêÞò ¸íùóçò.Done at Brussels on the twenty-sixth day of July in the year one thousand nine hundred and ninety-five in a single original, in the Danish, Dutch, English, Finnish, French, German, Greek, Irish, Italian, Portuguese, Spanish and Swedish languages, each text being equally authentic, such original remaining deposited in the archives of the General Secretariat of the Council of the European Union.Fait à Bruxelles, le vingt-six juillet mil neuf cent quatre-vingt-quinze, en un exemplaire unique, en langues allemande, anglaise, danoise, espagnole, finnoise, française, grecque, irlandaise, italienne, néerlandaise, portugaise et suédoise, tous ces textes faisant également foi, exemplaire qui est déposé dans les archives du Secrétariat général du Conseil de l'Union européenne.Arna dhéanamh sa Bhruiséil, an séú lá is fiche de Iúil sa bhliain míle naoi gcéad nócha a cúig, i scríbhinn bhunaidh amháin sa Bhéarla, sa Danmhairgis, san Fhionlainnis, sa Fhraincis, sa Ghaeilge, sa Ghearmáinis, sa Ghréigis, san Iodáilis, san Ollainnis, sa Phortaingéilis, sa Spáinnis agus sa tSualainnis agus comhúdarás ag na téacsanna i ngach ceann de na teangacha sin; déanfar an scríbhinn bhunaidh sin a thaisceadh i gcartlann Ardrúnaíocht Chomhairle an Aontais Eorpaigh.Fatto a Bruxelles, addì ventisei luglio millenovecentonovantacinque, in unico esemplare in lingua danese, finlandese, francese, greca, inglese, irlandese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese e tedesca, i testi di ciascuna di queste lingue facenti ugualmente fede, esemplare depositato negli archivi del segretariato generale dell'Unione europea.Gedaan te Brussel, de zesentwintigste juli negentienhonderd vijfennegentig, in één exemplaar, in de Deense, de Duitse, de Engelse, de Finse, de Franse, de Griekse, de Ierse, de Italiaanse, de Nederlandse, de Portugese, de Spaanse en de Zweedse taal, zijnde alle teksten gelijkelijk authentiek, dat wordt neergelegd in het archief van het Secretariaat-generaal van de Raad van de Europese Unie.Feito em Bruxelas, em vinte e seis de Julho de mil novecentos e noventa e cinco, em exemplar único, nas línguas alemã, dinamarquesa, espanhola, finlandesa, francesa, grega, inglesa, irlandesa, italiana, neerlandesa, portuguesa e sueca, fazendo igualmente fé todos os textos, depositado nos arquivos do Secretariado-Geral do Conselho da União Europeia.Tehty Brysselissä kahdentenakymmenentenäkuudentena päivänä heinäkuuta vuonna tuhatyhdeksänsataayhdeksänkymmentäviisi yhtenä ainoana kappaleena englannin, espanjan, hollannin, iirin, italian, kreikan, portugalin, ranskan, ruotsin, saksan, suomen ja tanskan kielellä kaikkien näiden tekstien ollessa yhtä todistusvoimaiset, ja se talletetaan Euroopan unionin neuvoston pääsihteeristön arkistoon.Utfärdad i Bryssel den tjugosjätte juli nittonhundranittiofem i ett enda exemplar, på danska, engelska, finska, franska, grekiska, irländska, italienska, nederländska, portugisiska, spanska, svenska och tyska, varvid alla texter är lika giltiga, och deponerad i arkiven vid generalsekretariatet för Europeiska unionens råd.Pour le gouvernement du royaume de BelgiqueVoor de Regering van het Koninkrijk BelgiëFür die Regierung des Königreichs Belgien>RIFERIMENTO A UN FILM>For regeringen for Kongeriget Danmark>RIFERIMENTO A UN FILM>Für die Regierung der Bundesrepublik Deutschland>RIFERIMENTO A UN FILM>Ãéá ôçí êõâÝñíçóç ôçò ÅëëçíéêÞò Äçìïêñáôßáò>RIFERIMENTO A UN FILM>Por el Gobierno del Reino de España>RIFERIMENTO A UN FILM>Pour le gouvernement de la République française>RIFERIMENTO A UN FILM>Thar ceann Rialtas na hÉireannFor the Government of Ireland>RIFERIMENTO A UN FILM>Per il governo della Repubblica italiana>RIFERIMENTO A UN FILM>Pour le gouvernement du grand-duché de Luxembourg>RIFERIMENTO A UN FILM>Voor de Regering van het Koninkrijk der Nederlanden>RIFERIMENTO A UN FILM>Für die Regierung der Republik Österreich>RIFERIMENTO A UN FILM>Pelo Governo da República Portuguesa>RIFERIMENTO A UN FILM>Suomen hallituksen puolesta>RIFERIMENTO A UN FILM>På svenska regeringens vägnar>RIFERIMENTO A UN FILM>For the Government of the United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland>RIFERIMENTO A UN FILM>
Tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea - Lotta contro la frode Dal 1995, è in vigore una convenzione che mira a tutelare penalmente gli interessi finanziari dell’Unione europea (UE) e dei suoi contribuenti. Nel corso degli anni, la Convenzione sulla protezione degli interessi finanziari delle Comunità europee è stata integrata da una serie di protocolli. ATTO Atto del Consiglio, del 26 luglio 1995, che stabilisce la convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee (GU C 316 del 27.11.1995, pag. 48-57) SINTESI Dal 1995, è in vigore una convenzione che mira a tutelare penalmente gli interessi finanziari dell’Unione europea (UE) e dei suoi contribuenti. Nel corso degli anni, la Convenzione sulla protezione degli interessi finanziari delle Comunità europee è stata integrata da una serie di protocolli. CHE COSA FA QUESTA CONVENZIONE? La Convenzione e i suoi protocolli forniscono una definizione giuridica armonizzata di frode; impongono ai loro firmatari di adottare sanzioni penali in caso di frode. PUNTI CHIAVE I paesi dell’UE devono introdurre sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive per affrontare le frodi a danno degli interessi finanziari dell’UE. La convenzione distingue tra le frodi in materia di spese e le frodi in materia di entrate. Esempi di frode in materia di spese comprendono qualsiasi azione od omissione intenzionale relativa a: l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi, inesatti o incompleti cui consegua il percepimento o la ritenzione illecita di fondi provenienti dal bilancio dell’UE; la mancata comunicazione di un’informazione in violazione di un obbligo specifico cui consegua lo stesso effetto; la distrazione di tali fondi per fini diversi da quelli per cui essi sono stati inizialmente concessi. Esempi di frode in materia di entrate comprendono qualsiasi azione od omissione intenzionale relativa a: l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti cui consegua la diminuzione illegittima di risorse del bilancio dell’UE; la mancata comunicazione di un’informazione in violazione di un obbligo specifico cui consegua lo stesso effetto; la distrazione di un beneficio lecitamente ottenuto (per esempio, l’uso improprio dei pagamenti fiscali legalmente ottenuti) cui consegua lo stesso effetto. Nei casi di frode grave, tali sanzioni devono includere pene privative della libertà che possono dar luogo all’estradizione in alcuni casi. Il primo protocollo della convenzione, adottato nel 1996, distingue tra corruzione «attiva» * e corruzione «passiva» * di pubblici ufficiali. Definisce anche un «ufficiale» (sia a livello nazionale che comunitario) e armonizza le sanzioni per reati di corruzione. Responsabilità delle persone giuridiche Ogni paese dell’UE deve adottare una legislazione affinché i dirigenti d’impresa o qualsiasi persona che eserciti il potere di decisione o di controllo all’interno di un’impresa (ovvero una persona giuridica) possano essere dichiarati penalmente responsabili. Il secondo protocollo, adottato nel 1997, ha ulteriormente chiarito la convenzione per quanto riguarda le questioni legate alla responsabilità delle persone giuridiche, alla confisca e al riciclaggio di denaro. Tribunali nazionali Nel 1996, è stato adottato un protocollo che attribuisce una competenza interpretativa alla Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE). Questo protocollo permette ai giudici nazionali, in caso di dubbio su come interpretare la convenzione e i suoi protocolli, di adire alla Corte di giustizia dell’Unione europea per pronunciarsi in via pregiudiziale. Ogni paese dell’UE deve adottare le misure necessarie per stabilire la propria competenza giurisdizionale sugli illeciti stabiliti conformemente ai suoi obblighi ai sensi della convenzione. Casi di frode che coinvolgono due o più paesi Se una frode costituisce un illecito penale e riguarda almeno due paesi dell’UE, i paesi devono collaborare in modo effettivo all’inchiesta, ai procedimenti giudiziari e all’esecuzione delle sanzioni imposte per esempio per mezzo dell’assistenza giudiziaria, dell’estradizione, del trasferimento dei procedimenti o dell’esecuzione delle sentenze pronunciate in un altro paese dell’UE. Controversie fra paesi dell’UE In caso di controversia in merito all’interpretazione o all’applicazione della convenzione, il caso deve prima essere esaminato in sede di Consiglio. Se il Consiglio non trova una soluzione entro sei mesi, una parte in causa può adire la Corte di giustizia dell’Unione europea. La Corte di giustizia è competente anche per le controversie tra i paesi dell’UE e la Commissione europea. A PARTIRE DA QUANDO SI È APPLICATA LA CONVENZIONE? La convenzione è entrata in vigore il 17 ottobre 2002, unitamente al suo primo protocollo e al protocollo relativo alla sua interpretazione da parte della Corte di giustizia. Il secondo protocollo è entrato in vigore il 19 maggio 2009. La convenzione e i suoi protocolli sono aperti alla firma di qualsiasi paese che entri a far parte dell’UE. Per ulteriori informazioni, consultare l’Ufficio europeo per la lotta antifrode. TERMINI CHIAVE * Corruzione attiva: un reato commesso da un pubblico ufficiale che dà o promette una tangente. * Corruzione passiva: un reato commesso da un pubblico ufficiale che riceve una tangente. ATTI COLLEGATI Atto del Consiglio, del 27 settembre 1996, che stabilisce un protocollo alla convenzione relativa agli interessi finanziari delle Comunità europee (GU C 313 del 23.10.1996, pag. 1-10) Atto del Consiglio, del 29 novembre 1996, che stabilisce, sulla base dell’articolo K.3 del trattato sull’Unione europea, il protocollo concernente l’interpretazione, in via pregiudiziale, da parte della Corte di giustizia e delle Comunità europee, della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee (GU C 151 del 20.5.1997, pag. 1-14) Atto del Consiglio, del 19 giugno 1997, che stabilisce il secondo protocollo della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee (GU C 221 del 19.7.1997, pag. 11-22) Decisione 2008/40/GAI del Consiglio, del 6 dicembre 2007, relativa all’adesione della Bulgaria e della Romania alla convenzione, elaborata in base all’articolo K.3 del trattato sull’Unione europea, relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, al protocollo del 27 settembre 1996, al protocollo del 29 novembre 1996, e al secondo protocollo del 19 giugno 1997 (GU L 9 del 12.1.2008, pag. 23-24)
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32009H1205(01)
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RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO del 30 novembre 2009 relativa agli ambienti senza fumo 2009/C 296/02 IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 152, paragrafo 4, secondo comma, vista la proposta della Commissione, previa consultazione del Parlamento europeo (1), visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2), considerando quanto segue: (1) L'articolo 152 del trattato stabilisce che l'azione della Comunità, che completa le politiche nazionali, è volta al miglioramento della sanità pubblica, alla prevenzione delle malattie e affezioni e all'eliminazione delle fonti di pericolo per la salute umana. (2) A norma dell'articolo 137 del trattato la Comunità sostiene e completa l'azione degli Stati membri in vari settori, tra cui quello del miglioramento, in particolare, dell'ambiente di lavoro, per proteggere la sicurezza e la salute dei lavoratori. (3) L'esposizione al fumo di tabacco presente negli ambienti, noto come «fumo ambientale» o «fumo di seconda mano», rappresenta nell'Unione europea una causa diffusa di mortalità, morbilità e invalidità. (4) Secondo stime prudenti, 7 300 adulti (tra cui 2 800 non fumatori) sono deceduti a seguito dell'esposizione al fumo ambientale sul luogo di lavoro nell'Unione europea nel 2002. Il decesso di altri 72 000 adulti (tra cui 16 400 non fumatori) è connesso all'esposizione al fumo ambientale in casa. (5) L'esposizione al fumo di seconda mano è particolarmente nociva per i bambini e gli adolescenti e potrebbe rendere più probabile la loro iniziazione al fumo. (6) Il fumo ambientale da tabacco (ETS — environmental tobacco smoke) è stato classificato come noto agente cancerogeno per l'uomo dall'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e come cancerogeno professionale dalla Finlandia e dalla Germania. (7) Ogni persona ha diritto a un elevato livello di tutela della salute e dovrebbe essere protetta dall'esposizione al fumo di tabacco. (8) Le politiche di tipo volontaristico adottate a livello nazionale si sono dimostrate inefficaci a ridurre l'esposizione al fumo di tabacco. Una legislazione vincolante degli Stati membri, correttamente applicata e opportunamente monitorata, è uno strumento efficace per proteggere adeguatamente la popolazione dai rischi per la salute derivanti dall'esposizione al fumo di seconda mano. (9) L'efficacia delle norme relative agli ambienti senza fumo antifumo aumenta quando esse sono affiancate da misure quali campagne di sensibilizzazione, di promozione della disassuefazione dal fumo, di avvertenze sulla nocività del fumo apposte sulle confezioni dei prodotti del tabacco e altre norme sui prodotti del tabacco. (10) La società civile ha un ruolo importante nel creare consenso a favore delle norme relative agli ambienti senza fumo e nell'assicurarne il rispetto. (11) Le politiche antifumo dovrebbero disporre di strumenti adeguati per attuare un approccio multisettoriale nella lotta contro il tabagismo. (12) È necessaria una maggiore collaborazione tra gli Stati membri al fine di facilitare lo scambio di informazioni e di migliori pratiche e di sviluppare un sistema di monitoraggio standard a livello dell'UE. (13) La risoluzione del Consiglio e dei ministri della Sanità degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, del 18 luglio 1989, relativa al divieto di fumare nei luoghi accessibili al pubblico (3) ha invitato gli Stati membri ad attuare misure volte a vietare il fumo in taluni locali chiusi accessibili al pubblico e a estendere il divieto di fumare a tutti i mezzi di trasporto ad uso collettivo. (14) Con la raccomandazione 2003/54/CE del Consiglio, del 2 dicembre 2002, sulla prevenzione del fumo e su iniziative per rafforzare la lotta contro il tabagismo (4) è stata sollecitata l'attuazione da parte degli Stati membri di norme di legge e/o di altre misure efficaci atte a garantire una protezione dall'esposizione al fumo ambientale da tabacco nei luoghi di lavoro chiusi, nei luoghi pubblici chiusi e nei trasporti pubblici. (15) La direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (5), pur senza riferirsi esplicitamente al fumo di tabacco, concerne l'insieme dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori (6). (16) Nel suo piano d'azione per l'ambiente e la salute 2004-2010 (7), la Commissione si è impegnata ad agire per migliorare la qualità dell'aria negli ambienti interni e in particolare a adoperarsi perché il fumo sia vietato in tutti i luoghi di lavoro, ricorrendo a strumenti giuridici e a iniziative di promozione della salute a livello sia europeo sia nazionale. (17) La consultazione, avviata con il Libro verde della Commissione «Verso un'Europa senza fumo: opzioni per un'iniziativa dell'Unione europea» (il «Libro verde») (8), ha registrato un notevole consenso a favore sia di provvedimenti antifumo generalizzati in tutti i luoghi pubblici e i luoghi di lavoro chiusi, sia di ulteriori iniziative dell'UE finalizzate alla promozione di ambienti senza fumo in tutti gli Stati membri. (18) Il 30 e 31 maggio 2007 il Consiglio «Occupazione, politica sociale, salute e consumatori» ha avuto uno scambio di opinioni sulle opzioni politiche a livello comunitario sugli ambienti senza fumo. Il Consiglio ha accolto con favore il Libro verde della Commissione e ha ribadito la necessità di orientamenti comunitari volti a promuovere ulteriormente ambienti senza fumo a livello dell'UE, nonché di misure comunitarie di sostegno e di coordinamento delle iniziative nazionali. (19) Con la risoluzione del 24 ottobre 2007 sul Libro verde il Parlamento europeo ha invitato gli Stati membri ad attuare, entro due anni, norme che prevedano un divieto totale di fumo e ha invitato la Commissione a presentare, entro il 2011, una proposta di regolamentazione, in caso di progressi poco soddisfacenti in tale direzione. Ha invitato inoltre la Commissione a presentare una proposta di modifica del quadro legislativo vigente al fine di classificare il fumo ambientale da tabacco come cancerogeno e di obbligare i datori di lavoro a garantire un luogo di lavoro senza fumo. (20) L'articolo 8 della convenzione quadro dell'OMS per la lotta contro il tabagismo, sottoscritta nel giugno 2003 da tutti i membri dell'OMS e ratificata finora da 167 parti, tra cui la Comunità e 26 dei suoi Stati membri, impone alle parti l'obbligo giuridico di adottare e attuare, negli ambiti di competenza nazionale definiti dalle leggi nazionali, misure efficaci per proteggere la popolazione dall'esposizione al fumo di seconda mano in tutti i luoghi di lavoro chiusi, nei trasporti pubblici, nei luoghi pubblici chiusi e, se del caso, negli altri luoghi pubblici, nonché di promuovere attivamente ad altri livelli giurisdizionali l'adozione e l'attuazione di tali misure. (21) Nel luglio 2007, nell'intento di coadiuvare le parti nell'adempiere agli obblighi che loro incombono a norma dell'articolo 8 della convenzione, la seconda conferenza delle parti della convenzione quadro per la lotta contro il tabagismo (FCTC — framework convention on tobacco control) ha adottato linee guida sulla protezione dall'esposizione al fumo di tabacco (9). È opportuno che ciascuna parte si adoperi per attuare le linee guida entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della convenzione nei suoi confronti. (22) L'articolo 14 della convenzione quadro dell'OMS sancisce l'obbligo giuridico per le parti di elaborare e diffondere linee guida appropriate, complete e integrate, fondate su dati scientifici e sulle migliori pratiche, e di adottare misure efficaci per promuovere la disassuefazione dal fumo e l'adeguato trattamento della dipendenza nei confronti del tabacco. La terza conferenza delle parti della convenzione quadro dell'OMS ha deciso l'istituzione di un gruppo di lavoro incaricato di elaborare linee guida sull'applicazione di tale articolo. (23) Nella strategia europea di lotta al tabagismo, adottata nel settembre 2002, il comitato regionale per l'Europa dell'OMS ha raccomandato che gli Stati membri tutelino il diritto dei cittadini ad ambienti senza fumo, proibendo il fumo, tra l'altro, nei luoghi pubblici, nei luoghi di lavoro e nei trasporti pubblici, nonché all'aperto in tutti gli istituti scolastici frequentati da minorenni, in tutti i luoghi in cui sono dispensate cure mediche e in occasione di manifestazioni pubbliche, e classifichino il fumo ambientale da tabacco come cancerogeno. (24) La presente raccomandazione non pregiudica la legislazione comunitaria che stabilisce i requisiti minimi per la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori adottati in forza dell'articolo 137 del trattato, la direttiva 2001/37/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 giugno 2001, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco (10) e la decisione 2003/641/CE della Commissione, del 5 settembre 2003, sull'impiego di fotografie a colori o altre illustrazioni quali avvertenze per la salute sulle confezioni di prodotti del tabacco (11), RACCOMANDA AGLI STATI MEMBRI: 1. di assicurare, entro cinque anni dall'entrata in vigore della convenzione quadro per la lotta contro il tabagismo per ogni Stato membro o, al più tardi, nei tre anni successivi all'adozione della presente raccomandazione, un'efficace protezione dall'esposizione al fumo di tabacco nei luoghi di lavoro chiusi, nei luoghi pubblici chiusi e nei trasporti pubblici e, se del caso, in altri luoghi pubblici, come stabilito dall'articolo 8 della convenzione e sulla base delle allegate linee guida sulla protezione dall'esposizione al fumo di tabacco adottate dalla seconda conferenza delle parti della convenzione; 2. di sviluppare e/o rafforzare strategie e misure atte a ridurre l'esposizione dei bambini e degli adolescenti al fumo di seconda mano; 3. di integrare le politiche antifumo con iniziative di supporto, tra le quali: a) l'adozione di misure efficaci volte a promuovere la disassuefazione dal fumo e l'adeguato trattamento della dipendenza nei confronti del tabacco, tenendo conto delle circostanze e delle priorità nazionali, come stabilito all'articolo 14 della convenzione quadro per la lotta contro il tabagismo; b) l'introduzione di avvertenze combinate quali sono definite all'articolo 2, paragrafo 4, della decisione 2003/641/CE della Commissione, del 5 settembre 2003, sull'impiego di fotografie a colori o altre illustrazioni quali avvertenze per la salute sulle confezioni di prodotti del tabacco (12) e di informazioni sulle confezioni dei prodotti del tabacco sui servizi di promozione della disassuefazione dal fumo allo scopo di informare meglio i consumatori sui rischi per la salute derivanti dal consumo di tabacco e dall'esposizione al fumo, di incoraggiare la disassuefazione dal fumo e di dissuadere i giovani dall'iniziare a fumare; 4. di sviluppare, attuare, aggiornare periodicamente e rivedere le strategie o i programmi generalizzati multisettoriali di lotta contro il tabagismo che affrontano, tra i vari temi, quello della protezione dall'esposizione al fumo di tabacco in tutti i luoghi accessibili al pubblico o i luoghi d'uso collettivo, indipendentemente dalla titolarità della proprietà o dalle condizioni di accesso; 5. di fornire strumenti adeguati all'attuazione di strategie nazionali, di programmi e di politiche di lotta contro il tabagismo al fine di garantire un'efficace protezione dall'esposizione al fumo di tabacco; 6. di comunicare alla Commissione, se possibile, entro sei mesi dall'adozione della presente raccomandazione, i centri di riferimento nazionali per la lotta al tabagismo al fine di promuovere lo scambio di informazioni e di migliori pratiche e il coordinamento con gli altri Stati membri; 7. di collaborare strettamente tra loro e con la Commissione onde creare un quadro coerente di definizioni, parametri e indicatori in vista dell'attuazione della presente raccomandazione; 8. di monitorare e valutare l'efficacia delle iniziative adottate utilizzando gli indicatori sopramenzionati; 9. di informare la Commissione in merito alle iniziative legislative e di altra natura adottate in risposta alla presente raccomandazione e ai risultati delle attività di monitoraggio e di valutazione. INVITA LA COMMISSIONE: 1. a riferire sull'attuazione, sul funzionamento e sull'impatto delle misure proposte, sulla base delle informazioni trasmesse dagli Stati membri; 2. ad esaminare, nel contesto di un'eventuale revisione della direttiva 2001/37/CE, tutti i prodotti connessi alle misure intese a ridurre l'attrattiva dei prodotti del tabacco e il pericolo di dipendenza che comportano; 3. ad analizzare le questioni giuridiche e le prove su cui si basa l'impatto dell'imballaggio semplice, anche sul funzionamento del mercato interno. Fatto a Bruxelles, il 30 novembre 2009. Per il Consiglio Il presidente S. O. LITTORIN (1) Risoluzione espressa a seguito di consultazione non obbligatoria (non ancora pubblicato sulla Gazzetta ufficiale). (2) Parere del 5 novembre 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (3) GU C 189 del 26.7.1989, pag. 1. (4) GU L 22 del 25.1.2003, pag. 31. (5) GU L 183 del 29.6.1989, pag. 1. (6) Cfr. causa C-49/00, Commissione contro Italia, (Racc. I 85-87, punti 12 e 13). (7) COM(2004) 416 definitivo. (8) COM(2007) 27 definitivo. (9) FCTC/COP2(7) Linee guida sulla protezione dall'esposizione al fumo di tabacco, elaborate dal gruppo di lavoro convocato a norma della decisione FCTC/COP1(15) della conferenza delle parti della convenzione quadro dell'OMS per la lotta contro il tabagismo. (10) GU L 194 del 18.7.2001, pag. 26. (11) GU L 226 del 10.9.2003, pag. 24. (12) Cfr. nota 11. ALLEGATO Linee guida sulla protezione dall'esposizione al fumo di tabacco adottate dalla seconda conferenza delle parti della convenzione quadro dell'OMS per la lotta contro il tabagismo FINALITÀ, OBIETTIVI E CONSIDERAZIONI FONDAMENTALI Finalità delle linee guida 1. Coerentemente con altre disposizioni della convenzione quadro dell'OMS per la lotta contro il tabagismo e con i propositi espressi dalla conferenza delle parti, le presenti linee guida hanno come finalità quella di coadiuvare le parti nell'adempimento degli obblighi che loro incombono a norma dell'articolo 8 della convenzione. Esse si fondano sui migliori dati disponibili e sull'esperienza delle parti che sono riuscite ad attuare misure efficaci di riduzione dell'esposizione al fumo di tabacco. 2. Le linee guida contengono principi comuni e definizioni dei termini utilizzati, nonché raccomandazioni concordate sulle iniziative necessarie per il rispetto degli obblighi che discendono dalla convenzione. Esse individuano inoltre le misure necessarie ai fini di un'efficace protezione dai rischi del fumo di seconda mano. Le parti sono invitate ad avvalersi di queste linee guida non solo per adempiere agli obblighi giuridici derivanti dalla convenzione, ma anche per adottare le migliori pratiche in materia di tutela della salute pubblica. Obiettivi delle linee guida 3. Le presenti linee guida hanno due obiettivi tra loro correlati. Il primo è quello di coadiuvare le parti nell'adempimento delle obbligazioni derivanti dall'articolo 8 della convezione quadro dell'OMS in forme coerenti con i dati scientifici sull'esposizione al fumo di seconda mano e con le migliori pratiche mondiali relative all'attuazione di misure antifumo, così da stabilire un elevato grado di responsabilità per il rispetto delle norme della convenzione e aiutare le parti nella promozione del conseguimento dei più elevati livelli di salute possibili. Il secondo obiettivo consiste nell'individuare quali siano gli elementi essenziali che devono caratterizzare le norme di legge ai fini di una tutela efficace della popolazione dall'esposizione al fumo, come prescritto dall'articolo 8. Considerazioni di base 4. L'elaborazione delle presenti linee guida è stata influenzata principalmente dalle seguenti considerazioni: a) il dovere di proteggere la popolazione dall'esposizione al fumo di tabacco, sancito dall'articolo 8, trova il suo fondamento nei diritti umani e nelle libertà fondamentali; considerati i pericoli derivanti dall'inalazione del fumo di seconda mano, il dovere di proteggere la popolazione dall'esposizione al fumo di tabacco è implicito, tra l'altro, nel diritto alla vita e nel diritto al conseguimento del più elevato livello di salute possibile, riconosciuti in molti strumenti giuridici internazionali (quali la Costituzione dell'Organizzazione mondiale della sanità, la convenzione sui diritti del fanciullo, la convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna e il patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali), formalmente proclamati nel preambolo della convenzione quadro dell'OMS e riconosciuti dalle norme costituzionali di molte nazioni; b) il dovere di proteggere ogni persona dal fumo di tabacco implica per i governi l'obbligo di approvare leggi che tutelino ogni persona fisica dalle minacce ai diritti e alle libertà fondamentali di ciascuno; questo obbligo vale nei confronti di tutti e non semplicemente di determinati gruppi della popolazione; c) una serie di autorevoli organismi scientifici ha stabilito che il fumo di seconda mano è cancerogeno. Alcune parti della convenzione quadro dell'OMS (ad esempio, Finlandia e Germania) hanno classificato come cancerogeno il fumo di seconda mano e ne hanno inserito la prevenzione sul luogo di lavoro nella propria legislazione in materia di salute e sicurezza. L'obbligo delle parti di ridurre il rischio legato all'esposizione al fumo di tabacco può derivare, oltre che dagli obblighi stabiliti dall'articolo 8, dalle rispettive leggi vigenti sull'ambiente di lavoro o da altre disposizioni di legge che disciplinano l'esposizione a sostanze nocive, comprese quelle cancerogene. PRINCIPI E DEFINIZIONI ALLA BASE DELLA PROTEZIONE DALL'ESPOSIZIONE AL FUMO DI TABACCO Principi 5. Come recita l'articolo 4 della convenzione quadro dell'OMS, è necessario un forte impegno politico per l'adozione di misure volte a proteggere ogni persona dall'esposizione al fumo di tabacco. L'attuazione dell'articolo 8 della convenzione dovrebbe essere ispirata ai principi comuni di seguito enunciati. Principio 1 6. Misure efficaci di protezione dall'esposizione al fumo di tabacco, secondo quanto previsto dall'articolo 8 della convenzione quadro dell'OMS, richiedono un divieto assoluto di fumare e l'eliminazione totale del fumo di tabacco in un determinato spazio o ambiente per ottenere un ambiente senza fumo al 100 %. Non esiste un livello di esposizione al fumo di tabacco che sia privo di rischi e occorre respingere nozioni quali una soglia di tossicità del fumo di seconda mano, in quanto smentite dai dati scientifici. Se si esclude la creazione di ambienti senza fumo al 100 %, altre strategie, quali la ventilazione, la filtrazione dell'aria e le zone riservate ai fumatori (dotate o prive di propri impianti di ventilazione separati) hanno a più riprese dimostrato la loro inefficacia e si dispone di prove conclusive, scientifiche e di altra natura, che dimostrano che le soluzioni tecniche non proteggono dall'esposizione al fumo di tabacco. Principio 2 7. Ogni persona dovrebbe essere protetta dall'esposizione al fumo di tabacco. Tutti i luoghi di lavoro chiusi e i luoghi pubblici chiusi dovrebbero essere ambienti senza fumo. Principio 3 8. Sono necessarie disposizioni legislative per proteggere la popolazione dall'esposizione al fumo di tabacco. Le politiche antifumo di tipo volontaristico hanno ripetutamente dimostrato la loro inefficacia e non garantiscono una protezione adeguata. Per essere efficaci, occorre che le disposizioni di legge siano semplici, chiare e cogenti. Principio 4 9. Per un'attuazione e un'applicazione efficaci della legislazione antifumo sono essenziali una buona programmazione e risorse adeguate. Principio 5 10. La società civile ha un ruolo centrale nel creare consenso a favore delle misure antifumo e nell'assicurarne il rispetto e dovrebbe partecipare attivamente al processo di elaborazione, attuazione e applicazione delle disposizioni di legge. Principio 6 11. È opportuno monitorare e valutare l'attuazione, l'applicazione e gli effetti della legislazione antifumo. In tal senso occorre monitorare e contrastare le attività dell'industria del tabacco che compromettono l'attuazione e l'applicazione della legislazione antifumo, come prevede l'articolo 20, paragrafo 4, della convenzione quadro dell'OMS. Principio 7 12. Occorre rafforzare e se necessario ampliare la protezione della popolazione dall'esposizione al fumo di tabacco, ad esempio attraverso l'introduzione di nuove disposizioni di legge o la modifica di quelle vigenti e una loro più rigorosa applicazione, nonché attraverso altre misure fondate su recenti dati scientifici e sui risultati degli studi di casi. Definizioni 13. In fase di elaborazione di disposizioni legislative, è importante definire con attenzione i termini essenziali. Viene di seguito presentata una serie di raccomandazioni sulle definizioni più opportune alla luce dell'esperienza di molti paesi. Le definizioni contenute in questa sezione integrano quelle della convenzione quadro dell'OMS. «Fumo di seconda mano» o «fumo ambientale» 14. Per descrivere il tipo di fumo di cui all'articolo 8 della convenzione quadro dell'OMS, viene comunemente usata una serie di termini alternativi quali «fumo di seconda mano», «fumo ambientale» e «fumo di altri». È opportuno evitare termini quali «fumo passivo» ed «esposizione involontaria al fumo di tabacco», in quanto l'esperienza francese e di altri paesi rivela che l'industria del tabacco potrebbe utilizzare questi termini per suffragare la tesi secondo cui l'esposizione «volontaria» sarebbe accettabile. I termini consigliati sono «fumo di seconda mano» e «fumo ambientale», talvolta abbreviati rispettivamente in SHS (second-hand smoke) e ETS (environmental tobacco smoke). In queste linee guida il termine utilizzato è «fumo di seconda mano». 15. Il fumo di seconda mano può essere definito come «il fumo emesso dall'estremità accesa della sigaretta o di altri prodotti del tabacco, associato in genere al fumo esalato dal fumatore». 16. «Aria senza fumo» è l'aria libera dal fumo al 100 %. Questa definizione si applica, ma non esclusivamente, all'aria in cui il fumo del tabacco non è visibile, odorabile, percepibile o misurabile (1). «Fumo» 17. È opportuno che la definizione del termine includa la detenzione e l'utilizzo dei prodotti del tabacco accesi, indipendentemente dal fatto che il fumo sia attivamente inalato o esalato. «Luoghi pubblici» 18. La definizione esatta di «luoghi pubblici» può variare da un ordinamento all'altro, ma è importante che la legislazione definisca questo termine nel modo più ampio possibile. È opportuno che la definizione utilizzata copra tutti i luoghi accessibili al pubblico o i luoghi d'uso collettivo, indipendentemente dalla titolarità della proprietà o dalle condizioni di accesso. «Luoghi chiusi» o «delimitati» 19. L'articolo 8 impone la protezione dall'esposizione al fumo di tabacco nei luoghi di lavoro «chiusi» e nei luoghi pubblici «chiusi». Definire gli ambienti «chiusi» cela potenziali insidie e per questo occorre esaminare attentamente come i vari paesi hanno definito questo termine. È opportuno che la definizione sia quanto più inclusiva e chiara possibile, evitando, in sede di definizione, di stilare elenchi interpretabili come un'esclusione di luoghi «chiusi» i quali dovrebbero potenzialmente essere inclusi. Si raccomanda di definire i luoghi «chiusi» (o «delimitati») in modo che sia compreso qualsiasi ambiente coperto da un tetto o racchiuso da uno o più muri o pareti, indipendentemente dal materiale impiegato per il tetto, i muri o le pareti o dalla natura permanente o temporanea della struttura. «Luogo di lavoro» 20. In generale andrebbe definito «luogo di lavoro»«qualsiasi luogo utilizzato dall'uomo durante il lavoro o l'attività lavorativa». Con lavoro si dovrebbe intendere non solo quello svolto in cambio di un corrispettivo, ma anche il lavoro volontario se si tratta di una tipologia di lavoro per la quale è di norma prevista una retribuzione. I «luoghi di lavoro» comprendono, inoltre, non solo i luoghi in cui viene svolto il lavoro, ma anche tutti i luoghi adiacenti o collegati, comunemente utilizzati dai lavoratori durante lo svolgimento dell'attività lavorativa: vi rientrano ad esempio i corridoi, gli ascensori, le trombe delle scale, gli ingressi, gli impianti comuni, le mense, i servizi igienici, i saloni, le sale da pranzo e altre dépendance, come capannoni e ricoveri. I mezzi di trasporto utilizzati durante il lavoro sono luoghi di lavoro e andrebbero pertanto specificamente indicati come tali. 21. Una particolare attenzione andrebbe riservata ai luoghi di lavoro che rappresentano anche luoghi di abitazione o di dimora, quali ad esempio le carceri, gli istituti di igiene mentale o le case di cura e di riposo. Questi sono luoghi di lavoro per altre persone che dovrebbero essere protette dall'esposizione al fumo di tabacco. «Trasporti pubblici» 22. È opportuno che la definizione di «trasporti pubblici» comprenda qualsiasi veicolo impiegato per il trasporto di passeggeri, di solito dietro pagamento di un corrispettivo o a fini di lucro. Tale definizione dovrebbe comprendere i taxi. AMBITO DI APPLICAZIONE DI UNA LEGISLAZIONE EFFICACE 23. L'articolo 8 impone l'adozione di efficaci misure di protezione dall'esposizione al fumo del tabacco 1) nei luoghi di lavoro chiusi, 2) nei luoghi pubblici chiusi, 3) nei trasporti pubblici e 4) «se del caso» in «altri luoghi pubblici». 24. Ne deriva l'obbligo di garantire una protezione universale in modo che tutti i luoghi pubblici chiusi, tutti i luoghi di lavoro chiusi, tutti i trasporti pubblici ed eventualmente altri luoghi pubblici (all'aperto o equiparabili) siano liberi dall'esposizione al fumo di seconda mano. Non ci sono motivazioni sanitarie o giuridiche per eventuali deroghe. Se altre motivazioni impongono di prendere in considerazione deroghe, queste ultime dovrebbero comunque essere minime. Inoltre se una parte non è in grado di assicurare immediatamente una protezione universale, è l'articolo 8 a prevedere, quale obbligo permanente, quello di adoperarsi con la massima tempestività per eliminare eventuali deroghe e pervenire alla protezione universale. È opportuno che ciascuna parte si adoperi per assicurare la protezione universale entro cinque anni dalla data in cui la convenzione quadro dell'OMS è entrata in vigore nei suoi confronti. 25. Non esiste alcun livello sicuro di esposizione al fumo di seconda mano e, come già riconosciuto dalla conferenza delle parti nella decisione FCTC/COP1(15), soluzioni tecniche quali la ventilazione, il ricambio dell'aria e le zone riservate ai fumatori, non proteggono dall'esposizione al fumo di tabacco. 26. Va garantita una protezione in tutti i luoghi di lavoro chiusi o delimitati, compresi i veicoli a motore utilizzati quali luoghi di lavoro (ad esempio taxi, ambulanze o mezzi adibiti alle consegne). 27. La formulazione della convenzione impone misure di protezione non soltanto per tutti i luoghi di lavoro «chiusi», ma anche, se del caso, per «altri» luoghi pubblici (all'aperto o equiparabili). Nello stabilire quali sono i luoghi pubblici all'aperto o equiparabili nei quali è opportuna l'applicazione di misure legislative, è opportuno che le parti considerino le prove relative ai possibili rischi per la salute nei diversi contesti e adottino le misure di protezione più efficaci contro l'esposizione ogniqualvolta i dati dimostrino l'esistenza di un rischio. INFORMAZIONE, CONSULTAZIONE E COINVOLGIMENTO DEL PUBBLICO IN MODO DA OTTENERNE IL CONSENSO E FACILITARE L'ATTUAZIONE DEGLI INTERVENTI LEGISLATIVI 28. La sensibilizzazione del pubblico e degli opinion leader attraverso campagne di informazione permanenti in merito ai rischi derivanti dall'esposizione al fumo di seconda mano costituisce una funzione importante cui sono chiamati gli organismi di governo in collaborazione con la società civile in modo che la popolazione comprenda e sostenga gli interventi legislativi. I principali soggetti interessati sono le imprese, le associazioni dei ristoratori e degli albergatori, le associazioni dei datori di lavoro, i sindacati, i mass media, i professionisti della sanità, le organizzazioni che rappresentano i bambini e i giovani, le istituzioni didattiche o religiose, il mondo della ricerca e il grande pubblico. L'impegno sul fronte della sensibilizzazione dovrebbe comprendere la consultazione delle aziende interessate e di altre organizzazioni e istituzioni durante l'elaborazione della legislazione. 29. La comunicazione dovrebbe concentrarsi principalmente sul danno provocato dall'esposizione al fumo di seconda mano, sul fatto che il divieto di fumo nei luoghi chiusi rappresenta l'unica soluzione valida da un punto di vista scientifico per assicurare una protezione completa dall'esposizione, sul diritto di tutti i lavoratori a un'uguale protezione per legge e sul fatto che non c'è spazio per alcun compromesso tra salute ed economia, visto che l'esperienza in un crescente numero di paesi dimostra che gli ambienti senza fumo sono positivi per entrambe. Le campagne di educazione del pubblico dovrebbero riguardare anche quei contesti per i quali l'intervento legislativo può risultare inidoneo o non praticabile, come ad esempio le abitazioni private. 30. Un'ampia consultazione dei soggetti interessati è essenziale anche per educare e mobilitare la collettività e promuovere il consenso a favore della legislazione adottata. Terminato l'iter legislativo, è opportuno svolgere una campagna di educazione fino alla fase di attuazione delle disposizioni di legge, informare i titolari delle imprese e i responsabili della gestione degli immobili circa i contenuti delle norme e le loro responsabilità e produrre materiale, ad esempio di tipo cartellonistico. Queste misure aumenteranno la probabilità di una corretta e agevole attuazione e di un'adesione volontaria massiccia alle norme. I messaggi per conferire un ruolo attivo ai non fumatori e per ringraziare i fumatori che rispettano la legge promuoveranno il coinvolgimento del pubblico nell'applicazione e nella corretta attuazione degli interventi legislativi. APPLICAZIONE Obbligo di rispettare la legge 31. Per essere efficaci, le disposizioni di legge dovrebbero addossare ai soggetti economici interessati e ai singoli fumatori la responsabilità del rispetto delle norme e, in caso di violazioni, stabilire sanzioni applicabili ai soggetti economici e, possibilmente, ai fumatori. Dal punto di vista dell'applicazione, occorre concentrarsi sui soggetti economici. Le disposizioni di legge dovrebbero individuare nel titolare, nel gestore o in altro soggetto preposto ai locali il responsabile del rispetto delle norme e dovrebbero indicare chiaramente quali siano le misure che questi deve prendere. Tra questi obblighi dovrebbero figurare: a) l'obbligo di affiggere agli ingressi e in altre idonee posizioni cartelli chiari — il cui formato e contenuto dovrebbero essere stabiliti dalle autorità sanitarie o da altri enti di governo — che ricordino il divieto di fumare; i cartelli potrebbero recare anche l'indicazione di un numero di telefono o altri sistemi per la segnalazione delle infrazioni da parte del pubblico, nonché specificare il nome della persona incaricata di raccogliere le denunce sul posto; b) l'obbligo di eliminare i portacenere dai locali; c) l'obbligo di vigilare sul rispetto delle norme; d) l'obbligo di adottare una serie di misure ragionevoli per dissuadere le persone dal fumare nel locale. Queste iniziative potrebbero consistere nel chiedere alla persona di non fumare, nel non servirla più, nel chiederle di lasciare il locale e nel rivolgersi a un'autorità incaricata dell'applicazione delle norme o ad altra autorità. Sanzioni 32. Le disposizioni di legge dovrebbero specificare le ammende o le altre sanzioni pecuniarie previste per le violazioni. Queste sanzioni, la cui entità dipenderà necessariamente dalle tradizioni e dalle prassi tipiche di ciascun paese, dovrebbero comunque essere ispirate a una serie di principi. In primo luogo, l'entità delle sanzioni dovrebbe essere tale da costituire un deterrente, altrimenti le sanzioni rischiano di essere ignorate dai trasgressori o di essere considerate come un costo normale dell'attività. Per aver effetto deterrente, le sanzioni a carico dei soggetti economici che violano le norme devono essere maggiori rispetto a quelle a carico dei singoli fumatori che di solito dispongono di risorse più limitate. In caso di recidiva dovrebbero essere previste sanzioni aggravate, in linea con quanto previsto in un dato paese per altre infrazioni della stessa gravità. 33. Oltre alle sanzioni pecuniarie la legislazione può contemplare anche sanzioni amministrative, come la sospensione delle licenze commerciali, nel rispetto delle prassi e dell'ordinamento giuridico nazionale. Queste «sanzioni di ultima istanza», pur essendo raramente impiegate, sono molto importanti per imporre il rispetto della legge a quei soggetti economici che scelgono di violarla ripetutamente. 34. Per le infrazioni si possono prevedere sanzioni penali ove ciò risulti opportuno in un dato contesto giuridico e culturale nazionale. Servizi incaricati dell'applicazione delle norme 35. Le disposizioni di legge dovrebbero individuare la o le autorità responsabili dell'applicazione delle norme e prevedere un sistema che consenta di monitorarne il rispetto e di perseguire i trasgressori. 36. Il monitoraggio dovrebbe prevedere procedure di ispezione presso le imprese per verificare il rispetto delle norme. È raro che per garantire il rispetto della legislazione antifumo occorra istituire un nuovo sistema ispettivo. Il monitoraggio del rispetto delle norme può generalmente essere effettuato attraverso uno o più tra i sistemi già esistenti per le ispezioni presso i locali commerciali e sui luoghi di lavoro. Di solito esistono per questo molte soluzioni alternative. In molti paesi le ispezioni per il rispetto delle norme antifumo possono essere integrate nelle ispezioni per la concessione delle licenze commerciali, nelle ispezioni di igiene e sanità, nelle ispezioni per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro, nelle ispezioni antincendio o in programmi analoghi. Può essere utile avvalersi contemporaneamente di diversi strumenti di raccolta delle informazioni. 37. Ove possibile, si raccomanda il ricorso a ispettori o agenti preposti all'applicazione delle norme a livello locale, in quanto ciò è destinato a far aumentare le risorse disponibili per l'applicazione delle norme e il grado di rispetto delle medesime. Questa impostazione richiede l'istituzione di un meccanismo di coordinamento nazionale per garantire un approccio coerente su scala nazionale. 38. Indipendentemente dal meccanismo impiegato, il monitoraggio dovrebbe basarsi su un piano applicativo complessivo e prevedere un meccanismo per una formazione efficace degli ispettori. Un monitoraggio efficace può consistere in ispezioni periodiche associate a ispezioni a sorpresa, non programmate e in controlli effettuati a seguito della presentazione di denunce. All'inizio, subito dopo l'entrata in vigore della legge, questi controlli potrebbero anche avere carattere educativo, in quanto è probabile che la maggior parte delle violazioni sia involontaria. Le disposizioni di legge dovrebbero autorizzare gli ispettori a entrare nei locali nel rispetto delle condizioni previste e a raccogliere campioni e prove, ove questi poteri non siano già loro riconosciuti dalle norme esistenti. Le norme dovrebbero anche vietare ai soggetti economici di intralciare il lavoro degli ispettori. 39. Un monitoraggio efficace non ha costi eccessivi. Non occorre assumere un gran numero di ispettori, in quanto le ispezioni possono essere effettuate nel quadro di programmi esistenti e con il personale già disponibile e l'esperienza dimostra che la legislazione antifumo finisce per «autoimporsi» (è prevalentemente il pubblico a garantirne l'applicazione). Se le disposizioni di legge vengono attuate con attenzione e se ci si impegna attivamente per educare le imprese e il pubblico, il ricorso all'azione repressiva può rimanere circoscritto. 40. Benché questi programmi non siano costosi, sono necessarie risorse per educare le imprese, formare gli ispettori, coordinare l'iter ispettivo e retribuire il personale incaricato delle ispezioni effettuate nei locali commerciali al di fuori del normale orario di lavoro. Va a tal fine individuato un meccanismo di finanziamento. Programmi di monitoraggio efficaci si sono avvalsi di una serie di fonti di finanziamento, quali una specifica quota del gettito fiscale, le tasse di concessione delle licenze commerciali e una parte del gettito delle ammende pagate dai trasgressori. Strategie applicative 41. Le strategie applicative possono favorire il massimo rispetto delle norme, semplificare l'attuazione della legislazione e ridurre le risorse necessarie a garantire l'applicazione delle norme. 42. Le attività applicative nel periodo immediatamente successivo all'entrata in vigore delle disposizioni di legge sono determinanti per il successo delle norme, del monitoraggio e dell'applicazione nelle fasi successive. Molti paesi consigliano un periodo iniziale di applicazione non coercitiva, durante il quale i trasgressori vengono diffidati senza essere puniti. Questa strategia dovrebbe essere accompagnata da una campagna attiva per sensibilizzare i titolari di attività economiche in merito alle responsabilità che la legge pone a loro carico, mentre le imprese dovrebbero comprendere che questo periodo di rodaggio iniziale e questa fase di tolleranza saranno seguiti da un'applicazione più rigorosa. 43. Quando inizia l'applicazione attiva, molti paesi consigliano azioni repressive di particolare visibilità per ottenere un maggior effetto deterrente. L'individuazione dei principali trasgressori che hanno scelto deliberatamente di non rispettare la legge e sono ben conosciuti nella loro comunità, l'adozione di interventi rapidi e decisi e la massima sensibilizzazione possibile del pubblico in merito a queste attività consentono alle autorità di dimostrare la loro determinazione e il rigore della legge. Ciò fa sì che aumenti il rispetto volontario delle norme e si riduca il fabbisogno delle risorse necessarie per il monitoraggio e l'applicazione nelle fasi successive. 44. Anche se è vero che le leggi antifumo finiscono rapidamente per autoimporsi, è comunque essenziale che le autorità siano pronte a reagire rapidamente e con decisione a eventuali casi isolati di manifesta provocazione. Soprattutto nella fase immediatamente successiva all'entrata in vigore di una legge, ci possono essere casi isolati di trasgressori che agiscono in aperto spregio alla legge. Una reazione forte in questi casi crea l'aspettativa che le norme verranno rispettate e ciò faciliterà gli sforzi successivi, mentre l'indecisione può rapidamente provocare violazioni diffuse. Mobilitazione e coinvolgimento della collettività 45. Il coinvolgimento della collettività in un programma di monitoraggio e applicazione accresce l'efficacia del programma medesimo. Se si ottiene il consenso della collettività e se si sollecitano i suoi esponenti a monitorare il rispetto delle norme e a segnalare le violazioni, il campo d'intervento degli enti preposti all'applicazione delle norme si allarga e diminuiscono le risorse necessarie per ottenerne il rispetto. In effetti, in molti ordinamenti lo strumento principale per garantire il rispetto delle norme è dato dalle denunce dei privati. Per questo, è opportuno che la legislazione antifumo specifichi che i privati possono presentare denunce e autorizzi qualsiasi soggetto od organizzazione non governativa ad avviare procedimenti che impongano il rispetto delle misure che disciplinano l'esposizione al fumo di seconda mano. Il programma di applicazione delle norme antifumo dovrebbe comprendere un numero di telefono gratuito per le denunce o altro sistema analogo che incoraggi la segnalazione delle violazioni da parte del pubblico. MONITORAGGIO E VALUTAZIONE DELLE MISURE 46. Il monitoraggio e la valutazione delle misure volte a ridurre l'esposizione al fumo di tabacco sono importanti per una serie di ragioni, ad esempio per: a) promuovere il sostegno politico e del pubblico a favore di un rafforzamento e di un ampliamento delle disposizioni di legge; b) documentare i risultati positivi che ispireranno e sosterranno gli sforzi di altri paesi; c) individuare e far conoscere gli sforzi dell'industria del tabacco tesi a vanificare le misure applicative. 47. La portata e la complessità del monitoraggio e della valutazione varieranno da un paese all'altro, a seconda delle risorse e delle competenze disponibili. È comunque importante valutare l'esito delle misure attuate, soprattutto per quanto concerne l'indicatore chiave dell'esposizione al fumo di seconda mano nei luoghi di lavoro e nei luoghi pubblici. Questo risultato può essere conseguito in forme efficienti in termini di costi, ad esempio utilizzando i dati o le informazioni raccolte attraverso attività di routine, quali le ispezioni nei luoghi di lavoro. 48. Esistono otto principali indicatori di processo e risultato che dovrebbero essere considerati: (2) Processi a) Conoscenza delle politiche antifumo, atteggiamenti e sostegno a favore di queste politiche tra la popolazione in generale ed eventualmente tra gruppi specifici, quali i lavoratori dei bar; b) applicazione e rispetto delle politiche antifumo; Risultati a) riduzione dell'esposizione dei lavoratori al fumo di seconda mano nei luoghi di lavoro e nei luoghi pubblici; b) riduzione della presenza di fumo di seconda mano nell'aria nei luoghi di lavoro (in particolare nei ristoranti) e nei luoghi pubblici; c) riduzione della mortalità e morbilità dovute all'esposizione al fumo di seconda mano; d) riduzione dell'esposizione al fumo di seconda mano nelle abitazioni private; e) evoluzione della prevalenza del fumo e dei comportamenti associati al fumo; f) effetti economici. (1) È possibile che componenti del fumo di tabacco siano presenti nell'aria in quantitativi troppo modesti per la misurazione. Non va assolutamente trascurato il fatto che l'industria del tabacco o il settore alberghi, ristoranti e bar potrebbero tentare di sfruttare i limiti di questa definizione. (2) La pubblicazione «WHO policy recommendations: protection from exposure to second-hand tobacco smoke» (Ginevra, Organizzazione mondiale della sanità, 2007) contiene riferimenti bibliografici e link a studi di monitoraggio realizzati in altre sedi su tutti questi indicatori.
Protezione dall’esposizione al fumo di tabacco QUAL È LO SCOPO DELLA RACCOMANDAZIONE? Ha lo scopo di proteggere i cittadini contro il fumo ambientale da tabacco e, quindi, di migliorare la salute pubblica in generale. PUNTI CHIAVE Raccomanda ai paesi dell’UE di: assicurare un’efficace protezione dall’esposizione al fumo di tabacco nei luoghi di lavoro chiusi*, nei luoghi pubblici chiusi e nei trasporti pubblici e, se del caso, in altri luoghi pubblici, come stabilito dall’articolo 8 della convenzione quadro dell’Organizzazione mondiale (OMS) della sanità sul controllo del tabacco (FCTC) e relative linee guida sull’applicazione; sviluppare e rafforzare le misure per ridurre l’esposizione dei bambini e degli adolescenti al fumo di tabacco di seconda mano*; integrare le politiche antifumo con misure di sostegno, come le avvertenze combinate sulle confezioni di tabacco o la promozione della disassuefazione dal fumo; attuare, monitorare e valutare le strategie di lotta contro il tabagismo; istituire centri di riferimento nazionali per la lotta al tabagismo; collaborare tra loro e con la Commissione europea. Invita la Commissione a: riferire sull’attuazione, sul funzionamento e sull’impatto delle misure proposte; prendere in considerazione misure per ridurre l’attrattiva e il pericolo di dipendenza dai prodotti del tabacco, come indicato nella revisione della direttiva sui prodotti del tabacco adottata nel 2014 (direttiva 2014/40/UE); analizzare la situazione giuridica e l’impatto degli imballaggi semplici. La FCTC dell’OMS mira a proteggere le persone dalle devastanti conseguenze sociali, ambientali ed economiche del consumo di tabacco e dell’esposizione al fumo di tabacco. CONTESTO Tutti i paesi dell’UE hanno adottato misure per proteggere i cittadini contro l’esposizione al fumo di tabacco e all’inizio del 2013 erano in vigore in 17 paesi dell’UE leggi antifumo generalizzate. Un sondaggio dell’Eurobarometro del marzo 2009 ha rilevato che una grande maggioranza dei cittadini europei era a favore del divieto di fumo in luoghi di lavoro, ristoranti e bar. Per ulteriori informazioni, consultare: «Ambienti con divieto di fumo» e «Politiche in materia di tabacco» sul sito Internet della Commissione europea; La FCTC dell’OMS e le linee guida sull’applicazione dell’articolo 8 sul sito Internet dell’OMS. * TERMINI CHIAVE Luogo di lavoro: qualsiasi luogo utilizzato dall’uomo durante il lavoro o l’attività lavorativa. Fumo di seconda mano: il fumo emesso dall’estremità accesa di un prodotto del tabacco, associato in genere al fumo esalato dal fumatore. DOCUMENTO PRINCIPALE Raccomandazione del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativa agli ambienti senza fumo (GU C 296 del 5.12.2009, pag. 4-14) DOCUMENTI CORRELATI Documento di lavoro dei servizi della Commissione «Relazione sull’attuazione della raccomandazione del Consiglio del 30 novembre 2009 relativa agli ambienti senza fumo», SWD(2013) 56 final/2 del 14.3.2013 Direttiva 2014/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati e che abroga la direttiva 2001/37/CE (GU L 127 del 29.4.2014, pag. 1-38)
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REGOLAMENTO (CE) N. 2252/2004 DEL CONSIGLIO del 13 dicembre 2004 relativo alle norme sulle caratteristiche di sicurezza e sugli elementi biometrici dei passaporti e dei documenti di viaggio rilasciati dagli Stati membri IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 62, paragrafo 2, lettera a), vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), considerando quanto segue: (1) Il Consiglio europeo di Salonicco del 19 e 20 giugno 2003 ha ribadito la necessità di una strategia coerente a livello dell'Unione europea in relazione agli identificatori biometrici ovvero ai dati biometrici per i documenti rilasciati ai cittadini di paesi terzi, per i passaporti dei cittadini dell’Unione europea e per i sistemi d’informazione (VIS e SIS II). (2) Le norme minime di sicurezza per i passaporti sono state introdotte dalla risoluzione dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio del 17 ottobre 2000 (3). È ora opportuno aggiornare tale risoluzione con un provvedimento comunitario, per rafforzare e uniformare le norme di sicurezza dei passaporti e dei documenti di viaggio onde tutelarli dalla falsificazione. Al contempo dovrebbero essere introdotti nei passaporti o nei documenti di viaggio identificatori biometrici, onde creare un collegamento affidabile tra il legittimo titolare e il documento. (3) L’armonizzazione delle caratteristiche di sicurezza e l’inserimento di identificatori biometrici costituiscono una tappa importante verso l’utilizzo di nuovi elementi, in prospettiva di futuri sviluppi a livello europeo, atti a rendere più sicuro il documento di viaggio e a creare un collegamento più affidabile tra il titolare e il passaporto e il documento di viaggio, in quanto contribuiscono in maniera significativa alla protezione contro l’uso fraudolento. Dovrebbero essere tenute in considerazione le specifiche dell’Organizzazione internazionale per l’aviazione civile (ICAO) e, in particolare, quelle di cui al documento 9303 sui documenti di viaggio leggibili a macchina. (4) Il presente regolamento si limita ad armonizzare le caratteristiche di sicurezza che comprendono identificatori biometrici per i passaporti e i documenti di viaggio degli Stati membri. La designazione delle autorità e degli organismi autorizzati ad accedere ai dati contenuti nel supporto di memorizzazione dei documenti è di competenza nazionale, fatte salve eventuali pertinenti disposizioni di diritto comunitario, di diritto dell'Unione europea o di accordi internazionali. (5) Il presente regolamento dovrebbe fissare esclusivamente le specifiche non segrete. Tali specifiche devono essere completate da specifiche che possono rimanere segrete al fine di prevenire il rischio di contraffazione e falsificazione. Tali specifiche complementari dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (4). (6) La Commissione dovrebbe essere assistita dal comitato istituito dall'articolo 6 del regolamento (CE) n. 1683/95 del Consiglio, del 29 maggio 1995, che istituisce un modello uniforme per i visti (5). (7) Onde limitare allo stretto necessario il numero delle persone cui sono comunicate le informazioni di cui trattasi, è altresì indispensabile che ogni Stato membro designi un solo organismo responsabile della produzione dei passaporti e dei documenti di viaggio, fermo restando che gli Stati membri sono liberi, se necessario, di cambiare organismo. Per motivi di sicurezza, ogni Stato membro dovrebbe comunicare il nome dell'organismo competente alla Commissione e agli altri Stati membri. (8) Al trattamento dei dati personali nel quadro del rilascio di passaporti e documenti di viaggio si applicano le disposizioni della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (6). Occorrerebbe garantire che sul passaporto non siano memorizzate informazioni diverse dalle informazioni previste nel presente regolamento, nel relativo allegato o da quelle indicate nel corrispondente documento di viaggio. (9) In ottemperanza al principio di proporzionalità, per conseguire lo scopo fondamentale costituito dall'introduzione di norme comuni di sicurezza e di identificatori biometrici interoperativi, è necessario e opportuno fissare norme per tutti gli Stati membri che diano effetto alla convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen del 14 giugno 1985 (7). A norma dell'articolo 5, comma terzo del trattato, il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire lo scopo perseguito. (10) A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca non partecipa all'adozione del presente regolamento, non è da esso vincolata e non è soggetta alla sua applicazione. Dato che il presente regolamento si basa sull'acquis di Schengen in applicazione delle disposizioni della Parte terza, titolo IV, del trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca decide, a norma dell'articolo 5 del succitato protocollo, entro un periodo di sei mesi dall'adozione del presente regolamento da parte del Consiglio, se intende recepirlo nel proprio diritto interno. (11) Il presente regolamento costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell'acquis di Schengen al quale il Regno Unito non partecipa ai sensi della decisione 2000/365/CE del Consiglio, del 29 maggio 2000, riguardante la richiesta del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord di partecipare ad alcune disposizioni dell'acquis di Schengen (8). Il Regno Unito non partecipa pertanto alla sua adozione, non è da esso vincolato e non è soggetto alla sua applicazione. (12) Il presente regolamento costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell'acquis di Schengen al quale l'Irlanda non partecipa ai sensi della decisione 2002/192/CE del Consiglio, del 28 febbraio 2002, riguardante la richiesta dell'Irlanda di partecipare ad alcune disposizioni dell'acquis di Schengen (9). L'Irlanda non partecipa pertanto alla sua adozione, non è da esso vincolata e non è soggetta alla sua applicazione. (13) Per quanto riguarda l’Islanda e la Norvegia, il presente regolamento costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell'acquis di Schengen ai sensi dell'accordo concluso dal Consiglio dell'Unione europea con la Repubblica d'Islanda e il Regno di Norvegia sulla loro associazione all'attuazione, all'applicazione e allo sviluppo dell'acquis di Schengen (10), che rientrano nel settore di cui all'articolo 1, punto B, della decisione 1999/437/CE del Consiglio, del 17 maggio 1999, relativa a talune modalità di applicazione di detto accordo (11). (14) Per quanto riguarda la Svizzera, il presente regolamento costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell'acquis di Schengen ai sensi dell'accordo firmato tra l'Unione europea, la Comunità europea e la Confederazione svizzera riguardante l'associazione di quest'ultima all'attuazione, all'applicazione e allo sviluppo dell'acquis di Schengen (12), che rientrano nel settore di cui all'articolo 1, punto B, della decisione 1999/437/CE letto in combinato disposto con l'articolo 4, paragrafo 1, delle decisioni del Consiglio del 25 ottobre 2004 sulla firma a norma dell'Unione europea e sulla firma della Comunità europea, nonché sull'applicazione provvisoria di talune disposizioni di detto accordo (13), HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. I passaporti e i documenti di viaggio rilasciati dagli Stati membri sono conformi alle norme minime di sicurezza specificate nell’allegato. 2. I passaporti e i documenti di viaggio hanno un supporto di memorizzazione che contiene un’immagine del volto. Gli Stati membri aggiungono inoltre le impronte digitali in formato interoperativo. I dati debbono essere protetti e il supporto di memorizzazione è dotato di capacità sufficiente e della capacità di garantire l'integrità, l'autenticità e la riservatezza dei dati. 3. Il presente regolamento si applica ai passaporti e ai documenti di viaggio rilasciati dagli Stati membri. Non si applica alle carte di identità rilasciate dagli Stati membri ai loro cittadini, o a passaporti e documenti di viaggio temporanei di validità pari o inferiore a 12 mesi. Articolo 2 Le specifiche tecniche complementari per i passaporti e i documenti di viaggio, relative ai punti elencati in prosieguo, sono fissate secondo la procedura di cui all’articolo 5, paragrafo 2: a) ulteriori caratteristiche e requisiti di sicurezza, comprese le norme atte a rafforzare la protezione contro la contraffazione e la falsificazione; b) specifiche tecniche relative al supporto di memorizzazione delle caratteristiche biometriche e alla relativa sicurezza, compresa la prevenzione di un accesso non autorizzato; c) requisiti qualitativi e norme comuni relativi all’immagine del volto e alle impronte digitali. Articolo 3 1. Secondo la procedura di cui all'articolo 5, paragrafo 2, può essere deciso che le specifiche menzionate nell’articolo 2 siano segrete e non destinate alla pubblicazione. In tal caso esse sono comunicate solo agli organismi designati dagli Stati membri come responsabili della stampa e alle persone debitamente autorizzate da uno Stato membro o dalla Commissione. 2. Ciascuno Stato membro designa un organismo responsabile della stampa dei passaporti e dei documenti di viaggio. Esso comunica il nome dell'organismo alla Commissione e agli altri Stati membri. Lo stesso organismo può essere designato a tal fine da due o più Stati membri. Ogni Stato membro conserva la facoltà di cambiare l'organismo da esso designato, provvedendo a informarne la Commissione e gli altri Stati membri. Articolo 4 1. Fatte salve le norme relative alla protezione dei dati, le persone alle quali è stato rilasciato un passaporto o un documento di viaggio hanno il diritto di verificare i dati personali ivi riportati e, se del caso, di chiederne la rettifica o cancellazione. 2. Il passaporto o il documento di viaggio non contiene alcuna informazione leggibile a macchina diversa da quelle previste nel presente regolamento o nel relativo allegato, ovvero da quelle indicate nel passaporto o nel documento di viaggio dallo Stato membro che lo rilascia in conformità del suo diritto interno. 3. Ai fini del presente regolamento, gli elementi biometrici contenuti nei passaporti e nei documenti di viaggio possono essere usati solo al fine di verificare: a) l'autenticità del documento; b) l'identità del titolare attraverso elementi comparativi direttamente disponibili allorquando la legge prevede che siano necessari il passaporto o altro documento di viaggio. Articolo 5 1. La Commissione è assistita dal comitato istituito dall’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1683/95. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE. Il periodo di cui all’articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a due mesi. 3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno. Articolo 6 Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Gli Stati membri applicano il presente regolamento: a) per quanto riguarda l'immagine del volto: al più tardi 18 mesi b) per quanto riguarda le impronte digitali: al più tardi 36 mesi dall'adozione delle misure di cui all'articolo 2. Tuttavia, la validità dei passaporti e dei documenti di viaggio rilasciati in precedenza rimane impregiudicata. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile negli Stati membri conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea. Fatto a Bruxelles, addì 13 dicembre 2004. Per il Consiglio Il presidente B. R. BOT (1) GU C 98 del 23.4.2004, pag. 39. (2) Parere del 2.12.2004 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (3) GU C 310 del 28.10.2000, pag. 1. (4) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. (5) GU L 164 del 14.7.1995, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dall'atto di adesione del 2003. (6) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31. Direttiva modificata dal regolamento (CE) n. 1882/2003 (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1). (7) GU L 239 del 22.9.2000, pag. 19. Convenzione modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 871/2004 (GU L 162 del 30.4.2004, pag. 29). (8) GU L 131 dell’1.6.2000, pag. 43. (9) GU L 64 del 7.3.2002, pag. 20. (10) GU L 176 del 10.7.1999, pag. 36. (11) GU L 176 del 10.7.1999, pag. 31. (12) Documento 13054/04 del Consiglio accessibile su: http://register.consilium.eu.int (13) Documenti 13464/04 e 13466/04 del Consiglio accessibili su: http://register.consilium.eu.int ALLEGATO NORME MINIME DI SICUREZZA DEI PASSAPORTI E DEI DOCUMENTI DI VIAGGIO RILASCIATI DAGLI STATI MEMBRI Introduzione Il presente allegato stabilisce il livello minimo di sicurezza che i passaporti e i documenti di viaggio degli Stati membri sono tenuti a fornire. Le disposizioni del presente allegato riguardano essenzialmente la pagina contenente i dati anagrafici. Le caratteristiche generiche di sicurezza si applicano parimenti alle altre sezioni dei passaporti e dei documenti di viaggio. La pagina contenente i dati anagrafici può consistere di vari materiali di base. Il presente allegato specifica il livello minimo di sicurezza per il materiale specifico utilizzato. 1. Materiali La carta utilizzata per le sezioni del passaporto o del documento di viaggio contenenti i dati personali o altre informazioni deve soddisfare i seguenti requisiti minimi: — assenza di azzurrante ottico, — filigrana bitonale, — reagenti di sicurezza contro i tentativi di cancellatura chimica, — fibre colorate (parzialmente visibili e parzialmente fluorescenti ai raggi UV o invisibili e fluorescenti in almeno due colori), — si raccomanda l'uso di piastrine fluorescenti agli UV (d'obbligo per gli autoadesivi), — si raccomanda l'utilizzo del filo di sicurezza. Se la pagina contenente i dati anagrafici è in forma di autoadesivo, si può fare a meno della filigrana in quella pagina e anche per la carta utilizzata per l'interno della copertina del passaporto o del documento di viaggio. I reagenti di sicurezza sono necessari nelle pagine interne della copertina soltanto se vi figurano indicazioni. Il filo di legatura dovrebbe essere protetto contro la sostituzione. Se una carta incorporata nel passaporto o nel documento di viaggio e riservata all'iscrizione dei dati personali è composta esclusivamente di un supporto sintetico, non è generalmente possibile applicare gli elementi di sicurezza impiegati per la pagina cartacea del passaporto o del documento di viaggio. In caso di targhette autoadesive e di carte incorporate, l'assenza di elementi di sicurezza a livello di materiale deve essere compensata da misure di sicurezza a livello di stampa, di impiego di un dispositivo anticopiatura o di tecniche di emissione in conformità dei punti 3, 4 e 5 che vadano oltre le norme minime elencate in prosieguo. 2. Pagina dei dati anagrafici Il passaporto o il documento di viaggio contiene una pagina contenente i dati anagrafici leggibili a macchina, conforme alla parte 1 (passaporti leggibili a macchina) del documento ICAO 9303 e le procedure di emissione devono essere conformi alle specifiche per i passaporti leggibili a macchina contenute in detto documento. Su questa pagina è apposta anche un'immagine del titolare, che non va applicata bensì incorporata nel materiale della pagina dei dati anagrafici in base alle tecniche di emissione di cui al punto 5. I dati anagrafici sono inseriti nella pagina successiva alla pagina di frontespizio del passaporto o del documento di viaggio. In ogni caso la pagina interna della copertina non deve più essere utilizzata per l'iscrizione dei dati anagrafici. La presentazione della pagina contenente i dati anagrafici deve permettere una differenziazione rispetto alle altre pagine. 3. Tecniche di stampa Devono essere utilizzate le seguenti tecniche di stampa: A. Stampa di fondo: — arabeschi bicolori o elementi equivalenti, — colorazione iridata se possibile fluorescente, — sovrastampa fluorescente agli UV, — motivi che costituiscano una efficace protezione anti-contraffazione e anti-falsificazione (in particolare nella pagina contenente i dati anagrafici), con utilizzo facoltativo della microstampa, — sulle pagine del passaporto o del documento di viaggio e sugli autoadesivi devono essere impiegati inchiostri reattivi, — se la carta del passaporto o del documento di viaggio è ben protetta contro i tentativi di manomissione, l'utilizzo di inchiostro reattivo è facoltativo. B. Stampa del testo prestampato: Con microstampa integrata (se non già integrata nella stampa di fondo). C. Numerazione: Su tutte le pagine all'interno del passaporto o del documento di viaggio dovrebbe essere impresso un numero unico di documento (per quanto possibile, con caratteri speciali e con inchiostro fluorescente agli UV), o applicando una tecnica di perforazione o, nelle carte incorporate nel passaporto, dovrebbe essere incorporato un numero unico di documento usando la tecnica impiegata per l'iscrizione dei dati anagrafici. Si raccomanda che nelle carte incorporate nel passaporto il numero unico di documento sia visibile su entrambi i lati della carta. Se per i dati anagrafici si utilizza un autoadesivo, il numero unico di documento dovrebbe essere stampato con inchiostro fluorescente ed è obbligatorio utilizzare caratteri speciali. Qualora siano utilizzati autoadesivi o pagine interne cartacee non plastificate per i dati anagrafici, sono necessari in aggiunta la calcografia con effetto di immagine latente, la microstampa e un inchiostro con proprietà otticamente variabili e un DOVID (elemento di diffrazione ottica di immagini variabili). Per le carte integrate nei passaporti composte interamente di materiale sintetico sono impiegati anche elementi supplementari di sicurezza otticamente variabili, almeno mediante l'uso di DOVID o con misure equivalenti. 4. Tecniche di protezione contro la riproduzione Un elemento otticamente variabile (OVD) o equivalente, che offre il medesimo grado di identificazione e sicurezza del modello uniforme dei visti, è usato per la pagina dei dati anagrafici e consiste di microstrutture di diffrazione ottica variabili a seconda dell'angolatura ottica impiegata (DOVID) e che sono integrate nella pellicola di protezione apposta a caldo o in una pellicola equivalente (la più sottile possibile) o applicate come copertura OVD o, sugli autoadesivi o su una pagina interna cartacea non plastificata, quale OVD metallizzato o semi-metallizzato (con calcografia in sovrastampa) o elementi equivalenti. Gli elementi otticamente variabili dovrebbero essere incorporati nel documento come parte di una struttura stratificata in grado di proteggere efficacemente contro la contraffazione e la falsificazione. Nei documenti cartacei essi dovrebbero essere integrati su una superficie quanto più estesa possibile come parte della pellicola di protezione apposta a caldo o di una pellicola equivalente (la più sottile possibile), ovvero applicati come strato di sicurezza sovrapposto, come descritto al punto 5. Nei documenti composti di un supporto sintetico dovrebbero essere inseriti nella pellicola del documento su una superficie quanto più estesa possibile. Se un documento in materiale sintetico viene personalizzato con incisione laser e vi viene incorporata una scritta al laser otticamente variabile, va applicato l'elemento di diffrazione ottica variabile (OVD), perlomeno sotto forma di DOVID metallizzato o trasparente appositamente posizionato per conseguire una maggiore protezione contro la riproduzione. Se una pagina contenente i dati anagrafici è composta di un supporto sintetico con un'anima cartacea, va applicato l'elemento di diffrazione ottica variabile (OVD), perlomeno sotto forma di DOVID metallizzato o trasparente appositamente posizionato per conseguire una maggiore protezione contro la riproduzione. 5. Tecnica di emissione Per assicurare un'adeguata protezione dei dati contenuti nei passaporti o nei documenti di viaggio contro tentativi di contraffazione e di falsificazione, i dati anagrafici, compresi l'immagine e la firma del titolare, nonché i dati essenziali devono essere integrati nel materiale di base del documento. La fotografia non deve più essere apposta secondo i metodi tradizionali. È possibile utilizzare le seguenti tecniche: — stampa laser, — procedimento di termotrasferimento, — stampa a getto d'inchiostro, — procedimento fotografico, — incisione laser che penetri effettivamente negli strati del documento, che contengono le caratteristiche di sicurezza. Per garantire un'adeguata protezione dei dati anagrafici e di quelli relativi all'emissione contro tentativi di manomissione, occorre imperativamente prevedere una laminatura a caldo o equivalente (quanto più possibile sottile) con dispositivo anticopiature nei casi di stampa laser, termotrasferimento o procedimenti fotografici. I documenti di viaggio devono essere leggibili a macchina. La pagina dei dati anagrafici deve essere conforme alle specifiche di cui alla parte 1 del documento ICAO 9303 e le procedure di emissione devono attenersi alle specifiche ivi stabilite per i documenti leggibili a macchina.
