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32010R1259 | false | REGOLAMENTO (UE) N. 1259/2010 DEL CONSIGLIO
del 20 dicembre 2010
relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 81, paragrafo 3,
vista la decisione 2010/405/UE del Consiglio, del 12 luglio 2010, che autorizza una cooperazione rafforzata nel settore del diritto applicabile in materia di divorzio e di separazione legale (1),
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Parlamento europeo,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo,
deliberando secondo una procedura legislativa speciale,
considerando quanto segue:
(1)
L’Unione si prefigge di conservare e sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone. Al fine di una progressiva istituzione di tale spazio, l’Unione deve adottare misure nel settore della cooperazione giudiziaria nelle materie civili con implicazioni transnazionali, in particolare se necessario al buon funzionamento del mercato interno.
(2)
A norma dell’articolo 81 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, tali misure includono quelle intese ad assicurare la compatibilità delle regole applicabili negli Stati membri ai conflitti di leggi.
(3)
Il 14 marzo 2005 la Commissione ha adottato un libro verde sul diritto applicabile e sulla giurisdizione in materia di divorzio. Il libro verde ha dato il via a un’ampia consultazione pubblica sulle soluzioni possibili ai problemi che può porre la situazione attuale.
(4)
Il 17 luglio 2006 la Commissione ha proposto un regolamento che modifica il regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio (2) limitatamente alla competenza giurisdizionale e introduce norme sulla legge applicabile in materia matrimoniale.
(5)
Il 5 e 6 giugno 2008 il Consiglio, riunito a Lussemburgo, prendeva atto della mancanza di unanimità su tale proposta e dell’esistenza di difficoltà insormontabili che rendevano impossibile l’unanimità allora e in un prossimo futuro, e constatava che gli obiettivi della proposta non potevano essere conseguiti, entro un termine ragionevole, applicando le pertinenti disposizioni dei trattati.
(6)
Il Belgio, la Bulgaria, la Germania, la Grecia, la Spagna, la Francia, l’Italia, la Lettonia. il Lussemburgo, l’Ungheria, Malta, l’Austria, il Portogallo, la Romania e la Slovenia hanno successivamente trasmesso una richiesta alla Commissione manifestando l’intenzione di instaurare tra loro una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile in materia matrimoniale. Il 3 marzo 2010 la Grecia ha ritirato la propria richiesta.
(7)
Il 12 luglio 2010 il Consiglio ha adottato la decisione 2010/405/UE, che autorizza una cooperazione rafforzata nel settore del diritto applicabile in materia di divorzio e di separazione legale.
(8)
Ai sensi dell’articolo 328, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, al momento della loro instaurazione le cooperazioni rafforzate sono aperte a tutti gli Stati membri, fatto salvo il rispetto delle eventuali condizioni di partecipazione stabilite dalla decisione di autorizzazione. La partecipazione alle cooperazioni rafforzate resta inoltre possibile in qualsiasi altro momento, fatto salvo il rispetto, oltre che delle condizioni summenzionate, degli atti già adottati in tale ambito. La Commissione e gli Stati membri che partecipano a una cooperazione rafforzata si adoperano per promuovere la partecipazione del maggior numero possibile di Stati membri. Il presente regolamento dovrebbe essere obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile soltanto negli Stati membri partecipanti conformemente ai trattati.
(9)
Il presente regolamento dovrebbe istituire un quadro giuridico chiaro e completo in materia di legge applicabile al divorzio e alla separazione personale negli Stati membri partecipanti e garantire ai cittadini soluzioni adeguate per quanto concerne la certezza del diritto, la prevedibilità e la flessibilità, e impedire le situazioni in cui un coniuge domanda il divorzio prima dell’altro per assicurarsi che il procedimento sia regolato da una legge che ritiene più favorevole alla tutela dei suoi interessi.
(10)
Il presente regolamento, sia nell’ambito di applicazione sostanziale sia nelle disposizioni, dovrebbe essere coerente con il regolamento (CE) n. 2201/2003. Non dovrebbe tuttavia applicarsi all’annullamento del matrimonio.
Il presente regolamento dovrebbe applicarsi solo allo scioglimento o all’allentamento del vincolo matrimoniale. La legge determinata dalle norme di conflitto del presente regolamento dovrebbe applicarsi alle cause del divorzio e della separazione personale.
Questioni preliminari quali la capacità giuridica e la validità del matrimonio e materie quali gli effetti del divorzio o della separazione personale sui rapporti patrimoniali, il nome, la responsabilità genitoriale, le obbligazioni alimentari o altri eventuali provvedimenti accessori dovrebbero essere regolate dalle norme di conflitto applicabili nello Stato membro partecipante interessato.
(11)
Al fine di definire con precisione l’ambito di applicazione territoriale del presente regolamento, è opportuno specificare gli Stati membri che partecipano alla cooperazione rafforzata.
(12)
Il presente regolamento dovrebbe presentare un carattere universale, vale a dire che le norme uniformi in materia di conflitto di leggi dovrebbero poter designare la legge di uno Stato membro partecipante, la legge di uno Stato membro non partecipante o la legge di uno Stato non membro dell’Unione europea.
(13)
Il presente regolamento dovrebbe essere applicato a prescindere dalla natura dell’autorità giurisdizionale adita. Se del caso, un’autorità giurisdizionale dovrebbe essere considerata adita ai sensi del regolamento (CE) n. 2201/2003.
(14)
Affinché i coniugi possano scegliere una legge applicabile con cui hanno legami stretti o, in mancanza di scelta, affinché al loro divorzio o separazione personale si applichi una siffatta legge, è opportuno che questa si applichi anche se non è la legge di uno Stato membro partecipante. Qualora sia designata la legge di un altro Stato membro, la rete istituita con decisione 2001/470/CE del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativa all’istituzione di una rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale (3), potrebbe intervenire per fornire assistenza alle autorità giurisdizionali sul contenuto della legge straniera.
(15)
Per aumentare la mobilità dei cittadini è necessario rafforzare la flessibilità e garantire una maggiore certezza del diritto. A tal fine, il presente regolamento dovrebbe potenziare l’autonomia delle parti in materia di divorzio e separazione personale riconoscendo una limitata possibilità di scelta in ordine alla legge applicabile al divorzio o alla separazione personale.
(16)
I coniugi dovrebbero poter scegliere, quale legge applicabile al divorzio e alla separazione personale, la legge di un paese con cui hanno un legame particolare o la legge del foro. La legge scelta dai coniugi deve essere conforme ai diritti fondamentali riconosciuti dai trattati e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
(17)
Prima di designare la legge applicabile occorre che i coniugi abbiano accesso ad informazioni aggiornate relative agli aspetti essenziali della legge nazionale e dell’Unione e delle procedure in materia di divorzio e di separazione personale. Per garantire l’accesso ad appropriate informazioni di qualità, la Commissione le aggiorna regolarmente nel sistema di informazione destinato al pubblico che si avvale di Internet, istituito con decisione 2001/470/CE.
(18)
La scelta informata di entrambi i coniugi è un principio essenziale del presente regolamento. Ciascun coniuge dovrebbe sapere esattamente quali sono le conseguenze giuridiche e sociali della scelta della legge applicabile. La possibilità di scegliere di comune accordo la legge applicabile dovrebbe far salvi i diritti e le pari opportunità per i due coniugi. A tal fine i giudici negli Stati membri partecipanti dovrebbero essere consapevoli dell’importanza di una scelta informata per entrambi i coniugi riguardo alle conseguenze giuridiche dell’accordo raggiunto.
(19)
Occorre definire norme sulla validità sostanziale e formale, in modo che la scelta informata dei coniugi sia facilitata e che il loro consenso sia rispettato nell’obiettivo di garantire la certezza del diritto ed un migliore accesso alla giustizia. Per quanto riguarda la validità formale, dovrebbero essere introdotte talune garanzie per assicurare che i coniugi siano consapevoli delle conseguenze della loro scelta. Come minimo l’accordo sulla scelta della legge applicabile dovrebbe essere redatto per iscritto, datato e firmato da entrambe le parti. Tuttavia, se la legge dello Stato membro partecipante in cui entrambi i coniugi hanno la residenza abituale nel momento in cui è concluso l’accordo prevede requisiti di forma supplementari, questi ultimi dovrebbero essere rispettati. Tali requisiti possono ad esempio esistere in uno Stato membro partecipante in cui l’accordo è inserito nel contratto di matrimonio. Se, nel momento in cui è concluso l’accordo, la residenza abituale dei coniugi si trova in Stati membri partecipanti diversi che prevedono requisiti di forma differenti, è sufficiente che siano soddisfatti i requisiti di forma di uno dei due Stati. Se, nel momento in cui è concluso l’accordo, uno solo dei due coniugi ha la residenza abituale in uno Stato membro partecipante che prevede requisiti di forma supplementari, questi ultimi dovrebbero essere rispettati.
(20)
L’accordo che designa la legge applicabile dovrebbe poter essere concluso e modificato al più tardi nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale e anche nel corso del procedimento se la legge del foro lo prevede. In tal caso, dovrebbe essere sufficiente che l’autorità giurisdizionale metta agli atti tale designazione in conformità della legge del foro.
(21)
In mancanza di scelta della legge applicabile, il presente regolamento dovrebbe introdurre norme di conflitto armonizzate basate su una serie di criteri di collegamento successivi fondati sull’esistenza di un legame stretto tra i coniugi e la legge in questione, al fine di garantire la certezza del diritto e la prevedibilità e impedire le situazioni in cui un coniuge domanda il divorzio prima dell’altro per assicurarsi che il procedimento sia regolato da una legge che ritiene più favorevole alla tutela dei suoi interessi. È altresì opportuno che la scelta dei criteri di collegamento sia tale da assicurare che i procedimenti di divorzio o separazione personale siano disciplinati da una legge con cui i coniugi hanno un legame stretto.
(22)
Laddove, ai fini dell’applicazione della legge di uno Stato, il presente regolamento si riferisce alla cittadinanza quale fattore di collegamento, la problematica dei casi di cittadinanza plurima dovrebbe essere disciplinata dalla legislazione nazionale, nel pieno rispetto dei principi generali dell’Unione europea.
(23)
Nell’ipotesi di un procedimento volto a convertire una separazione personale in divorzio e in mancanza di scelta della legge applicabile ad opera delle parti, la legge applicata alla separazione personale dovrebbe applicarsi anche al divorzio. Tale continuità favorirebbe la prevedibilità per le parti e rafforzerebbe la certezza del diritto. Se la legge applicata alla separazione personale non prevede la conversione della separazione in divorzio, il divorzio dovrebbe essere disciplinato dalle norme di conflitto che si applicano in mancanza di scelta ad opera delle parti. Ciò non dovrebbe ostare a che i coniugi chiedano il divorzio in forza di altre norme del presente regolamento.
(24)
In certe situazioni, quali quelle in cui la legge applicabile non prevede il divorzio o non concede a uno dei coniugi, perché appartenente all’uno o all’altro sesso, pari condizioni di accesso al divorzio o alla separazione personale, dovrebbe tuttavia applicarsi la legge dell’autorità giurisdizionale adita. Ciò dovrebbe tuttavia far salva la clausola relativa all’ordine pubblico.
(25)
Considerazioni di interesse pubblico dovrebbero dare alle autorità giurisdizionali degli Stati membri la possibilità, in circostanze eccezionali, di disapplicare una disposizione della legge straniera qualora in una data fattispecie sia manifestamente contraria all’ordine pubblico del foro. Tuttavia, le autorità giurisdizionali non dovrebbero poter applicare l’eccezione di ordine pubblico allo scopo di non tenere conto di una disposizione della legge di un altro Stato qualora ciò sia contrario alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare all’articolo 21, che vieta qualsiasi forma di discriminazione.
(26)
Laddove il presente regolamento si riferisce al fatto che la legge dello Stato membro partecipante in cui è adita l’autorità giurisdizionale non prevede il divorzio, ciò dovrebbe essere interpretato nel senso che la legge di tale Stato membro non contempla l’istituto del divorzio. In tal caso, l’autorità giurisdizionale non dovrebbe essere obbligata a emettere una decisione di divorzio in virtù del presente regolamento.
Laddove il presente regolamento si riferisce al fatto che la legge dello Stato membro partecipante in cui è adita l’autorità giurisdizionale non considera valido il matrimonio in questione ai fini del procedimento di divorzio, ciò dovrebbe essere interpretato, inter alia, nel senso che tale matrimonio non esiste secondo la legge di tale Stato membro. In tal caso, l’autorità giurisdizionale non dovrebbe essere obbligata a emettere una decisione di divorzio o di separazione personale in virtù del presente regolamento.
(27)
Poiché in alcuni Stati e Stati membri partecipanti coesistono due o più sistemi giuridici o complessi di norme per materie disciplinate dal presente regolamento, è opportuno prevedere in quale misura il presente regolamento si applica nelle differenti unità territoriali di tali Stati e Stati membri partecipanti o a categorie diverse di persone di tali Stati e Stati membri partecipanti.
(28)
In mancanza di norme che designino la legge applicabile, le parti che scelgono la legge dello Stato di cui una di esse ha la cittadinanza dovrebbero al tempo stesso indicare di quale unità territoriale hanno convenuto di applicare la legge nel caso in cui lo Stato di cui è scelta la legge comprenda diverse unità territoriali, ciascuna delle quali ha il proprio sistema giuridico o un complesso di norme in materia di divorzio.
(29)
Poiché gli obiettivi del presente regolamento, ossia aumentare la certezza del diritto, la prevedibilità e la flessibilità nei procedimenti matrimoniali internazionali e quindi agevolare la libera circolazione delle persone nell’Unione europea, non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a motivo della portata e degli effetti del presente regolamento, essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire, se del caso mediante una cooperazione rafforzata, in base al principio di sussidiarietà sancito all’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(30)
Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, segnatamente l’articolo 21, che vieta qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale. Le autorità giurisdizionali degli Stati membri partecipanti dovrebbero applicare il presente regolamento nel rispetto di tali diritti e principi,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
CAPO I
AMBITO DI APPLICAZIONE, RELAZIONE CON IL REGOLAMENTO (CE) N. 2201/2003, DEFINIZIONI E CARATTERE UNIVERSALE
Articolo 1
Ambito di applicazione
1. Il presente regolamento si applica, in circostanze che comportino un conflitto di leggi, al divorzio e alla separazione personale.
2. Il presente regolamento non si applica alle seguenti materie, anche se si presentano semplicemente come questioni preliminari nell’ambito di un procedimento di divorzio o separazione personale:
a)
la capacità giuridica delle persone fisiche;
b)
l’esistenza, la validità e il riconoscimento di un matrimonio;
c)
l’annullamento di un matrimonio;
d)
il nome dei coniugi;
e)
gli effetti patrimoniali del matrimonio;
f)
la responsabilità genitoriale;
g)
le obbligazioni alimentari;
h)
i trust o le successioni.
Articolo 2
Relazione con il regolamento (CE) n. 2201/2003
Il presente regolamento fa salva l’applicazione del regolamento (CE) n. 2201/2003.
Articolo 3
Definizione
Ai fini del presente regolamento valgono le definizioni seguenti:
1) «Stato membro partecipante»: uno Stato membro che partecipa alla cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale in virtù della decisione 2010/405/UE o in virtù di una decisione adottata ai sensi dell’articolo 331, paragrafo 1, secondo o terzo comma, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea;
2) «autorità giurisdizionale»: tutte le autorità degli Stati membri partecipanti competenti per le materie rientranti nell’ambito di applicazione del presente regolamento.
Articolo 4
Carattere universale
La legge designata dal presente regolamento si applica anche ove non sia quella di uno Stato membro partecipante.
CAPO II
NORME UNIFORMI SULLA LEGGE APPLICABILE AL DIVORZIO E ALLA SEPARAZIONE PERSONALE
Articolo 5
Scelta della legge applicabile dalle parti
1. I coniugi possono designare di comune accordo la legge applicabile al divorzio e alla separazione personale purché si tratti di una delle seguenti leggi:
a)
la legge dello Stato della residenza abituale dei coniugi al momento della conclusione dell’accordo; o
b)
la legge dello Stato dell’ultima residenza abituale dei coniugi se uno di essi vi risiede ancora al momento della conclusione dell’accordo; o
c)
la legge dello Stato di cui uno dei coniugi ha la cittadinanza al momento della conclusione dell’accordo; o
d)
la legge del foro.
2. Fatto salvo il paragrafo 3, l’accordo che designa la legge applicabile può essere concluso e modificato in qualsiasi momento, ma al più tardi nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale.
3. Ove previsto dalla legge del foro, i coniugi possono del pari designare la legge applicabile nel corso del procedimento dinanzi all’autorità giurisdizionale. In tal caso, quest’ultima mette agli atti tale designazione in conformità della legge del foro.
Articolo 6
Consenso e validità sostanziale
1. L’esistenza e la validità di un accordo sulla scelta della legge o di una sua disposizione si stabiliscono in base alla legge che sarebbe applicabile in virtù del presente regolamento se l’accordo o la disposizione fossero validi.
2. Tuttavia, un coniuge, al fine di dimostrare che non ha dato il suo consenso, può riferirsi alla legge del paese in cui ha la residenza abituale nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale, se dalle circostanze risulta che non sarebbe ragionevole stabilire l’effetto del suo comportamento secondo la legge prevista nel paragrafo 1.
Articolo 7
Validità formale
1. L’accordo di cui all’articolo 5, paragrafi 1 e 2, è redatto per iscritto, datato e firmato da entrambi i coniugi. La forma scritta comprende qualsiasi comunicazione elettronica che permetta una registrazione durevole dell’accordo.
2. Tuttavia, se la legge dello Stato membro partecipante in cui entrambi i coniugi hanno la residenza abituale nel momento in cui è concluso l’accordo prevede requisiti di forma supplementari per tali accordi, si applicano tali requisiti.
3. Se, nel momento in cui è concluso l’accordo, la residenza abituale dei coniugi si trova in Stati membri partecipanti diversi e se la legge di tali Stati prevede requisiti di forma differenti, l’accordo è valido, quanto alla forma, se soddisfa i requisiti della legge di uno dei due Stati.
4. Se, nel momento in cui è concluso l’accordo, uno solo dei coniugi ha la residenza abituale in uno Stato membro partecipante e se tale Stato prevede requisiti di forma supplementari per questo tipo di accordo, si applicano tali requisiti.
Articolo 8
Legge applicabile in mancanza di scelta ad opera delle parti
In mancanza di una scelta ai sensi dell’articolo 5, il divorzio e la separazione personale sono disciplinati dalla legge dello Stato:
a)
della residenza abituale dei coniugi nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale, o, in mancanza;
b)
dell’ultima residenza abituale dei coniugi sempre che tale periodo non si sia concluso più di un anno prima che fosse adita l’autorità giurisdizionale, se uno di essi vi risiede ancora nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale; o, in mancanza;
c)
di cui i due coniugi sono cittadini nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale; o, in mancanza;
d)
in cui è adita l’autorità giurisdizionale.
Articolo 9
Conversione della separazione personale in divorzio
1. In caso di conversione della separazione personale in divorzio, la legge applicata alla separazione personale si applica anche al divorzio, a meno che le parti abbiano convenuto diversamente ai sensi dell’articolo 5.
2. Tuttavia, se la legge applicata alla separazione personale non prevede la conversione della separazione in divorzio, si applica l’articolo 8, a meno che le parti abbiano convenuto diversamente ai sensi dell’articolo 5.
Articolo 10
Applicazione della legge del foro
Qualora la legge applicabile ai sensi dell’articolo 5 o dell’articolo 8 non preveda il divorzio o non conceda a uno dei coniugi, perché appartenente all’uno o all’altro sesso, pari condizioni di accesso al divorzio o alla separazione personale, si applica la legge del foro.
Articolo 11
Esclusione del rinvio
Quando prescrive l’applicazione della legge di uno Stato, il presente regolamento si riferisce alle norme giuridiche in vigore in quello Stato, ad esclusione delle norme di diritto internazionale privato.
Articolo 12
Ordine pubblico
L’applicazione di una norma della legge designata in virtù del presente regolamento può essere esclusa solo qualora tale applicazione risulti manifestamente incompatibile con l’ordine pubblico del foro.
Articolo 13
Divergenze fra le legislazioni nazionali
Nessuna disposizione del presente regolamento obbliga le autorità giurisdizionali di uno Stato membro partecipante la cui legge non prevede il divorzio o non considera valido il matrimonio in questione ai fini del procedimento di divorzio ad emettere una decisione di divorzio in virtù dell’applicazione del regolamento stesso.
Articolo 14
Stati con due o più sistemi giuridici — conflitti territoriali di leggi
Ove uno Stato si componga di più unità territoriali, ciascuna con il proprio sistema giuridico o complesso di norme per materie disciplinate dal presente regolamento:
a)
ogni riferimento alla legge di tale Stato è inteso, ai fini della determinazione della legge applicabile ai sensi del presente regolamento, come riferimento alla legge in vigore nell’unità territoriale pertinente;
b)
ogni riferimento alla residenza abituale in quello Stato è inteso come riferimento alla residenza abituale in un’unità territoriale;
c)
ogni riferimento alla cittadinanza è inteso come riferimento all’appartenenza all’unità territoriale designata dalla legge di detto Stato o, in mancanza di norme pertinenti, all’unità territoriale scelta dalle parti o, in mancanza di scelta, all’unità territoriale con la quale il coniuge o i coniugi hanno il legame più stretto.
Articolo 15
Stati con due o più sistemi giuridici — conflitti interpersonali di leggi
In relazione ad uno Stato con due o più sistemi giuridici o complessi di norme applicabili a categorie diverse di persone riguardanti materie disciplinate dal presente regolamento, ogni riferimento alla legge di tale Stato è inteso come riferimento al sistema giuridico determinato dalle norme in vigore in tale Stato. In mancanza di tali norme, si applica il sistema giuridico o il complesso di norme con cui il coniuge o i coniugi hanno il legame più stretto.
Articolo 16
Non applicazione del presente regolamento ai conflitti interni di leggi
Uno Stato membro partecipante in cui diversi sistemi giuridici o complessi di norme si applicano a materie disciplinate dal presente regolamento non è tenuto ad applicare il presente regolamento a conflitti di leggi che riguardano unicamente tali diversi sistemi giuridici o complessi di norme.
CAPO III
ALTRE DISPOSIZIONI
Articolo 17
Informazioni da parte degli Stati membri partecipanti
1. Entro il 21 settembre 2011 gli Stati membri partecipanti comunicano alla Commissione le eventuali disposizioni nazionali riguardo:
a)
ai requisiti di forma per gli accordi sulla scelta della legge applicabile, conformemente all’articolo 7, paragrafi da 2 a 4; e
b)
alla possibilità di designare la legge applicabile in conformità dell’articolo 5, paragrafo 3.
Gli Stati membri partecipanti comunicano alla Commissione qualsiasi successiva modifica di tali disposizioni.
2. La Commissione rende pubblicamente accessibili le informazioni comunicate conformemente al paragrafo 1 con mezzi appropriati, in particolare tramite il sito web della rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale.
Articolo 18
Disposizioni transitorie
1. Il presente regolamento si applica ai procedimenti avviati e agli accordi di cui all’articolo 5 conclusi a decorrere dal 21 giugno 2012.
Producono tuttavia effetti anche gli accordi sulla scelta della legge applicabile conclusi prima del 21 giugno 2012, a condizione che siano conformi agli articoli 6 e 7.
2. Il presente regolamento fa salvi gli accordi sulla scelta della legge applicabile conclusi conformemente alla legge di uno Stato membro partecipante la cui autorità giurisdizionale sia stata adita prima del 21 giugno 2012.
Articolo 19
Relazione con altre convenzioni internazionali in vigore
1. Fatti salvi gli obblighi degli Stati membri partecipanti ai sensi dell’articolo 351 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, il presente regolamento non osta all’applicazione delle convenzioni internazionali di cui uno o più Stati membri sono parti al momento dell’adozione del presente regolamento o al momento dell’adozione della decisione ai sensi dell’articolo 331, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea e che disciplinano i conflitti di leggi in materia di divorzio o separazione.
2. Tuttavia, il presente regolamento prevale, tra gli Stati membri partecipanti, sulle convenzioni concluse esclusivamente tra due o più di essi nella misura in cui esse riguardino materie disciplinate dal presente regolamento.
Articolo 20
Clausola di revisione
1. Entro il 31 dicembre 2015 e successivamente ogni cinque anni, la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale una relazione sull’applicazione del presente regolamento. Tale relazione è corredata, se del caso, di opportune proposte di modifica.
2. A tal fine gli Stati membri partecipanti comunicano alla Commissione le informazioni pertinenti in ordine all’applicazione del presente regolamento da parte delle rispettive autorità giurisdizionali.
CAPO IV
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 21
Entrata in vigore e data di applicazione
Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Si applica a decorrere dal 21 giugno 2012, ad eccezione dell’articolo 17, che si applica a decorrere dal 21 giugno 2011.
Per gli Stati membri partecipanti che partecipano a una cooperazione rafforzata in forza di una decisione adottata ai sensi dell’articolo 331, paragrafo 1, secondo comma o terzo comma, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, il presente regolamento si applica dalla data indicata nella relativa decisione.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri partecipanti conformemente ai trattati.
Fatto a Bruxelles, addì 20 dicembre 2010.
Per il Consiglio
La presidente
J. SCHAUVLIEGE
(1) GU L 189 del 22.7.2010, pag. 12.
(2) Regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale (GU L 338 del 23.12.2003, pag. 1).
(3) GU L 174 del 27.6.2001, pag. 25. | Legge applicabile al divorzio e alla separazione personale
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Esso stabilisce un unico insieme di norme volte a determinare quale legge nazionale deve essere applicata alle procedure di divorzio o separazione personale riguardanti coniugi con cittadinanze diverse, che vivono in un paese diverso da quello di cui hanno la cittadinanza o che non vivono più nello stesso Stato membro dell’Unione europea (Unione). Completa il regolamento (CE) n. 2201/2003 (si veda la sintesi), che stabilisce norme volte a determinare in quale tribunale deve essere presentata una domanda di divorzio o separazione personale.
PUNTI CHIAVE
Paesi partecipanti
Il regolamento si applica ai 17 Stati membri partecipanti alla cooperazione rafforzata in merito a tale questione: Belgio, Bulgaria, Germania, Estonia, Grecia, Spagna, Francia, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Ungheria, Malta, Austria, Portogallo, Romania e Slovenia.
Gli altri Stati membri possono aderire in qualsiasi momento.
Quando si applica il regolamento?
Esso si applica alla presenza di un conflitto di leggi nazionali in casi di divorzio e separazione personale, ossia laddove potrebbero essere applicabili diverse leggi nazionali allo stesso divorzio o separazione personale (ad esempio, la legge nazionale del paese di cui i coniugi hanno la cittadinanza, oppure la legge nazionale del paese della loro residenza abituale).
Non si applica a questioni riguardanti:la capacità giuridica delle persone fisiche; l’esistenza, la validità e il riconoscimento di un matrimonio; l’annullamento di un matrimonio; il nome dei coniugi; gli effetti patrimoniali del matrimonio; la responsabilità genitoriale; le obbligazioni alimentari; i trust o le successioni.Scelta della legge
I coniugi possono concludere un accordo formale sulla scelta della legge nazionale applicabile al proprio divorzio o alla separazione personale purché si tratti della legge:del paese dove i coniugi hanno la loro residenza abituale nel momento in cui viene concluso l’accordo; oppure del paese dove i coniugi avevano la loro ultima residenza abituale, nella misura in cui uno di essi risieda ancora in tale luogo nel momento in cui viene concluso l’accordo; oppure del paese di cui uno dei coniugi ha la cittadinanza nel momento in cui viene concluso l’accordo; oppure del paese in cui viene adito il caso.L’accordo fra i coniugi può essere concluso e modificato in qualsiasi momento prima che il caso venga portato dinanzi all’autorità giurisdizionale.
Qualora non venga scelta alcuna legge
Se i coniugi non scelgono la legge da applicare al proprio divorzio o alla separazione personale, il caso sarà soggetto alla legge del paese:1)dove i coniugi hanno la loro residenza abituale nel momento in cui il caso viene portato dinanzi all’autorità giurisdizionale; oppure, altrimenti 2)dove i coniugi avevano la loro ultima residenza abituale, purché il periodo di residenza non si sia concluso da più di un anno prima che il caso venisse portato dinanzi all’autorità giurisdizionale, nella misura in cui uno dei coniugi risieda ancora in tale paese nel momento in cui il caso viene portato dinanzi all’autorità giurisdizionale; oppure, altrimenti 3)di cui entrambi i coniugi hanno la cittadinanza nel momento in cui il caso viene portato dinanzi all’autorità giurisdizionale; oppure, altrimenti 4)in cui viene adito il caso.Se la legge nazionale applicabile al caso non prevede una legge sul divorzio o non garantisce a uno dei coniugi, poiché appartenente all’uno o all’altro sesso, pari condizioni di accesso al divorzio o alla separazione personale, si applicherà la legge del paese in cui viene adito il caso.
A PARTIRE DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO?
Il regolamento è in vigore dal 21 giugno 2012.
CONTESTO
Altri due regolamenti stabiliscono norme volte a determinare la legge applicabile in presenza di un conflitto di leggi nazionali. Il regolamento (CE) n. 593/2008 (si veda la sintesi) si applica alle obbligazioni contrattuali, mentre il regolamento (CE) n. 864/2007 (si veda la sintesi) riguarda le obbligazioni extracontrattuali, escluse le relazioni familiari e la responsabilità dello Stato.
Il regolamento (UE) n. 1259/2010, che include norme relative alla legge applicabile al divorzio e alla separazione personale, è stato adottato attraverso il meccanismo della cooperazione rafforzata a completamento del regolamento (CE) n. 2201/2003, che comprende norme relative alla competenza giurisdizionale, al riconoscimento e all’applicazione di sentenze di divorzio e separazione personale, nonché in materia di responsabilità genitoriale.
Per ulteriori informazioni si veda:Divorzio e separazione — Informazioni sulla legge applicabile al divorzio in casi di coppie internazionali nell’Unione europea (Commissione europea). Divorzio e separazione legale (La tua Europa).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE) n. 1259/2010 del Consiglio, del 20 dicembre 2010, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale (GU L 343 del 29.12.2010, pag. 10).
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) 2019/1111 del Consiglio, del 25 giugno 2019, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, e alla sottrazione internazionale di minori (GU L 178 del 2.7.2019, pag. 1).
Le successive modifiche al Regolamento (UE) 2019/1111 sono state integrate nel documento di base. Questa versione consolidata ha solo un valore documentario.
Decisione (UE) 2016/1366 della Commissione, del 10 agosto 2016, che conferma la partecipazione dell’Estonia alla cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale (GU L 216 dell’11.8.2016, pag. 23).
Decisione 2014/39/UE della Commissione, del 27 gennaio 2014, che conferma la partecipazione della Grecia alla cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale (GU L 23 del 28.1.2014, pag. 41).
Decisione 2012/714/UE della Commissione, del 21 novembre 2012, che conferma la partecipazione della Lituania alla cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale (GU L 323 del 22.11.2012, pag. 18).
Regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000 (GU L 338 del 23.12.2003, pag. 1).
Si veda la versione consolidata. | 10,916 | 795 |
32008L0096 | false | DIRETTIVA 2008/96/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 19 novembre 2008
sulla gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 71, paragrafo 1, lettera c),
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
previa consultazione del Comitato delle regioni,
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
La rete transeuropea dei trasporti di cui alla decisione n. 1692/96/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 1996, sugli orientamenti comunitari per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti (3), è di fondamentale importanza per favorire l’integrazione e la coesione in Europa e assicurare un elevato livello di benessere. Occorre garantire, in particolare, un elevato livello di sicurezza.
(2)
Nel Libro bianco del 12 settembre 2001«La politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte» la Commissione ha segnalato la necessità di effettuare valutazioni d’impatto sulla sicurezza e controlli in materia di sicurezza stradale onde individuare e gestire i tratti ad elevata concentrazione di incidenti sul territorio comunitario. Ha altresì fissato l’obiettivo di dimezzare il numero di decessi sulle strade nell’Unione europea fra il 2001 e il 2010.
(3)
Nella comunicazione del 2 giugno 2003«Programma di azione europeo per la sicurezza stradale — Dimezzare il numero di vittime della strada nell’Unione europea entro il 2010: una responsabilità condivisa», la Commissione ha individuato nell’infrastruttura stradale il terzo pilastro della politica di sicurezza stradale, che dovrebbe apportare un considerevole contributo alla realizzazione dell’obiettivo comunitario di riduzione degli incidenti.
(4)
Negli ultimi anni si sono registrati notevoli progressi nella progettazione dei veicoli (misure di sicurezza, concezione e applicazione di nuove tecnologie) che hanno contribuito a ridurre il numero di vittime degli incidenti stradali. Per conseguire l’obiettivo fissato per il 2010 è necessario agire anche in altri ambiti. La gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali offre un ampio margine di miglioramento, che deve essere sfruttato.
(5)
La definizione di procedure adeguate è essenziale per migliorare la sicurezza dell’infrastruttura stradale sulla rete stradale transeuropea. Le valutazioni d’impatto della sicurezza stradale dovrebbero dimostrare, a livello strategico, le implicazioni che, in un progetto di infrastruttura, le varie alternative di pianificazione hanno per la sicurezza stradale e dovrebbero svolgere un ruolo importante nella selezione degli itinerari. I risultati della valutazione d’impatto della sicurezza stradale possono essere esposti in una serie di documenti. Inoltre, i controlli sulla sicurezza stradale dovrebbero individuare attentamente gli elementi pericolosi di un progetto di infrastruttura stradale. È pertanto ragionevole sviluppare procedure da adottare in questi due settori allo scopo di rafforzare il livello di sicurezza delle infrastrutture nella rete stradale transeuropea, escludendo al contempo le gallerie stradali, che sono oggetto della direttiva 2004/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa ai requisiti minimi di sicurezza per le gallerie della rete stradale transeuropea (4).
(6)
Numerosi Stati membri dispongono già di un sistema di gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali ben funzionante. A tali Stati membri dovrebbe essere consentito di continuare a utilizzare i propri metodi, purché siano coerenti con gli obiettivi della presente direttiva.
(7)
La ricerca è essenziale per aumentare la sicurezza sulle strade nell’Unione europea. Lo sviluppo e la dimostrazione di componenti, misure e metodi (compresa la telematica) e la diffusione dei risultati della ricerca svolgono un ruolo importante nel migliorare la sicurezza delle infrastrutture stradali.
(8)
Il livello di sicurezza delle strade esistenti dovrebbe essere rafforzato concentrando gli investimenti sui tratti che presentano la concentrazione più elevata di incidenti e/o il maggiore potenziale di riduzione degli incidenti. Gli automobilisti dovrebbero essere avvertiti dei tratti stradali ad elevata concentrazione di incidenti, in modo che possano adeguare il loro comportamento e rispettare con più attenzione il codice stradale, in particolare i limiti di velocità.
(9)
La classificazione della sicurezza della rete presenta un elevato potenziale nel periodo immediatamente successivo alla sua applicazione. Una volta affrontato il problema dei tratti stradali ad elevata concentrazione di incidenti e dopo aver adottato le opportune misure correttive, le ispezioni preventive della sicurezza dovrebbero svolgere un ruolo di maggiore rilevanza. Le ispezioni regolari sono uno strumento essenziale di prevenzione dei pericoli ai quali possono essere esposti tutti gli utenti della strada, segnatamente gli utenti vulnerabili, e anche in caso di lavori stradali.
(10)
La formazione e la certificazione del personale incaricato della sicurezza in base a programmi di formazione e a strumenti di qualificazione convalidati dagli Stati membri dovrebbero permettere di dispensare agli operatori del settore le conoscenze aggiornate di cui hanno bisogno.
(11)
Per incrementare la sicurezza sulle strade nell’Unione europea, sarebbe opportuno organizzare scambi più frequenti e coerenti di migliori prassi tra gli Stati membri.
(12)
Onde assicurare un elevato livello di sicurezza stradale sulle strade nell’Unione europea, gli Stati membri dovrebbero applicare orientamenti relativi alla gestione della sicurezza dell’infrastruttura. La notifica di tali orientamenti alla Commissione e la regolare elaborazione di relazioni d’applicazione dovrebbero condurre al miglioramento sistematico nel settore della sicurezza delle infrastrutture a livello europeo e fornire una base per evolvere progressivamente verso un sistema più efficace. Le relazioni d’applicazione dovrebbero inoltre consentire ad altri Stati membri di individuare le soluzioni più efficaci, mentre la sistematica rilevazione di dati provenienti da studi «prima/dopo» dovrebbe consentire di scegliere le misure più efficaci in previsione di un’azione futura.
(13)
Le disposizioni della presente direttiva relative agli investimenti nella sicurezza stradale dovrebbero applicarsi fatte salve le competenze degli Stati membri in materia di investimenti per la manutenzione della rete stradale.
(14)
Poiché l’obiettivo della presente direttiva, ossia la definizione di procedure atte a garantire un livello sistematicamente elevato di sicurezza stradale in tutta la rete transeuropea, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa degli effetti dell’intervento, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(15)
Le misure necessarie per l’esecuzione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (5).
(16)
In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di fissare i criteri necessari per il miglioramento delle prassi di gestione della sicurezza stradale e l’adeguamento degli allegati al progresso tecnico. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, anche completandola con nuovi elementi non essenziali, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE.
(17)
La creazione di un numero sufficiente di parcheggi e di aree di sosta lungo le strade riveste enorme importanza per la sicurezza del traffico, oltre che per la prevenzione del crimine. I parcheggi e le aree di sosta consentono ai conducenti dei veicoli di concedersi per tempo una pausa di riposo e di proseguire il viaggio con piena concentrazione. La creazione di un numero sufficiente di parcheggi e di aree di sosta sicuri dovrebbe pertanto costituire parte integrante della gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali.
(18)
Conformemente al punto 34 dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (6), gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e a rendere pubblici, nell’interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la presente direttiva e i provvedimenti di attuazione,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Oggetto e ambito di applicazione
1. La presente direttiva richiede l’istituzione e l’attuazione di procedure relative alle valutazioni d’impatto sulla sicurezza stradale, ai controlli sulla sicurezza stradale, alla gestione della sicurezza della rete stradale ed alle ispezioni di sicurezza da parte degli Stati membri.
2. La presente direttiva si applica alle strade che fanno parte della rete stradale transeuropea, siano esse in fase di progettazione, in costruzione o già aperte al traffico.
3. Gli Stati membri possono anche applicare le disposizioni della presente direttiva, come codice di buone prassi, per le infrastrutture nazionali di trasporto stradale, non comprese nella rete stradale transeuropea, che sono state costruite con il finanziamento parziale o totale della Comunità.
4. La presente direttiva non si applica alle gallerie stradali disciplinate dalla direttiva 2004/54/CE.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:
1)
«rete stradale transeuropea»: la rete stradale descritta nell’allegato I, sezione 2, della decisione n. 1692/96/CE;
2)
«organo competente»: qualsiasi organismo pubblico, istituito a livello nazionale, regionale o locale, che partecipa, in funzione delle proprie competenze, all’attuazione della presente direttiva, inclusi gli organismi designati come organi competenti prima dell’entrata in vigore della presente direttiva, nella misura in cui rispettino i requisiti da essa stabiliti;
3)
«valutazione d’impatto sulla sicurezza stradale»: un’analisi comparativa strategica dell’impatto di una nuova strada o di una modifica sostanziale della rete esistente sul livello di sicurezza della rete stradale;
4)
«controllo della sicurezza stradale»: controllo di sicurezza accurato indipendente, sistematico e tecnico delle caratteristiche di un progetto di costruzione di un’infrastruttura stradale, nelle diverse fasi dalla pianificazione al funzionamento iniziale;
5)
«classificazione di tratti ad elevata concentrazione di incidenti»: un metodo per individuare, analizzare e classificare i tratti della rete stradale aperti al traffico da oltre tre anni e in cui è stato registrato un numero considerevole di incidenti mortali in proporzione al flusso di traffico;
6)
«classificazione della sicurezza della rete»: un metodo per individuare, analizzare e classificare le sezioni della rete stradale esistente in funzione del loro potenziale di miglioramento della sicurezza e di risparmio dei costi connessi agli incidenti;
7)
«ispezione di sicurezza»: la verifica ordinaria periodica delle caratteristiche e dei difetti che esigono un intervento di manutenzione per ragioni di sicurezza;
8)
«orientamenti»: le misure, adottate dagli Stati membri, che definiscono le tappe da seguire e gli elementi da prendere in considerazione al momento dell’applicazione delle procedure di sicurezza fissate nella presente direttiva;
9)
«progetto d’infrastruttura»: un progetto relativo alla costruzione di infrastrutture stradali nuove ovvero ad una sostanziale modifica della rete esistente che incide sul flusso del traffico.
Articolo 3
Valutazione d’impatto sulla sicurezza stradale per i progetti di infrastruttura
1. Gli Stati membri assicurano che sia effettuata una valutazione d’impatto sulla sicurezza stradale per tutti i progetti di infrastruttura.
2. La valutazione d’impatto sulla sicurezza stradale è effettuata durante la fase di pianificazione iniziale, anteriormente all’approvazione del progetto di infrastruttura. In tale ambito gli Stati membri si adoperano per rispettare i criteri stabiliti all’allegato I.
3. La valutazione d’impatto sulla sicurezza stradale espone le considerazioni in materia di sicurezza stradale che contribuiscono alla scelta della soluzione proposta. Fornisce inoltre tutte le informazioni necessarie all’analisi costi/benefici delle diverse opzioni valutate.
Articolo 4
Controlli della sicurezza stradale per i progetti di infrastruttura
1. Gli Stati membri assicurano che siano effettuati controlli della sicurezza stradale per tutti i progetti di infrastruttura.
2. Nell’effettuare controlli della sicurezza stradale gli Stati membri si adoperano per rispettare i criteri stabiliti all’allegato II.
Gli Stati membri garantiscono che sia designato un controllore per effettuare il controllo delle caratteristiche di ideazione di un progetto di infrastruttura.
Il controllore è designato a norma dell’articolo 9, paragrafo 4, e deve possedere le qualifiche e le competenze necessarie previste all’articolo 9. Allorché l’esecuzione dei controlli è affidata ad una squadra, almeno un membro della medesima è titolare di un certificato di idoneità professionale di cui all’articolo 9, paragrafo 3.
3. I controlli della sicurezza stradale costituiscono parte integrante del processo di ideazione del progetto di infrastruttura nelle fasi degli studi preliminari, della progettazione particolareggiata, nella fase di ultimazione e nella prima fase di funzionamento.
4. Gli Stati membri garantiscono che il controllore definisca, in una relazione di controllo per ciascuna fase del progetto di infrastruttura, gli aspetti della progettazione che possono rivelarsi critici per la sicurezza. Se gli aspetti pericolosi sono messi in evidenza nel corso del controllo, ma la progettazione non è rettificata prima della conclusione della fase di cui trattasi, in base alle indicazioni dell’allegato II, l’organo competente è tenuto a giustificare tale scelta in un allegato alla relazione.
5. Gli Stati membri garantiscono che la relazione di cui al paragrafo 4 si traduca in raccomandazioni rilevanti da un punto di vista della sicurezza.
Articolo 5
Classificazione e gestione della sicurezza della rete stradale aperta al traffico
1. Gli Stati membri assicurano che la classificazione dei tratti ad elevata concentrazione di incidenti e la classificazione della sicurezza della rete aperta al traffico siano fondate su un esame del funzionamento della rete stradale con cadenza almeno triennale. In tale ambito, gli Stati membri si adoperano per rispettare i criteri stabiliti all’allegato III.
2. Gli Stati membri garantiscono che i tratti stradali di maggiore priorità in virtù dei risultati della classificazione dei tratti ad elevata concentrazione di incidenti e della classificazione della sicurezza della rete siano valutati da gruppi di esperti mediante visite in loco in base agli elementi di cui al punto 3 dell’allegato III. Almeno un membro del gruppo di esperti deve soddisfare i criteri di cui all’articolo 9, paragrafo 4, lettera a).
3. Gli Stati membri assicurano che le misure correttive siano mirate ai tratti stradali di cui al paragrafo 2. La priorità è conferita alle misure di cui al punto 3, lettera e), dell’allegato III, privilegiando quelle che presentano il miglior rapporto costi/benefici.
4. Gli Stati membri predispongono un’adeguata segnaletica per richiamare l’attenzione degli utenti della strada sui tratti dell’infrastruttura stradale in riparazione che possono mettere a repentaglio la sicurezza degli utenti. Tale segnaletica, che comprende anche segnalazioni visibili sia di giorno sia di notte e collocate a una distanza di sicurezza, è conforme alle disposizioni della convenzione di Vienna sulla segnaletica stradale del 1968.
5. Gli Stati membri garantiscono che gli utenti della strada siano informati, con mezzi adeguati, della presenza di un tratto stradale ad elevata concentrazione di incidenti. Qualora uno Stato membro decida di ricorrere alla segnaletica, quest’ultima è conforme alle disposizioni della convenzione di Vienna sulla segnaletica stradale del 1968.
Articolo 6
Ispezioni di sicurezza
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le strade aperte al traffico siano soggette a ispezioni di sicurezza al fine di individuare le caratteristiche connesse alla sicurezza stradale e di prevenire gli incidenti.
2. Le ispezioni di sicurezza comprendono ispezioni periodiche della rete stradale ed accertamenti circa i possibili effetti dei lavori in corso sulla sicurezza del flusso di traffico.
3. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le ispezioni periodiche siano realizzate dall’organo competente. La frequenza di tali ispezioni deve essere sufficiente a garantire livelli adeguati di sicurezza per l’infrastruttura stradale in questione.
4. Fatti salvi gli orientamenti adottati ai sensi dell’articolo 8, gli Stati membri adottano orientamenti relativi alle misure di sicurezza temporanee applicabili ai lavori stradali. Provvedono altresì all’attuazione di un programma d’ispezione appropriato per assicurare la corretta applicazione di tali orientamenti.
Articolo 7
Gestione dei dati
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché l’organo competente rediga una relazione d’incidente per ciascun incidente mortale verificatosi su una strada di cui all’articolo 1, paragrafo 2. Gli Stati membri si adoperano per includere in tale relazione tutti gli elementi d’informazione elencati nell’allegato IV.
2. Gli Stati membri calcolano il costo sociale medio di un incidente mortale ed il costo sociale medio di un incidente grave verificatosi sul loro territorio. Gli Stati membri possono optare per una differenziazione più marcata dei tassi di costo, che devono essere aggiornati perlomeno ogni cinque anni.
Articolo 8
Adozione e comunicazione di orientamenti
1. Gli Stati membri garantiscono che entro il 19 dicembre 2011 siano adottati orientamenti, qualora non esistano già, al fine di coadiuvare gli organi competenti nell’applicazione della presente direttiva.
2. Gli Stati membri notificano alla Commissione tali orientamenti entro tre mesi dalla loro adozione o modifica.
3. La Commissione li rende disponibili su un sito web pubblico.
Articolo 9
Designazione e formazione dei controllori
1. Gli Stati membri garantiscono che entro il 19 dicembre 2011 siano adottati programmi di formazione per i controllori della sicurezza stradale, qualora non esistano già.
2. Gli Stati membri garantiscono che i controllori della sicurezza che svolgono le mansioni stabilite dalla presente direttiva seguano una formazione iniziale sancita da un certificato di idoneità professionale e partecipino a ulteriori periodici corsi di formazione.
3. Gli Stati membri garantiscono che i controllori della sicurezza stradale siano titolari di un certificato di idoneità professionale. I certificati rilasciati prima dell’entrata in vigore della presente direttiva sono riconosciuti.
4. Gli Stati membri garantiscono che i controllori siano designati in base ai seguenti criteri:
a)
i controllori devono possedere pertinenti esperienze o formazione nei settori della progettazione stradale, dell’ingegneria della sicurezza stradale e dell’analisi degli incidenti;
b)
due anni dopo l’adozione degli orientamenti da parte degli Stati membri in applicazione dell’articolo 8, i controlli della sicurezza stradale sono realizzati esclusivamente da controllori o squadre di controllori che soddisfino i requisiti di cui ai paragrafi 2 e 3;
c)
ai fini del controllo del progetto di infrastruttura, durante il periodo di realizzazione del controllo il controllore non partecipa né alla progettazione né al funzionamento del progetto di infrastruttura interessato.
Articolo 10
Scambio delle migliori prassi
Per migliorare la sicurezza delle strade nell’Unione europea che non fanno parte della rete stradale transeuropea, la Commissione instaura un sistema coerente di scambio delle migliori prassi tra gli Stati membri che riguarda, fra l’altro, i progetti esistenti in materia di sicurezza dell’infrastruttura stradale e le tecnologie comprovate relative alla sicurezza stradale.
Articolo 11
Continuo miglioramento delle prassi di gestione della sicurezza
1. La Commissione facilita e struttura lo scambio di conoscenze e migliori prassi tra gli Stati membri, facendo uso delle esperienze raccolte nelle competenti sedi internazionali, in modo da rendere possibile il continuo miglioramento delle prassi di gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali nell’Unione europea.
2. La Commissione è assistita dal comitato di cui all’articolo 13. Nella misura in cui si renda necessaria l’adozione di misure specifiche, tali misure sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 13, paragrafo 3.
3. Se del caso, le organizzazioni non governative specializzate operanti nel campo della sicurezza e della gestione delle infrastrutture stradali possono essere consultate su aspetti relativi alla sicurezza tecnica.
Articolo 12
Adeguamento al progresso tecnico
Gli allegati della presente direttiva sono adeguati secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 13, paragrafo 3, per tenere conto del progresso tecnico.
Articolo 13
Comitologia
1. La Commissione è assistita da un comitato.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
Il periodo di cui all’articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
Articolo 14
Attuazione
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 19 dicembre 2010. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 15
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 16
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 19 novembre 2008.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
J.-P. JOUYET
(1) GU C 168 del 20.7.2007, pag. 71.
(2) Parere del Parlamento europeo del 19 giugno 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 20 ottobre 2008.
(3) GU L 228 del 9.9.1996, pag. 1.
(4) GU L 167 del 30.4.2004, pag. 39.
(5) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
(6) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1.
ALLEGATO I
VALUTAZIONE D’IMPATTO SULLA SICUREZZA STRADALE PER I PROGETTI DI INFRASTRUTTURA
1.
Componenti di una valutazione d’impatto sulla sicurezza stradale:
a)
definizione del problema;
b)
situazione attuale ed opzione dello status quo;
c)
obiettivi di sicurezza stradale;
d)
analisi dell’impatto sulla sicurezza stradale delle opzioni proposte;
e)
confronto delle opzioni, fra cui l’analisi del rapporto costi/benefici;
f)
presentazione della gamma di possibili soluzioni.
2.
Elementi da prendere in considerazione:
a)
numero delle vittime e degli incidenti, obiettivi di riduzione paragonati all’opzione dello status quo;
b)
scelta di itinerari e strutture di traffico;
c)
possibili conseguenze sulle vie di comunicazione esistenti (ad esempio uscite, incroci, intersezioni, svincoli, passaggi a livello);
d)
utenti della strada, compresi gli utenti vulnerabili (ad esempio pedoni, ciclisti motociclisti);
e)
traffico (ad esempio volume di traffico, categorizzazione del traffico per tipo);
f)
condizioni stagionali e climatiche;
g)
presenza di un numero sufficiente di parcheggi sicuri;
h)
attività sismica.
ALLEGATO II
CONTROLLI DELLA SICUREZZA STRADALE PER I PROGETTI DI INFRASTRUTTURA
1.
Criteri applicabili nella fase della progettazione preliminare:
a)
situazione geografica (ad esempio, pericolo di smottamenti, inondazioni, valanghe), condizioni climatiche e stagionali e attività sismica;
b)
tipi di incroci/svincoli e distanze fra loro;
c)
numero e tipo di corsie;
d)
tipi di traffico autorizzati sulla nuova strada;
e)
funzionalità della strada all’interno della rete;
f)
condizioni meteorologiche;
g)
velocità della circolazione;
h)
sezioni trasversali (ad esempio, larghezza della carreggiata, piste ciclabili, sentieri pedonali);
i)
allineamenti orizzontali e verticali;
j)
visibilità;
k)
disposizione di incroci e svincoli;
l)
trasporto pubblico e infrastrutture;
m)
passaggi a livello.
2.
Criteri applicabili nella fase della progettazione particolareggiata:
a)
tracciato;
b)
armonizzazione della segnaletica verticale e segnaletica orizzontale;
c)
illuminazione di strade e incroci stradali;
d)
apparecchiature lungo le strade;
e)
ambiente ai margini della strada inclusa la vegetazione;
f)
ostacoli fissi ai margini della strada;
g)
creazione di parcheggi sicuri;
h)
utenti vulnerabili (ad esempio, pedoni, ciclisti, motociclisti);
i)
adattamento ergonomico di sistemi stradali di contenimento (mezzerie stradali e guardrail di sicurezza per evitare pericoli agli utenti vulnerabili).
3.
Criteri applicabili nella fase di ultimazione:
a)
sicurezza degli utenti della strada e visibilità in varie circostanze, quali oscurità e condizioni meteorologiche prevedibili;
b)
leggibilità della segnaletica verticale e della segnaletica orizzontale;
c)
condizioni del fondo stradale.
4.
Criteri applicabili nella prima fase di funzionamento: valutazione della sicurezza stradale alla luce dell’effettivo comportamento degli utenti.
La realizzazione di un controllo in qualsiasi fase può comportare la necessità di riesaminare i criteri applicabili a fasi precedenti.
ALLEGATO III
CLASSIFICAZIONE DEI TRATTI STRADALI AD ELEVATA CONCENTRAZIONE DI INCIDENTI E CLASSIFICAZIONE DELLA SICUREZZA DELLA RETE
1. Criteri per l’individuazione dei tratti stradali ad elevata concentrazione di incidenti
L’individuazione dei tratti stradali ad elevata concentrazione di incidenti tiene conto perlomeno del numero di incidenti mortali nel corso degli anni precedenti per unità di distanza in rapporto al volume di traffico e, nel caso di incroci e svincoli, per punto di intersezione.
2. Criteri per l’individuazione dei tratti stradali da esaminare nell’ambito della classificazione della sicurezza della rete
L’individuazione di tratti stradali da esaminare nell’ambito della classificazione della sicurezza della rete tiene conto dei potenziali risparmi in termini di costi degli incidenti. I tratti stradali sono classificati in categorie. Per ogni categoria stradale, i tratti stradali sono esaminati e classificati sulla base di fattori collegati alla sicurezza, come la concentrazione degli incidenti, il volume di traffico e la tipologia dello stesso.
Per ogni categoria stradale, la classificazione della sicurezza della rete si traduce in un elenco prioritario dei tratti stradali in cui un miglioramento dell’infrastruttura dovrebbe rivelarsi molto efficace.
3. Elementi di valutazione per le visite in loco dei gruppi di esperti:
a)
una descrizione del tratto stradale;
b)
il riferimento ad eventuali relazioni anteriori sullo stesso tratto stradale;
c)
l’esame delle eventuali relazioni di incidente;
d)
il numero di incidenti, decessi e feriti gravi nel corso dei tre anni precedenti;
e)
un pacchetto di potenziali misure correttive da mettere in atto entro varie scadenze che preveda ad esempio:
—
eliminazione degli ostacoli fissi al margine della strada o applicazione di dispositivi di protezione dei medesimi,
—
riduzione dei limiti di velocità e aumento del controllo della velocità a livello locale,
—
miglioramento della visibilità in diverse condizioni meteorologiche e di luminosità,
—
miglioramento delle condizioni di sicurezza delle attrezzature al margine della strada quali i sistemi di ritenuta stradale,
—
miglioramento della coerenza, della visibilità, della leggibilità e della collocazione della segnaletica orizzontale (inclusa l’applicazione di rallentatori sonori) e della segnaletica verticale,
—
protezione contro la caduta di sassi, smottamenti del terreno e valanghe,
—
miglioramento dell’aderenza/ruvidità del fondo stradale,
—
nuova concezione dei sistemi di ritenuta stradale,
—
inserimento e miglioramento delle barriere protettive al centro strada,
—
modifica degli schemi di sorpasso,
—
miglioramento di incroci/svincoli/passaggi a livello,
—
modifica dell’allineamento,
—
modifica della larghezza stradale, aggiunta di una corsia d’emergenza,
—
installazione di un dispositivo di gestione e di controllo del traffico,
—
riduzione dei potenziali conflitti con gli utenti della strada più vulnerabili,
—
adeguamento della strada agli standard odierni,
—
miglioramento o sostituzione del manto stradale,
—
utilizzo di segnali stradali intelligenti,
—
miglioramento dei sistemi di trasporto intelligenti e dei servizi telematici ai fini dell’interoperabilità, dell’emergenza e della segnaletica.
ALLEGATO IV
INFORMAZIONI CHE DEVONO FIGURARE NELLE RELAZIONI DI INCIDENTI
Le relazioni di incidenti devono contenere i seguenti elementi:
1)
localizzazione quanto più esatta possibile dell’incidente;
2)
immagini e/o diagrammi del luogo dell’incidente;
3)
data e ora dell’incidente;
4)
informazioni relative alla strada, quali la natura della zona, il tipo di strada, il tipo di incrocio o di svincolo ma anche la segnaletica verticale, il numero di corsie, la segnaletica orizzontale, il rivestimento stradale, l’illuminazione e le condizioni meteorologiche, i limiti di velocità, gli ostacoli al margine della strada;
5)
gravità dell’incidente, incluso il numero delle persone decedute e ferite, eventualmente secondo criteri comuni da definire secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 13, paragrafo 3;
6)
caratteristiche delle persone interessate quali età, sesso, nazionalità, tasso di alcolemia, utilizzo o meno dei dispositivi di sicurezza;
7)
dati relativi ai veicoli coinvolti (tipo, età, paese, eventuali dispositivi di sicurezza, data dell’ultima revisione periodica in conformità della legislazione applicabile);
8)
dati relativi all’incidente quali tipo di incidente, tipo di collisione, manovre del veicolo e del conducente;
9)
se del caso, informazioni relative al periodo di tempo intercorso tra l’incidente e la sua registrazione ovvero l’arrivo del servizio di soccorso. | Gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Essa mira a ridurre il numero dei decessi e dei feriti gravi sulla rete stradale dell’Unione europea, realizzando infrastrutture stradali più sicure.
PUNTI CHIAVE
La direttiva 2008/96/CE è stata modificata dalla direttiva (UE) 2019/1936 come parte del terzo pacchetto della Commissione europea «l’Europa in movimento».
La direttiva modificata impone ai paesi dell’Unione di impostare e attuare le procedure relative a:valutazioni di impatto sulla sicurezza stradale; controlli in materia di sicurezza stradale; ispezioni sulla sicurezza delle strade; valutazioni sulla sicurezza di tutta la rete stradale; scambio delle migliori prassi e loro continuo miglioramento.Ambito di applicazione
La direttiva modificata ha un campo di applicazione ampliato. Essa si applica a:le strade che fanno parte della rete stradale transeuropea, alle autostrade e alle altre strade principali, siano esse in fase di progettazione, in costruzione o già aperte al traffico; altre strade situate in aree extraurbane, che non servono le proprietà che li costeggiano e che sono completate mediante il finanziamento dell’Unione, a eccezione delle strade non aperte o non destinate al traffico automobilistico generale,Valutazione della sicurezza stradaleI paesi dell’Unione sono tenuti a effettuare una valutazione della sicurezza stradale a livello di rete, entro e non oltre il 2024 e successivamente ogni cinque anni, su tutta la rete stradale aperta al traffico oggetto della direttiva. Le valutazioni valutano il rischio di incidente e di gravità dell’impatto sulla base degli elementi seguenti:un esame visivo, in loco o tramite mezzi elettronici, delle caratteristiche di progettazione della strada; eun’analisi dei tratti della rete stradale aperti al traffico da oltre tre anni e in cui è stato registrato un numero considerevole di incidenti gravi in proporzione al flusso di traffico. Ai risultati delle valutazioni dovranno fare seguito ispezioni di sicurezza stradale mirate o interventi correttivi, se necessario. Dovranno inoltre essere effettuate ispezioni di sicurezza stradale periodiche, con frequenza sufficiente a garantire livelli adeguati di sicurezza per l’infrastruttura stradale in questione. Le specifiche esigenze degli utenti della strada vulnerabili come i ciclisti e i pedoni dovranno essere sistematicamente considerate in tutte le procedure di gestione della sicurezza stradale. Le valutazioni sulla sicurezza devono essere pubblicate per evidenziare il livello di sicurezza delle infrastrutture stradali in tutta l’Unione.Segnaletica orizzontale e segnaletica verticaleLe procedure attuali e future in materia di segnaletica orizzontale e verticale dovranno concentrarsi sulla leggibilità e visibilità sia per i conducenti umani che per i sistemi automatizzati di assistenza alla guida. Al più tardi entro giugno 2021, la Commissione istituisce un gruppo di esperti incaricato di valutare la possibilità di stabilire specifiche comuni comprendenti:l’interazione tra le diverse tecnologie di assistenza alla guida e l’infrastruttura;gli effetti dei fenomeni meteorologici e atmosferici, nonché del traffico sulla segnaletica orizzontale e verticale presente nel territorio dell’Unione;il tipo e la frequenza degli interventi di manutenzione necessari alle diverse tecnologie, compresa una stima dei costi.Informazione e trasparenzaCiascuno paese dell’Unione trasmette alla Commissione entro il 17 dicembre 2021 l’elenco delle autostrade e delle strade principali presenti sul suo territorio e delle strade escluse perché presentano un basso rischio per la sicurezza. La Commissione pubblica una cartina della rete stradale europea nell’ambito di applicazione della presente direttiva, accessibile on-line, che evidenzia le diverse categorie in base al loro livello di sicurezza.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La Direttiva 2008/96/UE si applica dal 19 dicembre 2008, con l’obbligo di diventare legge nei paesi dell’Unione entro il 19 dicembre 2010. La Direttiva (UE) 2019/1936 è entrata in vigore il 16 dicembre 2019, con l’obbligo di diventare diventare legge nei paesi dell’Unione entro il 17 dicembre 2021.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Sicurezza stradale — infrastrutture (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2008/96/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, sulla gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali (GU L 319 del 29.11.2008, pag. 59).
Le successive modifiche alla direttiva 2008/96/CE sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) n. 1315/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, sugli orientamenti dell’Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti e che abroga la decisione n. 661/2010/UE (GU L 348 del 20.12.2013, pag. 1).
Si veda la versione consolidata. | 11,139 | 283 |
31997L0009 | false | Direttiva 97/9/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 3 marzo 1997 relativa ai sistemi di indennizzo degli investitori
Gazzetta ufficiale n. L 084 del 26/03/1997 pag. 0022 - 0031
DIRETTIVA 97/9/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 3 marzo 1997 relativa ai sistemi di indennizzo degli investitoriIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 57, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Comitato economico e sociale (2),visto il parere dell'Istituto monetario europeo (3),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 189 B del trattato (4), visto il progetto comune approvato dal comitato di conciliazione il 18 dicembre 1996,(1) considerando che il Consiglio ha adottato, il 10 maggio 1993, la direttiva 93/22/CEE relativa ai servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari (5); che tale direttiva costituisce uno strumento essenziale per la realizzazione del mercato interno nel settore delle imprese di investimento;(2) considerando che la direttiva 93/22/CEE stabilisce le regole prudenziali che le imprese di investimento devono osservare in qualunque momento, in particolare le regole volte a tutelare il più possibile il diritti degli investitori sui fondi o strumenti finanziari loro appartenenti;(3) considerando, tuttavia, che nessun sistema di vigilanza può offrire una protezione completa, in particolare qualora siano compiuti atti fraudolenti;(4) considerando che la tutela degli investitori e la salvaguardia della fiducia nel sistema finanziario sono elementi importanti del completamento e del buon funzionamento del mercato interno in tale settore e che, a tal fine, è pertanto essenziale che esista in ogni Stato membro un sistema di indennizzo degli investitori che offra una garanzia minima armonizzata di tutela almeno per i piccoli investitori, in caso di incapacità di un'impresa di investimento di far fronte ai suoi obblighi nei confronti dei clienti investitori;(5) considerando che i piccoli investitori potranno pertanto acquistare servizi di investimento presso le succursali di imprese di investimento comunitarie o nel quadro della prestazione transfrontaliera di servizi, con la stessa fiducia con cui li acquisterebbero da imprese nazionali, consapevoli che, in caso di incapacità dell'impresa di investimento di far fronte ai propri obblighi nei confronti dei clienti investitori, potranno disporre di una tutela minima armonizzata;(6) considerando che in assenza di una tale armonizzazione minima gli Stati membri ospitanti potrebbero ritenersi autorizzati, ai fini della tutela degli investitori, ad obbligare le imprese di investimento degli altri Stati membri che operano tramite succursali o in libera prestazione di servizi di aderire al sistema d'indennizzo dello Stato ospitante allorché esse non partecipino a nessun sistema d'indennizzo degli investitori nei loro Stati membri d'origine, ovvero qualora si ritenga che tale sistema non offra una tutela equivalente; che un tale obbligo potrebbe pregiudicare il funzionamento del mercato interno;(7) considerando che, sebbene nella maggior parte degli Stati membri attualmente esistano alcuni meccanismi di indennizzo degli investitori, il loro campo di applicazione non comprende, in generale, tutte le imprese di investimento titolari dell'autorizzazione unica prevista dalla direttiva 93/22/CEE;(8) considerando che, pertanto, tutti gli Stati membri dovrebbero disporre di uno o più sistemi di indennizzo degli investitori cui siano tenute a partecipare tutte le dette imprese di investimento; che il sistema deve coprire i fondi o gli strumenti detenuti da un'impresa di investimento in relazione ad operazioni di investimento di un investitore e che, qualora un'impresa di investimento non fosse in grado di far fronte ai propri obblighi nei confronti dei suoi clienti investitori, non possono essere restituiti all'investitore; che ciò non pregiudica in alcun modo le norme e le procedure applicabili in ciascuno Stato membro riguardo alle decisioni da prendere in caso di insolvenza o di liquidazione di un'impresa di investimento;(9) considerando che la definizione di impresa di investimento comprende gli enti creditizi autorizzati a fornire servizi di investimento; che tali enti creditizi devono essere altresì tenuti a partecipare ad un sistema di indennizzo degli investitori relativamente alle loro attività di investimento; che non è tuttavia necessario prevedere che detti enti creditizi aderiscano a due distinti sistemi qualora un unico sistema risponda ai requisiti stabiliti dalla presente direttiva e dalla direttiva 94/19/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 1994, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi (6); che, tuttavia, nel caso di imprese di investimento che siano enti creditizi, può essere talora difficile distinguere tra depositi coperti dalla direttiva 94/19/CE e fondi detenuti ai fini di attività di investimento; che è opportuno lasciare agli Stati membri la facoltà di determinare quale direttiva applicare a tali crediti;(10) considerando che la direttiva 94/19/CE consente agli Stati membri di esonerare un ente creditizio dall'aderire ad un sistema di garanzia dei depositi qualora tale ente appartenga ad un sistema che protegge l'ente stesso e segnatamente ne garantisce la solvibilità; che qualora l'ente creditizio che appartiene a tale sistema sia anche un'impresa di investimento, gli Stati membri dovrebbero essere autorizzati, a talune condizioni, ad esonerarlo dall'obbligo di aderire a un sistema di indennizzo degli investitori;(11) considerando che un livello minimo armonizzato d'indennizzo di 20 000 ecu per investitore dovrebbe essere sufficiente a tutelare gli interessi dei piccoli investitori qualora un'impresa d'investimento non sia in grado di onorare gli impegni nei confronti dei propri clienti investitori; che sembra pertanto ragionevole fissare il livello minimo armonizzato a 20 000 ecu; che, come nella direttiva 94/19/CE, potrebbero essere necessarie disposizioni transitorie limitate per consentire ai sistemi di indennizzo di rispettare tale importo, e ciò anche per gli Stati membri i quali al momento dell'adozione della presente direttiva non disponessero di un tale sistema;(12) considerando che analogo importo è stato prescritto nella direttiva 94/19/CE;(13) considerando che per incoraggiare l'investitore a far prova di discernimento nella scelta di un'impresa di investimento, è ragionevole consentire agli Stati membri di imporre che l'investitore sostenga una parte delle perdite subite; che, tuttavia l'investitore deve essere coperto almeno per il 90 % della perdita finché l'importo dell'indennizzo pagato non raggiunga il livello minimo comunitario;(14) considerando che i sistemi di taluni Stati membri offrono livelli di copertura più elevati del livello minimo armonizzato di tutela della presente direttiva; che, non sembra, peraltro, opportuno imporre una modifica di tali sistemi a tal riguardo;(15) considerando che l'esistenza nella Comunità di sistemi che offrono un livello di copertura superiore al minimo armonizzato può provocare, su un medesimo territorio, differenze d'indennizzo e condizioni di concorrenza diseguali tra le imprese di investimento nazionali e le succursali di imprese di altri Stati membri; che, per ovviare a tali inconvenienti, è opportuno autorizzare l'adesione delle succursali al sistema del paese ospitante, affinché sia ad esse consentito di offrire agli investitori la medesima copertura offerta dal sistema del paese in cui sono stabilite; che è opportuno che la Commissione, nella relazione che redigerà sull'applicazione della presente direttiva, riferisca sulla frequenza con lui le succursali si sono avvalse di tale facoltà e sulle difficoltà eventuali che esse ovvero i sistemi di indennizzo degli investitori hanno incontrato nell'attuare tali disposizioni; che non è escluso che il sistema dello Stato membro d'origine offra una tale copertura complementare, alle condizioni stabilite da detto sistema;(16) considerando che le succursali di talune imprese di investimento stabilite in uno Stato membro diverso dallo Stato membro d'origine che offrono una copertura superiore a quella offerta dalle imprese di investimento autorizzate nello Stato membro ospitante potrebbero perturbare il funzionamento del mercato; che non è opportuno che il livello o la portata della copertura dei sistemi di indennizzo divengano strumenti di concorrenza; che occorre pertanto stabilire, quanto meno in un primo tempo, che il livello e la portata della copertura offerti dal sistema di uno Stato membro d'origine agli investitori presso le succursali stabilite in un altro Stato membro non eccedano il livello e la portata della copertura massimi del sistema corrispondente in quest'ultimo Stato; che sarebbe opportuno effettuare quanto prima una verifica di possibili eventi che abbiano perturbato il funzionamento del mercato, in base all'esperienza acquisita ed alla luce dell'evoluzione nel settore finanziario;(17) considerando che, qualora uno Stato membro ritenga che talune categorie di investimenti o di investitori elencati specificamente non necessitino di particolare protezione, esso deve poterli escludere dal beneficio della copertura offerta dai sistemi di indennizzo degli investitori;(18) considerando che diversi Stati membri dispongono di sistemi d'indennizzo degli investitori posti sotto la responsabilità di organizzazioni di categoria; che, in altri Stati membri, esistono sistemi istituiti e disciplinati per legge; che tale diversità di situazione giuridica solleva problemi solo per quanto riguarda l'adesione obbligatoria al sistema e l'esclusione dal medesimo; che occorre pertanto prevedere disposizioni che limitino i poteri dei sistemi a tale riguardo;(19) considerando che l'investitore deve essere indennizzato senza eccessivo ritardo una volta stabilita la validità del suo credito; che il sistema d'indennizzo stesso dovrebbe poter fissare un termine ragionevole entro cui far valere i crediti nei confronti del sistema; che tuttavia la scadenza di tale termine non può essere opposta all'investitore che per validi motivi non sia stato in grado di far valere il suo credito tempestivamente;(20) considerando che l'informazione degli investitori sulle modalità di indennizzo è un elemento essenziale della loro tutela; che l'articolo 12 della direttiva 93/22/CEE sancisce l'obbligo per le imprese d'investimento di informare gli investitori, prima di entrare in relazione d'affari con costoro, dell'eventuale applicazione di un sistema di indennizzo, e che occorre pertanto che la presente direttiva stabilisca delle regole per l'informazione di tali investitori potenziali circa il sistema d'indennizzo che copre le loro operazioni d'investimento;(21) considerando che l'uso non regolamentato, a fini pubblicitari, di riferimenti all'importo e alla portata del sistema d'indennizzo rischia, tuttavia, di pregiudicare la stabilità del sistema finanziario o la fiducia degli investitori; che gli Stati membri dovrebbero pertanto adottare delle norme per limitare tali riferimenti;(22) considerando che la presente direttiva esige, in linea di principio, che tutte le imprese di investimento aderiscano ad un sistema di indennizzo degli investitori; che le direttive che disciplinano l'ammissione di imprese di investimento aventi la loro sede sociale in paesi terzi, in particolare la direttiva 93/22/CEE, lasciano agli Stati membri la facoltà di decidere se e a quali condizioni ammettere che le succursali di tali imprese di investimento operino sul loro territorio; che tali succursali non beneficiano né della libera prestazione dei servizi in virtù dell'articolo 59, secondo comma del trattato, né della libertà di stabilimento in uno Stato membro diverso da quello in cui sono stabilite; che, pertanto, uno Stato membro che ammetta tali succursali deve decidere come applicare i principi della presente direttiva a tali succursali, conformemente all'articolo 5 della direttiva 93/22/CEE e alla necessità di tutelare gli investitori e di preservare l'integrità del sistema finanziario; che è essenziale che gli investitori che si rivolgono a tali succursali ricevano un'informazione completa sulle disposizioni relative agli indennizzi che ad essi si applicano;(23) considerando che, nel quadro della presente direttiva, non è indispensabile armonizzare i metodi di finanziamento dei sistemi di indennizzo degli investitori dato che, da un lato, il costo del finanziamento di questi sistemi deve essere sostenuto, in linea di principio, dalle imprese di investimento stesse e che, dall'altro, le capacità di finanziamento di tali sistemi devono essere proporzionate ai loro obblighi; che ciò non deve tuttavia compromettere la stabilità del sistema finanziario dello Stato membro interessato;(24) considerando che la presente direttiva non può avere l'effetto di estendere agli Stati membri o alle loro autorità competenti la responsabilità nei confronti degli investitori qualora essi abbiano provveduto a istituire o a riconoscere ufficialmente uno o più sistemi che assicurino l'indennizzo o la tutela degli investitori alle condizioni previste dalla presente direttiva;(25) considerando infine che un'armonizzazione minima dei meccanismi d'indennizzo degli investitori è necessaria per completare il mercato interno delle imprese di investimento, poiché consente che tra gli investitori e tali imprese si stabiliscano relazioni improntate a maggiore fiducia, segnatamente allorché si tratta di imprese originarie di altri Stati membri, e di evitare le difficoltà che potrebbero derivare dall'applicazione, da parte di uno Stato membro ospitante, di norme nazionali, in materia di tutela degli investitori, non coordinate a livello comunitario; che una direttiva comunitaria vincolante è il solo strumento atto a raggiungere l'obiettivo mirato, data la generale assenza di misure d'indennizzo degli investitori di portata corrispondente a quella della direttiva 93/22/CEE; che la presente direttiva si limitata all'armonizzazione minima necessaria, lasciando agli Stati membri la facoltà di imporre una tutela più ampia o più elevata e riconoscendo loro il margine di libertà necessario in materia di organizzazione e di finanziamento dei sistemi d'indennizzo degli investitori,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1 Ai fini della presente direttiva si intende per:1) «impresa d'investimento»: un'impresa d'investimento definita all'articolo 1, punto 2 della direttiva 93/22/CEE- autorizzata a norma dell'articolo 3 della direttiva 93/22/CEE, o- autorizzata in quanto ente creditizio a norma della direttiva 77/780/CEE (7) e della direttiva 89/646/CEE (8) a svolgere uno o più servizi d'investimento elencati nella sezione A dell'allegato della direttiva 93/22/CEE;2) «operazioni d'investimento»: ogni servizio d'investimento definito dall'articolo 1, punto 1 della direttiva 93/22/CEE nonché il servizio di cui al punto 1) della sezione C dell'allegato a tale direttiva;3) «strumenti»: gli strumenti elencati nella sezione B dell'allegato della direttiva 93/22/CEE;4) «investitore»: la persona che ha affidato fondi o strumenti, nell'ambito di operazioni d'investimento, ad un'impresa d'investimento;5) «succursale»: una sede di attività che costituisce una parte, priva di personalità giuridica, di un'impresa di investimento e fornisce servizi d'investimento per i quali l'impresa d'investimento è stata autorizzata; più sedi di attività costituire nello stesso Stato membro da un'impresa d'investimento con sede sociale in un altro Stato membro sono considerate come una succursale unica;6) «operazione congiunta d'investimento»: operazione d'investimento effettuata per conto di due o più persone o sulla quale due o più persone vantano diritti che possono essere esercitati con la firma di una o più di esse;7) «autorità competenti»: le autorità di cui all'articolo 22 della direttiva 93/22/CEE; tali autorità possono essere, se del caso, quelle previste all'articolo 1 della direttiva 92/30/CEE del Consiglio, del 6 aprile 1992, relativa alla vigilanza su base consolidata degli enti creditizi (9).Articolo 2 1. Ogni Stato membro provvede affinché nel suo territorio siano istituiti ed ufficialmente riconosciuti uno o più sistemi d'indennizzo degli investitori. Fatti salvi i casi di cui al secondo comma e all'articolo 5, paragrafo 3, nessuna impresa d'investimento autorizzata in tale Stato membro può svolgere operazioni d'investimento senza partecipare ad uno di tali sistemi.Uno Stato membro può tuttavia esonerare un ente creditizio cui si applica la presente direttiva dall'obbligo di aderire ad un sistema di indennizzo degli investitori, qualora tale ente sia già esonerato dall'obbligo di appartenere ad un sistema di garanzia dei depositi in virtù dell'articolo 3, paragrafo 1 della direttiva 94/19/CE, a condizione che la tutela e l'informazione offerte ai depositanti siano parimenti offerte alle stesse condizioni agli investitori e in modo tale che questi ultimi beneficino di una tutela almeno equivalente a quella offerta da un sistema di indennizzo degli investitori.Lo Stato membro che si avvale di tale facoltà ne informa la Commissione; esso comunica segnatamente le caratteristiche di tali sistemi di protezione e gli enti creditizi da essi coperti a norma della presente direttiva, nonché le ulteriori modifiche alle informazioni trasmesse. La Commissione ne informa il Consiglio.2. Il sistema d'indennizzo copre gli investitori a norma dell'articolo 4 allorché si verifica per prima una delle seguenti eventualità:- le autorità competenti hanno constatato che, a loro avviso, per motivi direttamente connessi con la sua situazione finanziaria, l'impresa d'investimento non sembra per il momento in grado di far fronte ai propri obblighi derivanti dai crediti degli investitori e non vi è a breve termine la prospettiva che possa farlo, ovvero- un'autorità giudiziaria, per motivi direttamente connessi con la situazione finanziaria dell'impresa d'investimento, ha adottato una decisione avente l'effetto di sospendere la possibilità per gli investitori di far valere i loro crediti nei confronti dell'impresa di investimento.Deve essere assicurata la copertura dei crediti derivanti dall'incapacità di un'impresa di investimento di:- rimborsare i fondi dovuti o appartenenti agli investitori e detenuti per loro conto in relazione ad operazioni d'investimento, ovvero- restituire agli investitori gli strumenti loro appartenenti, detenuti, amministrati o gestiti per loro conto in relazione ad operazioni d'investimento,secondo le condizioni legali e contrattuali applicabili.3. I crediti di cui al paragrafo 2 nei confronti di un ente creditizio i quali, in un dato Stato membro, siano soggetti nel contempo alla presente direttiva ed alla direttiva 94/19/CE sono imputati a uno dei sistemi previsti nell'una o nell'altra direttiva, a discrezione dello Stato membro interessato. Nessun credito può beneficiare di un doppio indennizzo sulla base delle due direttive.4. L'importo del credito di un investitore è calcolato secondo le condizioni stabilite dalla legge e dal contratto, segnatamente quelle relative alla compensazione e ai crediti di contropartita applicabili alla data della constatazione o della decisione di cui al paragrafo 2, primo comma, per la determinazione dell'ammontare dei fondi o del valore, stabilito, ove possibile, facendo riferimento al valore di mercato, degli strumenti appartenenti all'investitore che l'impresa d'investimento non è in grado di rimborsare o restituire.Articolo 3 I crediti derivanti da operazioni per le quali sia stata pronunciata una condanna penale per il reato di riciclaggio dei proventi di attività illecite, ai sensi dell'articolo 1 della direttiva 91/308/CEE del Consiglio, del 10 giugno 1991, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite (10), sono esclusi da qualsiasi indennizzo da parte del sistema di indennizzo degli investitori.Articolo 4 1. Gli Stati membri provvedono a che il sistema d'indennizzo assicuri una copertura d'importo non inferiore a 20 000 ecu per investitore per i crediti di cui all'articolo 2, paragrafo 2.Fino al 31 dicembre 1999, gli Stati membri nei quali al momento dell'adozione della presente direttiva la copertura è inferiore a 20 000 ecu possono mantenere tale livello di copertura più basso, purché esso non sia inferiore a 15 000 ecu. Tale facoltà è altresì concessa agli Stati membri che si avvalgono delle disposizioni transitorie di cui all'articolo 7, paragrafo 1, secondo comma della direttiva 94/19/CE.2. Gli Stati membri possono prevedere che per taluni investitori la copertura del sistema sia esclusa o ridotta. L'elenco di tali esclusioni figura nell'allegato I.3. Il presente articolo non osta al mantenimento in vigore o all'adozione di disposizioni che aumentino la copertura degli investitori o la estendano.4. Gli Stati membri possono limitare la copertura di cui al paragrafo 1 o al paragrafo 3 ad una determinata percentuale del credito dell'investitore. La percentuale garantita, tuttavia, deve essere uguale o superiore al 90 % dell'importo del credito sino al raggiungimento dell'importo da rimborsare di 20 000 ecu da parte del sistema.Articolo 5 1. Se un'impresa d'investimento tenuta ad aderire ad un sistema di indennizzo in forza dell'articolo 2, paragrafo 1 non adempie gli obblighi derivanti dall'adesione a tale sistema di indennizzo degli investitori, le autorità competenti che hanno rilasciato l'autorizzazione sono informate dell'inadempimento e, in cooperazione con il sistema di indennizzo, adottano tutte le misure necessarie, ivi comprese delle sanzioni, al fine di garantire che l'impresa di investimento adempia i suoi obblighi.2. Qualora, nonostante tali misure, l'impresa d'investimento non adempia i suoi obblighi, il sistema può, ove la legislazione nazionale consenta l'esclusione di un membro e con l'espresso consenso delle autorità competenti, notificare l'intenzione di escludere l'impresa d'investimento dal sistema, con un preavviso non inferiore a dodici mesi. Il sistema continuerà ad assicurare la copertura di cui all'articolo 2, paragrafo 2, secondo comma per le operazioni d'investimento effettuate durante tale periodo. Qualora, alla scadenza del periodo di preavviso, l'impresa d'investimento non abbia adempiuto i suoi obblighi, il sistema di indennizzo può, previo espresso consenso delle autorità competenti, procedere all'esclusione della stessa.3. Se la legislazione nazionale lo consente e con l'espresso consenso delle autorità competenti che hanno rilasciato l'autorizzazione, un'impresa d'investimento esclusa da un sistema di indennizzo degli investitori può continuare a offrire i suoi servizi d'investimento qualora, prima dell'esclusione, abbia previsto altri meccanismi di indennizzo che assicurino agli investitori una copertura quanto meno equivalente a quella offerta dal sistema di indennizzo ufficialmente riconosciuto e abbiano caratteristiche analoghe a quelle di tale sistema.4. Qualora un'impresa d'investimento di cui si proponga l'esclusione ai sensi del paragrafo 2 non sia in grado di prevedere altri meccanismi di indennizzo che presentino i requisiti di cui al paragrafo 3, le autorità competenti che hanno rilasciato l'autorizzazione procedono alla sua immediata revoca.Articolo 6 La copertura di cui all'articolo 2, paragrafo 2, secondo comma continua ad essere assicurata, dopo la revoca dell'autorizzazione dell'impresa di investimento, per le operazioni d'investimento effettuate fino al momento di tale revoca.Articolo 7 1. I sistemi d'indennizzo degli investitori, istituiti e ufficialmente riconosciuti in uno Stato membro a norma dell'articolo 2, paragrafo 1, tutelano anche gli investitori delle succursali costituite dalle imprese d'investimento in altri Stati membri.Sino al 31 dicembre 1999, né il livello né la portata, ivi compresa la percentuale, della copertura prevista possono eccedere il livello e la portata massimi della copertura offerta dal corrispondente sistema d'indennizzo dello Stato membro ospitante nel suo territorio. Prima di tale data, la Commissione redige una relazione sulla base dell'esperienza acquisita nell'applicazione del presente comma e dell'articolo 4, paragrafo 1 della direttiva 94/19/CE, e valuta l'opportunità di mantenere tali disposizioni. La Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio, se del caso, una proposta di direttiva volta a prorogarne la validità.Qualora il livello e/o la portata, ivi compresa la percentuale, della copertura offerta dal sistema d'indennizzo degli investitori dello Stato membro ospitante superino il livello e/o la portata della copertura offerta nello Stato membro in cui l'impresa d'investimento è autorizzata, lo Stato membro ospitante provvede affinché vi sia, nel suo territorio, un sistema d'indennizzo degli investitori ufficialmente riconosciuto, cui possa volontariamente aderire una succursale, al fine di completare la copertura già offerta agli investitori in virtù della sua appartenenza al sistema dello Stato membro d'origine.Il sistema cui la succursale aderirà deve coprire la categoria di imprese cui essa appartiene ovvero quella più similare nello Stato membro ospitante.Gli Stati membri provvedono affinché siano previsti in ogni sistema d'indennizzo degli investitori requisiti oggettivi e di applicazione generale per l'adesione di tali succursali. L'ammissione è subordinata all'osservanza degli obblighi derivanti dall'appartenenza al sistema, ivi compreso, in particolare, il pagamento di tutti i contributi e altri oneri. Nell'applicazione della disposizione di cui al presente paragrafo gli Stati membri si conformano ai principi informatori di cui all'allegato II.2. Se una succursale che ha esercitato la facoltà di adesione volontaria ad un sistema d'indennizzo degli investitori ai sensi del paragrafo 1 non adempie gli obblighi derivanti dall'adesione medesima, ne sono informate le autorità competenti che hanno rilasciato l'autorizzazione le quali, in cooperazione con il sistema di indennizzo, adottano tutte le misure appropriate per assicurare il rispetto degli obblighi anzidetti.Qualora tali misure non consentano di assicurare il rispetto da parte della succursale degli obblighi di cui al presente articolo e, previo congruo preavviso di durata comunque non inferiore a dodici mesi, il sistema d'indennizzo può, con il consenso delle autorità competenti che hanno rilasciato l'autorizzazione, escludere la succursale. Le operazioni d'investimento effettuate anteriormente alla data dell'esclusione rimangono coperte dopo tale data dal sistema d'indennizzo al quale la succursale ha volontariamente aderito. Gli investitori sono informati del ritiro della copertura complementare e della data di decorrenza della sua efficacia.Articolo 8 1. La copertura di cui all'articolo 4, paragrafi 1, 3 e 4 si applica all'importo totale dei crediti dell'investitore nei confronti di una medesima impresa d'investimento ai sensi della presente direttiva, qualunque sia il numero dei conti, la valuta e l'ubicazione nella Comunità.Tuttavia, gli Stati membri possono prevedere che i fondi in valuta diversa da quella degli Stati membri e dall'ecu non siano coperti o lo siano in misura minore. Tale facoltà non si applica agli strumenti.2. Nel calcolo della copertura di cui all'articolo 4, paragrafi 1, 3 e 4 si tiene conto della quota spettante a ciascun investitore in un'operazione congiunta d'investimento.Salvo specifiche disposizioni, i crediti sono ripartiti tra gli investitori in parti uguali.Gli Stati membri possono prevedere che i crediti relativi ad un'operazione congiunta d'investimento, di cui siano titolari due o più persone nella qualità di soci di una società, di membri di un'associazione o di qualsiasi gruppo di natura analoga privi di personalità giuridica, possano essere riuniti e trattati come se derivassero da un investimento effettuato da un unico investitore ai fini del calcolo dei limiti previsti all'articolo 4, paragrafi 1, 3 e 4.3. Qualora l'investitore non sia titolare del diritto sui fondi o sui titoli detenuti riceve l'indennizzo il titolare del diritto, purché esso sia stato identificato o sia identificabile prima della data della constatazione o della decisione di cui all'articolo 2, paragrafo 2.Nel caso di una pluralità di aventi diritto, si prende in considerazione ai fini del calcolo dei limiti previsti all'articolo 4, paragrafi 1, 3 e 4 la quota spettante a ciascuno di essi in virtù delle disposizioni che disciplinano la gestione dei fondi o dei titoli.La presente disposizione non si applica agli organismi di investimento collettivo.Articolo 9 1. Il sistema d'indennizzo prende opportune misure per informare gli investitori della constatazione o della decisione di cui all'articolo 2, paragrafo 2 e, qualora si debba procedere ad un indennizzo, affinché ciò avvenga al più presto. Esso può stabilire un termine entro il quale gli investitori sono tenuti a presentare le loro domande. Il termine non può essere inferiore a cinque mesi a decorrere dalla data della constatazione o della decisione, ovvero dalla data in cui la constatazione o la decisione sono state rese pubbliche.Il sistema d'indennizzo non può, tuttavia, opporre la scadenza di tale termine per negare il beneficio della copertura ad un investitore che non abbia potuto far valere tempestivamente il suo diritto all'indennizzo.2. Il sistema deve essere in grado di rimborsare i crediti degli investitori quanto prima e al più tardi entro tre mesi dopo che ne sono stati accertati l'ammissibilità e l'ammontare.In circostanze del tutto eccezionali e in casi specifici il sistema di indennizzo può chiedere alle autorità competenti una proroga del termine. Tale proroga non può essere superiore a tre mesi.3. Nonostante il termine di cui al paragrafo 2, qualora un investitore od altra persona che ha diritti ovvero un interesse relativo a un'operazione d'investimento sia stato accusato di un reato connesso con il riciclaggio dei proventi di attività illecite di cui all'articolo 1 della direttiva 91/308/CEE, il sistema d'indennizzo può sospendere i pagamenti in attesa della sentenza del tribunale.Articolo 10 1. Gli Stati membri provvedono affinché le imprese d'investimento prendano misure adeguate per fornire agli investitori effettivi e potenziali le informazioni di cui costoro necessitano per individuare il sistema d'indennizzo degli investitori al quale aderiscono l'impresa di investimento e le sue succursali all'interno della Comunità o qualsiasi altro meccanismo previsto dall'articolo 2, paragrafo 1, secondo comma, o dall'articolo 5, paragrafo 3. Gli investitori sono informati sulle disposizioni del sistema d'indennizzo degli investitori o su qualsiasi altro meccanismo applicabile, in particolare sull'importo e sulla portata della copertura offerta dal sistema stesso, nonché sulle norme eventualmente stabilite dagli Stati membri ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 3. Tali informazioni sono formulate in modo facilmente comprensibile.Sono inoltre fornite, su semplice richiesta, informazioni sulle condizioni cui è soggetto l'indennizzo e sulla formalità da espletare per ottenerlo.2. Le informazioni di cui al paragrafo 1 sono rese disponibili, secondo le modalità prescritte dalla legislazione nazionale, nella o nelle lingue ufficiali dello Stato membro in cui la succursale è stabilita.3. Gli Stati membri stabiliscono regole che limitano l'uso, a scopo di pubblicità, delle informazioni di cui al paragrafo 1 per evitare che ciò comprometta la stabilità del sistema finanziario o la fiducia degli investitori. In particolare, gli Stati membri possono limitare tale pubblicità alla semplice menzione del sistema cui aderisce un'impresa d'investimento.Articolo 11 1. Gli Stati membri verificano che le succursali create da imprese d'investimento con sede sociale al di fuori della Comunità fruiscono di una copertura equivalente a quella prevista nella presente direttiva. Gli Stati membri possono stabilire, in difetto di tale copertura equivalente e fatto salvo l'articolo 5 della direttiva 93/22/CEE, che le succursali create da imprese d'investimento con sede sociale al di fuori della Comunità aderiscano a un sistema d'indennizzo degli investitori esistente nel loro territorio.2. Gli investitori effettivi e potenziali di succursali create dalle imprese d'investimento con sede sociale al di fuori della Comunità ricevono da tali imprese tutte le informazioni pertinenti sulle disposizioni in materia d'indennizzo che si applicano ai loro investimenti.3. Le informazioni di cui al paragrafo 2 sono rese disponibili, secondo le modalità prescritte dalla legislazione nazionale, nella o nelle lingue ufficiali dello Stato membro in cui la succursale è stabilita e formulate in modo chiaro e comprensibile.Articolo 12 Fatto salvo qualsiasi altro diritto che la legislazione nazionale possa attribuire agli investitori, i sistemi d'indennizzo che effettuano dei pagamenti a titolo di indennizzo degli investitori hanno diritto di surrogarsi nei diritti degli investitori nelle procedure di liquidazione fino a concorrenza di un importo pari al pagamento effettuato dai sistemi stessi.Articolo 13 Gli Stati membri provvedono affinché il diritto all'indennizzo dell'investitore sia suscettibile di ricorso dell'investitore contro il sistema di indennizzo.Articolo 14 Entro il 31 dicembre 1999 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione della presente direttiva, corredata, se del caso, di proposte di modifica.Articolo 15 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 26 settembre 1998. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 16 L'articolo 12 della direttiva 93/22/CEE è abrogato alla data di cui all'articolo 15, paragrafo 1.Articolo 17 La presente direttiva entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 18 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 3 marzo 1997.Per il Parlamento europeoIl PresidenteJ. M. GIL-ROBLESPer il ConsiglioIl PresidenteM. DE BOER(1) GU n. C 321 de 27. 11. 1993, pag. 15 e GU n. C 382 del 31. 12. 1994, pag. 27.(2) GU n. C 127 del 7. 5. 1994, pag. 1.(3) Parere espresso il 28 luglio 1995.(4) Parere del Parlamento europeo del 19 aprile 1994 (GU n. C 128 del 9. 5. 1994, pag. 85), posizione comune del Consiglio del 23 ottobre 1995 (GU n. C 320 del 30. 11. 1995, pag. 9), e decisione del Parlamento europeo del 12 marzo 1996 (GU n. C 96 dell'1. 4. 1996, pag. 28). Decisione del Consiglio del 17 febbraio 1997 e decisione del Parlamento europeo del 19 febbraio 1997 (GU n. C 85 del 17. 3. 1997).(5) GU n. L 141 dell'11. 6. 1993, pag. 27.(6) GU n. L 135 del 31. 5. 1994, pag. 5.(7) Prima direttiva 77/780/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1977, relativa al coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative riguardanti l'accesso all'attività degli enti creditizi e il suo esercizio (GU n. L 322 del 17. 12. 1977, pag. 30). Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 89/646/CEE (GU n. L 386 del 30. 12. 1989, pag. 1).(8) Seconda direttiva 89/646/CEE del Consiglio, del 15 dicembre 1989, relativa al coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative riguardanti l'accesso all'attività degli enti creditizi e il suo esercizio e recante modifica della direttiva 77/780/CEE (GU n. L 386 del 30. 12. 1989, pag. 1). Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 92/30/CEE (GU n. L 110 del 28. 4. 1992, pag. 52).(9) GU n. L 110 del 28. 4. 1992, pag. 52.(10) GU n. L 166 del 28. 6. 1991, pag. 77.ALLEGATO I ELENCO DELLE ESCLUSIONI DI CUI ALL'ARTICOLO 4, PARAGRAFO 2 1. Investitori professionali e istituzionali, comprendenti:- imprese di investimento definite all'articolo 1, punto 2 della direttiva 93/22/CE;- enti creditizi definiti all'articolo 1, primo trattino della direttiva 77/780/CEE;- enti finanziari definiti all'articolo 1, paragrafo 6 della direttiva 89/646/CEE;- imprese d'assicurazione;- organismi di investimento collettivo in valori mobiliari;- fondi pensione.Altri investitori professionali e istituzionali.2. Enti sopranazionali, statali e facenti capo ad amministrazioni centrali.3. Enti regionali, provinciali, locale o comunali.4. Amministratori, dirigenti e soci personalmente responsabili dell'impresa di investimento, detentori di almeno il 5 % del suo capitale, persone incaricate della revisione ufficiale dei conti dell'impresa di investimento o investitori aventi le medesime responsabilità in altre società dello stesso gruppo.5. Parenti prossimi e terzi che agiscono per conto degli investitori di cui al punto 4.6. Altre imprese dello stesso gruppo.7. Investitori che sono responsabili o che abbiano tratto vantaggio da fatti attinenti all'impresa di investimento che sono all'origine delle difficoltà finanziarie di quest'ultima o hanno contribuito ad aggravarne la situazione finanziaria.8. Società che, per le loro dimensioni, non sono autorizzate a redigere uno stato patrimoniale in forma abbreviata conformemente all'articolo 11 della quarta direttiva 78/660/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1978, basata sull'articolo 54, paragrafo 3, lettera g) del trattato e relativa ai conti annuali di taluni tipi di società (1).(1) GU n. L 222 del 14. 8. 1978, pag. 11; direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 94/8/CE (GU n. L 82 del 25. 3. 1994, pag. 33).ALLEGATO II PRINCIPI INFORMATORI (Di cui all'articolo 7, paragrafo 1, quinto comma) Qualora una succursale chieda di aderire ad un sistema dello Stato membro ospitante per beneficiare di una copertura complementare, tale sistema stabilisce bilateralmente con il sistema dello Stato membro d'origine regole e procedure appropriate ai fini del pagamento dell'indennizzo agli investitori presso la succursale in questione. Nel definire tali procedure e nello stabilire le condizioni per l'adesione della succursale, a norma dell'articolo 7, paragrafo 1, si applicano i seguenti principi:a) il sistema dello Stato membro ospitante mantiene il pieno diritto di imporre le proprie regole obiettive e di applicazione generale alle imprese d'investimento partecipanti; esso ha la facoltà di esigere informazioni pertinenti e il diritto di verificare tali informazioni presso le autorità competenti dello Stato membro d'origine;b) il sistema dello Stato membro ospitante soddisfa le richieste di indennizzo complementare quando sia stato informato dalle autorità competenti dello Stato membro d'origine della decisione o della constatazione di cui all'articolo 2, paragrafo 2. Il sistema dello Stato membro ospitante mantiene il pieno diritto di verificare in base alle proprie regole e procedure la fondatezza delle richieste prima di pagare l'indennizzo complementare;c) i sistemi dello Stato membro d'origine e dello Stato membro ospitante cooperano a pieno titolo per far sì che gli investitori ricevano rapidamente un indennizzo della giusta entità. In particolare, si mettono d'accordo sugli effetti che l'esistenza di un credito tale da dar luogo a compensazione in virtù di uno dei due sistemi, può avere sull'indennizzo pagato all'investitore da ciascun sistema;d) il sistema dello Stato membro ospitante è autorizzato ad imporre alle succursali un contributo per la copertura complementare su una base appropriata che tenga conto della garanzia finanziata dal sistema dello Stato membro d'origine. Per facilitare tale imposizione, il sistema dello Stato membro ospitante ha il diritto di presumere che i suoi obblighi siano in ogni caso limitati alla differenza tra la copertura da esso offerta e quella che offre lo Stato membro d'origine, a prescindere dal fatto che quest'ultimo paghi o meno un indennizzo per i crediti degli investitori nel territorio dello Stato membro ospitante. | Tutela degli investitori in caso di fallimento di un’impresa di investimento
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Mira a tutelare gli investitori a seguito del fallimento di un’impresa di investimento.