Inserimento di elementi biometrici nei passaporti e nei documenti di viaggio QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Persegue l’obiettivo di armonizzare le caratteristiche di sicurezza, compresi gli identificatori biometrici*, per i passaporti e i documenti di viaggio emessi dai paesi UE, al fine di proteggerli da falsificazione. Nel 2009 è stato modificato dal regolamento (CE) n. 444/2009 principalmente per definire le eccezioni per i minori di sei anni e per le persone che non sono fisicamente in grado di fornire le impronte digitali per i documenti di viaggio. PUNTI CHIAVE Le caratteristiche biometriche nei passaporti e nei documenti di viaggio saranno utilizzate solo per verificare l’autenticità del documento e l’identità del titolare, che avrà il diritto di verificare i dati personali contenuti nel passaporto o nel documento di viaggio e, se del caso, di richiedere un’eventuale rettifica o cancellazione. La raccolta e l’archiviazione di dati biometrici sarà esclusivamente finalizzata al rilascio di passaporti e di documenti di viaggio. I passaporti e i documenti di viaggio devono includere un supporto di archiviazione ad alta sicurezza (chip) per la memorizzazione dei dati digitali e avere una capacità sufficiente a garantire l’integrità, l’autenticità e la riservatezza di tali dati. Il supporto di memorizzazione contiene un’immagine del viso e due impronte digitali prese a dita piatte (anziché rotolando le singole dita, con movimento da destra a sinistra). Questi dati, in formati interoperabili, devono essere protetti. I paesi UE designano le autorità e gli organismi autorizzati ad avere accesso ai dati contenuti nel supporto di memorizzazione dei documenti, ai sensi delle rispettive legislazioni nazionali, fatte salve le disposizioni pertinenti del diritto UE o degli accordi internazionali. Per garantire che le informazioni sulle caratteristiche di sicurezza e sui dettagli di produzione siano resi disponibili solo agli interessati e alle parti competenti, ciascun paese UE designa un organismo responsabile della produzione di passaporti e di documenti di viaggio. Ciascun paese UE ha la facoltà di designare un nuovo organismo, come richiesto dal caso. Per motivi di sicurezza, ciascun paese dell’Unione comunica il nome dell’organismo competente alla Commissione europea e agli altri Stati membri. Le norme minime di sicurezza cui devono conformarsi passaporti e documenti di viaggio rilasciati dai paesi UE sono stabilite nell’allegato al regolamento. Tali specifiche non sono segrete. Esse sono integrate da altre specifiche che potrebbero restare confidenziali al fine di prevenire il rischio di contraffazione e falsificazione. Tali specifiche supplementari sono adottate mediante atti di esecuzione da parte della Commissione, sono conformi alle norme internazionali e riguardano:ulteriori funzioni di sicurezza; il supporto di memorizzazione e la sua sicurezza; i requisiti di qualità comuni per l’immagine del volto e le impronte digitali.Nel 2018 la Commissione ha adottato una decisione di esecuzione che stabilisce le specifiche tecniche relative alle norme sulle caratteristiche di sicurezza e sulla biometria nei passaporti e nei documenti di viaggio, e che ha abrogato e sostituito decisioni precedenti di simile natura. Ai sensi della modifica del regolamento (CE) n. 444/2009, i minori di 12 anni (limite di età provvisorio) e le persone per le quali è fisicamente impossibile, sono esentati dall’obbligo di rilevamento delle impronte digitali. Solo il personale qualificato e debitamente autorizzato delle autorità nazionali responsabili del rilascio di passaporti e di documenti di viaggio può far uso di identificatori biometrici. Passaporti e documenti di viaggio devono essere rilasciati come singoli documenti conformemente ai requisiti internazionali. Ai sensi delle disposizioni del corpus legislativo di Schengen (acquis), la Danimarca, il Regno Unito e l’Irlanda non hanno aderito al presente regolamento e pertanto non sono da esso vincolate. La Danimarca, tuttavia, ha deciso di attuarlo nella sua legislazione nazionale. Islanda, Norvegia, Svizzera e Liechtenstein, sebbene non siano membri UE, saranno coinvolte nell’attuazione del regolamento.Il regolamento non si applica alle carte d’identità rilasciate dai paesi UE ai loro cittadini o ai passaporti temporanei e ai documenti di viaggio validi un periodo non superiore ai 12 mesi. DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? I paesi dell’Unione avevano l’obbligo di applicare il regolamento:entro il 28 agosto 2006 relativamente all’immagine del volto; entro il 28 giugno 2009 in merito alle impronte digitali. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Sicurezza dei documenti (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Identificatori biometrici: dati personali derivanti da specifiche elaborazioni tecniche relative alle caratteristiche fisiche e fisiologiche o ai comportamentali di un individuo, che consentono o confermano l’identificazione univoca della persona, tramite l’immagine del volto o i dati relativi alle impronte digitali. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 2252/2004 del Consiglio, del 13 dicembre 2004, relativo alle norme sulle caratteristiche di sicurezza e sugli elementi biometrici dei passaporti e dei documenti di viaggio rilasciati dagli Stati membri (GU L 385 del 29.12.2004, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 2252/2004 sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha solo valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Decisione di esecuzione della Commissione, del 30.11.2018 che stabilisce le specifiche tecniche relative alle norme relative alle caratteristiche di sicurezza e alla biometria nei passaporti e nei documenti di viaggio rilasciati dagli Stati membri e che abroga le Decisioni C(2006) 2909 e C(2008) 8657 [C(2018) 7774 final, 30.11.2018]
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Accordo di cooperazione e di assistenza amministrativa reciproca in materia doganale tra la Comunità europea e Hong Kong (Cina) Gazzetta ufficiale n. L 151 del 18/06/1999 pag. 0021 - 0026 ACCORDOdi cooperazione e di assistenza amministrativa reciproca in materia doganale tra la Comunità europea e Hong Kong (Cina)LA COMUNITÀ EUROPEA E HONG KONG (CINA)(1) (in seguito denominate "parti contraenti"),VISTA l'importanza dei legami commerciali tra la Comunità europea e Hong Kong (Cina), e desiderose di contribuire, a vantaggio di entrambe le parti contraenti, allo sviluppo armonioso di detti legami;CONVINTE che, per conseguire tale obiettivo, occorra impegnarsi a sviluppare la cooperazione doganale;TENENDO CONTO dello sviluppo della cooperazione doganale tra le parti contraenti per quanto riguarda le procedure doganali;CONSIDERANDO che le operazioni che violano la legislazione doganale ledono agli interessi economici, fiscali e commerciali di entrambe le parti contraentri, e riconoscendo l'importanza di valutare in modo accurato i dazi doganali e gli altri oneri;PERSUASE che la cooperazione tra le loro autorità amministrative competenti renderà più efficaci gli interventi contro tali operazioni;VISTI gli obblighi imposti dalle convenzioni internazionali a cui le parti contraenti hanno già aderito e che hanno già applicato, nonché dalla raccomandazione del Consiglio di cooperazione doganale del 5 dicembre 1953 sull'assistenza amministrativa reciproca,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:TITOLO IDISPOSIZIONI GENERALIArticolo 1DefinizioniAi fini del presente accordo si intende per:a) "normativa doganale", qualsiasi disposizione legale o regolamentare o altro strumento giurdidicamente vincolante adottato dalla Comunità europea o da Hong Kong (Cina) che disciplini l'importazione, l'esportazione, il transito delle merci e la loro collocazione sotto qualsiasi altro regime o procedura doganale, comprese le misure di divieto, di restrizione e di controllo di competenza delle autorità doganali e di altre autorità amministrative;b) "autorità doganale", nella Comunità europea, i servizi competenti della Commissione delle Comunità europee e le autorità doganali degli Stati membri della Comunità europea e, ad Hong Kong (Cina), il Servizio dogane e accise;c) "autorità richiedente", l'autorità amministrativa competente, all'uopo designata da una parte contraente, che presenta una domanda di assistenza in base al presente accordo;d) "autorità interpellata", l'autorità amministrativa competente, all'uopo designata da una parte contraente, che riceve una richiesta di assistenza in base al presente accordo;e) "dati di carattere personale", tutte le informazioni relative ad una persona fisica identificata o identificabile;f) "operazione contraria alla normativa doganale", qualsiasi violazione o tentativo di violazione della normativa doganale;g) "persona", persona fisica o giuridica.Articolo 2Applicazione territorialeIl presente accordo si applica, da un lato, ai territori in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni ivi stabilite e, dall'altro, ad Hong Kong (Cina).Articolo 3Sviluppi futuriLa parti contraenti possono, di comune intesa, ampliare il presente accordo per potenziare e integrare la cooperazione doganale, ai sensi delle rispettive normative doganali, mediante accordi su settori o temi specifici.Articolo 4Portata della cooperazione1. Le autorità doganali si impegnano a sviluppare la cooperazione doganale e, in particolare, si adoperano a cooperare per:a) stabilire e mantenere canali di comunicazione tra le rispettive autorità doganali per agevolare uno scambio rapido e sicuro di informazioni;b) agevolare un coordinamento efficace tra le rispettive autorità doganali;c) occuparsi di qualsiasi questione amministrativa collegata al presente accordo che possa richiedere, in determinate circostanze, la loro azione comune.2. Ai sensi del presente accordo, la cooperazione doganale riguarda tutti gli aspetti relativi all'applicazione della normativa doganale.Articolo 5Portata dell'assistenza1. Le parti contraenti si prestano reciproca assistenza, nei settori di loro competenza e compatibilmente con le risorse disponibili e secondo le modalità e alle condizioni specificate nel presente accordo, per garantire la corretta applicazione della normativa doganale, in particolare per prevenire, individuare e perseguire le operazioni contrarie alla normativa doganale.2. L'assistenza nel settore doganale prevista dal presente accordo viene prestata da ogni autorità doganale e amministrativa delle parti contraenti competente per l'applicazione del presente accordo. Essa non pregiudica le norme che disciplinano l'assistenza reciproca in materia penale e non si applica alle informazioni ottenute in virtù delle facoltà esercitate a richiesta dell'autorità giudiziaria.3. L'assistenza in materia di riscossione di diritti, tasse o contravvenzioni non rientra nel presente accordo.Articolo 6Obblighi imposti da altri accordi1. Tenendo conto delle competenze rispettive della Comunità europea e degli Stati membri, le disposizioni del presente accordo:a) non pregiudicano gli obblighi delle parti contraenti derivanti da altri accordi o convenzioni internazionali;b) vanno considerate un complemento agli accordi di cooperazione doganale e di reciproca assistenza amministrativa già conclusi o che potranno essere conclusi tra singoli Stati membri e Hong Kong (Cina);c) non pregiudicano le disposizioni comunitarie in materia di comunicazione tra i servizi competenti della Commissione e le autorità doganali degli Stati membri di qualsiasi informazione ottenuta ai sensi del presente accordo che possa essere di interesse comunitario.2. Nonostante le disposizioni del paragrafo 1, le disposizioni del presente accordo prevalgono su quelle dgli accordi bilaterali di cooperazione doganale e di reciproca assistenza amministrativa già conclusi o che potrebbero essere conclusi tra singoli Stati membri e Hong Kong (Cina), qualora le disposizioni di questi ultimi risultassero incompatibili con quelle del presente accordo.3. Per quanto riguarda le questioni relative all'applicabilità del presente accordo, le parti contraenti si consultano per trovare una soluzione nell'ambito del comitato misto di cooperazione doganale istituito a norma dell'articolo 21 del presente accordo.TITOLO IICOOPERAZIONE DOGANALEArticolo 7Cooperazione in materia di procedure doganaliLe parti contraenti dichiarano il proprio impegno ad agevolare la legittima circolazione delle merci e si scambiano informazioni e consulenze su misure volte a migliorare le tecniche e le procedure doganali, nonché su sistemi informatizzati, al fine di conseguire tale obiettivo ai sensi delle disposizioni del presente accordo.Articolo 8Assistenza tecnica1. Le autorità doganali possono prestarsi assistenza tecnica e procedere a scambi di personale quando ciò risulti reciprocamente vantaggioso, e compatibilmente con le risorse disponibili, per favorire una migliore comprensione delle rispettive tecniche e procedure doganali e dei relativi sistemi informatizzati.2. Esse possono altresì scambiarsi, all'occorrenza, informazioni in materia di assistenza tecnica prestata ad altre amministrazioni doganali.Articolo 9Discussioni in sede di organizzazioni internazionaliLe autorità doganali si adoperano per sviluppare e potenziare la cooperazione in settori di interesse comune per agevolare le discussioni in campo doganale nell'ambito di organizzazioni internazionali quali il Consiglio di cooperazione doganale.TITOLO IIIASSISTENZA AMMINISTRATIVA RECIPROCAArticolo 10Assistenza a richiesta1. A richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata fornisce a detta autorità qualsiasi informazione utile che le consenta di accertare che la normativa doganale è correttamente applicata, comprese le informazioni riguardanti le azioni accertate o programmate che violino o possano violare detta normativa.2. A richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata comunica a quest'ultima:a) se le merci esprotate dal territorio di una delle parti contraenti sono state correttamente importate nel territorio dell'altra parte contraente, precisando, se del caso, il regime doganale applicato alle stesse;b) se le merci nel territorio di una delle parti contraenti sono state correttamente esportate dal territorio dell'altra parte, precisando, se del caso, il regime doganale applicato alle merci.3. A richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata adotta le misure necessarie, nell'ambito delle sue disposizioni legali o regolamentari o di altri strumenti giuridicamente vincolanti, per assicurare che sia esercitata una sorveglianza:a) sulle persone nei confronti delle quali sussistono fondati motivi di ritenere che compiano o abbiano compiuto operazioni contrarie alla normativa doganale;b) sui luoghi in cui sono costituiti o possono essere costituiti depositi di merci a condizioni tali da far ragionevolmente ritenere che dette merci siano destinate ad essere utilizzate in operazioni contrarie alla normativa doganale;c) sulle merci trasportate o che possono essere trasportate a condizioni tali da far ragionevolmente ritenere che siano destinate ad essere utilizzate in operazioni contrarie alla normativa doganale;d) sui mezzi di trasporto che sono o che possono essere utilizzati a condizioni tali da far ragionevolmente ritenere che siano destinati ad essere utilizzati in operazioni contrarie alla normativa doganale.Articolo 11Assistenza spontaneaLe parti contraenti si assistono reciprocamente, di propria iniziativa e conformemente alle loro disposizioni legali e regolamentari o ad altri strumenti giuridicamente vincolanti, qualora lo ritengano necessario per la corretta applicazione della normativa doganale, in particolare fornendo le informazioni ottenute riguardanti:a) azioni che sono o che sembrano loro essere operazioni contrarie alla normativa doganale e che possono interessare l'altra parte contraente;b) nuovi mezzi o metodi utilizzati per effettuare operazioni contrarie alla normativa doganale;c) merci note per essere oggetto di operazioni contrarie alla normativa doganale;d) persone nei confronti delle quali sussistono fondati motivi di ritenere che siano o siano state coinvolte in operazioni contrarie alla normativa doganale;e) mezzi di trasporto per i quali vi sono fondati motivi di ritenere che siano stati, siano ovvero possano essere utilizzati in operazioni contrarie alla normativa doganale.Articolo 12Consegna, Notifica1. A richiesta dell'autorità richiedente, l'autorità interpellata adotta, conformemente alle disposizioni legali e regolamentari o ad altri strumenti giuridicamente vincolanti, tutte le misure necesarie per:a) consegnare tutti i documenti di tipo amministrativo ob) notificare tutte le decisioni,provenienti dall'autorità richiedente e rientranti nell'ambito di applicazione del presente accordo, ad un destinatario residente o stabilito nella giurisdizione dell'autorità richiedente.2. Le domande di consegna di documenti o di notifica di decisioni devono essere presentate per iscritto nella lingua ufficiale dell'autorità interpellata o in una lingua accettabile per quest'ultima. Questo requisito non si applica ai documenti da consegnare ai sensi del paragrafo 1.Articolo 13Forma e contenuto delle domande di assistenza1. Le domande formulate ai sensi del presente accordo sono presentate per iscritto. Esse vengono corredate dei documenti ritenuti utili per la loro evasione. Qualora l'urgenza della situazione lo esiga, possono essere accettate anche domande orali le quali, tuttavia, devono essere immediatamente confermate per iscritto.2. Le domande presentate a norma del paragrafo 1 devono contenere le seguenti informazioni:a) autorità richiedente;b) misura richiesta;c) oggetto e motivo della domanda;d) disposizioni legali e regolamentari e altri strumenti giuridicamente vincolanti in causa;e) ragguagli il più possibile precisi ed esaurienti sulle persone oggetto d'indagine;f) esposizione succinta dei fatti pertinenti e delle indagini già effettuate.3. Le domande sono presentate nella lingua ufficiale dell'autorità interpellata o in una lingua accettabile per quest'ultima. Questo requisito non si applica ai documenti di cui è corredata la domanda di cui al paragrafo 1.4. Se la domanda non risponde ai requisiti formali di cui sopra, possono esserne richiesti la correzione o il completamento; nel frattempo possono essere disposte misure cautelative.Articolo 14Espletamento delle domande1. Per evadere le domande di assistenza l'autorità interpellata procede, nell'ambito delle sue competenze e compatibilmente con le risorse disponibili, come se agisse per proprio conto o a richiesta di altre autorità della stessa parte contraente, fornendo informazioni già in suo possesso, svolgendo adeguate indagini e precedendo o facendo procedere alle indagini appropriate. La presente disposizione si applica anche alle altre autorità alle quali la domanda è stata indirizzata dall'autorità interpellata in virtù del presente accordo qualora questa non possa agire direttamente.2. Le domande di assistenza sono evase conformemente alle disposizioni legali o regolamentari o ad altri strumenti giuridicamente vincolanti della parte contraente interpellata.3. I funzionari debitamente autorizzati di una parte contraente possono, d'intesa con l'altra parte contraente e alle condizioni da questa stabilite, essere presenti e ottenere negli uffici dell'autorità interpellata o di qualsiasi altra autorità interessata a norma del paragrafo 1 informazioni sulle azioni che costituiscono o che possono costituire operazioni contrarie alla normativa doganale, che occorrano all'autorità richiedente ai fini del presente accordo.4. I funzionari debitamente autorizzati di una parte contraente, d'intesa con l'altra parte contraente e alle condizioni da questa stabilite, possono essere presenti alle indagini su casi specifici condotte nella giurisdizione di quest'ultima.5. Qualora la richiesta non possa essere soddisfatta, il fatto viene tempestivamente notificato all'autorità richiedente, unitamente alle motivazioni ed a qualsiasi altra informazione che l'autorità interpellata ritiene possa essere utile all'autorità richiedente.Articolo 15Forma in cui devono essere comunicate le informazioni1. L'autorità interpellata comunica i risultati delle indagini all'autorità richiedente per iscritto unitamente a documenti, copie autenticate o altro materiale pertinente.2. Tale informazione può essere computerizzata.3. Gli originali delle pratiche e dei documenti sono trasmessi solo su richiesta qualora siano insufficienti le copie autenticate. Gli originali sono resi appena possibile. I diritti dell'autorità interpellata o di eventuali terzi in merito a tali originali rimangono inalterati.Articolo 16Deroghe all'obbligo di prestare assistenza1. L'assistenza può essere rifiutata o essere subordinata all'assolvimento di talune condizioni o esigenze qualora una parte ritenga che l'assistenza a titolo del presente accordo:a) possa pregiudicare gli interessi vitali di Hong Kong (Cina) o di uno Stato membro tenuto a prestare assistenza ai sensi del presente accordo, ob) possa pregiudicare l'ordine pubblico, la sicurezza o altri principi fondamentali, in particolare nei casi di cui all'articolo 17, paragrafo 2, oc) violi un segreto industriale, commerciale o d'ufficio.2. L'assistenza può essere rinviata dall'autorità interpellata qualora interferisca in un'indagine, in un'azione giudiziaria o in un procedimento in corso. In tal caso l'autorità interpellata consulta l'autorità richiedente per stabilire se l'assistenza possa essere fornita secondo le modalità o alle condizioni che l'autorità interpellata può esigere.3. Se l'autorità richiedente domanda un'assistenza che non sarebbe in grado di fornire se le venisse richiesta, lo fa presente nella sua domanda. Spetta quindi all'autorità interpellata decidere il seguito da dare a tale domanda.4. Nei casi di cui ai paragrafi 1 e 2, la decisione dell'autorità interpellata e le relative motivazioni devono essere comunicate senza indugio all'autorità richiedente.Articolo 17Scambi di informazioni e riservatezza1. Tutte le informazioni comunicate, sotto qualsiasi forma, ai sensi del presente accordo sono di carattere riservato o soggette a determinate restrizioni, a seconda delle norme applicabili da ciascuna parte contraente. Esse sono coperte dal segreto d'ufficio e beneficiano della tutela accordata a similari informazioni ai sensi delle rispettive leggi della parte contraente che le ha ricevute e delle corrispondenti disposizioni cui debbono conformarsi le autorità comunitarie.2. I dati di carattere personale possono essere scambiati solo se la parte contraente cui potrebbero essere destinati s'impegna a tutelarli in modo almeno equivalente a quello applicabile al caso specifico nella parte contraente che li può fornire. La parte contraente che potrebbe fornire informazioni, non stipula condizioni più onerose di quelle ad essa applicabili nella sua giurisdizione.Le parti contraenti si comunicano le informazioni relative alle norme in esse applicabili, comprese eventualmente le disposizioni legali vigenti negli Stati membri della Comunità.3. L'utilizzazione, nell'ambito di azioni giudiziarie o amministrative promosse in seguito all'accertamento di operazioni contrarie alla normativa doganale, di informazioni ottenute in virtù del presente accordo è considerata conforme ai fini del presente accordo. Pertanto, le parti contraenti, nei documenti probatori, nelle relazioni e testimonianze, nonché nei procedimenti e nelle azioni penali promossi dinanzi ad un tribunale, possono utilizzare le informazioni ottenute e i documenti consultati ai sensi delle disposizioni del presente accordo. L'autorità competente che ha fornito dette informazioni o dato accesso ai documenti viene informata di tale uso.4. Le informazioni ottenute sono utilizzate solo ai fini del presente accordo. Una parte contraente che voglia utilizzare tali informazioni per altri fini deve ottenere l'accordo scritto preliminare dell'autorità che le ha fornite. Tale utilizzazione è quindi soggetta a tutte le restrizioni imposte da detta autorità.5. Le disposizioni pratiche per l'attuazione del presente articolo vengono stabilite dal comitato misto di cooperazione doganale istituito ai sensi dell'articolo 21.Articolo 18Periti e testimoniUn funzionario dell'autorità interpellata può essere autorizzato a comparire, nei limiti dell'autorizzazione concessa, in qualità di perito o testimone dinanzi ad un'autorità nella giurisdizione dell'altra parte contraente in azioni giudiziarie o amministrative riguardanti le materie di cui al presente accordo e produrre oggetti, documenti ovvero loro copie autenticate che possano occorrere nel procedimento. Nella richiesta di comparizione deve essere precisato davanti a quale autorità, su quale argomento e a quale titolo il funzionario sarà ascoltato.Articolo 19Spese di assistenzaLe parti contraenti rinunciano reciprocamente ad ogni pretesa concernente il rimborso delle spese sostenute in virtù del presente accordo escluse, se del caso, le spese per periti e testimoni e quelle per interpreti e traduttori che non dipendano da pubblici servizi.TITOLO IVDISPOSIZIONI FINALIArticolo 20Attuazione1. L'attuazione del presente accordo è affidata, da un lato, ai competenti servizi della Commissione delle Comunità europee ed eventualmente alle autorità doganali degli Stati membri della Comunità europea e, dall'altro, al servizio dogane e accise di Hong Kong (Cina). Essi decidono in merito a tutte le misure e disposizioni pratiche necessarie per l'applicazione tenendo conto delle norme vigenti in particolare in materia di protezione dei dati. Essi possono proporre agli organi competenti le modifiche che a loro parere andrebbero apportate al presente accordo.2. Le parti contraenti si consultano e si tengono reciprocamente informate in merito alle disposizioni di attuazione dettagliate adottate ai sensi delle disposizioni del presente accordo.Articolo 21Comitato misto di cooperazione doganale1. È istituito un comitato misto di cooperazione doganale composto da rappresentanti della Comunità europea e di Hong Kong (Cina). Il comitato si riunisce nel luogo, alla data e con l'ordine del giorno stabiliti di comune accordo.2. Il comitato misto di cooperazione doganale garantisce il corretto funzionamento dell'accordo ed esamina tutte le questioni inerenti alla sua applicazione. A tal fine, esso provvede principalmente a:a) valutare l'andamento della cooperazione doganale ai sensi del presente accordo e individuare nuovi settori specifici per estendere tale cooperazione;b) scambiare opinioni su tutti i punti di comune interesse riguardanti la cooperazione doganale, comprese le misure future e le relative risorse;c) in generale, raccomandare soluzioni volte al conseguimento degli obiettivi del presente accordo.3. Il comitato misto di cooperazione doganale adotta il proprio regolamento interno.Articolo 22Entrata in vigore e durata1. Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del mese successivo alla data in cui le parti contraenti si notificano reciprocamente l'avvenuto espletamento delle procedure all'uopo necessarie.2. Ciascuna parte contraente può denunciare il presente accordo, mediante notifica scritta all'altra parte. La denuncia entra in vigore tre mesi dopo la data della notifica. Le richieste di assistenza ricevute prima della denuncia dell'accordo vengono evase ai sensi delle disposizioni del medesimo.Articolo 23Testi facenti fedeIl presente accordo è redatto in duplice esemplare in lingua danese, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese, tedesca e cinese, tutti i testi facenti ugualmente fede.In fede di che, i plenipotenziari sottoscritti hanno apposto le loro firme in calce al presente accordo.Fatto a Hong Kong, Cina, addì tredici maggio millenovecentonovantanove.Per la Comunità europea>PIC FILE= "L_1999151IT.002601.EPS">Per Hong Kong (Cina)>PIC FILE= "L_1999151IT.002602.EPS">(1) Ai sensi dell'aticolo 151 della legge fondamentale della regione ad amministrazione speciale Hong Kong della Repubblica popolare cinese.
Accordo con Hong Kong sulla cooperazione e assistenza reciproca in materia doganale QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE? L’accordo mira a migliorare la cooperazione tra le autorità amministrative responsabili dell’applicazione della normativa doganale*. Oltre a prevedere diverse tipologie di cooperazione, contiene articoli finalizzati a sviluppare e migliorare ulteriormente la cooperazione doganale mediante accordi su questioni specifiche. La decisione conclude l’accordo per conto della Comunità europea (ora Unione europea). PUNTI CHIAVE Cooperazione doganale Le parti si impegnano a sviluppare la cooperazione doganale:promuovendo un coordinamento e canali di comunicazione efficaci tra le rispettive autorità doganali per agevolare uno scambio rapido e sicuro di informazioni; favorendo la circolazione delle merci; scambiando le informazioni e le competenze necessarie per migliorare le procedure doganali; prestandosi reciprocamente assistenza tecnica; scambiandosi il personale, quando ciò rappresenta un vantaggio per entrambe le parti. Assistenza amministrativa reciproca Sono due le tipologie di assistenza amministrativa reciproca:assistenza a richiesta: l’ autorità interpellata* è tenuta a fornire all’autorità richiedente* qualsiasi informazione utile che le consenta di accertare che la normativa doganale è correttamente applicata. Le informazioni possono riguardare azioni accertate o programmate che possano violare detta normativa oppure anche la regolarità delle procedure di esportazione e importazione tra i due paesi. L’accordo comprende inoltre una sorveglianza speciale in tutti i casi sospetti, applicabile ad ogni persona fisica o giuridica, luogo, movimento di merci o mezzo di trasporto che è o potrebbe essere collegato o utilizzato per perpetrare operazioni contrarie alla normativa doganale.assistenza spontanea: le parti possono assistersi reciprocamente, di propria iniziativa, qualora lo ritengano necessario per la corretta applicazione della normativa doganale e in particolare se ricevono informazioni che potrebbero interessare l’altra parte. Aspetti formali e deroghe all’obbligo di prestare assistenza Le richieste devono essere presentate per iscritto, ad eccezione dei casi urgenti in cui possono essere presentate richieste orali, confermate successivamente per iscritto. Le richieste devono contenere:i dati dell’autorità richiedente; la misura richiesta; l’oggetto e il motivo della richiesta; la normativa in causa; le persone fisiche o giuridiche interessate; un’esposizione succinta dei fatti pertinenti e delle indagini già effettuate. La parte interpellata può rifiutarsi di ottemperare a una richiesta nel caso in cui ciò possa pregiudicare la sovranità, l’ordine pubblico, la sicurezza o altri interessi essenziali di una delle parti. È possibile una deroga all’obbligo di fornire assistenza qualora tale assistenza violi un segreto professionale, commerciale o industriale. L’accordo contiene clausole di riservatezza in relazione alle informazioni fornite. Ai dati personali è riservato un alto livello di tutela.L’accordo prevede l’istituzione di un comitato misto di cooperazione doganale che provvede al buon funzionamento dell’accordo ed esamina tutte le questioni derivanti dalla sua applicazione. DATA DI ENTRATA IN VIGORE È entrato in vigore il 1° giugno 1999. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare:Cooperazione doganale tra UE e Hong Kong (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Normativa doganale: include qualsiasi disposizione legale o regolamentare ovvero qualsiasi altro strumento giuridico vincolante adottato dall’UE e da Hong Kong che disciplini l’importazione, esportazione e transito delle merci e la loro collocazione sotto qualsiasi altra procedura doganale, comprese le misure di divieto, restrizione e controllo di competenza delle autorità doganali e di altre autorità amministrative. Autorità interpellata: l’autorità doganale competente che riceve una domanda di assistenza. Autorità richiedente: l’autorità doganale competente che presenta una domanda di assistenza. DOCUMENTI PRINCIPALI Decisione 1999/400/CE del Consiglio, dell’11 maggio 1999, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione e di assistenza reciproca in materia doganale tra la Comunità europea e Hong Kong (Cina) (GU L 151 del 18.6.1999, pag. 20). Accordo di cooperazione e di assistenza amministrativa reciproca in materia doganale tra la Comunità europea e Hong Kong (Cina) (GU L 151 del 18.6.1999, pag. 21).
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REGOLAMENTO (CE) n. 861/2007 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO dell’11 luglio 2007 che istituisce un procedimento europeo per le controversie di modesta entità IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 61, lettera c), e l’articolo 67, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) La Comunità si prefigge l’obiettivo di conservare e sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel quale sia garantita la libera circolazione delle persone. Per realizzare gradualmente tale spazio la Comunità deve adottare, tra l’altro, le misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile aventi implicazioni transfrontaliere, necessarie al corretto funzionamento del mercato interno. (2) Ai sensi dell’articolo 65, lettera c), del trattato, tali misure includono l’eliminazione degli ostacoli al corretto svolgimento dei procedimenti civili, se necessario promuovendo la compatibilità delle norme di procedura civile applicabili negli Stati membri. (3) A tal proposito, la Comunità ha già adottato, tra le altre misure, il regolamento (CE) n. 1348/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale (3), il regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (4), la decisione 2001/470/CE del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativa all’istituzione di una rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale (5), il regolamento (CE) n. 805/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, che istituisce il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati (6), e il regolamento (CE) n. 1896/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, che istituisce un procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento (7). (4) Nella riunione tenutasi a Tampere il 15 e 16 ottobre 1999 il Consiglio europeo ha invitato il Consiglio e la Commissione a istituire norme procedurali comuni per semplificare e accelerare le controversie transfrontaliere di modesta entità in materia commerciale e riguardanti i consumatori. (5) Il 30 novembre 2000 il Consiglio ha adottato un programma congiunto della Commissione e del Consiglio relativo all’attuazione del principio del riconoscimento reciproco delle decisioni in materia civile e commerciale (8). Il programma è inteso a semplificare e accelerare la composizione delle controverse transfrontaliere di modesta entità. Questi obiettivi sono stati ripresi nel programma dell’Aia (9), adottato dal Consiglio europeo del 5 novembre 2004, che invita a proseguire attivamente i lavori relativi alle controversie di modesta entità. (6) Il 20 dicembre 2002 la Commissione ha adottato il libro verde sul procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento e sulle misure atte a semplificare ed accelerare il contenzioso in materia di controversie di modesta entità. Il libro verde ha avviato una consultazione sulle misure atte a semplificare e accelerare i procedimenti nelle controversie di modesta entità. (7) Molti Stati membri hanno introdotto procedimenti civili semplificati per le controversie di modesta entità, in quanto le spese, i ritardi e le difficoltà legati ai contenziosi non necessariamente diminuiscono in proporzione al valore della causa. Gli ostacoli per ottenere una sentenza veloce e poco costosa aumentano nelle controversie transfrontaliere. È pertanto necessario istituire un procedimento europeo per le controversie di modesta entità. L’obiettivo di un tale procedimento dovrebbe essere di agevolare l’accesso alla giustizia. La distorsione della concorrenza nel mercato interno causata dagli squilibri nel funzionamento dei mezzi procedurali a disposizione dei creditori nei diversi Stati membri determina l’esigenza di una normativa comunitaria che garantisca parità di condizioni per i creditori ed i debitori in tutta l’Unione europea. Nel momento in cui si stabiliscono le spese di trattazione della controversia nell’ambito del procedimento europeo per le controversie di modesta entità, si dovrebbero prendere in considerazione i principi di semplicità, rapidità e proporzionalità. Sarebbe appropriato rendere pubbliche informazioni dettagliate sulle spese da addebitare e assicurare altresì la trasparenza dei relativi criteri di determinazione. (8) Il procedimento europeo per le controversie di modesta entità dovrebbe semplificare e accelerare, riducendone le spese, i procedimenti relativi a controversie transfrontaliere di modesta entità offrendo uno strumento alternativo che si aggiunga a quelli esistenti negli ordinamenti degli Stati membri, che restano impregiudicati. Il presente regolamento dovrebbe inoltre semplificare il riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze, rese in un altro Stato membro, nell’ambito di un procedimento europeo per le controversie di modesta entità. (9) Il presente regolamento si propone di promuovere i diritti fondamentali e tiene conto, in particolare, dei principi riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. L’organo giurisdizionale rispetta il diritto ad un giusto processo ed il principio del contraddittorio, in particolare quando decide in merito alla necessità di un’udienza, ai mezzi di assunzione della prova e all’estensione dell’assunzione di prove. (10) Per facilitare il calcolo del valore della controversia, non si dovrebbe tener conto degli interessi, dei diritti e delle spese. Ciò dovrebbe lasciare impregiudicati il potere dell’organo giurisdizionale di determinare tali somme in corso di giudizio, nonché le norme nazionali relative al calcolo degli interessi. (11) Al fine di agevolare l’avvio del procedimento europeo per le controversie di modesta entità, l’attore dovrebbe introdurre una domanda, compilando l’apposito modulo e presentandolo all’organo giurisdizionale. Il modulo di domanda dovrebbe essere presentato soltanto ad un organo giurisdizionale competente. (12) Il modulo di domanda dovrebbe essere corredato, ove opportuno, di documenti giustificativi pertinenti. Tuttavia, ciò non impedisce all’attore di presentare, se del caso, ulteriori prove durante il procedimento. Lo stesso principio dovrebbe applicarsi alla replica da parte del convenuto. (13) Le nozioni di «manifestamente infondata» in riferimento al rigetto di una pretesa e di «irricevibile» in riferimento al rigetto di una domanda dovrebbero essere determinati conformemente al diritto nazionale. (14) Il procedimento europeo per le controversie di modesta entità dovrebbe svolgersi in forma scritta, a meno che l’organo giurisdizionale non ritenga necessaria un’udienza o che tale udienza non sia richiesta da una delle parti. L’organo giurisdizionale può rigettare tale richiesta. Tale rigetto non può essere impugnato autonomamente. (15) Le parti non dovrebbero essere obbligate ad essere rappresentate da un avvocato o da un altro professionista del settore legale. (16) La nozione di «domanda riconvenzionale» dovrebbe essere interpretata ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 44/2001, come nascente dal contratto o dal fatto su cui si fonda la domanda principale. Gli articoli 2 e 4, nonché l’articolo 5, paragrafi 3, 4 e 5, dovrebbero applicarsi per analogia alle domande riconvenzionali. (17) Qualora il convenuto invochi un diritto di compensazione nel corso del procedimento, tale richiesta non dovrebbe costituire una domanda riconvenzionale ai fini del presente regolamento. Pertanto, il convenuto non dovrebbe essere tenuto a servirsi del modulo standard A di cui all’allegato I per far valere tale diritto. (18) Lo Stato membro richiesto ai fini dell’applicazione dell’articolo 6 è lo Stato membro in cui deve essere eseguita la notificazione e/o comunicazione o al quale deve essere inviato l’atto. Per ridurre spese e tempi, la notificazione e/o comunicazione degli atti alle parti è effettuata principalmente tramite i servizi postali, con ricevuta di ritorno datata. (19) La parte può rifiutare di accettare un documento al momento della notificazione e/o comunicazione, o restituendo il documento entro una settimana, qualora non sia redatto o accompagnato da una traduzione nella lingua ufficiale dello Stato membro richiesto oppure, qualora lo Stato membro abbia più lingue ufficiali, nella lingua ufficiale o in una delle lingue ufficiali del luogo in cui deve essere eseguita la notificazione e/o comunicazione o deve essere inviato il documento, oppure in una lingua compresa dal destinatario. (20) Per quanto concerne le udienze e l’assunzione di prove, gli Stati membri dovrebbero incoraggiare l’uso di tecnologie di comunicazione moderne conformemente alla legislazione nazionale dello Stato membro del foro. L’organo giurisdizionale dovrebbe utilizzare le modalità più semplici e meno costose per l’assunzione delle prove. (21) L’assistenza pratica da fornire alle parti dovrebbe comprendere le informazioni tecniche relative alla possibilità di accesso e alla compilazione dei moduli. (22) Le informazioni sulle questioni procedurali possono essere fornite anche dal personale dell’organo giurisdizionale conformemente alla legislazione nazionale. (23) Dato che il presente regolamento mira a semplificare e accelerare i procedimenti nelle controversie transfrontaliere di modesta entità, l’organo giurisdizionale dovrebbe agire nel minor tempo possibile anche nei casi in cui il presente regolamento non prescriva alcun termine per una fase specifica della procedura. (24) Per calcolare i termini previsti dal presente regolamento, si dovrebbe applicare il regolamento (CEE, Euratom) n. 1182/71 del Consiglio, del 3 giugno 1971, che stabilisce le norme applicabili ai periodi di tempo, alle date e ai termini (10). (25) Al fine di accelerare il recupero dei crediti di modesta entità, la sentenza dovrebbe essere esecutiva indipendentemente da ogni possibile impugnazione e non dovrebbe essere subordinata alla costituzione di una cauzione, eccetto nei casi previsti dal presente regolamento. (26) Eventuali riferimenti nel presente regolamento ad una possibile impugnazione dovrebbero comprendere qualsiasi possibile mezzo di impugnazione previsto dalla legislazione nazionale. (27) Dell’organo giurisdizionale deve far parte una persona abilitata ad esercitare le funzioni di giudice in conformità della legislazione nazionale. (28) Ogniqualvolta l’organo giurisdizionale è tenuto a fissare un termine, la parte interessata dovrebbe essere informata delle conseguenze del mancato rispetto di tale termine. (29) La parte soccombente dovrebbe sopportare le spese processuali. Le spese processuali dovrebbero essere determinate secondo quanto prescritto dalla legislazione nazionale. Tenuto conto degli obiettivi di semplicità ed efficienza in termini di costi, l’organo giurisdizionale dovrebbe ingiungere alla parte soccombente di sopportare soltanto le spese processuali, comprese ad esempio le spese risultanti dal fatto che la controparte era rappresentata da un avvocato o da un altro professionista del settore legale, o eventuali spese derivanti dalla notificazione e/o comunicazione oppure dalla traduzione degli atti, che siano proporzionate al valore della controversia o che siano state necessarie. (30) Per agevolare il riconoscimento e l’esecuzione, la sentenza emessa in uno Stato membro nell’ambito del procedimento europeo per le controversie di modesta entità dovrebbe essere riconosciuta ed essere esecutiva negli altri Stati membri senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutività e senza che sia possibile opporsi al suo riconoscimento. (31) Dovrebbero essere previste norme minime per il riesame di una sentenza nei casi in cui il convenuto non sia stato in grado di contestare la domanda. (32) Tenuto conto degli obiettivi di semplicità ed efficienza in termini di costi, la parte che richiede l’esecuzione non dovrebbe essere obbligata ad avere un rappresentante autorizzato o un recapito postale nello Stato membro di esecuzione, a parte i soggetti responsabili dell’esecuzione secondo la legislazione di tale Stato membro. (33) Il capo III del presente regolamento dovrebbe applicarsi altresì alla determinazione delle spese giudiziali da parte dei funzionari dell’organo giurisdizionale per una sentenza emessa secondo la procedura prevista dal presente regolamento. (34) Le misure necessarie per l’attuazione del presente regolamento dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (11). (35) In particolare, la Commissione ha il potere di stabilire le misure necessarie per aggiornare o apportare modifiche tecniche ai moduli di cui agli allegati. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento nonché ad integrare il presente regolamento con l’aggiunta di nuovi elementi non essenziali, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE. (36) Poiché gli obiettivi del presente regolamento, vale a dire istituire una procedura per semplificare e accelerare i procedimenti nelle controversie transfrontaliere di modesta entità e ridurne le spese, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni e degli effetti del presente regolamento, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (37) A norma dell’articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, il Regno Unito e l’Irlanda hanno notificato che desiderano partecipare all’adozione e all’applicazione del presente regolamento. (38) A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca non partecipa all’adozione del presente regolamento e non è vincolata da esso né soggetta alla sua applicazione, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: CAPO I OGGETTO E CAMPO DI APPLICAZIONE Articolo 1 Oggetto Il presente regolamento istituisce un procedimento europeo per le controversie di modesta entità, inteso a semplificare e accelerare i procedimenti nei contenziosi relativi a controversie transfrontaliere di modesta entità e a ridurne le spese. Il procedimento europeo per le controversie di modesta entità costituisce per le parti un’alternativa ai procedimenti previsti dalla normativa vigente negli Stati membri. Il presente regolamento elimina inoltre i procedimenti intermedi necessari per il riconoscimento e l’esecuzione in uno Stato membro di sentenze rese in un altro Stato membro nell’ambito del procedimento europeo per le controversie di modesta entità. Articolo 2 Campo d’applicazione 1. Il presente regolamento si applica, nelle controversie transfrontaliere, in materia civile e commerciale, indipendentemente dalla natura dell’organo giurisdizionale, nei casi in cui il valore di una controversia, esclusi gli interessi, i diritti e le spese, non ecceda 2 000 EUR alla data in cui l’organo giurisdizionale competente riceve il modulo di domanda. Esso non concerne, in particolare, la materia fiscale, doganale o amministrativa o la responsabilità dello Stato per atti e omissioni nell’esercizio dei pubblici poteri (acta iure imperii). 2. Sono escluse dal campo di applicazione del presente regolamento le controversie riguardanti le seguenti materie: a) stato o capacità giuridica delle persone fisiche; b) regime patrimoniale fra coniugi, testamenti e successioni e obbligazioni alimentari; c) fallimenti, procedimenti relativi alla liquidazione di imprese o di altre persone giuridiche insolventi, accordi giudiziari, concordati e procedure affini; d) sicurezza sociale; e) arbitrato; f) diritto del lavoro; g) affitto di immobili, escluse le controversie aventi ad oggetto somme di denaro; h) violazione della vita privata e dei diritti della personalità, inclusa la diffamazione. 3. Nel presente regolamento per «Stato membro» si intende qualsiasi Stato membro ad eccezione della Danimarca. Articolo 3 Controversie transfrontaliere 1. Ai fini del presente regolamento si definisce transfrontaliera una controversia in cui almeno una delle parti ha domicilio o residenza abituale in uno Stato membro diverso da quello dell’organo giurisdizionale adito. 2. Il domicilio è determinato conformemente agli articoli 59 e 60 del regolamento (CE) n. 44/2001. 3. La data di riferimento per stabilire se esiste una controversia transfrontaliera è la data in cui l’organo giurisdizionale competente riceve il modulo di domanda. CAPO II PROCEDIMENTO EUROPEO PER LE CONTROVERSIE DI MODESTA ENTITÀ Articolo 4 Introduzione del procedimento 1. L’attore introduce il procedimento europeo per le controversie di modesta entità compilando il modulo di domanda standard A di cui all’allegato I e presentandolo all’organo giurisdizionale competente direttamente, oppure tramite i servizi postali o con altri mezzi di comunicazione, quali fax o posta elettronica, accettati dallo Stato membro in cui il procedimento è avviato. Il modulo di domanda comprende una descrizione delle prove a sostegno della domanda e, ove opportuno, è accompagnato da ogni documento giustificativo pertinente. 2. Gli Stati membri informano la Commissione in merito ai mezzi di comunicazione che ritengono accettabili. La Commissione rende disponibile al pubblico tali informazioni. 3. Se la domanda non rientra nel campo di applicazione del presente regolamento l’organo giurisdizionale ne informa l’attore. A meno che l’attore non ritiri la domanda, l’organo giurisdizionale esamina la controversia secondo il diritto processuale applicabile nello Stato membro in cui si svolge il procedimento. 4. Se l’organo giurisdizionale ritiene che le informazioni fornite dall’attore non siano pertinenti o non siano sufficientemente chiare o se il modulo di domanda non è completato correttamente, a meno che la pretesa non sia manifestamente infondata o la domanda irricevibile, esso concede all’attore l’opportunità di completare o rettificare il modulo di domanda o di fornire informazioni o documenti supplementari o di ritirare la domanda entro un termine stabilito. L’organo giurisdizionale utilizza a tale scopo il modulo standard B di cui all’allegato II. Qualora la pretesa sia manifestamente infondata o la domanda irricevibile, oppure l’attore non completi o rettifichi il modulo di domanda entro il termine stabilito, la domanda viene respinta. 5. Gli Stati membri garantiscono che il modulo di domanda sia disponibile presso tutti gli organi giurisdizionali dinanzi ai quali il procedimento europeo per le controversie di modesta entità può essere avviato. Articolo 5 Svolgimento del procedimento 1. Il procedimento europeo per le controversie di modesta entità si svolge in forma scritta. L’organo giurisdizionale procede ad un’udienza se lo ritiene necessario o su richiesta di una delle parti. L’organo giurisdizionale può rigettare tale richiesta se ritiene che, tenuto conto delle circostanze del caso, un’udienza sia manifestamente superflua per l’equa trattazione del procedimento. Il rigetto è motivato per iscritto. Il rigetto non può essere impugnato autonomamente. 2. Dopo aver ricevuto il modulo di domanda debitamente compilato, l’organo giurisdizionale compila la parte I del modulo di replica standard C di cui all’allegato III. Una copia del modulo di domanda e, se del caso, dei documenti giustificativi, unitamente al modulo di replica compilato, sono notificati al convenuto secondo le modalità di cui all’articolo 13. Tali documenti sono inviati entro quattordici giorni dalla ricezione del modulo di domanda debitamente compilato. 3. Il convenuto replica entro trenta giorni dalla notifica dei moduli di domanda e di replica, compilando la parte II del modulo di replica standard C, corredato, ove opportuno, dei documenti giustificativi pertinenti e ritrasmettendolo all’organo giurisdizionale competente, o in ogni altro modo idoneo senza avvalersi del modulo di replica. 4. Entro quattordici giorni dalla ricezione della replica del convenuto, l’organo giurisdizionale ne invia una copia all’attore, insieme ad eventuali documenti giustificativi pertinenti. 5. Se nella sua replica il convenuto sostiene che il valore di una controversia non pecuniaria supera il limite stabilito all’articolo 2, paragrafo 1, l’organo giurisdizionale decide entro trenta giorni dall’invio della replica all’attore se la controversia rientra nel campo d’applicazione del presente regolamento. Tale decisione non può essere impugnata autonomamente. 6. Eventuali domande riconvenzionali, da presentare utilizzando il modulo standard A, e tutti i relativi documenti giustificativi, sono notificati all’attore secondo le modalità di cui all’articolo 13. Tali documenti sono inviati entro quattordici giorni dalla ricezione. L’attore ha trenta giorni di tempo dalla data della notifica per rispondere ad eventuali domande riconvenzionali. 7. Se la domanda riconvenzionale eccede il valore limite di cui all’articolo 2, paragrafo 1, la domanda principale e la domanda riconvenzionale non sono esaminate secondo il procedimento europeo per le controversie di modesta entità, ma conformemente alle pertinenti norme di procedura applicabili nello Stato membro in cui si svolge il procedimento. Gli articoli 2 e 4 nonché i paragrafi 3, 4 e 5 del presente articolo si applicano, per analogia, alle domande riconvenzionali. Articolo 6 Lingue 1. Il modulo di domanda, la replica, eventuali domande riconvenzionali, eventuali repliche a domande riconvenzionali ed eventuali descrizioni dei documenti giustificativi pertinenti sono presentati nella lingua o in una delle lingue dell’organo giurisdizionale. 2. Se qualsiasi altro documento ricevuto dall’organo giurisdizionale è redatto in una lingua diversa da quella in cui si svolge il procedimento, l’organo giurisdizionale può richiedere la traduzione di tale documento soltanto se ciò appaia necessario per l’emissione della sentenza. 3. Se una parte ha rifiutato di accettare un documento perché non è redatto: a) nella lingua ufficiale dello Stato membro richiesto oppure, qualora lo Stato membro abbia più lingue ufficiali, nella lingua o in una delle lingue ufficiali del luogo in cui deve essere eseguita la notificazione e/o comunicazione o deve essere inviato il documento; o b) in una lingua compresa dal destinatario; l’organo giurisdizionale ne informa l’altra parte in modo che quest’ultima possa fornire una traduzione del documento. Articolo 7 Conclusione del procedimento 1. Entro trenta giorni dalla ricezione della replica del convenuto o dell’attore entro il termine di cui all’articolo 5, paragrafo 3 o 6, l’organo giurisdizionale emette una sentenza oppure: a) richiede alle parti ulteriori dettagli in merito alla controversia entro un periodo di tempo determinato non superiore a trenta giorni; oppure b) assume le prove a norma dell’articolo 9; oppure c) ordina la comparizione delle parti ad un’udienza da tenersi entro trenta giorni dall’ordinanza. 2. L’organo giurisdizionale emette la sentenza entro trenta giorni da eventuali udienze o dalla ricezione di tutte le informazioni necessarie ai fini della pronuncia. La sentenza è notificata alle parti secondo le modalità di cui all’articolo 13. 3. In mancanza di replica della parte interessata entro i termini di cui all’articolo 5, paragrafo 3 o 6, l’organo giurisdizionale emette una sentenza avente ad oggetto la domanda principale o la domanda riconvenzionale. Articolo 8 Udienza L’organo giurisdizionale può tenere udienza tramite videoconferenza o altri mezzi tecnologici di comunicazione se disponibili. Articolo 9 Assunzione delle prove 1. L’organo giurisdizionale determina i mezzi di assunzione delle prove e l’ambito delle prove indispensabili ai fini della sentenza secondo le norme applicabili in materia di ammissibilità delle prove. Può ammettere l’assunzione di prove tramite dichiarazioni scritte di testimoni, esperti o parti. Può inoltre ammettere l’assunzione di prove tramite videoconferenza o altri mezzi tecnologici di comunicazione se disponibili. 2. L’organo giurisdizionale può acquisire elementi di prova tramite perizie o audizione di testimoni soltanto se ciò è necessario ai fini della sentenza. Nell’adottare tale decisione l’organo giurisdizionale tiene conto delle relative spese. 3. L’organo giurisdizionale ricorre al metodo di assunzione delle prove più semplice e meno oneroso. Articolo 10 Rappresentanza delle parti La rappresentanza da parte di un avvocato o di altro professionista del settore legale non è obbligatoria. Articolo 11 Assistenza alle parti Gli Stati membri assicurano che le parti dispongano di un’assistenza pratica ai fini della compilazione dei moduli. Articolo 12 Mandato dell’organo giurisdizionale 1. L’organo giurisdizionale non obbliga le parti a sottoporre valutazioni giuridiche della controversia. 2. Se necessario, l’organo giurisdizionale informa le parti in merito alle questioni procedurali. 3. Ove possibile, l’organo giurisdizionale tenta di pervenire ad una conciliazione tra le parti. Articolo 13 Notificazione e/o comunicazione degli atti 1. La notificazione e/o comunicazione degli atti è effettuata tramite i servizi postali, con ricevuta di ritorno datata. 2. Se la notificazione e/o comunicazione non può essere effettuata a norma del paragrafo 1, essa può essere effettuata mediante una delle modalità di cui agli articoli 13 o 14 del regolamento (CE) n. 805/2004. Articolo 14 Termini 1. Qualora l’organo giurisdizionale fissi un termine, la parte interessata è informata delle conseguenze del mancato rispetto di tale termine. 2. In circostanze eccezionali, se necessario per tutelare i diritti delle parti, l’organo giurisdizionale può prorogare i termini previsti dall’articolo 4, paragrafo 4, dall’articolo 5, paragrafi 3 e 6, e dall’articolo 7, paragrafo 1. 3. Se, in circostanze eccezionali, non è possibile per l’organo giurisdizionale rispettare i termini previsti dall’articolo 5, paragrafi da 2 a 6, e dall’articolo 7, esso adotta nel minor tempo possibile i provvedimenti richiesti da tali disposizioni. Articolo 15 Esecutorietà della sentenza 1. La sentenza è esecutiva indipendentemente dalla possibilità di impugnazione. Non è necessario prestare una cauzione. 2. L’articolo 23 è applicabile anche nel caso in cui la sentenza debba essere eseguita nello Stato membro in cui è stata emessa. Articolo 16 Spese La parte soccombente sopporta le spese processuali. Tuttavia, l’organo giurisdizionale non riconosce alla parte vincitrice spese superflue o sproporzionate rispetto al valore della controversia. Articolo 17 Impugnazione 1. Gli Stati membri informano la Commissione se il loro diritto processuale prevede la possibilità di impugnazione contro una sentenza resa nell’ambito del procedimento europeo per le controversie di modesta entità specificando i termini in cui presentare l’impugnazione. La Commissione rende tale informazione disponibile al pubblico. 2. L’articolo 16 si applica ad ogni mezzo di impugnazione. Articolo 18 Norme minime per il riesame della sentenza 1. Il convenuto è legittimato a richiedere un riesame della sentenza resa nell’ambito del procedimento europeo per le controversie di modesta entità, dinanzi all’organo giurisdizionale competente dello Stato membro in cui è stata emessa la sentenza, quando: a) i) il modulo di domanda o la citazione a comparire sono stati notificati con un metodo che non fornisce la prova che gli atti sono stati ricevuti da lui personalmente, a norma dell’articolo 14 del regolamento (CE) n. 805/2004; e ii) la notificazione e/o comunicazione non è stata effettuata in tempo utile a consentirgli di presentare la propria replica, per ragioni a lui non imputabili; oppure b) il convenuto non ha avuto la possibilità di contestare la domanda a causa di situazioni di forza maggiore o di circostanze eccezionali, per ragioni a lui non imputabili; purché in entrambi i casi agisca tempestivamente. 2. Se l’organo giurisdizionale respinge la domanda di riesame in base al fatto che nessuno dei motivi di riesame di cui al paragrafo 1 è applicabile, la sentenza resta esecutiva. Se l’organo giurisdizionale decide che il riesame è fondato sulla base di uno dei motivi di cui al paragrafo 1, la sentenza emessa nell’ambito del procedimento europeo per le controversie di modesta entità è nulla. Articolo 19 Diritto processuale applicabile Fatte salve le disposizioni di cui al presente regolamento, il procedimento europeo per le controversie di modesta entità è disciplinato dal diritto processuale dello Stato membro in cui si svolge il procedimento. CAPO III RICONOSCIMENTO ED ESECUZIONE IN UN ALTRO STATO MEMBRO Articolo 20 Riconoscimento ed esecuzione 1. La sentenza emessa in uno Stato membro nell’ambito del procedimento europeo per le controversie di modesta entità è riconosciuta ed eseguita in un altro Stato membro senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutività e senza che sia possibile opporsi al suo riconoscimento. 2. Su richiesta di una delle parti l’organo giurisdizionale rilascia il certificato relativo ad una sentenza emessa nell’ambito del procedimento europeo per le controversie di modesta entità utilizzando il modulo standard D di cui all’allegato IV senza spese supplementari. Articolo 21 Procedimento di esecuzione 1. Fatte salve le disposizioni del presente capo, i procedimenti di esecuzione sono disciplinati dalla legge dello Stato membro di esecuzione. Tutte le sentenze emesse nell’ambito del procedimento europeo per le controversie di modesta entità sono eseguite alle stesse condizioni di una sentenza emessa nello Stato membro di esecuzione. 2. La parte che richiede l’esecuzione della sentenza è tenuta a fornire: a) una copia della sentenza che soddisfi le condizioni di autenticità necessarie; e b) una copia del certificato di cui all’articolo 20, paragrafo 2, e se del caso, una traduzione dello stesso nella lingua ufficiale dello Stato membro di esecuzione oppure, ove tale Stato membro abbia più lingue ufficiali, nella lingua ufficiale o in una delle lingue ufficiali dei procedimenti giudiziari del luogo in cui viene chiesta l’esecuzione, conformemente al diritto dello Stato membro in questione, o in un’altra lingua che lo Stato membro di esecuzione abbia dichiarato di accettare. Ciascuno Stato membro può indicare la lingua o le lingue ufficiali delle istituzioni dell’Unione europea, diversa dalla propria o dalle proprie, nelle quali ammette il procedimento europeo per le controversie di modesta entità. Il contenuto del modulo D è tradotto da una persona abilitata ad effettuare traduzioni in uno degli Stati membri. 3. La parte che richiede l’esecuzione della sentenza emessa nell’ambito del procedimento europeo per le controversie di modesta entità in un altro Stato membro non è tenuta ad avere né: a) un rappresentante autorizzato; né b) un recapito postale; nello Stato membro di esecuzione, che non siano le persone responsabili per l’esecuzione. 4. Alla parte che in uno Stato membro chieda l’esecuzione di una sentenza emessa nell’ambito del procedimento europeo per le controversie di modesta entità in un altro Stato membro non possono essere richiesti cauzioni, garanzie o depositi, comunque siano denominati, a causa della qualità di straniero o per difetto di domicilio o residenza nello Stato membro di esecuzione. Articolo 22 Rifiuto dell’esecuzione 1. Su richiesta della parte contro cui viene chiesta, l’esecuzione è rifiutata dall’organo giurisdizionale competente dello Stato membro di esecuzione, se la sentenza emessa nell’ambito del procedimento europeo per le controversie di modesta entità è incompatibile con una sentenza anteriore pronunciata in uno Stato membro o in un paese terzo, a condizione che: a) la sentenza anteriore riguardi una causa avente lo stesso oggetto e le stesse parti; b) la sentenza anteriore sia stata pronunciata nello Stato membro di esecuzione o soddisfi le condizioni necessarie per il suo riconoscimento in tale Stato membro; c) la persona contro cui viene chiesta l’esecuzione non abbia fatto valere e non abbia avuto la possibilità di far valere l’incompatibilità nel procedimento svoltosi dinanzi all’organo giurisdizionale dello Stato membro in cui è stata emessa la sentenza nell’ambito del procedimento europeo per le controversie di modesta entità. 2. In nessun caso la sentenza emessa nell’ambito del procedimento europeo per le controversie di modesta entità può formare oggetto di un riesame del merito nello Stato membro di esecuzione. Articolo 23 Sospensione o limitazione dell’esecuzione Se una parte ha impugnato una sentenza emessa nell’ambito del procedimento europeo per le controversie di modesta entità o se una siffatta impugnazione è ancora possibile o una parte ha chiesto il riesame a norma dell’articolo 18, l’organo giurisdizionale competente o l’autorità competente dello Stato membro di esecuzione, su istanza della parte contro cui viene chiesta l’esecuzione, possono: a) limitare il procedimento di esecuzione ai provvedimenti conservativi; o b) subordinare l’esecuzione alla costituzione di una cauzione di cui determinano l’importo; oppure c) in circostanze eccezionali sospendere il procedimento di esecuzione. CAPO IV DISPOSIZIONI FINALI Articolo 24 Informazioni Gli Stati membri collaborano nel fornire ai cittadini e agli ambienti professionali le informazioni riguardanti il procedimento europeo per le controversie di modesta entità, comprese le spese, in particolare attraverso la rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale, istituita a norma della decisione 2001/470/CE. Articolo 25 Informazioni relative alla giurisdizione, ai mezzi di comunicazione e alle impugnazioni 1. Entro il 1o gennaio 2008 gli Stati membri comunicano alla Commissione: a) gli organi giurisdizionali competenti ad emettere sentenza nell’ambito del procedimento europeo per le controversie di modesta entità; b) i mezzi di comunicazione accettati ai fini del procedimento europeo per le controversie di modesta entità e di cui gli organi giurisdizionali dispongono a norma dell’articolo 4, paragrafo 1; c) la possibilità di impugnazione in base al proprio diritto processuale a norma dell’articolo 17 e l’organo giurisdizionale innanzi al quale può essere presentata; d) le lingue ammesse a norma dell’articolo 21, paragrafo 2, lettera b); e) quali sono le autorità competenti per l’esecuzione e quali sono le autorità competenti ai fini dell’applicazione dell’articolo 23. Gli Stati membri comunicano alla Commissione qualsiasi successiva modifica di tali informazioni. 2. La Commissione rende le informazioni comunicate ai sensi del paragrafo 1 accessibili a tutti mediante pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea e con ogni altro mezzo appropriato. Articolo 26 Misure di attuazione Le misure intese a modificare elementi non essenziali del presente regolamento, anche integrandolo, con riferimento agli aggiornamenti o alle modifiche tecniche dei moduli di cui agli allegati sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 27, paragrafo 2. Articolo 27 Comitato 1. La Commissione è assistita da un comitato. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa. Articolo 28 Riesame Entro il 1o gennaio 2014 la Commissione trasmette al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo una relazione dettagliata che riesamina l’applicazione del procedimento europeo per le controversie di modesta entità, anche per quanto riguarda il valore limite della controversia, di cui all’articolo 2, paragrafo 1. Detta relazione contiene una valutazione dell’applicazione del procedimento e un’ampia valutazione d’impatto per ciascuno Stato membro. A tal fine e per garantire che le migliori prassi nell’Unione europea siano debitamente tenute in considerazione e siano conformi ai principi di una migliore legislazione, gli Stati membri informano la Commissione dell’applicazione transfrontaliera del procedimento europeo per le controversie di modesta entità. Queste informazioni contemplano le spese processuali, la rapidità della procedura, l’efficienza, la facilità di utilizzazione e i procedimenti interni per controversie di modesta entità degli Stati membri. La relazione della Commissione è accompagnata, se del caso, da proposte di adeguamento. Articolo 29 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Esso si applica a decorrere dal 1o gennaio 2009, ad eccezione dell’articolo 25, che si applica dal 1o gennaio 2008. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile negli Stati membri in base al trattato che istituisce la Comunità europea. Fatto a Strasburgo, addì 11 luglio 2007. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente M. LOBO ANTUNES (1) GU C 88 dell’11.4.2006, pag. 61. (2) Parere del Parlamento europeo del 14 dicembre 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 13 giugno 2007. (3) GU L 160 del 30.6.2000, pag. 37. (4) GU L 12 del 16.1.2001, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 1791/2006 (GU L 363 del 20.12.2006, pag. 1). (5) GU L 174 del 27.6.2001, pag. 25. (6) GU L 143 del 30.4.2004, pag. 15. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 1869/2005 della Commissione (GU L 300 del 17.11.2005, pag. 6). (7) GU L 399 del 30.12.2006, pag. 1. (8) GU C 12 del 15.1.2001, pag. 1. (9) GU C 53 del 3.3.2005, pag. 1. (10) GU L 124 dell’8.6.1971, pag. 1. (11) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. Decisione modificata dalla decisione 2006/512/CE (GU L 200 del 22.7.2006, pag. 11). ALLEGATO I ALLEGATO II ALLEGATO III ALLEGATO IV
Procedimento europeo per le controversie di modesta entità — Norme che regolano controversie legali transfrontaliere QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Il regolamento istituisce una procedura scritta semplificata e accelerata per la gestione delle controversie transfrontaliere* di modesta entità. Ciò riduce le spese e garantisce che le sentenze emesse in un paese dell’Unione europea (Unione) vengano automaticamente eseguite in un altro. Il regolamento (CE) n. 861/2007 è stato ulteriormente migliorato e modernizzato dal regolamento (UE) 2015/2421 che ha inoltre aggiornato le regole per il procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento [introdotto la prima volta con il regolamento (CE) n. 1896/2006]. PUNTI CHIAVE La legislazione:si applica ai casi di natura civile e commerciale in cui il valore di una controversia non ecceda 5 000 EUR; non si applica a:stato o capacità giuridica delle persone fisiche; beni relativi al matrimonio o all’unione registrata;obbligazioni alimentari;testamenti e successioni;fallimenti;sicurezza sociale;arbitrato;diritto del lavoro;affitto di immobili;violazione della vita privata e dei diritti della personalità, inclusa la diffamazione.La procedura stabilisce che:i denuncianti avviano il procedimento in forma scritta inviando il modulo di domanda standard A compilato (allegato I), accompagnato da ogni documento giustificativo pertinente, all’organo giurisdizionale competente; l’organo giurisdizionale può:richiedere di completare, chiarire o rettificare la domanda originale, utilizzando il modulo standard B (allegato II).respingere le domande ritenute irricevibili o per le quali l’attore non fornisce le informazioni supplementari entro il termine stabilito; concedere un’udienza se ritiene impossibile emanare una sentenza sulla base delle sole prove in forma scritta; l’organo giurisdizionale procede con il caso inviando al convenuto la domanda e un modulo di risposta standard C (allegato III) entro 14 giorni dal ricevimento del modulo debitamente compilato; il convenuto:ha 30 giorni per replicare all’organo giurisdizionale. La replica viene inviata all’attore entro 14 giorni;può replicare che il valore di una controversia non pecuniaria supera il limite di 5 000 EUR. L’organo giurisdizionale decide se ciò sia vero. Se non lo è, il caso continua. Se lo è, viene affidato al sistema giudiziario dello Stato pertinente; l’organo giurisdizionale emette una sentenza entro 30 giorni dalla ricezione della replica del convenuto o dell’attore, oppure:richiede alle parti ulteriori dettagli in merito alla controversia;assume le prove nel modo più semplice e meno oneroso;può tenere un’udienza tramite tecnologie di comunicazione a distanza quali video o teleconferenza ove possibile, o altri mezzi tecnologici di comunicazione se disponibili, sebbene le persone possano richiedere di essere fisicamente presenti; i documenti e le sentenze vengono recapitati tramite i servizi postali o in formato elettronico, con ricevuta di ritorno; i moduli ufficiali devono essere presentati in una lingua utilizzata dall’organo giurisdizionale e gli altri documenti possono necessitare di traduzione; si applica il diritto processuale del paese dell’Unione in cui si svolge il procedimento.Le spese processuali:non devono essere sproporzionate e non devono superare le spese delle procedure giudiziarie nazionali semplificate; devono consentire alle parti, in particolare quelle di un altro paese dell’Unione, di utilizzare forme di pagamento a distanza, quali bonifico bancario, carta di credito o di debito o direttamente da un conto bancario.La parte soccombente sopporta le spese processuali. Tuttavia, non vengono riconosciute alla parte vincitrice spese superflue o sproporzionate rispetto al valore della controversia. L’impugnazione contro una sentenza è possibile se il diritto processuale nazionale lo prevede. Riesame della sentenza:è possibile se il convenuto:non ha ricevuto il modulo di domanda o la citazione a comparire in tempo utile per preparare la propria difesa;non ha avuto la possibilità di contestare la domanda a causa di situazioni di forza maggiore (o di circostanze eccezionali) per ragioni a lui non imputabili;presenta la domanda di riesame entro trenta giorni dalla sentenza; può essere accettato dall’organo giurisdizionale, nel qual caso la sentenza è nulla, o respinta e la sentenza rimane valida.Le sentenze:sono:eseguibili in qualsiasi altro paese dell’Unione;su richiesta di una delle parti, accompagnate da un certificato, il modulo standard D di cui all’allegato IV, nella lingua dell’Unione pertinente, senza spese supplementari; su richiesta della parte contro cui viene chiesta, l’esecuzione è rifiutata nella giurisdizione di esecuzione, se è incompatibile con una sentenza anteriore pronunciata in un paese dell’Unione o in un paese terzo, a condizione che questa:essa riguardi una causa avente lo stesso oggetto e le stesse parti;essa sia stata pronunciata nel paese dell’Unione di esecuzione o venga legalmente riconosciuta come tale;l’incompatibilità non venga fatta valere e non ci sia stata la possibilità di farla valere come obiezione nei procedimenti giudiziari dell’altro paese dell’Unione; possono, dopo l’impugnazione o la richiesta di riesame da parte di una delle parti, portare un organo giurisdizionale nella giurisdizione di esecuzione a:limitare il procedimento di esecuzione ai provvedimenti conservativi;subordinare l’esecuzione a condizioni;in circostanze eccezionali sospendere il procedimento di esecuzione.L’esecuzione delle sentenze è disciplinata dal paese in cui la sentenza viene applicata. I paesi dell’Unione:rendono disponibile il modulo di domanda standard A presso tutti gli organi giurisdizionali e i tribunali che applicano il procedimento europeo per le controversie di modesta entità; forniscono assistenza gratuita alla compilazione dei moduli e informazioni generali; non sono tenuti a fornire assistenza legale o assistenza per una causa specifica; comunicano alla Commissione europea se un’impugnazione è possibile in base al proprio diritto processuale — informazioni che la Commissione rende disponibili a tutti; utilizzano la rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale per informare i cittadini e gli ambienti professionali. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO I REGOLAMENTI? Il regolamento (CE) n. 861/2007 è in vigore dal 1 gennaio 2009, tranne le norme che richiedono ai paesi dell’Unione di informare la Commissione riguardo aspetti della giurisdizione, i mezzi di notifica e le impugnazioni (articolo 25), che vengono applicate dal 1 gennaio 2008. Il regolamento (UE) di modifica 2015/2421 si applica dal 14 luglio 2017 con l’eccezione del paragrafo (16) dell’articolo 1, che modifica l’articolo 25 del regolamento (CE) n. 861/2007, il quale si applica dal 14 gennaio 2017. CONTESTO Controversie di modesta entità (Portale europeo della giustizia elettronica) Procedimento europeo per controversie di modesta entità (La tua Europa) Guida per l’utente al procedimento europeo per controversie di modesta entità (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Transfrontaliero: quando almeno una delle parti ha domicilio o residenza in un paese dell’Unione diverso da quello in cui ha sede l’organo giurisdizionale interessato. DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (CE) n. 861/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, che istituisce un procedimento europeo per le controversie di modesta entità (GU L 199 del 31.7.2007, pag. 1). Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 861/2007 sono state integrate nel testo di base. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (CE) n. 1896/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, che istituisce un procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento (GU L 399 del 30.12.2006, pag. 1). Si veda la versione consolidata.
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REGOLAMENTO (CE) N. 864/2007 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO dell'11 luglio 2007 sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali («Roma II») IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 61, lettera c), e l'articolo 67, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato alla luce del progetto comune approvato dal comitato di conciliazione il 25 giugno 2007 (2), considerando quanto segue: (1) La Comunità si prefigge di conservare e sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Al fine di una progressiva istituzione di tale spazio, la Comunità dovrebbe adottare misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile che presentino implicazioni transfrontaliere nella misura necessaria per il corretto funzionamento del mercato interno. (2) A norma dell'articolo 65, lettera b), del trattato, queste misure dovrebbero includere la promozione della compatibilità delle regole applicabili negli Stati membri ai conflitti di leggi e di competenza giurisdizionale. (3) Il Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 ha avallato il principio del reciproco riconoscimento delle sentenze e altre decisioni delle autorità giudiziarie quale pietra angolare della cooperazione giudiziaria in materia civile, invitando il Consiglio e la Commissione ad adottare un programma di misure per l'attuazione del principio del reciproco riconoscimento. (4) Il 30 novembre 2000, il Consiglio ha adottato un programma congiunto della Commissione e del Consiglio di misure relative all'attuazione del principio del riconoscimento reciproco delle decisioni in materia civile e commerciale (3). Il programma ravvisa nelle misure relative all'armonizzazione delle regole di conflitto di leggi gli strumenti che facilitano il reciproco riconoscimento delle decisioni. (5) Il programma dell'Aia (4), adottato dal Consiglio europeo il 5 novembre 2004, ha auspicato la prosecuzione attiva del lavoro sulle regole di conflitto di leggi per quanto riguarda le obbligazioni non contrattuali («Roma II»). (6) Il corretto funzionamento del mercato interno esige che le regole di conflitto di leggi in vigore negli Stati membri designino la medesima legge nazionale quale che sia il paese del giudice adito onde favorire la prevedibilità dell’esito delle controversie giudiziarie, la certezza circa la legge applicabile e la libera circolazione delle sentenze. (7) Il campo d’applicazione materiale e le disposizioni del presente regolamento dovrebbero essere coerenti con il regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (5) («Bruxelles I»), e con gli strumenti relativi alla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali. (8) Il presente regolamento dovrebbe essere applicato a prescindere dalla natura dell'organo giurisdizionale adito. (9) Le azioni che derivano da atti od omissioni nell'esercizio di pubblici poteri (acta iure imperii) dovrebbero includere quelle esercitate nei confronti dei funzionari che agiscono a nome dello Stato e quelle di responsabilità per atti delle autorità pubbliche, compresa la responsabilità dei funzionari pubblici. Pertanto, tali questioni dovrebbero essere escluse dal campo di applicazione del presente regolamento. (10) I rapporti di famiglia dovrebbero comprendere l'ascendenza e la discendenza, il matrimonio, l'affinità e i parenti collaterali. Il riferimento, nell'articolo 1, paragrafo 2, ai rapporti che hanno effetti comparabili al matrimonio e ad altri rapporti di famiglia dovrebbe essere interpretato in conformità della legge dello Stato membro del giudice adito. (11) La nozione di obbligazione extracontrattuale varia da uno Stato membro all'altro. Pertanto, ai fini del presente regolamento, essa dovrebbe essere intesa come nozione autonoma. Le regole di conflitto di leggi stabilite nel presente regolamento dovrebbero disciplinare anche le obbligazioni extracontrattuali derivanti da responsabilità oggettiva. (12) La legge applicabile dovrebbe disciplinare altresì la questione della capacità di rispondere per il fatto illecito. (13) Norme uniformi applicabili a prescindere dalla legge da esse designata possono permettere di evitare il rischio di distorsioni di concorrenza fra contendenti comunitari. (14) Il requisito della certezza del diritto e l'esigenza di amministrare la giustizia nei casi concreti sono elementi essenziali dello spazio di giustizia. Il presente regolamento prevede i criteri di collegamento più adatti al raggiungimento di tali obiettivi. Pertanto, il presente regolamento prevede una regola generale ma anche regole specifiche e, in determinate disposizioni, una «clausola di salvaguardia» che consente di discostarsi da tali regole qualora risulti chiaramente da tutte le circostanze del caso che il fatto illecito presenta manifestamente un collegamento più stretto con un altro paese. Tale insieme di regole crea un quadro flessibile di regole di conflitto di leggi. Inoltre, esso consente al giudice adito di trattare i casi singoli in maniera adeguata. (15) Se il principio della lex loci delicti commissi rappresenta la soluzione di base in materia di obbligazioni extracontrattuali in quasi tutti gli Stati membri, questo principio viene applicato in pratica in modo differenziato in caso di dispersione degli elementi della fattispecie tra vari paesi. Questo stato di cose genera incertezza circa la legge applicabile. (16) Norme uniformi dovrebbero migliorare la prevedibilità delle decisioni giudiziarie e assicurare un ragionevole equilibrio tra gli interessi del presunto responsabile e quelli della parte lesa. Il collegamento con il paese sul cui territorio il danno diretto si è verificato (lex loci damni) determina un giusto equilibrio fra gli interessi del presunto responsabile e quelli della parte lesa, oltre a corrispondere alla moderna concezione del diritto della responsabilità civile e all’evoluzione dei sistemi di responsabilità oggettiva. (17) La legge applicabile dovrebbe essere determinata sulla base del luogo in cui si verifica il danno, a prescindere dal paese o dai paesi in cui potrebbero verificarsi le conseguenze indirette. Pertanto, in caso di lesioni alla sfera personale o danni patrimoniali, il paese in cui il danno si verifica dovrebbe essere il paese in cui è stata rispettivamente subita la lesione alla sfera personale o si è verificato il danno patrimoniale. (18) La regola generale nel presente regolamento dovrebbe essere quella della lex loci damni di cui all'articolo 4, paragrafo 1. L'articolo 4, paragrafo 2, dovrebbe costituire un'eccezione a tale regola generale in quanto crea una connessione speciale qualora le parti siano abitualmente residenti nello stesso paese. L'articolo 4, paragrafo 3, dovrebbe essere inteso come «clausola di salvaguardia» rispetto all'articolo 4, paragrafi 1 e 2, qualora risulti chiaramente da tutte le circostanze del caso che il fatto illecito presenta manifestamente un collegamento più stretto con un altro paese. (19) È opportuno prevedere norme specifiche in relazione a tipologie speciali di fatto illecito per le quali la norma generale non permette di raggiungere un equilibrio ragionevole fra i contrapposti interessi. (20) In materia di responsabilità per prodotti difettosi, la regola di conflitto di leggi dovrebbe rispondere agli obiettivi di ripartire equamente i rischi inerenti a una società moderna altamente tecnologica, di tutelare la salute dei consumatori, di incentivare l’innovazione, di garantire una concorrenza non falsata e di agevolare gli scambi commerciali. La creazione di un sistema a cascata di criteri di collegamento, unitamente a una clausola di prevedibilità, costituisce, alla luce di questi obiettivi, una soluzione equilibrata. Il primo elemento da prendere in considerazione è la legge del paese in cui la parte lesa risiedeva abitualmente nel momento in cui il danno si è verificato, a condizione che il prodotto sia stato commercializzato in quel paese. Gli altri elementi del sistema a cascata entrano in gioco se il prodotto non è stato commercializzato in tale paese, fatti salvi l'articolo 4, paragrafo 2, e la possibilità di un collegamento manifestamente più stretto con un altro paese. (21) La disposizione specifica dell'articolo 6 non costituisce un'eccezione alla regola generale di cui all'articolo 4, paragrafo 1, ma piuttosto un chiarimento della stessa. In materia di concorrenza sleale, la regola di conflitto di leggi dovrebbe tutelare i concorrenti, i consumatori e il pubblico in senso lato, nonché garantire il corretto funzionamento dell’economia di mercato. Il collegamento con la legge del paese in cui i rapporti di concorrenza o gli interessi collettivi dei consumatori sono o possono essere pregiudicati permette in genere di realizzare questi obiettivi. (22) Le obbligazioni extracontrattuali che derivano da una restrizione della concorrenza di cui all'articolo 6, paragrafo 3, dovrebbero riguardare le violazioni della legislazione sulla concorrenza a livello sia nazionale che comunitario. La legge applicabile a tali obbligazioni extracontrattuali dovrebbe essere quella del paese sul cui mercato la restrizione ha o potrebbe avere effetto. Qualora la restrizione abbia o possa avere effetto sul mercato di più di un paese, la persona che promuove un'azione può, in taluni casi, scegliere di fondare le sue pretese sulla legge del giudice adito. (23) Ai fini del presente regolamento, la nozione di restrizione della concorrenza dovrebbe comprendere divieti di accordi tra imprese, decisioni di associazioni di imprese e le pratiche concordate che abbiano per oggetto o per effetto di impedire‚ restringere o falsare il gioco della concorrenza in uno Stato membro o nel mercato interno, nonché il divieto di abusare di una posizione dominante nell'ambito di uno Stato membro o del mercato interno, quando tali accordi, decisioni, pratiche concordate e abusi di posizione dominante siano vietati dagli articoli 81 e 82 del trattato o dalla legge di uno Stato membro. (24) Per «danno ambientale» dovrebbe intendersi il mutamento negativo di una risorsa naturale, come l'acqua, il terreno o l'aria, il deterioramento di una funzione svolta da tale risorsa naturale a vantaggio di un'altra risorsa naturale o del pubblico, oppure il deterioramento della variabilità tra gli organismi viventi. (25) In materia di danni all’ambiente, l’articolo 174 del trattato, il quale si prefigge un elevato livello di tutela fondata sui principi di precauzione e di azione preventiva, sul principio di correzione, in via prioritaria alla fonte, e sul principio «chi inquina paga», giustifica pienamente il ricorso al principio del trattamento favorevole per la parte lesa. Il momento in cui la persona che chiede il risarcimento può effettuare la scelta in merito alla legge applicabile dovrebbe essere determinato in conformità della legge dello Stato membro in cui il giudice è adito. (26) Quanto alle violazioni dei diritti di proprietà intellettuale, sarebbe opportuno mantenere il principio della lex loci protectionis, universalmente riconosciuto. Ai fini del presente regolamento, per «diritti di proprietà intellettuale» si dovrebbero intendere, per esempio, il diritto d’autore, i diritti connessi, il diritto sui generis alla protezione delle banche dati, nonché i diritti di proprietà industriale. (27) La nozione esatta di attività sindacale, quale lo sciopero o la serrata, varia da uno Stato membro all'altro ed è definita secondo le norme di diritto interno di ciascuno Stato membro. Pertanto, il presente regolamento si basa sul principio generale dell'applicazione della legge del paese in cui l'attività sindacale ha avuto luogo al fine di tutelare i diritti e gli obblighi dei lavoratori e dei datori di lavoro. (28) La norma speciale riguardante l'attività sindacale di cui all'articolo 9 lascia impregiudicate le condizioni per l'esercizio di una siffatta attività in conformità della legge nazionale e fa salvo lo status giuridico delle organizzazioni sindacali dei lavoratori o delle organizzazioni rappresentative dei lavoratori previsto nel diritto interno degli Stati membri. (29) Sarebbe opportuno prevedere norme specifiche in caso di danni causati da un atto diverso da un fatto illecito quali l’arricchimento senza causa, la negotiorum gestio e la culpa in contrahendo. (30) La culpa in contrahendo ai fini del presente regolamento è una nozione autonoma e non dovrebbe necessariamente essere interpretata ai sensi del diritto interno. Essa dovrebbe includere la violazione dell'onere di informare e l'interruzione delle trattative contrattuali. L'articolo 12 comprende solo le obbligazioni extracontrattuali che presentano un collegamento diretto con le trattative precontrattuali. Ciò significa che, se durante le trattative precontrattuali una persona subisce lesioni alla sfera personale, si dovrebbero applicare l'articolo 4 o altre disposizioni pertinenti del presente regolamento. (31) Nel rispetto del principio dell'autonomia delle parti e nell'intento di rafforzare la certezza del diritto, le parti dovrebbero poter scegliere la legge applicabile ad una obbligazione extracontrattuale. Tale scelta dovrebbe essere espressa o risultare in modo non equivoco dalle circostanze del caso di specie. Qualora accerti la sussistenza dell'accordo, il giudice deve rispettare le intenzioni delle parti. È opportuno proteggere le parti più deboli sottoponendo tale scelta a determinate condizioni. (32) Considerazioni di pubblico interesse giustificano, in circostanze eccezionali, che i giudici degli Stati membri possano applicare deroghe basate sull'ordine pubblico e sulle norme di applicazione necessaria. In particolare, l'applicazione di una disposizione della legge designata dal presente regolamento che abbia l'effetto di determinare il riconoscimento di danni non risarcitori aventi carattere esemplare o punitivo di natura eccessiva può essere considerata contraria all'ordine pubblico del foro, tenuto conto delle circostanze del caso di specie e dell'ordinamento giuridico dello Stato membro del giudice adito. (33) Conformemente alle norme nazionali vigenti in materia di risarcimento concesso alle vittime di incidenti stradali, è opportuno che, nel quantificare i danni per lesione alla persona qualora l'incidente abbia luogo in uno Stato diverso da quello di residenza abituale della vittima, il giudice adito tenga conto di tutte le circostanze di fatto riguardanti la vittima, compreso l'effettivo lucro cessante e le spese del trattamento medico e riabilitativo. (34) Al fine di raggiungere un equilibrio ragionevole fra le parti, occorre tener conto, ove appropriato, delle norme di sicurezza e di condotta in vigore nel paese in cui il fatto dannoso è stato commesso, anche ove l’obbligazione extracontrattuale sia disciplinata dalla legge di un altro paese. Il concetto di «norme di sicurezza e di condotta» dovrebbe essere interpretato come riferito a tutte le disposizioni che presentano un collegamento con la sicurezza e la condotta, comprese per esempio le norme relative alla sicurezza stradale in caso di incidente. (35) Occorrerebbe evitare la dispersione delle regole di conflitto di leggi in molteplici strumenti e le divergenze tra tali regole. Tuttavia, il presente regolamento non esclude la possibilità di inserire regole di conflitto di leggi riguardanti le obbligazioni extracontrattuali nelle disposizioni dell'ordinamento comunitario relative a materie particolari. Il presente regolamento non dovrebbe pregiudicare l'applicazione di altri strumenti contenenti disposizioni intese a contribuire al corretto funzionamento del mercato interno nella misura in cui esse non possono essere applicate in collegamento con la legge designata in base al presente regolamento. L'applicazione delle disposizioni sulla legge applicabile designata in base al presente regolamento non dovrebbe restringere la libera circolazione delle merci e dei servizi disciplinata da strumenti comunitari quali la direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'8 giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («direttiva sul commercio elettronico») (6). (36) Il rispetto degli impegni internazionali sottoscritti dagli Stati membri comporta che il presente regolamento lasci impregiudicate le convenzioni internazionali di cui uno o più Stati membri sono parte al momento dell'adozione del presente regolamento. Per garantire una maggiore accessibilità di tali norme, la Commissione dovrebbe pubblicare, basandosi sulle informazioni trasmesse dagli Stati membri, l’elenco delle convenzioni in questione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. (37) La Commissione presenterà al Parlamento europeo e al Consiglio una proposta riguardante le procedure e condizioni secondo le quali gli Stati membri sarebbero autorizzati a negoziare e concludere a proprio nome, in singoli casi eccezionali riguardanti materie settoriali, accordi con paesi terzi contenenti disposizioni sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali. (38) Poiché l'obiettivo del presente regolamento non può essere realizzato in maniera sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti del presente regolamento, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (39) A norma dell’articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, il Regno Unito e l’Irlanda partecipano all’adozione e all’applicazione del presente regolamento. (40) A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca non partecipa all’adozione del presente regolamento e non è pertanto da esso vincolata né soggetta alla sua applicazione, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: CAPO I CAMPO DI APPLICAZIONE Articolo 1 Campo di applicazione 1. Il presente regolamento si applica, in circostanze che comportino un conflitto di leggi, alle obbligazioni extracontrattuali in materia civile e commerciale. Esso non si applica, in particolare, alle materie fiscali, doganali o amministrative né alla responsabilità dello Stato per atti od omissioni nell'esercizio di pubblici poteri (acta iure imperii). 2. Sono escluse dal campo di applicazione del presente regolamento: a) le obbligazioni extracontrattuali che derivano dai rapporti di famiglia o da rapporti che secondo la legge applicabile a tali rapporti hanno effetti comparabili, comprese le obbligazioni alimentari; b) le obbligazioni extracontrattuali che derivano da regimi patrimoniali tra coniugi, da regimi patrimoniali relativi a rapporti che secondo la legge applicabile a questi ultimi hanno effetti comparabili al matrimonio, nonché dalle successioni; c) le obbligazioni extracontrattuali che derivano da cambiali, assegni, vaglia cambiari ed altri strumenti negoziabili, nella misura in cui le obbligazioni derivanti da tali altri strumenti risultano dal loro carattere negoziabile; d) le obbligazioni extracontrattuali che derivano dal diritto delle società, associazioni e persone giuridiche, su aspetti quali la costituzione, tramite registrazione o altrimenti, la capacità giuridica, l'organizzazione interna e lo scioglimento delle società, associazioni e persone giuridiche, la responsabilità personale dei soci e degli organi per le obbligazioni della società, associazione o persona giuridica nonché la responsabilità personale dei revisori dei conti nei confronti di una società o dei suoi soci nel controllo dei documenti contabili; e) le obbligazioni extracontrattuali che derivano dai rapporti tra i costituenti, i fiduciari e i beneficiari di un trust costituito per iniziativa volontaria; f) le obbligazioni extracontrattuali che derivano da un danno nucleare; g) le obbligazioni extracontrattuali che derivano da violazioni della vita privata e dei diritti della personalità, compresa la diffamazione. 3. Il presente regolamento non si applica alla prova e alla procedura, fatti salvi gli articoli 21 e 22. 4. Ai fini del presente regolamento, per «Stato membro» si intendono tutti gli Stati membri, eccetto la Danimarca. Articolo 2 Obbligazioni extracontrattuali 1. Ai fini del presente regolamento, il danno comprende ogni conseguenza derivante da fatto illecito, arricchimento senza causa, negotiorum gestio o culpa in contrahendo. 2. Il presente regolamento si applica anche alle obbligazioni extracontrattuali che possono sorgere. 3. Qualsiasi riferimento, contenuto nel presente regolamento, a: a) un fatto che dà origine al danno comprende i fatti che possono verificarsi che danno origine a danni; b) un danno comprende i danni che possono verificarsi. Articolo 3 Carattere universale La legge designata dal presente regolamento si applica anche ove non sia quella di uno Stato membro. CAPO II ILLECITI Articolo 4 Norma generale 1. Salvo se diversamente previsto nel presente regolamento, la legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali che derivano da un fatto illecito è quella del paese in cui il danno si verifica, indipendentemente dal paese nel quale è avvenuto il fatto che ha dato origine al danno e a prescindere dal paese o dai paesi in cui si verificano le conseguenze indirette di tale fatto. 2. Tuttavia, qualora il presunto responsabile e la parte lesa risiedano abitualmente nello stesso paese nel momento in cui il danno si verifica, si applica la legge di tale paese. 3. Se dal complesso delle circostanze del caso risulta chiaramente che il fatto illecito presenta collegamenti manifestamente più stretti con un paese diverso da quello di cui ai paragrafi 1 o 2, si applica la legge di quest'altro paese. Un collegamento manifestamente più stretto con un altro paese potrebbe fondarsi segnatamente su una relazione preesistente tra le parti, quale un contratto, che presenti uno stretto collegamento con il fatto illecito in questione. Articolo 5 Responsabilità da prodotti 1. Fatto salvo l'articolo 4, paragrafo 2, la legge applicabile all'obbligazione extracontrattuale che deriva da danni causati da un prodotto è: a) la legge del paese in cui la persona che ha subito il danno risiedeva abitualmente quando si è verificato il danno, se il prodotto è stato commercializzato in tale paese; o, in mancanza, b) la legge del paese in cui è stato acquistato il prodotto, se il prodotto è stato commercializzato in tale paese; o, in mancanza, c) la legge del paese in cui il danno si è verificato, se il prodotto è stato commercializzato in tale paese. Si applica tuttavia la legge del paese in cui il presunto responsabile risiede abitualmente qualora tale persona non potesse ragionevolmente prevedere la commercializzazione del prodotto o di un prodotto dello stesso tipo nel paese la cui legge è applicabile ai sensi delle lettere a), b) o c). 2. Se dal complesso delle circostanze del caso risulta chiaramente che il fatto illecito presenta collegamenti manifestamente più stretti con un paese diverso da quello di cui al paragrafo 1, si applica la legge di quest'altro paese. Un collegamento manifestamente più stretto con un altro paese potrebbe fondarsi segnatamente su una relazione preesistente tra le parti, quale un contratto, che presenti uno stretto collegamento con il fatto illecito in questione. Articolo 6 Concorrenza sleale e atti limitativi della libera concorrenza 1. La legge applicabile all'obbligazione extracontrattuale che deriva da un atto di concorrenza sleale è quella del paese sul cui territorio sono pregiudicati, o rischiano di esserlo, i rapporti di concorrenza o gli interessi collettivi dei consumatori. 2. Qualora un atto di concorrenza sleale leda esclusivamente gli interessi di un dato concorrente, si applica l'articolo 4. 3. a) La legge applicabile all'obbligazione extracontrattuale che deriva da una restrizione della concorrenza è quella del paese sul cui mercato la restrizione ha o potrebbe avere effetto. b) Qualora la restrizione abbia o possa avere effetto sul mercato di più di un paese, chi promuove un'azione di risarcimento danni dinanzi al giudice del domicilio del convenuto può invece scegliere di fondare le sue pretese sulla legge del giudice adito, purché il mercato in tale Stato membro sia tra quelli direttamente e sostanzialmente interessati dalla restrizione della concorrenza da cui deriva l'obbligazione extracontrattuale su cui si basa la pretesa; se l'attore agisce nei confronti di più di un convenuto dinanzi a detto giudice conformemente alle norme applicabili in materia di competenza giurisdizionale, può scegliere di fondare la sua pretesa esclusivamente sulla legge di tale giudice qualora la restrizione della concorrenza su cui si basa la pretesa contro ciascuno di detti convenuti interessi direttamente e sostanzialmente anche il mercato dello Stato membro di tale giudice. 4. Non si può derogare alla legge applicabile in virtù del presente articolo con un accordo ai sensi dell'articolo 14. Articolo 7 Danno ambientale La legge applicabile all'obbligazione extracontrattuale che deriva da danno ambientale o da danni arrecati alle persone o ai beni per effetto di un tale danno è quella risultante dall'articolo 4, paragrafo 1, a meno che la persona che chiede il risarcimento dei danni scelga di fondare le sue pretese sulla legge del paese in cui il fatto che ha determinato il danno si è verificato. Articolo 8 Violazione dei diritti di proprietà intellettuale 1. La legge applicabile all'obbligazione extracontrattuale che deriva da una violazione di un diritto di proprietà intellettuale è quella del paese per il quale la protezione è chiesta. 2. In caso di obbligazione extracontrattuale che deriva da una violazione di un diritto di proprietà intellettuale comunitaria a carattere unitario, la legge applicabile è quella del paese in cui è stata commessa la violazione per le questioni non disciplinate dal relativo strumento comunitario. 3. Non si può derogare alla legge applicabile in virtù del presente articolo con un accordo ai sensi dell'articolo 14. Articolo 9 Attività sindacale Fatto salvo l'articolo 4, paragrafo 2, la legge applicabile all’obbligazione extracontrattuale per quanto concerne la responsabilità di una persona in qualità di lavoratore, datore di lavoro o organizzazione che rappresenta i loro interessi professionali per danni causati da un’attività sindacale, prevista o conclusa, è quella del paese in cui tale attività è destinata a svolgersi o si è svolta. CAPO III ARRICCHIMENTO SENZA CAUSA, NEGOTIORUM GESTIO E CULPA IN CONTRAHENDO Articolo 10 Arricchimento senza causa 1. Ove un’obbligazione extracontrattuale derivante da un arricchimento senza causa, compresa la ripetizione dell’indebito, si ricolleghi a una relazione esistente tra le parti, come quella derivante da un contratto o da un fatto illecito, che presenti uno stretto collegamento con tale arricchimento senza causa, la legge applicabile è quella che disciplina tale relazione. 2. Quando la legge applicabile non può essere determinata in base al paragrafo 1 e le parti hanno la loro residenza abituale nel medesimo paese nel momento in cui si verifica il fatto che determina l'arricchimento senza causa, si applica la legge di tale paese. 3. Quando la legge applicabile non può essere determinata in base ai paragrafi 1 o 2, si applica la legge del paese in cui l’arricchimento senza causa si è prodotto. 4. Se dal complesso delle circostanze del caso risulta che l'obbligazione extracontrattuale che deriva da un arricchimento senza causa presenta collegamenti manifestamente più stretti con un paese diverso da quello di cui ai paragrafi 1, 2 e 3, si applica la legge di quest'altro paese. Articolo 11 Negotiorum gestio 1. Qualora un’obbligazione extracontrattuale che deriva da una gestione d'affari altrui si ricolleghi ad una relazione esistente tra le parti, come quella derivante da un contratto o da un fatto illecito, che presenti uno stretto collegamento con tale obbligazione extracontrattuale, la legge applicabile è quella che disciplina tale relazione. 2. Quando la legge applicabile non può essere determinata in base al paragrafo 1 e le parti hanno la loro residenza abituale nel medesimo paese nel momento in cui si verifica il fatto che determina il danno, si applica la legge di tale paese. 3. Quando la legge applicabile non può essere determinata in base ai paragrafi 1 o 2, si applica la legge del paese in cui si è svolta la gestione d'affari. 4. Se dal complesso delle circostanze del caso risulta che l'obbligazione extracontrattuale che deriva da una gestione d'affari altrui presenta collegamenti manifestamente più stretti con un paese diverso da quello di cui ai paragrafi 1, 2 e 3, si applica la legge di quest'altro paese. Articolo 12 Culpa in contrahendo 1. La legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali derivanti dalle trattative precontrattuali, a prescindere dal fatto che il contratto sia stato effettivamente concluso o meno, è la legge che si applica al contratto o che sarebbe stata applicabile al contratto se lo stesso fosse stato concluso. 2. Quando la legge applicabile non può essere determinata in base al paragrafo 1, si applica: a) la legge del paese in cui si verifica il danno, indipendentemente dal paese nel quale si è verificato il fatto che ha determinato il danno e a prescindere dal paese o dai paesi in cui si sono verificate le conseguenze indirette del fatto; oppure b) se le parti hanno la loro residenza abituale nel medesimo paese nel momento in cui si verifica il fatto che determina il danno, la legge di tale paese; oppure c) se dal complesso delle circostanze del caso risulta evidente che l'obbligazione extracontrattuale che deriva da trattative precontrattuali presenta collegamenti manifestamente più stretti con un paese diverso da quello di cui alle lettere a) e b), la legge di quest'altro paese. Articolo 13 Applicabilità dell'articolo 8 Ai fini del presente capo, l'articolo 8 si applica alle obbligazioni extracontrattuali derivanti dalla violazione di un diritto di proprietà intellettuale. CAPO IV LIBERTÀ DI SCELTA Articolo 14 Libertà di scelta 1. Le parti possono convenire di sottoporre l'obbligazione extracontrattuale ad una legge di loro scelta: a) con un accordo posteriore al verificarsi del fatto che ha determinato il danno; o b) se tutte le parti esercitano un'attività commerciale, anche mediante un accordo liberamente negoziato prima del verificarsi del fatto che ha determinato il danno. La scelta è espressa o risulta in modo non equivoco dalle circostanze del caso di specie e non pregiudica i diritti dei terzi. 2. Qualora tutti gli elementi pertinenti alla situazione siano ubicati, nel momento in cui si verifica il fatto che determina il danno, in un paese diverso da quello la cui legge è stata scelta, la scelta effettuata dalle parti non pregiudica l'applicazione delle disposizioni alle quali la legge di tale diverso paese non permette di derogare convenzionalmente. 3. Qualora tutti gli elementi pertinenti alla situazione siano ubicati, nel momento in cui si verifica il fatto che determina il danno, in uno o più Stati membri, la scelta di una legge applicabile diversa da quella di uno Stato membro ad opera delle parti non pregiudica l'applicazione delle disposizioni del diritto comunitario, se del caso, nella forma in cui sono applicate nello Stato membro del foro, alle quali non è permesso derogare convenzionalmente. CAPO V NORME COMUNI Articolo 15 Ambito della legge applicabile La legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali, a norma del presente regolamento, disciplina in particolare: a) la base e la portata della responsabilità, compresa la determinazione dei soggetti che possono essere ritenuti responsabili per i propri atti; b) i motivi di esonero dalla responsabilità, nonché ogni limitazione e ripartizione della responsabilità; c) l'esistenza, la natura e la valutazione del danno o l'indennizzo chiesto; d) entro i limiti dei poteri attribuiti al giudice dalla sua legge processuale, i provvedimenti che possono essere presi da un giudice per prevenire o inibire lesioni o danni ovvero per fissare le modalità di risarcimento; e) la questione della trasferibilità del diritto alla richiesta di risarcimento o indennizzo, anche per via successoria; f) i soggetti aventi diritto al risarcimento del danno personalmente subito; g) la responsabilità per fatto altrui; h) il modo di estinzione delle obbligazioni nonché le norme di prescrizione e di decadenza, comprese quelle relative alla decorrenza, all'interruzione e alla sospensione dei termini di prescrizione o decadenza. Articolo 16 Norme di applicazione necessaria Le disposizioni del presente regolamento non pregiudicano l'applicazione delle disposizioni della legge del foro che siano di applicazione necessaria alla situazione, quale che sia la legge applicabile all'obbligazione extracontrattuale. Articolo 17 Norme di sicurezza e di condotta Nel valutare il comportamento del presunto responsabile del danno prodotto si tiene conto, quale dato di fatto e ove opportuno, delle norme di sicurezza e di condotta in vigore nel luogo e nel momento in cui si verifica il fatto che determina la responsabilità. Articolo 18 Azione diretta contro l'assicuratore del responsabile La parte lesa può chiedere il risarcimento dei danni subiti direttamente all'assicuratore della persona tenuta al risarcimento se lo stabilisce la legge applicabile all'obbligazione extracontrattuale o quella applicabile al contratto di assicurazione. Articolo 19 Surrogazione Qualora, in virtù di un'obbligazione extracontrattuale, un soggetto, il creditore, vanti diritti nei confronti di un altro soggetto, il debitore, e un terzo sia tenuto a soddisfare il creditore, ovvero il terzo abbia soddisfatto il creditore in esecuzione di questo obbligo, la legge applicabile a tale obbligo del terzo determina se e in quale misura questi possa esercitare nei confronti del debitore i diritti vantati dal creditore nei confronti del debitore in base alla legge che disciplina i loro rapporti. Articolo 20 Obbligazioni solidali Qualora il creditore vanti un credito nei confronti di vari debitori che sono responsabili in solido e uno di essi abbia già adempiuto l'obbligazione in tutto o in parte, il diritto di tale debitore di rivalersi sugli altri debitori è disciplinato dalla legge applicabile all'obbligazione extracontrattuale del suddetto debitore nei confronti del creditore. Articolo 21 Validità formale Un atto giuridico unilaterale relativo ad una obbligazione extracontrattuale è valido sotto il profilo formale ove soddisfi i requisiti di forma della legge che disciplina l'obbligazione extracontrattuale in questione o della legge del paese in cui l'atto è stato posto in essere. Articolo 22 Onere della prova 1. La legge che disciplina l'obbligazione extracontrattuale ai sensi del presente regolamento si applica nella misura in cui, in materia di obbligazioni extracontrattuali, stabilisca presunzioni legali o ripartisca l'onere della prova. 2. Gli atti giuridici possono essere provati con ogni mezzo di prova ammesso tanto dalla legge del foro quanto da una delle leggi di cui all'articolo 21 secondo la quale l'atto è valido quanto alla forma, sempreché il mezzo di prova possa essere impiegato davanti al tribunale adito. CAPO VI ALTRE DISPOSIZIONI Articolo 23 Residenza abituale 1. Ai fini del presente regolamento, per residenza abituale di società, associazioni e persone giuridiche si intende il luogo in cui si trova la loro amministrazione centrale. Qualora il fatto che ha determinato il danno si verifichi o il danno insorga durante l'esercizio dell'attività di una filiale, un'agenzia o qualunque altra sede di attività, il luogo in cui è ubicata la filiale, l'agenzia o l'altra sede di attività è considerato residenza abituale. 2. Ai fini del presente regolamento, per residenza abituale di una persona fisica che agisce nell'esercizio della sua attività professionale si intende la sua sede di attività principale. Articolo 24 Esclusione del rinvio Qualora il presente regolamento prescriva l'applicazione della legge di un paese, esso si riferisce all'applicazione delle norme giuridiche in vigore in quel paese, ad esclusione delle norme di diritto internazionale privato. Articolo 25 Stati con più sistemi giuridici 1. Ove uno Stato si componga di più unità territoriali, ciascuna con una normativa propria in materia di obbligazioni extracontrattuali, ogni unità territoriale è considerata come un paese ai fini della determinazione della legge applicabile ai sensi del presente regolamento. 2. Uno Stato membro in cui differenti unità territoriali abbiano le proprie norme giuridiche in materia di obbligazioni extracontrattuali non è tenuto ad applicare il presente regolamento ai conflitti di leggi che riguardano unicamente tali unità territoriali. Articolo 26 Ordine pubblico del foro L'applicazione di una norma della legge di un paese designata dal presente regolamento può essere esclusa solo qualora tale applicazione risulti manifestamente incompatibile con l'ordine pubblico del foro. Articolo 27 Relazioni con altre disposizioni del diritto comunitario Il presente regolamento non pregiudica l'applicazione delle disposizioni dell'ordinamento comunitario che, con riferimento a settori specifici, disciplinino i conflitti di leggi in materia di obbligazioni extracontrattuali. Articolo 28 Rapporti con altre convenzioni internazionali in vigore 1. Il presente regolamento non osta all'applicazione delle convenzioni internazionali di cui uno o più Stati membri sono parti contraenti al momento dell'adozione del presente regolamento e che disciplinano i conflitti di leggi inerenti ad obbligazioni extracontrattuali. 2. Tuttavia, il presente regolamento prevale, tra Stati membri, sulle convenzioni concluse esclusivamente tra due o più di essi nella misura in cui esse riguardano materie disciplinate dal presente regolamento. CAPO VII DISPOSIZIONI FINALI Articolo 29 Elenco delle convenzioni 1. Entro l'11 luglio 2008, gli Stati membri comunicano alla Commissione le convenzioni di cui all'articolo 28, paragrafo 1. Dopo tale data, gli Stati membri comunicano alla Commissione ogni eventuale denuncia di tali convenzioni. 2. La Commissione pubblica nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea entro sei mesi dal ricevimento: i) un elenco delle convenzioni di cui al paragrafo 1; ii) le denunce di cui al paragrafo 1. Articolo 30 Clausola di revisione 1. Entro il 20 agosto 2011, la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo una relazione sull’applicazione del presente regolamento. Tale relazione è corredata, se del caso, di proposte di modifica del presente regolamento. La relazione comprende: i) uno studio degli effetti del modo in cui il diritto straniero è trattato nelle varie giurisdizioni e della misura in cui i giudici degli Stati membri applicano il diritto straniero nella prassi a seguito del presente regolamento; ii) uno studio degli effetti dell'articolo 28 del presente regolamento riguardo alla convenzione dell'Aia del 4 maggio 1971 sulla legge applicabile in materia di incidenti della circolazione stradale. 2. Entro il 31 dicembre 2008, la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo uno studio della situazione nel settore della legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali derivanti da violazioni della vita privata e dei diritti della personalità, che tenga conto delle disposizioni relative alla libertà di stampa e di espressione nei mezzi d'informazione e delle questioni di conflitti di leggi connesse alla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (7). Articolo 31 Applicazione nel tempo Il presente regolamento si applica a fatti verificatisi dopo la sua entrata in vigore che danno origine a danni. Articolo 32 Data di applicazione Il presente regolamento si applica a decorrere dall'11 gennaio 2009, fatta eccezione per l'articolo 29, che si applica a decorrere dall'11 luglio 2008. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile negli Stati membri, in conformità del trattato che istituisce la Comunità europea. Fatto a Strasburgo, addì 11 luglio 2007. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente M. LOBO ANTUNES (1) GU C 241 del 28.9.2004, pag. 1. (2) Parere del Parlamento europeo del 6 luglio 2005 (GU C 157 E del 6.7.2006, pag. 371), posizione comune del Consiglio del 25 settembre 2006 (GU C 289 E del 28.11.2006, pag. 68) e posizione del Parlamento europeo del 18 gennaio 2007 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 10 luglio 2007 e decisione del Consiglio del 28 giugno 2007. (3) GU C 12 del 15.1.2001, pag. 1. (4) GU C 53 del 3.3.2005, pag. 1. (5) GU L 12 del 16.1.2001, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1791/2006 (GU L 363 del 20.12.2006, pag. 1). (6) GU L 178 del 17.7.2000, pag. 1. (7) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31. Dichiarazione della Commissione sulla clausola di revisione (Articolo 30) La Commissione, in risposta all'invito del Parlamento europeo e del Consiglio nel quadro dell'articolo 30 del regolamento «Roma II», presenterà, entro dicembre 2008, uno studio sulla situazione nel campo della legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali derivanti da violazioni della vita privata e dei diritti della personalità. La Commissione esaminerà tutti gli aspetti della situazione e, se necessario, prenderà opportune misure.
La legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali SINTESI CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? — Offre una maggiore certezza del diritto per quanto riguarda la legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali, in particolare ai casi di fatti illeciti (illeciti ai sensi del diritto civile o pertinenti alla responsabilità civile). — Assicura inoltre un equilibrio ragionevole tra gli interessi della persona la cui responsabilità è invocata e quelli della parte lesa. — La legge applicabile è quella specificata dal regolamento, indipendentemente dal fatto che essa appartenga o meno a un paese dell’Unione europea (UE). — Tale regolamento si applica a tutti i paesi dell’UE eccetto la Danimarca. PUNTI CHIAVE Il regolamento non sostituisce il diritto nazionale sostanziale (ossia le leggi che stabiliscono i diritti e i doveri) relativo alle obbligazioni extracontrattuali; esso si limita a determinare il diritto nazionale sostanziale applicabile. La legge applicabile a un’obbligazione extracontrattuale derivante da un illecito è: 1.quella del paese in cui si è verificato il danno; 2.quella del paese in cui entrambe le parti risiedevano abitualmente o in cui avevano la sede di attività principale nel momento in cui si è verificato il danno; 3.laddove il caso sia più strettamente correlato con il diritto di un altro paese, la legge di tale paese. In presenza di determinate circostanze, il regolamento consente alle parti di scegliere, di comune accordo, la legge applicabile a un’obbligazione extracontrattuale. Ambito della legge applicabile La legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali disciplina in particolare: — la base e la portata della responsabilità, compresa la determinazione dei soggetti che possono essere ritenuti responsabili; — i motivi di esonero dalla responsabilità, nonché ogni limitazione e ripartizione della responsabilità; — l’esistenza, la natura e la valutazione del danno o l’indennizzo chiesto; — i provvedimenti che possono essere presi da un giudice per prevenire o inibire lesioni o danni ovvero per garantire il risarcimento; — il modo di estinzione delle obbligazioni nonché le norme di prescrizione e di decadenza; — la questione della trasferibilità del diritto alla richiesta di risarcimento, anche per via successoria; — i soggetti aventi diritto al risarcimento del danno personalmente subito; — la responsabilità per fatto altrui. Esistono regole specifiche per le obbligazioni extracontrattuali, come ad esempio la responsabilità dei prodotti e la proprietà intellettuale. Alcune obbligazioni extracontrattuali sono escluse dal campo di applicazione del regolamento. Esse comprendono: — la materia fiscale, doganale e amministrativa; — la responsabilità degli Stati; — le obbligazioni extracontrattuali specifiche derivanti, ad esempio, da regimi patrimoniali tra coniugi e familiari, da danni nucleari o violazioni della vita privata e dei diritti della personalità, compresa la diffamazione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? A partire dall’11 gennaio 2009, eccetto l’articolo 29 (in vigore dall’11 luglio 2008). CONTESTO In aggiunta a questo regolamento (Roma II): — il regolamento Roma I [regolamento (CE) n. 593/2008] stabilisce le regole per la determinazione della legge applicabile alle obbligazioni contrattuali in materia civile e commerciale; — il regolamento Roma III [regolamento (UE) n. 1259/2010] stabilisce le regole per la determinazione della legge applicabile alle obbligazioni contrattuali in materia di divorzio e di separazione legale. Si veda anche la sezione dedicata a: — obbligazioni contrattuali ed extracontrattuali. ATTO Regolamento (CE) n. 864/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali (Roma II) (GU L 199 del 31.7.2007, pagg. 40-49) ATTI COLLEGATI Regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma II) (GU L 177 del 4.7.2008, pagg. 6-16) Si veda la versione consolidata.
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Direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999 relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato Gazzetta ufficiale n. L 175 del 10/07/1999 pag. 0043 - 0048 DIRETTIVA 1999/70/CE DEL CONSIGLIOdel 28 giugno 1999relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinatoIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 139, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione,considerando quanto segue:(1) con l'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, le disposizioni dell'accordo sulla politica sociale annesso al protocollo sulla politica sociale allegato al trattato che istituisce la Comunità europea, sono state inserite negli articoli da 136 a 139 del trattato che istituisce la Comunità europea;(2) le parti sociali possono, a norma dell'articolo 139 paragrafo 2 del trattato, richiedere congiuntamente che gli accordi a livello comunitario siano attuati da una decisione del Consiglio su proposta della Commissione;(3) il punto 7 della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori stabilisce tra l'altro che la realizzazione del mercato interno deve portare ad un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori nella Comunità europea. Tale processo avverrà mediante il ravvicinamento di tali condizioni, che costituisca un progresso, soprattutto per quanto riguarda le forme di lavoro diverse dal lavoro a tempo indeterminato, come il lavoro a tempo determinato, il lavoro a tempo parziale, il lavoro interinale e il lavoro stagionale;(4) il Consiglio non è stato in grado di deliberare sulla proposta di direttiva relativa a determinati rapporti di lavoro per quanto riguarda le distorsioni di concorrenza(1), né sulla proposta di direttiva relativa a determinati rapporti di lavoro per quanto riguarda le condizioni di lavoro(2);(5) le conclusioni del Consiglio europeo di Essen hanno sottolineato la necessità di provvedimenti per "incrementare l'intensità occupazionale della crescita, in particolare mediante un'organizzazione più flessibile del lavoro, che risponda sia ai desideri dei lavoratori che alle esigenze della competitività";(6) la risoluzione del Consiglio del 9 febbraio 1999 relativa agli orientamenti in materia di occupazione per il 1999 invita le parti sociali a tutti i livelli appropriati a negoziare accordi per modernizzare l'organizzazione del lavoro, comprese forme flessibili di lavoro, al fine di rendere le imprese produttive e competitive e di realizzare il necessario equilibrio tra la flessibilità e la sicurezza;(7) la Commissione, in base all'articolo 3, paragrafo 2 dell'accordo sulla politica sociale, ha consultato le parti sociali sul possibile orientamento di un'azione comunitaria relativa alla flessibilità dell'orario di lavoro e alla sicurezza dei lavoratori;(8) la Commissione, reputando a seguito di tale consultazione che un'azione comunitaria era opportuna, ha nuovamente consultato le parti sociali sul contenuto della proposta in questione, a norma dell'articolo 3, paragrafo 3 di detto accordo;(9) le organizzazioni intercategoriali a carattere generale Unione delle confederazioni delle industrie della Comunità europea (UNICE), Centro europeo dell'impresa a partecipazione pubblica (CEEP), Confederazione europea dei sindacati (CES) hanno informato la Commissione, con lettera congiunta del 23 marzo 1998, che intendevano avviare il procedimento previsto all'articolo 4 di detto accordo; che esse hanno chiesto alla Commissione, con lettera congiunta, un periodo supplementare di tre mesi; la Commissione è venuta incontro a questa richiesta prorogando il periodo previsto per le trattative fino al 30 marzo del 1999;(10) il 18 marzo 1999 dette organizzazioni intercategoriali hanno concluso un accordo quadro sul lavoro a tempo determinato e che esse hanno trasmesso alla Commissione la loro domanda congiunta affinché sia data attuazione a tale accordo quadro con decisione del Consiglio su proposta della Commissione, a norma dell'articolo 4, paragrafo 2 dell'accordo sulla politica sociale;(11) il Consiglio, nella sua risoluzione del 6 dicembre 1994 "relativa ad alcune prospettive di una politica sociale dell'Unione europea: contributo alla convergenza economica e sociale dell'Unione"(3), ha invitato le parti sociali a sfruttare le possibilità di concludere accordi, in quanto sono di norma più vicine alla realtà sociale e ai problemi sociali;(12) le parti contraenti, nel preambolo all'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso il 6 giugno 1997, hanno annunciato di voler considerare la necessità di simili accordi relativi ad altre forme di lavoro flessibile;(13) le parti sociali hanno voluto attribuire particolare attenzione al lavoro a tempo determinato, pur dichiarando le proprie intenzioni di esaminare l'esigenza di accordi analoghi per il lavoro temporaneo;(14) le parti contraenti hanno voluto concludere un accordo quadro sul lavoro a tempo determinato che stabilisce i principi generali e i requisiti minimi per i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato; hanno espresso l'intenzione di migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo l'applicazione del principio di non discriminazione, nonché di creare un quadro per la prevenzione degli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato;(15) l'atto appropriato per l'attuazione dell'accordo quadro è costituito da una direttiva ai sensi dell'articolo 249 del trattato; tale atto vincola quindi gli Stati membri per quanto riguarda il risultato da raggiungere, ma lascia ad essi la scelta della forma e dei mezzi;(16) in base ai principi di sussidiarietà e proporzionalità definiti dall'articolo 5 del trattato, gli obiettivi della presente direttiva non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono quindi essere meglio perseguiti a livello comunitario; la presente direttiva non eccede quanto è necessario per realizzare tali obiettivi;(17) per quanto riguarda i termini utilizzati nell'accordo quadro la presente direttiva, senza definirli precisamente, lascia agli Stati membri il compito di provvedere alla loro definizione secondo la legislazione e/o la prassi nazionale, come per altre direttive adottate nel settore sociale che utilizzano termini simili, purché dette definizioni rispettino il contenuto dell'accordo quadro;(18) la Commissione ha elaborato la sua proposta di direttiva, in linea con la propria comunicazione del 14 dicembre 1993 concernente l'attuazione del protocollo sulla politica sociale, e alla propria comunicazione del 20 maggio 1998 che adegua e promuove il dialogo sociale a livello comunitario, tenendo conto della rappresentatività delle parti contraenti, del loro mandato e della legittimità di ciascuna clausola dell'accordo quadro; i firmatari hanno una rappresentatività cumulativa sufficiente;(19) la Commissione ha informato il Parlamento europeo e il Comitato economico e sociale sottoponendo loro il testo dell'accordo corredato della sua proposta di direttiva e della rispettiva relazione in linea con la sua comunicazione riguardante l'attuazione dell'accordo sulla politica sociale;(20) il Parlamento europeo ha adottato il 6 maggio 1999 una risoluzione sull'accordo quadro delle parti sociali;(21) l'attuazione dell'accordo quadro contribuisce alla realizzazione degli obiettivi di cui all'articolo 136 del trattato,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1Scopo della presente direttiva è attuare l'accordo quadro sui contratti a tempo determinato, che figura nell'allegato, concluso il 18 marzo 1999 fra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale (CES, CEEP e UNICE).Articolo 2Gli Stati membri mettono in atto le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi entro il 10 luglio 2001 o si assicurano che, entro tale data, le parti sociali introducano le disposizioni necessarie mediante accordi. Gli Stati membri devono prendere tutte le disposizioni necessarie per essere sempre in grado di garantire i risultati prescritti dalla presente direttiva. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Gli Stati membri possono fruire di un periodo supplementare non superiore ad un anno, ove sia necessario e previa consultazione con le parti sociali, in considerazione di difficoltà particolari o dell'attuazione mediante contratto collettivo. Essi devono informare immediatamente la Commissione di tali circostanze.Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui al primo paragrafo, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da tale riferimento all'atto della loro pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono stabilite dagli Stati membri.Articolo 3La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 4Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Lussemburgo, addì 28 giugno 1999.Per il ConsiglioIl PresidenteM. NAUMANN(1) GU C 224 dell'8.9.21990, pag. 6 e GU C 305 del 5.12.1990, pag. 8.(2) GU C 224 dell'8.9.1990, pag. 4.(3) GU C 368 del 23.12.1994, pag. 6.ALLEGATOCES-UNICE-CEEPAccordo quadro sul lavoro a tempo determinatoPreamboloIl presente accordo quadro illustra il ruolo che le parti sociali possono svolgere nell'ambito della strategia europea per l'occupazione adottata durante il vertice straordinario del Lussemburgo nel 1997 e, rappresentando il seguito dell'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale, è un ulteriore contributo in direzione di un migliore equilibrio fra "la flessibilità dell'orario di lavoro e la sicurezza dei lavoratori".Le parti firmatarie dell'accordo riconoscono che i contratti a tempo indeterminato sono e continueranno ad essere la forma comune dei rapporti di lavoro fra i datori di lavoro e i lavoratori. Esse inoltre riconoscono che i contratti a tempo determinato rispondono, in alcune circostanze, sia alle esigenze dei datori di lavoro sia a quelle dei lavoratori.Il presente accordo stabilisce i principi generali e i requisiti minimi relativi al lavoro a tempo determinato, riconoscendo che la loro applicazione dettagliata deve tener conto delle realtà specifiche delle situazioni nazionali, settoriali e stagionali. Esso indica la volontà delle parti sociali di stabilire un quadro generale che garantisca la parità di trattamento ai lavoratori a tempo determinato, proteggendoli dalle discriminazioni, e un uso dei contratti di lavoro a tempo determinato accettabile sia per i datori di lavoro sia per i lavoratori.Il presente accordo si applica ai lavoratori a tempo determinato, ad eccezione di quelli messi a disposizione di un'azienda utilizzatrice da parte di un'agenzia di lavoro interinale. È intenzione delle parti considerare la necessità di un analogo accordo relativo al lavoro interinale.Il presente accordo si riferisce alle condizioni di lavoro dei lavoratori a tempo determinato e riconosce che le questioni relative ai regimi legali di sicurezza sociale rientrano nella competenza degli Stati membri. Al riguardo, le parti sociali prendono nota della Dichiarazione sull'occupazione del Consiglio europeo di Dublino (1996), che sottolinea fra l'altro la necessità di elaborare sistemi di sicurezza sociale più favorevoli all'occupazione, sviluppando "sistemi di protezione sociale che si adattino ai nuovi tipi di lavoro e forniscano l'adeguata protezione sociale alle persone impegnate in tali lavori": le parti ribadiscono il parere espresso nell'accordo del 1997 sul lavoro a tempo parziale, secondo la quale gli Stati membri dovrebbero attuare immediatamente la Dichiarazione.Inoltre, si riconosce che sono necessarie innovazioni ai sistemi di protezione sociale complementari dei lavoratori, per adattarli alla situazione attuale e in particolare per garantire la trasferibilità dei diritti.La CES, l'UNICE e il CEEP invitano la Commissione a presentare il presente accordo quadro al Consiglio, affinché quest'ultimo decida di rendere vincolanti le relative disposizioni negli Stati membri aderenti all'Accordo sulla politica sociale annesso al protocollo (n. 14) sulla politica sociale allegato al trattato che istituisce la Comunità europea.Le parti invitano la Commissione a inserire nella sua proposta per l'attuazione dell'accordo un'esortazione agli Stati membri, affinché adottino le leggi, i regolamenti e le disposizioni amministrative opportune per applicare la decisione del Consiglio entro due anni dall'adozione della stessa, o per garantire(1) che le parti sociali concertino le misure necessarie entro la scadenza di detto periodo. Qualora necessario e previa consultazione con le parti sociali, gli Stati membri potranno disporre di un anno supplementare per conformarsi a questa disposizione, in modo da ovviare a particolari difficoltà o procedere all'attuazione mediante contratto collettivo.Le parti firmatarie del presente accordo chiedono che le parti sociali siano consultate prima di qualunque iniziativa di ordine legislativo, normativo o amministrativo assunta da uno Stato membro per conformarsi al presente accordo.Senza che ciò pregiudichi il ruolo dei tribunali nazionali e della Corte di giustizia, le parti firmatarie del presente accordo chiedono che la Commissione in prima istanza sottoponga loro per un parere tutte le questioni relative all'interpretazione a livello europeo dell'accordo stesso.Considerazioni generali1. Visto l'Accordo sulla politica sociale annesso al protocollo (n. 14) sulla politica sociale allegato al trattato che istituisce la Comunità europea, e in particolare i suoi articoli 3.4 e 4.2;2. considerando che l'articolo 4.2 dell'Accordo sulla politica sociale dispone che gli accordi conclusi a livello comunitario possono essere attuati, su richiesta congiunta delle parti firmatarie, da una decisione del Consiglio su proposta della Commissione;3. considerando che la Commissione, nel suo secondo documento di consultazione sulla flessibilità dell'orario di lavoro e la sicurezza dei lavoratori, ha annunciato l'intenzione di proporre una misura comunitaria giuridicamente vincolante;4. considerando che il Parlamento europeo, nel suo parere relativo alla proposta di direttiva sul lavoro a tempo parziale, ha invitato la Commissione a presentare immediatamente proposte di direttive sulle altre forme di impiego flessibile, come il lavoro a tempo determinato e il lavoro interinale;5. considerando che il Consiglio europeo, nelle sue conclusioni relative al vertice straordinario sull'occupazione adottate a Lussemburgo, ha invitato le parti sociali a negoziare accordi per "modernizzare l'organizzazione del lavoro, comprese formule flessibili di lavoro, onde rendere produttive e competitive le imprese e raggiungere il necessario equilibrio tra la flessibilità e la sicurezza";6. considerando che i contratti di lavoro a tempo indeterminato rappresentano la forma comune dei rapporti di lavoro e contribuiscono alla qualità della vita dei lavoratori interessati e a migliorare il rendimento;7. considerando che l'utilizzazione di contratti di lavoro a tempo determinato basata su ragioni oggettive è un modo di prevenire gli abusi;8. considerando che i contratti di lavoro a tempo determinato rappresentano una caratteristica dell'impiego in alcuni settori, occupazioni e attività atta a soddisfare sia i datori di lavoro sia i lavoratori;9. considerando che più della metà dei lavoratori a tempo determinato nell'Unione europea sono donne, e che il presente accordo può pertanto contribuire al miglioramento delle pari opportunità fra le donne e gli uomini;10. considerando che il presente accordo demanda agli Stati membri e alle parti sociali la formulazione di disposizioni volte all'applicazione dei principi generali, dei requisiti minimi e delle norme in esso stesso contenuti, al fine di tener conto della situazione di ciascuno Stato membro e delle circostanze relative a particolari settori e occupazioni, comprese le attività di tipo stagionale;11. considerando che il presente accordo tiene conto dell'esigenza di migliorare le disposizioni relative alla politica sociale, di aumentare la competitività dell'economia comunitaria e di evitare di imporre vincoli amministrativi, finanziari e legali suscettibili di inibire la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese;12. considerando che le parti sociali sono le più adatte a trovare soluzioni rispondenti alle esigenze sia dei datori di lavoro sia dei lavoratori, per cui deve essere assegnato loro un ruolo di spicco nell'attuazione e applicazione del presente accordo,LE PARTI CONTRAENTI HANNO CONCORDATO QUANTO SEGUE:Obiettivo (clausola 1)L'obiettivo del presente accordo quadro è:a) migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione;b) creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato.Campo d'applicazione (clausola 2)1. Il presente accordo si applica ai lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro.2. Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali e/o le parti sociali stesse possono decidere che il presente accordo non si applichi ai:a) rapporti di formazione professionale iniziale e di apprendistato;b) contratti e rapporti di lavoro definiti nel quadro di un programma specifico di formazione, inserimento e riqualificazione professionale pubblico o che usufruisca di contributi pubblici.Definizioni (clausola 3)1. Ai fini del presente accordo, il termine "lavoratore a tempo determinato" indica una persona con un contratto o un rapporto di lavoro definiti direttamente fra il datore di lavoro e il lavoratore e il cui termine è determinato da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico.2. Ai fini del presente accordo, il termine "lavoratore a tempo indeterminato comparabile" indica un lavoratore con un contratto o un rapporto di lavoro di durata indeterminata appartenente allo stesso stabilimento e addetto a lavoro/occupazione identico o simile, tenuto conto delle qualifiche/competenze.In assenza di un lavoratore a tempo indeterminato comparabile nello stesso stabilimento, il raffronto si dovrà fare in riferimento al contratto collettivo applicabile o, in mancanza di quest'ultimo, in conformità con la legge, i contratti collettivi o le prassi nazionali.Principio di non discriminazione (clausola 4)1. Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive.2. Se del caso, si applicherà il principio del pro rata temporis.3. Le disposizioni per l'applicazione di questa clausola saranno definite dagli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali e/o dalle parti sociali stesse, viste le norme comunitarie e nazionali, i contratti collettivi e la prassi nazionali.4. I criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive.Misure di prevenzione degli abusi (clausola 5)1. Per prevenire gli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a:a) ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti;b) la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi;c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti.2. Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato:a) devono essere considerati "successivi";b) devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato.Informazione e possibilità di impiego (clausola 6)1. I datori di lavoro informano i lavoratori a tempo determinato dei posti vacanti che si rendano disponibili nell'impresa o stabilimento, in modo da garantire loro le stesse possibilità di ottenere posti duraturi che hanno gli altri lavoratori. Tali informazioni possono essere fornite sotto forma di annuncio pubblico in un luogo adeguato dell'impresa o dello stabilimento.2. Nella misura del possibile, i datori di lavoro dovrebbero agevolare l'accesso dei lavoratori a tempo determinato a opportunità di formazione adeguate, per aumentarne le qualifiche, promuoverne la carriera e migliorarne la mobilità occupazionale.Informazione e consultazione (clausola 7)1. I lavoratori a tempo determinato devono essere presi in considerazione in sede di calcolo della soglia oltre la quale, ai sensi delle disposizioni nazionali, possono costituirsi gli organi di rappresentanza dei lavoratori nelle imprese previsti dalle normative comunitarie e nazionali.2. Le normative per l'applicazione della clausola 7.1 vengono definite dagli Stati membri previa consultazione delle parti sociali e/o dalle parti sociali stesse ai sensi delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, vista anche la clausola 4.1.3. Nella misura del possibile, i datori di lavoro dovrebbero prendere in considerazione la fornitura di adeguata informazione agli organi di rappresentanza dei lavoratori in merito al lavoro a tempo determinato nell'azienda.Disposizioni di attuazione (clausola 8)1. Gli Stati membri e/o le parti sociali possono mantenere o introdurre disposizioni più favorevoli per i lavoratori di quelle stabilite nel presente accordo.2. Il presente accordo non pregiudica ulteriori disposizioni comunitarie più specifiche, in particolare per quanto riguarda la parità di trattamento e di opportunità uomo-donna.3. L'applicazione del presente accordo non costituisce un motivo valido per ridurre il livello generale di tutela offerto ai lavoratori nell'ambito coperto dall'accordo stesso.4. Il presente accordo non pregiudica il diritto delle parti sociali di concludere, al livello appropriato, ivi compreso quello europeo, accordi che adattino e/o completino le disposizioni del presente accordo in modo da tenere conto delle esigenze specifiche delle parti sociali interessate.5. La prevenzione e la soluzione delle controversie e delle vertenze scaturite dall'applicazione del presente accordo dovranno procedere in conformità con le leggi, i contratti collettivi e la prassi nazionali.6. Le parti contraenti verificano l'applicazione del presente accordo cinque anni dopo la data della decisione del Consiglio, se richiesto da una delle parti firmatarie dello stesso.Fritz VERZETNITSCHPresidente della CESGeorges JACOBSPresidente dell'UNICEAntonio CASTELLANO AUYANETPresidente del CEEPEmilio GABAGLIOSegretario generale della CESDirk F. HUDIGSegretario generale dell'UNICEJytte FREDENSBORGSegretario generale del CEEP18 marzo 1999.(1) Ai sensi dell'articolo 2.4 dell'accordo sulla politica sociale annesso al protocollo (n. 14) sulla politica sociale allegato al trattato che istituisce la Comunità europea.
Lavoro a tempo determinato QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Stabilisce requisiti minimi in materia di lavoro a tempo determinato, al fine di garantire la parità di trattamento dei lavoratori e impedire abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro di tipo analogo. Invita i paesi dell'Unione europea (UE) a prevedere delle sanzioni per le violazioni di tali requisiti. Prevede clausole speciali per limitare gli oneri amministrativi in cui potrebbero incorrere le PMI a causa dell'applicazione di questi nuovi standard. PUNTI CHIAVE Riguarda solo le condizioni di lavoro dei dipendenti a tempo determinato; i regimi legali di previdenza sociale rientrano nella competenza dei paesi dell'UE. Riguarda i lavoratori a tempo determinato (compresi i lavoratori stagionali), ad eccezione dei lavoratori messi a disposizione di un'impresa utilizzatrice da parte di un'agenzia di lavoro interinale. Tuttavia, le parti intendono adottare un accordo analogo riguardante il lavoro interinale. Inoltre, i paesi dell'UE possono decidere che il presente accordo non si applichi a: rapporti di formazione professionale iniziale e di apprendistato; contratti e rapporti di lavoro definiti nel quadro di un programma specifico di formazione, inserimento e riqualificazione professionale pubblico o che usufruisca di contributi pubblici. Il principio di non discriminazione L'accordo proibisce ai datori di lavoro di trattare i lavoratori a tempo determinato in un modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato per il solo fatto di avere un contratto a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive che giustifichino la differenza di trattamento. L'accordo mira a migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo l'applicazione del principio di non discriminazione e a prevenire gli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato. Prevenire l'abuso del lavoro a tempo determinato Per prevenire gli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, i paesi dell'UE, previa consultazione delle parti sociali, devono introdurre una o più delle seguenti misure (tenendo conto delle esigenze di settori e categorie specifici di lavoratori): ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti; la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi; il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti. Opportunità di formazione Per quanto possibile, i datori di lavoro dovrebbero agevolare l'accesso dei lavoratori a tempo determinato a opportunità di formazione adeguate, per aumentarne le qualifiche, promuoverne la carriera e migliorarne la mobilità occupazionale. Rappresentanti dei lavoratori I lavoratori a tempo determinato devono essere presi in considerazione in sede di calcolo della soglia oltre la quale possono costituirsi gli organi di rappresentanza dei lavoratori. Sanzioni in caso di infrazioni da parte dei datori di lavoro I paesi dell'UE devono stabilire le sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali di attuazione. Lavoro a tempo determinato e PMI Per quanto riguarda l'applicazione della direttiva alle piccole e medie imprese (PMI), è stata prestata particolare attenzione nell'evitare di imporre vincoli amministrativi, finanziari e giuridici di natura tali da ostacolare il loro sviluppo. Secondo la Commissione europea, diverse clausole dell'accordo fanno riferimento alle leggi nazionali, ai contratti collettivi o alla prassi e/o alle parti sociali per quanto riguarda le modalità della loro applicazione, consentendo di prendere in considerazione le particolari esigenze delle piccole e medie imprese. Applicazione I paesi dell'UE dovevano mettere in atto le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 10 luglio 2001 al più tardi, o assicurarsi che, entro tale data, le parti sociali avessero introdotto le disposizioni necessarie. I paesi dell'UE potevano fruire di un periodo supplementare non superiore a un anno in considerazione di difficoltà particolari o dell'attuazione mediante contratto collettivo. La Commissione, tuttavia, doveva essere informata di tali circostanze. L'attuazione della presente direttiva non può giustificare una riduzione del livello generale di tutela offerto ai lavoratori nell'ambito della direttiva. I paesi dell'UE possono però introdurre norme più favorevoli di quelle previste nella direttiva. Relazioni Due relazioni di attuazione della Commissione presentano le misure di attuazione nazionali della direttiva (vedere la sezione «Documenti correlati» in basso). Queste relazioni sono integrate da due studi (Relazione di attuazione sulla Direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (Repubblica Ceca, Estonia, Cipro, Lettonia, Lituania, Ungheria, Malta, Polonia , Slovenia e Slovacchia) (marzo 2007) e le Relazioni (Sintesi) sull'attuazione della Direttiva 1999/70/CE in Bulgaria e in Romania (2009). A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? Si applica dal 10 luglio 1999. I paesi dell'UE dovevano integrarla nel diritto nazionale entro il 10 luglio 2001. CONTESTO I contratti di lavoro a tempo determinato sono stati oggetto di una proposta di direttiva del Consiglio da parte della Commissione. Il Parlamento europeo ha espresso il suo parere sulla proposta il 24 ottobre 1990 (Gazzetta ufficiale C 295 del 26.11.1990). In mancanza di un accordo in seno al Consiglio, la Commissione ha deciso di consultare le parti sociali ai sensi dell'articolo 3 dell'accordo sulla politica sociale. Durante la prima consultazione, le parti sociali hanno sottolineato la necessità di combattere la discriminazione dei lavoratori coinvolti in nuove forme di lavoro flessibili. Alla fine del secondo giro di consultazioni, le parti sociali hanno deciso di avviare i negoziati in questo settore. In parallelo, il 19 giugno 1996, l'UNICE (ora BusinessEurope), il CEEP e l'ETUC hanno concluso un accordo quadro sul lavoro a tempo parziale, attuato dalla Direttiva 97/81/CE del 15 dicembre 1997. Nel preambolo di questo accordo, le parti contraenti hanno annunciato la loro intenzione di prendere in considerazione la necessità di accordi analoghi per altre forme di lavoro flessibile. Il 18 marzo 1999, hanno concluso un accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, che viene attuato dalla presente direttiva. La Commissione ha ritenuto necessario stabilire un quadro equilibrato e flessibile, compatibile con il continuo aumento dei contratti a tempo determinato, evitandone l'abuso. Il 6 maggio 1999, Il Parlamento ha adottato una risoluzione sulla proposta della Commissione, in cui ha invitato il Consiglio ad approvare l'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato [non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. Tuttavia, il Parlamento ha notato con rammarico che l'accordo riguarda solo i rapporti di lavoro successivi, che le regole destinate a prevenire gli abusi mediante contratti a tempo determinato successivi non contengono obblighi qualitativi o quantitativi e che non sono previsti né un accesso prioritario ai posti di lavoro creati né la possibilità per questi lavoratori di accedere a una formazione professionale adeguata. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva del Consiglio 99/70/CE del 28 giugno 1999 relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU L 175 del 10.7.1999, pag. 43-48) DOCUMENTI CORRELATI Direttiva del Consiglio 97/81/CE del 15 dicembre 1997 relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES (GU L 14 del 20.01.1998, pag. 9-14) Le successive modifiche alla direttiva 97/81/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale. Documento di lavoro dei servizi della Commissione - Misure nazionali di attuazione della direttiva 1999/70/CE (UE-15) (SEC(2006) 1074 def. dell'11.8.2006) Documento di lavoro dei servizi della Commissione - Misure nazionali di attuazione della direttiva 1999/70/CE (UE-10) (SEC(2008) 2485 def. del 17.9.2008)
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32003L0086
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Direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare Gazzetta ufficiale n. L 251 del 03/10/2003 pag. 0012 - 0018 Direttiva 2003/86/CE del Consigliodel 22 settembre 2003relativa al diritto al ricongiungimento familiareIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea e segnatamente l'articolo 63, paragrafo 3, lettera a),vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),visto il parere del Comitato economico e sociale europeo(3),visto il parere del Comitato delle regioni(4),considerando quanto segue:(1) Al fine di creare progressivamente uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, il trattato che istituisce la Comunità europea prevede, da una parte, l'adozione di misure finalizzate alla libera circolazione dei cittadini, congiuntamente a misure di accompagnamento relative al controllo delle frontiere esterne, all'asilo e all'immigrazione e, dall'altra, l'adozione di misure in materia di asilo, immigrazione e tutela dei diritti dei cittadini di paesi terzi.(2) Le misure in materia di ricongiungimento familiare dovrebbero essere adottate in conformità con l'obbligo di protezione della famiglia e di rispetto della vita familiare che è consacrato in numerosi strumenti di diritto internazionale. La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali ed i principi riconosciuti in particolare nell'articolo 8 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.(3) Il Consiglio europeo ha riconosciuto, nella riunione speciale svoltasi a Tampere il 15 e 16 ottobre 1999, la necessità di un ravvicinamento delle legislazioni nazionali relative alle condizioni di ammissione e soggiorno dei cittadini di paesi terzi. In tale contesto esso ha affermato che l'Unione europea dovrebbe garantire un trattamento equo ai cittadini di paesi terzi che risiedono legalmente sul territorio degli Stati membri e che una politica più energica in materia d'integrazione dovrebbe proporsi di offrire loro diritti e doveri comparabili a quelli dei cittadini dell'Unione europea. Conseguentemente il Consiglio europeo ha chiesto al Consiglio di adottare rapidamente decisioni sulla base di proposte della Commissione. La necessità di raggiungere gli obiettivi definiti a Tampere è stata riaffermata dal Consiglio europeo di Laeken del 14 e 15 dicembre 2001.(4) Il ricongiungimento familiare è uno strumento necessario per permettere la vita familiare. Esso contribuisce a creare una stabilità socioculturale che facilita l'integrazione dei cittadini di paesi terzi negli Stati membri, permettendo d'altra parte di promuovere la coesione economica e sociale, obiettivo fondamentale della Comunità, enunciato nel trattato.(5) Gli Stati membri attuano le disposizioni della presente direttiva senza operare discriminazioni fondate su sesso, razza, colore della pelle, origine etnica o sociale, caratteristiche genetiche, lingua, religione e convinzioni personali, opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, appartenenza a una minoranza nazionale, censo, nascita, disabilità, età o tendenze sessuali.(6) Al fine di assicurare la protezione della famiglia ed il mantenimento o la creazione della vita familiare è opportuno fissare, sulla base di criteri comuni, le condizioni materiali per l'esercizio del diritto al ricongiungimento familiare.(7) Gli Stati membri possono considerare che le disposizioni stabilite dalla presente direttiva si applichino anche ai familiari che arrivano insieme.(8) La situazione dei rifugiati richiede un'attenzione particolare, in considerazione delle ragioni che hanno costretto queste persone a fuggire dal loro paese e che impediscono loro di vivere là una normale vita familiare. In considerazione di ciò, occorre prevedere condizioni più favorevoli per l'esercizio del loro diritto al ricongiungimento familiare.(9) Il ricongiungimento familiare dovrebbe riguardare in ogni caso i membri della famiglia nucleare, cioè il coniuge e i figli minorenni.(10) Dipende dagli Stati membri decidere se autorizzare la riunificazione familiare per parenti in linea diretta ascendente, figli maggiorenni non coniugati, partners non coniugati o la cui relazione sia registrata, nonché, in caso di matrimoni poligami, i figli minori di un altro coniuge. L'autorizzazione al ricongiungimento familiare concessa da uno Stato membro a tali persone non pregiudica la facoltà per gli Stati membri che non riconoscono l'esistenza di legami familiari nei casi contemplati dalla presente disposizione, di non concedere a dette persone il trattamento riservato ai familiari per quanto attiene al diritto di risiedere in un altro Stato membro, quale definito dalla pertinente legislazione comunitaria.(11) Il diritto al ricongiungimento familiare dovrebbe essere esercitato nel necessario rispetto dei valori e dei principi riconosciuti dagli Stati membri, segnatamente qualora entrino in gioco diritti di donne e di minorenni. Tale rispetto giustifica che alle richieste di ricongiungimento familiare relative a famiglia poligama possono essere contrapposte misure restrittive.(12) La possibilità di limitare il diritto al ricongiungimento familiare dei minori che abbiano superato i dodici anni e che non risiedono in via principale con il soggiornante intende tener conto della capacità di integrazione dei minori nei primi anni di vita e assicurare che essi acquisiscano a scuola l'istruzione e le competenze linguistiche necessarie.(13) Occorre stabilire un sistema di regole procedurali che disciplinino l'esame della domanda di ricongiungimento familiare, nonché l'ingresso e il soggiorno dei membri della famiglia; tali procedure devono essere efficaci e gestibili rispetto al normale carico di lavoro delle amministrazioni degli Stati membri nonché trasparenti ed eque al fine di offrire agli interessati un livello adeguato di certezza del diritto.(14) La riunificazione familiare può essere rifiutata per motivi debitamente giustificati. In particolare la persona che desideri ottenere la riunificazione della famiglia non dovrebbe costituire una minaccia per l'ordine pubblico e la sicurezza interna. Nella nozione di ordine pubblico può rientrare una condanna per aver commesso un reato grave. In tale contesto è da notare che nel concetto di ordine pubblico e di sicurezza pubblica possono rientrare pure casi in cui un cittadino di un paese terzo fa parte di un'organizzazione che sostiene il terrorismo internazionale, sostiene una siffatta organizzazione o nutre aspirazioni estremistiche.(15) Dovrebbe essere incoraggiata l'integrazione dei familiari. A tal fine, dovrebbe essere loro attribuito, dopo un periodo di residenza nello Stato membro, uno statuto indipendente da quello del richiedente il ricongiungimento, in particolare in caso di rottura del matrimonio e della convivenza. Essi dovrebbero avere accesso all'istruzione, all'occupazione e alla formazione professionale allo stesso titolo che il richiedente il ricongiungimento alle pertinenti condizioni.(16) Poiché gli scopi dell'azione proposta, cioè l'istituzione di un diritto al ricongiungimento familiare dei cittadini di paesi terzi che venga esercitato secondo modalità comuni, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell'intervento, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali scopi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.(17) A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda, allegato al trattato sull'Unione europea ed al trattato che istituisce la Comunità europea, e senza pregiudizio dell'articolo 4 di detto protocollo, tali Stati membri non partecipano all'adozione della presente direttiva e non sono vincolati da essa, né sono soggetti alla sua applicazione.(18) La Danimarca, a norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegata al trattato sull'Unione europea ed al trattato che istituisce la Comunità europea, non partecipa all'adozione della presente direttiva e non è vincolata, né è soggetta alla sua applicazione,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:CAPO I Disposizioni generaliArticolo 1Lo scopo della presente direttiva è quello di fissare le condizioni dell'esercizio del diritto al ricongiungimento familiare di cui dispongono i cittadini di paesi terzi che risiedono legalmente nel territorio degli Stati membri.Articolo 2Ai fini della presente direttiva, si intende per:a) "cittadino di un paese terzo": chiunque non sia cittadino dell'Unione ai sensi dell'articolo 17, paragrafo 1, del trattato;b) "rifugiato": il cittadino di un paese terzo o l'apolide cui sia riconosciuto lo status di rifugiato ai sensi della convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati del 28 luglio 1951, modificata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967;c) "soggiornante": il cittadino di un paese terzo legalmente soggiornante in uno Stato membro che chiede o i cui familiari chiedono il ricongiungimento familiare;d) "ricongiungimento familiare": l'ingresso e il soggiorno in uno Stato membro dei familiari di un cittadino di un paese terzo che soggiorna legalmente in tale Stato membro, al fine di conservare l'unità familiare, indipendentemente dal fatto che il legame familiare sia anteriore;e) "permesso di soggiorno": un'autorizzazione rilasciata dalle autorità di uno Stato membro che consente ad un cittadino di un paese terzo di soggiornare legalmente sul proprio territorio, in conformità delle disposizioni dell'articolo 1, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (CE) n. 1030/2002 del Consiglio, del 13 giugno 2002, che istituisce un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di paesi terzi(5);f) "minore non accompagnato": il cittadino di paesi terzi o l'apolide d'età inferiore ai diciotto anni che giunga nel territorio dello Stato membro senza essere accompagnato da un adulto che ne sia responsabile in base alla legge o agli usi, fino a quando non sia effettivamente affidato ad un tale adulto, o il minore che viene abbandonato dopo essere entrato nel territorio degli Stati membri.Articolo 31. La presente direttiva si applica quando il soggiornante è titolare di un permesso di soggiorno rilasciato da tale Stato membro per un periodo di validità pari o superiore a un anno, e ha una fondata prospettiva di ottenere il diritto di soggiornare in modo stabile, se i membri della sua famiglia sono cittadini di paesi terzi, indipendentemente dal loro status giuridico.2. La presente direttiva non si applica quando il soggiornante:a) chiede il riconoscimento dello status di rifugiato e la sua domanda non è ancora stata oggetto di una decisione definitiva;b) è autorizzato a soggiornare in uno Stato membro in virtù di una protezione temporanea o ha chiesto l'autorizzazione a soggiornare per questo stesso motivo ed è in attesa di una decisione sul suo status;c) è autorizzato a soggiornare in uno Stato membro in virtù di forme sussidiarie di protezione, conformemente agli obblighi internazionali, alle legislazioni nazionali o alle prassi degli Stati membri, o abbia richiesto l'autorizzazione a soggiornare per lo stesso motivo ed è in attesa di una decisione sul suo status.3. La presente direttiva non si applica ai familiari di cittadini dell'Unione.4. La presente direttiva fa salve le disposizioni più favorevoli contenute:a) negli accordi bilaterali e multilaterali stipulati tra la Comunità o tra la Comunità e i suoi Stati membri, da una parte, e dei paesi terzi, dall'altra;b) nella Carta sociale europea del 18 ottobre 1961, nella Carta sociale europea riveduta del 3 maggio 1987 e nella convenzione europea relativa allo status di lavoratore migrante del 24 novembre 1977.5. La presente direttiva lascia impregiudicata la facoltà degli Stati membri di adottare o mantenere in vigore disposizioni più favorevoli.CAPO II FamiliariArticolo 41. In virtù della presente direttiva e subordinatamente alle condizioni stabilite al capo IV e all'articolo 16, gli Stati membri autorizzano l'ingresso e il soggiorno dei seguenti familiari:a) il coniuge del soggiornante;b) i figli minorenni del soggiornante e del coniuge, compresi i figli adottati secondo una decisione presa dall'autorità competente dello Stato membro interessato o una decisione automaticamente applicabile in virtù di obblighi internazionali contratti dallo Stato membro o che deve essere riconosciuta conformemente a degli obblighi internazionali;c) i figli minorenni, compresi quelli adottati, del soggiornante, quando quest'ultimo sia titolare dell'affidamento e responsabile del loro mantenimento. Gli Stati membri possono autorizzare il ricongiungimento dei figli affidati ad entrambi i genitori, a condizione che l'altro titolare dell'affidamento abbia dato il suo consenso;d) i figli minorenni, compresi quelli adottati, del coniuge, quando quest'ultimo sia titolare dell'affidamento e responsabile del loro mantenimento. Gli Stati membri possono autorizzare il ricongiungimento dei figli affidati ad entrambi i genitori, a condizione che l'altro titolare dell'affidamento abbia dato il suo consenso.I figli minorenni di cui al presente articolo devono avere un'età inferiore a quella in cui si diventa legalmente maggiorenni nello Stato membro interessato e non devono essere coniugati.In deroga alla disposizione che precede, qualora un minore abbia superato i dodici anni e giunga in uno Stato membro indipendentemente dal resto della sua famiglia, quest'ultimo, prima di autorizzarne l'ingresso ed il soggiorno ai sensi della presente direttiva, può esaminare se siano soddisfatte le condizioni per la sua integrazione richieste dalla sua legislazione in vigore al momento dell'attuazione della presente direttiva.2. In virtù della presente direttiva e fatto salvo il rispetto delle condizioni stabilite al capo IV, gli Stati membri possono, per via legislativa o regolamentare, autorizzare l'ingresso e il soggiorno dei seguenti familiari:a) gli ascendenti diretti di primo grado del soggiornante o del suo coniuge, quando sono a carico di questi ultimi e non dispongono di un adeguato sostegno familiare nel paese d'origine;b) i figli adulti non coniugati del soggiornante o del suo coniuge, qualora obiettivamente non possano sovvenire alle proprie necessità in ragione del loro stato di salute.3. Gli Stati membri possono, per via legislativa o regolamentare, autorizzare l'ingresso e il soggiorno ai sensi della presente direttiva, fatto salvo il rispetto delle condizioni definite al capo IV, del partner non coniugato cittadino di un paese terzo che abbia una relazione stabile duratura debitamente comprovata con il soggiornante, o del cittadino di un paese terzo legato al soggiornante da una relazione formalmente registrata, ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 2, nonché dei figli minori non coniugati, anche adottati, di tali persone, come pure i figli adulti non coniugati di tali persone, qualora obiettivamente non possano sovvenire alle proprie necessità in ragione del loro stato di salute.Gli Stati membri possono decidere, relativamente al ricongiungimento familiare, di riservare ai partner legati da una relazione formalmente registrata lo stesso trattamento previsto per i coniugi.4. In caso di matrimonio poligamo, se il soggiornante ha già un coniuge convivente sul territorio di uno Stato membro, lo Stato membro interessato non autorizza il ricongiungimento familiare di un altro coniuge.In deroga al paragrafo 1, lettera c), gli Stati membri possono limitare il ricongiungimento familiare dei figli minorenni del soggiornante e di un altro coniuge.5. Per assicurare una migliore integrazione ed evitare i matrimoni forzati gli Stati membri possono imporre un limite minimo di età per il soggiornante e il coniuge, che può essere al massimo pari a ventuno anni, perché il ricongiungimento familiare possa aver luogo.6. In deroga alla disposizione precedente gli Stati membri possono richiedere che le domande riguardanti il ricongiungimento familiare di figli minori debbano essere presentate prima del compimento del quindicesimo anno di età, secondo quanto previsto dalla loro legislazione in vigore al momento dell'attuazione della presente direttiva. Ove dette richieste vengano presentate oltre il quindicesimo anno di età, gli Stati membri che decidono di applicare la presente deroga autorizzano l'ingresso e il soggiorno di siffatti figli per motivi diversi dal ricongiungimento familiare.CAPO III Presentazione ed esame della domandaArticolo 51. Gli Stati membri determinano se, per esercitare il diritto al ricongiungimento familiare, la domanda di ingresso e di soggiorno debba essere presentata alle autorità competenti dello Stato membro interessato dal soggiornante o dal familiare o dai familiari.2. La domanda è corredata dei documenti che comprovano i vincoli familiari ed il rispetto delle condizioni previste dagli articoli 4 e 6 e, nel caso siano applicabili, dagli articoli 7 e 8, e di copie autenticate dei documenti di viaggio del membro o dei familiari.Ove opportuno, per ottenere la prova dell'esistenza di vincoli familiari, gli Stati membri possono convocare per colloqui il soggiornante e i suoi familiari e condurre altre indagini che ritengano necessarie.Nell'esaminare una domanda concernente il partner non coniugato del soggiornante, gli Stati membri tengono conto, per stabilire se effettivamente esista un vincolo familiare, di elementi quali un figlio comune, una precedente coabitazione, la registrazione formale della relazione e altri elementi di prova affidabili.3. La domanda è presentata ed esaminata quando i familiari soggiornano all'esterno del territorio dello Stato membro nel cui territorio risiede il soggiornante.In deroga alla disposizione che precede, uno Stato membro può accettare, in determinate circostanze, che una domanda sia presentata quando i familiari si trovano già nel suo territorio.4. Non appena possibile e comunque entro nove mesi dalla data di presentazione della domanda le autorità competenti dello Stato membro comunicano per iscritto alla persona che ha presentato la domanda la loro decisione.In circostanze eccezionali dovute alla complessità della domanda da esaminare, il termine di cui al comma precedente può essere prorogato.La decisione di rifiuto della domanda è debitamente motivata. Eventuali conseguenze della mancata decisione allo scadere del termine di cui al primo comma sono disciplinate dalla legislazione nazionale dello Stato membro interessato.5. Nell'esame della domanda, gli Stati membri tengono nella dovuta considerazione l'interesse superiore dei minori.CAPO IV Condizioni richieste per l'esercizio del diritto al ricongiungimento familiareArticolo 61. Gli Stati membri possono respingere una domanda di ingresso e soggiorno dei familiari per ragioni di ordine pubblico, di sicurezza pubblica o di sanità pubblica.2. Gli Stati membri possono revocare o rifiutare di rinnovare il permesso di soggiorno di un familiare per ragioni di ordine pubblico, di sicurezza pubblica o di sanità pubblica.Nell'adottare la pertinente decisione gli Stati membri tengono conto, oltre che dell'articolo 17, della gravità o del tipo di reato contro l'ordine pubblico o la sicurezza pubblica commesso da un familiare o dei pericoli rappresentati da questa persona.3. L'insorgere di malattie o infermità dopo il rilascio del permesso di soggiorno non può di per sé giustificare il rifiuto di rinnovo del permesso di soggiorno o l'allontanamento dal territorio da parte dell'autorità competente dello Stato membro interessato.Articolo 71. Al momento della presentazione della domanda di ricongiungimento familiare, lo Stato membro interessato può chiedere alla persona che ha presentato la richiesta di dimostrare che il soggiornante dispone:a) di un alloggio considerato normale per una famiglia analoga nella stessa regione e che corrisponda alle norme generali di sicurezza e di salubrità in vigore nello Stato membro interessato;b) di un'assicurazione contro le malattie che copra tutti i rischi di norma coperti per i cittadini dello Stato membro interessato, per se stesso e per i suoi familiari;c) di risorse stabili e regolari sufficienti per mantenere se stesso e i suoi familiari senza ricorrere al sistema di assistenza sociale dello Stato membro interessato. Gli Stati membri valutano queste risorse rispetto alla loro natura e regolarità e possono tener conto della soglia minima delle retribuzioni e delle pensioni nazionali, nonché del numero di familiari.2. Gli Stati membri possono chiedere ai cittadini di paesi terzi di soddisfare le misure di integrazione, conformemente alla legislazione nazionale.In riferimento ai rifugiati e/o ai loro familiari di cui all'articolo 12, le misure di integrazione di cui al primo comma possono essere applicate soltanto dopo che alle persone interessate sia stato accordato il ricongiungimento familiare.Articolo 8Gli Stati membri possono esigere che il soggiornante, prima di farsi raggiungere dai suoi familiari, abbia soggiornato legalmente nel loro territorio per un periodo non superiore a due anni.In deroga alla disposizione che precede, qualora, in materia di ricongiungimento familiare, la legislazione in vigore in uno Stato membro al momento dell'adozione della presente direttiva tenga conto della sua capacità di accoglienza, questo Stato membro può prevedere un periodo di attesa non superiore a tre anni tra la presentazione della domanda di ricongiungimento ed il rilascio del permesso di soggiorno ai familiari.CAPO V Ricongiungimento familiare dei rifugiatiArticolo 91. Le disposizioni del presente capo si applicano al ricongiungimento familiare dei rifugiati riconosciuti dagli Stati membri.2. Gli Stati membri possono limitare l'applicazione delle disposizioni del presente capo ai rifugiati i cui vincoli familiari siano anteriori al loro ingresso.3. Il presente capo lascia impregiudicata qualsiasi norma che accordi lo status di rifugiati ai familiari.Articolo 101. L'articolo 4 si applica alla definizione di familiari con l'eccezione del terzo comma del paragrafo 1 di tale articolo che non si applica ai figli dei rifugiati.2. Gli Stati membri possono autorizzare il ricongiungimento di altri familiari non previsti all'articolo 4, qualora essi siano a carico del rifugiato.3. Se il rifugiato è un minore non accompagnato, gli Stati membri:a) autorizzano l'ingresso e il soggiorno ai fini del ricongiungimento familiare degli ascendenti diretti di primo grado, senza applicare le condizioni previste all'articolo 4, paragrafo 2, lettera a);b) possono autorizzare l'ingresso e il soggiorno ai fini del ricongiungimento familiare del suo tutore legale o di altro familiare, quando il rifugiato non abbia ascendenti diretti o sia impossibile rintracciarli.Articolo 111. Per quanto concerne la presentazione e l'esame delle domande si applicano le disposizioni dell'articolo 5, fatto salvo il paragrafo 2 del presente articolo.2. Qualora un rifugiato non possa fornire documenti ufficiali che provino i suoi vincoli familiari, gli Stati membri tengono conto anche di altri mezzi idonei a provare l'esistenza di tali vincoli, da valutare conformemente alla legislazione nazionale. Il rigetto della domanda non può essere motivato unicamente dall'assenza di documenti probatori.Articolo 121. In deroga all'articolo 7, gli Stati membri non chiedono al rifugiato, ad un suo familiare o ai suoi familiari di fornire, in merito alle domande relative ai familiari di cui all'articolo 4, paragrafo 1, la prova che il rifugiato soddisfa le condizioni stabilite nell'articolo 7.Fatti salvi gli obblighi internazionali, se il ricongiungimento familiare è possibile in un paese terzo con il quale il soggiornante/familiare ha legami particolari, gli Stati membri possono chiedere la prova di cui al primo comma.Gli Stati membri possono chiedere che il rifugiato soddisfi le condizioni di cui all'articolo 7, paragrafo 1, se la domanda di ricongiungimento familiare non è presentata entro tre mesi dalla concessione dello status di rifugiato.2. In deroga all'articolo 8, gli Stati membri non esigono che il rifugiato, prima di farsi raggiungere dai suoi familiari, abbia soggiornato sul loro territorio per un certo periodo di tempo.CAPO VI Ingresso e soggiorno dei familiariArticolo 131. Una volta accettata la domanda di ricongiungimento familiare, lo Stato membro interessato autorizza l'ingresso del familiare o dei familiari. A tal fine, lo Stato membro interessato agevola il rilascio dei visti necessari per queste persone.2. Lo Stato membro interessato rilascia ai familiari un primo permesso di soggiorno con un periodo di validità di almeno un anno. Questo permesso di soggiorno è rinnovabile.3. Il periodo di validità dei permessi di soggiorno concessi al familiare o ai familiari non può in linea di principio andare oltre la data di scadenza del permesso di soggiorno del soggiornante.Articolo 141. I familiari del soggiornante hanno diritto, come il soggiornante:a) all'accesso all'istruzione;b) all'accesso ad un'attività lavorativa dipendente o autonoma;c) all'accesso all'orientamento, alla formazione, al perfezionamento e all'aggiornamento professionale.2. Gli Stati membri possono decidere in base alla legislazione nazionale le condizioni alle quali i familiari possono esercitare un'attività lavorativa dipendente o autonoma. Tali condizioni fissano un termine che non può comunque eccedere dodici mesi, durante il quale gli Stati membri possono valutare la situazione del proprio mercato del lavoro prima di autorizzare i familiari ad esercitare un'attività dipendente o autonoma.3. Gli Stati membri possono limitare l'accesso ad un'attività lavorativa dipendente o ad un'attività autonoma da parte degli ascendenti diretti di primo grado e dei figli maggiorenni non coniugati di cui all'articolo 4, paragrafo 2.Articolo 151. Trascorso un periodo massimo di cinque anni di soggiorno e sempre che al familiare non sia stato rilasciato un permesso di soggiorno per motivi diversi dal ricongiungimento familiare, il coniuge o il partner non coniugato e il figlio diventato maggiorenne hanno diritto, previa domanda, ove richiesta, a un permesso di soggiorno autonomo, indipendente da quello del soggiornante.Gli Stati membri possono limitare la concessione del permesso di soggiorno di cui al primo comma al solo coniuge o al partner non sposato in caso di rottura del vincolo familiare.2. Gli Stati membri possono concedere un permesso di soggiorno autonomo ai figli adulti e agli ascendenti diretti di cui all'articolo 4, paragrafo 2.3. In caso di vedovanza, divorzio, separazione o decesso di ascendenti o discendenti diretti di primo grado, un permesso di soggiorno autonomo può essere rilasciato, previa domanda, ove richiesta, alle persone entrate in virtù del ricongiungimento familiare. Gli Stati membri adottano disposizioni atte a garantire che un permesso di soggiorno autonomo sia rilasciato quando situazioni particolarmente difficili lo richiedano.4. I requisiti relativi al rilascio e alla durata del permesso di soggiorno autonomo sono stabiliti dalla legislazione nazionale.CAPO VII Sanzioni e mezzi di ricorsoArticolo 161. Gli Stati membri possono respingere la domanda d'ingresso e di soggiorno ai fini del ricongiungimento familiare o, se del caso, ritirare o rifiutare il rinnovo del permesso di soggiorno di un familiare in uno dei casi seguenti:a) qualora le condizioni fissate dalla presente direttiva non siano, o non siano più, soddisfatte.Nel rinnovare il permesso di soggiorno, qualora il soggiornante non abbia risorse sufficienti che gli consentano di non ricorrere al sistema di assistenza sociale dello Stato membro, di cui all'articolo 7, paragrafo 1, lettera c), lo Stato membro tiene conto del contributo dei familiari al reddito familiare;b) qualora il soggiornante ed il suo familiare o i suoi familiari non abbiano o non abbiano più un vincolo coniugale o familiare effettivo;c) qualora si constati che il soggiornante o il partner non coniugato è coniugato o ha una relazione stabile durevole con un'altra persona.2. Gli Stati membri possono inoltre respingere la domanda d'ingresso e di soggiorno ai fini del ricongiungimento familiare, oppure ritirare o rifiutare il rinnovo del permesso di soggiorno dei familiari se è accertato che:a) sono state utilizzate informazioni false o ingannevoli, sono stati utilizzati documenti falsi o falsificati, ovvero è stato fatto ricorso alla frode o ad altri mezzi illeciti;b) il matrimonio, la relazione stabile o l'adozione hanno avuto luogo allo scopo esclusivo di permettere all'interessato di entrare o soggiornare in uno Stato membro.Nel procedere ad una valutazione ai sensi della presente lettera, gli Stati membri possono tenere in particolare considerazione il fatto che il contratto di matrimonio, relazione stabile o adozione sia stato stipulato successivamente al rilascio del permesso di soggiorno al soggiornante.3. Gli Stati membri possono ritirare o rifiutare di rinnovare il permesso di soggiorno di un familiare quando sia posto fine al soggiorno del soggiornante e il familiare non sia ancora titolare del diritto al permesso di soggiorno autonomo in virtù dell'articolo 15.4. Gli Stati membri possono procedere a controlli e ispezioni specifici qualora esista una fondata presunzione di frode o di matrimonio, relazione stabile, o adozione fittizi come definiti al paragrafo 2. Controlli specifici possono essere effettuati anche in occasione del rinnovo del permesso di soggiorno dei familiari.Articolo 17In caso di rigetto di una domanda, di ritiro o di mancato rinnovo del permesso di soggiorno o di adozione di una misura di allontanamento nei confronti del soggiornante o dei suoi familiari, gli Stati membri prendono nella dovuta considerazione la natura e la solidità dei vincoli familiari della persona e la durata del suo soggiorno nello Stato membro, nonché l'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo paese d'origine.Articolo 18Gli Stati membri assicurano che il soggiornante e/o i suoi familiari abbiano diritto a proporre impugnativa in caso di rigetto della domanda di ricongiungimento familiare, di mancato rinnovo o di ritiro del permesso di soggiorno o di adozione di una misura di allontanamento.Le modalità da seguire e la competenza a esercitare il diritto di cui al primo comma sono stabilite dagli Stati membri interessati.CAPO VIII Disposizioni finaliArticolo 19Periodicamente, e per la prima volta al più tardi entro il 3 ottobre 2007, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione negli Stati membri della presente direttiva e propone, se del caso, le modifiche necessarie. Queste proposte di modifica riguardino in via prioritaria le disposizioni di cui agli articoli 3, 4, 7, 8 e 13.Articolo 20Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 3 ottobre 2005. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tali riferimenti sono decise dagli Stati membri.Articolo 21La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Articolo 22Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea.Fatto a Bruxelles, addì 22 settembre 2003.Per il ConsiglioIl PresidenteF. Frattini(1) GU C 116 E del 26.4.2000, pag. 66 e GU C 62 E del 27.2.2001, pag. 99.(2) GU C 135 del 7.5.2001, pag. 174.(3) GU C 204 del 18.7.2000, pag. 40.(4) GU C 73 del 26.3.2003, pag. 16.(5) GU L 157 del 15.6.2002, pag. 1.