PUNTI CHIAVE
La direttiva richiede ai paesi dell’Unione europea (UE) di istituire uno o più sistemi di indennizzo degli investitori*. Tutte le imprese di investimento che forniscono servizi di investimento devono partecipare ad uno di tali sistemi (gli enti creditizi possono venire esonerati, qualora partecipino già ad un sistema che garantisca una tutela almeno equivalente a quella fornita dal sistema di indennizzo e che soddisfino determinate condizioni specifiche).
Il sistema di indennizzo interviene nei casi in cui:
le autorità competenti hanno constatato che, a loro avviso, l’impresa d’investimento non sembra per il momento in grado di far fronte ai propri obblighi derivanti dai crediti degli investitori e non vi è a breve termine la prospettiva che possa farlo; ovvero
un’autorità giudiziaria ha adottato una decisione avente l’effetto di sospendere la possibilità per gli investitori di far valere i loro crediti nei confronti dell’impresa di investimento.
Deve essere assicurata la copertura dei crediti derivanti dall'incapacità di un'impresa di investimento di:
rimborsare i fondi dovuti o appartenenti agli investitori e detenuti per loro conto in relazione ad operazioni d’investimento, ovvero
restituire agli investitori gli strumenti loro appartenenti, detenuti, amministrati o gestiti per loro conto in relazione ad operazioni d’investimento.
Laddove un’impresa di investimento sia anche un ente creditizio, il paese dell'UE d'origine decide quale direttiva applicare ai crediti monetari: la sopraccitata direttiva o quella che disciplina i sistemi di garanzia dei depositi. Nessun credito relativo ad un unico importo può beneficiare di un indennizzo sulla base di entrambe le direttive.
La direttiva stabilisce un livello minimo comunitario di indennizzo di 20 000 EUR per investitore e, allo stesso tempo, autorizza i paesi dell’UE, qualora lo desiderino, a fornire un livello di indennizzo più elevato. Tuttavia, talune categorie di investitori possono venire escluse dai paesi dell’UE dalla copertura del sistema, o può venire offerta loro una copertura di livello ridotto. Gli accordi per l’organizzazione e il finanziamento dei sistemi sono lasciati a discrezione dei paesi dell’UE.
Ci sono delle procedure da seguire, qualora un’impresa di investimento non rispetti gli obblighi derivanti dall’adesione ad un sistema (le sanzioni possono arrivare all’esclusione).
Le succursali di imprese di investimento possono aderire ai sistemi di indennizzo del paese ospitante, qualora lo desiderino.
La copertura si applica all’importo totale dei crediti dell’investitore, qualunque sia il numero dei conti, la valuta e l’ubicazione nell’UE. Nel caso di un’operazione congiunta di investimento, i crediti sono ripartiti tra gli investitori in parti uguali.
Il sistema di indennizzo può stabilire un termine entro il quale gli investitori sono tenuti a presentare le loro domande. Il sistema non può, tuttavia, opporre la scadenza di tale termine per negare il beneficio della copertura ad un investitore. Il credito di un investitore deve essere rimborsato al più tardi entro tre mesi dopo che ne sono stati accertati l'ammissibilità e l'ammontare.
Sono previsti degli obblighi relativi alle informazioni che devono essere trasmesse agli investitori.
La Commissione europea ha adottato una proposta per modificare la direttiva nel luglio 2010. Tale adozione è avvenuta alla luce degli sviluppi dall’entrata in vigore della direttiva e dalla crisi finanziaria iniziata nel 2008. La modifica proposta è stata inoltre condizionata da una valutazione condotta nel 2009. La proposta mirava a:
aumentare il limite di indennizzo fino a 50 000 EUR;
ridurre i ritardi nei rimborsi;
imporre ai sistemi di venire prefinanziati da una quantità minima comune e a estendere la loro copertura a entità terze specifiche.
La proposta è stata ritirata nel marzo 2015 a causa della mancanza di progressi nei negoziati tra i colegislatori (il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea).
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
Si applica a partire dal 26 marzo 1997. I paesi dell’UE dovevano recepirla nel diritto nazionale entro il 26 settembre 1998.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, si veda:
Servizi di investimento e mercati regolamentati (MiFID I e MiFID II) sul sito Internet della Commissione europea.
* TERMINI CHIAVE
Sistema di indennizzo degli investitori: un sistema che mira a tutelare gli investitori che usano servizi di investimento. Fornisce loro un indennizzo in caso di incapacità dell’impresa di investimento di restituire beni di loro proprietà.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 97/9/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 marzo 1997, relativa ai sistemi di indennizzo degli investitori (GU L 84 del 26.3.1997, pag. 22-31) | 13,753 | 513 |
31994L0011 | false | Direttiva 94/11/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 marzo 1994, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'etichettatura dei materiali usati nelle principali componenti delle calzature destinate alla vendita al consumatore
Gazzetta ufficiale n. L 100 del 19/04/1994 pag. 0037 - 0041 edizione speciale finlandese: capitolo 13 tomo 26 pag. 0039 edizione speciale svedese/ capitolo 13 tomo 26 pag. 0039
DIRETTIVA 94/11/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 23 marzo 1994 sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'etichettatura dei materiali usati nelle principali componenti delle calzature destinate alla vendita al consumatoreIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA, visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 100 A, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Comitato economico e sociale (2), deliberando conformemente alla procedura prevista all'articolo 189 B del trattato, considerando che in alcuni Stati membri esiste una normativa sull'etichettatura delle calzature, intesa a tutelare e informare il pubblico nonché a assicurare i legittimi interessi dell'industria; considerando che la disparità tra tali normative rischia di creare ostacoli agli scambi intracomunitari e di pregiudicare il funzionamento del mercato interno; considerando che è opportuno, per evitare i problemi dovuti alla coesistenza di sistemi diversi, specificare gli elementi esatti di un sistema comune di etichettatura per le calzature; considerando che la risoluzione del Consiglio, del 9 novembre 1989, sulle future priorità per il rilancio della politica di protezione dei consumatori (3), invita a compiere degli sforzi per migliorare l'informazione sui prodotti destinati ai consumatori; considerando che è nell'interesse reciproco dei consumatori e dell'industria della calzatura introdurre un sistema che riduca i rischi di frode, indicando la natura esatta dei materiali impiegati nelle componenti principali delle calzature; considerando che nella risoluzione del Consiglio del 5 aprile 1993, sulle future misure in materia di etichettatura dei prodotti nell'interesse dei consumatori (4), l'etichettatura è considerata un mezzo importante per garantire una migliore informazione e una maggiore trasparenza per i consumatori nonché per garantire il funzionamento armonioso del mercato interno; considerando che l'armonizzazione delle legislazioni nazionali costituisce il mezzo idoneo per sopprimere questi ostacoli al libero scambio; che tale obiettivo non può essere raggiunto in modo soddisfacente dai singoli Stati membri; che la presente direttiva stabilisce soltanto i requisiti indispensabili alla libera circolazione dei prodotti ai quali si applica, HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 1. La presente direttiva si applica all'etichettatura dei materiali usati nelle principali componenti delle calzature destinate alla vendita al consumatore finale. Ai fini della presente direttiva, si intendono per «calzature»: tutti i prodotti dotati di suole intesi a proteggere o coprire il piede, comprese le parti messe in commercio separatamente di cui all'allegato I. Un elenco non esaustivo dei prodotti contemplati dalla presente direttiva figura all'allegato II. Sono esclusi dalla presente direttiva: - le calzature d'occasione, usate; - le calzature di protezione che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva del Consiglio 89/686/CEE (5); - le calzature contemplate dalla direttiva 76/769/CEE del Consiglio (6); - le calzature aventi il carattere di giocattoli. 2. L'etichetta contiene le informazioni sulla composizione delle calzature secondo le modalità di cui all'articolo 4. i) L'etichetta deve fornire informazioni sulle tre parti della calzatura quali definite nell'allegato I, e cioè a) tomaia, b) rivestimento della tomaia e suola interna, c) suola esterna. ii) La composizione delle calzature deve essere indicata conformemente al disposto dell'articolo 4 mediante simboli o informazioni scritte per i materiali indicati nell'allegato I. iii) Per la tomaia, la determinazione dei materiali ai sensi delle disposizioni di cui all'articolo 4, paragrafo 1 e all'allegato I verrà effettuata senza tener conto degli accessori o dei rinforzi quali bordure proteggicaviglia, ornamenti, fibbie, linguette, occhielli o accessori simili. iv) Per la suola esterna la classificazione si basa sul volume dei materiali in essa contenuti secondo il disposto dell'articolo 4. Articolo 2 1. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per assicurare che solo le calzature conformi ai requisiti di etichettatura della presente direttiva possano avere accesso al mercato, fatte salve altre disposizioni comunitarie in materia. 2. Qualora vengano immesse sul mercato calzature non conformi alle disposizioni in materia di etichettatura, lo Stato membro competente adotta le opportune misure previste nella legislazione nazionale. Articolo 3 Fatti salvi altri obblighi contenuti nella normativa comunitaria, gli Stati membri non possono vietare o impedire la commercializzazione sul loro territorio di calzature conformi ai requisiti di etichettatura della presente direttiva, applicando disposizioni nazionali non armonizzate che disciplinano l'etichettatura di determinate calzature o di calzature in generale. Articolo 4 1. L'etichetta fornisce informazioni sul materiale determinato ai sensi dell'allegato I che costituisce almeno l'80 % della superficie della tomaia, del rivestimento della tomaia e suola interna della calzatura e almeno l'80 % del volume della suola esterna. Se nessun materiale raggiunge almeno l'80 % è opportuno fornire informazioni sulle due componenti principali. 2. Tali informazioni sono fornite sulle calzature. Il fabbricante o il suo rappresentante con sede nella Comunità può scegliere simboli o informazioni scritte almeno nella (nelle) lingua (lingue) che può (possono) essere determinata (determinate) dallo Stato membro di consumo in conformità del trattato, definiti e illustrati nell'allegato I. Nelle disposizioni nazionali gli Stati membri fanno in modo che i consumatori siano correttamente informati del significato dei simboli. Essi vigilano affinché tali disposizioni non creino ostacoli agli scambi. 3. Ai sensi della presente direttiva l'etichettatura consiste nel munire almeno uno degli articoli di ciascun paio di calzature delle indicazioni prescritte. L'etichetta può essere stampata, incollata, goffrata o applicata a un supporto attaccato. 4. L'etichetta deve essere visibile, saldamente applicata e accessibile e la dimensione dei simboli deve essere sufficiente a rendere agevole la comprensione delle informazioni contenute sull'etichetta. L'etichetta non deve poter indurre in errore il consumatore. 5. Il fabbricante o il suo rappresentante con sede nella Comunità ha l'obbligo di fornire l'etichetta ed è responsabile dell'esattezza delle informazioni in essa contenute. Se né il fabbricante, né il suo rappresentante hanno sede nella Comunità, tale obbligo incombe alla persona responsabile della prima immissione nella Comunità. Il venditore al dettaglio deve assicurarsi della presenza sulle calzature in vendita dell'idonea etichetta prescritta dalla presente direttiva. Articolo 5 Informazioni scritte supplementari apposte se del caso sull'etichetta potranno accompagnare le indicazioni richieste ai sensi della presente direttiva. Gli Stati membri tuttavia non possono vietare od ostacolare l'immissione sul mercato di calzature conformi al disposto della presente direttiva, come previsto all'articolo 3. Articolo 6 1. Gli Stati membri adottano e pubblicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative per conformarsi alla presente direttiva entro il 23 settembre 1995 e ne informano immediatamente la Commissione. 2. Essi applicano le disposizioni di cui al paragrafo 1 a decorrere dal 23 marzo 1996. Lo stock fatturato consegnato al venditore al dettaglio prima di questa data non è soggetto a queste disposizioni fino al 23 settembre 1997. 3. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri. 4. La Commissione sottopone al Consiglio, tre anni dopo l'applicazione della presente direttiva, una relazione valutativa che tenga conto delle eventuali difficoltà incontrate dagli operatori nell'applicazione delle disposizioni della presente direttiva e presenta, se del caso, adeguate proposte di revisione. Articolo 7 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 23 marzo 1994. Per il Parlamento europeo Il Presidente E. KLEPSCH Per il Consiglio Il Presidente Th. PANGALOS (1) GU n. C 74 del 25. 3. 1992, pag. 10. (2) GU n. C 287 del 4. 11. 1992, pag. 36. (3) GU n. C 294 del 22. 11. 1989, pag. 1. (4) GU n. C 110 del 20. 4. 1993, pag. 3. (5) GU n. L 399 del 30. 12. 1989, pag. 18. (6) GU n. L 262 del 27. 9. 1976, pag. 201. ALLEGATO I 1. Definizione delle parti di calzature da identificare e simboli o informazioni scritte corrispondenti Simbolo Informazione scritta a) Tomaia La tomaia è la superficie esterna dell'elemento strutturale attaccato alla suola esterna. >RIFERIMENTO A UN GRAFICO>F Tige D Obermaterial IT Tomaia NL Bovendeel EN Upper DK Overdel GR AAÐÁÍÙ ÌAAÑÏÓ ES Empeine P Parte superior b) Rivestimento della tomaia e suola interna Si tratta della fodera e del sottopiede che costituiscono l'interno della calzatura. >RIFERIMENTO A UN GRAFICO>F Doublure et semelle de propreté D Futter und Decksohle IT Fodera e sottopiede NL Voering en inlegzool EN Lining and sock DK Foring og bindsaal GR OEÏAEÑAAÓ ES Forro y plantilla P Forro e Palmilha c) Suola esterna Si tratta della superficie inferiore della calzatura soggetta ad usura abrasiva e attaccata alla tomaia. >RIFERIMENTO A UN GRAFICO>F Semelle extérieure D Laufsohle IT Suola esterna NL Buitenzool EN Sole DK Ydersaal GR ÓÏËÁ ES Suela P Sola 2. Definizione dei materiali e simboli corrispondenti I simboli dei materiali devono figurare sull'etichetta, vicino ai simboli che si riferiscono alle tre parti della calzatura, come specificato all'articolo 4 e al punto 1 di questo allegato. Simbolo Informazione scritta a) i) Cuoio Termine generale per designare la pelle o il pellame di un animale che ha conservato la sua struttura fibrosa originaria più o meno intatta, conciato in modo che non marcisca. I peli o la lana possono essere stati asportati o no. Il cuoio è anche ottenuto da pelli o pellame tagliati in strati o in segmenti, prima o dopo la conciatura. Se però la pelle o il pellame conciati sono disintegrati meccanicamente e/o ridotti chimicamente in particelle fibrose, pezzetti o polveri e, successivamente, con o senza l'aggiunta di un elemento legante, vengono trasformati in fogli o in altre forme, detti fogli o forme non possono essere denominati «cuoio». Se il cuoio ha uno strato di rivestimento, indipendentemente da come sia stato applicato, o uno strato accoppiato a colla, tali strati non devono essere superiori a 0,15 mm. In questa maniera, tutti i tipi di cuoio sono coperti, fatti salvi altri obblighi giuridici, ad esempio, la Convenzione di Washington. Qualora, nell'ambito delle informazioni scritte supplementari facoltative di cui all'articolo 5, venga utilizzata la dicitura «cuoio pieno fiore», essa si applica alla pelle che comporta la grana originaria quale si presenta quando l'epidermide sia stata ritirata e senza che nessuna pellicola di superficie sia stata eliminata mediante sfioratura, scarnatura o spaccatura. >RIFERIMENTO A UN GRAFICO>F Cuir D Leder IT Cuoio NL Leder EN Leather DK Laeder GR AEAAÑÌÁ ES Cuero P Couros e peles curtidas Simbolo Informazione scritta a) ii) Cuoio rivestito Un prodotto nel quale lo strato di rivestimento o l'accoppiatura a colla non superano un terzo dello spessore totale del prodotto, ma sono superiori a 0,15 mm. >RIFERIMENTO A UN GRAFICO>F Cuir enduit D Beschichtetes Leder IT Cuoio rivestito NL Gecoat leder EN Coated leather DK Overtrukket laeder GR AAÐAAÍAEAAAEÕÌAAÍÏ AEAAÑÌÁ ES Cuero untado P Couro revestido b) Materie tessili naturali e materie tessili sintetiche o non tessute Per «materie tessili» s'intendono tutti i prodotti che rientrano nella direttiva 71/307/CEE, tenendo conto di tutte le sue modifiche. >RIFERIMENTO A UN GRAFICO>F Textile D Textil IT Tessili NL Textiel EN Textile DK Tekstilmaterialer GR ÕÑÁÓÌÁ ES Textil P Téxteis c) Altre materie >RIFERIMENTO A UN GRAFICO>F Autres matériaux D Sonstiges Material IT Altre materie NL Overige materialen EN Other materials DK Andre materialer GR ÁËËÁ ÕËÉÊÁ ES Otros materiales P Outros materiais ALLEGATO II ESEMPI DI CALZATURE CONTEMPLATE DALLA PRESENTE DIRETTIVA L'espressione «calzature» può coprire tutti gli articoli, dai sandali la cui superficie esterna è fatta semplicemente di lacci o strisce regolabili fino agli stivali la cui superficie esterna copre gamba e coscia. Sono pertanto inclusi tra questi prodotti: i) scarpe con o senza tacco da portare all'interno o all'esterno; ii) stivali fino alla caviglia, stivali a metà gamba, stivali fino al ginocchio e stivali che coprono le cosce; iii) sandali di vario tipo, «espadrilles» (scarpe con tomaia in tela e suole in materia vegetale intrecciata), scarpe da tennis, scarpe da jogging e per altre attività sportive, scarpe da bagno e altre calzature di tipo sportivo; iv) calzature speciali concepite per un'attività sportiva e che sono o possono essere munite di punte, ramponi, attacchi, barrette o accessori simili, calzature per il pattinaggio, lo sci, la lotta, il pugilato e il ciclismo. Sono anche comprese le calzature cui sono fissati dei pattini, da ghiaccio o a rotelle; v) scarpe da ballo; vi) calzature in un unico pezzo formato in gomma o plastica, esclusi gli articoli «usa e getta» in materiale poco resistente (carta, fogli di plastica, ecc., senza suole riportate); vii) calosce portate sopra altre calzature, in alcuni casi prive di tacco; viii) calzature «usa e getta» con suole riportate concepite in genere per essere usate soltanto una volta; ix) calzature ortopediche. Per motivi di chiarezza e di omogeneità e fatte salve le disposizioni citate nella descrizione dei prodotti contemplati nella presente direttiva, i prodotti cui si riferisce il capitolo 64 della nomenclatura combinata («NC») possono in linea di massima considerarsi come rientranti nell'ambito di applicazione della presente direttiva. | Etichettatura delle calzature
L’etichettatura delle calzature e dei relativi componenti fornisce ai clienti le informazioni necessarie per consentire loro di operare scelte informate all’atto dell’acquisto. Contribuisce inoltre a proteggere il settore dalla concorrenza sleale e a migliorare il funzionamento del mercato interno nell’Unione europea (UE).
ATTO
Direttiva 94/11/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 marzo 1994, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’etichettatura dei materiali usati nelle principali componenti delle calzature destinate alla vendita al consumatore
SINTESI
L’etichettatura delle calzature e dei relativi componenti fornisce ai clienti le informazioni necessarie per consentire loro di operare scelte informate all’atto dell’acquisto. Contribuisce inoltre a proteggere il settore dalla concorrenza sleale e a migliorare il funzionamento del mercato interno nell’Unione europea (UE).
CHE COSA FA LA PRESENTE DIRETTIVA?
Stabilisce le regole relative all’etichettatura delle calzature per quanto riguarda:
il contenuto e la forma dell’etichetta;
la responsabilità dell’etichettatura.
PUNTI CHIAVE
Devono essere etichettati solo i materiali che costituiscono almeno l’80 % della superficie della tomaia, del rivestimento della tomaia e della suola interna della calzatura e almeno l’80 % del volume della suola esterna. Se nessun materiale raggiunge almeno l’80 % è opportuno fornire informazioni sui due materiali principali.
L’etichetta deve fornire informazioni sui tre componenti della calzatura:
tomaia;
rivestimento della tomaia e suola interna;
suola esterna.
L’etichetta può recare informazioni scritte o simboli.
L’etichetta deve essere visibile, ben fissata e accessibile.
L’etichetta deve essere:
stampata o goffrata sulla calzatura;
attaccata alla calzatura, ad esempio per mezzo di un’etichetta adesiva;
fissata, ad esempio tramite un elemento di chiusura o un laccio.
L’etichetta deve apparire almeno su uno dei due articoli che compongono il paio di scarpe, stivali ecc.
I produttori dell’UE hanno l’obbligo di fornire l’etichetta e sono responsabili dell’esattezza delle informazioni in essa contenute o, se la calzatura è importata, la responsabilità è della prima persona che introduce la calzatura nel mercato dell’UE. I venditori sono comunque tenuti ad assicurarsi che le calzature che vendono rechino l’adeguata etichettatura.
Gli allegati specificano:
le definizioni (ad esempio la tomaia, la suola ecc.) e i simboli corrispondenti o le indicazioni scritte relative alle parti della calzatura da identificare (allegato I);
gli esempi di calzature contemplate dalla direttiva sono contenuti nell’allegato II. La direttiva non riguarda, ad esempio, le calzature utilizzate dai dipendenti al fine di garantire la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro, che invece rientrano tra le norme unionali sull’equipaggiamento di protezione personale.
Nell’UE esiste inoltre un marchio Ecolabel volontario per le calzature. Questo marchio aiuta i consumatori a identificare le calzature il cui ciclo di vita (produzione, uso e smaltimento) ha un impatto ridotto sull’ambiente.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Direttiva 94/11/CE
9.5.1994
23.09.1995
GU L 100 del 19.4.1994, pag. 37-41
Atti modificatori
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Direttiva 2006/96/CE
1.1.2007
1.1.2007
GU L 363 del 20.12.2006, pag. 81-106
Direttiva 2013/15/UE
1.7.2013
1.7.2013
GU L 158 del 10.6.2013, pag. 172-183
Le modifiche successive alla direttiva 94/11/CE sono state incorporate nel testo base. Questa versione consolidata è da utilizzarsi a solo scopo di riferimento. | 5,954 | 917 |
22000A0411(02) | false | Trattato OMPI sulle interpretazioni ed esecuzioni e sui fonogrammi (WPPT) - Dichirazioni comuni
Gazzetta ufficiale n. L 089 del 11/04/2000 pag. 0015 - 0023
Trattato OMPI sulle interpretazioni ed esecuzioni e sui fonogrammi(WPPT)Ginevra (1996)Indice>SPAZIO PER TABELLA>PREAMBOLOLE PARTI CONTRAENTI,DESIDEROSE di proteggere nel modo più efficace e uniforme possibile i diritti degli artisti interpreti o esecutori e dei produttori di fonogrammi,RICONOSCENDO la necessità di nuove norme internazionali che risolvano in maniera adeguata le questioni attinenti agli sviluppi economici, sociali, culturali e tecnologici,RICONOSCENDO quanto profondamente incidano sulla produzione e sull'utilizzazione delle esecuzioni e dei fonogrammi lo sviluppo e la convergenza delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione,RICONOSCENDO la necessità di istituire un equilibrio fra i diritti degli artisti interpreti o esecutori e dei produttori di fonogrammi e un superiore pubblico interesse, in particolare in materia di istruzione, ricerca e accesso all'informazione,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:CAPO IDISPOSIZIONI GENERALIArticolo 1Rapporto con altre convenzioni1. Nessuna disposizione del presente trattato pregiudica gli obblighi reciproci incombenti alle Parti contraenti in forza della Convenzione internazionale sulla protezione degli artisti interpreti o esecutori, dei produttori di fonogrammi e degli organismi di radiodiffusione, firmata a Roma il 26 ottobre 1961 (nel seguito: "Convenzione di Roma").2. La protezione prevista dal presente trattato lascia intatta la protezione del diritto d'autore sulle opere letterarie e artistiche e non influisce in alcun modo su di essa. Di conseguenza, nessuna disposizione del presente trattato potrà essere interpretata come lesiva di tale protezione.3. Il presente trattato non rimanda ad alcun altro trattato e lascia del tutto impregiudicati i diritti e i doveri istituiti da altri trattati.Articolo 2DefinizioniAi sensi del presente trattato, si intende per:a) "artisti interpreti o esecutori", gli attori, i cantanti, i musicisti, i ballerini e le altre persone che rappresentano, cantano, recitano, declamano, interpretano o eseguono in qualunque altro modo opere letterarie o artistiche o espressioni di folclore;b) "fonogramma", qualunque fissazione dei suoni di una esecuzione o di altri suoni o di una rappresentazione di suoni, che non sia una fissazione incorporata in un'opera cinematografica o in altra opera audiovisiva;c) "fissazione", l'incorporazione di suoni o di loro rappresentazioni, che ne consenta la percezione, riproduzione o comunicazione mediante apposito dispositivo;d) "produttore di fonogrammi", la persona fisica o giuridica che prende l'iniziativa e si assume la responsabilità di fissare, per prima, i suoni di una esecuzione o altri suoni o la rappresentazione di suoni;e) "pubblicazione" di un'esecuzione fissata o di un fonogramma, la messa a disposizione del pubblico, con il consenso del titolare del diritto, di esemplari di tale esecuzione o fonogramma in quantità sufficiente;f) "radiodiffusione", la trasmissione via etere di suoni o di immagini e suoni o di loro rappresentazioni, al fine della ricezione da parte del pubblico. Per "radiodiffusione" si intende altresì la trasmissione via satellite. Per "radiodiffusione" si intende anche la trasmissione di segnali in forma criptata qualora il decodificatore sia messo a disposizione del pubblico dall'organismo di radiodiffusione o con il suo consenso;g) "comunicazione al pubblico" di un'esecuzione o di un fonogramma, la trasmissione al pubblico mediante qualunque mezzo diverso dalla radiodiffusione, dei suoni di una esecuzione ovvero dei suoni o di una rappresentazione di suoni fissati in un fonogramma. Ai sensi dell'articolo 15, si intende per "comunicazione al pubblico" anche l'atto di rendere udibili al pubblico i suoni o la rappresentazione di suoni fissati in un fonogramma.Articolo 3Beneficiari della protezione1. Le Parti contraenti accordano la protezione contemplata dal presente trattato agli artisti interpreti o esecutori e ai produttori di fonogrammi che siano cittadini di altre Parti contraenti.2. Per cittadini di altre Parti contraenti si intendono gli artisti interpreti o esecutori e i produttori di fonogrammi che soddisfano i requisiti per la tutela istituita dalla Convenzione di Roma, ove tutte le Parti contraenti del presente trattato siano Stati contraenti della Convenzione stessa. Ai fini della determinazione dei suddetti requisiti, le Parti contraenti si attengono alle definizioni di cui all'articolo 2 del presente trattato.3. Le Parti contraenti che si avvalgono delle facoltà di cui all'articolo 5, paragrafo 3, della Convenzione di Roma o che si avvalgono, ai sensi del suo articolo 5, dell'articolo 17 della Convenzione stessa, possono depositare la notifica ivi prevista presso il direttore generale dell'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI).Articolo 4Trattamento nazionale1. Ciascuna Parte contraente accorda ai cittadini di altre Parte contraenti, secondo la definizione di cui all'articolo 3, paragrafo 2, lo stesso trattamento da essa accordato ai propri cittadini in relazione ai diritti esclusivi specificamente riconosciuti dal trattato e al diritto a un'equa remunerazione di cui all'articolo 15.2. L'obbligo di cui al paragrafo 1 non si applica laddove un'altra Parte contraente si avvalga delle riserve ammesse dall'articolo 15, paragrafo 3.CAPO IIDIRITTI DEGLI ARTISTI INTERPRETI E DEGLI ARTISTI ESECUTORIArticolo 5Diritti morali1. Indipendentemente dai diritti patrimoniali e anche dopo la cessione di detti diritti, l'artista interprete o esecutore, per quanto riguarda le esecuzioni dal vivo e le esecuzioni fissate in fonogrammi, conserva il diritto di rivendicare la paternità dell'esecuzione, salvo che l'omissione sia dettata dal modo d'uso dell'esecuzione stessa, e il diritto di opporsi a ogni deformazione, mutilazione o altra modificazione che rechi pregiudizio alla sua reputazione.2. I diritti riconosciuti all'artista interprete o esecutore in forza del paragrafo 1 sono, dopo la sua morte, mantenuti almeno fino all'estinzione dei diritti patrimoniali ed esercitati dalle persone o istituzioni a tal fine legittimate dalla legislazione della Parte contraente in cui la protezione è richiesta. Tuttavia, le Parti contraenti la cui legislazione, in vigore al momento della ratifica del presente trattato o dell'adesione ad esso, non contiene disposizioni che assicurano la protezione, dopo la morte dell'artista interprete o esecutore, di tutti i diritti a lui riconosciuti in forza del paragrafo precedente, hanno la facoltà di stabilire che taluni di questi diritti non siano mantenuti dopo la morte dell'artista.3. I mezzi di ricorso per la tutela dei diritti di cui al presente articolo sono disciplinati dalla legislazione della Parte contraente in cui la protezione è richiesta.Articolo 6Diritti patrimoniali sulle esecuzioni non fissateGli artisti interpreti o esecutori hanno il diritto esclusivo di autorizzare, per quanto riguarda le loro esecuzioni:i) la radiodiffusione e la comunicazione al pubblico della loro esecuzione non fissata, salvo quando si tratti di un'esecuzione radiodiffusa;ii) la fissazione della loro esecuzione non fissata.Articolo 7Diritto di riproduzioneGli artisti interpreti o esecutori hanno il diritto esclusivo di autorizzare la riproduzione diretta o indiretta delle loro esecuzioni fissate in fonogrammi, in qualsiasi maniera e forma.Articolo 8Diritto di distribuzione1. Gli artisti interpreti o esecutori hanno il diritto esclusivo di autorizzare la messa a disposizione del pubblico dell'originale delle loro esecuzioni fissate in fonogrammi o di esemplari dello stesso, mediante vendita o altra cessione dei diritti di proprietà.2. Nessuna disposizione del presente trattato pregiudica la facoltà delle Parti contraenti di determinare le eventuali condizioni in cui la prima vendita o altra cessione dei diritti di proprietà dell'originale dell'esecuzione fissata o di esemplari dello stesso, con il consenso dell'artista, esauriscono il diritto di cui al paragrafo 1.Articolo 9Diritto di noleggio1. Gli artisti interpreti o esecutori hanno il diritto esclusivo di autorizzare il noleggio a scopo di lucro dell'originale delle loro esecuzioni fissate in fonogrammi o di esemplari dello stesso, a norma della legislazione nazionale delle Parti contraenti, anche dopo la distribuzione dei fonogrammi con il consenso dell'artista.2. In deroga al paragrafo 1, se al 15 aprile 1994 in una Parte contraente vige un sistema di equa remunerazione degli artisti interpreti o esecutori per il noleggio di esemplari delle loro esecuzioni fissate in fonogrammi, tale sistema può essere mantenuto, purché il noleggio a scopo di lucro dei fonogrammi non comprometta in modo sostanziale il diritto esclusivo di riproduzione degli artisti.Articolo 10Diritto di messa a disposizioneGli artisti interpreti o esecutori hanno il diritto esclusivo di autorizzare la messa a disposizione del pubblico, su filo o via etere, delle loro esecuzioni fissate in fonogrammi in modo che ciascun individuo possa liberamente accedervi da un luogo o in un momento di sua scelta.CAPO IIIDIRITTI DEI PRODUTTORI DI FONOGRAMMIArticolo 11Diritto di riproduzioneI produttori di fonogrammi hanno il diritto esclusivo di autorizzare la riproduzione diretta o indiretta dei loro fonogrammi, in qualsiasi maniera e forma.Articolo 12Diritto di distribuzione1. I produttori di fonogrammi hanno il diritto esclusivo di autorizzare la messa a disposizione del pubblico dell'originale dei loro fonogrammi o di esemplari dello stesso, mediante vendita o altra cessione dei diritti di proprietà.2. Nessuna disposizione del presente trattato pregiudica la facoltà delle Parti contraenti di determinare le condizioni in cui la prima vendita o altra cessione dei diritti di proprietà del fonogramma originale o di un esemplare dello stesso, con il consenso del produttore, esauriscono il diritto di cui al paragrafo 1.Articolo 13Diritto di noleggio1. I produttori di fonogrammi hanno il diritto esclusivo di autorizzare il noleggio a scopo di lucro dell'originale dei loro fonogrammi o di esemplari dello stesso, anche dopo la distribuzione dei fonogrammi con il consenso del produttore.2. In deroga al paragrafo 1, se al 15 aprile 1994 in una Parte vige un sistema di equa remunerazione dei produttori di fonogrammi per il noleggio di esemplari dei loro fonogrammi, tale sistema può essere mantenuto, purché il noleggio dei fonogrammi non comprometta in modo sostanziale il diritto esclusivo di riproduzione dei produttori.Articolo 14Diritto di messa a disposizioneI produttori di fonogrammi hanno il diritto esclusivo di autorizzare la messa a disposizione del pubblico, su filo o via etere, dei loro fonogrammi in modo che ciascun individuo possa liberamente accedervi da un luogo o in un momento di sua scelta.CAPO IVDISPOSIZIONI COMUNIArticolo 15Diritto a un equo compenso per la radiodiffusione e la comunicazione al pubblico1. Quando un fonogramma pubblicato a fini di commercio è utilizzato direttamente o indirettamente per la radiodiffusione o per una qualunque comunicazione al pubblico, gli artisti interpreti o esecutori e i produttori di fonogrammi hanno diritto a un compenso equo e unico.2. Le Parti contraenti hanno la facoltà di stabilire, con la propria legislazione nazionale, se il diritto a un compenso equo e unico da parte dell'utilizzatore spetti agli artisti interpreti o esecutori o ai produttori di fonogrammi, ovvero a entrambi. La legislazione nazionale può determinare, in difetto di accordo tra gli interessati, le condizioni di ripartizione del predetto compenso.3. Ciascuna Parte contraente può, mediante notifica depositata presso il direttore generale dell'OMPI, dichiarare che applicherà le disposizioni del paragrafo 1 solo in rapporto a determinate utilizzazioni, o che ne limiterà l'applicazione in altri modi, oppure che non ne applicherà alcuna.4. Ai fini del presente articolo si reputano pubblicati a fini di commercio i fonogrammi messi a disposizione del pubblico, su filo o via etere, in modo tale che ciascun individuo possa liberamente accedervi da un luogo o in un momento di sua scelta.Articolo 16Limitazioni e eccezioni1. Le Parti contraenti hanno la facoltà di prevedere nella propria legislazione, per quanto riguarda la protezione degli artisti interpreti o esecutori e dei produttori di fonogrammi, limitazioni o eccezioni della stessa natura di quelle previste nella predetta legislazione per quanto riguarda la protezione del diritto d'autore sulle opere letterarie e artistiche.2. Le Parti contraenti impongono le limitazioni o le eccezioni ai diritti contemplati dal presente trattato soltanto in taluni casi speciali che non siano in conflitto con la normale utilizzazione economica delle esecuzioni o dei fonogrammi e non comportino un ingiustificato pregiudizio ai legittimi interessi dell'artista interprete o esecutore e del produttore di fonogrammi.Articolo 17Durata della protezione1. La durata della protezione da concedere agli artisti interpreti o esecutori in base al presente trattato non potrà essere inferiore a un periodo di cinquant'anni a decorrere dalla fine dell'anno in cui l'esecuzione è stata fissata su fonogramma.2. La durata della protezione da concedere ai produttori di fonogrammi in base al presente trattato non potrà essere inferiore a un periodo di cinquant'anni a decorrere dalla fine dell'anno in cui è stato pubblicato il fonogramma ovvero, in difetto di pubblicazione entro cinquant'anni dalla fissazione del fonogramma, a decorrere dalla fine dell'anno della fissazione.Articolo 18Obblighi in materia di misure tecnologicheLe Parti contraenti prevedono un'adeguata tutela giuridica e precostituiscono mezzi di ricorso efficaci contro l'elusione delle misure tecnologiche impiegate dagli artisti interpreti o esecutori e dai produttori di fonogrammi ai fini dell'esercizio dei diritti contemplati dal presente trattato e dalla Convenzione di Berna e aventi lo scopo di impedire che vengano commessi, nei confronti delle loro esecuzioni e fonogrammi, atti non autorizzati dai suddetti artisti e produttori o vietati per legge.Articolo 19Obblighi in materia di informazioni sulla gestione dei diritti1. Le Parti contraenti prevedono un'adeguata tutela giuridica e precostituiscono mezzi di ricorso efficaci contro chiunque compia deliberatamente uno degli atti sottoindicati sapendo o, in sede di procedimento civile, dovendo ragionevolmente sapere che il suo agire può indurre, consentire, facilitare o occultare una violazione dei diritti contemplati dal presente trattato o dalla Convenzione di Berna:i) rimuovere o alterare qualunque informazione elettronica sulla gestione dei diritti, senza previo consenso;ii) distribuire, importare a fini di distribuzione, radiodiffondere, comunicare o mettere a disposizione del pubblico, senza previo consenso, esecuzioni, esemplari di esecuzioni fissate o fonogrammi, sapendo che ne sono state rimosse o alterate informazioni elettroniche sulla gestione dei diritti.2. Ai fini del presente articolo, per informazioni sulla gestione dei diritti si intende qualunque informazione che identifichi l'artista interprete o esecutore, il produttore di fonogrammi, il fonogramma e il titolare di diritti sull'esecuzione o sul fonogramma, ovvero qualunque informazione circa le condizioni di utilizzazione dell'esecuzione o del fonogramma e qualunque numero o codice che racchiuda tali informazioni, qualora anche una sola di queste figuri su un esemplare dell'esecuzione fissata o del fonogramma o compaia in una qualche comunicazione o messa a disposizione del pubblico a questi relative.Articolo 20FormalitàIl godimento e l'esercizio dei diritti contemplati dal presente trattato non sono soggetti a formalità alcuna.Articolo 21RiserveFatto salvo l'articolo 15, paragrafo 3, non sono ammesse riserve al presente trattato.Articolo 22Efficacia temporale1. Le Parti contraenti applicano, in quanto compatibile, l'articolo 18 della Convenzione di Berna ai diritti riconosciuti dal presente trattato agli artisti interpreti o esecutori e ai produttori di fonogrammi.2. In deroga al paragrafo 1, ciascuna Parte contraente ha la facoltà di limitare l'applicazione dell'articolo 5 alle esecuzioni che abbiano avuto luogo dopo che il trattato stesso è entrato in vigore nei confronti di tale Parte.Articolo 23Applicazione dei diritti1. Le Parti contraenti si impegnano ad adottare, conformemente alla propria legislazione, i provvedimenti necessari per l'applicazione del trattato stesso.2. Le Parti contraenti garantiscono che le loro legislazioni prevedano adeguate procedure di applicazione in modo da consentire l'adozione di provvedimenti efficaci contro qualsiasi violazione dei diritti contemplati dal presente trattato, ivi compresi rimedi rapidi per impedire violazioni e rimedi che costituiscano un deterrente contro ulteriori violazioni.CAPO VDISPOSIZIONI AMMINISTRATIVE E FINALIArticolo 24Assemblea1. a) Le Parti contraenti hanno un'assemblea.b) Ciascuna Parte è rappresentata da un delegato, che può essere assistito da supplenti, consiglieri e esperti.c) Le spese di ciascuna delegazione sono a carico della Parte contraente che l'ha designata. L'assemblea può chiedere che l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (denominata in seguito "OMPI") fornisca l'assistenza finanziaria necessaria ad agevolare la partecipazione di delegazioni di Parti contraenti considerate paesi in via di sviluppo, secondo la prassi dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, o che sono paesi in transizione verso un'economia di mercato.2. a) L'assemblea tratta tutte le questioni concernenti il mantenimento e lo sviluppo, nonché l'applicazione del presente trattato.b) L'assemblea adempie la funzione assegnatale dall'articolo 26, paragrafo 2, concernente i requisiti per l'adesione di talune organizzazioni intergovernative.c) L'assemblea convoca le conferenze diplomatiche di revisione del presente trattato e impartisce al direttore generale dell'OMPI le direttive concernenti la preparazione di tali conferenze.3. a) Ciascuna Parte contraente che è uno Stato dispone di un voto e vota in nome proprio.b) Ciascuna Parte contraente che è un'organizzazione intergovernativa può partecipare al voto in vece dei suoi Stati membri, nel qual caso dispone di un numero di voti pari al numero dei suoi membri che sono Parti del presente trattato. Nessuna siffatta organizzazione intergovernativa può partecipare al voto, ove uno solo dei suoi membri eserciti il diritto di voto e viceversa.4. L'assemblea si riunisce una volta ogni due anni in sessione ordinaria, su convocazione del direttore generale dell'OMPI.5. L'assemblea adotta il suo regolamento interno, riguardo in particolare alla convocazione delle sessioni straordinarie, al quorum e, fatte salve le disposizioni del presente trattato, alla maggioranza necessaria per deliberare sulle varie decisioni.Articolo 25Ufficio internazionaleL'Ufficio internazionale assolve i compiti amministrativi derivanti dal presente trattato.Articolo 26Requisiti per l'adesione1. Ogni Stato membro dell'OMPI può diventare parte del presente trattato.2. L'assemblea delibera sull'adesione al trattato di qualsiasi organizzazione intergovernativa che si dichiari competente per la materia ivi disciplinata, la cui legislazione vincoli tutti i suoi Stati membri e che sia stata autorizzata, conformemente alle sue procedure interne, a diventare parte del presente trattato.3. La Comunità europea è Parte del presente trattato, avendo fatto la dichiarazione di cui al precedente paragrafo durante la conferenza diplomatica di adozione del trattato stesso.Articolo 27Diritti e obblighiSalvo disposizioni contrarie previste dal presente trattato, ciascuna Parte contraente gode dei diritti e si fa carico degli obblighi posti in essere dal trattato stesso.Articolo 28FirmaIl presente trattato rimane aperto alla firma di tutti gli Stati membri dell'OMPI e della Comunità europea fino al 31 dicembre 1997.Articolo 29Entrata in vigoreIl presente trattato entra in vigore allo scadere di tre mesi dalla data in cui gli Stati hanno depositato i trenta strumenti di ratifica o di adesione presso il direttore generale dell'OMPI.Articolo 30Data effettiva di adesioneSono vincolati dal presente trattato:i) i trenta Stati di cui all'articolo 29 dalla data di entrata in vigore del trattato;ii) ogni altro Stato, allo scadere di tre mesi dalla data di deposito del suo strumento presso il Direttore generale dell'OMPI;iii) la Comunità europea, allo scadere di tre mesi dalla data di deposito del suo strumento di ratifica o di adesione, ove detto strumento sia stato depositato dopo l'entrata in vigore del trattato a norma dell'articolo 29, ovvero allo scadere di tre mesi dalla data di entrata in vigore del trattato, ove lo strumento sia stato depositato prima di tale data;iv) qualunque altra organizzazione intergovernativa che sia ammessa a diventare Parte del presente trattato, allo scadere di tre mesi dalla data di deposito del suo strumento di ratifica o di adesione.Articolo 31DenunciaCiascuna Parte contraente ha la facoltà di denunciare il presente trattato mediante notifica indirizzata al Direttore generale dell'OMPI. La denuncia avrà effetto dodici mesi dopo la data di ricevimento della notifica stessa.Articolo 32Lingue1. Il presente trattato è firmato in un solo esemplare nelle lingue inglese, araba, cinese, francese, russa e spagnola, le quali versioni fanno tutte ugualmente fede.2. Il direttore generale dell'OMPI cura la preparazione di testi ufficiali nelle lingue diverse da quelle citate nel precedente paragrafo su richiesta di una parte interessata e previa consultazione di tutte le parti interessate. Ai fini del presente paragrafo, per "parte interessata" si intende qualunque Stato membro dell'OMPI la cui lingua ufficiale (ovvero una delle cui lingue ufficiali) sia interessata, nonché la Comunità europea e qualsiasi altra organizzazione intergovernativa che sia Parte del presente trattato, ove una delle sue lingue ufficiali sia interessata.Articolo 33DepositarioDepositario del presente trattato è il direttore generale dell'OMPI.Dichiarazioni concordateIn merito all'articolo 1Resta inteso che l'articolo 1, paragrafo 2, chiarisce il rapporto fra i diritti sui fonogrammi contemplati dal presente trattato e il diritto d'autore sulle opere fissate in fonogrammi. Qualora siano necessarie sia l'autorizzazione dell'autore di un'opera siffatta sia quella dell'artista interprete o esecutore o del produttore titolari di diritti sul fonogramma non viene meno la necessità dell'autorizzazione dell'autore per il solo fatto che è richiesta anche quella dell'interprete o esecutore o del produttore e vicerversa.È altesì inteso che l'articolo 1, paragrafo 2, non impedisce in alcun modo alle Parti contraenti di riconoscere agli artisti interpreti o esecutori o ai produttori di fonogrammi altri diritti esclusivi oltre a quelli già contemplati dal presente trattato.In merito all'articolo 2, lettera b)Resta inteso che la definizione di fonogramma di cui all'articolo 2, lettera b) non determina alcun pregiudizio dei diritti sui fonogrammi per effetto della loro fissazione in un'opera cinematografica o altra opera audiovisiva.In merito all'articolo 2, lettera e), e agli articoli 8, 9, 12 e 13Per "esemplari" e "originale o esemplare degli stessi" oggetto del diritto di distribuzione e del diritto di noleggio ai sensi dei suddetti articoli si intendono esclusivamente copie fissate che possono essere immesse in commercio come oggetti tangibili.In merito all'articolo 3Resta inteso che per "cittadino di un altro Stato contraente" di cui all'articolo 5, lettera a) e all'articolo 16, lettera a), punto iv), della Convenzione di Roma, si intende, nel caso di un'organizzazione intergovernativa che è Parte contraente del presente trattato, il cittadino di uno degli Stati membri di detta organizzazione.In merito all'articolo 3, paragrafo 2Ai fini dell'applicazione dell'articolo 3, paragrafo 2, resta inteso che per fissazione si intende l'approntamento del nastro matrice ("bande-mère", "master tape").In merito agli articoli 7, 11 e 16Il diritto di riproduzione sancito dagli articoli 7 e 11 e le eccezioni di cui all'articolo 16 si applicano di diritto all'ambiente digitale, in particolare all'utilizzazione di esecuzioni e fonogrammi in formato digitale. Resta inteso che il caricamento su supporto elettronico di esecuzioni o fonogrammi protetti in formato digitale costituisce riproduzione ai sensi degli articoli citati.In merito all'articolo 15Resta inteso che l'articolo 15 non rappresenta la soluzione definitiva circa il livello di tutela dei diritti di radiodiffusione e comunicazione al pubblico di cui dovrebbero godere il produttore di fonogrammi e l'artista interprete o esecutore nell'epoca digitale. Le delegazioni non sono riuscite a pervenire a un consenso sulle diverse proposte in merito al riconoscimento di taluni diritti di esclusiva in determinate circostanze né sui diritti che devono essere riconosciuti senza possibilità di riserve e hanno pertanto lasciato aperta la questione in attesa di trovare una soluzione in futuro.In merito all'articolo 15Resta inteso che l'articolo 15 non impedisce di conferire il diritto ivi sancito agli artisti interpreti o esecutori e ai produttori di fonogrammi di folclore, qualora detti fonogrammi non siano stati pubblicati a scopo di lucro.In merito all'articolo 16La dichiarazione concordata in merito all'articolo 10 (Limitazioni e eccezioni) del trattato OMPI sul diritto d'autore si applica, in quanto compatibile, anche all'articolo 16 (Limitazioni e eccezioni) del presente trattato.In merito all'articolo 19La dichiarazione concordata in merito all'articolo 12 (Obblighi in materia di informazioni sulla gestione dei diritti) del trattato OMPI sul diritto d'autore si applica, in quanto compatibile, anche all'articolo 19 (Obblighi in materia di informazioni sulla gestione dei diritti) del presente trattato. | Adesione ai trattati dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE E DEI TRATTATI?
La decisione approva due trattati conclusi nel dicembre 1996 per conto della Comunità europea (ora Unione europea). I trattati in questione sono il trattato sul diritto d’autore (WCT) dell’Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale (OMPI) e il trattato dell’OMPI sulle interpretazioni ed esecuzioni e sui fonogrammi (WPPT).
Lo scopo dei trattati WCT e WPPT, noti anche come trattati «internet» di WIPO è quello di adeguare la protezione internazionale e i relativi diritti all’era di internet integrando il contenuto della Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche.
PUNTI CHIAVE
WCT
In base a questo trattato, agli autori vengono attribuiti i diritti esclusivi di distribuzione e noleggio e un più ampio diritto di comunicazione al pubblico delle loro opere nell’ambiente digitale. I programmi per computer sono protetti come opere letterarie e anche la disposizione o la selezione di dati o altro materiale presente nelle basi di dati è protetta. Viene inoltre data una protezione specifica per le misure tecnologiche e le informazioni sulla gestione dei diritti elettronici utilizzate per identificare e gestire le opere.
WPPT
Questo trattato riguarda i diritti connessi e migliora la protezione di artisti e produttori di fonogrammi (cioè registrazioni), in particolare nell’ambiente digitale. Godono dei diritti esclusivi sulla riproduzione, la distribuzione, il noleggio e la messa a disposizione del pubblico delle loro esibizioni e dei loro fonogrammi. Godono inoltre del diritto a un’equa remunerazione per la radiodiffusione o per qualsiasi comunicazione al pubblico dei propri fonogrammi pubblicati a fini commerciali.
Adesione dell’UE
Nella sua decisione del 16 marzo 2000, il Consiglio ha approvato i due trattati in nome dell’UE e ha autorizzato la Commissione europea a rappresentare l’UE alle riunioni delle assemblee menzionate nei trattati. In base a questa decisione, la posizione dell’UE sarà preparata dal competente gruppo di lavoro del Consiglio. Per la prima volta l’UE ha aderito ai trattati dell’OMPI nel settore dei diritti d’autore e diritti affini.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LA DECISIONE E I TRATTATI?
I trattati sono entrati in vigore tre mesi dopo che gli stati hanno presentato all’OMPI 30 strumenti di ratifica o adesione.
Gli strumenti di ratifica dell’UE sono stati depositati dall’UE e dagli Stati membri il 14 dicembre 2009 dopo che tutti gli Stati membri avevano incorporato nella loro legislazione nazionale la direttiva 2001/29/CE sul diritto d’autore e i diritti connessi nella società dell’informazione, che ha adattato la legislazione dell’UE al contenuto dei trattati.
CONTESTO
Le convenzioni di Parigi (protezione della proprietà industriale, 1883) e di Berna (protezione delle opere letterarie e artistiche, 1886) costituiscono la base dei trattati dell’OMPI. I trattati successivi estendono la protezione offerta ad altri argomenti (ad esempio esibizioni, fonogrammi) tenendo conto degli sviluppi tecnici e dei nuovi campi di interesse (ad esempio, la società dell’informazione).
L’ultimo trattato OMPI ratificato dall’UE (nel 2018) è il trattato di Marrakech Trattato di Marrakech sull’accesso alle opere pubblicate per le persone non vedenti e con disabilità visive. Esso mira a migliorare la reperibilità e gli scambi transfrontalieri di talune opere e altri materiali protetti in formati accessibili alle persone non vedenti, ipovedenti o con disabilità visive. Le parti aderenti al trattato sono libere di attuare le disposizioni dello stesso tenendo conto dei propri sistemi giuridici e delle proprie pratiche, rispettando gli obblighi stabiliti dalla Convenzione di Berna.
Per maggiori informazioni, consultare:Trattati amministrati dall’OMPI (OMPI).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione del Consiglio 2000/278/CE, del 16 marzo 2000, relativa all’approvazione, in nome della Comunità europea, del trattato dell’OMPI sul diritto d’autore e del trattato dell’OMPI sulle interpretazioni ed esecuzioni e sui fonogrammi (GU L 89 dell’11.4.2000, pag. 6).
Trattato dell’OMPI sul diritto d’autore (WCT) — Dichiarazioni comuni (GU L 89 dell’11.4.2000, pag. 8).
Trattato dell’OMPI sulle esibizioni e sui fonogrammi (WPPT) — Dichiarazioni comuni (GU L 89 dell’11.4.2000, pag. 15).
DOCUMENTI CORRELATI
Trattato di Marrakech sull’accesso alle opere pubblicate per le persone non vedenti e con disabilità visive (GU L 48 21.2.2018, pag. 3).
Decisione (EU) 2018/254 del Consiglio, del 15 febbraio 2018, sulla conclusione per conto dell’Unione Europea del Trattato di Marrakech sull’accesso alle opere pubblicate per le persone non vedenti e con disabilità visive (GU L 48 del 21.2.2018, pag. 1).
Direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione (GU L 167 del 22.6.2001, pag. 10).
Le successive modifiche alla direttiva 2001/29/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentale. | 9,415 | 507 |
32008L0094 | false | DIRETTIVA 2008/94/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 22 ottobre 2008
relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro
(Versione codificata)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 137, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
previa consultazione del Comitato delle regioni,
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 80/987/CEE del Consiglio, del 20 ottobre 1980, relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro (3), è stata modificata in modo sostanziale a più riprese (4). A fini di razionalità e chiarezza è opportuno procedere alla codificazione di tale direttiva.
(2)
La carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata il 9 dicembre 1989, indica al punto 7 che la realizzazione del mercato interno deve portare a un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori nella Comunità e che tale miglioramento deve consentire, ove necessario, di sviluppare taluni aspetti della normativa sul lavoro, come le procedure per il licenziamento collettivo o quelle in materia di fallimenti.
(3)
Sono necessarie disposizioni per tutelare i lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro e per assicurare loro un minimo di tutela, in particolare per garantire loro il pagamento dei diritti non pagati, tenendo conto della necessità di un equilibrato sviluppo economico e sociale nella Comunità. A tal fine, gli Stati membri dovrebbero creare un organismo che garantisca ai lavoratori interessati il pagamento dei diritti non pagati dei lavoratori subordinati.
(4)
Per garantire un’equa tutela dei lavoratori subordinati interessati è opportuno definire lo stato d’insolvenza alla luce delle tendenze legislative in materia negli Stati membri e includere nella definizione anche le procedure d’insolvenza diverse dalla liquidazione. In tale contesto gli Stati membri dovrebbero avere la facoltà di prevedere, per determinare l’obbligo di pagamento dell’organismo di garanzia, che, quando una situazione d’insolvenza dà luogo a varie procedure d’insolvenza, essa sia trattata come se costituisse una procedura d’insolvenza unica.
(5)
È opportuno far sì che i lavoratori di cui alla direttiva 97/81/CE del Consiglio, del 15 dicembre 1997, relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES (5), alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (6), e alla direttiva 91/383/CEE del Consiglio, del 25 giugno 1991, che completa le misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute durante il lavoro dei lavoratori aventi un rapporto di lavoro a durata determinata o un rapporto di lavoro interinale (7), non siano esclusi dall’ambito d’applicazione della presente direttiva.
(6)
Per garantire la certezza del diritto per i lavoratori subordinati nei casi d’insolvenza di imprese che svolgono la loro attività in più Stati membri e per consolidare i diritti dei lavoratori subordinati secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, è opportuno prevedere disposizioni che indichino esplicitamente l’organismo competente per il pagamento in tali casi delle spettanze pendenti dei lavoratori subordinati, oltre a fissare quale obiettivo della cooperazione tra le amministrazioni competenti degli Stati membri la massima celerità nel pagamento ai lavoratori subordinati dei diritti non corrisposti loro. È inoltre necessario garantire una buona applicazione delle disposizioni in materia prevedendo una collaborazione tra le amministrazioni competenti degli Stati membri.
(7)
Gli Stati membri possono stabilire limitazioni alla responsabilità degli organismi di garanzia, limitazioni che devono essere compatibili con l’obiettivo sociale della direttiva e possono tener conto dei diversi livelli dei diritti.
(8)
Per facilitare l’individuazione delle procedure d’insolvenza soprattutto nelle situazioni transnazionali è opportuno prevedere che gli Stati membri notifichino alla Commissione e agli altri Stati membri i tipi di procedura d’insolvenza che danno luogo all’intervento dell’organismo di garanzia.
(9)
Poiché l’obiettivo dell’azione proposta con la presente direttiva non può essere realizzato in maniera sufficiente dagli Stati membri e può dunque essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(10)
È opportuno che la Commissione presenti al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’attuazione e l’applicazione della presente direttiva, in particolare per quanto riguarda le nuove forme di occupazione che si sviluppano negli Stati membri.
(11)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale e di applicazione delle direttive di cui all’allegato I, parte C,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
CAPO I
AMBITO DI APPLICAZIONE E DEFINIZIONI
Articolo 1
1. La presente direttiva si applica ai diritti dei lavoratori subordinati derivanti da contratti di lavoro o da rapporti di lavoro ed esistenti nei confronti di datori di lavoro che si trovano in stato di insolvenza ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1.
2. Gli Stati membri possono, in via eccezionale, escludere dall’ambito di applicazione della presente direttiva i diritti di alcune categorie di lavoratori subordinati, in base all’esistenza di altre forme di garanzia, qualora sia stabilito che esse assicurano agli interessati un livello di tutela equivalente a quello che risulta dalla presente direttiva.
3. Gli Stati membri possono, ove il diritto nazionale preveda già disposizioni in tal senso, continuare a escludere dall’ambito d’applicazione della presente direttiva:
a)
i lavoratori domestici occupati presso una persona fisica;
b)
i pescatori retribuiti a percentuale.
Articolo 2
1. Ai sensi della presente direttiva, un datore di lavoro si considera in stato di insolvenza quando è stata chiesta l’apertura di una procedura concorsuale fondata sull’insolvenza del datore di lavoro, prevista dalle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative di uno Stato membro, che comporta lo spossessamento parziale o totale del datore di lavoro stesso e la designazione di un curatore o di una persona che esplichi una funzione analoga e quando l’autorità competente, in virtù di dette disposizioni:
a)
ha deciso l’apertura del procedimento; oppure
b)
ha constatato la chiusura definitiva dell’impresa o dello stabilimento del datore di lavoro e l’insufficienza dell’attivo disponibile per giustificare l’apertura del procedimento.
2. La presente direttiva non pregiudica il diritto nazionale per quanto riguarda la definizione dei termini «lavoratore subordinato», «datore di lavoro», «retribuzione», «diritto maturato» e «diritto in corso di maturazione».
Tuttavia gli Stati membri non possono escludere dall’ambito d’applicazione della presente direttiva:
a)
i lavoratori a tempo parziale ai sensi della direttiva 97/81/CE;
b)
i lavoratori con contratto a tempo determinato ai sensi della direttiva 1999/70/CE;
c)
i lavoratori aventi un rapporto di lavoro interinale ai sensi dell’articolo 1, punto 2, della direttiva 91/383/CEE.
3. Gli Stati membri non possono condizionare il diritto dei lavoratori subordinati ad avvalersi della presente direttiva ad una durata minima del contratto di lavoro o del rapporto di lavoro.
4. La presente direttiva non impedisce agli Stati membri di estendere la tutela dei lavoratori subordinati ad altre situazioni di insolvenza, come la cessazione di fatto dei pagamenti in forma permanente, stabilite mediante procedure diverse da quelle di cui al paragrafo 1, previste dal diritto nazionale.
Tali procedure non creano tuttavia un obbligo di garanzia per gli organismi degli altri Stati membri nei casi contemplati dal capo IV.
CAPO II
DISPOSIZIONI RELATIVE AGLI ORGANISMI DI GARANZIA
Articolo 3
Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché gli organismi di garanzia assicurino, fatto salvo l’articolo 4, il pagamento dei diritti non pagati dei lavoratori subordinati, risultanti da contratti di lavoro o da rapporti di lavoro, comprese le indennità dovute ai lavoratori a seguito dello scioglimento del rapporto di lavoro, se previste dal diritto nazionale.
I diritti di cui l’organismo di garanzia si fa carico sono le retribuzioni non pagate corrispondenti a un periodo che si colloca prima e/o eventualmente dopo una data determinata dagli Stati membri.
Articolo 4
1. Gli Stati membri hanno la facoltà di limitare l’obbligo di pagamento degli organismi di garanzia di cui all’articolo 3.
2. Quando gli Stati membri si avvalgono della facoltà di cui al paragrafo 1, fissano la durata del periodo che dà luogo al pagamento da parte dell’organismo di garanzia dei diritti non pagati. Questa durata tuttavia non può essere inferiore ad un periodo, riferito alla retribuzione degli ultimi tre mesi, di rapporto di lavoro che si colloca prima e/o dopo la data di cui all’articolo 3, secondo comma.
Gli Stati membri possono iscrivere questo periodo minimo di tre mesi in un periodo di riferimento la cui durata non può essere inferiore a sei mesi.
Gli Stati membri che prevedono un periodo di riferimento di almeno diciotto mesi possono limitare ad otto settimane il periodo che dà luogo al pagamento da parte dell’organismo di garanzia dei diritti non pagati. In tal caso, per il calcolo del periodo minimo sono presi in considerazione i periodi più favorevoli per i lavoratori subordinati.
3. Gli Stati membri possono inoltre fissare massimali per i pagamenti effettuati dall’organismo di garanzia. Tali massimali non devono essere inferiori ad una soglia socialmente compatibile con l’obiettivo sociale della presente direttiva.
Quando gli Stati membri si avvalgono di questa facoltà, comunicano alla Commissione i metodi con cui fissano il massimale.
Articolo 5
Gli Stati membri fissano le modalità di organizzazione, di finanziamento e di funzionamento degli organismi di garanzia nel rispetto, in particolare, dei seguenti principi:
a)
il patrimonio degli organismi deve essere indipendente dal capitale di esercizio dei datori di lavoro e essere costituito in modo da non poter essere sequestrato in un procedimento in caso di insolvenza;
b)
i datori di lavoro devono contribuire al finanziamento, a meno che quest’ultimo non sia integralmente assicurato dai pubblici poteri;
c)
l’obbligo di pagamento a carico degli organismi prescinde dall’adempimento degli obblighi di contribuire al finanziamento.
CAPO III
DISPOSIZIONI RELATIVE ALLA SICUREZZA SOCIALE
Articolo 6
Gli Stati membri possono prevedere che gli articoli 3, 4 e 5 non si applichino ai contributi dovuti a titolo dei regimi legali nazionali di sicurezza sociale o dai regimi complementari di previdenza, professionali o interprofessionali, diversi dai regimi legali nazionali di sicurezza sociale.
Articolo 7
Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che il mancato pagamento ai loro organismi assicurativi di contributi obbligatori dovuti dal datore di lavoro prima dell’insorgere dell’insolvenza a titolo dei regimi legali nazionali di sicurezza sociale non leda i diritti alle prestazioni dei lavoratori subordinati nei confronti di questi organismi assicurativi nella misura in cui i contributi salariali siano stati trattenuti sui salari versati.
Articolo 8
Gli Stati membri si accertano che vengano adottate le misure necessarie per tutelare gli interessi dei lavoratori subordinati e quelli delle persone che hanno già lasciato l’impresa o lo stabilimento del datore di lavoro alla data dell’insorgere della insolvenza di quest’ultimo, per quanto riguarda i diritti maturati o i diritti in corso di maturazione, in materia di prestazioni di vecchiaia, comprese quelle per i superstiti, previste dai regimi complementari di previdenza, professionali o interprofessionali, diversi dai regimi legali nazionali di sicurezza sociale.
CAPO IV
DISPOSIZIONI RELATIVE ALLE SITUAZIONI TRANSNAZIONALI
Articolo 9
1. Quando un’impresa avente attività sul territorio di almeno due Stati membri si trovi in stato d’insolvenza ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, l’organismo di garanzia competente per il pagamento dei diritti non pagati dei lavoratori subordinati è quello dello Stato membro sul cui territorio essi esercitano o esercitavano abitualmente il loro lavoro.
2. La portata dei diritti dei lavoratori subordinati è determinata dal diritto cui è soggetto l’organismo di garanzia competente.
3. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che, nei casi di cui al paragrafo 1 del presente articolo, le decisioni adottate nel quadro di una procedura d’insolvenza di cui all’articolo 2, paragrafo 1, la cui apertura è stata chiesta in un altro Stato membro, siano prese in considerazione per determinare lo stato d’insolvenza del datore di lavoro ai sensi della presente direttiva.
Articolo 10
1. Ai fini dell’attuazione dell’articolo 9, gli Stati membri prevedono lo scambio di informazioni pertinenti tra le amministrazioni pubbliche competenti e gli organismi di garanzia menzionati all’articolo 3, primo comma, che consenta in particolare di portare a conoscenza dell’organismo di garanzia competente i diritti non pagati dei lavoratori subordinati.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione e agli altri Stati membri gli estremi delle rispettive amministrazioni pubbliche competenti e degli organismi di garanzia. La Commissione rende tali informazioni accessibili al pubblico.
CAPO V
DISPOSIZIONI GENERALI E FINALI
Articolo 11
La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri di applicare e di introdurre disposizioni legislative, regolamentari o amministrative più favorevoli per i lavoratori subordinati.
L’attuazione della presente direttiva non può in nessun caso costituire una ragione per giustificare un regresso rispetto alla situazione esistente negli Stati membri per quanto attiene al livello generale di protezione dei lavoratori subordinati nel settore contemplato dalla direttiva stessa.
Articolo 12
La presente direttiva non pregiudica la facoltà degli Stati membri:
a)
di adottare le misure necessarie per evitare abusi;
b)
di rifiutare o di ridurre l’obbligo di pagamento di cui all’articolo 3 o l’obbligo di garanzia di cui all’articolo 7, qualora risulti che l’esecuzione dell’obbligo non si giustifica per l’esistenza di legami particolari tra il lavoratore subordinato e il datore di lavoro e di interessi comuni che si traducono in una collusione tra il lavoratore e il datore di lavoro;
c)
di rifiutare o di ridurre l’obbligo di pagamento di cui all’articolo 3 o l’obbligo di garanzia di cui all’articolo 7, qualora un lavoratore subordinato, per proprio conto o assieme ai propri parenti stretti, sia stato proprietario di una parte essenziale dell’impresa o dello stabilimento del datore di lavoro e abbia avuto una notevole influenza sulle sue attività.
Articolo 13
Gli Stati membri notificano alla Commissione e agli altri Stati membri i tipi di procedura nazionale d’insolvenza che rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva, nonché tutte le modifiche che le riguardano.
La Commissione provvede a pubblicare dette notificazioni nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 14
Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 15
Entro l’8 ottobre 2010 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’attuazione e applicazione degli articoli da 1 a 4, 9 e 10, dell’articolo 11, secondo comma, dell’articolo 12, lettera c), e degli articoli 13 e 14, negli Stati membri.
Articolo 16
La direttiva 80/987/CEE, modificata dagli atti di cui all’allegato I, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale e di applicazione delle direttive di cui all’allegato I, parte C.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all’allegato II.
Articolo 17
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 18
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 22 ottobre 2008.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
J.-P. JOUYET
(1) GU C 161 del 13.7.2007, pag. 75.
(2) Parere del Parlamento europeo del 19 giugno 2007 (GU C 146 E del 12.6.2008, pag. 71) e decisione del Consiglio del 25 settembre 2008.
(3) GU L 283 del 28.10.1980, pag. 23.
(4) Cfr. allegato I, parti A e B.
(5) GU L 14 del 20.1.1998, pag. 9.
(6) GU L 175 del 10.7.1999, pag. 43.
(7) GU L 206 del 29.7.1991, pag. 19.
ALLEGATO I
PARTE A
Direttiva abrogata e sue modifiche successive
(di cui all’articolo 16)
Direttiva 80/987/CEE del Consiglio
(GU L 283 del 28.10.1980, pag. 23)
Direttiva 87/164/CEE del Consiglio
(GU L 66 dell’11.3.1987, pag. 11)
Direttiva 2002/74/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 270 dell’8.10.2002, pag. 10)
PARTE B
Atto di modifica non abrogato
(di cui all’articolo 16)
Atto d’adesione del 1994
PARTE C
Termini di recepimento nel diritto nazionale e di applicazione
(di cui all’articolo 16)
Direttiva
Termine di recepimento
Data di applicazione
80/987/CEE
23 ottobre 1983
87/164/CEE
1o gennaio 1986
2002/74/CE
7 ottobre 2005
ALLEGATO II
Tavola di concordanza
Direttiva 80/987/CEE
Presente direttiva
Articolo 1
Articolo 1
Articolo 2
Articolo 2
Articolo 3
Articolo 3
Articolo 4
Articolo 4
Articolo 5
Articolo 5
Articolo 6
Articolo 6
Articolo 7
Articolo 7
Articolo 8
Articolo 8
Articolo 8 bis
Articolo 9
Articolo 8 ter
Articolo 10
Articolo 9
Articolo 11
Articolo 10
Articolo 12
Articolo 10 bis
Articolo 13
Articolo 11, paragrafo 1
—
Articolo 11, paragrafo 2
Articolo 14
Articolo 12
—
—
Articolo 15
—
Articolo 16
—
Articolo 17
Articolo 13
Articolo 18
—
Allegato I
—
Allegato II | Protezione dei lavoratori dipendenti in caso di insolvenza del datore di lavoro
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Essa mira a garantire il versamento dei salari ai lavoratori dipendenti, in caso di insolvenza del datore di lavoro. Obbliga infatti i paesi dell’UE ad istituire organismi di garanzia e stabilisce le modalità da seguire in caso di insolvenza dei datori di lavoro transfrontalieri.
PUNTI CHIAVE
La direttiva protegge i lavoratori dipendenti che hanno spettanze pendenti rispetto a un datore di lavoro che risulta in stato di insolvenza.
Lo stato di insolvenza fa seguito ad un’istanza di procedimento giudiziario che comporta lo spossessamento parziale o totale del datore di lavoro e la designazione di un curatore, nel caso in cui l’autorità giudiziaria competente:ha deciso l’apertura del procedimento; oppure ha constatato la chiusura definitiva dell’impresa o dello stabilimento del datore di lavoro e l’insufficienza dell’attivo disponibile.I paesi dell’UE possono, in via eccezionale, escludere dall’ambito di applicazione della presente direttiva i diritti di alcune categorie di lavoratori subordinati, qualora esistano altre forme di garanzia che assicurino agli interessati un livello di tutela equivalente. I paesi dell’UE possono escludere i lavoratori domestici occupati presso una persona fisica.
Tuttavia, al di fuori delle eccezioni di cui sopra, tutti i lavoratori possono avvalersi della presente direttiva, a prescindere dalla durata del contratto di lavoro o del rapporto di lavoro. Pertanto essa si applica ai lavoratori a tempo parziale, ai lavoratori con contratto a tempo determinato e ai lavoratori aventi un rapporto di lavoro interinale.
Organismi di garanzia
I paesi dell’UE devono istituire organismi di garanzia che assicurano il pagamento dei diritti dei lavoratori comprese, eventualmente, le indennità dovute ai lavoratori a seguito dello scioglimento del rapporto di lavoro. Tali massimali non devono essere inferiori ad una soglia socialmente compatibile con l’obiettivo sociale della direttiva.
Il periodo minimo di retribuzione da parte dell’organismo di garanzia deve essere calcolato in funzione di:un periodo minimo di riferimento di sei mesi, che dà luogo al pagamento dei diritti per almeno tre mesi; un periodo di riferimento di almeno 18 mesi, che dà luogo al pagamento dei diritti per almeno otto settimane. In tal caso, per il calcolo del periodo minimo sono presi in considerazione i periodi più favorevoli ai lavoratori.I datori di lavoro devono contribuire al finanziamento di tali organismi, salvo il caso in cui il finanziamento non sia garantito integralmente dalle autorità pubbliche.
Sicurezza sociale
I paesi dell’UE possono prevedere che la garanzia di pagamento non si applichi ai contributi:di sicurezza sociale; dei regimi complementari di previdenza professionali o interprofessionali, diversi dai regimi legali di sicurezza sociale.Inoltre, se il datore di lavoro non ha pagato i contributi obbligatori di sicurezza sociale ma questi sono stati trattenuti sui salari versati, i lavoratori godono pienamente dei loro diritti presso gli organismi assicurativi.
Gli interessi dei lavoratori dipendenti sono protetti in materia di prestazioni di vecchiaia, comprese quelle per i superstiti, previste dai regimi complementari di previdenza. Tale protezione si applica anche ai lavoratori che hanno lasciato l’azienda prima dell’insorgere dell’insolvenza.
Situazioni transnazionali
Se l’attività del datore di lavoro insolvente veniva esercitata sul territorio di almeno due paesi dell’UE, l’autorità competente per il pagamento dei diritti è quella del paese sul cui territorio il lavoratore esercitava abitualmente il suo lavoro.
Parimenti, la portata dei diritti dei lavoratori presso gli organismi di garanzia è determinata dal diritto nazionale cui è soggetto l’organismo di garanzia.
DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
Si applica dal 17 novembre 2008. La direttiva 2008/94/CE ha codificato e sostituito la direttiva 80/987/CEE e successive modifiche. La direttiva originale 80/987/CEE doveva essere recepita nei paesi dell’UE entro il 1983.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2008/94/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro (Versione codificata) (GU L 283 del 28.10.2008, pag. 36).
Le modifiche successive alla direttiva 2008/94/CE sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione e l’applicazione di determinate disposizioni della direttiva 2008/94/CE relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro [COM(2011) 84 def. del 28.2.2011]. | 7,406 | 439 |
32015D1875 | false | DECISIONE DI ESECUZIONE (UE) 2015/1875 DEL CONSIGLIO
dell'8 ottobre 2015
che sottopone a misure di controllo le sostanze 4-iodo-2,5-dimetossi-N-(2-metossibenzil)fenetilammina (25I-NBOMe), 3,4-dicloro-N-[(1-(dimetilammino)cicloesil)metil]benzamide (AH-7921), 3,4-metilendiossipirovalerone (MDPV) e 2-(etilamino)-2-(3-metossifenil)cicloesanone (metossietamina)
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
vista la decisione 2005/387/GAI del Consiglio, del 10 maggio 2005, relativa allo scambio di informazioni, alla valutazione dei rischi e al controllo delle nuove sostanze psicoattive (1), in particolare l'articolo 8, paragrafo 3,
vista la proposta della Commissione europea,
visto il parere del Parlamento europeo,
considerando che:
(1)
Il comitato scientifico allargato dell'Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (OEDT), riunito in sessione straordinaria, ha redatto, a norma della decisione 2005/387/GAI, una relazione di valutazione dei rischi connessi alle nuove sostanze psicoattive 4-iodo-2,5-dimetossi-N-(2-metossibenzil)fenetilammina (25I-NBOMe), 3,4-dicloro-N-[(1-(dimetilammino)cicloesil)metil]benzamide (AH-7921), 3,4-metilendiossipirovalerone (MDPV) e 2-(etilamino)-2-(3-metossifenil)cicloesanone (metossietamina), che è stata trasmessa alla Commissione e al Consiglio il 23 aprile 2014.
(2)
Le sostanze 25I-NBOMe, AH-7921, MDPV e metossietamina non erano state oggetto di valutazione a livello delle Nazioni Unite nel momento in cui la valutazione dei rischi è stata richiesta a livello dell'Unione, ma sono state valutate nel giugno 2014 dal comitato di esperti per la farmacodipendenza dell'Organizzazione mondiale della sanità.
(3)
Le sostanze 25I-NBOMe, AH-7921, MDPV e metossietamina non hanno alcuna proprietà terapeutica per uso umano o veterinario provata o riconosciuta. A parte il loro utilizzo in materiali di riferimento analitici e nella ricerca scientifica che ne studia le caratteristiche chimiche, farmacologiche e tossicologiche a seguito della loro comparsa sul mercato delle droghe — e, nel caso della molecola 25I-NBOMe, anche nel settore della neurochimica — nessun altro elemento indica che siano usate ad altri fini.
(4)
La sostanza 25I-NBOMe è un potente derivato sintetico della sostanza 2,5-dimetossi-4-iodofenetilamina (2C-I), un allucinogeno serotoninergico classico, che è stato oggetto di una valutazione del rischio, nonché di misure di controllo e sanzioni penali a livello di Unione dal 2003 in forza della decisione 2003/847/GAI del Consiglio (2).
(5)
Gli specifici effetti fisici della sostanza 25I-NBOMe sono difficili da stabilire, poiché non sono stati pubblicati studi che ne valutino la tossicità acuta e cronica, gli effetti psicologici e comportamentali e il potenziale di dipendenza, e anche a causa della limitata disponibilità di informazioni e dati. Le osservazioni cliniche di persone che hanno assunto tale sostanza suggeriscono che essa abbia effetti allucinogeni e il potenziale di provocare stati gravi di agitazione, confusione, allucinazioni visive e uditive acute, aggressività, episodi di aggressività e traumi autoindotti.
(6)
Quattro decessi associati alla sostanza 25I-NBOMe sono stati registrati in tre Stati membri. Una grave tossicità collegata al suo consumo è stata segnalata in quattro Stati membri, che hanno comunicato 32 casi di intossicazioni non mortali. Se questa nuova sostanza psicoattiva fosse disponibile e assunta su più ampia scala, le ripercussioni in termini di salute delle persone e di sanità pubblica potrebbero essere considerevoli. Non esistono informazioni disponibili sui rischi sociali legati alla sostanza 25I-NBOMe.
(7)
Ventidue Stati membri e la Norvegia hanno riferito all'OEDT e all'Ufficio europeo di polizia (Europol) di aver segnalato l'individuazione della sostanza 25I-NBOMe. Non sono disponibili dati sulla prevalenza d'uso della sostanza 25I-NBOMe, ma le limitate informazioni esistenti indicano che il suo consumo può avvenire in una vasta gamma di ambienti: a casa, nei bar, nei locali notturni, nei festival di musica.
(8)
La sostanza 25I-NBOMe è liberamente commercializzata e venduta su Internet come «prodotto chimico utilizzato per la ricerca» e le informazioni ottenute da sequestri, campioni raccolti, siti web di consumatori e distributori su Internet fanno supporre che la sostanza sia venduta come droga in quanto tale e commercializzata come sostituto «legale» dell'LSD. L'OEDT ha individuato oltre quindici distributori su Internet che vendono tale sostanza, che possono essere stabiliti all'interno dell'Unione e in Cina.
(9)
La relazione di valutazione dei rischi indica che esistono poche prove scientifiche sulla 25I-NBOMe e sottolinea che sarebbero necessarie ulteriori ricerche per determinare i rischi sanitari e sociali rappresentati dalla sostanza. Tuttavia, gli elementi e le informazioni disponibili forniscono motivi sufficienti per sottoporre la sostanza 25I-NBOMe a misure di controllo in tutta l'Unione. In considerazione dei rischi sanitari che comporta, come documentato dalla presenza rilevata in vari decessi, del fatto che può essere assunta inconsapevolmente e della mancanza di proprietà o usi terapeutici, la sostanza 25I-NBOMe dovrebbe essere sottoposta a misure di controllo in tutta l'Unione.
(10)
Dato che sei Stati membri controllano la sostanza 25I-NBOMe in base alla legislazione nazionale, conformandosi in tal modo agli obblighi derivanti dalla convenzione delle Nazioni Unite sulle sostanze psicotrope del 1971, e che sette Stati membri la controllano mediante altre misure legislative, sottoporre la sostanza a misure di controllo in tutta l'Unione potrebbe evitare ostacoli nell'applicazione della legge e nella cooperazione giudiziaria a livello transfrontaliero e contribuire a proteggere i cittadini dai rischi rappresentati dalla disponibilità e dal consumo della stessa.
(11)
La sostanza AH-7921 è un analgesico oppioide sintetico dalla struttura atipica, generalmente conosciuto come «doxylam» dai fornitori su Internet, i siti web di consumatori e i media. Può essere facilmente confusa con la dossilamina, un antistaminico con proprietà sedative e ipnotiche che potrebbe comportare overdose involontarie.
(12)
Gli specifici effetti fisici dell'AH-7921 sono difficili da stabilire, poiché non sono stati pubblicati studi che ne valutino la tossicità acuta e cronica, gli effetti psicologici, comportamentali e il potenziale di dipendenza, nonché a causa della limitata disponibilità di informazioni e dati. Stando a quanto riportato dai consumatori, gli effetti dell'AH-7921 sembrano essere analoghi a quelli degli oppioidi classici che inducono una sensazione di moderata euforia, prurito e rilassamento. La comparsa di nausea sembra essere un tipico effetto negativo. Oltre all'auto-sperimentazione e al «consumo ricreativo» dell'AH-7921, i consumatori hanno dichiarato di aver assunto di propria iniziativa tale nuova droga come antidolorifico o per alleviare i sintomi di astinenza dovuti alla disassuefazione da altri oppioidi. Ciò può indicare il potenziale dell'AH-7921 di diffondersi tra la popolazione che fa uso intravenoso di oppioidi.
(13)
Non sono disponibili dati sulla prevalenza d'uso dell'AH-7921, ma le informazioni disponibili indicano che non è ampiamente utilizzata e, quando è utilizzata, è consumata in ambienti privati.
(14)
Tra dicembre 2012 e settembre 2013 sono stati registrati, in tre Stati membri, quindici decessi nei cui campioni post mortem è stata rilevata l'AH-7921, da sola o associata ad altre sostanze. Anche se non è possibile stabilire con certezza il ruolo dell'AH-7921 in tutti questi decessi, in alcuni casi tuttavia la sostanza è stata specificamente indicata nelle cause del decesso. Uno Stato membro ha segnalato sei intossicazioni non mortali connesse all'AH-7921. Se questa nuova sostanza psicoattiva fosse disponibile e assunta su più ampia scala, le ripercussioni in termini di salute delle persone e di sanità pubblica potrebbero essere considerevoli. Non esistono informazioni disponibili sui rischi sociali legati all'AH-7921.
(15)
La relazione di valutazione dei rischi indica che esistono poche prove scientifiche sull'AH-7921 e sottolinea che sarebbero necessarie ulteriori ricerche per determinare i rischi sanitari e sociali rappresentati dalla sostanza. Tuttavia, gli elementi e le informazioni disponibili forniscono motivi sufficienti per sottoporre l'AH-7921 a misure di controllo in tutta l'Unione. Alla luce dei rischi per la salute che comporta, come documentato dalla presenza rilevata in vari decessi, del fatto che può essere assunta inconsapevolmente e della mancanza di proprietà o usi terapeutici, l'AH-7921 dovrebbe essere sottoposta a misure di controllo in tutta l'Unione.
(16)
Dato che uno Stato membro controlla l'AH-7921 in base alla legislazione nazionale, conformandosi in tal modo agli obblighi derivanti dalla convenzione delle Nazioni Unite sulle sostanze psicotrope del 1971, e cinque Stati membri la controllano mediante altre misure legislative, sottoporre la sostanza a misure di controllo in tutta l'Unione potrebbe evitare ostacoli all'applicazione della legge e alla cooperazione giudiziaria a livello transfrontaliero e contribuire a proteggere i cittadini dai rischi rappresentati dalla disponibilità e dal consumo della stessa.
(17)
L'MDPV è un derivato sintetico del catinone con sostituzione sull'anello aromatico, chimicamente correlato al pirovalerone, entrambi oggetto di misure di controllo in base alla convenzione delle Nazioni Unite sulle sostanze psicotrope del 1971.
(18)
Le informazioni sulla tossicità cronica e acuta del MDPV, nonché sui suoi effetti psicologici e comportamentali, e il rischio di dipendenza, non sono raccolte in modo uniforme in tutta l'Unione. Le informazioni provenienti da ricerche pubblicate, confermate da casi clinici, indicano che il profilo psicofarmacologico osservato dell'MDPV è simile a quello della cocaina e della metanfetamina, sebbene gli effetti della sostanza siano più potenti e duraturi. Inoltre, l'MDPV si è rivelato dieci volte più potente nell'indurre attivazione locomotoria, tachicardia e ipertensione.
(19)
I siti web di consumatori indicano che la tossicità acuta della sostanza può produrre effetti nocivi sugli esseri umani, simili a quelli di altri stimolanti. Tali effetti includono psicosi paranoide, tachicardia, ipertensione, diaforesi, problemi respiratori, grave agitazione, allucinazioni uditive e visive, ansia profonda, ipertermia, episodi di aggressività e disfunzioni organiche multiple.
(20)
Tra settembre 2009 e agosto 2013 in otto Stati membri e in Norvegia sono stati registrati 108 decessi in cui la sostanza MDPV è stata rilevata in campioni biologici post mortem o individuata come concausa del decesso. Otto Stati membri hanno registrato complessivamente 525 intossicazioni non mortali connesse all'MDPV. Se questa nuova sostanza psicoattiva fosse disponibile e assunta su più ampia scala, le ripercussioni in termini di salute delle persone e di sanità pubblica potrebbero essere considerevoli.
(21)
Dal 2009 quattro Stati membri hanno inoltre segnalato di aver individuato l'MDPV in campioni biologici prelevati a seguito di incidenti stradali mortali e non mortali o in casi di guida sotto l'influsso di sostanze stupefacenti.
(22)
L'MDPV è disponibile sul mercato delle droghe dell'Unione dal novembre 2008 e 27 Stati membri, oltre a Norvegia e Turchia, ne hanno effettuato sequestri per diversi chili. L'MDPV è venduto come sostanza in quanto tale, ma è anche stato individuato in combinazione con altre sostanze, ed è ampiamente disponibile presso fornitori e distributori su Internet, negozi specializzati («head shops») e piccoli spacciatori di strada. Alcune indicazioni fanno pensare che esista un certo grado di organizzazione nella fabbricazione di compresse e nella distribuzione della sostanza nell'Unione.
(23)
La relazione di valutazione dei rischi indica che sarebbero necessarie ulteriori ricerche per determinare i rischi sanitari e sociali che l'MDPV comporta. Tuttavia, gli elementi e le informazioni disponibili forniscono motivi sufficienti per sottoporre l'MDPV a misure di controllo in tutta l'Unione. In considerazione dei rischi sanitari che comporta, come documentato dalla presenza rilevata in vari decessi, del fatto che può essere assunto inconsapevolmente e della mancanza di proprietà o usi terapeutici, l'MDPV dovrebbe essere sottoposto a misure di controllo in tutta l'Unione.
(24)
Dato che ventuno Stati membri controllano l'MDPV in base alla legislazione nazionale, conformandosi in tal modo agli obblighi derivanti dalla convenzione delle Nazioni Unite sulle sostanze psicotrope del 1971, e che quattro Stati membri lo controllano mediante altre misure legislative, sottoporre la sostanza a misure di controllo in tutta l'Unione potrebbe evitare ostacoli all'applicazione della legge e alla cooperazione giudiziaria a livello transfrontaliero e contribuire a proteggere i cittadini dai rischi rappresentati dalla disponibilità e dal consumo della stessa.
(25)
La metossietamina è una sostanza arilcicloesilaminica chimicamente simile alla ketamina e alla fenciclidina (PCP), sostanza soggetta a controllo a livello internazionale. Analogamente alla ketamina e alla PCP, la metossietamina possiede proprietà dissociative.
(26)
Non esistono studi che valutino la tossicità cronica e acuta associata alla metossietamina, né i suoi effetti psicologici e comportamentali o il rischio di dipendenza che presenta. Le esperienze dichiarate dagli stessi consumatori nei loro siti web indicano che gli effetti negativi sono simili a quelli di un'intossicazione da ketamina. Tali effetti includono nausea e vomito abbondante, difficoltà respiratorie, attacchi, disorientamento, ansia, catatonia, aggressività, allucinazioni, paranoia e psicosi. Inoltre, l'intossicazione acuta da metossietamina può avere effetti stimolanti (agitazione, tachicardia e ipertensione) e provocare disordini cerebrali che non sono generalmente riscontrabili nei casi di intossicazione acuta da ketamina.
(27)
Sei Stati membri hanno segnalato circa venti decessi collegati alla metossietamina, rilevata in campioni post mortem. Utilizzata da sola o in combinazione con altre sostanze, la metossietamina è stata individuata in venti casi di intossicazioni non mortali segnalati da cinque Stati membri. Se questa nuova sostanza psicoattiva fosse disponibile e assunta su più ampia scala, le ripercussioni in termini di salute delle persone e di sanità pubblica potrebbero essere considerevoli.
(28)
Dal novembre 2010 ventitré Stati membri, oltre a Turchia e Norvegia, hanno riferito di aver segnalato l'individuazione della metossietamina. Le informazioni disponibili fanno supporre che la metossietamina sia venduta e utilizzata come sostanza in quanto tale e anche come sostituto «legale» della ketamina dai distributori su Internet, i negozi specializzati («head shops») e dai piccoli spacciatori di strada.
(29)
Numerosi chili di metossietamina in polvere sono stati sequestrati nell'Unione, ma non esistono informazioni su un possibile coinvolgimento di organizzazioni criminali. La fabbricazione di metossietamina non richiede attrezzature sofisticate.
(30)
I dati sulla prevalenza si limitano a studi non rappresentativi condotti in due Stati membri. Tali studi suggeriscono che la prevalenza d'uso della metossietamina è inferiore a quella della ketamina. Le informazioni disponibili indicano che il suo consumo può avvenire in una vasta gamma di ambienti: a casa, nei bar, nei locali notturni, nei festival di musica.
(31)
La relazione di valutazione dei rischi sottolinea che sarebbero necessarie ulteriori ricerche per determinare i rischi sanitari e sociali che tale sostanza comporta. Tuttavia, gli elementi e le informazioni disponibili forniscono motivi sufficienti per sottoporre la metossietamina a misure di controllo in tutta l'Unione. In considerazione dei rischi sanitari che comporta, come documentato dalla presenza rilevata in vari decessi, del fatto che può essere assunta inconsapevolmente e della mancanza di proprietà o usi terapeutici, la metossietamina dovrebbe essere sottoposta a misure di controllo in tutta l'Unione.
(32)
Dato che nove Stati membri controllano la metossietamina in base alla legislazione nazionale, conformandosi in tal modo agli obblighi derivanti dalla convenzione delle Nazioni Unite sulle sostanze psicotrope del 1971, e nove Stati membri controllano la sostanza mediante altre misure legislative, sottoporla a misure di controllo in tutta l'Unione potrebbe evitare ostacoli all'applicazione della legge e alla cooperazione giudiziaria a livello transfrontaliero e contribuire a proteggere i cittadini dai rischi rappresentati dalla disponibilità e dal consumo della stessa.
(33)
La decisione 2005/387/GAI conferisce al Consiglio competenze di esecuzione al fine di fornire a livello di Unione una risposta rapida e basata sulle competenze tecniche all'emergere di nuove sostanze psicoattive rilevate e segnalate dagli Stati membri, sottoponendo tali sostanze a misure di controllo in tutta l'Unione. Poiché sono state soddisfatte le condizioni e la procedura per avviare l'esercizio di tali competenze di esecuzione, dovrebbe essere adottata una decisione di esecuzione al fine di porre sotto controllo le sostanze 25I-NBOMe, AH-7921, MDPV e metossietamina in tutta l'Unione.
(34)
Nella sentenza del 16 aprile 2015 nelle cause riunite C-317/13 e C-679/13 (3) la Corte di giustizia dell'Unione europea ha sostenuto che prima di adottare una decisione di esecuzione ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 3, della decisione 2005/387/GAI, il Consiglio dovrebbe consultare il Parlamento europeo. La decisione di esecuzione 2014/688/UE del Consiglio (4) è stata adottata senza tale consultazione preventiva e, di conseguenza, è inficiata da un vizio di procedura. La decisione 2014/688/EU dovrebbe pertanto essere sostituita dalla presente decisione.
(35)
Al fine di garantire la continuità di misure di controllo in tutta l'Unione, nonché il rispetto degli obblighi che incombono agli Stati membri in virtù della convenzione delle Nazioni Unite sulle sostanze psicotrope del 1971 e della convenzione unica delle Nazioni Unite sugli stupefacenti del 1961 per quanto concerne le sostanze 4-iodo-2,5-dimetossi-N-(2-metossibenzil)fenetilammina (25I-NBOMe), 3,4-dicloro-N-[(1-(dimetilammino)cicloesil)metil]benzamide (AH-7921), 3,4-metilendiossipirovalerone (MDPV) e 2-(etilamino)-2-(3-metossifenil)cicloesanone (metossietamina), la presente decisione dovrebbe lasciare impregiudicati gli obblighi degli Stati membri relativamente al termine entro cui sottoporre tali nuove sostanze psicoattive a misure di controllo e alle sanzioni penali previste dalle rispettive legislazioni, ai sensi dell'articolo 2 della decisione 2014/688/UE.
(36)
La Danimarca è vincolata dalla decisione 2005/387/GAI e partecipa pertanto all'adozione e all'applicazione della presente decisione che dà attuazione alla decisione 2005/387/GAI.
(37)
L'Irlanda è vincolata dalla decisione 2005/387/GAI e partecipa pertanto all'adozione e all'applicazione della presente decisione che dà attuazione alla decisione 2005/387/GAI.
(38)
Il Regno Unito non è vincolato dalla decisione 2005/387/GAI e non partecipa pertanto all'adozione della presente decisione che dà attuazione alla decisione 2005/387/GAI, non è da essa vincolato, né è soggetto alla sua applicazione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Le seguenti nuove sostanze psicoattive sono sottoposte a misure di controllo in tutta l'Unione:
a)
4-iodo-2,5-dimetossi-N-(2-metossibenzil) fenetilammina (25I-NBOMe);
b)
3,4-dicloro-N-[(1-(dimetilammino)-cicloesil)metil] benzamide (AH-7921);
c)
3,4-metilendiossipirovalerone (MDPV);
d)
2-(etilamino)-2-(3-metossifenil)cicloesanone (metossietamina).
Articolo 2
La decisione 2014/688/UE è sostituita, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi al termine entro cui sottoporre le sostanze 4-iodo-2,5-dimetossi-N-(2-metossibenzil)fenetilammina (25I-NBOMe), 3,4-dicloro-N-[(1-(dimetilammino)cicloesil)metil]benzamide (AH-7921), 3,4-metilendiossipirovalerone (MDPV) e 2-(etilamino)-2-(3-metossifenil)cicloesanone (metossietamina), a misure di controllo e alle sanzioni penali previste dalle rispettive legislazioni, ai sensi dell'articolo 2 della decisione 2014/688/UE.
Articolo 3
La presente decisione entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
La presente decisione si applica conformemente ai trattati.
Fatto a Lussemburgo, l'8 ottobre 2015
Per il Consiglio
Il presidente
J. ASSELBORN
(1) GU L 127 del 20.5.2005, pag. 32.
(2) Decisione 2003/847/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativa a misure di controllo e sanzioni penali in relazione alle nuove droghe sintetiche 2C-I, 2C-T-2, 2C-T-7 e TMA-2 (GU L 321 del 6.12.2003, pag. 64).
(3) Sentenza della Corte di giustizia del16 aprile 2015, Parlamento contro Consiglio, cause riunite C-317/13 e C-679/13, ECLI:EU:C:2015:223.
(4) Decisione di esecuzione 2014/688/UE del Consiglio, del 25 settembre 2014, che sottopone a misure di controllo le sostanze 4-iodo-2,5-dimetossi-N-(2-metossibenzil)fenetilammina (25I-NBOMe), 3,4-dicloro-N-[(1-(dimetilammino)cicloesil)metil]benzamide (AH-7921), 3,4-metilendiossipirovalerone (MDPV) e 2-(etilamino)-2-(3-metossifenil)cicloesanone (metossietamina) (GU L 287 dell'1.10.2014, pag. 22). | Traffico illecito di stupefacenti — Elenco delle sostanze psicoattive
QUAL È LO SCOPO DELLE DECISIONI?
Mirano a istituire misure di controllo e sanzioni penali volte a contrastare il traffico di nuove sostanze psicoattive (NSP)*.