Ricongiungimento familiare QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Essa punta a fissare norme comuni in materia del diritto al ricongiungimento familiare. Si tratta di permettere ai familiari dei cittadini non comunitari che risiedono legalmente sul territorio dell’UE di raggiungerli nel paese dell’UE dove risiedono. L’obiettivo è di tutelare l’unità familiare e facilitare l’integrazione dei cittadini dei paesi terzi.Non si applica all’Irlanda, alla Danimarca e al Regno Unito (1). Inoltre non si oppone a eventuali condizioni più favorevoli riconosciute dalle legislazioni nazionali. PUNTI CHIAVE CondizioniPossono richiedere il ricongiungimento familiare i cittadini non comunitari titolari di un permesso di soggiorno della durata di almeno un anno in uno dei paesi dell’UE e che hanno una possibilità legale di ottenere un diritto di soggiorno permanente.Invece, la direttiva non si applica ai familiari di un cittadino dell’UE, né ai cittadini non comunitari che chiedono il riconoscimento dello status di rifugiati e le cui domande non hanno ricevuto una risposta definitiva, o a coloro che si avvalgono di forme temporanee di protezione.Possono beneficiare del ricongiungimento familiare:il coniuge del richiedente il ricongiungimento; i figli minorenni della coppia (ovvero i figli non sposati che abbiano un’età inferiore a quella in cui si diventa legalmente maggiorenni nel paese dell’UE interessato), o di uno dei componenti della coppia qualora abbia il diritto di tutela e siano a suo carico, compresi i figli adottivi. Gli Stati membri possono autorizzare il ricongiungimento familiare a talune condizioni:agli ascendenti in linea retta e di primo grado (padre e madre del cittadino straniero; ai figli maggiorenni non coniugati; al convivente non coniugato. Il matrimonio poligamo non è riconosciuto: può beneficiare del diritto al ricongiungimento un solo coniuge. Sono così esclusi anche i figli dei coniugi non ammessi al ricongiungimento a meno che non lo esiga il loro migliore interesse (in conformità con la convenzione sui diritti del fanciullo del 1989).È altresì permesso ai paesi dell’UE di prevedere che il cittadino non comunitario e il suo congiunto abbiano raggiunto un’età minima (che in alcun caso non può essere superiore a ventuno anni) prima di poter esercitare il diritto al ricongiungimento familiare. ProceduraI paesi dell’UE decidono se spetta al cittadino straniero o ai familiari che intendono raggiungerlo, presentare una domanda di ricongiungimento familiare. Salvo casi particolari, il familiare di cui si chiede il ricongiungimento deve trovarsi fuori dall’UE durante la procedura. La domanda deve essere accompagnata da documenti giustificativi che provino il legame familiare e il rispetto delle condizioni previste. La richiesta deve essere esaminata entro un periodo massimo di nove mesi a partire dalla presentazione della domanda per esaminare l’istanza. Si potrà chiedere che la persona che presenta domanda di ricongiungimento disponga di un alloggio che corrisponda alle norme di sicurezza e di salubrità in vigore nel paese dell’UE interessato e di un’assicurazione malattia e/o di risorse stabili per provvedere alle proprie necessità e a quelle dei familiari e che si conformi alle misure di integrazione nel rispetto del diritto nazionale. Si potrà altresì richiedere un soggiorno di una durata determinata (massimo due anni) nel paese dell’UE interessato, prima del ricongiungimento da parte dei familiari. L’ingresso e il soggiorno di un familiare potranno essere rifiutati per ragioni di ordine pubblico, di sicurezza interna e di salute pubblica, nonché in caso di frode (falsificazione di documenti, matrimonio fittizio, ecc.). Le medesime ragioni potranno giustificare la revoca o il mancato rinnovo di un permesso già concesso. Le persone alle quali viene rifiutato, non rinnovato o revocato il permesso, hanno diritto di ricorrere in giustizia avverso una decisione di rifiuto. Per quanto riguarda il ricongiungimento familiare dei rifugiati, i paesi dell’UE non imporranno condizioni relative alla permanenza minima nel territorio prima del ricongiungimento familiare. Inoltre, i rifugiati sono esenti dalle sopraccitate condizioni all’alloggio, all’assicurazione medica e alle risorse stabili nel caso in cui la richiesta di ricongiungimento familiare venga effettuata entro tre mesi dall’ottenimento dello status di rifugiato. Diritti dei familiariI familiari del cittadino straniero hanno diritto a un permesso di soggiorno della stessa durata di quello della persona che hanno raggiunto. Hanno inoltre diritto, allo stesso titolo del cittadino, di accedere all’istruzione, all’occupazione e alla formazione professionale. Dopo al massimo cinque anni di residenza, il congiunto o il partner non sposato, nonché i figli diventati maggiorenni, hanno diritto a un permesso di soggiorno autonomo. Le condizioni applicabili alla concessione e alla durata del permesso di soggiorno autonomo sono definiti nel diritto nazionale. In caso di rottura del vincolo familiare, i paesi dell’UE possono esclusivamente limitare la concessione del permesso di soggiorno autonomo a coniugi o coppie non sposate. Orientamenti sull’applicazione della direttiva? Nel 2014, la Commissione europea ha pubblicato gli orientamenti per gli Stati membri sull’applicazione della direttiva. DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il venerdì 3 ottobre 2003 e doveva essere recepita dalle legislazioni nazionali dei paesi dell’UE entro il lunedì 3 ottobre 2005. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Ricongiungimento familiare (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003 relativa al diritto al ricongiungimento familiare (GU L 251, 3.10.2003, pagg. 12-18). ATTI COLLEGATI Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio concernente gli orientamenti per l’applicazione della direttiva 2003/86/CE relativa al diritto al ricongiungimento familiare [COM(2014) 210 final, 3.4.2014]. Libro verde sul diritto al ricongiungimento familiare per i cittadini di paesi terzi che vivono nell’Unione europea (direttiva 2003/86/CE) [COM/(2011) 735 final, 15.11.2011] Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio concernente l’applicazione della direttiva 2003/86/CE relativa al diritto al ricongiungimento familiare [COM(2008) 610 final, 8.10.2008].
11,372
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32012R0360
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REGOLAMENTO (UE) N. 360/2012 DELLA COMMISSIONE del 25 aprile 2012 relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti di importanza minore («de minimis») concessi ad imprese che forniscono servizi di interesse economico generale (Testo rilevante ai fini del SEE) LA COMMISSIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, visto il regolamento (CE) n. 994/98 del Consiglio, del 7 maggio 1998, sull’applicazione degli articoli 92 e 93 del trattato che istituisce la Comunità europea a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali (1), in particolare l’articolo 2, paragrafo 1, previa pubblicazione del progetto del presente regolamento (2), sentito il comitato consultivo in materia di aiuti di Stato, considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 994/98 consente alla Commissione di fissare, mediante regolamento, un massimale al di sotto del quale si considera che gli aiuti non corrispondano a tutti i criteri di cui all’articolo 107, paragrafo 1, del trattato e non siano pertanto soggetti alla procedura di notifica di cui all’articolo 108, paragrafo 3, del trattato. (2) Sulla base del suddetto regolamento, la Commissione ha adottato, in particolare, il regolamento (CE) n. 1998/2006, del 15 dicembre 2006, relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato agli aiuti d’importanza minore (“de minimis”) (3), che stabilisce un massimale generale “de minimis” di 200 000 EUR per beneficiario su un periodo di tre esercizi finanziari. (3) Dall'esperienza della Commissione nell'applicare la normativa in materia di aiuti di Stato a imprese che forniscono servizi di interesse economico generale ai sensi dell'articolo 106, paragrafo 2, del trattato risulta che il massimale al di sotto del quale si può ritenere che i vantaggi concessi a tali imprese non incidano sugli scambi tra Stati membri e/o non falsino o minaccino di falsare la concorrenza può talvolta scostarsi dal massimale generale “de minimis” stabilito dal regolamento (CE) n. 1998/2006. Infatti, almeno alcuni di questi vantaggi compensano con buona probabilità costi aggiuntivi connessi alla prestazione di servizi di interesse economico generale. Inoltre, molte attività qualificate come prestazione di servizi di interesse economico generale hanno una portata territoriale limitata. È quindi appropriato introdurre, in aggiunta al regolamento (CE) n. 1998/2006, un regolamento contenente regole specifiche relative agli aiuti “de minimis” per le imprese che forniscono servizi di interesse economico generale. È opportuno stabilire un massimale relativo agli aiuti “de minimis” che ciascuna impresa può ricevere in un determinato arco di tempo. (4) In base all’esperienza della Commissione, gli aiuti concessi a imprese che forniscono servizi di interesse economico generale possono essere considerati come aiuti che non incidono sugli scambi tra Stati membri e/o non falsano o minacciano di falsare la concorrenza a condizione che l'importo totale degli aiuti concessi all'impresa beneficiaria che fornisce servizi di interesse economico generale sia inferiore a 500 000 EUR nell'arco di tre esercizi finanziari. Considerando l'evoluzione del settore del trasporto su strada di passeggeri e la natura preminentemente locale dei servizi di interesse economico generale in questo campo, non è opportuno prevedere un massimale inferiore per questo settore, al quale dovrebbe quindi essere applicato il massimale di 500 000 EUR. (5) Gli anni da prendere in considerazione per determinare se tale massimale è raggiunto dovrebbero essere gli esercizi finanziari utilizzati per scopi fiscali dall'impresa nello Stato membro interessato. Il periodo di riferimento di tre anni dovrebbe essere valutato su una base mobile, nel senso che, in caso di nuova concessione di un aiuto “de minimis”, deve essere ricalcolato l’importo complessivo degli aiuti “de minimis” concessi nell’esercizio finanziario in questione, nonché nei due esercizi finanziari precedenti. Gli aiuti concessi da uno Stato membro dovrebbero essere presi in considerazione a tale fine anche se finanziati interamente o parzialmente con risorse di origine unionale. Non deve essere possibile frazionare in parti più piccole le misure di aiuto superiori al massimale “de minimis” allo scopo di fare rientrare tali parti nel campo di applicazione del presente regolamento. (6) Il presente regolamento dovrebbe applicarsi solo agli aiuti concessi per la fornitura di servizi di interesse economico generale. L’impresa beneficiaria deve pertanto ricevere per iscritto un atto che la incarica di prestare il servizio di interesse economico generale per il quale l’aiuto è concesso. Pur dovendo informare l’impresa della natura del servizio di interesse economico generale per il quale l’aiuto è concesso, l’atto di incarico non deve necessariamente contenere tutte le informazioni dettagliate precisate nella decisione 2012/21/UE della Commissione, del 20 dicembre 2011, riguardante l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti di Stato sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico, concessi a determinate imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale (4). (7) Il presente regolamento non si applica ai settori della produzione primaria di prodotti agricoli, della pesca, dell’acquacoltura e del trasporto di merci su strada in considerazione delle norme specifiche vigenti in questi settori, del fatto che alle imprese in essi operanti sono raramente affidati servizi di interesse economico generale e del rischio che aiuti di importo inferiore al massimale previsto dal presente regolamento soddisfino le condizioni dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato. Tuttavia, se un’impresa opera sia nei settori della produzione primaria di prodotti agricoli, della pesca, dell’acquacoltura o del trasporto di merci su strada sia in altri settori o attività, è opportuno che il presente regolamento si applichi a questi altri settori o attività (come ad esempio la raccolta di rifiuti in mare), a condizione che gli Stati membri garantiscano che le attività esercitate nei settori esclusi non beneficiano degli aiuti “de minimis” a norma del presente regolamento, tramite mezzi adeguati quali la separazione delle attività o la distinzione dei costi. Gli Stati membri possono adempiere a tale obbligo, in particolare, limitando l'importo degli aiuti “de minimis” alla compensazione dei costi per la fornitura del servizio, incluso un profitto ragionevole. È opportuno che il presente regolamento non si applichi al settore carboniero, in considerazione delle sue peculiari caratteristiche e del fatto che servizi di interesse economico generale sono raramente affidati ad imprese operanti in tale settore. (8) Viste le similarità tra la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti agricoli, da un lato, e dei prodotti non agricoli, dall’altro, è opportuno applicare il presente regolamento alla trasformazione e alla commercializzazione dei prodotti agricoli, a condizione che siano soddisfatte certe condizioni. A tale riguardo, è opportuno che non siano considerate come trasformazione o commercializzazione né le attività di preparazione dei prodotti alla prima vendita effettuate nelle aziende agricole, come la raccolta, il taglio e la trebbiatura dei cereali o l’imballaggio delle uova, né la prima vendita a rivenditori o a imprese di trasformazione. (9) La Corte di giustizia ha stabilito (5) che, una volta che l'Unione ha istituito un'organizzazione comune di mercato in un dato settore dell'agricoltura, gli Stati membri sono tenuti ad astenersi dall'adottare qualsiasi provvedimento che deroghi o rechi pregiudizio a siffatta organizzazione. Per questo motivo, il presente regolamento non deve applicarsi agli aiuti il cui importo sia determinato in base al prezzo o al quantitativo di prodotti acquistati o commercializzati, né agli aiuti “de minimis” connessi all’obbligo di condivisione dell'aiuto con i produttori primari. (10) Il presente regolamento non deve applicarsi agli aiuti “de minimis” alle esportazioni né gli aiuti “de minimis” che favoriscono i prodotti nazionali rispetto ai prodotti importati. (11) È opportuno che il presente regolamento non si applichi alle imprese in difficoltà ai sensi degli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà (6), non essendo idoneo concedere aiuti al funzionamento a favore di imprese in difficoltà al di fuori di un progetto di ristrutturazione e dati i problemi legati alla determinazione dell'equivalente sovvenzione lordo degli aiuti concessi a questo tipo di imprese. (12) Conformemente ai principi alla base degli aiuti che rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato, gli aiuti “de minimis” sono considerati concessi nel momento in cui all'impresa è accordato, a norma del regime giuridico nazionale applicabile, il diritto giuridico di ricevere gli aiuti. (13) Per evitare che le intensità massime di aiuto stabilite nei vari strumenti dell'Unione siano aggirate, gli aiuti “de minimis” non possono essere cumulati con aiuti di Stato relativamente agli stessi costi ammissibili se tale cumulo porta a un'intensità di aiuto superiore a quella stabilita, per le specifiche circostanze di ogni caso, da un regolamento di esenzione per categoria o da una decisione della Commissione. (14) Il presente regolamento non pregiudica l'applicazione del regolamento (CE) n. 1998/2006 alle imprese che forniscono servizi di interesse economico generale. Per quanto riguarda gli aiuti concessi per la prestazione di servizi di interesse economico generale, gli Stati membri hanno la facoltà di scegliere se basarsi sul presente regolamento o sul regolamento (CE) n. 1998/2006. (15) La Corte di giustizia, nella sentenza Altmark (7), ha individuato una serie di condizioni che devono essere soddisfatte affinché la fornitura di un servizio di interesse economico generale non costituisca aiuto di Stato. Secondo dette condizioni, una compensazione che si limiti ai costi netti sostenuti per la prestazione di servizi di interesse pubblico generale da un’impresa gestita in modo efficiente non costituisce aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato. Le compensazioni superiori a tali costi netti costituiscono un aiuto di Stato che può essere dichiarato compatibile sulla base delle norme vigenti dell’Unione. Per evitare che il presente regolamento sia applicato allo scopo di aggirare le condizioni individuate nella sentenza Altmark e che gli aiuti “de minimis” concessi in forza del presente regolamento incidano sugli scambi a seguito del cumulo con altre compensazioni ricevute per lo stesso servizio di interesse economico generale, gli aiuti “de minimis” accordati in forza del presente regolamento non devono essere cumulati con altre compensazioni relative allo stesso servizio, a prescindere dal fatto che queste costituiscano o meno un aiuto di Stato a norma della sentenza Altmark o un aiuto di Stato compatibile con il mercato interno a norma della decisione 2012/21/UE o della comunicazione della Commissione — Disciplina dell'Unione europea relativa agli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico (2011) (8). Occorre pertanto escludere dal campo di applicazione del presente regolamento le compensazioni ricevute per la fornitura di un servizio di interesse economico generale che beneficia anche di altri tipi di compensazione, a meno che queste altre compensazioni non costituiscano un aiuto “de minimis” a norma di altri regolamenti “de minimis” e siano rispettate le norme relative al cumulo fissate dal presente regolamento. (16) A fini di trasparenza, di parità di trattamento e di corretta applicazione del massimale “de minimis”, tutti gli Stati membri dovrebbero applicare uno stesso metodo di calcolo. Per agevolare tale calcolo e in conformità con l’attuale prassi di applicazione della norma “de minimis”, gli aiuti non costituiti da sovvenzioni dirette in denaro dovrebbero essere convertiti in equivalente sovvenzione lordo. Il calcolo dell’equivalente sovvenzione di tipi di aiuto trasparenti diversi dalle sovvenzioni o di aiuti erogabili in più quote richiede l’applicazione dei tassi di interesse praticati sul mercato al momento della concessione di tali aiuti. Per un’applicazione uniforme, trasparente e semplificata delle norme in materia di aiuti di Stato, è opportuno considerare che i tassi di mercato applicabili ai fini del presente regolamento sono i tassi di riferimento fissati attualmente dalla comunicazione della Commissione relativa alla revisione del metodo di fissazione dei tassi di riferimento e di attualizzazione (9). (17) A fini di trasparenza, di parità di trattamento e di controllo efficace, è opportuno che il presente regolamento si applichi solo agli aiuti “de minimis” che sono trasparenti. Gli aiuti trasparenti sono quelli per i quali è possibile calcolare con precisione l’equivalente sovvenzione lordo ex ante senza che sia necessario effettuare un’analisi del rischio. Questo calcolo preciso può essere fatto, ad esempio, per quanto riguarda le sovvenzioni, i contributi in conto interessi e le esenzioni fiscali limitate. Gli aiuti concessi sotto forma di conferimenti di capitale non dovrebbero essere considerati come aiuti “de minimis” trasparenti, a meno che l’importo totale dell’apporto pubblico sia inferiore al massimale “de minimis”. Gli aiuti concessi sotto forma di misure a favore del capitale di rischio di cui agli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato destinati a promuovere gli investimenti in capitale di rischio nelle piccole e medie imprese (10) non dovrebbero essere considerati aiuti “de minimis” trasparenti, a meno che il regime relativo al capitale di rischio interessato preveda apporti di capitali per un importo non superiore al massimale “de minimis” per ogni impresa destinataria. Gli aiuti concessi sotto forma di prestiti dovrebbero essere trattati come aiuti “de minimis” trasparenti se l’equivalente sovvenzione lordo è stato calcolato sulla base dei tassi di interesse praticati sul mercato al momento della concessione. (18) È necessario offrire certezza del diritto per i regimi di garanzia che non hanno il potenziale per incidere sugli scambi e falsare la concorrenza, e riguardo ai quali sono disponibili dati sufficienti per valutare in modo attendibile qualsiasi effetto potenziale. Il presente regolamento dovrebbe pertanto trasporre il massimale “de minimis” di 500 000 EUR in uno specifico massimale di garanzia basato sull’importo garantito del prestito individuale che sottende tale garanzia. È opportuno calcolare tale massimale specifico utilizzando una metodologia per valutare l’importo dell’aiuto di Stato compreso nei regimi di garanzia che coprono i prestiti a favore delle imprese efficienti. La metodologia e i dati utilizzati per calcolare lo specifico massimale di garanzia dovrebbero escludere le imprese in difficoltà ai sensi degli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà. Tale massimale specifico non dovrebbe pertanto applicarsi agli aiuti individuali accordati al di fuori dell’ambito di un regime di garanzia, agli aiuti ad imprese in difficoltà, o a garanzie su operazioni sottese che non costituiscono prestito, come le garanzie sulle operazioni in equity. Il massimale specifico va determinato sulla base del fatto che, prendendo in considerazione un tasso massimo (tasso di insolvenza netto) del 13% corrispondente allo scenario peggiore per i regimi di garanzia nell’Unione, una garanzia pari a 3 750 000 EUR può essere considerata come avente un equivalente sovvenzione lordo identico al massimale “de minimis” di 500 000 EUR. Solo le garanzie fino all'80% del prestito sotteso dovrebbero essere coperte da tali massimali specifici. Per valutare l'equivalente sovvenzione lordo contenuto in una garanzia, gli Stati membri possono inoltre utilizzare una metodologia accettata dalla Commissione, previa notifica, sulla base di un regolamento della Commissione in materia di aiuti di Stato, se la metodologia approvata si riferisce esplicitamente al tipo di garanzie e al tipo di operazioni sottese in questione nel contesto dell'applicazione del presente regolamento. (19) Previa notifica da parte di uno Stato membro, la Commissione può esaminare se una misura d'aiuto che non consiste in una sovvenzione, un prestito, una garanzia, un conferimento di capitale o in una misura a favore del capitale di rischio porta a un equivalente sovvenzione lordo non superiore al massimale “de minimis”, e può pertanto rientrare nell'ambito di applicazione delle disposizioni del presente regolamento. (20) La Commissione ha il dovere di provvedere affinché siano osservate le disposizioni in materia di aiuti di Stato e in particolare affinché gli aiuti concessi secondo la norma “de minimis” siano conformi alle condizioni prestabilite. In forza del dovere di collaborazione di cui all’articolo 4, paragrafo 3, del trattato sull'Unione europea, gli Stati membri sono tenuti ad agevolare l’adempimento di tale compito, istituendo modalità di controllo tali da garantire che l’importo complessivo degli aiuti “de minimis” concessi alla medesima impresa per la prestazione di servizi di interesse economico generale non ecceda il massimale complessivo ammissibile. A tal fine e per assicurare la conformità alle disposizioni relative al cumulo con gli aiuti di cui agli altri regolamenti “de minimis”, quando concedono un aiuto “de minimis” in base al presente regolamento, gli Stati membri informano l’impresa interessata dell’importo dell'aiuto e della sua natura “de minimis”, facendo riferimento al presente regolamento. Inoltre, prima di concedere l’aiuto, lo Stato membro interessato deve ottenere dall'impresa una dichiarazione sugli eventuali altri aiuti “de minimis”, oggetto del presente regolamento o degli altri regolamenti “de minimis”, ricevuti durante l'esercizio finanziario interessato e nei due precedenti. Come alternativa, lo Stato membro ha la possibilità di assicurare il rispetto del massimale mediante un registro centrale. (21) Il presente regolamento deve applicarsi fatte salve le condizioni poste dal diritto dell'Unione in materia di appalti pubblici o da requisiti aggiuntivi derivanti dal trattato o da normative settoriali dell'Unione. (22) Il presente regolamento deve applicarsi agli aiuti concessi prima della sua entrata in vigore a imprese che forniscono servizi di interesse economico generale. (23) La Commissione intende riesaminare il presente regolamento cinque anni dopo la sua entrata in vigore, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Ambito di applicazione e definizioni 1. Il presente regolamento si applica agli aiuti concessi a imprese che forniscono servizi di interesse economico generale a norma dell'articolo 106, paragrafo 2, del trattato. 2. Il presente regolamento non si applica ai seguenti aiuti: a) aiuti concessi a imprese operanti nel settore della pesca e dell’acquacoltura che rientrano nel campo di applicazione del regolamento (CE) n. 104/2000 del Consiglio (11); b) aiuti concessi a imprese operanti nel settore della produzione primaria dei prodotti agricoli; c) aiuti concessi a imprese operanti nella trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli nei casi seguenti: i) quando l’importo dell’aiuto è fissato in base al prezzo o al quantitativo di tali prodotti acquistati da produttori primari o immessi sul mercato dalle imprese interessate, ii) quando l’aiuto è subordinato al fatto di venire parzialmente o interamente trasferito a produttori primari; d) aiuti per attività connesse all’esportazione verso paesi terzi o Stati membri, ossia aiuti direttamente collegati ai quantitativi esportati, alla costituzione e gestione di una rete di distribuzione o ad altre spese correnti connesse con l’attività d’esportazione; e) aiuti subordinati all'impiego preferenziale di prodotti interni rispetto ai prodotti d'importazione; f) aiuti concessi a imprese operanti nel settore carboniero ai sensi della decisione 2010/787/UE del Consiglio (12); g) aiuti concessi a imprese che effettuano trasporto di merci su strada per conto terzi; h) aiuti concessi a imprese in difficoltà. Se un’impresa opera nei settori di cui alle lettere a), b), c) o g) del primo comma o in settori non esclusi dal campo di applicazione del presente regolamento, quest’ultimo si applica solo agli aiuti concessi per quegli altri settori o attività, a condizione che gli Stati membri garantiscano che le attività esercitate nei settori esclusi non beneficiano degli aiuti “de minimis” a norma del presente regolamento, tramite mezzi adeguati quali la separazione delle attività o la distinzione dei costi. 3. Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni: a) per “prodotti agricoli” si intendono i prodotti elencati nell’allegato I del trattato, esclusi i prodotti della pesca; b) per “trasformazione di un prodotto agricolo” si intende qualsiasi trattamento di un prodotto agricolo in cui il prodotto ottenuto resta pur sempre un prodotto agricolo, eccezion fatta per le attività agricole necessarie per preparare un prodotto animale o vegetale alla prima vendita; c) per “commercializzazione di un prodotto agricolo” si intende la detenzione o l’esposizione di un prodotto agricolo allo scopo di vendere, consegnare o immettere sul mercato in qualsiasi altro modo detto prodotto, ad eccezione della prima vendita da parte di un produttore primario a rivenditori o a imprese di trasformazione, e qualsiasi attività che prepara il prodotto per tale prima vendita; la vendita da parte di un produttore primario a consumatori finali è considerata commercializzazione se ha luogo in locali separati riservati a tale scopo. Articolo 2 Aiuti “de minimis” 1. Sono considerati non corrispondenti a tutti i criteri dell'articolo 107, paragrafo 1, del trattato, e pertanto esenti dall'obbligo di notifica di cui all’articolo 108, paragrafo 3, del trattato, gli aiuti concessi alle imprese per la fornitura di servizi di interesse economico generale che rispettano le condizioni stabilite ai paragrafi da 2 a 8 del presente articolo. 2. L’importo complessivo degli aiuti “de minimis” concessi a un'impresa che fornisce servizi di interesse economico generale non supera i 500 000 EUR nell’arco di tre esercizi finanziari. Tale massimale si applica a prescindere dalla forma dell’aiuto “de minimis” o a prescindere dal fatto che l’aiuto concesso dallo Stato membro sia finanziato interamente o parzialmente con risorse di origine unionale. Il periodo viene determinato facendo riferimento agli esercizi finanziari utilizzati dall'impresa nello Stato membro interessato. 3. I massimali stabiliti al paragrafo 2 sono espressi in termini di sovvenzione diretta in denaro. Tutti i valori utilizzati sono al lordo di qualsiasi imposta o altro onere. Quando un aiuto è concesso in forma diversa da una sovvenzione diretta in denaro, l’importo dell’aiuto è l’equivalente sovvenzione lordo. Gli aiuti erogabili in più quote sono attualizzati al loro valore al momento della concessione. Il tasso di interesse da utilizzare ai fini dell’attualizzazione è costituito dal tasso vigente al momento della concessione. 4. Il presente regolamento si applica solo agli aiuti riguardo ai quali è possibile calcolare con precisione l’equivalente sovvenzione lordo ex ante senza che sia necessario effettuare un’analisi del rischio (“aiuti trasparenti”). In particolare: a) gli aiuti concessi sotto forma di prestiti sono trattati come aiuti “de minimis” trasparenti se l’equivalente sovvenzione lordo è stato calcolato sulla base dei tassi di riferimento in vigore al momento della concessione; b) gli aiuti concessi sotto forma di conferimenti di capitale non sono considerati come aiuti “de minimis” trasparenti, a meno che l’importo totale dell’apporto pubblico sia inferiore al massimale “de minimis”; c) gli aiuti concessi sotto forma di misure a favore del capitale di rischio non sono considerati aiuti “de minimis” trasparenti, a meno che il regime relativo al capitale di rischio interessato preveda apporti di capitali per un importo non superiore al massimale “de minimis” per ogni impresa destinataria; d) gli aiuti individuali concessi nel quadro di un regime di garanzia a imprese che non sono imprese in difficoltà sono trattati come aiuti “de minimis” trasparenti se la parte garantita del prestito sotteso concesso nell’ambito di tale regime non supera 3 750 000 EUR per impresa. Se la parte garantita del prestito sotteso rappresenta solo una data percentuale di tale massimale, si ritiene che l'equivalente sovvenzione lordo di tale garanzia corrisponda alla stessa proporzione del massimale applicabile stabilito al paragrafo 2. La garanzia non deve superare l’80% del prestito sotteso. I regimi di garanzia sono considerati trasparenti anche quando: i) prima dell'attuazione del regime, la metodologia per calcolare l'equivalente sovvenzione lordo delle garanzie è stata approvata dopo essere stata notificata alla Commissione ai sensi di un regolamento adottato dalla Commissione nel settore degli aiuti di Stato; e ii) la metodologia approvata si riferisce esplicitamente al tipo di garanzie e al tipo di operazioni sottese in questione nel contesto dell'applicazione del presente regolamento. 5. Qualora l'importo complessivo dell’aiuto “de minimis” concesso a un'impresa per la fornitura di servizi di interesse economico generale superi il massimale di cui al paragrafo 2, tale importo non può beneficiare dell’esenzione prevista dal presente regolamento, neppure per la frazione che non supera detto massimale. In tal caso, il beneficio del presente regolamento non può essere invocato per questa misura di aiuto. 6. Gli aiuti “de minimis” non sono cumulabili con aiuti di Stato relativamente agli stessi costi ammissibili se un tale cumulo dà luogo a un'intensità d'aiuto superiore a quella fissata, per le specifiche circostanze di ogni caso, in un regolamento di esenzione per categoria o in una decisione della Commissione. 7. Gli aiuti “de minimis” a norma del presente regolamento possono essere cumulati con aiuti previsti dagli altri regolamenti “de minimis” fino al massimale di cui al paragrafo 2. 8. Gli aiuti “de minimis” a norma del presente regolamento non sono cumulabili con alcuna compensazione riguardante lo stesso servizio di interesse economico generale, a prescindere dal fatto che costituiscano aiuti di Stato o meno. Articolo 3 Controllo 1. Quando intende concedere un aiuto “de minimis” a un'impresa a norma del presente regolamento, lo Stato membro informa detta impresa per iscritto comunicandole il probabile importo dell'aiuto (espresso come equivalente sovvenzione lordo), il servizio di interesse economico generale per il quale viene concesso e il suo carattere “de minimis”, facendo esplicito riferimento al presente regolamento e citandone il titolo e il riferimento di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Se un aiuto “de minimis” a norma del presente regolamento è concesso a più imprese nell’ambito di un regime e importi diversi di aiuti individuali sono concessi a tali imprese nel quadro del regime, lo Stato membro interessato può scegliere di adempiere a quest’obbligo segnalando alle imprese una somma fissa che corrisponde all’importo massimo di aiuto che è possibile concedere nel quadro del regime. In tal caso, la somma fissa è usata per determinare se il massimale di cui all’articolo 2, paragrafo 2, è rispettato. Prima di concedere l’aiuto, lo Stato membro richiede inoltre una dichiarazione all’impresa che fornisce il servizio di interesse economico generale, in forma scritta o elettronica, relativa a qualsiasi altro aiuto “de minimis” ricevuto a norma del presente regolamento o di altri regolamenti “de minimis” durante i due esercizi finanziari precedenti e nell’esercizio finanziario in corso. Lo Stato membro può erogare nuovi aiuti “de minimis” a norma del presente regolamento soltanto dopo aver accertato che essi non facciano salire l’importo complessivo degli aiuti “de minimis” concessi all'impresa in questione in forza del presente regolamento a un livello superiore al massimale di cui all’articolo 2, paragrafo 2, e che siano rispettate le norme relative al cumulo di cui all'articolo 2, paragrafi 6, 7 e 8. 2. Se uno Stato membro ha istituito un registro centrale degli aiuti “de minimis”, contenente informazioni complete su tutti gli aiuti “de minimis” concessi da qualsiasi autorità dello stesso Stato membro a imprese che forniscono servizi di interesse economico generale, le disposizioni di cui al paragrafo 1, primo comma, cessano di applicarsi dal momento in cui il registro copre un periodo di tre anni. 3. Gli Stati membri registrano e raccolgono tutte le informazioni riguardanti l’applicazione del presente regolamento. Si tratta di tutte le informazioni necessarie ad accertare che le condizioni del presente regolamento siano soddisfatte. I dati riguardanti gli aiuti “de minimis” individuali sono conservati per dieci esercizi finanziari dalla data della concessione. I dati relativi a un regime di aiuti “de minimis” vengono conservati per dieci anni dalla data in cui è stato concesso l’ultimo aiuto individuale a norma del regime di cui trattasi. Su richiesta scritta, lo Stato membro interessato trasmette alla Commissione, entro 20 giorni lavorativi ovvero entro un termine più lungo fissato nella richiesta, tutte le informazioni che la Commissione ritiene necessarie per accertare se siano state rispettate le condizioni del presente regolamento, con particolare riferimento all’importo complessivo degli aiuti “de minimis” ricevuti dalle singole imprese in base al presente regolamento o ad altri regolamenti “de minimis”. Articolo 4 Disposizioni transitorie Il presente regolamento si applica agli aiuti per la prestazione di servizi di interesse economico generale concessi anteriormente alla sua entrata in vigore purché soddisfino tutte le condizioni di cui agli articoli 1 e 2. Gli aiuti per la prestazione di servizi di interesse economico generale che non soddisfano tali condizioni sono esaminati in base alle decisioni, alle discipline, agli orientamenti, alle comunicazioni e agli avvisi pertinenti. Alla fine del periodo di applicazione del presente regolamento, è possibile dare esecuzione per un ulteriore periodo di sei mesi a tutti gli aiuti “de minimis” che soddisfano le condizioni del regolamento stesso. Articolo 5 Entrata in vigore e periodo di applicazione Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Il presente regolamento si applica fino al 31 dicembre 2018. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, il 25 aprile 2012 Per la Commissione Il presidente José Manuel BARROSO (1) GU L 142 del 14.5.1998, pag. 1. (2) GU C 8 dell’11.1.2012, pag. 23. (3) GU L 379 del 28.12.2006, pag. 5. (4) GU L 7 dell’11.1.2012, pag. 3. (5) Causa C-456/00, Repubblica francese/Commissione delle Comunità europee, Racc. 2002, pag. I-11949. (6) GU C 244 dell’1.10.2004, pag. 2. (7) Causa C-280/00, Altmark Trans GmbH e Regierungspräsidium Magdeburg/Nahverkehrsgesellschaft Altmark GmbH, in presenza di Oberbundesanwalt beim Bundesverwaltungsgerich, Racc. 2003, pag. I-7747. (8) GU C 8 dell’11.1.2012, pag. 15. (9) GU C 14 del 19.1.2008, pag. 6. (10) GU C 194 del 18.8.2006, pag. 2. (11) GU L 17 del 21.1.2000, pag. 22. (12) GU L 336 del 21.12.2010, pag. 24.
Aiuti de minimis per servizi di interesse economico generale QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? L’articolo 107, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) stabilisce quali misure costituiscono aiuti di Stato. L’articolo 108, paragrafo 3 del TFUE prescrive, come principio generale, che gli aiuti di Stato debbano essere notificati alla Commissione europea per consentirle di valutare se gli aiuti siano compatibili con il mercato interno. Il regolamento (UE) n. 360/2012 integra il regolamento generale relativo agli aiuti de minimis, ovvero piccoli importi di aiuti di Stato* (regolamento (UE) n. 1407/2013, si veda la sintesi). Entrambi i regolamenti prevedono che gli aiuti al di sotto di una determinata soglia possano essere esentati dagli obblighi di notifica. Tuttavia, il presente regolamento si applica in particolare agli aiuti concessi alle imprese che forniscono servizi di interesse economico generale (SIEG), ossia servizi che soddisfano esigenze della società quali l’assistenza sanitaria e di lunga durata, l’assistenza all’infanzia, l’accesso e il reinserimento nel mercato del lavoro, l’edilizia sociale e l’assistenza e l’inclusione sociale dei gruppi vulnerabili. Tale regolamento migliora la certezza del diritto e riduce l’onere amministrativo per la concessione di compensazioni per piccoli SIEG. PUNTI CHIAVE L’articolo 2 del regolamento (UE) 2015/1588 relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del TFUE a determinate categorie di aiuti di Stato (si veda la sintesi) permette alla Commissione di comprendere una norma «de minimis»*in qualsiasi regolamento che adotta. In virtù di tale regola, gli aiuti di modesto importo non sono considerati aiuti di Stato poiché non sortiscono alcun effetto sulla concorrenza e/o sugli scambi commerciali tra gli Stati membri dell’Unione europea; pertanto, non sono soggetti all’obbligo di notifica previsto nell’articolo 108, paragrafo 3, del TFUE. Il regolamento (UE) n. 360/2012 integra il regolamento generale «de minimis», e si applica agli aiuti concessi alle organizzazioni che forniscono servizi di interesse economico generale. Tali aiuti non devono essere notificati se l’importo totale degli aiuti de minimis concessi a un’organizzazione che fornisce servizi di interesse economico generale non supera i 500 000 euro nell’arco di tre esercizi finanziari e ove siano rispettate le condizioni relative al cumulo. Il massimale per gli importi degli aiuti stabilito dal regolamento (UE) n. 1407/2013 esentati è, invece, di soli 200 000 euro.MonitoraggioQualora uno Stato membro intendesse concedere un aiuto de minimis conformemente al presente regolamento, deve informare l’organizzazione interessata per iscritto, comunicandole:l’importo proposto degli aiuti;i servizi di interesse economico generale per cui sono concessi gli aiuti;il carattere de minimis degli aiuti. Prima di concedere gli aiuti, lo Stato membro deve ottenere una dichiarazione dall’organizzazione in questione, in forma scritta o elettronica, relativa a qualsiasi altri aiuti de minimis ricevuti a norma del presente regolamento o di altri regolamenti de minimis durante i due esercizi finanziari precedenti e nell’esercizio finanziario in corso. Lo Stato membro deve accertare che la nuova cifra non aumenti l’importo complessivo degli aiuti de minimis concessi all’impresa superando il massimale di 500 000 euro. In alternativa, gli Stati membri possono istituire un registro centrale per tutti gli aiuti de minimis concessi nel proprio territorio.Deroga dipendente da fattori temporali nell’ambito della pandemia di COVID-19 Il regolamento (UE) 2020/1474 modifica il regolamento (UE) n. 360/2012 per permettere alle imprese non in difficoltà al 31 dicembre 2019, ma che hanno sperimentato difficoltà nel periodo dal 1o gennaio 2020 al 30 giugno 2021 a causa della pandemia di COVID-19 di beneficiare degli aiuti ai sensi del regolamento (UE) n. 360/2012 per un periodo di tempo limitato. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il periodo di applicazione doveva scadere inizialmente il 31 dicembre 2018. La Commissione ha tenuto conto del fatto che le circostanze previste nel regolamento non erano cambiate in modo sostanziale e, pertanto, ha adottato il regolamento (UE) 2018/1923, che ha prorogato il periodo di applicazione di altri due anni fino al 31 dicembre 2020. Il regolamento di modifica (UE) 2020/1474 ha prorogato ulteriormente il periodo di applicazione del regolamento (UE) n. 360/2012 fino al 31 dicembre 2023. CONTESTO Per maggiori informazioni, si veda:Servizi di interesse economico generale (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Norma «de minimis». Una norma che esenta le sovvenzioni di piccola entità dall’obbligo di notifica preventiva alla Commissione per la liquidazione in base alle norme dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato. DOCUMENTI PRINCIPALI Regolamento (UE) n. 360/2012 della Commissione, del 25 aprile 2012, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti di importanza minore (de minimis) concessi a imprese che forniscono servizi di interesse economico generale (GU L 114 del 26.4.2012, pag. 8). Le successive modifiche al regolamento (UE) n. 360/2012 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza — Politiche e azioni interne dell’Unione — Titolo VII — Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni — Capo 1 — Regole di concorrenza — Sezione 2 — Aiuti concessi dagli Stati — Articolo 107 (ex articolo 87 del TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 91). Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza — Politiche e azioni interne dell’Unione — Titolo VII — Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni — Capo 1 — Regole di concorrenza — Sezione 2 — Aiuti concessi dagli Stati — Articolo 108 (ex articolo 88 del TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 92). DOCUMENTI CORRELATI Regolamento (UE) 2015/1588 del Consiglio, del 13 luglio 2015, sull’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali (codifica) (GU L 248 del 24.9.2015, pag. 1). Si veda la versione consolidata. Regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti de minimis (GU L 352 del 24.12.2013, pag. 1). Si veda la versione consolidata.
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32003R1358
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Regolamento (CE) n. 1358/2003 della Commissione, del 31 luglio 2003, recante attuazione del regolamento (CE) n. 437/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche sui trasporti aerei di passeggeri, merci e posta nonché modifica degli allegati I e II dello stesso (Testo rilevante ai fini del SEE) Gazzetta ufficiale n. L 194 del 01/08/2003 pag. 0009 - 0033 Regolamento (CE) n. 1358/2003 della Commissionedel 31 luglio 2003recante attuazione del regolamento (CE) n. 437/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche sui trasporti aerei di passeggeri, merci e posta nonché modifica degli allegati I e II dello stesso(Testo rilevante ai fini del SEE)LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,visto il trattato che istituisce la Comunità europea,visto il regolamento (CE) n. 437/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 febbraio 2003, relativo alle statistiche sui trasporti aerei di passeggeri, merci e posta(1), in particolare l'articolo 10,considerando quanto segue:(1) A norma dell'articolo 10 del regolamento (CE) n. 437/2003, la Commissione deve fissare le modalità di attuazione dello stesso.(2) È necessario stabilire l'elenco degli aeroporti comunitari, esclusi quelli che registrano unicamente un traffico commerciale occasionale, nonché le necessarie deroghe.(3) Occorre specificare il formato di trasmissione dei dati in modo sufficientemente dettagliato da garantire un'elaborazione rapida, economica ed efficace dei dati.(4) Devono essere fissate le modalità di diffusione dei risultati statistici.(5) A norma dell'articolo 10, primo trattino, del regolamento (CE) n. 437/2003 la Commissione deve anche adeguare le specifiche contenute negli allegati dello stesso.(6) Occorre adeguare la struttura di registrazione per la trasmissione dei dati, i codici e le definizioni di cui agli allegati I e II del regolamento (CE) n. 437/2003.(7) Di conseguenza occorre modificare il regolamento (CE) n. 437/2003.(8) Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato del programma statistico, istituito a seguito della decisione 89/382/CEE/Euratom(2),HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1Ai fini dell'articolo 3, paragrafi 2, 4 e 5, del regolamento (CE) n. 437/2003, nell'allegato I del presente regolamento figura un elenco di aeroporti comunitari, ad eccezione di quelli con un traffico commerciale soltanto occasionale, nonché le deroghe.Articolo 2Ai fini dell'articolo 7 del regolamento (CE) n. 437/2003, i risultati sono trasmessi in conformità della descrizione dei file di dati e del supporto di trasmissione di cui all'allegato II del presente regolamento.Articolo 3Ai fini dell'articolo 8, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 437/2003, la Commissione diffonde i dati non dichiarati riservati dagli Stati membri su qualsiasi supporto e secondo qualsiasi struttura di dati.Articolo 4Gli allegati I e II del regolamento (CE) n. 437/2003 sono sostituiti dagli allegati di cui all'allegato III del presente regolamento.Articolo 5Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, il 31 luglio 2003.Per la CommissionePedro Solbes MiraMembro della Commissione(1) GU L 66 dell'11.3.2003, pag. 1.(2) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47.ALLEGATO ICATEGORIE DI AEROPORTI, ELENCHI DEGLI AEROPORTI COMUNITARI E DEROGHEI. Categorie di aeroporti e periodi di riferimento consideratiÈ possibile definire quattro categorie di aeroporti comunitari:- Categoria "0": aeroporti con movimento inferiore a 15000 unità passeggero all'anno, considerati come aventi unicamente "traffico commerciale occasionale" e che, in conformità dell'articolo 3, paragrafo 3, non sono tenuti a fornire informazioni.- Categoria "1": aeroporti con movimento compreso tra 15000 e 150000 unità passeggero all'anno, che sono tenuti a trasmettere i dati unicamente per la tabella C1.- Categoria "2": aeroporti con movimento superiore a 150000 unità passeggero e inferiore a 1500000 unità passeggero all'anno, che sono tenuti a trasmettere i dati per tutte le tabelle dell'allegato I ma che, in conformità dell'articolo 3, paragrafo 4, beneficiano di una deroga totale o parziale fino al 2003, 2004 o 2005.- Categoria "3": aeroporti con movimento di almeno 1500000 unità passeggero all'anno, che sono tenuti a trasmettere i dati per tutte le tabelle dell'allegato I ma che, in conformità dell'articolo 3, paragrafo 5, beneficiano di una deroga totale o parziale per la tabella B1, unicamente per il 2003.Per definire la categoria di aeroporto nell'anno N, l'anno di riferimento considerato per il calcolo delle unità passeggero è:- per gli aeroporti di categoria "0", "1" e "2": anno N-2,- per gli aeroporti di categoria "3": anno N (ad eccezione dei dati da trasmettere per le tabelle del 2003, per le quali si considerano le unità passeggero del 2001 e per i dati da trasmettere per le tabelle del 2004, per le quali si considerano le unità passeggero del 2003).Gli aeroporti per i quali le unità passeggero sono diminuite tra l'anno N-2 e l'anno N-1 possono utilizzare l'anno N-1 come anno di riferimento per la loro classificazione.II. Deroghe consentiteTabella ricapitolativa per anno di dichiarazione e in base alla categoria di dimensione dell'aeroporto comunitario.>SPAZIO PER TABELLA>Le deroghe possono essere parziali o totali.Le deroghe parziali possono essere concesse unicamente per i campi seguenti: "informazioni sul vettore aereo" e "posti passeggeri disponibili".In caso di concessione di deroga parziale per tali campi, dovrà essere indicato un "codice non noto" invece del codice previsto (per il campo "posti passeggeri disponibili", il codice non noto da utilizzare è "999999999999").Se un aeroporto ha ottenuto una deroga per l'anno N, ma ha mutato categoria nell'anno N, la deroga per tale anno non è più valida.III. Elenco degli aeroporti comunitari contemplati e derogheGli aeroporti comunitari che fanno registrare unicamente un traffico commerciale occasionale (categoria "0") non sono tenuti a trasmettere i dati. Essi sono quindi esclusi dagli elenchi seguenti.Negli elenchi seguenti gli aeroporti di categoria "1" sono indicati in corsivo.Negli elenchi seguenti gli aeroporti di categoria "2" sono indicati in caratteri normali.Negli elenchi seguenti gli aeroporti di categoria "3" sono indicati in grassetto.Gli aeroporti di categoria "3" che hanno ottenuto una deroga per la tabella B1 nel 2003 sono identificati con una "X" nella colonna (4) in caso di deroga totale e con una "P" nella colonna (4) in caso di deroga parziale.Gli aeroporti di categoria "2" che hanno ottenuto una deroga per la tabella A1 e/o B1 fino all'anno N (anno 2003, 2004 o 2005) sono identificati con "anno N" nella colonna (5.1) e/o (5.2). In caso di deroga parziale, all'anno segue una "P".Gli aeroporti di categoria "1" o "2" i quali hanno ottenuto una deroga per la tabella C1 fino all'anno N (anno 2003, 2004 o 2005) sono identificati con "anno N" nella colonna (5.3). In caso di deroga parziale, all'anno segue una "P".Alle tabelle seguono (se del caso), particolari relativi alle deroghe parziali.Belgio: Elenco di aeroporti comunitari e deroghe>SPAZIO PER TABELLA>Danimarca: Elenco di aeroporti comunitari e deroghe>SPAZIO PER TABELLA>Deroghe parziali sono applicabili al campo "posti passeggero disponibili" (tabella A1).Germania: Elenco di aeroporti comunitari e deroghe>SPAZIO PER TABELLA>Grecia: Elenco di aeroporti comunitari e deroghe>SPAZIO PER TABELLA>Spagna: Elenco di aeroporti comunitari e deroghe>SPAZIO PER TABELLA>Francia: Elenco di aeroporti comunitari e deroghe>SPAZIO PER TABELLA>Deroghe parziali sono applicabili al campo "posti passeggeri disponibili" (tabella A1).Irlanda: Elenco di aeroporti comunitari e deroghe>SPAZIO PER TABELLA>Deroghe parziali sono applicabili al campo "informazioni sul vettore aereo".Italia: Elenco di aeroporti comunitari e deroghe>SPAZIO PER TABELLA>Lussemburgo: Elenco di aeroporti comunitari e deroghe>SPAZIO PER TABELLA>Paesi Bassi: Elenco di aeroporti comunitari e deroghe>SPAZIO PER TABELLA>Deroghe parziali sono applicabili ai campi "posti passeggeri disponibili" e "informazioni sul vettore aereo".Austria: Elenco di aeroporti comunitari e deroghe>SPAZIO PER TABELLA>Portogallo: Elenco di aeroporti comunitari e deroghe>SPAZIO PER TABELLA>Finlandia: Elenco di aeroporti comunitari e deroghe>SPAZIO PER TABELLA>Svezia: Elenco di aeroporti comunitari e deroghe>SPAZIO PER TABELLA>Regno Unito: Elenco di aeroporti comunitari e deroghe>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO IIDescrizione dei file di dati e supporto di trasmissionePer la trasmissione delle tabelle del regolamento sono accettabili due formati compatibili EDI: "CSV" (Comma Separated Values) con punto e virgola (;) come separatore di campo e GESMES-EDIFACT.Elenco e descrizione dei campi da utilizzare per ogni tabella del regolamentoNella tabella ricapitolativa seguente figura per ogni tabella del regolamento ("A1", "B1" e "C1") e per ogni registrazione (riga), l'elenco dei campi da fornire. Nella colonna relativa alle tabelle figurano due tipi diversi di campi:- "X": campi da fornire per una tabella,- " " (spazio): campi non pertinenti per la tabella. In genere tali campi non vanno forniti nelle tabelle corrispondenti. Peraltro in questo caso sono accettabili anche campi vuoti (2 separatori di campo senza dati tra loro).Formato e dimensione dei campiIl formato di ogni campo è numerico (n) o alfabetico (a) o alfanumerico (an).La dimensione è fissa ("formato + numero" - ad esempio: "n4") o variabile con un numero massimo di voci ("formato +".. "+ numero massimo di voci" - ad esempio: "n..12").>SPAZIO PER TABELLA>Una tabella (per un periodo) deve corrispondere ad un file (o "invio") trasmesso ad Eurostat.Ogni file (tabella) va identificato conformemente alla norma seguente: "CCYYPPTT.csv" (per il formato csv) o: "CCYYPPTT.ges" (per il formato gesmes) in cui "CC" rappresenta il codice del paese (ISO 2 lettere), "YY" l'anno, "PP" il periodo (AN, Q1..Q4 o 01..12) e "TT" l'identificazione della tabella ("A1", "B1" o "C1").In caso di compressione del file, va utilizzato il suffisso ".zip" invece di ".csv" o ".ges".Il supporto di trasmissione deve essere compatibile con il sistema automatico di controllo e di elaborazione dei dati presso Eurostat.Vanno preferiti gli strumenti compatibili EDI. Tuttavia, per un periodo di transizione, possono essere accettati anche strumenti "Pre-EDI" come pure messaggi elettronici strutturati inviati ad un indirizzo fornito da Eurostat.Ove si utilizzi un messaggio elettronico strutturato:- il campo "oggetto" del messaggio elettronico deve includere il nome del file (tabella) da inviare,- il file (tabella) deve essere allegato al messaggio elettronico (è accettabile un unico file per messaggio elettronico),- le osservazioni sui dati possono essere inserite come testo nel corpo del messaggio cui è allegata una tabella (non va utilizzato un testo formattato).ALLEGATO IIIModifiche agli allegati del regolamento (CE) n. 437/2003"ALLEGATO ISTRUTTURA DELLA REGISTRAZIONE PER LA TRASMISSIONE DEI DATI A EUROSTATIl campo di applicazione dei dati da fornire è limitato all'aviazione civile.Sono esclusi i voli effettuati per motivi di Stato e i movimenti, con modi di trasporto di superficie, di passeggeri che viaggiano con un codice di volo o di merci spedite con una bolletta di spedizione aerea.A. TABELLA TAPPE DI VOLO [DATI MENSILI(1)]I dati di questa tabella si riferiscono unicamente a servizi aerei commerciali.Formato di registrazione del file di dati>SPAZIO PER TABELLA>B. TABELLA ORIGINE/DESTINAZIONE DEL VOLO [DATI MENSILI(2)]I dati di questa tabella si riferiscono unicamente a servizi aerei commerciali.Formato di registrazione del file di dati>SPAZIO PER TABELLA>C. TABELLA AEROPORTI (COME MINIMO DATI ANNUALI)I dati figuranti in questa tabella si riferiscono unicamente ai servizi aerei commerciali, ad eccezione dei "movimenti complessivi di aeromobili su servizi aerei commerciali" che si riferiscono anche a tutte le prestazioni generali dell'aviazione commerciale e dei "movimenti complessivi di aeromobili" che si riferiscono anche a tutti i movimenti di aeromobili civili (ad eccezione dei voli effettuati per motivi di Stato).Formato di registrazione del file di dati>SPAZIO PER TABELLA>CODICI1. Paese dichiaranteIl sistema di codifica da utilizzare si basa sull'indice ICAO di lettere di nazionalità per gli indicatori di localizzazione: ove esistano più prefissi per lo stesso paese, è applicabile il principale prefisso ICAO della parte continentale.Belgio EBDanimarca EKGermania EDGrecia LGSpagna LEFrancia LFIrlanda EIItalia LILussemburgo ELPaesi Bassi EHAustria LOPortogallo LPFinlandia EFSvezia ESRegno Unito EG2. Periodo di riferimentoAN (o 45) annoQ1 (o 21) gennaio-marzo (primo trimestre)Q2 (o 22) aprile-giugno (secondo trimestre)Q3 (o 23) luglio-settembre (terzo trimestre)Q4 (o 24) ottobre-dicembre (quarto trimestre)0-12 gennaio-dicembre (mese)3. AeroportiGli aeroporti sono codificati secondo i codici a 4 lettere ICAO figuranti nel documento ICAO 7910. Gli aeroporti non noti vanno codificati "ZZZZ".4. Informazioni sul vettore aereo"1EU" per vettori aerei autorizzati nell'Unione europea,"1NE" per vettori aerei non autorizzati nell'Unione europea,"ZZZ" per vettori aerei non noti,"888" per "riservato" (da utilizzare nelle tabelle A1 e B1 se le "informazioni sul vettore aereo" non sono permesse per motivi di riservatezza),"999"per tutti i vettori aerei (da utilizzare unicamente nella tabella C1).I vettori aerei parzialmente autorizzati nell'UE vanno dichiarati come "vettori aerei UE".Su base volontaria, il codice "2"+ codice del paese di 2 lettere Iso (paese di autorizzazione del vettore aereo) può essere anch'esso utilizzato, come pure il codice ICAO del vettore aereo.5. Tipo di aeromobileI tipi di aeromobili sono codificati secondo i codici aeromobili ICAO figuranti nel documento ICAO 8643.I tipi di aeromobili non noti vanno codificati "ZZZZ".(1) Nel 2003 possono essere accettati "come minimo dati trimestrali".(2) Nel 2003 possono essere accettati "come minimo dati trimestrali".ALLEGATO IIDEFINIZIONI E STATISTICHE DA DICHIARAREA seguito del titolo di ogni definizione, figura un elenco di articoli o tabelle del regolamento in cui si fa riferimento al termine in questione.I. DEFINIZIONI E VARIABILI DI INTERESSE GENERALE1. Aeroporto comunitario (articoli 1 e 3)Una zona definita su terra o acqua in uno Stato membro soggetta alle disposizioni del trattato, destinata ad essere utilizzata totalmente o parzialmente per l'arrivo, la partenza e il movimento in superficie di aeromobili ed aperta a servizi aerei commerciali (cfr.-4-).2. Volo effettuato per motivi di Stato (articolo 1 e tabella C1)Qualsiasi volo effettuato nel quadro di servizi militari, di dogana, di polizia o di altri servizi per il mantenimento della legge di uno Stato.Qualsiasi volo dichiarato come "volo effettuato per motivi di Stato" dalle autorità governative.L'espressione "ad eccezione dei voli effettuati da aeromobili per motivi di Stato" all'articolo 1 va interpretata come "ad eccezione dei voli effettuati per motivi di Stato".3. Unità passeggero (articolo 3, paragrafi 2, 4 e 5)Un'unità passeggero equivale ad un passeggero o a 100 chilogrammi di merci e posta.Ai fini dell'elaborazione dell'elenco di aeroporti comunitari (cfr.-1-) di cui all'articolo 3, paragrafo 2, e per il periodo di transizione di cui all'articolo 3, paragrafi 4 e 5, il calcolo dei limiti che utilizzano le "unità passeggero" deve tener conto, negli aeroporti comunitari (cfr.-1-), del totale dei passeggeri trasportati (cfr.-16-) più il totale dei passeggeri in transito diretto (cfr.-18-) (contati una sola volta) più il totale delle merci e posta imbarcate/sbarcate (cfr.-17-).4. Servizi aerei commerciali (articolo 1 e tabelle A1, B1, C1)Un volo o una serie di voli per il trasporto pubblico di passeggeri e/o merci e posta, a titolo oneroso o a noleggio.Il servizio aereo può essere di linea (-5-) o non di linea (-6-).5. Servizio aereo di linea (tabelle A1 e B1)Un servizio aereo commerciale (cfr.-4-) gestito in base ad un orario pubblicato oppure con una frequenza regolare tale da costituire una serie sistematica evidente.Comprende voli supplementari causati da un eccesso di traffico dei voli regolari.6. Servizio aereo non di linea (tabelle A1 e B1)Un servizio aereo commerciale (cfr.-4-) diverso da un servizio aereo di linea (cfr.-5-).7. Servizio aereo passeggeri (tabelle A1 e B1)Servizio aereo di linea (cfr.-5-) o non di linea (cfr.-6-) effettuato da un aeromobile che trasporta uno o più passeggeri paganti e tutti i voli elencati negli orari pubblicati come voli che prestano servizi passeggeri.Comprende voli che trasportano sia passeggeri paganti sia merci e posta a titolo oneroso.8. Servizi aerei merci e posta (tabelle A1 e B1)Servizio aereo di linea (cfr.-5-) o non di linea (cfr.-6-) effettuato da aeromobili che trasportano, a titolo oneroso, merci e posta, ma non passeggeri.Esclude i voli che trasportano uno o più passeggeri paganti e i voli elencati negli orari pubblicati come voli che prestano servizi passeggeri.9. Vettore aereo (operatore di trasporto aereo commerciale) (tabelle A1, B1 e C1)Impresa di trasporto aereo titolare di una licenza valida per effettuare voli commerciali (cfr.-13-).Nel caso in cui alcuni vettori aerei partecipino ad una joint-venture o ad altri accordi contrattuali che richiedano a due o più di essi di assumersi la responsabilità distinta dell'offerta e della vendita dei prodotti di trasporto aereo su un volo o su una combinazione di voli, va indicato il vettore aereo che effettua effettivamente il volo.II. DEFINIZIONI E VARIABILI RELATIVE ALLA TABELLA A1 (TAPPE DI VOLO)10. Tappa di volo (tabella A1)Attività di un aeromobile dal decollo fino all'atterraggio successivo.11. Passeggeri a bordo (tabella A1)Tutti i passeggeri a bordo dell'aeromobile all'atterraggio all'aeroporto dichiarante oppure al decollo dall'aeroporto dichiarante.Tutti i passeggeri paganti e non paganti a bordo di un aeromobile durante una tappa di volo (cfr.-10-).Include i passeggeri in transito diretto (cfr.-18-) (contati all'arrivo e alla partenza).12. Merci e posta a bordo (tabella A1)Tutte le merci e la posta a bordo di un aeromobile all'atterraggio all'aeroporto dichiarante oppure al decollo dall'aeroporto dichiarante.Tutte le merci e la posta a bordo di un aeromobile durante una tappa di volo (cfr.-10-).Include merci e posta in transito diretto (contati all'arrivo e alla partenza).Sono inclusi colli espresso e valigie diplomatiche.Sono esclusi i bagagli dei passeggeri.13. Volo aereo commerciale (tabella A1)Un volo effettuato per il trasporto pubblico di passeggeri e/o merci e posta, a pagamento e a noleggio.Nella tabella A1, i voli aerei commerciali sono aggregati per calcolare gli altri "campi indicatori" ("passeggeri a bordo (cfr.-11-)", "merci e posta a bordo (cfr.-12-)" e "posti passeggeri disponibili (cfr.-14-)").14. Posti passeggeri disponibili (tabella A1)Numero complessivo di posti passeggeri disponibili per la vendita su un aeromobile durante una tappa di volo (cfr.-10-) tra una coppia di aeroporti.Per una tappa di volo (-10-), il numero totale di passeggeri paganti non deve superare il numero totale dei posti passeggeri disponibili per la vendita.Sono inclusi i posti già venduti per una tappa di volo, inclusi ad esempio quelli occupati da passeggeri in transito diretto (cfr.-18-).Sono esclusi i posti non effettivamente disponibili per il trasporto di passeggeri a motivo di limiti di peso massimo lordo.Ove non siano disponibili informazioni su questa base, va fornita una delle seguenti stime in ordine di preferenza (dalla più alla meno adeguata):1) la configurazione specifica dell'aeromobile espressa in numero di posti passeggeri disponibili nell'aeromobile (identificata dal numero di registrazione dell'aeromobile);2) la configurazione media dell'aeromobile espressa in numero medio di posti passeggeri disponibili per il tipo di aeromobile per il vettore aereo;3) la configurazione media dell'aeromobile espressa in numero medio di posti passeggeri disponibili per il tipo di aeromobile.III. DEFINIZIONI E VARIABILI RELATIVE ALLA TABELLA B1 (ORIGINE E DESTINAZIONE DEL VOLO) E LA TABELLA C1 (AEROPORTI)15. Traffico di origine e destinazione del volo (tabella B1)Traffico su un servizio aereo commerciale (cfr.-4-) identificato da un numero unico di volo suddiviso per coppie di aeroporti conformemente al punto d'imbarco e al punto di sbarco del volo in questione.Ove non si conosca l'aeroporto di imbarco di passeggeri, merci o posta, si dovrebbe considerare come punto di imbarco l'origine del volo; allo stesso modo, ove non si conosca l'aeroporto di sbarco, si dovrebbe considerare come punto di sbarco la destinazione del volo.16. Passeggeri trasportati (tabelle B1 e C1)Tutti i passeggeri su un volo determinato (con un unico numero di volo) contati una sola volta e non ripetutamente alle singole tappe del volo in questione.Tutti i passeggeri paganti e non paganti il cui viaggio inizia o termina nell'aeroporto dichiarante nonché i passeggeri con coincidenze che si imbarcano o sbarcano nell'aeroporto dichiarante.Sono esclusi i passeggeri in transito diretto (cfr.-18-).17. Merci e posta imbarcate o sbarcate (tabelle B1 e C1)Tutte le merci e la posta imbarcate o sbarcate da un aeromobile.Sono inclusi i colli espresso e le valigie diplomatiche.Sono esclusi i bagagli dei passeggeri.Sono esclusi le merci e la posta in transito diretto.18. Passeggeri in transito diretto (tabella C1)Passeggeri che, dopo un breve scalo, continuano il loro viaggio sullo stesso aeromobile con un volo avente lo stesso numero di quello con il quale sono arrivati.Nelle statistiche aeroportuali complessive, nonché per il calcolo delle unità passeggero (cfr.-3-), i passeggeri in transito diretto sono contati una sola volta.I passeggeri che cambiano aeromobile a motivo di problemi tecnici ma che continuano il viaggio con un volo dello stesso numero sono contati come passeggeri in transito diretto.Su alcuni voli con scali intermedi, il numero di volo cambia in un aeroporto per indicare la modifica tra un volo in arrivo e un volo in partenza. A titolo di esempio, si può citare un volo da Barcellona ad Amburgo, volo continuo fino a Francoforte prima di rientrare a Barcellona. I passeggeri per una destinazione intermedia che continuano il loro viaggio sullo stesso aeromobile in situazioni del genere vanno contati come passeggeri in transito diretto.19. Movimenti complessivi di aeromobili su servizi aerei commerciali (tabella C1)Tutti gli atterraggi e i decolli per voli effettuati a titolo oneroso e a noleggio.Sono inclusi i servizi aerei commerciali (cfr.-4-) come pure tutte le prestazioni generali dell'aviazione commerciale.20. Movimenti complessivi di aeromobili (tabella C1)Tutti i decolli e gli atterraggi di aeromobili.Sono inclusi i movimenti complessivi di aeromobili su servizi aerei commerciali (cfr.-19-) nonché le prestazioni generali dell'aviazione non commerciale.Sono esclusi i voli effettuati per motivi di Stato (cfr.-2-).Sono esclusi gli atterraggi seguiti immediatamente da decolli, gli atterraggi lunghi e gli atterraggi mancati."
Statistiche sui trasporti aerei di passeggeri, merci e posta QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO? Ai fini di poter definire le proprie politiche dei trasporti aerei, l’Unione europea (UE) dovrebbe disporre di dati statistici comparabili, coerenti, sincronizzati e regolari circa la portata e lo sviluppo dei trasporti aerei di passeggeri, merci e posta all’interno dell’UE. il regolamento (CE) n. 437/2003 mira pertanto a stabilire una solida base statistica rivolta a questa finalità. È integrato dal regolamento attuativo (CE) n. 1358/2003 che contiene importanti informazioni metodologiche, quali ad esempio le categorie di aeroporti soggette agli obblighi di rendicontazione, ulteriori definizioni e linee guida per la codifica. PUNTI CHIAVE L’obiettivo del regolamento (CE) 437/2003 è quello di raccogliere informazioni affidabili, regolari, aggiornate, armonizzate e comparabili sul trasporto aereo di passeggeri, merci e posta. La raccolta comune di dati su base comparabile o armonizzata permette di disporre di un sistema integrato con informazioni affidabili, coerenti e tempestive. Ogni paese dell’Unione europea (UE) deve raccogliere dati statistici su:passeggeri; merci e posta; voli; posti a sedere disponibili per i passeggeri; movimenti di aeromobili. Ogni paese dell’UE deve anche raccogliere tutti i dati di tutti gli aeroporti dell’UE nel suo territorio con un traffico superiore a 150 000 unità di passeggeri all’anno. Aeroporti con un numero di passeggeri tra 15 000 e 150 000 devono raccogliere statistiche con minore dettaglio, mentre quelli con meno di 15 000 passeggeri non sono tenuti a raccoglierle. Per ridurre al minimo l’onere per i dichiaranti, la raccolta dei dati si basa, nei limiti del possibile, su fonti già disponibili. Se un paese dell’UE invita un dichiarante a fornire informazioni, il dichiarante è obbligato a fornire informazioni veritiere ed esaurienti entro i limiti di tempo fissati. La raccolta dei dati si basa su rilevazioni esaurienti, a meno che altre norme di precisione siano stabilite dalla Commissione europea. I paesi dell’UE devono trasmettere i risultati dell’elaborazione dei dati, compresi i dati dichiarati riservati, all’Eurostat. Su richiesta della Commissione i paesi dell’UE comunicano tutte le informazioni relative ai metodi utilizzati per la raccolta dei dati e, se del caso, qualsiasi modifica sostanziale dei metodi di raccolta utilizzati. Il Regolamento (CE) n. 1358/2003 definisce la lista degli aeroporti dell’UE (eccetto quelli aventi solo traffico commerciale occasionale). Contiene importanti informazioni metodologiche, quali ad esempio le categorie di aeroporti sulla base delle quali vengono definiti gli obblighi di rendicontazione, ulteriori definizioni e linee guida per la codifica. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO I REGOLAMENTI? Il regolamento (CE) n. 437/2003 si applica dal 31 marzo 2003. Il regolamento (CE) n. 1358/2003 si applica dal 21 agosto 2003. CONTESTO Per maggiori informazioni, consultare:Manuale di riferimento sulle statistiche del trasporto aereo (Eurostat) Database Eurostat dei trasporti (Eurostat) Statistiche dei trasporto aereo (Eurostat). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) n. 437/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 febbraio 2003, relativo alla rilevazione statistica del trasporto aereo di passeggeri, merci e posta (GU L 66 del 11.3.2003, pagg. 1-8). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 437/2003 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Regolamento (CE) n. 1358/2003 della Commissione, del 31 luglio 2003, recante attuazione del regolamento (CE) n. 437/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle statistiche sui trasporti aerei di passeggeri, merci e posta nonché modifica degli allegati I e II dello stesso (GU L 194 del 1.8.2003, pagg. 9–33). Consultare la versione consolidata
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32008E0124
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AZIONE COMUNE 2008/124/PESC DEL CONSIGLIO del 4 febbraio 2008 relativa alla missione dell'Unione europea sullo Stato di diritto in Kosovo (EULEX KOSOVO) IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sull’Unione europea, in particolare l'articolo 14 e l'articolo 25, terzo comma, considerando quanto segue: (1) Il 10 giugno 1999 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione 1244 (in seguito denominata «risoluzione 1244») nell'ambito della quale il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite: — «decide che la presenza internazionale civile e la presenza internazionale di sicurezza sono fissate per un periodo iniziale di dodici mesi e che continueranno in seguito finché il Consiglio di sicurezza non decida altrimenti» (paragrafo 19); — «autorizza il Segretario Generale, assistito dalle organizzazioni internazionali competenti, a stabilire una presenza civile internazionale in Kosovo …» e «decide che tra le responsabilità principali della presenza civile internazionale rientra … f) in una fase finale, la supervisione del trasferimento dell'autorità dalle istituzioni kosovare provvisorie ad istituzioni create in base ad un accordo politico … i) il mantenimento dell'ordine pubblico, in particolare con l'istituzione di forze di polizia locali, dispiegando nel frattempo personale internazionale di polizia in servizio in Kosovo» (paragrafi 10 e 11); — «si compiace del lavoro che l'Unione europea e le altre organizzazioni internazionali svolgono nell'intento di sviluppare un metodo globale di sviluppo economico e di stabilizzazione della regione interessata dalla crisi del Kosovo, ivi compresa l'attuazione di un patto di stabilità per l'Europa sud orientale con un'ampia partecipazione internazionale per favorire la democrazia, la prosperità economica, la stabilità e la cooperazione regionale» (paragrafo 17). (2) Gli organi, le istituzioni e le autorità di cui alla presente azione comune sono le istituzioni (in seguito denominate «le istituzioni del Kosovo») create sulla base della risoluzione 1244. Ne fanno parte, tra l'altro, il servizio di polizia del Kosovo, il potere giurisdizionale e gli associati ministeri dell'Interno e della Giustizia. (3) È necessario prevenire, per ragioni umanitarie, possibili esplosioni di violenza, azioni di persecuzione e intimidazione in Kosovo, assumendosi, se del caso, la debita responsabilità nei confronti delle popolazioni, come previsto dalla risoluzione 1674 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 28 aprile 2006. (4) Il 10 aprile 2006 il Consiglio ha adottato l'azione comune 2006/304/PESC relativa all'istituzione di un gruppo di pianificazione dell'UE (EUPT Kosovo) per quanto riguarda una possibile operazione dell'UE di gestione delle crisi nel settore dello stato di diritto ed eventuali altri settori in Kosovo (1). (5) L'11 dicembre 2006 il Consiglio ha approvato il concetto di gestione della crisi per una possibile operazione dell'UE di gestione delle crisi nel settore dello stato di diritto ed eventuali altri settori in Kosovo. (6) L'azione comune 2006/304/PESC specifica, in particolare, che il capo dell'EUPT Kosovo opera sotto la guida del capo dell'operazione dell'UE di gestione delle crisi in Kosovo, una volta che quest'ultimo sia stato nominato. (7) Il Consiglio europeo di Bruxelles del 14 dicembre 2007 ha sottolineato la disponibilità dell'UE a svolgere un ruolo guida nel rafforzamento della stabilità della regione, in linea con le prospettive europee della stessa e ad attuare un accordo che definisca il futuro status del Kosovo. Esso ha dichiarato la disponibilità dell'UE ad assistere il Kosovo nel cammino verso una stabilità sostenibile, anche tramite una missione di politica di sicurezza e di difesa europea (PESD) e un contributo ad un ufficio civile internazionale nel quadro delle presenze internazionali. Il Consiglio Affari generali e relazioni esterne è stato invitato a stabilire modalità e tempi di avvio della missione. È stato chiesto al Segretario generale/Alto rappresentante (SG/AR) di preparare la missione di concerto con le autorità competenti del Kosovo e le Nazioni Unite. A tale riguardo il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha dichiarato che le Nazioni Unite, con l'aiuto delle competenti organizzazioni internazionali, si impegnano ad assistere il Kosovo nel cammino verso una stabilità sostenibile. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha anche preso atto della disponibilità dell'UE a svolgere un ruolo di maggior rilievo in Kosovo, come è emerso dalle conclusioni del Consiglio europeo di Bruxelles del 14 dicembre 2007. (8) Parallelamente alla presente azione comune il Consiglio sta adottando un'azione comune di nomina del rappresentante speciale dell'UE per il Kosovo. (9) Conformemente agli orientamenti definiti dal Consiglio europeo di Nizza del 7-9 dicembre 2000, la presente azione comune dovrebbe stabilire il ruolo dell'SG/AR a norma degli articoli 18 e 26 del trattato. (10) L'articolo 14, paragrafo 1 del trattato richiede che sia indicato il finanziamento per l'intero periodo di attuazione dell'azione comune. L’indicazione degli importi che devono essere finanziati dal bilancio generale dell'Unione europea esprime la volontà dell’autorità politica ed è subordinata alla disponibilità di stanziamenti d’impegno nel rispettivo esercizio di bilancio. (11) In considerazione delle dimensioni e della natura della missione istituita dalla presente azione comune vanno definite disposizioni specifiche per quanto riguarda l'assunzione di personale e l'approvvigionamento. (12) La struttura di comando e controllo della missione dovrebbe lasciare impregiudicate le responsabilità contrattuali del capomissione nei confronti della Commissione per l'esecuzione del bilancio della missione. (13) Per tale missione dovrebbe essere attivata la capacità di vigilanza istituita nell'ambito del segretariato del Consiglio. (14) La missione dell'Unione europea sullo stato di diritto in Kosovo sarà condotta in una situazione che può deteriorarsi e che potrebbe ledere gli obiettivi della politica estera e di sicurezza comune quali enunciati dall'articolo 11 del trattato, HA ADOTTATO LA PRESENTE AZIONE COMUNE: Articolo 1 Missione 1. L'Unione europea istituisce una missione dell'Unione Europea sullo stato di diritto in Kosovo, EULEX KOSOVO (in seguito denominata «EULEX KOSOVO»). 2. L'EULEX KOSOVO opera conformemente al mandato della missione di cui all'articolo 2 e svolge i compiti previsti all'articolo 3. Articolo 2 Mandato della missione L'EULEX KOSOVO assiste le istituzioni, autorità giudiziarie e servizi di contrasto kosovari nella loro evoluzione verso la sostenibilità e la responsabilizzazione e nell'ulteriore sviluppo e rafforzamento dell'indipendenza di un sistema giudiziario multietnico e di forze di polizia e doganali multietniche, assicurando che tali istituzioni non subiscano ingerenze politiche e aderiscano alle norme riconosciute a livello internazionale e alle migliori prassi europee. In piena cooperazione con i programmi di assistenza della Commissione europea, l'EULEX KOSOVO assolve il mandato mediante attività di monitoraggio, tutoraggio e consulenza, mantenendo nel contempo alcune responsabilità esecutive. Articolo 3 Compiti Per assolvere il mandato della missione di cui all'articolo 2, l'EULEX KOSOVO: a) offre alle competenti istituzioni kosovare monitoraggio, tutoraggio e consulenza in tutti i settori inerenti allo stato di diritto in senso lato (dogane comprese), mantenendo nel contempo alcune responsabilità esecutive; b) mantiene e promuove lo stato di diritto e l'ordine e la sicurezza pubblici, eventualmente anche in consultazione con le pertinenti autorità civili internazionali presenti in Kosovo, ribaltando o annullando decisioni operative assunte dalle competenti autorità kosovare; c) concorre ad assicurare che tutti i servizi kosovari incaricati di garantire lo stato di diritto, comprese le dogane, non subiscano ingerenze politiche; d) provvede affinché i casi di crimini di guerra, terrorismo, criminalità organizzata, corruzione, crimini etnici, reati finanziari/economici e altri reati gravi siano adeguatamente investigati, perseguiti, giudicati e puniti conformemente alla legge applicabile, eventualmente anche da inquirenti, magistrati e giudici internazionali che si associno a inquirenti, magistrati e giudici kosovari o che agiscano in indipendenza, eventualmente anche creando strutture di cooperazione e di coordinamento fra polizia e autorità giudiziarie; e) contribuisce a rafforzare la cooperazione e il coordinamento in tutto l'iter giudiziario, soprattutto per quanto riguarda la criminalità organizzata; f) contribuisce alla lotta contro la corruzione, la frode e la criminalità finanziaria; g) contribuisce all'attuazione della strategia e del piano d'azione anticorruzione per il Kosovo; h) assume altre responsabilità, in indipendenza o a sostegno delle competenti autorità kosovare, al fine di mantenere e promuovere lo stato di diritto e l'ordine e la sicurezza pubblici, in consultazione con le pertinenti strutture del Consiglio; i) assicura che tutte le sue attività rispettino le norme internazionali in materia di diritti umani e di integrazione di genere. Articolo 4 Fase di pianificazione e preparazione 1. Durante la fase di pianificazione e preparazione della missione, l'EUPT Kosovo agisce in qualità di elemento principale di pianificazione e preparazione dell'EULEX KOSOVO. Il capo dell'EUPT Kosovo agisce sotto l'autorità del capo dell'EULEX KOSOVO ((in seguito denominato «il capomissione»). 2. La valutazione dei rischi, quale parte del processo di pianificazione, è periodicamente aggiornata. 3. L'EUPT Kosovo è responsabile dell'assunzione e dello spiegamento del personale, dell'approvvigionamento di mezzi, rifornimenti e servizi, anche per conto della missione EULEX KOSOVO, tramite finanziamenti a titolo del bilancio dell'EUPT Kosovo. 4. L'EUPT Kosovo è responsabile della redazione del piano operativo (OPLAN) e dell'elaborazione degli strumenti tecnici necessari all'esecuzione del mandato dell'EULEX KOSOVO. L'OPLAN tiene conto della valutazione dei rischi e comprende un piano di sicurezza. Il Consiglio approva l'OPLAN. Articolo 5 Periodo di avvio e di transizione 1. Con l'approvazione dell'OPLAN, il Consiglio decide di avviare l'EULEX KOSOVO. La fase operativa dell'EULEX KOSOVO ha inizio con il trasferimento dell'autorità dalla missione delle Nazioni Unite in Kosovo, UNMIK. 2. Durante il periodo di transizione il capomissione può incaricare l'EUPT Kosovo di svolgere le attività necessarie affinché l'EULEX KOSOVO sia pienamente operativa il giorno del trasferimento di autorità. Articolo 6 Struttura dell'EULEX KOSOVO 1. L'EULEX KOSOVO è una missione unificata PESD in tutto il Kosovo. 2. L'EULEX KOSOVO istituisce: a) un comando principale a Pristina, b) uffici regionali e locali in tutto il Kosovo, c) una componente di sostegno a Bruxelles, e d) uffici di collegamento, in funzione delle necessità. 3. Salvo modalità particolareggiate stabilite dall'OPLAN, l'EULEX KOSOVO ha la struttura seguente: a) il capomissione e il personale stabiliti nell'OPLAN, b) una componente di polizia affiancata, se del caso, ai vari servizi di polizia del Kosovo, compresi quelli ai valichi di frontiera, c) una componente giudiziaria affiancata, se del caso, ai competenti ministeri, agli organi giudiziari del Kosovo, all'Agenzia kosovara per le proprietà immobiliari e al servizio penitenziario del Kosovo, e d) una componente doganale affiancata, se del caso, ai servizi doganali del Kosovo. 4. Forze di polizia specializzate possono essere ospitate in campi creati per provvedere alle loro esigenze operative. Articolo 7 Comandante civile dell'operazione 1. Il direttore della capacità civile di pianificazione e condotta (CPCC) funge da comandante dell'operazione civile dell'EULEX KOSOVO. 2. Il comandante civile dell'operazione, sotto il controllo politico e la direzione strategica del comitato politico e di sicurezza (CPS) e l'autorità generale dell'SG/AR, esercita il comando e il controllo a livello strategico dell'EULEX KOSOVO. 3. Il comandante civile dell'operazione assicura un'attuazione corretta ed efficace delle decisioni del Consiglio nonché di quelle del CPS, anche impartendo le necessarie istruzioni a livello strategico al capomissione e fornendogli consulenza e sostegno tecnico. 4. Tutto il personale distaccato resta pienamente subordinato alle autorità nazionali dello Stato d'origine o all'istituzione dell'UE interessata. Le autorità nazionali trasferiscono al comandante civile dell'operazione il controllo operativo (OPCON) del personale, delle squadre e delle unità. 5. Il comandante civile dell'operazione assume la responsabilità generale di assicurare che il dovere di diligenza dell'UE sia correttamente assolto. 6. Se necessario, il comandante civile dell'operazione e il rappresentante speciale dell'Unione europea (RSUE) si consultano. Articolo 8 Capomissione 1. Il capomissione assume la responsabilità ed esercita il comando e il controllo dell'EULEX KOSOVO a livello di teatro delle operazioni. 2. Il capomissione esercita il comando e il controllo del personale, delle squadre e delle unità degli Stati contributori assegnati dal comandante civile dell'operazione, unitamente alla responsabilità amministrativa e logistica che si estende anche ai mezzi, alle risorse e alle informazioni messi a disposizione dell'EULEX KOSOVO. L'esercizio di tale comando e controllo lascia impregiudicato il principio dell'indipendenza della magistratura e dell'autonomia dell'azione penale per quanto concerne lo svolgimento di funzioni giurisdizionali da parte dei giudici e dei procuratori dell'EULEX KOSOVO. 3. Il capomissione impartisce istruzioni a tutto il personale dell'EULEX KOSOVO, in questo caso anche alla componente di sostegno a Bruxelles, per la condotta efficace dell'EULEX KOSOVO a livello di teatro, assumendone il coordinamento e la gestione quotidiana e secondo le istruzioni a livello strategico del comandante civile dell'operazione. 4. Fino alla scadenza dell'azione comune 2006/304/PESC il capomissione è coadiuvato dall'EUPT Kosovo ivi stabilito. 5. Il capomissione è responsabile dell'esecuzione del bilancio dell'EULEX KOSOVO e a tal fine firma un contratto con la Commissione. 6. Il capomissione è responsabile del controllo disciplinare sul personale. Per quanto concerne il personale distaccato, l'azione disciplinare è esercitata dall'autorità nazionale o dell'UE interessata. 7. Il capomissione rappresenta l'EULEX KOSOVO nella zona delle operazioni e assicura l'adeguata visibilità della stessa. 8. Il capomissione assicura il coordinamento, se opportuno, con altri attori dell'UE sul terreno. Fatta salva la catena di comando, il capomissione riceve orientamento politico locale dall'RSUE, anche rispetto ai profili politici delle questioni connesse a competenze esecutive. 9. Il capomissione assicura che l'EULEX KOSOVO lavori a stretto contatto e in coordinamento con le competenti autorità del Kosovo e con gli attori internazionali interessati, come opportuno, compresi la KFOR della NATO, l'UNMIK, l'OSCE, gli Stati terzi che operano per lo Stato di diritto in Kosovo e l'ufficio civile internazionale. 10. Sotto la diretta responsabilità del capomissione, le funzioni di controllo interno giuridico e finanziario sono svolte da personale indipendente dal personale competente per gli aspetti amministrativi dell'EULEX KOSOVO. Articolo 9 Personale 1. Il personale dell'EULEX KOSOVO è adeguato per entità e competenza al mandato della missione di cui all'articolo 2, ai compiti di cui all'articolo 3 e alla struttura dell'EULEX KOSOVO di cui all'articolo 6. 2. L'EULEX KOSOVO è costituita essenzialmente da personale distaccato dagli Stati membri o dalle istituzioni dell'UE. Ogni Stato membro o istituzione dell'UE sostiene i costi connessi con ciascun membro del personale che ha distaccato, incluse le spese di viaggio per e dal luogo di schieramento, gli stipendi, la copertura sanitaria, le indennità diverse da quelle giornaliere e le indennità di sede disagiata e di rischio applicabili. 3. L'EULEX KOSOVO può altresì assumere personale internazionale e locale su base contrattuale, in funzione delle necessità. 4. Se del caso, anche gli Stati terzi possono distaccare personale presso l'EULEX KOSOVO. Ogni Stato terzo che distacca del personale sostiene i costi connessi con ciascun membro del personale da esso distaccato, incluse le spese di viaggio per e dal luogo di schieramento, gli stipendi, la copertura sanitaria e le indennità. Eccezionalmente e in casi debitamente giustificati, laddove non siano disponibili domande più qualificate degli Stati membri, i cittadini di Stati terzi partecipanti possono essere assunti su base contrattuale, ove opportuno. 5. Tutto il personale osserva le norme operative minime di sicurezza specifiche della missione ed il piano di sicurezza della missione che sostiene la politica dell'UE per la sicurezza sul campo. Per quanto riguarda la protezione delle informazioni classificate dell'UE affidategli nell'esercizio delle sue funzioni, tutto il personale rispetta i principi e le norme minime di sicurezza fissati dalla decisione 2001/264/CE (2). Articolo 10 Status dell'EULEX KOSOVO e del relativo personale 1. Lo status dell'EULEX KOSOVO e del relativo personale è debitamente stabilito, compresi, se del caso, i privilegi, le immunità e le altre garanzie necessarie ai fini del compimento e del buon funzionamento dell'EULEX KOSOVO. 2. Lo Stato o l'istituzione dell'UE che ha distaccato un membro del personale è competente per eventuali azioni connesse al distacco, proposte dal membro del personale in questione o che lo riguardano. Lo Stato o l'istituzione dell'UE in questione è competente a proporre eventuali azioni nei confronti del personale distaccato. 3. Le condizioni d'impiego nonché i diritti e gli obblighi del personale civile internazionale e locale sono stabiliti nei contratti conclusi tra il capomissione e i singoli membri del personale. Articolo 11 Catena di comando 1. L'EULEX KOSOVO dispone di una catena di comando unificata, in quanto operazione di gestione delle crisi. 2. Il CPS, sotto la responsabilità del Consiglio, esercita il controllo politico e la direzione strategica dell'EULEX KOSOVO. 3. Come stabilito all'articolo 7, il comandante civile dell'operazione, sotto il controllo politico e la direzione strategica del CPS e l'autorità generale dell'SG/AR, è il comandante dell'EULEX KOSOVO a livello strategico e, in quanto tale, impartisce istruzioni al capomissione e gli fornisce consulenza e sostegno tecnico. 4. Il comandante civile dell'operazione riferisce al Consiglio tramite l'SG/AR. 5. Il capomissione esercita il comando e il controllo dell'EULEX KOSOVO a livello di teatro e risponde direttamente al comandante civile dell'operazione. Articolo 12 Controllo politico e direzione strategica 1. Il CPS, sotto la responsabilità del Consiglio, esercita il controllo politico e la direzione strategica dell'EULEX KOSOVO. 2. Il Consiglio autorizza il CPS a prendere le decisioni appropriate a tal fine, a norma dell'articolo 25, terzo comma del trattato. Tale autorizzazione include le competenze necessarie per modificare l'OPLAN e la catena di comando. Essa verte parimenti sulle competenze necessarie per prendere ulteriori decisioni in merito alla nomina del capomissione. Il Consiglio, assistito dall'SG/AR, decide in merito agli obiettivi e alla conclusione dell'EULEX KOSOVO. 3. Il CPS riferisce periodicamente al Consiglio. 4. Il CPS riceve periodicamente e secondo necessità relazioni del comandante civile dell'operazione e del capomissione sulle questioni di loro competenza. La pianificazione per le aree specifiche può essere riesaminata periodicamente dal CPS. Articolo 13 Partecipazione di Stati terzi 1. Fermi restando l'autonomia decisionale dell'UE e il quadro istituzionale unico della stessa, si possono invitare Stati terzi a contribuire all'EULEX KOSOVO a condizione che sostengano i costi relativi al distacco del loro personale, inclusi gli stipendi, le indennità e le spese di viaggio per e dal teatro delle operazioni, ed a contribuire adeguatamente ai costi correnti dell'EULEX KOSOVO, ove opportuno. 2. Gli Stati terzi che apportano un contributo all'EULEX KOSOVO hanno diritti ed obblighi identici, in termini di gestione quotidiana dell'EULEX KOSOVO, a quelli degli Stati membri che partecipano alla stessa. 3. Il Consiglio autorizza il CPS a prendere le decisioni pertinenti in merito all'accettazione o meno dei contributi proposti e ad istituire un comitato dei contributori. 4. Le modalità particolareggiate concernenti la partecipazione degli Stati terzi sono definite in un accordo da concludere a norma dell'articolo 24 del trattato. L'SG/AR, che assiste la presidenza, può negoziare tale accordo a suo nome. Allorché l'UE e uno Stato terzo hanno concluso un accordo che istituisce un quadro per la partecipazione di tale Stato terzo alle operazioni dell'UE di gestione delle crisi, le disposizioni di detto accordo si applicano nell'ambito dell'EULEX KOSOVO. Articolo 14 Sicurezza 1. Il comandante civile dell'operazione dirige la pianificazione delle misure di sicurezza effettuata dal capomissione e garantisce l'attuazione corretta ed efficace di tali misure per l'EULEX KOSOVO a norma degli articoli 7 e 11, in coordinamento con il servizio di sicurezza del segretariato generale del Consiglio. 2. Il capomissione è responsabile della sicurezza dell'operazione e della conformità ai requisiti minimi di sicurezza applicabili all'operazione, in linea con la politica dell'UE per la sicurezza del personale schierato al di fuori dell'UE con capacità operative in virtù del titolo V del trattato e relativi strumenti giustificativi. 3. Il capomissione è assistito da un alto responsabile della sicurezza della missione, che riferirà al capomissione e manterrà anche uno stretto rapporto funzionale con il servizio di sicurezza di cui al paragrafo 1. 4. Il capomissione nomina funzionari della sicurezza di zona nei luoghi dell'EULEX KOSOVO a livello regionale e locale, responsabili, sotto l'autorità dell'alto responsabile della sicurezza della missione, della gestione quotidiana di tutti gli aspetti relativi alla sicurezza dei rispettivi elementi dell'EULEX KOSOVO. 5. Il personale dell'EULEX KOSOVO è sottoposto ad una formazione obbligatoria in materia di sicurezza prima o all'avvio delle loro funzioni, conformemente all'OPLAN. Riceve altresì corsi periodici di aggiornamento nel teatro delle operazioni, organizzati dall'alto responsabile della sicurezza della missione e dai funzionari della sicurezza di zona. 6. Il capomissione assicura che il numero di membri del personale dell'EULEX KOSOVO presenti e di visitatori autorizzati non ecceda mai le capacità di cui dispone l'EULEX KOSOVO per garantirne l'incolumità e la sicurezza o per organizzarne l'evacuazione in situazioni di emergenza. 7. Il capomissione assicura la protezione delle informazioni classificate dell'UE conformemente alla decisione 2001/264/CE. Articolo 15 Vigilanza Per l'EULEX KOSOVO è attivata la capacità di vigilanza. Articolo 16 Disposizioni finanziarie 1. L'importo di riferimento finanziario destinato a coprire la spesa relativa all'EULEX KOSOVO è di 205 000 000 EUR per un periodo di sedici mesi decorrenti dalla data di approvazione dell'OPLAN. 2. Tutte le spese sono gestite secondo le regole e le procedure comunitarie applicabili al bilancio generale dell'UE, salvo che gli eventuali prefinanziamenti non restano proprietà della Comunità. 3. Con l'approvazione della Commissione il capomissione può concludere accordi tecnici con gli Stati membri dell'UE, con gli Stati terzi partecipanti e altri attori internazionali stanziati in Kosovo per quanto riguarda la fornitura di equipaggiamento, servizi e locali all'EULEX KOSOVO. La partecipazione alle gare d'appalto è aperta ai cittadini dei paesi della regione dei Balcani occidentali o degli Stati terzi contributori. La titolarità degli appalti o degli accordi conclusi dall'EUPT Kosovo per l'EULEX KOSOVO nella fase di pianificazione e preparazione è trasferita, se del caso, all'EULEX KOSOVO. I mezzi di proprietà dell'EUPT sono trasferiti all'EULEX KOSOVO. 4. Il capomissione riferisce dettagliatamente alla Commissione ed è soggetto a supervisione da parte della stessa sulle attività intraprese nell'ambito del suo contratto. 5. Le disposizioni finanziarie rispettano i requisiti operativi dell'EULEX KOSOVO, compresa la compatibilità delle attrezzature e l'interoperabilità delle squadre, e tengono conto dello schieramento del personale negli uffici regionali. 6. Le spese sono ammissibili a decorrere dalla data di approvazione dell'OPLAN. Articolo 17 Coordinamento con le azioni comunitarie 1. Il Consiglio e la Commissione assicurano, secondo le rispettive competenze, la coerenza tra l'attuazione della presente azione comune e le azioni esterne della Comunità a norma dell'articolo 3 del trattato. Il Consiglio e la Commissione cooperano a tal fine. 2. Le necessarie modalità di coordinamento sono stabilite, come opportuno, nella zona dell'EULEX KOSOVO, come pure a Bruxelles. Articolo 18 Comunicazione di informazioni classificate 1. L'SG/AR è autorizzato a trasmettere alle Nazioni Unite, alla KFOR della NATO e ad altre parti terze associate alla presente azione comune informazioni e documenti classificati dell'UE prodotti ai fini dell'EULEX KOSOVO fino al livello di classificazione appropriato per ciascuna, a norma della decisione 2001/264/CE. A tal fine si stabiliscono disposizioni tecniche a livello locale. 2. Qualora insorgano necessità operative precise ed immediate, l'SG/AR è inoltre autorizzato a trasmettere alle competenti autorità locali del Kosovo informazioni e documenti classificati dell'UE fino al livello «RESTREINT UE» prodotti ai fini dell'EULEX KOSOVO, conformemente alla decisione 2001/264/CE. In tutti gli altri casi, tali informazioni e documenti sono trasmessi alle competenti autorità locali del Kosovo secondo procedure consone al livello di cooperazione di tali autorità con l'UE. 3. L'SG/AR è autorizzato a trasmettere alle Nazioni Unite, alla KFOR della NATO, ad altri Stati terzi associati alla presente azione comune ed alle autorità del Kosovo documenti non classificati dell'UE connessi con le deliberazioni del Consiglio in merito alla EULEX KOSOVO e soggetti all'obbligo del segreto professionale a norma dell'articolo 6, paragrafo 1 del regolamento interno del Consiglio (3). Articolo 19 Clausola di riesame Entro sei mesi dall'inizio della fase operativa il Consiglio valuta se l'EULEX KOSOVO debba essere prorogata. Articolo 20 Entrata in vigore e durata La presente azione comune entra in vigore alla data dell'adozione. Essa giunge a scadenza decorsi ventotto mesi dalla data di approvazione dell'OPLAN. Il Consiglio decide in separata sede del bilancio relativo agli ultimi dodici mesi prima della scadenza. Articolo 21 Pubblicazione 1. La presente azione comune è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. 2. Anche le decisioni del CPS ai sensi dell'articolo 12, paragrafo 1, in merito alla nomina del capomissione, sono pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Fatto a Bruxelles, addì 4 febbraio 2008. Per il Consiglio Il presidente D. RUPEL (1) GU L 112 del 26.4.2006, pag. 19. (2) GU L 101 dell'11.4.2001, pag. 1. Decisione modificata da ultimo dalla decisione 2007/438/CE (GU L 164 del 26.6.2007, pag. 24). (3) Decisione 2006/683/CE, Euratom del Consiglio, del 15 settembre 2006, relativa all'adozione del suo regolamento interno (GU L 285 del 16.10.2006, pag. 47). Decisione modificata dalla decisione 2007/4/CE, Euratom (GU L 1 del 4.1.2007, pag. 9).
Missione dell’UE in Kosovo:* mantenimento dello stato di diritto QUAL È LO SCOPO DI QUEST’AZIONE COMUNE? Istituisce una missione dell’Unione europea sullo Stato di diritto in Kosovo, conosciuta anche come EULEX Kosovo, il cui scopo è di supportare le istituzioni, le autorità giudiziarie, la polizia e altri servizi di contrasto kosovari nel loro percorso verso la sostenibilità e l’affidabilità. Stabilisce inoltre alcuni dei compiti per raggiungere tale obiettivo. PUNTI CHIAVE Per raggiungere il suo scopo, EULEX Kosovo è configurata per sviluppare e rafforzare ulteriormente l’indipendenza di un sistema di giustizia penale (incluse le dogane) multietnico, libero da ingerenze politiche e in linea con le norme riconosciute a livello internazionale. Ciò include:offrire monitoraggio, tutoraggio e consulenza alle istituzioni kosovare; garantire lo Stato di diritto e l’ordine pubblico, se necessario attraverso il ribaltamento di decisioni precedentemente assunte dalle autorità kosovare; provvedere affinché i crimini di guerra, il terrorismo, la criminalità organizzata, la corruzione, i crimini etnici, i reati finanziari/economici e altri reati gravi siano adeguatamente perseguiti, se necessario con l’aiuto internazionale e creando strutture di cooperazione e coordinamento fra polizia e autorità giudiziarie; contribuire alla lotta contro la corruzione, la frode e la criminalità finanziaria; contribuire ad attuare la strategia anticorruzione per il Kosovo; assicurare che le attività rispettino i diritti umani e l’integrazione di genere; collaborare con le autorità giudiziarie e di contrasto dei paesi dell’UE ed extra UE.Trasferimento dei procedimenti giudiziari Nel quadro di questo mandato, EULEX Kosovo supporterà i procedimenti che vengono trasferiti in un paese dell’UE e che originano dalle accuse presenti nella relazione del Consiglio d’Europa dal titolo Trattamenti inumani di persone e traffico illegale di organi umani in Kosovo del 12 dicembre 2010. I giudici e i pubblici ministeri saranno assolutamente indipendenti. Struttura Trattandosi di una missione della politica di sicurezza e di difesa comune, EULEX Kosovo ha il quartier generale a Pristina, con uffici dislocati in tutto il Kosovo e una sede di supporto a Bruxelles. Le operazioni sono iniziate in seguito al trasferimento di autorità dalla missione delle Nazioni Unite in Kosovo. Un comandante civile delle operazioni, sotto la direzione politica e strategica del comitato politico e di sicurezza (CPS) e dell’autorità generale dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, esercita il comando a livello strategico, mentre un capomissione è responsabile a livello militare locale. EULEX Kosovo è formata prevalentemente da personale distaccato da paesi o istituzioni dell’UE che pagheranno i costi dell’operazione. Il personale distaccato è pienamente subordinato alle autorità nazionali o alle istituzioni dell’UE interessate, ma resta sotto il controllo operativo del comandante civile delle operazioni, che consulterà il rappresentante speciale dell’Unione europea in funzione delle necessità. Sicurezza Il comandante civile delle operazioni dirige la pianificazione delle misure di sicurezza effettuata dal capomissione, in linea con la politica dell’UE in virtù del titolo V del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Il personale è sottoposto a formazione obbligatoria in materia di sicurezza prima di prendere servizio, oltre ad aggiornamenti regolari delle proprie conoscenze in ambito militare. Autorità In funzione dell’attuazione di quest’azione comune, EULEX Kosovo è autorizzata a:acquistare servizi e forniture; stipulare contratti e accordi amministrativi; assumere personale; detenere conti bancari; acquisire e disporre di beni; costituirsi parte in procedimenti legali.Finanziamento L’azione comune stabilisce gli accordi per il finanziamento anno per anno di EULEX Kosovo. Una cellula di progetto individua e attua i progetti, coordinando e fornendo consulenza su progetti rilevanti dei paesi dell’UE ed extra UE, se del caso. In alcune circostanze può anche richiedere contributi finanziari a tali paesi per attuare i progetti, previo accordo del CPS. Informazioni e documenti L’alto rappresentante è autorizzato a trasmettere informazioni classificate alle Nazioni Unite, alla Kosovo Force della NATO, a Frontex e ad altre parti terze associate a quest’azione comune, a norma della decisione 2013/488/UE. Revisione Il Consiglio valuta, almeno sei mesi prima del termine dell’azione comune, se EULEX Kosovo debba essere prolungata. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA L’AZIONE COMUNE? Essa è in vigore dal 4 febbraio 2008 e scadrà il 14 giugno 2021. CONTESTO Per saperne di più, consultare:EULEX Kosovo (Servizio europeo per l’azione esterna). DOCUMENTO PRINCIPALE Azione comune 2008/124/PESC del Consiglio, del 4 febbraio 2008, relativa alla missione dell’Unione europea sullo Stato di diritto in Kosovo.*, EULEX KOSOVO (GU L 42 del 16.2.2008, pag. 92). Le successive modifiche all’azione comune 2008/124/PESC del Consiglio sono state incorporate nel documento originale. La presente versione consolidata ha unicamente un valore documentale. DOCUMENTO CORRELATO Decisione (PESC) 2020/792 del Consiglio, dell’11 giugno 2020, che modifica l’azione comune 2008/124/PESC relativa alla missione dell’Unione europea sullo Stato di diritto in Kosovo.* (GU L 193 del 17.6.2020, pag. 9). *Tale designazione non pregiudica le posizioni riguardo allo status ed è in linea con la risoluzione UNSCR 1244 (1999) e con il parere della Corte internazionale di giustizia sulla dichiarazione di indipendenza del Kosovo.
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Direttiva 94/33/CE del Consiglio, del 22 giugno 1994, relativa alla protezione dei giovani sul lavoro Gazzetta ufficiale n. L 216 del 20/08/1994 pag. 0012 - 0020 edizione speciale finlandese: capitolo 5 tomo 6 pag. 0138 edizione speciale svedese/ capitolo 5 tomo 6 pag. 0138 DIRETTIVA 94/33/CE DEL CONSIGLIO del 22 giugno 1994 relativa alla protezione dei giovani sul lavoroIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 118 A, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Comitato economico e sociale (2), deliberando in conformità della procedura di cui all'articolo 189 C del trattato (3), considerando che l'articolo 118 A del trattato prevede che il Consiglio adotti, mediante direttive, le prescrizioni minime tendenti a promuovere il miglioramento in particolare dell'ambiente di lavoro per garantire un livello più elevato di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori; considerando che, a norma dell'articolo citato, tali direttive evitano di imporre vincoli amministrativi, finanziari e giuridici di natura tale da ostacolare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese; considerando che la carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata il 9 dicembre 1969 in occasione del Consiglio europeo di Strasburgo, dai capi di Stato e di governo di undici Stati membri, afferma in particolare ai punti 20 e 22; «20. Fatte salve le norme più favorevoli ai giovani, in particolare quelle che assicurano il loro inserimento professionale tramite la formazione, ed eccettuate deroghe limitate ad alcuni lavori leggeri, l'età minima per l'ammissione al lavoro non deve essere inferiore all'età in cui termina la scuola dell'obbligo, né comunque ai 15 anni. 22. Devono essere adottati i provvedimenti necessari per modificare le norme del diritto del lavoro relative ai giovani lavoratori, affinché rispondano alle esigenze dello sviluppo personale, della formazione professionale e dell'accesso al lavoro. In particolare la durata del lavoro dei lavoratori di età inferiore a diciotto anni deve essere limitata - senza che tale limitazione possa essere aggirata con il ricorso al lavoro straordinario - ed il lavoro notturno vietato, escluse talune attività lavorative determinate dalle legislazioni o dalle normative nazionali.»; considerando che occorre tener conto dei principi dell'Organizzazione internazionale del lavoro in materia di protezione dei giovani sul lavoro, compresi quelli relativi all'età minima di ammissione all'impiego o la lavoro; considerando che nella sua risoluzione sul lavoro dei bambini (4) il Parlamento europeo riassume gli aspetti del lavoro dei giovani e ne sottolinea gli effetti sulla salute, sulla sicurezza, nonché sullo sviluppo fisico e intellettuale, insistendo sulla necessità di adottare una direttiva che armonizzi le legislazioni nazionali vigenti in materia; considerando che la direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l'applicazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (5), prevede all'articolo 15 che i gruppi a rischio particolarmente sensibili devono essere protetti contro i pericoli che li riguardano in maniera particolare; considerando che i bambini e gli adolescenti devono essere considerati gruppi esposti a rischi specifici e che devono essere adottati provvedimenti per quanto riguarda la protezione della loro sicurezza e salute; considerando che la vulnerabilità dei bambini impone agli Stati membri di vietare il loro lavoro e di provvedere a che l'età minima di ammissione all'impiego o al lavoro non sia inferiore all'età a cui cessano gli obblighi scolastici a tempo pieno imposti dalla legislazione nazionale né, in ogni caso, ai 15 anni; che possono essere ammesse deroghe al divieto di lavoro per i bambini soltanto in casi particolari e alle condizioni previste dalla presente direttiva; che esse non possono in alcun caso recar pregiudizio alla frequenza scolastica e al beneficio dell'istruzione; considerando che le caratteristiche proprie del passaggio dall'infanzia all'età adulta impongono che il lavoro degli adolescenti sia strettamente disciplinato e tutelato; considerando che ogni datore di lavoro deve garantire ai giovani condizioni di lavoro adatte alla loro età; considerando che i datori di lavoro devono attuare le misure necessarie per la protezione della sicurezza e della salute dei giovani, basandosi su una valutazione dei rischi esistenti per i giovani e connessi con il loro lavoro; considerando che gli Stati membri devono proteggere i giovani dai rischi specifici dovuti a mancanza di esperienza, assenza di consapevolezza dei rischi esistenti o virtuali o al loro sviluppo non ancora completato; considerando che gli Stati membri devono a tal fine vietare il lavoro dei giovani in alcune attività previste dalla presente direttiva; considerando che l'adozione di prescrizioni minime precise relative all'organizzazione dell'orario di lavoro potrebbe migliorare le condizioni di lavoro per i giovani; considerando che occorre limitare rigorosamente la durata massima del lavoro e vietare il lavoro notturno dei giovani, escluse talune attività lavorative determinate dalle legislazioni o dalle normative nazionali; considerando che gli Stati membri devono prendere i provvedimenti appropriati affinché l'orario di lavoro degli adolescenti che continuano a seguire un insegnamento scolastico non pregiudichi la loro capacità di beneficiare dell'insegnamento ricevuto; considerando che il tempo dedicato alla formazione dal giovane che lavora nell'ambito di un sistema di formazione teorica e/o pratica in alternanza o di tirocinio nell'impresa deve essere compreso nell'orario di lavoro; considerando che, al fine di garantire la sicurezza e la salute dei giovani, questi ultimi devono beneficiare di periodi minimi di riposo - giornaliero, settimanale e annuale - e di adeguati periodi di pausa; considerando che per quanto attiene al periodo di riposo settimanale, occorre tenere debitamente conto della diversità dei fattori culturali, etnici, religiosi e di altra indole prevalenti negli Stati membri; che in particolare spetta a ciascuno Stato membro decidere, da ultimo, se e in quale misura la domenica debba essere compresa nel riposo settimanale; considerando che un'esperienza di lavoro appropriata può contribuire all'obiettivo di preparare i giovani alla vita professionale e sociale di adulti, a condizione di evitare che ciò nuoccia alla loro sicurezza, salute e al loro sviluppo; considerando che, qualora dovessero apparire indispensabili per alcune attività e situazioni particolari deroghe ai divieti ed ai limiti previsti, la loro applicazione non dovrà andar contro ai principi del sistema di protezione posto in atto; considerando che la presente direttiva costituisce un elemento concreto nell'attuazione della dimensione sociale del mercato interno; considerando che il sistema di protezione previsto dalla presente direttiva richiede, ai fini dell'applicazione concreta, che gli Stati membri pongano in atto un regime di misure efficaci e proporzionate; considerando che l'applicazione di talune disposizioni della presente direttiva pone ad uno Stato membro difficoltà particolari a motivo del suo sistema di protezione dei giovani sul lavoro; che è pertanto opportuno esentare tale Stato membro dall'attuazione delle disposizioni in questione durante un compreso periodo, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: SEZIONE I Articolo 1 Oggetto 1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie per vietare il lavoro dei bambini. Essi provvedono, secondo le condizioni previste dalla presente direttiva, affinché l'età minima di ammissione all'impiego o al lavoro non sia inferiore all'età in cui cessano gli obblighi scolastici a tempo pieno imposti dalla legislazione nazionale né, in ogni caso, ai 15 anni. 2. Gli Stati membri provvedono affinché il lavoro degli adolescenti sia strettamente disciplinato e tutelato secondo le condizioni previste dalla presente direttiva. 3. Sul piano generale, gli Stati membri provvedono affinché ogni datore di lavoro garantisca ai giovani condizioni di lavoro appropriate alla loro età. Essi provvedono a proteggere i giovani dallo sfruttamento economico e da ogni lavoro suscettibile di nuocere alla loro sicurezza, salute o sviluppo fisico, psicologico, morale o sociale o di compromettere la loro istruzione. Articolo 2 Campo d'applicazione 1. La presente direttiva si applica a tutte le persone di età inferiore a 18 anni che abbiano un contratto o un rapporto di lavoro definito dalla vigente legislazione di uno Stato membro e/o disciplinato dal diritto vigente in uno Stato membro. 2. Gli Stati membri possono prevedere, per via legislativa o regolamentare, che la presente direttiva non si applichi, entro i limiti e alle condizioni da essi stabiliti, per via legislativa o regolamentare, ai lavori occasionali o di breve durata, concernenti: a) i servizi domestici prestati in un ambito familiare; b) il lavoro considerato non nocivo né pregiudizievole né pericoloso per i giovani nelle imprese a conduzione familiare. Articolo 3 Definizioni Ai fini della presente direttiva si intende per: a) giovane, ogni persona di età inferiore a 18 anni come definita all'articolo 2, paragrafo 1; b) bambino, ogni giovane che non ha ancora compiuto 15 anni o che ha ancora obblighi scolastici a tempo pieno imposti dalla legislazione nazionale; c) adolescente, ogni giovane di almeno 15 anni che non ha ancora compiuto 18 anni e che non ha più obblighi scolastici a tempo pieno imposti dalla legislazione nazionale; d) lavori leggeri, ogni lavoro che, per la natura dei compiti da svolgere o condizioni particolari in cui tali compiti sono svolti, non pregiudica ai bambini: i) la sicurezza, la salute o lo sviluppo; ii) la frequenza scolastica, la partecipazione a programmi di orientamento o di formazione professionale approvati dall'autorità competente, o la capacità di beneficiare dell'istruzione; e) orario di lavoro; qualsiasi periodo in cui il giovane sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali; f) periodo di riposo: qualsiasi periodo che non rientra nell'orario di lavoro. Articolo 4 Divieto del lavoro dei bambini 1. Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per vietare il lavoro dei bambini. 2. Tenendo conto degli obiettivi di cui all'articolo 1, gli Stati membri possono prevedere, per via legislativa o regolamentare, che il divieto del lavoro dei bambini non si applichi: a) ai bambini che svolgono le attività previste dall'articolo 5; b) ai bambini di almeno 14 anni che lavorano nel quadro di un sistema di formazione in alternanza o di tirocinio presso un'impresa, purché tale lavoro sia svolto in conformità delle condizioni prescritte dall'autorità competente; c) ai bambini di almeno 14 anni che compiono lavori leggeri diversi da quelli di cui all'articolo 5; lavori leggeri diversi da quelli di cui all'articolo 5 possono tuttavia essere compiuti da bambini che hanno almeno 13 anni per un numero limitato di ore settimanali e per categorie di lavori, determinati dalla legislazione nazionale. 3. Gli Stati membri che si avvalgono della facoltà di cui al paragrafo 2, lettera c) determinano, nel rispetto delle disposizioni della presente direttiva, le condizioni di lavoro relative ai lavori leggeri in questione. Articolo 5 Attività culturali o simili 1. L'assunzione dei bambini finalizzata ad attività di carattere culturale, artistico, sportivo o pubblicitario è subordinata all'ottenimento di un'autorizzazione preliminare rilasciata dall'autorità competente in singoli casi. 2. Gli Stati membri determinano, per via legislativa o regolamentare, le condizioni di lavoro dei bambini nei casi di cui al paragrafo 1 e le modalità della procedura di autorizzazione preliminare, a condizione che le attività non pregiudichino ai bambini: i) la sicurezza, la salute o lo sviluppo; ii) la frequenza scolastica, la partecipazione a programmi di orientamento o di formazione professionale approvati dall'autorità competente o la capacità di beneficiare dell'istruzione. 3. In deroga alla procedura prevista al paragrafo 1 e per i bambini che hanno compiuto 13 anni, gli Stati membri possono autorizzare, per via legislativa o regolamentare e alle condizioni da essi stabilite, l'occupazione di bambini finalizzata ad attività di carattere culturale, artistico, sportivo o pubblicitario. 4. Gli Stati membri che dispongono di un sistema di approvazione specifico per le agenzie di indossatori per quanto concerne le attività dei bambini possono mantenere tale sistema. SEZIONE II Articolo 6 Obblighi generali del datore di lavoro 1. Fatto salvo l'articolo 4, paragrafo 1, il datore di lavoro prende le misure necessarie per la protezione della sicurezza e della salute dei giovani, tenendo particolarmente conto dei rischi specifici di cui all'articolo 7, paragrafo 1. 2. Il datore di lavoro mette in atto le misure previste al paragrafo 1, basandosi su una valutazione dei rischi esistenti per i giovani e connessi con il loro lavoro. La valutazione deve essere effettuata prima che i giovani comincino il loro lavoro e ad ogni modifica di rilievo delle condizioni di lavoro, e deve vertere in particolare sui seguenti punti: a) attrezzatura e sistemazione del luogo e del posto di lavoro; b) natura, grado e durata di esposizione agli agenti fisici, biologici e chimici; c) sistemazione, scelta e utilizzazione delle attrezzature di lavoro, segnatamente di agenti, macchine, apparecchi e strumenti nonché la loro manipolazione; d) pianificazione dei processi di lavoro e dello svolgimento del lavoro, e loro interazione (organizzazione del lavoro); e) situazione della formazione e dell'informazione dei giovani. Se la valutazione ha rivelato l'esistenza di un rischio per la sicurezza, la salute fisica o mentale o lo sviluppo dei giovani, si procede, ad intervalli regolari, ad una valutazione e sorveglianza, gratuite e adeguate, della salute dei giovani, fatta salva la direttiva 89/391/CEE. La valutazione e la sorveglianza gratuite della salute possono far parte di un sistema sanitario nazionale. 3. Il datore di lavoro informa i giovani degli eventuali rischi e di tutte le misure adottate per quanto riguarda la sicurezza e la salute dei giovani. Inoltre informa i rappresentanti legali dei bambini degli eventuali rischi e di tutte le misure adottate per quanto riguarda la sicurezza e la salute dei bambini. 4. Il datore di lavoro associa i servizi di protezione e prevenzione di cui all'articolo 7 della direttiva 89/391/CEE alla programmazione, all'applicazione e al controllo delle condizioni di sicurezza e sanitarie applicabili al lavoro dei giovani. Articolo 7 Vulnerabilità dei giovani - Divieti di lavoro 1. Gli Stati membri vigilano affinché i giovani siano protetti contro i rischi specifici per la sicurezza, la salute e lo sviluppo dovuti a mancanza di esperienza, assenza di consapevolezza dei rischi esistenti o virtuali, o al loro sviluppo non ancora completato. 2. A tal fine, fatto salvo l'articolo 4, paragrafo 1, gli Stati membri vietano il lavoro dei giovani nel caso di attività: a) che vadano obiettivamente al di là delle loro capacità fisiche o psicologiche; b) che implichino un'esposizione nociva ad agenti tossici, cancerogeni, che provochino danni genetici ereditari, o che comportino effetti nocivi per il nascituro o altri effetti nocivi cronici per l'essere umano; c) che implichino un'esposizione nociva a radiazioni; d) che presentino rischi di incidenti che presumibilmente i giovani, a causa della loro mancanza di senso della sicurezza o della scarsa esperienza o formazione, non possono individuare o prevenire; e) che mettano in pericolo la salute a causa di condizioni estreme di freddo o di caldo o a causa di rumore o di vibrazioni. Tra i lavori che possono comportare rischi specifici per i giovani ai sensi del paragrafo 1 rientrano in particolare: - i lavori che implicano un'esposizione nociva agli agenti fisici, biologici e chimici elencati in allegato, punto I, e - i processi e lavori di cui all'allegato, punto II. 3. Gli Stati membri possono, per via legislativa o regolamentare, autorizzare per gli adolescenti deroghe al paragrafo 2, allorché esse sono indispensabili per la formazione professionale degli adolescenti e purché la protezione della sicurezza e della salute di questi ultimi sia garantita dal fatto che tali lavori sono svolti sotto la sorveglianza di una persona competente ai sensi dell'articolo 7 della direttiva 89/391/CEE e a condizione che sia garantita la protezione prevista da quest'ultima. SEZIONE III Articolo 8 Orario di lavoro 1. Gli Stati membri che ricorrono alla facoltà di cui all'articolo 4, paragrafo 2, lettera b) o c) adottano le misure necessarie per limitare l'orario di lavoro dei bambini: a) a 8 ore al giorno e a 40 ore settimanali per i lavori svolti nell'ambito di un sistema di formazione in alternanza o di tirocinio nell'impresa; b) a 2 ore al giorno d'insegnamento e a 12 ore settimanali per i lavori svolti durante il periodo scolastico al di fuori delle ore d'istruzione scolastica, laddove la legislazione e/o la prassi nazionale non lo vietino; in nessun caso l'orario di lavoro giornaliero può essere superiore a 7 ore; questo limite può essere portato a 8 ore per i bambini che hanno compiuto 15 anni; c) a 7 ore al giorno e a 35 ore settimanali per i lavori svolti durante un periodo di vacanza scolastica di almeno una settimana; questi limiti possono essere portati a 8 ore al giorno e a 40 ore settimanali per i bambini che hanno compiuto 15 anni; d) a 7 ore al giorno e a 35 ore settimanali per i lavori leggeri svolti da bambini che non hanno più obblighi scolastici a tempo pieno imposti dalla legislazione nazionale. 2. Gli Stati membri prendono i provvedimenti necessari per limitare l'orario di lavoro degli adolescenti a 8 ore al giorno e a 40 ore settimanali. 3. Il tempo dedicato alla formazione dal giovane che lavora nell'ambito di un sistema di formazione teorica e/o pratica in alternanza o di tirocinio nell'impresa è compreso nella durata del lavoro. 4. Allorché un giovane viene impiegato da diversi datori di lavoro, vengono addizionati i giorni e le ore di lavoro svolti. 5. Gli Stati membri possono, per via legislativa o regolamentare, autorizzare deroghe al disposto del paragrafo 1, lettera a) e del paragrafo 2, a titolo eccezionale o qualora ciò sia giustificato da ragioni obiettive. Gli Stati membri determinano, per via legislativa o regolamentare, le condizioni, i limiti e le modalità di applicazione di siffatte deroghe. Articolo 9 Lavoro notturno 1. a) Gli Stati membri che ricorrono alla facoltà di cui all'articolo 4, paragrafo 2, lettera b) o c) adottano le misure necessarie per vietare il lavoro dei bambini tra le ore 20 e le ore 6. b) Gli Stati membri prendono i provvedimenti necessari per vietare il lavoro degli adolescenti tra le ore 22 e le ore 6 o tra le ore 23 e le ore 7. 2. a) Gli Stati membri possono, per via legislativa o regolamentare, autorizzare il lavoro degli adolescenti durante il periodo di divieto del lavoro notturno di cui al paragrafo 1, lettera b), per particolari settori d'attività. In questo caso gli Stati membri prendono i provvedimenti appropriati relativi alla sorveglianza dell'adolescente da parte di un adulto nei casi in cui tale sorveglianza è necessaria per la tutela dell'adolescente. b) In caso di applicazione della lettera a), il lavoro rimane vietato tra la mezzanotte e le ore 4. Tuttavia, gli Stati membri possono, per via legislativa o regolamentare, autorizzare il lavoro degli adolescenti durante il periodo di divieto del lavoro notturno nei casi in appresso elencati, qualora ciò sia giustificato da ragioni obiettive e a condizione che sia concesso agli adolescenti un periodo di riposo compensativo appropriato e non siano messi in discussione gli obiettivi di cui all'articolo 1: - lavori svolti nei settori della navigazione o della pesca; - lavori svolti nell'ambito delle forze armate o della polizia; - lavori svolti negli ospedali o in enti analoghi; - attività di carattere culturale, artistico, sportivo o pubblicitario. 3. Prima di una loro eventuale destinazione al lavoro notturno, e successivamente ad intervalli regolari, gli adolescenti fruiscono di una valutazione gratuita del loro stato di salute e delle loro capacità, salvo se il loro lavoro durante il periodo di divieto ha carattere eccezionale. Articolo 10 Periodo di riposo 1. a) Gli Stati membri che ricorrono alla facoltà di cui all'articolo 4, paragrafo 2, lettera b) o c) adottano le misure necessarie affinché, per ogni periodo di 24 ore, i bambini fruiscano di un periodo minimo di riposo di 14 ore consecutive. b) Gli Stati membri prendono i provvedimenti necessari affinché, per ogni periodo di 24 ore, gli adolescenti fruiscano di un periodo minimo di riposo di 12 ore consecutive. 2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché, per ogni periodo di 7 giorni, - i bambini per i quali essi si sono avvalsi della facoltà di cui all'articolo 4, paragrafo 2, lettera b) o c), e - gli adolescenti fruiscano di un periodo minimo di riposo di due giorni, se possibile consecutivi. Per comprovate ragioni di ordine tecnico o organizzativo, il periodo minimo di riposo può essere ridotto ma non può in alcun caso risultare inferiore a 36 ore consecutive. Il periodo minimo di riposo menzionato al primo e secondo comma comprende, in linea di massima, la domenica. 3. Gli Stati membri possono prevedere, per via legislativa o regolamentare, che i periodi minimi di riposo di cui ai paragrafi 1 e 2 possano essere interrotti nei casi di attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati o di breve durata nella giornata. 4. Gli Stati membri possono, per via legislativa o regolamentare, prevedere per gli adolescenti deroghe al paragrafo 1, lettera b) e al paragrafo 2 nei casi in appresso elencati, qualora ciò sia giustificato da ragioni obiettive e a condizione che sia concesso agli adolescenti un periodo di riposo compensativo adeguato e che non siano messi in discussione gli obiettivi di cui all'articolo 1: a) lavori svolti nei settori della navigazione o della pesca; b) lavori svolti nell'ambito delle forze armate o della polizia; c) lavori svolti negli ospedali o in enti analoghi; d) lavori svolti nel settore dell'agricoltura; e) lavori svolti nel settore del turismo o nel settore alberghiero o della ristorazione; f) attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati nel corso della giornata. Articolo 11 Riposo annuale Gli Stati membri che si avvalgano della facoltà prevista al'articolo 4, paragrafo 2, lettera b) o c), provvedono affinché un periodo libero da ogni lavoro sia compreso, per quanto possibilie, nelle vacanze scolastiche dei bambini che hanno obblighi scolastici a tempo pieno imposti dalla legislazione nazionale. Articolo 12 Pausa Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari affinché i giovani fruiscano, qualora l'orario di lavoro giornaliero superi le 4 ore e mezza, di una pausa di almeno trenta minuti, se possibile consecutivi. Articolo 13 Lavori di adolescenti in caso di forza maggiore Gli Stati membri possono, per via legislativa o regolamentare, autorizzare deroghe all'articolo 8, paragrafo 2, all'articolo 9, paragrafo 1, lettera b), all'articolo 10, paragrafo 1, lettera b) e, per quanto riguarda gli adolescenti, all'articolo 12, per lavori svolti nelle circostanze di cui all'articolo 5, paragrafo 4 della direttiva 89/391/CEE, a condizione che tali lavori siano temporanei e non ammettano ritardi, che non siano disponibili lavoratori adulti e che agli adolescenti interessati siano concessi periodi equivalenti di riposo compensativo entro un termine di 3 settimane. SEZIONE IV Articolo 14 Misure Gli Stati membri stabiliscono tutte le misure necessarie da applicare in caso di violazione delle disposizioni adottate ai fini dell'attuazione della presente direttiva; tali misure devono essere efficaci e proporzionate. Articolo 15 Adeguamento dell'allegato Gli adeguamenti di carattere strettamente tecnico dell'allegato in funzione del progresso tecnico, dell'evoluzione delle normative o delle specifiche internazionali o delle conoscenze nel campo disciplinato dalla presente direttiva sono adottati secondo la procedura prevista all'articolo 17 della direttiva 89/391/CEE. Articolo 16 Clausola di «non regresso» Fatto salvo il diritto degli Stati membri di sviluppare, in funzione dell'evoluzione della situazione, disposizioni diverse nel settore della protezione dei giovani, purché siano rispettati i requisiti minimi previsti dalla presente direttiva, l'attuazione della presente direttiva non costituisce una valida giustificazione per un regresso del livello generale di protezione dei giovani. Articolo 17 Disposizioni finali 1. a) Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi il 22 giugno 1996 o si assicurano, al più tardi in tale data, che le parti sociali applichino le disposizioni necessarie tramite accordi; gli Stati membri devono prendere tutte le misure necessarie per essere costantemente in grado di garantire i risultati imposti dalla presente direttiva. b) Per un quadriennio a decorrere dalla data di cui alla lettera a), il Regno Unito può astenersi dall'applicare l'articolo 8, paragrafo 1, lettera b), primo comma, per quanto concerne la disposizione sulla durata massima settimanale del lavoro, nonché l'articolo 8, paragrafo 2 e l'articolo 9, paragrafo 1, lettera b) e paragrafo 2. La Commissione presenterà una relazione sugli effetti della disposizione di cui al primo comma. Il Consiglio, deliberando secondo le modalità stabilite dal trattato, decide se il periodo summenzionato debba essere prorogato. c) Gli Stati membri ne informano immediatamente la Commissione. 2. Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui al paragrafo 1, esse contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno già adottate o che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. 4. Ogni cinque anni gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione sull'attuazione pratica delle disposizioni della presente direttiva, indicando i punti di vista delle parti sociali. La Commissione ne informa il Parlamento europeo, il Consiglio ed il Comitato economico e sociale. 5. La Commissione presenta periodicamente al Parlamento europeo, al Consiglio ed al Comitato economico e sociale una relazione sull'attuazione della presente direttiva, tenendo conto dei paragrafi 1, 2, 3 e 4. Articolo 18 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Lussemburgo, addì 22 giugno 1994. Per il Consiglio Il Presidente E. YIANNOPOULOS (1) GU n. C 84 del 4. 4. 1992, pag. 7.(2) GU n. C 313 del 30. 11. 1992, pag. 70.(3) Parere del Parlamento europeo del 17 dicembre 1992 (GU n. C 21 del 25. 1. 1993, pag. 167). Posizione comune del Consiglio del 23 novembre 1993 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Parlamento europeo del 9 marzo 1994 (GU n. C 91 del 28. 3. 1994, pag. 89).(4) GU n. C 190 del 20. 7. 1987, pag. 44.(5) GU n. L 183 del 29. 6. 1989, pag. 1. ALLEGATO Elenco non esauriente di agenti, processi e lavori (Articolo 7, paragrafo 2, secondo comma) I. Agenti 1. Agenti fisici a) Radiazioni ionizzanti. b) Lavoro in un'atmosfera a pressione elevata, ad esempio in contenitori sotto pressione, immersione sottomarina. 2. Agenti biologici a) Agenti biologici dei gruppi 3 e 4, ai sensi dell'articolo 2, lettera d), della direttiva 90/679/CEE del Consiglio, del 26 novembre 1990, relativa alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti biologici durante il lavoro (settima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) (1). 3. Agenti chimici a) Sostanze e preparati classificati tossici (T), molto tossici (Tx), corrosivi (C) o esplosivi (E) ai sensi della direttiva 67/548/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1967, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura delle sostanze pericolose (2), e della direttiva 88/379/CEE del Consiglio, del 7 giugno 1988, per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura dei preparati pericolosi (3). b) Sostanze e preparati classificati nocivi (Xn) ai sensi delle direttive 67/548/CEE e 88/379/CEE e comportanti uno o più rischi descritti dalle seguenti frasi: - pericolo di effetti irreversibili molto gravi (R39), - possibile rischio di effetti irreversibili (R40), - può provocare sensibilizzazione mediante inalazione (R42), - può provocare sensibilizzazione mediante contatto cutaneo (R43), - può provocare il cancro (R45), - può provocare danni genetici ereditari (R46), - pericolo di gravi danni alla salute dopo esposizione prolungata (R48), - può danneggiare la fecondità (R60), - può provocare danni al nascituro (R61). c) Sostanze e preparati classificati irritanti (Xi) ai sensi delle direttive 67/548/CEE e 88/379/CEE del Consiglio e comportanti uno o più rischi descritti dalle seguenti frasi: - altamente infiammabile (R12), - può provocare sensibilizzazione mediante inalazione (R42), - può provocare sensibilizzazione mediante contatto cutaneo (R43). d) Sostanze e preparati di cui all'articolo 2, lettera c) della direttiva 90/394/CEE del Consiglio, del 28 giugno 1990, sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un'esposizione ad agenti cancerogeni durante il lavoro (sesta direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) (4); e) Piombo e suoi composti nella misura in cui questi agenti sono assimilabili dall'organismo umano. f) Amianto. II. Processi e lavori 1. Processi e lavori figuranti nell'allegato I della direttiva 90/394/CEE. 2. Lavori di fabbricazione e di manipolazione di dispositivi, ordigni ed oggetti diversi contenenti esplosivi. 3. Lavori in serragli contenenti animali feroci o velenosi. 4. Lavori di mattatoio industriale. 5. Lavori comportanti la manipolazione di apparecchiature di produzione, di immagazzinamento o di impiego di gas compressi, liquidi o in soluzione. 6. Lavori su tini, bacini, serbatoi, damigiane o bombole contenenti agenti chimici di cui al punto I.3. 7. Lavori comportanti il rischio di crolli. 8. Lavori comportanti rischi elettrici di alta tensione. 9. Lavori il cui ritmo è determinato dalla macchina e che sono pagati a cottimo. (1) GU n. L 374 del 31. 12. 1990, pag. 1.(2) GU n. 196 del 16. 8. 1967, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 93/679/CEE (GU n. L 268 del 29. 10. 1993, pag. 71.(3) GU n. L 187 del 16. 7. 1988, pag. 14. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 93/18/CEE (GU n. L 104 del 29. 4. 1993, pag. 46).(4) GU n. L 196 del 26. 7. 1990, pag. 1.