PUNTI CHIAVE
L’elenco delle NSP include: 1.la P-Metiltioanfetamina o 4-Metiltioanfetamina di cui alla decisione 1999/615/GAI del Consiglio; 2.la parametossimetilamfetamina o N-metil-1-(4-metossifenil)-2-aminopropano di cui alla decisione 2002/188/GAI del Consiglio; 3.la 2,5 dimetossi-4-iodofenetilamina, la 2,5-dimetossi-4-etiltiofenetilamina, la 2,5 dimetossi-4-(n)-propiltiofenetilamina e la 2,4,5-trimetossianfetamina di cui alla decisione 2003/847/GAI del Consiglio; 4.la 1-benzilpiperazina o 1-benzil-1,4-diazacicloesano, N-benzilpiperazina o benzilpiperazina di cui alla decisione 2008/206/GAI del Consiglio; 5.il 4-methylmethcathinone di cui alla decisione 2010/759/UE del Consiglio; 6.la 4-metil-5-(4-metilfenil)-4,5-diidroossazol-2-amina (4,4′-DMAR) e la 1-cicloesil-4-(1,2-difeniletil)-piperazina (MT-45) di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2015/1873 del Consiglio; 7.la 4-metilanfetamina di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2015/1874 del Consiglio; 8.la 4-iodo-2,5-dimetossi-N-(2-metossibenzil)fenetilammina (25I-NBOMe), il 3,4-dicloro-N-[(1-(dimetilammino)cicloesil)metil]benzamide (AH-7921), il 3,4-metilendiossipirovalerone (MDPV) e il 2-(etilamino)-2-(3-metossifenil)cicloesanone (metossietamina) di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2015/1875 del Consiglio; 9.il 5-(2-amminopropil)indolo di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2015/1876 del Consiglio; 10.la 1-fenil-2-(pirrolidin-1-il)pentan-1-one (α-pirrolidinovalerofenone, α-PVP) di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2016/1070 del Consiglio; 11.il metil-2-[[1-(cicloesilmetil)-1H-indolo-3- carbonil]ammino]-3,3-dimetilbutanoato (MDMB-CHMICA) di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2017/369 del Consiglio; 12.l’N-(1-fenetilpiperidin-4-yl)-N-fenilacrilammide (acrilofentanil) di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2017/1774 del Consiglio; 13.l’N-fenil-N-[1-(2-feniletile) piperidin-4-il]furan-2-carbossammide (furanilfentanil) di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2017/2170 del Consiglio; 14.l’N-(1-ammino-3,3-dimetil-1-ossobutan-2-il)-1-(cicloesilmetil)-1H-indazol-3-carbossiammide (ADB-CHMINACA) di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2018/747 del Consiglio; 15.l’1-(4-cianobutil)-N-(2-fenilpropan-2-il)-1H-indazolo-3-carbossiammide di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2018/748 del Consiglio; 16.l’N-fenil-N-[1-(2-feniletil)piperidin-4-il] ciclopropancarbossiammide (ciclopropilfentanil) di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2018/1463 del Consiglio; 17.il 2-metossi-N-fenil-N-[1-(2-feniletil)piperidin-4-il]acetammide (metossiacetilfentanil) di cui alla decisione di esecuzione (UE) 2018/1463 del Consiglio; La Commissione europea può aggiungere altre NSP all’elenco per mezzo di un atto delegato.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LE DECISIONI?
Le decisioni sono in vigore da:
Decisione 1999/615/GAI del Consiglio
17 settembre 1999
Decisione 2002/188/GAI del Consiglio
7 marzo 2002
Decisione 2003/847/GAI del Consiglio
7 dicembre 2003
Decisione 2008/206/GAI del Consiglio
8 marzo 2008
Decisione 2010/759/UE del Consiglio
9 dicembre 2010
Decisione di esecuzione (UE) 2015/1873 del Consiglio
21 ottobre 2015
Decisione di esecuzione (UE) 2015/1874 del Consiglio
21 ottobre 2015
Decisione di esecuzione (UE) 2015/1875 del Consiglio
21 ottobre 2015
Decisione di esecuzione (UE) 2015/1876 del Consiglio
21 ottobre 2015
Decisione di esecuzione (UE) 2016/1070 del Consiglio
3 luglio 2016
Decisione di esecuzione (UE) 2017/369 del Consiglio
4 marzo 2017
Decisione di esecuzione (UE) 2017/1774 del Consiglio
30 settembre 2017
Decisione di esecuzione (UE) 2017/2170 del Consiglio
23 novembre 2017
Decisione di esecuzione (UE) 2018/747 del Consiglio
23 maggio 2018
Decisione di esecuzione (UE) 2018/748 del Consiglio
23 maggio 2018
Decisione di esecuzione (UE) 2018/1463 del Consiglio
2 ottobre 2018
CONTESTO
La strategia dell’UE in materia di droga per il periodo 2013-2020 è attuata attraverso due piani d’azione quadriennali consecutivi.
Per ulteriori informazioni consultare:Politica antidroga (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Nuova sostanza psicoattiva: una sostanza allo stato puro o in forma di preparato non contemplata dalla Convenzione unica delle Nazioni Unite sugli stupefacenti del 1961, modificata dal Protocollo del 1972, o dalla convenzione delle Nazioni Unite del 1971 sulle sostanze psicotrope, che può presentare rischi sanitari o sociali simili a quelli posti dalle sostanze coperte da tali convenzioni.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione 1999/615/GAI del Consiglio, del 13 settembre 1999, che definisce la 4-MTA quale nuova droga sintetica da sottoporre a misure di controllo e a sanzioni penali (GU L 244 del 16.9.1999, pag. 1).
Decisione 2002/188/GAI del Consiglio, del 28 febbraio 2002, avente ad oggetto misure di controllo e sanzioni penali relative alla nuova droga sintetica PMMA (GU L 63 del 6.3.2002, pag. 14).
Decisione 2003/847/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2003, avente ad oggetto misure di controllo e sanzioni penali in relazione alle nuove droghe sintetiche 2C-I, 2C-T-2, 2C-T-7 e TMA-2 (GU L 321 del 6.12.2003, pag. 64).
Decisione 2008/206/GAI del Consiglio, del 3 marzo 2008, che definisce la 1-benzilpiperazina (BZP) quale nuova droga sintetica da sottoporre a misure di controllo e a sanzioni penali (GU L 63 del 7.3.2008, pag. 45).
Decisione 2010/759/UE del Consiglio, del 2 dicembre 2010, sull’opportunità di sottoporre a misure di controllo il 4-methylmethcathinone (mefedrone) (GU L 322 dell’8.12.2010, pag. 44).
Decisione di esecuzione (UE) 2015/1873 del Consiglio, dell’8 ottobre 2015, che sottopone a misure di controllo le sostanze 4-metil-5-(4-metilfenil)-4,5-diidroossazol-2-amina (4,4′-DMAR) e 1-cicloesil-4-(1,2-difeniletil)-piperazina (MT-45) (GU L 275 del 20.10.2015, pag. 32).
Decisione di esecuzione (UE) 2015/1874 del Consiglio, dell’8 ottobre 2015, che sottopone a misure di controllo la 4-metilanfetamina (GU L 275 del 20.10.2015, pag. 35).
Decisione di esecuzione (UE) 2015/1875, dell’8 ottobre 2015, che sottopone a misure di controllo le sostanze 4-iodo-2,5-dimetossi-N-(2-metossibenzil)fenetilammina (25I-NBOMe), 3,4-dicloro-N-[(1-(dimetilammino)cicloesil)metil]benzamide (AH-7921), 3,4-metilendiossipirovalerone (MDPV) e 2-(etilamino)-2-(3-metossifenil)cicloesanone (metossietamina) (GU L 275 del 20.10.2015, pag. 38).
Decisione di esecuzione (UE) 2015/1876 del Consiglio, dell’8 ottobre 2015, che sottopone a misure di controllo il 5-(2-amminopropil)indolo (GU L 275 del 20.10.2015, pag. 43).
Decisione di esecuzione (UE) 2016/1070 del Consiglio, del 27 giugno 2016, che sottopone a misure di controllo la 1-fenil-2-(pirrolidin-1-il)pentan-1-one (α-pirrolidinovalerofenone, α-PVP) (GU L 178 del 2.7.2016, pag. 18).
Decisione di esecuzione (UE) 2017/369 del Consiglio, del 27 febbraio 2017, che sottopone a misure di controllo il metil-2-[[1-(cicloesilmetil)-1H-indolo-3- carbonil]ammino]-3,3-dimetilbutanoato (MDMB-CHMICA) (GU L 56 del 3.3.2017, pag. 210).
Decisione di esecuzione (UE) 2017/1774 del Consiglio, del 25 settembre 2017, che sottopone a misure di controllo l’N-(1-fenetilpiperidin-4-yl)-N-fenilacrilammide (acrilofentanil) (GU L 251 del 29.9.2017, pag. 21).
Decisione di esecuzione (UE) 2017/2170 del Consiglio, del 15 novembre 2017, relativa a misure di controllo sul N-fenil-N-[1-(2-feniletile) piperidin-4-il]furan-2-carbossammide (furanilfentanil) (GU L 306 del 22.11.2017, pag. 19).
Decisione di esecuzione (UE) 2018/747 del Consiglio, del 14 maggio 2018, che sottopone a misure di controllo la nuova sostanza psicoattiva N-(1-ammino-3,3-dimetil-1-ossobutan-2-il)-1-(cicloesilmetil)-1H-indazol-3-carbossiammide (ADB-CHMINACA) (GU L 125 del 22.5.2018, pag. 8).
Decisione di esecuzione (UE) 2018/748 del Consiglio, del 14 maggio 2018, che sottopone a misure di controllo la nuova sostanza psicoattiva 1-(4-cianobutil)-N-(2-fenilpropan-2-il)-1H-indazolo-3-carbossiammide (CUMYL-4CN-BINACA) (GU L 125 del 22.5.2018, pag. 10).
Decisione di esecuzione (UE) 2018/1463 del Consiglio, del 28 settembre 2018, che assoggetta a misure di controllo le nuove sostanze psicoattive N-fenil-N-[1-(2-feniletil)piperidin-4-il] ciclopropancarbossiammide (ciclopropilfentanil) e 2-metossi-N-fenil-N-[1-(2-feniletil)piperidin-4-il]acetammide (metossiacetilfentanil) (GU L 245 dell’1.10.2018, pag. 9).
DOCUMENTI CORRELATI
Direttiva delegata (UE) 2019/369 della Commissione, del 13 dicembre 2018, che modifica l’allegato della decisione quadro 2004/757/GAI del Consiglio per quanto riguarda l’inclusione di nuove sostanze psicoattive nella definizione di «stupefacenti» (GU L 66 del 7.3.2019, pag. 3).
Regolamento (EU) 2017/2101 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 novembre 2017, che modifica il regolamento (CE) nr. 1920/2006 per quanto riguarda lo scambio di informazioni e un sistema di allarme rapido e una procedura di valutazione dei rischi per le nuove sostanze psicoattive (GU L 305 del 21.11.2017, pag. 1).
Direttiva (UE) 2017/2103 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 novembre 2017, che modifica la Decisione Quadro 2004/757/GAI del Consiglio al fine di includere nuove sostanze psicoattive nella definizione di «sostanza stupefacente» e che abroga la Decisione 2005/387/GAI del Consiglio (GU L 305 del 21.11.2017, pag. 12).
Strategia dell’UE in materia di droga (2013-2020) (GU C 402 del 29.12.2012, pag. 1).
Regolamento (CE) n. 1920/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativo all’istituzione di un Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (rifusione) (GU L 376 del 27.12.2006, pag. 1).
Successive modifiche al regolamento (CE) n. 1920/2006 sono state integrate nel testo originario. La presente versione consolidata ha solo valore documentale.
Decisione quadro 2004/757/GAI del Consiglio, del 25 ottobre 2004, recante le disposizioni minime sugli elementi costitutivi degli atti penali e delle sanzioni nel settore del traffico illecito di droga (GU L 335 dell’11.11.2004, pag. 8).
Consultare la versione consolidata. | 12,054 | 398 |
32010R0115 | false | REGOLAMENTO (UE) N. 115/2010 DELLA COMMISSIONE
del 9 febbraio 2010
che stabilisce le condizioni di utilizzazione dell'allumina attivata per l'eliminazione del fluoro dalle acque minerali naturali e dalle acque di sorgente
(Testo rilevante ai fini del SEE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
vista la direttiva 2009/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, sull'utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali (1), in particolare l'articolo 4, paragrafo 1, lettera c) e l'articolo 12, lettera d),
visto il parere dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare,
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 2003/40/CE della Commissione, del 16 maggio 2003, che determina l'elenco, i limiti di concentrazione e le indicazioni di etichettatura per i componenti delle acque minerali naturali, nonché le condizioni d'utilizzazione dell'aria arricchita di ozono per il trattamento delle acque minerali naturali e delle acque sorgive (2), prevede un limite massimo per il fluoro nelle acque minerali naturali. Per quanto riguarda l'acqua di sorgente, tale limite è fissato dalla direttiva 98/83/CE del Consiglio, del 3 novembre 1998, relativa alla qualità dell'acqua destinata al consumo umano (3).
(2)
Per consentire agli operatori di rispettare le suddette direttive è opportuno autorizzare un trattamento di eliminazione del fluoro dalle acque minerali naturali e dalle acque di sorgente attraverso l'impiego di allumina attivata (qui di seguito «il trattamento per l'eliminazione del fluoro»).
(3)
Il trattamento per l'eliminazione del fluoro non deve aggiungere all'acqua trattata residui in concentrazioni tali da costituire un rischio per la salute pubblica.
(4)
Il trattamento per l'eliminazione del fluoro va notificato alle autorità competenti affinché possano svolgere i controlli necessari a garantirne la corretta applicazione.
(5)
Quando viene eseguito il trattamento per l'eliminazione del fluoro, l'etichetta dell'acqua trattata deve contenere indicazioni al riguardo.
(6)
I provvedimenti previsti dal presente regolamento sono conformi al parere del comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali; essi non sono stati contestati né dal Parlamento europeo, né dal Consiglio,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
1. È consentito il trattamento delle acque minerali naturali e delle acque di sorgente con allumina attivata, destinato ad eliminare il fluoro, denominato qui di seguito «il trattamento per l'eliminazione del fluoro».
Il termine «acqua» si riferisce qui di seguito complessivamente alle acque minerali naturali e alle acque di sorgente.
2. Il trattamento per l'eliminazione del fluoro viene effettuato nel rispetto delle prescrizioni tecniche di cui all'allegato.
Articolo 2
La presenza di residui nell'acqua quale conseguenza del trattamento per l'eliminazione del fluoro si trova al livello minimo tecnicamente possibile secondo le prassi migliori e non costituisce un rischio per la salute pubblica. A tal fine l'operatore esegue e controlla le fasi principali del trattamento di cui all'allegato.
Articolo 3
1. L'esecuzione del trattamento per l'eliminazione del fluoro è notificata alle autorità competenti con almeno tre mesi di anticipo.
2. Mediante la notifica l'operatore trasmette alle autorità competenti le informazioni e la documentazione pertinenti nonché i risultati analitici relativi al trattamento, dai quali emerga il rispetto delle prescrizioni dell'allegato.
Articolo 4
L'etichetta dell'acqua che è stata sottoposta ad un trattamento di eliminazione del fluoro contiene, vicino alla dichiarazione relativa alla composizione chimica, l'indicazione «acqua sottoposta ad una tecnica di assorbimento autorizzata».
Articolo 5
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
I prodotti immessi sul mercato entro il 10 agosto 2010 e che non rispettano le prescrizioni dell'allegato 4, possono continuare ad essere commercializzati fino al 10 agosto 2011.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 9 febbraio 2010.
Per la Commissione
Il presidente
José Manuel BARROSO
(1) GU L 164 del 26.6.2009, pag. 45.
(2) GU L 126 del 22.5.2003, pag. 34.
(3) GU L 330 del 5.12.1998, pag. 32.
ALLEGATO
Prescrizioni tecniche relative all'utilizzazione dell'allumina attivata per l'eliminazione del fluoro dalle acque minerali naturali e dalle acque di sorgente
Le seguenti fasi principali del trattamento devono essere realizzate e monitorate adeguatamente:
1)
prima di utilizzare l'allumina attivata per il trattamento dell'acqua è necessario sottoporla ad una procedura di inizializzazione con prodotti chimici alcalini o acidi per rimuovere qualsiasi impurità e ad un controlavaggio per eliminare le particelle fini;
2)
a seconda della qualità e del flusso dell'acqua va effettuata una procedura di rigenerazione ad intervalli che variano tra una e quattro settimane. La procedura di rigenerazione prevede l'impiego di prodotti chimici adeguati a rimuovere gli ioni assorbiti, onde ripristinare la capacità di assorbimento dell'allumina attivata ed eliminare eventuali biofilm formatisi. La procedura va eseguita in tre fasi:
—
trattamento all'idrossido di sodio per rimuovere gli ioni fluoro e sostituirli con ioni idrossido,
—
trattamento con acido per rimuovere i residui di idrossido di sodio ed attivare la sostanza,
—
risciacquo con acqua potabile o demineralizzata e condizionamento con acqua quale fase finale, onde garantire che il filtro non incida sul contenuto generale di minerali dell'acqua trattata;
3)
i prodotti chimici e i reagenti utilizzati nei processi di inizializzazione e rigenerazione devono rispettare le norme europee pertinenti (1) o le norme nazionali applicabili relative alla purezza dei reagenti chimici impiegati nel trattamento dell'acqua destinata al consumo umano;
4)
l'allumina attivata deve rispettare la norma europea applicabile ai test di lisciviazione (EN 12902) (2) per garantire che non vengano rilasciati residui nell'acqua in concentrazioni eccedenti i limiti stabiliti dalla direttiva 2003/40/CE o, in mancanza di limiti in tale direttiva, i limiti di cui alla direttiva 98/83/CE o alla legislazione nazionale applicabile. Il quantitativo totale di ioni alluminio presenti nell'acqua trattata in seguito al rilascio di alluminio, principale componente dell'allumina attivata, non deve eccedere 200 μg/l, come stabilito dalla direttiva 98/83/CE. Tale valore va controllato regolarmente, nel rispetto della direttiva del Consiglio;
5)
alle fasi del trattamento vanno applicate le buone pratiche di fabbricazione e i principi HACCP di cui al regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (3) sull'igiene dei prodotti alimentari;
6)
l'operatore deve stabilire un programma di monitoraggio volto a garantire il corretto svolgimento delle fasi del trattamento, in particolare per quanto concerne il mantenimento delle caratteristiche essenziali dell'acqua ed il suo contenuto di fluoro.
(1) Norme europee elaborate dal CEN (Comitato europeo di normalizzazione).
(2) Norma europea EN 12902 (2004): Prodotti utilizzati per il trattamento di acque destinate al consumo umano. Materiali inorganici di supporto e di filtrazione.
(3) GU L 139 del 30.4.2004, pag. 1. | Utilizzazione dell’allumina per l’eliminazione del fluoro dalle acque minerali naturali
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Stabilisce le condizioni di utilizzazione dell’allumina attivata* per eliminare il fluoro* dalle acque minerali naturali e di sorgente, per soddisfare le direttive UE riguardanti la qualità dell’acqua potabile.
PUNTI CHIAVE
L’utilizzazione dell’allumina per l’eliminazione del fluoro dalle acque minerali naturali e di sorgente è consentito alle condizioni seguenti:La presenza di residui nell’acqua quale conseguenza del trattamento deve essere al livello minimo tecnicamente possibile e non deve costituire un rischio per la salute pubblica.L’esecuzione del trattamento deve essere notificata alle autorità competenti con almeno tre mesi di anticipo, con la documentazione e i dati dai quali emerga il rispetto del regolamento.Tutti i prodotti chimici utilizzati nel trattamento devono rispettare le norme applicabili al trattamento dell’acqua potabile.L’allumina attivata deve rispettare la norma europea applicabile per garantire che non vengano rilasciati nell’acqua residui eccessivi.Prima del suo utilizzo l’allumina attivata deve essere trattata per rimuovere i residui e le particelle fini.I filtri devono essere risciacquati quale fase finale, onde garantire che essi non incidano sul contenuto generale di minerali dell’acqua trattata.L’allumina attivata deve essere rigenerata a intervalli adeguati per ripristinare la sua efficacia.L’operatore deve monitorare i processi per garantire il mantenimento delle caratteristiche essenziali dell’acqua.L’utilizzo del trattamento per l’eliminazione del fluoro deve essere indicato nell’etichetta dell’acqua trattata, vicino alla dichiarazione relativa alla composizione chimica, nella forma seguente: «acqua sottoposta ad una tecnica di assorbimento autorizzata».
DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO?
È stato applicato dal 2 marzo 2010.
CONTESTO
La direttiva 2009/54/CE fissa le regole dell’UE sui metodi consentiti per il trattamento delle acque minerali naturali e di sorgente. Essa autorizza la Commissione europea a stabilire le condizioni per l’utilizzo dei trattamenti dopo consultazioni con l’Autorità europea per la sicurezza alimentare. La direttiva 2003/40/CE della Commissione determina il limite della presenza di fluoro nelle acque minerali naturali. Il limite per le acque sorgive è fissato dalla direttiva 98/83/CE del Consiglio.I trattamenti chimici sono soggetti alle buone prassi di fabbricazione e ai principi definiti dal regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio sull’igiene dei prodotti alimentari.Per ulteriori informazioni, consultare: Acque minerali naturali e di sorgente (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Allumina attivata: forma altamente porosa di ossido di alluminio di elevata superficie. Può essere utilizzata come filtro per eliminare il fluoro dall’acqua potabile.
Fluoro: un elemento naturalmente presente nelle acque di rete. Le concentrazioni variano sensibilmente tra uno Stato membro e l’altro.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE) n. 115/2010 della Commissione, del 9 febbraio 2010, che stabilisce le condizioni di utilizzazione dell’allumina attivata per l’eliminazione del fluoro dalle acque minerali naturali e dalle acque di sorgente (GU L 37 del 10.2.2010, pagg 13-15)
DOCUMENTI COLLEGATI
Direttiva 2009/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, sull’utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali (Rifusione) (GU L 164 del 26.6.2009, pagg 45-58)
Regolamento (UE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sull’igiene dei prodotti alimentari (GU L 139 del 30.4.2004, pagg 1-54). Testo ripubblicato in rettifica (GU L 226 del 25.6.2004, pagg 3-21).
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 852/2004 sono state incorporate nel testo base. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Direttiva 2003/40/CE della Commissione, del 16 maggio 2003, che determina l’elenco, i limiti di concentrazione e le indicazioni di etichettatura per i componenti delle acque minerali naturali, nonché le condizioni d’utilizzazione dell’aria arricchita di ozono per il trattamento delle acque minerali naturali e delle acque sorgive (GU L 126 del 22.5.2003, pagg 34-39)
Direttiva 98/83/CE del Consiglio, del 3 novembre 1998, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano (GU L 330 del 5.12.1998, pagg 32-54)
Si veda la versione consolidata. | 3,918 | 184 |
32009L0147 | false | DIRETTIVA 2009/147/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 30 novembre 2009
concernente la conservazione degli uccelli selvatici
(versione codificata)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 175, paragrafo 1,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (3), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (4). È opportuno, per motivi di chiarezza e di razionalizzazione, procedere alla codificazione di tale direttiva.
(2)
La decisione n. 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 2002, che stabilisce il sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente (5), prevede azioni specifiche per la biodiversità, compresa la protezione degli uccelli e dei loro habitat.
(3)
Per molte specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri si registra una diminuzione, in certi casi rapidissima, della popolazione e tale diminuzione rappresenta un serio pericolo per la conservazione dell’ambiente naturale, in particolare poiché minaccia gli equilibri biologici.
(4)
Le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri sono in gran parte specie migratrici. Tali specie costituiscono un patrimonio comune e l’efficace protezione degli uccelli è un problema ambientale tipicamente transnazionale, che implica responsabilità comuni.
(5)
La conservazione delle specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri è necessaria per raggiungere gli obiettivi comunitari in materia di miglioramento delle condizioni di vita e di sviluppo sostenibile.
(6)
Le misure da prendere devono riguardare i diversi fattori che possono influire sull’entità della popolazione aviaria, e cioè le ripercussioni delle attività umane, in particolare la distruzione e l’inquinamento degli habitat, la cattura e l’uccisione da parte dell’uomo e il commercio che ne consegue; nel quadro di una politica di conservazione bisogna adeguare la severità di tali misure alla situazione delle diverse specie.
(7)
La conservazione si prefigge la protezione a lungo termine e la gestione delle risorse naturali in quanto parte integrante del patrimonio dei popoli europei. Essa consente di regolarle disciplinandone lo sfruttamento in base a misure necessarie al mantenimento e all’adeguamento degli equilibri naturali delle specie entro i limiti di quanto è ragionevolmente possibile.
(8)
La preservazione, il mantenimento o il ripristino di una varietà e di una superficie sufficienti di habitat sono indispensabili alla conservazione di tutte le specie di uccelli. Talune specie di uccelli devono essere oggetto di speciali misure di conservazione concernenti il loro habitat per garantirne la sopravvivenza e la riproduzione nella loro area di distribuzione. Tali misure devono tener conto anche delle specie migratrici ed essere coordinate in vista della costituzione di una rete coerente.
(9)
Per evitare che gli interessi commerciali esercitino eventualmente una pressione nociva sui livelli di prelievo, è necessario istituire un divieto generale di commercializzazione e limitare le deroghe alle sole specie il cui status biologico lo consenta, tenuto conto delle condizioni specifiche che prevalgono nelle varie regioni.
(10)
A causa del livello di popolazione, della distribuzione geografica e del tasso di riproduzione in tutta la Comunità, talune specie possono formare oggetto di atti di caccia, ciò che costituisce un modo ammissibile di sfruttamento, sempreché vengano stabiliti ed osservati determinati limiti; tali atti di caccia devono essere compatibili con il mantenimento della popolazione di tali specie a un livello soddisfacente.
(11)
I mezzi, gli impianti o i metodi di cattura o di uccisione in massa o non selettiva nonché l’inseguimento con taluni mezzi di trasporto devono essere vietati a causa dell’eccessiva pressione che esercitano o possono esercitare sul livello di popolazione delle specie interessate.
(12)
Data l’importanza che possono avere talune situazioni particolari, occorre prevedere la possibilità di deroghe a determinate condizioni e sotto il controllo della Commissione.
(13)
La conservazione dell’avifauna e delle specie migratrici in particolare presenta ancora dei problemi, per cui si rendono necessari lavori scientifici, lavori che permetteranno inoltre di valutare l’efficacia delle misure prese.
(14)
Si deve curare, in consultazione con la Commissione, che l’eventuale introduzione di specie di uccelli che non vivono naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri non danneggi in alcun modo la flora e la fauna locali.
(15)
Ogni tre anni la Commissione elaborerà e comunicherà agli Stati membri una relazione riassuntiva basata sulle informazioni inviatele dagli Stati membri per quanto riguarda l’applicazione delle disposizioni nazionali adottate conformemente alla presente direttiva.
(16)
Le misure necessarie per l’esecuzione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (6).
(17)
In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di modificare taluni allegati alla luce del progresso scientifico e tecnico. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE.
(18)
La presente direttiva deve far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale indicati nell’allegato VI, parte B,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
1. La presente direttiva concerne la conservazione di tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato. Essa si prefigge la protezione, la gestione e la regolazione di tali specie e ne disciplina lo sfruttamento.
2. La presente direttiva si applica agli uccelli, alle uova, ai nidi e agli habitat.
Articolo 2
Gli Stati membri adottano le misure necessarie per mantenere o adeguare la popolazione di tutte le specie di uccelli di cui all’articolo 1 a un livello che corrisponde in particolare alle esigenze ecologiche, scientifiche e culturali, pur tenendo conto delle esigenze economiche e ricreative.
Articolo 3
1. Tenuto conto delle esigenze di cui all’articolo 2, gli Stati membri adottano le misure necessarie per preservare, mantenere o ristabilire, per tutte le specie di uccelli di cui all’articolo 1, una varietà e una superficie sufficienti di habitat.
2. La preservazione, il mantenimento e il ripristino dei biotopi e degli habitat comportano anzitutto le seguenti misure:
a)
istituzione di zone di protezione;
b)
mantenimento e sistemazione conforme alle esigenze ecologiche degli habitat situati all’interno e all’esterno delle zone di protezione;
c)
ripristino dei biotopi distrutti;
d)
creazione di biotopi.
Articolo 4
1. Per le specie elencate nell’allegato I sono previste misure speciali di conservazione per quanto riguarda l’habitat, per garantire la sopravvivenza e la riproduzione di dette specie nella loro area di distribuzione.
A tal fine si tiene conto:
a)
delle specie minacciate di sparizione;
b)
delle specie che possono essere danneggiate da talune modifiche del loro habitat;
c)
delle specie considerate rare in quanto la loro popolazione è scarsa o la loro ripartizione locale è limitata;
d)
di altre specie che richiedono una particolare attenzione per la specificità del loro habitat.
Per effettuare le valutazioni si terrà conto delle tendenze e delle variazioni dei livelli di popolazione.
Gli Stati membri classificano in particolare come zone di protezione speciale i territori più idonei in numero e in superficie alla conservazione di tali specie nella zona geografica marittima e terrestre a cui si applica la presente direttiva.
2. Gli Stati membri adottano misure analoghe per le specie migratrici non menzionate all’allegato I che ritornano regolarmente, tenuto conto delle esigenze di protezione nella zona geografica marittima e terrestre a cui si applica la presente direttiva per quanto riguarda le aree di riproduzione, di muta e di svernamento e le zone in cui si trovano le stazioni lungo le rotte di migrazione. A tale scopo, gli Stati membri attribuiscono un’importanza particolare alla protezione delle zone umide e specialmente delle zone d’importanza internazionale.
3. Gli Stati membri inviano alla Commissione tutte le informazioni opportune affinché essa possa prendere le iniziative idonee per il necessario coordinamento affinché le zone di cui al paragrafo 1, da un lato, e al paragrafo 2, dall’altro, costituiscano una rete coerente e tale da soddisfare le esigenze di protezione delle specie nella zona geografica marittima e terrestre a cui si applica la presente direttiva.
4. Gli Stati membri adottano misure idonee a prevenire, nelle zone di protezione di cui ai paragrafi 1 e 2, l’inquinamento o il deterioramento degli habitat, nonché le perturbazioni dannose agli uccelli che abbiano conseguenze significative in considerazionedegli obiettivi del presente articolo. Gli Stati membri cercano inoltre di prevenire l’inquinamento o il deterioramento degli habitat al di fuori di tali zone di protezione.
Articolo 5
Fatti salvi gli articoli 7 e 9, gli Stati membri adottano le misure necessarie per instaurare un regime generale di protezione di tutte le specie di uccelli di cui all’articolo 1, che comprenda in particolare il divieto:
a)
di ucciderli o di catturarli deliberatamente con qualsiasi metodo;
b)
di distruggere o di danneggiare deliberatamente i nidi e le uova e di asportare i nidi;
c)
di raccogliere le uova nell’ambiente naturale e di detenerle anche vuote;
d)
di disturbarli deliberatamente in particolare durante il periodo di riproduzione e di dipendenza quando ciò abbia conseguenze significative in considerazione degli obiettivi della presente direttiva;
e)
di detenere gli uccelli delle specie di cui sono vietate la caccia e la cattura.
Articolo 6
1. Fatti salvi i paragrafi 2 e 3, gli Stati membri vietano, per tutte le specie di uccelli di cui all’articolo 1, la vendita, il trasporto per la vendita, la detenzione per la vendita nonché l’offerta in vendita degli uccelli vivi e degli uccelli morti, nonché di qualsiasi parte o prodotto ottenuti dagli uccelli, facilmente riconoscibili.
2. Per le specie elencate all’allegato III, parte A, le attività di cui al paragrafo 1 non sono vietate, purché gli uccelli siano stati in modo lecito uccisi o catturati o altrimenti legittimamente acquisiti.
3. Gli Stati membri possono ammettere nel loro territorio, per le specie elencate all’allegato III, parte B, le attività di cui al paragrafo 1 e prevedere limitazioni al riguardo, purché gli uccelli siano stati in modo lecito uccisi o catturati o altrimenti legittimamente acquisiti.
Gli Stati membri che intendono concedere tale permesso si consultano in via preliminare con la Commissione, con la quale esaminano se la commercializzazione degli esemplari della specie in questione contribuisca o rischi di contribuire, per quanto è ragionevolmente possibile prevedere, a mettere in pericolo il livello di popolazione, la distribuzione geografica o il tasso di riproduzione della specie stessa in tutta la Comunità. Se tale esame rivela che il permesso previsto porta o può portare, secondo la Commissione, a uno dei rischi summenzionati, la Commissione rivolge allo Stato membro una raccomandazione debitamente motivata, nella quale disapprova la commercializzazione della specie in questione. Se ritiene che non esista tale rischio, la Commissione ne informa lo Stato membro.
La raccomandazione della Commissione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Lo Stato membro che concede il permesso di cui al presente paragrafo verifica a intervalli regolari se sussistano le condizioni necessarie per la sua concessione.
Articolo 7
1. In funzione del loro livello di popolazione, della distribuzione geografica e del tasso di riproduzione in tutta la Comunità le specie elencate all’allegato II possono essere oggetto di atti di caccia nel quadro della legislazione nazionale. Gli Stati membri faranno in modo che la caccia di queste specie non pregiudichi le azioni di conservazione intraprese nella loro area di distribuzione.
2. Le specie elencate all’allegato II, parte A, possono essere cacciate nella zona geografica marittima e terrestre a cui si applica la presente direttiva.
3. Le specie elencate all’allegato II, parte B, possono essere cacciate soltanto negli Stati membri per i quali esse sono menzionate.
4. Gli Stati membri si accertano che l’attività venatoria, compresa eventualmente la caccia col falco, quale risulta dall’applicazione delle disposizioni nazionali in vigore, rispetti i principi di una saggia utilizzazione e di una regolazione ecologicamente equilibrata delle specie di uccelli interessate e sia compatibile, per quanto riguarda la popolazione delle medesime, in particolare delle specie migratrici, con le disposizioni derivanti dall’articolo 2.
Essi provvedono in particolare a che le specie a cui si applica la legislazione sulla caccia non siano cacciate durante il periodo della nidificazione né durante le varie fasi della riproduzione e della dipendenza.
Quando si tratta di specie migratrici, essi provvedono in particolare a che le specie a cui si applica la legislazione sulla caccia non vengano cacciate durante il periodo della riproduzione e durante il ritorno al luogo di nidificazione.
Gli Stati membri trasmettono alla Commissione tutte le informazioni utili sull’applicazione pratica della loro legislazione sulla caccia.
Articolo 8
1. Per quanto riguarda la caccia, la cattura o l’uccisione di uccelli nel quadro della presente direttiva, gli Stati membri vietano il ricorso a qualsiasi mezzo, impianto o metodo di cattura o di uccisione in massa o non selettiva o che possa portare localmente all’estinzione di una specie, in particolare quelli elencati all’allegato IV, lettera a).
2. Gli Stati membri vietano inoltre qualsiasi tipo di caccia con mezzi di trasporto e alle condizioni indicati all’allegato IV, lettera b).
Articolo 9
1. Sempre che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti, gli Stati membri possono derogare agli articoli da 5 a 8 per le seguenti ragioni:
a)
—
nell’interesse della salute e della sicurezza pubblica,
—
nell’interesse della sicurezza aerea,
—
per prevenire gravi danni alle colture, al bestiame, ai boschi, alla pesca e alle acque,
—
per la protezione della flora e della fauna;
b)
ai fini della ricerca e dell’insegnamento, del ripopolamento e della reintroduzione nonché per l’allevamento connesso a tali operazioni;
c)
per consentire in condizioni rigidamente controllate e in modo selettivo la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di determinati uccelli in piccole quantità.
2. Le deroghe di cui al paragrafo 1 devono menzionare:
a)
le specie che formano oggetto delle medesime;
b)
i mezzi, gli impianti o i metodi di cattura o di uccisione autorizzati;
c)
le condizioni di rischio e le circostanze di tempo e di luogo in cui esse possono essere applicate;
d)
l’autorità abilitata a dichiarare che le condizioni stabilite sono soddisfatte e a decidere quali mezzi, impianti o metodi possano essere utilizzati, entro quali limiti e da quali persone;
e)
i controlli che saranno effettuati.
3. Gli Stati membri inviano ogni anno alla Commissione una relazione sull’applicazione dei paragrafi 1 e 2.
4. In base alle informazioni di cui dispone, in particolare quelle comunicatele ai sensi del paragrafo 3, la Commissione vigila costantemente affinché le conseguenze delle deroghe di cui al paragrafo 1 non siano incompatibili con la presente direttiva. Essa prende adeguate iniziative in merito.
Articolo 10
1. Gli Stati membri incoraggiano le ricerche e i lavori necessari per la protezione, la gestione e lo sfruttamento della popolazione di tutte le specie di uccelli di cui all’articolo 1. Un’attenzione particolare sarà accordata alle ricerche e ai lavori sugli argomenti elencati nell’allegato V.
2. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione tutte le informazioni ad essa necessarie per prendere misure appropriate per coordinare le ricerche e i lavori di cui al paragrafo 1.
Articolo 11
Gli Stati membri vigilano affinché l’eventuale introduzione di specie di uccelli che non vivono naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo degli Stati membri non pregiudichi la flora e la fauna locali. Essi consultano al riguardo la Commissione.
Articolo 12
1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione ogni tre anni, a decorrere dal 7 aprile 1981, una relazione sull’applicazione delle disposizioni nazionali adottate in virtù della presente direttiva.
2. La Commissione elabora ogni tre anni una relazione riassuntiva basata sulle informazioni di cui al paragrafo 1. La parte del progetto di relazione relativa alle informazioni fornite da uno Stato membro è trasmessa per la verifica alle autorità dello Stato membro in questione. La versione definitiva della relazione è comunicata agli Stati membri.
Articolo 13
L’applicazione delle misure adottate in virtù della presente direttiva non deve provocare un deterioramento della situazione attuale per quanto riguarda la conservazione di tutte le specie di uccelli di cui all’articolo 1.
Articolo 14
Gli Stati membri possono prendere misure di protezione più rigorose di quelle previste dalla presente direttiva.
Articolo 15
Sono adottate le modifiche necessarie per adeguare gli allegati I e V al progresso scientifico e tecnico. Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 16, paragrafo 2.
Articolo 16
1. La Commissione è assistita dal comitato per l’adeguamento al progresso scientifico e tecnico.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
Articolo 17
Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 18
La direttiva 79/409/CEE, modificata dagli atti di cui all’allegato VI, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento in diritto nazionale indicati all’allegato VI, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all’allegato VII.
Articolo 19
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 20
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Bruxelles, addì 30 novembre 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
J. BUZEK
Per il Consiglio
La presidente
B. ASK
(1) Parere del 10 giugno 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) Parere del Parlamento europeo del 20 ottobre 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 26 novembre 2009.
(3) GU L 103 del 25.4.1979, pag. 1.
(4) Cfr. allegato VI, parte A.
(5) GU L 242 del 10.9.2002, pag. 1.
(6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
ALLEGATO I
GAVIIFORMES
Gaviidae
Gavia stellata
Gavia arctica
Gavia immer
PODICIPEDIFORMES
Podicipedidae
Podiceps auritus
PROCELLARIIFORMES
Procellariidae
Pterodroma madeira
Pterodroma feae
Bulweria bulwerii
Calonectris diomedea
Puffinus puffinus mauretanicus (Puffinus mauretanicus)
Puffinus yelkouan
Puffinus assimilis
Hydrobatidae
Pelagodroma marina
Hydrobates pelagicus
Oceanodroma leucorhoa
Oceanodroma castro
PELECANIFORMES
Pelecanidae
Pelecanus onocrotalus
Pelecanus crispus
Phalacrocoracidae
Phalacrocorax aristotelis desmarestii
Phalacrocorax pygmeus
CICONIIFORMES
Ardeidae
Botaurus stellaris
Ixobrychus minutus
Nycticorax nycticorax
Ardeola ralloides
Egretta garzetta
Egretta alba (Ardea alba)
Ardea purpurea
Ciconiidae
Ciconia nigra
Ciconia ciconia
Threskiornithidae
Plegadis falcinellus
Platalea leucorodia
PHOENICOPTERIFORMES
Phoenicopteridae
Phoenicopterus ruber
ANSERIFORMES
Anatidae
Cygnus bewickii (Cygnus columbianus bewickii)
Cygnus cygnus
Anser albifrons flavirostris
Anser erythropus
Branta leucopsis
Branta ruficollis
Tadorna ferruginea
Marmaronetta angustirostris
Aythya nyroca
Polysticta stelleri
Mergus albellus (Mergellus albellus)
Oxyura leucocephala
FALCONIFORMES
Pandionidae
Pandion haliaetus
Accipitridae
Pernis apivorus
Elanus caeruleus
Milvus migrans
Milvus milvus
Haliaeetus albicilla
Gypaetus barbatus
Neophron percnopterus
Gyps fulvus
Aegypius monachus
Circaetus gallicus
Circus aeruginosus
Circus cyaneus
Circus macrourus
Circus pygargus
Accipiter gentilis arrigonii
Accipiter nisus granti
Accipiter brevipes
Buteo rufinus
Aquila pomarina
Aquila clanga
Aquila heliaca
Aquila adalberti
Aquila chrysaetos
Hieraaetus pennatus
Hieraaetus fasciatus
Falconidae
Falco naumanni
Falco vespertinus
Falco columbarius
Falco eleonorae
Falco biarmicus
Falco cherrug
Falco rusticolus
Falco peregrinus
GALLIFORMES
Tetraonidae
Bonasa bonasia
Lagopus mutus pyrenaicus
Lagopus mutus helveticus
Tetrao tetrix tetrix
Tetrao urogallus
Phasianidae
Alectoris graeca
Alectoris barbara
Perdix perdix italica
Perdix perdix hispaniensis
GRUIFORMES
Turnicidae
Turnix sylvatica
Gruidae
Grus grus
Rallidae
Porzana porzana
Porzana parva
Porzana pusilla
Crex crex
Porphyrio porphyrio
Fulica cristata
Otididae
Tetrax tetrax
Chlamydotis undulata
Otis tarda
CHARADRIIFORMES
Recurvirostridae
Himantopus himantopus
Recurvirostra avosetta
Burhinidae
Burhinus oedicnemus
Glareolidae
Cursorius cursor
Glareola pratincola
Charadriidae
Charadrius alexandrinus
Charadrius morinellus (Eudromias morinellus)
Pluvialis apricaria
Hoplopterus spinosus
Scolopacidae
Calidris alpina schinzii
Philomachus pugnax
Gallinago media
Limosa lapponica
Numenius tenuirostris
Tringa glareola
Xenus cinereus (Tringa cinerea)
Phalaropus lobatus
Laridae
Larus melanocephalus
Larus genei
Larus audouinii
Larus minutus
Sternidae
Gelochelidon nilotica (Sterna nilotica)
Sterna caspia
Sterna sandvicensis
Sterna dougallii
Sterna hirundo
Sterna paradisaea
Sterna albifrons
Chlidonias hybridus
Chlidonias niger
Alcidae
Uria aalge ibericus
PTEROCLIFORMES
Pteroclididae
Pterocles orientalis
Pterocles alchata
COLUMBIFORMES
Columbidae
Columba palumbus azorica
Columba trocaz
Columba bollii
Columba junoniae
STRIGIFORMES
Strigidae
Bubo bubo
Nyctea scandiaca
Surnia ulula
Glaucidium passerinum
Strix nebulosa
Strix uralensis
Asio flammeus
Aegolius funereus
CAPRIMULGIFORMES
Caprimulgidae
Caprimulgus europaeus
APODIFORMES
Apodidae
Apus caffer
CORACIIFORMES
Alcedinidae
Alcedo atthis
Coraciidae
Coracias garrulus
PICIFORMES
Picidae
Picus canus
Dryocopus martius
Dendrocopos major canariensis
Dendrocopos major thanneri
Dendrocopos syriacus
Dendrocopos medius
Dendrocopos leucotos
Picoides tridactylus
PASSERIFORMES
Alaudidae
Chersophilus duponti
Melanocorypha calandra
Calandrella brachydactyla
Galerida theklae
Lullula arborea
Motacillidae
Anthus campestris
Troglodytidae
Troglodytes troglodytes fridariensis
Muscicapidae (Turdinae)
Luscinia svecica
Saxicola dacotiae
Oenanthe leucura
Oenanthe cypriaca
Oenanthe pleschanka
Muscicapidae (Sylviinae)
Acrocephalus melanopogon
Acrocephalus paludicola
Hippolais olivetorum
Sylvia sarda
Sylvia undata
Sylvia melanothorax
Sylvia rueppelli
Sylvia nisoria
Muscicapidae (Muscicapinae)
Ficedula parva
Ficedula semitorquata
Ficedula albicollis
Paridae
Parus ater cypriotes
Sittidae
Sitta krueperi
Sitta whiteheadi
Certhiidae
Certhia brachydactyla dorotheae
Laniidae
Lanius collurio
Lanius minor
Lanius nubicus
Corvidae
Pyrrhocorax pyrrhocorax
Fringillidae (Fringillinae)
Fringilla coelebs ombriosa
Fringilla teydea
Fringillidae (Carduelinae)
Loxia scotica
Bucanetes githagineus
Pyrrhula murina (Pyrrhula pyrrhula murina)
Emberizidae (Emberizinae)
Emberiza cineracea
Emberiza hortulana
Emberiza caesia
ALLEGATO II
PARTE A
ANSERIFORMES
Anatidae
Anser fabalis
Anser anser
Branta canadensis
Anas penelope
Anas strepera
Anas crecca
Anas platyrhynchos
Anas acuta
Anas querquedula
Anas clypeata
Aythya ferina
Aythya fuligula
GALLIFORMES
Tetraonidae
Lagopus lagopus scoticus et hibernicus
Lagopus mutus
Phasianidae
Alectoris graeca
Alectoris rufa
Perdix perdix
Phasianus colchicus
GRUIFORMES
Rallidae
Fulica atra
CHARADRIIFORMES
Scolopacidae
Lymnocryptes minimus
Gallinago gallinago
Scolopax rusticola
COLUMBIFORMES
Columbidae
Columba livia
Columba palumbus
PARTE B
ANSERIFORMES
Anatidae
Cygnus olor
Anser brachyrhynchus
Anser albifrons
Branta bernicla
Netta rufina
Aythya marila
Somateria mollissima
Clangula hyemalis
Melanitta nigra
Melanita fusca
Bucephala clangula
Mergus serrator
Mergus merganser
GALLIFORMES
Meleagridae
Meleagris gallopavo
Tetraonidae
Bonasa bonasia
Lagopus lagopus lagopus
Tetrao tetrix
Tetrao urogallus
Phasianidae
Francolinus francolinus
Alectoris barbara
Alectoris chukar
Coturnix coturnix
GRUIFORMES
Rallidae
Rallus aquaticus
Gallinula chloropus
CHARADRIIFORMES
Haematopodidae
Haematopus ostralegus
Charadriidae
Pluvialis apricaria
Pluvialis squatarola
Vanellus vanellus
Scolopacidae
Calidris canutus
Philomachus pugnax
Limosa limosa
Limosa lapponica
Numenius phaeopus
Numenius arquata
Tringa erythropus
Tringa totanus
Tringa nebularia
Laridae
Larus ridibundus
Larus canus
Larus fuscus
Larus argentatus
Larus cachinnans
Larus marinus
COLUMBIFORMES
Columbidae
Columba oenas
Streptopelia decaocto
Streptopelia turtur
PASSERIFORMES
Alaudidae
Alauda arvensis
Muscicapidae
Turdus merula
Turdus pilaris
Turdus philomelos
Turdus iliacus
Turdus viscivorus
Sturnidae
Sturnus vulgaris
Corvidae
Garrulus glandarius
Pica pica
Corvus monedula
Corvus frugilegus
Corvus corone
BE
BG
CZ
DK
DE
EE
EL
ES
FR
IE
IT
CY
LV
LT
LU
HU
MT
NL
AT
PL
PT
RO
SI
SK
FI
SE
UK
Cygnus olor
+
+
Anser brachyrhynchus
+
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+
Anser albifrons
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+
Branta bernicla
+
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Netta rufina
+
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Aythya marila
+
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+
Somateria mollissima
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Clangula hyemalis
+
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+
Melanitta nigra
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+
+
+
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Melanitta fusca
+
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Bucephala clangula
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+
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+
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+
+
Mergus serrator
+
+
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Mergus merganser
+
+
+
+
Bonasa bonasia
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+
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+
+
+
+
+
Lagopus lagopus lagopus
+
+
Tetrao tetrix
+
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+
Tetrao urogallus
+
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+
+
+
+
+
Francolinus francolinus
+
Alectoris barbara
+
+
Alectoris chukar
+
+
+
Coturnix coturnix
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Meleagris gallopavo
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+
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Rallus aquaticus
+
+
+
Gallinula chloropus
+
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+
Haematopus ostralegus
+
+
Pluvialis apricaria
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+
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+
Pluvialis squatarola
+
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+
+
Vanellus vanellus
+
+
+
+
+
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+
+
Calidris canutus
+
+
Philomachus pugnax
+
+
+
Limosa limosa
+
+
Limosa lapponica
+
+
+
Numenius phaeopus
+
+
+
Numenius arquata
+
+
+
+
Tringa erythropus
+
+
Tringa totanus
+
+
+
+
Tringa nebularia
+
+
Larus ridibundus
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Larus canus
+
+
+
+
+
Larus fuscus
+
+
Larus argentatus
+
+
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+
+
+
Larus cachinnans
+
+
Larus marinus
+
+
+
+
+
Columba oenas
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+
+
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+
+
Streptopelia decaocto
+
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+
+
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Streptopelia turtur
+
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Alauda arvensis
+
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+
Turdus merula
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Turdus pilaris
+
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Turdus philomelos
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Turdus iliacus
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+
Turdus viscivorus
+
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Sturnus vulgaris
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+
Garrulus glandarius
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Pica pica
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+
Corvus monedula
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Corvus frugilegus
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Corvus corone
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+
+
+
+
+
+
AT = Österreich, BE = Belgique/België, BG = България, CY = Κύπρος, CZ = Česká republika, DE = Deutschland, DK = Danmark, EE = Eesti, ES = España, FI = Suomi/Finland, FR = France, EL = Ελλάδα, HU = Magyarország, IE = Ireland, IT = Italia, LT = Lietuva, LU = Luxembourg, LV = Latvija, MT = Malta, NL = Nederland, PL = Polska, PT = Portugal, RO = România, SE = Sverige, SI = Slovenija, SK = Slovensko, UK = United Kingdom
+= Stati membri che possono autorizzare, conformemente all’articolo 7, paragrafo 3, la caccia delle specie elencate.
ALLEGATO III
PARTE A
ANSERIFORMES
Anatidae
Anas platyrhynchos
GALLIFORMES
Tetraonidae
Lagopus lagopus lagopus, scoticus et hibernicus
Phasianidae
Alectoris rufa
Alectoris barbara
Perdix perdix
Phasianus colchicus
COLUMBIFORMES
Columbidae
Columba palumbus
PARTE B
ANSERIFORMES
Anatidae
Anser albifrons albifrons
Anser anser
Anas penelope
Anas crecca
Anas acuta
Anas clypeata
Aythya ferina
Aythya fuligula
Aythya marila
Somateria mollissima
Melanitta nigra
GALLIFORMES
Tetraonidae
Lagopus mutus
Tetrao tetrix britannicus
Tetrao urogallus
GRUIFORMES
Rallidae
Fulica atra
CHARADRIIFORMES
Charadriidae
Pluvialis apricaria
Scolopacidae
Lymnocryptes minimus
Gallinago gallinago
Scolopax rusticola
ALLEGATO IV
a)
—
Lacci (con l’eccezione della Finlandia e della Svezia per la cattura di Lagopus Lagopus Lagopus e Lagopus mutus a nord della latitudine 58° N), vischio, esche, uccelli vivi accecati o mutilati impiegati come richiamo, registratori, apparecchi fulminanti,
—
sorgenti luminose artificiali, specchi, dispositivi per illuminare i bersagli, dispositivi ottici equipaggiati di convertitore d’immagine o di amplificatore elettronico d’immagine per tiro notturno,
—
esplosivi,
—
reti, trappole, esche avvelenate o tranquillanti,
—
armi semiautomatiche o automatiche con caricatore contenente più di due cartucce;
b)
—
aerei, autoveicoli,
—
battelli spinti a velocità superiore a 5 km/h. In alto mare gli Stati membri possono autorizzare, per motivi di sicurezza, l’uso di battelli a motore con velocità massima di 18 km/h. Gli Stati membri informano la Commissione delle autorizzazioni rilasciate.
ALLEGATO V
a)
Fissazione dell’elenco nazionale delle specie minacciate di estinzione o particolarmente in pericolo tenendo conto della loro area di ripartizione geografica.
b)
Censimento e descrizione ecologica delle zone di particolare importanza per le specie migratrici durante le migrazioni, lo svernamento e la nidificazione.
c)
Censimento dei dati sul livello di popolazione degli uccelli migratori sfruttando i risultati dell’inanellamento.
d)
Determinazione dell’influenza dei metodi di prelievo sul livello delle popolazioni.
e)
Messa a punto e sviluppo dei metodi ecologici per prevenire i danni causati dagli uccelli.
f)
Determinazione della funzione di certe specie come indicatori d’inquinamento.
g)
Studio degli effetti dannosi dell’inquinamento chimico sul livello della popolazione delle specie di uccelli.
ALLEGATO VI
PARTE A
DIRETTIVA ABROGATA ED ELENCO DELLE SUE MODIFICAZIONI SUCCESSIVE
(di cui all’articolo 18)
Direttiva 79/409/CEE del Consiglio
(GU L 103 del 25.4.1979, pag. 1).
Atto di adesione del 1979, allegato I, punto XIII.1.F
(GU L 291 del 19.11.1979, pag. 111).
Direttiva 81/854/CEE del Consiglio
(GU L 319 del 7.11.1981, pag. 3).
Direttiva 85/411/CEE della Commissione
(GU L 233 del 30.8.1985, pag. 33).
Atto di adesione del 1985, allegato I, punto X.1.h) e X.6
(GU L 302 del 15.11.1985, pag. 218).
Direttiva 86/122/CEE del Consiglio
(GU L 100 del 16.4.1986, pag. 22).
Direttiva 91/244/CEE della Commissione
(GU L 115 dell’8.5.1991, pag. 41).
Direttiva 94/24/CE del Consiglio
(GU L 164 del 30.6.1994, pag. 9).
Atto di adesione del 1994, allegato I, punto VIII.E.1
(GU C 241 del 29.8.1994, pag. 175).
Direttiva 97/49/CE della Commissione
(GU L 223 del 13.8.1997, pag. 9).
Regolamento (CE) n. 807/2003 del Consiglio
(GU L 122 del 16.5.2003, pag. 36).
limitatamente all’allegato III, punto 29
Atto di adesione del 2003, allegato II, punto 16.C.1
(GU L 236 del 23.9.2003, pag. 667).
Direttiva 2006/105/CE del Consiglio
(GU L 363 del 20.12.2006, pag. 368).
limitatamente al riferimento fatto alla direttiva 79/409/CEE nell’articolo 1 e all’allegato, punto A.1
Direttiva 2008/102/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 323 del 3.12.2008, pag. 31).
PARTE B
ELENCO DEI TERMINI DI RECEPIMENTO IN DIRITTO NAZIONALE
(di cui all’articolo 18)
Direttiva
Termine di recepimento
79/409/CEE
7 aprile 1981
81/854/CEE
—
85/411/CEE
31 luglio 1986
86/122/CEE
—
91/244/CEE
31 luglio 1992
94/24/CE
29 settembre 1995
97/49/CE
30 settembre 1998
2006/105/CE
1o gennaio 2007
2008/102/CE
—
ALLEGATO VII
TAVOLA DI CONCORDANZA
Direttiva 79/409/CEE
Presente direttiva
Articolo 1, paragrafi 1 e 2
Articolo 1, paragrafi 1 e 2
Articolo 1, paragrafo 3
—
Articoli da 2 a 5
Articoli da 2 a 5
Articolo 6, paragrafi 1, 2 e 3
Articolo 6, paragrafi 1, 2 e 3
Articolo 6, paragrafo 4
—
Articolo 7, paragrafi 1, 2 e 3
Articolo 7, paragrafi 1, 2 e 3
Articolo 7, paragrafo 4, prima frase
Articolo 7, paragrafo 4, primo comma
Articolo 7, paragrafo 4, seconda frase
Articolo 7, paragrafo 4, secondo comma
Articolo 7, paragrafo 4, terza frase
Articolo 7, paragrafo 4, terzo comma
Articolo 7, paragrafo 4, quarta frase
Articolo 7, paragrafo 4, quarto comma
Articolo 8
Articolo 8
Articolo 9, paragrafo 1
Articolo 9, paragrafo 1
Articolo 9, paragrafo 2, frase introduttiva
Articolo 9, paragrafo 2, frase introduttiva
Articolo 9, paragrafo 2, primo trattino
Articolo 9, paragrafo 2, lettera a)
Articolo 9, paragrafo 2, secondo trattino
Articolo 9, paragrafo 2, lettera b)
Articolo 9, paragrafo 2, terzo trattino
Articolo 9, paragrafo 2, lettera c)
Articolo 9, paragrafo 2, quarto trattino
Articolo 9, paragrafo 2, lettera d)
Articolo 9, paragrafo 2, quinto trattino
Articolo 9, paragrafo 2, lettera e)
Articolo 9, paragrafo 3
Articolo 9, paragrafo 3
Articolo 9, paragrafo 4
Articolo 9, paragrafo 4
Articolo 10, paragrafo 1
Articolo 10, paragrafo 1, prima frase
Articolo 10, paragrafo 2, prima frase
Articolo 10, paragrafo 1, seconda frase
Articolo 10, paragrafo 2, seconda frase
Articolo 10, paragrafo 2
Articoli da 11 a 15
Articoli da 11 a 15
Articolo 16, paragrafo 1
—
Articolo 17
Articolo 16
Articolo 18, paragrafo 1
—
Articolo 18, paragrafo 2
Articolo 17
—
Articolo 18
—
Articolo 19
Articolo 19
Articolo 20
Allegato I
Allegato I
Allegato II/1
Allegato II, parte A
Allegato II/2
Allegato II, parte B
Allegato III/1
Allegato III, parte A
Allegato III/2
Allegato III, parte B
Allegato IV
Allegato IV
Allegato V
Allegato V
—
Allegato VI
—
Allegato VII | Conservazione degli uccelli selvatici
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Si prefigge la conservazione di tutte le specie di uccelli selvatici stabilendo regole per la loro protezione, conservazione, gestione e regolazione. Si applica agli uccelli, alle uova, ai nidi e agli habitat. Codifica la legislazione adottata originariamente nel 1979 (Direttiva 79/409/CEE). La direttiva 2009/147/CE è stata modificata nel 2019 dal regolamento (UE) 2019/1010 che armonizza e semplifica gli obblighi di comunicazione in materia di diritto ambientale.
PUNTI CHIAVE
Misure per le specie minacciate di estinzione
I paesi dell’Unione europea (Unione) adottano le misure necessarie per mantenere o adeguare la popolazione delle specie di uccelli a un livello che corrisponde in particolare alle esigenze ecologiche, scientifiche e culturali, pur tenendo conto delle esigenze economiche e ricreative.
Misure per tutte le specie di uccelli
Vanno messe in atto misure per preservare, mantenere o ristabilire una sufficiente varietà e superficie di habitat* per tutte le specie di uccelli.
Tali misure riguardano principalmente:l’istituzione di zone di protezione; il mantenimento e la gestione degli habitat all’interno e all’esterno delle zone di protezione; e il ripristino dei biotopi* distrutti e la creazione di nuovi.Misure specialiPer le specie elencate nell’allegato I e per le specie migratrici che ritornano regolarmente sono previste misure speciali per quanto riguarda l’habitat, per garantirne la sopravvivenza e la riproduzione nelle aree di distribuzione. I paesi dell’Unione classificano come zone di protezione speciale (ZPS) i territori più idonei in numero e in superficie alla conservazione di tali specie nella zona geografica marittima e terrestre a cui si applica la presente direttiva. Particolare attenzione è rivolta alle zone umide. Le ZPS fanno parte della rete Natura 2000 dei siti ecologici protetti, insieme alle zone speciali di conservazione istituite dalla direttiva sugli habitat. I paesi dell’Unione adottano misure idonee a prevenire:il deterioramento degli habitat delle specie; eperturbazioni dannose alle specie per le quali le ZPS sono state classificate, in cui le perturbazioni potrebbero avere conseguenze significative in considerazione degli obiettivi della direttiva. I paesi dell’Unione sono tenuti a concordare piani o progetti solo dopo essersi accertati che non influenzeranno negativamente le ZPS interessate, sulla base di una valutazione adeguata di eventuali implicazioni per gli obiettivi di conservazione dei siti.Misure di protezione generaleLa direttiva istituisce inoltre una protezione generale per tutte le specie di uccelli selvatici nell’Unione. In particolare è vietato:uccidere o catturare deliberatamente gli uccelli selvatici;distruggere o danneggiare i nidi e le uova;raccogliere o detenere le uova;disturbarli deliberatamente quando ciò metta a rischio la conservazione; edetenere gli uccelli delle specie di cui sono vietate la caccia e la cattura; in determinate condizioni sono previste eccezioni alle disposizioni di cui sopra.Caccia di uccelliAlcune specie, il cui numero lo consenta, elencate nell’allegato II possono essere cacciate se si rispettano alcuni principi:il numero di uccelli presi non deve pregiudicare i livelli soddisfacenti di popolazione;le specie non devono essere cacciate durante i periodi di riproduzione o di dipendenza;le specie migratorie non devono essere cacciate durante il ritorno alle aree di riproduzione; ei metodi di uccisione su larga scala o non selettivi sono vietati. in determinate condizioni sono previste eccezioni alle disposizioni di cui sopra.Ricerca
I paesi dell’Unione devono promuovere la ricerca ai fini della gestione, protezione e saggio uso (ad esempio, per fissare l’elenco nazionale delle specie minacciate di estinzione) degli uccelli selvatici in Europa
RelazioniIl regolamento (UE) 2019/1010, che si applica dal 26 giugno 2019, impone I paesi dell’Unione di presentare una relazione alla Commissione europea ogni 6 anni sulle misure adottate per attuare la direttiva 2009/147 / CE e sulle loro conseguenze principali. Tale relazione deve essere resa accessibile al pubblico e contiene, in particolare:informazioni sullo stato e le tendenze delle specie di uccelli selvatici protette dalla direttiva;le minacce e le pressioni su di esse;le misure di conservazione adottate per loro; eil contributo della rete di ZPS agli obiettivi della direttiva. La Commissione stabilisce il formato della relazione mediante atti di esecuzione. Ogni 6 anni, la Commissione, assistita dall’Agenzia europea dell’ambiente, elabora e pubblica un rapporto composito basato sulle informazioni ricevute dai paesi dell’Unione.
DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva si applica dal 15 febbraio 2010. La direttiva 2009/147/CE ha codificato e sostituito la direttiva 79/409/CEE e i successivi emendamenti.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Uccelli selvatici (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Habitat: un’area naturale o il tipo di ambiente in cui un particolare tipo di animale o vegetale vive normalmente.
Biotopo: un’area dalle condizioni ambientali uniformi che fornisce uno spazio vitale per una specifica combinazione di animali e piante.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (versione codificata) (GU L 20 del 26.1.2010, pag. 7).
Le successive modifiche della direttiva 2009/147/CE sono state incluse nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) 2019/1010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 giugno 2019, che armonizza gli obblighi di comunicazione nella normativa in materia di ambiente e modifica i regolamenti (CE) n. 166/2006 e (UE) n. 995/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 2002/49/CE, 2004/35/CE, 2007/2/CE, 2009/147/CE e 2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, i regolamenti (CE) n. 338/97 e (CE) n. 2173/2005 del Consiglio e la direttiva 86/278/CEE del Consiglio (GU L 170 del 25.6.2019, pag. 115). | 14,951 | 264 |
32021R0768 | false | REGOLAMENTO (UE, Euratom) 2021/768 DEL CONSIGLIO
del 30 aprile 2021
che stabilisce misure di esecuzione del sistema delle risorse proprie dell’Unione europea e che abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 608/2014
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 311, quarto comma,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica, in particolare l’articolo 106 bis,
vista la decisione (UE, Euratom) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, relativa al sistema delle risorse proprie dell’Unione europea e che abroga la decisione 2014/335/UE, Euratom (1), in particolare l’articolo 10,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
vista l’approvazione del Parlamento europeo (2),
deliberando secondo una procedura legislativa speciale,
considerando quanto segue:
(1)
La procedura di calcolo e iscrizione in bilancio del saldo annuale di bilancio, le disposizioni e gli accordi necessari per il controllo e la supervisione della riscossione delle risorse proprie e gli obblighi pertinenti in materia di comunicazione sono componenti importanti del sistema delle risorse proprie dell’Unione che integrano in modo più dettagliato le disposizioni della decisione (UE, Euratom) 2020/2053.
(2)
Per motivi di coerenza si dovrebbero includere nel presente regolamento le disposizioni in materia di controlli del regolamento (CEE, Euratom) n. 1553/89 del Consiglio (3).
(3)
Ai fini del pareggio del bilancio, l’eventuale eccedenza delle entrate dell’Unione sul totale delle spese effettive nel corso di un esercizio dovrebbe essere riportata all’esercizio successivo. Si dovrebbe quindi determinare il saldo da riportare.
(4)
Gli Stati membri dovrebbero procedere a verifiche e indagini concernenti il calcolo, l’accertamento e la messa a disposizione delle risorse proprie dell’Unione. Per agevolare l’applicazione delle regole finanziarie relative alle risorse proprie, è necessario assicurare che gli Stati membri e la Commissione cooperino.
(5)
Ai fini della trasparenza del sistema delle risorse proprie dell’Unione, è opportuno che siano fornite al Parlamento europeo e al Consiglio informazioni adeguate. Gli Stati membri dovrebbero mettere a disposizione della Commissione i documenti e le informazioni necessari per consentirle di esercitare le competenze attribuitele in materia di risorse proprie dell’Unione e, se del caso, trasmetterle tali documenti e informazioni.
(6)
Ai fini della coerenza e della chiarezza, si dovrebbero stabilire disposizioni relative ai poteri e agli obblighi dei funzionari e altri agenti e degli esperti nazionali distaccati che partecipano ai controlli in materia di risorse proprie dell’Unione. In particolare, dovrebbero essere stabilite le regole che tutti i funzionari e altri agenti dell’Unione e gli esperti nazionali distaccati devono osservare per quanto riguarda il segreto d’ufficio e la protezione dei dati personali. È necessario specificare lo status degli esperti nazionali distaccati e la possibilità per lo Stato membro interessato di opporsi alla presenza di funzionari di altri Stati membri a un controllo.
(7)
Le modalità mediante le quali gli Stati membri responsabili della riscossione delle risorse proprie riferiscono alla Commissione dovrebbero porla in grado di monitorare l’operato degli Stati membri nel recupero delle risorse proprie, in particolare nei casi di frodi e irregolarità.
(8)
Al fine di garantire condizioni uniformi di esecuzione del presente regolamento, è opportuno attribuire alla Commissione competenze di esecuzione per quanto riguarda la definizione delle modalità di segnalazione di frodi e irregolarità che ledano i diritti alle risorse proprie tradizionali e di presentazione delle relazioni annuali degli Stati membri sui loro controlli. È opportuno che tali competenze siano esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (4).
(9)
È opportuno far ricorso alla procedura consultiva per l’adozione degli atti di esecuzione volti a definire le modalità di segnalazione di frodi e irregolarità che ledano i diritti alle risorse proprie tradizionali e di presentazione delle relazioni annuali degli Stati membri sui loro controlli, dato il carattere tecnico degli atti richiesti ai fini della segnalazione.
(10)
Un adeguato controllo parlamentare, come stabilito nei trattati, è necessario per le disposizioni di carattere generale che si applicano a tutte le categorie di risorse proprie.
(11)
È opportuno abrogare il regolamento (UE, Euratom) n. 608/2014 del Consiglio (5).
(12)
Per motivi di coerenza, il presente regolamento dovrebbe entrare in vigore lo stesso giorno della decisione (UE, Euratom) 2020/2053 e dovrebbe applicarsi a decorrere dalla stessa data di applicazione di tale decisione, vale a dire, dal 1o gennaio 2021,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
CAPO I
DETERMINAZIONE DELLE RISORSE PROPRIE
Articolo 1
Calcolo del saldo e sua iscrizione in bilancio
1. Ai fini dell’applicazione dell’articolo 8 della decisione (UE, Euratom) 2020/2053, il saldo di un dato esercizio consiste nella differenza tra il totale delle entrate riscosse per quell’esercizio e l’importo dei pagamenti effettuati in base agli stanziamenti di quell’esercizio, più l’importo degli stanziamenti per il medesimo esercizio riportati ai sensi dell’articolo 12 del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio (6) («regolamento finanziario»).
Tale differenza è aumentata o diminuita dell’importo netto degli stanziamenti annullati in esercizi precedenti e riportati all’esercizio in corso. In deroga all’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento finanziario, tale differenza è aumentata o diminuita anche dei seguenti importi:
a)
gli importi versati in eccesso, a causa di variazioni dei tassi dell’euro, di pagamenti corrispondenti a stanziamenti non dissociati riportati dal precedente esercizio a norma dell’articolo 12, paragrafi 1 e 4, del regolamento finanziario;
b)
il saldo derivante da guadagni e perdite dovuti ai tassi di cambio verificatisi nel corso dell’esercizio.
2. Entro la fine di ottobre di ciascun esercizio, la Commissione procede alla stima delle risorse proprie riscosse per l’intero esercizio, in base ai dati a sua disposizione in quel momento. Ogni differenza di rilievo rispetto alla stima iniziale può formare oggetto di una lettera rettificativa del progetto di bilancio per l’esercizio successivo o di un bilancio rettificativo per l’esercizio in corso.
CAPO II
DISPOSIZIONI RIGUARDANTI IL CONTROLLO E LA SUPERVISION E PERTINENTI REQUISITI DI RENDICONTAZIONE
Articolo 2
Misure di controllo e di supervisione
1. Le risorse proprie di cui all’articolo 2, paragrafo 1, della decisione (UE, Euratom) 2020/2053 sono controllate alle condizioni previste dal presente regolamento, fatti salvi il regolamento (CEE, Euratom) n. 1553/89 e il regolamento (UE) 2019/516 del Parlamento europeo e del Consiglio (7).
2. Gli Stati membri prendono tutte le misure necessarie affinché siano messe a disposizione della Commissione le risorse proprie di cui all’articolo 2, paragrafo 1, della decisione (UE, Euratom) 2020/2053.
3. Ove le misure di controllo e di supervisione riguardino le risorse proprie tradizionali di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della decisione (UE, Euratom) 2020/2053:
a)
gli Stati membri effettuano le verifiche e le indagini riguardanti l’accertamento e la messa a disposizione di dette risorse proprie;
b)
gli Stati membri procedono a misure supplementari di controllo a richiesta della Commissione. Nella richiesta la Commissione indica i motivi del controllo supplementare. La Commissione può chiedere altresì che le siano trasmessi determinati documenti;
c)
gli Stati membri associano la Commissione, se questa lo chiede, ai controlli che effettuano. Ove la Commissione sia associata a un controllo, essa ha accesso, nella misura necessaria ai fini dell’applicazione del presente regolamento, ai documenti giustificativi riguardanti l’accertamento e la messa a disposizione delle risorse proprie e ad ogni altro documento correlato ai documenti suddetti;
d)
la Commissione può effettuare essa stessa controlli in loco. Gli agenti delegati dalla Commissione a effettuare tali controlli hanno accesso ai documenti come stabilito per i controlli di cui alla lettera c). Gli Stati membri agevolano tali controlli.
4. Ove le misure di controllo e di supervisione riguardino la risorsa propria basata sull’ IVA di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della decisione (UE, Euratom) 2020/2053, i controlli della Commissione sono effettuati insieme alle autorità competenti dello Stato membro interessato. Nel corso di tali controlli la Commissione si accerta, in particolare, che siano state eseguite correttamente le operazioni di calcolo del totale netto dell’IVA riscossa. Conferma altresì che i dati utilizzati siano adeguati e che i calcoli effettuati per determinare l’ammontare delle risorse proprie di cui all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (CEE, Euratom) n. 1553/89 siano conformi a tale regolamento.
5. Ove le misure di controllo e di supervisione riguardino la risorsa propria basata sui rifiuti di imballaggio di plastica non riciclati di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della decisione (UE, Euratom) 2020/2053, la Commissione ha accesso ai documenti riguardanti le procedure e i dati di cui alla direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (8) e alla decisione 2005/270/CE della Commissione (9). I controlli della Commissione sono effettuati insieme alle autorità competenti dello Stato membro interessato. Nel corso di tali controlli la Commissione si accerta che siano state eseguite correttamente le operazioni di calcolo del peso dei rifiuti di imballaggio di plastica non riciclati di cui all’articolo 2, paragrafo 2, secondo comma, della decisione (UE, Euratom) 2020/2053.
6. Ove le misure di controllo e di supervisione riguardino la risorsa propria basata sul reddito nazionale lordo (RNL) di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera d), della decisione (UE, Euratom) 2020/2053:
a)
la Commissione verifica ogni anno che non vi siano errori nella compilazione degli aggregati fornitile, insieme con lo Stato membro interessato, specialmente nei casi segnalati dal gruppo di esperti di cui all’articolo 4 del regolamento (UE) 2019/516; in tale contesto, se non è possibile giungere in altro modo a una valutazione adeguata, in singoli casi la Commissione può esaminare anche i calcoli e le basi statistiche, eccettuate le informazioni relative a singole imprese o persone;
b)
la Commissione ha inoltre accesso ai documenti riguardanti le fonti e i metodi di cui all’articolo 3 del regolamento (UE) 2019/516.
7. Le misure di controllo e di supervisione di cui al presente articolo non ostano:
a)
ai controlli effettuati dagli Stati membri in applicazione di loro leggi, regolamenti o disposizioni amministrative nazionali;
b)
alle misure previste agli articoli 287 e 319 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE);
c)
ai controlli organizzati a norma dell’articolo 322, paragrafo 1, lettera b), TFUE.
8. Ai fini delle misure di controllo e di supervisione di cui ai paragrafi da 3 a 6, la Commissione può chiedere agli Stati membri di trasmetterle documenti o relazioni pertinenti relativi ai sistemi di cui si avvalgono per riscuotere le risorse proprie, o di mettere tali documenti o relazioni a sua disposizione.
Articolo 3
Poteri e obblighi degli agenti delegati della Commissione
1. La Commissione incarica specificamente di effettuare i controlli di cui all’articolo 2 alcuni dei suoi funzionari o altri agenti («agenti delegati»).
Per ciascun controllo la Commissione fornisce per iscritto agli agenti delegati un mandato, nel quale sono indicate la loro identità e la loro qualifica ufficiale.
Possono partecipare ai controlli esperti distaccati dagli Stati membri presso la Commissione come esperti nazionali.
Previo accordo esplicito dello Stato membro interessato, la Commissione può chiedere l’assistenza di funzionari di altri Stati membri in qualità di osservatori. La Commissione si accerta che questi funzionari soddisfino il disposto del paragrafo 3 del presente articolo.
2. Nel corso dei controlli di cui all’articolo 2, gli agenti delegati agiscono nel rispetto delle norme prescritte ai funzionari dello Stato membro interessato. Essi sono tenuti ad osservare il segreto d’ufficio, alle condizioni di cui al paragrafo 3.
La Commissione rispetta il principio del segreto statistico, quale stabilito dal regolamento (CE) n. 223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio (10).
Se necessario, un agente delegato può prendere contatto con i soggetti passivi, ma unicamente nel contesto dei controlli delle risorse proprie tradizionali e soltanto tramite le autorità competenti le cui procedure di riscossione delle risorse proprie formano oggetto del controllo.
3. Le informazioni comunicate od ottenute, in qualsiasi forma, ai sensi del presente regolamento sono coperte dal segreto d’ufficio e sono protette secondo le medesime modalità previste per informazioni analoghe dall’ordinamento nazionale dello Stato membro nel quale sono state raccolte e secondo le corrispondenti disposizioni previste per le istituzioni dell’Unione.
Le informazioni di cui al primo comma non sono comunicate a persone diverse da quelle, facenti parte delle istituzioni dell’Unione o degli Stati membri, che sono tenute a conoscere tali informazioni, né sono utilizzate per fini diversi da quelli stabiliti nel presente regolamento senza l’accordo preliminare dello Stato membro nel quale sono state raccolte.
Il primo e il secondo comma si applicano ai funzionari e altri agenti dell’Unione e agli esperti nazionali distaccati.
4. La Commissione si accerta che gli agenti delegati e le altre persone che agiscono sotto la sua autorità soddisfino le disposizioni del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio (11) e del regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio (12) nonché le altre norme dell’Unione e nazionali riguardanti la protezione dei dati personali.
Articolo 4
Preparazione e gestione dei controlli
1. In una comunicazione debitamente motivata, la Commissione avverte tempestivamente del controllo lo Stato membro nel quale deve effettuarsi il controllo. Possono partecipare al controllo agenti dello Stato membro interessato.
2. I controlli sono effettuati dagli agenti delegati. Per organizzare i lavori, gli agenti autorizzati prendono i contatti necessari con le competenti autorità degli Stati membri.
3. Per i controlli ai quali la Commissione è associata, l’organizzazione dei lavori e le relazioni con i servizi coinvolti nel controllo sono affidate al servizio scelto dallo Stato membro interessato.
4. I controlli in loco relativi alle risorse proprie tradizionali di cui all’articolo 2, paragrafo 3, lettera d), sono effettuati dagli agenti delegati. Ai fini dell’organizzazione dei lavori e delle relazioni con i servizi ed eventualmente con i soggetti passivi formanti oggetto del controllo, prima di procedere ai controlli in loco gli agenti delegati prendono i contatti necessari con i funzionari designati dallo Stato membro interessato. Per questo tipo di controllo, il mandato è contenuto in un documento nel quale sono indicati l’oggetto e lo scopo del controllo stesso.
5. Gli Stati membri assicurano che i servizi o le agenzie responsabili del calcolo, dell’accertamento, della riscossione e della messa a disposizione delle risorse proprie e le autorità da essi incaricate di procedere ai relativi controlli prestino agli agenti delegati l’assistenza necessaria per l’esercizio del loro mandato.
Ai fini dei controlli in loco relativi alle risorse proprie tradizionali di cui all’articolo 2, paragrafo 3, lettera d), gli Stati membri interessati comunicano tempestivamente alla Commissione l’identità e la qualifica delle persone da essi scelte per partecipare ai controlli e prestano agli agenti delegati tutta l’assistenza necessaria per l’esercizio del loro mandato.
6. I risultati dei controlli ai sensi dell’articolo 2, ad eccezione di quelli effettuati dagli Stati membri, sono comunicati entro tre mesi allo Stato membro interessato, mediante opportune modalità. Lo Stato membro presenta osservazioni entro tre mesi dalla data alla quale ha ricevuto la comunicazione. Tuttavia, per motivi debitamente giustificati, la Commissione può chiedere allo Stato membro interessato di presentare osservazioni su punti specifici entro un mese dalla data alla quale ha ricevuto la comunicazione. Lo Stato membro interessato può rifiutarsi di rispondere alla richiesta della Commissione mediante una comunicazione in cui indica i motivi che glielo impediscono.
I risultati e le osservazioni di cui al primo comma, insieme con la relazione di sintesi elaborata in collegamento con i controlli concernenti le risorse proprie di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettere b) e c), della decisione (UE, Euratom) 2020/2053, sono presentati a tutti gli Stati membri.
Nel caso in cui i controlli in loco, o gli altri controlli in cui sia associata la Commissione, se i controlli sono relativi delle risorse proprie tradizionali, mostrino la necessità di modificare o rettificare dati figuranti nei rendiconti o nelle dichiarazioni trasmessi alla Commissione riguardo alle risorse proprie e le conseguenti rettifiche debbano essere apportate mediante un rendiconto o una dichiarazione sul periodo in corso, le modifiche in questione sono indicate, nel nuovo rendiconto o nella nuova dichiarazione, mediante opportune note.
Articolo 5
Segnalazione di frodi e irregolarità a danno dei diritti alle risorse proprie tradizionali
1. Entro due mesi dalla fine di ciascun trimestre, gli Stati membri inviano alla Commissione la descrizione dei casi di frodi e irregolarità constatati, a danno di diritti d’importo superiore a 10 000 EUR, riguardanti le risorse proprie tradizionali di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della decisione (UE, Euratom) 2020/2053.
Entro il periodo di cui al primo comma, ciascuno Stato membro fornisce particolari sulla situazione dei casi di frodi e irregolarità già segnalati alla Commissione, riguardo ai quali non sia già stato precedentemente comunicato il recupero, l’annullamento o il non avvenuto recupero.
2. La Commissione adotta atti di esecuzione per definire i particolari delle descrizioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura consultiva di cui all’articolo 7, paragrafo 2.
3. La Commissione include il compendio delle descrizioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo nella relazione di cui all’articolo 325, paragrafo 5, TFEU.
Articolo 6
Relazioni degli Stati membri sui loro controlli delle risorse proprie tradizionali
1. Gli Stati membri presentano alla Commissione relazioni annuali particolareggiate sui loro controlli riguardanti le risorse proprie tradizionali e sui risultati di tali controlli, sui dati complessivi e su ogni questione di principio attinente ai maggiori problemi derivanti dall’applicazione dei pertinenti regolamenti di attuazione della decisione (UE, Euratom) 2020/2053 e, in particolare, sulle questioni controverse. Le relazioni sono trasmesse alla Commissione entro il 1o marzo dell’anno successivo all’esercizio in oggetto. In base a tali relazioni la Commissione prepara una relazione di sintesi, che presenta a tutti gli Stati membri.
2. La Commissione adotta atti di esecuzione per definire il modello delle relazioni annuali degli Stati membri di cui al paragrafo 1 del presente articolo. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura consultiva di cui all’articolo 7, paragrafo 2.
3. Ogni tre anni la Commissione riferisce al Parlamento europeo e al Consiglio riguardo al funzionamento delle disposizioni per i controlli delle risorse proprie tradizionali di cui all’articolo 2, paragrafo 3.
CAPO III
COMITATO E DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 7
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita dal comitato consultivo delle risorse proprie (CCRP) e, se necessario, da altri comitati. Il CCRP e gli altri comitati sono comitati ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l’articolo 4 del regolamento (UE) n. 182/2011.
Articolo 8
Disposizioni finali
Il regolamento (UE, Euratom) n. 608/2014 è abrogato.
I riferimenti al regolamento abrogato si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato del presente regolamento.
Articolo 9
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il giorno dell’entrata in vigore della decisione (UE, Euratom) 2020/2053.
Esso si applica a decorrere dal 1o gennaio 2021.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 30 aprile 2021
Per il Consiglio
Il presidente
A. P. ZACARIAS
(1) GU L 424 del 15.12.2020, pag. 1.
(2) Approvazione del 25 marzo 2021 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale)].
(3) Regolamento (CEE, Euratom) n. 1553/89 del Consiglio, del 29 maggio 1989, concernente il regime uniforme definitivo di riscossione delle risorse proprie provenienti dall’imposta sul valore aggiunto (GU L 155 del 7.6.1989, pag. 9).
(4) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13).
(5) Regolamento (UE, Euratom) n. 608/2014 del Consiglio, del 26 maggio 2014, che stabilisce misure di esecuzione del sistema delle risorse proprie dell’Unione europea (GU L 168 del 7.6.2014, pag. 29).
(6) Regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU L 193 del 30.7.2018, pag. 1).
(7) Regolamento (UE) 2019/516 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2019, relativo all’armonizzazione del reddito nazionale lordo ai prezzi di mercato e che abroga la direttiva 89/130/CEE, Euratom del Consiglio e il regolamento (CE, Euratom) n. 1287/2003 del Consiglio (regolamento RNL) (GU L 91 del 29.3.2019, pag. 19).
(8) Direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 1994, sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio (GU L 365 del 31.12.1994, pag. 10).
(9) Decisione 2005/270/CE della Commissione, del 22 marzo 2005, che stabilisce le tabelle relative al sistema di basi dati ai sensi della direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio (GU L 86 del 5.4.2005, pag. 6).
(10) Regolamento (CE) n. 223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2009, relativo alle statistiche europee e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1101/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo alla trasmissione all’Istituto statistico delle Comunità europee di dati statistici protetti dal segreto, il regolamento (CE) n. 322/97 del Consiglio, relativo alle statistiche comunitarie, e la decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio, che istituisce un comitato del programma statistico delle Comunità europee (GU L 87 del 31.3.2009, pag. 164).
(11) Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1).
(12) Regolamento (UE) 2018/1725 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, sulla tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione e sulla libera circolazione di tali dati, e che abroga il regolamento (CE) n. 45/2001 e la decisione n. 1247/2002/CE (GU L 295 del 21.11.2018, pag. 39).
ALLEGATO
TAVOLA DI CONCORDANZA
Regolamento (UE, Euratom) n. 608/2014
Il presente regolamento
Articolo 1
Articolo 1
Articolo 2, paragrafo 1
Articolo 2, paragrafo 1
Articolo 2, paragrafo 2
Articolo 2, paragrafo 2
Articolo 2, paragrafo 3, lettera a)
Articolo 2, paragrafo 3, lettara a)
Articolo 2, paragrafo 3, lettera b)
Articolo 2, paragrafo 3, lettera b)
Articolo 2, paragrafo 3, lettera c)
Articolo 2, paragrafo 3, lettera c)
Articolo 2, paragrafo 3, lettera d)
Articolo 2, paragrafo 3, lettera d)
Articolo 2, paragrafo 3, lettera e)
Articolo 2, paragrafo 7
Articolo 2, paragrafo 4
Articolo 2, paragrafo 4
–
Articolo 2, paragrafo 5
Articolo 2, paragrafo 5
Articolo 2, paragrafo 6
Articolo 2, paragrafo 6
Articolo 2, paragrafo 8
Articolo 3
Articolo 3
Articolo 4
Articolo 4
Articolo 5
Articolo 5
Articolo 6
Articolo 6
Articolo 7
Articolo 7
Articolo 8
Articolo 8
Articolo 9
Articolo 9 | Bilancio dell’Unione europea: come viene attuato il sistema delle risorse proprie
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Stabilisce come viene attuato il sistema delle risorse proprie per garantire che l’Unione europea (Unione) riceva tutte le entrate cui ha diritto.
PUNTI CHIAVE
La normativa definisce il bilancio di un determinato esercizio finanziario come segue:tutte le entrate riscosse meno gli stanziamenti di pagamento* effettuati più gli eventuali stanziamenti dello stesso esercizio che possono essere riportati ai sensi dell’articolo 12 del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 (si veda sintesi). Questa cifra può essere modificata:dall’importo netto degli stanziamenti riportati da esercizi precedenti che sono stati annullati;dalle variazioni dei tassi dell’euro e dal saldo degli utili e delle perdite sul cambio.La definizione è necessaria per attuare l’articolo 8 della decisione (UE, Euratom) 2020/2053 (si veda sintesi). Questa stabilisce che ogni eccedenza delle entrate dell’Unione rispetto alle spese effettive di un esercizio finanziario è riportata all’esercizio successivo.
Gli Stati membri dell’Unione devono adottare tutte le misure necessarie per garantire che le risorse proprie siano rese pienamente disponibili alla Commissione europea. Sono in vigore le seguenti misure di controllo e supervisione:risorse proprie tradizionali (in particolare i dazi doganali):la Commissione effettua ispezioni presso gli Stati membri per garantire che le risorse proprie tradizionali siano accertate e messe a disposizione del bilancio dell’Unione in modo corretto e tempestivo; imposta sul valore aggiunto (IVA):la Commissione effettua ispezioni insieme ai funzionari nazionali e conferma che i calcoli per l’IVA totale netta riscossa siano corretti e che i dati utilizzati siano adeguatamente in linea con il regolamento (UE, Euratom) 2021/769, che modifica il regolamento (CEE, Euratom) n. 1553/89; rifiuti di imballaggio di plastica:le ispezioni della Commissione vengono effettuate insieme ai funzionari nazionali competenti, e la Commissione ha accesso ai documenti e ai dati necessari e garantisce che le cifre relative al peso dei rifiuti di imballaggio di plastica non riciclati siano esatte; reddito nazionale lordo:la Commissione, insieme allo Stato membro interessato, controlla ogni anno gli aggregati forniti per individuare eventuali errori di compilazione e ha accesso alle fonti e ai metodi utilizzati.La Commissione:nomina funzionari («agenti autorizzati») ed esperti nazionali distaccati per effettuare le ispezioni; fornisce loro, per ogni ispezione, un mandato scritto in cui sono indicati la loro identità, la loro qualifica ufficiale e l’obbligo di rispettare le norme per i funzionari dello Stato membro interessato; può chiedere a funzionari di altri Stati membri di fungere da osservatori; rispetta il principio del segreto statistico; sottolinea la necessità del segreto professionale e il rispetto delle norme sulla protezione dei dati.Le regole relative alle ispezioni affermano quanto segue.La Commissione concede allo Stato membro interessato un preavviso sufficiente. Gli agenti autorizzati, che effettuano le ispezioni, prendono contatto con le autorità nazionali competenti. Gli Stati membri garantiscono che tutte le loro autorità competenti cooperino pienamente con gli agenti autorizzati. I risultati dei controlli e delle ispezioni sono portati all’attenzione dello Stato membro interessato entro 3 mesi. Esso dispone dello stesso periodo per reagire. Tutti gli Stati membri sono informati dei risultati.Le norme sulle frodi relative alle risorse proprie tradizionali prevedono che:entro 2 mesi dalla fine di ogni trimestre, gli Stati membri informino la Commissione in merito atutti i casi di frode e irregolarità individuati di importo superiore a 10 000 euro;lo stato di avanzamento dei casi segnalati in precedenza, compreso il recupero, l’annullamento o il mancato recupero; La Commissione adotta atti di esecuzione per descrivere i diversi tipi di frode e irregolarità.Gli Stati membri, entro il 1° marzo di ogni anno, devono inviare alla Commissione relazioni annuali dettagliate sulle ispezioni delle risorse proprie tradizionali dell’anno precedente. Tali relazioni contengono dati complessivi e questioni di principio sui problemi più importanti emersi, e in particolare sulle questioni controverse.
La Commissione prepara una sintesi sulla base delle relazioni nazionali e la trasmette agli Stati membri. Essa riferisce al Parlamento europeo e al Consiglio dell’Unione europea ogni tre anni riguardo all’esperienza delle ispezioni relative alle risorse proprie tradizionali.
La Commissione:è assistita dal comitato consultivo delle risorse proprie e da altri comitati, se necessario; stima, entro la fine di ottobre di ogni anno, l’importo delle risorse proprie riscosse per l’intero esercizio; può presentare una lettera rettificativa al progetto di bilancio per l’esercizio successivo o un bilancio rettificativo per l’esercizio in corso se le stime iniziali si rivelano inesatte.Il regolamento abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 608/2014 concernente le risorse proprie durante il precedente quadro finanziario pluriennale (2014-2020).
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Il regolamento è in vigore dal 1° gennaio 2021.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, si veda:Risorse proprie (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Stanziamenti di pagamento: i pagamenti effettivi effettuati ai beneficiari durante l’esercizio in corso.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE, Euratom) 2021/768 del Consiglio, del 30 aprile 2021, che stabilisce misure di esecuzione del sistema delle risorse proprie dell’Unione europea e che abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 608/2014 (GU L 165 dell’11.5.2021, pag. 1).
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione (UE, Euratom) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, relativa al sistema delle risorse proprie dell’Unione europea e che abroga la decisione 2014/335/UE, Euratom (GU L 424 del 15.12.2020, pag. 1).
Regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU L 193 del 30.7.2018, pag. 1). | 10,803 | 1,110 |
32001L0055 | false | Direttiva 2001/55/CE del Consiglio, del 20 luglio 2001, sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell'equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell'accoglienza degli stessi
Gazzetta ufficiale n. L 212 del 07/08/2001 pag. 0012 - 0023
Direttiva 2001/55/CE del Consigliodel 20 luglio 2001sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell'equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell'accoglienza degli stessiIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 63, punto 2, lettere a) e b),vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),visto il parere del Comitato economico e sociale(3),visto il parere del Comitato delle regioni(4),considerando quanto segue:(1) L'elaborazione di una politica comune nel settore dell'asilo che preveda un comune regime europeo di asilo costituisce un elemento fondamentale dell'obiettivo, perseguito dall'Unione europea, della graduale realizzazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia aperto a quanti, spinti dalle circostanze, chiedono legittimamente protezione nell'Unione europea.(2) I casi di afflusso massiccio di sfollati che non possono ritornare nel loro paese d'origine hanno assunto proporzioni più gravi negli ultimi anni in Europa. In tali casi può essere necessario istituire un dispositivo eccezionale che garantisca una tutela immediata e transitoria a tali persone.(3) Gli Stati membri e le istituzioni della Comunità hanno espresso preoccupazione per la situazione degli sfollati nell'ambito delle conclusioni relative agli sfollati a causa del conflitto nell'ex Jugoslavia adottate dai ministri competenti per l'immigrazione nelle riunioni tenute a Londra il 30 novembre ed il 1o dicembre 1992 ed a Copenaghen il 1o e 2 giugno 1993.(4) Il Consiglio ha adottato, il 25 settembre 1995, una risoluzione relativa alla ripartizione degli oneri per quanto riguarda l'accoglienza e il soggiorno a titolo temporaneo degli sfollati(5), ed il 4 marzo 1996 una decisione 96/198/GAI su una procedura di allarme e di emergenza relativa alla ripartizione degli oneri per quanto riguarda l'accoglienza e il soggiorno a titolo temporaneo degli sfollati(6).(5) Il piano d'azione del Consiglio e della Commissione del 3 dicembre 1998(7) prevede la rapida adozione, conformemente alle disposizioni del trattato di Amsterdam, delle norme minime necessarie per assicurare protezione temporanea agli sfollati di paesi terzi che non possono ritornare nel paese di origine e di misure volte a promuovere un equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono tali persone e subiscono le conseguenze dell'accoglienza delle stesse.(6) Nelle conclusioni adottate in data 27 maggio 1999 sugli sfollati del Kosovo il Consiglio invita la Commissione e gli Stati membri a trarre le conseguenze dalla risposta da essi data alla crisi del Kosovo al fine di emanare opportuni provvedimenti a norma del trattato.(7) Nella riunione straordinaria del 15 e del 16 ottobre 1999 il Consiglio europeo di Tampere ha riconosciuto la necessità di un accordo basato sulla solidarietà tra gli Stati membri in merito alla questione della protezione temporanea degli sfollati.(8) È pertanto necessario istituire norme minime sulla concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e adottare misure intese a garantire l'equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono tali persone e subiscono le conseguenze dell'accoglienza delle stesse.(9) Tali norme e misure sono correlate e interdipendenti sotto il profilo dell'efficacia, della coerenza e della solidarietà ed in riferimento all'esigenza, in particolare, di prevenire i movimenti secondari. Appare pertanto opportuno adottarle nell'ambito di uno stesso atto giuridico.(10) È necessario che la protezione temporanea sia compatibile con gli obblighi internazionali assunti dagli Stati membri riguardo ai rifugiati. In particolare, essa non deve pregiudicare il riconoscimento dello status di rifugiato previsto dalla convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 relativa allo status dei rifugiati, modificata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967, che tutti gli Stati membri hanno ratificato.(11) È opportuno che venga rispettato il mandato conferito all'alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati nei riguardi dei medesimi e di altre persone bisognose di protezione internazionale e che sia data attuazione alla dichiarazione n. 17, allegata all'atto finale del trattato di Amsterdam, sull'articolo 63 del trattato che istituisce la Comunità europea, secondo cui devono essere istituite consultazioni con l'alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati e altre organizzazioni internazionali competenti su questioni relative alla politica in materia di asilo.(12) Discende dalla natura stessa delle norme minime che gli Stati membri abbiano facoltà di stabilire o mantenere in vigore condizioni più favorevoli per le persone ammesse a fruire della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati.(13) Dato il carattere eccezionale delle misure previste dalla presente direttiva per far fronte ad un afflusso massiccio o ad un imminente afflusso massiccio di sfollati provenienti da paesi terzi che non sono in grado di ritornare nel loro paese d'origine, la protezione offerta dovrebbe avere durata limitata.(14) L'esistenza di un afflusso massiccio di sfollati dovrebbe essere accertata con decisione del Consiglio, obbligatoria in tutti gli Stati membri nei confronti degli sfollati cui si riferisce. È altresì opportuno stabilire i casi e modi in cui cessano gli effetti della decisione stessa.(15) È opportuno definire gli obblighi incombenti agli Stati membri in ordine alle condizioni di accoglienza e di soggiorno delle persone che godono della protezione temporanea concessa nei casi di afflusso massiccio di sfollati. Tali obblighi dovrebbero essere equi e conferire un'adeguata protezione ai soggetti interessati.(16) Per quanto riguarda il trattamento delle persone che godono di protezione temporanea a norma della presente direttiva, gli Stati membri sono vincolati dagli obblighi previsti dagli strumenti giuridici internazionali di cui sono parti che vietano le discriminazioni.(17) Gli Stati membri, di concerto con la Commissione, dovrebbero attuare misure adeguate a far sì che il trattamento dei dati personali rispetti gli standard di protezione della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati(8).(18) In conformità degli obblighi internazionali degli Stati membri e delle disposizioni del trattato, è opportuno adottare norme sull'accesso al procedimento d'asilo nel contesto della protezione temporanea nel caso di afflusso massiccio di sfollati.(19) È opportuno definire i principi e le misure disciplinanti il ritorno nel paese d'origine, nonché i provvedimenti che gli Stati membri devono adottare nei confronti delle persone per le quali la protezione temporanea è giunta a termine.(20) È necessario prevedere un sistema di solidarietà inteso a promuovere l'equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell'accoglienza degli stessi in caso di afflusso massiccio. Tale sistema dovrebbe essere costituito da due parti. La prima riguarda gli aspetti finanziari e la seconda l'accoglienza effettiva delle persone negli Stati membri.(21) L'applicazione della protezione temporanea dovrebbe essere accompagnata da un'adeguata cooperazione amministrativa fra gli Stati membri, di concerto con la Commissione.(22) È necessario definire i criteri di esclusione di talune persone dal beneficio della protezione temporanea concesso in caso di afflusso massiccio di sfollati.(23) Poiché gli scopi dell'intervento prospettato, ossia l'istituzione di norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati nonché la promozione dell'equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell'accoglienza degli stessi, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell'intervento, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà enunciato dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali scopi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.(24) A norma dell'articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, il Regno Unito ha notificato, con lettera del 27 settembre 2000, la propria volontà di partecipare all'adozione ed applicazione della presente direttiva.(25) In applicazione dell'articolo 1 di tale protocollo, l'Irlanda non partecipa all'adozione della presente direttiva. Di conseguenza, fatto salvo l'articolo 4 di detto protocollo, le disposizioni della presente direttiva non si applicano all'Irlanda.(26) La Danimarca, a norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, non partecipa all'adozione della presente direttiva e di conseguenza non è vincolata da essa, né è soggetta alla sua applicazione,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:CAPO IDisposizioni generaliArticolo 1La presente direttiva ha lo scopo di istituire norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati provenienti da paesi terzi che non possono ritornare nel paese d'origine e di promuovere l'equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell'accoglienza degli stessi.Articolo 2Ai fini della presente direttiva s'intende per:a) "protezione temporanea": la procedura di carattere eccezionale che garantisce, nei casi di afflusso massiccio o di imminente afflusso massiccio di sfollati provenienti da paesi terzi che non possono rientrare nel loro paese d'origine, una tutela immediata e temporanea alle persone sfollate, in particolare qualora vi sia anche il rischio che il sistema d'asilo non possa far fronte a tale afflusso senza effetti pregiudizievoli per il suo corretto funzionamento, per gli interessi delle persone di cui trattasi e degli altri richiedenti protezione;b) "Convenzione di Ginevra": la convenzione del 28 luglio 1951 relativa allo status dei rifugiati, modificata dal protocollo di New York del 31 gennaio 1967;c) "sfollati": i cittadini di paesi terzi o apolidi che hanno dovuto abbandonare il loro paese o regione d'origine o che sono stati evacuati, in particolare in risposta all'appello di organizzazioni internazionali, ed il cui rimpatrio in condizioni sicure e stabili risulta impossibile a causa della situazione nel paese stesso, anche rientranti nell'ambito d'applicazione dell'articolo 1A della convenzione di Ginevra o di altre normative nazionali o internazionali che conferiscono una protezione internazionale, ed in particolare:i) le persone fuggite da zone di conflitto armato o di violenza endemica;ii) le persone che siano soggette a rischio grave di violazioni sistematiche o generalizzate dei diritti umani o siano state vittime di siffatte violazioni;d) "afflusso massiccio": l'arrivo nella Comunità di un numero considerevole di sfollati, provenienti da un paese determinato o da una zona geografica determinata, sia che il loro arrivo avvenga spontaneamente o sia agevolato, per esempio mediante un programma di evacuazione;e) "rifugiati": i cittadini di paesi terzi o apolidi ai sensi dell'articolo 1A della convenzione di Ginevra;f) "minori non accompagnati": i cittadini di paesi terzi o gli apolidi di età inferiore ai diciotto anni che entrano nel territorio degli Stati membri senza essere accompagnati da una persona adulta responsabile per essi in base alla legge o agli usi, finché non ne assuma effettivamente la custodia una persona per essi responsabile, ovvero i minori che sono lasciati senza accompagnamento una volta entrati nel territorio degli Stati membri;g) "titoli di soggiorno": qualsiasi permesso o autorizzazione rilasciati dalle autorità di un determinato Stato membro nelle forme previste dalla legislazione nazionale, che consentano al cittadino di un paese terzo o all'apolide di risiedere nel territorio dello Stato medesimo;h) "richiedente il ricongiungimento": un cittadino di un paese terzo che gode della protezione temporanea in uno Stato membro, in forza di una decisione ai sensi dell'articolo 5, che intende ricongiungersi ai suoi familiari.Articolo 31. La protezione temporanea non pregiudica il riconoscimento dello status di rifugiato ai sensi della convenzione di Ginevra.2. Gli Stati membri applicano la protezione temporanea nel rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali nonché dei loro obblighi in materia di non respingimento.3. L'istituzione, l'applicazione e la cessazione della protezione temporanea formano oggetto di regolari consultazioni con l'alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e con altre organizzazioni internazionali competenti.4. La presente direttiva non si applica alle persone accolte in forza di regimi di protezione temporanea prima della sua entrata in vigore.5. La presente direttiva lascia impregiudicata la facoltà degli Stati membri di istituire o mantenere in vigore condizioni più favorevoli per persone che godono della protezione temporanea.CAPO IIDurata ed applicazione della protezione temporaneaArticolo 41. Fatto salvo l'articolo 6, la durata della protezione temporanea è pari ad un anno. Qualora non cessi in base all'articolo 6, paragrafo 1, lettera b), la protezione può essere prorogata automaticamente di sei mesi in sei mesi per un periodo massimo di un anno.2. Qualora persistano motivi per la concessione della protezione temporanea, il Consiglio può deliberare a maggioranza qualificata, su proposta della Commissione, la quale esamina parimenti qualsiasi richiesta presentata dagli Stati membri affinché sottoponga al Consiglio una proposta di prorogare detta protezione temporanea di un anno.Articolo 51. L'esistenza di un afflusso massiccio di sfollati è accertata con decisione del Consiglio adottata a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, la quale esamina parimenti qualsiasi richiesta presentata dagli Stati membri affinché sottoponga al Consiglio una proposta in tal senso.2. La proposta della Commissione contiene almeno i seguenti elementi:a) la descrizione dei gruppi specifici di persone cui si applicherà la protezione temporanea;b) la data di decorrenza della protezione temporanea;c) una stima della portata dei movimenti degli sfollati.3. La decisione del Consiglio determina, per gli sfollati a cui si riferisce, l'applicazione in tutti gli Stati membri della protezione temporanea a norma della presente direttiva. La decisione contiene almeno i seguenti elementi:a) la descrizione dei gruppi specifici di persone cui si applica la protezione temporanea;b) la data di decorrenza della protezione temporanea;c) informazioni fornite dagli Stati membri sulla loro capacità ricettiva;d) informazioni fornite dalla Commissione, dall'UNHCR e da altre organizzazioni internazionali competenti.4. La decisione del Consiglio si fonda:a) sull'esame della situazione e della portata dei movimenti degli sfollati;b) sulla valutazione dell'opportunità di istituire la protezione temporanea, tenuto conto della possibilità di attuare aiuti urgenti e interventi sul posto o dell'insufficienza di queste misure;c) sulle informazioni comunicate dagli Stati membri, dalla Commissione, dall'UNHCR e da altre organizzazioni internazionali competenti.5. La decisione del Consiglio viene comunicata al Parlamento europeo.Articolo 61. La protezione temporanea cessa:a) al raggiungimento della durata massima; oppureb) in qualsiasi momento, per effetto di una decisione adottata dal Consiglio a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, la quale esamina parimenti qualsiasi richiesta presentata da uno Stato membro affinché sottoponga al Consiglio una proposta in tal senso.2. La decisione del Consiglio si fonda sull'accertamento che la situazione nel paese d'origine consente un rimpatrio sicuro e stabile delle persone cui è stata concessa la protezione temporanea, nel rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali nonché degli obblighi degli Stati membri in materia di non respingimento. Essa viene comunicata al Parlamento europeo.Articolo 71. Gli Stati membri possono ammettere alla protezione temporanea prevista nella presente direttiva ulteriori categorie di sfollati oltre a quelle a cui si applica la decisione del Consiglio prevista all'articolo 5, qualora siano sfollati per le stesse ragioni e dal medesimo paese o regione d'origine. Essi ne informano immediatamente il Consiglio e la Commissione.2. Le disposizioni degli articoli 24, 25 e 26 non si applicano qualora ci si avvalga della possibilità di cui al paragrafo 1, ad eccezione del sostegno strutturale previsto nel Fondo europeo per i rifugiati istituito dalla decisione 2000/596/CE(9), alle condizioni stabilite nella stessa.CAPO IIIObblighi incombenti agli Stati membri nei confronti dei titolari della protezione temporaneaArticolo 81. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché le persone che godono della protezione temporanea dispongano di titoli di soggiorno durante l'intero periodo della stessa. Documenti o altre prove analoghe sono rilasciati a questo fine.2. Qualunque sia la durata di validità del titolo di soggiorno di cui al paragrafo 1, il trattamento riconosciuto dagli Stati membri alle persone che godono della protezione temporanea non può essere meno favorevole di quello definito negli articoli da 9 a 16.3. All'occorrenza gli Stati membri forniscono alle persone ammesse ad entrare nel loro territorio ai fini della protezione temporanea qualsiasi agevolazione utile per ottenere i visti prescritti compresi i visti di transito. Le formalità devono essere ridotte al minimo in considerazione della situazione d'urgenza. I visti dovrebbero essere gratuiti o avere un costo ridotto al minimo.Articolo 9Gli Stati membri forniscono alle persone che godono della protezione temporanea un documento redatto in una lingua che possa essere da loro compresa, in cui siano chiaramente enunciate le norme disciplinanti la protezione temporanea e ad esse pertinenti.Articolo 10Ai fini di una efficace applicazione della decisione del Consiglio di cui all'articolo 5, gli Stati membri registrano i dati personali di cui all'allegato II, lettera a), per le persone che godono di protezione temporanea nel loro territorio.Articolo 11Uno Stato membro riammette una persona che gode della protezione temporanea nel suo territorio qualora essa soggiorni o tenti di entrare illegalmente nel territorio di un altro Stato membro nel periodo previsto dalla decisione del Consiglio di cui all'articolo 5. Gli Stati membri, sulla base di un accordo bilaterale, possono decidere di non applicare la presente disposizione.Articolo 12Gli Stati membri consentono alle persone che godono della protezione temporanea, per un periodo non superiore alla durata di quest'ultima, di esercitare qualsiasi attività di lavoro subordinato o autonomo, nel rispetto della normativa applicabile alla professione, nonché di partecipare ad attività nell'ambito dell'istruzione per adulti, della formazione professionale e delle esperienze pratiche sul posto di lavoro. Per ragioni legate alle politiche in materie di mercato del lavoro, gli Stati membri possono dare la priorità ai cittadini dell'UE, a quelli degli Stati vincolati dall'accordo sullo Spazio economico europeo e anche ai cittadini di paesi terzi che soggiornano legalmente e beneficiano di un'indennità di disoccupazione. Si applica la normativa vigente negli Stati membri in materia di retribuzione, di accesso ai regimi di sicurezza sociale connessa all'attività di lavoro dipendente o autonomo, nonché di ogni altra condizione di lavoro.Articolo 131. Gli Stati membri provvedono affinché le persone che godono della protezione temporanea vengano adeguatamente alloggiate o ricevano, se necessario, i mezzi per ottenere un'abitazione.2. Gli Stati membri prescrivono che le persone che godono della protezione temporanea le quali non dispongano di risorse sufficienti ricevano l'aiuto necessario in termini di assistenza sociale, di contributi al sostentamento e di cure mediche. Fatto salvo il paragrafo 4, l'aiuto necessario per le cure mediche comprende quanto meno le prestazioni di pronto soccorso ed il trattamento essenziale delle malattie.3. Qualora le persone che godono della protezione temporanea esercitino un'attività di lavoro dipendente o autonomo si tiene conto, nella quantificazione dell'aiuto necessario, della loro capacità di provvedere alle proprie necessità.4. Gli Stati membri forniscono la necessaria assistenza, in particolare medica, alle persone che godono della protezione temporanea che presentino esigenze particolari, quali i minori non accompagnati e le persone che abbiano subito torture, stupri o altre gravi forme di violenza psicologica, fisica o sessuale.Articolo 141. Gli Stati membri consentono alle persone di età inferiore a 18 anni che godono della protezione temporanea di accedere al sistema educativo al pari dei cittadini dello Stato membro ospitante. Gli Stati membri possono stabilire che tale accesso sia limitato al sistema educativo pubblico.2. Gli Stati membri possono consentire agli adulti che godono della protezione temporanea di accedere al sistema educativo generale.Articolo 151. Ai fini del presente articolo, nel caso di famiglie già costituite nel paese d'origine che sono state separate a causa di circostanze connesse all'afflusso massiccio, si considerano facenti parte di una famiglia le seguenti persone:a) il coniuge del richiedente il ricongiungimento o il partner non legato da vincoli di matrimonio che abbia una relazione stabile con l'interessato, qualora la legislazione o la prassi dello Stato membro interessato assimili la situazione delle coppie di fatto a quella delle coppie sposate nel quadro della legge sugli stranieri; i figli o le figlie minorenni non sposati del richiedente il ricongiungimento o del coniuge, indipendentemente dal fatto che siano legittimi, naturali o adottati;b) altri parenti stretti che vivevano insieme come parte del nucleo familiare nel periodo in cui gli eventi hanno determinato l'afflusso massiccio e che erano totalmente o parzialmente dipendenti dal richiedente il ricongiungimento in tale periodo.2. Qualora i familiari separati godano della protezione temporanea in Stati membri differenti, questi ultimi ricongiungono i familiari qualora siano giunti alla conclusione che gli stessi rientrano nella descrizione di cui al paragrafo 1, lettera a), tenendo conto dei desideri di tali familiari. Gli Stati membri possono ricongiungere i familiari qualora siano giunti alla conclusione che gli stessi rientrano nella descrizione di cui al paragrafo 1, lettera b), tenendo conto, caso per caso, delle estreme difficoltà che essi incontrerebbero qualora il ricongiungimento non avesse luogo.3. Qualora il richiedente il ricongiungimento goda della protezione temporanea in uno Stato membro ed uno o più suoi familiari non si trovino ancora in uno Stato membro, lo Stato membro in cui il richiedente il ricongiungimento gode della protezione temporanea ricongiunge con lo stesso i familiari che hanno bisogno di protezione, nel caso in cui sia giunto alla conclusione che i familiari rientrano nella descrizione di cui al paragrafo 1, lettera a). Lo Stato membro può ricongiungere con il richiedente il ricongiungimento i familiari che hanno bisogno di protezione, nel caso in cui sia giunto alla conclusione che essi rientrano nella descrizione di cui al paragrafo 1, lettera b), tenendo conto, caso per caso, delle estreme difficoltà che essi incontrerebbero qualora il ricongiungimento non avesse luogo.4. Nell'applicare il presente articolo gli Stati membri tengono conto del superiore interesse dei minori.5. Gli Stati membri interessati decidono, tenuto conto degli articoli 25 e 26, in quale Stato membro avviene il ricongiungimento.6. Ai familiari ricongiunti è accordato il titolo di soggiorno in virtù della protezione temporanea. Documenti o altre prove analoghe sono rilasciati a questo fine. Il trasferimento dei familiari nel territorio di un altro Stato membro ai fini del ricongiungimento di cui al paragrafo 2 comporta, nello Stato membro abbandonato, il ritiro del titolo di soggiorno rilasciato e la cessazione degli obblighi incombenti verso gli interessati in base alla protezione temporanea.7. L'attuazione pratica del presente articolo può avvenire con la cooperazione delle organizzazioni internazionali competenti.8. Lo Stato membro fornisce riguardo a una persona che gode della protezione temporanea, su richiesta di un altro Stato membro, le informazioni di cui all'allegato II necessarie per trattare un caso ai sensi del presente articolo.Articolo 161. Gli Stati membri adottano quanto prima le misure necessarie affinché i minori non accompagnati, ammessi alla protezione temporanea, siano rappresentati mediante tutela legale o, se necessario, mediante rappresentanza assunta da organizzazioni incaricate dell'assistenza e del benessere dei minori o mediante qualsiasi altra forma adeguata di rappresentanza.2. Gli Stati membri provvedono affinché durante il periodo della protezione temporanea i minori non accompagnati siano collocati:a) presso componenti adulti della loro famiglia;b) presso una famiglia ospitante;c) in centri d'accoglienza per minori o in altri alloggi confacenti ai minori;d) presso la persona che si è presa cura del minore durante la fuga.Gli Stati membri prendono le misure necessarie per consentire tale collocazione. Il consenso dell'adulto o delle persone interessate è stabilito dagli Stati membri. Si tiene conto del parere del minore conformemente all'età e alla maturità dello stesso.CAPO IVAccesso alla procedura in materia d'asilo nel contesto della protezione temporaneaArticolo 171. Le persone che godono della protezione temporanea devono poter essere in grado di presentare in qualsiasi momento una domanda d'asilo.2. L'esame di qualsiasi domanda d'asilo non vagliata prima della fine del periodo di protezione temporanea è portato a termine dopo la fine del periodo suddetto.Articolo 18Si applicano i criteri e le procedure per la determinazione dello Stato membro competente per l'esame della domanda d'asilo. In particolare, lo Stato membro competente per l'esame della domanda di asilo presentata da una persona che gode della protezione temporanea ai sensi della presente direttiva è lo Stato membro che ha accettato il trasferimento di tale persona nel suo territorio.Articolo 191. Gli Stati membri possono disporre che il beneficio della protezione temporanea non sia cumulabile con lo status di richiedente asilo durante il periodo di esame della domanda.2. Fatto salvo l'articolo 28, gli Stati membri prevedono che qualsiasi persona ammissibile alla protezione temporanea o già beneficiaria di tale protezione, cui sia stato negato lo status di rifugiato o, laddove applicabile, un altro tipo di protezione in esito all'esame della domanda d'asilo, fruisca della protezione temporanea o continui a fruirne per il rimanente periodo di protezione.CAPO VRimpatrio e provvedimenti successivi alla protezione temporaneaArticolo 20Terminata la protezione temporanea, si applica la normativa vigente in materia di protezione e di stranieri negli Stati membri, fatti salvi gli articoli 21, 22 e 23.Articolo 211. Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per consentire il rimpatrio volontario delle persone per le quali la protezione temporanea sia in corso o sia giunta a termine. Gli Stati membri provvedono affinché disposizioni che disciplinano il rimpatrio volontario delle persone che godono della protezione temporanea garantiscano un rimpatrio nel rispetto della dignità umana.Gli Stati membri provvedono affinché la decisione di rimpatrio sia adottata con piena cognizione di causa. Gli Stati membri possono prevedere la possibilità di visite esplorative.2. Fino a quando la protezione temporanea non sia giunta a termine, gli Stati membri esaminano con predisposizione favorevole, in base alle circostanze nel paese d'origine, le domande di ritorno nello Stato membro ospitante di persone che hanno goduto della protezione temporanea e che abbiano esercitato il diritto al rimpatrio volontario.3. Al termine della protezione temporanea gli Stati membri possono disporre la proroga, a titolo individuale, degli obblighi previsti dal CAPO III della presente direttiva riguardo alle persone che abbiano goduto della protezione temporanea e siano state ammesse a fruire di un programma di rimpatrio volontario. Tale proroga ha effetto sino alla data del rimpatrio.Articolo 221. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che il rimpatrio forzato delle persone la cui protezione temporanea è giunta a termine e che non possono beneficiare dell'ammissione si svolga nel rispetto della dignità umana.2. Per quanto riguarda i casi di rimpatrio forzato, gli Stati membri esaminano le impellenti ragioni umanitarie che possono rendere impossibile o non ragionevole il rimpatrio in casi concreti.Articolo 231. Gli Stati membri adottano le misure necessarie riguardo alle condizioni di soggiorno delle persone che hanno fruito di una protezione temporanea e per le quali, dato il loro stato di salute, non ci si può ragionevolmente attendere che siano in condizioni di viaggiare; ad esempio, nel caso in cui l'interruzione del trattamento causerebbe loro gravi ripercussioni negative. Dette persone, fintantoché tale situazione perdura, non sono espulse.2. Gli Stati membri possono consentire alle famiglie con minori che frequentano la scuola in uno Stato membro di beneficiare di condizioni di soggiorno che consentano ai minori in questione di portare a termine il periodo scolastico in corso.CAPO VISolidarietàArticolo 24Le misure previste dalla presente direttiva beneficiano del Fondo europeo per i rifugiati istituito con decisione 2000/596/CE, nei termini determinati da quest'ultima.Articolo 251. Gli Stati membri accolgono con spirito di solidarietà comunitaria le persone ammissibili alla protezione temporanea. Essi indicano la loro capacità d'accoglienza in termini numerici o generali. Queste indicazioni sono inserite nella decisione del Consiglio di cui all'articolo 5. Dopo l'adozione di tale decisione, gli Stati membri possono indicare le eventuali capacità di accoglienza aggiuntive mediante comunicazione rivolta al Consiglio ed alla Commissione. Tali indicazioni vengono rapidamente comunicate all'UNHCR.2. Gli Stati membri interessati accertano, in cooperazione con le organizzazioni internazionali competenti, che le persone ammissibili definite nella decisione del Consiglio di cui all'articolo 5, che non si trovino ancora nella Comunità, abbiano manifestato la volontà di essere accolte nel loro territorio.3. Qualora il numero delle persone ammissibili alla protezione temporanea dopo un afflusso improvviso e massiccio superi la capacità d'accoglienza di cui al paragrafo 1, il Consiglio esamina d'urgenza la situazione e prende i provvedimenti appropriati, compresa la raccomandazione di un ulteriore sostegno allo Stato membro interessato.Articolo 261. Finché dura la protezione temporanea, gli Stati membri cooperano tra loro per il trasferimento della residenza delle persone che godono della protezione temporanea da uno Stato membro all'altro, a condizione che le persone interessate abbiano espresso il loro consenso a tale trasferimento.2. Lo Stato membro interessato comunica le domande di trasferimento agli altri Stati membri e ne informa la Commissione e l'UNHCR. Gli Stati membri comunicano allo Stato membro richiedente le loro capacità di accoglienza.3. Lo Stato membro fornisce riguardo a una persona che gode della protezione temporanea, su richiesta di un altro Stato membro, le informazioni di cui all'allegato II necessarie per trattare un caso ai sensi del presente articolo.4. Il trasferimento da uno Stato membro all'altro determina la cessazione della validità del titolo di soggiorno nello Stato membro abbandonato nonché degli obblighi incombenti verso il titolare in base alla protezione temporanea in questo Stato. Il nuovo Stato membro ospitante concede la protezione temporanea alle persone trasferite.5. Gli Stati membri usano il modello di lasciapassare contenuto nell'allegato I per i trasferimenti tra Stati membri delle persone che godono della protezione temporanea.CAPO VIICooperazione amministrativaArticolo 271. Ai fini della cooperazione amministrativa necessaria per l'attuazione della protezione temporanea, ciascuno Stato membro designa un punto di contatto nazionale e ne comunica l'indirizzo agli altri Stati membri ed alla Commissione. Gli Stati membri adottano, di concerto con la Commissione, ogni disposizione utile per la cooperazione diretta e lo scambio d'informazioni tra le autorità competenti.2. Gli Stati membri trasmettono periodicamente e nei termini più brevi possibili i dati relativi al numero delle persone che godono della protezione temporanea nonché qualsiasi informazione sulle disposizioni nazionali legislative, regolamentari ed amministrative attinenti all'attuazione della protezione stessa.CAPO VIIIDisposizioni specificheArticolo 281. Gli Stati membri possono escludere una persona dal beneficio della protezione temporanea qualora:a) sussistano seri motivi per ritenere che abbia commesso quanto segue:i) un crimine contro la pace, un crimine di guerra o un crimine contro l'umanità, quali definiti dagli strumenti internazionali elaborati per stabilire disposizioni riguardo a tali crimini;ii) un reato grave di natura non politica al di fuori dello Stato membro di accoglienza prima della sua ammissione in tale Stato membro in qualità di persona ammessa alla protezione temporanea. La gravità della persecuzione prevista va valutata in funzione della natura del reato di cui la persona in questione è sospettata. Le azioni particolarmente crudeli, anche se commesse per un presunto obiettivo politico, possono essere qualificate come reati gravi di natura non politica. Ciò vale tanto per coloro che partecipano al reato quanto per gli istigatori dello stesso;iii) atti contrari ai principi e alle finalità delle Nazioni Unite;b) sussistano motivi ragionevoli per considerarla un pericolo per la sicurezza dello Stato membro ospitante o, in quanto condannata con sentenza passata in giudicato per un reato particolarmente grave, un pericolo per la comunità dello Stato membro ospitante.2. I motivi d'esclusione di cui al paragrafo 1 devono attenere esclusivamente al comportamento personale dell'interessato. Le decisioni o i provvedimenti d'esclusione devono fondarsi sul principio della proporzionalità.CAPO IXDisposizioni finaliArticolo 29Le persone che sono state escluse dal beneficio della protezione temporanea o del ricongiungimento familiare da uno Stato membro hanno diritto a proporre impugnativa nello Stato membro interessato.Articolo 30Gli Stati membri determinano le norme relative alle sanzioni da irrogare in caso di violazione delle norme nazionali di attuazione della presente direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari per la loro applicazione. Le sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.Articolo 311. Entro due anni dalla data di cui all'articolo 32, la Commissione presenta al Parlamento europeo ed al Consiglio una relazione sull'applicazione della presente direttiva negli Stati membri proponendo, all'occorrenza, le necessarie modifiche. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione qualsiasi informazione utile per la stesura della relazione.2. Successivamente alla relazione di cui al paragrafo 1, la Commissione riferisce al Parlamento europeo ed al Consiglio sull'applicazione della presente direttiva negli Stati membri almeno ogni cinque anni.Articolo 321. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 31 dicembre 2002. Essi ne informano immediatamente la Commissione.2. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.Articolo 33La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 34Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva in conformità del trattato che istituisce la Comunità europea.Fatto a Bruxelles, addì 20 luglio 2001.Per il ConsiglioIl PresidenteJ. Vande Lanotte(1) GU C 311 E del 31.10.2000, pag. 251.(2) Parere del 13 marzo 2001 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU C 155 del 29.5.2001, pag. 21.(4) Parere del 13 giugno 2001 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(5) GU C 262 del 7.10.1995, pag. 1.(6) GU L 63 del 13.3.1996, pag. 10.(7) GU C 19 del 20.1.1999, pag. 1.(8) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31.(9) GU L 252 del 6.10.2000, pag. 12.ALLEGATO I>PIC FILE= "L_2001212IT.002102.TIF">ALLEGATO IILe informazioni di cui agli articoli 10, 15 e 26 della direttiva includono, per quanto necessario, uno o più dei seguenti documenti o dati:a) dati personali della persona in questione (cognome e nome, cittadinanza, luogo e data di nascita, stato civile, legami di parentela);b) documenti d'identità e di viaggio della persona in questione;c) documenti che dimostrano legami familiari (certificato di matrimonio, certificato di nascita, certificato d'adozione);d) altre informazioni essenziali per accertare l'identità della persona o i suoi legami di parentela;e) permessi di soggiorno o visti rilasciati dallo Stato membro alla persona in questione, o decisioni con cui il permesso di soggiorno è stato rifiutato, e documentazione su cui le decisioni si sono basate;f) domande di permesso di soggiorno e di visto presentate dalla persona in questione e il cui esame è in corso nello Stato membro, con relativa fase dell'iter in cui si trovano.Lo Stato membro che fornisce le informazioni comunica qualsiasi rettifica delle stesse allo Stato membro richiedente. | Protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Stabilisce un dispositivo per affrontare afflussi massicci nell’UE di cittadini stranieri che non possono rientrare nei loro paesi, soprattutto a causa di guerre, violenze o violazioni dei diritti umani.
Introduce una protezione immediata e temporanea per gli sfollati.
Promuove un equilibrio degli sforzi tra i paesi dell’UE che ricevono gli sfollati. Ma non impone la distribuzione obbligatoria dei richiedenti asilo nei paesi dell’UE.
La Danimarcanon partecipa alla direttiva.
PUNTI CHIAVE
Attuazione della protezione temporanea
La protezione temporanea è attuata in tutti i paesi dell’UE tramite una decisione del Consiglio che conferma un afflusso massiccio di sfollati nell’UE e che indica i gruppi di persone che necessitano di protezione.
La durata è pari a un anno. Può essere estesa fino a un massimo di due anni.
La protezione può terminare se il Consiglio ritiene sicuro il rimpatrio degli sfollati nei loro paesi di origine.
I paesi dell’UE devono assicurarsi che gli sfollati siano disposti ad entrare nel loro territorio.
Alcune persone possono essere escluse dalla protezione temporanea.
Ad esempio persone
sospettate di:
crimini contro la pace*;
crimini di guerra, crimini contro l’umanità;
reati gravi di natura non politica;
atti contrari ai principi e alle finalità delle Nazioni Unite;
costituire un pericolo per la sicurezza del paese UE ospitante.
Effetti della protezione temporanea
I paesi dell’UE devono fornire a chi ha ottenuto protezione temporanea un titolo di soggiorno,
valido per tutta la durata della protezione.
Le persone che godono di protezione temporanea hanno il diritto di:
esercitare attività di lavoro subordinato o autonomo;
accedere all’istruzione per adulti, alla formazione professionale e a esperienze di lavoro;
ottenere un alloggio adeguato;
ottenere assistenza sociale, sostegno economico e cure mediche.
Chi ha meno di 18 anni ha diritto ad accedere all’istruzione alle stesse condizioni dei cittadini del paese ospitante.
Se alcuni membri della stessa famiglia hanno ottenuto protezione temporanea in diversi paesi dell’UE, o se alcuni membri della famiglia non sono ancora nell’UE, devono avere il diritto al ricongiungimento nello stesso paese dell’UE.
Queste norme sono in linea con le norme UE sull’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale contenute nella direttiva 2013/33/UE.
Domande di asilo
Le persone che godono di protezione temporanea devono essere in grado di presentare una domanda di asilo. Il paese UE che accoglie la persona è competente per l’esame della domanda.
Tuttavia, i paesi possono stabilire che una persona che ha ottenuto la protezione temporanea non può avere al contempo lo status di richiedente asilo.
Questo aiuta i paesi a ridurre la pressione sul loro sistema di asilo, offrendo una protezione temporanea e rinviando l’esame delle domande di asilo.
La direttiva 2013/32/UE stabilisce norme comuni dell’UE ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale.
Termine della protezione temporanea
Durante o al termine della protezione temporanea, i paesi dell’UE devono adottare misure per consentire il rimpatrio volontario delle persone che godono di protezione.
Se si rende necessario un rimpatrio forzato , i paesi devono assicurarsi che ciò avvenga nel rispetto della dignità umana e che non ci siano impellenti motivi umanitari che possono rendere impossibile il rimpatrio.
Le persone che non possono viaggiare per motivi di salute non possono essere costrette al rimpatrio fino a quando la loro salute non migliora.
Le famiglie con figli minori che frequentano la scuola possono rimanere fino alla fine dell’anno scolastico.
Supporto amministrativo
Le misure previste dalla direttiva beneficiano del Fondo Asilo, migrazione e integrazione. Se il numero di sfollati supera la capacità di accoglienza indicata dai paesi dell’UE, il Consiglio prenderà le misure adeguate, in particolare raccomandando un supporto ulteriore per i paesi dell’Unione europea interessati.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
Si applica dal 7 agosto 2001. I paesi dell’UE dovevano recepirla nel diritto nazionale entro il 31 dicembre 2002.
Il regime stabilito nella direttiva non è stato ancora attivato.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, tra cui uno studio dettagliato della direttiva completato nel 2016, si veda:
«Protezione temporanea» sul sito Internet della Commissione europea.
* TERMINI CHIAVE
Crimine contro la pace: secondo il diritto internazionale, significa pianificare, preparare, avviare o condurre guerre di aggressione, o una guerra in violazione di trattati, accordi o garanzie internazionali, o partecipare a un piano condiviso o a una cospirazione per la realizzazione di uno di questi atti.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2001/55/CE del Consiglio, del 20 luglio 2001 sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell’equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell’accoglienza degli stessi (GU L 212 del 7.8.2001, pagg. 12–23)
DOCUMENTI CORRELATI
Direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013 recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU L 180 del 29.6.2013, pagg. 60-95)
Direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013 recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (GU L 180 del 29.6.2013, pagg. 96-116)
Regolamento (UE) n. 514/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, recante disposizioni generali sul Fondo asilo, migrazione e integrazione e sullo strumento di sostegno finanziario per la cooperazione di polizia, la prevenzione e la lotta alla criminalità e la gestione delle crisi (GU L 150 del 20.5.2014, pagg. 112–142)
Modifiche successive al regolamento (UE) n. 514/2014 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. | 13,113 | 659 |
32020R0672 | false | REGOLAMENTO (UE) 2020/672 DEL CONSIGLIO
del 19 maggio 2020
che istituisce uno strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione nello stato di emergenza (SURE) a seguito dell’epidemia di Covid‐19
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 122,
vista la proposta della Commissione europea,
considerando quanto segue:
(1)
L’articolo 122, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) consente al Consiglio di decidere, su proposta della Commissione e in uno spirito di solidarietà tra Stati membri, le misure adeguate per rispondere alla situazione socioeconomica determinatasi a seguito dell’epidemia di Covid‐19.
(2)
L’articolo 122, paragrafo 2, (TFUE) consente al Consiglio di concedere un’assistenza finanziaria dell’Unione a uno Stato membro che si trovi in difficoltà o sia seriamente minacciato da gravi difficoltà a causa di circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo.
(3)
Il virus Severe Acute Respiratory Syndrome coronavirus-2 (sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2, SARS-CoV-2), che causa la malattia da coronavirus, denominata Covid‐19 dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), è un nuovo ceppo di coronavirus mai individuato prima negli esseri umani. La diffusione planetaria della malattia è in rapida evoluzione ed è stata dichiarata pandemia dall’OMS. Dalla prima insorgenza dell’epidemia di Covid‐19 nell’Unione fino al 30 marzo 2020, negli Stati membri sono stati segnalati 334 396 casi e 22 209 decessi.
(4)
Gli Stati membri hanno messo in atto misure straordinarie per contenere l’epidemia di Covid‐19 e il suo impatto. La probabilità di un’ulteriore trasmissione di Covid‐19 nell’Unione è considerata elevata. Oltre all’impatto sulla salute pubblica in termini di fatalità sostanziali, l’epidemia di Covid‐19 ha avuto conseguenze enormi e dirompenti sui sistemi economici degli Stati membri, causando sconvolgimenti sociali e aumentando la spesa pubblica in un numero crescente di Stati membri.
(5)
Tale situazione eccezionale, che sfugge al controllo degli Stati membri e che ha avuto ripercussioni negative su una parte significativa della loro forza lavoro, ha determinato un aumento repentino e severo della spesa pubblica da parte degli Stati membri per regimi di riduzione dell’orario lavorativo per i lavoratori dipendenti e per misure analoghe, segnatamente per i lavoratori autonomi, nonché per spese connesse a determinate misure di carattere sanitario, in particolare sul luogo di lavoro. Al fine di non indebolire l’obiettivo dello strumento previsto dal presente regolamento e assicurarne in tal modo l’efficacia, misure di carattere sanitario ai fini di tale strumento possono consistere in iniziative volte a ridurre i rischi professionali e garantire la protezione dei lavoratori dipendenti e autonomi sul luogo di lavoro e, se del caso, altre misure di carattere sanitario. È necessario facilitare gli sforzi profusi dagli Stati membri per far fronte all’aumento repentino e severo della spesa pubblica fino a quando l’epidemia di Covid‐19 e il suo impatto sulla forza lavoro non saranno sotto controllo.
(6)
La creazione di uno strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione nello stato di emergenza (SURE) («strumento») conseguente all’epidemia di Covid‐19 dovrebbe consentire all’Unione di rispondere alla crisi del mercato del lavoro in modo coordinato, rapido ed efficace e in uno spirito di solidarietà tra Stati membri, attenuando così l’impatto sull’occupazione per le persone e i settori economici più colpiti e mitigando, per gli Stati membri, gli effetti diretti di questa situazione eccezionale sulla spesa pubblica.
(7)
L’articolo 220, paragrafo 1, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio (1) statuisce che l’assistenza finanziaria dell’Unione agli Stati membri può assumere la forma di un prestito. Tali prestiti dovrebbero essere concessi agli Stati membri in cui l’epidemia di Covid‐19 ha determinato, a decorrere dal 1o febbraio 2020, un aumento repentino e severo della spesa pubblica effettiva ed eventualmente anche programmata per via delle misure nazionali adottate. Tale data garantisce parità di trattamento per tutti gli Stati membri e consente la copertura dei loro aumenti di spesa effettivi ed eventualmente anche programmati in relazione agli effetti sui rispettivi mercati del lavoro, indipendentemente dal momento in cui si è manifestata l’epidemia di Covid‐19 in ogni specifico Stato membro. Le misure nazionali, che si intendono conformi ai pertinenti principi dei diritti fondamentali, dovrebbero essere collegate direttamente alla creazione o all’estensione di regimi di riduzione dell’orario lavorativo e a misure analoghe, comprese quelle destinate ai lavoratori autonomi, o a determinate misure di carattere sanitario. I regimi di riduzione dell’orario lavorativo sono programmi pubblici che, in determinate circostanze, consentono alle imprese in difficoltà economiche di ridurre temporaneamente l’orario di lavoro dei propri dipendenti, ai quali viene erogato un sostegno pubblico al reddito per le ore non lavorate.
Regimi analoghi di reddito sostitutivo esistono per i lavoratori autonomi. Lo Stato membro che chiede assistenza finanziaria dovrebbe dimostrare un aumento repentino e severo della spesa pubblica effettiva ed eventualmente anche programmata per regimi di riduzione dell’orario lavorativo o per misure analoghe. Se l’assistenza finanziaria è concessa per misure di carattere sanitario, lo Stato membro che chiede tale assistenza finanziaria dovrebbe altresì dimostrare la spesa effettiva o programmata relativa alle misure di carattere sanitario in questione.
(8)
Per offrire agli Stati membri colpiti mezzi finanziari sufficienti a condizioni favorevoli e metterli così in condizione di gestire l’impatto dell’epidemia di Covid‐19 sul loro mercato del lavoro, le operazioni di assunzione e concessione di prestiti dell’Unione a titolo dello strumento dovrebbero essere di entità sufficiente. È opportuno pertanto che l’assistenza finanziaria concessa dall’Unione sotto forma di prestiti sia finanziata mediante il ricorso ai mercati internazionali dei capitali.
(9)
L’epidemia di Covid‐19 ha avuto conseguenze enormi e dirompenti sul sistema economico di ciascuno Stato membro. Richiede pertanto contributi collettivi degli Stati membri sotto forma di garanzie a sostegno dei prestiti a titolo del bilancio dell’Unione. Tali garanzie sono necessarie per consentire all’Unione di concedere prestiti di un ordine di grandezza sufficiente agli Stati membri per sostenere le politiche del mercato del lavoro soggette a maggiore pressione. Per garantire che le passività potenziali derivanti da tali prestiti siano compatibili con il quadro finanziario pluriennale («QFP») e i massimali delle risorse proprie applicabili, le garanzie fornite dagli Stati membri dovrebbero essere irrevocabili, incondizionate e su richiesta, mentre salvaguardie aggiuntive dovrebbero rafforzare la solidità del sistema. In linea con il ruolo complementare di tali garanzie e fatto salvo il loro carattere irrevocabile, incondizionato e su richiesta, prima di attivare le garanzie fornite dagli Stati membri, la Commissione dovrebbe avvalersi del margine disponibile sotto il massimale delle risorse proprie per gli stanziamenti di pagamento nella misura da essa ritenuta sostenibile, tenendo conto fra l’altro delle passività potenziali totali dell’Unione, anche a titolo del meccanismo di sostegno delle bilance dei pagamenti istituito dal regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio (2). Nella pertinente attivazione delle garanzie la Commissione dovrebbe informare gli Stati membri in merito alla misura in cui si è avvalsa del margine disponibile. Qualora fosse raggiunto un accordo su un massimale riveduto delle risorse proprie, potrebbe essere riesaminata la necessità di garanzie previste da parte degli Stati membri.
(10)
Come salvaguardie aggiuntive per rafforzare la solidità del sistema dovrebbero essere previste la gestione finanziaria prudente, l’esposizione annua massima e la diversificazione adeguata del portafoglio prestiti.
(11)
I prestiti concessi a titolo dello strumento dovrebbero costituire assistenza finanziaria ai sensi dell’articolo 220 del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046. A norma dell’articolo 282, paragrafo 3, lettera g), di tale regolamento, l’articolo 220 di detto regolamento si applicherà ai prestiti concessi a titolo dello strumento soltanto a decorrere dalla data di applicazione del QFP post 2020. Tuttavia, è opportuno che le condizioni di cui all’articolo 220, paragrafo 5, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 si applichino alle operazioni di assunzione e concessione di prestiti a titolo dello strumento a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente regolamento.
(12)
Al fine di garantire che la passività potenziale derivante dai prestiti concessi a titolo dello strumento sia compatibile con il QFP e i massimali delle risorse proprie applicabili, è necessario stabilire regole prudenziali, anche in ordine alla possibilità di rinnovare i prestiti assunti per conto dell’Unione.
(13)
Date le particolari implicazioni finanziarie, le decisioni di concedere l’assistenza finanziaria ai sensi del presente regolamento richiedono l’esercizio di competenze di esecuzione, che dovrebbero essere conferite al Consiglio. Al momento di decidere l’importo di un prestito, il Consiglio, su proposta della Commissione, dovrebbe esaminare le esigenze attuali e attese dello Stato membro richiedente, nonché le richieste di assistenza finanziaria a norma del presente regolamento già presentate o programmate da altri Stati membri, tenendo conto dei principi di parità di trattamento, solidarietà, proporzionalità e trasparenza e in modo da rispettare pienamente la competenza degli Stati membri.
(14)
L’articolo 143, paragrafo 1, dell’accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica (3) («accordo di recesso») limita la responsabilità del Regno Unito per la propria quota delle passività finanziarie potenziali dell’Unione a quelle derivanti da operazioni finanziarie decise dall’Unione prima della data di entrata in vigore dell’accordo di recesso. Le passività finanziarie potenziali dell’Unione derivanti dall’assistenza finanziaria a norma del presente regolamento sarebbero successive alla data di entrata in vigore dell’accordo di recesso. Il Regno Unito dovrebbe pertanto essere escluso dall’assistenza finanziaria a norma del presente regolamento.
(15)
Dato il carattere temporaneo dello strumento finalizzato ad affrontare l’epidemia di Covid‐19, ogni sei mesi la Commissione dovrebbe valutare se permangono le circostanze eccezionali causa delle gravi perturbazioni economiche negli Stati membri e riferire al Consiglio. Coerentemente con la base giuridica per l’adozione del presente regolamento, non dovrebbe essere messa a disposizione alcuna assistenza finanziaria a norma del presente regolamento una volta superata l’emergenza Covid‐19. A tal fine è opportuno limitare nel tempo la disponibilità dello strumento. È opportuno conferire al Consiglio, su proposta della Commissione, il potere di prorogare il periodo di disponibilità dell’assistenza finanziaria a norma del presente regolamento qualora permangano le circostanze eccezionali che giustificano l’applicazione del presente regolamento.
(16)
La Banca centrale europea ha espresso il suo parere l’8 maggio 2020.
(17)
Visti l’impatto dell’epidemia di Covid‐19 e la necessità di una risposta urgente alle conseguenze di tale epidemia, il presente regolamento dovrebbe entrare in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto e ambito di applicazione
1. Per affrontare l’impatto dell’epidemia di Covid‐19 e le relative conseguenze socioeconomiche, il presente regolamento istituisce lo strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione nello stato di emergenza (SURE) («strumento»).
2. Il presente regolamento fissa le condizioni e le procedure per consentire all’Unione di fornire assistenza finanziaria a uno Stato membro che subisca o rischi seriamente di subire gravi perturbazioni economiche dovute all’epidemia di Covid‐19, per consentire il finanziamento, in primo luogo, di regimi di riduzione dell’orario lavorativo o di misure analoghe che mirano a proteggere i lavoratori dipendenti e autonomi e pertanto a ridurre l’incidenza della disoccupazione e della perdita di reddito, nonché per finanziare determinate misure di carattere sanitario, in particolare nel luogo di lavoro.
Articolo 2
Natura integrativa dello strumento
Lo strumento integra le misure nazionali adottate dagli Stati membri colpiti fornendo assistenza finanziaria per aiutare quegli Stati membri a far fronte all’aumento repentino e severo della spesa pubblica effettiva ed eventualmente anche programmata destinata ad attenuare gli effetti economici, sociali e di carattere sanitario diretti delle circostanze eccezionali causate dall’epidemia di Covid‐19.
Articolo 3
Condizioni per il ricorso allo strumento
1. Uno Stato membro può richiedere l’assistenza finanziaria dell’Unione a titolo dello strumento («assistenza finanziaria») quando la propria spesa pubblica effettiva ed eventualmente anche programmata abbia subito un aumento repentino e severo a decorrere dal 1o febbraio 2020 per via di misure nazionali direttamente connesse a regimi di riduzione dell’orario lavorativo o a misure analoghe per far fronte agli effetti socioeconomici delle circostanze eccezionali causate dall’epidemia di Covid‐19.
2. Gli Stati membri beneficiari si avvalgono dell’assistenza finanziaria in primo luogo a supporto dei propri regimi nazionali di riduzione dell’orario lavorativo o misure analoghe e, ove applicabile, a supporto delle pertinenti misure di carattere sanitario.
Articolo 4
Forma dell’assistenza finanziaria
L’assistenza finanziaria assume la forma di un prestito concesso dall’Unione allo Stato membro interessato. A tal fine, con decisione di esecuzione del Consiglio adottata a norma dell’articolo 6, paragrafo 1, alla Commissione è conferito il potere di assumere prestiti per conto dell’Unione sui mercati dei capitali o presso le istituzioni finanziarie nel momento più opportuno in modo da ottimizzare i costi del finanziamento e preservare la sua reputazione di emittente dell’Unione sui mercati.
Articolo 5
Importo massimo dell’assistenza finanziaria
L’importo massimo dell’assistenza finanziaria non supera 100 000 000 000 EUR per tutti gli Stati membri.
Articolo 6
Procedura per richiedere l’assistenza finanziaria
1. L’assistenza finanziaria è resa disponibile con decisione di esecuzione del Consiglio adottata sulla base di una proposta della Commissione.
2. Prima di presentare una proposta al Consiglio, la Commissione consulta senza indebito ritardo lo Stato membro interessato per verificare l’aumento repentino e severo della spesa pubblica effettiva ed eventualmente anche programmata direttamente connessa a regimi di riduzione dell’orario lavorativo e a misure analoghe, nonché, ove appropriato, a pertinenti misure di carattere sanitario, nello Stato membro che richiede l’assistenza finanziaria, in relazione alle circostanze eccezionali causate dall’epidemia di Covid‐19. A tal fine, lo Stato membro interessato fornisce alla Commissione le opportune evidenze. Inoltre, la Commissione verifica il rispetto delle regole prudenziali previste all’articolo 9.
3. La decisione di esecuzione del Consiglio di cui al paragrafo 1 contiene:
a)
l’importo del prestito, la scadenza media massima, la formula del prezzo, il numero massimo di rate, il periodo di disponibilità e le altre regole dettagliate necessarie per la concessione dell’assistenza finanziaria;
b)
una valutazione del rispetto da parte dello Stato membro delle condizioni di cui all’articolo 3; e
c)
una descrizione dei regimi nazionali di riduzione dell’orario lavorativo o delle misure analoghe, nonché, ove appropriato, delle pertinenti misure di carattere sanitario che possono godere del finanziamento.
4. Quando adotta una decisione di esecuzione di cui al paragrafo 1, il Consiglio prende in considerazione le esigenze attuali e attese dello Stato membro richiedente, nonché le richieste di assistenza finanziaria a norma del presente regolamento già presentate o programmate da altri Stati membri, applicando nel contempo i principi di parità di trattamento, solidarietà, proporzionalità e trasparenza.
Articolo 7
Erogazione del prestito concesso a titolo dello strumento
Il prestito concesso a titolo dello strumento («prestito») è erogato in rate.
Articolo 8
Operazioni di assunzione e di concessione di prestiti
1. Le operazioni di assunzione e di concessione di prestiti a titolo dello strumento sono effettuate in euro.
2. Le caratteristiche del prestito sono concordate in un accordo sul prestito tra lo Stato membro beneficiario e la Commissione («accordo di prestito»). Tali accordi contengono le disposizioni di cui all’articolo 220, paragrafo 5, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046.
3. Su richiesta dello Stato membro beneficiario e se le circostanze consentono un miglioramento del tasso di interesse sul prestito, la Commissione può rifinanziare in tutto o in parte il prestito inizialmente assunto o ristrutturare le corrispondenti condizioni finanziarie.
4. Il comitato economico e finanziario è tenuto al corrente dei rifinanziamenti o delle ristrutturazioni di cui al paragrafo 3.
Articolo 9
Regole prudenziali applicabili al portafoglio prestiti
1. La quota di prestiti concessi ai tre Stati membri che rappresentano la quota più grande di prestiti concessi non supera il 60 per cento dell’importo massimo di cui all’articolo 5.
2. L’importo che l’Unione deve in un dato anno non supera il 10 per cento dell’importo massimo di cui all’articolo 5.
3. Ove necessario, la Commissione può rinnovare i prestiti associati assunti per conto dell’Unione.
Articolo 10
Amministrazione dei prestiti
1. La Commissione adotta le necessarie disposizioni per l’amministrazione dei prestiti con la Banca centrale europea.
2. Lo Stato membro beneficiario apre un conto speciale presso la banca centrale nazionale per la gestione dell’assistenza finanziaria ricevuta. Inoltre, 20 giorni lavorativi TARGET2 prima della data di scadenza corrispondente trasferisce il capitale e gli interessi dovuti in base all’accordo di prestito su un conto presso il Sistema europeo di banche centrali.
Articolo 11
Contributi allo strumento sotto forma di garanzie dagli Stati membri
1. Gli Stati membri possono contribuire allo strumento mediante controgaranzie dei rischi sostenuti dall’Unione.
2. I contributi degli Stati membri sono forniti sotto forma di garanzie irrevocabili, incondizionate e su richiesta.
3. La Commissione conclude un accordo con lo Stato membro contributore sulle garanzie irrevocabili, incondizionate e su richiesta di cui al paragrafo 2. Tali accordi fissano le condizioni del pagamento.
4. L’attivazione delle garanzie prestate dagli Stati membri avviene proporzionalmente alla quota relativa di ciascuno Stato membro sul reddito nazionale lordo dell’Unione di cui all’articolo 12, paragrafo 1. Se uno Stato membro non è in grado di onorare, in tutto o in parte, l’attivazione a tempo debito, la Commissione, al fine di coprire la parte corrispondente allo Stato membro in questione, ha il diritto di procedere ad attivazioni aggiuntive di garanzie presso altri Stati membri. Tali attivazioni avvengono proporzionalmente alla quota relativa di ciascuno degli altri Stati membri sul reddito nazionale lordo dell’Unione di cui all’articolo 12, paragrafo 1, e adeguato senza tenere conto della quota relativa dello Stato membro in questione. In capo allo Stato membro che non abbia onorato l’attivazione continua a incombere tale obbligo. I contributi aggiuntivi degli altri Stati membri sono rimborsati ricorrendo agli importi che la Commissione ha recuperato dallo Stato membro in questione. La garanzia attivata da uno Stato membro è limitata, in tutte le circostanze, all’importo complessivo della garanzia fornita da tale Stato membro a norma dell’accordo di cui al paragrafo 3.
5. Prima di attivare le garanzie fornite dagli Stati membri, la Commissione, a sua esclusiva discrezione e sotto la sua esclusiva responsabilità in quanto istituzione dell’Unione incaricata dell’esecuzione del bilancio generale dell’Unione in conformità dell’articolo 317 TFUE, dovrebbe esaminare la possibilità di avvalersi del margine disponibile sotto il massimale delle risorse proprie per gli stanziamenti di pagamento nella misura da essa ritenuta sostenibile, tenendo conto fra l’altro delle passività potenziali totali dell’Unione, anche a titolo del meccanismo di sostegno delle bilance dei pagamenti istituito dal regolamento (CE) n. 332/2002, e della sostenibilità del bilancio generale dell’Unione. Tale esame non pregiudica il carattere irrevocabile, incondizionato e su richiesta delle garanzie fornite a norma del paragrafo 2. Nell’attivazione delle garanzie, la Commissione informa gli Stati membri in merito alla misura in cui si è avvalsa del margine.
6. Gli importi risultanti dalle attivazioni delle garanzie di cui al paragrafo 2 costituiscono entrate con destinazione specifica esterne per lo strumento, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 5, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046.
Articolo 12
Disponibilità dello strumento
1. Lo strumento viene messo a disposizione solo dopo che tutti gli Stati membri hanno contribuito allo strumento a norma dell’articolo 11, per un importo che rappresenti almeno il 25 % dell’importo massimo di cui all’articolo 5, purché le quote relative dei contributi di ciascuno Stato membro sull’importo complessivo dei contributi degli Stati membri corrispondano alle quote relative degli Stati membri sul reddito nazionale lordo dell’Unione, come risulta dalla colonna 1) della tabella 3 della parte A («Introduzione e finanziamento del bilancio generale») della parte entrate del bilancio per il 2020 di cui al bilancio generale dell’Unione per l’esercizio 2020, adottato il 27 novembre 2019 (4).
2. La Commissione informa il Consiglio quando lo strumento viene messo a disposizione.
3. Il periodo di disponibilità dello strumento nel corso del quale può essere adottata una decisione di cui all’articolo 6, paragrafo 1, si conclude il 31 dicembre 2022.
4. Qualora nella relazione di cui all’articolo 14 la Commissione concluda che continuano a sussistere le gravi perturbazioni economiche causate dall’epidemia di Covid‐19 che incidono sul finanziamento delle misure di cui all’articolo 1, il Consiglio, su proposta della Commissione, può decidere di prorogare ogni volta per un ulteriore periodo di sei mesi il periodo di disponibilità dello strumento.
Articolo 13
Controllo e audit
1. L’accordo di prestito contiene le disposizioni necessarie in materia di controlli e audit, come richiesto dall’articolo 220, paragrafo 5, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046.
2. Qualora una richiesta di assistenza finanziaria presentata a norma dell’articolo 3, paragrafo 1, sia basata, in tutto o in parte, sulla spesa pubblica programmata, lo Stato membro beneficiario informa ogni sei mesi la Commissione in merito all’esecuzione di tali spese pubbliche programmate.
Articolo 14
Rendicontazione
1. Entro sei mesi dal giorno in cui lo strumento diventa disponibile a norma dell’articolo 12, e successivamente ogni sei mesi nell’ambito dell’articolo 250 del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046, la Commissione trasmette al Parlamento europeo, al Consiglio, al comitato economico e finanziario e al comitato per l’occupazione una relazione sull’uso dell’assistenza finanziaria, compresi gli importi ancora da liquidare e il calendario di rimborso applicabile a titolo dello strumento, e sul protrarsi delle circostanze eccezionali che giustificano l’applicazione del presente regolamento.
2. Se del caso, la relazione di cui al paragrafo 1 è corredata di una proposta di decisione di esecuzione del Consiglio che proroga il periodo di disponibilità dello strumento.
Articolo 15
Applicazione
1. Il presente regolamento non si applica al Regno Unito o nel Regno Unito.
2. Nel presente regolamento il Regno Unito è escluso dai riferimenti agli Stati membri.
Articolo 16
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 19 maggio 2020
Per il Consiglio
Il presidente
G. GRLIĆ RADMAN
(1) Regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU L 193 del 30.7.2018, pag. 1).
(2) Regolamento (CE) n. 332/2002 del Consiglio, del 18 febbraio 2002, che istituisce un meccanismo di sostegno finanziario a medio termine delle bilance dei pagamenti degli Stati membri (GU L 53 del 23.2.2002, pag. 1).
(3) GU L 29 del 31.1.2020, pag. 7.
(4) Adozione definitiva (UE, Euratom) 2020/227 del bilancio generale dell’Unione europea per l’esercizio 2020 (GU L 57 del 27.2.2020, pag. 1). | Sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione nello stato di emergenza (SURE) a seguito dell’epidemia di Covid-19
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Istituendo lo strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione nello stato di emergenza (SURE), il regolamento fissa le condizioni e le procedure per consentire all’Unione europea (Unione) di fornire assistenza finanziaria a uno Stato membro che subisca o rischi seriamente di subire gravi perturbazioni economiche dovute all’epidemia di Covid-19. Punta a finanziare, in primo luogo, regimi di riduzione dell’orario lavorativo o di misure analoghe che mirano a proteggere i lavoratori dipendenti e autonomi e pertanto a ridurre l’incidenza della disoccupazione e della perdita di reddito. Può essere inoltre utilizzato per finanziare determinate misure di carattere sanitario, in particolare nel luogo di lavoro.
PUNTI CHIAVE
L’articolo 122, paragrafo 2 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea consente al Consiglio di concedere un’assistenza finanziaria dell’Unione a uno Stato membro che si trovi in difficoltà o sia seriamente minacciato da gravi difficoltà a causa di circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo. In base al regolamento SURE, uno Stato membro può richiedere l’assistenza finanziaria dell’Unione a sostegno delle misure nazionali, quali i regimi di riduzione dell’orario lavorativo, per far fronte agli effetti socioeconomici dell’epidemia di Covid-19, quando la propria spesa pubblica effettiva ed eventualmente anche programmata abbia subito un aumento repentino e severo a decorrere dal 1o febbraio 2020. L’assistenza finanziaria viene fornita su richiesta e assume la forma di un prestito, pagato a rate. A tal fine, la Commissione europea e lo Stato membro interessato concludono un accordo di prestito in conformità con l’articolo 220, paragrafo 5 del regolamento finanziario dell’UE [regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 — si veda la sintesi]. Per provvedere al finanziamento dello strumento SURE, alla Commissione è conferito il potere di assumere prestiti sui mercati dei capitali o presso le istituzioni finanziarie nel momento più opportuno in modo da ottimizzare i costi del finanziamento e preservare la sua reputazione di emittente dell’Unione sui mercati. Gli Stati membri possono contribuire allo strumento SURE mediante controgaranzie dei rischi sostenuti dall’Unione. Tali contributi sono forniti sotto forma di garanzie irrevocabili, incondizionate e su richiesta. L’importo della garanzia fornita da ciascuno Stato membro corrisponde alla sua quota relativa nel reddito nazionale lordo totale dell’Unione dell’importo totale di 25 miliardi di EUR. La Commissione conclude un accordo di garanzia con lo Stato membro contributore, fissando le condizioni di pagamento. L’importo massimo dell’assistenza finanziaria non supera 100 000 000 000 EUR per tutti gli Stati membri. Lo strumento SURE mira a integrare le misure nazionali adottate dagli Stati membri colpiti per attenuare gli effetti economici, sociali e di carattere sanitario diretti causati dall’epidemia di Covid-19Procedura per richiedere e ottenere l’assistenza finanziariaL’assistenza finanziaria è resa disponibile con decisione di esecuzione del Consiglio adottata sulla base di una proposta della Commissione e dopo aver consultato lo Stato membro interessato. A tal fine, lo Stato membro interessato fornisce alla Commissione le opportune evidenze dell’aumento repentino e severo della spesa pubblica effettiva ed eventualmente anche programmata direttamente connessa a regimi di riduzione dell’orario lavorativo o per misure analoghe nonché, ove appropriato, alle misure di carattere sanitario, in conseguenza dell’epidemia di COVID-19.Regole prudenzialiLa Commissione, da parte sua, è tenuta ad attuare le seguenti regole prudenziali applicabili al portafoglio di prestiti SURE:la quota di prestiti concessi ai tre Stati membri che rappresentano la quota più grande di prestiti concessi non supera il 60 per cento dell’importo massimo (cioè il 60 % di 100 miliardi di EUR);l’importo che l’Unione deve in un dato anno non supera il 10 per cento dell’importo massimo dello strumento SURE (cioè il 10 % di 100 miliardi di EUR);ove necessario, la Commissione può rinnovare i prestiti associati assunti per conto dell’Unione. La decisione di esecuzione del Consiglio contiene:l’importo del prestito, la scadenza media massima, la formula del prezzo, il numero massimo di rate, il periodo di disponibilità e le altre regole dettagliate necessarie per la concessione dell’assistenza finanziaria;una valutazione del rispetto da parte dello Stato membro delle condizioni previste per l’utilizzo dello strumento SURE;una descrizione dei regimi nazionali di riduzione dell’orario lavorativo o delle misure analoghe, nonché, ove appropriato, delle pertinenti misure di carattere sanitario che possono godere del finanziamento ai sensi del regolamento SURE. Quando adotta una decisione di esecuzione, il Consiglio prende in considerazione le esigenze attuali e attese dello Stato membro richiedente, nonché le richieste di assistenza finanziaria SURE già presentate o programmate da altri Stati membri, applicando nel contempo i principi di parità di trattamento, solidarietà, proporzionalità e trasparenza.Amministrazione, possibilità di utilizzo delle garanzie e disponibilità dello strumento SURELa Commissione adotta le necessarie disposizioni per l’amministrazione dei prestiti con il Sistema europeo di banche centrali. Lo Stato membro beneficiario apre un conto speciale presso la banca centrale nazionale per la gestione dell’assistenza finanziaria ricevuta. Nel caso in cui, nonostante l’applicazione di tutte le regole prudenziali, la Commissione avesse bisogno di ricorrere alle garanzie fornite dagli Stati membri, si attende, prima di ricorrere a tali garanzie, di esaminare la possibilità di avvalersi del margine disponibile sotto il massimale delle risorse proprie per gli stanziamenti di pagamento, nella misura da essa ritenuta sostenibile, tenendo conto, fra l’altro, delle passività potenziali totali dell’Unione e della sostenibilità del bilancio generale dell’UE. Lo strumento viene messo a disposizione solo dopo che tutti gli Stati membri hanno contribuito allo strumento per la loro quota di garanzie (vedere sopra). Il periodo di disponibilità dello strumento SURE nel corso del quale può essere adottata una decisione sulla concessione dell’assistenza finanziaria si conclude il 31 dicembre 2022. Il Consiglio, su proposta della Commissione, può decidere di prorogare ogni volta per un ulteriore periodo di sei mesi il periodo di disponibilità dello strumento SURE, qualora la Commissione concluda che continuano a sussistere le gravi perturbazioni economiche causate dall’epidemia di Covid-19 che interessano il finanziamento delle misure pertinenti. Il regolamento non si applica nel Regno Unito.
DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO?
Il regolamento è entrato in vigore il 20 maggio 2020.
CONTESTO
Si veda anche:Sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione nello stato di emergenza (SURE) (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE) 2020/672 del Consiglio, del 19 maggio 2020, che istituisce uno strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione nello stato di emergenza (SURE) a seguito dell’epidemia di Covid-19 (GU L 159 del 20.5.2020, pag. 1).
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU L 193 del 30.7.2018, pag. 1).
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza — Politiche e azioni interne dell’Unione — Titolo VIII — Politica economica e monetaria — Capo 1 — Politica economica — Articolo 122 (ex articolo 100 TCE) (GU C 202, 7.6.2016, pag. 98). | 10,660 | 1,253 |
32011R1173 | false | REGOLAMENTO (UE) N. 1173/2011 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 16 novembre 2011
relativo all’effettiva esecuzione della sorveglianza di bilancio nella zona euro
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 136, in combinato disposto con l’articolo 121, paragrafo 6,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere della Banca centrale europea (1),
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (3),
considerando quanto segue:
(1)
Gli Stati membri la cui moneta è l’euro hanno un interesse particolare e la responsabilità di condurre politiche economiche che promuovano il corretto funzionamento dell’unione economica e monetaria e di evitare politiche che pregiudichino tale funzionamento.
(2)
Al fine di assicurare il corretto funzionamento dell’unione economica e monetaria, il trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) consente l’adozione di misure specifiche nella zona euro che vanno al di là delle disposizioni applicabili a tutti gli Stati membri.
(3)
L’esperienza acquisita e gli errori commessi nel corso dei primi dieci anni dell’unione economica e monetaria hanno evidenziato la necessità di una governance economica rafforzata nell’Unione, che dovrebbe fondarsi su una maggiore titolarità nazionale delle regole e delle politiche stabilite di comune accordo, nonché su un quadro più solido a livello di Unione per la sorveglianza delle politiche economiche nazionali.
(4)
Il quadro della governance economica rafforzata dovrebbe basarsi su diverse politiche interconnesse e coerenti fra loro a favore della crescita sostenibile e dell’occupazione, in particolare su una strategia dell’Unione per la crescita e l’occupazione che ponga l’accento sullo sviluppo e il rafforzamento del mercato interno e promuova le relazioni commerciali internazionali e la competitività, su un Semestre europeo per il coordinamento rafforzato delle politiche economiche e di bilancio, su un quadro efficace per prevenire e correggere i disavanzi pubblici eccessivi [il patto di stabilità e crescita (PSC)], su un solido quadro per prevenire e correggere gli squilibri macroeconomici, su requisiti minimi per le discipline di bilancio nazionali, nonché su una rafforzata regolamentazione e vigilanza dei mercati finanziari, tra cui la vigilanza macroprudenziale ad opera del Comitato europeo per il rischio sistemico.
(5)
Il PSC e l’intero quadro della governance economica dovrebbero integrare e sostenere una strategia dell’Unione per la crescita e l’occupazione. Le interrelazioni tra diverse istanze non dovrebbero comportare deroghe alle disposizioni del PSC.
(6)
Il conseguimento e il mantenimento di un mercato interno dinamico dovrebbero essere considerati elementi del funzionamento adeguato e corretto dell’unione economica e monetaria.
(7)
La Commissione dovrebbe svolgere un ruolo più attivo nella procedura di sorveglianza rafforzata, per quanto concerne le valutazioni specifiche per ciascuno Stato membro, il monitoraggio, le missioni in loco, le raccomandazioni e gli avvertimenti. Nell’adottare decisioni in merito alle sanzioni, il ruolo del Consiglio dovrebbe essere limitato, ed è opportuno che si ricorra alla votazione a maggioranza qualificata inversa.
(8)
Onde garantire un dialogo permanente con gli Stati membri volto a conseguire gli obiettivi di cui al presente regolamento, la Commissione dovrebbe effettuare missioni di sorveglianza.
(9)
È altresì opportuno che la Commissione effettui periodicamente un’ampia valutazione del sistema di governance economica, in particolare dell’efficacia e dell’adeguatezza delle sue sanzioni. Qualora necessario, dette valutazioni dovrebbero essere integrate da pertinenti proposte.
(10)
In sede di attuazione del presente regolamento, la Commissione dovrebbe tener conto della situazione economica contingente degli Stati membri interessati.
(11)
Il rafforzamento della governance economica dovrebbe includere una più stretta e tempestiva partecipazione del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali.
(12)
Potrebbe essere instaurato un dialogo economico con il Parlamento europeo, che consenta alla Commissione di rendere pubbliche le sue analisi, e al presidente del Consiglio, alla Commissione e, se del caso, al presidente del Consiglio europeo o al presidente dell’Eurogruppo di discutere. Un siffatto dibattito pubblico potrebbe permettere di affrontare le ripercussioni delle decisioni nazionali e portare la pressione pubblica sugli attori coinvolti. Nel riconoscere che gli interlocutori del Parlamento europeo nell’ambito di questo dialogo sono le pertinenti istituzioni dell’Unione e i loro rappresentanti, la commissione competente del Parlamento europeo può offrire la possibilità di partecipare ad uno scambio di opinioni allo Stato membro destinatario di una decisione del Consiglio, ai sensi degli articoli 4, 5 e 6 del presente regolamento. La partecipazione di uno Stato membro in tale scambio di opinioni avviene su base volontaria.
(13)
Per rendere ancora più effettiva l’esecuzione della sorveglianza di bilancio nella zona euro sono necessarie ulteriori sanzioni. Tali sanzioni dovrebbero accrescere la credibilità del quadro della sorveglianza delle politiche di bilancio dell’Unione.
(14)
Le disposizioni stabilite nel presente regolamento dovrebbero assicurare meccanismi equi, tempestivi, graduali ed effettivi che garantiscano la conformità alla parte preventiva e a quella correttiva del PSC, in particolare al regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio, del 7 luglio 1997, per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche (4), e al regolamento (CE) n. 1467/97 del Consiglio, del 7 luglio 1997, per l’accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi (5), in cui si esamina la conformità alla disciplina di bilancio sulla base di criteri relativi al disavanzo pubblico e al debito pubblico.
(15)
Le sanzioni di cui al presente regolamento, basate sulla parte preventiva del PSC, con riguardo agli Stati membri la cui moneta è l’euro dovrebbero costituire un incentivo per l’adeguamento all’obiettivo di bilancio a medio termine e al suo rispetto.
(16)
Onde evitare un’errata rappresentazione, volontaria o per negligenza grave, dei dati sul disavanzo pubblico e sul debito pubblico, dati che costituiscono un input fondamentale per il coordinamento delle politiche economiche nell’Unione, è opportuno imporre ammende agli Stati membri che se ne rendono responsabili.
(17)
Al fine di integrare le norme sul calcolo delle ammende imposte per la manipolazione delle statistiche e le norme sulla procedura che deve seguire la Commissione per indagare su tali azioni, dovrebbe essere delegato alla Commissione il potere di adottare atti conformemente all’articolo 290 TFUE, riguardo ai criteri dettagliati per la determinazione dell’entità dell’ammenda e per lo svolgimento delle indagini da parte della Commissione. È di particolare importanza che durante i lavori preparatori la Commissione svolga adeguate consultazioni, anche a livello di esperti. Nella preparazione e nella elaborazione degli atti delegati, la Commissione dovrebbe provvedere alla contestuale, tempestiva ed appropriata trasmissione dei documenti pertinenti al Parlamento europeo e al Consiglio.
(18)
Con riguardo alla parte preventiva del PSC, è opportuno che l’adeguamento e l’aderenza all’obiettivo di bilancio a medio termine siano garantiti dall’obbligo imposto agli Stati membri la cui moneta è l’euro, e che stiano compiendo progressi insufficienti verso il risanamento di bilancio, di costituire temporaneamente un deposito fruttifero. Tale dovrebbe essere il caso in cui uno Stato membro, incluso uno Stato membro che presenta un disavanzo inferiore al 3 % del prodotto interno lordo (PIL), si discosti in maniera significativa dall’obiettivo di bilancio a medio termine o dal percorso di avvicinamento a tale obiettivo e non corregga la deviazione.
(19)
Il deposito fruttifero imposto dovrebbe essere restituito allo Stato membro interessato, maggiorato degli interessi, una volta che il Consiglio si sia accertato che è stata posta fine alla situazione che ne ha motivato la costituzione.
(20)
Con riguardo alla parte correttiva del PSC, è opportuno che le sanzioni a carico degli Stati membri la cui moneta è l’euro assumano la forma di un obbligo di costituire un deposito infruttifero collegato alla decisione del Consiglio che accerta l’esistenza di un disavanzo eccessivo, se nella parte preventiva del PSC è già stata imposta allo Stato membro interessato la costituzione di un deposito fruttifero o nei casi di inadempimento particolarmente grave agli obblighi relativi alla politica di bilancio definita dal PSC, ovvero di un obbligo di pagare un’ammenda in caso di mancato rispetto della raccomandazione del Consiglio di correggere il disavanzo pubblico eccessivo.
(21)
Onde evitare l’applicazione retroattiva delle sanzioni previste in virtù della parte preventiva del PSC ai sensi del presente regolamento, le suddette sanzioni dovrebbero applicarsi soltanto rispetto alle pertinenti decisioni adottate dal Consiglio a norma del regolamento (CE) n. 1466/97 e dopo l’entrata in vigore del presente regolamento. Analogamente, per evitare l’applicazione retroattiva delle sanzioni previste in forza della parte correttiva del PSC ai sensi del presente regolamento, le suddette sanzioni dovrebbero applicarsi soltanto rispetto alle pertinenti raccomandazioni e decisioni volte a correggere il disavanzo pubblico eccessivo, adottate dal Consiglio dopo l’entrata in vigore del presente regolamento.
(22)
È opportuno che l’ammontare dei depositi fruttiferi, dei depositi infruttiferi e delle ammende previsti dal presente regolamento sia stabilito in modo da garantire un’equa gradualità delle sanzioni nella parte preventiva e in quella correttiva del PSC, e in maniera tale da costituire un incentivo sufficiente per gli Stati membri la cui moneta è l’euro a conformarsi al quadro di riferimento delle politiche di bilancio dell’Unione. Le ammende imposte in virtù dell’articolo 126, paragrafo 11, TFUE come specificato dall’articolo 12 del regolamento (CE) n. 1467/97 sono costituite da una componente fissa, pari allo 0,2 % del PIL e da una componente variabile. Pertanto, la gradualità e il pari trattamento degli Stati membri sono garantiti se il deposito fruttifero, quello infruttifero e l’ammenda previsti dal presente regolamento sono pari allo 0,2 % del PIL, vale a dire pari all’ammontare della componente fissa dell’ammenda comminata a norma dell’articolo 126, paragrafo 11, TFUE.
(23)
È opportuno che il Consiglio abbia la possibilità di ridurre o annullare le sanzioni imposte agli Stati membri la cui moneta è l’euro sulla base di una raccomandazione della Commissione facente seguito ad una richiesta motivata dello Stato membro interessato. Nella parte correttiva del PSC, è opportuno che la Commissione possa raccomandare la riduzione dell’ammontare della sanzione o il suo annullamento a motivo di circostanze economiche eccezionali.
(24)
Qualora sia stata posta fine alla situazione di disavanzo eccessivo è opportuno che il deposito infruttifero sia restituito e che gli interessi maturati e le ammende riscosse siano assegnati ai meccanismi di stabilità intesi a prestare assistenza finanziaria, creati dagli Stati membri la cui moneta è l’euro per salvaguardare la stabilità dell’intera area dell’euro.
(25)
Al Consiglio dovrebbe essere conferito il potere di adottare decisioni individuali per l’applicazione delle sanzioni di cui al presente regolamento. In quanto elementi del coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri in seno al Consiglio, ai sensi dell’articolo 121, paragrafo 1, TFUE, tali decisioni individuali fanno parte integrante del seguito dato alle misure adottate dal Consiglio, conformemente agli articoli 121 e 126 TFUE e ai regolamenti (CE) n. 1466/97 e (CE) n. 1467/97.
(26)
Dato che il presente regolamento contiene disposizioni generali tese a garantire l’effettiva esecuzione dei regolamenti (CE) n. 1466/97 e (CE) n. 1467/97, è opportuno che esso sia adottato secondo la procedura ordinaria di cui all’articolo 121, paragrafo 6, TFUE.
(27)
Poiché l’obiettivo del presente regolamento, vale a dire la creazione di un meccanismo sanzionatorio uniforme non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri, l’Unione può adottare misure in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea (TUE). Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo, in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,
HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
CAPO I
OGGETTO, AMBITO DI APPLICAZIONE E DEFINIZIONI
Articolo 1
Oggetto e ambito di applicazione
1. Il presente regolamento stabilisce un sistema di sanzioni volto a migliorare il rispetto della parte preventiva e della parte correttiva del patto di stabilità e crescita nella zona euro.
2. Il presente regolamento si applica agli Stati membri la cui moneta è l’euro.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente regolamento si intende per:
1)
«parte preventiva del patto di stabilità e crescita», il sistema di sorveglianza multilaterale istituito dal regolamento (CE) n. 1466/97;
2)
«parte correttiva del patto di stabilità e crescita», la procedura volta a eliminare il disavanzo eccessivo degli Stati membri regolamentata dall’articolo 126 TFUE e dal regolamento (CE) n. 1467/97;
3)
«circostanze economiche eccezionali», circostanze in cui il superamento del valore di riferimento da parte del disavanzo pubblico è considerato eccezionale ai sensi dell’articolo 126, paragrafo 2, lettera a), secondo trattino, TFUE e del regolamento (CE) n. 1467/97.
CAPO II
DIALOGO ECONOMICO
Articolo 3
Dialogo economico
Al fine di rafforzare il dialogo tra le istituzioni dell’Unione, in particolare il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione, e garantire una maggiore trasparenza e responsabilità, la commissione competente del Parlamento europeo può invitare il presidente del Consiglio, la Commissione e, se del caso, il presidente dell’Eurogruppo a partecipare a una sua riunione per discutere delle decisioni adottate a norma degli articoli 4, 5 e 6 del presente regolamento.
La commissione competente del Parlamento europeo può offrire la possibilità allo Stato membro interessato da tali decisioni di partecipare a uno scambio di opinioni.
CAPO III
SANZIONI NEL QUADRO DELLA PARTE PREVENTIVA DEL PATTO DI STABILITÀ E CRESCITA
Articolo 4
Depositi fruttiferi
1. Qualora il Consiglio adotti una decisione secondo cui uno Stato membro non ha dato seguito effettivo alla sua raccomandazione di cui all’articolo 6, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento (CE) n. 1466/97, la Commissione, entro venti giorni dall’adozione della decisione del Consiglio, raccomanda che quest’ultimo, mediante un’ulteriore decisione, richieda allo Stato membro in questione la costituzione di un deposito fruttifero di ammontare pari allo 0,2 % del PIL dell’anno precedente.
2. La decisione che richiede la costituzione è considerata adottata dal Consiglio a meno che quest’ultimo, deliberando a maggioranza qualificata, non respinga la raccomandazione della Commissione entro dieci giorni dalla sua adozione da parte della Commissione.
3. Il Consiglio può modificare, deliberando a maggioranza qualificata, la raccomandazione della Commissione e adottare il testo così modificato quale decisione del Consiglio.
4. La Commissione, su richiesta motivata ad essa indirizzata dallo Stato membro interessato entro dieci giorni dall’adozione della decisione del Consiglio che stabilisce che lo Stato membro non ha adottato le misure di cui al paragrafo 1, può raccomandare che il Consiglio riduca l’importo del deposito fruttifero o lo annulli.
5. Il tasso d’interesse applicato al deposito fruttifero corrisponde al rischio di credito della Commissione e al relativo periodo di investimento.
6. Qualora la situazione che ha motivato la raccomandazione di cui al secondo comma dell’articolo 6, paragrafo 2 del regolamento (CE) n. 1466/97 non sussista più, il Consiglio, sulla base di un’ulteriore raccomandazione della Commissione, decide che il deposito e gli interessi maturati siano restituiti allo Stato membro interessato. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può modificare l’ulteriore raccomandazione della Commissione.
CAPO IV
SANZIONI NEL QUADRO DELLA PARTE CORRETTIVA DEL PATTO DI STABILITÀ E CRESCITA
Articolo 5
Depositi infruttiferi
1. Qualora il Consiglio decida, deliberando ai sensi dell’articolo 126, paragrafo 6, TFUE, che esiste una situazione di disavanzo eccessivo in un Stato membro che ha costituito presso la Commissione un deposito fruttifero, a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, del presente regolamento, oppure qualora la Commissione abbia accertato un inadempimento particolarmente grave agli obblighi relativi alla politica di bilancio sanciti dal PSC, la Commissione, entro venti giorni a decorrere dall’adozione della decisione del Consiglio, raccomanda che quest’ultimo richieda, mediante un’ulteriore decisione, allo Stato membro interessato la costituzione presso la Commissione di un deposito infruttifero di ammontare pari allo 0,2 % del PIL nell’anno precedente.
2. La decisione che richiede la costituzione è considerata adottata dal Consiglio a meno che quest’ultimo, deliberando a maggioranza qualificata, non respinga la raccomandazione della Commissione entro dieci giorni dalla sua adozione da parte della Commissione.
3. Il Consiglio può modificare, deliberando a maggioranza qualificata, la raccomandazione della Commissione e adottare il testo così modificato quale decisione del Consiglio.
4. Sulla base di circostanze economiche eccezionali o a seguito di una richiesta motivata dello Stato membro interessato rivoltale entro dieci giorni dall’adozione della decisione del Consiglio ai sensi del paragrafo 126, paragrafo 6, TFUE, e di cui al paragrafo 1, la Commissione può raccomandare che il Consiglio riduca l’importo del deposito infruttifero o lo annulli.
5. Il deposito è costituito presso la Commissione. Se, a norma dell’articolo 3, lo Stato membro ha costituito presso la Commissione un deposito fruttifero, quest’ultimo è trasformato in deposito infruttifero.
Qualora l’entità di un deposito fruttifero costituito a norma dell’articolo 4 e maggiorato degli interessi maturati, sia superiore all’entità del deposito infruttifero da costituire a norma del paragrafo 1 del presente articolo, la differenza è restituita allo Stato membro.
Qualora l’entità del deposito infruttifero imposto sia superiore all’entità del deposito fruttifero costituito a norma dell’articolo 4 e maggiorato degli interessi maturati, lo Stato membro versa la differenza al momento di costituire il deposito infruttifero.
Articolo 6
Ammende
1. Qualora il Consiglio, deliberando ai sensi dell’articolo 126, paragrafo 8, TFUE decida che uno Stato membro non ha intrapreso misure efficaci per correggere il disavanzo eccessivo, la Commissione, entro venti giorni da tale decisione, raccomanda che il Consiglio, mediante un’ulteriore decisione, imponga un’ammenda di ammontare pari allo 0,2 % del PIL dello Stato membro nell’anno precedente.
2. La decisione di imposizione di un’ammenda è considerata adottata dal Consiglio a meno che quest’ultimo, deliberando a maggioranza qualificata, non respinga la raccomandazione della Commissione entro dieci giorni dalla sua adozione da parte della Commissione.
3. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può modificare la raccomandazione della Commissione e adottare il testo così modificato quale decisione del Consiglio.
4. Sulla base di circostanze economiche eccezionali, o a seguito di una richiesta motivata dello Stato membro interessato rivoltale entro dieci giorni dall’adozione della decisione del Consiglio ai sensi del paragrafo 126, paragrafo 8, TFUE e di cui al paragrafo 1, la Commissione raccomanda che il Consiglio riduca l’importo delle ammende o le annulli.
5. Se, a norma dell’articolo 5, lo Stato membro ha costituito presso la Commissione un deposito infruttifero, quest’ultimo è convertito in ammenda.
Se l’importo del deposito infruttifero costituito a norma dell’articolo 5 è superiore all’importo dell’ammenda, la differenza è restituita allo Stato membro.
Se l’importo dell’ammenda è superiore all’importo del deposito infruttifero costituito a norma dell’articolo 5, ovvero se non è stato costituito alcun deposito infruttifero, lo Stato membro versa la differenza all’atto del pagamento dell’ammenda.
Articolo 7
Restituzione dei depositi infruttiferi
Qualora il Consiglio, deliberando ai sensi dell’articolo 126, paragrafo 12, TFUE, decida di abrogare una ovvero tutte le decisioni da esso adottate, qualsiasi deposito infruttifero costituito presso la Commissione è restituito allo Stato membro o agli Stato membri interessati.
CAPO V
SANZIONI RELATIVE ALLE MANIPOLAZIONI DELLE STATISTICHE
Articolo 8
Sanzioni relative alle manipolazioni delle statistiche
1. Il Consiglio, deliberando su raccomandazione della Commissione, può decidere di imporre un’ammenda a uno Stato membro che, volontariamente o per negligenza grave, fornisce un’errata rappresentazione dei dati relativi al disavanzo e al debito rilevanti ai fini dell’applicazione degli articoli 121 o 126 TFUE, ovvero dell’applicazione del Protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi allegato al TUE e al TFUE.
2. Le ammende di cui al paragrafo 1 sono efficaci, dissuasive e commisurate alla natura, alla gravità e alla durata della errata rappresentazione. L’importo dell’ammenda non è superiore allo 0,2 % del PIL dello Stato membro interessato.
3. La Commissione può avviare tutte le indagini necessarie ad accertare l’esistenza delle errate rappresentazioni di cui al paragrafo 1. Essa può decidere di avviare un’indagine ove riscontri la presenza di serie indicazioni sull’esistenza di fatti idonei a configurare tale errata rappresentazione. La Commissione indaga sulle presunte errate rappresentazioni, tenendo conto delle eventuali osservazioni presentate dallo Stato membro interessato. Nello svolgimento dei propri compiti, la Commissione può chiedere allo Stato membro di fornire informazioni, e può effettuare ispezioni in loco ed accedere ai conti di tutte le entità governative a livello centrale, statale, locale e di sicurezza sociale. Se la normativa dello Stato membro interessato richiede una previa autorizzazione giudiziale per le ispezioni in loco, la Commissione presenta le necessarie domande.
Al termine della sua indagine e prima di presentare eventuali proposte al Consiglio, la Commissione concede allo Stato membro interessato la possibilità di essere ascoltato in merito alle questioni oggetto di indagine. La Commissione fonda la propria proposta al Consiglio unicamente sui fatti in merito ai quali lo Stato membro interessato ha avuto la possibilità di presentare osservazioni.
La Commissione rispetta pienamente i diritti della difesa dello Stato membro interessato.
4. La Commissione ha il potere di adottare atti delegati ai sensi dell’articolo 11 riguardo:
a)
ai criteri dettagliati per la determinazione dell’entità dell’ammenda;
b)
alle norme dettagliate circa la procedura per la conduzione delle indagini di cui al paragrafo 1, alle misure associate e all’informativa sulle indagini;
c)
alle norme procedurali dettagliate volte a garantire i diritti della difesa, l’accesso al fascicolo, la rappresentanza legale, la riservatezza, le disposizioni transitorie e la riscossione delle ammende.
5. La Corte di giustizia dell’Unione europea ha competenza giurisdizionale anche di merito per decidere sui ricorsi presentati avverso le decisioni con le quali il Consiglio impone un’ammenda ai sensi del paragrafo 1. Essa può annullare, ridurre o maggiorare l’ammenda così imposta.
CAPO VI
NATURA AMMINISTRATIVA DELLE SANZIONI E DISTRIBUZIONE DEGLI INTERESSI E DELLE AMMENDE
Articolo 9
Natura amministrativa delle sanzioni
Le sanzioni, imposte ai sensi degli articoli da 4 a 8 hanno natura amministrativa.
Articolo10
Distribuzione degli interessi e delle ammende
Gli interessi maturati dalla Commissione sui depositi costituiti a norma dell’articolo 5 e le ammende riscosse a norma degli articoli 6 e 8 costituiscono altre entrate, ai sensi dell’articolo 311 TFUE e sono assegnati al Fondo europeo di stabilità finanziaria. Qualora gli Stati membri la cui moneta è l’euro dovessero predisporre un altro meccanismo di stabilità inteso a prestare assistenza finanziaria al fine di tutelare la stabilità dell’intera area dell’euro, gli interessi e le ammende sarebbero destinati a tale meccanismo.
CAPO VII
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 11
Esercizio della delega
1. Il potere di adottare atti delegati è conferito alla Commissione alle condizioni stabilite dal presente articolo.
2. Il potere di adottare atti delegati di cui all’articolo 8, paragrafo 4, è conferito alla Commissione per un periodo di tre anni a decorrere dal 13 dicembre 2011. La Commissione elabora una relazione sulla delega di potere al più tardi nove mesi prima della scadenza del periodo di tre anni. La delega di potere è tacitamente prorogata per periodi di identica durata, a meno che il Parlamento europeo o il Consiglio non si oppongano a tale proroga al più tardi tre mesi prima della scadenza di ciascun periodo.
3. La delega di potere di cui all’articolo 8, paragrafo 4, può essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio. La decisione di revoca pone fine alla delega di potere ivi specificato. Gli effetti della decisione decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea o da una data successiva ivi specificata. Essa non pregiudica la validità degli atti delegati già in vigore.
4. Non appena adotta un atto delegato, la Commissione ne dà contestualmente notifica al Parlamento europeo e al Consiglio.
5. Un atto delegato adottato ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 4, entra in vigore soltanto se né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni entro il termine di due mesi dalla data in cui esso è stato loro notificato o se, prima della scadenza di tale termine, sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno informato la Commissione che non intendono sollevare obiezioni. Tale termine è prorogato di due mesi su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio.
Articolo 12
Votazione in seno al Consiglio
1. Per l’adozione delle misure di cui agli articoli 4, 5, 6 e 8, solo i membri del Consiglio rappresentanti gli Stati membri la cui moneta è l’euro prendono parte al voto e il Consiglio delibera senza tenere conto del voto del membro rappresentante lo Stato membro interessato.
2. Per maggioranza qualificata dei membri del Consiglio di cui al paragrafo 1 si intende quella definita conformemente all’articolo 238, paragrafo 3, lettera b), TFUE.
Articolo 13
Riesame
1. Entro 14 dicembre 2014, e successivamente ogni cinque anni, la Commissione pubblica una relazione sull’applicazione del presente regolamento.
La relazione valuta segnatamente:
a)
l’efficacia del presente regolamento, tra cui la possibilità di consentire al Consiglio e alla Commissione di intervenire per far fronte a situazioni che rischiano di compromettere il corretto funzionamento dell’unione monetaria;
b)
i progressi nel garantire un più stretto coordinamento delle politiche economiche e una convergenza duratura dei risultati economici degli Stati membri conformemente al TFUE.
2. Ove opportuno, tale relazione è corredata di una proposta di modifica del presente regolamento.
3. La relazione è trasmessa al Parlamento europeo e al Consiglio.
4. Entro la fine del 2011, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sulla possibilità di introdurre «eurotitoli».
Articolo 14
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile negli Stati membri conformemente ai trattati.
Fatto a Strasburgo, il 16 novembre 2011
Per il Parlamento europeo
Il presidente
J. BUZEK
Per il Consiglio
Il presidente
W. SZCZUKA
(1) GU C 150 del 20.5.2011, pag. 1.
(2) GU C 218 del 23.7.2011, pag. 46.
(3) Posizione del Parlamento europeo del 28 settembre 2011 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio dell’8 novembre 2011.
(4) GU L 209 del 2.8.1997, pag. 1.
(5) GU L 209 del 2.8.1997, pag. 6. | Applicazione del patto di stabilità e di crescita
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Esso stabilisce un sistema graduale di sanzioni per i paesi della zona euro che non adempiano ai loro obblighi relativamente al patto di stabilità e crescita o che manipolino le loro statistiche economiche.
Le regole vengono definite principalmente per incoraggiare i governi a rispettare i propri obiettivi di bilancio a medio termine.
PUNTI CHIAVE
I paesi della zona euro che:non agiscano per correggere scostamenti significativi nel proprio disavanzo di bilancio da quanto richiesto per il raggiungimento degli obiettivi di medio termine, in seguito a un avvertimento da parte della Commissione europea, potrebbero dover costituire un deposito fruttifero presso la Commissione, pari allo 0,2% del prodotto interno lordo (PIL) dell’anno precedente; secondo il parere del Consiglio siano incorsi in un disavanzo eccessivo potranno dover costituire un deposito infruttifero presso la Commissione, equivalente allo 0,2% del PIL dell’anno precedente; non abbiano intrapreso misure efficaci per correggere il disavanzo eccessivo, potranno subire un’ammenda dello 0,2% del PIL dell’anno precedente. Le procedure per l’adozione delle misure suindicate sono identiche. Qualora il Consiglio adotti una decisione sulla mancanza di azioni efficaci o stabilisca l’esistenza di un disavanzo eccessivo, la Commissione raccomanda la sanzione pertinente entro venti giorni. Essa viene applicata a meno che una maggioranza qualificata di Stati membri non la respinga. La Commissione può raccomandare che il Consiglio riduca o annulli la sanzione a motivi di circostanze economiche eccezionali o in seguito a richiesta motivata da patre dello Stato membro interessato.
Il Consiglio, in seguito a una raccomandazione della Commissione, può inoltre imporre un’ammenda fino allo 0,2% del PIL a uno Stato della zona euro che, volontariamente o per negligenza grave, fornisca una rappresentazione errata dei dati relativi al proprio disavanzo e debito.
I proventi generati dalle ammende e dai depositi non fruttiferi vengono trasferiti al meccanismo europeo di stabilità a sostegno degli Stati della zona euro che richiedano assistenza finanziaria.
La Commissione pubblica una relazione ogni cinque anni, a partire dal 14 dicembre 2014, per valutare:l’efficacia del presente regolamento nel far fronte a situazioni che rischiano di compromettere il corretto funzionamento dell’unione monetaria; i progressi nel garantire un più stretto coordinamento e la convergenza delle politiche economiche e dei risultati economici degli Stati membri.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Dal 13 dicembre 2011.
CONTESTO
Il regolamento è uno dei sei atti legislativi (il cosiddetto six-pack) studiato per rafforzare la governance economica nell’Unione europea e, più specificatamente, nella zona euro. Gli altri sono:Un regolamento che modifica il Regolamento (CE) n. 1466/97 per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio e delle politiche economiche; Un regolamento che modifica il Regolamento (CE) n. 1467/97 sulla procedura per i disavanzi eccessivi; un regolamento sulla prevenzione e correzione degli squilibri macroeconomici; Un regolamento sulle misure esecutive per la correzione degli squilibri macroeconomici eccessivi nella zona euro e una direttiva sui requisiti per i bilanci nazionali dei paesi dell’area dell’euro. Per ulteriori informazioni, consultare:Entrata in vigore del pacchetto sulla governance economica dell’UE «Six-Pack» — Comunicato stampa (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE) n. 1173/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, riguardante l’applicazione efficace della sorveglianza di bilancio nella zona euro (GU L 306 del 23.11.2011, pag. 1).
Le successive modifiche al Regolamento (UE) n. 1173/2011 sono state integrate nel documento di base. Questa versione consolidata ha solo un valore documentario.
ATTI COLLEGATI
Regolamento (UE) n. 1174/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, sulle misure esecutive per la correzione degli squilibri macroeconomici eccessivi nella zona euro (GU L 306 del 23.11.2011, pag. 8).
Regolamento (UE) n. 1176/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici (GU L 306 del 23.11.2011, pag. 25).
Direttiva del Consiglio 2011/85/UE dell’8 novembre 2011 relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri (GU L 306 del 23.11.2011, pag. 41).
Regolamento (CE) del Consiglio n. 1466/97, del 7 luglio 1997, per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche (GU L 209 del 2.8.1997, pag. 1).
Si veda la versione consolidata.
Regolamento (CE) n. 1467/97 del Consiglio, del 7 luglio 1997, relativo all’accelerazione e al chiarimento dell’attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi (GU L 209 del 2.8.1997, pag. 6).
Si veda la versione consolidata. | 10,613 | 1,285 |
32017D0684 | false | DECISIONE (UE) 2017/684 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 5 aprile 2017
che istituisce un meccanismo per lo scambio di informazioni riguardo ad accordi intergovernativi e a strumenti non vincolanti fra Stati membri e paesi terzi nel settore dell'energia, e che abroga la decisione n. 994/2012/UE
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 194, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
previa consultazione del Comitato delle regioni,
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
L'adeguato funzionamento del mercato interno dell'energia comporta che l'energia importata nell'Unione sia interamente disciplinata dalle norme che istituiscono il mercato interno dell'energia. La trasparenza e la conformità al diritto dell'Unione rappresentano elementi importanti per garantire la stabilità energetica dell'Unione. Un mercato interno dell'energia che non funzioni correttamente pone l'Unione in una posizione vulnerabile e svantaggiosa per quanto riguarda la sicurezza dell'approvvigionamento energetico e compromette i suoi potenziali benefici per i consumatori e l'industria europei.
(2)
Per salvaguardare l'approvvigionamento di energia dell'Unione è necessario diversificare le fonti energetiche e creare nuove interconnessioni energetiche tra gli Stati membri. Nel contempo, è fondamentale potenziare la cooperazione in materia di sicurezza energetica con i paesi del vicinato dell'Unione e con i partner strategici.
(3)
L'obiettivo della strategia dell'Unione dell'energia, adottata dalla Commissione il 25 febbraio 2015, è quello di garantire ai consumatori un'energia sicura, sostenibile, competitiva e a prezzi accessibili. Il perseguimento di politiche energetiche, commerciali ed esterne uniformi e coerenti contribuirà in modo significativo al raggiungimento di tale obiettivo. Più precisamente, la strategia dell'Unione dell'energia sottolinea che un elemento importante per garantire la sicurezza energetica è la piena conformità al diritto dell'Unione degli accordi relativi all'acquisto di energia da paesi terzi, in base all'analisi già svolta nella strategia europea di sicurezza energetica del 28 maggio 2014. Nello stesso spirito, il Consiglio europeo, nelle sue conclusioni del 19 marzo 2015, ha auspicato la piena conformità al diritto dell'Unione di tutti gli accordi relativi all'acquisto di gas da fornitori esterni, in particolare rafforzando la trasparenza di tali accordi e la compatibilità con le disposizioni dell'Unione in materia di sicurezza energetica.
(4)
Nella sua risoluzione del 15 dicembre 2015«Verso un'Unione europea dell'energia», il Parlamento europeo ha evidenziato la necessità di rafforzare la coerenza delle politiche dell'Unione in materia di sicurezza energetica esterna e di accrescere la trasparenza degli accordi relativi all'energia.
(5)
La decisione n. 994/2012/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (3) si è rivelata utile per ricevere informazioni sugli accordi intergovernativi vigenti e per individuare i problemi ad essi inerenti in termini di compatibilità con il diritto dell'Unione.
(6)
Tuttavia, la decisione n. 994/2012/UE si è rivelata insufficiente a garantire la conformità degli accordi intergovernativi al diritto dell'Unione. Detta decisione si è basata principalmente sulla valutazione degli accordi intergovernativi da parte della Commissione dopo la loro conclusione fra gli Stati membri e un paese terzo. L'esperienza maturata nell'attuazione della decisione n. 994/2012/UE ha dimostrato che tale valutazione ex post non è la modalità più efficace per garantire la conformità degli accordi intergovernativi al diritto dell'Unione. In particolare, gli accordi intergovernativi spesso non contengono clausole di recesso o di adattamento tali da consentire agli Stati membri di eliminare eventuali mancate conformità entro un periodo di tempo ragionevole. Inoltre, le posizioni dei firmatari si sono già consolidate, creando pressioni politiche affinché non si modifichi nessun elemento dell'accordo.
(7)
Un elevato grado di trasparenza per quanto riguarda gli accordi fra Stati membri e paesi terzi in campo energetico favorirà sia la realizzazione di una più stretta cooperazione all'interno dell'Unione nel settore delle relazioni esterne in materia di energia, sia il conseguimento degli obiettivi strategici a lungo termine dell'Unione relativi all'energia, al clima e alla sicurezza dell'approvvigionamento energetico.
(8)
Al fine di evitare eventuali non conformità al diritto dell'Unione e di aumentare la trasparenza, è opportuno che gli Stati membri informino nel più breve tempo possibile la Commissione della loro intenzione di avviare negoziati concernenti nuovi accordi intergovernativi o modifiche ad accordi intergovernativi. È opportuno che la Commissione sia informata regolarmente degli sviluppi dei negoziati. Gli Stati membri dovrebbero avere la possibilità di invitare la Commissione a partecipare ai negoziati in qualità di osservatrice. La Commissione dovrebbe poter chiedere di partecipare ai negoziati in qualità di osservatrice.
(9)
Nel corso della negoziazione di un accordo intergovernativo, la Commissione dovrebbe avere la possibilità di fornire consulenza allo Stato membro interessato su come evitare l'incompatibilità di tale accordo con il diritto dell'Unione. In tale contesto la Commissione dovrebbe inoltre avere la possibilità di attirare l'attenzione dello Stato membro interessato sugli obiettivi pertinenti della politica energetica dell'Unione, sul principio di solidarietà tra gli Stati membri e l'Unione, nonché sulle posizioni adottate in seno al Consiglio in merito alle politiche dell'Unione o sulle conclusioni del Consiglio europeo. Tuttavia, ciò non dovrebbe costituire parte integrante della valutazione giuridica, da parte della Commissione, del progetto di accordo intergovernativo o di modifica.