Protezione dei giovani sul lavoro QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Stabilisce requisiti minimi al fine di garantire il miglioramento della salute e della sicurezza dei giovani lavoratori. PUNTI CHIAVE La direttiva si applica a tutti i giovani di età inferiore ai 18 anni che hanno un contratto o un rapporto di lavoro definito dalla vigente legislazione di un paese dell'Unione europea (UE) e/o disciplinato dal diritto vigente in un paese dell'UE. I paesi dell'UE possono prevedere che la direttiva non si applichi ai lavori occasionali o di breve durata concernenti i servizi domestici prestati in un ambito familiare o al lavoro considerato non nocivo né pregiudizievole né pericoloso per i giovani nelle imprese a conduzione familiare. La direttiva prevede che i paesi dell'UE adottino le misure necessarie per vietare l’impiego di bambini e garantire che l’impiego di adolescenti sia strettamente disciplinato e tutelato secondo le condizioni previste dalla direttiva. La direttiva definisce le categorie di giovani come segue: giovane: giovane di età inferiore a 18 anni; bambino: giovane che non ha ancora compiuto 15 anni o che ha ancora obblighi scolastici a tempo pieno imposti dalla legislazione nazionale; adolescente: giovane di almeno 15 anni che non ha ancora compiuto 18 anni e che non ha più obblighi scolastici a tempo pieno imposti dalla legislazione nazionale. L’obiettivo principale della direttiva è quello di vietare il lavoro dei bambini. Tuttavia, la direttiva consente ai paesi dell'UE di prevedere, a determinate condizioni, che il divieto del lavoro dei bambini non si applichi: ai bambini impiegati ai fini di attività culturali, artistiche, sportive o attività pubblicitarie, subordinatamente all’ottenimento di un’autorizzazione preliminare rilasciata dall’autorità competente in singoli casi; ai bambini di almeno 14 anni che lavorano nel quadro di un sistema di formazione in alternanza o di tirocinio presso un’impresa, purché tale lavoro sia svolto in conformità delle condizioni prescritte dall’autorità competente; i bambini di almeno 14 anni che svolgono lavori leggeri diversi da quelli di cui sopra; tuttavia i bambini che hanno almeno 13 anni possono svolgere lavori leggeri per un numero limitato di ore settimanali e per categorie di lavori determinate dalla legislazione nazionale. La direttiva contiene disposizioni relative a: gli obblighi generali del datore di lavoro, come la tutela della salute e della sicurezza dei giovani, la valutazione dei rischi per i giovani e connessi con il loro lavoro, la valutazione e la sorveglianza della salute dei giovani, le informazioni ai giovani e ai rappresentanti legali dei bambini sui possibili rischi per la loro salute e sicurezza; le attività che non devono essere svolte da giovani, come le attività che vanno al di là delle loro capacità mentali o fisiche, che implicano un’esposizione nociva a sostanze pericolose. La direttiva 2014/27/UE allinea la direttiva 94/33/CE al regolamento (CE) n. 1272/2008 che ha istituito un nuovo sistema di classificazione, etichettatura e imballaggio delle sostanze e delle miscele nell’UE, in base al sistema globale armonizzato (GHS) per la classificazione e l’etichettatura dei prodotti chimici a livello internazionale. Inoltre, la direttiva 2014/27/UE sostituisce i riferimenti alle direttive abrogate (90/679/CEE e 90/394/CEE), che vengono sostituiti con i riferimenti alle pertinenti disposizioni della direttiva 2000/54/CE e della direttiva 2004/37/CE. La direttiva 94/33/CE contiene disposizioni in materia di orario di lavoro, lavoro notturno, periodi di riposo, riposo annuale e pause di riposo. Ogni paese dell'UE è competente per definire le misure da adottare in caso di violazione delle disposizioni della presente direttiva. Tali misure devono essere efficaci e proporzionate al reato. La direttiva contiene una clausola di non regresso relativa al livello di protezione per i giovani. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? È stata applicata a partire dal 9 settembre 1994. I paesi dell'UE dovevano integrarla nella legislazione nazionale entro il 22 giugno 1996. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 94/33/CE del Consiglio, del 22 giugno 1994, relativa alla protezione dei giovani sul lavoro (GU L 216 del 20.8.1994, pag. 12-20) Modifiche successive alla direttiva 94/33/CE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. DOCUMENTI CORRELATI Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, sull’applicazione della direttiva 94/33/CE relativa alla protezione dei giovani sul lavoro (COM(2004) 105 final del 16.2.2004) Relazione della Commissione sugli effetti del periodo di transizione concesso al Regno Unito in merito a determinate disposizioni della direttiva 94/33/CE relativa alla protezione dei giovani sul lavoro (COM(2000) 457 final del 20.7.2000)
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32015R1843
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REGOLAMENTO (UE) 2015/1843 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 6 ottobre 2015 che stabilisce le procedure dell’Unione nel settore della politica commerciale comune al fine di garantire l’esercizio dei diritti dell’Unione nell’ambito delle norme commerciali internazionali, in particolare di quelle istituite sotto gli auspici dell’Organizzazione mondiale del commercio (codificazione) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 207, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CE) n. 3286/94 del Consiglio (3) ha subito varie e sostanziali modifiche (4). A fini di chiarezza e razionalizzazione è opportuno procedere alla sua codificazione. (2) È necessario che la politica commerciale comune sia fondata su principi uniformi, soprattutto per quanto riguarda la difesa commerciale. (3) Appare necessario stabilire procedure dell’Unione per garantire l’effettivo esercizio dei diritti dell’Unione nel quadro delle norme commerciali internazionali. (4) Le norme commerciali internazionali sono anzitutto quelle istituite sotto gli auspici dell’Organizzazione mondiale del commercio «OMC» e specificate negli allegati dell’accordo OMC, ma possono comprendere anche norme, specificate in qualsiasi altro accordo di cui l’Unione sia parte, che si applicano agli scambi tra l’Unione e paesi terzi. È opportuno indicare chiaramente a quale tipo di accordi si riferisce l’espressione «norme commerciali internazionali». (5) Le procedure dell’Unione per assicurare l’effettivo esercizio dei diritti dell’Unione ai sensi delle norme commerciali internazionali dovrebbero basarsi su un meccanismo giuridico previsto dal diritto dell’Unione che sia totalmente trasparente e che garantisca che la decisione di appellarsi ai diritti dell’Unione ai sensi delle norme commerciali internazionali sia adottata sulla base di un’analisi giuridica e di informazioni oggettive precise. (6) Tale meccanismo dovrebbe fornire gli strumenti procedurali per richiedere che le istituzioni dell’Unione reagiscano agli ostacoli agli scambi che sono adottati o mantenuti da paesi terzi e che recano pregiudizio o incidono negativamente sugli scambi in altro modo, a condizione che esista un diritto di agire, in relazione a tali ostacoli, ai sensi delle norme commerciali internazionali applicabili. (7) Il diritto degli Stati membri di fare ricorso a tale meccanismo non dovrebbe pregiudicare la possibilità per gli Stati membri di sollevare la stessa questione o questioni analoghe attraverso altre procedure dell’Unione esistenti, in particolare dinanzi al comitato istituito dall’articolo 207, paragrafo 3 del trattato. (8) Si dovrebbe tener conto del ruolo istituzionale del comitato istituito dall’articolo 207, paragrafo 3 del trattato nella formulazione di pareri per le istituzioni dell’Unione in relazione a tutte le questioni di politica commerciale. Pertanto, detto comitato dovrebbe essere tenuto al corrente dell’andamento dei singoli casi, affinché possa considerare le loro conseguenze politiche generali. (9) È opportuno pretendere che l’Unione agisca nell’osservanza dei suoi obblighi internazionali e che, quando detti obblighi derivino da accordi, l’Unione mantenga l’equilibrio dei diritti e degli obblighi che tali accordi hanno lo scopo di istituire. (10) È altresì opportuno stabilire che qualsiasi misura adottata secondo le procedure in questione dovrebbe anche essere conforme agli obblighi internazionali dell’Unione e non pregiudicare in casi non contemplati dal presente regolamento altre misure che potrebbero essere adottate direttamente in base all’articolo 207 del trattato. (11) Sarebbe opportuno stabilire anche le norme procedurali a cui attenersi nel procedimento d’esame previsto dal presente regolamento, in particolare per quanto riguarda i diritti e gli obblighi delle autorità dell’Unione e delle parti interessate, nonché le condizioni alle quali queste ultime possono avere accesso alle informazioni e chiedere di essere tenute al corrente circa i fatti e le considerazioni essenziali risultanti dal procedimento d’esame. (12) Ove agisca a norma del presente regolamento, l’Unione deve tener presente la necessità di procedere in modo rapido ed efficace mediante l’applicazione delle procedure decisionali previste dal presente regolamento. (13) Spetta alla Commissione agire in relazione agli ostacoli agli scambi che sono adottati o mantenuti da paesi terzi, nell’ambito dei diritti e degli obblighi internazionali dell’Unione, unicamente quando gli interessi dell’Unione richiedano un intervento. Pertanto, nel valutare tali interessi, la Commissione dovrebbe tenere in debito conto i pareri espressi da tutte le parti interessate dai procedimenti. (14) L’attuazione delle procedure d’esame previste dal presente regolamento richiede condizioni uniformi per l’adozione di decisioni sullo svolgimento di tali procedure d’esame e sulle misure derivanti dalle stesse. Tali misure dovrebbero essere adottate ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (5). (15) È opportuno ricorrere alla procedura consultiva per sospendere gli esami in corso, dati gli effetti di tali misure e della loro logica sequenziale in relazione all’adozione di misure. (16) Il Parlamento europeo e il Consiglio dovrebbero essere tenuti informati degli sviluppi in virtù del presente regolamento, così da poter prendere in considerazione le loro implicazioni politiche più generali. (17) Inoltre, nei casi in cui un accordo con un paese terzo appare lo strumento più indicato per risolvere una controversia derivante da un ostacolo agli scambi, occorre svolgere negoziati in vista di tale accordo, in conformità delle procedure stabilite nell’articolo 207 del trattato, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Oggetto Il presente regolamento stabilisce le procedure dell’Unione in materia di politica commerciale comune per garantire l’esercizio dei diritti dell’Unione ai sensi delle norme commerciali internazionali, in particolare di quelle istituite sotto gli auspici dell’Organizzazione mondiale del commercio «OMC» che, nell’osservanza degli obblighi e delle procedure internazionali vigenti, sono volte a: a) reagire agli ostacoli agli scambi che incidono sul mercato dell’Unione, al fine di eliminare il conseguente pregiudizio; b) reagire agli ostacoli agli scambi che incidono sul mercato di un paese terzo al fine di eliminare i conseguenti effetti negativi sugli scambi. Le procedure di cui al primo comma si applicano in particolare all’apertura, al successivo espletamento e alla chiusura delle procedure internazionali di risoluzione delle controversie nel settore della politica commerciale comune. Articolo 2 Definizioni 1. Ai fini del presente regolamento, si applicano le seguenti definizioni: a) per «ostacoli agli scambi» si intende qualsiasi pratica commerciale adottata o mantenuta da un paese terzo in relazione alla quale le norme commerciali internazionali istituiscono un diritto di agire; tale diritto di agire esiste quando le norme commerciali internazionali vietano esplicitamente una pratica o riconoscono ad un’altra parte danneggiata da una pratica il diritto di chiedere che siano eliminati gli effetti della pratica in questione; b) per «diritti dell’Unione» si intendono i diritti di cui l’Unione può avvalersi, in materia di commercio internazionale, ai sensi delle norme commerciali internazionali; in tale contesto, per «norme commerciali internazionali» si intendono anzitutto le norme istituite sotto gli auspici dell’OMC e specificate negli allegati dell’accordo OMC, ma esse possono essere anche quelle specificate in qualsiasi altro accordo di cui l’Unione sia parte e che specifichi norme applicabili agli scambi tra l’Unione e i paesi terzi; c) per «pregiudizio» si intende qualsiasi pregiudizio sostanzialeche un ostacolo agli scambi arreca o minaccia di arrecare, in relazione a un prodotto o a un servizio, a un’industria dell’Unione, sul mercato dell’Unione; d) per «effetti negativi sugli scambi» si intendono gli effetti negativi che un ostacolo agli scambi arreca o minaccia di arrecare, in relazione a un prodotto o a un servizio, a imprese dell’Unione, sul mercato di qualsiasi paese terzo, e che hanno un effetto notevole sull’economia dell’Unione, di una regione dell’Unione o di un settore di attività economica nell’Unione; il fatto che il denunciante risenta di tali effetti negativi non è considerato di per sé sufficiente a giustificare l’avvio di qualsiasi azione da parte delle istituzioni dell’Unione; e) per «industria dell’Unione» si intende: i) l’insieme dei produttori o dei prestatori dell’Unione: — di prodotti o servizi identici o simili al prodotto o servizio oggetto di un ostacolo agli scambi, — di prodotti o servizi direttamente concorrenti con tale prodotto o servizio, o — che sono consumatori o trasformatori del prodotto oppure consumatori o utilizzatori del servizio oggetto di un ostacolo agli scambi; o ii) l’insieme dei produttori o prestatori la cui produzione complessiva costituisce una proporzione notevole della produzione totale dell’Unione dei prodotti o servizi in questione; tuttavia: — quando i produttori o prestatori sono collegati agli esportatori o agli importatori o sono essi stessi importatori del prodotto o servizio asseritamente oggetto di ostacoli agli scambi, l’espressione «industria dell’Unione», può essere interpretata come riferita ai restanti produttori o prestatori, — in circostanze particolari, i produttori o prestatori di una regione dell’Unione possono essere considerati come industria dell’Unione se la loro produzione complessiva costituisce la maggior parte della produzione del prodotto o servizio in questione nello Stato membro o negli Stati membri in cui è situata la regione, purché l’effetto dell’ostacolo agli scambi sia concentrato in tale Stato membro o in tali Stati membri; f) per «impresa dell’Unione» si intende una società o una ditta costituita conformemente al diritto di uno Stato membro che ha la sua sede legale, la sua sede amministrativa centrale o il suo stabilimento principale nell’Unione, e che è direttamente coinvolta nella produzione dei beni o nella prestazione dei servizi oggetto dell’ostacolo agli scambi; g) per «servizi» si intendono quei servizi per i quali possono essere conclusi dall’Unione accordi internazionali sulla base dell’articolo 207 del trattato. 2. Ai fini del presente regolamento, il concetto di «prestatori di servizi» nel contesto dell’espressione «industria dell’Unione» e dell’espressione «impresa dell’Unione» lascia impregiudicato il carattere non commerciale che la prestazione di qualsiasi particolare servizio può avere in base alla legislazione o alla normativa di uno Stato membro. Articolo 3 Denuncia a nome dell’industria dell’Unione 1. Ogni persona fisica o giuridica nonché ogni associazione non avente personalità giuridica che agisce a nome di un’industria dell’Unione che ritiene di aver subito un pregiudizio dovuto a ostacoli agli scambi che incidono sul mercato dell’Unione può presentare una denuncia per iscritto. 2. La denuncia contiene sufficienti elementi di prova relativi all’esistenza degli ostacoli agli scambi commerciali nonché del conseguente pregiudizio. Quest’ultimo viene provato sulla base dell’elenco dimostrativo di fattori di cui all’articolo 11. Articolo 4 Denuncia a nome di imprese dell’Unione 1. Ogni impresa dell’Unione nonché ogni associazione, avente o meno personalità giuridica, che agisce a nome di una o più imprese dell’Unione e che ritiene che tali imprese dell’Unione abbiano subito effetti negativi sugli scambi a seguito di ostacoli agli scambi che incidono sul mercato di un paese terzo può presentare una denuncia per iscritto. 2. La denuncia contiene sufficienti elementi di prova relativi all’esistenza degli ostacoli agli scambi e dei conseguenti effetti negativi sugli scambi. Questi ultimi sono provati, ove appropriato, sulla base dell’elenco dimostrativo di fattori di cui all’articolo 11. Articolo 5 Procedura di denuncia 1. La denuncia di cui agli articoli 3 e 4 è presentata alla Commissione, che ne invia una copia agli Stati membri. 2. La denuncia può essere ritirata, nel qual caso il procedimento può essere concluso, a meno che ciò non sia contrario all’interesse dell’Unione. 3. Quando si constata che la denuncia non fornisce elementi di prova sufficienti per giustificare l’avvio di un’inchiesta, il denunciante ne viene informato. La Commissione informa gli Stati membri qualora decida che la denuncia non fornisce elementi di prova sufficienti per giustificare l’avvio di un’inchiesta. 4. La Commissione decide, non appena possibile, in merito all’apertura di una procedura d’esame dell’Unione a seguito di una denuncia presentata conformemente agli articoli 3 o 4. La decisione è adottata entro 45 giorni dalla presentazione della denuncia. Tale periodo può essere sospeso, su richiesta o con il consenso del denunciante, per consentire l’acquisizione di informazioni complementari eventualmente necessarie ai fini di una completa valutazione della fondatezza delle ragioni del denunciante. Articolo 6 Richiesta di uno Stato membro 1. Gli Stati membri possono chiedere alla Commissione l’avvio delle procedure di cui all’articolo 1. 2. A sostegno della loro richiesta, gli Stati membri forniscono alla Commissione elementi di prova sufficienti in merito agli ostacoli agli scambi e, se del caso, agli effetti da essi derivanti. Qualora siano necessari elementi di prova relativi al pregiudizio o agli effetti negativi sugli scambi, tali elementi sono forniti, ove appropriato, sulla base dell’elenco dimostrativo di fattori di cui all’articolo 11. 3. La Commissione informa senza indugio gli altri Stati membri delle richieste presentate. 4. Quando si constata che la richiesta non fornisce elementi di prova sufficienti per giustificare l’avvio di un’inchiesta, lo Stato membro in questione ne è informato. La Commissione informa gli Stati membri qualora decida che la richiesta non fornisce elementi di prova sufficienti per giustificare l’avvio di un’inchiesta. 5. La Commissione decide, non appena possibile, in merito all’apertura di una procedura d’esame dell’Unione, a seguito di una richiesta presentata da uno Stato membro a norma del presente articolo. La decisione è adotatta entro 45 giorni dalla richiesta. Tale periodo può essere sospeso, su richiesta o con il consenso dello Stato membro ricorrente, per consentire l’acquisizione di informazioni complementari eventualmente necessarie ai fini di una completa valutazione della fondatezza delle ragioni avanzate dal medesimo Stato membro. Articolo 7 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita dal comitato sugli ostacoli agli scambi, di seguito denominato «comitato». Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 4 del regolamento (UE) n. 182/2011. 3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011. Articolo 8 Informazioni al Parlamento europeo e al Consiglio La Commissione trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio le informazioni fornite ai sensi del presente regolamento, per consentire loro di esaminare eventuali implicazioni più ampie per la politica commerciale comune. Articolo 9 Procedura d’esame dell’Unione 1. Se la Commissione ritiene che esistano elementi di prova sufficienti per giustificare l’avvio di una procedura d’esame e che ciò sia necessario nell’interesse dell’Unione, la Commissione: a) annuncia l’avvio di una procedura d’esame nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea; nell’annuncio si indicano il prodotto o servizio e i paesi interessati, si riassumono le informazioni ricevute, si precisa che ogni informazione utile deve essere comunicata alla Commissione; si stabilisce il termine entro il quale le parti interessate possono chiedere di essere sentite dalla Commissione, conformemente al paragrafo 5; b) informa ufficialmente i rappresentanti del paese o dei paesi oggetto della procedura e con i quali, se necessario, possono tenersi consultazioni; c) effettua l’esame a livello dell’Unione, in collaborazione con gli Stati membri. La Commissione informa gli Stati membri qualora decida che la denuncia fornisce elementi di prova sufficienti per giustificare l’avvio di un’inchiesta. 2. Se necessario, la Commissione: a) ricerca ogni informazione che reputa necessaria e procede alla verifica di dette informazioni presso importatori, operatori, agenti, produttori, associazioni e organizzazioni commerciali, previo accordo delle imprese o organizzazioni interessate; b) effettua inchieste sul territorio dei paesi terzi, a condizione che il governo dei paesi in questione, ufficialmente informato, non abbia sollevato obiezioni entro un termine ragionevole. Nella sua inchiesta la Commissione è assistita da funzionari dello Stato membro sul cui territorio si effettuano le verifiche, ove detto Stato lo richieda. 3 Gli Stati membri forniscono alla Commissione, su richiesta e secondo le modalità da essa stabilite, qualsiasi informazione necessaria per l’esame. 4 I denuncianti, gli esportatori e gli importatori interessati, nonché i rappresentanti del paese o dei paesi interessati, possono: a) prendere visione di tutte le informazioni messe a disposizione della Commissione, tranne i documenti ad uso interno della Commissione e delle amministrazioni, purché tali informazioni siano pertinenti per la tutela dei loro interessi, non siano riservate ai sensi dell’articolo 10 e siano utilizzate dalla Commissione nella sua procedura d’esame; gli interessati presentano a tal fine una domanda scritta motivata alla Commissione, indicando le informazioni desiderate; b) chiedere di essere informati dei fatti e delle considerazioni essenziali risultanti dalla procedura d’esame. 5. La Commissione può sentire le parti interessate. Queste ultime debbono essere sentite, ove lo richiedano per iscritto entro il termine fissato dall’avviso pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea e ove dimostrino di essere parti direttamente interessate all’esito della procedura. 6. Per permettere il raffronto delle tesi opposte e delle eventuali controdeduzioni, la Commissione dà alle parti direttamente interessate che lo richiedano l’occasione di incontrarsi. Offrendo tale opportunità, essa tiene conto dei desideri delle parti nonché della necessità di salvaguardare il carattere riservato delle informazioni. Nessuna delle parti è tenuta ad assistere agli incontri e la mancata presenza di una parte non è pregiudizievole alla sua posizione. 7. Quando le informazioni richieste dalla Commissione non sono fornite entro un termine ragionevole o quando l’inchiesta viene considerevolmente ostacolata, si possono trarre conclusioni sulla base dei dati disponibili. 8. Terminato il suo esame, la Commissione sottopone una relazione al comitato. La relazione viene presentata entro i cinque mesi successivi all’avviso di avvio, salvo quando la complessità dell’esame induca la Commissione a portare tale termine a sette mesi. Articolo 10 Trattamento riservato 1. Le informazioni ricevute in applicazione del presente regolamento possono essere utilizzate solo per il fine per il quale sono state richieste. 2. La Commissione e gli Stati membri, inclusi i loro funzionari, sono tenuti a non divulgare, salvo autorizzazione espressa di chi le ha fornite, le informazioni di carattere riservato ricevute in applicazione del presente regolamento o quelle fornite in via riservata da una parte di una procedura d’esame. Ciascuna richiesta di trattamento riservato deve indicare le ragioni per cui l’informazione è riservata ed essere accompagnata da un riassunto di carattere non riservato oppure dall’indicazione dei motivi per i quali l’informazione in questione non si presta a essere riassunta. 3. L’informazione è considerata riservata se la sua eventuale pubblicazione rischia di avere conseguenze negative rilevanti per chi ha fornito l’informazione o ne costituisce la fonte. 4. Quando si ritiene che una domanda intesa ad ottenere un trattamento riservato non sia giustificata e quando colui che ha fornito le informazioni non vuole né pubblicarle, né autorizzarne la pubblicazione in termini generici o sotto forma di riassunto, si può non tenere conto di tali informazioni. 5. Il presente articolo non osta alla pubblicazione di informazioni generali da parte delle autorità dell’Unione ed in particolare dei motivi che hanno giustificato le decisioni adottate a norma del presente regolamento. Tale pubblicazione tiene conto del legittimo interesse delle parti interessate a non vedere divulgati i loro segreti d’affari. Articolo 11 Elementi di prova 1. L’esame del pregiudizio deve basarsi, ove appropriato, sui fattori seguenti: a) il volume delle importazioni o delle esportazioni dell’Unione interessate, soprattutto quando queste hanno subito un aumento o una diminuzione notevoli, in termini assoluti, oppure rispetto alla produzione o al consumo nel mercato in questione; b) i prezzi dei concorrenti dell’industria dell’Unione, soprattutto per determinare se, nell’Unione o sui mercati terzi, si sia verificata una notevole sottoquotazione rispetto ai prezzi praticati dall’industria dell’Unione; c) il conseguente impatto sull’industria dell’Unione, quale risulta dalle tendenze di taluni fattori economici, quali: la produzione, l’utilizzazione degli impianti, le riserve, le vendite, la quota di mercato, i prezzi (vale a dire il calo dei prezzi o l’impossibilità di rialzi di prezzo che si sarebbero altrimenti verificati), i profitti, la remunerazione del capitale, gli investimenti, l’occupazione. 2. Quando è asserita l’esistenza di una minaccia di pregiudizio, la Commissione esamina altresì se sia chiaramente prevedibile che una particolare situazione possa trasformarsi in reale pregiudizio. A questo proposito, si può tener anche conto dei seguenti fattori: a) il tasso d’incremento delle esportazioni verso il mercato sul quale si svolge la concorrenza con i prodotti dell’Unione; b) la capacità d’esportazione del paese d’origine o di esportazione, quale esiste o esisterà in un avvenire prevedibile, e la probabilità che le esportazioni risultanti da tale capacità siano destinate al mercato di cui alla lettera a). 3. Il pregiudizio causato da altri fattori che, singolarmente o combinati, esercitano anch’essi un’influenza sfavorevole su un’industria dell’Unione non è attribuito alle pratiche in questione. 4. Qualora sia asserita l’esistenza di effetti negativi sugli scambi, la Commissione esamina l’impatto di tali effetti negativi sull’economia dell’Unione o di una regione dell’Unione o su un settore dell’attività economica ivi svolta. A tal fine, la Commissione può tener conto, ove opportuno, dei fattori del tipo elencato ai paragrafi 1 e 2. Effetti negativi sugli scambi possono sorgere, tra l’altro, in situazioni in cui le correnti di scambio relative a un prodotto o servizio siano impedite, intralciate o deviate in seguito ad un qualsiasi ostacolo agli scambi, oppure da situazioni in cui ostacoli agli scambi abbiano compromesso in misura notevole la fornitura di fattori di produzione, ad esempio pezzi e componenti o materie prime, alle imprese dell’Unione. Quando è asserita l’esistenza di una minaccia di effetti negativi sugli scambi, la Commissione esamina altresì se sia chiaramente prevedibile che una situazione particolare possa trasformarsi in reali effetti negativi sugli scambi. 5. Nell’esaminare gli elementi di prova relativi agli effetti negativi sugli scambi, la Commissione tiene altresì conto delle disposizioni, dei principi o delle pratiche che regolano il diritto di agire nel quadro delle pertinenti norme commerciali internazionali di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera a). 6. La Commissione esamina quindi qualsiasi altro elemento di prova pertinente contenuto nella denuncia o nella richiesta. A tale riguardo, l’elenco dei fattori e delle indicazioni enunciati nei paragrafi da 1 a 5 non sono esaustivi, né possono fornire elementi necessariamente decisivi quanto all’esistenza di un pregiudizio o di effetti negativi sugli scambi. Articolo 12 Conclusione e sospensione del procedimento 1. Qualora dalla procedura d’esame condotta conformemente all’articolo 9 risulti che non è necessario intraprendere un’azione nell’interesse dell’Unione, la conclusione del procedimento è decisa dalla Commissione che delibera secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 7, paragrafo 3. 2. Qualora, al termine di una procedura d’esame condotta conformemente all’articolo 9, il paese terzo o i paesi terzi interessati adottino misure ritenute soddisfacenti e non sia pertanto necessaria un’azione dell’Unione, la sospensione del procedimento può essere decisa dalla Commissione che delibera secondo la procedura consultiva di cui all’articolo 7, paragrafo 2. La Commissione controlla l’applicazione di dette misure, se del caso basandosi su informazioni periodiche che essa può richiedere ai paesi terzi interessati e verificare per quanto necessario. Ove le misure del paese terzo o dei paesi terzi interessati siano state annullate o sospese o non siano state correttamente applicate, oppure qualora la Commissione abbia motivi per crederlo, o quando non sia stata soddisfatta una richiesta di informazioni fatta dalla Commissione ai sensi del secondo comma del presente paragrafo, la Commissione ne informa gli Stati membri e, ove risulti necessario e giustificato in base all’esito dell’inchiesta e agli elementi nuovi disponibili, sono adottate misure conformemente all’articolo 14, paragrafo 2. 3. Qualora, dopo una procedura d’esame condotta conformemente all’articolo 9, o in qualsiasi momento prima, durante o dopo una procedura internazionale di risoluzione delle controversie, risulti che il modo più appropriato per risolvere una controversia derivante da un ostacolo agli scambi consiste nella conclusione di un accordo con il paese o i paesi terzi interessati, che potrebbe modificare i diritti sostanziali dell’Unione e del paese o dei paesi terzi interessati, la procedura è sospesa dalla Commissione che delibera secondo la procedura consultiva di cui all’articolo 7, paragrafo 2, e i negoziati sono condotti conformemente alle disposizioni dell’articolo 207 del trattato. Articolo 13 Adozione di misure di politica commerciale 1. Qualora risulti da una procedura d’esame condotta a norma dell’articolo 9, sempre che la situazione di fatto e di diritto sia tale da non richiedere una siffatta procedura, che un’azione è necessaria nell’interesse dell’Unione per garantire l’esercizio dei diritti dell’Unione nel quadro delle norme commerciali internazionali, al fine di eliminare il pregiudizio o gli effetti negativi sugli scambi derivanti da ostacoli agli scambi introdotti o mantenuti da paesi terzi, le misure del caso sono disposte secondo la procedura di cui all’articolo 14. 2. Quando gli obblighi internazionali dell’Unione le prescrivono di seguire preliminarmente una procedura internazionale di consultazione o di risoluzione delle controversie, le misure di cui al paragrafo 3 sono stabilite solo al termine della procedura in questione e tenendo conto dei suoi risultati. In particolare, quando l’Unione abbia chiesto ad un organo di conciliazione internazionale di indicare e autorizzare le misure appropriate per l’attuazione dei risultati di una procedura internazionale di risoluzione delle controversie, le misure di politica commerciale dell’Unione eventualmente necessarie in seguito a tale autorizzazione sono conformi alla raccomandazione del suddetto organo di conciliazione. 3. Possono essere adottate tutte le misure di politica commerciale compatibili con gli obblighi e con le procedure internazionali esistenti, in particolare: a) la sospensione o la revoca di qualsiasi concessione scaturita da negoziati di politica commerciale; b) l’aumento dei dazi doganali esistenti o l’istituzione di qualsiasi altro onere all’importazione; c) l’instaurazione di restrizioni quantitative o di qualsiasi altra misura che modifichi le condizioni di importazione o di esportazione o incida in altro modo sugli scambi con il paese terzo interessato. 4. Le corrispondenti decisioni sono motivate e pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Alla pubblicazione è altresì riconosciuto valore di notifica ai paesi e alle parti direttamente interessati. Articolo 14 Procedure decisionali 1. Quando l’Unione, a seguito di una denuncia ai sensi dell’articolo 3 o dell’articolo 4, o di una richiesta ai sensi dell’articolo 6, segue procedure internazionali formali di consultazione o di risoluzione delle controversie, le decisioni relative all’inizio, allo svolgimento o alla conclusione di tali procedure sono adottate dalla Commissione. La Commissione informa gli Stati membri nel caso in cui decida di avviare, condurre o concludere procedure internazionali formali di consultazione o di risoluzione delle controversie. 2. Qualora l’Unione, avendo operato conformemente all’articolo 13, paragrafo 2, debba decidere in merito a misure di politica commerciale da adottare a norma dell’articolo 12, paragrafo 2, terzo comma o dell’articolo 13, essa delibera senza indugio a norma dell’articolo 207 del trattato e, secondo il caso, del regolamento (UE) n. 654/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (6) o di altre procedure applicabili. Articolo 15 Relazione La Commissione include informazioni sull’attuazione del presente regolamento nella sua relazione annuale sull’applicazione e sull’attuazione delle misure di difesa commerciale presentate al Parlamento europeo e al Consiglio ai sensi dell’articolo 22 bis del regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio (7). Articolo 16 Disposizioni generali Il presente regolamento non si applica nei casi contemplati da altre normative esistenti nel settore della politica commerciale comune. Esso si applica in via complementare alle: a) regolamentazioni relative all’organizzazione comune dei mercati agricoli e alle relative disposizioni di attuazione; b) normative specifiche adottate a norma dell’articolo 352 del trattato, applicabili alle merci risultanti dalla trasformazione di prodotti agricoli. Esso lascia impregiudicate altre misure che possono essere adottate a norma dell’articolo 207 del trattato, nonché le procedure dell’Unione per trattare le questioni relative agli ostacoli sugli scambi sollevate dagli Stati membri in seno al comitato istituito dall’articolo 207 del trattato. Articolo 17 Abrogazione Il regolamento (CE) n. 3286/94 è abrogato. I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato II. Articolo 18 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, il 6 ottobre 2015 Per il Parlamento europeo Il Presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente N. SCHMIT (1) Parere del 10 dicembre 2014 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Posizione del Parlamento europeo del 7 luglio 2015 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 18 settembre 2015. (3) Regolamento (CE) n. 3286/94 del Consiglio, del 22 dicembre 1994, che stabilisce le procedure comunitarie nel settore della politica commerciale comune al fine di garantire l’esercizio dei diritti della Comunità nell’ambito delle norme commerciali internazionali, in particolare di quelle istituite sotto gli auspici dell’Organizzazione mondiale del commercio (GU L 349 del 31.12.1994, pag. 71). (4) V. allegato I. (5) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13). (6) Regolamento (UE) n. 654/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativo all'esercizio dei diritti dell’Unione per l’applicazione e il rispetto delle norme commerciali internazionali e recante modifica del regolamento (CE) n. 3286/94 del Consiglio che stabilisce le procedure comunitarie nel settore della politica commerciale comune al fine di garantire l’esercizio dei diritti della Comunità nell’ambito delle norme commerciali internazionali, in particolare di quelle istituite sotto gli auspici dell’Organizzazione mondiale del commercio (GU L 189 del 27.6.2014, pag. 50). (7) Regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU L 343 del 22.12.2009, pag. 51). ALLEGATO I Regolamento abrogato ed elenco delle sue modificazioni successive Regolamento (CE) n. 3286/94 del Consiglio (GU L 349 del 31.12.1994, pag. 71) Regolamento (CE) n. 356/95 del Consiglio (GU L 41 del 23.2.1995, pag. 3) Regolamento (CE) n. 125/2008 del Consiglio (GU L 40 del 14.2.2008, pag. 1) Regolamento (UE) n. 37/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 18 del 21.1.2014, pag. 1) limitatamente al punto 4 dell’allegato Regolamento (UE) n. 654/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 189 del 27.6.2014, pag. 50) limitatamente all’articolo 11 ALLEGATO II Tavola di concordanza Regolamento (CE) n. 3286/94 Presente regolamento Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2, paragrafo 1 Articolo 2, paragrafo 1, frase introduttiva e lettera a) Articolo 2, paragrafo 2 Articolo 2, paragrafo 1, lettera b) Articolo 2, paragrafo 3 Articolo 2, paragrafo 1, lettera c) Articolo 2, paragrafo 4 Articolo 2, paragrafo 1, lettera d) Articolo 2, paragrafo 5, primo comma, prima parte della frase introduttiva Articolo 2, paragrafo 1, lettera e), frase introduttiva Articolo 2, paragrafo 5, primo comma, seconda parte della frase introduttiva Articolo 2, paragrafo 1, lettera e), punto i), frase introduttiva Articolo 2, paragrafo 5, primo comma, primo trattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera e), punto i), primo trattino Articolo 2, paragrafo 5, primo comma, secondo trattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera e), punto i), secondo trattino Articolo 2, paragrafo 5, primo comma, terzo trattino Articolo 2, paragrafo 1, lettera e), punto i), terzo trattino Articolo 2, paragrafo 5, secondo comma, frase introduttiva Articolo 2, paragrafo 1, lettera e), punto ii), frase introduttiva Articolo 2, paragrafo 5, secondo comma, lettera a) Articolo 2, paragrafo 1, lettera e), punto ii), primo trattino Articolo 2, paragrafo 5, secondo comma, lettera b) Articolo 2, paragrafo 1, lettera e), punto ii), secondo trattino Articolo 2, paragrafo 6 Articolo 2, paragrafo 1, lettera f) Articolo 2, paragrafo 7 Articolo 2, paragrafo 2 Articolo 2, paragrafo 8 Articolo 2, paragrafo 1, lettera g) Articoli da 3 a 6 Articoli da 3 a 6 Articolo 7, paragrafo 1, lettera a) Articolo 7, paragrafo 1 Articolo 7, paragrafo 1, lettera b) Articolo 7, paragrafo 2 Articolo 7, paragrafo 1, lettera c) Articolo 7, paragrafo 3 Articolo 7, paragrafo 2 Articolo 8 Articolo 8, paragrafo 1 Articolo 9, paragrafo 1 Articolo 8, paragrafo 2, lettera a) Articolo 9, paragrafo 2, primo comma, frase introduttiva e lettera a) Articolo 8, paragrafo 2, lettera b) Articolo 9, paragrafo 2, primo comma, frase introduttiva e lettera b) Articolo 8, paragrafo 2, lettera c) Articolo 9, paragrafo 2, secondo comma Articolo 8, paragrafo 3 Articolo 9, paragrafo 3 Articolo 8, paragrafo 4, lettera a) Articolo 9, paragrafo 4, primo comma, frase introduttiva e lettera a) Articolo 8, paragrafo 4, lettera b) Articolo 9, paragrafo 4, primo comma, frase introduttiva e lettera b) Articolo 8, paragrafi da 5 a 8 Articolo 9, paragrafi da 5 a 8 Articolo 9, paragrafo 1 Articolo 10, paragrafo 1 Articolo 9, paragrafo 2, lettera a) Articolo 10, paragrafo 2, primo comma Articolo 9, paragrafo 2, lettera b) Articolo 10, paragrafo 2, secondo comma Articolo 9, paragrafi 3, 4 e 5 Articolo 10, paragrafi 3, 4 e 5 Articolo 10 Articolo 11 Articolo 11, paragrafo 1 Articolo 12, paragrafo 1 Articolo 11, paragrafo 2, lettera a) Articolo 12, paragrafo 2, primo comma Articolo 11, paragrafo 2, lettera b) Articolo 12, paragrafo 2, secondo comma Articolo 11, paragrafo 2, lettera c) Articolo 12, paragrafo 2, terzo comma Articolo 11, paragrafo 3 Articolo 12, paragrafo 3 Articolo 12 Articolo 13 Articolo 13 Articolo 14 Articolo 13 bis Articolo 15 Articolo 15, paragrafo 1, primo comma, frase introduttiva Articolo 16, primo comma, frase introduttiva Articolo 15, paragrafo 1, primo comma, primo trattino Articolo 16, primo comma, lettera a) Articolo 15, paragrafo 1, primo comma, secondo trattino Articolo 16, primo comma, lettera b) Articolo 15, paragrafo 1, secondo comma Articolo 16, secondo comma Articolo 15, paragrafo 2, prima frase Articolo 17, primo comma Articolo 15, paragrafo 2, seconda frase Articolo 17, secondo comma Articolo 16 Articolo 18 — Allegato I — Allegato II
Norme commerciali internazionali: esercizio dei diritti da parte dell’Unione SINTESI CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? Stabilisce le procedure affinché l’industria dell’Unione europea (UE) e i paesi dell’UE possano chiedere alle istituzioni europee di esaminare eventuali barriere commerciali messe in atto da paesi terzi e che sono in contrasto con le norme commerciali internazionali. Mira a trovare una soluzione a qualsiasi ostacolo agli scambi e a eliminare il pregiudizio (ovvero la riduzione dei margini di profitto nel mercato dell’UE) o gli effetti negativi sul commercio (ad esempio le perdite economiche sui mercati di esportazione) risultanti da tali barriere. PUNTI CHIAVE Chi può presentare una denuncia? Qualsiasi persona, impresa o associazione nell’UE, che ritiene di aver subito un pregiudizio dovuto a ostacoli agli scambi può presentare una denuncia per iscritto all’UE. Anche i paesi dell’UE possono presentare una denuncia. La denuncia deve contenere prove sufficienti dell’esistenza delle barriere commerciali e del pregiudizio o di altre conseguenze negative sugli scambi da esse derivanti. Procedura di denuncia Le denunce devono essere presentate alla Commissione europea. La Commissione deve informare i denuncianti e i paesi dell’UE qualora non vi siano prove sufficienti per giustificare ulteriori inchieste. Una decisione deve generalmente essere adottata entro 45 giorni dalla presentazione della denuncia. Procedura di ulteriore esame Se la Commissione ritiene che esista prova sufficiente di pregiudizio, può effettuare un ulteriore esame, che dovrà comunicare nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Può richiedere ulteriori informazioni alle parti interessate (ad esempio, i concorrenti del denunciante) ed effettuare inchieste in paesi terzi. I denuncianti, gli esportatori e gli importatori interessati e i paesi dell’UE hanno il diritto di verificare tutte le informazioni fornite alla Commissione e di essere informati di tutti i fatti principali. La Commissione deve presentare una relazione finale entro cinque mesi, nei casi complessi entro sette mesi, ad un comitato consultivo composto da rappresentanti dei paesi dell’UE. Conclusione e sospensione Quando, in seguito all’inchiesta, la Commissione conclude che non è necessaria alcuna ulteriore azione, essa può chiudere l’inchiesta. Qualora la Commissione ritenga che i paesi terzi interessati abbiano adottato misure volte a eliminare le presunte barriere commerciali, può sospendere il procedimento. Ulteriori azioni per eliminare il pregiudizio/le barriere commerciali Qualora la Commissione ritenga che siano necessarie ulteriori azioni al fine di eliminare il pregiudizio e/o le relative barriere commerciali, potrà intraprendere azioni specifiche. Queste azioni possono includere: preferibilmente trovare una soluzione reciprocamente accettabile con il paese terzo interessato; avviare una procedura di risoluzione della controversia ai sensi dell’accordo dell’Organizzazione mondiale del commercio o altro accordo bilaterale rilevante; sospendere qualsiasi concessione commerciale con i paesi interessati; imporre o aumentare i dazi doganali sulle importazioni; introdurre restrizioni sulle importazioni o le esportazioni dal paese terzo in questione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? A decorrere dal 5 novembre 2015. CONTESTO Inchieste sulle barriere commerciali sul sito Internet della Commissione europea. ATTO Regolamento (UE) 2015/1843 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 ottobre 2015, che stabilisce le procedure dell’Unione nel settore della politica commerciale comune al fine di garantire l’esercizio dei diritti dell’Unione nell’ambito delle norme commerciali internazionali, in particolare di quelle istituite sotto gli auspici dell’Organizzazione mondiale del commercio (codificazione) (GU L 272 del 16.10.2015, pag. 1-13)
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Regolamento (CE) n. 2099/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002, che istituisce un comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi (comitato COSS) e recante modifica dei regolamenti in materia di sicurezza marittima e di prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi Gazzetta ufficiale n. L 324 del 29/11/2002 pag. 0001 - 0005 Regolamento (CE) n. 2099/2002 del Parlamento europeo e del Consigliodel 5 novembre 2002che istituisce un comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi (comitato COSS) e recante modifica dei regolamenti in materia di sicurezza marittima e di prevenzione dell'inquinamento provocato dalle naviIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 80, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale(2),visto il parere del Comitato delle regioni(3),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(4),considerando quanto segue:(1) Le misure di attuazione dei regolamenti e delle direttive in vigore nel campo della sicurezza marittima sono state adottate con la procedura di regolamentazione che prevede il ricorso al comitato istituito dalla direttiva 93/75/CEE del Consiglio, del 13 settembre 1993, relativa alle condizioni minime necessarie per le navi dirette a porti marittimi della Comunità o che ne escono e che trasportano merci pericolose o inquinanti(5) e, in alcuni casi, ad un comitato ad hoc. Tali comitati erano disciplinati dalle regole fissate con la decisione 87/373/CEE del Consiglio, del 13 luglio 1987, che stabilisce le modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(6).(2) Con la risoluzione dell'8 giugno 1993, relativa a una politica comune sulla sicurezza dei mari(7), il Consiglio ha approvato in linea di principio l'istituzione di un comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi (comitato COSS) e ha invitato la Commissione a presentare una proposta per la costituzione di detto comitato.(3) Il ruolo del comitato COSS è di accentrare i compiti dei comitati istituiti nel quadro della legislazione comunitaria in materia di sicurezza marittima, prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi e protezione delle condizioni di vita e di lavoro a bordo, nonché di assistere e consigliare la Commissione per tutte le questioni di sicurezza marittima e di prevenzione o limitazione dell'inquinamento ambientale dovuto alle attività marittime.(4) Conformemente alla risoluzione dell'8 giugno 1993, è opportuno istituire un comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi ed assegnargli i compiti precedentemente attribuiti ai comitati costituiti ai sensi di detta legislazione. È altresì opportuno che qualsiasi nuovo atto legislativo comunitario adottato nel settore della sicurezza marittima preveda il ricorso al comitato così istituito.(5) La decisione 87/373/CEE è stata sostituita dalla decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(8), le cui disposizioni dovrebbero pertanto essere applicate al comitato COSS. La decisione 1999/468/CE definisce le procedure di comitato applicabili e garantisce una migliore informazione del Parlamento europeo e del pubblico sui lavori dei comitati.(6) Le misure necessarie per l'attuazione di detta legislazione sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE.(7) Occorrerebbe altresì modificare tale legislazione sostituendo il comitato COSS al comitato istituito dalla direttiva 93/75/CEE oppure, ove appropriato, al comitato ad hoc istituito ai sensi di qualsiasi atto particolare. In particolare, è opportuno che il presente regolamento modifichi le pertinenti disposizioni dei regolamenti del Consiglio (CEE) n. 613/91 del 4 marzo 1991, relativo al cambiamento di registro delle navi all'interno della Comunità(9), (CE) n. 2978/94, del 21 novembre 1994, sull'applicazione della risoluzione IMO A.747(18) concernente la misurazione del tonnellaggio degli spazi per la zavorra nelle petroliere a zavorra segregata(10), (CE) n. 3051/95 dell'8 dicembre 1995, sulla gestione della sicurezza dei traghetti passeggeri roll-on/roll-off(11) e del regolamento (CE) n. 417/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 febbraio 2002, sull'introduzione accelerata delle norme in materia di doppio scafo o di tecnologia equivalente per le petroliere monoscafo e che abroga il regolamento (CE) n. 2978/94 del Consiglio(12), al fine di introdurre un riferimento al comitato COSS e stabilire la procedura di regolamentazione di cui all'articolo 5 della decisione 1999/468/CE.(8) D'altro lato, tale legislazione è basata sull'applicazione di regole derivanti da strumenti internazionali in vigore alla data di adozione dell'atto comunitario considerato o alla data indicata da quest'ultimo. Tale situazione fa sì che gli Stati membri non possano applicare le successive modifiche di questi strumenti internazionali finché non siano stati modificati le direttive o i regolamenti comunitari. La difficoltà di far coincidere le date di entrata in vigore della modifica sul piano internazionale da un lato e, dall'altro, del regolamento che introduce la modifica nel diritto comunitario, comporta notevoli inconvenienti e in particolare la ritardata applicazione nella Comunità delle norme internazionali di sicurezza più recenti e più rigorose.(9) Tuttavia è opportuno distinguere tra le disposizioni di un atto comunitario che, ai fini della loro applicazione, rinviano ad uno strumento internazionale e le disposizioni comunitarie che riproducono in tutto o in parte uno strumento internazionale. In quest'ultimo caso, le modifiche più recenti degli strumenti internazionali possono comunque divenire applicabili soltanto previa modifica delle disposizioni comunitarie interessate.(10) Di conseguenza, è opportuno autorizzare gli Stati membri ad applicare le disposizioni più recenti degli strumenti internazionali, ad esclusione di quelli esplicitamente incorporati in un atto comunitario. A tale scopo basta indicare che la convenzione internazionale applicabile ai fini della direttiva o del regolamento pertinente è quella "di volta in volta in vigore", senza menzionare alcuna data.(11) Per motivi di trasparenza, le modifiche pertinenti degli strumenti internazionali integrati nella legislazione marittima comunitaria dovrebbero essere rese pubbliche nella Comunità mediante pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.(12) È tuttavia necessario introdurre una specifica procedura di controllo di conformità che consenta alla Commissione, previa consultazione del comitato COSS, di adottare le misure necessarie per prevenire i rischi di incompatibilità delle modifiche degli strumenti internazionali rispetto a tale legislazione o politica comunitaria in materia di sicurezza marittima, prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi o protezione delle condizioni di vita e di lavoro a bordo o rispetto agli obiettivi perseguiti da tale legislazione. Una procedura di questo tipo dovrebbe altresì evitare che certe modifiche internazionali riducano il livello di sicurezza marittima raggiunto nella Comunità.(13) La procedura di controllo di conformità avrà piena efficacia soltanto se le misure previste sono adottate con la massima rapidità possibile e, comunque, prima dello scadere del termine stabilito per l'entrata in vigore della modifica internazionale. Di conseguenza, il termine di cui dispone il Consiglio a norma dell'articolo 5, paragrafo 6 della decisione 1999/468/CE per deliberare sulla proposta relativa alle misure da adottare, dovrebbe essere di un mese,HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1ObiettivoObiettivo del presente regolamento è migliorare l'attuazione della legislazione comunitaria di cui all'articolo 2, punto 2, in materia di sicurezza marittima, prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi e condizioni di vita e di lavoro a bordo delle navi:a) accentrando i compiti dei comitati istituiti in applicazione della legislazione marittima comunitaria e sostituiti dal presente regolamento, attraverso l'istituzione di un unico comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi, in seguito denominato "comitato COSS";b) accelerando l'aggiornamento della legislazione marittima comunitaria e facilitandone le ulteriori modifiche conseguenti all'evoluzione degli strumenti internazionali di cui all'articolo 2, punto 1.Articolo 2DefinizioniAi fini del presente regolamento si intende per:1) "strumenti internazionali", le convenzioni, i protocolli, le risoluzioni, i codici, le raccolte di regole, circolari, norme e disposizioni adottate da una conferenza internazionale, dall'Organizzazione marittima internazionale (IMO), dall'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), o dalle parti di un protocollo di intesa richiamati da disposizioni della legislazione marittima comunitaria in vigore;2) "legislazione marittima comunitaria", gli atti comunitari in vigore sotto elencati:a) il regolamento (CEE) n. 613/91 del Consiglio;b) la direttiva 93/75/CEE del Consiglio;c) il regolamento (CE) n. 2978/94 del Consiglio;d) la direttiva 94/57/CE del Consiglio, del 22 novembre 1994, relativa alle disposizioni ed alle norme comuni per gli organi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi e per le pertinenti attività delle amministrazioni marittime(13);e) la direttiva 95/21/CE del Consiglio, del 19 giugno 1995, relativa al controllo dello Stato di approdo(14);f) il regolamento (CE) n. 3051/95 del Consiglio;g) la direttiva 96/98/CE del Consiglio, del 20 dicembre 1996, sull'equipaggiamento marittimo(15);h) la direttiva 97/70/CE del Consiglio, dell'11 dicembre 1997, che istituisce un regime di sicurezza armonizzato per le navi da pesca di lunghezza uguale o superiore a 24 metri(16);i) la direttiva 98/18/CE del Consiglio, del 17 marzo 1998, relativa alle disposizioni e norme di sicurezza per le navi da passeggeri(17);j) la direttiva 98/41/CE del Consiglio, del 18 giugno 1998, relativa alla registrazione delle persone a bordo delle navi da passeggeri che effettuano viaggi da e verso i porti degli Stati membri della Comunità(18);k) la direttiva 1999/35/CE del Consiglio, del 29 aprile 1999, relativa a un sistema di visite obbligatorie per l'esercizio in condizioni di sicurezza di traghetti roll-on/roll-off e di unità veloci da passeggeri adibiti a servizi di linea(19);l) la direttiva 2000/59/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2000, relativa agli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi e i residui del carico(20);m) la direttiva 2001/25/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 aprile 2001, concernente i requisiti minimi di formazione per la gente di mare(21);n) la direttiva 2001/96/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 dicembre 2001, recante requisiti e procedure armonizzati per la sicurezza delle operazioni di carico e di scarico delle navi portarinfuse(22);o) il regolamento (CE) n. 417/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio.Articolo 3Istituzione di un comitato1. La Commissione è assistita dal comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi (in seguito denominato comitato COSS).2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.Il termine di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a un mese.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 4Integrazione delle modifiche degli strumenti internazionali nella legislazione comunitariaAi fini della legislazione marittima comunitaria, gli strumenti internazionali applicabili sono quelli che sono entrati in vigore, comprese le modifiche più recenti, ad eccezione delle modifiche escluse dall'ambito di applicazione della legislazione marittima comunitaria al termine della procedura di controllo di conformità prevista dall'articolo 5.Articolo 5Procedura di controllo di conformità1. Ai fini del presente regolamento e per ridurre i rischi di conflitto tra la legislazione marittima comunitaria e gli strumenti internazionali, gli Stati membri e la Commissione cooperano, mediante riunioni di coordinamento e/o con qualsiasi altro mezzo adeguato, per definire, se del caso, una posizione o un'impostazione comune nell'ambito degli organi internazionali competenti.2. Una procedura di controllo di conformità è instaurata al fine di escludere dall'ambito di applicazione della legislazione marittima comunitaria qualsiasi modifica di uno strumento internazionale solo qualora, in base a una valutazione della Commissione, vi sia il rischio evidente che la modifica internazionale, nell'ambito dei regolamenti e delle direttive di cui all'articolo 2, punto 2, riduca il livello di sicurezza marittima, di prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi o di protezione delle condizioni di vita e di lavoro a bordo previsto dalla legislazione marittima comunitaria o sia incompatibile con quest'ultima.La procedura di controllo di conformità può essere utilizzata per apportare modifiche alla legislazione marittima comunitaria soltanto nei settori nei quali è espressamente prevista la procedura di regolamentazione ed esclusivamente nell'ambito dell'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione.3. Nelle circostanze citate al paragrafo 2, la procedura di controllo di conformità è avviata dalla Commissione, che può se del caso agire su richiesta di uno Stato membro.La Commissione presenta al comitato COSS, senza indugio, dopo l'adozione di una modifica di uno strumento internazionale, un progetto di misure aventi per oggetto l'esclusione della modifica in questione dal testo comunitario interessato.La procedura di controllo di conformità, comprese, se applicabili, le procedure di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE, è ultimata almeno un mese prima della scadenza del periodo fissato a livello internazionale per la tacita accettazione della modifica in questione ovvero della data prevista per l'entrata in vigore della stessa.4. Qualora sussista un rischio come indicato al paragrafo 2, primo comma, gli Stati membri si astengono, per tutta la durata della procedura di controllo di conformità, da qualsiasi iniziativa intesa ad integrare la modifica nella legislazione nazionale o ad applicare la modifica dello strumento internazionale in questione.Articolo 6InformazioneTutte le modifiche pertinenti degli strumenti internazionali integrati nella legislazione marittima comunitaria a norma degli articoli 4 e 5 sono pubblicate, a titolo informativo, nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 7Competenze del comitato COSSIl comitato COSS esercita le competenze che gli sono assegnate in virtù della legislazione comunitaria in vigore. L'articolo 2, punto 2, può essere modificato secondo la procedura di cui all'articolo 3, paragrafo 2, per inserirvi la menzione degli atti comunitari entrati in vigore dopo l'adozione del presente regolamento che conferiscono competenze di esecuzione al comitato COSS.Articolo 8Modifica del regolamento (CEE) n. 613/91Il regolamento (CEE) n. 613/91 è modificato come segue:1) all'articolo 1, la lettera a) è sostituita dalla seguente:"a) 'convenzioni': la convenzione internazionale del 1974 sulla salvaguardia della vita umana in mare (SOLAS 1974), la convenzione internazionale del 1966 sul bordo libero (LL66) e la convenzione internazionale sulla prevenzione dell'inquinamento causato da navi (MARPOL 73/78), di volta in volta in vigore, nonché le relative risoluzioni di carattere obbligatorio adottate dall'Organizzazione marittima internazionale (IMO);";2) gli articoli 6 e 7 sono sostituiti dai seguenti:"Articolo 61. La Commissione è assistita dal comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi (comitato COSS), istituito dall'articolo 3 del regolamento (CE) n. 2099/2002, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002, che istituisce un comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi (comitato COSS)(23).2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(24), tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.Il termine di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a due mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 7Le modifiche degli strumenti internazionali di cui all'articolo 1 possono essere escluse dall'ambito di applicazione del presente regolamento in forza dell'articolo 5 del regolamento (CE) n. 2099/2002."Articolo 9Modifica del regolamento (CE) n. 2978/94Il regolamento (CE) n. 2978/94 è modificato come segue:1) all'articolo 3, la lettera g) è sostituita dalla seguente:"g) 'MARPOL 73/78': la convenzione internazionale del 1973 per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi, nella versione modificata dal protocollo del 1978, di volta in volta in vigore;";2) all'articolo 6 è aggiunto il seguente comma:"Le modifiche degli strumenti internazionali di cui all'articolo 3 possono essere escluse dall'ambito di applicazione del presente regolamento in forza dell'articolo 5 del regolamento (CE) n. 2099/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002, che istituisce un comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi (comitato COSS)(25)."3) l'articolo 7 è sostituito dal seguente:"Articolo 71. La Commissione è assistita dal comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi (comitato COSS), istituito dall'articolo 3 del regolamento (CE) n. 2099/2002.2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(26), tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.Il termine di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno."Articolo 10Modifica del regolamento (CE) n. 3051/95Il regolamento (CE) n. 3051/95 è modificato come segue:1) all'articolo 9 è aggiunto il seguente comma:"Le modifiche degli strumenti internazionali di cui all'articolo 2 possono essere escluse dall'ambito di applicazione del presente regolamento in forza dell'articolo 5 del regolamento (CE) n. 2099/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002, che istituisce un comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi (comitato COSS)(27)."2) l'articolo 10 è sostituito dal seguente:"Articolo 101. La Commissione è assistita dal comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi (comitato COSS), istituito dall'articolo 3 del regolamento (CE) n. 2099/2002.2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(28), tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.Il termine di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a due mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno."Articolo 11Modifica del regolamento (CE) n. 417/2002Il regolamento (CE) n. 417/2002 è così modificato:1) l'articolo 3, punto 1, è sostituito dal seguente:"1) 'MARPOL 73/78': la convenzione internazionale del 1973 per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi, nella versione modificata dal protocollo del 1978, di volta in volta in vigore";2) all'articolo 10, il paragrafo 1 è sostituito dal seguente:"1. La Commissione è assistita dal comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi (comitato COSS), istituito dall'articolo 3 del regolamento (CE) n. 2099/2002, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002, che istituisce un comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi (comitato COSS)(29)."3) all'articolo 11 è aggiunto il seguente comma:"Le modifiche degli strumenti internazionali di cui all'articolo 3, paragrafo 1 possono essere escluse dall'ambito di applicazione del presente regolamento in forza dell'articolo 5 del regolamento (CE) n. 2099/2002."Articolo 12Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, il 5 novembre 2002.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteT. Pedersen(1) GU C 365 E del 19.12.2000, pag. 276.(2) GU C 139 dell'11.5.2001, pag. 21.(3) GU C 253 del 12.9.2001, pag. 1.(4) Parere del Parlamento europeo del 13 febbraio 2001 (GU C 276 dell'1.10.2001, pag. 42), posizione comune del Consiglio del 27 maggio 2002 (GU C 170 E del 16.7.2002, pag. 37) e decisione del Parlamento europeo del 24 settembre 2002 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(5) GU L 247 del 5.10.1993, pag. 19. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 98/74/CE (GU L 276 del 13.10.1998, pag. 7).(6) GU L 197 del 18.7.1987, pag. 33.(7) GU C 271 del 7.10.1993, pag. 1.(8) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(9) GU L 68 del 15.3.1991, pag. 1.(10) GU L 319 del 12.12.1994, pag. 1.(11) GU L 320 del 30.12.1995, pag. 14. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 179/98 della Commissione (GU L 19 del 24.1.1998, pag. 35).(12) GU L 64 del 7.3.2002, pag. 1.(13) GU L 319 del 12.12.1994, pag. 20. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2001/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 19 del 22.1.2002, pag. 9).(14) GU L 157 del 7.7.1995, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2001/106/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 19 del 22.1.2002, pag. 17).(15) GU L 46 del 17.2.1997, pag. 25. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2002/75/CE della Commissione (GU L 254 del 23.9.2002, pag. 1).(16) GU L 34 del 9.2.1998, pag. 1. Direttiva modificata dalla direttiva 2002/35/CE della Commissione (GU L 112 del 27.4.2002, pag. 21).(17) GU L 144 del 15.5.1998, pag. 1. Direttiva modificata dalla direttiva 2002/25/CE della Commissione (GU L 98 del 15.4.2002, pag. 1).(18) GU L 188 del 2.7.1998, pag. 35.(19) GU L 138 dell'1.6.1999, pag. 1.(20) GU L 332 del 28.12.2000, pag. 81.(21) GU L 136 del 18.5.2001, pag. 17.(22) GU L 13 del 16.1.2002, pag. 9.(23) GU L 324 del 29.11.2002, pag. 1.(24) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(25) GU L 324 del 29.11.2002, pag. 1.(26) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(27) GU L 324 del 29.11.2002, pag. 1.(28) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(29) GU L 324 del 29.11.2002, pag. 1.
Sicurezza marittima: comitato per la sicurezza marittima Il regolamento istituisce un comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell’inquinamento provocato dalle navi (COSS). Esso assiste e consiglia la Commissione europea per quanto riguarda l’attuazione del diritto comunitario in materia di sicurezza marittima, prevenzione dell’inquinamento e condizioni di vita e di lavoro per l’equipaggio a bordo. ATTO Regolamento (CE) n. 2099/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002, che istituisce un comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell’inquinamento provocato dalle navi (comitato COSS) e recante modifica dei regolamenti in materia di sicurezza marittima e di prevenzione dell’inquinamento provocato dalle navi. SINTESI COSA FA IL PRESENTE REGOLAMENTO? Istituisce il comitato COSS, composto da rappresentanti dei paesi dell’UE e presieduto dalla Commissione. Il suo ruolo è di assistere nel tempestivo aggiornamento e modifica della legislazione marittima comunitaria. Esso centralizza il lavoro svolto in precedenza dai diversi comitati istituiti in varie normative comunitarie in questo settore. PUNTI CHIAVE Campo d’applicazione Il lavoro del COSS copre aspetti ad ampio raggio disciplinati dalla legislazione marittima dell’UE, quali: impianti portuali di raccolta (dove le navi possono depositare i loro rifiuti o i residui del loro carico), al fine di ridurre gli scarichi in mare e quindi prevenire l’inquinamento marino; equipaggiamento marittimo: sicurezza dei prodotti (ma anche servizi) forniti per la costruzione, la trasformazione, la manutenzione di navi (destinate sia alla navigazione marittima che a quella nelle acque interne) e di strutture marittime, come le piattaforme petrolifere; navi passeggeri, sicurezza di traghetti e navi da crociera e condizioni di vita a bordo; livelli minimi di formazione della gente di mare. Norme internazionali Molti sviluppi del diritto marittimo comunitario sono guidati da cambiamenti concordati in seno alle organizzazioni internazionali, come l’Organizzazione marittima internazionale o l’Organizzazione internazionale del lavoro. Procedura di controllo di conformità Al fine di garantire che non vi sia alcun conflitto tra il diritto marittimo comunitario e gli accordi raggiunti a livello internazionale, i paesi dell’UE e la Commissione cooperano e si coordinano per definire una posizione comune dell’UE. Esiste una procedura di controllo di conformità che permette al COSS di esaminare eventuali modifiche di una convenzione o risoluzione adottata a livello internazionale, che potrebbe portare a un abbassamento degli standard europei. Una riunione d’emergenza del COSS può essere convocata su iniziativa della Commissione o su richiesta di un paese dell’UE per esaminare gli emendamenti in questione ed emettere un parere sulle opportune misure dell’UE. A scopo precauzionale, la Commissione può anche, se del caso, chiedere ai paesi dell’UE di sospendere o ritardare i progetti diretti a accettare o applicare l’emendamento internazionale in questione. Poteri del COSS Il lavoro del COSS accelera e semplifica l’integrazione delle norme internazionali nella legislazione comunitaria, consentendo l’applicazione diretta di tale norme, previo controllo di conformità. Il regolamento (UE) n. 182/2011 stabilisce le regole e i principi in materia di competenze di esecuzione conferite alla Commissione europea (comitatologia). Per mezzo del COSS, i paesi dell’UE esercitano il controllo delle competenze di esecuzione della Commissione ad essa delegate dalle diverse direttive e regolamenti adottati nel campo del diritto marittimo comunitario. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Dal 19 dicembre 2002. Per ulteriori informazioni, consultare il sito internet della direzione generale della Mobilità e dei trasporti della Commissione europea. RIFERIMENTI Atto Data di entrata in vigore Data limite di trasposizione negli Stati membri Gazzetta ufficiale dell’Unione europea Regolamento (CE) n. 2099/2002 19.12.2002 19.12.2002 GU L 324 del 29.11.2002, pag. 1-5
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32014L0054
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DIRETTIVA 2014/54/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 16 aprile 2014 relativa alle misure intese ad agevolare l'esercizio dei diritti conferiti ai lavoratori nel quadro della libera circolazione dei lavoratori (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 46, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), previa consultazione del Comitato delle regioni, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) La libera circolazione dei lavoratori è una delle libertà fondamentali dei cittadini dell'Unione nonché uno dei pilastri del mercato interno dell'Unione sancita dall'articolo 45 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE). Questo principio trova ulteriore applicazione nel diritto dell'Unione mirante a garantire il pieno esercizio dei diritti conferiti ai cittadini dell'Unione e ai loro familiari. Il termine «loro familiari» dovrebbe avere lo stesso significato del termine definito all'articolo 2, punto 2, della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (3), che si applica anche ai familiari di lavoratori frontalieri. (2) La libera circolazione dei lavoratori è inoltre un elemento chiave per lo sviluppo di un vero e proprio mercato del lavoro dell'Unione, in quanto consente ai lavoratori di trasferirsi in zone in cui vi è carenza di manodopera o vi sono maggiori possibilità di occupazione, aiutando così più persone a trovare un impiego che risponda meglio alle loro competenze ed evitando le strozzature sul mercato del lavoro. (3) La libera circolazione dei lavoratori conferisce a ogni cittadino dell'Unione, indipendentemente dal luogo di residenza, il diritto di trasferirsi liberamente in un altro Stato membro per potervi lavorare e/o soggiornare per motivi di lavoro. Questo principio li tutela contro la discriminazione fondata sulla nazionalità per quanto riguarda l'accesso all'impiego, le condizioni di impiego e di lavoro, in particolare la retribuzione, il licenziamento, nonché i vantaggi sociali e fiscali, garantendo loro la parità di trattamento, secondo la legislazione, le prassi e i contratti collettivi nazionali, rispetto ai cittadini dello Stato membro ospitante. Dovrebbero godere di tali diritti, senza discriminazioni, tutti i cittadini dell'Unione che esercitino il diritto di libera circolazione, compresi i lavoratori permanenti, stagionali e frontalieri. È opportuno distinguere fra libera circolazione dei lavoratori e libertà di prestazione di servizi, che include il diritto delle imprese di prestare servizi in un altro Stato membro e quindi di distaccare temporaneamente i propri dipendenti in tale Stato membro al fine di svolgere l'attività necessaria per la prestazione di servizi in tale Stato membro. (4) In relazione ai lavoratori dell'Unione e ai loro familiari che esercitano il proprio diritto alla libera circolazione, l'articolo 45 TFUE conferisce diritti sostanziali per l'esercizio di libertà fondamentale che sono ulteriormente specificati nel regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (4). (5) L'effettivo esercizio della libera circolazione dei lavoratori non è tuttavia ancora una realtà e molti lavoratori dell'Unione spesso ignorano i loro diritti in materia di libera circolazione. A causa, tra l'altro, della loro posizione potenzialmente più vulnerabile, i lavoratori dell'Unione possono ancora subire restrizioni o ostacoli ingiustificati all'esercizio del loro diritto di libera circolazione, come il mancato riconoscimento delle qualifiche, discriminazioni fondate sulla nazionalità e sfruttamenti quando si spostano in un altro Stato membro. Tra la legge e la sua applicazione pratica vi è dunque un divario che deve essere affrontato. (6) Nel luglio 2010, nella comunicazione dal titolo «Ribadire la libera circolazione dei lavoratori: diritti e principali sviluppi», la Commissione ha indicato la propria intenzione di analizzare i modi per affrontare i nuovi bisogni e le sfide emergenti, soprattutto alla luce dei nuovi tipi di mobilità, che i lavoratori dell'Unione e i loro familiari si trovano ad affrontare. Ha inoltre precisato che, nel contesto della nuova strategia per il mercato interno, avrebbe riflettuto su come promuovere e migliorare i meccanismi per un'attuazione efficace del principio di parità di trattamento dei lavoratori dell'Unione e dei loro familiari che esercitano il proprio diritto alla libera circolazione. La Commissione ha inoltre sintetizzato gli sviluppi della legislazione e della giurisprudenza, in particolare, relativamente all'ambito di applicazione soggettivo del diritto dell'Unione sulla libera circolazione dei lavoratori e al merito dei diritti goduti dai lavoratori dell'Unione e dalle loro famiglie. (7) Nella relazione 2010 sulla cittadinanza dell'Unione intitolata «Eliminare gli ostacoli all'esercizio dei diritti dei cittadini dell'Unione», del 27 ottobre 2010, la Commissione ha individuato nell'applicazione divergente e non corretta della normativa dell'Unione relativa al diritto di libera circolazione uno dei principali ostacoli contro cui si scontrano i cittadini dell'Unione nell'esercizio effettivo dei loro diritti sanciti dalla legislazione dell'Unione. Di conseguenza, la Commissione ha annunciato la sua intenzione di intervenire al fine di agevolare la libera circolazione dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di paesi terzi applicando rigorosamente le norme dell'Unione, anche in materia di non discriminazione, promuovendo le buone prassi e la conoscenza sul campo della normativa dell'Unione e accelerando la diffusione, presso i cittadini dell'Unione, di informazioni sui diritti connessi alla libera circolazione (azione 15 della relazione 2010 sulla cittadinanza dell'Unione). Nella relazione 2013 sulla cittadinanza dell'Unione intitolata «Cittadini dell'Unione: i vostri diritti, il vostro futuro», la Commissione ha inoltre trattato la necessità di eliminare gli ostacoli amministrativi e di semplificare le procedure per i cittadini dell'Unione che vivono, lavorano e viaggiano in altri Stati membri. (8) Nella comunicazione della Commissione «Verso una ripresa fonte di occupazione» del 18 aprile 2012 (pacchetto per l'occupazione), la Commissione ha annunciato l'intenzione di presentare una proposta legislativa al fine di sostenere i lavoratori mobili (informazioni e consulenza) nell'esercizio dei diritti derivanti dal TFUE e dal regolamento (UE) n. 492/2011, e ha invitato gli Stati membri ad accrescere la consapevolezza e l'accesso ai diritti conferiti dalla normativa dell'Unione in materia di lotta alla discriminazione, parità di genere e libera circolazione dei lavoratori, nonché a permettere e agevolare l'accesso dei cittadini dell'Unione all'impiego nel settore pubblico conformemente alla legislazione dell'Unione quale interpretata dalla Corte di giustizia europea. In tale contesto, risulta dalla giurisprudenza costante della Corte che la limitazione dell'accesso a determinati impieghi nella pubblica amministrazione ai cittadini di uno Stato membro dev'essere interpretata in senso restrittivo e riguarda solo posti che implicano la partecipazione, diretta o indiretta, all'esercizio dei pubblici poteri ed alle mansioni che hanno ad oggetto la tutela degli interessi generali dello Stato o delle altre collettività pubbliche. (9) Affinché i diritti e la parità di trattamento dei lavoratori dell'Unione e dei loro familiari possano essere tutelati, è essenziale applicare e attuare adeguatamente ed effettivamente l'articolo 45 TFUE e il regolamento (UE) n. 492/2011 nonché avere consapevolezza dei diritti, mentre un'attuazione insoddisfacente compromette l'efficacia delle norme dell'Unione vigenti in questa materia e mette a rischio i diritti e la tutela dei lavoratori dell'Unione e dei loro familiari. (10) È inoltre necessaria un'applicazione più efficace e uniforme dei diritti conferiti dalla normativa dell'Unione in materia di libera circolazione dei lavoratori per garantire il corretto funzionamento del mercato interno. (11) È opportuno migliorare l'applicazione e il controllo delle norme dell'Unione in materia di libera circolazione dei lavoratori per far sì che i lavoratori dell'Unione e i loro familiari, nonché i datori di lavoro, le autorità pubbliche e altre persone interessate, siano meglio informati dei diritti e delle responsabilità in materia di libera circolazione per dare ai lavoratori dell'Unione e ai loro familiari assistenza e protezione nell'esercizio di tali diritti e per combattere l'elusione di tali norme da parte delle autorità pubbliche e dei datori di lavoro pubblici o privati. In tale contesto gli Stati membri possono anche prendere in considerazione gli effetti di una maggiore mobilità, quali una «fuga dei cervelli» o una «fuga dei giovani». (12) Al fine di garantire la corretta applicazione delle norme sostanziali dell'Unione relative alla libera circolazione dei lavoratori e di controllare la conformità a tali norme, gli Stati membri dovrebbero adottare le misure appropriate per tutelare i lavoratori dell'Unione e i loro familiari che esercitano il proprio diritto alla libera circolazione contro le discriminazioni fondate sulla nazionalità e contro le restrizioni o gli ostacoli ingiustificati all'esercizio del suddetto diritto. (13) A tale scopo è opportuno prevedere disposizioni specifiche per l'effettiva attuazione e per agevolare un'applicazione migliore e più uniforme delle norme sostanziali che disciplinano la libera circolazione dei lavoratori ai sensi dell'articolo 45 TFUE e del regolamento (UE) n. 492/2011. L'attuazione di tale libertà fondamentale dovrebbe essere assicurata tenendo conto del principio di parità tra uomini e donne e del divieto di qualsiasi forma di discriminazione dei lavoratori dell'Unione e dei loro familiari sancito dall'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (la «Carta»). (14) In tale contesto, i lavoratori dell'Unione e i loro familiari che hanno subito discriminazioni per motivi di nazionalità oppure restrizioni o ostacoli ingiustificati all'esercizio del loro diritto di libera circolazione dovrebbero vedersi garantita una tutela giurisdizionale effettiva ed efficace. Qualora gli Stati membri prevedano procedure amministrative quali mezzi di ricorso, dovrebbero garantire che qualsiasi decisione amministrativa possa essere impugnata dinanzi a un giudice ai sensi dell'articolo 47 della Carta. Tenuto conto del diritto a una tutela giurisdizionale efficace, i lavoratori dell'Unione dovrebbero essere protetti da trattamenti o conseguenze sfavorevoli a seguito di reclami o di azioni giudiziarie al fine dell'attuazione dei diritti garantiti dalla presente direttiva. (15) Al fine di assicurare un livello più efficace di tutela, le associazioni e altri soggetti giuridici, comprese le parti sociali, dovrebbero avere anch'essi la facoltà di avviare un procedimento, secondo le modalità stabilite dagli Stati membri, per conto o a sostegno delle presunte vittime, con l'approvazione di queste ultime. Ciò non dovrebbe pregiudicare le norme procedurali nazionali relative alla rappresentanza e alla difesa in giudizio, né altre competenze e altri diritti collettivi di parti sociali, rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro, ad esempio legati all'attuazione di contratti collettivi, se del caso, comprese azioni in nome di un interesse collettivo, ai sensi della legislazione o delle prassi nazionali. Al fine di garantire una tutela giurisdizionale efficace, e fatti salvi i meccanismi di difesa collettiva esistenti a disposizione delle parti sociali nonché la legislazione o le prassi nazionali, gli Stati membri sono invitati a esaminare l'attuazione di principi comuni per meccanismi di ricorso collettivo di natura inibitoria e risarcitoria. (16) Conformemente alla giurisprudenza della Corte di giustizia, le norme nazionali sui termini per l'attuazione dei diritti derivanti dalla presente direttiva dovrebbero essere tali da non poter essere ritenuti atti a rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti stessi. (17) La tutela contro la discriminazione basata sulla nazionalità risulterebbe essa stessa rafforzata dall'esistenza in ciascuno Stato membro di organismi efficaci con adeguate competenze incaricati di promuovere la parità di trattamento, analizzare i problemi incontrati dai lavoratori dell'Unione e dai loro familiari, valutare possibili soluzioni e fornire loro assistenza specifica. La competenza di questi organismi dovrebbe comprendere, tra l'altro, la fornitura, ai lavoratori dell'Unione e ai loro familiari, di assistenza indipendente, giuridica e/o di altra natura, come la fornitura di consulenza legale sull'applicazione ad essi delle pertinenti norme dell'Unione e nazionali in materia di libera circolazione dei lavoratori, procedure di reclamo e di assistenza per la tutela dei diritti dei lavoratori dell'Unione e dei loro familiari. Essa può includere altresì l'assistenza in procedimenti giudiziari. (18) Dovrebbe spettare a ciascuno Stato membro decidere se attribuire i compiti da espletare ai sensi della presente direttiva ai suddetti organismi o se attribuire tali compiti ad organismi esistenti a livello nazionale che perseguono obiettivi analoghi, per esempio la promozione della libera circolazione delle persone, l'attuazione del principio di parità di trattamento o la tutela dei diritti individuali. Qualora decidano di estendere il mandato di un organismo esistente, gli Stati membri dovrebbero garantire lo stanziamento di risorse sufficienti per tale organismo già esistente affinché questo possa espletare in modo efficace ed adeguato i compiti di cui è già responsabile e i suoi compiti supplementari. Qualora i compiti siano assegnati a più organismi, gli Stati membri dovrebbero garantirne un adeguato coordinamento. (19) Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché uno o più di tali organismi fungano da punto di contatto e affinché cooperino e scambino informazioni, quali gli estremi per contattare tutti gli organismi, i mezzi di ricorso e gli estremi delle associazioni, delle organizzazioni o degli altri soggetti giuridici che forniscono informazioni e servizi ai lavoratori dell'Unione e ai loro familiari, con punti di contatto equivalenti in altri Stati membri. È opportuno rendere pubblicamente disponibile l'elenco dei punti di contatto. (20) Gli Stati membri dovrebbero promuovere la cooperazione tra gli organismi da loro designati ai sensi della presente direttiva e i servizi di informazione e di assistenza esistenti forniti dalle parti sociali, dalle associazioni, dalle organizzazioni o da altri soggetti giuridici interessati, quali le organizzazioni responsabili delle modalità di coordinamento ai sensi del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (5) e, se del caso, gli ispettorati del lavoro. (21) Gli Stati membri dovrebbero assicurare la promozione di sinergie con gli strumenti di informazione e di sostegno già esistenti a livello dell'Unione e, a tal fine, dovrebbero garantire che gli organismi esistenti o di nuova istituzione lavorino a stretto contatto con i servizi di informazione e di assistenza esistenti, quali La tua Europa, SOLVIT, Enterprise Europe Network, gli sportelli unici ed EURES, compresi, se del caso, i partenariati transfrontalieri EURES. (22) Gli Stati membri dovrebbero promuovere il dialogo con le parti sociali e le appropriate organizzazioni non governative per affrontare e combattere le restrizioni e gli ostacoli ingiustificati al diritto di libera circolazione o le diverse forme di discriminazione basate sulla nazionalità. (23) Gli Stati membri dovrebbero stabilire secondo quali modalità i cittadini dell'Unione, quali lavoratori, studenti e neolaureati, nonché datori di lavoro, parti sociali e altre parti interessate, possano ricevere informazioni utili e facilmente accessibili riguardo alle disposizioni della presente direttiva e al regolamento (UE) n. 492/2011, comprese informazioni sugli organismi designati in base alla presente direttiva e sui mezzi di ricorso e di tutela disponibili. Gli Stati membri dovrebbero adottare misure volte a rendere tali informazioni disponibili in più lingue ufficiali dell'Unione, tenendo conto delle esigenze del mercato del lavoro. Ciò non dovrebbe pregiudicare la legislazione degli Stati membri in materia di impiego delle lingue. Tali informazioni potrebbero essere fornite nell'ambito di consulenze individuali e dovrebbero inoltre essere facilmente consultabili su La tua Europa ed EURES. (24) Al fine di facilitare l'attuazione dei diritti conferiti dal diritto dell'Unione, è importante che la direttiva 91/533/CEE del Consiglio (6) sia attuata e monitorata in modo coerente. (25) La presente direttiva stabilisce requisiti minimi e offre quindi agli Stati membri la possibilità di adottare o mantenere disposizioni più favorevoli. Gli Stati membri hanno inoltre la possibilità di estendere le competenze delle organizzazioni incaricate di compiti inerenti alla tutela dei lavoratori dell'Unione contro la discriminazione in base alla nazionalità, in modo tale da integrare il diritto alla parità di trattamento senza discriminazioni in base alla nazionalità di tutti i cittadini dell'Unione che esercitano il diritto alla libera circolazione e dei loro familiari, sancito dall'articolo 21 TFUE e dalla direttiva 2004/38/CE. L'attuazione della presente direttiva non può giustificare un regresso rispetto alla situazione esistente in ciascuno Stato membro. (26) L'effettiva attuazione della presente direttiva implica che gli Stati membri, nel momento in cui adottano le misure opportune per adempiere ai loro obblighi a norma della presente direttiva, dovrebbero indicare un riferimento alla presente direttiva o corredare le misure di esecuzione di un siffatto riferimento in occasione della loro pubblicazione ufficiale. (27) Conformemente alla dichiarazione politica comune del 28 settembre 2011 degli Stati membri e della Commissione sui documenti esplicativi, gli Stati membri si sono impegnati ad accompagnare, in casi giustificati, la notifica delle loro misure di recepimento con uno o più documenti che chiariscano il rapporto tra gli elementi costitutivi di una direttiva e le parti corrispondenti degli strumenti nazionali di recepimento. Per quanto riguarda la presente direttiva, il legislatore ritiene che la trasmissione di tali documenti sia giustificata. (28) Dopo un adeguato periodo per l'attuazione della presente direttiva, è opportuno che la Commissione elabori una relazione a tale proposito, valutando in particolare l'opportunità di presentare un'eventuale proposta per garantire una migliore attuazione della normativa dell'Unione in materia di libera circolazione. In tale relazione, la Commissione dovrebbe affrontare il tema delle possibili difficoltà incontrate da giovani laureati in cerca di occupazione nell'Unione e dai coniugi provenienti da paesi terzi di lavoratori dell'Unione. (29) La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti nella Carta, segnatamente la libertà professionale e il diritto di lavorare, il diritto alla non discriminazione, in particolare in base alla nazionalità, il diritto di negoziazione e di azioni collettive, condizioni di lavoro giuste ed eque, la libertà di circolazione e di soggiorno e il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale. La presente direttiva deve essere applicata conformemente a tali diritti e principi. (30) La presente direttiva rispetta i diversi modelli di mercato del lavoro degli Stati membri, compresi quelli regolati da contratti collettivi. (31) Poiché l'obiettivo della presente direttiva, vale a dire l'istituzione di un quadro comune generale di disposizioni, misure e meccanismi appropriati necessari per migliorare e uniformare maggiormente l'applicazione e l'attuazione pratica dei diritti relativi alla libera circolazione dei lavoratori conferiti dal TFUE e dal regolamento (UE) n. 492/2011, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della portata e degli effetti dell'azione, può essere conseguito meglio a livello dell'Unione, quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Oggetto La presente direttiva stabilisce disposizioni che agevolano l'uniforme applicazione e attuazione pratica dei diritti conferiti dall'articolo 45 TFUE e dagli articoli da 1 a 10 del regolamento (UE) n. 492/2011. La presente direttiva si applica ai cittadini dell'Unione che esercitano tali diritti e ai loro familiari («lavoratori dell'Unione e loro familiari»). Articolo 2 Ambito di applicazione 1. La presente direttiva si applica alle materie seguenti, di cui agli articoli da 1 a 10 del regolamento (UE) n. 492/2011, nel campo della libera circolazione dei lavoratori: a) accesso all'occupazione; b) condizioni di impiego e di lavoro, in particolare in materia di retribuzione, licenziamento, salute e sicurezza sul lavoro e, qualora i lavoratori dell'Unione diventino disoccupati, reintegro professionale o ricollocamento; c) accesso ai vantaggi sociali e fiscali; d) iscrizione alle organizzazioni sindacali ed eleggibilità negli organi di rappresentanza dei lavoratori; e) accesso alla formazione; f) accesso all'alloggio; g) accesso all'istruzione, all'apprendistato e alla formazione professionale per i figli dei lavoratori dell'Unione; h) assistenza fornita dagli uffici di collocamento. 2. L'ambito di applicazione della presente direttiva è identico a quello del regolamento (UE) n. 492/2011. Articolo 3 Tutela dei diritti 1. Gli Stati membri provvedono affinché, previo eventuale ricorso ad altre autorità competenti, comprese, ove lo ritengano opportuno, a procedure di conciliazione, possano accedere a procedimenti giudiziari finalizzati all'attuazione degli obblighi ai sensi dell'articolo 45 TFUE e degli articoli da 1 a 10 del regolamento (UE) n. 492/2011, tutti i lavoratori dell'Unione e i loro familiari che ritengano di aver subito o di subire restrizioni e ostacoli ingiustificati al diritto di libera circolazione o che si considerino lesi dalla mancata applicazione nei loro confronti del principio della parità di trattamento, anche dopo la cessazione del rapporto in cui si asserisce si siano verificati la restrizione e l'ostacolo o la discriminazione. 2. Gli Stati membri provvedono affinché le associazioni, le organizzazioni, comprese le parti sociali, o altri soggetti giuridici che abbiano, secondo i criteri stabiliti dalla loro legislazione, dalle loro prassi o dai loro contratti collettivi nazionali, un legittimo interesse a garantire che la presente direttiva sia rispettata, possano avviare, per conto o a sostegno di un lavoratore dell'Unione e dei suoi familiari, con la loro approvazione, qualsiasi procedimento giudiziario e/o amministrativo finalizzato all'attuazione dei diritti di cui all'articolo 1. 3. Il paragrafo 2 si applica fatti salvi altre competenze e altri diritti collettivi di parti sociali, rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro, se del caso, compreso il diritto di agire in nome di un interesse collettivo, ai sensi della legislazione o delle prassi nazionali. 4. Il paragrafo 2 si applica fatte salve le norme procedurali nazionali relative alla rappresentanza e alla difesa in giudizio. 5. I paragrafi 1 e 2 del presente articolo si applicano fatte salve le norme nazionali relative ai termini per l'attuazione dei diritti di cui all'articolo 1. Nondimeno, tali termini nazionali non devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio di detti diritti. 6. Gli Stati membri introducono nei rispettivi ordinamenti giuridici le misure necessarie per proteggere i lavoratori dell'Unione da trattamenti o conseguenze sfavorevoli risultanti da reclami o azioni giudiziarie volti ad ottenere il rispetto dei diritti di cui all'articolo 1. Articolo 4 Organismi preposti alla promozione della parità di trattamento e al sostegno dei lavoratori dell'Unione e dei loro familiari 1. Ciascuno Stato membro designa una o più strutture o uno o più organismi («organismi») per la promozione, l'analisi, il controllo e il sostegno della parità di trattamento dei lavoratori dell'Unione e dei loro familiari, senza discriminazione fondata sulla nazionalità, restrizioni od ostacoli ingiustificati al loro diritto di libera circolazione, e adottano tutte le disposizioni necessarie al buon funzionamento di tali organismi. Tali organismi possono far parte di organismi esistenti a livello nazionale che perseguono obiettivi analoghi. 2. Gli Stati membri assicurano che la competenza di tali organismi comprenda: a) prestare o assicurare che sia prestata assistenza indipendente, giuridica e/o di altra natura, ai lavoratori dell'Unione e ai loro familiari, fatti salvi i loro diritti e i diritti delle associazioni, delle organizzazioni e degli altri soggetti giuridici di cui all'articolo 3. b) fungere da punto di contatto nei confronti di punti di contatto equivalenti in altri Stati membri al fine di cooperare e scambiare informazioni utili; c) realizzare o commissionare indagini e analisi indipendenti riguardo a restrizioni e ostacoli ingiustificati al diritto di libera circolazione, o alla discriminazione in base alla nazionalità, di lavoratori dell'Unione e loro familiari; d) assicurare la pubblicazione di relazioni indipendenti e formulare raccomandazioni su ogni questione connessa a tali restrizioni e ostacoli o a tale discriminazione; e) pubblicare informazioni pertinenti sull'applicazione a livello nazionale delle norme dell'Unione sulla libera circolazione dei lavoratori. In relazione al primo comma, lettera a), qualora gli organismi prestino assistenza in procedimenti giudiziari, tale assistenza è gratuita per coloro che non dispongono di risorse sufficienti, in conformità del diritto o delle prassi nazionali. 3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione i nomi e gli estremi dei punti di contatto e tutte le informazioni aggiornate o relative modifiche. La Commissione tiene un elenco dei punti di contatto e lo mette a disposizione degli Stati membri. 4. Gli Stati membri assicurano che gli organismi esistenti o di nuova istituzione conoscano e sappiano utilizzare e collaborare con i servizi di informazione e di assistenza esistenti a livello dell'Unione, quali La tua Europa, SOLVIT, EURES, Enterprise Europe Network e gli sportelli unici. 5. Qualora i compiti di cui al paragrafo 2 siano assegnati a più organismi, gli Stati membri garantiscono l'adeguato coordinamento di tali compiti. Articolo 5 Dialogo Al fine di promuovere il principio della parità di trattamento, gli Stati membri favoriscono il dialogo con le parti sociali e con le pertinenti organizzazioni non governative che, conformemente al diritto o alle prassi nazionali, hanno un legittimo interesse a contribuire alla lotta contro le restrizioni e gli ostacoli ingiustificati al diritto di libera circolazione e la discriminazione fondata sulla nazionalità dei lavoratori dell'Unione e dei loro familiari. Articolo 6 Accesso alle informazioni e diffusione delle informazioni 1. Gli Stati membri assicurano che le misure adottate in applicazione della presente direttiva e in forza degli articoli da 1 a 10 del regolamento (UE) n. 492/2011 siano portate a conoscenza delle persone interessate sull'intero territorio nazionale, in particolare i lavoratori e i datori di lavoro dell'Unione, con tutti i mezzi opportuni. 2. Gli Stati membri forniscono, in più di una lingua ufficiale delle istituzioni dell'Unione, informazioni chiare, gratuite, facilmente accessibili, esaurienti e aggiornate sui diritti conferiti dal diritto dell'Unione in materia di libera circolazione dei lavoratori. Tali informazioni devono inoltre essere facilmente consultabili su La tua Europa ed EURES. Articolo 7 Requisiti minimi 1. Gli Stati membri possono introdurre o mantenere, per quanto riguarda la tutela del principio della parità di trattamento, misure più favorevoli di quelle fissate nella presente direttiva. 2. Gli Stati membri possono stabilire che nelle competenze degli organismi di cui all'articolo 4 della presente direttiva per la promozione, l'analisi, il controllo e il sostegno della parità di trattamento dei lavoratori dell'Unione e dei loro familiari senza discriminazione fondata sulla nazionalità rientri anche il diritto alla parità di trattamento senza discriminazione fondata sulla nazionalità di tutti i cittadini dell'Unione che esercitano il diritto alla libera circolazione e dei loro familiari, in conformità dell'articolo 21 TFUE e della direttiva 2004/38/CE. 3. L'attuazione della presente direttiva non costituisce in nessun caso una ragione sufficiente per giustificare una riduzione del livello di tutela dei lavoratori dell'Unione e dei loro familiari nei settori rientranti nel suo campo d'applicazione e non pregiudica il diritto degli Stati membri di introdurre, in base all'evolversi della situazione, disposizioni legislative, regolamentari o amministrative diverse da quelle in vigore il 20 maggio 2014, purché sia rispettata la presente direttiva. Articolo 8 Recepimento 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 21 maggio 2016. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni fondamentali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 9 Relazione Entro il 21 novembre 2018, la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo una relazione sull'attuazione della presente direttiva al fine di proporre, ove necessario, le opportune modifiche. Articolo 10 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Articolo 11 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, il 16 aprile 2014 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente D. KOURKOULAS (1) GU C 341 del 21.11.2013, pag. 54. (2) Posizione del Parlamento europeo del 12 marzo 2014 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 14 aprile 2014. (3) Direttiva 2004/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU L 158 del 30.4.2004, pag. 77). (4) Regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno dell'Unione (GU L 141 del 27.5.2011, pag. 1). (5) Regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 166 del 30.4.2004, pag. 1). (6) Direttiva 91/533/CEE del Consiglio, del 14 ottobre 1991, relativa all'obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro (GU L 288 del 18.10.1991, pag. 32).
Garantire il rispetto dei diritti di lavoratori e lavoratrici dell’Unione europea quando lavorano all’estero QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA? Tra i molti diritti goduti dalle persone nell’Unione europea (Unione) figura la possibilità di vivere e lavorare in un altro Stato membro dell’Unione. La presente normativa garantisce l’esistenza di mezzi di ricorso nazionale nel caso in cui lavoratori, lavoratrici o i loro familiari ritengano che i propri diritti siano stati violati. PUNTI CHIAVE I principi di libera circolazione e di anti-discriminazione dell’Unione garantiscono alle persone che lavorano all’estero gli stessi diritti in materia di occupazione di quelli dei cittadini residenti. Tali diritti sono stabiliti nel regolamento (UE) n. 492/2011 (si veda la sintesi). Diritti dei lavoratori e delle lavoratriciAccesso all’occupazione e condizioni di lavoro chiare in materia di retribuzione, licenziamento, salute e sicurezza; accesso ai vantaggi sociali e fiscali; accesso alla formazione, all’alloggio, all’istruzione e all’apprendistato; iscrizione ai sindacati; assistenza fornita dagli uffici di collocamento.Tutela dei diritti La direttiva richiede che le autorità nazionali garantiscano l’accesso a procedimenti giudiziari per tutti i lavoratori e le lavoratrici dell’Unione che ritengano di essere in qualche modo soggetti a discriminazione. Inoltre, le organizzazioni, le associazioni, i sindacati e le associazioni dei datori di lavoro coinvolti nell’attuazione della direttiva possono rappresentare o sostenere lavoratori e lavoratrici dell’Unione e le loro famiglie in qualsiasi procedimento giuridico che decidono di intraprendere. Promozione della parità di trattamento Ogni Stato membro deve designare almeno un’organizzazione o un punto di contatto centrale per garantire che lavoratori, lavoratrici e i loro familiari non subiscano discriminazione o restrizioni ingiustificate del proprio diritto di lavorare dove desiderano a causa della nazionalità. Tali organizzazioni devono:fornire assistenza giuridica indipendente e assistenza di altro tipo, in forma gratuita a coloro che non se la possono permettere, in linea con la prassi nazionale; fungere da punto di contatto per organizzazioni nazionali analoghe in altri Stati Membri e cooperare con servizi di informazione e assistenza dell’Unione quali La tua Europa e Solvit; eseguire o commissionare indagini e analisi indipendenti riguardo a restrizioni e discriminazioni ingiustificate; formulare raccomandazioni per affrontare la discriminazione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è in vigore dal 20 maggio 2014 e doveva diventare legge negli Stati membri entro il 21 maggio 2016. CONTESTO Per maggiori informazioni, si veda:Informare il lavoratore delle condizioni di lavoro — sintesi (Commissione europea). Parità di trattamento in materia di occupazione e di lavoro — sintesi (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2014/54/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa alle misure intese ad agevolare l’esercizio dei diritti conferiti ai lavoratori nel quadro della libera circolazione dei lavoratori (GU L 128 del 30.4.2014, pag. 8). DOCUMENTI CORRELATI Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo sull’attuazione della direttiva 2014/54/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa alle misure intese ad agevolare l’esercizio dei diritti conferiti ai lavoratori nel quadro della libera circolazione dei lavoratori [COM(2018) 789 final del 4.12.2018]. Regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione (GU L 141 del 27.5.2011, pag. 1). Le successive modifiche al regolamento (UE) n. 492/2011 sono state inserite nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
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32011L0007
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DIRETTIVA 2011/7/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 16 febbraio 2011 relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (rifusione) (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 114, vista la proposta della Commissione europea, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2), considerando quanto segue: (1) Alla direttiva 2000/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 giugno 2000, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (3), devono essere apportate diverse modificazioni sostanziali. È opportuno, per motivi di chiarezza e di razionalizzazione, procedere alla rifusione di tali disposizioni. (2) Nel mercato interno la maggior parte delle merci e dei servizi è fornita da operatori economici ad altri operatori economici e ad amministrazioni pubbliche secondo un sistema di pagamenti differiti, in cui il fornitore lascia al cliente un periodo di tempo per pagare la fattura, secondo quanto concordato tra le parti, precisato sulla fattura del fornitore o stabilito dalla legge. (3) Nelle transazioni commerciali tra operatori economici o tra operatori economici e amministrazioni pubbliche molti pagamenti sono effettuati più tardi rispetto a quanto concordato nel contratto o stabilito nelle condizioni generali che regolano gli scambi. Sebbene le merci siano fornite e i servizi prestati, molte delle relative fatture sono pagate ben oltre il termine stabilito. Tali ritardi di pagamento influiscono negativamente sulla liquidità e complicano la gestione finanziaria delle imprese. Essi compromettono anche la loro competitività e redditività quando il creditore deve ricorrere ad un finanziamento esterno a causa di ritardi nei pagamenti. Il rischio di tali effetti negativi aumenta considerevolmente nei periodi di recessione economica, quando l’accesso al finanziamento diventa più difficile. (4) Il ricorso alla giustizia nei casi di ritardi di pagamento è già agevolato dal regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (4), dal regolamento (CE) n. 805/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, che istituisce il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati (5), dal regolamento (CE) n. 1896/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, che istituisce un procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento (6), e dal regolamento (CE) n. 861/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, che istituisce un procedimento europeo per le controversie di modesta entità (7). Per disincentivare i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali è tuttavia necessario stabilire disposizioni aggiuntive. (5) Le imprese dovrebbero poter svolgere le proprie attività commerciali in tutto il mercato interno in condizioni che garantiscano che le operazioni transfrontaliere non comportino rischi maggiori di quelle interne. L’applicazione di norme sostanzialmente diverse alle operazioni interne e a quelle transfrontaliere comporterebbe la creazione di distorsioni della concorrenza. (6) Nella comunicazione del 25 giugno 2008 dal titolo «Una corsia preferenziale per la piccola impresa — Alla ricerca di un nuovo quadro fondamentale per la piccola impresa (un “Small Business Act” per l’Europa)», la Commissione ha sottolineato la necessità di agevolare l’accesso al credito per le piccole e medie imprese (PMI) e di creare un contesto giuridico ed economico che favorisca la puntualità dei pagamenti nelle transazioni commerciali. È utile osservare che alle pubbliche amministrazioni spetta una particolare responsabilità al riguardo. I criteri per la definizione di PMI sono contenuti nella raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese (8). (7) Una delle azioni prioritarie della comunicazione della Commissione del 26 novembre 2008 intitolata «Un piano europeo di ripresa economica» prevede la riduzione degli oneri amministrativi e la promozione dell’imprenditorialità, in particolare assicurando, in linea di principio, il pagamento entro un mese delle fatture relative a forniture e servizi, comprese quelle alle PMI, per alleviare i problemi di liquidità. (8) L’ambito di applicazione della presente direttiva dovrebbe essere limitato ai pagamenti effettuati a titolo di corrispettivo per una transazione commerciale. La presente direttiva non dovrebbe disciplinare le transazioni con i consumatori, gli interessi relativi ad altri pagamenti, ad esempio pagamenti a norma di legge per assegni o titoli di credito o pagamenti effettuati a titolo risarcimento danni, ivi compresi i pagamenti effettuati da un assicuratore. Inoltre, gli Stati membri dovrebbero poter escludere i debiti oggetto di procedure concorsuali, comprese le procedure finalizzate alla ristrutturazione del debito. (9) La presente direttiva dovrebbe disciplinare tutte le transazioni commerciali a prescindere dal fatto che siano effettuate tra imprese pubbliche o private ovvero tra imprese e amministrazioni pubbliche, dato che alle amministrazioni pubbliche fa capo un volume considerevole di pagamenti alle imprese. Essa pertanto dovrebbe disciplinare anche tutte le transazioni commerciali tra gli appaltatori principali e i loro fornitori e subappaltatori. (10) Il fatto che le professioni liberali ricadano nell’ambito di applicazione della presente direttiva non dovrebbe obbligare gli Stati membri a trattarle come imprese o attività commerciali per fini diversi da quelli della presente direttiva. (11) La fornitura di merci e la prestazione di servizi dietro corrispettivo a cui si applica la presente direttiva dovrebbero anche includere la progettazione e l’esecuzione di opere e edifici pubblici, nonché i lavori di ingegneria civile. (12) I ritardi di pagamento costituiscono una violazione contrattuale resa finanziariamente attraente per i debitori nella maggior parte degli Stati membri dai bassi livelli dei tassi degli interessi di mora applicati o dalla loro assenza e/o dalla lentezza delle procedure di recupero. È necessario un passaggio deciso verso una cultura dei pagamenti rapidi, in cui, tra l’altro, l’esclusione del diritto di applicare interessi di mora sia sempre considerata una clausola o prassi contrattuale gravemente iniqua, per invertire tale tendenza e per disincentivare i ritardi di pagamento. Tale passaggio dovrebbe inoltre includere l’introduzione di disposizioni specifiche sui periodi di pagamento e sul risarcimento dei creditori per le spese sostenute e prevedere, tra l’altro, che l’esclusione del diritto al risarcimento dei costi di recupero sia presunta essere gravemente iniqua. (13) Di conseguenza, si dovrebbe provvedere a limitare, di regola, i termini di pagamento previsti dai contratti tra imprese a un massimo di sessanta giorni di calendario. Tuttavia, ci possono essere circostanze in cui le imprese richiedono periodi di pagamento più lunghi, ad esempio quando le imprese intendono concedere credito commerciale ai propri clienti. Si dovrebbe quindi mantenere la possibilità per le parti di concordare espressamente periodi di pagamento superiori a sessanta giorni di calendario, a condizione, tuttavia, che tale proroga non sia gravemente iniqua per il creditore. (14) Per motivi di coerenza della legislazione dell’Unione, ai fini della presente direttiva si dovrebbe applicare la definizione di «amministrazioni aggiudicatrici» di cui alla direttiva 2004/17/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali (9), e alla direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (10). (15) Gli interessi legali di mora per ritardato pagamento dovrebbero essere calcolati come interessi semplici su base giornaliera secondo il regolamento (CEE, Euratom) n. 1182/71 del Consiglio, del 3 giugno 1971, che stabilisce le norme applicabili ai periodi di tempo, alle date e ai termini (11). (16) La presente direttiva non dovrebbe obbligare un creditore ad esigere interessi di mora. In caso di ritardo di pagamento, la presente direttiva dovrebbe consentire al creditore di applicare interessi di mora senza alcun preavviso di inadempimento o altro simile avviso che ricordi al debitore il suo obbligo di pagare. (17) Ai fini del diritto agli interessi di mora, dovrebbe essere considerato tardivo il pagamento di un debitore qualora il creditore non possa disporre della somma a lui dovuta alla data di scadenza, a condizione che egli abbia adempiuto ai suoi obblighi legali e contrattuali. (18) Le fatture determinano richieste di pagamento e costituiscono documenti importanti nella catena delle transazioni per la fornitura di merci e servizi, tra l’altro ai fini della determinazione dei termini di pagamento. Ai fini della presente direttiva, gli Stati membri dovrebbero promuovere sistemi che diano certezza giuridica per quanto riguarda la data esatta del ricevimento delle fatture da parte dei debitori, anche nel settore della fatturazione elettronica, in cui il ricevimento delle fatture potrebbe generare prove elettroniche e che è in parte disciplinato dalle disposizioni in materia di fatturazione della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (12). (19) Un risarcimento equo dei creditori, relativo ai costi di recupero sostenuti a causa del ritardo di pagamento, serve a disincentivare i ritardi di pagamento. Tra i costi di recupero dovrebbero essere inclusi anche i costi amministrativi e i costi interni causati dal ritardo di pagamento, per i quali la presente direttiva dovrebbe determinare un importo minimo forfettario che possa cumularsi agli interessi di mora. Il risarcimento sotto forma di importo forfettario dovrebbe mirare a limitare i costi amministrativi e i costi interni legati al recupero. Il risarcimento delle spese di recupero dovrebbe essere determinato fatte salve le disposizioni nazionali in base alle quali l’autorità giurisdizionale nazionale può concedere al creditore un risarcimento per eventuali danni aggiuntivi connessi al ritardo di pagamento del debitore. (20) Oltre ad avere diritto al pagamento di un importo forfettario per coprire i costi interni legati al recupero, il creditore dovrebbe poter esigere anche il risarcimento delle restanti spese di recupero sostenute a causa del ritardo di pagamento del debitore. Tali spese dovrebbero comprendere, in particolare, le spese sostenute dal creditore per aver affidato un incarico a un avvocato o a un’agenzia di recupero crediti. (21) La presente direttiva dovrebbe far salvo il diritto degli Stati membri di prevedere importi forfettari per il risarcimento di spese di recupero più elevati, e quindi più favorevoli al creditore, o di aumentare tali importi, tra l’altro al fine di adeguarsi all’inflazione. (22) La presente direttiva non dovrebbe impedire pagamenti a rate o scaglionati. Tuttavia, ogni rata o pagamento dovrebbe essere pagata/o nei termini concordati e dovrebbe essere soggetta/o alle norme in materia di mora di cui alla presente direttiva. (23) Di regola, le pubbliche amministrazioni godono di flussi di entrate più certi, prevedibili e continui rispetto alle imprese. Molte pubbliche amministrazioni possono inoltre ottenere finanziamenti a condizioni più interessanti rispetto alle imprese. Allo stesso tempo, per raggiungere i loro obiettivi, le pubbliche amministrazioni dipendono meno delle imprese dall’instaurazione di relazioni commerciali stabili. Lunghi periodi di pagamento e ritardi di pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni per merci e servizi determinano costi ingiustificati per le imprese. Di conseguenza per le transazioni commerciali relative alla fornitura di merci o servizi da parte di imprese alle pubbliche amministrazioni è opportuno introdurre norme specifiche che prevedano, in particolare, periodi di pagamento di norma non superiori a trenta giorni di calendario, se non diversamente concordato espressamente nel contratto e purché ciò sia obiettivamente giustificato alla luce della particolare natura o delle caratteristiche del contratto, e in ogni caso non superiori a sessanta giorni di calendario. (24) Tuttavia, occorre tener conto della situazione specifica delle pubbliche amministrazioni che svolgono attività economiche di natura industriale o commerciale offrendo merci o servizi sul mercato come impresa pubblica. A tal fine, gli Stati membri dovrebbero essere autorizzati, a determinate condizioni, a prorogare il periodo legale di pagamento fino ad un massimo di sessanta giorni di calendario. (25) Per quanto riguarda i ritardi di pagamento, particolarmente preoccupante è la situazione dei servizi sanitari in gran parte degli Stati membri. I sistemi di assistenza sanitaria, come parte fondamentale dell’infrastruttura sociale europea, sono spesso costretti a conciliare le esigenze individuali con le disponibilità finanziarie, in considerazione dell’invecchiamento della popolazione europea, dell’aumento delle aspettative e dei progressi della medicina. Per tutti i sistemi si pone il problema di stabilire priorità nell’assistenza sanitaria in modo tale da bilanciare le esigenze dei singoli pazienti con le risorse finanziarie disponibili. Gli Stati membri dovrebbero quindi poter concedere agli enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria una certa flessibilità nell’onorare i loro impegni. A tal fine, gli Stati membri dovrebbero essere autorizzati, a determinate condizioni, a prorogare il periodo legale di pagamento fino ad un massimo di sessanta giorni di calendario. Gli Stati membri, tuttavia, dovrebbero adoperarsi affinché i pagamenti nel settore dell’assistenza sanitaria siano effettuati in accordo con i periodi legali di pagamento. (26) Al fine di non compromettere il conseguimento dell’obiettivo della presente direttiva, gli Stati membri dovrebbero garantire che nelle transazioni commerciali la durata massima di una procedura di accettazione o di verifica non superi, di norma, trenta giorni di calendario. Tuttavia, dovrebbe essere previsto che una procedura di verifica possa superare trenta giorni di calendario, ad esempio nel caso di contratti particolarmente complessi, se espressamente previsto nel contratto e nella documentazione di gara e se ciò non risulti gravemente iniquo per il creditore. (27) Le istituzioni dell’Unione si trovano in una situazione analoga a quella delle amministrazioni pubbliche degli Stati membri per quanto riguarda le loro relazioni di finanziamento e commerciali. Il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (13), specifica che la liquidazione, l’ordinazione e i pagamenti delle spese da parte delle istituzioni dell’Unione devono essere eseguiti entro il termine fissato nelle modalità d’esecuzione. Tali modalità d’esecuzione sono attualmente definite nel regolamento (CE, Euratom) n. 2342/2002 della Commissione, del 23 dicembre 2002, recante modalità d’esecuzione del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (14), e precisano le circostanze nelle quali i creditori che sono pagati in ritardo possono vantare interessi di mora. Nel quadro della revisione in corso di tali regolamenti, si dovrebbe garantire che i termini massimi di pagamento da parte delle istituzioni dell’Unione siano allineati ai periodi legali applicabili alle pubbliche amministrazioni ai sensi della presente direttiva. (28) La presente direttiva dovrebbe proibire l’abuso della libertà contrattuale a danno del creditore. Di conseguenza, quando una clausola contrattuale o una prassi relativa alla data o al periodo di pagamento, al tasso di interesse di mora o al risarcimento dei costi di recupero non sia giustificata sulla base delle condizioni concesse al debitore, o abbia principalmente l’obiettivo di procurare al debitore liquidità aggiuntiva a spese del creditore, si può ritenere che si configuri un siffatto abuso. A tale riguardo e conformemente al progetto accademico di quadro comune di riferimento, qualsiasi clausola contrattuale o prassi che si discosti gravemente dalla corretta prassi commerciale e sia in contrasto con il principio della buona fede e della correttezza dovrebbe essere considerata iniqua per il creditore. In particolare, l’esclusione esplicita del diritto di applicare interessi di mora dovrebbe essere sempre considerata come gravemente iniqua, mentre l’esclusione del diritto al risarcimento dei costi di recupero dovrebbe essere presunta tale. La presente direttiva non dovrebbe incidere sulle disposizioni nazionali relative alle modalità di conclusione dei contratti o che disciplinano la validità delle clausole contrattuali inique nei confronti del debitore. (29) Nel contesto di maggiori sforzi per evitare l’abuso della libertà contrattuale a danno del creditore, le organizzazioni ufficialmente riconosciute come rappresentanti delle imprese e le organizzazioni che hanno un legittimo interesse a rappresentare le imprese dovrebbero poter agire dinanzi all’autorità giurisdizionale o agli organismi amministrativi nazionali al fine di evitare l’uso continuato di clausole contrattuali o prassi gravemente inique per il creditore. (30) Al fine di contribuire al conseguimento dell’obiettivo della presente direttiva, gli Stati membri dovrebbero favorire la diffusione di buone prassi, anche incoraggiando la pubblicazione di un elenco dei buoni pagatori. (31) È auspicabile garantire che i creditori siano in posizione tale da poter avvalersi di una clausola di riserva di proprietà su base non discriminatoria in tutta l’Unione, se la clausola di riserva di proprietà è valida ai sensi delle disposizioni nazionali applicabili secondo il diritto internazionale privato. (32) La presente direttiva si limita a definire l’espressione «titolo esecutivo», ma non dovrebbe disciplinare le varie procedure per l’esecuzione forzata di un siffatto titolo o le condizioni in presenza delle quali può essere disposta la cessazione o la sospensione dell’esecuzione forzata di un siffatto titolo. (33) Le conseguenze del pagamento tardivo possono risultare dissuasive soltanto se accompagnate da procedure di recupero rapide ed efficaci per il creditore. Conformemente al divieto di discriminazione di cui all’articolo 18 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, tali procedure dovrebbero essere a disposizione di tutti i creditori stabiliti nell’Unione. (34) Al fine di agevolare il rispetto delle disposizioni della presente direttiva, gli Stati membri dovrebbero incoraggiare il ricorso alla mediazione o ad altri mezzi di risoluzione alternativa delle controversie. La direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale (15), definisce già un quadro di riferimento per i sistemi di mediazione a livello dell’Unione, soprattutto per le controversie transfrontaliere, senza impedire la sua applicazione ai sistemi di mediazione interna. Gli Stati membri dovrebbero inoltre incoraggiare le parti interessate ad elaborare codici di condotta volontari volti, in particolare, a contribuire all’attuazione della presente direttiva. (35) È necessario garantire che la procedura di recupero dei crediti non contestati connessi ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali si concluda in tempi brevi, anche attraverso una procedura accelerata e indipendentemente dall’importo del debito. (36) Poiché l’obiettivo della presente direttiva, vale a dire la lotta contro i ritardi di pagamento nel mercato interno, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a motivo della sua portata e dei suoi effetti, essere conseguito meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo. (37) L’obbligo di recepire la presente direttiva nel diritto interno dovrebbe essere limitato alle disposizioni che rappresentano modificazioni sostanziali della direttiva 2000/35/CE. L’obbligo di recepire le disposizioni rimaste immutate deriva da quest’ultima direttiva. (38) La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto interno e di applicazione della direttiva 2000/35/CE. (39) Conformemente al punto 34 dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (16), gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e rendere pubblici, nell’interesse proprio e dell’Unione, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la presente direttiva e i provvedimenti di recepimento, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Oggetto e ambito d’applicazione 1. Lo scopo della presente direttiva è di lottare contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, al fine di garantire il corretto funzionamento del mercato interno, favorendo in tal modo la competitività delle imprese e in particolare delle PMI. 2. La presente direttiva si applica ad ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale. 3. Gli Stati membri possono escludere i debiti che formano oggetto di procedure concorsuali aperte a carico del debitore, comprese le procedure finalizzate alla ristrutturazione del debito. Articolo 2 Definizioni Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni: 1) «transazioni commerciali»: transazioni tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni che comportano la fornitura di merci o la prestazione di servizi dietro pagamento di un corrispettivo; 2) «pubblica amministrazione»: qualsiasi amministrazione aggiudicatrice quale definita all’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/17/CE e all’articolo 1, paragrafo 9, della direttiva 2004/18/CE, indipendentemente dall’oggetto o dal valore dell’appalto; 3) «impresa»: ogni soggetto organizzato, diverso dalle pubbliche amministrazioni, che agisce nell’ambito di un’attività economica o professionale indipendente, anche quando tale attività è svolta da una sola persona; 4) «ritardo di pagamento»: pagamento non effettuato durante il periodo di pagamento contrattuale o legale e in relazione al quale le condizioni di cui all’articolo 3, paragrafo 1, o all’articolo 4, paragrafo 1, sono soddisfatte; 5) «interessi di mora»: interessi legali di mora o interessi ad un tasso concordato tra imprese, soggetti all’articolo 7; 6) «interessi legali di mora»: interessi semplici di mora ad un tasso che è pari al tasso di riferimento maggiorato di almeno otto punti percentuali; 7) «tasso di riferimento»: a) per gli Stati membri la cui moneta è l’euro: i) il tasso di interesse applicato dalla Banca centrale europea alle sue più recenti operazioni di rifinanziamento principali; o ii) il tasso di interesse marginale risultante dalle procedure di appalto a tasso variabile per le più recenti operazioni di rifinanziamento principali della Banca centrale europea; b) per gli Stati membri la cui moneta non è l’euro, il tasso equivalente fissato dalle rispettive banche centrali; 8) «importo dovuto»: la somma principale che avrebbe dovuto essere pagata entro il termine contrattuale o legale di pagamento, comprese le imposte, i dazi, le tasse o gli oneri applicabili indicati nella fattura o nella richiesta equivalente di pagamento; 9) «riserva di proprietà»: l’accordo contrattuale in base al quale il venditore rimane proprietario delle merci fino al completo pagamento del prezzo; 10) «titolo esecutivo»: ogni decisione, sentenza o ordine di pagamento, sia immediato che rateale, pronunciato da un’autorità giurisdizionale o altra autorità competente, inclusi i provvedimenti provvisoriamente esecutivi, che consenta al creditore di ottenere, mediante esecuzione forzata, il soddisfacimento della propria pretesa nei confronti del debitore. Articolo 3 Transazioni fra imprese 1. Gli Stati membri assicurano che nelle transazioni commerciali tra imprese il creditore abbia diritto agli interessi di mora senza che sia necessario un sollecito, qualora siano soddisfatte le seguenti condizioni: a) il creditore ha adempiuto agli obblighi contrattuali e di legge; e b) il creditore non ha ricevuto nei termini l’importo dovuto e il ritardo è imputabile al debitore. 2. Gli Stati membri assicurano che il tasso di riferimento applicabile: a) per il primo semestre dell’anno in questione sia quello in vigore il 1o gennaio di quell’anno; b) per il secondo semestre dell’anno in questione sia quello in vigore il 1o luglio di quell’anno. 3. Qualora siano soddisfatte le condizioni di cui al paragrafo 1, gli Stati membri assicurano che: a) il creditore abbia diritto agli interessi di mora a decorrere dal giorno successivo alla data di scadenza o alla fine del periodo di pagamento stabiliti nel contratto; b) se la data di scadenza o il periodo di pagamento non sono stabiliti nel contratto, il creditore abbia diritto agli interessi di mora alla scadenza di uno dei termini seguenti: i) trenta giorni di calendario dal ricevimento da parte del debitore della fattura o di una richiesta equivalente di pagamento; ii) se non vi è certezza sulla data di ricevimento della fattura o della richiesta equivalente di pagamento, trenta giorni di calendario dalla data di ricevimento delle merci o di prestazione dei servizi; iii) se la data in cui il debitore riceve la fattura o la richiesta equivalente di pagamento è anteriore a quella del ricevimento delle merci o della prestazione dei servizi, trenta giorni di calendario dalla data di ricevimento delle merci o di prestazione dei servizi; iv) se la legge o il contratto prevedono una procedura di accettazione o di verifica diretta ad accertare la conformità delle merci o dei servizi al contratto e se il debitore riceve la fattura o la richiesta equivalente di pagamento anteriormente o alla stessa data dell’accettazione o della verifica, trenta giorni di calendario da tale data. 4. Ove sia prevista una procedura di accettazione o di verifica diretta ad accertare la conformità delle merci o dei servizi al contratto, gli Stati membri assicurano che la durata massima di tale procedura non superi trenta giorni di calendario dalla data di ricevimento delle merci o di prestazione dei servizi, se non diversamente concordato espressamente nel contratto e purché ciò non sia gravemente iniquo per il creditore ai sensi dell’articolo 7. 5. Gli Stati membri assicurano che il periodo di pagamento stabilito nel contratto non superi sessanta giorni di calendario, se non diversamente concordato espressamente nel contratto e purché ciò non sia gravemente iniquo per il creditore ai sensi dell’articolo 7. Articolo 4 Transazioni fra imprese e pubbliche amministrazioni 1. Gli Stati membri assicurano che, nelle transazioni commerciali in cui il debitore è la pubblica amministrazione, alla scadenza del periodo di cui al paragrafo 3, 4 o 6 il creditore abbia diritto agli interessi legali di mora senza che sia necessario un sollecito, qualora siano soddisfatte le seguenti condizioni: a) il creditore ha adempiuto agli obblighi contrattuali e di legge; e b) il creditore non ha ricevuto nei termini l’importo dovuto e il ritardo è imputabile al debitore. 2. Gli Stati membri assicurano che il tasso di riferimento applicabile: a) per il primo semestre dell’anno in questione sia quello in vigore il 1o gennaio di quell’anno; b) per il secondo semestre dell’anno in questione sia quello in vigore il 1o luglio di quell’anno. 3. Gli Stati membri assicurano che nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una pubblica amministrazione: a) il periodo di pagamento non superi uno dei termini seguenti: i) trenta giorni di calendario dal ricevimento da parte del debitore della fattura o di una richiesta equivalente di pagamento; ii) se non vi è certezza sulla data di ricevimento della fattura o della richiesta equivalente di pagamento, trenta giorni di calendario dalla data di ricevimento delle merci o di prestazione dei servizi; iii) se la data in cui il debitore riceve la fattura o la richiesta equivalente di pagamento è anteriore a quella del ricevimento delle merci o della prestazione dei servizi, trenta giorni di calendario dalla data di ricevimento delle merci o di prestazione dei servizi; iv) se la legge o il contratto prevedono una procedura di accettazione o di verifica diretta ad accertare la conformità delle merci o dei servizi al contratto e se il debitore riceve la fattura o la richiesta equivalente di pagamento anteriormente o alla stessa data dell’accettazione o della verifica, trenta giorni di calendario da quella data; b) la data di ricevimento della fattura non sia soggetta a un accordo contrattuale tra debitore e creditore. 4. Gli Stati membri possono prorogare i termini di cui al paragrafo 3, lettera a), fino ad un massimo di sessanta giorni di calendario per: a) qualsiasi amministrazione pubblica che svolga attività economiche di natura industriale o commerciale offrendo merci o servizi sul mercato e che sia soggetta, come impresa pubblica, ai requisiti di trasparenza di cui alla direttiva 2006/111/CE della Commissione, del 16 novembre 2006, relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche e alla trasparenza finanziaria all’interno di talune imprese (17); b) enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria e che siano stati debitamente riconosciuti a tal fine. Ove uno Stato membro decida di prorogare i termini a norma del presente paragrafo, trasmette alla Commissione una relazione su tale proroga entro il 16 marzo 2018. Su tale base la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione che indica gli Stati membri che hanno prorogato i termini a norma del presente paragrafo e tiene conto dell’impatto sul funzionamento del mercato interno, in particolare sulle PMI. Alla relazione sono accluse eventuali proposte pertinenti. 5. Gli Stati membri assicurano che la durata massima della procedura di accettazione o di verifica di cui al paragrafo 3, lettera a), punto iv), non superi trenta giorni di calendario dalla data di ricevimento delle merci o di prestazione dei servizi, se non diversamente concordato espressamente nel contratto e nella documentazione di gara e purché ciò non sia gravemente iniquo per il creditore ai sensi dell’articolo 7. 6. Gli Stati membri assicurano che il periodo di pagamento stabilito nel contratto non superi il termine di cui al paragrafo 3, se non diversamente concordato espressamente nel contratto e purché ciò sia oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche, e non superi comunque sessanta giorni di calendario. Articolo 5 Termini di pagamento La presente direttiva non pregiudica la facoltà delle parti di concordare, fatte salve le pertinenti disposizioni della normativa nazionale applicabile, termini di pagamento che prevedano il versamento a rate. In tali casi, qualora una delle rate non sia pagata alla data concordata, gli interessi e il risarcimento previsti dalla presente direttiva sono calcolati esclusivamente sulla base degli importi scaduti. Articolo 6 Risarcimento delle spese di recupero 1. Gli Stati membri assicurano che, ove gli interessi di mora diventino esigibili in transazioni commerciali in conformità dell’articolo 3 o 4, il creditore abbia il diritto di ottenere dal debitore, come minimo, un importo forfettario di 40 EUR. 2. Gli Stati membri assicurano che l’importo forfettario di cui al paragrafo 1 sia esigibile senza che sia necessario un sollecito e quale risarcimento dei costi di recupero sostenuti dal creditore. 3. Il creditore, oltre all’importo forfettario di cui al paragrafo 1, ha il diritto di esigere dal debitore un risarcimento ragionevole per ogni costo di recupero che ecceda tale importo forfettario sostenuto a causa del ritardo di pagamento del debitore. Ciò potrebbe comprendere anche le spese che il creditore ha sostenuto per aver affidato un incarico a un avvocato o a una società di recupero crediti. Articolo 7 Clausole contrattuali e prassi inique 1. Gli Stati membri dispongono che una clausola contrattuale o una prassi relativa alla data o al periodo di pagamento, al tasso dell’interesse di mora o al risarcimento per i costi di recupero non possa essere fatta valere oppure dia diritto a un risarcimento del danno qualora risulti gravemente iniqua per il creditore. Per determinare se una clausola contrattuale o una prassi sia gravemente iniqua per il creditore, ai sensi del primo comma, si tiene conto di tutte le circostanze del caso, tra cui: a) qualsiasi grave scostamento dalla corretta prassi commerciale, in contrasto con il principio della buona fede e della correttezza; b) la natura del prodotto o del servizio; e c) se il debitore abbia qualche motivo oggettivo per derogare al tasso d’interesse di mora legale, al periodo di pagamento di cui all’articolo 3, paragrafo 5, all’articolo 4, paragrafo 3, lettera a), all’articolo 4, paragrafo 4, e all’articolo 4, paragrafo 6, o all’importo forfettario di cui all’articolo 6, paragrafo 1. 2. Ai fini del paragrafo 1, una clausola contrattuale o una prassi che escluda l’applicazione di interessi di mora è considerata gravemente iniqua. 3. Ai fini del paragrafo 1, si presume che una clausola contrattuale o una prassi che escluda il risarcimento per i costi di recupero di cui all’articolo 6 sia gravemente iniqua. 4. Gli Stati membri assicurano che, nell’interesse dei creditori e dei concorrenti, esistano mezzi efficaci ed idonei per impedire il continuo ricorso a clausole contrattuali e prassi gravemente inique ai sensi del paragrafo 1. 5. I mezzi di cui al paragrafo 4 comprendono disposizioni che consentono che organizzazioni ufficialmente riconosciute per la rappresentanza delle imprese o titolari di un legittimo interesse a rappresentare le imprese agiscano a norma della legislazione nazionale applicabile dinanzi alle autorità giurisdizionali o agli organi amministrativi competenti qualora le clausole contrattuali o le prassi siano gravemente inique ai sensi del paragrafo 1, in modo che possano ricorrere a mezzi appropriati ed efficaci per impedire il ricorso continuo a tali clausole. Articolo 8 Trasparenza e sensibilizzazione 1. Gli Stati membri assicurano piena trasparenza in merito ai diritti e agli obblighi derivanti dalla presente direttiva, anche rendendo pubblico il tasso d’interesse legale di mora applicabile. 2. La Commissione pubblica su Internet informazioni circa i tassi d’interesse legali vigenti che sono applicati in tutti gli Stati membri in caso di ritardo di pagamento nelle transazioni commerciali. 3. Gli Stati membri utilizzano, se del caso, pubblicazioni specialistiche, campagne promozionali o qualsiasi altro mezzo idoneo ad incrementare tra le imprese la consapevolezza dei rimedi ai ritardi di pagamento. 4. Gli Stati membri possono incoraggiare la creazione di codici di pagamento rapido che prevedano termini di pagamento chiaramente definiti e un adeguato procedimento per trattare tutti i pagamenti oggetto di controversia o qualsiasi altra iniziativa che affronti la questione cruciale dei ritardi di pagamento e contribuisca a sviluppare una cultura di pagamento rapido, a sostegno dell’obiettivo della presente direttiva. Articolo 9 Riserva di proprietà 1. Gli Stati membri dispongono, in conformità delle disposizioni nazionali applicabili secondo il diritto internazionale privato, che il venditore conservi il diritto di proprietà sulle merci fintanto che non siano state pagate totalmente, qualora sia stata esplicitamente concordata una clausola di riserva di proprietà tra l’acquirente e il venditore prima della consegna delle merci. 2. Gli Stati membri possono adottare o mantenere disposizioni relative ad anticipi già versati dal debitore. Articolo 10 Procedure di recupero di crediti non contestati 1. Gli Stati membri assicurano che un titolo esecutivo possa essere ottenuto, anche mediante una procedura accelerata e indipendentemente dall’importo del debito, di norma entro novanta giorni di calendario dalla data in cui il creditore ha presentato un ricorso o ha proposto una domanda dinanzi all’autorità giurisdizionale o un’altra autorità competente, ove non siano contestati il debito o gli aspetti procedurali. Gli Stati membri assolvono detto obbligo conformemente alle rispettive disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali. 2. Le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali applicano le stesse condizioni a tutti i creditori stabiliti nell’Unione. 3. Per calcolare il periodo di cui al paragrafo 1 non si tiene conto di quanto segue: a) i periodi necessari per le notificazioni; b) qualsiasi ritardo imputabile al creditore, come i termini necessari per regolarizzare il ricorso o la domanda. 4. Il presente articolo fa salve le disposizioni del regolamento (CE) n. 1896/2006. Articolo 11 Relazione Entro il 16 marzo 2016, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’attuazione della presente direttiva. La relazione è corredata di eventuali proposte idonee. Articolo 12 Recepimento 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi agli articoli da 1 a 8 e all’articolo 10 entro il 16 marzo 2013. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Esse recano altresì un’indicazione da cui risulti che i riferimenti alla direttiva abrogata contenuti in disposizioni legislative, regolamentari e amministrative previgenti devono intendersi come riferimenti alla presente direttiva. Le modalità di tale riferimento nonché la forma redazionale di tale indicazione sono stabilite dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. 3. Gli Stati membri possono mantenere in vigore o adottare disposizioni più favorevoli al creditore di quelle necessarie per conformarsi alla presente direttiva. 4. Nel recepire la presente direttiva, gli Stati membri decidono se escludere contratti conclusi prima del 16 marzo 2013. Articolo 13 Abrogazione La direttiva 2000/35/CE è abrogata con effetto dal 16 marzo 2013, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto interno e di applicazione. Essa continua tuttavia ad applicarsi ai contratti conclusi prima di tale data ai quali in virtù dell’articolo 12, paragrafo 4, non si applica la presente direttiva. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e vanno letti secondo la tavola di concordanza figurante nell’allegato. Articolo 14 Entrata in vigore La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 15 Destinatari Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Strasburgo, il 16 febbraio 2011. Per il Parlamento europeo Il presidente J. BUZEK Per il Consiglio Il presidente MARTONYI J. (1) GU C 255 del 22.9.2010, pag. 42. (2) Posizione del Parlamento europeo del 20 ottobre 2010 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 24 gennaio 2011. (3) GU L 200 dell’8.8.2000, pag. 35. (4) GU L 12 del 16.1.2001, pag. 1. (5) GU L 143 del 30.4.2004, pag. 15. (6) GU L 399 del 30.12.2006, pag. 1. (7) GU L 199 del 31.7.2007, pag. 1. (8) GU L 124 del 20.5.2003, pag. 36. (9) GU L 134 del 30.4.2004, pag. 1. (10) GU L 134 del 30.4.2004, pag. 114. (11) GU L 124 dell’8.6.1971, pag. 1. (12) GU L 347 dell’11.12.2006, pag. 1. (13) GU L 248 del 16.9.2002, pag. 1. (14) GU L 357 del 31.12.2002, pag. 1. (15) GU L 136 del 24.5.2008, pag. 3. (16) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1. (17) GU L 318 del 17.11.2006, pag. 17. ALLEGATO Tavola di concordanza Direttiva 2000/35/CE Presente direttiva — Articolo 1, paragrafo 1 Articolo 1 Articolo 1, paragrafo 2 Articolo 2, punto 1, primo comma Articolo 2, punto 1 Articolo 2, punto 1, secondo comma Articolo 2, punto 2 Articolo 2, punto 1, terzo comma Articolo 2, punto 3 Articolo 2, punto 2 Articolo 2, punto 4 — Articolo 2, punto 5 — Articolo 2, punto 6 — Articolo 2, punto 7, frase introduttiva — Articolo 2, punto 8 Articolo 2, punto 3 Articolo 2, punto 9 Articolo 2, punto 4 Articolo 2, paragrafo 7, lettera a) Articolo 2, punto 5 Articolo 2, punto 10 Articolo 3, paragrafo 1, lettera a) Articolo 3, paragrafo 3, lettera a) Articolo 3, paragrafo 1, lettera b), frase introduttiva Articolo 3, paragrafo 3, lettera b), frase introduttiva Articolo 3, paragrafo 1, lettera b), punto i) Articolo 3, paragrafo 3, lettera b), punto i) Articolo 3, paragrafo 1, lettera b), punto ii) Articolo 3, paragrafo 3, lettera b), punto ii) Articolo 3, paragrafo 1, lettera b), punto iii) Articolo 3, paragrafo 3, lettera b), punto iii) Articolo 3, paragrafo 1, lettera b), punto iv) Articolo 3, paragrafo 3, lettera b), punto iv) — Articolo 3, paragrafo 4 — Articolo 3, paragrafo 5 Articolo 3, paragrafo 1, lettera c) Articolo 3, paragrafo 1 Articolo 3, paragrafo 1, lettera d), prima e terza frase — Articolo 3, paragrafo 1, lettera d), seconda frase Articolo 2, punto 7, lettera b) — Articolo 3, paragrafo 2 — Articolo 4 — Articolo 5 — Articolo 6, paragrafo 1 — Articolo 6, paragrafo 2 Articolo 3, paragrafo 1, lettera e) Articolo 6, paragrafo 3 Articolo 3, paragrafo 2 — Articolo 3, paragrafo 3 Articolo 7, paragrafo 1 — Articolo 7, paragrafo 2 — Articolo 7, paragrafo 3 Articolo 3, paragrafo 4 Articolo 7, paragrafo 4 Articolo 3, paragrafo 5 Articolo 7, paragrafo 5 — Articolo 8 Articolo 4 Articolo 9 Articolo 5, paragrafi 1, 2 e 3 Articolo 10, paragrafi 1, 2 e 3 Articolo 5, paragrafo 4 — — Articolo 10, paragrafo 4 — Articolo 11 Articolo 6, paragrafo 1 — — Articolo 12, paragrafo 1 Articolo 6, paragrafo 2 Articolo 12, paragrafo 3 Articolo 6, paragrafo 3 Articolo 1, paragrafo 3 Articolo 6, paragrafo 4 Articolo 12, paragrafo 2 Articolo 6, paragrafo 5 — — Articolo 12, paragrafo 4 — Articolo 13 Articolo 7 Articolo 14 Articolo 8 Articolo 15 — Allegato
Lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali SINTESI CHE COSA FA LA DIRETTIVA? Ha lo scopo di proteggere le imprese, in particolare le piccole e medie imprese (PMI), dai ritardi di pagamenti* nelle transazioni commerciali* garantendo che le fatture siano pagate in tempo. Stabilisce i tempi entro i quali le fatture devono essere regolate e prevede sanzioni pecuniarie se questi non sono rispettati. PUNTI CHIAVE Le imprese devono pagare le fatture entro un massimo di 60 giorni, se non diversamente concordato nel contratto, a condizione, tuttavia, che tale proroga non sia gravemente iniqua per il creditore. Le pubbliche amministrazioni devono pagare per i beni e i servizi che acquistano entro 30 giorni. In circostanze eccezionali, il termine può essere prorogato a 60 giorni, ad esempio nel settore dell’assistenza sanitaria o per attività industriali o commerciali specifiche. I creditori che hanno rispettato i propri obblighi legali e contrattuali e che non sono stati pagati entro i termini indicati, hanno diritto agli interessi e al risarcimento per il ritardo di pagamento. L’interesse da pagare è di almeno otto punti percentuali al di sopra del tasso di riferimento applicato dalla Banca centrale europea. La Commissione europea rende disponibili online i tassi di riferimento, che si aggirano, di fatto, intorno all’8-10 % nella maggior parte dei paesi dell’Unione europea (UE). I creditori hanno diritto ad un importo minimo forfettario di 40 euro dai debitori. Inoltre, hanno diritto al risarcimento di tutti gli altri costi ragionevolmente sostenuti per recuperare il debito, come ad esempio le spese legali o l’impiego di una società di recupero crediti. I creditori hanno diritto agli interessi dal giorno successivo alla data di scadenza del pagamento. Se un contratto non specifica la data di pagamento, il creditore ha diritto agli interessi di 30 giorni dopo il ricevimento della fattura, o, se la data della fattura arrivata non è chiara, lo stesso periodo dopo che le merci o i servizi sono stati forniti. Le autorità nazionali devono adottare misure per far conoscere al pubblico i rimedi che esistono per i ritardi di pagamento. Entro il 16 marzo 2016, la Commissione presenterà una relazione sull’attuazione della normativa. Tra ottobre 2012 e novembre 2014, la Commissione ha organizzato una campagna di informazione sul ritardo di pagamento in tutta l’UE per far conoscere alle parti interessate i propri diritti e obblighi. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? La direttiva è entrata in vigore il 15 marzo 2011. I paesi dell’UE dovevano recepirla nel diritto nazionale entro il 16 marzo 2013. CONTESTO Per maggiori informazioni, si veda la direttiva relativa al ritardo di pagamento sul sito Internet della Commissione europea. TERMINI CHIAVE * Ritardo di pagamento: pagamento non effettuato durante il periodo di pagamento contrattuale o legale dopo che i beni o i servizi sono stati forniti. * Transazioni commerciali: transazioni tra imprese o tra imprese e pubbliche amministrazioni che comportano la fornitura di merci o la prestazione di servizi. ATTO Direttiva 2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (GU L 48 del 23.2.2011, pagg.1-10)
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32009L0055
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DIRETTIVA 2009/55/CE DEL CONSIGLIO del 25 maggio 2009 relativa alle esenzioni fiscali applicabili all’introduzione definitiva di beni personali di privati provenienti da uno Stato membro (Versione codificata) IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 93, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2), considerando quanto segue: (1) La direttiva 83/183/CEE del Consiglio, del 28 marzo 1983, relativa alle franchigie fiscali applicabili alle importazioni definitive di beni personali di privati provenienti da uno Stato membro (3), ha subito numerose e sostanziali modificazioni (4). È opportuno, per motivi di chiarezza e di razionalizzazione, procedere alla codificazione di tale direttiva. (2) Affinché la popolazione degli Stati membri diventi maggiormente consapevole delle attività della Comunità, occorre mantenere, a favore dei privati, l’azione intrapresa allo scopo di garantire, nella Comunità, le condizioni del mercato interno. (3) Gli ostacoli fiscali all’introduzione in uno Stato membro, da parte di privati, di beni personali che si trovano in un altro Stato membro sono tali, in particolare, da intralciare la libera circolazione delle persone nella Comunità; occorre perciò eliminarli, nei limiti del possibile, introducendo esenzioni fiscali. (4) Queste esenzioni fiscali possono essere applicate soltanto all’introduzione di beni che non hanno alcun carattere commerciale o speculativo e occorre fissarne pertanto i limiti e le condizioni d’applicazione. (5) In ragione delle disposizioni di armonizzazione adottate nei settori delle accise e dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), le regole relative agli esoneri e alle franchigie all’importazione sono ormai prive di oggetto in tali settori. (6) La presente direttiva fa salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive indicati nell’allegato I, parte B, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: CAPO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Ambito di applicazione 1. Gli Stati membri concedono, alle condizioni e nei casi indicati qui di seguito, un’esenzione dalle imposte sui consumi normalmente esigibili all’atto dell’introduzione definitiva, da parte di privati, di beni personali provenienti da un altro Stato membro. 2. Esulano dalla presente direttiva: a) l’imposta sul valore aggiunto; b) i diritti d’accisa; c) i diritti e le imposte specifici e/o periodici concernenti l’utilizzazione dei beni di cui al paragrafo 1 all’interno del paese, quali ad esempio i diritti riscossi all’atto dell’immatricolazione di autovetture, le tasse di circolazione stradale, i canoni televisivi. Articolo 2 Condizioni relative ai beni 1. Sono considerati «beni personali», a norma della presente direttiva, i beni destinati all’uso personale degli interessati o alle necessità della loro famiglia. Questi beni, per la loro natura o quantità, non debbono riflettere alcuna preoccupazione d’ordine commerciale, né debbono essere destinati a un’attività economica ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1 e degli articoli da 10 a 13 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (5). Sono tuttavia considerati beni personali anche gli strumenti delle arti meccaniche o delle libere professioni necessari all’esercizio della professione dell’interessato. 2. L’esenzione prevista all’articolo 1 è concessa per i beni personali che: a) sono stati acquistati alle condizioni fiscali generali del mercato interno di uno degli Stati membri e non beneficiano, in uscita dallo Stato membro di provenienza, di esenzioni o di rimborsi di imposte sui consumi. Per l’applicazione della presente direttiva si ritiene che abbiano soddisfatto tali condizioni i beni acquistati alle condizioni di cui all’articolo 151 della direttiva 2006/112/CE, fatto salvo il paragrafo 1, primo comma, lettera e); b) sono stati effettivamente destinati all’uso dell’interessato prima del trasferimento della residenza o dello stabilimento di una residenza secondaria. Gli Stati membri possono esigere che i veicoli stradali a motore (compresi i loro rimorchi), le roulotte da campeggio, le abitazioni trasportabili, le imbarcazioni da diporto e gli aerei da turismo siano destinati all’uso dell’interessato da almeno sei mesi prima del trasferimento di residenza. Per i beni di cui alla lettera a), seconda frase, gli Stati membri possono esigere: i) per quanto riguarda veicoli stradali a motore (compresi i loro rimorchi), roulotte da campeggio, abitazioni trasportabili, imbarcazioni da diporto e aerei da turismo, che siano destinati all’uso dell’interessato da almeno dodici mesi prima del trasferimento di residenza; ii) per quanto riguarda gli altri beni, che siano destinati all’uso dell’interessato da almeno sei mesi prima del trasferimento di residenza. 3. Le autorità competenti richiedono la dimostrazione del rispetto delle condizioni di cui al paragrafo 2 per i veicoli stradali a motore, compresi i loro rimorchi, le roulotte da campeggio, le abitazioni trasportabili, le imbarcazioni da diporto e gli aerei da turismo. Nel caso di beni di altro tipo detta dimostrazione è richiesta solo quando sussistono seri dubbi di frode. Articolo 3 Condizioni relative all’introduzione L’introduzione dei beni può effettuarsi in una o più volte entro i termini rispettivamente previsti agli articoli da 7 a 10. Articolo 4 Obblighi posteriori all’introduzione I veicoli stradali a motore (compresi i loro rimorchi), le roulotte da campeggio, le abitazioni trasportabili, le imbarcazioni da diporto e gli aerei da turismo introdotti non possono essere ceduti, dati in locazione o prestati durante i dodici mesi successivi alla loro introduzione in esenzione, salvo in casi debitamente giustificati e riconosciuti come tali dalle autorità competenti dello Stato membro di destinazione. Articolo 5 Condizioni specifiche relative a taluni beni L’esenzione all’introduzione dei cavalli da sella, dei veicoli stradali a motore, compresi i loro rimorchi, delle roulotte da campeggio, delle abitazioni trasportabili, delle imbarcazioni da diporto e degli aerei da turismo è concessa soltanto se il privato trasferisce la residenza normale nello Stato di destinazione. Articolo 6 Norme generali per la determinazione della residenza 1. Ai fini dell’applicazione della presente direttiva, si intende per «residenza normale» il luogo in cui una persona dimora abitualmente, ossia per almeno 185 giorni all’anno, a motivo di legami personali e professionali oppure, nel caso di una persona senza legami professionali, a motivo di legami personali che rivelano l’esistenza di una stretta correlazione tra la persona in questione e il luogo in cui abita. Tuttavia, nel caso di una persona i cui legami professionali siano situati in un luogo diverso da quello dei suoi legami personali e che pertanto sia indotta a soggiornare alternativamente in luoghi diversi situati in due o più Stati membri, si presume che la residenza normale sia quella del luogo dei legami personali, purché tale persona vi ritorni regolarmente. Questa condizione non è richiesta allorché la persona effettua un soggiorno in uno Stato membro per l’esecuzione di una missione di durata determinata. La frequenza di un’università o di una scuola non implica il trasferimento della residenza normale. 2. I privati forniscono la prova del luogo della loro residenza normale con tutti i mezzi, in particolare con la carta d’identità o mediante qualsiasi altro documento valido. 3. Le autorità competenti dello Stato membro di destinazione, qualora abbiano dubbi circa la validità della dichiarazione della residenza normale effettuata in conformità del paragrafo 2 o anche ai fini di taluni controlli specifici, possono chiedere qualsiasi elemento d’informazione o prove supplementari. CAPO II INTRODUZIONE DI BENI PERSONALI IN OCCASIONE DI UN TRASFERIMENTO DELLA RESIDENZA NORMALE Articolo 7 1. L’esenzione prevista all’articolo 1 è concessa alle condizioni di cui agli articoli da 2 a 5 per l’introduzione di beni personali effettuata da un privato in occasione del trasferimento della residenza abituale. La concessione dell’esenzione è subordinata, fatte salve le modalità eventualmente applicabili in materia di transito comunitario, alla compilazione, su carta libera, di un inventario dei beni e alla presentazione, se lo Stato lo richiede, di una dichiarazione il cui modello e contenuto siano conformi alla procedura prevista all’articolo 248 bis, paragrafo 2 del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario (6). Nessuna menzione del valore può essere pretesa nell’inventario. 2. L’ultima introduzione deve essere effettuata non oltre i dodici mesi successivi al trasferimento della residenza normale. Quando, conformemente all’articolo 3, l’introduzione di beni avviene in più riprese nell’arco di detto periodo, gli Stati membri possono esigere la presentazione di un inventario globale cui un altro ufficio doganale può far riferimento anche in occasione dei successivi traslochi soltanto al momento della prima introduzione. Questo inventario globale può essere completato in accordo con le autorità competenti dello Stato membro di destinazione. CAPO III INTRODUZIONE DI BENI PERSONALI IN OCCASIONE DELL’ARREDAMENTO DI UNA RESIDENZA SECONDARIA O DELL’ABBANDONO DI QUEST’ULTIMA Articolo 8 1. L’esenzione di cui all’articolo 1 è concessa alle condizioni di cui agli articoli da 2 a 5 per l’introduzione di beni personali effettuata da un privato per l’arredamento di una residenza secondaria. L’esenzione è concessa solo qualora: a) la persona interessata sia proprietaria della residenza secondaria o locataria della medesima per un periodo di almeno dodici mesi; b) i beni introdotti corrispondano al mobilio normale della residenza secondaria. 2. L’esenzione viene concessa inoltre, alle condizioni di cui al paragrafo 1, in caso di introduzione di beni destinati alla residenza normale o a un’altra residenza secondaria in seguito all’abbandono di una residenza secondaria, sempre che detti beni siano stati effettivamente posseduti dall’interessato e destinati all’uso di quest’ultimo prima dello stabilimento di una seconda residenza. L’ultima introduzione deve essere effettuata non oltre i dodici mesi successivi all’abbandono della residenza secondaria. CAPO IV INTRODUZIONE DI BENI IN OCCASIONE DI MATRIMONIO Articolo 9 1. Fatti salvi gli articoli da 2 a 5, chiunque, in occasione del proprio matrimonio, può introdurre in esenzione dalle imposte di cui all’articolo 1, paragrafo 1 nello Stato membro ove conta di stabilire la propria residenza normale, beni personali acquistati o destinati a uso proprio, alle seguenti condizioni: a) l’introduzione deve essere effettuata durante un periodo che inizia due mesi prima della data prevista per il matrimonio e che termina quattro mesi dopo la data della celebrazione; b) il privato deve fornire la prova dell’avvenuta celebrazione del matrimonio o dell’avvio delle pratiche ufficiali a tal fine. 2. Sono parimenti ammessi in esenzione i regali abitualmente offerti in occasione di un matrimonio, ricevuti da una persona che soddisfa le condizioni di cui al paragrafo 1, da persone aventi la residenza normale in uno Stato membro diverso da quello di destinazione. L’esenzione è applicabile ai regali il cui valore unitario non superi 350 EUR. Gli Stati membri possono tuttavia accordare un’esenzione per un valore superiore, purché esso non superi, per singoli regali ammessi in esenzione, 1 400 EUR. 3. Per la concessione dell’esenzione gli Stati membri possono richiedere una garanzia adeguata, qualora l’importazione venga effettuata prima della data del matrimonio. 4. Nel caso in cui il privato non fornisca la prova del proprio matrimonio entro quattro mesi dalla data dichiarata per la celebrazione, sono dovute le imposte a decorrere dal giorno dell’introduzione. CAPO V INTRODUZIONE DI BENI PERSONALI DEL «DE CUIUS» ACQUISITI PER VIA SUCCESSORIA Articolo 10 In deroga all’articolo 2, paragrafi 2 e 3, all’articolo 4 e all’articolo 5, paragrafo 2, ma fatte salve le altre disposizioni contenute negli articoli 2, 3 e 5, qualunque privato che acquisisca per via successoria (mortis causa) la proprietà o l’usufrutto di beni personali del «de cuius», situati in uno Stato membro, può introdurre tali beni in esenzione dalle imposte di cui all’articolo 1, paragrafo 1 in un altro Stato membro in cui ha una residenza, alle seguenti condizioni: a) il privato deve presentare all’autorità competente dello Stato membro di destinazione un attestato rilasciato da un notaio o da altra autorità competente dello Stato membro di provenienza, comprovante l’acquisizione per via successoria dei beni introdotti; b) l’introduzione deve essere effettuata entro due anni a decorrere dall’immissione nel possesso di tali beni. CAPO VI DISPOSIZIONI FINALI Articolo 11 1. Gli Stati membri si sforzano di ridurre al massimo le formalità relative all’introduzione effettuata dai privati nei limiti e alle condizioni della presente direttiva e cercano di evitare che le formalità all’introduzione diano adito a controlli che provochino rotture importanti del carico all’entrata nello Stato di destinazione. 2. Gli Stati membri hanno la facoltà di mantenere e/o di prevedere condizioni di concessione dell’esenzione meno severe di quelle previste dalla presente direttiva, fatta eccezione per quelle di cui all’ articolo 2, paragrafo 2, lettera a). 3. Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 2, gli Stati membri non possono applicare, ai sensi della presente direttiva, esenzioni fiscali all’interno della Comunità che siano meno favorevoli di quelle che essi concederebbero per le importazioni di beni personali di privati provenienti da paesi terzi. Articolo 12 1. Gli Stati membri provvedono a comunicare alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva, in particolare quelle risultanti dall’applicazione dell’articolo 11, paragrafi 2 e 3. La Commissione ne informa gli altri Stati membri. 2. La Commissione, previa consultazione degli Stati membri, presenta ogni due anni al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione della presente direttiva negli Stati membri. Articolo 13 La direttiva 83/183/CEE, modificata dalle direttive di cui all’allegato I, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive indicati all’allegato I, parte B. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza dell’allegato II. Articolo 14 La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Articolo 15 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 25 maggio 2009. Per il Consiglio Il presidente J. ŠEBESTA (1) Parere del 16 dicembre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (2) Parere del 17 settembre 2008 (GU C 77 del 31.3.2009, pag. 148). (3) GU L 105 del 23.4.1983, pag. 64. (4) V. allegato I, parte A. (5) GU L 347 dell’11.12.2006, pag. 1. (6) GU L 302 del 19.10.1992, pag. 1. ALLEGATO I PARTE A Direttiva abrogata ed elenco delle sue modificazioni successive (di cui all’articolo 13) Direttiva 83/183/CEE del Consiglio (GU L 105 del 23.4.1983, pag. 64). Direttiva 89/604/CEE del Consiglio (GU L 348 del 29.11.1989, pag. 28). Direttiva 91/680/CEE del Consiglio, (GU L 376 del 31.12.1991, pag. 1). limitatamente all’articolo 2, paragrafo 2, terzo trattino Direttiva 92/12/CEE del Consiglio, (GU L 76 del 23.3.1992, pag. 1). limitatamente all’articolo 23, paragrafo 3, secondo trattino PARTE B Elenco dei termini di recepimento (di cui all’articolo 13) Direttiva Termine di recepimento 83/183/CEE 1o gennaio 1984 89/604/CEE 1o luglio 1990 91/680/CEE 1o gennaio 1993 (1) 92/12/CEE 1o gennaio 1993 (2) (1) Essi adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie affinché il loro regime così adattato alle disposizioni previste all’articolo 1, punti da 1 a 20 e punti 22, 23 e 24 e all’articolo 2 della direttiva 91/680/CEE sia messo in vigore al 1o gennaio 1993. (2) Tuttavia per quanto riguarda l’articolo 9, paragrafo 3, il Regno di Danimarca è autorizzato a mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi a questa disposizione entro e non oltre il 1o gennaio 1993. ALLEGATO II TAVOLA DI CONCORDANZA Direttiva 83/183/CEE Presente direttiva Articolo 1, paragrafo 1 Articolo 1, paragrafo 1 — Articolo 1, paragrafo 2, lettera a) — Articolo 1, paragrafo 2, lettera b) Articolo 1, paragrafo 2 Articolo 1, paragrafo 2, lettera c) Articolo 2, paragrafo 1 Articolo 2, paragrafo 1 Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, lettera a) Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, lettera a) Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, lettera b) Articolo 2, paragrafo 2, primo comma, lettera b) Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, alinea Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, alinea Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, primo trattino Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, punto i) Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, secondo trattino Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, punto ii) Articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, ultima frase — Articolo 2, paragrafo 3 Articolo 2, paragrafo 3 Articolo 3 Articolo 3 Articolo 4 Articolo 4 Articolo 5, paragrafo 1 — Articolo 5, paragrafo 2 Articolo 5 Articolo 6 Articolo 6 Articolo 7, paragrafo 1, lettera a) Articolo 7, paragrafo 1, primo comma Articolo 7, paragrafo 1, lettera b) Articolo 7, paragrafo 1, secondo comma Articolo 7, paragrafo 2 Articolo 7, paragrafo 2 Articolo 8, paragrafo 1, primo comma Articolo 8, paragrafo 1, primo comma Articolo 8, paragrafo 1, secondo comma, alinea Articolo 8, paragrafo 1, secondo comma, alinea Articolo 8, paragrafo 1, secondo comma, punti i) e ii) Articolo 8, paragrafo 1, secondo comma, lettere a) e b) Articolo 8, paragrafo 2 Articolo 8, paragrafo 2 Articoli 9, 10 e 11 Articoli 9, 10 e 11 Articolo 12, paragrafo 1 — Articolo 12, paragrafo 2 Articolo 12, paragrafo 1 Articolo 12, paragrafo 3 Articolo 12, paragrafo 2 — Articolo 13 — Articolo 14 Articolo 13 Articolo 15 — Allegato I — Allegato II
Franchigie fiscali: importazioni definitive di beni personali QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Mira a codificare la direttiva 83/183/CEE relativa alle franchigie fiscali applicabili alle importazioni definitive di beni personali di privati* provenienti da un altro paese dell’EU. PUNTI CHIAVE Questa direttiva prevede un’esenzione dalle imposte sui consumi normalmente esigibili all’atto dell’introduzione definitiva di beni personali provenienti da un altro paese dell’UE da parte di privati. Tali beni non devono essere di natura commerciale, né debbono essere destinati a un’attività economica. Sono tuttavia considerati beni personali anche gli strumenti delle arti meccaniche o delle libere professioni necessari all’esercizio della professione dell’interessato. L’esenzione all’introduzione dei cavalli da sella, dei veicoli stradali a motore (compresi i loro rimorchi), delle roulotte da campeggio, delle abitazioni trasportabili, delle imbarcazioni da diporto e degli aerei da turismo è concessa soltanto se il privato trasferisce la residenza normale* nel paese dell’UE di destinazione. I veicoli stradali a motore (compresi i loro rimorchi), le roulotte da campeggio, le abitazioni trasportabili, le imbarcazioni da diporto e gli aerei da turismo non possono essere ceduti, dati in locazione o prestati durante i 12 mesi successivi alla loro introduzione in esenzione, salvo in casi giustificati e riconosciuti come tali dalle autorità competenti del paese dell’UE di destinazione. L’introduzione dei beni può effettuarsi in una o più volte, e per qualsiasi delle seguenti ragioni:in occasione di un trasferimento della residenza normale: tutti i beni personali devono essere introdotti entro 12 mesi dal trasferimento della residenza normale; in occasione dell’arredamento di una residenza secondaria o dell’abbandono di quest’ultima: i beni personali devono corrispondere al mobilio normale della residenza secondaria e la persona interessata deve essere proprietaria della residenza secondaria o essere locataria della medesima per un periodo di almeno dodici mesi; in occasione di matrimonio: l’introduzione dei beni personali deve essere effettuata durante un periodo che inizia due mesi prima la data prevista per il matrimonio e termina quattro mesi dopo la data della celebrazione e deve essere fornita prova dell’avvenuta celebrazione del matrimonio; acquisiti per via successoria: l’introduzione dei beni personali deve essere effettuata entro due anni dalla data in cui l’interessato entra in possesso dei beni personali e deve essere fornita prova dell’avvenuta acquisizione per via successoria dei beni introdotti. Con l’eccezione di talune merci, i paesi dell’UE hanno il diritto di mantenere o prevedere condizioni di concessione dell’esenzione meno severe di quelle previste dalla presente direttiva. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? È in vigore dal 30 giugno 2009. La direttiva 2009/55/CE codifica e sostituisce la direttiva 83/183/CEE, che doveva entrare in vigore nei paesi dell’UE entro il 1° gennaio 1984. PAROLE CHIAVE Beni personali: beni destinati all’uso personale degli interessati o alle necessità della loro famiglia. Residenza normale: il luogo in cui una persona dimora abitualmente (per almeno 185 giorni all’anno), a motivo di legami personali e professionali oppure, nel caso di una persona senza legami professionali, a motivo di legami personali che rivelano l’esistenza di una stretta correlazione tra la persona in questione e il luogo in cui abita. DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 2009/55/CE del Consiglio, del 25 maggio 2009, relativa alle esenzioni fiscali applicabili all’introduzione definitiva di beni personali di privati provenienti da un paese dell’UE (Versione codificata) (GU L 145 del 10.6.2009, pagg. 36-41).