(10)
Per assicurare la conformità al diritto dell'Unione, e tenendo in debito conto il fatto che gli accordi intergovernativi e le modifiche nel settore del gas o del petrolio hanno attualmente le più ampie ripercussioni sul corretto funzionamento del mercato interno dell'energia e sulla sicurezza dell'approvvigionamento energetico dell'Unione, è opportuno che gli Stati membri notifichino, ex ante, alla Commissione i progetti di accordi intergovernativi relativi al gas o al petrolio prima che diventino giuridicamente vincolanti per le parti. In uno spirito di cooperazione, la Commissione dovrebbe assistere gli Stati membri nell'individuazione delle problematiche di conformità del progetto di accordo intergovernativo o di modifica. Lo Stato membro interessato sarebbe così meglio preparato a concludere un accordo che sia conforme al diritto dell'Unione.
(11)
La Commissione dovrebbe disporre di tempo sufficiente per svolgere una valutazione in modo da fornire la maggior certezza giuridica possibile, evitando nel contempo indebiti ritardi. La Commissione dovrebbe prendere in considerazione, se del caso, la riduzione dei termini che sono previsti per la sua valutazione, in particolare se uno Stato membro lo richiede o se l'ha tenuta informata in maniera sufficientemente dettagliata durante la fase delle negoziazioni, e tenuto conto della misura in cui il progetto di accordo intergovernativo o di modifica è basato su clausole tipo. Per trarre pieno vantaggio dall'assistenza della Commissione, è auspicabile che gli Stati membri si astengano dal concludere un accordo intergovernativo relativo al gas o al petrolio, o un accordo intergovernativo relativo all'energia elettrica qualora uno Stato membro abbia scelto di chiedere la valutazione ex ante della Commissione, fino a quando la Commissione non abbia informato lo Stato membro della sua valutazione. Gli Stati membri dovrebbero adottare tutte le misure necessarie per pervenire a una soluzione adeguata al fine di eliminare le eventuali incompatibilità identificate.
(12)
Alla luce della strategia dell'Unione dell'energia, la trasparenza relativamente agli accordi intergovernativi passati e futuri rimane di importanza fondamentale ed è un elemento essenziale per garantire la stabilità energetica dell'Unione. Perciò, è opportuno che gli Stati membri continuino a notificare alla Commissione gli accordi intergovernativi vigenti e futuri, indipendentemente dal fatto che siano entrati in vigore o che siano applicati in via provvisoria ai sensi dell'articolo 25 della convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, nonché i nuovi accordi intergovernativi.
(13)
La Commissione dovrebbe valutare la compatibilità con il diritto dell'Unione degli accordi intergovernativi che sono in vigore o che si applicano provvisoriamente alla data di entrata in vigore della presente decisione, e informare gli Stati membri di conseguenza. In caso di incompatibilità, gli Stati membri dovrebbero adottare tutte le misure necessarie per pervenire a una soluzione adeguata al fine di eliminare le incompatibilità identificate.
(14)
La presente decisione dovrebbe applicarsi agli accordi intergovernativi. Questi ultimi esprimono, in particolare nel loro contenuto, e a prescindere dalla loro designazione formale, l'intenzione delle parti che l'accordo abbia forza vincolante, interamente o in parte. Dovrebbero essere notificati solo gli accordi intergovernativi che riguardano l'acquisto, lo scambio, la vendita, il transito, lo stoccaggio o l'approvvigionamento di energia in almeno uno Stato membro, o ad almeno uno Stato membro, ovvero la costruzione o il funzionamento di un'infrastruttura energetica con una connessione fisica con almeno uno Stato membro. In caso di dubbio, gli Stati membri dovrebbero consultare senza indugio la Commissione. In linea di principio, gli accordi che non sono più in vigore o che non sono più applicati non dovrebbero rientrare nell'ambito di applicazione della presente decisione.
(15)
È il carattere vincolante di uno strumento, o di parti di esso, non la sua designazione formale, che lo qualifica come accordo intergovernativo o, in assenza di carattere vincolante, come strumento non vincolante ai fini della presente decisione.
(16)
Gli Stati membri instaurano relazioni con paesi terzi non solo mediante accordi intergovernativi, ma anche sotto forma di strumenti non vincolanti, che spesso sono formalmente designati quali memorandum d'intesa, dichiarazioni congiunte, dichiarazioni ministeriali congiunte, azioni congiunte, codici di condotta comuni o da termini simili. Poiché tali strumenti non sono giuridicamente vincolanti, gli Stati membri non possono essere giuridicamente obbligati ad attuarli, compreso quando tale attuazione è incompatibile con il diritto dell'Unione. Sebbene non siano giuridicamente vincolanti, tali strumenti possono essere utilizzati per definire un quadro di riferimento dettagliato per l'infrastruttura energetica e per l'approvvigionamento energetico. Ai fini di una maggiore trasparenza, gli Stati membri dovrebbero poter trasmettere alla Commissione strumenti non vincolanti, ossia accordi conclusi tra uno o più Stati membri e uno o più paesi terzi che non sono giuridicamente vincolanti e che stabiliscono le condizioni per l'approvvigionamento energetico o per lo sviluppo di infrastrutture energetiche, anche includendo interpretazioni del diritto dell'Unione al riguardo, o modifiche di tali strumenti non vincolanti, compresi i loro eventuali allegati. Qualora uno strumento non vincolante o una modifica faccia esplicito riferimento ad altri testi, lo Stato membro dovrebbe anche poter trasmettere questi ultimi.
(17)
È opportuno che gli accordi intergovernativi e gli strumenti non vincolanti che devono essere integralmente notificati alla Commissione sulla base di altri atti dell'Unione o che riguardano materie che rientrano nell'ambito di applicazione del trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica non rientrino nell'ambito di applicazione della presente decisione.
(18)
La presente decisione non dovrebbe istituire alcun obbligo per quanto riguarda gli accordi fra imprese. Tuttavia, è opportuno che gli Stati membri abbiano la facoltà di comunicare alla Commissione, su base volontaria, accordi di questo tipo cui sia fatto esplicito riferimento in accordi intergovernativi o in strumenti non vincolanti.
(19)
È opportuno che la Commissione metta le informazioni pervenutele riguardanti accordi intergovernativi a disposizione di tutti gli altri Stati membri in formato elettronico sicuro, onde rafforzare il coordinamento e la trasparenza tra gli Stati membri, aumentando quindi il loro potere di negoziazione nei confronti di paesi terzi. È opportuno che la Commissione rispetti le richieste degli Stati membri di trattare le informazioni trasmessele come informazioni riservate. È tuttavia auspicabile che le richieste in materia di riservatezza non limitino l'accesso della Commissione stessa alle informazioni riservate, in quanto questa deve disporre di informazioni complete ai fini della valutazione. La Commissione dovrebbe essere garante dell'applicazione della clausola di riservatezza. Le richieste di riservatezza non pregiudicano il diritto di accesso ai documenti a norma del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (4).
(20)
Se uno Stato membro ritiene riservato un accordo intergovernativo, ne dovrebbe fornire alla Commissione una sintesi in cui figurino l'oggetto, la finalità, l'ambito di applicazione, la durata, le parti, nonché informazioni sugli elementi principali dello stesso, affinché sia condivisa con gli altri Stati membri.
(21)
È auspicabile che uno scambio permanente di informazioni sugli accordi intergovernativi a livello di Unione consenta di elaborare migliori prassi. Sulla base di tali migliori prassi, la Commissione dovrebbe sviluppare, in cooperazione con gli Stati membri, e se del caso in collaborazione con il servizio europeo per l'azione esterna per quanto riguarda le politiche esterne dell'Unione, clausole tipo facoltative, da utilizzare negli accordi intergovernativi fra gli Stati membri e i paesi terzi, nonché orientamenti, incluso un elenco di esempi di clausole che non rispettano il diritto dell'Unione e che non dovrebbero pertanto essere utilizzate. L'uso di tali clausole tipo dovrebbe mirare a evitare che gli accordi intergovernativi siano in contrasto con il diritto dell'Unione, in particolare con le norme del mercato interno dell'energia e con il diritto della concorrenza dell'Unione, e con gli accordi internazionali conclusi dall'Unione. Tali clausole tipo o orientamenti dovrebbero fungere da strumenti di riferimento per le autorità competenti e contribuiranno quindi a una maggiore trasparenza e compatibilità con il diritto dell'Unione. L'uso di siffatte clausole tipo dovrebbe essere facoltativo e il loro contenuto adattabile a qualsiasi circostanza particolare.
(22)
La migliore conoscenza reciproca degli accordi intergovernativi vigenti e nuovi dovrebbe consentire una maggiore trasparenza e un migliore coordinamento nel settore dell'energia tra Stati membri e tra questi ultimi e la Commissione. Tale coordinamento rafforzato dovrebbe consentire agli Stati membri di beneficiare appieno del peso economico e politico dell'Unione e permettere alla Commissione di proporre soluzioni ai problemi individuati nel settore degli accordi intergovernativi.
(23)
La Commissione dovrebbe agevolare e promuovere il coordinamento tra gli Stati membri al fine di rafforzare il ruolo strategico globale dell'Unione nel settore dell'energia attraverso un approccio coordinato ben definito ed efficace nei confronti dei paesi produttori, di transito e consumatori.
(24)
Poiché l'obiettivo della presente decisione, vale a dire lo scambio di informazioni tra gli Stati membri e la Commissione in materia di accordi intergovernativi nel settore dell'energia, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo degli effetti della presente decisione, applicabile a tutti gli Stati membri, può essere conseguito meglio a livello di Unione, quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea. La presente decisione si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(25)
È opportuno che le disposizioni della presente decisione non pregiudichino l'applicazione delle norme dell'Unione relative alle infrazioni, agli aiuti di Stato e alla concorrenza. In particolare, la Commissione ha la facoltà di avviare un procedimento di infrazione a norma dell'articolo 258 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) quando reputi che uno Stato membro non abbia ottemperato a uno degli obblighi ad esso incombenti in virtù del TFUE.
(26)
La Commissione dovrebbe valutare se la presente decisione sia sufficiente ed efficace per garantire la conformità degli accordi intergovernativi al diritto dell'Unione e un elevato livello di coordinamento fra gli Stati membri in materia di accordi intergovernativi nel settore dell'energia.
(27)
È pertanto opportuno abrogare la decisione n. 994/2012/UE,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Oggetto e ambito di applicazione
1. La presente decisione istituisce un meccanismo per lo scambio di informazioni fra gli Stati membri e la Commissione in materia di accordi intergovernativi nel settore dell'energia, quali definiti all'articolo 2, al fine di garantire il funzionamento del mercato interno dell'energia e migliorare la sicurezza dell'approvvigionamento energetico nell'Unione.
2. La presente decisione non si applica agli accordi intergovernativi che sono già soggetti, in tutti i loro elementi, ad altre procedure di notifica specifiche conformemente al diritto dell'Unione.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente decisione si intende per:
1)
«accordo intergovernativo», ogni accordo giuridicamente vincolante, indipendentemente dalla sua designazione formale, fra uno o più Stati membri e uno o più paesi terzi, ovvero tra uno o più Stati membri e un'organizzazione internazionale, che riguarda:
a)
l'acquisto, lo scambio, la vendita, il transito, lo stoccaggio o l'approvvigionamento di energia in almeno uno Stato membro o ad almeno uno Stato membro; o
b)
la costruzione o il funzionamento di un'infrastruttura energetica con una connessione fisica con almeno uno Stato membro;
tuttavia, ove tale accordo giuridicamente vincolante contempli altresì aspetti diversi da quelli di cui alle lettere a) e b), si considera che solo le disposizioni relative alle lettere summenzionate e le disposizioni generali applicabili a dette disposizioni connesse all'energia, costituiscano un accordo intergovernativo;
2)
«accordo intergovernativo vigente», un accordo intergovernativo che è in vigore o che si applica provvisoriamente il 2 maggio 2017;
3)
«strumento non vincolante», un accordo tra uno o più Stati membri e uno o più paesi terzi, che sia non giuridicamente vincolante, quale un memorandum d'intesa, una dichiarazione congiunta, una dichiarazione ministeriale congiunta, un'azione congiunta o un codice di condotta comune, e che stabilisca le condizioni per l'approvvigionamento di energia, ad esempio in termini di volumi e di prezzi, o per lo sviluppo di infrastrutture energetiche;
4)
«strumento non vincolante vigente», uno strumento non vincolante, sottoscritto o altrimenti convenuto prima del 2 maggio 2017.
Articolo 3
Obblighi di notifica in materia di accordi intergovernativi
1. Lo Stato membro che intende avviare negoziati con un paese terzo o un'organizzazione internazionale al fine di modificare un accordo intergovernativo o concludere un nuovo accordo intergovernativo, informa per iscritto la Commissione della propria intenzione il più presto possibile prima dell'avvio previsto dei negoziati.
Lo Stato membro interessato è in dovere di tenere la Commissione regolarmente informata degli sviluppi dei negoziati. Le informazioni fornite alla Commissione includono indicazioni sulle disposizioni che saranno oggetto di negoziati e sugli obiettivi dei negoziati, in conformità dell'articolo 8.
2. Non appena le parti hanno raggiunto un accordo su tutti i principali elementi di un progetto di accordo intergovernativo relativo al gas o al petrolio o di una modifica di un accordo intergovernativo relativo al gas o al petrolio, ma prima della conclusione dei negoziati formali, lo Stato membro interessato notifica alla Commissione il progetto di accordo o di modifica, compresi i loro eventuali allegati, ai fini della valutazione ex ante di cui all'articolo 5.
Qualora il progetto di accordo o di modifica faccia esplicito riferimento ad altri testi, il rispettivo Stato membro trasmette anche questi ultimi nella misura in cui presentino elementi che riguardano l'acquisto, lo scambio, la vendita, il transito, lo stoccaggio o l'approvvigionamento di gas o petrolio in almeno uno Stato membro o ad almeno uno Stato membro, ovvero la costruzione o il funzionamento di un'infrastruttura del gas o di un'infrastruttura petrolifera con una connessione fisica con almeno uno Stato membro.
3. All'atto di negoziare un accordo intergovernativo o una modifica relativi all'energia elettrica, e qualora non sia potuto giungere, in base alla propria valutazione, a una conclusione definitiva sulla compatibilità dell'accordo intergovernativo o della modifica oggetto di negoziati con il diritto dell'Unione, lo Stato membro notifica alla Commissione il progetto di accordo o di modifica, compresi i loro eventuali allegati, per la valutazione ex ante ai sensi dell'articolo 5, non appena le parti abbiano raggiunto un accordo sui principali elementi di detto progetto, ma prima della conclusione dei negoziati formali.
4. Per gli accordi intergovernativi o le modifiche concernenti l'energia elettrica, gli Stati membri possono ricorrere al paragrafo 2, primo e secondo comma.
5. Dopo la ratifica di un accordo intergovernativo o di una modifica di un accordo intergovernativo, lo Stato membro interessato notifica alla Commissione l'accordo intergovernativo o la modifica, compresi i loro eventuali allegati. Qualora la Commissione abbia espresso un parere conformemente all'articolo 5, paragrafo 2, e lo Stato membro interessato se ne sia discostato, detto Stato membro dovrebbe illustrare senza indugi alla Commissione, per iscritto, le ragioni alla base della sua decisione.
Qualora l'accordo intergovernativo ratificato o la modifica dell'accordo intergovernativo ratificata facciano esplicito riferimento ad altri testi, lo Stato membro interessato trasmette alla Commissione anche questi ultimi nella misura in cui presentino elementi che riguardano l'acquisto, lo scambio, la vendita, il transito, lo stoccaggio o l'approvvigionamento di energia in almeno uno Stato membro o ad almeno uno Stato membro, ovvero la costruzione o il funzionamento di un'infrastruttura energetica con una connessione fisica con almeno uno Stato membro.
6. L'obbligo di notifica alla Commissione a norma dei paragrafi 2, 3 e 5 non si applica agli accordi tra imprese.
Lo Stato membro che nutre perplessità quanto al fatto che un accordo costituisca un accordo intergovernativo e debba dunque essere notificato a norma del presente articolo e dell'articolo 6 consulta senza indugio la Commissione.
7. Tutte le notifiche di cui ai paragrafi da 1 a 5 del presente articolo e all'articolo 6, paragrafi 1 e 2, sono effettuate mediante un'applicazione web fornita dalla Commissione. I termini di cui all'articolo 5, paragrafi 1 e 2, e all'articolo 6, paragrafo 3, decorrono dalla data di registro nell'applicazione del fascicolo di notifica completo.
Articolo 4
Assistenza della Commissione
1. Agli Stati membri che abbiano informato la Commissione dei negoziati a norma dell'articolo 3, paragrafo 1, i servizi della Commissione possono fornire consulenza su come evitare l'incompatibilità dell'accordo intergovernativo o della modifica di un accordo intergovernativo oggetto di negoziati con il diritto dell'Unione. Possono rientrare in tale consulenza le clausole tipo facoltative e gli orientamenti che la Commissione elabora in consultazione con gli Stati membri, in conformità dell'articolo 9, paragrafo 2.
I servizi della Commissione possono inoltre richiamare l'attenzione dello Stato membro interessato sui pertinenti obiettivi della politica energetica dell'Unione, inclusi quelli dell'Unione dell'energia.
Lo Stato membro può inoltre chiedere l'assistenza della Commissione in tali negoziati.
2. Su richiesta dello Stato membro interessato, la Commissione può partecipare ai negoziati in qualità di osservatrice. La Commissione può chiedere di partecipare ai negoziati in qualità di osservatrice, qualora lo ritenga necessario. La partecipazione della Commissione è subordinata all'approvazione scritta dello Stato membro interessato.
3. Se partecipa ai negoziati in qualità di osservatrice, la Commissione può fornire consulenza allo Stato membro interessato su come evitare l'incompatibilità dell'accordo intergovernativo o della modifica oggetto di negoziati con il diritto dell'Unione.
Articolo 5
Valutazione della Commissione
1. Entro cinque settimane dalla data di notifica del progetto integrale di accordo intergovernativo o di modifica, compresi i loro eventuali allegati, a norma dell'articolo 3, paragrafo 2, la Commissione informa lo Stato membro interessato circa ogni eventuale perplessità sulla compatibilità con il diritto dell'Unione del progetto di accordo intergovernativo o di modifica. In assenza di una risposta da parte della Commissione entro detto termine, si considera che la Commissione non nutra siffatte perplessità.
2. Qualora informi lo Stato membro interessato ai sensi del paragrafo 1 circa le proprie perplessità, la Commissione comunica allo Stato membro interessato il suo parere sulla compatibilità del progetto di accordo intergovernativo o di modifica con il diritto dell'Unione, in particolare con le norme del mercato interno dell'energia e con il diritto della concorrenza dell'Unione, entro dodici settimane dalla data di notifica di cui al paragrafo 1. In assenza di un parere della Commissione entro detto termine, si considera che la Commissione non abbia sollevato obiezioni.
3. Previa approvazione dello Stato membro interessato, i termini di cui ai paragrafi 1 e 2 possono essere prorogati. I termini di cui ai paragrafi 1 e 2 sono abbreviati in accordo con la Commissione se le circostanze lo giustificano, al fine di assicurare la conclusione dei negoziati in tempo utile.
4. Lo Stato membro non firma, ratifica o approva il progetto di accordo intergovernativo o la modifica fino a quando la Commissione non abbia informato lo Stato membro circa eventuali perplessità, in conformità del paragrafo 1, o, se del caso, abbia emesso un parere in conformità del paragrafo 2, oppure, in mancanza di risposta o parere della Commissione, fino alla scadenza dei termini di cui al paragrafo 1 o, se del caso, di cui al paragrafo 2.
Prima di firmare, ratificare o approvare un accordo intergovernativo o una modifica, lo Stato membro interessato tiene nella massima considerazione il parere della Commissione di cui al paragrafo 2.
Articolo 6
Obblighi di notifica e valutazione da parte della Commissione riguardo ad accordi intergovernativi vigenti e a nuovi accordi intergovernativi relativi all'energia elettrica
1. Entro il 3 agosto 2017 gli Stati membri notificano alla Commissione tutti gli accordi intergovernativi vigenti, compresi i loro eventuali allegati e le loro eventuali modifiche.
Qualora l'accordo intergovernativo vigente faccia esplicito riferimento ad altri testi, lo Stato membro interessato trasmette anche questi ultimi nella misura in cui presentino elementi che riguardano l'acquisto, lo scambio, la vendita, il transito, lo stoccaggio o l'approvvigionamento di energia in almeno uno Stato membro o ad almeno uno Stato membro, ovvero la costruzione o il funzionamento di un'infrastruttura energetica con una connessione fisica con almeno uno Stato membro.
L'obbligo di notifica alla Commissione previsto dal presente paragrafo non si applica agli accordi tra imprese.
2. Gli accordi intergovernativi vigenti già notificati alla Commissione il 2 maggio 2017, ai sensi dell'articolo 3, paragrafi 1 o 5, della decisione n. 994/2012/UE, oppure dell'articolo 13, paragrafo 6, lettera a), del regolamento (UE) n. 994/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio (5), si considerano notificati ai fini del paragrafo 1 del presente articolo, a condizione che tale notifica soddisfi i requisiti di cui al medesimo paragrafo.
3. La Commissione valuta gli accordi intergovernativi che le sono stati notificati a norma del paragrafo 1 o 2 del presente articolo, nonché gli accordi intergovernativi relativi all'energia elettrica notificati a norma dell'articolo 3, paragrafo 5. Qualora la Commissione, a seguito della sua prima valutazione, nutra perplessità circa la compatibilità di tali accordi con il diritto dell'Unione, in particolare con le norme del mercato interno dell'energia e con il diritto della concorrenza dell'Unione, ne informa di conseguenza gli Stati membri interessati entro nove mesi dalla notifica di detti accordi.
Articolo 7
Notifica riguardo a strumenti non vincolanti
1. Prima o dopo l'adozione di uno strumento non vincolante o di una modifica di uno strumento non vincolante, gli Stati membri possono notificare alla Commissione lo strumento non vincolante o la modifica, compresi i loro eventuali allegati.
2. Gli Stati membri possono inoltre notificare alla Commissione gli strumenti non vincolanti vigenti, compresi i loro eventuali allegati e le loro eventuali modifiche.
3. Qualora lo strumento non vincolante o la modifica di uno strumento non vincolante faccia esplicito riferimento ad altri testi, lo Stato membro interessato può trasmettere anche questi ultimi nella misura in cui presentino elementi che stabiliscono le condizioni per l'approvvigionamento di energia, ad esempio in termini di volumi e di prezzi, o per lo sviluppo di infrastrutture energetiche.
Articolo 8
Trasparenza e riservatezza
1. Nel fornire informazioni alla Commissione conformemente all'articolo 3, paragrafi da 1 a 5, all'articolo 6, paragrafo 1, e all'articolo 7, lo Stato membro può indicare se parte delle informazioni, commerciali o di altra natura, la cui diffusione potrebbe nuocere alle attività dei soggetti coinvolti, debba considerarsi riservata e se le informazioni fornite possano essere condivise con altri Stati membri.
Lo Stato membro esprime un'indicazione siffatta in merito agli accordi vigenti di cui all'articolo 6, paragrafo 2, entro il 3 agosto 2017.
2. Se lo Stato membro non ritiene che le informazioni debbano considerarsi riservate ai sensi del paragrafo 1, la Commissione le rende accessibili a tutti gli altri Stati membri in formato elettronico sicuro.
3. Laddove lo Stato membro ritenga che un accordo intergovernativo vigente, una modifica relativa allo stesso o un nuovo accordo intergovernativo debbano considerarsi riservati ai sensi del paragrafo 1, lo stesso mette a disposizione una sintesi delle informazioni trasmesse.
Tale sintesi comporta almeno le seguenti informazioni relative all'accordo intergovernativo o alla modifica:
a)
l'oggetto;
b)
la finalità e l'ambito di applicazione;
c)
la durata;
d)
le parti;
e)
informazioni sugli elementi principali dello stesso.
Il presente paragrafo non si applica alle informazioni trasmesse in conformità dell'articolo 3, paragrafi da 1 a 4.
4. La Commissione mette le sintesi di cui al paragrafo 3 a disposizione di tutti gli altri Stati membri in formato elettronico.
5. Le richieste di riservatezza ai sensi del presente articolo non limitano l'accesso della Commissione stessa alle informazioni riservate. La Commissione garantisce che l'accesso alle informazioni riservate sia rigorosamente limitato ai servizi della Commissione per i quali è assolutamente necessario disporre di tali informazioni. I rappresentanti della Commissione trattano, con la dovuta riservatezza, le informazioni sensibili sui negoziati relativi ad accordi intergovernativi, che sono ricevute nel corso di detti negoziati in conformità degli articoli 3 e 4.
Articolo 9
Coordinamento tra gli Stati membri
1. La Commissione agevola e promuove il coordinamento fra gli Stati membri al fine di:
a)
esaminare l'evoluzione della situazione in relazione agli accordi intergovernativi e perseguire l'uniformità e la coerenza nelle relazioni esterne dell'Unione in materia di energia con i paesi produttori, di transito e consumatori;
b)
individuare i problemi comuni in relazione agli accordi intergovernativi e prendere in considerazione le misure adeguate per affrontare tali problemi e, se del caso, proporre orientamenti e soluzioni;
c)
sostenere, ove appropriato, lo sviluppo di accordi intergovernativi multilaterali che coinvolgano più Stati membri o l'Unione nel suo insieme.
2. Entro .il 3 maggio 2018 la Commissione, sulla base delle migliori prassi e in consultazione con gli Stati membri, elabora clausole tipo facoltative e orientamenti, incluso un elenco di esempi di clausole che non rispettano il diritto dell'Unione e che non dovrebbero pertanto essere utilizzate. Tali clausole tipo facoltative e orientamenti, se applicati correttamente, migliorerebbero notevolmente la conformità dei futuri accordi intergovernativi al diritto dell'Unione.
Articolo 10
Relazioni e riesame
1. Entro il 1o gennaio 2020 la Commissione presenta una relazione sull'attuazione della presente decisione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni.
2. La relazione valuta, in particolare, in quale misura la presente decisione promuova la conformità degli accordi intergovernativi al diritto dell'Unione, anche nel settore dell'energia elettrica, e un elevato livello di coordinamento fra gli Stati membri in materia di accordi intergovernativi. Valuta altresì l'incidenza della presente decisione sui negoziati degli Stati membri con i paesi terzi e l'adeguatezza dell'ambito di applicazione della presente decisione e delle procedure ivi stabilite. La relazione è corredata, se del caso, di una proposta di revisione della presente decisione.
Articolo 11
Abrogazione
La decisione n. 994/2012/UE è abrogata a decorrere dal 2 maggio 2017.
Articolo 12
Entrata in vigore
La presente decisione entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Articolo 13
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
Fatto a Strasburgo, il 5 aprile 2017
Per il Parlamento europeo
Il presidente
A. TAJANI
Per il Consiglio
Il presidente
I. BORG
(1) GU C 487 del 28.12.2016, pag. 81.
(2) Posizione del Parlamento europeo del 2 marzo 2017 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 21 marzo 2017.
(3) Decisione n. 994/2012/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce un meccanismo per lo scambio di informazioni riguardo ad accordi intergovernativi fra Stati membri e paesi terzi nel settore dell'energia (GU L 299 del 27.10.2012, pag. 13).
(4) Regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43).
(5) Regolamento (UE) n. 994/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2010, concernente misure volte a garantire la sicurezza dell'approvvigionamento di gas e che abroga la direttiva 2004/67/CE del Consiglio (GU L 295 del 12.11.2010, pag. 1). | Meccanismo per lo scambio di informazioni nel settore dell’energia
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Essa istituisce un meccanismo per lo scambio di informazioni tra gli Stati membri e la Commissione europea riguardo ad accordi firmati fra Stati membri, da un lato, e paesi terzi o organizzazioni internazionali dall'altro, nel settore dell'energia. L'obiettivo è garantire che gli accordi intergovernativi firmati dai paesi dell'UE con paesi terzi o con organizzazioni internazionali siano coerenti con le leggi dell'UE. Ciò dovrebbe garantire il corretto funzionamento del mercato interno, aumentare la sicurezza degli 'approvvigionamenti nell'UE e portare a una migliore trasparenza e a un migliore coordinamento in materia di energia tra gli Stati membri e la Commissione. Essa abroga la decisione n. 994/2012/UE.
PUNTI CHIAVE
La decisione riguarda principalmente gli accordi legalmente vincolanti tra uno Stato membro e un paese terzo (o organizzazione internazionale) riguardanti l'acquisto, il commercio, la vendita, il transito, lo stoccaggio o la fornitura di energia in o verso uno Stato membro o che coinvolgano qualsiasi infrastruttura energetica all'interno dell’UE. All’avvio di tali negoziati, i paesi dell'UE devono informare la Commissione il prima possibile prima di iniziare, e tenere la Commissione regolarmente informata sui progressi attraverso un'applicazione dedicata basata sul web. Prima di finalizzare un accordo o un emendamento intergovernativo, lo Stato membro interessato deve tenere nella «massima considerazione» il parere della Commissione sulla compatibilità dell'accordo con il diritto dell'UE. Dopo la ratifica di qualsiasi accordo sull'energia, lo Stato membro deve darne notifica alla Commissione, inserendo i motivi di eventuali deroghe al parere legale della Commissione. Gli Stati membri possono facoltativamente notificare alla Commissione strumenti non vincolanti. Si tratta di elementi non legalmente vincolanti, solitamente memorandum d'intesa, dichiarazioni congiunte o codici di condotta comuni che definiscono i prezzi, ad esempio, o lo sviluppo dell’infrastruttura. Petrolio e gas
In caso di discussioni sul gas e sul petrolio, qualsiasi progetto di accordo dovrebbe essere notificato alla Commissione per una valutazione preliminare (ex ante). La Commissione deve informare lo Stato membro interessato entro 5 settimane circa ogni eventuale perplessità sulla compatibilità dell’accordo con il diritto dell'Unione, in particolare con le norme del mercato interno dell'energia e con il diritto della concorrenza dell'Unione. la Commissione darà seguito a tali perplessità comunicando il suo parere entro dodici settimane dalla notifica originale.
Energia elettricaGli Stati membri predispongono una valutazione propria della compatibilità legale degli accordi sull’energia elettrica nella fase del progetto di accordo. Qualora lo Stato membro non sia potuto giungere a una conclusione definitiva sulla tale compatibilità, lo Stato membro notifica alla Commissione il progetto di accordo e verrà seguita la stessa procedura applicata nel caso della valutazione ex-ante di petrolio e gas. Termini
I termini per la valutazione degli accordi sopra menzionati (petrolio e gas, elettricità) possono essere prorogati con l'approvazione dello Stato membro o abbreviati con l'accordo della Commissione per garantire che i negoziati non siano indebitamente ritardati.
Accordi esistenti
Entro il 3 agosto 2017 gli Stati membri notificano alla Commissione tutti gli accordi intergovernativi esistenti relativi all'energia, compresi gli accordi notificati relativi all'energia elettrica. Se la Commissione nutre perplessità iniziali sulla compatibilità giuridica di tali accordi con le leggi dell'Unione Europea, gli Stati membri ne verranno informati di conseguenza dalla Commissione entro nove mesi dalla notifica.
Condivisione delle informazioniQualora uno Stato membro non abbia indicato che determinate informazioni sono riservate, la Commissione le renderà accessibili in formato elettronico sicuro a tutti gli altri Stati membri. Se le informazioni sono riservate, lo Stato membro mette a disposizione una sintesi che contenga almeno l'oggetto, la finalità, l’ambito di applicazione, la durata, le parti e informazioni sugli elementi principali dell’accordo. Le richieste di riservatezza non limitano l'accesso della Commissione stessa alle informazioni riservate. Tale condivisione punta a promuovere il coordinamento tra gli Stati membri al fine di:esaminare l'evoluzione e perseguire la coerenza nelle relazioni esterne dell'Unione;individuare i problemi comuni e le misure adeguate per affrontare tali problemi, proponendo orientamenti e soluzioni;Sostenere lo sviluppo di accordi intergovernativi multilaterali che coinvolgano più Stati membri o l'Unione nel suo insieme. Orientamenti
Entro il 3 maggio 2018 la Commissione, in consultazione con gli Stati membri, elabora clausole tipo e orientamenti volti a migliorare la conformità dei futuri accordi intergovernativi al diritto dell'Unione.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
Viene applicata a partire dal 2 maggio 2017.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:Accordi intergovernativi (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione (UE) 2017/684 del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 aprile 2017 che istituisce un meccanismo per lo scambio di informazioni riguardo ad accordi intergovernativi e a strumenti non vincolanti fra Stati membri e paesi terzi nel settore dell'energia, e che abroga la decisione n. 994/2012/UE (GU L 99, 12.4.2017, pagg. 1-9) | 12,443 | 29 |
22004A0210(01) | false | Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il Regno del Marocco
Gazzetta ufficiale n. L 037 del 10/02/2004 pag. 0009 - 0015
Accordodi cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il Regno del MaroccoLA COMUNITÀ EUROPEA,(in appresso denominata "la Comunità"),da una parte, eIL REGNO DEL MAROCCO,(in appresso denominato "il Marocco"),dall'altra,in appresso denominate "le parti",VISTO il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 170, paragrafo 2, in combinato disposto con l'articolo 300, paragrafo 2, primo comma, prima frase, nonché il paragrafo 3, primo comma;VISTA la decisione n. 1513/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2002, relativa al Sesto programma quadro di azioni comunitarie di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione volto a contribuire alla realizzazione dello Spazio europeo della ricerca e all'innovazione (2002-2006)(1);CONSIDERANDO l'importanza che rivestono la scienza e la tecnologia per il loro sviluppo economico e sociale e il relativo riferimento contenuto nell'articolo 47 dell'accordo euromediterraneo che istituisce un'associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e il Regno del Marocco, dall'altra entrato in vigore il 1 marzo 2000(2);CONSIDERANDO che la Comunità e il Marocco stanno attualmente svolgendo attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione in vari settori di interesse comune e che le parti possono trarre reciproco vantaggio dalla partecipazione di ciascuna di esse alle attività di ricerca e sviluppo dell'altra a condizioni di reciprocità;DESIDERANDO stabilire un quadro ufficiale di cooperazione nel campo della ricerca scientifica e tecnologica per ampliare e rafforzare le attività di cooperazione nei settori di interesse comune e promuovere l'applicazione dei risultati di tale cooperazione a vantaggio dello sviluppo economico e sociale di entrambe le parti;CONSIDERANDO la volontà di apertura dello Spazio europeo della ricerca ai paesi terzi e in particolare ai paesi partner mediterranei,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1Obiettivo e i principi1. Le parti promuovono, sviluppano e agevolano delle attività di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità e il Marocco in settori di interesse comune in cui esercitano attività di ricerca scientifica e di sviluppo tecnologico.2. Le attività di cooperazione si svolgono sulla base dei seguenti principi:a) promozione di una società della conoscenza al servizio dello sviluppo economico e sociale delle due parti;b) beneficio reciproco fondato su una ripartizione equilibrata dei vantaggi;c) accesso reciproco alle attività dei programmi e ai progetti di ricerca scientifica e di sviluppo tecnologico (in appresso "ricerca") svolti da ciascuna parte nei settori disciplinati dal presente accordo;d) scambio tempestivo delle informazioni che possono incidere sulle attività di cooperazione;e) tutela adeguata dei diritti di proprietà intellettuale.Articolo 2Modalità della cooperazione1. I soggetti giuridici marocchini, sia pubblici che privati, partecipano alle azioni indirette del programma quadro comunitario di azioni di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione volto a contribuire alla realizzazione dello Spazio europeo della ricerca, (in appresso "il programma quadro"), alle stesse condizioni che si applicano ai soggetti giuridici degli Stati membri dell'Unione europea, fatte salve le modalità e condizioni stabilite o menzionate agli allegati I e II.2. I soggetti giuridici della Comunità partecipano ai programmi e progetti di ricerca del Marocco in settori analoghi a quelli del programma quadro alle stesse condizioni che si applicano ai soggetti giuridici marocchini, fatte salve le modalità e condizioni stabilite o menzionate agli allegati I e II.3. La cooperazione può anche svilupparsi con i mezzi e le modalità seguenti:a) riunioni congiunte;b) regolari scambi di opinioni sugli orientamenti e le priorità della politica del Marocco e della Comunità in materia di ricerca e sulla pianificazione di detta politica;c) scambi di opinioni e concertazione sulle prospettive di cooperazione e sviluppo;d) trasmissione tempestiva di informazioni sull'attuazione e i risultati dei programmi e progetti di ricerca congiunti del Marocco e della Comunità svolti nell'ambito del presente accordo;e) visite e scambi di ricercatori, tecnici e ingegneri, anche a scopo di formazione mediante la ricerca;f) scambi e condivisione di attrezzature e materiale scientifico;g) contatti regolari tra responsabili di programmi o direttori di progetti di ricerca marocchini e comunitari;h) partecipazione di esperti delle due parti a seminari, convegni e workshop tematici;i) scambi di informazioni sulle pratiche, le leggi, i regolamenti ed i programmi concernenti la cooperazione oggetto di questo accordo;j) accesso reciproco all'informazione scientifica e tecnica oggetto della cooperazione;k) qualsiasi altra modalità adottata dal comitato misto di cooperazione scientifica tecnica CE-Marocco, di cui all'articolo 4, conformemente alle politiche e alle procedure applicabili dalle due parti.Articolo 3Rafforzamento della cooperazione1. Le parti si impegnano a fare il possibile, nell'ambito delle proprie legislazioni vigenti, per facilitare la libera circolazione ed il soggiorno dei ricercatori che partecipano alle attività oggetto del presente accordo, nonché per agevolare l'entrata e l'uscita dai loro territori dei materiali, dati o attrezzature destinati ad essere utilizzati in queste attività.2. Qualora, conformemente alle proprie regole, la Comunità europea accordi un finanziamento contrattuale, diverso da un prestito rimborsabile, ad un soggetto giuridico stabilito in Marocco per partecipare da un'azione indiretta comunitaria, il governo del Regno del Marocco garantisce, nell'ambito della legislazione vigente, che non saranno imposti oneri o prelievi fiscali o doganali alle operazioni che beneficiano di detto finanziamento.Articolo 4Gestione dell'accordo1. Il coordinamento e la promozione delle attività di cui al presente accordo saranno garantite per il Marocco, dall'autorità governativa incaricata della ricerca scientifica e, per la Comunità, dai servizi della Commissione europea responsabili del programma quadro, che agiscono in qualità di organi esecutivi delle parti (in appresso "gli organi esecutivi").2. Gli organi esecutivi istituiscono un comitato misto di cooperazione scientifica e tecnica CE-Marocco incaricato di:a) monitorare l'attuazione e garantire la valutazione dell'impatto del presente accordo, nonché proporre le eventuali revisioni necessarie dello stesso, una volta espletate le rispettive procedure interne delle due parti necessarie a tal fine;b) proporre misure adeguate destinate a migliorare e sviluppare la cooperazione scientifica e tecnologica oggetto del presente accordo;c) esaminare regolarmente gli orientamenti e le priorità delle politiche di ricerca e la loro programmazione in Marocco e nella Comunità, nonché le prospettive di cooperazioni future ai sensi del presente accordo.3. Il comitato misto di cooperazione scientifica e tecnica CE-Marocco è composto da un numero simile di rappresentanti degli organi esecutivi di ciascuna parte. Esso adotta il proprio regolamento interno.4. Il comitato misto di cooperazione scientifica e tecnica CE-Marocco si riunisce di norma una volta l'anno, alternativamente in Marocco e nella Comunità. Possono essere indette riunioni straordinarie su richiesta di una o dell'altra parte. Le conclusioni e raccomandazioni del comitato misto di cooperazione scientifica e tecnica sono trasmessi per informazione al comitato d'associazione dell'accordo euromediterraneo tra l'Unione europea e il Regno del Marocco.Articolo 5Modalità e condizioni di partecipazioneLa reciproca partecipazione ad attività di ricerca ai sensi del presente accordo avviene conformemente alle condizioni stabilite all'allegato I ed è disciplinata dalle legislazioni, regolamentazioni, politiche e condizioni di attuazione dei programmi in vigore sul territorio di ciascuna della parti.Articolo 6Diffusione e utilizzazione dei risultati e delle informazioniLa diffusione e l'uso dei risultati e delle informazioni acquisiti e/o scambiati, nonché la gestione, l'attribuzione e l'esercizio dei diritti di proprietà intellettuale derivanti dalle attività di ricerca svolte ai sensi del presente accordo sono soggetti alle condizioni previste dall'allegato II del presente accordo.Articolo 7Disposizioni finali1. Gli allegati I e II costituiscono parte integrante del presente accordo.Tutte le questioni o controversie relative all'interpretazione o all'attuazione del presente accordo sono risolte consensualmente tra le parti.2. Il presente accordo entra in vigore alla data in cui ciascuna delle parti ha notificato all'altra l'avvenuto espletamento delle rispettive procedure interne necessarie per la sua entrata in vigore.Ogni quattro anni, le parti procedono ad una valutazione dell'impatto dell'accordo sull'intensità delle loro cooperazioni scientifiche e tecniche.L'accordo può essere consensualmente modificato o ampliato dalle parti. Le modifiche o gli ampliamenti entrano in vigore alla data in cui entrambe le parti si sono notificate per iscritto l'avvenuto espletamento delle procedure previste dai rispettivi ordinamenti per la modifica dell'accordo.Il presente accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da ciascuna delle parti previo preavviso di sei mesi notificato per iscritto.I progetti e le attività in corso al momento dell'eventuale denuncia o scadenza del presente accordo devono essere portati a compimento alle condizioni concordate nel quadro dello stesso, a meno che le due parti non decidano altrimenti.3. Ove una della parti decida di modificare i suoi programmi e progetti di ricerca, di cui al paragrafo 1 dell'articolo 1, l'organo esecutivo della parte in questione notifica all'organo esecutivo dell'altra parte il contenuto preciso di queste modifiche.In tal caso, e con deroga al secondo comma del paragrafo 2 del presente articolo, il presente accordo può essere denunciato, alle condizioni stabilite di comune accordo, se una della parti notifica all'altra, entro un mese a decorrere dall'adozione delle modifiche di cui al primo comma, la sua intenzione di denunciare il presente accordo.4. Il presente accordo si applica, da una parte, ai territori cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni stabilite da quest'ultimo, e, dall'altra, al territorio del Regno del Marocco, fatta salva la possibilità di intraprendere attività di cooperazione in alto mare, nello spazio atmosferico o nei territori di paesi terzi, conformemente al diritto internazionale.5. Il presente accordo è redatto in duplice copia nelle lingue danese, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese, tedesca e araba, ciascun testo facente ugualmente fede.Hecho en Salónica el veintiséis de junio de dos mil tres./Udfærdiget i Thessaloniki, den seksogtyvende juni to tusind og tre./Geschehen zu Thessaloniki am sechsundzwanzigsten Juni zweitausenddrei./Έγινε στη Θεσσαλονίκη, στις είκοσι έξι Ιουνίου δύο χιλιάδες τρία./Done at Thessaloniki, twenty-sixth day of June, in the year two thousand and three./Fait à Thessalonique, le vingt-six juin deux mille trois./Fatto a Salonicco, addì ventisei giugno duemilatre./Gedaan te Thessaloniki, de zesentwintigste juni tweeduizenddrie./Feito em Salónica, em vinte e seis de Junho de dois mil e três./Tehty Thessalonikissa kahdentenakymmenentenäkuudentena päivänä kesäkuuta vuonna kaksituhattakolme./Som skedde i Thessaloniki den tjugosjätte juni tjugohundratre.>PIC FILE= "L_2004037IT.001101.TIF">Por la Comunidad Europea/For Det Europæiske Fællesskab/Für die Europäische Gemeinschaft/Για την Ευρωπαϊκή Κοινότητα/For the European Community/Pour la Communauté européenne/Per la Comunità europea/Voor de Europese Gemeenschap/Pela Comunidade Europeia/Euroopan yhteisön puolesta/På Europeiska gemenskapens vägnar>PIC FILE= "L_2004037IT.001201.TIF">>PIC FILE= "L_2004037IT.001202.TIF">>PIC FILE= "L_2004037IT.001203.TIF">>PIC FILE= "L_2004037IT.001204.TIF">(1) GU L 232 del 29.8.2002, pag. 1.(2) GU L 70 del 18.3.2000, pag. 2.ALLEGATO IMODALITÀ E CONDIZIONI DELLA PARTECIPAZIONE DI SOGGETTI GIURIDICI DEGLI STATI MEMBRI DELL'UNIONE EUROPEA E DEL REGNO DEL MAROCCOAi fini del presente accordo, per "soggetto giuridico" si intende qualsiasi persona fisica, o qualsiasi persona giuridica costituita in conformità al diritto nazionale applicabile nel suo luogo di stabilimento o al diritto comunitario, dotata di personalità giuridica e della capacità di essere titolare di diritti e di obblighi di qualsiasi natura.I. Modalità e condizioni della partecipazione di soggetti giuridici stabiliti in Marocco alle azioni indirette del sesto programma quadro CE1. La partecipazione dei soggetti giuridici stabiliti in Marocco alle azioni indirette del programma quadro è soggetta alle regole di partecipazione stabilite ai sensi dell'articolo 167 del trattato che istituisce la Comunità europea per l'attuazione del programma quadro(1).I soggetti giuridici stabiliti in Marocco possono inoltre partecipare alle azioni indirette attuate ai sensi dell'articolo 164 del trattato che istituisce la Comunità europea.2. La Comunità può accordare un finanziamento ai soggetti giuridici stabiliti in Marocco che partecipano alle azioni indirette menzionate al paragrafo 1, secondo le modalità e le condizioni stabilite dalle regole di partecipazione di cui al paragrafo 1, adottate dal Parlamento europeo e dal Consiglio ai sensi dell'articolo 167 del trattato che istituisce la Comunità europea, le regolamentazioni finanziarie della Comunità europea e la legislazione comunitaria applicabile.3. I contratti conclusi dalla Comunità con i soggetti giuridici stabiliti in Marocco che partecipano ad un'azione indiretta devono prevedere il diritto della Commissione e della Corte dei conti di eseguire o di far eseguire controlli e verifiche.Le autorità marocchine competenti provvedono a prestare, in uno spirito di collaborazione e nel reciproco interesse, tutta l'assistenza necessaria o utile, secondo le circostanze, per l'esecuzione di tali controlli e verifiche.II. Modalità e condizioni della partecipazione di soggetti giuridici degli Stati membri dell'Unione europea ai programmi e ai progetti di ricerca del Marocco1. I soggetti giuridici stabiliti nella Comunità europea, costituiti conformemente al diritto nazionale di uno degli Stati membri dell'Unione europea o al diritto comunitario, possono partecipare a progetti o programmi di ricerca e sviluppo del Marocco in cooperazione con soggetti giuridici stabiliti in Marocco.2. Fatti salvi il paragrafo 1 e l'allegato II, i diritti e gli obblighi dei soggetti giuridici stabiliti nella Comunità europea che partecipano a progetti o programmi di ricerca e sviluppo marocchini, e le modalità e condizioni applicabili in materia di presentazione e valutazione delle proposte, di aggiudicazione degli appalti e conclusione dei contratti sono disciplinati dalle disposizioni legislative e regolamentari e dalle direttive governative vigenti in Marocco, in materia di esecuzione dei programmi di ricerca e sviluppo, alle stesse condizioni che si applicano ai soggetti giuridici stabiliti in Marocco, tenuto conto della natura della cooperazione fra il Marocco e la Comunità europea in questo settore.Il finanziamento dei soggetti giuridici stabiliti nella Comunità europea che partecipano a progetti e programmi di ricerca e sviluppo del Marocco è disciplinato dalle disposizioni legislative e regolamentari e dalle direttive governative vigenti in Marocco, in materia di esecuzione dei programmi di ricerca e sviluppo, alle stesse condizioni che si applicano ai soggetti giuridici di paesi terzi che partecipano ai progetti e ai programmi di ricerca e sviluppo del Marocco.3. Il Marocco informa regolarmente la Comunità europea e i soggetti giuridici marocchini stessi in merito alle possibilità di partecipazione ai suoi progetti e programmi di ricerca e sviluppo esistenti per i soggetti giuridici stabiliti nella Comunità europea.(1) Cfr. per il Sesto programma quadro (2002-2006), l'articolo 6 del regolamento (CE) n. 2321/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 355 del 30.12.2002, pag. 23).ALLEGATO IIPRINCIPI DI ATTRIBUZIONE DEI DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALEI. ApplicazioneAgli effetti del presente accordo, per "proprietà intellettuale" si intende la definizione data dall'articolo 2 della convenzione che istituisce l'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, conclusa a Stoccolma il 14 luglio 1967.Agli effetti del presente accordo, per "conoscenze" si intendono i risultati, ivi comprese le informazioni, che possono essere protetti o no, nonché i diritti di autore o i diritti legati a detti risultati acquisiti in virtù di domanda o di rilascio di brevetti, disegni, modelli, specie vegetali, certificati complementari o di altre forme di tutela equiparabili.II. Diritti di proprietà intellettuale dei soggetti giuridici delle parti1. Ciascuna parte garantisce che i diritti di proprietà intellettuale dei soggetti giuridici dell'altra parte che partecipano alle attività svolte conformemente al presente accordo, e i diritti e gli obblighi derivanti da detta partecipazione, siano compatibili con le convenzioni internazionali applicabili alle parti, in particolare l'accordo TRIPS (accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio amministrato dall'Organizzazione mondiale del commercio), la convenzione di Berna (atto di Parigi 1971) e la convenzione di Parigi (atto di Stoccolma 1967).2. I soggetti giuridici stabiliti in Marocco che partecipano ad un'azione indiretta nell'ambito del programma quadro sono titolari degli stessi diritti e obblighi in materia di proprietà intellettuale dei soggetti giuridici della Comunità europea che partecipano a questa azione indiretta. Questi diritti e obblighi in materia di proprietà intellettuale sono stabiliti mediante le regole di divulgazione dei risultati in virtù dell'articolo 167 del trattato che istituisce la Comunità europea(1) e mediante il contratto sottoscritto con la Comunità per l'esecuzione di questa azione indiretta; nello stesso tempo detti diritti e obblighi devono essere conformi al paragrafo 1.3. I soggetti giuridici della Comunità europea che partecipano a programmi o a progetti di ricerca marocchini sono titolari degli stessi diritti e obblighi in materia di proprietà intellettuale dei soggetti giuridici stabiliti in Marocco che partecipano a detti programmi o progetti di ricerca; nello stesso tempo detti diritti e obblighi devono essere conformi al paragrafo 1.4. Ciascuna parte garantisce che i soggetti giuridici che rappresenta prendano tutte le disposizioni necessarie per definire e proteggere i loro diritti di proprietà intellettuale.III. Diritti di proprietà intellettuale delle parti1. Salvo accordi diversi stabiliti dalle parti, alle conoscenze generate dalle parti nel corso delle attività svolte ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 3, del presente accordo si applicano le regole specificate qui di seguito:a) la parte che genera queste conoscenze è proprietaria delle stesse. Qualora le conoscenze vengano generate congiuntamente e il ruolo rispettivo delle parti nei lavori non possa essere verificato, le conoscenze sono di proprietà comune delle parti;b) la parte proprietaria della conoscenze concede all'altra parte dei diritti di accesso a queste conoscenze per lo svolgimento delle attività di cui all'articolo 2, paragrafo 3, del presente accordo. Tali diritti di accesso sono concessi a titolo gratuito.2. Salvo accordi diversi stabiliti dalle parti, alle pubblicazioni di carattere scientifico delle parti si applicano le regole specificate qui di seguito:a) in caso di pubblicazione ad opera di una parte di dati scientifici e tecnici, informazioni e risultati per mezzo di un supporto adeguato, quali riviste, articoli, relazioni o libri, incluse opere audiovisive e software, che siano frutto di attività svolte ai sensi del presente accordo, l'altra parte ha diritto di ottenere una licenza non esclusiva, irrevocabile, a titolo gratuito e valida in tutti i paesi, che le consenta di tradurre, riprodurre, adattare, trasmettere e distribuire al pubblico tali opere;b) tutte le riproduzioni, destinate al pubblico, di dati ed informazioni tutelati da diritto d'autore, prodotte a norma delle presenti disposizioni, devono indicare i nomi degli autori dell'opera, salvo quelli che espressamente richiedano di non essere citati. Devono inoltre contenere una menzione chiara e visibile del sostegno e della cooperazione delle parti.3. Salvo accordi diversi stabiliti dalle parti, alle informazioni riservate delle parti si applicano le regole specificate qui di seguito:a) all'atto di comunicare all'altra parte le informazioni necessarie per le attività svolte ai sensi del presente accordo, ciascuna parte stabilisce quali siano le informazioni riservate che non desidera divulgare:b) la parte che riceve dette informazioni, può comunicare sotto la propria responsabilità delle informazioni riservate ad organismi o persone sotto la sua autorità ai fini specifici dell'applicazione del presente accordo;c) previo consenso scritto della parte che fornisce le informazioni riservate delle parti, l'altra parte può divulgarle in maniera più ampia di quanto consentito ai sensi del paragrafo 3, lettera b). Le parti collaborano al fine di stabilire le procedure in base alle quali può essere chiesta ed ottenuta l'autorizzazione scritta preliminare per una divulgazione più ampia. Ciascuna parte si impegna a rilasciare tale autorizzazione nei limiti consentiti dalla propria legislazione e regolamentazione e dalle proprie politiche;d) le informazioni riservate o le altre informazioni confidenziali non documentali fornite nel corso di seminari e di altre riunioni tra i rappresentanti delle parti, indette ai sensi del presente accordo, nonché le informazioni apprese attraverso il personale distaccato, l'uso di attrezzature o l'esecuzione di azioni indirette, rimangono confidenziali, a condizione che i soggetti che ricevono tali informazioni riservate o altre informazioni confidenziali siano resi edotti del carattere confidenziale delle informazioni all'atto della comunicazione delle stesse, ai sensi del paragrafo 3, lettera a);e) ciascuna parte si impegna ad assicurare l'osservanza delle disposizioni del presente accordo per quanto riguarda l'obbligo di mantenere il segreto sulle informazioni esclusive ricevute ai sensi del paragrafo 3, lettere a) e d). Se una delle parti si rende conto che non è in grado o che presumibilmente non sarà in grado di osservare le disposizioni sull'obbligo del segreto di cui al punto 3, lettere a) e d), ne informa immediatamente l'altra parte. Le parti quindi si consultano per definire gli interventi del caso.(1) Cfr. per il Sesto programma quadro (2002-2006), l'articolo 6 del regolamento (CE) n. 2321/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 355 del 30.12.2002, pag. 23). | Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra l’UE e il Marocco
QUAL È LO SCOPO DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE?
L’accordo stabilisce un sistema formale di cooperazione volto a incoraggiare, sviluppare e agevolare le attività negli ambiti scientifici e tecnologici.
Con questa decisione, il Consiglio ha approvato la conclusione dell’accordo per conto della Comunità europea (attuale UE).
PUNTI CHIAVE
Le attività condotte nell’ambito dell’accordo sono basate su una serie di principi:promozione di una società della conoscenza al servizio dello sviluppo economico e sociale delle parti; beneficio reciproco fondato su una ripartizione equilibrata dei vantaggi; accesso reciproco dei partecipanti ai programmi e ai progetti di ricerca svolti da ciascuna parte; scambio tempestivo delle informazioni; protezione dei diritti di proprietà intellettuale.Cooperazione
L’accordo ha come oggetto una serie di attività di cooperazione indiretta tra soggetti giuridici* stabiliti in Marocco e nell’UE attraverso la partecipazione di soggetti giuridici marocchini al programma quadro dell’UE per la ricerca e l’innovazione e la reciproca partecipazione di soggetti giuridici stabiliti nell’UE a programmi o progetti di ricerca marocchini soggetti ai termini e alle condizioni stabiliti da o di cui agli allegati I e II dell’accordo.
La cooperazione può anche svilupparsi con i mezzi e le modalità seguenti:riunioni congiunte; regolari scambi di opinioni sugli orientamenti e le priorità della politica del Marocco e della Comunità in materia di ricerca e sulla pianificazione di detta politica; scambi di opinioni e concertazione sulle prospettive di cooperazione e sviluppo; trasmissione tempestiva di informazioni sull’attuazione e i risultati dei programmi e progetti di ricerca congiunti e svolti nell’ambito del presente accordo; visite e scambi di ricercatori, tecnici e ingegneri, anche a scopo di formazione mediante la ricerca; scambi e condivisione di attrezzature e materiale scientifico; contatti regolari tra responsabili di programmi o direttori di progetti di ricerca marocchini e comunitari; partecipazione di esperti delle due parti a seminari, convegni e workshop tematici; scambi di informazioni sulle pratiche, le leggi, i regolamenti ed i programmi concernenti la cooperazione oggetto di questo accordo; accesso reciproco all’informazione scientifica e tecnica oggetto della cooperazione; qualsiasi altra modalità adottata dal comitato misto di cooperazione scientifica tecnica UE-Marocco.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
L’accordo è entrato in vigore l’14 marzo 2005 per un periodo indefinito. Può essere risolto in qualsiasi momento da entrambe le parti con un preavviso scritto di 6 mesi.
CONTESTO
Le relazioni tra l’UE e il Marocco sono disciplinate principalmente dall’accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee (ora UE) e i loro Stati membri, da una parte, e il Regno del Marocco, dall’altra (si veda la sintesi qui).
Per maggiori informazioni, si consulti:Il Marocco e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna).Per maggiori informazioni sulla cooperazione nell’ambito della ricerca e dell’innovazione (R&I) con il Marocco consultare:Cooperazione internazionale RI con il Marocco (Commissione europea). Tabella di marcia per la cooperazione S&T tra vicinato meridionale e UE (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Soggetti giuridici: società, organizzazioni e persone titolari di diritti e di obblighi di qualsiasi natura.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il Regno del Marocco (GU L 37 del 10.2.2004, pag. 9).
Decisione 2004/126/CE del Consiglio, del 22 dicembre 2003, concernente la conclusione dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il Regno del Marocco (GU L 37 del 10.2.2004, pag. 8).
DOCUMENTI CORRELATI
Accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e il Regno del Marocco, dall’altra — Protocollo n. 1 relativo al regime applicabile all’importazione nella Comunità di prodotti agricoli originari del Marocco — Protocollo n. 2 relativo al regime applicabile all’importazione nella Comunità dei prodotti della pesca originari del Marocco — Protocollo n. 3 relativo al regime applicabile all’importazione in Marocco di prodotti agricoli della Comunità — Protocollo n. 4 relativo alla definizione della nozione di prodotti originari e ai metodi di cooperazione amministrativa — Protocollo n. 5 relativo all’assistenza reciproca tra le autorità amministrative in materia doganale — Atto finale — Dichiarazioni comuni — Accordi in forma di scambio di lettere — Dichiarazione della Comunità — Dichiarazioni del Marocco (GU L 70 del 18.3.2000, pag. 2).
Le successive modifiche all’accordo sono state integrate nel documento originale. La versione consolidata ha solo valore documentale. | 8,466 | 1,026 |
22009A0528(01) | false | Accordo tra la Comunità europea e il governo della Federazione russa in materia di cooperazione nel settore della pesca e di conservazione delle risorse biologiche marine nel Mar Baltico
Gazzetta ufficiale n. L 129 del 28/05/2009 pag. 0002 - 0007
Accordotra la Comunità europea e il governo della Federazione russa in materia di cooperazione nel settore della pesca e di conservazione delle risorse biologiche marine nel Mar BalticoLa COMUNITÀ EUROPEA,eil GOVERNO DELLA FEDERAZIONE RUSSA,di seguito denominati "le parti",PRENDENDO ATTO che la Convenzione sulla pesca e sulla conservazione delle risorse biologiche nel Mar Baltico e nei Belt (Convenzione di Danzica), del 1973, cesserà di essere applicata il 1o gennaio 2007,RICONOSCENDO che, a seguito dell’adesione alla Comunità della Svezia e della Finlandia il 1o gennaio 1995 e dell’Estonia, della Lettonia, della Lituania e della Polonia il 1o maggio 2004, alcuni elementi degli accordi di pesca relativi alla pesca marittima nel Mar Baltico conclusi, rispettivamente, dai governi della Repubblica di Lettonia, del Regno di Svezia, della Repubblica di Finlandia, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Polonia e della Repubblica di Lituania con il governo della Federazione russa sono ora gestiti dalla Comunità,RICONOSCENDO la necessità di sostituire tali accordi di pesca, nella misura in cui riguardano la pesca marittima nel Mar Baltico, e la Convenzione di Danzica del 1973 con un nuovo accordo tra la Comunità europea e il governo della Federazione russa,AFFERMANDO l’intento comune di assicurare la conservazione e la gestione e lo sfruttamento sostenibili a lungo termine degli stock ittici nel Mar Baltico,ISPIRANDOSI alle disposizioni della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, del 10 dicembre 1982, e dell’accordo delle Nazioni Unite ai fini dell’applicazione delle disposizioni della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, del 10 dicembre 1982, relative alla conservazione e alla gestione degli stock ittici transzonali e degli stock ittici altamente migratori, del 4 dicembre 1995,ISPIRANDOSI all’Accordo di partenariato e di cooperazione, del 24 giugno 1994, che istituisce un partenariato tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Federazione russa, dall’altra, di seguito denominato "APC", e nell’intento comune di intensificare tali relazioni,TENENDO CONTO del codice di condotta per una pesca responsabile adottato dal Consiglio dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura alla conferenza della FAO del 1995,TENENDO CONTO della dichiarazione di Johannesburg sullo sviluppo sostenibile adottata in occasione del vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile tenutosi nel settembre 2002,CONSIDERANDO che alcune delle risorse biologiche marine del Mar Baltico sono costituite da stock transzonali che migrano tra le zone economiche esclusive delle due parti e da stock associati e dipendenti e che, pertanto, solo la cooperazione fra le parti nella gestione della pesca nonché il controllo e l’esecuzione delle norme possono garantire una conservazione efficace e uno sfruttamento sostenibile di tali stock,RICONOSCENDO l’impegno delle parti ad elaborare un’impostazione ecosistemica della gestione della pesca, fondata sui migliori pareri scientifici disponibili e sul rispetto dell’obbligo che incombe allo Stato costiero di assicurare misure di conservazione e di gestione adeguate per mantenere le risorse biologiche nella propria zona economica esclusiva, in conformità della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982,DESIDEROSI di proseguire la cooperazione nell’ambito delle organizzazioni internazionali competenti per la pesca in un impegno congiunto di conservazione, di sfruttamento sostenibile e di gestione di tutte le principali risorse di pesca e confermando l’intenzione delle parti di continuare a sviluppare i principi sanciti dalla Convenzione di Danzica,RICONOSCENDO l’importanza della ricerca scientifica per la conservazione, lo sfruttamento sostenibile e la gestione delle risorse di pesca, segnatamente nell’ambito del Consiglio internazionale per l’esplorazione del mare (CIEM), e desiderosi di promuovere ulteriormente la collaborazione in questo campo,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1DefinizioniAi fini del presente accordo valgono le seguenti definizioni:a) "zona economica esclusiva delle parti" : la zona economica esclusiva della Federazione russa e le zone economiche esclusive degli Stati membri della Comunità europea, rispettivamente;b) "mare territoriale delle parti" : il mare territoriale della Federazione russa e il mare territoriale degli Stati membri della Comunità europea, rispettivamente;c) "risorse biologiche marine" : le specie biologiche marine presenti, comprese le specie anadrome e catadrome;d) "pescherecci delle parti" : i pescherecci che battono bandiera della Federazione russa e i pescherecci che battono bandiera degli Stati membri della Comunità europea, rispettivamente, attrezzati per lo sfruttamento commerciale della pesca delle risorse biologiche marine;e) "sfruttamento sostenibile" : lo sfruttamento di uno stock in condizioni tali che il suo sfruttamento futuro non sia compromesso e che non si ripercuota negativamente sugli ecosistemi marini;f) "stock transzonali" : stock ittici che migrano periodicamente oltrepassando i limiti delle zone economiche esclusive delle parti nel Mar Baltico;g) "sforzo di pesca" : il prodotto della capacità e dell’attività di un peschereccio; per un gruppo di navi, è costituito dalla somma dello sforzo di pesca di tutte le navi del gruppo;h) "approccio precauzionale di gestione della pesca" : la mancanza di dati scientifici adeguati non deve giustificare il rinvio o la mancata adozione di misure di gestione per la conservazione delle specie bersaglio, delle specie associate o delle specie dipendenti, nonché delle specie non bersaglio e del relativo habitat.Articolo 2Area geografica di applicazione dell’accordoL’area geografica di applicazione dell’accordo, di seguito denominata "Mar Baltico", comprende le acque del Mar Baltico e dei Belt, escluse le acque interne, limitate ad ovest da una linea che collega Capo Hasenore a Punta Gniben, Korshage a Spodsbjerg e Capo Gilbjerg a Kullen.Articolo 3Applicazione territorialeIl presente accordo si applica, da un lato, ai territori in cui è d’applicazione il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni ivi stabilite e, dall’altro, alla Federazione russa.Articolo 4Obiettivi1. Il presente accordo mira ad assicurare una stretta cooperazione fra le parti secondo il principio del beneficio equo e reciproco ai fini della conservazione, dello sfruttamento sostenibile e della gestione di tutti gli stock transzonali, associati e dipendenti presenti nel Mar Baltico.2. L’accordo stabilisce i principi e le procedure relativi alla stretta cooperazione tra le parti allo scopo di garantire che lo sfruttamento degli stock transzonali, associati e dipendenti nel Mar Baltico preveda condizioni economiche, ambientali e sociali sostenibili.3. Le parti fondano la loro cooperazione sui migliori pareri scientifici disponibili e su altri dati pertinenti, applicano l’approccio precauzionale e si accordano per elaborare un’impostazione ecosistemica della gestione della pesca.Articolo 5Misure di gestione comuni1. In base al principio del beneficio reciproco e in conformità della propria legislazione, ciascuna parte può autorizzare pescherecci dell’altra parte a pescare nella propria zona economica esclusiva nel Mar Baltico.2. Le parti possono scambiare, su base reciproca, contingenti relativi al Mar Baltico.3. Per conseguire gli obiettivi del presente accordo le parti adottano misure intese a disciplinare lo sfruttamento degli stock transzonali nel Mar Baltico, tenendo conto delle specie associate e dipendenti. Tali misure possono in particolare riguardare:a) i totali ammissibili di catture (TAC) per gli stock transzonali e i gruppi di stock transzonali nonché le ripartizioni fra le parti. I quantitativi assegnati alle parti si basano sulla ripartizione storica delle possibilità di pesca tenendo conto dell’esigenza di una gestione più mirata ai diversi stock, come raccomandato dal CIEM;b) i piani di gestione a lungo termine per la pesca degli stock transzonali;c) la limitazione dello sforzo di pesca;d) le misure tecniche.4. L’applicazione delle disposizioni di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 del presente articolo è di competenza del comitato misto per la pesca nel Mar Baltico menzionato all’articolo 14 del presente accordo.Articolo 6Misure di gestione autonome adottate dalle parti1. Ciascuna parte stabilisce i totali ammissibili di catture e i piani di gestione a lungo termine degli stock non transzonali presenti nel Mar Baltico, tenendo conto delle specie associate e dipendenti.2. Se, nell’ambito del comitato misto per la pesca nel Mar Baltico di cui all’articolo 14 del presente accordo, le parti non hanno potuto convenire misure di gestione adeguate da raccomandare alle rispettive autorità, esse adottano misure autonome al fine di garantire il conseguimento degli obiettivi indicati all’articolo 4 del presente accordo per quanto riguarda la gestione dello sfruttamento e la conservazione delle risorse biologiche marine nel Mar Baltico, tenendo conto delle specie associate e dipendenti.3. Le misure adottate ai sensi del paragrafo 2 del presente articolo sono fondate su criteri scientifici oggettivi e non comportano alcuna discriminazione, di fatto o di diritto, nei confronti dell’altra parte.4. Oltre alle raccomandazioni formulate dal comitato misto per la pesca nel Mar Baltico sulle misure da prendere, ciascuna parte può adottare le misure di conservazione e di gestione che ritiene necessarie per conseguire gli obiettivi enunciati all’articolo 4 del presente accordo.5. Le misure intese a disciplinare le attività di pesca, adottate da ciascuna parte nella propria zona economica esclusiva e nel proprio mare territoriale a fini di conservazione, sono fondate su criteri scientifici oggettivi, tengono conto delle specie associate e dipendenti e non comportano alcuna discriminazione, di fatto o di diritto, nei confronti dell’altra parte.Articolo 7Rilascio di licenze1. Ciascuna parte subordina al rilascio di una licenza (permesso) l’esercizio della pesca in settori specificati della propria zona economica esclusiva del Mar Baltico da parte dei pescherecci dell’altra parte.2. L’autorità competente di ciascuna parte comunica in tempo debito all’altra parte il nome, il numero di immatricolazione e gli altri elementi di identificazione dei pescherecci autorizzati ad esercitare la loro attività nei settori specificati della zona economica esclusiva del Mar Baltico dell’altra parte.3. L’applicazione delle condizioni relative al rilascio delle licenze è conforme alle raccomandazioni formulate dal comitato misto per la pesca nel Mar Baltico di cui all’articolo 14 del presente accordo.4. Al ricevimento della domanda di licenza (permesso), ciascuna parte rilascia, in conformità alle disposizioni applicabili della normativa vigente, la licenza (permesso) necessaria per esercitare la pesca nei settori specificati della propria zona economica esclusiva del Mar Baltico.Articolo 8Rispetto delle misure di conservazione e di gestione nonché delle altre regolamentazioni in materia di pesca1. Ciascuna parte adotta, in conformità delle proprie leggi, regolamentazioni e norme amministrative, le misure necessarie per garantire il rispetto, da parte dei suoi pescherecci, delle norme e delle regolamentazioni che disciplinano, nella normativa dell’altra parte, lo sfruttamento delle risorse ittiche nella zona economica esclusiva di quest’ultima nel Mar Baltico.2. Con riguardo alla propria zona economica esclusiva del Mar Baltico e in conformità della normativa applicabile e del diritto internazionale, ciascuna parte può adottare le misure necessarie per garantire il rispetto delle disposizioni del presente accordo da parte dei pescherecci dell’altra parte.3. Ciascuna parte comunica preventivamente all’altra parte, secondo le modalità più appropriate, le regolamentazioni e le misure intese a disciplinare l’attività di pesca, nonché eventuali modifiche delle stesse.4. Ciascuna parte adotta le misure che ritiene necessarie per assicurare il rispetto delle disposizioni del presente accordo nella propria zona economica esclusiva e nel proprio mare territoriale.Articolo 9Cooperazione per il controllo e l’esecuzione delle normeLe parti cooperano per il controllo e l’applicazione delle norme nel Mar Baltico. A tal fine esse convengono di elaborare un piano per lo scambio delle strategie in materia di controllo ed applicazione delle norme.Articolo 10IspezioniCiascuna parte autorizza l’ispezione dei propri pescherecci da parte degli organi competenti dell’altra parte responsabili delle operazioni di pesca nella propria zona economica esclusiva del Mar Baltico. Ciascuna delle parti agevola tali ispezioni, intese a controllare il rispetto delle misure e delle regolamentazioni di cui all’articolo 8 del presente accordo.Articolo 11Fermo e sequestro di pescherecci1. In caso di fermo o di sequestro di pescherecci dell’altra parte, gli organi competenti di ciascuna parte notificano prontamente agli organi competenti di tale parte, per via diplomatica o mediante altri canali ufficiali, le azioni intraprese e ogni sanzione conseguentemente applicata.2. Gli organi competenti di ciascuna parte rilasciano rapidamente i pescherecci e gli equipaggi in stato di fermo dietro versamento, da parte del proprietario della nave o del suo rappresentante, di una cauzione adeguata o su presentazione da parte degli stessi di altre garanzie, da determinarsi in base alla legislazione vigente della Federazione russa e degli Stati membri della Comunità europea.Articolo 12Cooperazione scientifica1. Le parti chiedono al CIEM di fornire pareri scientifici con riguardo agli stock transzonali, associati e dipendenti nel Mar Baltico; tali pareri costituiscono la base per l’adozione delle misure di gestione comuni relative a tali stock.2. Le parti si impegnano a cooperare nell’ambito del CIEM per lo svolgimento della ricerca scientifica utile ai fini del presente accordo.3. Le parti promuovono la collaborazione fra i propri ricercatori ed esperti sulle questioni di interesse comune nel settore della pesca, compresa l’acquacoltura.Articolo 13Specie anadrome e catadrome1. Le parti cooperano ai fini della conservazione delle specie anadrome e catadrome in conformità della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare e nell’ambito del presente accordo e di accordi internazionali pertinenti, allo scopo di promuovere la conservazione, la ricostituzione, il rafforzamento e la gestione razionale di tali stock nel Mar Baltico.2. Nonostante la definizione della zona geografica di applicazione del presente accordo di cui all’articolo 2, le parti possono convenire di estendere la cooperazione con riguardo alla gestione delle specie anadrome e catadrome, escludendo tuttavia quelle che trascorrono l’intero ciclo vitale nelle acque interne.Articolo 14Comitato misto per la pesca nel Mar Baltico1. Ai fini del conseguimento degli obiettivi del presente accordo le parti istituiscono un Comitato misto per la pesca nel Mar Baltico (di seguito denominato "comitato").2. Ciascuna parte nomina il proprio rappresentante al comitato e il suo assistente e ne informa l’altra parte per via ufficiale.3. Il comitato tratta tutte le questioni rientranti nell’ambito di applicazione del presente accordo e formula raccomandazioni per le parti.4. In particolare il comitato:a) esamina lo sviluppo e la dinamica degli stock transzonali, associati e dipendenti presenti nel Mar Baltico e le attività di pesca che li sfruttano;b) supervisiona l’applicazione, l’interpretazione e il buon funzionamento dell’accordo, segnatamente per quanto riguarda le disposizioni relative al controllo e all’esecuzione delle norme e alle ispezioni;c) coordina le questioni di interesse comune in materia di pesca;d) funge da sede per la composizione amichevole di qualsiasi controversia inerente all’interpretazione o all’applicazione del presente accordo.5. Il comitato si riunisce, secondo quanto convenuto dalle parti, almeno una volta all’anno alternativamente nel territorio di ciascuna delle parti, al fine di raccomandare misure alle rispettive autorità responsabili della pesca e degli stock interessati nel Mar Baltico, conformemente a quanto disposto all’articolo 5 del presente accordo. Il comitato si riunisce in seduta straordinaria su richiesta di una delle parti.6. Ove necessario, il comitato istituisce organi supplementari per svolgere le funzioni ad esso affidate.7. Il comitato adotta il proprio regolamento interno alla prima riunione.Articolo 15Consultazioni fra le partiLe parti si consultano su questioni relative all’applicazione e all’adeguato funzionamento del presente accordo o qualora sorga una controversia in merito alla sua interpretazione o applicazione.Articolo 16Cooperazione internazionaleLe parti cooperano, nell’ambito delle organizzazioni internazionali competenti, su questioni di interesse comune inerenti alla gestione e alla conservazione degli stock che vengano trattate dalle suddette organizzazioni.Articolo 17Clausola di salvaguardia1. Le disposizioni del presente accordo non condizionano o pregiudicano in alcun modo le posizioni o le opinioni di ciascuna parte sui rispettivi diritti o obblighi previsti dagli accordi di pesca internazionali o su qualunque questione attinente al diritto del mare.2. Il presente accordo lascia impregiudicata la delimitazione delle zone economiche esclusive delle parti.Articolo 18Entrata in vigore1. Il presente accordo si applica a titolo provvisorio a decorrere dalla data della firma ed entra in vigore a decorrere dalla data in cui le parti si notificano per iscritto la conclusione di tutte le procedure interne all’uopo necessarie.2. Alla data di entrata in vigore il presente accordo si sostituisce ai seguenti accordi di pesca, nella misura in cui essi riguardano la pesca marittima nel Mar Baltico, conclusi, rispettivamente, tra il governo della Repubblica di Lettonia e il governo della Federazione russa, firmato il 21 luglio 1992, tra il governo del Regno di Svezia e il governo della Federazione russa, firmato l’ 11 dicembre 1992, tra il governo della Repubblica di Finlandia e il governo della Federazione russa, firmato l’ 11 marzo 1994, tra il governo della Repubblica di Estonia e il governo della Federazione russa, firmato il 4 maggio 1994, tra il governo della Repubblica di Polonia e il governo della Federazione russa, firmato il 5 luglio 1995, e tra il governo della Repubblica di Lituania e il governo della Federazione russa, firmato il 29 giugno 1999.Articolo 19Durata dell’accordoIl presente accordo è concluso per un periodo iniziale di sei anni decorrente dalla data della sua entrata in vigore. Qualora una delle parti non receda mediante notifica trasmessa almeno nove mesi prima della scadenza di detto periodo, l’accordo è prorogato per ulteriori periodi di tre anni, salvo recesso notificato almeno nove mesi prima della fine di ciascun periodo.Articolo 20Regime linguisticoFatto a Bruxelles in duplice esemplare, addì ventotto aprile 2009, in bulgaro, ceco, danese, estone, finlandese, francese, greco, inglese, italiano, lettone, lituano, olandese, polacco, portoghese, rumeno, slovacco, sloveno, spagnolo, svedese, tedesco, ungherese e russo, ciascun testo facente ugualmente fede. In caso di controversia sono determinanti i testi dell’accordo nelle lingue inglese e russa.За Европейската общностPor la Comunidad EuropeaZa Evropské společenstvíFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftEuroopa Ühenduse nimelΓια την Ευρωπαϊκή ΚοινότηταFor the European CommunityPour la Communauté européennePer la Comunità europeaEiropas Kopienas vārdāEuropos bendrijos varduAz Európai Közösség részérőlGħall-Komunità EwropeaVoor de Europese GemeenschapW imieniu Wspólnoty EuropejskiejPela Comunidade EuropeiaPentru Comunitatea EuropeanăZa Európske spoločenstvoZa Evropsko skupnostEuroopan yhteisön puolestaPå Europeiska gemenskapens vägnarЗа Европейское сообшество+++++ TIFF ++++++++++ TIFF +++++За правителството на Руската федерацияPor el Gobierno de la Federación de RusiaZa vládu Ruské federacePå regeringen for Den Russiske Føderations vegneFür die Regierung der Russischen FöderationVenemaa Föderatsiooni valitsuse nimelΓια την Κυβέρνηση της Ρωσικής ΟμοσπονδίαςFor the Government of the Russian FederationPour le gouvernement de la Fédération de RussiePer il Governo della Federazione russaKrievijas Federācijas valdības vārdāRusijos Federacijos Vyriausybės varduAz Orosz Föderáció részérőlGħall-Gvern tal-Federazzjoni RussaVoor de regering van de Russische FederatieW imieniu rządu Federacji RosyjskiejPelo Governo da Federação da RússiaPentru Guvernul Federației RuseZa vládu Ruskej federácieZa Vlado Ruske federacijeVenäjän federaation hallituksen puolestaFör Ryska federationens regeringЗа Правителъство Российской Федерации+++++ TIFF +++++-------------------------------------------------- | Accordo sulla pesca e la conservazione dell’ambiente marino nella zona del Baltico
QUAL È LO SCOPO DELL’ACCORDO E DEL REGOLAMENTO?
L’accordo mira a garantire una stretta cooperazione tra l’UE e la Russia, basata su un beneficio equo e reciproco ai fini della conservazione, dell’uso sostenibile e della gestione della vita marina che migra tra i territori di pesca esclusivi delle due parti (insieme alle specie associate e dipendenti) nel Mar Baltico. Sostituisce la Convenzione di Danzica su cui si basa. Il regolamento adotta l’accordo per conto della Comunità europea (ora Unione europea).
PUNTI CHIAVE
Principi e procedure
L’accordo garantisce la cooperazione tra le due parti nei casi in cui i pesci migrano tra le rispettive zone economiche esclusive* ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. Stabilisce i principi e le procedure per tale cooperazione, tra cui:misure di gestione congiunta; accordi di licenza; il rispetto delle misure di conservazione e di gestione e altre norme in materia di pesca; la cooperazione in materia di misure di controllo e di esecuzione; ispezioni; l’arresto e il fermo delle imbarcazioni; la cooperazione scientifica; la cooperazione per la conservazione delle specie anadrome e catadrome*. Comitato misto per la pesca nel Mar Baltico
L’accordo prevede che le parti istituiscano un comitato misto per garantire il raggiungimento degli obiettivi dell’accordo. Prende in considerazione tutti gli aspetti dell’ambito di applicazione dell’accordo e fornisce raccomandazioni alle parti. In particolare, il comitato:esamina lo sviluppo e la dinamica degli stock ittici presenti nel Mar Baltico e le attività di pesca che li sfruttano; supervisiona l’applicazione, l’interpretazione e il buon funzionamento dell’accordo, segnatamente per quanto riguarda le norme relative al controllo, all’esecuzione e alle ispezioni; garantisce la cooperazione su questioni di interesse comune in materia di pesca; funge da sede per la composizione amichevole di qualsiasi controversia inerente all’interpretazione o all’applicazione dell’accordo.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Il regolamento e l’accordo si applicano dal 4 giugno 2009.
CONTESTO
Le relazioni politiche, culturali ed economiche tra l’UE e la Russia si basano su un Accordo di partenariato e di cooperazione.
Per ulteriori informazioni:Pesca (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Zona economica esclusiva: un’area al di là e in prossimità delle acque territoriali, per la quale il paese costiero gode di speciali diritti e competenza giurisdizionale.
Specie anadrome e catadrome: specie marine che si muovono tra acqua dolce e acqua salata per la riproduzione.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Regolamento (CE) n. 439/2009 del Consiglio, del 23 marzo 2009, relativo alla conclusione dell’accordo tra la Comunità europea e il governo della Federazione russa in materia di cooperazione nel settore della pesca e di conservazione delle risorse biologiche marine nel Mar Baltico (GU L 129 del 28.5.2009, pag. 1).
Accordo tra la Comunità europea e il governo della Federazione russa in materia di cooperazione nel settore della pesca e di conservazione delle risorse biologiche marine nel Mar Baltico (GU L 129 del 28.5.2009, pag. 2).
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione 2004/890/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2004, relativa al ritiro della Comunità europea dalla Convenzione sulla pesca e sulla conservazione delle risorse biologiche nel mar Baltico e nei Belt (GU L 375 del 23.12.2004, pag. 27).
Decisione 98/392/CE del Consiglio, del 23 marzo 1998, concernente la conclusione, da parte della Comunità europea, della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982 e dell’accordo del 28 luglio 1994 relativo all’attuazione delle parte XI della convenzione (GU L 179 del 23.6.1998, pag. 1).
Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare e accordo sull’attuazione della parte XI della convenzione — Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (GU L 179 del 23.6.1998, pag. 3).
Accordo di partenariato e di cooperazione che istituisce un partenariato tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Federazione russa, dall’altra — Protocollo n. 1 relativo alla creazione di un gruppo di contatto del carbone e dell’acciaio — Protocollo n. 2 relativo all’assistenza amministrativa reciproca per la corretta applicazione della legislazione doganale — Atto finale (GU L 327 del 28.11.1997, pag. 3).
Convenzione sulla pesca e sulla conservazione delle risorse biologiche nel mar Baltico e nei Belt (GU L 237 del 26.8.1983, pag. 5). | 7,671 | 963 |
32004D0573 | false | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 29 aprile 2004
relativa all'organizzazione di voli congiunti per l'allontanamento dei cittadini di paesi terzi illegalmente presenti nel territorio di due o più Stati membri
(2004/573/CE)
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 63, punto 3, lettera b),
vista l'iniziativa della Repubblica Italiana (1),
considerando quanto segue:
(1)
Il Piano globale per la lotta contro l'immigrazione clandestina e la tratta di esseri umani nell'Unione europea (2), adottato il 28 febbraio 2002, basato sulla comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo su una politica comune in materia di immigrazione illegale, del 15 novembre 2001, rileva che la politica di riammissione e di rimpatrio costituisce parte integrante e cruciale della lotta contro l'immigrazione clandestina. A tal fine esso sottolinea la necessità di individuare talune azioni concrete, compresa l'istituzione di un approccio comune e di una cooperazione tra gli Stati membri in materia di esecuzione delle misure di rimpatrio. È pertanto opportuno adottare norme comuni per le procedure di rimpatrio.
(2)
Il Piano per la gestione delle frontiere esterne dell'Unione europea, approvato il 13 giugno 2002 dal Consiglio e basato sulla comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo verso una gestione integrata delle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea, del 7 maggio 2002, prevede, nell'ambito delle «misure ed azioni per una gestione integrata delle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea», operazioni razionalizzate di rimpatrio.
(3)
Il Programma d'azione in materia di rimpatrio, approvato il 28 novembre 2002 dal Consiglio, basato sul Libro verde della Commissione, del 10 aprile 2002, su una politica comunitaria di rimpatrio delle persone che soggiornano illegalmente negli Stati membri e sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio su una politica comunitaria in materia di rimpatrio delle persone soggiornanti illegalmente, del 14 ottobre 2002, nell'ambito delle misure e delle azioni relative al miglioramento della cooperazione operativa tra gli Stati membri, ha auspicato il rimpatrio dei cittadini dei paesi terzi illegalmente presenti sul territorio di uno Stato membro nella maniera più efficace possibile, mettendo in comune le rispettive capacità nell'allontanamento di detti stranieri.
(4)
È importante evitare un vuoto della Comunità nel settore dell'organizzazione di voli congiunti.
(5)
A partire dal 1o maggio 2004 il Consiglio non può più agire su iniziativa di uno Stato membro.
(6)
Il Consiglio ha esaurito tutte le possibilità di ottenere in tempo il parere del Parlamento europeo.
(7)
Viste le circostanze eccezionali la decisione dovrebbe essere adottata senza il parere del Parlamento europeo.
(8)
Gli Stati membri attuano la presente decisione nel rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali ed, in particolare, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 4 novembre 1950, della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti del 10 dicembre 1984; della Convenzione di Ginevra relativo allo status di rifugiato del 28 luglio 1951 e del relativo protocollo di New York del 31 gennaio 1967; della Convenzione internazionale sui diritti dei minori del 20 novembre 1989 e della carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea approvata il 18 dicembre 2000 (3).
(9)
È necessario che la presente decisione si applichi senza pregiudizio dei pertinenti strumenti internazionali in materia di allontanamento per via aerea, quali ad esempio l'allegato 9 della Convenzione internazionale per l'aviazione civile (Convenzione di Chicago — ICAO) ed il documento 30 della Commissione europea per l'aviazione civile (CEAC).
(10)
Gli orientamenti comuni non vincolanti sulle disposizioni di sicurezza applicabili all'allontanamento congiunto per via aerea dovrebbero fornire un utile strumento di guida nell'attuazione della presente decisione.
(11)
La Danimarca, a norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca, allegato al trattato dell'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, non partecipa all'adozione della presente decisione, e di conseguenza non è vincolata da essa, né è soggetta alla sua applicazione. Tuttavia, poiché la presente decisione è volta a sviluppare l'acquis di Schengen in applicazione delle disposizione del titolo IV, parte III, del trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca, a norma dell'articolo 5 del protocollo summenzionato, deciderà, entro un periodo di 6 mesi dall'adozione della presente decisione del Consiglio, se intende recepire o meno tale decisione nel proprio diritto interno.
(12)
Quanto alla Repubblica d'Islanda e al Regno di Norvegia, la presente decisione costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell'acquis di Schengen ai sensi dell'accordo concluso dal Consiglio dell'Unione europea con la Repubblica d'Islanda e il Regno di Norvegia il 18 maggio 1999 sulla loro associazione all'attuazione, all'applicazione e allo sviluppo dell'acquis di Schengen (4) che rientrano nel settore di cui all'articolo 1, punto C, della decisione 1999/437/CE del Consiglio (5) relativa a talune modalità di applicazione del suddetto accordo. Osservate le procedure previste dall'accordo, i diritti e gli obblighi posti in essere dalla presente decisione si applicheranno anche a questi due Stati e nelle relazioni tra questi due Stati e gli Stati membri della Comunità europea destinatari della presente decisione.
(13)
Conformemente all'articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell'Irlanda allegato al trattato dell'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, questi Stati membri hanno notificato che intendono partecipare all'adozione e all'applicazione della presente direttiva,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Obiettivo
Obiettivo della presente decisione è coordinare gli allontanamenti congiunti per via aerea, da due o più Stati membri, dei cittadini di paesi terzi che sono destinatari di provvedimenti di allontanamento individuali (in seguito denominati «cittadini di paesi terzi»).
Articolo 2
Definizioni
Ai sensi della presente decisione, si intende per:
a)
«cittadino di un paese terzo», la persona che non ha la cittadinanza di uno Stato membro dell'Unione europea, della Repubblica d'Islanda o del Regno di Norvegia;
b)
«Stato membro organizzatore», uno Stato membro incaricato dell'organizzazione di voli congiunti;
c)
«Stato membro partecipante», uno Stato membro che partecipa a voli congiunti organizzati dallo Stato membro organizzatore;
d)
«volo congiunto», le operazioni di trasporto di cittadini di paesi terzi, effettuate da un vettore aereo a tal fine designato;
e)
«operazione di allontanamento» e «allontanamenti congiunti per via aerea», tutte le attività che sono necessarie al rimpatrio dei cittadini dei paesi terzi interessati, incluso il trasporto su voli congiunti;
f)
«scorta(e)», il personale di sicurezza, incaricato di accompagnare i cittadini di paesi terzi a bordo del volo congiunto e le persone preposte all'assistenza medica e gli interpreti.
Articolo 3
Autorità nazionale
Ciascun Stato membro nomina l'autorità nazionale che è incaricata dell'organizzazione dei voli congiunti e/o che partecipa a tali voli e comunica le informazioni pertinenti agli altri Stati membri.
Articolo 4
Compiti dello Stato membro organizzatore
1. Se uno Stato membro decide di organizzare un volo congiunto per l'allontanamento di cittadini di paesi terzi che è aperto alla partecipazione di altri Stati membri, ne informa le autorità nazionali di tali Stati membri.
2. L'autorità nazionale dello Stato membro organizzatore adotta le misure necessarie per garantire il regolare svolgimento del volo congiunto. Essa in particolare provvede a:
a)
scegliere il vettore aereo e determinare con quest'ultimo tutti i costi pertinenti del volo congiunto ed assumere i relativi obblighi contrattuali nonché assicurarsi che esso prende tutte le misure necessarie ad effettuare il volo congiunto, fornendo altresì l'adeguata assistenza ai cittadini dei paesi terzi e alle scorte;
b)
chiedere e ricevere dai paesi terzi di transito e di destinazione le autorizzazioni richieste per l'attuazione del volo congiunto;
c)
avvalersi dei contatti e prendere le disposizioni appropriate per l'organizzazione del volo congiunto con gli Stati membri partecipanti;
d)
definire le modalità operative e le procedure e determinare, d'intesa con gli Stati membri partecipanti, il numero delle scorte necessario in relazione al numero di cittadini di paesi terzi da allontanare;
e)
concludere tutti gli accordi finanziari appropriati con gli Stati membri partecipanti.
Articolo 5
Compiti dello Stato membro partecipante
Se uno Stato membro decide di partecipare ad un volo congiunto, esso:
a)
comunica all'autorità nazionale dello Stato membro organizzatore la sua intenzione di partecipare al volo congiunto, specificando il numero dei cittadini di paesi terzi da allontanare;
b)
fornisce un numero sufficiente di scorte per ciascun cittadino di paese terzo da allontanare. Se le scorte sono fornite soltanto dallo Stato membro organizzatore, ciascuno Stato membro partecipante assicura la presenza a bordo di almeno due rappresentanti. Tali rappresentanti, che hanno lo stesso status delle scorte, sono incaricati del trasferimento dei cittadini di paesi terzi per i quali sono responsabili di fronte alle autorità del paese di destinazione.
Articolo 6
Compiti comuni
Lo Stato membro organizzatore e ciascuno Stato membro partecipante:
a)
assicurano che ogni cittadino di paese terzo e le scorte siano in possesso di documenti di viaggio validi e di qualsiasi altro documento aggiuntivo necessario, quali visti di ingresso e/o di transito, certificati o cartelle sanitarie;
b)
informano il più presto possibile le loro rappresentanze diplomatiche e consolari nei paesi terzi di transito e destinazione riguardo agli accordi relativi al volo congiunto per ottenere l'assistenza necessaria.
Articolo 7
Clausola finale
Nell'effettuare l'allontanamento congiunto per via aerea gli Stati membri tengono conto degli orientamenti comuni sulle disposizioni di sicurezza per l'allontanamento congiunto per via aerea riportati nell'allegato.
Articolo 8
Entrata in vigore
La presente decisione entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Articolo 9
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione a norma del trattato.
Fatto a Lussemburgo, addì 29 aprile 2004.
Per il Consiglio
Il presidente
M. McDOWELL
(1) GU C 223 del 19.9.2003, pag. 3.
(2) GU C 142 del 14.6.2002, pag. 23.
(3) GU C 364 del 18.12.2000, pag. 1.
(4) GU L 176 del 10.7.1999, pag. 36.
(5) GU L 176 del 10.7.1999, pag. 31.
ALLEGATO
Orientamenti comuni sulle disposizioni di sicurezza applicabili all'allontanamento congiunto per via aerea
1. Fase precedente al rimpatrio
1.1 Condizioni relative ai rimpatriandi
1.1.1. Posizione giuridica
Sono organizzati dei voli comuni per il rimpatrio delle persone che risiedono illegalmente, ovvero coloro che non soddisfano o non soddisfano più le condizioni di ingresso, soggiorno o residenza nel territorio di uno Stato membro dell'Unione europea. Lo Stato membro organizzatore e lo Stato membro partecipante provvedono affinché la posizione giuridica di ciascun rimpatriando per il quale essi sono responsabili ne consenta l'allontanamento.
1.1.2. Stato di salute e cartella sanitaria
Lo Stato organizzatore e ciascuno Stato membro partecipante assicurano che i rimpatriandi per i quali essi sono responsabili siano in condizioni di salute adeguate affinché si possa procedere, di diritto e di fatto, al loro allontanamento per via aerea in condizioni di sicurezza. Per i rimpatriandi che presentano problemi di salute o che richiedono cure mediche sono redatte delle cartelle sanitarie. Tali cartelle contengono gli esiti delle visite mediche, una diagnosi e la specificazione dei presidi medici e terapeutici che potrebbero rivelarsi utili ai fini di un trattamento medico. La cartella sanitaria è redatta in versione multilingue, se il personale medico che accompagna il rimpatriando non è in grado di comprendere adeguatamente la versione originale. Si invitano lo Stato membro organizzatore e gli Stati membri partecipanti ad utilizzare formulari comuni standardizzati per la compilazione delle cartelle sanitarie o delle certificazioni di idoneità a viaggiare in aereo. Prima di un'operazione di rimpatrio, gli Stati membri partecipanti informano lo Stato membro che organizza l'operazione di qualsiasi circostanza attinente allo stato di salute di un rimpatriando che potrebbe ripercuotersi negativamente sulla sua allontanabilità. Lo Stato membro che organizza l'operazione si riserva il diritto di negare accesso al volo congiunto a qualsiasi rimpatriando che presenti condizioni di salute tali da non permettere che il suo rimpatrio avvenga in condizioni di sicurezza e di dignità.
1.1.3. Documentazione
Lo Stato membro organizzatore e ciascuno Stato membro partecipante provvede affinché per tutti i rimpatriandi siano disponibili documenti di viaggio in corso di validità ed altri documenti, certificati o cartelle. Una persona autorizzata conserva tale documentazione fino all'arrivo nel paese di destinazione.
Spetta allo Stato membro organizzatore e agli Stati membri partecipanti provvedere a che il personale della scorta ed i rappresentanti incaricati del rimpatrio dispongano dei visti d'ingresso eventualmente necessari per il paese o i paesi di transito e di destinazione del volo congiunto.
1.1.4. Notificazioni
Lo Stato membro organizzatore provvede a notificare con congruo anticipo l'operazione di allontanamento alla compagnia aerea, eventualmente ai paesi di transito ed al paese di destinazione, nonché a consultarli in merito all'operazione stessa.
1.2. Condizioni relative alle scorte
1.2.1. Scorta dallo Stato membro organizzatore
Quando lo Stato membro organizzatore fornisce la scorta per tutti i rimpatriandi, ciascuno Stato membro partecipante dispone la presenza a bordo del velivolo di almeno due propri rappresentanti incaricati di consegnare i rimpatriandi per i quali essi sono responsabili alle autorità locali del paese di destinazione.
1.2.2. Scorte da tutti gli Stati membri partecipanti
Quando lo Stato organizzatore intende assumersi la responsabilità soltanto dei rimpatriandi dal proprio territorio, gli Stati membri partecipanti provvedono a fornire le scorte per i rimpatriandi per i quali sono responsabili. In tal caso, la partecipazione delle diverse unità nazionali richiede un accordo comune tra lo Stato organizzatore e gli Stati partecipanti circa le misure di sicurezza da adottare, quali stabilite nei presenti orientamenti comuni o in altri accordi vigenti tra Stati membri, e la consultazione previa su ogni altro dettaglio dell'operazione.
1.2.3. Utilizzo di scorte private
Quando uno Stato membro partecipante si avvale di una scorta privata, le autorità di tale Stato membro dispongono la presenza di almeno un proprio rappresentante ufficiale a bordo dell'aeromobile.
1.2.4. Competenza e formazione del personale della scorta
Il personale della scorta assegnato a bordo dei voli congiunti deve aver ricevuto una preventiva specifica formazione finalizzata all'espletamento di tali missioni; esso deve disporre del supporto medico necessario in funzione della missione da svolgere.
È preferibile che il personale della scorta assegnato ai voli congiunti abbia familiarità con le norme sull'allontanamento vigenti nello Stato membro organizzatore e negli Stati membri partecipanti. Pertanto si invitano gli Stati membri a scambiarsi informazioni sui rispettivi corsi di formazione destinati al personale delle scorte ed a offrire corsi di formazione al personale delle scorte degli altri Stati membri.
1.2.5. Codice di condotta per il personale della scorta
I membri della scorta non sono armati. Possono indossare abiti civili che devono esporre un emblema distintivo a fini identificativi. Qualsiasi altro personale di accompagnamento debitamente accreditato deve indossare abiti con un emblema distintivo.
I membri della scorta si posizionano in modo strategico all'interno dell'aeromobile al fine di garantire la massima sicurezza. Inoltre, essi devono sedere accanto ai rimpatriandi posti sotto la loro responsabilità.
1.2.6. Disposizioni relative al numero della scorta
Il numero della scorta è stabilito caso per caso a seguito di un'analisi dei rischi potenziali e previa reciproca consultazione. Nella maggior parte dei casi è raccomandabile che il numero dei membri della scorta sia almeno equivalente a quello dei rimpatriandi a bordo. Una unità di riserva deve essere disponibile per dare eventuale supporto (ad esempio, in caso di destinazioni molto lontane).
2. Fase precedente alla partenza nell'aeroporto di partenza o di scalo
2.1. Trasferimento all'aeroporto e sosta all'interno dell'aeroporto
Per quanto riguarda il trasferimento all'aeroporto e la sosta all'interno dell'aeroporto, si applica quanto segue:
a)
In linea di massima, il personale della scorta ed i rimpatriandi dovrebbero essere all'aeroporto almeno tre ore prima della partenza del volo.
b)
I rimpatriandi dovrebbero ricevere informazioni sull'esecuzione del loro rimpatrio ed essere avvisati che è nel loro interesse collaborare pienamente con il personale della scorta. Dovrebbe essere loro chiaro che non sarà tollerata alcuna azione di disturbo e che un tale comportamento non implicherà l'annullamento dell'operazione di allontanamento.
c)
Lo Stato membro organizzatore mette a disposizione un'area sicura all'aeroporto di partenza, in modo da assicurare che i rimpatriandi siano raggruppati in modo discreto ed imbarcati in condizioni di sicurezza. Tale area serve anche a rendere sicuro l'arrivo di qualsiasi altro aeromobile di altri Stati membri che trasporta rimpatriandi da imbarcare sul volo congiunto.
d)
Se il piano del volo congiunto prevede uno scalo nell'aeroporto di un altro Stato membro per l'imbarco di altri rimpatriandi, spetta a questo Stato membro mettere a disposizione un'area sicura all'aeroporto.
e)
I rappresentanti dello Stato membro partecipante consegnano i rimpatriandi per i quali essi sono responsabili ai funzionari dello Stato membro nel quale avviene l'operazione, che sono generalmente funzionari dello Stato membro che organizza l'operazione. Essi segnalano, all'occorrenza, i rimpatriandi che hanno manifestato l'intenzione di non imbarcarsi ed in particolare quelli che necessitano di attenzione particolare in considerazione delle loro condizioni fisiche o psichiche.
f)
Lo Stato membro nel quale avviene l'operazione di allontanamento è responsabile per l'esercizio di ogni potere sovrano (ad esempio, l'adozione di misure coercitive). I poteri del personale della scorta degli altri Stati membri partecipanti sono limitati all'autodifesa. Inoltre, in assenza di personale di polizia dello Stato membro nel quale avviene l'operazione, o ai fini del sostegno degli ufficiali di polizia, il personale della scorta può intervenire in misura ragionevole e proporzionata per far fronte ad un rischio grave ed immediato, per impedire ad un rimpatriando di fuggire, di procurare lesioni a sé o a terzi o di causare danni patrimoniali.
2.2. Registrazione, imbarco e controllo di sicurezza prima del decollo
Gli accordi per la registrazione, l'imbarco e il controllo di sicurezza prima del decollo sono i seguenti:
a)
Il personale della scorta dello Stato membro nel quale si sta svolgendo l'operazione di rimpatrio si incarica della procedura di registrazione e fornisce assistenza durante il passaggio delle zone controllate.
b)
Tutti i rimpatriandi sono sottoposti ad un ispezione meticolosa ai fini della sicurezza prima di imbarcarsi sull'aeromobile. Qualsiasi oggetto che possa costituire una minaccia alle persone ed alla sicurezza del volo congiunto è sequestrato e posto nella stiva bagagli.
c)
Il bagaglio del rimpatriando non è introdotto nella cabina passeggeri. Tutti i bagagli collocati nella stiva sono sottoposti ad un controllo di sicurezza e contrassegnati con etichetta che riporta il nome del possessore. Qualsiasi oggetto considerato pericoloso ai sensi delle norme dell'Organizzazione per l'aviazione civile internazionale (ICAO) è rimosso dal bagaglio.
d)
Denaro ed oggetti preziosi sono posti in una busta trasparente contrassegnata con il nome del proprietario. I rimpatriandi sono informati della procedura relativa agli oggetti ed al denaro che sono stati ritirati.
e)
Per ciascuna operazione di allontanamento, lo Stato membro organizzatore stabilisce il peso massimo di bagaglio autorizzato per ciascun rimpatriando.
f)
Tutti i rimpatriandi sono imbarcati sul volo congiunto dal personale dello Stato membro organizzatore, assistito, se del caso, dal personale della scorta per l'operazione di allontanamento.
3. Procedura durante il volo
3.1. Misure di sicurezza a bordo dell'aeromobile
Durante il volo si applicano le seguenti misure di sicurezza a bordo dell'aeromobile:
a)
Il responsabile dell'operazione di allontanamento dello Stato membro organizzatore stabilisce un piano generale di sicurezza e di vigilanza che sarà eseguito a bordo dell'aeromobile (movimenti all'interno della cabina, pasti, ecc.). Il personale della scorta di tutti gli Stati membri partecipanti deve essere informato del piano di sicurezza e di vigilanza prima dell'inizio dell'operazione di allontanamento.
b)
Qualora siano di diversa cittadinanza, i rimpatriandi sono sistemati all'interno della cabina dei passeggeri come stabilito dallo Stato membro responsabile dell'esecuzione del loro allontanamento e secondo la loro destinazione finale.
c)
Le cinture di sicurezza devono rimanere allacciate durante l'intera durata del volo.
d)
In caso di incidente rilevante a bordo (ad esempio un comportamento di disturbo tale da pregiudicare il completamento dell'operazione o la sicurezza di coloro che si trovano a bordo del velivolo), il responsabile dell'operazione dello Stato membro che organizza l'operazione, in stretto collegamento con o sotto la direzione del capitano di volo, assume il comando operativo al fine di ristabilire l'ordine.
3.2. Uso delle misure coercitive
Le misure coercitive possono essere usate come segue:
a)
Le misure coercitive sono eseguite nel rispetto dei diritti individuali dei rimpatriandi.
b)
La coercizione può essere esercitata nei confronti dei rimpatriandi che rifiutano o si oppongono all'allontanamento. Tutte le misure coercitive devono essere proporzionate e non eccedere un uso ragionevole della forza. Si devono preservare la dignità e l'integrità fisica del rimpatriando. Di conseguenza, in caso di dubbio, l'operazione di allontanamento che richiede l'esecuzione di misure coercitive legali a causa della resistenza e della pericolosità del rimpatriando è sospesa in applicazione del principio secondo il quale «un allontanamento non può essere effettuato a qualsiasi costo».
c)
La misura coercitiva applicata non deve compromettere o minacciare la facoltà di respirare normalmente del rimpatriando. Se vi è uso della forza, si deve assicurare che il rimpatriando rimanga con il torace in posizione verticale e che nulla opprima o interferisca con il suo torace impedendogli di respirare normalmente.
d)
I rimpatriandi che oppongono resistenza possono essere immobilizzati con mezzi che non ledano la loro dignità o integrità fisica.
e)
Lo Stato membro organizzatore e ciascuno Stato membro partecipante stabiliscono di comune accordo, prima dell'operazione di allontanamento, un elenco di misure restrittive autorizzate. È vietato l'uso di sedativi per facilitare l'operazione, ferme restando le misure di emergenza volte a garantire la sicurezza del volo.
f)
Il personale della scorta deve essere informato delle misure restrittive autorizzate e vietate e deve conoscerle.
g)
I rimpatriandi sottoposti a misure restrittive devono rimanere costantemente sotto sorveglianza durante l'intera durata del volo.
h)
La decisione di sospendere temporaneamente una misura restrittiva deve essere presa dal responsabile dell'operazione di allontanamento o dal suo vice.
3.3 Personale medico ed interpreti
Gli accordi relativi al personale medico e agli interpreti sono i seguenti:
a)
Sul volo congiunto deve essere presente almeno un medico.
b)
Il medico deve avere accesso a tutte le pertinenti cartelle sanitarie dei rimpatriandi e deve essere informato, prima della partenza, sui rimpatriandi che necessitano un'attenzione medica particolare. Problemi di salute sconosciuti in precedenza, che sono riscontrati soltanto immediatamente prima della partenza e tali da compromettere l'esecuzione dell'operazione di allontanamento devono essere valutati dalle autorità responsabili.
c)
Soltanto il medico può, dopo aver effettuato un'accurata diagnosi, amministrare farmaci al rimpatriando. I farmaci necessari ad un rimpatriando durante il volo sono conservati a bordo.
d)
Ciascun rimpatriando può rivolgersi al medico o al personale della scorta direttamente o per il tramite di un interprete in una lingua nella quale possa esprimersi.
e)
Lo Stato membro che organizza l'operazione provvede a che sia disponibile idoneo personale medico e linguistico per l'operazione di allontanamento.
3.4. Documentazione e supervisione dell'operazione di allontanamento
3.4.1. Registrazioni ed osservatori esterni
Le registrazioni video e audio o la supervisione da parte di osservatori esterni sui voli charter comuni sono subordinate al previo accordo tra lo Stato organizzatore e gli Stati membri partecipanti.
3.4.2. Relazioni di missione interne
Lo Stato membro organizzatore e gli Stati membri partecipanti si scambiano le relazioni di missione interne sull'operazione congiunta di allontanamento, qualora non sia previsto di redigere una relazione comune. Ciò assume particolare importanza in caso di fallimento dell'operazione di allontanamento. Tutte le relazioni di missione sono strettamente riservate e destinate all'esclusivo uso interno. Le relazioni di missione contengono il resoconto di qualsiasi incidente eventualmente occorso e di qualsiasi misura coercitiva e sanitaria eventualmente applicata.
3.4.3. Copertura mediatica
Lo Stato membro organizzatore e gli Stati membri partecipanti stabiliscono di comune accordo, prima dell'operazione di allontanamento con volo charter, la natura e i tempi della (eventuale) pubblicità da dare alla stessa. In linea generale, le informazioni sull'operazione di allontanamento saranno diffuse dopo il completamento dell'operazione. Deve essere evitata la pubblicazione di fotografie o di dettagli personali della scorta.
4. Fase di transito
La direttiva 2003/110/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa all'assistenza nell'ambito di provvedimenti di espulsione per via aerea trova applicazione durante il transito in uno Stato membro.
5. Fase di arrivo
All'arrivo:
a)
Allo Stato membro organizzatore compete prendere contatto con le autorità del paese di destinazione; gli Stati membri partecipanti devono prendere parte a tale procedura.
b)
Il responsabile dell'operazione di allontanamento dello Stato membro organizzatore è incaricato di stabilire i primi contatti con le autorità locali all'arrivo, a meno che gli Stati membri partecipanti non abbiano designato a tal fine un altro portavoce prima dell'arrivo.
c)
Ciascuno Stato membro partecipante consegna i rimpatriandi per i quali è responsabile alle autorità del paese di destinazione, con i rispettivi bagagli e tutti gli oggetti che sono stati ritirati prima dell'imbarco. Il capo rappresentante dello Stato membro organizzatore e degli Stati membri partecipanti è responsabile della consegna dei rimpatriandi alle autorità locali all'arrivo. In linea generale, il personale della scorta non lascia l'aeromobile.
d)
Qualora si ritenga opportuno e sia fattibile, lo Stato membro organizzatore e gli Stati membri partecipanti dovrebbero chiedere l'assistenza di addetti consolari, ufficiali di collegamento per l'immigrazione o funzionari precedentemente inviati a tal fine dagli Stati membri interessati, per facilitare la consegna alle autorità locali, nella misura consentita dalle prassi e procedure nazionali.
e)
I rimpatriandi non portano manette o altri mezzi restrittivi all'atto della consegna alle autorità locali.
f)
La consegna dei rimpatriandi avviene al di fuori dell'aeromobile (all'uscita della passerella o in appositi locali all'interno dell'aeroporto, come sia ritenuto più opportuno). Per quanto possibile, si dovrebbe evitare che le autorità locali salgano a bordo dell'aeromobile.
g)
Il tempo trascorso all'aeroporto di destinazione dovrebbe essere limitato al minimo.
h)
Spetta allo Stato membro organizzatore e a ciascuno degli Stati membri partecipanti prevedere misure contingenti per il personale della scorta ed i rappresentanti (ed i rimpatriandi ai quali è stata negata la riammissione) per il caso in cui la partenza dell'aeromobile sia ritardata dopo lo sbarco dei rimpatriandi. Tali misure includono, se necessario, le disposizioni per il pernottamento.
6. Fallimento dell'operazione di allontanamento
Nel caso in cui le autorità del paese di destinazione non autorizzino l'ingresso nel loro territorio, o l'operazione di allontanamento non possa essere portata a termine per altri motivi, lo Stato membro organizzatore e ciascuno Stato membro partecipante si incarica, a proprie spese, del rientro nei rispettivi territori dei rimpatriandi per i quali essi sono responsabili. | Rimpatrio di immigrati irregolari nei loro paesi d’origine: i voli congiunti
QUAL È LO SCOPO DELLA PRESENTE DECISIONE?
Stabilisce le procedure relative alla cooperazione fra due o più paesi dell’UE per l’espulsione di immigrati irregolari dall’Unione per via aerea.
PUNTI CHIAVE
Tutti i paesi dell’UE nominano un’autorità nazionale responsabile dell’organizzazione o della partecipazione ai voli congiunti.
· L’autorità che organizza un volo congiunto deve:
fornire le informazioni rilevanti agli altri paesi dell’UE;
scegliere il vettore aereo coinvolto e garantire che tutte le disposizioni contrattuali e pratiche siano in vigore;
chiedere e ricevere le autorizzazioni dai paesi di transito e di destinazione del volo;
prendere le disposizioni appropriate, comprese quelle di ordine finanziario, con gli altri paesi dell’UE partecipanti al volo;
definire le modalità operative e le procedure, compreso il numero delle scorte necessario.
· Un paese dell’UE che partecipa a un volo congiunto deve:
comunicare all’autorità nazionale che organizza il volo congiunto la sua intenzione di partecipare;
fornire un numero sufficiente di scorte;
se il paese organizzatore fornisce tutte le scorte, assicurare la presenza a bordo di almeno due rappresentanti.
· I paesi organizzatori e partecipanti devono:
assicurare che tutti coloro che vengono espulsi e le scorte siano in possesso di documenti di viaggio validi e di qualsiasi altro documento necessario, quali visti e certificati;
informare le loro rappresentanze diplomatiche e consolari nei paesi di transito e destinazione interessati riguardo agli accordi relativi al volo congiunto per ottenere l’assistenza necessaria.
La decisione stabilisce procedure e requisiti dettagliati per le cinque fasi di allontanamento degli immigrati irregolari:
prima del rimpatrio,
prima della partenza,
durante il volo,
transito,
arrivo.
Tali fasi comprendono anche questioni quali il checkin, la sicurezza e l’uso di misure coercitive*.
La cooperazione operativa fra paesi dell’UE riguarda inoltre:
l’assistenza per il transito di voli di allontanamento;
l’organizzazione di voli per immigrati illegali destinatari di provvedimenti di allontanamento individuali;
il riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA PRESENTE DECISIONE?
Si applica a partire dal 7 agosto 2004.
CONTESTO
Ogni anno, a un numero compreso fra 400 000 e 500 000 cittadini stranieri viene ingiunto di lasciare l’UE perché vi sono entrati, o vi soggiornano, illegalmente. Solo il 40 % viene rimpatriato nel paese di origine o nel paese dal quale è entrato nell’UE. Garantire il rimpatrio degli immigrati irregolari è essenziale per assicurare la credibilità della migrazione legale.
Per ulteriori informazioni, si veda:
Rimpatrio e riammissione sul sito Internet della Commissione europea.
* TERMINI CHIAVE
misure coercitive: possono essere usate nei confronti di persone che rifiutano o si oppongono all’allontanamento; devono essere proporzionali e non devono eccedere un ragionevole livello di forza o compromettere la capacità di respirare di una persona.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2004/573/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa all’organizzazione di voli congiunti per l’allontanamento dei cittadini di paesi terzi illegalmente presenti nel territorio di due o più Stati membri (GU L 261 del 6.8.2004, pag. 28-35)
ATTI COLLEGATI
Direttiva 2003/110/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa all’assistenza durante il transito nell’ambito di provvedimenti di espulsione per via aerea (GU L 321 del 6.12.2003, pag. 26-31)
Direttiva 2001/40/CE del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativa al riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento dei cittadini di paesi terzi (GU L 149 del 2.6.2001, pag. 34-36) | 10,164 | 647 |
32012D0021 | false | DECISIONE DELLA COMMISSIONE
del 20 dicembre 2011
riguardante l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti di Stato sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico, concessi a determinate imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale
[notificata con il numero C(2011) 9380]
(Testo rilevante ai fini del SEE)
(2012/21/UE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 106, paragrafo 3,
considerando quanto segue:
(1)
Ai sensi dell’articolo 14 del trattato l’Unione, fatti salvi gli articoli 93, 106 e 107 del trattato, provvede affinché i servizi di interesse economico generale funzionino in base a principi e condizioni che consentano loro di assolvere i loro compiti.
(2)
Affinché taluni servizi di interesse economico generale funzionino in base a principi e condizioni che consentano loro di assolvere i loro compiti, può rendersi necessario un sostegno finanziario da parte dello Stato destinato a coprire interamente o in parte i costi specifici relativi agli obblighi di servizio pubblico. Conformemente all’articolo 345 del trattato, quale interpretato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, è ininfluente il fatto che tali servizi di interesse economico generale siano prestati da imprese pubbliche o private.
(3)
In questo contesto, ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme del trattato, in particolare alle norme in materia di concorrenza, nella misura in cui l’applicazione di queste norme non osti all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Ciò non dovrebbe tuttavia incidere sullo sviluppo degli scambi in misura contraria agli interessi dell’Unione.
(4)
Nella sentenza emessa nella causa «Altmark» (1), la Corte di giustizia ha precisato che le compensazioni degli obblighi di servizio pubblico non costituiscono aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 107 del trattato se sono rispettate le seguenti quattro condizioni cumulative. In primo luogo, l’impresa beneficiaria deve essere effettivamente incaricata dell’adempimento di obblighi di servizio pubblico e detti obblighi devono essere definiti in modo chiaro. In secondo luogo, i parametri in base ai quali viene calcolata la compensazione devono essere previamente definiti in modo obiettivo e trasparente. In terzo luogo, la compensazione non deve eccedere quanto necessario per coprire integralmente o parzialmente i costi originati dall’adempimento degli obblighi di servizio pubblico, tenendo conto dei relativi introiti e di un ragionevole margine di profitto. Infine, quando in un caso specifico la scelta dell’impresa da incaricare dell’esecuzione di obblighi di servizio pubblico non venga effettuata mediante una procedura di appalto pubblico che consenta di selezionare il candidato in grado di fornire tali servizi al costo minore per la collettività, il livello della necessaria compensazione deve essere determinato sulla base di un’analisi dei costi che un’impresa media, gestita in modo efficiente e adeguatamente dotata dei mezzi necessari, avrebbe dovuto sopportare.
(5)
Qualora questi criteri non siano soddisfatti e siano rispettate le condizioni generali di applicabilità dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato, le compensazioni degli obblighi di servizio pubblico costituiscono aiuti di Stato e sono soggette alle disposizioni degli articoli 93, 106, 107 e 108 del trattato.
(6)
Oltre alla presente decisione, sono tre gli strumenti pertinenti per l’applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato alle compensazioni concesse per la prestazione di servizi di interesse economico generale:
a)
una nuova comunicazione sull’applicazione delle norme dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato alla compensazione concessa per la prestazione di servizi di interesse economico generale (2) chiarisce l’applicazione dell’articolo 107 del trattato e dei criteri definiti nella sentenza Altmark a tali compensazioni;
b)
un nuovo regolamento che la Commissione intende adottare relativamente all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato agli aiuti di importanza minore («de minimis») per la prestazione di SIEG stabilisce determinate condizioni, fra cui l’importo della compensazione, alle quali si ritiene che le compensazioni degli obblighi di servizio pubblico non soddisfino tutti i criteri dell’articolo 107, paragrafo 1;
c)
una disciplina aggiornata degli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico (3) precisa le modalità secondo cui la Commissione analizzerà i casi che non rientrano nel campo di applicazione della presente decisione e che pertanto devono essere notificati alla Commissione.
(7)
La decisione 2005/842/CE della Commissione, del 28 novembre 2005, riguardante l’applicazione dell’articolo 86, paragrafo 2, del trattato CE agli aiuti di Stato sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico, concessi a determinate imprese incaricate della gestione di servizi d’interesse economico generale (4) precisa il significato e la portata dell’eccezione di cui all’articolo 106, paragrafo 2, del trattato e stabilisce norme che permettano un controllo efficace del rispetto dei criteri previsti in tale disposizione. La presente decisione sostituisce la decisione 2005/842/CE e stabilisce le condizioni alle quali gli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione per i servizi di interesse economico generale non sono soggetti all’obbligo di notifica preventiva stabilito dall’articolo 108, paragrafo 3, del trattato poiché possono essere ritenuti compatibili con l’articolo 106, paragrafo 2, del trattato.
(8)
Tale aiuto può essere considerato compatibile solo se è concesso al fine di garantire la prestazione di servizi di interesse economico generale ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato. Risulta dalla giurisprudenza che, in assenza di norme settoriali dell’Unione in materia, gli Stati membri dispongono di un ampio margine di discrezionalità nella definizione dei servizi che possono essere definiti di interesse economico generale. È quindi compito della Commissione assicurarsi che non siano commessi errori manifesti nel definire tali servizi.
(9)
A condizione che sia rispettata una serie di criteri, le compensazioni di importo limitato concesse ad imprese incaricate di prestare servizi di interesse economico generale non sono atte a pregiudicare lo sviluppo degli scambi e la concorrenza in misura contraria agli interessi dell’Unione. La notifica individuale degli aiuti di Stato non è quindi richiesta per compensazioni annue inferiori a un determinato importo, purché siano rispettate le condizioni stabilite dalla presente decisione.
(10)
Visto lo sviluppo del commercio intraunionale nel settore della gestione dei servizi di interesse economico generale, evidenziato in particolare dal forte sviluppo dei gestori multinazionali in vari settori di grande importanza per lo sviluppo del mercato interno, è opportuno abbassare il limite dell’importo delle compensazioni che possono essere esentate dall’obbligo di notifica ai sensi della presente decisione rispetto al limite fissato dalla decisione 2005/842/CE, pur consentendo il calcolo di tale importo come media annua relativa alla durata del periodo d’incarico.
(11)
Gli ospedali e le imprese che prestano servizi sociali e sono incaricati di funzioni di interesse economico generale presentano caratteristiche specifiche di cui occorre tener conto. In particolare, va preso in considerazione il fatto che, nelle attuali condizioni economiche e nella fase attuale di sviluppo del mercato interno, i servizi sociali possono necessitare, per compensare i costi dei servizi pubblici, un importo di aiuto che eccede la soglia stabilita nella presente decisione. Un importo compensativo più elevato per i servizi sociali non determina quindi necessariamente un rischio maggiore di distorsione della concorrenza. Di conseguenza, anche le imprese incaricate di svolgere servizi sociali, compresi incarichi di edilizia sociale per fornire alloggi a cittadini svantaggiati o a gruppi sociali più svantaggiati che non sono in grado di trovare un alloggio a condizioni di mercato a causa di limiti a livello di solvibilità, godono dell’esenzione dall’obbligo di notifica di cui alla presente decisione, anche se l’importo della compensazione che ricevono supera la soglia generale di compensazione stabilita dalla presente decisione. Lo stesso vale per gli ospedali che forniscono cure mediche, compresi, ove del caso, servizi di emergenza e attività secondarie direttamente connesse a quelle principali, in particolare nel settore della ricerca. Onde poter beneficiare dell’esenzione dall’obbligo di notifica, i servizi sociali devono essere servizi definiti chiaramente che rispondono ad esigenze sociali essenziali in materia di assistenza sanitaria, assistenza di lungo termine, servizi per l’infanzia, accesso e reintegrazione nel mercato del lavoro, edilizia sociale e assistenza e inclusione sociale di gruppi vulnerabili.
(12)
Il grado in cui una determinata misura di compensazione influisce sugli scambi e sulla concorrenza dipende non solamente dall’importo medio della compensazione ricevuta ogni anno e dal settore interessato ma anche dalla durata complessiva del periodo di incarico. L’applicazione della presente decisione deve essere limitata a periodi d’incarico non superiori a dieci anni, a meno che l’esigenza di un investimento significativo non giustifichi una durata superiore, ad esempio nel settore dell’edilizia sociale.
(13)
Ai fini dell’applicazione dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato, l’impresa in questione deve essere stata specificamente incaricata dallo Stato membro della gestione di un determinato servizio di interesse economico generale.
(14)
Onde garantire che i criteri di cui all’articolo 106, paragrafo 2, del trattato vengano rispettati, è necessario stabilire condizioni precise da soddisfare per quanto riguarda il conferimento della gestione di servizi di interesse economico generale. Il calcolo e il controllo dell’importo della compensazione possono essere effettuati correttamente solo se vengono definiti con chiarezza, in uno o più atti delle pubbliche autorità competenti dello Stato membro interessato, gli obblighi di servizio pubblico che spettano alle imprese e gli eventuali obblighi che spettano allo Stato. La forma dell’atto può variare da uno Stato membro all’altro ma deve precisare almeno le imprese considerate, l’oggetto e la durata esatti e, se del caso, il territorio interessato dagli obblighi di servizio pubblico, la concessione di diritti esclusivi o speciali, e descrivere il meccanismo della compensazione nonché i parametri per determinarne l’importo e per prevenire e recuperare eventuali sovracompensazioni. Onde garantire la trasparenza relativamente all’applicazione della presente decisione, l’atto di incarico deve contenere un riferimento alla medesima.
(15)
Al fine di evitare distorsioni ingiustificate della concorrenza, la compensazione non deve eccedere quanto necessario per coprire i costi netti sostenuti dall’impresa per gestire il servizio, compreso un margine di utile ragionevole.
(16)
La compensazione in eccesso rispetto a quanto necessario per la copertura dei costi netti sostenuti dall’impresa interessata nel gestire il servizio di interesse economico generale non è necessaria per la gestione di tale servizio e costituisce un aiuto pubblico incompatibile, che deve essere restituito allo Stato. Anche la compensazione concessa per la gestione di un servizio di interesse economico generale, ma effettivamente utilizzata dall’impresa interessata per operare su un altro mercato a scopi diversi da quelli precisati nell’atto di incarico, non è necessaria per la gestione del servizio di interesse economico generale e può costituire dunque un aiuto di Stato incompatibile che deve essere rimborsato.
(17)
Il costo netto da prendere in considerazione può essere calcolato come differenza fra i costi sostenuti per la gestione del servizio di interesse economico generale e le entrate derivanti da tale servizio oppure come differenza fra il costo netto sostenuto dal gestore in presenza dell’obbligo di servizio pubblico e il costo netto o l’utile derivante al gestore in assenza di tale obbligo. In particolare, se l’adempimento di un obbligo di servizio pubblico comporta una riduzione delle entrate, ad esempio a causa di tariffe regolamentate, ma non incide sui costi, il costo netto derivante dall’adempimento degli obblighi di servizio pubblico può essere determinato in base alle minori entrate Onde evitare distorsioni ingiustificate della concorrenza, occorre che il calcolo dell’importo della compensazione prenda in considerazione tutte le entrate derivanti dal servizio di interesse economico generale, ovvero tutte le entrate che il fornitore non avrebbe ottenuto senza l’incarico di adempiere gli obblighi. Gli eventuali profitti eccedenti il margine di utile ragionevole derivanti al gestore da diritti speciali o esclusivi connessi ad attività diverse dai servizi di interesse economico generale per i quali è concesso l’aiuto e gli eventuali altri benefici attribuiti dallo Stato devono essere ricompresi nelle entrate indipendentemente dalla loro classificazione ai fini dell’articolo 107 del trattato.
(18)
Per «margine di utile ragionevole» si intende il tasso di remunerazione del capitale che tiene conto del livello di rischio sostenuto o dell’assenza di rischio. Per «tasso di remunerazione del capitale» s’intende il tasso di rendimento interno che l’impresa ottiene sul capitale investito per la durata del periodo di incarico.
(19)
Gli utili non superiori al tasso swap pertinente maggiorato di 100 punti base sono considerati accettabili. A tal riguardo, per «tasso swap pertinente» si intende un tasso adeguato di remunerazione per un investimento privo di rischio. Il premio di 100 punti base serve, tra l’altro, a compensare il rischio di liquidità relativo al conferimento di capitale che è impegnato per la gestione del servizio per la durata del periodo di incarico.
(20)
Utili superiori al livello di riferimento del tasso swap pertinente maggiorato di 100 punti base non sono considerati ragionevoli qualora l’impresa incaricata di un servizio di interesse economico generale non sopporti un livello di rischio commerciale significativo, ad esempio perché i costi sostenuti per la prestazione del servizio sono interamente compensati.
(21)
Qualora, a causa di specifiche circostanze, non sia opportuno assumere a parametro il tasso di rendimento del capitale, gli Stati membri devono potersi basare su altri indicatori del livello dell’utile per determinare il margine di utile ragionevole, quali il tasso medio di remunerazione del capitale proprio, il rendimento del capitale investito, il rendimento delle attività o l’utile sulle vendite.
(22)
Per stabilire cosa costituisca un margine di utile ragionevole, gli Stati membri dovrebbero poter introdurre criteri di incentivazione, in funzione in particolare della qualità del servizio reso e degli aumenti di efficienza produttiva. Gli incrementi di efficienza non dovrebbero ridurre la qualità del servizio prestato. Ad esempio, gli Stati membri dovrebbero poter definire obiettivi di efficienza produttiva nell’atto di incarico in base ai quali il livello della compensazione è subordinato alla misura in cui gli obiettivi sono stati raggiunti. L’atto di incarico può prevedere una riduzione o un aumento della compensazione, calcolati secondo un metodo specificato nell’atto stesso, se l’impresa, rispettivamente, non raggiunge o supera gli obiettivi stabiliti. Le remunerazioni associate agli incrementi di efficienza devono essere fissate a un livello tale da consentire una ripartizione equilibrata dei benefici fra l’impresa e lo Stato membro e/o gli utenti.
(23)
L’articolo 93 del trattato costituisce una lex specialis rispetto all’articolo 106, paragrafo 2, del trattato. Esso stabilisce regole applicabili alle compensazioni degli obblighi di servizio pubblico nel settore dei trasporti terrestri. L’articolo 93 è stato interpretato dal regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 1191/69 e (CEE) n. 1107/70 (5), il quale stabilisce le norme applicabili alla compensazione degli obblighi di servizio pubblico nel settore dei servizi pubblici di trasporto di passeggeri. La sua applicazione ai trasporti di passeggeri per via navigabile interna è a discrezione degli Stati membri. Il regolamento (CE) n. 1370/2007 esonera dall’obbligo di notifica di cui all’articolo 108, paragrafo 3, del trattato tutte le compensazioni nel settore dei trasporti terrestri che soddisfano le condizioni stabilite dal regolamento medesimo. Conformemente alla sentenza nella causa Altmark, le compensazioni nel settore dei trasporti terrestri che non rispettano le disposizioni dell’articolo 93 del trattato non possono essere dichiarate compatibili con il trattato in base all’articolo 106, paragrafo 2, del trattato o ad altra disposizione del trattato. Di conseguenza la presente decisione non si applica al settore dei trasporti terrestri.
(24)
A differenza del settore dei trasporti terrestri, i settori dei trasporti aerei e marittimi sono soggetti alle disposizioni dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato. Alcune norme applicabili alla compensazione degli obblighi di servizio pubblico nei settori dei trasporti aerei e marittimi figurano nel regolamento (CE) n. 1008/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 settembre 2008, recante norme comuni per la prestazione di servizi aerei nella Comunità (6) e nel regolamento (CEE) n. 3577/92 del Consiglio, del 7 dicembre 1992, concernente l’applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi fra Stati membri (cabotaggio marittimo) (7). Tuttavia, contrariamente al regolamento (CE) n. 1370/2007, questi regolamenti non riguardano la compatibilità degli eventuali elementi di aiuto di Stato e non prevedono un’esenzione dall’obbligo di notifica di cui all’articolo 108, paragrafo 3, del trattato. La presente decisione deve pertanto applicarsi alle compensazioni degli obblighi di servizio pubblico nei settori dei trasporti aerei e marittimi a condizione che, oltre a soddisfare le condizioni di cui alla presente decisione, tali compensazioni rispettino anche le norme settoriali contenute nei regolamenti (CE) n. 1008/2008 e (CE) n. 3577/92, ove applicabili.
(25)
Nei casi specifici di compensazioni di obblighi di servizio pubblico concesse per collegamenti aerei o marittimi con le isole o per aeroporti o porti che costituiscono servizi di interesse economico generale ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato, risulta opportuno fissare soglie sulla base del numero medio annuo di passeggeri, il che riflette meglio la realtà economica di tali attività e il loro carattere di servizi di interesse economico generale.
(26)
L’esenzione dall’obbligo di notifica preventiva per taluni servizi di interesse economico generale non esclude la possibilità che gli Stati membri notifichino un progetto di aiuto specifico. Nel caso in cui venga presentata tale notifica, o se la Commissione valuta la compatibilità di una specifica misura di aiuti a seguito di una denuncia o d’ufficio, la Commissione valuterà il rispetto delle condizioni di cui alla presente decisione. Diversamente, la misura verrà valutata sulla base dei principi contenuti nella comunicazione della Commissione relativa a una disciplina degli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico.
(27)
La presente decisione deve lasciare impregiudicate le disposizioni della direttiva 2006/111/CE della Commissione, del 16 novembre 2006, relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie fra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche e alla trasparenza finanziaria all’interno di talune imprese (8).
(28)
La presente decisione deve lasciare impregiudicate le disposizioni dell’Unione in materia di concorrenza, in particolare gli articoli 101 e 102 del trattato.
(29)
La presente decisione deve lasciare impregiudicate le disposizioni dell’Unione in materia di appalti pubblici.
(30)
La presente decisione deve lasciare impregiudicate le disposizioni più restrittive in materia di obblighi di servizio pubblico, contenute in normative settoriali dell’Unione.
(31)
È opportuno definire disposizioni transitorie per gli aiuti individuali concessi prima dell’entrata in vigore della presente decisione. I regimi di aiuto messi ad esecuzione a norma della decisione 2005/842/CE prima dell’entrata in vigore della presente decisione devono continuare a essere considerati compatibili con il mercato interno e essere esentati dall’obbligo di notifica per un ulteriore periodo di due anni. Gli aiuti messi ad esecuzione prima dell’entrata in vigore della presente decisione in difformità dalla decisione 2005/842/CE, ma che soddisfano le condizioni stabilite dalla presente decisione, devono essere considerati compatibili con il mercato interno e ed esentati dall’obbligo di notifica,
(32)
La Commissione intende riesaminare la presente decisione cinque anni dopo la sua entrata in vigore,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo
Oggetto
La presente decisione stabilisce le condizioni alle quali gli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico a determinate imprese incaricate della gestione di servizi d’interesse economico generale sono compatibili con il mercato interno e esenti dall’obbligo di notifica di cui all’articolo 108, paragrafo 3, del trattato.
Articolo 2
Ambito di applicazione
1. La presente decisione si applica agli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico ad imprese incaricate di servizi di interesse economico generale di cui all’articolo 106, paragrafo 2, del trattato, che rientrano in una delle seguenti categorie:
a)
compensazioni di importo annuo inferiore a 15 milioni di EUR per la prestazione di servizi di interesse economico generale in settori diversi da quello dei trasporti e delle relative infrastrutture;
qualora l’importo della compensazione vari nel corso dell’incarico, l’importo annuo è calcolato come media degli importi annui della compensazione che si prevede di ricevere durante il periodo d’incarico;
b)
compensazioni per la prestazione di servizi di interesse economico generale da parte di ospedali che forniscono cure mediche, compresi, ove del caso, servizi di emergenza. Lo svolgimento di attività secondarie connesse a quelle principali, in particolare nel settore della ricerca, non preclude tuttavia l’applicazione del presente paragrafo;
c)
compensazioni per la prestazione di servizi di interesse economico generale rispondenti ad esigenze sociali in materia di assistenza sanitaria, assistenza di lunga durata, servizi per l’infanzia, accesso e reintegrazione nel mercato del lavoro, edilizia sociale e assistenza e inclusione sociale di gruppi vulnerabili;
d)
compensazioni per la prestazione di servizi di interesse economico generale relativi ai collegamenti aerei o marittimi verso le isole e con traffico annuale medio non superiore a 300 000 passeggeri nei due esercizi precedenti quello in cui è stato affidato il servizio di interesse economico generale;
e)
compensazioni per la prestazione di servizi di interesse economico generale relativi ad aeroporti e porti con un traffico annuale medio non superiore a 200 000 passeggeri per gli aeroporti e a 300 000 passeggeri per i porti nei due esercizi precedenti quello in cui è stato affidato il servizio di interesse economico generale.
2. La presente decisione si applica esclusivamente quando il periodo durante il quale l’impresa è incaricata della gestione di servizi di interesse economico generale ha durata inferiore a dieci anni. Qualora il periodo di incarico sia superiore a dieci anni, la presente decisione si applica soltanto nella misura in cui il fornitore del servizio debba effettuare investimenti significativi da ammortizzare su un arco di tempo più lungo in base a principi contabili generalmente riconosciuti.
3. Se durante l’incarico non sono più rispettate le condizioni per l’applicazione della presente decisione, la misura deve essere notificata a norma dell’articolo 108, paragrafo 3, del trattato.
4. Nel settore dei trasporti aerei e marittimi, la presente decisione si applica soltanto agli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione di obblighi di servizio pubblico alle imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale di cui all’articolo 106, paragrafo 2, del trattato e che soddisfano, all’occorrenza, rispettivamente le disposizioni dei regolamenti (CE) n. 1008/2008 e (CE) n. 3577/92.
5. La presente decisione non si applica agli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione di obblighi di servizio pubblico ad imprese del settore dei trasporti terrestri.
Articolo 3
Compatibilità ed esenzione dall’obbligo di notifica
Gli aiuti di Stato sotto forma di compensazione di obblighi di servizio pubblico che soddisfano le condizioni stabilite dalla presente decisione sono compatibili con il mercato interno ed esenti dall’obbligo di notifica preventiva di cui all’articolo 108, paragrafo 3, del trattato, purché rispondano altresì alle prescrizioni derivanti dal trattato e dalle normative settoriali dell’Unione.
Articolo 4
Incarico
La gestione del servizio di interesse economico generale è affidata all’impresa mediante uno o più atti, la cui forma può essere stabilita da ciascuno Stato membro. Tali atti devono in particolare indicare:
a)
l’oggetto e la durata degli obblighi di servizio pubblico;
b)
l’impresa e, se del caso, il territorio interessati;
c)
la natura dei diritti esclusivi o speciali eventualmente conferiti all’impresa dall’autorità che assegna l’incarico;
d)
la descrizione del sistema di compensazione e i parametri per il calcolo, il controllo e la revisione della compensazione;
e)
le disposizioni intese a prevenire ed eventualmente recuperare le sovracompensazioni e
f)
un riferimento alla presente decisione.
Articolo 5
Compensazione
1. L’importo della compensazione non può eccedere quanto necessario per coprire il costo netto determinato dall’adempimento degli obblighi di servizio pubblico, nonché un margine di utile ragionevole.
2. Il costo netto può essere calcolato come differenza fra costi definiti a norma del paragrafo 3 ed entrate definite a norma del paragrafo 4. In alternativa, può essere calcolato come differenza fra il costo netto sostenuto dal gestore del servizio soggetto all’obbligo di servizio pubblico e il costo netto o l’utile derivante al gestore in assenza di tale obblighi.
3. I costi da prendere in considerazione comprendono tutti i costi sostenuti nella gestione del servizio di interesse economico generale. Essi sono calcolati come segue, sulla base di principi di contabilità analitica generalmente riconosciuti:
a)
quando le attività dell’impresa considerata si limitano al servizio di interesse economico generale, possono essere presi in considerazione tutti i suoi costi;
b)
quando l’impresa svolge anche attività al di fuori dell’ambito del servizio di interesse economico generale, vengono presi in considerazione solo i costi relativi al servizio di interesse economico generale;
c)
i costi imputati al servizio di interesse economico generale possono includere tutti i costi diretti connessi alla gestione del servizio di interesse economico generale stesso e una quota adeguata dei costi comuni sia al servizio di interesse economico generale che ad altre attività;
d)
i costi connessi ad investimenti, in particolare relativi a infrastrutture, possono essere presi in considerazione quando risultano necessari per la gestione del servizio di interesse economico generale.
4. Le entrate da tenere in considerazione comprendono perlomeno tutte le entrate percepite grazie al servizio di interesse economico generale, a prescindere dalla loro qualificazione come aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 107 del trattato. Gli eventuali profitti eccedenti il margine di utile ragionevole derivanti al gestore da diritti speciali o esclusivi connessi ad attività diverse dai servizi di interesse economico generale per i quali è concesso l’aiuto e gli eventuali altri benefici attribuiti dallo Stato devono essere ricompresi nelle entrate indipendentemente dalla loro classificazione ai fini dell’articolo 107 del trattato. Lo Stato membro interessato può altresì decidere che gli utili risultanti da altre attività, che esulano dall’ambito del servizio di interesse economico generale in questione, debbano essere destinati interamente o in parte al finanziamento del servizio di interesse economico generale.
5. Ai fini della presente decisione, per «margine di utile ragionevole» si intende il tasso di remunerazione del capitale che un’impresa media esigerebbe nel valutare se prestare o meno il servizio di interesse economico generale per l’intero periodo di incarico, tenendo conto del livello di rischio. Per «tasso di remunerazione del capitale» s’intende il tasso di rendimento interno che l’impresa ottiene sul capitale investito nel periodo di incarico. Il livello di rischio dipende dal settore interessato, dal tipo di servizio e dalle caratteristiche della compensazione.
6. Nel determinare il margine di utile ragionevole, gli Stati membri possono introdurre criteri di incentivazione riguardanti in particolare la qualità del servizio reso e gli incrementi di efficienza produttiva. Quest’ultimi non devono ridurre la qualità del servizio prestato. Le remunerazioni associate agli incrementi di efficienza sono fissate a un livello tale da consentire una ripartizione equilibrata dei benefici fra l’impresa e lo Stato membro e/o gli utenti.
7. Ai fini della presente decisione, è in ogni caso considerato ragionevole un tasso di rendimento del capitale non superiore al tasso swap pertinente maggiorato di un premio di 100 punti base. Il tasso swap pertinente è il tasso swap la cui scadenza e valuta corrispondano alla durata e valuta dell’atto di incarico. Se la prestazione di servizi di interesse economico generale non è connessa a un rischio commerciale o contrattuale significativo, in particolare quando il costo netto sostenuto per la prestazione del servizio è essenzialmente compensato interamente ex post, l’utile ragionevole non può superare il tasso swap pertinente maggiorato di un premio di 100 punti base.
8. Qualora, a causa di specifiche circostanze, non sia opportuno assumere a parametro il tasso di rendimento del capitale, gli Stati membri, per determinare l’ammontare del margine di utile ragionevole, possono basarsi su indicatori del livello dell’utile diversi dal tasso di rendimento del capitale, quali il tasso medio di remunerazione del capitale proprio, il rendimento del capitale investito, il rendimento degli attivi o l’utile sulle vendite. Per rendimento s’intende il risultato al lordo delle imposte e degli oneri finanziari nell’anno di cui trattasi. Il rendimento medio è calcolato applicando il tasso di attualizzazione sul periodo contrattuale a norma della comunicazione della Commissione relativa alla revisione del metodo di fissazione dei tassi di riferimento e di attualizzazione (9). A prescindere dall’indicatore scelto, lo Stato membro deve essere in grado di fornire alla Commissione, su richiesta, prove attestanti che l’utile non eccede il livello che un’impresa esigerebbe nel valutare se prestare o meno il servizio, adducendo ad esempio i rendimenti realizzati in base a contratti simili attribuiti in condizioni di concorrenza.
9. Qualora un’impresa svolga sia attività che rientrano nell’ambito del servizio di interesse economico generale sia attività che ne esulano, dalla contabilità interna devono risultare distintamente i costi e i ricavi derivanti dal servizio di interesse economico generale e quelli degli altri servizi, nonché i parametri di imputazione dei costi e delle entrate. I costi imputabili ad eventuali attività diverse dal servizio di interesse economico generale devono comprendere tutti i costi diretti nonché una quota adeguata dei costi fissi comuni e una remunerazione adeguata del capitale. Non può essere concessa alcuna compensazione relativamente a tali costi.
10. Gli Stati membri devono ingiungere alle imprese interessate di restituire le eventuali sovracompensazioni ricevute.
Articolo 6
Controllo della sovracompensazione
1. Gli Stati membri provvedono affinché la compensazione concessa per la gestione del servizio di interesse economico generale risponda alle condizioni stabilite nella presente decisione e, in particolare, che le imprese non ricevano una compensazione eccedente l’importo determinato conformemente all’articolo 5. Essi devono essere in grado di fornire prove su richiesta della Commissione. Gli Stati membri effettuano o provvedono affinché siano effettuate verifiche periodiche almeno ogni tre anni nel corso del periodo di incarico e al termine di tale periodo.
2. Qualora un’impresa abbia ricevuto una compensazione che ecceda l’importo determinato a norma dell’articolo 5, lo Stato membro richiede all’impresa interessata di restituire le sovracompensazioni ricevute. I parametri di calcolo della compensazione devono essere aggiornati per il futuro. Qualora l’importo della sovracompensazione non superi il 10 % dell’importo della compensazione media annua, la sovracompensazione può essere riportata al periodo successivo e dedotta dall’importo della compensazione da versare relativamente a questo periodo.
Articolo 7
Trasparenza
Per le compensazioni superiori a 15 milioni di EUR concesse a imprese che svolgano anche attività al di fuori dell’ambito del servizio di interesse economico generale, lo Stato membro interessato pubblica le seguenti informazioni, su Internet o in altro modo adeguato:
a)
l’atto di incarico o una sintesi che comprenda quanto richiesto all’articolo 4;
b)
gli importi di aiuto erogati all’impresa su base annua.
Articolo 8
Disponibilità delle informazioni
Gli Stati membri mettono a disposizione, durante il periodo di incarico e per almeno dieci anni dalla fine del periodo di incarico, tutte le informazioni necessarie per determinare se le compensazioni concesse sono compatibili con la presente decisione.
Su richiesta scritta della Commissione, gli Stati membri le trasmettono tutte le informazioni che la Commissione reputa necessarie per stabilire la compatibilità delle misure di compensazione in vigore con la presente decisione.
Articolo 9
Relazioni
Ogni due anni gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione sull’attuazione della presente decisione. Tali relazioni forniscono una descrizione dettagliata dell’applicazione della decisione alle differenti categorie di servizi di cui all’articolo 2, paragrafo 1, e in particolare:
a)
una descrizione dell’applicazione della presente decisione e delle sue disposizioni ai servizi che rientrano nel suo campo di applicazione, comprese le attività interne;
b)
l’indicazione dell’importo totale degli aiuti concessi in forza della presente decisione, ripartito per settore economico di appartenenza dei beneficiari;
c)
l’indicazione se, per un particolare tipo di servizio, l’applicazione della presente decisione ha occasionato difficoltà o denunce di terzi;
e
d)
ogni altra informazione richiesta dalla Commissione in merito all’applicazione della presente decisione, che verrà indicata in tempo utile prima del termine per la trasmissione della relazione.
La prima relazione deve essere trasmessa entro il 30 giugno 2014.
Articolo 10
Disposizioni transitorie
La presente decisione si applica agli aiuti individuali e ai regimi di aiuti secondo le seguenti modalità:
a)
qualsiasi regime di aiuti messo ad esecuzione prima dell’entrata in vigore della presente decisione, che fosse compatibile con il mercato interno ed esente dall’obbligo di notifica a norma della decisione 2005/842/CE, continua a essere compatibile con il mercato interno e esente dall’obbligo di notifica per un ulteriore periodo di due anni;
b)
qualsiasi aiuto messo ad esecuzione prima dell’entrata in vigore della presente decisione, che non sia conforme alla decisione 2005/842/CE ma che soddisfi le condizioni stabilite nella presente decisione, è compatibile con il mercato interno e esente dall’obbligo di notifica preventiva.
Articolo 11
Abrogazione
La decisione 2005/842/CE è abrogata.
Articolo 12
Entrata in vigore
La presente decisione entra in vigore il 31 gennaio 2012.
Articolo 13
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
Fatto a Bruxelles, il 20 dicembre 2011
Per la Commissione
Joaquín ALMUNIA
Vicepresidente
(1) Causa C-280/00 Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg contro Nahverkehrsgesellschaft Altmark, Raccolta 2003, pag. I-7747.
(2) GU C 8 dell’11.1.2012, pag. 4.
(3) GU C 8 dell’11.1.2012, pag. 15.
(4) GU L 312 del 29.11.2005, pag. 67.
(5) GU L 315 del 3.12.2007, pag. 1.
(6) GU L 293 del 31.10.2008, pag. 3.
(7) GU L 364 del 12.12.1992, pag. 7.
(8) GU L 318 del 17.11.2006, pag. 17.
(9) GU C 14 del 19.1.2008, pag. 6. | Aiuti di Stato — applicazione delle norme sui servizi di interesse economico generale (SIEG)
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE E DELLE COMUNICAZIONI?
La comunicazione sull’applicazione delle norme dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato chiarisce i concetti chiave relativi agli aiuti di Stato per i servizi di interesse economico generale (servizi pubblici). La decisione definisce le condizioni in cui la compensazione del servizio pubblico è compatibile con il mercato interno e non deve essere notificata alla Commissione europea. La comunicazione sulla disciplina per gli aiuti di Stato definisce le condizioni per la valutazione di compensazioni di importo elevato con non rientrano nell’ambito di applicazione della decisione. Tali casi devono essere notificati alla Commissione e possono essere dichiarati compatibili se rispondono a determinati criteri.
PUNTI CHIAVE
Servizi d’interesse economico generale (SIEG)
I servizi d’interesse economico generale sono attività economiche, quali le reti di trasporti e i servizi postali e sociali, considerati dalle autorità pubbliche come particolarmente importanti per i cittadini, che non verrebbero forniti (o verrebbero fornito a condizioni differenti) senza l’intervento statale.
Compensazione per i SIEG
In base alla sentenza Altmark del 2003 della Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE), la compensazione del servizio pubblico non costituisce aiuto di Stato se sussistono cumulativamente le quattro condizioni seguenti:L’impresa beneficiaria incaricata deve definire in modo chiaro gli obblighi di servizio pubblico; il metodo di calcolo della compensazione deve essere definito previamente, obiettivo e trasparente; la compensazione non può eccedere i costi pertinenti e un utile ragionevole, cioè non si deve verificare sovracompensazione; e la scelta dell’impresa da incaricare deve avvenire tramite una procedura di appalto pubblico oppure il livello della compensazione deve essere determinato sulla base di un’analisi dei costi di un’impresa media, «gestita in modo efficiente» del settore interessato.Qualora una o più delle suddette condizioni non siano soddisfatte, la compensazione del servizio pubblico verrà esaminata in base alle norme sugli aiuti di Stato.
Riforma delle norme sugli aiuti di Stato per i servizi SGEI
Un pacchetto di quattro documenti sui SIEG mira a chiarire e semplificare le norme sugli aiuti di Stato a favore dei SIEG.
La Comunicazione sull’applicazione delle norme sugli aiuti di Stato dell’Unione europeaspiega due tipi di nozioni: concetti generali di aiuto di Stato e concetti specifici di SIEG; chiarisce le condizioni in cui la compensazione per il servizio pubblico non costituisce un aiuto di Stato a causa dell’assenza di qualsiasi vantaggio; definisce i diversi requisiti per la gestione di SGEIl’atto di incarico, un incarico di servizio pubblico che definisce gli obblighi dei fornitori di servizi e dell’autorità pubblicail metodo di calcolo della compensazione, che deve essere stabilito in anticipo in modo obiettivo e trasparente. Non è richiesta alcuna formula specifica, ma il modo in cui verrà calcolata la compensazione deve essere chiaro fin dall’inizioevitare sovracompensazioni: il livello di compensazione non deve superare quanto necessario per coprire tutti o parte dei costi e un utile ragionevole ela selezione del fornitore e il calcolo della compensazione, mediante un’apposita procedura di appalto o mediante un esercizio di analisi comparativa.La decisione e la disciplina di seguito indicate definiscono le condizioni alle quali una misura di aiuto di Stato è considerata o può essere ritenuta compatibile con il mercato interno sulla base dell’articolo 106, paragrafo 2.
Decisione 2012/21/UELa decisione consente una spesa illimitata nel settore dei servizi sociali:edilizia sociale e ospedali;servizi che rispondono a esigenze sociali essenziali in materia di assistenza sanitaria e assistenza di lungo termine;servizi per l’infanzia;accesso e reintegrazione nel mercato del lavoro; eassistenza e inclusione sociale di gruppi vulnerabili. Per tutte le altre attività dei SIEG la soglia della compensazione è di 15 milioni di euro annui. Qualsiasi finanziamento concesso al di sopra di questa soglia deve essere notificato alla Commissione in base alla disciplina dei SIEG. Il periodo di durata dell’incarico del fornitore di SIEG non deve superiore a dieci anni. Nel settore dei trasporti, la compensazione può essere data:per i collegamenti aerei o marittimi verso le isole e con traffico annuale medio non superiore a 300 000 passeggeri;ai porti con un traffico annuale medio non superiore a 300 000 passeggeri; eagli aeroporti con un traffico annuale medio non superiore a 200 000 passeggeri.Disciplina dell’UE
La disciplina:fornisce una metodologia più precisa per il calcolo dell’importo della compensazione ammissibile; impone agli Stati membri di introdurre incentivi all’efficienza per incoraggiare il fornitore di servizi a operare in modo più efficiente; rafforza i requisiti di trasparenza; introduce l’obbligo per i SIEG di conformarsi alle norme dell’UE in materia di appalti pubblici; introduce un requisito di «non discriminazione»: quando vi sono più organizzazioni che forniscono un SIEG, la compensazione deve essere calcolata allo stesso modo per evitare discriminazioni.Relazioni
Ogni due anni gli Stati membri trasmettono alla Commissione una relazione sull’applicazione della decisione e sulla conformità con la disciplina.
Trasparenza
Gli Stati membri devono pubblicare i dettagli sul finanziamento di un SIEG nell’ambito della decisione (per compensazioni superiori a 15 milioni di euro concesse a un’impresa che svolge anche attività al di fuori del campo di applicazione del SIEG) o la disciplina su base annuale:sul sito internet della Commissione sugli aiuti di Stato e la trasparenza; sul loro sito web nazionale o regionale sulla trasparenza.Linee guida
La Commissione ha predisposto linee guida sull’applicazione delle norme sugli aiuti di Stato ai SIEG.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
Viene applicata dal 31 gennaio 2012.
CONTESTO
Servizi di interesse economico generale (Commissione europea).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Comunicazione della Commissione sull’applicazione delle norme dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato alla compensazione concessa per la prestazione di servizi di interesse economico generale (GU C 8 dell’11.1.2012, pag. 4).
Decisione della Commissione 2012/21/UE, del 20 dicembre 2011, sull’applicazione dell’articolo 106, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti di Stato sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico, concessi a determinate imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale (GU L 7 dell’11.1.2012, pag. 3).
Comunicazione della Commissione — Disciplina dell’Unione europea relativa agli aiuti di Stato concessi sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico (2011) (GU C 8 dell’11.1.2012, pag. 15).
DOCUMENTI CORRELATI
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza — Politiche e azioni interne dell’Unione — Titolo VII — Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni — Capo 1 — Regole di concorrenza Sezione 1: Regole applicabili alle imprese — Articolo 106 (ex articolo 86 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 90).
Documento di lavoro dei servizi della Commissione — Guida relativa all’applicazione ai servizi di interesse economico generale, e in particolare ai servizi sociali di interesse generale, delle norme dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato, di appalti pubblici e di mercato interno [SWD(2013) 53 final/2, del 29.4.2013].
Regolamento (UE) n. 360/2012 della Commissione, del 25 aprile 2012, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti di importanza minore (de minimis) concessi a imprese che forniscono servizi di interesse economico generale (GU L 114 del 26.4.2012, pag. 8).
Le successive modifiche al Regolamento (UE) n. 360/2012 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. | 13,437 | 350 |
32004R0551 | false | Regolamento (CE) n. 551/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, sull'organizzazione e l'uso dello spazio aereo nel cielo unico europeo ("regolamento sullo spazio aereo") (Testo rilevante ai fini del SEE) - Dichiarazione della Commissione
Gazzetta ufficiale n. L 096 del 31/03/2004 pag. 0020 - 0025
Regolamento (CE) n. 551/2004 del Parlamento Europeo e del Consigliodel 10 marzo 2004sull'organizzazione e l'uso dello spazio aereo nel cielo unico europeo("regolamento sullo spazio aereo")(Testo rilevante ai fini del SEE)IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 80, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale europeo(2),visto il parere del Comitato delle regioni(3),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(4), visto il progetto comune approvato dal comitato di conciliazione l'11 dicembre 2003,considerando quando segue:(1) La creazione del cielo unico europeo richiede un approccio armonizzato per regolamentare l'organizzazione e l'uso dello spazio aereo.(2) Nel rapporto del Gruppo ad alto livello sul cielo unico europeo del novembre 2000 è stato ritenuto che lo spazio aereo dovrebbe essere configurato, regolamentato e strategicamente gestito su scala europea.(3) La comunicazione della Commissione sulla creazione del cielo unico europeo del 30 novembre 2001 richiede riforme strutturali per permettere la creazione del cielo unico europeo mediante una gestione progressivamente più integrata dello spazio aereo e lo sviluppo di nuovi concetti e procedure di gestione del traffico aereo.(4) Il regolamento (CE) n. 549/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004 ("regolamento quadro")(5), stabilisce il quadro per la creazione del cielo unico europeo.(5) Nell'articolo 1 della convenzione internazionale per l'aviazione civile di Chicago del 1994, gli Stati contraenti riconoscono che ciascuno Stato ha sovranità completa ed esclusiva sullo spazio aereo sovrastante il suo territorio. È nell'ambito di detta sovranità che gli Stati membri della Comunità esercitano, nel rispetto delle convenzioni internazionali applicabili, i poteri di un'autorità pubblica allorché controllano il traffico aereo.(6) Lo spazio aereo è una risorsa comune per tutte le categorie di utenti che tutti questi ultimi debbono usare in maniera flessibile, garantendo l'equità e la trasparenza e tenendo peraltro conto delle necessità in materia di sicurezza e di difesa degli Stati membri e dei loro impegni nell'ambito di organizzazioni internazionali.(7) Una gestione efficiente dello spazio aereo è fondamentale per aumentare la capacità del sistema di servizi di traffico aereo, soddisfare in modo ottimale le esigenze dei vari utenti e conseguire l'uso quanto più possibile flessibile dello spazio aereo.(8) Le attività di Eurocontrol confermano che non è realistico sviluppare la rete di rotte e la struttura dello spazio aereo in modo isolato, in quanto ciascuno Stato membro è parte integrante della rete europea di gestione del traffico aereo, sia all'interno che all'esterno della Comunità.(9) É opportuno stabilire uno spazio aereo operativo progressivamente più integrato per il traffico aereo generale in rotta nello spazio aereo superiore e corrispondentemente occorrerebbe definire l'interfaccia tra spazio aereo superiore e spazio aereo inferiore.(10) Una regione di informazione di volo europea nello spazio aereo superiore (EUIR) che abbracci lo spazio aereo superiore di responsabilità degli Stati membri nell'ambito di applicazione del presente regolamento agevolerebbe una pianificazione comune e la pubblicazione delle informazioni aeronautiche per evitare strozzature regionali.(11) Gli utenti dello spazio aereo si trovano di fronte a condizioni eterogenee in materia di accesso allo spazio aereo comunitario e di libertà di movimento al suo interno, dovute a una classificazione non armonizzata dello spazio aereo.(12) La riconfigurazione dello spazio aereo dovrebbe essere basata su requisiti operativi a prescindere dai confini esistenti. Principi generali comuni per la creazione di blocchi funzionali uniformi di spazio aereo dovrebbero essere sviluppati in consultazione e sulla base della consulenza tecnica di Eurocontrol.(13) È essenziale realizzare una struttura dello spazio aereo comune e armonizzata in termini di rotte e settori, basare l'organizzazione presente e futura dello spazio aereo su principi comuni e configurare e gestire lo spazio aereo conformemente a regole armonizzate.(14) Il concetto di uso flessibile dello spazio aereo dovrebbe essere applicato efficacemente. É necessario ottimizzare l'uso dei settori di spazio aereo, soprattutto durante i periodi di punta del traffico aereo generale e nello spazio aereo a traffico elevato, mediante la cooperazione tra Stati membri per quanto riguarda l'uso di tali settori per operazioni e addestramento militari. A tal fine è necessario assegnare risorse adeguate per un'effettiva attuazione del concetto di uso flessibile dello spazio aereo, tenendo conto delle esigenze sia civili che militari.(15) Gli Stati membri dovrebbero fare il possibile per cooperare con gli Stati membri confinanti al fine di applicare il concetto di uso flessibile dello spazio aereo al di là dei confini nazionali.(16) L'organizzazione non omogenea della cooperazione civile-militare nella Comunità limita una gestione uniforme e tempestiva dello spazio aereo e l'attuazione di cambiamenti. Il successo del cielo unico europeo dipende da un'effettiva cooperazione tra le autorità civili e militari, fatte salve le prerogative e le responsabilità degli Stati membri in materia di difesa.(17) Le operazioni e l'addestramento militari andrebbero salvaguardati ogniqualvolta l'applicazione di principi e criteri comuni è nociva per il loro svolgimento in condizioni di sicurezza ed efficacia.(18) Si dovrebbero introdurre adeguate misure per migliorare l'efficacia della gestione del flusso di traffico aereo, al fine di assistere le unità operative esistenti, compresa l'Unità centrale di Eurocontrol per la gestione del flusso, ad assicurare operazioni di volo efficienti.(19) È opportuno riflettere sull'estensione dei concetti dello spazio aereo superiore allo spazio aereo inferiore, sulla base di un calendario e di studi adeguati,HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:CAPITOLO IASPETTI GENERALIArticolo 1Obiettivo e ambito di applicazione1. Nell'ambito di applicazione del regolamento quadro, il presente regolamento concerne l'organizzazione e l'uso dello spazio aereo nel cielo unico europeo. L'obiettivo del presente regolamento è di sostenere la nozione di uno spazio aereo operativo progressivamente più integrato nell'ambito della politica comune dei trasporti e di stabilire procedure comuni di configurazione, pianificazione e gestione che garantiscano lo svolgimento efficiente e sicuro della gestione del traffico aereo.2. L'uso dello spazio aereo supporta l'effettuazione dei servizi di navigazione aerea come un insieme coerente e omogeneo, ai sensi del regolamento (CE) n. 550/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, sulla fornitura di servizi di navigazione aerea nel cielo unico europeo ("regolamento sulla fornitura di servizi")(6).3. Fatto salvo l'articolo 10, il presente regolamento si applica allo spazio aereo nell'ambito delle regioni EUR e AFI dell'ICAO per il quale gli Stati membri sono responsabili della fornitura di servizi di traffico aereo, ai sensi del regolamento sulla fornitura di servizi. Gli Stati membri possono altresì applicare il presente regolamento allo spazio aereo di loro responsabilità nell'ambito di altre regioni dell'ICAO, a condizione che essi ne informino la Commissione e gli altri Stati membri.4. Le regioni di informazione di volo comprese nello spazio aereo a cui si applica il presente regolamento sono pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.CAPITOLO IIARCHITETTURA DELLO SPAZIO AEREOArticolo 2Livello di separazioneIl livello di separazione tra lo spazio aereo superiore e quello inferiore è stabilito al livello di volo 285.Scostamenti dal livello di separazione, giustificati alla luce di requisiti operativi, possono essere decisi d'intesa con gli Stati membri interessati secondo la procedura di cui all'articolo 5, paragrafo 3, del regolamento quadro.Articolo 3Regione di informazione di volo europea nello spazio aereo superiore (EUIR)1. La Comunità e i suoi Stati membri si prefiggono l'istituzione e il riconoscimento da parte dell'ICAO di un'unica EUIR. A tal fine, in ordine alle questioni che rientrano nelle competenze della Comunità, la Commissione presenta una raccomandazione al Consiglio, a norma dell'articolo 300 del trattato, entro due anni dall'entrata in vigore del presente regolamento.2. L'EUIR è concepita in modo da abbracciare lo spazio aereo di responsabilità degli Stati membri a norma dell'articolo 1, paragrafo 3, e può altresì includere lo spazio aereo di paesi terzi.3. L'istituzione dell'EUIR lascia impregiudicata la competenza degli Stati membri per quanto riguarda la designazione dei fornitori di servizi di traffico aereo per lo spazio aereo di loro responsabilità a norma dell'articolo 8, paragrafo 1, del regolamento sulla fornitura di servizi.4. Gli Stati membri restano responsabili nei confronti dell'ICAO entro i limiti geografici delle regioni superiori di informazione di volo e delle regioni di informazione di volo che sono state affidate loro dall'ICAO alla data di entrata in vigore del presente regolamento.5. Fatta salva la pubblicazione da parte degli Stati membri dell'informazione aeronautica e in modo coerente con detta pubblicazione, la Commissione, in stretta cooperazione con Eurocontrol, coordina la realizzazione di una pubblicazione unica dell'informazione aeronautica concernente l'EUIR, tenendo conto dei pertinenti requisiti dell'ICAO.Articolo 4Classificazione dello spazio aereoLa Commissione e gli Stati membri concepiscono l'EUIR in conformità con un'armonizzazione progressiva della classificazione dello spazio aereo, diretta a consentire la fornitura continua di servizi di navigazione aerea nel quadro del cielo unico europeo. Questa impostazione comune si basa sull'applicazione semplificata della classificazione dello spazio aereo, quale definita dalla strategia di Eurocontrol in materia di spazio aereo per gli Stati della Commissione europea per l'aviazione civile in conformità delle norme ICAO.Le norme di attuazione necessarie in questo settore sono stabilite secondo la procedura di cui all'articolo 8 del regolamento quadro.Articolo 5Riconfigurazione dello spazio aereo superiore1. Allo scopo di conseguire la massima capacità ed efficienza della rete di gestione del traffico aereo nell'ambito del cielo unico europeo e per mantenere un elevato livello di sicurezza, lo spazio aereo superiore è riconfigurato in blocchi funzionali di spazio aereo.2. I blocchi funzionali di spazio aereo, tra l'altro:a) sono sostenuti da un'analisi dei valori di sicurezza connessi;b) consentono l'uso ottimale dello spazio aereo, tenendo conto dei flussi di traffico aereo;c) sono giustificati dal loro valore aggiunto globale, compreso l'uso ottimale delle risorse tecniche e umane sulla base di analisi costi-benefici;d) assicurano un trasferimento fluido e flessibile della responsabilità per il controllo del traffico aereo tra enti dei servizi del traffico aereo;e) assicurano la compatibilità tra le configurazioni dello spazio aereo superiore e di quello inferiore;f) soddisfano le condizioni derivanti dagli accordi regionali conclusi nell'ambito dell'ICAO;g) rispettano gli accordi regionali vigenti alla data di entrata in vigore del presente regolamento, in particolare gli accordi che riguardano paesi terzi europei.3. I principi generali comuni concernenti la creazione e la modifica dei blocchi funzionali di spazio aereo sono elaborati secondo la procedura di cui all'articolo 8 del regolamento quadro.4. Un blocco funzionale di spazio aereo può essere istituito soltanto in base a un accordo reciproco tra tutti gli Stati membri che hanno responsabilità su una parte dello spazio aereo compreso nel blocco o in base a una dichiarazione di uno Stato membro, se lo spazio aereo compreso nel blocco è interamente di sua responsabilità. Lo/gli Stato/i membro/i interessato/i agisce/agiscono soltanto dopo aver consultato le parti interessate, compresi la Commissione e gli altri Stati membri.5. Qualora un blocco funzionale di spazio aereo riguardi lo spazio aereo che rientra interamente o parzialmente nella responsabilità di due o più Stati membri, l'accordo in base al quale è istituito il blocco contiene le disposizioni necessarie relative alle modalità da seguire per poter modificare il blocco e alle condizioni a cui uno Stato membro può ritirarsi dal blocco, compresi gli accordi transitori.6. In caso di controversia tra due o più Stati membri in merito a un blocco funzionale di spazio aereo transfrontaliero, che concerne lo spazio aereo di loro responsabilità, gli Stati membri interessati possono congiuntamente deferire la questione al comitato per il cielo unico affinché formuli un parere da trasmettere agli Stati membri interessati. Fatto salvo il paragrafo 4, gli Stati membri tengono conto di tale parere per giungere alla composizione della controversia.7. Le decisioni di cui ai paragrafi 4 e 5 sono notificate alla Commissione ai fini della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Tale pubblicazione precisa la data di entrata in vigore della relativa decisione.Articolo 6Configurazione ottimizzata dei settori e delle rotte nello spazio aereo superiore1. Sono stabiliti principi e criteri comuni per la configurazione di rotte e settori, al fine di assicurare un'utilizzazione dello spazio aereo sicura, economicamente efficace e rispettosa dell'ambiente. La configurazione dei settori è coerente, tra l'altro, con quella delle rotte.2. Le norme di attuazione nei settori contemplati dal paragrafo 1 sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 8 del regolamento quadro.3. Le decisioni relative all'istituzione o alla modifica di rotte e settori richiedono l'approvazione degli Stati membri che hanno responsabilità sullo spazio aereo a cui tali decisioni si applicano.CAPITOLO IIIUSO FLESSIBILE DELLO SPAZIO AEREO NEL CIELO UNICO EUROPEOArticolo 7Uso flessibile dello spazio aereo1. Tenuto conto dell'organizzazione degli aspetti militari di loro responsabilità, gli Stati membri garantiscono l'applicazione uniforme nel cielo unico europeo del concetto di uso flessibile dello spazio aereo descritto dall'ICAO e sviluppato da Eurocontrol, al fine di agevolare la gestione dello spazio aereo e del traffico aereo nell'ambito della politica comune dei trasporti.2. Gli Stati membri riferiscono annualmente alla Commissione in merito all'applicazione, nell'ambito della politica comune dei trasporti, del concetto di uso flessibile dello spazio aereo per quanto attiene allo spazio aereo di loro responsabilità.3. Se, in particolare in base alle relazioni presentate dagli Stati membri, si rende necessario rafforzare e armonizzare l'applicazione del concetto di uso flessibile dello spazio aereo nel cielo unico europeo, nell'ambito della politica comune dei trasporti sono adottate norme di attuazione secondo la procedura di cui all'articolo 8 del regolamento quadro.Articolo 8Sospensione temporanea1. Nei casi in cui l'applicazione dell'articolo 7 dia luogo a difficoltà operative rilevanti, gli Stati membri possono temporaneamente sospendere tale applicazione a condizione che ne informino senza indugio la Commissione e gli altri Stati membri.2. In seguito all'introduzione di una sospensione temporanea, possono essere elaborati adeguamenti delle modalità adottate in applicazione dell'articolo 7, paragrafo 3, relativamente allo spazio aereo di responsabilità dello Stato membro o degli Stati membri interessati, secondo la procedura di cui all'articolo 8 del regolamento quadro.Articolo 9Gestione del flusso di traffico aereo1. Le norme di attuazione per la gestione del flusso di traffico aereo sono stabilite secondo la procedura di cui all'articolo 8 del regolamento quadro al fine di ottimizzare la capacità disponibile nell'uso dello spazio aereo e di potenziare le operazioni di gestione di detto flusso. Queste norme sono improntate alla trasparenza e all'efficacia e garantiscono che la capacità sia fornita in maniera flessibile e tempestiva, coerentemente con le raccomandazioni del piano di navigazione aerea regionale dell'ICAO, Regione europea.2. Le norme di attuazione sono alla base delle decisioni operative di fornitori di servizi di navigazione aerea, operatori aeroportuali e utenti dello spazio aereo e riguardano i seguenti settori:a) pianificazione di volo;b) uso della capacità disponibile di spazio aereo durante tutte le fasi del volo, compresa l'assegnazione delle bande orarie;c) uso delle rotte da parte del traffico aereo generale, comprendente:- la realizzazione di un'unica pubblicazione per l'orientamento delle rotte e del traffico,- opzioni per deviare il traffico aereo generale da zone congestionate,- regole di priorità nell'accesso allo spazio aereo per il traffico aereo generale, particolarmente durante periodi di congestione e crisi.CAPITOLO IVDISPOSIZIONI FINALIArticolo 10EsameNell'ambito dell'esame periodico di cui all'articolo 12, paragrafo 2, del regolamento quadro, la Commissione mette a punto uno studio prospettico sulle condizioni per la futura applicazione dei concetti di cui agli articoli 3, 5 e 6 allo spazio aereo inferiore.In base alle conclusioni dello studio e alla luce dei progressi conseguiti, la Commissione presenta entro il 31 dicembre 2006 una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio corredata, se del caso, di una proposta che estenda l'applicazione di tali concetti allo spazio aereo inferiore, o che individui eventuali altre misure. Qualora sia prevista tale estensione, le relative decisioni dovrebbero preferibilmente essere adottate prima del 31 dicembre 2009.Articolo 11Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Strasburgo, addì 10 marzo 2004.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteD. Roche(1) GU C 103 E del 30.4.2002, pag. 35.(2) GU C 241 del 7.10.2002, pag. 24.(3) GU C 278 del 14.11.2002, pag. 13.(4) Parere del Parlamento europeo del 3 settembre 2002 (GU C 272 E del 13.11.2003, pag. 316), posizione comune del Consiglio del 18 marzo 2003 (GU C 129 E del 3.6.2003, pag. 11) e posizione del Parlamento europeo del 3 luglio 2003 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 29 gennaio 2004 e decisione del Consiglio del 2 febbraio 2004.(5) Cfr. pagina 1 della presente Gazzetta ufficiale.(6) Cfr. pagina 10 della presente Gazzetta ufficiale.Dichiarazione della CommissioneLa Commissione, sulla base di una relazione sull'esperienza acquisita nell'attuazione dell'articolo 5, presenterà, se del caso, entro il termine di cinque anni, alcune proposte di modifica della procedura di cui all'articolo 5, paragrafo 6. | Gestione del traffico aereo: organizzazione e uso dello spazio aereo nel cielo unico europeo
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Il regolamento, che si iscrive in un pacchetto legislativo sulla gestione del traffico aereo che mira all’istituzione del cielo unico europeo a norma del regolamento (CE) n. 549/2004 (cfr. sintesi), permetterà un uso ottimizzato dello spazio aereo europeo, che ridurrà i ritardi e promuoverà la crescita del trasporto aereo. Il regolamento è stato modificato dal regolamento (CE) n. 1070/2009 in vista del piano di estensione delle competenze dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea dell’Unione europea al fine di includere la sicurezza della gestione del traffico aereo. Tale modifica consente alla Commissione europea di aggiornare le misure in linea con gli sviluppi tecnici o operativi, nonché di stabilire i criteri e le procedure di base per l’esercizio di determinate funzioni di gestione della rete.
PUNTI CHIAVE
Istituzione del cielo unico europeo
Punta a:fornire strumenti per gestire le fluttuazioni di capacità del traffico aereo; migliorare la sicurezza: garantire gli stessi livelli di sicurezza nei sistemi e nelle procedure di controllo del traffico aereo in tutti i paesi dell’UE; ridurre la frammentazione della fornitura di servizi di traffico aereo: i diversi approcci nazionali alla gestione del traffico aereo e alla sua organizzazione comportano incoerenze e carenze, con effetti negativi sul mercato interno del trasporto aereo; migliorare l’integrazione dei militari nell’organizzazione del controllo aereo; facilitare l’introduzione di nuove tecnologie.Gestione e progettazione della rete
Per sostenere iniziative sia a livello nazionale che a livello di blocchi funzionali dello spazio aereo, le funzioni della rete di gestione del traffico aereo consentiranno un uso ottimale dello spazio aereo e assicureranno che gli utenti dello spazio aereo possano operare sulle traiettorie preferite, garantendo al tempo stesso il massimo accesso allo spazio aereo e ai servizi di navigazione aerea.
Uso flessibile dello spazio aereo
Si dovrà rafforzare il coordinamento tra autorità civili e militari, in particolare per l’attribuzione e l’uso efficace dello spazio aereo a fini militari, ivi inclusi i criteri e i principi che reggeranno tale attribuzione e uso, e soprattutto la loro apertura ai voli civili.
DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO?
È in vigore dal 20 aprile 2004.
CONTESTO
Si veda anche:Cielo unico europeo (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 551/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, sull’organizzazione e l’uso dello spazio aereo nel cielo unico europeo (regolamento sullo spazio aereo) (GU L 96 del 31.3.2004, pag. 20).
Le successive modifiche al regolamento (CE) N. 551/2004 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) 2018/1139 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2018, recante norme comuni nel settore dell’aviazione civile, che istituisce un’Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza aerea e che modifica i regolamenti (CE) n. 2111/2005, (CE) n. 1008/2008, (UE) n. 996/2010, (UE) n. 376/2014 e le direttive 2014/30/UE e 2014/53/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, e abroga i regolamenti (CE) n. 552/2004 e (CE) n. 216/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CEE) n. 3922/91 del Consiglio (GU L 212 del 22.8.2018, pag. 1).
Regolamento (CE) n. 549/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, che stabilisce i principi generali per l’istituzione del cielo unico europeo (regolamento quadro) (GU L 96 del 31.3.2004, pag. 1).
Si veda la versione consolidata. | 7,312 | 826 |
31991R3922 | false | Regolamento (CEE) n. 3922/91 del Consiglio, del 16 dicembre 1991, concernente l'armonizzazione di regole tecniche e di procedure amministrative nel settore dell'aviazione civile
Gazzetta ufficiale n. L 373 del 31/12/1991 pag. 0004 - 0008 edizione speciale finlandese: capitolo 7 tomo 4 pag. 0052 edizione speciale svedese/ capitolo 7 tomo 4 pag. 0052
REGOLAMENTO (CEE) N. 3922/91 DEL CONSIGLIO del 16 dicembre 1991 concernente l'armonizzazione di regole tecniche e di procedure amministrative nel settore dell'aviazione civileIL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 84, paragrafo 2, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che, come previsto all'articolo 8 A del trattato, è necessario adottare le misure destinate all'instaurazione progressiva del mercato interno nel corso di un periodo che scade il 31 dicembre 1992; che il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali; considerando che occorre mantenere la sicurezza dell'aviazione civile in Europa ad un livello generale elevato e portare le regole tecniche e le procedure amministrative esistenti negli Stati membri ai livelli più alti attualmente raggiunti nella Comunità; considerando che la sicurezza rappresenta un'esigenza fondamentale dei trasporti aerei nella Comunità; che è opportuno tener conto della convenzione sull'aviazione civile internazionale, firmata a Chicago il 7 dicembre 1944, la quale prevede l'attuazione delle disposizioni necessarie per assicurare l'esercizio sicuro degli aeromobili; considerando che le restrizioni attualmente vigenti nel trasferimento di aeromobili, di prodotti aeronautici e di taluni servizi nel settore aeronautico tra gli Stati membri provocherebbero alterazioni nel mercato interno; considerando che le «Joint Aviation Authorities» (JAA), quale organismo associato della commissione europea dell'aviazione civile (CEAC), hanno definito accordi per cooperare allo sviluppo e all'applicazione di regole comuni (codici JAR) in tutti i settori attinenti alla sicurezza degli aeromobili e del loro esercizio; considerando che nel quadro della politica comune dei trasporti occorre armonizzare regole tecniche e procedure amministrative relative alla sicurezza degli aeromobili e del loro esercizio, sulla base dei codici JAR delle JAA; considerando che l'adesione di tutti gli Stati membri alle JAA e la partecipazione della Commissione ai lavori di queste ultime faciliterebbero detta armonizzazione; considerando che, per raggiungere gli obiettivi comunitari in materia di libera circolazione delle persone e dei prodotti nonché in materia di politica comune dei trasporti, allorché un prodotto, un organismo o una persona siano stati omologati in conformità delle regole tecniche e procedure amministrative comuni, gli Stati membri sono tenuti a riconoscere l'omologazione dei prodotti nonché degli organismi e persone incaricati della progettazione, costruzione, manutenzione ed esercizio di prodotti, senza ulteriori operazioni o valutazioni tecniche; considerando che possono presentarsi problemi sul piano della sicurezza e che gli Stati membri devono prendere, in questo caso, tutte le misure urgenti necessarie; che tali misure devono essere debitamente motivate e che, se le regole tecniche e procedure amministrative comuni presentano lacune, spetta alla Commissione, nell'esercizio delle sue competenze di esecuzione, adottare le necessarie modifiche; considerando che è auspicabile coordinare il finanziamento da parte degli Stati membri dei lavori di ricerca avviati per migliorare la sicurezza dell'aviazione, al fine di garantire un impiego ottimale delle risorse e realizzare il massimo profitto da questi lavori; considerando che è opportuno dare alla Commissione il potere di apportare alle regole tecniche e procedure amministrative comuni adottate dal Consiglio le modifiche stabilite dalle JAA, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO: Articolo 1 1. Il presente regolamento concerne l'armonizzazione di regole tecniche e di procedure amministrative nel settore della sicurezza dell'aviazione civile, quali figurano nell'allegato II, in particolare per quanto riguarda: - la progettazione, la costruzione, l'esercizio e la manutenzione degli aeromobili; - le persone ed organismi interessati a tali attività. 2. Le regole tecniche e procedure amministrative armonizzate previste al paragrafo 1 sono applicabili a tutti gli aeromobili utilizzati dagli operatori secondo la definizione dell'articolo 2, lettera a), a prescindere dal fatto che siano immatricolati in uno Stato membro o in un paese terzo. Articolo 2 Ai fini del presente regolamento si intende per: a) «operatore», una persona fisica residente in uno Stato membro o una persona giuridica stabilita in uno Stato membro, la quale utilizza uno o più aeromobili conformemente alla regolamentazione applicabile in detto Stato membro, oppure un vettore aereo comunitario, secondo la definizione della legislazione comunitaria; b) «prodotto», un aeromobile, un motore, un'elica o un'attrezzatura dell'aviazione civile; c) «attrezzature», qualsiasi strumento, dispositivo, meccanismo, apparecchiatura o accessorio utilizzato o utilizzabile per l'esercizio di un aeromobile navigante, installato o destinato ad essere installato su un aeromobile dell'aviazione civile o collegato allo stesso, ma non facente parte di una cellula, di un motore o di un'elica; d) «elemento», un materiale, componente o sottogruppo non rientrante nelle definizioni di cui alle lettere b) e c) e destinato ad aeromobili, motori, eliche o attrezzature dell'aviazione civile; e) «omologazione» (di un prodotto, di un servizio, di un organismo, di una persona), qualsiasi forma di riconoscimento legale attestante che il prodotto, il servizio, l'organismo o la persona risponde alle condizioni applicabili. Detta omologazione comprende due atti: i) l'atto che permette di controllare che, dal punto di vista tecnico, il prodotto, il servizio, l'organismo o la persona rispetta le condizioni applicabili; tale atto è denominato: stesura del verbale tecnico; ii) l'atto del riconoscimento formale di tale conformità alle condizioni applicabili attraverso il rilascio di un certificato, di una licenza, di un'approvazione o di qualsiasi altro documento secondo quanto prescritto dalle leggi e dalle procedure nazionali; tale atto è denominato: stesura del verbale legale; f) «manutenzione», l'insieme delle operazioni di controllo, manutenzione, modifica e riparazione per tutta la durata di vita di un aeromobile, necessarie a garantire che l'aeromobile rimanga conforme all'omologazione del tipo ed abbia in qualsiasi circostanza un elevato livello di sicurezza; esse comprendono le modifiche rese obbligatorie dalle autorità che sono parte degli accordi di cui alla lettera h), nell'ambito della politica relativa al controllo della navigabilità; g) «variante nazionale», una regola o regolamentazione nazionale resa obbligatoria da un paese in aggiunta ad una disposizione JAR o in sostituzione della stessa; h) «accordi», gli accordi conclusi, sotto gli auspici della commissione europea dell'aviazione civile (CEAC) per cooperare all'elaborazione ed all'applicazione di regole comuni in tutti i settori connessi con la sicurezza degli aeromobili e del loro esercizio. Tali accordi sono specificati nell'allegato I. Articolo 3 Fatto salvo l'articolo 11, le regole tecniche e procedure amministrative comuni applicabili nella Comunità per i settori di cui all'allegato II sono i codici corrispondenti che figurano in detto allegato e che sono in vigore il 1o gennaio 1992. Articolo 4 1. Per i settori non menzionati nell'allegato II, il Consiglio adotta, sulla base dell'articolo 84, paragrafo 2 del trattato, regole tecniche e procedure amministrative comuni. La Commissione presenta, se del caso e al più presto, le opportune proposte riguardo ai settori in questione. 2. Prima dell'adozione delle proposte di cui al paragrafo 1, gli Stati membri possono applicare le disposizioni pertinenti delle regolamentazioni nazionali vigenti. Articolo 5 Gli Stati membri provvedono affinché le proprie autorità competenti per l'aviazione civile soddisfino le condizioni di adesione alle JAA, specificate negli accordi e firmino senza riserve, gli accordi stessi anteriormente al 1o gennaio 1992. Articolo 6 1. Gli Stati membri riconoscono i prodotti progettati, costruiti, gestiti e sottoposti a manutenzione in conformitá alle regole tecniche e procedure amministrative comuni, senza imporre altre esigenze tecniche o procedere ad una nuova valutazione quando detti prodotti sono stati omologati da un altro Stato membro. I prodotti riconosciuti inizialmente entro determinati limiti sono riconosciuti in seguito entro gli stessi limiti. 2. I prodotti esistenti e le loro versioni derivate che non sono omologati conformemente alle regole tecniche e procedure amministrative comuni possono essere ammessi dagli Stati membri sulla base dei loro regolamenti nazionali in vigore, fino al momento dell'adozione delle regole tecniche e procedure amministrative comuni applicabili a tali prodotti in virtù del presente regolamento. Articolo 7 Gli Stati membri riconoscono l'omologazione rilasciata, conformemente al presente regolamento, da un altro Stato membro o da un organismo che agisce a suo nome agli organismi o persone posti sotto la sua giurisdizione e sotto la sua autorità ed incaricati della progettazione, costruzione e manutenzione di prodotti nonché dell'esercizio di aeromobili. Articolo 8 1. Nessuna disposizione precedente osta a che uno Stato membro possa reagire immediatamente a un problema di sicurezza emerso in occasione di un incidente o infortunio oppure riscontrato durante il servizio, riguardante un prodotto progettato, costruito, gestito e sottoposto a manutenzione in conformità del presente regolamento oppure una persona o una procedura ovvero un organismo coinvolto in queste mansioni. Se il problema di sicurezza deriva: - da un inadeguato livello di sicurezza corrispondente all'applicazione delle regole tecniche e procedure amministrative comuni, o - da una lacuna nelle regole tecniche e procedure amministrative comuni, lo Stato membro informa immediatamente la Commissione e gli altri Stati membri delle misure prese e della motivazione delle stesse. 2. Nei casi previsti al paragrafo 1, la Commissione avvia senza indugio consultazioni con gli Stati membri. Se l'inadeguato livello di sicurezza o una lacuna nelle regole tecniche e procedure amministrative comuni trovano conferma, la Commissione presenta proposte adeguate, conformemente alle procedure di cui all'articolo 4 e/o all'articolo 11. Articolo 9 Gli Stati membri prendono le misure necessarie per coordinare i rispettivi programmi di ricerca volti a migliorare la sicurezza degli aeromobili civili e l'esercizio dei medesimi e ne informano la Commissione. La Commissione, previa consultazione con gli Stati membri, può prendere ogni iniziativa utile per promuovere tali programmi di ricerca attuati a livello nazionale. Articolo 10 Gli Stati membri notificano alla Commissione: a) qualsiasi regola e procedura messa a punto o adottata conformemente alle procedure stabilite negli accordi; b) qualsiasi modifica degli accordi; c) i risultati delle consultazioni avviate con l'industria e con altri organismi interessati. Articolo 11 1. Conformemente alla procedura stabilita all'articolo 12, la Commissione, qualora il progresso scientifico e tecnico lo renda necessario, modifica le regole tecniche e procedure amministrative comuni elencate nell'allegato II o adottate dal Consiglio conformemente all'articolo 4. 2. Qualora le modifiche di cui al paragrafo 1 contengano una variante nazionale per uno Stato membro, la Commissione delibera, conformemente alla procedura prevista all'articolo 12, sull'inclusione di detta variante nelle regole tecniche e procedure amministrative comuni. Articolo 12 1. Per l'applicazione degli articoli 8, 9 e 11, la Commissione è assistita da un comitato composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione. 2. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da prendere. Il comitato formula il proprio parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri è attribuita la ponderazione fissata nell'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto. 3. a) La Commissione adotta le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato. b) Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata. c) Se il Consiglio non ha deliberato entro tre mesi a decorrere dalla data in cui gli è stata sottoposta la proposta, la Commissione adotta le misure proposte, tranne nel caso in cui il Consiglio si sia pronunciato a maggioranza semplice contro tali misure. Articolo 13 1. Gli Stati membri si prestano reciproca assistenza per quanto riguarda l'applicazione del presente regolamento e il relativo controllo. 2. Nell'ambito dell'assistenza reciproca di cui al paragrafo 1, le autorità competenti degli Stati membri si comunicano regolarmente tutte le informazioni disponibili per quanto riguarda: - le infrazioni al presente regolamento commesse dai non residenti e qualsiasi sanzione applicata per dette infrazioni; - le sanzioni applicate da uno Stato membro ai propri residenti per siffatte infrazioni commesse in altri Stati membri. Articolo 14 Il presente regolamento entra in vigore il 1o gennaio 1992. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 16 dicembre 1991. Per il ConsiglioIl PresidenteH. MAIJ-WEGGEN (1)GU n. C 270 del 26. 10. 1990, pag. 3. (2)GU n. C 267 del 14. 10. 1991, pag. 154. (3)GU n. C 159 del 17. 6. 1991, pag. 28. ALLEGATO I Accordi di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera h) «Arrangements Concerning the Development, the Acceptance and the Implementation of Joint Aviation Requirements» (accordi concernenti l'elaborazione, l'approvazione e l'applicazione di requisiti aeronautici comuni), conclusi a Cipro l'11 settembre 1990. ALLEGATO II Elenchi dei codici in vigore contenenti le regole tecniche e procedure amministrative comuni di cui all'articolo 3 1.Generalità e procedure JAR 1Definizioni e abbreviazioni 2.Omologazione del tipo di prodotti e componenti JAR 22Sailplanes and Powered Sailplanes (Alianti e alianti a motore) JAR 25Large Aeroplanes (Grandi aeromobili) JAR AWOAll Weather Operations (Operazioni in condizioni metereologiche «ogni tempo») JAR EEngines (Motori) JAR PPropellers (Eliche) JAR APUAuxiliary Power Units (Gruppi ausiliari di potenza) JAR TSOTechnical Standards Orders (Prescrizioni relative a norme tecniche) JAR VLAVery Light Aeroplanes (Aeromobili ultraleggeri) JAR 145Approved Maintenance Organisations (Organizzazioni di manutenzione autorizzate) | Armonizzazione delle regole e delle procedure nel settore dell’aviazione civile
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Introduce norme uniformi in tutta l’Unione europea (Unione) che specificano la sicurezza minima e le relative procedure per l’aviazione commerciale passeggeri e merci ad ala fissa.
PUNTI CHIAVE
ApplicazioneIl regolamento stabilisce requisiti tecnici e procedure amministrative comuni nel campo della sicurezza dell’aviazione civile, che riguardano l’esercizio e la manutenzione degli aeromobili, nonché le persone e le organizzazioni che partecipano a tali compiti; tali requisiti e procedure si applicano a tutti gli aeromobili utilizzati dagli operatori dell’Unione. I paesi dell’Unione dovevano garantire che le proprie autorità competenti nel settore dell’aviazione civile rispettassero le condizioni di adesione alle Joint Aviation Authorities, come specificato negli accordi (JAR prima del 1o gennaio 1992). Attualmente, questo regolamento rimane in vigore perché le norme nazionali sui limiti dei tempi di volo e di servizio e sui requisiti di riposo per quanto riguarda l’aerotaxi, il servizio medico d’emergenza e le operazioni di trasporto aereo commerciale a pilotaggio singolo sono in vigore in virtù dell’articolo 8.Problemi di sicurezzaI paesi dell’Unione possono adottare misure immediate per i problemi di sicurezza relativi ad un prodotto, una persona o un organismo disciplinato dal presente regolamento, a prescindere dalle norme di cui sopra. Qualora i livelli di sicurezza risultino inadeguati o carenti in base ai requisiti e alle procedure comuni, la Commissione europea deve presentare proposte adeguate per porre rimedio alla situazione. In circostanze eccezionali, i paesi dell’Unione possono anche accettare eccezioni ai requisiti tecnici e alle procedure amministrative previste dal presente regolamento, purché siano in linea con i suoi obiettivi di sicurezza.Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza aerea (AESA)
La Commissione sarà assistita dall’AESA al momento della redazione di eventuali modifiche alle regole relative al personale di bordo e ai limiti dei tempi di volo e di servizio.
Abrogazione
Il regolamento (CEE) n. 3922/91 sarà abrogato dal regolamento (UE) 2018/1139 recante regole comuni nel settore dell’aviazione civile e che istituisce l’AESA (si veda la sintesi).
L’abrogazione decorrerà a partire dalla data di applicazione delle norme dettagliate sui limiti dei tempi di volo e di servizio e sui requisiti di riposo per quanto riguarda l’aerotaxi, il servizio medico di emergenza e le operazioni di trasporto aereo commerciale a pilotaggio singolo che devono ancora essere adottate [si veda l’articolo 32, paragrafo 1, lettera a del regolamento (UE) 2018/1139].
DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO?
È in vigore dal 1o gennaio 1992.
CONTESTO
Si veda anche:Operazioni di volo, compresi i limiti dei tempi di volo (FTL) (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CEE) n. 3922/91 del Consiglio, del 16 dicembre 1991, concernente l’armonizzazione di regole tecniche e di procedure amministrative nel settore dell’aviazione civile (GU L 373 del 31.12.1991, pag. 4).
Le successive modifiche al regolamento (CEE) n. 3922/91 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) 2018/1139 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2018, recante norme comuni nel settore dell’aviazione civile, che istituisce un’Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza aerea e che modifica i regolamenti (CE) n. 2111/2005, (CE) n. 1008/2008, (UE) n. 996/2010, (UE) n. 376/2014 e le direttive 2014/30/UE e 2014/53/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, e abroga i regolamenti (CE) n. 552/2004 e (CE) n. 216/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CEE) n. 3922/91 del Consiglio (GU L 212 del 22.8.2018, pag. 1). | 6,085 | 944 |
32004L0082 | false | DIRETTIVA 2004/82/CE DEL CONSIGLIO
del 29 aprile 2004
concernente l'obbligo dei vettori di comunicare i dati relativi alle persone trasportate
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 62, paragrafo 2, lettera a), e l'articolo 63, paragrafo 3, lettera b),
vista la iniziativa del Regno di Spagna (1)
visto il parere del Parlamento europeo,
considerando quanto segue:
(1)
Per lottare efficacemente contro l'immigrazione illegale e migliorare il controllo alle frontiere è fondamentale che tutti gli Stati membri adottino disposizioni che istituiscano obblighi per i vettori aerei che trasportano passeggeri nel territorio degli Stati membri. Ai fini di una maggiore efficacia di tale obiettivo, occorre altresì armonizzare, per quanto possibile, le sanzioni pecuniarie previste dagli Stati membri in caso di violazione degli obblighi cui sono soggetti i vettori, tenendo conto delle differenze esistenti tra gli ordinamenti giuridici e le prassi degli Stati membri.
(2)
Il Consiglio europeo del 25 e 26 marzo 2004 ha adottato una dichiarazione sulla lotta al terrorismo sottolineando la necessità di accelerare l'esame del fascicolo e di portare avanti i lavori sulla proposta direttiva del Consiglio sull'obbligo dei vettori di comunicare i dati relativi alle persone trasportate al fine di procedere ad una rapida conclusione in merito a tali misure.
(3)
È importante evitare un vuoto della Comunità nel combattere l'immigrazione illegale.
(4)
A partire dal 1o maggio 2004 il Consiglio non può più agire su iniziativa di uno Stato membro.
(5)
Il Consiglio ha esaurito tutte le possibilità di ottenere in tempo il parere del Parlamento europeo.
(6)
Vistele circostanze eccezionali la decisione dovrebbe essere adottata senza ilparere del Parlamento europeo.
(7)
Gli obblighi che devono essere imposti ai vettori ai sensi della presente direttiva sono complementari a quelli stabiliti a norma delle disposizioni dell'articolo 26 della convenzione di Schengen del 1990 di applicazione dell'accordo di Schengen del 14 giugno 1985, integrate dalla direttiva 2001/51/CE del Consiglio (2). I due tipi di obblighi perseguono infatti lo stesso obiettivo di controllare i flussi migratori e di combattere l'immigrazione illegale.
(8)
Fatte salve le disposizioni della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (3), è necessario non pregiudicare la libertà degli Stati membri di mantenere o introdurre obblighi supplementari per i vettori aerei o alcune categorie di altri vettori, comprese le informazioni o i dati riguardanti i biglietti di ritorno, che siano menzionati o meno nella presente direttiva.