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32012R1219
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REGOLAMENTO (UE) N. 1219/2012 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 12 dicembre 2012 che stabilisce disposizioni transitorie per gli accordi bilaterali conclusi tra Stati membri e paesi terzi in materia di investimenti IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 207, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione europea, previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (1), considerando quanto segue: (1) A seguito dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona, gli investimenti diretti esteri figurano nell’elenco delle questioni attinenti alla politica commerciale comune. Conformemente all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), del trattato sul funzionamento dell’Unione europea («TFUE»), l’Unione europea ha competenza esclusiva in materia di politica commerciale comune. Di conseguenza, soltanto l’Unione può legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti in tale settore. Gli Stati membri possono farlo autonomamente solo se autorizzati dall’Unione, conformemente all’articolo 2, paragrafo 1, TFUE. (2) Inoltre, la parte terza, titolo IV, capo 4, TFUE definisce norme comuni in materia di circolazione dei capitali tra gli Stati membri e i paesi terzi, inclusi movimenti di capitali in relazione ad investimenti. Gli accordi internazionali in materia di investimenti esteri conclusi dagli Stati membri possono interferire con tali norme. (3) Il presente regolamento lascia impregiudicata la ripartizione delle competenze tra l’Unione e i suoi Stati membri conformemente al TFUE. (4) All’entrata in vigore del trattato di Lisbona, gli Stati membri hanno mantenuto in vigore numerosi accordi bilaterali conclusi con paesi terzi in materia di investimenti. Il TFUE non contiene disposizioni transitorie esplicite per tali accordi, che rientrano ora nella competenza esclusiva dell’Unione. Inoltre, alcuni di tali accordi possono comprendere disposizioni che interferiscono con le norme comuni relative alla circolazione dei capitali di cui alla parte terza, titolo IV, capo 4, TFUE. (5) Anche se, secondo il diritto internazionale pubblico, gli accordi bilaterali in materia di investimenti restano vincolanti per gli Stati membri e anche se saranno sostituiti progressivamente dagli accordi che saranno conclusi dall’Unione nella stessa materia, è opportuno gestire in maniera appropriata le condizioni alle quali possono essere mantenuti in vigore e i loro rapporti con la politica dell’Unione attinente agli investimenti. Tali rapporti sono destinati ad evolvere via via che l’Unione eserciterà la propria competenza. (6) Nell’interesse degli investitori dell’Unione e dei loro investimenti nei paesi terzi, nonché nell’interesse degli Stati membri che ospitano investitori e investimenti esteri, dovrebbero essere mantenuti in vigore gli accordi bilaterali che definiscono e garantiscono le condizioni d’investimento e sostituiti progressivamente da accordi in materia di investimenti dell’Unione con un elevato livello di tutela degli investimenti. (7) Il presente regolamento dovrebbe riguardare lo status, secondo il diritto dell’Unione, degli accordi bilaterali degli Stati membri in materia di investimenti, firmati prima del 1o dicembre 2009. Tali accordi possono essere mantenuti in vigore, o entrare in vigore, conformemente al presente regolamento. (8) Il presente regolamento dovrebbe altresì stabilire le condizioni alle quali agli Stati membri è conferito il potere di concludere e/o mantenere in vigore accordi bilaterali in materia di investimenti, firmati tra il 1o dicembre 2009 e il 9 gennaio 2013. (9) Il presente regolamento dovrebbe inoltre stabilire le condizioni alle quali agli Stati membri è conferito il potere di modificare o concludere accordi bilaterali in materia di investimenti con paesi terzi successivamente al 9 gennaio 2013. (10) Ove accordi bilaterali con paesi terzi in materia di investimenti siano mantenuti in vigore da parte degli Stati membri a norma del presente regolamento, o siano state concesse le autorizzazioni ad avviare negoziati o a concludere tali accordi con paesi terzi, ciò non dovrebbe ostare a che l’Unione proceda alla negoziazione o alla conclusione di accordi in materia di investimenti. (11) Gli Stati membri sono tenuti ad adottare le misure necessarie per eliminare eventuali incompatibilità con il diritto dell’Unione contenute negli accordi bilaterali in materia di investimenti da essi conclusi con paesi terzi. L’attuazione del presente regolamento non pregiudica l’applicazione dell’articolo 258 TFUE relativamente agli inadempimenti degli Stati membri con riguardo agli obblighi ad essi incombenti in forza del diritto dell’Unione. (12) L’autorizzazione a modificare o concludere accordi bilaterali in materia di investimenti prevista dal presente regolamento dovrebbe permettere, in particolare, agli Stati membri di affrontare eventuali incompatibilità tra i rispettivi accordi bilaterali in materia di investimenti e il diritto dell’Unione, diverse dalle incompatibilità derivanti dalla ripartizione delle competenze tra l’Unione e i suoi Stati membri, che sono disciplinate dal presente regolamento. (13) La Commissione dovrebbe presentare al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione del presente regolamento. Tale relazione dovrebbe, tra l’altro, verificare la necessità di continuare ad applicare il capo III. Se la relazione dovesse raccomandare la sospensione dell’applicazione delle disposizioni del capo III o ne dovesse proporre la modifica, essa può essere corredata, se del caso, da una proposta legislativa. (14) Il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione dovrebbero provvedere affinché le informazioni indicate come riservate siano trattate in conformità del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (2). (15) Il presente regolamento non dovrebbe applicarsi agli accordi in materia di investimenti conclusi tra gli Stati membri. (16) È necessario prevedere talune disposizioni per garantire che gli accordi bilaterali in materia di investimenti mantenuti in vigore in virtù del presente regolamento rimangano applicabili, anche per quanto riguarda la risoluzione delle controversie, nel rispetto della competenza esclusiva dell’Unione. (17) Al fine di garantire condizioni di esecuzione uniformi del presente regolamento, è opportuno conferire alla Commissione competenze di esecuzione. Tali competenze dovrebbero essere esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (3). (18) In particolare, tali competenze dovrebbero essere conferite alla Commissione dato che le procedure previste agli articoli 9, 11 e 12 conferiscono agli Stati membri il potere di agire in settori di competenza esclusiva dell’Unione e le decisioni in materia devono essere adottate a livello dell’Unione. (19) Ai fini dell’adozione delle autorizzazioni ai sensi degli articoli 9, 11 e 12 dovrebbe applicarsi la procedura consultiva, dato che tali autorizzazioni devono essere concesse sulla base di criteri chiaramente definiti nel presente regolamento, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: CAPO I AMBITO DI APPLICAZIONE Articolo 1 Oggetto e ambito di applicazione 1. Fatta salva la ripartizione delle competenze stabilita dal TFUE, il presente regolamento riguarda lo status degli accordi bilaterali degli Stati membri in materia di investimenti conformemente al diritto dell’Unione e stabilisce i termini, le condizioni e le procedure secondo cui gli Stati membri sono autorizzati a modificare o concludere accordi bilaterali in materia di investimenti. 2. Ai fini del presente regolamento per «accordi bilaterali in materia di investimenti» si intende qualsiasi accordo concluso con un paese terzo che contiene disposizioni sulla protezione degli investimenti. Il presente regolamento riguarda soltanto le disposizioni degli accordi bilaterali in materia di investimenti relative alla protezione degli investimenti. CAPO II MANTENIMENTO IN VIGORE DEGLI ACCORDI BILATERALI ESISTENTI IN MATERIA DI INVESTIMENTI Articolo 2 Notifica alla Commissione Entro l'8 febbraio 2013 o entro trenta giorni dalla data della loro adesione all’Unione, gli Stati membri notificano alla Commissione tutti gli accordi bilaterali in materia di investimenti conclusi con paesi terzi firmati prima del 1o dicembre 2009 o prima della data di adesione, se posteriore, che desiderano mantenere o fare entrare in vigore in conformità a quanto disposto dal presente capo. La notifica contiene una copia di tali accordi bilaterali in materia di investimenti. Gli Stati membri notificano altresì alla Commissione qualsiasi successiva modifica allo status di tali accordi. Articolo 3 Mantenimento in vigore Fatti salvi gli altri obblighi incombenti agli Stati membri in forza del diritto dell’Unione, gli accordi bilaterali in materia di investimenti notificati a norma dell’articolo 2 del presente regolamento possono essere mantenuti in vigore, o entrare in vigore, a norma del TFUE e del presente regolamento, fino a quando non entri in vigore un accordo bilaterale in materia di investimenti tra l’Unione e lo stesso paese terzo. Articolo 4 Pubblicazione 1. Ogni dodici mesi la Commissione pubblica nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea un elenco degli accordi bilaterali in materia di investimenti notificati a norma dell’articolo 2, dell’articolo 11, paragrafo 6, o dell’articolo 12, paragrafo 6. 2. La prima pubblicazione dell’elenco di accordi bilaterali in materia di investimenti di cui al paragrafo 1 del presente articolo ha luogo entro i tre mesi successivi al termine fissato per le notifiche effettuate ai sensi dell’articolo 2. Articolo 5 Valutazione La Commissione può valutare se una o più delle disposizioni degli accordi bilaterali in materia di investimenti notificati a norma dell’articolo 2 costituiscano un grave ostacolo alla negoziazione o alla conclusione, da parte dell’Unione, di accordi bilaterali in materia di investimenti con paesi terzi in vista della progressiva sostituzione degli accordi bilaterali in materia di investimenti notificati a norma dell’articolo 2. Articolo 6 Obbligo di cooperare 1. Gli Stati membri adottano le misure appropriate per assicurare che le disposizioni degli accordi bilaterali in materia di investimenti notificati a norma dell’articolo 2 non costituiscano un grave ostacolo alla negoziazione o alla conclusione, da parte dell’Unione, di accordi bilaterali in materia di investimenti con paesi terzi, in vista della progressiva sostituzione degli accordi bilaterali in materia di investimenti notificati a norma dell’articolo 2. 2. Se la Commissione constata che una o più delle disposizioni di un accordo bilaterale in materia di investimenti notificato a norma dell’articolo 2 costituisce un grave ostacolo alla negoziazione o alla conclusione, da parte dell’Unione, di accordi bilaterali in materia di investimenti con paesi terzi, in vista della progressiva sostituzione degli accordi bilaterali in materia di investimenti notificati a norma dell’articolo 2, la Commissione e lo Stato membro interessato procedono rapidamente a consultazioni e cooperano al fine di individuare le azioni appropriate per risolvere la questione. La durata di tali consultazioni non supera i novanta giorni. 3. Fatto salvo il paragrafo 1, la Commissione può, entro sessanta giorni dal termine delle consultazioni, indicare le misure appropriate che lo Stato membro interessato deve adottare per rimuovere gli ostacoli di cui al paragrafo 2. CAPO III AUTORIZZAZIONE A MODIFICARE O CONCLUDERE ACCORDI BILATERALI IN MATERIA DI INVESTIMENTI Articolo 7 Autorizzazione a modificare o concludere un accordo bilaterale in materia di investimenti Alle condizioni di cui agli articoli da 8 a 11, uno Stato membro è autorizzato ad avviare negoziati con un paese terzo al fine di modificare un accordo bilaterale in materia di investimenti esistente o di concluderne uno nuovo. Articolo 8 Notifica alla Commissione 1. Ove uno Stato membro intenda avviare negoziati con un paese terzo al fine di modificare o concludere un accordo bilaterale in materia di investimenti, ne dà notifica per iscritto alla Commissione. 2. La notifica di cui al paragrafo 1 è corredata dalla documentazione pertinente nonché da un’indicazione delle disposizioni che devono essere negoziate o rinegoziate, dagli obiettivi dei negoziati e da ogni altra informazione pertinente. 3. La notifica di cui al paragrafo 1 è trasmessa almeno cinque mesi prima dell’inizio dei negoziati formali. 4. Se le informazioni trasmesse dallo Stato membro non sono sufficienti ai fini dell’autorizzazione all’avvio di negoziati formali conformemente all’articolo 9, la Commissione può richiedere informazioni supplementari. 5. La Commissione mette a disposizione degli altri Stati membri la notifica di cui al paragrafo 1 del presente articolo e, su richiesta, la documentazione accompagnatoria, nel rispetto degli obblighi di riservatezza di cui all’articolo 14. Articolo 9 Autorizzazione ad aprire negoziati formali 1. La Commissione autorizza gli Stati membri ad aprire i negoziati formali con un paese terzo al fine di modificare o concludere un accordo bilaterale in materia di investimenti, salvo nel caso in cui concluda che l’apertura di siffatti negoziati: a) presenterebbe incompatibilità con il diritto dell’Unione diverse dalle incompatibilità derivanti dalla ripartizione delle competenze tra l’Unione e i suoi Stati membri; b) sarebbe superflua, in quanto la Commissione ha presentato o ha deciso di presentare una raccomandazione per avviare negoziati con il paese terzo interessato a norma dell’articolo 218, paragrafo 3, TFUE; c) sarebbe in contrasto con i principi e gli obiettivi dell’azione esterna dell’Unione elaborati in conformità alle disposizioni generali del titolo V, capo 1, del trattato sull’Unione europea; o d) costituirebbe un grave ostacolo alla negoziazione o alla conclusione di accordi bilaterali in materia di investimenti con paesi terzi da parte dell’Unione. 2. Nel quadro dell’autorizzazione di cui al paragrafo 1, la Commissione può chiedere allo Stato membro di includere in tali negoziati e nel futuro accordo bilaterale in materia di investimenti o di eliminare da essi qualsiasi clausola qualora ciò sia necessario al fine di assicurare la coerenza con la politica in materia di investimenti dell’Unione o la compatibilità con il diritto dell’Unione. 3. L’autorizzazione di cui al paragrafo 1 del presente articolo è concessa secondo la procedura consultiva di cui all’articolo 16, paragrafo 2. La Commissione adotta la sua decisione entro un termine di novanta giorni dal ricevimento della notifica di cui all’articolo 8. Se sono necessarie informazioni supplementari per adottare una decisione, il termine di novanta giorni decorre dalla data di ricevimento di tali informazioni. 4. La Commissione informa il Parlamento europeo e il Consiglio riguardo alle decisioni adottate ai sensi del paragrafo 3. 5. Qualora non conceda un’autorizzazione a norma del paragrafo 1, la Commissione ne informa lo Stato membro interessato e ne indica i motivi. Articolo 10 Partecipazione della Commissione ai negoziati Nella misura in cui riguardi gli investimenti, la Commissione è tenuta al corrente dell’andamento e dei risultati delle varie fasi dei negoziati finalizzati a modificare o a concludere un accordo bilaterale esistente in materia di investimenti e può chiedere di prendere parte ai negoziati in materia di investimenti tra lo Stato membro e il paese terzo. Articolo 11 Autorizzazione a firmare e concludere un accordo bilaterale in materia di investimenti 1. Prima di firmare un accordo bilaterale in materia di investimenti, lo Stato membro interessato notifica alla Commissione i risultati dei negoziati e le trasmette il testo di siffatto accordo. 2. Il presente articolo si applica altresì agli accordi bilaterali in materia di investimenti che sono stati negoziati prima del 9 gennaio 2013, ma che non sono soggetti all’obbligo di notifica a norma dell’articolo 2 o dell’articolo 12. 3. Ricevuta la notifica, la Commissione valuta se l’accordo bilaterale in materia di investimenti negoziato è incompatibile con i requisiti di cui all’articolo 9, paragrafi 1 e 2. 4. Se la Commissione ritiene che i negoziati abbiano prodotto un accordo bilaterale in materia di investimenti che soddisfi i requisiti di cui all’articolo 9, paragrafi 1 e 2, autorizza lo Stato membro a firmare e a concludere tale accordo. Gli articoli 3, 5 e 6 si applicano a siffatti accordi come se fossero stati notificati a norma dell’articolo 2. 5. Le decisioni di cui al paragrafo 4 del presente articolo sono adottate secondo la procedura consultiva di cui all’articolo 16, paragrafo 2. La Commissione adotta la sua decisione entro novanta giorni dal ricevimento delle notifiche di cui ai paragrafi 1 e 2 del presente articolo. Se sono necessarie informazioni supplementari per adottare la decisione, il termine di novanta giorni decorre dalla data di ricevimento di tali informazioni. 6. Qualora la Commissione conceda un’autorizzazione a norma del paragrafo 4, lo Stato membro interessato notifica alla Commissione la conclusione e l’entrata in vigore dell’accordo bilaterale in materia di investimenti, nonché ogni successiva modifica allo status di tale accordo. 7. La Commissione comunica al Parlamento europeo e al Consiglio ogni decisione adottata a norma del paragrafo 4. 8. Qualora la Commissione non conceda l’autorizzazione a norma del paragrafo 4, essa ne informa lo Stato membro interessato e ne indica i motivi. CAPO IV DISPOSIZIONI FINALI Articolo 12 Accordi firmati dagli Stati membri tra il 1o dicembre 2009 e il 9 gennaio 2013 1. Se tra il 1o dicembre 2009 e il 9 gennaio 2013 uno Stato membro ha firmato un accordo bilaterale in materia di investimenti, tale Stato membro notifica alla Commissione siffatto accordo che desidera mantenere o far entrare in vigore, entro l'8 febbraio 2013. La notifica contiene una copia di siffatto accordo. 2. Ricevuta la notifica, la Commissione valuta se l’accordo bilaterale in materia di investimenti notificato a norma del paragrafo 1 del presente articolo è incompatibile con i requisiti di cui all’articolo 9, paragrafi 1 e 2. 3. Qualora la Commissione ritenga che un accordo bilaterale in materia di investimenti notificato ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo soddisfi i requisiti di cui all’articolo 9, paragrafi 1 e 2, autorizza il mantenimento o l’entrata in vigore di siffatto accordo a norma del diritto dell’Unione. 4. La Commissione adotta le decisioni di cui al paragrafo 3 del presente articolo entro centottanta giorni dal ricevimento della notifica di cui al paragrafo 1 del presente articolo. Se sono necessarie informazioni supplementari per adottare la decisione, il termine di centottanta giorni decorre dalla data di ricevimento di tali informazioni. Le decisioni di cui al paragrafo 3 del presente articolo sono adottate secondo la procedura consultiva di cui all’articolo 16, paragrafo 2. 5. A meno che un accordo bilaterale in materia di investimenti non sia stato autorizzato a norma del paragrafo 3, lo Stato membro non adotta ulteriori misure per la conclusione di siffatto accordo e ritira o annulla le misure adottate. 6. Se la Commissione concede un’autorizzazione a norma del paragrafo 3 del presente articolo, lo Stato membro interessato notifica alla Commissione l’entrata in vigore dell’accordo bilaterale in materia di investimenti e le eventuali successive modifiche allo status di siffatto accordo. Gli articoli 3, 5 e 6 si applicano a siffatto accordo come se fosse stato notificato a norma dell’articolo 2. 7. La Commissione informa il Parlamento europeo e il Consiglio riguardo alle decisioni adottate a norma del paragrafo 3. 8. Qualora la Commissione non conceda un’autorizzazione a norma del paragrafo 3, essa ne informa lo Stato membro interessato e ne indica i motivi. Articolo 13 Condotta degli Stati membri per quanto riguarda un accordo bilaterale in materia di investimenti con un paese terzo Ove un accordo bilaterale in materia di investimenti rientri nell’ambito di applicazione del presente regolamento, lo Stato membro interessato: a) informa senza indugio la Commissione di tutte le riunioni che avranno luogo in applicazione delle disposizioni dell’accordo. Alla Commissione sono forniti l’ordine del giorno e tutte le informazioni pertinenti che consentano la comprensione degli argomenti da trattare in tali riunioni. La Commissione può richiedere ulteriori informazioni allo Stato membro interessato. Qualora una questione da trattare possa influire sull’attuazione delle politiche dell’Unione in materia di investimenti, in particolare della politica commerciale comune, la Commissione può chiedere allo Stato membro interessato di adottare una particolare posizione; b) informa senza indugio la Commissione di qualsiasi osservazione ricevuta circa l’incompatibilità di una data misura con l’accordo. Lo Stato membro informa inoltre immediatamente la Commissione di ogni richiesta di risoluzione di controversie presentata nel quadro dell’accordo bilaterale in materia di investimenti, non appena ne viene a conoscenza. Lo Stato membro e la Commissione cooperano pienamente e adottano tutte le misure necessarie per assicurare un’efficace difesa, ivi compresa, se del caso, la partecipazione della Commissione alla procedura; c) chiede l’approvazione della Commissione prima di attivare i pertinenti meccanismi per la risoluzione delle controversie contro un paese terzo previsti nell’accordo bilaterale in materia di investimenti e, su richiesta della Commissione, attiva tali meccanismi, che comprendono consultazioni con l’altra parte di un accordo bilaterale in materia di investimenti e la risoluzione delle controversie qualora previste dall’accordo. Lo Stato membro e la Commissione cooperano pienamente allo svolgimento delle procedure nell’ambito dei pertinenti meccanismi, il che può comprendere, se del caso, la partecipazione della Commissione alle procedure pertinenti. Articolo 14 Riservatezza Quando notificano alla Commissione i negoziati e i relativi risultati conformemente agli articoli 8 e 11, gli Stati membri possono specificare se le informazioni fornite debbano considerarsi riservate e se possano essere condivise con gli altri Stati membri. Articolo 15 Riesame 1. La Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione del presente regolamento entro il 10 gennaio 2020. 2. La relazione contiene una visione d’insieme delle autorizzazioni richieste e concesse a norma del capo III, nonché un riesame della necessità di continuare l’applicazione di tale capo. 3. Se la relazione raccomanda di sospendere l’applicazione del capo III o di modificarne le disposizioni, tale relazione è accompagnata da una proposta legislativa appropriata. Articolo 16 Procedura di comitato 1. La Commissione è assistita dal comitato per gli accordi in materia di investimenti. Tale comitato è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011. 2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 4 del regolamento (UE) n. 182/2011. Articolo 17 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, il 12 dicembre 2012 Per il Parlamento europeo Il presidente M. SCHULZ Per il Consiglio Il presidente A. D. MAVROYIANNIS (1) Posizione del Parlamento europeo del 10 maggio 2011 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e posizione del Consiglio in prima lettura del 4 ottobre 2012 (GU C 352 E del 16.11.2012, pag. 23). Posizione del Parlamento europeo dell’11 dicembre 2012 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). (2) GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43. (3) GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13. DICHIARAZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO, DEL CONSIGLIO E DELLA COMMISSIONE Il fatto che il presente regolamento e in particolare i considerando 17, 18 e 19 prevedano il ricorso alle procedure di cui al regolamento (UE) n. 182/2011 non costituisce un precedente riguardo a futuri regolamenti intesi a consentire all'Unione di autorizzare gli Stati membri, a norma dell'articolo 2, paragrafo 1 del TFUE, a legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti in settori di competenza esclusiva dell'Unione. Inoltre, nel presente regolamento, il ricorso alla procedura consultiva anziché alla procedura di esame non è considerato un precedente per futuri regolamenti intesi a stabilire il quadro per la politica commerciale comune.
Accordi bilaterali in materia di investimenti — Stati membri e paesi terzi QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO? Esso punta a garantire una transizione senza scosse dall’attuale sistema dei trattati bilaterali sugli investimenti (BIT) tra Stati membri e paesi terzi a un sistema che prevede che tali trattati vengano negoziati dalla Commissione europea. Tale transizione si rende necessaria in seguito all’entrata in vigore del trattato di Lisbona. L’articolo 207 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea stabilisce che gli investimenti esteri diretti sono di competenza dell’UE in quanto parte della politica commerciale comune dell’UE. PUNTI CHIAVE Cosa sono i trattati bilaterali sugli investimenti? Essi stabiliscono i termini e le condizioni relativi agli investimenti privati da parte di cittadini e aziende di uno stato in un altro stato. Accordi bilaterali sugli investimenti tra uno Stato membro e un paese terzo:Gli accordi BIT firmati prima del 1 dicembre 2009 possono essere, su autorizzazione della Commissione: mantenuti in vigore o entrare in vigore alle condizioni del regolamento fino a quando non venga adottato n accordo BIT tra lo Stato membro e il paese terzo,modificati (anche per affrontare una incoerenza tra l’accordo e la legge dell’UE) oppure può essere concluso un nuovo accordo conforme alle condizioni fissate dal regolamento; Gli accordi BIT firmati tra il 1 dicembre 2009 e il 9 gennaio 2013 vengono mantenuti in vigore o vengono adottati se, secondo la Commissione, essi non entrano in conflitto con altre leggi dell’UE, se non sono incompatibili con i principi dell’UE e se non vengono ritenuti superflui alla luce dei negoziati avviati dalla Commissione con il paese terzo interessato; se le condizioni del regolamento vengono soddisfatte, la Commissione può autorizzare uno Stato membro ad avviare un negoziato con un paese terzo per un nuovo accordo BIT o di stipulare e concludere un nuovo accordo BIT nel caso in cui il negoziato risultasse essere in linea con i requisiti del regolamento. Vigilanza Alla Commissione sono state conferite competenze di esecuzione per garantire che il regolamento venga attuato in modo uniforme e assistito dal comitato per gli accordi in materia di investimenti. La Commissione presenta una relazione sull’applicazione del presente regolamento entro il 10 gennaio 2020. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA? È stata applicata dal mercoledì 9 gennaio 2013. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Investimento (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Regolamento (UE) n. 1219/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, che stabilisce disposizioni transitorie per gli accordi bilaterali conclusi tra Stati membri e paesi terzi in materia di investimenti (GU L 351 del 20.12.2012, pag. 40). ATTI COLLEGATI Regolamento (UE) n. 912/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 2014, che istituisce un quadro per la gestione della responsabilità finanziaria connessa ai tribunali per la risoluzione delle controversie investitore-Stato istituiti da accordi internazionali di cui l’Unione europea è parte (GU L 257 del 28.8.2014, pag. 121). Elenco degli accordi bilaterali in materia di investimenti di cui all’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1219/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, che stabilisce disposizioni transitorie per gli accordi bilaterali conclusi tra Stati membri e paesi terzi in materia di investimenti (GU C 147 del 11.5.2017, pag. 1). Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13).
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Regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri Gazzetta ufficiale n. L 053 del 23/02/2002 pag. 0001 - 0003 Regolamento (CE) n. 332/2002 del Consigliodel 18 febbraio 2002che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membriIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 308,vista la proposta della Commissione, presentata previa consultazione del Comitato economico e finanziario(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),visto il parere della Banca centrale europea(3),considerando quanto segue:(1) L'articolo 119, paragrafo 1, secondo comma e l'articolo 119, paragrafo 2 del trattato prevedono che, in caso di difficoltà o di grave minaccia di difficoltà nella bilancia dei pagamenti di uno Stato membro, il Consiglio gli conceda un concorso reciproco, in seguito a raccomandazione trasmessagli dalla Commissione previa consultazione del Comitato economico e finanziario. L'articolo 119 non definisce lo strumento d'applicazione del concorso reciproco previsto.(2) È necessario che ad un'operazione di prestito a uno Stato membro si possa procedere in tempo per consentirgli di adottare tempestivamente e in normali condizioni di cambio le misure di politica economica tali da prevenire il manifestarsi di una crisi acuta nella bilancia dei pagamenti e da sostenere i suoi sforzi di convergenza.(3) Ogni operazione di prestito a uno Stato membro dovrebbe essere subordinata all'adozione, da parte del medesimo, di misure di politica economica tali da ristabilire od assicurare una situazione sostenibile della sua bilancia dei pagamenti e commisurate alla gravità e all'evolversi della situazione di questa.(4) È opportuno prevedere in anticipo procedure e strumenti adeguati per consentire alla Comunità e agli Stati membri di fornire in tempi brevi, se necessario, un sostegno finanziario a medio termine, in particolare quando le circostanze richiedono un'azione immediata.(5) Per provvedere al finanziamento del sostegno accordato, la Comunità deve poter utilizzare il suo credito per prendere a prestito fondi da mettere a disposizione, in forma di prestiti, degli Stati membri interessati. Operazioni di questo tipo sono necessarie per conseguire gli obiettivi della Comunità definiti nel trattato, in particolare lo sviluppo armonioso delle attività economiche in tutta la Comunità.(6) A tale scopo è stato istituito dal regolamento (CEE) n. 1969/88 del Consiglio(4) un meccanismo unico di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri.(7) Dal 1o gennaio 1999 gli Stati membri partecipanti al sistema della moneta unica non possono più beneficiare del sostegno finanziario a medio termine. Nondimeno, è opportuno preservare il meccanismo di sostegno finanziario per rispondere non soltanto alle esigenze potenziali degli Stati membri che non hanno adottato l'euro, ma anche alle esigenze dei nuovi Stati membri, sintantoché non abbiano adottato l'euro.(8) L'introduzione della moneta unica ha comportato una consistente riduzione del numero di Stati membri che possono ricorrere al meccanismo in oggetto, il che giustifica una riduzione dell'attuale massimale di 16 miliardi di EUR. Tuttavia, il massimale dei prestiti da concedere andrebbe mantenuto a un livello abbastanza alto da consentire di far fronte in misura adeguata alle esigenze simultanee di più Stati membri. Una riduzione del massimale da 16 a 12 miliardi di EUR sembra di natura tale da rispondere a tali preoccupazioni e da tenere anche in considerazione i futuri allargamenti dell'Unione europea.(9) L'evidente squilibrio tra il numero di paesi potenzialmente beneficiari dei prestiti nella terza fase dell'Unione economica e monetaria e il numero di paesi che possano finanziare tali prestiti rende difficile continuare ad assicurare il finanziamento diretto dei prestiti che vengono concessi da parte dell'insieme degli altri Stati membri. È quindi opportuno che i prestiti siano finanziati esclusivamente ricorrendo al mercato dei capitali o alle istituzioni finanziarie, che hanno raggiunto ormai uno stadio di sviluppo e di maturità tale da consentire la loro disponibilità per simili finanziamenti.(10) Inoltre, sulla scorta dell'esperienza acquisita si dovrebbero precisare le modalità di utilizzo del meccanismo, tenendo conto anche dello sviluppo dei mercati finanziari internazionali nonché delle possibilità e delle costrizioni di ordine tecnico inerenti al ricorso a tali fonti di finanziamento.(11) Spetta al Consiglio decidere sulla concessione di un prestito o di un'adeguata linea di credito, sulla sua durata media, l'importo globale e l'ammontare delle quote successive. È opportuno tuttavia che le modalità di tali quote, la durata e il tipo di tasso d'interesse, siano stabilite di comune accordo fra lo Stato membro beneficiario e la Commissione. Nel caso in cui ritenga che le modalità dei prestiti desiderate dallo Stato membro interessato comportino un finanziamento incompatibile con le costrizioni di ordine tecnico imposte dai mercati dei capitali o dalle istituzioni finanziarie, la Commissione deve essere in grado di proporre per il finanziamento modalità alternative.(12) Per finanziare i prestiti che verranno concessi a norma del presente regolamento, la Commissione dovrebbe essere autorizzata a contrarre prestiti, a nome della Comunità europea, sui mercati dei capitali o presso istituzioni finanziarie.(13) È opportuno adattare di conseguenza il meccanismo di sostegno finanziario istituito dal regolamento (CEE) n. 1969/88. A fini di chiarezza, è opportuno sostituire tale regolamento.(14) Per l'adozione del presente regolamento, che prevede la concessione di prestiti comunitari unicamente mediante ricorso ai mercati dei capitali, escludendo il finanziamento di detti prestiti da parte degli altri Stati membri, il trattato non prevede poteri d'azione diversi da quelli di cui all'articolo 308,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 11. È istituito un meccanismo comunitario di sostegno finanziario a medio termine inteso a consentire la concessione di prestiti ad uno o più Stati membri che si trovino in difficoltà o in grave minaccia di difficoltà nella bilancia dei pagamenti correnti o in quella dei movimenti di capitali. Possono beneficiare di tale meccanismo comunitario soltanto gli Stati membri che non hanno adottato l'euro.L'esposizione creditizia, in conto capitale, dei prestiti che si possono accordare agli Stati membri nell'ambito di tale meccanismo è limitata a 12 miliardi di EUR.2. La Commissione è autorizzata, ai sensi di una decisione che il Consiglio adotterà a norma dell'articolo 3 e previa consultazione del Comitato economico e finanziario, a contrarre prestiti a nome della Comunità europea sui mercati dei capitali o presso istituzioni finanziarie.Articolo 2Quando uno Stato membro che non ha adottato l'euro intende ricorrere a fonti di finanziamento esterne alla Comunità, comportanti condizioni di politica economica, consulta preventivamente la Commissione e gli altri Stati membri per esaminare, fra l'altro, le possibilità offerte dal meccanismo comunitario di sostegno finanziario a medio termine. Tale consultazione avviene in sede di Comitato economico e finanziario, a norma dell'articolo 119 del trattato.Articolo 31. Il meccanismo di sostegno finanziario a medio termine può essere attivato dal Consiglio su iniziativa:a) della Commissione, che agirà a norma dell'articolo 119 del trattato in accordo con lo Stato membro che desidera ricorrere al finanziamento comunitario;b) di uno Stato membro che si trovi in difficoltà o in grave minaccia di difficoltà nella bilancia dei pagamenti correnti o in quella dei movimenti di capitali.2. Il Consiglio, previo esame della situazione dello Stato membro che desidera ricorrere al sostegno finanziario a medio termine e del programma di riassetto o di accompagnamento da esso presentato a sostegno della domanda, decide, di norma nel corso della medesima sessione:a) sulla concessione di un prestito o di un'adeguata linea di credito, sul suo importo e sulla sua durata media;b) sulle condizioni di politica economica alle quali è subordinato il sostegno finanziario a medio termine al fine di ripristinare o di garantire una situazione sostenibile della bilancia dei pagamenti;c) sulle modalità del prestito o della linea di credito il cui versamento o prelievo sarà effettuato in linea di principio in quote successive. La liberazione di ogni quota è subordinata alla verifica dei risultati ottenuti nell'attuazione del programma rispetto agli obiettivi prefissi.Articolo 4In caso d'introduzione o di reintroduzione, nel corso della durata del sostegno finanziario, di restrizioni ai movimenti di capitali a norma dell'articolo 120 del trattato, le condizioni e le modalità del sostegno sono riesaminate a norma dell'articolo 119 del trattato.Articolo 5La Commissione adotta le misure necessarie per accertare a intervalli regolari, in collaborazione con il Comitato economico e finanziario, che la politica economica dello Stato membro beneficiario di un prestito della Comunità risponda al programma di riassetto o di accompagnamento e alle altre eventuali condizioni decise dal Consiglio a norma dell'articolo 3. A tale scopo, lo Stato membro mette a disposizione della Commissione tutte le informazioni necessarie. In funzione dei risultati dell'accertamento e previo parere del Comitato economico e finanziario, la Commissione decide riguardo al versamento delle quote successive.Il Consiglio decide sulle eventuali modifiche da apportare alle condizioni di politica economica stabilite inizialmente.Articolo 6I prestiti accordati a titolo del sostegno finanziario a medio termine possono fungere da consolidamento di un sostegno accordato dalla Banca centrale europea nell'ambito della linea di credito a brevissimo termine.Articolo 71. Le operazioni di assunzione e di corrispondente erogazione di prestiti, di cui all'articolo 1, vengono eseguite in euro. Esse usano la medesima data di valuta e non devono comportare per la Comunità né modifica della scadenza né rischio di tasso d'interesse né qualsiasi altro rischio commerciale.Le modalità delle quote che la Comunità eroga successivamente nell'ambito del meccanismo di sostegno finanziario vengono negoziate fra lo Stato membro e la Commissione. Se la Commissione ritiene che le modalità desiderate dallo Stato membro comportino finanziamenti comunitari incompatibili con le costrizioni di ordine tecnico imposte dai mercati finanziari o tali da compromettere su questi medesimi mercati la reputazione della Comunità in quanto mutuataria, essa ha il diritto di opporre un rifiuto e di proporre una soluzione alternativa.Se uno Stato membro beneficia di un prestito comprendente una clausola di rimborso anticipato e decide di avvalersi di questa facoltà, la Commissione adotta le disposizioni necessarie.2. Su richiesta dello Stato membro debitore e se le circostanze consentono di migliorare il tasso d'interesse sui prestiti, la Commissione può procedere ad un rifinanziamento o ad un riassetto delle condizioni finanziarie relative alla totalità o ad una parte dei prestiti concessi inizialmente.Le operazioni di rifinanziamento o di riassetto vanno effettuate alle condizioni di cui al paragrafo 1 e non devono portare a una proroga della durata media dei prestiti che ne formano oggetto né a un aumento dell'importo del capitale non ancora rimborsato alla data delle suddette operazioni.3. Le spese a cui la Comunità deve far fronte per concludere ed effettuare ogni operazione sono a carico dello Stato membro beneficiario.4. Il Comitato economico e finanziario è informato dello svolgimento delle operazioni di cui al paragrafo 2, primo comma.Articolo 8Il Consiglio adotta le decisioni di cui agli articoli 3 e 5 a maggioranza qualificata, su proposta della Commissione previa consultazione del Comitato economico e finanziario.Articolo 9La Banca centrale europea adotta le misure necessarie per provvedere alla gestione dei prestiti.I fondi sono versati soltanto ai fini indicati nell'articolo 1.Articolo 10Il Consiglio esamina ogni tre anni, in base a una relazione presentatagli dalla Commissione e previo parere del Comitato economico e finanziario, se il meccanismo istituito continui ad essere adeguato nel suo principio di base, modalità e massimali, alle esigenze che hanno indotto a istituirlo.Articolo 11Il regolamento (CEE) n. 1969/88 è abrogato.Articolo 12Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 18 febbraio 2002.Per il ConsiglioIl PresidenteJ. Piqué i Camps(1) GU C 180 E del 26.6.2001, pag. 199.(2) Parere espresso il 6 settembre 2001 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU C 151 del 22.5.2001, pag. 18.(4) GU L 178 dell'8.7.1988, pag. 1. Regolamento modificato dall'atto di adesione del 1994.
Sostegno dell’Unione europea ai paesi non appartenenti all’area dell’euro con problemi di deficit della bilancia dei pagamenti SINTESI CHE COSA FA IL REGOLAMENTO? Prevede aiuti finanziari per i paesi dell’Unione europea (UE) che non hanno adottato l’euro e che affrontano problemi di deficit della bilancia dei pagamenti*. PUNTI CHIAVE Il regolamento stabilisce i requisiti per prestiti a medio termine fino a 50 miliardi di euro ai paesi non appartenenti all’area dell’euro che affrontano difficoltà nella bilancia dei pagamenti. La procedura per concedere il prestito comprende: l’avvio dell’erogazione del prestito da parte della Commissione europea o di un paese dell’UE rilevante e non appartenente all’area dell’euro; la discussione da parte del paese dell’UE con la Commissione riguardo le esigenze finanziarie e la presentazione di un progetto di programma di riassetto; sulla base del programma di riassetto, la decisione da parte del Consiglio dei ministri circa l’opportunità di concedere il prestito, l’importo e la durata; la stesura di un memorandum d’intesa da parte della Commissione e del paese dell’UE, che specifica le condizioni stabilite dal Consiglio. Le caratteristiche del prestito comprendono l’assunzione e la concessione di prestiti in euro e con un rischio minimo per la Commissione. La Banca centrale europea gestisce il prestito per conto dell’UE. Gli interessi del prestito devono essere sostenuti dal paese dell’UE debitore e quest’ultimo è tenuto ad aprire un conto speciale presso la propria banca centrale nazionale per la gestione del prestito. La Corte dei conti europea ha il diritto di eseguire una verifica finanziaria nel paese dell’UE interessato, se lo ritiene necessario ai fini di una corretta gestione del meccanismo di prestito. Ogni tre anni il Consiglio, sulla base di una relazione della Commissione, è tenuto a esaminare se il prestito risponde ancora alle esigenze che ne avevano determinato la concessione. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO? Il regolamento è entrato in vigore il 24 febbraio 2002. TERMINI CHIAVE * Deficit della bilancia dei pagamenti: si determina quando il valore delle importazioni di un paese è superiore a quello delle esportazioni. ATTO Regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (GU L 53 del 23.2.2002, pag. 1-3) Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 332/2002 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha solo valore documentale. ATTI COLLEGATI Decisione 2003/797/CE della Banca centrale europea, del 7 novembre 2003, avente ad oggetto la gestione delle operazioni di assunzione di prestiti e delle corrispondenti operazioni di erogazione concluse dalla Comunità europea nell’ambito del meccanismo di sostegno finanziario a medio termine (BCE/2003/14) (GU L 297 del 15.11.2003, pag. 35-36). Si veda la versione consolidata.
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32009R0469
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REGOLAMENTO (CE) N. 469/2009 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 6 maggio 2009 sul certificato protettivo complementare per i medicinali (Versione codificata) (Testo rilevante ai fini del SEE) IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 95, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1), deliberando conformemente alla procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2), considerando quanto segue: (1) Il regolamento (CEE) n. 1768/92 del Consiglio, del 18 giugno 1992, sull’istituzione di un certificato protettivo complementare per i medicinali (3), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (4). È opportuno, per motivi di chiarezza e di razionalizzazione procedere alla sua codificazione. (2) La ricerca nel settore farmaceutico contribuisce in modo decisivo al costante miglioramento della salute pubblica. (3) I medicinali, in particolare quelli derivanti da una ricerca lunga e costosa, potranno continuare a essere sviluppati nella Comunità e in Europa solo se potranno beneficiare di una normativa favorevole che preveda una protezione sufficiente a incentivare tale ricerca. (4) Attualmente, il periodo che intercorre fra il deposito di una domanda di brevetto per un nuovo medicinale e l’autorizzazione di immissione in commercio dello stesso riduce la protezione effettiva conferita dal brevetto a una durata insufficiente ad ammortizzare gli investimenti effettuati nella ricerca. (5) Tali circostanze determinano una protezione insufficiente che penalizza la ricerca farmaceutica. (6) Esiste un rischio di trasferimento dei centri di ricerca situati negli Stati membri verso paesi che offrono una migliore protezione. (7) È opportuno prevedere una soluzione uniforme a livello comunitario e prevenire in tal modo un’evoluzione eterogenea delle legislazioni nazionali che comporti ulteriori differenze tali da ostacolare la libera circolazione dei medicinali all’interno della Comunità e da incidere, di conseguenza, direttamente sul funzionamento del mercato interno. (8) È pertanto necessario prevedere un certificato protettivo complementare per i medicinali la cui immissione in commercio sia stata autorizzata, il quale possa essere ottenuto dal titolare di un brevetto nazionale o europeo alle stesse condizioni in ciascuno Stato membro. Di conseguenza, il regolamento costituisce lo strumento giuridico più appropriato. (9) La durata della protezione conferita dal certificato dovrebbe essere fissata in modo da permettere una protezione effettiva sufficiente. A tal fine, il titolare che disponga contemporaneamente di un brevetto e di un certificato deve poter beneficiare complessivamente di quindici anni al massimo di esclusività, a partire dalla prima autorizzazione di immissione in commercio nella Comunità del medicinale in questione. (10) Tuttavia, in un settore così complesso e sensibile come il settore farmaceutico, dovrebbero essere presi in considerazione tutti gli interessi in gioco, ivi compresi quelli della salute pubblica. A questo fine, il certificato non dovrebbe essere rilasciato per una durata superiore a cinque anni. La protezione che esso conferisce dovrebbe inoltre essere strettamente limitata al prodotto oggetto dell’autorizzazione di immissione in commercio in quanto medicinale. (11) Occorre prevedere una limitazione adeguata della durata del certificato nel caso particolare di un brevetto già prolungato a norma di una legislazione nazionale specifica, HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 Definizioni Ai fini del presente regolamento si intende per: a) «medicinale»: ogni sostanza o composizione presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane o animali, nonché ogni sostanza o composizione da somministrare all’uomo o all’animale allo scopo di stabilire una diagnosi medica o di ripristinare, correggere o modificare funzioni organiche dell’uomo o dell’animale; b) «prodotto»: il principio attivo o la composizione di principi attivi di un medicinale; c) «brevetto di base»: un brevetto che protegge un prodotto in quanto tale, un processo di fabbricazione di un prodotto o un impiego di prodotto e che è designato dal suo titolare ai fini della procedura di rilascio di un certificato; d) «certificato»: il certificato protettivo complementare; e) «domanda di proroga»: una domanda di proroga del certificato ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 3 del presente regolamento e dell’articolo 36 del regolamento (CE) n. 1901/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativo ai medicinali per uso pediatrico (5). Articolo 2 Ambito di applicazione Ogni prodotto protetto da un brevetto nel territorio di uno Stato membro e soggetto, in quanto medicinale, prima dell’immissione in commercio a una procedura di autorizzazione amministrativa ai sensi della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (6) o della direttiva 2001/82/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali veterinari (7), può formare oggetto di un certificato alle condizioni e secondo le modalità previste dal presente regolamento. Articolo 3 Condizioni di rilascio del certificato Il certificato viene rilasciato se nello Stato membro nel quale è presentata la domanda di cui all’articolo 7 e alla data di tale domanda: a) il prodotto è protetto da un brevetto di base in vigore; b) per il prodotto in quanto medicinale è stata rilasciata un’autorizzazione in corso di validità di immissione in commercio a norma, secondo il caso, della direttiva 2001/83/CE o della direttiva 2001/82/CE; c) il prodotto non è già stato oggetto di un certificato; d) l’autorizzazione di cui alla lettera b) è la prima autorizzazione di immissione in commercio del prodotto in quanto medicinale. Articolo 4 Oggetto della protezione Nei limiti della protezione conferita dal brevetto di base, la protezione conferita dal certificato riguarda il solo prodotto oggetto dell’autorizzazione di immissione in commercio del medicinale corrispondente, per qualsiasi impiego del prodotto in quanto medicinale, che sia stato autorizzato prima della scadenza del certificato. Articolo 5 Effetti del certificato Fatto salvo l’articolo 4, il certificato conferisce gli stessi diritti che vengono attribuiti dal brevetto di base ed è soggetto alle stesse limitazioni e agli stessi obblighi. Articolo 6 Diritto al certificato Il diritto al certificato spetta al titolare del brevetto di base o al suo avente diritto. Articolo 7 Domanda di certificato 1. La domanda di certificato deve essere depositata entro il termine di sei mesi a decorrere dalla data in cui per il prodotto, in quanto medicinale, è stata rilasciata l’autorizzazione di immissione in commercio menzionata all’articolo 3, lettera b). 2. Fatto salvo il paragrafo 1, quando l’autorizzazione di immissione in commercio avviene prima del rilascio del brevetto di base, la domanda di certificato deve essere depositata entro il termine di sei mesi a decorrere dalla data di rilascio del brevetto. 3. La domanda di proroga di un certificato può essere effettuata al momento del deposito della domanda di certificato ovvero quando la domanda di certificato è pendente e sono soddisfatti i requisiti di cui, rispettivamente, all’articolo 8, paragrafo 1, lettera d), o all’articolo 8, paragrafo 2. 4. La domanda di proroga di un certificato già rilasciato in applicazione viene depositata, al più tardi, due anni prima della scadenza del certificato. 5. Fatto salvo il paragrafo 4, per cinque anni dall’entrata in vigore del regolamento (CE) n. 1901/2006, la domanda di proroga di un certificato già rilasciato viene depositata, al più tardi, sei mesi prima della scadenza del certificato. Articolo 8 Contenuto della domanda di certificato 1. La domanda di certificato deve contenere: a) una richiesta per il rilascio di un certificato che contenga in particolare: i) il nome e l’indirizzo del richiedente; ii) il nome e l’indirizzo del mandatario, se del caso; iii) il numero del brevetto di base nonché il titolo dell’invenzione; iv) il numero e la data della prima autorizzazione di immissione in commercio del prodotto di cui all’articolo 3, lettera b), e, qualora non sia la prima autorizzazione di immissione in commercio nella Comunità, anche il numero e la data di detta autorizzazione; b) una copia dell’autorizzazione di immissione in commercio di cui all’articolo 3, lettera b), da cui risulti l’identità del prodotto e che contenga, in particolare, il numero e la data dell’autorizzazione, nonché il riassunto delle caratteristiche del prodotto, come previsto dall’articolo 11 della direttiva 2001/83/CE o dall’articolo 14 della direttiva 2001/82/CE; c) se l’autorizzazione di cui alla lettera b) non è la prima autorizzazione di immissione in commercio del prodotto nella Comunità, in quanto medicinale, l’indicazione dell’identità del prodotto così autorizzato e della disposizione giuridica in forza della quale è intervenuta la procedura di autorizzazione, nonché una copia della pubblicazione di detta autorizzazione nella Gazzetta ufficiale; d) se la domanda di certificato comprende una domanda di proroga: i) una copia della dichiarazione di conformità a un piano d’indagine pediatrica approvato e completato, di cui all’articolo 36, paragrafo 1 del regolamento (CE) n. 1901/2006; ii) all’occorrenza, oltre alla copia dell’autorizzazione all’immissione in commercio del prodotto di cui alla lettera b), la prova dell’esistenza di dette autorizzazioni per tutti gli altri Stati membri conformemente all’articolo 36, paragrafo 3 del regolamento (CE) n. 1901/2006. 2. Quando una domanda di certificato è pendente, la domanda di proroga ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3 include gli elementi di cui al paragrafo 1, lettera d), del presente articolo, nonché un riferimento alla domanda di certificato già presentata. 3. La domanda di proroga di un certificato già rilasciato contiene gli elementi di cui al paragrafo 1, lettera d), e una copia del certificato già rilasciato. 4. Gli Stati membri possono stabilire una tassa da versare per presentare domanda di certificato e per presentare domanda di proroga di un certificato. Articolo 9 Deposito della domanda di certificato 1. La domanda di certificato deve essere depositata presso l’ufficio competente della proprietà industriale dello Stato membro che ha rilasciato o per il quale è stato rilasciato il brevetto di base e nel quale è stata ottenuta l’autorizzazione di immissione in commercio di cui all’articolo 3, lettera b), a meno che lo Stato membro non designi a tal fine un’altra autorità. La domanda di proroga di un certificato è depositata presso l’autorità competente dello Stato membro interessato. 2. L’indicazione della domanda di certificato è pubblicata dall’autorità di cui al paragrafo 1. Tale indicazione deve contenere almeno i seguenti dati: a) il nome e l’indirizzo del richiedente; b) il numero del brevetto di base; c) il titolo dell’invenzione; d) il numero o la data dell’autorizzazione di immissione in commercio di cui all’articolo 3, lettera b), nonché il prodotto la cui identità risulta dall’autorizzazione stessa; e) se del caso, il numero e la data della prima autorizzazione di immissione in commercio nella Comunità; f) se del caso, l’indicazione che la domanda include una domanda di proroga. 3. Si applica il paragrafo 2 alla notifica della domanda di proroga di un certificato già rilasciato o qualora la domanda di certificato sia pendente. La notifica contiene inoltre una menzione della domanda di proroga del certificato. Articolo 10 Rilascio del certificato o rigetto della domanda di certificato 1. Quando la domanda di certificato e il prodotto che ne è oggetto soddisfano le condizioni previste dal presente regolamento, l’autorità di cui all’articolo 9, paragrafo 1, rilascia il certificato. 2. Fatto salvo il paragrafo 3, l’autorità di cui all’articolo 9, paragrafo 1, rigetta la domanda di certificato se la domanda stessa, o il prodotto che ne è oggetto, non soddisfano le condizioni previste nel presente regolamento. 3. Se la domanda di certificato non soddisfa le condizioni previste dall’articolo 8 l’autorità di cui all’articolo 9, paragrafo 1, invita il richiedente a porre rimedio, entro il termine assegnatogli, alle irregolarità constatate o all’eventuale mancato pagamento della tassa. 4. Qualora non sia posto rimedio entro il termine prescritto alle irregolarità o al mancato pagamento notificati in virtù del paragrafo 3, la domanda è rigettata. 5. Gli Stati membri possono disporre che il rilascio del certificato da parte dell’autorità di cui all’articolo 9, paragrafo 1, avvenga senza esame delle condizioni previste dall’articolo 3, lettere c), e d). 6. I paragrafi da 1 a 4 si applicano mutatis mutandis alla domanda di proroga. Articolo 11 Pubblicazione 1. L’indicazione del rilascio del certificato forma oggetto di una pubblicazione da parte dell’autorità di cui all’articolo 9, paragrafo 1. Tale indicazione deve contenere almeno i seguenti dati: a) il nome e l’indirizzo del titolare del certificato; b) il numero del brevetto di base; c) il titolo dell’invenzione; d) il numero e la data dell’autorizzazione di immissione in commercio di cui all’articolo 3, lettera b), nonché il prodotto la cui identità risulta dall’autorizzazione stessa; e) se del caso, il numero e la data della prima autorizzazione di immissione in commercio nella Comunità; f) la durata del certificato. 2. L’indicazione del rigetto della domanda di certificato forma oggetto di una pubblicazione da parte dell’autorità di cui all’articolo 9, paragrafo 1. Tale indicazione deve contenere almeno i dati di cui all’articolo 9, paragrafo 2. 3. I paragrafi 1 e 2 si applicano alla notifica della concessione di una proroga o del rifiuto di una proroga. Articolo 12 Tasse annuali Gli Stati membri possono disporre che il certificato sia soggetto al pagamento di tasse annuali. Articolo 13 Durata del certificato 1. Il certificato ha efficacia a decorrere dal termine legale del brevetto di base per una durata uguale al periodo intercorso tra la data del deposito della domanda del brevetto di base e la data della prima autorizzazione di immissione in commercio nella Comunità, ridotto di cinque anni. 2. Fatto salvo il paragrafo 1, la durata del certificato non può essere superiore a cinque anni a decorrere dalla data in cui il certificato acquista efficacia. 3. I periodi stabiliti ai paragrafi 1 e 2 sono prorogati di sei mesi qualora si applichi l’articolo 36 del regolamento (CE) n. 1901/2006. In tal caso il periodo di cui al paragrafo 1 del presente articolo può essere prorogato una sola volta. 4. Qualora un certificato sia rilasciato per un prodotto protetto da un brevetto che, anteriormente al 2 gennaio 1993, sia stato prorogato o abbia formato oggetto di una richiesta di proroga, in virtù della legislazione nazionale, la durata di tale certificato è ridotta del numero di anni eccedenti i venti anni di durata del brevetto. Articolo 14 Estinzione del certificato Il certificato si estingue: a) al termine della durata prevista dall’articolo 13; b) per rinuncia del titolare; c) per mancato pagamento nei termini della tassa annuale fissata conformemente all’articolo 12; d) se e per tutto il periodo in cui il prodotto protetto da certificato non può più essere immesso sul mercato, a seguito del ritiro della o delle corrispondenti autorizzazioni di immissione sul mercato, conformemente alla direttiva 2001/83/CE o alla direttiva 2001/82/CE. L’autorità di cui all’articolo 9, paragrafo 1 del presente regolamento, è abilitata a decidere d’ufficio oppure su richiesta di un terzo in merito all’estinzione del certificato. Articolo 15 Nullità del certificato 1. Il certificato è nullo: a) se è stato rilasciato in contrasto con le disposizioni dell’articolo 3; b) se il brevetto di base si è estinto anteriormente allo scadere della durata legale; c) se il brevetto di base viene dichiarato nullo o viene limitato in modo tale che il prodotto per il quale il certificato era stato rilasciato non è più protetto dai diritti del brevetto di base, oppure se dopo l’estinzione del brevetto di base sussistono cause di nullità che avrebbero giustificato l’annullamento oppure la limitazione. 2. Chiunque può depositare una domanda o esercitare un’azione di nullità del certificato presso l’organo competente, in virtù delle disposizioni della legislazione nazionale, per annullare il brevetto di base corrispondente. Articolo 16 Revoca di una proroga 1. La proroga può essere revocata se è stata concessa in contrasto con le disposizioni dell’articolo 36 del regolamento (CE) n. 1901/2006. 2. Chiunque può depositare una domanda di revoca della proroga presso l’organo competente, in virtù delle disposizioni della legislazione nazionale, per dichiarare nullo il brevetto di base corrispondente. Articolo 17 Pubblicazione dell’indicazione relativa all’estinzione o alla nullità 1. Se il certificato si estingue conformemente all’articolo 14, lettera b), c), o d), oppure se viene dichiarato nullo conformemente all’articolo 15, un’indicazione in merito viene pubblicata dall’autorità di cui all’articolo 9, paragrafo 1. 2. In caso di revoca della proroga a norma dell’articolo 16, l’autorità di cui all’articolo 9, paragrafo 1, ne dà notifica a mezzo pubblicazione. Articolo 18 Ricorsi Le decisioni dell’autorità di cui all’articolo 9, paragrafo 1, o degli organi di cui all’articolo 15, paragrafo 2, e dell’articolo 16, paragrafo 2, adottate in applicazione del presente regolamento, sono soggette agli stessi ricorsi previsti dalla legislazione nazionale contro decisioni analoghe in materia di brevetti nazionali. Articolo 19 Procedura 1. In mancanza di disposizioni di procedura stabilite nel presente regolamento si applicano al certificato le disposizioni di procedura applicabili in virtù della legislazione nazionale al brevetto di base corrispondente, a meno che la legislazione nazionale non contempli disposizioni di procedura speciali in merito ai certificati. 2. Fatto salvo il paragrafo 1, è esclusa la procedura di opposizione a un certificato già rilasciato. Articolo 20 Disposizioni supplementari connesse con l’allargamento della Comunità Fatte salve le altre disposizioni del presente regolamento, si applicano le seguenti disposizioni: a) qualsiasi medicinale protetto da un brevetto di base in vigore e per il quale, in quanto medicinale, sia stata rilasciata una prima autorizzazione di immissione in commercio dopo il 1o gennaio 2000 può formare oggetto di un certificato in Bulgaria, purché la domanda di certificato venga depositata entro sei mesi dal 1o gennaio 2007; b) qualsiasi medicinale protetto da un brevetto di base in vigore nella Repubblica ceca e per il quale, in quanto medicinale, sia stata rilasciata una prima autorizzazione di immissione in commercio: i) nella Repubblica ceca, dopo il 10 novembre 1999, può formare oggetto di un certificato, purché la domanda di certificato sia stata depositata entro il termine di sei mesi dalla data in cui è stata rilasciata la prima autorizzazione di immissione in commercio; ii) nella Comunità, non prima dei sei mesi antecedenti il 1o maggio 2004, può formare oggetto di un certificato, purché la domanda di certificato sia stata depositata entro il termine di sei mesi dalla data in cui è stata rilasciata la prima autorizzazione di immissione in commercio; c) qualsiasi medicinale protetto da un brevetto di base in vigore e per il quale, in quanto medicinale, sia stata rilasciata una prima autorizzazione di immissione in commercio in Estonia prima del 1o maggio 2004 può formare oggetto di un certificato, purché la domanda di certificato sia stata depositata entro il termine di sei mesi dalla data in cui è stata rilasciata la prima autorizzazione di immissione in commercio o, nel caso dei brevetti concessi anteriormente al 1o gennaio 2000, entro il termine di sei mesi di cui alla legge sui brevetti dell’ottobre 1999; d) qualsiasi medicinale protetto da un brevetto di base in vigore e per il quale, in quanto medicinale, sia stata rilasciata una prima autorizzazione di immissione in commercio a Cipro prima del 1o maggio 2004 può formare oggetto di un certificato, purché la domanda di certificato sia stata depositata entro il termine di sei mesi dalla data in cui è stata rilasciata la prima autorizzazione di immissione in commercio; in deroga a quanto sopra, qualora l’autorizzazione di immissione in commercio sia stata ottenuta prima della concessione del brevetto di base, la domanda di certificato deve essere depositata entro sei mesi dalla data in cui è stato concesso il brevetto; e) qualsiasi medicinale protetto da un brevetto di base in vigore e per il quale, in quanto medicinale, sia stata rilasciata una prima autorizzazione di immissione in commercio in Lettonia prima del 1o maggio 2004 può formare oggetto di un certificato. Qualora il termine previsto dall’articolo 7, paragrafo 1 sia scaduto, è possibile richiedere un certificato entro il termine di sei mesi a decorrere al più tardi dal 1o maggio 2004; f) qualsiasi medicinale protetto da un brevetto di base in vigore richiesto dopo il 1o febbraio 1994 e per il quale, in quanto medicinale, sia stata rilasciata una prima autorizzazione di immissione in commercio in Lituania prima del 1o maggio 2004 può formare oggetto di un certificato, purché la domanda di certificato venga depositata entro il termine di sei mesi dal 1o maggio 2004; g) qualsiasi medicinale protetto da un brevetto di base in vigore e per il quale, in quanto medicinale, sia stata rilasciata una prima autorizzazione di immissione in commercio dopo il 1o gennaio 2000 può formare oggetto di un certificato in Ungheria, purché la domanda di certificato venga depositata entro sei mesi dal 1o maggio 2004; h) qualsiasi medicinale protetto da un brevetto di base in vigore e per il quale, in quanto medicinale, sia stata rilasciata una prima autorizzazione di immissione in commercio a Malta prima del 1o maggio 2004 può formare oggetto di un certificato. Qualora il termine previsto dall’articolo 7, paragrafo 1 sia scaduto, è possibile richiedere un certificato entro il termine di sei mesi a decorrere al più tardi dal 1o maggio 2004; i) qualsiasi medicinale protetto da un brevetto di base in vigore e per il quale, in quanto medicinale sia stata rilasciata una prima autorizzazione di immissione in commercio dopo il 1o gennaio 2000 può formare oggetto di un certificato in Polonia, purché la domanda di certificato venga depositata entro il termine di sei mesi a decorrere al più tardi dal 1o maggio 2004; j) qualsiasi medicinale protetto da un brevetto di base in vigore e per il quale, in quanto medicinale, sia stata rilasciata una prima autorizzazione di immissione in commercio dopo il 1o gennaio 2000 può formare oggetto di un certificato in Romania. Qualora il termine previsto dall’articolo 7, paragrafo 1 sia scaduto, è possibile richiedere un certificato entro il termine di sei mesi a decorrere al più tardi dal 1o gennaio 2007; k) qualsiasi medicinale protetto da un brevetto di base in vigore e per il quale, in quanto medicinale, sia stata rilasciata una prima autorizzazione di immissione in commercio in Slovenia prima del 1o maggio 2004 può formare oggetto di un certificato, purché la domanda di certificato venga depositata entro il termine di sei mesi dal 1o maggio 2004, inclusi i casi in cui il termine previsto dall’articolo 7, paragrafo 1 è scaduto; l) qualsiasi medicinale protetto da un brevetto di base in vigore e per il quale, in quanto medicinale, sia stata rilasciata una prima autorizzazione di immissione in commercio in Slovacchia dopo il 1o gennaio 2000 può formare oggetto di un certificato, purché la domanda di certificato sia stata depositata entro sei mesi dalla data in cui è stata rilasciata la prima autorizzazione di immissione in commercio o entro sei mesi a decorrere dal 1o luglio 2002 se l’autorizzazione di immissione in commercio è stata rilasciata prima di tale data. Articolo 21 Disposizioni transitorie 1. Il presente regolamento non si applica né ai certificati rilasciati conformemente alla legislazione nazionale di uno Stato membro prima del 2 gennaio 1993, né alle domande di certificato depositate in conformità di detta legislazione prima del 2 luglio 1992. Con riferimento all’Austria, alla Finlandia e alla Svezia, il presente regolamento non si applica ai certificati rilasciati conformemente alle rispettive legislazioni nazionali prima del 1o gennaio 1995. 2. Il presente regolamento si applica ai certificati protettivi complementari rilasciati conformemente alla legislazione nazionale della Repubblica ceca, dell’Estonia, di Cipro, della Lettonia, della Lituania, di Malta, della Polonia, della Slovenia e della Slovacchia anteriormente al 1o maggio 2004 e conformemente alla legislazione nazionale della Romania, anteriormente al 1o gennaio 2007. Articolo 22 Abrogazione Il regolamento (CEE) n. 1768/92, così come modificato dagli atti indicati nell’allegato I, è abrogato. I riferimenti fatti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza contenuta nell’allegato II. Articolo 23 Entrata in vigore Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Strasburgo, addì 6 maggio 2009. Per il Parlamento europeo Il presidente H.-G. PÖTTERING Per il Consiglio Il presidente J. KOHOUT (1) GU C 77 del 31.3.2009, pag. 42. (2) Parere del Parlamento europeo del 21 ottobre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 6 aprile 2009. (3) GU L 182 del 2.7.1992, pag. 1. (4) Cfr. allegato I. (5) GU L 378 del 27.12.2006, pag. 1. (6) GU L 311 del 28.11.2001, pag. 67. (7) GU L 311 del 28.11.2001, pag. 1. ALLEGATO I REGOLAMENTO ABROGATO ED ELENCO DELLE SUE MODIFICAZIONI SUCCESSIVE (ai sensi dell’articolo 22) Regolamento (CEE) n. 1768/92 del Consiglio (GU L 182 del 2.7.1992, pag. 1) Allegato I, punto XI.F.I, dell’atto di adesione del 1994 (GU C 241 del 29.8.1994, pag. 233) Allegato II, punto 4.C.II, dell’atto di adesione del 2003 (GU L 236 del 23.9.2003, pag. 342) Allegato III, punto 1.II, dell’atto di adesione del 2005 (GU L 157 del 21.6.2005, pag. 56) Regolamento (CE) n. 1901/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 378 del 27.12.2006, pag. 1) limitatamente all’articolo 52 ALLEGATO II TAVOLA DI CONCORDANZA Regolamento (CEE) n. 1768/92 Presente regolamento — Considerando 1 Considerando 1 Considerando 2 Considerando 2 Considerando 3 Considerando 3 Considerando 4 Considerando 4 Considerando 5 Considerando 5 Considerando 6 Considerando 6 Considerando 7 Considerando 7 Considerando 8 Considerando 8 Considerando 9 Considerando 9 Considerando 10 Considerando 10 — Considerando 11 — Considerando 12 — Considerando 13 Considerando 11 Articolo 1 Articolo 1 Articolo 2 Articolo 2 Articolo 3, frase introduttiva Articolo 3, frase introduttiva Articolo 3, lettera a) Articolo 3, lettera a) Articolo 3, lettera b), primo capoverso Articolo 3, lettera b) Articolo 3, lettera b), secondo capoverso — Articolo 3, lettere c) e d) Articolo 3, lettere c) e d) Articoli da 4 a 7 Articoli da 4 a 7 Articolo 8, paragrafo 1 Articolo 8, paragrafo 1 Articolo 8, paragrafo 1 bis Articolo 8, paragrafo 2 Articolo 8, paragrafo 1 ter Articolo 8, paragrafo 3 Articolo 8, paragrafo 2 Articolo 8, paragrafo 4 Articoli da 9 a 12 Articoli da 9 a 12 Articolo 13, paragrafi 1, 2 e 3 Articolo 13, paragrafi 1, 2 e 3 Articoli 14 e 15 Articoli 14 e 15 Articolo 15 bis Articolo 16 Articoli 16, 17 e 18 Articoli 17, 18 e 19 Articolo 19 — Articolo 19 bis, frase introduttiva Articolo 20, frase introduttiva Articolo 19 bis, lettera a), punti i) e ii) Articolo 20, lettera b), frasi introduttive; punti i) e ii) Articolo 19 bis, lettera b) Articolo 20, lettera c) Articolo 19 bis, lettera c) Articolo 20, lettera d) Articolo 19 bis, lettera d) Articolo 20, lettera e) Articolo 19 bis, lettera e) Articolo 20, lettera f) Articolo 19 bis, lettera f) Articolo 20, lettera g) Articolo 19 bis, lettera g) Articolo 20, lettera h) Articolo 19 bis, lettera h) Articolo 20, lettera i) Articolo 19 bis, lettera i) Articolo 20, lettera k) Articolo 19 bis, lettera j) Articolo 20, lettera l) Articolo 19 bis, lettera k) Articolo 20, lettera a) Articolo 19 bis, lettera l) Articolo 20, lettera j) Articolo 20 Articolo 21 Articolo 21 — Articolo 22 Articolo 13, paragrafo 4 — Articolo 22 Articolo 23 Articolo 23 — Allegato I — Allegato II
Certificati protettivi complementari per i medicinali e i prodotti fitosanitari QUAL È LO SCOPO DI QUESTI REGOLAMENTI? Forniscono una protezione complementare per specifici prodotti farmaceutici e fitosanitari dotati di autorizzazione alla vendita. Il regolamento di modifica (UE) 2019/933 ha introdotto un esonero per la fabbricazione alla protezione fornita da un certificato di protezione supplementare (SPC)* per i prodotti farmaceutici che consentono alle società basate nell’UE di fabbricare una versione generica o simile di un medicinale protetto da SPC durante il periodo di validità del certificato:per l’esportazione verso un mercato extra UE; oper lo stoccaggio durante gli ultimi 6 mesi di un SPC, prima dell’ingresso nel mercato dell’Unione. Questa protezione dell’Unione europea è volta a uniformare eventuali disparità e carenze presenti nei sistemi brevettuali nazionali relativi alla protezione dei prodotti farmaceutici e fitosanitari. PUNTI CHIAVE Qualsiasi prodotto farmaceutico o impianto di produzione può ricevere un SPC, in cui:è protetto da un brevetto nazionale (il brevetto di base);deve avere un’autorizzazione nazionale o dell’UE prima di poter essere venduto (autorizzazione all’immissione in commercio); enon possiede già un certificato. L’SPC conferisce gli stessi diritti che vengono attribuiti dal brevetto di base, a parte le limitazioni dell’esonero per la fabbricazione spiegato sopra. La domanda del certificato protettivo complementare deve essere depositata presso l’ufficio competente della proprietà industriale nazionale:entro sei mesi a decorrere dalla data in cui è stata rilasciata l’autorizzazione di immissione in commercio; oppurese l’autorizzazione all’immissione in commercio è rilasciata prima del rilascio del brevetto di base, entro 6 mesi dalla data di rilascio del brevetto. Il certificato protettivo complementare acquista efficacia quando il brevetto di base si estingue e resta in vigore per un massimo di cinque anni. La protezione complessiva che può essere fornita da un brevetto e da un certificato protettivo complementare non può superare i quindici anni a partire dalla prima autorizzazione di immissione in commercio. L’SPC può essere prorogato di sei mesi per i farmaci per bambini qualora sia stato preparato un piano d’indagine pediatrica. Pertanto la protezione complessiva fornita è di quindici anni e mezzo. A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO I REGOLAMENTI? Il regolamento (CE) n. 1610/96 si applica dall’8 febbraio 1997, fatta eccezione per quei paesi il cui diritto nazionale non disciplinava la brevettabilità dei prodotti fitosanitari, nei quali si applica dal 2 gennaio 1998. Il regolamento (UE) No 469/2009 codifica il regolamento (CEE) n. 1768/92 del Consiglio. È in vigore dal 6 luglio 2009. Il regolamento di modifica (UE) n. 2019/933 si applica dal 1 luglio 2019. CONTESTO L’intervallo che intercorre tra la presentazione della domanda di un brevetto per un nuovo prodotto farmaceutico o fitofarmaceutico e la ricezione dell’autorizzazione per la sua vendita riduce il periodo effettivo della protezione del brevetto. L’SPC mira a compensare tale riduzione dell’effettiva protezione dei brevetti in questi settori di ricerca per incoraggiare l’innovazione e impedire a queste industrie di allontanarsi dagli Stati membri. Per ulteriori informazioni, consultare:Certificati protettivi supplementari (Commissione europea). TERMINI CHIAVE Certificato protettivo complementare: un diritto di proprietà intellettuale per un prodotto specifico che funge da ampliamento di un brevetto. DOCUMENTI PRINCIPALI Regolamento (CE) n. 1610/96 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 1996, sull’istituzione di un certificato protettivo complementare per i prodotti fitosanitari (GU L 198 del 8.8.1996, pag. 30). Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1610/96 sono state incorporate nel testo base. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Regolamento (CE) n. 469/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, sul certificato protettivo complementare per i medicinali (GU L 152 del 16.6.2009, pag. 1). Si veda la versione consolidata. DOCUMENTO CORRELATO Regolamento (UE) 2019/933 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2019, che modifica il regolamento (CE) n. 469/2009 per quanto riguarda il certificato protettivo complementare per i medicinali (GU L 153 del 11.6.2019, pag. 1).
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Direttiva 95/60/CE del Consiglio, del 27 novembre 1995, sulla marcatura fiscale dei gasoli e del petrolio lampante Gazzetta ufficiale n. L 291 del 06/12/1995 pag. 0046 - 0047 DIRETTIVA 95/60/CE DEL CONSIGLIO del 27 novembre 1995 sulla marcatura fiscale dei gasoli e del petrolio lampanteIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 99, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che le misure comunitarie previste dalla presente direttiva sono non solo necessarie ma indispensabili per il raggiungimento degli obiettivi del mercato interno; che tali obiettivi non possono essere realizzati individualmente dagli Stati membri; che il loro raggiungimento a livello comunitario è già disposto dalla direttiva 92/81/CEE (4), in particolare dall'articolo 9; che la presente direttiva è conforme al principio della sussidiarietà; considerando che la direttiva 92/82/CEE (5) stabilisce disposizioni sulle aliquote minime delle accise applicabili a taluni oli minerali e in particolare alle varie categorie di gasolio e di petrolio lampante; considerando che per il buon funzionamento del mercato interno è necessario stabilire norme comuni per la marcatura fiscale del gasolio e del petrolio lampante ai quali non sia stata applicata l'aliquota normale dell'accisa in vigore per tali oli minerali usati come carburante; considerando che ad alcuni Stati membri dovrebbe essere concesso di derogare alle misure previste dalla presente direttiva per specifiche ragioni nazionali; considerando che la direttiva 92/12/CEE (6) stabilisce disposizioni sul regime generale dei prodotti soggetti ad accise e che, in particolare, l'articolo 24 prevede l'istituzione di un Comitato delle accise cui compete esaminare le questioni concernenti l'applicazione delle disposizioni comunitarie in materia di accise; considerando che è opportuno che certe questioni tecniche relative alle specifiche dei prodotti da utilizzare per la marcatura fiscale del gasolio e del petrolio lampante siano trattate nel quadro delle disposizioni di tale articolo, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 1. Fatte salve le disposizioni nazionali in materia di marcatura fiscale, gli Stati membri applicano una marcatura fiscale conformemente alle disposizioni della presente direttiva: - a tutti i tipi di gasolio di cui al codice NC 2 710 00 69 immessi in consumo ai sensi dell'articolo 6 della direttiva 92/12/CEE e esentati o assoggettati ad accisa ad un'aliquota diversa da quella applicabile ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 1 della direttiva 92/82/CEE; - al petrolio lampante di cui al codice NC 2710 00 55 immesso in consumo secondo la definizione dell'articolo 6 della direttiva 92/12/CEE del Consiglio e esentato o assoggettato ad accisa ad un'aliquota diversa da quella applicabile ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 1 della direttiva 92/82/CEE. 2. Gli Stati membri possono autorizzare deroghe all'applicazione della marcatura fiscale di cui al paragrafo 1 per motivi di sanità pubblica, di sicurezza o per altre ragioni tecniche, purché adottino adeguate misure di controllo fiscale. Inoltre, l'Irlanda può decidere di non utilizzare o di non autorizzare l'utilizzazione della marcatura conformemente all'articolo 21, paragrafo 4 della direttiva 92/12/CEE. In tal caso essa ne informa la Commissione che a sua volta ne informa gli altri Stati membri. Articolo 2 1. Il marcatore è costituito da una miscela ben precisa di additivi chimici, da aggiungersi sotto controllo fiscale, al più tardi prima che gli oli minerali in questione siano immessi in consumo. Tuttavia: - per le consegne dirette in sospensione d'imposta al di fuori di un deposito fiscale provenienti da un altro Stato membro, gli Stati membri possono esigere l'aggiunta del marcatore prima che il prodotto lasci il deposito fiscale di spedizione; - in casi o situazioni eccezionali gli Stati membri possono, se già lo facevano prima del 1° gennaio 1996, autorizzare l'aggiunta del marcatore dopo l'immissione in consumo degli oli minerali in questione sotto controllo fiscale. Gli Stati membri che applicano tale misura ne informano la Commissione. La Commissione informa gli Stati membri di detta misura. In tal caso, essi possono rimborsare l'accisa pagata all'atto dell'immissione in consumo; - a condizione che le merci rimangano assoggettate al controllo fiscale, la Danimarca può rinviare l'aggiunta del marcatore sino, al massimo, al momento della vendita al dettaglio. 2. Il marcatore da utilizzare è stabilito conformemente alla procedura di cui all'articolo 24 della direttiva 92/12/CEE. Articolo 3 Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché sia evitato l'abuso dei prodotti marcati, e segnatamente affinché gli oli minerali in questione non possano essere utilizzati come carburante di motori di autoveicoli stradali né conservati nel serbatoio di questi ultimi a meno che un siffatto uso non sia consentito negli specifici casi determinati dalle autorità competenti degli Stati membri. Gli Stati membri dispongono affinché l'uso nelle circostanze di cui al primo comma degli oli minerali in questione sia considerato reato dal diritto nazionale dello Stato membro interessato. Ogni Stato membro adotta le misure necessarie per attuare pienamente tutte le disposizioni della presente direttiva ed in particolare stabilisce le sanzioni da applicare in caso di inosservanza di tali misure; tali sanzioni devono essere proporzionate allo scopo ed avere efficacia dissuasiva. Articolo 4 Gli Stati membri possono aggiungere un marcatore o un colorante nazionali oltre al marcatore previsto all'articolo 1, paragrafo 1. Agli oli minerali in questione non possono essere aggiunti marcatori o coloranti diversi da quelli previsti dalla legislazione comunitaria o dal diritto nazionale dello Stato membro interessato. Articolo 5 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni necessarie per conformarsi alla presente direttiva al momento dell'entrata in vigore delle disposizioni adottate secondo la procedura di cui all'articolo 2. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 6 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 27 novembre 1995. Per il Consiglio Il Presidente P. SOLBES MIRA
Marcatura fiscale dei gasoli e del petrolio lampante QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA? Lo scopo della direttiva è quello di assicurare il buon funzionamento del mercato interno e di prevenire l’utilizzo improprio di alcuni prodotti derivati dal petrolio soggetti ad accise. PUNTI CHIAVE Gli Stati membri applicano una marcatura fiscale ai gasoli e al petrolio lampante (ad eccezione del combustibile per aerei) esentati o assoggettati ad accisa ad un’aliquota diversa da quella applicabile agli oli minerali come carburanti. Il marcatore fiscale è costituito da una specifica sostanza chimica da aggiungersi ai prodotti sopracitati. Il marcatore deve essere aggiunto sotto controllo fiscale, prima che i prodotti in questione siano immessi in consumo, salvo alcuni casi. Gli Stati membri possono aggiungere un marcatore o un colorante nazionali oltre al marcatore previsto dalla direttiva. EccezioniSono possibili deroghe, in determinate circostanze, all’applicazione della marcatura fiscale per motivi di sanità pubblica o per ragioni tecniche. L’Irlanda può decidere di non utilizzare o di non autorizzare l’utilizzazione della marcatura. In tal caso essa ne informa la Commissione che a sua volta ne informa gli altri Stati membri. A condizione che le merci rimangano assoggettate al controllo fiscale, la Danimarca può rinviare l’aggiunta del marcatore sino, al massimo, al momento della vendita al dettaglio. Sanzioni Gli Stati membri individuano le sanzioni necessarie affinché sia evitato l’abuso dei prodotti marcati, e segnatamente affinché gli oli minerali in questione non possano essere utilizzati come carburante di motori di autoveicoli stradali, da applicare in caso di inosservanza di tali misure. Marcatore comuneLa decisione di esecuzione 2011/544/CE della Commissione ha stabilito che il marcatore fiscale comune è il Solvent Yellow 124. È stata prorogata tre volte. La decisione di esecuzione più recente (UE) 2017/74, attualmente in vigore, fissa il livello di marcatura pari ad almeno 6 mg ma non superiore a 9 mg di marcatore per litro di olio minerale. La presente decisione è riesaminata entro il 31 dicembre 2021, tenendo conto degli sviluppi tecnici nel campo dei sistemi di marcatura (e della necessità di combattere l’utilizzo fraudolento di prodotti energetici esentati o assoggettati ad aliquote d’accisa ridotte). Nel frattempo, la Commissione europea ha avviato uno studio per identificare prodotti alternativi adatti a essere utilizzati come marcatori fiscali nei gasoli e nel petrolio lampante. Il Centro comune di ricerca della Commissione ha prodotto una relazione contenente i risultati su alcuni dei marcatori fiscali disponibili basandosi sulle applicazioni di alcune aziende del settore chimico in seguito a un invito a manifestare interesse emesso dai servizi della Commissione. I lavori per la valutazione dei marcatori fiscali candidati sono attualmente in corso. Qualora la Commissione, in seguito a consultazione con gli Stati membri, dovesse stabilire che è disponibile una sostanza che offre prestazioni migliori di Solvent Yellow 124, la decisione (UE) 2017/74 potrà essere abrogata entro il 2021. DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DIRETTIVA? La direttiva è stata applicata dal martedì 26 dicembre 1995. CONTESTO Per ulteriori informazioni, consultare:Accise: Altre disposizioni di legge in materia di energia (Commissione europea). DOCUMENTO PRINCIPALE Direttiva 95/60/CE del Consiglio, del 27 novembre 1995, sulla marcatura fiscale dei gasoli e del petrolio lampante (GU L 291 del 6.12.1995, pagg. 46–47) DOCUMENTI COLLEGATI Decisione di esecuzione (UE) 2017/74 della Commissione, del 25 novembre 2016, che introduce un marcatore fiscale comune per i gasoli e per il petrolio lampante (GU L 10 del 14.1.2017, pagg. 7–9) Direttiva 2008/118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa al regime generale delle accise e che abroga la direttiva 92/12/CEE (GU L 9 del 14.1.2009, pagg. 12–30) Le successive modifiche alla direttiva 2008/118/CE sono state incorporate nel testo base. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. Direttiva 2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità (GU L 283 del 31.10.2003, pagg. 51–70) Due modifiche alla direttiva 2003/96/CE sono state incorporate nel testo base. Si veda la versione consolidata
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