(9)
Ai fini di una lotta più efficace contro l'immigrazione illegale e di una maggiore efficacia di tale obiettivo, è fondamentale che, fatte salve le disposizioni della direttiva 95/46/CE, si tenga conto al più presto possibile di qualsiasi innovazione tecnologica, in particolare riguardante l'integrazione e l'uso di elementi biometrici nelle informazioni che i vettori devono fornire.
(10)
Gli Stati membri dovrebbero assicurare che nell'ambito di qualsiasi procedimento avviato nei confronti di vettori e che potrebbe dar luogo all'applicazione di sanzioni possano essere effettivamente esercitati il diritto di difesa e il diritto di impugnazione avverso siffatte decisioni.
(11)
Le presenti misure riprendono le possibilità di controllo previste nella decisione del comitato esecutivo di Schengen [SCH/Com-ex (94) 17-4a Rev.], che mirano a intensificare i controlli alle frontiere e a prevedere un lasso di tempo sufficiente a effettuare un controllo dettagliato e approfondito di ogni passeggero, grazie alla trasmissione, alle autorità incaricate di effettuare tali controlli, dei dati relativi alle persone trasportate.
(12)
La direttiva 95/46/CE si applica al trattamento dei dati personali da parte delle autorità degli Stati membri. Ciò significa che, mentre sarebbe legittimo trattare i dati dei passeggeri trasmessi per l'espletamento dei controlli di frontiera anche per consentirne l'utilizzo come mezzi probatori in procedimenti diretti all'applicazione della normativa in materia di ingresso e immigrazione, incluse le relative disposizioni sulla tutela dell'ordine pubblico («ordrepublic») e della sicurezza nazionale, qualsiasi altro trattamento che non fosse compatibile con i suddetti fini sarebbe in contrasto con il principio enunciato all'articolo 6, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 95/46/CE. Gli Stati membri dovrebbero prevedere un sistema di sanzioni da infliggere in caso di uso dei dati in contrasto con gli obiettivi della presente direttiva.
(13)
La Danimarca, a norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione europea ed al trattato che istituisce la Comunità europea, non partecipa all'adozione della presente direttiva e non è vincolata da essa, né è soggetta alla sua applicazione. Dato che la presente direttiva sviluppa l'acquis di Schengen in applicazione delle disposizioni del titolo IV, parte terza, del trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca deciderà, a norma dell'articolo 5 del protocollo summenzionato, entro un periodo di sei mesi dall'adozione della presente direttiva da parte del Consiglio, se intende recepirla nel suo diritto interno.
(14)
Per quanto riguarda l'Islanda e la Norvegia, la presente direttiva costituisce uno sviluppo delle disposizioni dell'acquis di Schengen ai sensi dell'accordo concluso dal Consiglio dell'Unione europea con la Repubblica d'Islanda e il Regno di Norvegia sull'associazione di questi due Stati all'attuazione, all'applicazione e allo sviluppo dell'acquis di Schengen (4), che rientrano nel settore di cui all'articolo 1, lettera E, della decisione 1999/437/CE del Consiglio, relativa a talune modalità di applicazione di tale accordo (5).
(15)
Il Regno Unito partecipa alla presente direttiva, conformemente all'articolo 5 del protocollo sull'integrazione dell'acquis di Schengen nell'ambito dell'Unione europea allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea e all'articolo 8, paragrafo 2, della decisione 2000/365/CE del Consiglio, del 29 maggio 2000, riguardante la richiesta del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord di partecipare ad alcune disposizioni dell'acquis di Schengen (6).
(16)
L'Irlanda partecipa alla presente direttiva, conformemente all'articolo 5 del protocollo sull'integrazione dell'acquis di Schengen nell'ambito dell'Unione europea allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea e all'articolo 6, paragrafo 2, della decisione 2002/192/CE del Consiglio, del 28 febbraio 2002, riguardante la richiesta dell'Irlanda di partecipare ad alcune disposizioni dell'acquis di Schengen (7).
(17)
La presente direttiva costituisce un atto basato sull'acquis di Schengen o ad esso altrimenti connesso ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, dell'atto di adesione del 2003,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Obiettivo
La presente direttiva intende migliorare i controlli alle frontiere e combattere l'immigrazione illegale attraverso la trasmissione anticipata, da parte dei vettori, dei dati relativi alle persone trasportate alle competenti autorità nazionali.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente direttiva si intende per:
a)
«vettore»: ogni persona fisica o giuridica che trasporta persone atitolo professionale per via aerea;
b)
«frontiere esterne»: le frontiere esterne degli Stati membri con i paesi terzi;
c)
«controllo alla frontiera»: il controllo, effettuato alla frontiera, esclusivamente come reazione ad una richiesta di attraversamento di tale frontiera, senza tener conto di qualsiasi altra considerazione;
d)
«valico di frontiera»: ogni valico di frontiera autorizzato dalle autorità competenti per l'attraversamento delle frontiere esterne;
e)
«dati personali,“trattamento di dati personali”» e “archivio di dati personali”: lo stesso significato di cui all'articolo 2 della direttiva 95/46/CE.
Articolo 3
Trasmissione dei dati
1. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie per istituire l'obbligo per i vettori di trasmettere, entro il termine delle procedure di accettazione, su richiesta delle autorità incaricate di effettuare i controlli delle persone alle frontiere esterne, le informazioni relative alle persone che saranno trasportate a un valico di frontiera autorizzato attraverso il quale tali persone entreranno nel territorio di uno Stato membro.
2. Dette informazioni comprendono:
—
il numero e il tipo di documento di viaggio utilizzato,
—
la cittadinanza,
—
il nome completo,
—
la data di nascita,
—
il valico di frontiera di ingresso nel territorio degli Stati membri,
—
il numero del trasporto,
—
l'ora di partenza e di arrivo del mezzo di trasporto,
—
il numero complessivo di passeggeri trasportati con tale mezzo,
—
il primo punto di imbarco.
3. La trasmissione dei dati summenzionati non esonera in nessun caso i vettori dagli obblighi e dalle responsabilità stabiliti dalle disposizioni di cui all'articolo 26 della convenzione di Schengen, integrata dalla direttiva 2001/51/CE.
Articolo 4
Sanzioni
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per imporre sanzioni ai vettori che per errore non hanno trasmesso i dati o hanno trasmesso dati incompleti o falsi. Gli Stati membri adottano le misure necessarie ad assicurare che le sanzioni siano dissuasive, effettive e proporzionate e che:
a)
il loro importo massimo non sia inferiore a 5 000 EUR, o all'equivalente in valuta nazionale al tasso di cambio pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea il giorno dell'entrata in vigore della presente direttiva, per ogni viaggio per il quale i dati delle persone trasportate non sono stati comunicati o sono stati comunicati in modo non corretto; oppure
b)
il loro importo minimo non sia inferiore a 3 000 EUR, o all'equivalente in valuta nazionale al tasso di cambio pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea il giorno dell'entrata in vigore della presente direttiva, per ogni viaggio per il quale i dati delle persone trasportate non sono stati comunicati o sono stati comunicati in modo non corretto.
2. La presente direttiva non osta a che gli Stati membri adottino o mantengano, nei confronti dei vettori responsabili di gravi violazioni degli obblighi risultanti dalla presente direttiva, altre sanzioni quali l'immobilizzazione, il sequestro e la confisca del mezzo di trasporto, oppure la sospensione temporanea o il ritiro della licenza di esercizio.
Articolo 5
Impugnazioni
Gli Stati membri assicurano che le loro disposizioni legislative, regolamentari e amministrative prevedano che i vettori nei cui confronti sia stato avviato un procedimento ai fini dell'applicazione di sanzioni abbiano diritti di difesa e di impugnazione effettivi.
Articolo 6
Trattamento dei dati
1. I dati personali di cui all'articolo 3, paragrafo 1, sono trasmessi alle autorità incaricate di effettuare i controlli delle persone alle frontiere esterne attraverso le quali il passeggero entrerà nel territorio di uno Stato membro, al fine di agevolare l'esecuzione di tali controlli con l'obiettivo di combattere più efficacemente l'immigrazione illegale.
Gli Stati membri provvedono a che tali dati siano raccolti dai vettori e trasmessi per via elettronica o, se ciò non fosse possibile, con altri mezzi appropriati alle autorità incaricate di effettuare i controlli alle frontiere al valico di frontiera autorizzato attraverso il quale il passeggero entrerà nel territorio di uno Stato membro. Le autorità incaricate di effettuare i controlli delle persone alle frontiere esterne salvano i dati in un file provvisorio.
Dopo l'ingresso dei passeggeri tali autorità cancellano i dati entro 24 ore dalla loro trasmissione, a meno che i dati non siano necessari successivamente alle autorità incaricate di effettuare i controlli delle persone alle frontiere esterne per l'esercizio delle loro funzioni regolamentari in conformità della legislazione nazionale e fatte salve le disposizioni sulla protezione dei dati di cui alla direttiva 95/46/CE.
Gli Stati membri adottano le misure necessarie perobbligare i vettori a cancellare, entro 24 ore dall'arrivo del mezzo ditrasporto ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, i dati personali raccolti etrasmessi alle autorità di frontiera ai fini della presente direttiva.
Gli Stati membri possono altresì, in conformità della legislazione nazionale e fatte salve le disposizioni sulla protezione dei dati di cui alla direttiva 95/46/CE, utilizzare i dati personali di cui all'articolo 3, paragrafo 1 per finalità di applicazione normativa.
2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per obbligare i vettori a informare le persone trasportate in conformità delle disposizioni della direttiva 95/46/CE. Ciò comprende anche le informazioni di cui all'articolo 10, lettera c), e all'articolo 11, punto 1), lettera c) della direttiva 95/46/CE.
Articolo 7
Recepimento
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 5 settembre 2006 . Essi ne informano immediatamente la Commissione.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 8
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Articolo 9
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presentedirettiva conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea.
Fatto a Lussemburgo, addì 29 aprile 2004.
Per il Consiglio
Il presidente
M. McDOWELL
(1) GU C 82 del 5.4.2003, pag. 23.
(2) GU L 187 del 10.7.2001, pag. 45.
(3) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31.
(4) GU L 176 del 10.7.1999, pag. 36.
(5) GU L 176 del 10.7.1999, pag. 31.
(6) GU L 131 dell'1.6.2000, pag. 43.
(7) GU L 64 del 7.3.2002, pag. 20. | Obbligo dei vettori di comunicare i dati relativi alle persone trasportate
La presente direttiva impone ai vettori aerei l'obbligo di raccogliere e trasmettere alle autorità dello Stato membro di arrivo incaricate del controllo di frontiera i dati relativi ai loro passeggeri. In caso di inosservanza, ai vettori possono essere applicate sanzioni, o, in caso di violazione grave, si può procedere alla confisca del mezzo di trasporto, oppure al ritiro della licenza di esercizio.
ATTO
Direttiva 2004/82/CE del Consiglio del 29 aprile 2004 concernente l'obbligo dei vettori di comunicare i dati relativi alle persone trasportate.
SINTESI
In virtù della presente direttiva, i vettori aerei * devono comunicare le informazioni relative ai passeggeri diretti verso un valico di frontiera * dell'Unione europea. Tali dati sono forniti su richiesta delle autorità incaricate del controllo * delle persone alle frontiere esterne * dell'UE, per migliorare le verifiche e contrastare efficacemente l'immigrazione irregolare.
I dati sono trasmessi alle autorità, generalmente per via elettronica, per la registrazione dei passeggeri.
I vettori devono trasmettere in particolare le informazioni seguenti: numero e tipo di documento di viaggio utilizzato, cittadinanza, nome completo e data di nascita del passeggero, valico di frontiera di ingresso nell'UE, ora di partenza e di arrivo del mezzo di trasporto e numero complessivo di passeggeri trasportati.
I dati sono di norma cancellati dalle autorità entro ventiquattro ore dalla loro trasmissione, dopo l'ingresso dei passeggeri nel territorio degli Stati membri. I dati personali sono cancellati dal vettore ventiquattro ore dopo l'arrivo del mezzo di trasporto.
Se i vettori non rispettano tale obbligo, gli Stati membri adottano sanzioni dissuasive, effettive e proporzionate. Siffatte sanzioni si applicano ai vettori che per errore non hanno trasmesso i dati o hanno trasmesso dati incompleti o falsi. Il loro importo massimo è di almeno 5000 euro per viaggio; l'importo minimo di almeno 3000 euro per viaggio.
Gli Stati membri possono prevedere anche altri tipi di sanzioni in caso di violazione grave dell'obbligo di comunicazione, che possono consistere:
nell'immobilizzazione, nel sequestro e nella confisca del mezzo di trasporto,
nella sospensione temporanea o nel ritiro della licenza di esercizio del vettore.
I vettori possono impugnare le misure prese nei loro confronti. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie affinché questo diritto sia effettivo.
Contesto
Questa direttiva è stata adottata a seguito di una richiesta del Consiglio europeo del 25 e del 26 marzo 2004, riunitosi dopo gli attentati di Madrid. Gli obblighi previsti nella presente direttiva sono complementari a quelli stabiliti all'articolo 26 della convenzione di applicazione dell'accordo di Schengen integrato dalla direttiva 2001/51/CE, relativo all'obbligo dei vettori di ricondurre i cittadini di paesi terzi cui è stato negato l'ingresso dallo Stato membro di destinazione.
Parole chiave dell'atto
vettore: ogni persona fisica o giuridica che trasporta persone a titolo professionale per via aerea;
frontiere esterne: le frontiere esterne degli Stati membri con i paesi terzi;
controllo alla frontiera: il controllo, effettuato alla frontiera, esclusivamente come reazione ad una richiesta di attraversamento di tale frontiera;
valico di frontiera: ogni valico di frontiera autorizzato dalle autorità competenti per l'attraversamento delle frontiere esterne.
Riferimenti
Atto
Entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Direttiva 2004/82/CE
5.9.2004
5.9.2006
GU L 261 del 6.8.2004 | 5,700 | 646 |
32002L0047 | false | Direttiva 2002/47/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 giugno 2002, relativa ai contratti di garanzia finanziaria
Gazzetta ufficiale n. L 168 del 27/06/2002 pag. 0043 - 0050
Direttiva 2002/47/CE del Parlamento europeo e del Consigliodel 6 giugno 2002relativa ai contratti di garanzia finanziariaIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 95,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere della Banca centrale europea(2),visto il parere del Comitato economico e sociale(3),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(4),considerando quanto segue:(1) La direttiva 98/26/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 1998, concernente il carattere definitivo del regolamento nei sistemi di pagamento e di regolamento titoli(5) ha rappresentato una tappa fondamentale del processo di istituzione di un quadro giuridico efficace per i sistemi di pagamento ed i sistemi di regolamento titoli. La sua attuazione ha dimostrato l'importanza di limitare il rischio sistemico che tali sistemi comportano, essendo soggetti a regimi giuridici diversi, e ha indicato i vantaggi che potrebbero derivare dall'emanazione di una regolamentazione comune riguardante le garanzie costituite nell'ambito di tali sistemi.(2) Nella sua comunicazione dell'11 maggio 1999 al Parlamento europeo e al Consiglio intitolata "Messa in atto del quadro di azione per i servizi finanziari: piano d'azione" la Commissione si è impegnata ad elaborare, in stretta consultazione con gli esperti del settore e le autorità nazionali, altre proposte di misure legislative in materia di garanzie, atte a realizzare in questo settore progressi che vadano oltre quelli compiuti dalla direttiva 98/26/CE.(3) È necessario creare un regime comunitario per la fornitura in garanzia di titoli e contante, con costituzione del diritto reale di garanzia o tramite trasferimento del titolo di proprietà, compresi i contratti di pronti contro termine. Un siffatto regime favorirà l'integrazione e l'efficienza del mercato finanziario in termini di costi, nonché la stabilità del sistema finanziario dell'Unione europea e pertanto la libera prestazione dei servizi e la libera circolazione dei capitali nel mercato unico dei servizi finanziari. La presente direttiva ha per oggetto i contratti di garanzia finanziaria bilaterali.(4) La presente direttiva è adottata in un contesto giuridico europeo consistente in particolare nella summenzionata direttiva 98/26/CE, nella direttiva 2001/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 aprile 2001, in materia di risanamento e liquidazione degli enti creditizi(6), nella direttiva 2001/17/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001, in materia di risanamento e liquidazione delle imprese di assicurazione(7) e nel regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insolvenza(8). La presente direttiva è in linea con lo schema generale dei precedenti atti normativi e non contiene disposizioni in contrasto con gli stessi. La direttiva di fatto completa gli atti normativi in vigore trattando altre questioni e approfondendoli per quanto concerne questioni particolari già affrontate dagli stessi.(5) Per migliorare la certezza giuridica dei contratti di garanzia finanziaria, gli Stati membri devono garantire che talune disposizioni delle legislazioni nazionali sull'insolvenza non si applichino ai predetti contratti, in particolare quelle che ostacolerebbero il realizzo delle garanzie finanziarie o che porrebbero in dubbio la validità di tecniche attualmente in uso come la compensazione bilaterale per close-out, l'integrazione della garanzia e la sostituzione della garanzia.(6) La presente direttiva non concerne i diritti che un soggetto può vantare sui beni costituiti in garanzia finanziaria in base ad un titolo diverso dal contratto di garanzia finanziaria o da una disposizione giuridica o da un principio giuridico insorgenti a motivo dell'apertura o del proseguimento di una procedura di insolvenza o di misure di risanamento, quali la restituzione derivante da errore o incapacità.(7) Il principio stabilito dalla direttiva 98/26/CE, secondo il quale la legge applicabile in caso di garanzia su strumenti finanziari in forma scritturale è quella del paese dove è ubicato il registro, il conto o il sistema di deposito centralizzato di pertinenza, dovrebbe essere esteso per garantire la certezza giuridica per quanto concerne l'uso di tali strumenti detenuti in un contesto transfrontaliero e utilizzati come garanzie finanziarie nell'ambito di applicazione della presente direttiva.(8) La regola della lex rei sitae, secondo la quale l'esecuzione corretta e pertanto l'opponibilità ai terzi di un contratto di garanzia finanziaria vengono valutate in base alla legge del paese nel quale è situata la garanzia finanziaria, viene riconosciuta attualmente da tutti gli Stati membri. Fatta salva l'applicazione della presente direttiva ai titoli direttamente detenuti, occorre pertanto determinare l'ubicazione degli strumenti finanziari costituiti in garanzia in forma scritturale prestati in qualità di garanzia finanziaria detenuta tramite uno o più intermediari. Se il beneficiario della garanzia dispone di un contratto di garanzia valido ed applicabile in virtù del diritto del paese nel quale è tenuto il conto di pertinenza, l'opponibilità nei confronti di qualunque titolo o diritto concorrente e il realizzo della garanzia sono disciplinate unicamente dalla legge di tale paese; si evita in questo modo l'incertezza giuridica derivante dalla possibile applicazione di qualunque altra legislazione non considerata.(9) Per limitare le formalità amministrative gravanti sugli operatori che utilizzano la garanzia finanziaria, l'unica condizione di validità che può essere imposta dal diritto nazionale su tale garanzia dovrebbe essere che essa sia consegnata, trasferita, detenuta, iscritta o in altro modo designata cosicché risulti in possesso o sotto il controllo del beneficiario della garanzia o di una persona che agisce per conto di quest'ultimo, senza escludere tecniche di garanzia per cui al datore della garanzia sia consentito sostituire la garanzia o ritirare l'eccesso di garanzia.(10) Per gli stessi motivi la costituzione, la validità, il perfezionamento, l'efficacia o l'ammissibilità come prova di un contratto di garanzia finanziaria o la fornitura di una garanzia finanziaria ai sensi di un contratto di garanzia finanziaria non dovrebbero essere subordinati all'osservanza di formalità quali la redazione di un documento in una forma particolare o in un modo particolare, l'effettuazione di un'iscrizione presso un organismo ufficiale o pubblico o la registrazione in un pubblico registro, la pubblicazione di un'inserzione su un giornale o periodico, in un registro o una pubblicazione ufficiale o in qualunque altro modo, la notifica a un pubblico funzionario o l'esibizione di prove in una determinata forma per quanto riguarda la data di stesura di un documento o di uno strumento, l'importo delle obbligazioni finanziarie assistite o qualunque altro aspetto. La presente direttiva dovrebbe tuttavia instaurare un equilibrio tra l'efficienza del mercato e la sicurezza delle parti e dei terzi, evitando tra l'altro il rischio di frode. L'equilibrio è raggiunto per il fatto che nel campo di applicazione della presente direttiva rientrano solo i contratti di garanzia finanziaria che richiedono una qualche forma di spossessamento, ossia la fornitura della garanzia finanziaria, e ove tale fornitura possa essere provata per iscritto o su un supporto durevole, assicurando così la tracciabilità della garanzia. Ai fini della presente direttiva le formalità ai sensi della legge di uno Stato membro come condizione per il trasferimento o la costituzione del diritto reale di garanzia su strumenti finanziari diversi dagli strumenti finanziari in forma scritturale, quali l'avallo in caso di titoli all'ordine, o la scrittura sul registro del datore in caso di strumenti registrati, non sono considerate formalità.(11) Inoltre la presente direttiva dovrebbe tutelare soltanto contratti di garanzia finanziaria che possono essere provati. Siffatta prova è fornita per iscritto o in altro modo legalmente opponibile previsto dalla legge applicabile a tali contratti.(12) La semplificazione dell'uso delle garanzie finanziarie consentita dalla riduzione degli oneri amministrativi promuoverà l'efficacia delle operazioni transfrontaliere che la Banca centrale europea e le Banche centrali nazionali degli Stati membri aderenti all'Unione economica e monetaria realizzano ai fini dell'attuazione della politica monetaria comune. Inoltre, anche l'esclusione dei contratti di garanzia finanziaria dal campo di applicazione di alcune norme delle legislazioni sull'insolvenza favorirà, in senso ampio, il funzionamento della politica monetaria comune, in quanto gli operatori del mercato monetario riequilibrano tra loro la liquidità globale del mercato tramite operazioni transfrontaliere assistite da garanzie.(13) La presente direttiva intende tutelare la validità dei contratti di garanzia finanziaria fondati sul trasferimento della piena proprietà della garanzia finanziaria, ad esempio eliminando la cosiddetta "riqualificazione" di siffatti contratti di garanzia finanziaria (incluse le operazioni pronti contro termine) come diritti reali di garanzia.(14) L'applicabilità della compensazione bilaterale per close-out dovrebbe essere protetta non soltanto come meccanismo di applicazione dei contratti di garanzia finanziaria con trasferimento del titolo di proprietà, compresi i contratti di pronti contro termine, ma anche, più in generale, ogniqualvolta la compensazione per close-out fa parte di un contratto di garanzia finanziaria. Dovrebbero essere tutelate le sane pratiche di gestione del rischio utilizzate comunemente nei mercati finanziari, consentendo agli operatori di gestire e limitare su base netta le esposizioni derivanti da tutti i tipi di transazioni finanziarie, esposizione calcolata tramite la somma di tutte le esposizioni correnti stimate derivanti dalle transazioni pendenti con una data controparte, seguita dalla compensazione delle posizioni reciproche, in modo tale da ottenere un importo totale unico che sarà raffrontato al valore corrente della garanzia.(15) La presente direttiva non dovrebbe pregiudicare restrizioni o requisiti previsti dal diritto nazionale per tener conto di crediti e obbligazioni nella compensazione (netting o set-off), ad esempio per quanto concerne la loro reciprocità o il fatto che siano stati conclusi prima che il beneficiario di garanzia abbia saputo o fosse tenuto a sapere dell'apertura (o di altro atto giuridico vincolante che comportasse l'apertura) di una procedura d'insolvibilità o di misure di risanamento nei confronti del datore di garanzia.(16) È necessario proteggere da determinate regole automatiche di annullamento la sana pratica dei mercati finanziari, favorita dalle autorità di regolamentazione, in base alla quale gli operatori gestiscono e limitano il reciproco rischio di credito con sistemi di garanzia finanziaria integrativa ("top-up"); in base a questi sistemi l'esposizione e la garanzia sono misurate al loro valore di mercato corrente (mark-to-market) e gli operatori possono esigere successivamente un'integrazione della garanzia finanziaria o restituire l'eventuale eccedenza della garanzia finanziaria. Lo stesso vale per la possibilità di sostituire ad attività previste come garanzia finanziaria altre attività dello stesso valore. L'intenzione è semplicemente far sì che la fornitura di garanzia finanziaria integrativa ("top-up") o di sostituzione non possa essere messa in discussione unicamente perché le obbligazioni finanziarie garantite esistevano prima che la garanzia finanziaria fosse fornita, o perché la garanzia finanziaria è stata fornita durante un periodo determinato. Tuttavia ciò non pregiudica la possibilità di porre in discussione ai sensi del diritto nazionale il contratto di garanzia finanziaria e la fornitura di siffatta garanzia come parte della fornitura iniziale della garanzia finanziaria, di quella integrativa ("top-up") o di quella in sostituzione, ad esempio quando ciò sia stato fatto intenzionalmente a detrimento di altri creditori (tra l'altro le azioni basate sulla frode o analoghe regole di annullamento che possono applicarsi in un periodo determinato).(17) La presente direttiva istituisce procedure di esecuzione rapide e non formalistiche per salvaguardare la stabilità finanziaria e limitare gli effetti di contagio in caso di inadempimento di una delle parti del contratto di garanzia finanziaria. Tuttavia la direttiva concilia tali obiettivi con la protezione del datore di garanzia e dei terzi confermando espressamente la possibilità per gli Stati membri di conservare o introdurre nella loro legislazione nazionale un controllo a posteriori che i tribunali possono esercitare in relazione alla realizzazione o valutazione della garanzia finanziaria e al calcolo delle obbligazioni finanziarie assistite. Siffatto controllo dovrebbe consentire alle autorità giudiziarie di verificare che la realizzazione o la valutazione sia stata effettuata in condizioni commerciali ragionevoli.(18) Dovrebbe essere possibile fornire garanzie in contante sia tramite il trasferimento del titolo di proprietà, sia tramite la costituzione di una garanzia reale, rispettivamente in forza del riconoscimento dei meccanismi di compensazione o grazie al pegno dell'importo in contante. Per contante si intende soltanto il denaro rappresentato da un credito su un conto o crediti analoghi sulla restituzione di denaro (come depositi sul mercato monetario), il che esclude esplicitamente le banconote.(19) La presente direttiva introduce il diritto di utilizzazione in caso di contratti di garanzia finanziaria con costituzione di garanzia reale che migliorerà la liquidità dei mercati in virtù della riutilizzazione dei titoli in pegno. Tale riutilizzazione non dovrebbe pregiudicare tuttavia la legislazione nazionale sulla separazione delle attività e il trattamento sleale dei creditori.(20) La presente direttiva non pregiudica l'operatività e gli effetti dei termini contrattuali degli strumenti finanziari forniti come garanzia finanziaria, quali i diritti e le obbligazioni e altre condizioni previsti nel regolamento di emissione ed ogni altro diritto, obbligazione e condizione che si applicano tra emittenti e detentori di tali strumenti.(21) Il presente atto rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti, segnatamente nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.(22) Poiché lo scopo dell'azione proposta, ossia creare un regime minimo riguardante l'uso delle garanzie finanziarie, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell'azione, essere realizzato meglio a livello comunitario la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale scopo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1Oggetto e campo di applicazione1. La presente direttiva stabilisce un regime comunitario applicabile ai contratti di garanzia finanziaria che soddisfano le condizioni di cui ai paragrafi 2 e 5, e alle garanzie finanziarie in conformità alle condizioni di cui ai paragrafi 4 e 5.2. Il beneficiario e il datore di garanzia devono entrambi rientrare in una delle seguenti categorie:a) autorità pubbliche [escluse le imprese assistite da garanzia pubblica, salvo che rientrino nelle lettere da b) a e)], inclusi:i) gli organismi del settore pubblico degli Stati membri incaricati della gestione del debito pubblico o che intervengono in tale gestione; eii) gli organismi del settore pubblico degli Stati membri autorizzati a detenere conti dei clienti;b) banche centrali, la Banca centrale europea, la Banca dei regolamenti internazionali, Banche multilaterali di sviluppo, come definite all'articolo 1, punto 19, della direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa all'accesso all'attività degli enti creditizi ed al suo esercizio(9), il Fondo monetario internazionale e la Banca europea per gli investimenti;c) enti finanziari sottoposti a vigilanza prudenziale, inclusi:i) enti creditizi, come definiti dalla direttiva 2000/12/CE, articolo 1, punto 1, inclusi gli enti elencati all'articolo 2, paragrafo 3, di tale direttiva;ii) imprese di investimento, come definite dalla direttiva 93/22/CEE del Consiglio, del 10 maggio 1993, relativa ai servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari articolo 1, punto 2(10);iii) enti finanziari, come definiti dalla direttiva 2000/12/CE, articolo 1, punto 5;iv) imprese di assicurazione, come definite all'articolo 1, lettera a), della direttiva 92/49/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative riguardanti l'assicurazione diretta diversa dall'assicurazione sulla vita(11), e imprese di assicurazione "vita" come definite all'articolo 1, lettera a), della direttiva 92/96/CEE del Consiglio, del 10 novembre 1992, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative riguardanti l'assicurazione diretta sulla vita(12);v) organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM), quali definiti dalla direttiva 85/611/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1985, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in materia di taluni organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM), articolo 1, paragrafo 2(13);vi) società di gestione, quali definite dalla direttiva 85/611/CEE, articolo 1 bis paragrafo 2;d) controparti centrali, agenti di regolamento o stanze di compensazione, quali definiti dalla direttiva 98/26/CE, articolo 2, rispettivamente alle lettere c), d) ed e), inclusi enti analoghi disciplinati dalla legislazione nazionale che operano sui mercati dei futures, delle opzioni e dei prodotti finanziari derivati non coperti da tale direttiva, e una persona diversa dalla persona fisica che opera in qualità di fiduciario o rappresentante a nome di una o più persone inclusi i detentori di obbligazioni o altri titoli di credito o gli enti definiti alle lettere da a) a d);e) persone diverse dalle persone fisiche, incluse imprese e associazioni prive di personalità giuridica, purché la controparte sia un ente definito alle lettere da a) a d).3. Gli Stati membri possono escludere dal campo di applicazione della presente direttiva i contratti di garanzia finanziaria in cui una delle parti sia una persona menzionata nel paragrafo 2, lettera e).Se si avvalgono di tale facoltà gli Stati membri ne informano la Commissione che a sua volta provvede a comunicarlo agli altri Stati membri.4. a) La garanzia finanziaria da fornire deve consistere in contante o strumenti finanziari;b) gli Stati membri possono escludere dal campo di applicazione della presente direttiva le garanzie consistenti in azioni proprie dei datori di garanzia, partecipazioni in imprese collegate ai sensi della settima direttiva 83/349/CEE del Consiglio, del 13 giugno 1983, relativa ai conti consolidati(14) e partecipazioni in imprese il cui unico scopo è la proprietà di mezzi di produzione essenziali per l'attività d'impresa del datore di garanzia o la proprietà di beni immobili.5. La presente direttiva si applica alle garanzie finanziarie una volta che sono fornite e se tale fornitura può essere provata per iscritto.La prova della fornitura di garanzia finanziaria deve permettere l'individuazione della garanzia alla quale si riferisce. A tal fine è sufficiente provare che la garanzia su strumenti finanziari in forma scritturale è stata accreditata o costituisce un credito nel conto di pertinenza e che la garanzia in contante è stata accreditata nel conto designato o vi costituisce un credito.La presente direttiva si applica ai contratti di garanzia finanziaria qualora il contratto in questione possa essere provato per iscritto o in altre forme giuridicamente equivalenti.Articolo 2Definizioni1. Ai fini della presente direttiva si intende per:a) "contratto di garanzia finanziaria": un contratto di garanzia finanziaria con trasferimento del titolo di proprietà o un contratto di garanzia finanziaria con costituzione di garanzia reale, che siano o no coperti da un accordo quadro o da condizioni generali;b) "contratto di garanzia finanziaria con trasferimento del titolo di proprietà": un contratto, inclusi i contratti di pronti contro termine, con il quale il datore della garanzia finanziaria trasferisce la piena proprietà della garanzia finanziaria al beneficiario di quest'ultima allo scopo di assicurare l'esecuzione delle obbligazioni finanziarie garantite o di assisterle in altro modo;c) "contratto di garanzia finanziaria con costituzione di garanzia reale": un contratto in forza del quale il datore della garanzia fornisce una garanzia finanziaria a titolo di garanzia reale a favore del beneficiario della garanzia o gliela consegna conservando la piena proprietà di quest'ultima quando il diritto di garanzia è costituito;d) "contante": il denaro, espresso in qualsiasi valuta, accreditato su un conto, o analoghi crediti alla restituzione di denaro, quali i depositi sul mercato monetario;e) "strumenti finanziari": azioni ed altri titoli assimilabili ad azioni, obbligazioni ed altri strumenti di credito negoziabili sul mercato dei capitali, nonché qualsiasi altro titolo normalmente negoziato che permetta di acquisire tali azioni, obbligazioni o altri titoli mediante sottoscrizione, acquisto o scambio o che comporti un pagamento in contanti (esclusi gli strumenti di pagamento) incluse quote di organismi di investimento collettivo, strumenti del mercato monetario e crediti e diritti diretti o indiretti relativi ad uno degli elementi precedenti;f) "obbligazioni finanziarie garantite": le obbligazioni che sono assistite da un contratto di garanzia finanziaria e che danno diritto a un pagamento in contanti e/o alla fornitura di strumenti finanziari.Le obbligazioni finanziarie garantite possono consistere totalmente o parzialmente:i) in obbligazioni presenti o future, effettive o condizionate o potenziali (comprese quelle derivanti da un accordo quadro o da un accordo analogo);ii) in obbligazioni nei confronti del beneficiario della garanzia assunte da una persona diversa dal datore della garanzia; oiii) in obbligazioni di categoria o tipo specificato, che possono sorgere di volta in volta.g) "garanzia su strumenti finanziari in forma scritturale": garanzia finanziaria fornita in virtù di un contratto di garanzia finanziaria che consiste in strumenti finanziari, la cui proprietà risulta da un'iscrizione in un registro o in un conto, tenuto da un intermediario o a suo nome;h) "conto di pertinenza": in caso di garanzia su strumenti finanziari in forma scritturale nel quadro di un contratto di garanzia finanziaria, il registro o il conto - che può essere tenuto dal beneficiario della garanzia - nel quale vengono iscritte le registrazioni con le quali la garanzia su strumenti finanziari in forma scritturale è fornita al beneficiario della garanzia;i) "garanzia equivalente":i) quando la garanzia è costituita da contante, un pagamento dello stesso importo e nella stessa valuta;ii) quando la garanzia è costituita da strumenti finanziari, strumenti finanziari del medesimo emittente o debitore, appartenenti alla medesima emissione o classe e con stesso importo nominale, stessa valuta e stessa descrizione o, quando il contratto di garanzia finanziaria prevede il trasferimento di altre attività in caso di un evento che riguardi o influenzi strumenti finanziari forniti come garanzia finanziaria, queste altre attività;j) "procedure di liquidazione": procedure che implicano il realizzo delle attività e la distribuzione dei relativi proventi tra i creditori, gli azionisti o i soci secondo modalità appropriate e che comportano l'intervento delle autorità amministrative o giudiziarie, compresi i casi in cui dette procedure si chiudano con un concordato o un provvedimento analogo di risanamento, siano esse basate o meno su un'insolvenza ed indipendentemente dal loro carattere facoltativo o obbligatorio;k) "provvedimenti di risanamento": provvedimenti che implicano un intervento di autorità amministrative o giudiziarie e sono destinati a salvaguardare o risanare la situazione finanziaria e che incidono sui diritti preesistenti dei terzi, compresi i provvedimenti che comportano la possibilità di una sospensione dei pagamenti, di una sospensione delle procedure di esecuzione o di una riduzione dei crediti;l) "evento determinante l'escussione della garanzia": inadempimento o altro evento analogo convenuto tra le parti il cui verificarsi dà diritto, in base al contratto di garanzia finanziaria o per effetto di legge, al beneficiario di una garanzia di realizzare o di far propria la garanzia finanziaria o di attivare una clausola di compensazione per close-out;m) "diritto di utilizzazione": il diritto del beneficiario della garanzia di usare ed alienare la garanzia finanziaria fornita nell'ambito di un contratto di garanzia finanziaria con costituzione di garanzia reale come proprietario della stessa, conformemente a tale contratto;n) "clausola di compensazione (netting) per close-out": clausola di un contratto di garanzia finanziaria o di un contratto comprendente un contratto di garanzia finanziaria, oppure, in mancanza di tale clausola, qualsiasi norma giuridica per la quale, in caso di un evento determinante l'escussione della garanzia, attraverso compensazione (netting o set-off) o altra modalità:i) la scadenza delle obbligazioni delle parti viene anticipata, cosicché tali obbligazioni diventano immediatamente esigibili e vengono tradotte nell'obbligazione di versare un importo pari al loro valore corrente stimato, oppure esse sono estinte e sostituite dall'obbligazione di versare un importo identico; e/oii) si stabilisce in un conto quanto ciascuna parte deve all'altra con riferimento a dette obbligazioni, e la somma netta globale pari al saldo dovuto dalla parte il cui debito è più elevato.2. Ogni riferimento della presente direttiva alla garanzia "fornita" o alla "fornitura" di garanzia finanziaria, si intende come relativo alla garanzia finanziaria consegnata, trasferita, detenuta, iscritta o in altro modo designata cosicché risulti in possesso o sotto il controllo del beneficiario della garanzia o di una persona che agisce per conto di quest'ultimo. Il diritto di sostituzione o di ritiro dell'eccesso di garanzia finanziaria a favore del datore di garanzia non pregiudica la fornitura della garanzia finanziaria al beneficiario di garanzia di cui alla presente direttiva.3. Ogni riferimento della presente direttiva ai termini "per iscritto" si applica anche alla forma elettronica e a qualsiasi altro supporto durevole.Articolo 3Requisiti formali1. Gli Stati membri non prescrivono che la costituzione, la validità, il perfezionamento, l'efficacia o l'ammissibilità come prova di un contratto di garanzia finanziaria o la fornitura di una garanzia finanziaria in virtù di un contratto di garanzia finanziaria siano subordinati all'osservanza di alcuna formalità.2. Il paragrafo 1 lascia impregiudicata l'applicazione della presente direttiva alla garanzia finanziaria soltanto qualora quest'ultima sia stata fornita e la fornitura possa essere provata per iscritto e qualora il contratto di garanzia finanziaria possa essere provato per iscritto o in altre forme giuridicamente equivalenti.Articolo 4Escussione della garanzia finanziaria1. Gli Stati membri assicurano che in caso di evento determinante l'escussione della garanzia finanziaria, il beneficiario della garanzia sia in grado di realizzare nei modi indicati di seguito le garanzie finanziarie fornite nel quadro e nei termini di un contratto di garanzia finanziaria con costituzione di garanzia reale:a) strumenti finanziari, tramite vendita o appropriazione e tramite compensazione con le obbligazioni finanziarie garantite o estinzione delle stesse;b) in contante, tramite compensazione con le obbligazioni finanziarie garantite o a loro estinzione.2. L'appropriazione è possibile solamente se:a) è stata convenuta dalle parti nel contratto di garanzia finanziaria con costituzione di garanzia reale; eb) le parti si sono accordate sulla valutazione degli strumenti finanziari nel contratto di garanzia finanziaria con costituzione di garanzia reale.3. Gli Stati membri che non consentono l'appropriazione il 27 giugno 2002 non sono obbligati a riconoscerla.Se si avvalgono di tale facoltà gli Stati membri ne informano la Commissione, che a sua volta provvede a comunicarlo agli altri Stati membri.4. Le modalità di realizzo della garanzia finanziaria di cui al paragrafo 1, fatti salvi i termini stabiliti nel contratto di garanzia finanziaria con costituzione di garanzia reale, non prescrivono l'obbligo:a) che l'intenzione di procedere al realizzo sia stata preliminarmente comunicata;b) che le condizioni del realizzo siano approvate da un tribunale, un pubblico ufficiale o altra persona;c) che il realizzo avvenga per asta pubblica o in altra forma prescritta; od) che un periodo supplementare sia trascorso.5. Gli Stati membri garantiscono che un contratto di garanzia finanziaria abbia effetto conformemente ai termini in esso previsti nonostante l'avvio o il proseguimento di una procedura di liquidazione o di provvedimenti di risanamento nei confronti del datore o del beneficiario della garanzia.6. Il presente articolo e gli articoli 5, 6 e 7 non pregiudicano gli obblighi, stabiliti in virtù delle leggi nazionali, che il realizzo o la valutazione della garanzia finanziaria e il calcolo delle obbligazioni finanziarie garantite abbiano luogo in condizioni ragionevoli sotto il profilo commerciale.Articolo 5Diritto di utilizzazione della garanzia finanziaria nei contratti di garanzia finanziaria con costituzione di garanzia reale1. Gli Stati membri assicurano che il beneficiario della garanzia finanziaria sia legittimato ad esercitare il diritto di utilizzazione sulla garanzia finanziaria fornita nell'ambito di un contratto di garanzia con costituzione di garanzia reale, se e nella misura in cui ciò è previsto dai termini di tale contratto.2. Quando il beneficiario della garanzia finanziaria esercita il diritto di utilizzazione, egli assume l'obbligo di trasferire una garanzia equivalente per sostituire la garanzia finanziaria originaria, al più tardi alla data di scadenza per l'adempimento delle obbligazioni finanziarie garantite contemplate dal contratto di garanzia finanziaria con costituzione di garanzia reale.Alternativamente il beneficiario della garanzia, alla data fissata per l'adempimento delle obbligazioni finanziarie garantite, trasferisce la garanzia equivalente o, se e nella misura in cui i termini del contratto di garanzia finanziaria con costituzione di garanzia reale lo prevedono, compensa la garanzia equivalente con l'obbligazione finanziaria garantita o la utilizza per estinguere l'obbligazione finanziaria garantita.3. La garanzia equivalente trasferita per adempiere all'obbligazione di cui al paragrafo 2, primo comma, è soggetta al contratto di garanzia finanziaria con costituzione di garanzia reale cui era soggetta la garanzia finanziaria originaria e si considera come fornita in virtù del contratto di garanzia finanziaria con costituzione di garanzia reale nel momento in cui la garanzia finanziaria originale è stata fornita per la prima volta.4. Gli Stati membri assicurano che l'uso della garanzia finanziaria da parte del beneficiario, a norma del presente articolo, non renda invalidi o non suscettibili di esecuzione forzata i diritti del beneficiario della garanzia in virtù del contratto di garanzia finanziaria con costituzione di garanzia reale per quanto concerne la garanzia finanziaria trasferita dal beneficiario della garanzia in applicazione del paragrafo 2, primo comma.5. Se un evento determinante l'escussione della garanzia si verifica mentre l'obbligazione di cui al paragrafo 2, primo comma, deve ancora essere adempiuta, tale obbligazione può essere oggetto di una compensazione per close-out.Articolo 6Riconoscimento dei contratti di garanzia finanziaria con trasferimento del titolo di proprietà1. Gli Stati membri assicurano che un contratto di garanzia finanziaria con trasferimento del titolo di proprietà possa avere effetto in conformità ai termini in esso stabiliti.2. Se un evento determinante l'escussione della garanzia si verifica mentre resta ineseguito l'obbligo del beneficiario della garanzia di trasferire una garanzia equivalente in virtù di un contratto di garanzia finanziaria con trasferimento del titolo di proprietà, detto obbligo può fare oggetto di una clausola di compensazione per close-out.Articolo 7Riconoscimento delle clausole di compensazione per close-out1. Gli Stati membri assicurano che una clausola di compensazione per close-out possa avere effetto in conformità ai termini in essa previsti:a) nonostante l'avvio o il proseguimento di una procedura di liquidazione o di provvedimenti di risanamento nei confronti del datore della garanzia e/o del beneficiario della garanzia;b) nonostante qualunque presunta cessione, sequestro conservativo giudiziario e/o di altro tipo o altra alienazione dei predetti diritti o concernente i predetti diritti.2. Gli Stati membri assicurano che l'applicazione di una clausola di compensazione per close-out non possa essere soggetta agli obblighi di cui all'articolo 4, paragrafo 4, salvo disposizione contraria convenuta tra le parti.Articolo 8Disapplicazione di talune disposizioni in materia di insolvenza1. Gli Stati membri garantiscono che un contratto di garanzia finanziaria, nonché la fornitura della garanzia finanziaria in virtù di tale contratto, non possano essere dichiarati nulli, annullabili o essere resi inefficaci soltanto in base al fatto che il contratto di garanzia finanziaria è stato perfezionato, ovvero la garanzia finanziaria è stata fornita:a) il giorno dell'avvio delle procedure di liquidazione o dei provvedimenti di risanamento, ma anteriormente all'ordinanza o al decreto di avvio; ob) nel corso di un determinato periodo antecedente all'avvio di tali procedure o provvedimenti e definito in rapporto a tale avvio o in rapporto all'emanazione di un'ordinanza o di un decreto o all'adozione di qualunque altro provvedimento o di qualunque altro evento concomitante con dette procedure o con detti provvedimenti.2. Gli Stati membri assicurano che, qualora sia stato perfezionato un contratto di garanzia finanziaria o sia sorta un'obbligazione finanziaria garantita, o si sia fornita la garanzia finanziaria alla data delle procedure di liquidazione o dei provvedimenti di risanamento, ma dopo l'avvio di tali procedure, esso è legalmente opponibile ai terzi e vincolante nei confronti di questi ultimi se il beneficiario della garanzia può dimostrare di non essere stato, né di aver potuto essere, a conoscenza dell'avvio di tali procedure.3. Ove un contratto di garanzia finanziaria preveda:a) l'obbligo di fornire una garanzia finanziaria o una garanzia finanziaria integrativa per tenere conto delle variazioni del valore della garanzia finanziaria o dell'importo delle obbligazioni finanziarie assistite; ob) il diritto di ritirare la garanzia finanziaria in cambio della fornitura, nel quadro di una sostituzione o di uno scambio, di una garanzia finanziaria che abbia sostanzialmente il medesimo valore,gli Stati membri assicurano che la fornitura della garanzia finanziaria, della garanzia finanziaria integrativa o della garanzia finanziaria a titolo di sostituzione o di scambio in forza di detto obbligo o diritto non sia considerata nulla, annullabile o inefficace unicamente in base ai seguenti presupposti:i) siffatta fornitura è stata effettuata alla data dell'avvio di procedure di liquidazione o di provvedimenti di risanamento ma anteriormente all'ordinanza o al decreto di avvio, o nel corso di un periodo determinato, definito in rapporto all'avvio di procedure di liquidazione o di provvedimenti di risanamento o in rapporto all'emanazione di un'ordinanza o di un decreto o all'adozione di qualunque altro provvedimento o a qualunque altro evento concomitante con dette procedure o detti provvedimenti; e/oii) le obbligazioni finanziarie garantite hanno preso effetto anteriormente alla data della fornitura della garanzia finanziaria, della garanzia finanziaria integrativa o della garanzia finanziaria a titolo di sostituzione o di scambio.4. Fatti salvi i paragrafi da 1 a 3, la presente direttiva non pregiudica le norme generali della legislazione nazionale in materia di insolvenza in relazione all'invalidità delle operazioni concluse nel corso del periodo previsto di cui al paragrafo 1, lettera b), e al paragrafo 3, punto i).Articolo 9Conflitto di leggi1. Qualunque questione riguardante uno dei punti di cui al paragrafo 2 derivante da una garanzia su strumenti finanziari in forma scritturale è disciplinata dalla legislazione del paese in cui è situato il conto di pertinenza. Con il riferimento alla legislazione di un paese si intende il diritto interno di detto paese, a prescindere da qualunque regola in virtù della quale la questione di cui trattasi debba essere disciplinata dalla legislazione di un altro paese.2. Le questioni cui si fa riferimento al paragrafo 1 sono le seguenti:a) la natura giuridica e gli effetti patrimoniali della garanzia su strumenti finanziari in forma scritturale;b) i requisiti di perfezionamento di un contratto di garanzia finanziaria concernente la garanzia su strumenti finanziari in forma scritturale e la fornitura di tale garanzia in virtù di detto contratto, e più in generale il compimento delle formalità necessarie per l'opponibilità ai terzi di tali contratti e di tale fornitura;c) se un diritto di proprietà o altro diritto concorrente di una persona a siffatta garanzia su strumenti finanziari in forma scritturale prevalga o sia subordinato a un diritto di proprietà o altro diritto concorrente o se abbia avuto luogo un acquisto in buona fede;d) le modalità con le quali la garanzia su strumenti finanziari in forma scritturale deve essere realizzata dopo un evento determinante la sua escussione.Articolo 10Relazione della CommissioneEntro il 27 dicembre 2006, la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'applicazione di questa direttiva, in particolare sull'applicazione dell'articolo 1, paragrafo 3, dell'articolo 4, paragrafo 3 e dell'articolo 5, corredata se del caso da proposte di revisione.Articolo 11AttuazioneGli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 27 dicembre 2003. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.Articolo 12Entrata in vigoreLa presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 13DestinatariGli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 6 giugno 2002.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteA. M. Birulés Y Bertrán(1) GU C 180 E del 26.6.2001, pag. 312.(2) GU C 196 del 12.7.2001, pag. 10.(3) GU C 48 del 21.2.2002, pag. 1.(4) Parere del Parlamento europeo del 13 dicembre 2001 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale), posizione comune del Consiglio del 5 marzo 2002 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Parlamento europeo del 15 maggio 2002.(5) GU L 166 dell'11.6.1998, pag. 45.(6) GU L 125 del 5.5.2001, pag. 15.(7) GU L 110 del 20.4.2001, pag. 28.(8) GU L 160 del 30.6.2000, pag. 1.(9) GU L 126 del 26.5.2000, pag. 1. Direttiva modificata dalla direttiva 2000/28/CE (GU L 275 del 27.10.2000, pag. 37).(10) GU L 141 dell'11.6.1993, pag. 27. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2000/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 290 del 17.11.2000, pag. 27).(11) GU L 228 dell'11.8.1992, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2000/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.(12) GU L 360 del 9.12.1992, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2000/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.(13) GU L 375 del 31.12.1985, pag. 3. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2001/108/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 41 del 13.12.2001, pag. 35).(14) GU L 193 del 18.7.1983, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2001/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 283 del 27.10.2001, pag. 28). | Contratti di garanzia finanziaria: migliorare la chiarezza giuridica
SINTESI
CHE COSA FA LA DIRETTIVA?
La presente direttiva mira a istituire un quadro giuridico chiaro e uniforme a livello dell’Unione europea (UE) per l’utilizzo in garanzia* di titoli e contante nelle transazioni finanziarie.
PUNTI CHIAVE
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La direttiva si applica a determinate categorie specifiche, quali banche centrali ed enti finanziari sottoposti a vigilanza prudenziale. I paesi dell’UE possono, tuttavia, escludere categorie specifiche, quali imprese prive di personalità giuridica.
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La direttiva si applica alle garanzie finanziarie compresi contante e strumenti finanziari, quali azioni e obbligazioni. Vengono consentite alcune eccezioni dai paesi dell’UE, quali le azioni di proprietà del fornitore di garanzia.
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La direttiva stabilisce requisiti formali minimi da parte dei paesi dell’UE riguardanti i contratti di garanzia, compreso, ad esempio, il fatto che tali contratti devono essere provati per iscritto o in un modo giuridicamente equivalente.
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L’applicazione di contratti di garanzia da parte del beneficiario della garanzia è possibile, ad esempio per la vendita o l’appropriazione di strumenti finanziari.
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Il beneficiario della garanzia gode, in base al contratto, del diritto a utilizzare la garanzia finanziaria fornita come se ne fosse il possessore. Qualora scelga di esercitare tale diritto, è obbligato a trasferire alla banca la somma equivalente alla garanzia.
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I paesi dell’UE devono riconoscere i contratti di compensazione per close-out*, anche se il beneficiario o il fornitore della garanzia è soggetto a procedure di insolvenza o di risanamento.
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In determinati casi i paesi dell’UE non possono applicare le proprie norme nazionali sull’insolvenza ai contratti di garanzia finanziaria. Tali contratti non possono essere dichiarati nulli o annullabili al fine di prendere in considerazione cambiamenti del valore di mercato, ad esempio.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA PRESENTE DIRETTIVA?
A decorrere dal 27 giugno 2002.
CONTESTO
Sito Internet della Commissione europea sulle garanzie finanziarie
TERMINI CHIAVE
La * garanzia finanziaria è la proprietà (quali titoli) fornita da un debitore a un creditore al fine di ridurre al minimo il rischio di perdita finanziaria di quest’ultimo, qualora il debitore non riesca ad adempiere gli obblighi finanziari nei confronti del creditore.
La * compensazione per close-out è un meccanismo giuridico che riduce i rischi fra due controparti. In caso di inadempimento di una delle due controparti, tutti i futuri crediti e relazioni contrattuali fra di esse diventano esigibili, calcolati e quindi compensati. Ciò che rimane alla fine per l’effettivo pagamento può essere solo una piccola frazione del credito lordo iniziale fra le due controparti.
ATTO
Direttiva 2002/47/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 giugno 2002, relativa ai contratti di garanzia finanziaria
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Direttiva 2002/47/CE
27.6.2002
27.12.2003
GU L 168 del 27.6.2002, pagg. 43-50
Atto(i) modificatore(i)
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Direttiva 2009/44/CE
30.6.2009
30.12.2010
GU L 146 del 10.6.2009, pagg. 37-43
Direttiva 2014/59/UE
2.7.2014
31.12.2014
GU L 173 del 12.6.2014, pagg. 190-348
Si veda la versione consolidata.
ATTI COLLEGATI
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio: relazione di valutazione sulla direttiva relativa ai contratti di garanzia finanziaria (2002/47/CE) [COM(2006) 833 def. del 20.12.2006] | 13,462 | 702 |
31998R0974 | false | Regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio del 3 maggio 1998 relativo all'introduzione dell'euro
Gazzetta ufficiale n. L 139 del 11/05/1998 pag. 0001 - 0005
REGOLAMENTO (CE) N. 974/98 DEL CONSIGLIO del 3 maggio 1998 relativo all'introduzione dell'euroIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 109 L, paragrafo 4, terza frase,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere dell'Istituto monetario europeo (2),visto il parere del Parlamento europeo (3),(1) considerando che il presente regolamento definisce le norme applicabili in materia monetaria negli Stati membri che hanno adottato l'euro; che il regolamento (CE) n. 1103/97 del Consiglio, del 17 giugno 1997, relativo a talune disposizioni per l'introduzione dell'euro (4), ha già fissato le norme concernenti la continuità dei contratti, la sostituzione dei riferimenti all'ECU negli strumenti giuridici mediante riferimenti all'euro ed infine l'arrotondamento degli importi; che l'introduzione dell'euro riguarda le operazioni quotidiane di tutta la popolazione degli Stati membri partecipanti; che, per assicurare un passaggio equilibrato, in particolare per i consumatori, occorrerebbe prendere in esame disposizioni diverse da quelle contenute nel presente regolamento e nel regolamento (CE) n. 1103/97;(2) considerando che nella riunione del Consiglio europeo tenutasi a Madrid il 15 e il 16 dicembre 1995 è stato deciso che l'espressione «ECU» utilizzata nel trattato per indicare l'unità monetaria europea è un'espressione generica; che i governi dei quindici Stati membri hanno convenuto che questa decisione costituisce l'interpretazione concordata e definitiva delle disposizioni pertinenti del trattato; che la denominazione della moneta europea sarà «euro»; che l'euro in quanto moneta degli Stati membri partecipanti sarà diviso in cento unità divisionali denominate «cent»; che la scelta del nome «cent» non esclude l'utilizzo delle varianti linguistiche di tale termine in uso comune negli Stati membri; che il Consiglio europeo ha inoltre convenuto che la denominazione della moneta unica deve essere la stessa in tutte le lingue ufficiali dell'Unione europea, tenuto conto dell'esistenza di alfabeti diversi;(3) considerando che, a norma dell'articolo 109 L, paragrafo 4, terza frase del trattato, oltre all'adozione dei tassi di conversione, il Consiglio adotta anche le altre misure necessarie per la rapida introduzione dell'euro;(4) considerando che ogniqualvolta uno Stato membro divenga, a norma dell'articolo 109 K, paragrafo 2 del trattato, uno Stato membro partecipante, il Consiglio, in forza dell'articolo 109 L, paragrafo 5 del trattato, adotta le altre misure necessarie per la rapida introduzione dell'euro come moneta unica nello Stato membro interessato;(5) considerando che, a norma dell'articolo 109 L, paragrafo 4 del trattato, alla data di inizio della terza fase il Consiglio adotta i tassi di conversione ai quali le monete degli Stati membri partecipanti sono irrevocabilmente vincolate e il tasso irrevocabilmente fissato al quale l'euro viene a sostituirsi a queste valute;(6) considerando che le disposizioni normative vanno interpretate tenendo conto dell'assenza di rischi di cambio tra l'unità euro e le unità monetarie nazionali o tra le varie unità monetarie nazionali;(7) considerando che il termine «contratto» utilizzato nella definizione degli strumenti giuridici comprende tutti i tipi di contratto, indipendentemente dalle modalità della loro stipulazione;(8) considerando che, al fine di preparare un'agevole transizione verso l'euro, occorre prevedere un periodo transitorio tra la sostituzione dell'euro alle monete degli Stati membri partecipanti e l'introduzione delle banconote e delle monete metalliche in euro; che durante tale periodo le unità monetarie nazionali saranno definite come suddivisioni dell'euro; che risulta pertanto stabilita un'equivalenza giuridica tra l'unità euro e le unità monetarie nazionali;(9) considerando che, a norma dell'articolo 109 G del trattato e del regolamento (CE) n. 1103/97, dal 1° gennaio 1999 l'euro sostituirà l'ECU come unità di conto delle istituzioni delle Comunità europee; che l'euro dovrebbe essere inoltre l'unità di conto della Banca centrale europea (BCE) e delle banche centrali degli Stati membri partecipanti; che, secondo le conclusioni di Madrid, le operazioni di politica monetaria saranno effettuate in euro dal Sistema europeo di banche centrali (SEBC); che ciò non impedisce alle banche centrali nazionali di tenere conti nelle rispettive unità monetarie nazionali durante il periodo transitorio, in particolare per il loro personale e per le pubbliche amministrazioni;(10) considerando che, durante il periodo transitorio, ciascuno Stato membro partecipante può consentire l'impiego generalizzato dell'unità euro nel suo territorio;(11) considerando che durante il periodo transitorio suddetto i contratti, le normative nazionali e gli altri strumenti giuridici possono essere validamente espressi in unità euro o nelle unità monetarie nazionali; che, durante lo stesso periodo, nessuna disposizione del presente regolamento dovrebbe pregiudicare la validità di qualsiasi riferimento a unità monetarie nazionali in uno strumento giuridico;(12) considerando che, salvo patto contrario, nell'esecuzione di tutti gli atti sanciti da uno strumento giuridico gli operatori economici devono rispettare la denominazione ivi prevista;(13) considerando che l'unità euro e l'unità monetaria nazionale sono unità della stessa moneta; che dovrebbe essere garantita la possibilità, all'interno degli Stati membri partecipanti, di effettuare i pagamenti tramite accredito di un conto nell'unità euro ovvero nelle rispettive unità monetarie nazionali; che le disposizioni relative ai pagamenti tramite accredito di un conto dovrebbero applicarsi anche ai pagamenti transfrontalieri denominati nell'unità euro o nell'unità monetaria nazionale del conto del creditore; che è necessario garantire il buon funzionamento dei sistemi di pagamento con disposizioni sull'accredito di conti tramite strumenti di pagamento accreditati mediante detti sistemi; che le disposizioni relative ai pagamenti tramite accredito di un conto non dovrebbero comportare per gli intermediari finanziari l'obbligo di rendere disponibili altre possibilità di pagamento ovvero prodotti denominati in qualsiasi particolare unità dell'euro; che le disposizioni relative ai pagamenti tramite accredito di un conto non impediscono agli intermediari finanziari di coordinare, durante il periodo transitorio, l'introduzione di possibilità di pagamento denominate in unità euro basate su un'infrastruttura tecnica comune;(14) considerando che, in base alle conclusioni del Consiglio europeo di Madrid, a decorrere dal 1° gennaio 1999 il nuovo debito pubblico negoziabile sarà emesso dagli Stati membri partecipanti in unità euro; che è opportuno consentire agli emittenti del debito di ridenominare il debito in essere in unità euro; che le disposizioni in materia di ridenominazione dovrebbero essere tali da poter essere applicate anche nelle giurisdizioni di paesi terzi; che gli emittenti dovrebbero essere in grado di ridenominare il debito in essere ove esso sia denominato nell'unità monetaria nazionale di uno Stato membro che ha ridenominato, in tutto o in parte, il debito in essere della sua pubblica amministrazione; che tali disposizioni non riguardano l'introduzione di misure supplementari intese a modificare i termini del debito in essere per alterarne, fra l'altro, l'importo nominale, essendo queste materie soggette alle pertinenti norme del diritto nazionale; che è opportuno consentire agli Stati membri di adottare gli opportuni provvedimenti per modificare l'unità di calcolo utilizzata per le procedure operative dei mercati organizzati;(15) considerando che potrebbero inoltre essere necessarie ulteriori iniziative a livello comunitario per chiarire l'effetto dell'introduzione dell'euro sull'applicazione delle disposizioni comunitarie vigenti, con particolare riguardo al netting, alla compensazione e all'utilizzo di tecniche aventi effetti simili;(16) considerando che l'obbligo d'impiego dell'unità euro può essere imposto soltanto in base alla normativa comunitaria; che per le operazioni con il settore pubblico gli Stati membri partecipanti possono consentire l'utilizzazione dell'unità euro; che, conformemente allo scenario di riferimento deciso dal Consiglio europeo di Madrid, la normativa comunitaria che stabilisce il calendario per la generalizzazione dell'impiego dell'unità euro potrebbe lasciare un margine di manovra ai singoli Stati membri;(17) considerando che, a norma dell'articolo 105 A del trattato, il Consiglio può adottare misure per armonizzare le denominazioni e le specificazioni tecniche di tutte le monete metalliche;(18) considerando che occorre tutelare adeguatamente le banconote e le monete metalliche contro la contraffazione;(19) considerando che le banconote e le monete metalliche denominate nelle unità monetarie nazionali cessano di avere corso legale al più tardi sei mesi dopo la fine del periodo transitorio; che le eventuali limitazioni di pagamento in banconote o monete metalliche, decise dagli Stati membri per motivi d'interesse pubblico, non sono incompatibili con il corso legale delle banconote e delle monete metalliche in euro, a condizione che esistano altri mezzi legali di estinzione dei debiti pecuniari;(20) considerando che, dopo la fine del periodo transitorio, i riferimenti presenti negli strumenti giuridici in vigore alla fine di tale periodo devono intendersi come riferimenti all'unità euro sulla base dei rispettivi tassi di conversione; che pertanto non è necessaria, per ottenere tale risultato, una ridenominazione materiale degli strumenti giuridici in vigore; che le regole di arrotondamento stabilite dal regolamento (CE) n. 1103/97 si applicano anche alle conversioni effettuate alla fine del periodo transitorio o successivamente ad esso; che comunque per motivi di chiarezza può essere opportuno procedere alla ridenominazione materiale il più presto possibile;(21) considerando che il protocollo n. 11 su talune disposizioni relative al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord stabilisce al punto 2 che, inter alia, il punto 5 del protocollo stesso produce effetto se il Regno Unito notifica al Consiglio che non intende passare alla terza fase; che il 30 ottobre 1997 il Regno Unito ha comunicato al Consiglio che non intende passare alla terza fase; che il punto 5 stabilisce, inter alia, che l'articolo 109 L, paragrafo 4 del trattato non si applica al Regno Unito;(22) considerando che, nel riferirsi al punto 1 del protocollo n. 12 su talune disposizioni relative alla Danimarca, questa ha comunicato, nell'ambito della decisione di Edimburgo del 12 dicembre 1992, che non parteciperà alla terza fase; che pertanto, ai sensi del punto 2 del suddetto protocollo, alla Danimarca si applicano tutti gli articoli e tutte le disposizioni del trattato e dello Statuto del SEBC che fanno riferimento ad una deroga;(23) considerando che, a norma dell'articolo 109 L, paragrafo 4 del trattato, la moneta unica sarà introdotta esclusivamente negli Stati membri che non sono oggetto di una deroga;(24) considerando che, pertanto, il presente regolamento si applica a norma dell'articolo 189 del trattato, fatti salvi i protocolli n. 11 e n. 12 e l'articolo 109 K, paragrafo 1,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:PARTE I DEFINIZIONI Articolo 1 Ai fini del presente regolamento, si intende per:- «Stati membri partecipanti»: Belgio, Germania, Spagna, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria, Portogallo e Finlandia;- «strumenti giuridici»: disposizioni normative, atti amministrativi, decisioni giudiziarie, contratti, atti giuridici unilaterali, strumenti di pagamento diversi dalle banconote e dalle monete metalliche ed altri strumenti aventi efficacia giuridica;- «tasso di conversione»: il tasso di conversione irrevocabilmente fissato, adottato dal Consiglio per la moneta di ciascuno Stato membro partecipante a norma dell'articolo 109 L, paragrafo 4, prima frase del trattato;- «unità euro»: l'unità monetaria di cui all'articolo 2, seconda frase;- «unità monetarie nazionali»: le unità delle monete degli Stati membri partecipanti, così come definite il giorno precedente l'inizio della terza fase dell'Unione economica e monetaria;- «periodo transitorio»: il periodo di tempo che inizia il 1° gennaio 1999 e termina il 31 dicembre 2001;- «ridenominare»: modificare l'unità nella quale è espresso l'importo di un debito in essere da un'unità monetaria nazionale all'unità euro, come definito all'articolo 2; l'atto della ridenominazione lascia tuttavia inalterato ogni altro termine del debito, essendo questa una materia soggetta alle pertinenti norme del diritto nazionale.PARTE II SOSTITUZIONE DELL'EURO ALLE MONETE DEGLI STATI MEMBRI PARTECIPANTI Articolo 2 A decorrere dal 1° gennaio 1999, la moneta degli Stati membri partecipanti è l'euro. L'unità monetaria è un euro. Un euro è diviso in cento cent.Articolo 3 L'euro sostituisce, al tasso di conversione, la moneta di ciascuno Stato membro partecipante.Articolo 4 L'euro è l'unità di conto della Banca centrale europea (BCE) e delle Banche centrali degli Stati membri partecipanti.PARTE III DISPOSIZIONI TRANSITORIE Articolo 5 Gli articoli 6, 7, 8 e 9 si applicano durante il periodo transitorio.Articolo 6 1. L'euro è altresì diviso nelle unità monetarie nazionali in base ai tassi di conversione. Ogni divisione delle monete nazionali in unità divisionali viene mantenuta. Subordinatamente alle disposizioni del presente regolamento, continua ad applicarsi la normativa degli Stati membri in materia monetaria.2. Ove uno strumento giuridico faccia riferimento ad un'unità monetaria nazionale, tale riferimento ha il medesimo valore di un riferimento all'unità euro in base ai tassi di conversione.Articolo 7 La sostituzione dell'euro alla moneta di ciascuno Stato membro partecipante non ha di per sé l'effetto di alterare la denominazione degli strumenti giuridici in vigore alla data di tale sostituzione.Articolo 8 1. Gli atti da compiersi in forza di strumenti giuridici che prevedano l'impiego di un'unità monetaria nazionale o che siano in essa denominati sono compiuti in tale unità monetaria nazionale. Gli atti da compiersi in forza di strumenti giuridici che prevedano l'impiego dell'unità euro o che siano in essa denominati vengono compiuti in unità euro.2. Le disposizioni del precedente paragrafo 1 si applicano salvo accordo diverso tra le parti.3. In deroga alle disposizioni del paragrafo 1, qualsiasi importo denominato in unità euro o nell'unità monetaria nazionale di un dato Stato membro partecipante e pagabile in detto Stato membro mediante accredito sul conto del creditore può essere versato dal debitore indifferentemente in unità euro o nell'unità monetaria nazionale in questione. Detto importo deve essere accreditato sul conto del creditore nell'unità monetaria in cui è denominato il conto medesimo; ogni conversione necessaria a tal fine viene effettuata ai tassi di conversione.4. In deroga alle disposizioni del paragrafo 1, ciascuno Stato membro partecipante può adottare i provvedimenti necessari al fine di:- ridenominare in unità euro il debito in essere emesso dalla sua pubblica amministrazione, come definito nel sistema europeo di conti integrati, denominato in unità monetaria nazionale ed emesso a norma del diritto nazionale. Qualora uno Stato membro adotti una siffatta misura, gli emittenti possono ridenominare in unità euro il debito denominato nell'unità monetaria nazionale dello Stato membro in questione, salvo ove la ridenominazione sia espressamente esclusa dai termini del contratto; la presente disposizione si applica al debito emesso dall'amministrazione pubblica di uno Stato membro nonché alle obbligazioni e alle altre forme di debito mobiliarizzato negoziabile sui mercati finanziari ed agli strumenti del mercato monetario emessi da altri debitori;- consentire:a) ai mercati per il regolare scambio, la compensazione e la liquidazione degli strumenti elencati nella sezione B dell'allegato della direttiva 93/22/CEE del Consiglio, del 10 maggio 1993, relativa ai servizi di investimento nel settore dei valori mobiliari (5), nonché delle merci, eb) ai sistemi per il regolare scambio, la compensazione e la liquidazione dei pagamentidi cambiare l'unità di conto utilizzata per le loro procedure operative da un'unità monetaria nazionale all'unità euro.5. Gli Stati membri partecipanti possono adottare disposizioni diverse da quelle del precedente paragrafo 4, che impongano l'impiego di unità euro, solo secondo un calendario stabilito dalla normativa comunitaria.6. Le norme nazionali degli Stati membri partecipanti che consentono o impongono il netting, la compensazione o l'utilizzo di tecniche aventi effetti simili si applicano alle obbligazioni pecuniarie indipendentemente dal fatto che siano denominate in unità euro o in unità monetarie nazionali; ogni conversione necessaria a tal fine viene effettuata ai tassi di conversione.Articolo 9 Le banconote e le monete metalliche denominate in un'unità monetaria nazionale continuano ad avere corso legale entro i loro limiti territoriali del giorno precedente l'entrata in vigore del presente regolamento.PARTE IV BANCONOTE E MONETE METALLICHE IN EURO Articolo 10 A decorrere dal 1° gennaio 2002 la BCE e le Banche centrali degli Stati membri partecipanti immettono in circolazione banconote denominate in euro. Fatto salvo l'articolo 15, dette banconote denominate in euro sono le uniche banconote aventi corso legale in tutti gli Stati membri partecipanti.Articolo 11 A decorrere dal 1° gennaio 2002 gli Stati membri partecipanti coniano monete metalliche denominate in euro o in cent, conformi alle denominazioni e alle specificazioni tecniche che il Consiglio può stabilire a norma dell'articolo 105 A, paragrafo 2, seconda frase del trattato. Fatto salvo l'articolo 15, dette monete metalliche sono le uniche monete metalliche aventi corso legale in tutti gli Stati membri partecipanti. Ad eccezione dell'autorità emittente e delle persone specificamente designate dalla normativa nazionale dello Stato membro emittente, nessuno è obbligato ad accettare più di cinquanta monete metalliche in un singolo pagamento.Articolo 12 Gli Stati membri partecipanti assicurano sanzioni adeguate contro l'alterazione e la contraffazione delle banconote e delle monete metalliche.PARTE V DISPOSIZIONI FINALI Articolo 13 Gli articoli 14, 15 e 16 si applicano dopo lo scadere del periodo transitorio.Articolo 14 I riferimenti alle unità monetarie nazionali presenti negli strumenti giuridici in vigore al termine del periodo transitorio vengono intesi come riferimenti all'unità euro, da calcolarsi in base ai rispettivi tassi di conversione. Si applicano le regole di arrotondamento definite nel regolamento (CE) n. 1103/97.Articolo 15 1. Le banconote e le monete metalliche denominate in un'unità monetaria nazionale ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1 continuano ad avere corso legale entro i loro limiti territoriali per sei mesi al massimo dopo la fine del periodo transitorio; tale lasso di tempo può essere abbreviato da una norma nazionale.2. Per un periodo non superiore a sei mesi dopo la fine del periodo transitorio, ogni Stato membro partecipante può stabilire norme per l'impiego delle banconote e delle monete metalliche denominate nella propria unità monetaria nazionale, a norma dell'articolo 6, paragrafo 1, e adottare qualsiasi misura necessaria ad agevolare il loro ritiro.Articolo 16 Conformemente alla normativa o agli usi degli Stati membri partecipanti, i rispettivi organismi responsabili dell'emissione di banconote e del conio di monete continuano a scambiare contro euro, al tasso di conversione, le banconote e le monete precedentemente emesse e coniate.PARTE VI ENTRATA IN VIGORE Articolo 17 Il presente regolamento entra in vigore il 1° gennaio 1999.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri, a norma del trattato e fatti salvi i protocolli n. 11 e n. 12 e l'articolo 109 K, paragrafo 1.Fatto a Bruxelles, addí 3 maggio 1998Per il ConsiglioIl PresidenteG. BROWN(1) GU C 369 del 7. 12. 1996, pag. 10.(2) GU C 205 del 5. 7. 1997, pag. 18.(3) GU C 380 del 16. 12. 1996, pag. 50.(4) GU L 162 del 19. 6. 1997, pag. 1.(5) GU L 141 dell'11. 6. 1993, pag. 27. Direttiva modificata dalla direttiva 95/26/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 168 del 18. 7. 1995, pag. 7) | L’adozione dell’euro
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO E DELL’ARTICOLO 140 DEL TFUE?
Il regolamento definisce i requisiti monetari legali che i paesi dell’Unione europea (UE) che hanno adottato l’euro devono rispettare. Definisce le diverse fasi che portano all’introduzione dell’euro. L’articolo 140 del TFUE stabilisce i criteri per l’adesione all’unione economica e monetaria e per l’adozione dell’euro. Prevede una verifica regolare dei progressi rispetto a tali requisiti compiuti dai paesi al di fuori dell’area dell’euro.
PUNTI CHIAVE
Il regolamento sull’adozione dell’euro:contiene i dettagli sulle date per l’introduzione della moneta unica, per la sostituzione del contante e per il ritiro della valuta nazionale, relativamente a ciascun paese di adozione dell’euro;conferma che la moneta unica è l’euro, che è diviso in 100 centesimi e sostituisce la valuta nazionale dei paesi partecipanti al tasso di conversione concordato;offre alla Banca centrale europea e alle banche centrali nazionali dei paesi partecipanti all’euro il potere esclusivo di mettere in circolazione banconote in euro;consente alle banconote e monete nazionali di avere corso legale fino al giorno prima della data di adozione dell’euro;stabilisce i termini di eventuali periodi di abbandono graduale per le valute nazionali, una possibilità che nessun paese membro ha sfruttato;dichiara che le banconote e le monete nazionali continuano ad avere corso legale nei loro rispettivi paesi fino a sei mesi successivi alle rispettive date di sostituzione del contante;osserva che le banconote e le monete in euro sono le uniche ad avere corso legale nei paesi dell’area dell’euro dopo le rispettive date di sostituzione;autorizza i paesi dell’euro ad applicare adeguate sanzioni in caso di contraffazioni o falsificazioni di banconote e monete. Per adottare l’euro, i paesi devono soddisfare le seguenti quattro condizioni economiche e finanziarie, note come criteri di convergenza, come riportate all’articolo 140 del TFUE e nel protocollo n. 13 del TFUE:stabilità dei prezzi: mantenere per un anno un tasso di inflazione che non ecceda l’1,5% di quello dei tre paesi che hanno i tassi nazionali più bassi dell’area dell’euro;finanze pubbliche: garantire che siano sane e sostenibili, limitando il disavanzo e il debito nazionale affinché non eccedano rispettivamente il 3% e il 60% del prodotto interno lordo nazionale;stabilità del tasso di cambio: evitare fluttuazioni valutarie eccessive per almeno due anni, partecipando al meccanismo di cambio, che disciplina i tassi di cambio dei paesi dell’area dell’euro e dei paesi non euro;convergenza dei tassi d’interesse: avere un tasso di interesse a lungo termine che non ecceda di due punti percentuali quelli dei tre paesi dell’area dell’euro che hanno conseguito i migliori risultati. La Commissione europea ha contribuito a preparare l’arrivo dell’euro con una campagna di informazione ad ampio raggio, diretta a:le imprese che avrebbero utilizzato l’euro nelle transazioni a partire dal 1 gennaio 2002;il grande pubblico, che si sarebbe dovuto adattare alle nuove monete e banconote e ai prezzi e valori che esse esprimono;i gruppi con esigenze specifiche come quelli socialmente o economicamente isolati, con disabilità fisiche o non in grado di leggere o scrivere;i bambini che sarebbero cresciuti con la nuova moneta e avrebbero potuto contribuire a renderla familiare ai loro genitori e familiari più anziani.
DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Si applica dal 1 gennaio 1999.
CONTESTO
Il 2019 segna il 20° anniversario dell’introduzione dell’euro. Il 1 gennaio 1999, 11 paesi dell’UE hanno fissato i propri tassi di cambio, hanno adottato una politica monetaria condivisa e hanno varato l’euro come nuova valuta comune sui mercati finanziari mondiali. L’euro, oggi, è la valuta di diciannove paesi dell’UE.
Per maggiori informazioni, consultare:l’adozione dell’euro: principi, procedure e criteri (banca centrale europea) L’euro (Commissione europea) I vent’anni dell’euro (Europa).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, relativo all’introduzione dell’euro (GU L 139 dell’11.5.1998, pag. 1).
Le successive modifiche al regolamento (UE) n. 974/98 sono state inserite nel testo originario. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza — Politiche dell’Unione e azioni interne — Titolo VIII — Politica economica e monetaria — Capo 5 — Disposizioni transitorie — Articolo 140 (ex articoli 121, paragrafo 1, 122, paragrafo 2, seconda frase, e 123, paragrafo 5, del TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 108).
DOCUMENTO COLLEGATO
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Protocollo n. 13 sui criteri di convergenza (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 281). | 7,867 | 883 |
32007D0252 | false | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 19 aprile 2007
che istituisce il programma specifico «Diritti fondamentali e cittadinanza» per il periodo 2007-2013 come parte del programma generale «Diritti fondamentali e giustizia»
(2007/252/GAI)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 308,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
L’Unione europea si fonda sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dello stato di diritto, principi che sono comuni agli Stati membri.
(2)
La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (2), tenuto conto del suo status giuridico e della sua portata con le relative spiegazioni, rispecchia i diritti derivanti in particolare dalle tradizioni costituzionali e dagli obblighi internazionali comuni agli Stati membri, dal trattato sull’Unione europea e dai trattati comunitari, dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, dalle carte sociali adottate dalla Comunità e dal Consiglio d’Europa, nonché i diritti riconosciuti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee e da quella della Corte europea dei diritti dell’uomo.
(3)
Nel novembre 2004 il Consiglio europeo ha riconosciuto l’importanza della comunicazione per ravvicinare tutti i cittadini al progetto europeo incoraggiando una cittadinanza attiva.
(4)
Nella comunicazione del 15 ottobre 2003 al Consiglio e al Parlamento europeo in merito all’articolo 7 del trattato sull’Unione europea, la Commissione ha sottolineato l’importanza del ruolo che la società civile riveste nella protezione e nella promozione dei diritti fondamentali; pertanto, la Commissione dovrebbe instaurare un dialogo aperto, trasparente e regolare con la società civile.
(5)
In conformità al programma dell’Aia il rafforzamento della cooperazione reciproca richiede uno sforzo esplicito per migliorare la comprensione reciproca tra le autorità giudiziarie e i diversi ordinamenti giuridici. Le reti europee delle autorità pubbliche nazionali dovrebbero essere oggetto di particolare attenzione e sostegno a tale riguardo.
(6)
La Conferenza delle Corti costituzionali europee e l’Associazione dei Consigli di Stato e delle Corti supreme amministrative dell’Unione europea contribuisce, in particolare tramite la gestione di banche dati pertinenti, allo scambio di vedute e esperienze su materie riguardanti la giurisprudenza, l’organizzazione e il funzionamento dei loro membri nell’espletamento delle funzioni giudiziarie e consultive per quanto riguarda la normativa comunitaria. Dovrebbe essere possibile cofinanziare le attività della Conferenza e dell’associazione nella misura in cui le spese sono sostenute per perseguire un obiettivo di interesse europeo generale. Tale cofinanziamento non dovrebbe tuttavia implicare che un futuro programma abbracci siffatte reti, né ostare a che altre reti europee beneficino del sostegno alle loro attività a norma della presente decisione.
(7)
È opportuno sottolineare l’importanza dell’informazione e della comunicazione sui diritti che la cittadinanza dell’Unione conferisce ai cittadini per migliorare la consapevolezza dei loro diritti e offrire un facile accesso a informazioni affidabili.
(8)
La promozione di un dialogo interconfessionale e multiculturale a livello di Unione europea contribuirebbe a preservare e rafforzare la pace e i diritti fondamentali.
(9)
Gli obiettivi del presente programma dovrebbero essere complementari a quelli dell’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali istituita dal regolamento (CE) n. 168/2007 del Consiglio (3) e dovrebbero concentrarsi in quei settori in cui possa generarsi valore aggiunto europeo. A tal fine dovrebbe essere intrapreso un opportuno coordinamento.
(10)
Al fine di raggiungere la complementarità e di garantire il miglior uso possibile delle risorse, dovrebbe essere evitata qualsiasi duplicazione tra le azioni sostenute da questo programma e le attività svolte dalle organizzazioni internazionali competenti nel settore dei diritti fondamentali, quali il Consiglio d’Europa, pur permettendo attività congiunte per il conseguimento degli obiettivi del presente programma. A tal fine dovrebbe essere intrapreso un opportuno coordinamento.
(11)
Conformemente al principio dell’apertura dei programmi comunitari ai paesi candidati e ai paesi dei Balcani occidentali, sancito dall’Agenda di Salonicco, il programma dovrebbe essere aperto alla partecipazione dei paesi aderenti, dei paesi candidati e dei paesi dei Balcani occidentali. Tale partecipazione dovrebbe essere soggetta all’ottemperanza alle condizioni generali dell’accordo bilaterale e a un contributo al bilancio del programma. Qualora ciò risponda agli obiettivi dell’azione in questione, dovrebbe altresì essere possibile associare all’azione come partner autorità, organismi o organizzazioni non governative di paesi che non partecipano al programma, a condizione però che non siano i beneficiari principali del progetto.
(12)
Dovrebbero essere inoltre adottate misure atte a prevenire le irregolarità e le frodi e dovrebbero essere intraprese le iniziative necessarie per recuperare i fondi perduti, indebitamente versati o non correttamente utilizzati a norma del regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee (4), del regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio, dell’11 novembre 1996, relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione (5), e del regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio per la lotta antifrode (OLAF) (6).
(13)
Il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (7), (di seguito il «regolamento finanziario»), e il regolamento (CE, Euratom) n. 2342/2002 della Commissione, del 23 dicembre 2002, recante modalità d’esecuzione del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 (8) del Consiglio, che tutelano entrambi gli interessi finanziari della Comunità, dovrebbero essere applicati tenendo conto dei principi di semplicità e coerenza nella scelta degli strumenti di bilancio, della limitazione del numero dei casi in cui la Commissione mantiene una responsabilità diretta a livello di attuazione e gestione, nonché della necessaria proporzionalità tra l’entità delle risorse e l’onere amministrativo del loro impiego.
(14)
Il regolamento finanziario impone di dotare di un atto di base le sovvenzioni di funzionamento.
(15)
Alla luce della decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (9), è opportuno che le misure necessarie per l’applicazione della presente decisione siano adottate operando una distinzione tra le misure che sono soggette alla procedura del comitato di gestione e quelle che sono soggette alla procedura del comitato consultivo. Quest’ultima procedura è, in taluni casi, la più appropriata per garantire una maggiore efficacia.
(16)
Poiché gli obiettivi del programma, vale a dire il sostegno alle organizzazioni della società civile e la lotta al razzismo, alla xenofobia e all’antisemitismo, la tutela dei diritti fondamentali e la tutela dei diritti dei cittadini, grazie a un dialogo interconfessionale e multiculturale, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti del programma, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente decisione si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(17)
Il trattato non prevede per l’adozione della presente decisione poteri d’azione diversi da quelli dell’articolo 308.
(18)
Al fine di garantire l’efficace e tempestiva attuazione del programma, la presente decisione dovrebbe applicarsi a decorrere dal 1o gennaio 2007.
(19)
Il Comitato economico e sociale ha espresso un parere (10),
DECIDE:
Articolo 1
Istituzione del programma
1. La presente decisione istituisce il programma «Diritti fondamentali e cittadinanza», in seguito denominato «il programma», come parte del programma generale «Diritti fondamentali e giustizia».
2. Il programma è istituito per il periodo dal 1o gennaio 2007 al 31 dicembre 2013.
3. Il programma è attuato nei limiti dell’ambito d’applicazione del diritto comunitario.
Articolo 2
Obiettivi generali
1. Il programma persegue i seguenti obiettivi generali:
a)
promuovere lo sviluppo di una società europea fondata sul rispetto dei diritti fondamentali quali riconosciuti nell’articolo 6, paragrafo 2, del trattato sull’Unione europea, compresi i diritti derivati dalla cittadinanza dell’Unione;
b)
rafforzare la società civile e incoraggiare un dialogo aperto, trasparente e regolare con essa riguardo ai diritti fondamentali;
c)
combattere il razzismo, la xenofobia e l’antisemitismo e promuovere una migliore intesa interconfessionale e multiculturale e una maggiore tolleranza in tutta l’Unione europea;
d)
migliorare i contatti, lo scambio di informazioni e la creazione di reti tra le autorità giuridiche, giudiziarie e amministrative e le professioni giuridiche, anche mediante il sostegno della formazione giudiziaria, al fine di una migliore comprensione reciproca tra le autorità e i professionisti in questione.
2. Gli obiettivi generali del programma sono complementari a quelli perseguiti dall’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali istituita dal regolamento (CE) n. 168/2007.
3. Gli obiettivi generali del programma contribuiscono allo sviluppo e all’attuazione delle politiche comunitarie nel pieno rispetto dei diritti fondamentali.
Articolo 3
Obiettivi specifici
Il programma persegue i seguenti obiettivi specifici:
a)
promuovere i diritti fondamentali quali riconosciuti nell’articolo 6, paragrafo 2, del trattato sull’Unione europea e informare i cittadini dell’Unione dei loro diritti, compresi quelli che derivano dalla cittadinanza dell’Unione, per incoraggiarli a partecipare attivamente alla vita democratica dell’Unione;
b)
esaminare, se necessario, il rispetto dei diritti fondamentali specifici nell’Unione europea e negli Stati membri, nell’applicazione del diritto comunitario e ottenere pareri su questioni specifiche connesse ai diritti fondamentali entro questo ambito;
c)
sostenere le organizzazioni non governative e gli altri operatori della società civile per rafforzare la loro capacità di partecipare attivamente alla promozione dei diritti fondamentali, dello stato di diritto e della democrazia;
d)
creare strutture adeguate al fine di promuovere il dialogo interconfessionale e multiculturale a livello dell’Unione europea.
Articolo 4
Azioni
Al fine di conseguire gli obiettivi generali e specifici definiti negli articoli 2 e 3, il programma sosterrà i seguenti tipi di azione:
a)
azioni specifiche della Commissione, quali studi e ricerche, sondaggi e inchieste, elaborazione di indicatori e metodologie comuni, raccolta, sviluppo e diffusione di dati e statistiche, seminari, conferenze e riunioni di esperti, organizzazione di campagne ed eventi pubblici; sviluppo e aggiornamento di siti web, preparazione e diffusione di materiale informativo, supporto e gestione di reti di esperti nazionali, attività di analisi, di controllo e di valutazione;
b)
progetti transnazionali specifici di interesse comunitario presentati da un’autorità o qualsiasi altro ente di uno Stato membro, un’organizzazione internazionale o non governativa, che richiedano in ogni caso almeno due Stati membri o almeno uno Stato membro ed un altro Stato che può essere un paese aderente o un paese candidato, conformemente alle condizioni fissate nei programmi di lavoro annuali;
c)
sostegno alle attività di organizzazioni non governative o di altri enti che perseguono un obiettivo di interesse europeo generale nel quadro degli obiettivi generali del programma, conformemente alle condizioni fissate nei programmi di lavoro annuali;
d)
sovvenzioni di funzionamento intese a cofinanziare le spese associate al programma di lavoro permanente della Conferenza delle Corti internazionali europee e dell’Associazione dei Consigli di Stato e delle Corti supreme amministrative dell’Unione europea, che gestisce alcune banche dati in cui sono raccolte a livello europeo le sentenze nazionali relative all’attuazione della normativa comunitaria, nella misura in cui le spese sono sostenute per conseguire un obiettivo di interesse generale europeo mediante la promozione di scambi di vedute e esperienze su materie riguardanti la giurisprudenza, l’organizzazione e il funzionamento dei loro membri nell’espletamento delle loro funzioni giudiziarie e/o consultive per quanto riguarda la normativa comunitaria.
Articolo 5
Partecipazione di paesi terzi
1. Alle azioni del programma possono partecipare i seguenti paesi, (di seguito «paesi partecipanti»): paesi aderenti, paesi candidati e paesi dei Balcani occidentali che partecipano al processo di stabilizzazione e associazione, secondo le condizioni stabilite negli accordi di associazione o nei loro protocolli addizionali relativi alla partecipazione a programmi comunitari già conclusi o da concludere con tali paesi;
2. Le azioni di cui all’articolo 4, possono coinvolgere autorità, organismi o organizzazioni non governative di paesi che non partecipano al programma a norma del paragrafo 1, qualora ciò sia utile alla preparazione all’adesione dei paesi di cui al paragrafo 1 o sia in linea con gli obiettivi delle azioni in questione.
Articolo 6
Destinatari
Il programma è diretto ai cittadini dell’Unione europea, ai cittadini dei paesi partecipanti o ai cittadini dei paesi terzi residenti legalmente nel territorio dell’Unione europea e alle organizzazioni della società civile, tra altri gruppi che promuovono gli obiettivi del programma.
Articolo 7
Accesso al programma
1. L’accesso al programma è aperto, fra l’altro, alle istituzioni e alle organizzazioni pubbliche o private, alle università, agli istituti di ricerca, alle organizzazioni non governative, alle autorità nazionali, regionali e locali, alle organizzazioni internazionali e ad altre organizzazioni senza fini di lucro stabilite nell’Unione europea o in uno dei paesi partecipanti a norma dell’articolo 5.
2. Il programma autorizzerà le attività svolte in comune con le organizzazioni internazionali competenti nel settore dei diritti fondamentali, come il Consiglio d’Europa, in base a contributi comuni e conformemente alle varie disposizioni in vigore in ciascuna istituzione od organizzazione, ai fini della realizzazione degli obiettivi del programma.
Articolo 8
Tipologie di intervento
1. Il finanziamento comunitario può assumere una delle seguenti forme giuridiche:
a)
sovvenzioni;
b)
contratti di appalto pubblico.
2. Le sovvenzioni comunitarie sono concesse in seguito a inviti a presentare proposte, salvo in casi eccezionali debitamente giustificati previsti nel regolamento finanziario e hanno la forma di sovvenzioni di funzionamento e sovvenzioni alle azioni. Il tasso massimo di cofinanziamento sarà specificato nei programmi di lavoro annuali.
3. Sono inoltre previste spese per misure di accompagnamento, tramite contratti di appalto pubblico; in tal caso i fondi comunitari finanziano l’acquisto di beni e servizi. In particolare sono finanziate le spese di informazione e comunicazione, di preparazione, attuazione, monitoraggio, controllo e valutazione dei progetti, delle politiche, dei programmi e della legislazione.
Articolo 9
Misure di attuazione
1. La Commissione attua l’assistenza comunitaria conformemente al regolamento finanziario.
2. Al fine di attuare il programma, la Commissione adotta, entro i limiti degli obiettivi generali di cui all’articolo 2, un programma di lavoro annuale contenente gli obiettivi specifici, le priorità tematiche, una descrizione delle misure di accompagnamento previste all’articolo 8 e, se necessario, un elenco di altre azioni.
3. Il programma di lavoro annuale è adottato secondo la procedura di cui all’articolo 10, paragrafo 3.
4. Le procedure di valutazione e di concessione delle sovvenzioni alle azioni tengono conto, tra l’altro, dei seguenti criteri:
a)
conformità al programma di lavoro annuale, agli obiettivi generali di cui all’articolo 2, e alle misure adottate nei vari settori di cui agli articoli 3 e 4;
b)
qualità dell’azione proposta in relazione alla sua concezione, organizzazione, presentazione e ai risultati attesi;
c)
importo del finanziamento comunitario richiesto e adeguatezza di tale importo rispetto ai risultati attesi;
d)
impatto dei risultati attesi sugli obiettivi generali di cui all’articolo 2, e sulle misure adottate nei vari settori di cui agli articoli 3 e 4.
5. Le richieste di sovvenzioni di funzionamento di cui all’articolo 4, lettera b) e lettera c), sono valutate considerando:
a)
la coerenza con gli obiettivi del programma;
b)
la qualità delle attività programmate;
c)
il probabile effetto moltiplicatore di tali attività sul pubblico;
d)
l’impatto geografico delle attività svolte;
e)
il coinvolgimento dei cittadini nelle strutture degli organismi interessati;
f)
il rapporto costi/benefici dell’attività proposta.
6. Le decisioni connesse ad azioni di cui all’articolo 4, lettera b) e lettera c) sono prese dalla Commissione secondo la procedura di cui all’articolo 10, paragrafo 2.
7. In applicazione dell’articolo 113, paragrafo, 2 del regolamento finanziario, il principio di degressività non si applica alle sovvenzioni di funzionamento che sono concesse alla Conferenza delle Corti costituzionali europee e all’Associazione dei Consigli di Stato e delle Corti supreme amministrative dell’Unione europea che perseguono uno scopo di interesse europeo generale.
Articolo 10
Comitato
1. La Commissione è assistita da un comitato (di seguito «il comitato»).
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 3 e 7 della decisione 1999/468/CE.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 4 e 7 della decisione 1999/468/CE.
Il periodo di cui all’articolo 4, paragrafo 3, della decisione 1999/468/CE, è fissato a tre mesi.
4. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.
Articolo 11
Complementarità
1. Vanno ricercate sinergie e complementarità con altri strumenti comunitari, in particolare con i programmi quadro «Sicurezza e tutela delle libertà» e «Solidarietà e gestione dei flussi migratori», nonché con il programma «Progress». Viene assicurata la complementarità con l’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali. Le informazioni statistiche sui diritti fondamentali e la cittadinanza sono sviluppate in collaborazione con gli Stati membri sulla base di dati disponibili, ricorrendo all’occorrenza al programma statistico comunitario.
2. Le risorse del programma possono essere messe in comune con quelle di altri strumenti comunitari, in particolare con i programmi generali «Sicurezza e tutela delle libertà» e «Solidarietà e gestione dei flussi migratori», al fine di attuare azioni che rispondano agli obiettivi di tutti i programmi.
3. Le operazioni finanziate in virtù della presente decisione non possono ricevere assistenza da altri strumenti finanziari comunitari per i medesimi obiettivi. Va assicurato che i beneficiari della presente decisione forniscano alla Commissione informazioni sui finanziamenti ottenuti a carico del bilancio comunitario e di altre fonti, e sulle richieste di finanziamento in corso.
Articolo 12
Risorse di bilancio
Le risorse di bilancio destinate alle azioni previste nel programma sono iscritte negli stanziamenti annuali del bilancio generale dell’Unione europea. L’autorità di bilancio autorizza gli stanziamenti disponibili per ciascun esercizio nei limiti del quadro finanziario.
Articolo 13
Monitoraggio
1. Per ogni azione finanziata dal programma la Commissione provvede affinché il beneficiario trasmetta relazioni tecniche e finanziarie sullo stato di avanzamento dei lavori. Entro tre mesi dal completamento dell’azione è inoltre trasmessa una relazione finale. La Commissione stabilisce la forma e il contenuto delle relazioni da trasmettere.
2. La Commissione provvede affinché i contratti e le convenzioni conclusi in applicazione del programma prevedano in particolare la supervisione e il controllo finanziario della Commissione (o dei suoi rappresentanti autorizzati) se necessario mediante controlli in loco, compresi controlli a campione, e controlli contabili da parte della Corte dei conti.
3. La Commissione provvede affinché il beneficiario dell’assistenza finanziaria tenga a disposizione della Commissione tutti i documenti giustificativi attinenti alle spese connesse con l’azione per un periodo di cinque anni dopo l’ultimo pagamento relativo all’azione stessa.
4. Se necessario, in base ai risultati delle relazioni e dei controlli in loco di cui ai paragrafi 1 e 2, la Commissione provvede affinché l’entità o le condizioni di concessione del sostegno finanziario originariamente approvato nonché il calendario dei pagamenti siano rettificati.
5. La Commissione provvede affinché siano adottate tutte le misure necessarie per verificare che le azioni finanziate siano svolte correttamente e nel rispetto delle disposizioni della presente decisione e del regolamento finanziario.
Articolo 14
Tutela degli interessi finanziari della Comunità
1. In sede di attuazione delle azioni finanziate in virtù della presente decisione, la Commissione assicura la tutela degli interessi finanziari della Comunità mediante l’applicazione di misure di prevenzione contro le frodi, la corruzione e qualsiasi altra attività illecita, attraverso controlli effettivi e il recupero delle somme indebitamente corrisposte e, nel caso in cui siano riscontrate irregolarità, mediante l’applicazione di sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, secondo quanto disposto dal regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95, dal regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 e dal regolamento (CE) n. 1073/1999.
2. Per quanto concerne le azioni comunitarie finanziate nell’ambito del programma, il regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 ed il regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 si applicano a qualsiasi violazione di una disposizione di diritto comunitario, inclusi gli inadempimenti di un obbligo contrattuale stipulato in base al programma, derivanti da un’azione o da un’omissione di un operatore economico che abbia o possa avere l’effetto di arrecare pregiudizio al bilancio generale dell’Unione europea o ai bilanci da questa gestiti, a causa di una spesa indebita.
3. La Commissione provvede affinché l’importo del sostegno finanziario concesso per un’azione sia ridotto, sospeso o recuperato qualora accerti l’esistenza di irregolarità, inclusa l’inosservanza della presente decisione o della singola decisione o del contratto o della convenzione con cui è concesso il sostegno finanziario in questione, o qualora risulti che, senza chiedere il consenso della Commissione, siano state apportate ad un’azione modifiche incompatibili con la natura o le condizioni di esecuzione del progetto.
4. Qualora non siano state rispettate le scadenze o qualora la realizzazione di un’azione giustifichi solo una parte del sostegno concesso, la Commissione provvede affinché il beneficiario le comunichi le sue osservazioni entro un termine prestabilito. Qualora il beneficiario non fornisca spiegazioni adeguate, la Commissione provvede affinché il sostegno finanziario residuo sia annullato e si proceda al recupero dei fondi già erogati.
5. La Commissione provvede affinché tutti gli importi indebitamente versati le siano restituiti. Gli importi non restituiti a tempo debito sono maggiorati dei relativi interessi di mora, alle condizioni stabilite dal regolamento finanziario.
Articolo 15
Valutazione
1. Il programma è oggetto di monitoraggio periodico, al fine di seguire l’attuazione delle attività previste nell’ambito dello stesso.
2. La Commissione garantisce una valutazione periodica, indipendente ed esterna del programma.
3. La Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio:
a)
una relazione annuale sull’attuazione del programma;
b)
una relazione di valutazione intermedia sui risultati ottenuti e sugli aspetti qualitativi e quantitativi dell’attuazione del programma, nonché sul lavoro svolto dai beneficiari delle sovvenzioni di funzionamento di cui all’articolo 4, lettera d), entro il 31 marzo 2011;
c)
una comunicazione sulla continuazione del programma entro il 30 agosto 2012;
d)
una relazione di valutazione ex post entro il 31 dicembre 2014.
Articolo 16
Pubblicazione delle azioni
La Commissione pubblica ogni anno l’elenco delle azioni finanziate in base al programma, corredato di una succinta descrizione di ciascun progetto.
Articolo 17
Entrata in vigore
La presente decisione ha effetto il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Essa si applica a decorrere dal 1o gennaio 2007.
Fatto a Lussemburgo, addì 19 aprile 2007.
Per il Consiglio
La presidente
B. ZYPRIES
(1) Parere espresso il 14 dicembre 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) GU C 364 del 18.12.2000, pag. 1.
(3) GU L 53 del 22.2.2007, pag. 1.
(4) GU L 312 del 23.12.1995, pag. 1.
(5) GU L 292 del 15.11.1996, pag. 2.
(6) GU L 136 del 31.5.1999, pag. 1.
(7) GU L 248 del 16.9.2002, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE, Euratom) n. 1995/2006 (GU L 390 del 30.12.2006, pag. 1).
(8) GU L 357 del 31.12.2002, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE, Euratom) n. 1248/2006 (GU L 227 del 19.8.2006, pag. 3).
(9) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. Decisione modificata da ultimo dalla decisione 2006/512/CE (GU L 200 del 22.7.2006, pag. 11).
(10) GU C 69 del 21.3.2006. | Diritti fondamentali e cittadinanza (2007-2013)
La presente decisione istituisce il programma «Diritti fondamentali e cittadinanza» per il periodo 1° gennaio 2007 - 31 dicembre 2013. Quale parte del programma generale «Diritti fondamentali e giustizia», esso punta a promuovere lo sviluppo di una società europea basata sul rispetto dei diritti fondamentali, a rafforzare la società civile e ad incoraggiare un dialogo aperto e trasparente, a lottare contro il razzismo e la xenofobia e a migliorare la comprensione reciproca tra le autorità giudiziarie e amministrative e le professioni giuridiche.
ATTO
Decisione 2007/252/CE del Consiglio, del 19 aprile 2007, che istituisce il programma specifico Diritti fondamentali e cittadinanza per il periodo 2007-2013 come parte del programma generale «Diritti fondamentali e giustizia».
SINTESI
La presente decisione istituisce il programma «Diritti fondamentali e cittadinanza», inteso a promuovere lo sviluppo di una società europea fondata sul rispetto dei diritti fondamentali. A tal fine, il programma sostiene le azioni intraprese dalla Commissione europea, dagli Stati membri dell’Unione europea (UE) e dalle organizzazioni non governative.
Una società europea fondata sul rispetto dei diritti fondamentali
Il programma promuove lo sviluppo di una società europea fondata sul rispetto dei diritti fondamentali quali riconosciuti nell’articolo 6 del trattato sull’Unione europea, compresi i diritti derivati dalla cittadinanza dell’Unione. A tal fine il programma persegue i seguenti obiettivi:
rafforzare la società civile e incoraggiare un dialogo aperto, trasparente e regolare con essa riguardo ai diritti fondamentali;
combattere il razzismo, la xenofobia e l’antisemitismo;
promuovere una migliore intesa interconfessionale e multiculturale;
promuovere una maggiore tolleranza in tutta l’Unione europea;
migliorare i contatti, lo scambio di informazioni e la creazione di reti tra le autorità giudiziarie e amministrative e le professioni giuridiche;
sostenere la formazione giudiziaria per migliorare la comprensione reciproca tra le autorità e i professionisti in questione.
Inoltre, gli obiettivi specifici del programma sono:
promuovere i diritti fondamentali e informare i cittadini dell’Unione dei loro diritti, compresi quelli che derivano dalla cittadinanza dell’Unione;
incoraggiare i cittadini dell’UE a partecipare attivamente alla vita democratica dell’Unione;
esaminare il rispetto dei diritti fondamentali nell’Unione europea e negli Stati membri, nell’applicazione del diritto dell'Unione;
sostenere le organizzazioni non governative e gli altri operatori della società civile per rafforzare la loro capacità di partecipare attivamente alla promozione dei diritti fondamentali, dello stato di diritto e della democrazia;
creare strutture adeguate al fine di promuovere il dialogo interconfessionale e multiculturale a livello di Unione europea.
Azioni specifiche per raggiungere gli obiettivi del programma
Il programma sostiene le azioni intraprese dalla Commissione europea, dalle autorità dei paesi membri dell’UE e dalle organizzazioni non governative. Inoltre, mette a disposizione delle sovvenzioni in seguito a inviti a presentare proposte.
Sono previsti i seguenti tipi di azioni:
azioni specifiche intraprese dalla Commissione (studi e ricerche, sondaggi e inchieste, conferenze e riunioni di esperti, organizzazione di campagne ed eventi pubblici, sviluppo e aggiornamento di siti web, preparazione e diffusione di materiale informativo, ecc.);
progetti transnazionali di interesse europeo, presentati da un’autorità o qualsiasi altro ente di uno Stato membro o da un’organizzazione internazionale o non governativa, che richiedano la partecipazione di almeno due Stati membri o almeno uno Stato membro ed un altro Stato che può essere un paese aderente o un paese candidato;
sostegno alle attività di organizzazioni non governative o di altri enti che perseguono un obiettivo di interesse europeo generale nel quadro degli obiettivi generali del programma;
sovvenzioni al funzionamento intese a cofinanziare le spese associate al programma di lavoro permanente della Conferenza delle Corti costituzionali europee e dell’Associazione dei Consigli di Stato e delle Corti supreme amministrative dell’Unione europea, che gestiscono alcune banche dati in cui sono raccolte le sentenze nazionali relative all’attuazione della normativa dell'Unione. Le spese devono essere sostenute per conseguire un obiettivo di interesse generale europeo.
Un programma per i cittadini
Il programma si rivolge ai cittadini dell’UE, ai cittadini di paesi non membri dell’UE che sono legalmente residenti nel territorio dell’Unione e anche ai cittadini dei paesi partecipanti (paesi aderenti, paesi candidati e paesi dei Balcani occidentali che partecipano al processo di stabilizzazione e associazione). Altri destinatari sono le organizzazioni della società civile ed altri gruppi che sostengono gli obiettivi del programma.
L’accesso al programma è consentito agli enti seguenti, a condizione che siano stabiliti nell’UE o in uno dei paesi non membri dell’UE partecipanti al programma:
istituzioni e organizzazioni pubbliche o private;
università;
istituti di ricerca;
organizzazioni non governative;
autorità nazionali, regionali e locali;
organizzazioni internazionali;
altre organizzazioni senza fini di lucro.
Il programma autorizzerà le attività svolte in comune con le organizzazioni internazionali competenti nel settore dei diritti fondamentali, come il Consiglio d’Europa.
Monitoraggio e attuazione del programma
Ogni anno la Commissione pubblica un elenco delle azioni finanziate nell’ambito di tale programma. Le risorse di bilancio disponibili sono iscritte annualmente nel bilancio generale dell’UE. I crediti annuali disponibili sono autorizzati dall’autorità di bilancio (Parlamento europeo e Consiglio dell’Unione europea) nei limiti del quadro finanziario.
La Commissione provvede affinché il beneficiario trasmetta relazioni tecniche e finanziarie sullo stato di avanzamento dei lavori per ogni azione finanziata dal programma e trasmetta anche una relazione finale entro tre mesi dal completamento dell’azione. Inoltre, la Commissione assicura la tutela degli interessi finanziari dell’UE mediante l’applicazione di misure di prevenzione contro le frodi, la corruzione e qualsiasi altra attività illecita.
La Commissione presenterà una relazione annuale sull’attuazione del programma, una relazione di valutazione intermedia sui risultati ottenuti (al più tardi entro il 31 marzo 2011), una comunicazione sulla continuazione del programma (al più tardi entro il 30 agosto 2012) e una relazione di valutazione dopo la conclusione del programma (al più tardi entro il 31 dicembre 2014).
Complementarità con altri programmi dell’UE
Il programma intende integrare e creare sinergie con altri programmi dell’UE, in particolare con i programmi quadro «Sicurezza e tutela delle libertà», «Solidarietà e gestione dei flussi migratori» e con il programma PROGRESS.
Riferimenti
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Decisione 2007/252/CE
28.4.2007
-
L 110 del 27.4.2007, pag. 33
See also
Sito Internet della direzione generale della Giustizia della Commissione europea sulle possibilità di finanziamento per il periodo 2007-2013
Agenzia dell’Unione europea dei diritti fondamentali (DE) (EN) (FR) | 10,316 | 483 |
32010R0995 | false | REGOLAMENTO (UE) N. 995/2010 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 20 ottobre 2010
che stabilisce gli obblighi degli operatori che commercializzano legno e prodotti da esso derivati
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 192, paragrafo 1,
vista la proposta della Commissione europea,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
previa consultazione del Comitato delle regioni,
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
Le foreste sono fonte di numerosi benefici ambientali, economici e sociali, tra cui la produzione di legno e di prodotti forestali non legnosi e l’offerta di servizi ambientali essenziali per l’umanità, quali la conservazione della biodiversità e delle funzioni ecosistemiche, nonché la tutela del sistema climatico.
(2)
Dato l’aumento della domanda mondiale di legno e prodotti da esso derivati e le lacune istituzionali e di gestione nel settore forestale in un certo numero di paesi produttori di legname, il disboscamento illegale e il connesso commercio di legname ottenuto illegalmente sono divenuti problemi sempre più preoccupanti.
(3)
Il disboscamento illegale è un problema diffuso che suscita notevoli preoccupazioni a livello internazionale. Esso rappresenta una seria minaccia per le foreste in quanto contribuisce al processo di deforestazione e al degrado forestale, responsabile di circa il 20 % delle emissioni globali di CO2, minaccia la biodiversità e compromette la gestione e lo sviluppo sostenibili delle foreste compresa la redditività commerciale per gli operatori che agiscono conformemente alla legislazione applicabile. Esso contribuisce inoltre alla desertificazione e all’erosione del suolo e può aggravare i fenomeni meteorologici estremi e le inondazioni. Esso presenta inoltre implicazioni di tipo sociale, politico ed economico, spesso compromettendo i progressi verso obiettivi di buongoverno e minacciando la sopravvivenza delle comunità locali che dipendono dalla foresta, e può essere legato a conflitti armati. La lotta al disboscamento illegale nel contesto del presente regolamento dovrebbe contribuire in modo economicamente vantaggioso agli sforzi dell’Unione per l’attenuazione dei cambiamenti climatici e dovrebbe essere considerata complementare all’azione e all’impegno dell’Unione nel contesto della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.
(4)
La decisione n. 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 luglio 2002, che istituisce il sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente (3), individua tra le azioni prioritarie l’esame della possibilità di adottare provvedimenti operativi per prevenire e combattere il traffico di legname raccolto illegalmente e il proseguimento dell’attiva partecipazione dell’Unione e degli Stati membri all’attuazione delle risoluzioni e degli accordi a livello internazionale e regionale sulle questioni concernenti le foreste.
(5)
La comunicazione della Commissione del 21 maggio 2003 intitolata «L’applicazione delle normative, la governance e il commercio nel settore forestale (FLEGT) — Proposta di un piano d’azione dell’Unione europea» ha proposto un pacchetto di misure per sostenere l’impegno internazionale per affrontare il problema del disboscamento illegale e del relativo commercio di legname nel contesto degli sforzi complessivi intrapresi dall’Unione al fine di conseguire una gestione sostenibile delle risorse forestali.
(6)
Il Parlamento europeo e il Consiglio hanno accolto con favore tale comunicazione e hanno riconosciuto la necessità che l’Unione contribuisca agli interventi in atto a livello mondiale per contrastare il fenomeno del disboscamento illegale.
(7)
In linea con l’obiettivo della comunicazione, vale a dire assicurare che solo il legno e prodotti da esso derivati ottenuti in conformità della legislazione nazionale del paese produttore di legname possano entrare nell’Unione, quest’ultima ha negoziato accordi volontari di partenariato («VPA FLEGT») con paesi produttori di legname («paesi partner»), che hanno istituito un obbligo giuridicamente vincolante per le parti di attuare un regime di licenze e di regolamentare il commercio del legno e prodotti da esso derivati individuati in detti VPA FLEGT.
(8)
Data la notevole portata e l’urgenza del problema, è necessario sostenere attivamente le iniziative internazionali per combattere il disboscamento illegale e il relativo commercio di legname, integrare e rafforzare le iniziative VPA FLEGT e migliorare le sinergie tra le politiche mirate alla conservazione delle foreste e al raggiungimento di un livello elevato di protezione dell’ambiente, contrastando i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità.
(9)
È opportuno riconoscere gli sforzi compiuti dai paesi che hanno concluso VPA FLEGT con l’Unione e i principi sanciti da tali accordi, in particolare per quanto riguarda la definizione di legname di provenienza legale e incoraggiare ulteriormente i paesi a concludere VPA FLEGT. È opportuno inoltre tenere in considerazione che, nel quadro del regime di licenze FLEGT, solo il legno ottenuto conformemente alla pertinente legislazione nazionale e i prodotti da esso derivati sono esportati verso l’Unione. I prodotti del legno elencati negli allegati II e III del regolamento (CE) n. 2173/2005 del Consiglio, del 20 dicembre 2005, relativo all’istituzione di un sistema di licenze FLEGT per le importazioni di legname nella Comunità europea (4), originari dei paesi partner di cui all’allegato I di tale regolamento, dovrebbero pertanto essere considerati come ottenuti legalmente, purché conformi a tale regolamento e alle eventuali disposizioni di esecuzione.
(10)
È opportuno inoltre tenere conto del fatto che la convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e di fauna selvatiche minacciate di estinzione (CITES) richiede alle parti contraenti di rilasciare un permesso di esportazione CITES solo quando una delle specie presenti nell’elenco CITES è stata ottenuta conformemente, tra l’altro, alla legislazione nazionale del paese di esportazione. Pertanto, è opportuno che il legname delle specie di cui all’allegato A, B o C del regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio, del 9 dicembre 1996, relativo alla protezione di specie della flora e della fauna selvatiche mediante il controllo del loro commercio (5), sia considerato come ottenuto legalmente se conforme a tale regolamento e alle eventuali disposizioni di esecuzione.
(11)
Tenendo presente che occorre incoraggiare l’impiego del legno e dei prodotti da esso derivati riciclati e che la loro inclusione nell’ambito di applicazione del presente regolamento costituirebbe un onere sproporzionato per gli operatori, è opportuno escludere dall’ambito di applicazione del presente regolamento il legno e i prodotti da esso derivati usati che hanno completato il loro ciclo di vita e che sarebbero altrimenti smaltiti come rifiuti.
(12)
Tra le misure nell’ambito del presente regolamento, è opportuno vietare la commercializzazione per la prima volta sul mercato interno di legno e prodotti da esso derivati di provenienza illegale. Tenendo conto della complessità del fenomeno del disboscamento illegale, delle cause ad esso soggiacenti e delle sue conseguenze, è opportuno adottare provvedimenti specifici, quali quelli mirati al comportamento degli operatori.
(13)
Nell’ambito del piano d’azione FLEGT la Commissione e, ove opportuno, gli Stati membri possono sostenere e condurre studi e ricerche sui livelli e sulla natura del disboscamento illegale in diversi paesi e pubblicare tali informazioni, nonché sostenere la fornitura agli operatori di orientamenti pratici sulla legislazione vigente nei paesi produttori di legname.
(14)
In assenza di una definizione accettata a livello internazionale, per definire il concetto di disboscamento illegale è opportuno fare riferimento alla legislazione del paese di produzione, compresi i regolamenti nonché l’applicazione in tale paese delle pertinenti convenzioni internazionali di cui lo stesso è parte.
(15)
Molti prodotti derivati dal legno sono soggetti a numerosi processi prima e dopo la loro prima immissione sul mercato. Per evitare di imporre oneri amministrativi non necessari, è opportuno assoggettare al sistema di dovuta diligenza solo gli operatori che commercializzano per la prima volta legno e prodotti da esso derivati sul mercato interno, laddove per i commercianti della catena di distribuzione è opportuno prevedere l’obbligo di fornire informazioni minime sui loro fornitori ed acquirenti ai fini della tracciabilità del legno e dei prodotti da esso derivati.
(16)
Sulla base di un approccio sistemico, è opportuno che gli operatori che commercializzano per la prima volta legno e prodotti da esso derivati sul mercato interno adottino le opportune misure al fine di accertarsi che non siano commercializzati legno e prodotti da esso derivati di provenienza illegale. A tal fine, è opportuno che gli operatori esercitino la dovuta diligenza nell’ambito di un sistema di misure e procedure che consenta loro di minimizzare il rischio di commercializzare sul mercato interno legno e prodotti da esso derivati di provenienza illegale.
(17)
Il sistema della dovuta diligenza comprende tre elementi inerenti alla gestione del rischio: accesso alle informazioni, valutazione del rischio e attenuazione del rischio individuato. È opportuno che il sistema di dovuta diligenza permetta di accedere alle informazioni circa le fonti e i fornitori di legno e i prodotti da esso derivati commercializzati sul mercato interno per la prima volta, comprese le informazioni pertinenti, per esempio riguardo alla conformità con la legislazione applicabile, con il paese di produzione, con la specie, con la quantità e, se del caso, con la regione subnazionale interessata e con la concessione di taglio. In base a tali informazioni gli operatori dovrebbero effettuare una valutazione del rischio. Individuato un rischio, gli operatori dovrebbero attenuarlo in misura proporzionale al rischio individuato, al fine di evitare che il legno e i prodotti da esso derivati di provenienza illegale siano immessi sul mercato.
(18)
Per evitare indebiti oneri amministrativi, gli operatori che stanno già usando sistemi o procedure che rispettano le prescrizioni del presente regolamento non dovrebbero essere obbligati a mettere a punto nuovi sistemi.
(19)
Al fine di riconoscere le buone pratiche nel settore forestale, nella procedura di valutazione dei rischi possono essere usati la certificazione o altri schemi verificati da parti terze che includono la verifica della conformità con la legislazione applicabile.
(20)
La filiera del legno riveste notevole importanza per l’economia dell’Unione. Le associazioni degli operatori sono attori importanti nella filiera perché ne rappresentano gli interessi su larga scala e interagiscono con tutta una serie di soggetti interessati. Tali associazioni hanno inoltre le competenze e la capacità di analizzare la legislazione pertinente e di aiutare i loro membri a conformarvisi, ma non dovrebbero fare uso di queste competenze per acquisire una posizione dominante sul mercato. Per facilitare l’attuazione del presente regolamento e contribuire allo sviluppo di buone prassi è opportuno riconoscere gli organismi che hanno elaborato un sistema di dovuta diligenza che sia conforme alle prescrizioni del presente regolamento. È opportuno che il riconoscimento e la revoca del riconoscimento degli organismi di controllo siano effettuati in modo equo e trasparente. Dovrebbe essere reso pubblico un elenco degli organismi riconosciuti in modo da permettere che gli operatori ne facciano uso.
(21)
Le autorità competenti dovrebbero effettuare controlli periodici degli organismi di controllo per assicurarsi che questi adempiano effettivamente gli obblighi previsti dal presente regolamento. Inoltre, esse dovrebbero adoperarsi per effettuare controlli ove dispongano di informazioni pertinenti, tra cui indicazioni comprovate fornite da terzi.
(22)
È opportuno che le autorità competenti verifichino il rispetto effettivo degli obblighi di cui al presente regolamento e che, se del caso, effettuino al tal fine controlli ufficiali sulla base di un piano, compresi eventuali controlli nei locali degli operatori e verifiche in situ, e che siano in grado di obbligare gli operatori a intervenire per porre rimedio alla situazione laddove necessario. È altresì opportuno che le autorità competenti si impegnino ad effettuare controlli ove dispongano di informazioni pertinenti, tra cui indicazioni comprovate fornite da terzi.
(23)
È opportuno che le autorità competenti tengano un registro dei controlli e che le informazioni pertinenti siano rese accessibili, conformemente alla direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2003, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale (6).
(24)
Tenendo conto della dimensione internazionale del disboscamento illegale e del connesso commercio di legname, è opportuno che le autorità competenti collaborino tra di loro e con le autorità amministrative di paesi terzi e con la Commissione.
(25)
Onde agevolare la capacità degli operatori che commercializzano legno o prodotti da esso derivati di adempiere gli obblighi del presente regolamento, tenendo conto della situazione delle piccole e medie imprese, gli Stati membri, coadiuvati eventualmente dalla Commissione, possono fornire agli operatori assistenza tecnica e di altro tipo e facilitare lo scambio di informazioni. L’assistenza non dovrebbe esonerare gli operatori dall’obbligo di esercitare la dovuta diligenza.
(26)
È opportuno che i commercianti e gli organismi di controllo si astengano dall’adottare misure suscettibili di pregiudicare il conseguimento dell’obiettivo del presente regolamento.
(27)
È opportuno che gli Stati membri garantiscano che le violazioni del presente regolamento, anche da parte degli operatori, dei commercianti e degli organismi di controllo, siano sanzionate in modo effettivo, proporzionato e dissuasivo. Le norme nazionali possono prevedere che, in seguito all’applicazione di sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive per la violazione del divieto di commercializzare legno e prodotti derivati di provenienza illegale, il legno e i prodotti da esso derivati non debbano necessariamente essere distrutti ma possano piuttosto essere utilizzati o destinati a scopi di pubblica utilità.
(28)
La Commissione dovrebbe avere il potere di adottare atti delegati ai sensi dell’articolo 290 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) in relazione alle procedure per il riconoscimento e la revoca del riconoscimento degli organismi di controllo, con riferimento ad ulteriori criteri di valutazione del rischio eventualmente necessari a integrazione di quelli già previsti dal presente regolamento e con riferimento all’elenco del legno e dei prodotti da esso derivati cui si applica il presente regolamento. È particolarmente importante che la Commissione, nel corso del suo lavoro preparatorio, svolga consultazioni adeguate, anche a livello di esperti.
(29)
Onde garantire condizioni di esecuzione uniformi, è opportuno conferire competenze di esecuzione alla Commissione affinché adotti disposizioni particolareggiate relative alla frequenza e alla natura dei controlli effettuati dalle autorità competenti sugli organismi di controllo, nonché ai sistemi di dovuta diligenza, salvo per quanto riguarda ulteriori criteri pertinenti per la valutazione del rischio. A norma dell’articolo 291 TFUE, le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione devono essere stabiliti preventivamente mediante un regolamento adottato secondo la procedura legislativa ordinaria. In attesa dell’adozione di tale nuovo regolamento, continua ad applicarsi la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (7), ad eccezione della procedura di regolamentazione con controllo, che non è applicabile.
(30)
Agli operatori e alle autorità competenti dovrebbe essere assegnato un ragionevole periodo di tempo per prepararsi al rispetto delle disposizioni del presente regolamento.
(31)
Poiché l’obiettivo del presente regolamento, vale a dire combattere il disboscamento illegale e il commercio collegato a tale attività, non può essere conseguito dai singoli Stati membri e può dunque, a motivo della sua portata, essere conseguito meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,
HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto
Il presente regolamento stabilisce gli obblighi degli operatori che commercializzano per la prima volta legno e prodotti da esso derivati sul mercato interno, nonché gli obblighi dei commercianti.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente regolamento si intende per:
a)
«legno e prodotti da esso derivati», il legno e i prodotti da esso derivati riportati nell’allegato, con l’eccezione dei prodotti derivati dal legno o componenti di tali prodotti ottenuti dal legno ovvero prodotti derivati dal legno che hanno completato il loro ciclo di vita e sarebbero altrimenti smaltiti come rifiuti ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti (8);
b)
«commercializzazione», la prima immissione sul mercato interno, attraverso qualsiasi mezzo, qualunque sia la tecnica di vendita, di legno o prodotti da esso derivati destinati alla distribuzione o all’uso nell’ambito di un’attività commerciale a titolo oneroso o gratuito. È altresì compresa la vendita mediante tecniche di comunicazione a distanza ai sensi della direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 1997, riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza (9). Non costituisce «commercializzazione» la fornitura sul mercato interno di prodotti del legno ottenuti da legno o prodotti da esso derivati che sono già stati immessi sul mercato interno;
c)
«operatore», una persona fisica o giuridica che commercializza legno o prodotti da esso derivati;
d)
«commerciante», una persona fisica o giuridica che, nell’ambito di un’attività commerciale, vende o acquista sul mercato interno legno o prodotti da esso derivati già immessi sul mercato interno;
e)
«paese di produzione», il paese o il territorio in cui è stato prodotto il legname o il legno contenuto in prodotti da esso derivati;
f)
«di provenienza legale», ottenuto conformemente alla legislazione applicabile nel paese di produzione;
g)
«di provenienza illegale», ottenuto violando la legislazione applicabile nel paese di produzione;
h)
«legislazione applicabile», la legislazione in vigore nel paese di produzione per quanto concerne le seguenti materie:
—
i diritti di prelievo di legname entro i confini legali ufficialmente pubblicati,
—
i pagamenti relativi ai diritti di prelievo di legname, comprese le imposte sul prelievo di legname,
—
il prelievo del legname, compresa la normativa in materia ambientale e forestale, inclusa la gestione delle foreste e la conservazione della biodiversità, ove siano di immediata pertinenza per il prelievo del legname,
—
i diritti legittimi di terzi relativi all’uso e alla proprietà che sono lesi dalla produzione di legname, e
—
in materia commerciale e doganale, per quanto riguarda il settore forestale.
Articolo 3
Regime applicabile al legno e ai prodotti da esso derivati contemplati da FLEGT e CITES
Il legname utilizzato nei prodotti derivati dal legno elencati negli allegati II e III del regolamento (CE) n. 2173/2005, che hanno origine nei paesi partner di cui all’allegato I di tale regolamento e che sono conformi al predetto regolamento e alle sue disposizioni di esecuzione, si considera ottenuto legalmente ai fini del presente regolamento.
Il legname ottenuto dalle specie elencate nell’allegato A, B o C del regolamento (CE) n. 338/97 e conforme a tale regolamento e alle sue disposizioni di esecuzione, si considera ottenuto legalmente ai fini del presente regolamento.
Articolo 4
Obblighi degli operatori
1. È proibita la commercializzazione di legno o prodotti da esso derivati di provenienza illegale.
2. Gli operatori esercitano la dovuta diligenza nel commercializzare legno o prodotti da esso derivati. A tal fine utilizzano un insieme di procedure e misure, «sistema di dovuta diligenza», di cui all’articolo 6.
3. Ciascun operatore mantiene e valuta periodicamente il sistema di dovuta diligenza che utilizza, salvo il caso in cui ricorra ad un sistema di dovuta diligenza messo a punto da un organismo di controllo di cui all’articolo 8. I sistemi di supervisione esistenti ai sensi della legislazione nazionale e qualsiasi meccanismo volontario di catena di custodia rispondenti ai requisiti del presente regolamento possono fungere da base per il sistema di dovuta diligenza.
Articolo 5
Obbligo di tracciabilità
Nell’ambito dell’intera catena di approvvigionamento, i commercianti sono in grado di identificare:
a)
gli operatori o i commercianti che hanno fornito il legno e i prodotti da esso derivati; ed
b)
eventualmente, i commercianti cui hanno fornito il legno e i prodotti da esso derivati.
I commercianti conservano le informazioni di cui al primo comma per almeno cinque anni e le forniscono, su richiesta, alle autorità competenti.
Articolo 6
Sistemi di dovuta diligenza
1. Il sistema di dovuta diligenza di cui all’articolo 4, paragrafo 2, comprende i seguenti elementi:
a)
misure e procedure che consentano l’accesso alle seguenti informazioni concernenti l’approvvigionamento dell’operatore per quanto riguarda il legno o i prodotti da esso derivati immessi sul mercato:
—
descrizione, comprendente denominazione commerciale e tipo di prodotto, nonché nome comune della specie di albero e, se del caso, la sua denominazione scientifica completa,
—
paese di produzione, e, se del caso:
i)
regione subnazionale in cui il legname è stato ottenuto; e
ii)
concessione di taglio;
—
quantità (espressa in volume, peso o numero di unità),
—
nominativo e indirizzo del fornitore dell’operatore,
—
nominativo e indirizzo del commerciante cui sono stati forniti il legno e i prodotti da esso derivati,
—
documenti o informazioni di altro tipo attestanti la conformità di tale legno e dei prodotti da esso derivati con la legislazione applicabile;
b)
procedure di valutazione del rischio che consentono all’operatore di analizzare e valutare il rischio che il legno o i prodotti da esso derivati immessi sul mercato siano di provenienza illegale.
Tali procedure tengono conto delle informazioni di cui alla lettera a) e dei criteri pertinenti per la valutazione del rischio, fra cui:
—
la garanzia del rispetto della legislazione applicabile, che può comprendere la certificazione o altri schemi verificati da parti terze che contemplano il rispetto della legislazione applicabile,
—
la prevalenza di produzione illegale di determinate specie di alberi,
—
la prevalenza di produzione illegale o di pratiche illegali nel paese di produzione e/o della regione subnazionale in cui il legname è stato ottenuto, tenendo anche conto della prevalenza di conflitti armati,
—
le sanzioni imposte dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite o dal Consiglio dell’Unione europea sulle importazioni o esportazioni di legno,
—
la complessità della catena di approvvigionamento del legno e dei prodotti da esso derivati;
c)
tranne il caso il cui il rischio individuato nel corso delle procedure di valutazione del rischio di cui alla lettera b) sia trascurabile, le procedure di attenuazione del rischio che comprendono una serie di misure e procedure adeguate e proporzionate per minimizzare efficacemente tale rischio e che possono esigere la trasmissione di informazioni o documenti supplementari e/o la verifica da parte di terzi.
2. Secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 18, paragrafo 2, sono adottate disposizioni particolareggiate per assicurare l’attuazione uniforme del paragrafo 1, eccetto per quanto riguarda ulteriori pertinenti criteri di valutazione del rischio di cui al paragrafo 1, lettera b), secondo comma, del presente articolo. Tali disposizioni sono adottate entro il 3 giugno 2012.
3. Tenendo conto degli sviluppi di mercato e dell’esperienza acquisita nell’attuazione del presente regolamento, evidenziati in particolare nello scambio di informazioni di cui all’articolo 13 e nelle relazioni di cui all’articolo 20, paragrafo 3, la Commissione può adottare atti delegati a norma dell’articolo 290 TFUE in ordine a ulteriori criteri di valutazione del rischio eventualmente necessari a integrazione di quelli menzionati al paragrafo 1, lettera b), secondo comma, del presente articolo, allo scopo di garantire l’efficacia del sistema di dovuta diligenza.
Per gli atti delegati di cui al primo comma si applicano le procedure di cui agli articoli 15, 16 e 17.
Articolo 7
Autorità competenti
1. Gli Stati membri designano una o più autorità competenti per l’applicazione del presente regolamento.
Gli Stati membri comunicano alla Commissione i nominativi e i recapiti delle autorità competenti entro il 3 giugno 2011. Gli Stati membri comunicano alla Commissione eventuali modifiche dei nominativi o dei recapiti delle autorità competenti.
2. La Commissione pubblica, anche su Internet, un elenco delle autorità competenti e lo aggiorna periodicamente.
Articolo 8
Organismi di controllo
1. L’organismo di controllo:
a)
mantiene e valuta periodicamente un sistema di dovuta diligenza di cui all’articolo 6 e conferisce agli operatori il diritto di usarlo;
b)
verifica l’uso corretto del suo sistema di dovuta diligenza da parte di tali operatori;
c)
compie gli opportuni interventi qualora un operatore non usi adeguatamente il proprio sistema di dovuta diligenza, informando, fra l’altro, le autorità competenti in caso di rilevante o reiterata inadempienza da parte dell’operatore.
2. Un organismo può fare domanda di riconoscimento come organismo di controllo se ottempera ai seguenti requisiti:
a)
è dotato di personalità giuridica ed è stabilito legalmente nell’Unione;
b)
è dotato di idonee competenze ed è in grado di espletare le funzioni di cui al paragrafo 1; e
c)
garantisce l’assenza di conflitti di interesse nell’espletare le sue funzioni.
3. La Commissione, previa consultazione dello Stato membro o degli Stati membri interessati, riconosce come organismo di controllo un richiedente che soddisfi i requisiti di cui al paragrafo 2.
La Commissione comunica alle autorità competenti di tutti gli Stati membri la decisione di concedere il riconoscimento a un determinato organismo di controllo.
4. Le autorità competenti effettuano controlli periodici per accertarsi che gli organismi di controllo che operano nell’ambito della loro giurisdizione continuino ad espletare le funzioni di cui al paragrafo 1 e a soddisfare i requisiti di cui al paragrafo 2. I controlli possono altresì essere effettuati allorché l’autorità competente dello Stato membro è in possesso di informazioni pertinenti, tra cui indicazioni comprovate fornite da terzi, o allorché ha individuato delle carenze nell’osservanza, da parte dell’operatore, dei sistemi della dovuta diligenza messi a punto da un organismo di controllo. La relazione relativa ai controlli è resa pubblica ai sensi della direttiva 2003/4/CE.
5. Se un’autorità competente accerta che un organismo di controllo non espleta più le funzioni di cui al paragrafo 1 o non soddisfa più i requisiti di cui al paragrafo 2, essa ne informa senza indugio la Commissione.
6. La Commissione revoca il riconoscimento a un organismo di controllo se, in particolare sulla base delle informazioni fornite ai sensi del paragrafo 5, ha accertato che l’organismo di controllo non espleta più le funzioni di cui al paragrafo 1 o non soddisfa più i requisiti di cui al paragrafo 2. Prima di revocare il riconoscimento a un organismo di controllo, la Commissione informa gli Stati membri interessati.
La Commissione comunica alle autorità competenti di tutti gli Stati membri la decisione di revocare il riconoscimento a un determinato organismo di controllo.
7. Al fine di integrare le norme procedurali riguardo al riconoscimento e alla revoca del riconoscimento degli organismi di controllo e al fine di modificarle, qualora ciò sia dettato dall’esperienza, la Commissione può adottare atti delegati a norma dell’articolo 290 TFUE, garantendo nel contempo che il riconoscimento e la revoca avvengano con modalità eque e trasparenti.
Per gli atti delegati di cui al presente paragrafo si applicano le procedure di cui agli articoli 15, 16 e 17. Tali atti sono adottati entro il 3 marzo 2012.
8. Secondo la procedura di regolamentazione di cui all’articolo 18, paragrafo 2, sono adottate disposizioni particolareggiate relative alla frequenza e alla natura dei controlli di cui al paragrafo 4 necessarie per assicurare una vigilanza efficace sugli organismi di controllo e l’attuazione uniforme di detto paragrafo. Tali disposizioni sono adottate entro il 3 giugno 2012.
Articolo 9
Elenco degli organismi di controllo
La Commissione pubblica l’elenco degli organismi di controllo nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, serie C, e sul proprio sito web, e lo aggiorna periodicamente.
Articolo 10
Controllo degli operatori
1. Le autorità competenti effettuano i controlli per verificare che gli operatori rispettino i requisiti di cui agli articoli 4 e 6.
2. I controlli di cui al paragrafo 1 sono effettuati in base a un programma soggetto a revisioni periodiche secondo un approccio basato sul rischio. I controlli possono inoltre essere effettuati allorché un’autorità competente è in possesso di informazioni pertinenti, anche sulla base di indicazioni comprovate fornite da terzi, relative all’osservanza del regolamento da parte di un operatore.
3. I controlli di cui al paragrafo 1 possono includere, tra l’altro:
a)
l’esame del sistema di dovuta diligenza, incluse le procedure di valutazione e di attenuazione dei rischi;
b)
l’esame della documentazione e dei registri atti a dimostrare il corretto funzionamento del sistema e delle procedure;
c)
controlli a campione, comprese verifiche in loco.
4. Gli operatori garantiscono l’assistenza necessaria per facilitare l’esecuzione dei controlli di cui al paragrafo 1, in particolare per quanto riguarda l’accesso ai locali e la presentazione di documentazione o i registri.
5. Fatto salvo l’articolo 19, se, in seguito ai controlli di cui al paragrafo 1, sono state riscontrate carenze, le autorità competenti possono rilasciare una comunicazione concernente gli interventi correttivi che l’operatore dovrà compiere. Inoltre, a seconda della natura della carenza riscontrata, gli Stati membri possono adottare misure provvisorie immediate, tra cui:
a)
il sequestro del legno e dei prodotti da esso derivati;
b)
il divieto di commercializzazione del legno e dei prodotti da esso derivati.
Articolo 11
Registrazione dei controlli
1. Le autorità competenti tengono registri dei controlli di cui all’articolo 10, paragrafo 1, in cui indicano in particolare la natura e i risultati dei controlli e gli eventuali interventi correttivi notificati di cui all’articolo 10, paragrafo 5. I registri di tutti i controlli effettuati devono essere mantenuti per un minimo di cinque anni.
2. Le informazioni di cui al paragrafo 1 sono rese accessibili come stabilito dalla direttiva 2003/4/CE.
Articolo 12
Cooperazione
1. Le autorità competenti cooperano tra di loro, con le autorità amministrative di paesi terzi e con la Commissione per garantire il rispetto del presente regolamento.
2. Le autorità competenti scambiano informazioni con le autorità competenti di altri Stati membri e con la Commissione su gravi carenze riscontrate nei controlli di cui agli articoli 8, paragrafo 4, e 10, paragrafo 1, e sui tipi di sanzioni inflitte a norma dell’articolo 19.
Articolo 13
Assistenza tecnica, orientamento e scambio di informazioni
1. Fatto salvo l’obbligo degli operatori di esercitare la dovuta diligenza a norma dell’articolo 4, paragrafo 2, gli Stati membri, coadiuvati eventualmente dalla Commissione, possono fornire agli operatori assistenza tecnica e di altro tipo e orientamenti, tenendo conto della situazione delle piccole e medie imprese, al fine di agevolare l’adempimento degli obblighi del presente regolamento, in particolare per quanto riguarda l’attuazione di un sistema di dovuta diligenza ai sensi dell’articolo 6.
2. Gli Stati membri, coadiuvati eventualmente dalla Commissione, possono agevolare lo scambio e la divulgazione di informazioni pertinenti sul disboscamento illegale, in particolare allo scopo di aiutare gli operatori a valutare il rischio ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera b), nonché sulle migliori prassi in materia di attuazione del presente regolamento.
3. L’assistenza è fornita in modo da evitare di compromettere le responsabilità delle autorità competenti e salvaguardarne l’indipendenza nel far rispettare il presente regolamento.
Articolo 14
Modifiche dell’allegato
Per tener conto, da un lato, dell’esperienza acquisita nell’attuazione del presente regolamento, evidenziata in particolare nelle relazioni di cui all’articolo 20, paragrafi 3 e 4, e mediante lo scambio di informazioni di cui all’articolo 13, nonché, dall’altro, degli sviluppi riguardanti le caratteristiche tecniche, gli utenti finali e i processi di produzione del legno e dei prodotti da esso derivati, la Commissione può adottare atti delegati a norma dell’articolo 290 TFUE modificando e integrando l’elenco del legno e dei prodotti da esso derivati di cui all’allegato. Tali atti non creano oneri sproporzionati per gli operatori.
Per gli atti delegati di cui al presente articolo si applicano le procedure di cui agli articoli 15, 16 e 17.
Articolo 15
Esercizio della delega
1. Il potere di adottare gli atti delegati di cui all’articolo 6, paragrafo 3, all’articolo 8, paragrafo 7, e all’articolo 14 è conferito alla Commissione per un periodo di sette anni a decorrere dal 2 dicembre 2010. La Commissione presenta una relazione sui poteri delegati non oltre tre mesi prima che giunga a scadenza il periodo di tre anni dalla data di applicazione del presente regolamento. La delega di potere è automaticamente prorogata per periodi di identica durata, tranne in caso di revoca da parte del Parlamento europeo o del Consiglio ai sensi dell’articolo 16.
2. Non appena adotta un atto delegato, la Commissione lo notifica simultaneamente al Parlamento europeo e al Consiglio.
3. Il potere conferito alla Commissione di adottare atti delegati è soggetto alle condizioni stabilite dagli articoli 16 e 17.
Articolo 16
Revoca della delega
1. La delega di cui all’articolo 6, paragrafo 3, all’articolo 8, paragrafo 7, e all’articolo 14 può essere revocata in qualunque momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio.
2. L’istituzione che ha avviato una procedura interna per decidere l’eventuale revoca della delega di potere si adopera per informare l’altra istituzione e la Commissione entro un termine ragionevole prima di adottare una decisione definitiva, indicando i poteri delegati che potrebbero essere oggetto di revoca e le eventuali motivazioni della revoca.
3. La decisione di revoca pone fine alla delega dei poteri specificati nella decisione. Questa prende effetto immediatamente o a una data successiva ivi precisata. Essa lascia impregiudicata la validità degli atti delegati già in vigore. Essa è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 17
Obiezioni agli atti delegati
1. Il Parlamento europeo o il Consiglio possono sollevare obiezioni ad un atto delegato entro un termine di due mesi dalla data di notifica. Su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio tale termine è prorogato di due mesi.
2. Se, allo scadere di tale termine, né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni all’atto delegato, quest’ultimo è pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea ed entra in vigore alla data fissata nell’atto medesimo.
L’atto delegato può essere pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea ed entrare in vigore prima della scadenza del suddetto periodo se il Parlamento europeo e il Consiglio hanno entrambi comunicato alla Commissione la loro intenzione di non sollevare obiezioni.
3. Se il Parlamento europeo o il Consiglio sollevano obiezioni a un atto delegato, quest’ultimo non entra in vigore. L’istituzione che solleva obiezioni all’atto delegato ne illustra le ragioni.
Articolo 18
Comitato
1. La Commissione è assistita dal comitato per l’applicazione delle normative, la governance e il commercio nel settore forestale (FLEGT), istituito a norma dell’articolo 11 del regolamento (CE) n. 2173/2005.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
Il periodo di cui all’articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.
Articolo 19
Sanzioni
1. Gli Stati membri determinano le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle disposizioni del presente regolamento e adottano ogni provvedimento necessario per assicurarne l’applicazione.
2. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive e possono comprendere, tra l’altro:
a)
sanzioni pecuniarie commisurate al danno ambientale, al valore del legno o dei prodotti da esso derivati in questione e alle perdite fiscali, nonché al danno economico derivanti dalla violazione; il livello di tali sanzioni è calcolato in modo tale da garantire che i trasgressori siano effettivamente privati dei vantaggi economici derivanti dalle infrazioni gravi da essi perpetrate, fatto salvo il legittimo diritto di esercitare una professione; le sanzioni pecuniarie per violazioni gravi reiterate sono gradualmente inasprite;
b)
il sequestro del legno e dei prodotti da esso derivati;
c)
l’immediata sospensione dell’autorizzazione ad esercitare un’attività commerciale.
3. Gli Stati membri notificano le relative disposizioni alla Commissione e provvedono a notificare immediatamente le eventuali modifiche.
Articolo 20
Relazioni
1. Gli Stati membri presentano alla Commissione ogni due anni a decorrere dal 3 marzo 2013, entro il 30 aprile, una relazione sull’applicazione del presente regolamento nel corso del biennio precedente.
2. Sulla base di tali relazioni la Commissione redige ogni due anni una relazione da presentare al Parlamento europeo e al Consiglio. In sede di elaborazione della relazione, la Commissione tiene conto dei progressi compiuti per quanto concerne la conclusione e il funzionamento dei VPA FLEGT ai sensi del regolamento (CE) n. 2173/2005 e del loro contributo a ridurre la presenza sul mercato interno di legno e di prodotti da esso derivati di provenienza illegale.
3. Entro il 3 dicembre 2015 e successivamente ogni sei anni, la Commissione, in base alle relazioni e all’esperienza acquisita nell’applicazione del presente regolamento, esamina il funzionamento e l’efficacia del presente regolamento, anche nell’impedire che il legno o i prodotti da esso derivati di provenienza illegale siano immessi sul mercato interno. La Commissione esamina, in particolare, le conseguenze amministrative per le piccole e medie imprese e i prodotti ai quali si applica. Le relazioni possono, se necessario, essere corredate di opportune proposte legislative.
4. La prima delle relazioni di cui al paragrafo 3 comprende una valutazione dell’attuale situazione economica e commerciale dell’Unione con riferimento ai prodotti elencati al capitolo 49 della nomenclatura combinata, tenendo conto in particolare della concorrenzialità dei comparti interessati, al fine di esaminarne l’eventuale inserimento nell’elenco del legno e dei prodotti da esso derivati di cui all’allegato al presente regolamento.
Nella relazione di cui al primo comma figura altresì una valutazione dell’efficacia del divieto di commercializzare il legno e i prodotti da esso derivati di provenienza illegale di cui all’articolo 4, paragrafo 1, nonché dei sistemi di dovuta diligenza di cui all’articolo 6.
Articolo 21
Entrata in vigore e applicazione
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Esso si applica a decorrere dal 3 marzo 2013. Tuttavia, l’articolo 6, paragrafo 2, l’articolo 7, paragrafo 1, l’articolo 8, paragrafo 7, e l’articolo 8, paragrafo 8, si applicano a decorrere dal 2 dicembre 2010.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Strasburgo, addì 20 ottobre 2010.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
J. BUZEK
Per il Consiglio
Il presidente
O. CHASTEL
(1) GU C 318 del 23.12.2009, pag. 88.
(2) Posizione del Parlamento europeo del 22 aprile 2009 (GU C 184 E dell’8.7.2010, pag. 145), posizione del Consiglio in prima lettura del 1o marzo 2010 (GU C 114 E del 4.5.2010, pag. 17) e posizione del Parlamento europeo del 7 luglio 2010 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).
(3) GU L 242 del 10.9.2002, pag. 1.
(4) GU L 347 del 30.12.2005, pag. 1.
(5) GU L 61 del 3.3.1997, pag. 1.
(6) GU L 41 del 14.2.2003, pag. 26.
(7) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
(8) GU L 312 del 22.11.2008, pag. 3.
(9) GU L 144 del 4.6.1997, pag. 19.
ALLEGATO
Legno e prodotti da esso derivati secondo la classificazione della nomenclatura combinata di cui all’allegato I del regolamento (CEE) n. 2658/87 del Consiglio
(1)
ai quali si applica il presente regolamento
—
4401 Legna da ardere in tondelli, ceppi, ramaglie, fascine o in forme simili; legno in piccole placche o in particelle; segatura, avanzi e cascami di legno, anche agglomerati in forma di ceppi, mattonelle, palline o in forme simili
—
4403 Legno grezzo, anche scortecciato, privato dell’alburno o squadrato
—
4406 Traversine di legno per strade ferrate o simili
—
4407 Legno segato o tagliato per il lungo, tranciato o sfogliato, anche piallato, levigato o incollato con giunture di testa, di spessore superiore a 6 mm
—
4408 Fogli da impiallacciatura (compresi quelli ottenuti mediante tranciatura di legno stratificato), fogli per compensati o per legno laminato simile e altro legno segato per il lungo, tranciato o sfogliato, anche piallato, levigato, assemblati in parallelo o di testa, di spessore inferiore o uguale a 6 mm
—
4409 Legno (comprese le liste e le tavolette per pavimenti, non riunite) profilato (con incastri semplici, scanalato, sagomato a forma di battente, con limbelli, smussato, con incastri a V, con modanature, arrotondamenti o simili) lungo uno o più orli o superfici, anche piallato, levigato o incollato con giunture di testa
—
4410 Pannelli di particelle, pannelli detti «oriented strand board» (OSB) e pannelli simili di legno o di altre materie legnose, anche agglomerate con resine o altri leganti organici
—
4411 Pannelli di fibre di legno o di altre materie legnose, anche agglomerate con resine o altri leganti organici
—
4412 Legno compensato, legno impiallacciato e legno laminato simile
—
4413 00 00 Legno detto «addensato», in blocchi, tavole, listelli o profilati
—
4414 00 Cornici di legno per quadri, fotografie, specchi o articoli simili
—
4415 Casse, cassette, gabbie, cilindri ed imballaggi simili, di legno; tamburi (rocchetti) per cavi, di legno; pallets o pedane di carico, semplici, pallets o pedane-casse ed altre piattaforme di carico, di legno; spalliere di palette di legno
(materiale non da imballaggio usato esclusivamente come materiale da imballaggio per sostenere, proteggere o trasportare un altro prodotto immesso sul mercato)
—
4416 00 00 Fusti, botti, tini ed altri lavori da bottaio e loro parti, di legno, compreso il legname da bottaio
—
4418 Lavori di falegnameria o lavori di carpenteria per costruzioni, compresi i pannelli cellulari, i pannelli assemblati per pavimenti e le tavole di copertura («shingles» e «shakes») di legno, legno [comprese le liste e le tavolette (parchetti) per pavimenti, non riunite] profilato (con incastri semplici, scanalato, sagomato a forma di battente, con limbelli, smussato, con incastri a V, con modanature, arrotondamenti o simili) lungo uno o più orli o superfici, anche piallato, levigato o incollato con giunture di testa
—
Pasta di legno e carta dei capitoli 47 e 48 della nomenclatura combinata, con l’eccezione di prodotti a base di bambù e materiali riciclati (avanzi o rifiuti)
—
9403 30, 9403 40, 9403 50 00, 9403 60 e 9403 90 30 Mobili in legno
—
9406 00 20 Costruzioni prefabbricate.
(1) Regolamento (CEE) n. 2658/87 del Consiglio, del 23 luglio 1987, relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comune (GU L 256 del 7.9.1987, pag. 1). | Lotta contro il disboscamento illegale
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Esso vieta l’immissione sul mercato dell’UE di legno di provenienza illegale e stabilisce i presupposti per la commercializzazione all’interno dell’UE di legno e prodotti da esso derivati.
PUNTI CHIAVE
Il regolamento impone agli «operatori» che commercializzano per la prima volta legno e prodotti da esso derivati sul mercato dell’UE di esercitare la «debita diligenza»* per garantire che forniscano prodotti derivati da legname ottenuto legalmente. A tal fine, gli operatori devono utilizzare un sistema di dovuta diligenza. Gli operatori possono configurare i propri sistemi di dovuta diligenza o utilizzare quello creato da un organismo di controllo. Gli organismi di controllo sono riconosciuti come tali dalla Commissione europea. Il loro ruolo è verificare che gli operatori rispettino i requisiti del regolamento. Per facilitare la tracciabilità dei prodotti derivati dal legno, tutti gli operatori che comprano e vendono legname sul mercato devono tenere un registro dei loro fornitori e clienti. Il regolamento, che si applica sia al legname raccolto in UE che sul legname importato, copre una vasta gamma di prodotti del legno che sono elencati in allegato e che sono in conformità con il codice doganale dell’Unione. Il regolamento considera conformi il legname e i prodotti solo se accompagnati da una licenza sull’applicazione delle normative, governance e commercio nel settore forestale (FLEGT), (istituita con il regolamento (CE) n. 2173/2005), o da un permesso CITES (regolamento (CE) n. 338/97).Controllo dell’attuazione e accesso alle informazioni
Entro il 30 aprile di ogni anno, Gli Stati interessati dal regolamento sono tenuti a presentare alla Commissione europea una relazione sull’applicazione del presente regolamento nel corso dell’anno civile precedente. La Commissione metterà inoltre a disposizione del pubblico una panoramica a livello dell’UE basata sui dati trasmessi da tutti gli Stati membri.
Entro il 3 dicembre 2021 e successivamente ogni cinque anni, la Commissione, in base alle relazioni ricevute ogni anno e all’esperienza acquisita nell’applicazione del presente regolamento, ne esamina il funzionamento e l’efficacia.
CONTESTO
Il disboscamento illegale* è un problema ambientale, economico e sociale diffuso che contribuisce ai cambiamenti climatici, alla perdita della biodiversità, alla perdita di introiti, a conflitti (a volte armati) per la terra e le risorse e alla corruzione.
Per ulteriori informazioni, consultare:Disboscamento illegale (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Debita diligenza: esercizio di gestione del rischio atto a minimizzare il rischio di commercializzazione sul mercato europeo di legname (o di prodotti che lo contengono) raccolto illegalmente.
Disboscamento illegale: la raccolta di legname in violazione della normativa del paese in cui avviene la raccolta.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE) n. 995/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2010, che stabilisce gli obblighi degli operatori che commercializzano legno e prodotti da esso derivati (GU L 295 del 12.11.2010, pag. 23).
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento delegato (UE) n. 363/2012 della Commissione, del 23 febbraio 2012, sulle norme procedurali per il riconoscimento e la revoca del riconoscimento degli organismi di controllo come previsto nel regolamento (UE) n. 995/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce gli obblighi degli operatori che commercializzano legno e prodotti da esso derivati (GU L 115 del 27.4.2012, pag. 12).
Regolamento di esecuzione (UE) n. 607/2012 della Commissione, del 6 luglio 2012, sulle disposizioni particolareggiate relative al sistema di dovuta diligenza e alla frequenza e alla natura dei controlli sugli organismi di controllo in conformità al regolamento (UE) n. 995/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce gli obblighi degli operatori che commercializzano legno e prodotti da esso derivati (GU L 177 del 7.7.2012, pag. 16).
Regolamento (CE) n. 2173/2005 del Consiglio, del 20 dicembre 2005, relativo all’istituzione di un sistema di licenze FLEGT per le importazioni di legname nella Comunità europea (GU L 347 del 30.12.2005, pag. 1).
Successive modifiche al regolamento (CE) n. 2173/2005 del Consiglio sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Regolamento (CE) n. 1024/2008 della Commissione, del 17 ottobre 2008, recante modalità d’applicazione del regolamento (CE) n. 2173/2005 del Consiglio relativo all’istituzione di un sistema di licenze FLEGT per le importazioni di legname nella Comunità europea (GU L 277 del 18.10.2008, pag. 23). | 15,490 | 1,142 |
32021R0091 | false | REGOLAMENTO (UE) 2021/91 DEL CONSIGLIO
del 28 gennaio 2021
che stabilisce, per gli anni 2021 e 2022, le possibilità di pesca dei pescherecci dell’Unione per determinati stock ittici di acque profonde
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 43, paragrafo 3,
vista la proposta della Commissione europea,
considerando quanto segue:
(1)
A norma dell’articolo 43, paragrafo 3, del trattato, il Consiglio, su proposta della Commissione, adotta le misure relative alla fissazione e ripartizione delle possibilità di pesca.
(2)
A norma del regolamento (UE) n. 1380/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (1), le misure di conservazione sono adottate tenendo conto dei pareri scientifici, tecnici ed economici disponibili, comprese, se pertinenti, le relazioni del comitato scientifico, tecnico ed economico per la pesca (CSTEP).
(3)
Spetta al Consiglio adottare le misure relative alla fissazione e ripartizione delle possibilità di pesca, comprese, se del caso, talune condizioni a esse funzionalmente collegate. Le possibilità di pesca dovrebbero essere ripartite tra gli Stati membri in modo tale da garantire a ciascuno di essi la stabilità relativa delle attività di pesca per ciascuno stock o ciascun tipo di pesca e nel pieno rispetto degli obiettivi della politica comune della pesca (PCP) stabiliti nel regolamento (UE) n. 1380/2013.
(4)
È opportuno che i totali ammissibili di catture (TAC) siano stabiliti sulla base dei pareri scientifici disponibili del Consiglio internazionale per l’esplorazione del mare (CIEM), tenendo conto degli aspetti biologici e socioeconomici e garantendo nel contempo parità di trattamento ai settori della pesca, nonché alla luce dei pareri espressi in sede di consultazione dei portatori di interessi, con particolare riguardo ai consigli consultivi interessati.
(5)
Per gli stock per i quali non si dispone di dati sufficienti o di dati affidabili per elaborare stime dell’abbondanza, le misure di gestione e i livelli dei TAC dovrebbero seguire l’approccio precauzionale alla gestione della pesca di cui all’articolo 4, paragrafo 1, punto 8), del regolamento (UE) n. 1380/2013, tenendo conto nel contempo dei fattori inerenti a ogni singolo stock, con particolare riguardo alle informazioni disponibili sull’evoluzione degli stock e alle considerazioni riguardanti la pesca multispecifica.
(6)
A norma dell’articolo 16, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 1380/2013, i TAC degli stock soggetti a specifici piani pluriennali dovrebbero essere fissati conformemente alle norme stabilite nei piani stessi. Il piano pluriennale per le acque occidentali è stato istituito dal regolamento (UE) 2019/472 del Parlamento europeo e del Consiglio (2) ed è entrato in vigore nel 2019. Poiché non è possibile determinare gli intervalli FMSY per nessuno degli stock contemplati dal presente regolamento e rientranti nell’ambito di applicazione del piano pluriennale per le acque occidentali, le possibilità di pesca per tali stock dovrebbero essere fissate conformemente agli obiettivi del piano e tenendo conto dei migliori pareri scientifici disponibili nonché dell’approccio precauzionale alla gestione delle attività di pesca quando non sono disponibili informazioni scientifiche adeguate, tenendo altresì conto della difficoltà di attingere a tutti gli stock contemporaneamente rispettando il rendimento massimo sostenibile (MSY), in particolare quando ciò porta a una chiusura anticipata dell’attività di pesca.
(7)
Se un TAC relativo a uno stock è assegnato a un solo Stato membro, è opportuno conferire a tale Stato membro, a norma dell’articolo 2, paragrafo 1, del trattato, la facoltà di fissare il livello del TAC in questione. È opportuno stabilire disposizioni volte a garantire che, nel fissare il livello del TAC, lo Stato membro interessato agisca nel pieno rispetto dei principi e delle norme della PCP.
(8)
Per alcuni TAC sono disponibili, alla voce indicata come «Altri», contingenti condivisi per gli Stati membri che non dispongono di un contingente assegnato. Gli Stati membri che hanno utilizzato questo contingente condiviso possono ottenere successivamente un contingente proprio, ad esempio attraverso uno scambio. Quando dichiarano le catture alla Commissione rispetto allo stesso TAC, gli Stati membri dovrebbero operare una distinzione tra le catture da imputare al proprio contingente e le catture da imputare al contingente condiviso. Per consentire tale distinzione, è opportuno inserire un codice di dichiarazione specifico.
(9)
Il regolamento (CE) n. 847/96 del Consiglio (3) ha introdotto condizioni complementari per la gestione annuale dei TAC, comprese disposizioni in materia di flessibilità per gli stock soggetti rispettivamente a TAC precauzionale e a TAC analitico. A norma del suddetto regolamento, in sede di fissazione dei TAC il Consiglio decide gli stock ai quali non si applica l’articolo 3 o 4 dello stesso regolamento, in particolare in base allo stato biologico degli stock. Nel 2014 l’articolo 15, paragrafo 9, del regolamento (UE) n. 1380/2013 ha introdotto un ulteriore meccanismo di flessibilità interannuale per tutti gli stock soggetti all’obbligo di sbarco. Pertanto, al fine di evitare un’eccessiva flessibilità, che rischierebbe di vanificare il principio di uno sfruttamento razionale e responsabile delle risorse biologiche marine, di ostacolare il conseguimento degli obiettivi della PCP e di compromettere lo stato biologico degli stock, dovrebbe essere stabilito che gli articoli 3 e 4 del regolamento (CE) n. 847/96 si applicano ai TAC analitici soltanto nei casi in cui non sia utilizzata la flessibilità interannuale di cui all’articolo 15, paragrafo 9, del regolamento (UE) n. 1380/2013.
(10)
A norma del regolamento (UE) n. 1380/2013, l’obbligo di sbarco è pienamente applicabile a decorrere dal 1o gennaio 2019 e tutte le specie soggette a limiti di cattura devono essere sbarcate. A norma dell’articolo 16, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1380/2013, quando si applica l’obbligo di sbarco per uno stock ittico, le possibilità di pesca sono stabilite tenendo conto del passaggio da una definizione delle possibilità di pesca volta a evidenziare gli sbarchi a una definizione delle possibilità di pesca volta a evidenziare le catture. Sulla base delle raccomandazioni comuni presentate dagli Stati membri e a norma dell’articolo 15 del regolamento (UE) n. 1380/2013 e dell’articolo 13 del regolamento (UE) 2019/472, la Commissione ha adottato una serie di regolamenti delegati che stabiliscono le modalità di attuazione dell’obbligo di sbarco nella forma di specifici piani in materia di rigetti.
(11)
Nel fissare le possibilità di pesca per gli stock di specie soggette all’obbligo di sbarco si dovrebbe tener conto del fatto che, in linea di principio, i rigetti non sono più autorizzati. Le possibilità di pesca dovrebbero pertanto essere basate sul valore raccomandato dal CIEM per le catture totali (anziché sul valore raccomandato per le catture desiderate). È opportuno che i quantitativi che, in deroga all’obbligo di sbarco, possono continuare a essere rigettati siano detratti dal valore raccomandato per le catture totali.
(12)
La fissazione delle possibilità di pesca dovrebbe essere conforme agli accordi e ai principi internazionali, quali l’accordo delle Nazioni Unite del 1995 sulla conservazione e la gestione degli stock ittici transzonali e degli stock ittici altamente migratori (4), e ai principi di gestione dettagliati contenuti negli orientamenti internazionali per la gestione delle attività di pesca d’altura adottati nel 2008 dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura, secondo i quali, fra l’altro, l’organismo di regolamentazione dovrebbe usare maggiore prudenza quando le informazioni sono incerte, inattendibili o inadeguate. La mancanza di adeguate informazioni scientifiche non dovrebbe essere invocata come giustificazione per rinviare o non adottare misure di conservazione e di gestione.
(13)
L’occhialone (Pagellus bogaraveo) è catturato nelle zone di competenza del Comitato per la pesca nell’Atlantico centro-orientale (Copace) e della Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo (CGPM), che confinano con la sottozona CIEM 9. Poiché i dati CIEM per tali zone adiacenti sono incompleti, l’ambito di applicazione del TAC dovrebbe rimanere limitato alla sottozona CIEM 9.
(14)
Poiché non è stato ancora raggiunto alcun accordo con il Regno Unito sui livelli dei TAC degli stock ittici transzonali e al fine di istituire un quadro normativo adeguato per le attività di pesca dell’Unione fino all’adozione di decisioni sulla gestione congiunta, è opportuno fissare possibilità di pesca provvisorie per i primi tre mesi del 2021. Tali possibilità di pesca provvisorie dovrebbero essere fissate a livelli tali da non pregiudicare l’esito delle consultazioni con i paesi terzi interessati e non dovrebbero compromettere la possibilità di fissare TAC permanenti in linea con i pareri scientifici. In linea generale, dovrebbero pertanto corrispondere al 25 % della quota dell’Unione delle possibilità di pesca fissate per il 2020. Tali possibilità di pesca provvisorie non dovrebbero in alcun caso ostacolare la fissazione di possibilità di pesca definitive in conformità degli accordi internazionali, in particolare dell’accordo sugli scambi e la cooperazione tra l’Unione europea e la Comunità europea dell’energia atomica, da una parte, e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, dall’altra (5), che si applica in via provvisoria a decorrere dal 1o gennaio 2021, e dell’esito delle consultazioni, del quadro giuridico dell’Unione e dei pareri scientifici.
(15)
Il CIEM raccomanda di non effettuare catture di pesce specchio atlantico (Hoplostethus atlanticus) fino al 2024. È opportuno continuare a vietare la pesca, la conservazione a bordo, il trasbordo e lo sbarco di tale specie, dal momento che lo stock è depauperato e non mostra segni di miglioramento. Il CIEM osserva che nell’Atlantico nord-orientale le navi dell’Unione non praticano attività di pesca diretta di tale specie dal 2010.
(16)
Il CIEM raccomanda di ridurre al minimo la mortalità per pesca degli squali di acque profonde. Gli squali di acque profonde sono specie longeve caratterizzate da bassi tassi di riproduzione, che si sono trovate in situazione di sovrasfruttamento. È opportuno pertanto che la pesca per tali specie sia stata vietata.
(17)
Per evitare l’interruzione delle attività di pesca e garantire il sostentamento dei pescatori dell’Unione, è opportuno che il presente regolamento si applichi a decorrere dal 1° gennaio 2021. Il presente regolamento dovrebbe entrare in vigore immediatamente dopo la pubblicazione per consentire agli Stati membri di garantirne la tempestiva applicazione,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto
Il presente regolamento stabilisce, per il 2021 e il 2022, le possibilità di pesca annuali concesse ai pescherecci dell’Unione per gli stock ittici di determinate specie di acque profonde nelle acque dell’Unione e in determinate acque non dell’Unione in cui sono imposti limiti di cattura.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente regolamento si applicano le definizioni di cui all’articolo 4 del regolamento (UE) n. 1380/2013. Si applicano inoltre le definizioni seguenti:
a)
«totale ammissibile di catture» (TAC):
i)
nelle attività di pesca soggette all’esenzione dall’obbligo di sbarco di cui all’articolo 15, paragrafi da 4 a 7, del regolamento (UE) n. 1380/2013, il quantitativo di pesce che può essere sbarcato ogni anno a partire da ciascuno stock;
ii)
in tutte le altre attività di pesca, il quantitativo di pesce che può essere catturato ogni anno da ciascuno stock;
b)
«contingente»: la quota del TAC assegnata all’Unione o a uno Stato membro;
c)
«acque internazionali»: le acque non soggette alla sovranità o giurisdizione di un qualsiasi Stato;
d)
«valutazione analitica»: valutazioni quantitative dell’evoluzione di un determinato stock sulla base di dati relativi alla biologia e allo sfruttamento dello stock, che secondo un esame scientifico presentano una qualità sufficiente per formulare un parere scientifico sulle opzioni da adottare per le catture future;
e)
«zone Consiglio internazionale per l’esplorazione del mare (CIEM)»: le zone geografiche specificate nell’allegato III del regolamento (CE) n. 218/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio (6);
f)
«zone Comitato per la pesca nell’Atlantico centro-orientale (Copace)»: le zone geografiche specificate nell’allegato II del regolamento (CE) n. 216/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio (7);
g)
«squali di acque profonde»: le specie elencate nell’allegato, parte 1, punto 2, del presente regolamento.
Articolo 3
TAC e loro ripartizione
1. I TAC per le specie di acque profonde catturate da pescherecci dell’Unione nelle acque dell’Unione e in determinate acque non dell’Unione e la loro ripartizione tra gli Stati membri, nonché le eventuali condizioni a essi funzionalmente collegate, sono fissati nell’allegato.
2. I pescherecci dell’Unione possono essere autorizzati a pescare - nei limiti dei TAC fissati nell’allegato del presente regolamento - nelle acque soggette alla giurisdizione del Regno Unito in materia di pesca alle condizioni stabilite nel regolamento (UE) 2017/2403 del Parlamento europeo e del Consiglio (8) e nelle relative disposizioni di attuazione.
Articolo 4
Pescherecci battenti bandiera del Regno Unito, immatricolati nel Regno Unito e in possesso di una licenza rilasciata da un’amministrazione della pesca del Regno Unito
I pescherecci battenti bandiera del Regno Unito, immatricolati nel Regno Unito e in possesso di una licenza rilasciata da un’amministrazione della pesca del Regno Unito possono essere autorizzati a pescare nelle acque dell’Unione nei limiti dei TAC fissati nell’allegato del presente regolamento e devono essere soggetti alle condizioni di cui al regolamento (UE) 2017/2403.
Articolo 5
TAC stabiliti dagli Stati membri
1. Il TAC per il pesce sciabola nero (Aphanopus carbo) nella zona Copace 34.1.2 è stabilito dal Portogallo. Tale stock è identificato nell’allegato.
2. Il TAC stabilito dal Portogallo:
a)
è conforme ai principi e alle norme della PCP, in particolare al principio dello sfruttamento sostenibile dello stock; e
b)
consente:
i)
se sono disponibili valutazioni analitiche, di sfruttare lo stock in linea, il più verosimilmente possibile, con l’MSY dal 2019 in poi;
ii)
se le valutazioni analitiche non sono disponibili o sono incomplete, di sfruttare lo stock nel rispetto dell’approccio precauzionale in materia di gestione della pesca.
3. Entro il 15 marzo di ogni anno il Portogallo comunica alla Commissione le informazioni seguenti:
a)
il TAC adottato;
b)
i dati raccolti e valutati dal Portogallo sulla cui base è stato adottato il TAC;
c)
informazioni particolareggiate per quanto riguarda la conformità del TAC adottato al paragrafo 2.
Articolo 6
Disposizioni speciali in materia di ripartizione delle possibilità di pesca
1. La ripartizione tra gli Stati membri delle possibilità di pesca di cui al presente regolamento non pregiudica:
a)
gli scambi realizzati a norma dell’articolo 16, paragrafo 8, del regolamento (UE) n. 1380/2013;
b)
le detrazioni e le riassegnazioni effettuate a norma dell’articolo 37 del regolamento (CE) n. 1224/2009 del Consiglio (9);
c)
le riassegnazioni effettuate a norma dell’articolo 12, paragrafo 7, del regolamento (UE) 2017/2403;
d)
gli sbarchi supplementari autorizzati a norma dell’articolo 3 del regolamento (CE) n. 847/96 e dell’articolo 15, paragrafo 9, del regolamento (UE) n. 1380/2013;
e)
i quantitativi riportati a norma dell’articolo 4 del regolamento (CE) n. 847/96 e dell’articolo 15, paragrafo 9, del regolamento (UE) n. 1380/2013;
f)
le detrazioni effettuate a norma degli articoli 105, 106 e 107 del regolamento (CE) n. 1224/2009.
2. Gli stock soggetti a TAC precauzionale o a TAC analitico figurano nell’allegato.
3. L’articolo 3 del regolamento (CE) n. 847/96 si applica agli stock soggetti a TAC precauzionale e l’articolo 3, paragrafi 2 e 3, e l’articolo 4 di detto regolamento si applicano agli stock soggetti a TAC analitico, salvo se diversamente specificato nell’allegato del presente regolamento.
4. Gli articoli 3 e 4 del regolamento (CE) n. 847/96 non si applicano quando uno Stato membro si avvale della flessibilità interannuale di cui all’articolo 15, paragrafo 9, del regolamento (UE) n. 1380/2013.
Articolo 7
Condizioni per lo sbarco delle catture e delle catture accessorie
Le catture che non sono soggette all’obbligo di sbarco di cui all’articolo 15 del regolamento (UE) n. 1380/2013 sono conservate a bordo o sbarcate unicamente se:
a)
sono state effettuate da navi battenti bandiera di uno Stato membro che dispone di un contingente non ancora esaurito, oppure
b)
sono parte di un contingente a disposizione dell’Unione che non è stato ripartito tra gli Stati membri tramite contingenti e detto contingente dell’Unione non è ancora esaurito.
Articolo 8
Applicazione dei TAC provvisori
1. Nei casi in cui, in una tabella di cui all’allegato del presente regolamento, è fatto riferimento al presente articolo, le possibilità di pesca indicate in tale tabella sono provvisorie e si applicano dal 1° gennaio al 31 marzo 2021. Tali possibilità di pesca provvisorie non pregiudicano la fissazione di possibilità di pesca definitive per il 2021 e il 2022 conformemente all’esito dei negoziati e/o delle consultazioni internazionali, ai pareri scientifici, alle disposizioni applicabili del regolamento (UE) n. 1380/2013 e ai pertinenti piani pluriennali.
2. I pescherecci dell’Unione possono pescare stock soggetti alle possibilità di pesca provvisorie di cui al paragrafo 1 nelle acque dell’Unione e internazionali nonché nelle acque di paesi terzi che abbiano conferito l’accesso alle proprie acque ai pescherecci dell’Unione.
Articolo 9
Divieti
Ai pescherecci dell’Unione è fatto divieto di:
a)
pescare pesce specchio atlantico (Hoplostethus atlanticus) nelle acque dell’Unione e nelle acque internazionali delle sottozone CIEM da 1 a 10, 12 e 14, nonché di conservare a bordo, trasbordare o sbarcare pesce specchio atlantico catturato in tali zone;
b)
pescare squali di acque profonde nelle sottozone CIEM da 5 a 9, nelle acque dell’Unione e nelle acque internazionali della sottozona CIEM 10, nelle acque internazionali della sottozona CIEM 12 e nelle acque dell’Unione delle zone Copace 34.1.1, 34.1.2 e 34.2, nonché di conservare a bordo, trasbordare, trasferire o sbarcare squali di acque profonde catturati in tali zone.
Articolo 10
Trasmissione dei dati
Per la trasmissione alla Commissione dei dati relativi agli sbarchi dei quantitativi catturati per ogni stock ai sensi degli articoli 33 e 34 del regolamento (CE) n. 1224/2009, gli Stati membri si avvalgono dei codici degli stock che figurano nell’allegato del presente regolamento.
Articolo 11
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Esso si applica a decorrere dal 1o gennaio 2021.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 28 gennaio 2021
Per il Consiglio
Il presidente
A. P. ZACARIAS
(1) Regolamento (UE) n. 1380/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, relativo alla politica comune della pesca, che modifica i regolamenti (CE) n. 1954/2003 e (CE) n. 1224/2009 del Consiglio e che abroga i regolamenti (CE)n. 2371/2002 e (CE) n. 639/2004 del Consiglio, nonché la decisione 2004/585/CE del Consiglio (GU L 354 del 28.12.2013, pag. 22).
(2) Regolamento (UE) 2019/472 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2019, che istituisce un piano pluriennale per gli stock pescati nelle acque occidentali e nelle acque adiacenti e per le attività di pesca che sfruttano questi stock, modifica i regolamenti (UE) 2016/1139 e (UE) 2018/973, e abroga i regolamenti (CE) n. 811/2004, (CE) n. 2166/2005, (CE) n. 388/2006, (CE) n. 509/2007 e (CE) n. 1300/2008 del Consiglio (GU L 83 del 25.3.2019, pag. 1).
(3) Regolamento (CE) n. 847/96 del Consiglio, del 6 maggio 1996, che introduce condizioni complementari per la gestione annuale dei TAC e dei contingenti (GU L 115 del 9.5.1996, pag. 3).
(4) Accordo sull’applicazione delle disposizioni della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982 relative alla conservazione e alla gestione degli stock ittici transzonali e degli stock ittici altamente migratori (GU L 189 del 3.7.1998, pag. 16).
(5) GU L 444 del 31.12.2020, pag. 14.
(6) Regolamento (CE) n. 218/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2009, relativo alla trasmissione di statistiche sulle catture nominali da parte degli Stati membri con attività di pesca nell’Atlantico nord-orientale (GU L 87 del 31.3.2009, pag. 70).
(7) Regolamento (CE) n. 216/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2009, relativo alla trasmissione di statistiche sulle catture nominali da parte degli Stati membri con attività di pesca in zone diverse dall’Atlantico settentrionale (GU L 87 del 31.3.2009, pag. 1).
(8) Regolamento (UE) 2017/2403 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2017, relativo alla gestione sostenibile delle flotte da pesca esterne e recante abrogazione del regolamento (CE) n. 1006/2008 del Consiglio (GU L 347 del 28.12.2017, pag. 81).
(9) Regolamento (CE) n. 1224/2009 del Consiglio, del 20 novembre 2009, che istituisce un regime di controllo unionale per garantire il rispetto delle norme della politica comune della pesca, che modifica i regolamenti (CE) n. 847/96, (CE) n. 2371/2002, (CE) n. 811/2004, (CE) n. 768/2005, (CE) n. 2115/2005, (CE) n. 2166/2005, (CE) n. 388/2006, (CE) n. 509/2007, (CE) n. 676/2007, (CE) n. 1098/2007, (CE) n. 1300/2008, (CE) n. 1342/2008 e che abroga i regolamenti (CEE) n. 2847/93, (CE) n. 1627/94 e (CE) n. 1966/2006 (GU L 343 del 22.12.2009, pag. 1).
ALLEGATO
PARTE 1
Tavola di corrispondenza dei nomi comuni e dei nomi scientifici e definizioni
1.
Ai fini del presente regolamento, si applica la seguente tavola di corrispondenza dei nomi comuni e dei nomi scientifici delle specie.
Nome comune
Codice alfa-3
Nome scientifico
Pesce sciabola nero
BSF
Aphanopus carbo
Berici
ALF
Beryx spp.
Granatiere di roccia
RNG
Coryphaenoides rupestris
Granatiere berglax
RHG
Macrourus berglax
Occhialone
SBR
Pagellus bogaraveo
2.
Ai fini del presente regolamento, per «squali di acque profonde» si intendono gli squali che figurano nel seguente elenco.
Nome comune
Codice alfa-3
Nome scientifico
Gattucci oceanici
API
Apristurus spp.
Squalo serpente
HXC
Chlamydoselachus anguineus
Sagrì
CWO
Centrophorus spp.
Squalo portoghese
CYO
Centroscymnus coelolepis
Squalo musolungo
CYP
Centroscymnus crepidater
Pescecane nero
CFB
Centroscyllium fabricii
Squalo becco d’uccello
DCA
Deania calcea
Zigrino
SCK
Dalatias licha
Sagrì atlantico
ETR
Etmopterus princeps
Sagrì nero
ETX
Etmopterus spinax
Gattuccio islandese
GAM
Galeus murinus
Squalo capopiatto
SBL
Hexanchus griseus
Pesce porco atlantico
OXN
Oxynotus paradoxus
Cagnolo atlantico
SYR
Scymnodon ringens
Squalo di Groenlandia
GSK
Somniosus microcephalus
PARTE 2
Possibilità di pesca annuali (in tonnellate di peso vivo)
Salvo diversa indicazione, le zone di pesca di cui alla presente parte sono le zone CIEM.
Nell’elenco riportato nella presente parte gli stock ittici figurano secondo l’ordine alfabetico dei nomi latini delle specie.
Specie:
Pesce sciabola nero
Aphanopus carbo
Zona:
Acque dell’Unione e acque internazionali delle zone 5, 6, 7 e 12
(BSF/56712-)
Germania
7
TAC precauzionale
Si applica l’articolo 8 del presente regolamento.
Estonia
4
Irlanda
18
Spagna
35
Francia
494
Lettonia
23
Lituania
0
Polonia
0
Altri
2
(1)
Unione
583
Regno Unito
35
TAC
618
Specie:
Pesce sciabola nero
Aphanopus carbo
Zona:
Acque dell’Unione e acque internazionali delle zone 8, 9 e 10
(BSF/8910-)
Anno
2021
2022
TAC precauzionale
Spagna
7
7
Francia
18
18
Portogallo
2 241
2 241
Unione
2 266
2 266
TAC
2 266
2 266
Specie:
Pesce sciabola nero
Aphanopus carbo
Zona:
Acque dell’Unione e acque internazionali della zona Copace 34.1.2
(BSF/C3412-)
Anno
2021
2022
TAC precauzionale
Si applica l’articolo 4 del presente regolamento.
Portogallo
Da fissare
Da fissare
Unione
da fissare
(2)
da fissare
(2)
TAC
da fissare
(2)
da fissare
(2)
Specie:
Berici
Beryx spp.
Zona:
Acque dell’Unione e acque internazionali delle zone 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9,10, 12 e 14
(ALF/3X14-)
Irlanda
2
(3)
TAC precauzionale
Si applica l’articolo 8 del presente regolamento.
Spagna
14
(3)
Francia
4
(3)
Portogallo
41
(3)
Unione
61
(3)
Regno Unito
2
(3)
TAC
63
(3)
Specie:
Granatiere di roccia
Coryphaenoides rupestris
Zona:
Acque dell’Unione e acque internazionali della zona 3
(RNG/03-)
Anno
2021
2022
TAC precauzionale
Danimarca
4,730
(4)
(5)
4,730
(4)
(5)
Germania
0,027
(4)
(5)
0,027
(4)
(5)
Svezia
0,243
(4)
(5)
0,243
(4)
(5)
Unione
5
(4)
(5)
5
(4)
(5)
TAC
5
(4)
(5)
5
(4)
(5)
Specie:
Granatiere di roccia
Coryphaenoides rupestris
Zona:
Acque dell’Unione e acque internazionali delle zone 5b, 6 e 7
(RNG/5B67-)
Germania
1
(6)
(7)
TAC precauzionale
Si applica l’articolo 8 del presente regolamento.
Estonia
9
(6)
(7)
Irlanda
42
(6)
(7)
Spagna
10
(6)
(7)
Francia
527
(6)
(7)
Lituania
12
(6)
(7)
Polonia
6
(6)
(7)
Altri
1
(6)
(7)
(8)
Unione
608
(6)
(7)
Regno Unito
31
(6)
(7)
TAC
639
(6)
(7)
Specie:
Granatiere di roccia
Coryphaenoides rupestris
Zona:
Acque dell’Unione e acque internazionali delle zone 8, 9, 10, 12 e 14
(RNG/8X14-)
Germania
4
(9)
(10)
TAC precauzionale
Si applica l’articolo 8 del presente regolamento.
Irlanda
1
(9)
(10)
Spagna
410
(9)
(10)
Francia
19
(9)
(10)
Lettonia
7
(9)
(10)
Lituania
1
(9)
(10)
Polonia
128
(9)
(10)
Unione
570
(9)
(10)
Regno Unito
2
(9)
(10)
TAC
572
(9)
(10)
Specie
Occhialone
Pagellus bogaraveo
Zona:
Acque dell’Unione e acque internazionali delle zone 6, 7 e 8
(SBR/678-)
Irlanda
1
(11)
TAC precauzionale
Si applica l’articolo 8 del presente regolamento.
Spagna
21
(11)
Francia
1
(11)
Altri
1
(11)
(12)
Unione
24
(11)
Regno Unito
3
(11)
TAC
27
(11)
Specie:
Occhialone
Pagellus bogaraveo
Zona:
Acque dell’Unione e acque internazionali della zona 9
(SBR/09-)
Anno
2021
2022
TAC precauzionale
Spagna
93
93
Portogallo
25
25
Unione
118
118
TAC
119
119
Specie:
Occhialone
Pagellus bogaraveo
Zona:
Acque dell’Unione e acque internazionali della zona 10
(SBR/10-)
Spagna
1
TAC precauzionale
Si applica l’articolo 8 del presente regolamento.
Portogallo
136
Unione
137
Regno Unito
1
TAC
138
(1) Esclusivamente per le catture accessorie. Per questo contingente non è consentita la pesca diretta. Le catture da imputare a questo contingente condiviso sono dichiarate separatamente (BSF/56712_AMS).
(2) Fissato allo stesso quantitativo del Portogallo.
(3) Esclusivamente per le catture accessorie. Per questo contingente non è consentita la pesca diretta.
(4) Non è consentita la pesca diretta di granatiere di roccia nella zona 3a.
(5) Non è consentita la pesca diretta di granatiere berglax. Le catture accessorie di granatiere berglax (RHG/03-) sono imputate a questo contingente e non devono superare l’1 % del contingente.
(6) Un massimo del 10 % di ciascun contingente può essere pescato nelle acque dell’Unione e nelle acque internazionali delle zone 8, 9, 10, 12 e 14 (RNG/*8X14- per il granatiere di roccia; RHG/*8X14- per le catture accessorie di granatiere berglax).
(7) Non è consentita la pesca diretta di granatiere berglax. Le catture accessorie di granatiere berglax (RHG/5B67-) sono imputate a questo contingente e non devono superare l’1 % del contingente.
(8) Esclusivamente per le catture accessorie. Non è consentita la pesca diretta. Le catture da imputare a questo contingente condiviso sono dichiarate separatamente (RNG/5B67_AMS per il granatiere di roccia; RHG/5B67_AMS per il granatiere berglax).
(9) Un massimo del 10 % di ciascun contingente può essere pescato nelle acque dell’Unione e nelle acque internazionali delle zone 5b, 6, 7 (RNG/*5B67- per il granatiere di roccia; RHG/*5B67- per le catture accessorie di granatiere berglax).
(10) Non è consentita la pesca diretta di granatiere berglax. Le catture accessorie di granatiere berglax (RHG/8X14-) sono imputate a questo contingente e non devono superare l’1 % del contingente.
(11) Esclusivamente per le catture accessorie. Per questo contingente non è consentita la pesca diretta.
(12) Le catture da imputare a questo contingente condiviso sono dichiarate separatamente (SBR/678_AMS). | Possibilità di pesca dei pescherecci dell’Unione europea per determinati stock ittici di acque profonde
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Stabilisce, per gli anni 2021 e 2022, le possibilità di pesca annuali concesse ai pescherecci immatricolati nell’Unione europea (Unione) per gli stock ittici di determinate specie di acque profonde* in:acque dell’Unione; determinate acque di paesi terzi in cui sono imposti limiti di cattura.
PUNTI CHIAVE
Totali ammissibili di cattura (TAC)I TAC definiscono i quantitativi di diverse specie di pesci che possono essere catturati entro il rispettivo anno. I limiti seguono il principio dello sfruttamento sostenibile dei vari stock in linea con il rendimento massimo sostenibile (RMS)*. Sono stati adottati piani di gestione pluriennali per le regioni dipendenti dalla pesca dell’Unione (ad esempio, il piano pluriennale per le acque occidentali, si veda la sintesi). I TAC si basano sui migliori pareri scientifici disponibili, comprese le relazioni del comitato scientifico, tecnico ed economico per la pesca, e tengono conto degli aspetti biologici e socioeconomici garantendo nel contempo un trattamento equo tra i settori della pesca. Tuttavia, gli stock di acque profonde hanno la tendenza a essere ampiamente distribuiti a profondità difficili da analizzare per motivi pratici. Pertanto, i dati provenienti da rilevamenti scientifici sovente non sono disponibili, per via della ridotta importanza commerciale di tali stock o per il fatto che non ricoprono l’intera zona di distribuzione. Per tali motivi, occorre che le misure di gestione e i livelli di TAC seguano l’approccio precauzionale alla gestione della pesca*. La maggioranza degli stock di acque profonde è condivisa con il Regno Unito, e i TAC sono concordati in occasione di consultazioni annuali tra l’Unione e il Regno Unito. Nei casi in cui è possibile trovare gli stock ittici solo nelle acque dell’Unione, i TAC sono decisi dagli Stati membri dell’Unione sulla base di un proposta presentata dalla Commissione europea. Il TAC per ciascuna singola specie è suddiviso in contingenti, ovvero quote del TAC assegnate all’Unione, agli Stati membri o ai paesi terzi.Ripartizioni dei TACI TAC relativi alle specie di acque profonde catturate da pescherecci immatricolati nell’Unione in acque dell’Unione e in determinate acque di paesi terzi, insieme alla ripartizione di tali TAC tra gli Stati membri e alle eventuali condizioni correlate, laddove appropriato, sono stabiliti negli allegati del regolamento (UE) 2021/91 e nel regolamento di modifica (UE) 2021/1239. I pescherecci dell’Unione possono essere autorizzati a pescare, rispettando i TAC stabiliti nell’allegato, nelle acque facenti parte della giurisdizione in materia di pesca del Regno Unito, in virtù delle condizioni stabilite nel regolamento (UE) 2017/2403 relative alla gestione sostenibile delle flotte da pesca esterne e delle norme di attuazione (si veda la sintesi).Obbligo di sbarco
A partire dal 1° gennaio 2019, è stata richiesta l’adesione all’obbligo di sbarco a tutte le flotte da pesca dell’Unione, il che ha messo fine alla pratica del rigetto. Le catture non subordinate all’obbligo di sbarco del regolamento (UE) n. 1380/2013 relativo alla politica comune della pesca (si veda la sintesi) devono essere tenute a bordo o sbarcate solo se:sono state eseguite da navi battenti bandiera di uno Stato membro in possesso di un contingente, e qualora tale contingente non sia stato esaurito; consistono di una quota di un contingente dell’Unione che non è stata ripartita per contingente tra gli Stati membri, e tale contingente dell’Unione non è stato esaurito.Conservazione di squali di acque profonde e pesce specchio atlantico
Il regolamento vieta la pesca di squali di acque profonde e pesce specchio atlantico trattandosi di specie vulnerabili.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Il regolamento è in vigore dal 1° gennaio 2021.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, si veda:Il Consiglio Agricoltura e pesca adotta le possibilità di pesca per l’anno 2021 relative agli stock dell’Atlantico nord-orientale e delle acque profonde — comunicato stampa (Commissione europea). Pesca sostenibile (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Specie di acque profonde: le specie di acque profonde sono catturate a profondità fino a 1 500 metri, oltre i principali luoghi di pesca delle piattaforme continentali. Gli stock ittici di acque profonde sono altamente vulnerabili alla pesca e lenti a ricostituirsi a causa di tempi di riproduzione lenti. Le specie di acque profonde comprendono pesci quali berici, pesce sciabola nero, granatiere di roccia, occhialone e alcune specie di squali.
Rendimento massimo sostenibile (RMS): il massimo rendimento (catture) che può essere prelevato da uno stock di una specie ittica nell’arco di un tempo indefinito, ossia senza metterne a rischio la sopravvivenza.
Approccio precauzionale alla gestione della pesca: approccio in cui l’assenza di informazioni scientifiche adeguate non dovrebbe giustificare la posticipazione o la mancata adozione di misure di gestione tese alla conservazione delle specie bersaglio, associate o dipendenti e delle specie non bersaglio e del loro ambiente.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Regolamento (UE) 2021/91 del Consiglio, del 28 gennaio 2021, che stabilisce, per gli anni 2021 e 2022, le possibilità di pesca dei pescherecci dell’Unione per determinati stock ittici di acque profonde (GU L 31 del 29.1.2021, pag. 20).
Le successive modifiche al regolamento (UE) 2021/91 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) 2021/1239 del Consiglio, del 29 luglio 2021, che modifica i regolamenti (UE) 2019/1919, (UE) 2021/91 e (UE) 2021/92 per quanto riguarda determinate possibilità di pesca per il 2021 nelle acque dell’Unione e non dell’Unione (GU L 276 del 31.7.2021, pag. 1).
Regolamento (UE) 2019/472 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2019, che istituisce un piano pluriennale per gli stock pescati nelle acque occidentali e nelle acque adiacenti e per le attività di pesca che sfruttano questi stock, modifica i regolamenti (UE) 2016/1139 e (UE) 2018/973, e abroga i regolamenti (CE) n. 811/2004, (CE) n. 2166/2005, (CE) n. 388/2006, (CE) n. 509/2007 e (CE) n. 1300/2008 del Consiglio (GU L 83 del 25.3.2019, pag. 1).
Si veda la versione consolidata.
Regolamento (UE) n. 1380/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, relativo alla politica comune della pesca, che modifica i regolamenti (CE) n. 1954/2003 e (CE) n. 1224/2009 del Consiglio e che abroga i regolamenti (CE) n. 2371/2002 e (CE) n. 639/2004 del Consiglio, nonché la decisione 2004/585/CE del Consiglio (GU L 354 del 28.12.2013, pag. 22).
Si veda la versione consolidata. | 12,966 | 1,138 |
32018D0402 | false | DECISIONE (UE) 2018/402 DELLA COMMISSIONE
del 13 marzo 2018
che istituisce il gruppo consultivo europeo dell'Autorità europea del lavoro
(Testo rilevante ai fini del SEE e per la Svizzera)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare gli articoli 46 e 48, l'articolo 53, paragrafo 1, l'articolo 62 e l'articolo 91, paragrafo 1,
considerando quanto segue:
(1)
Nel discorso sullo stato dell'Unione del 2017 (1), il presidente della Commissione europea Juncker ha proposto l'istituzione di un'«Autorità europea del lavoro» destinata a rafforzare l'equità nel mercato interno e a garantire un'applicazione equa, semplice ed efficace delle norme dell'UE sulla mobilità dei lavoratori.
(2)
Il 13 marzo 2018 la Commissione ha proposto di istituire l'Autorità europea del lavoro (2) chiamata ad assistere gli Stati membri e la Commissione nel facilitare l'accesso dei lavoratori e dei datori di lavoro alle informazioni circa i loro diritti e doveri e ai pertinenti servizi in situazioni di mobilità transfrontaliera dei lavoratori, a sostenere la collaborazione tra gli Stati membri nell'applicazione transfrontaliera del pertinente diritto dell'Unione nonché a mediare e favorire la soluzione di controversie transfrontaliere o perturbazioni del mercato del lavoro.
(3)
È opportuno istituire un gruppo consultivo che fornisca consulenza e assistenza alla Commissione sulla rapida istituzione e sul futuro funzionamento dell'Autorità europea del lavoro; è opportuno che tale gruppo sia denominato «gruppo consultivo europeo dell'Autorità europea del lavoro» (di seguito «il gruppo»). Sebbene non coinvolto nel processo legislativo di adozione della proposta di regolamento che istituisce l'Autorità europea del lavoro, il gruppo dovrebbe contribuire a porre le basi per l'istituzione di quest'ultima.
(4)
Il gruppo dovrebbe in particolare rendere possibile lo scambio delle migliori pratiche ed esperienze di cooperazione nei settori della mobilità transfrontaliera dei lavoratori e del coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, che l'Autorità europea del lavoro potrebbe ulteriormente sviluppare, nonché l'esame di questioni di carattere generale, di questioni di principio e di problemi di ordine pratico derivanti dall'attuazione del pertinente diritto dell'Unione. Il gruppo dovrebbe anche concorrere a individuare gli strumenti che consentano agli attuali organismi pertinenti, comprese le agenzie dell'UE, di cooperare e contribuire all'istituzione e al buon funzionamento dell'Autorità europea del lavoro.
(5)
È opportuno che il gruppo sia presieduto dalla Commissione (DG Occupazione, affari sociali e inclusione) e composto da rappresentanti ad alto livello delle autorità degli Stati membri, delle parti sociali a livello dell'Unione, della Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (Eurofound), del Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale (Cedefop), della Fondazione europea per la formazione (ETF) e dell'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA). Le parti sociali a livello dell'Unione dovrebbero rappresentare su base paritetica i sindacati e le organizzazioni dei datori di lavoro.
(6)
Agli Stati dell'Associazione europea di libero scambio (EFTA) e all'Agenzia dell'Unione europea per la cooperazione nell'attività di contrasto (Europol) dovrebbe essere concesso lo status di osservatori.
(7)
Il gruppo dovrebbe collaborare con gli organismi esistenti nel campo della mobilità dei lavoratori e del coordinamento dei sistemi della sicurezza sociale.
(8)
È opportuno stabilire disposizioni sulla divulgazione delle informazioni da parte dei membri e degli osservatori del gruppo.
(9)
I dati personali dovrebbero essere trattati in conformità del regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (3).
(10)
La presente decisione si applica fino all'istituzione dell'Autorità europea del lavoro,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Oggetto
È istituito il gruppo consultivo europeo dell'Autorità europea del lavoro (di seguito «il gruppo»).
Articolo 2
Compiti
Il gruppo fornisce consulenza e assistenza alla Commissione (DG Occupazione, affari sociali e inclusione) sulla rapida istituzione e sul futuro funzionamento dell'Autorità europea del lavoro.
Il gruppo svolge, in particolare, i seguenti compiti:
a)
favorisce la cooperazione tra le autorità nazionali e le parti interessate e fornisce consulenza alla Commissione sulla rapida istituzione e sul futuro funzionamento operativo dell'Agenzia europea del lavoro;
b)
esamina le questioni generali, le questioni di principio e i problemi di ordine pratico derivanti dall'attuazione della normativa dell'Unione sulla mobilità transfrontaliera dei lavoratori e sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale come pure le loro conseguenze sulle attività dell'Autorità europea del lavoro;
c)
discute e individua le migliori pratiche ed esempi di cooperazione proficua nel settore della mobilità transfrontaliera dei lavoratori e del coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale al fine di sviluppare le attività dell'Autorità europea del lavoro;
d)
individua le modalità di cooperazione e il contributo degli organismi esistenti, comprese le agenzie decentralizzate dell'UE, finalizzati all'istituzione e al buon funzionamento dell'Autorità europea del lavoro.
Articolo 3
Composizione
1. Il gruppo è composto da:
—
un rappresentante di ciascuno Stato membro;
—
sei rappresentanti delle parti sociali a livello dell'Unione che rappresentano su base paritetica i sindacati e le organizzazioni dei datori di lavoro;
—
un rappresentante di ciascuna agenzia dell'UE nel settore dell'occupazione e degli affari sociali.
2. I membri nominano i propri rappresentanti ad alto livello e sono responsabili di garantire un loro elevato livello di competenza.
3. I rappresentanti sono nominati entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente decisione. Essi possono farsi accompagnare da esperti.
4. I membri che non sono più in grado di contribuire efficacemente alle deliberazioni del gruppo di esperti e che, secondo il parere della Commissione (DG Occupazione, affari sociali e inclusione), non soddisfano le condizioni di cui all'articolo 339 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea o che presentano le dimissioni, non sono più invitati a partecipare alle riunioni del gruppo e possono essere sostituiti per la restante durata del mandato.
Articolo 4
Presidente
Il gruppo è presieduto da un rappresentante della Commissione (DG Occupazione, affari sociali e inclusione).
Articolo 5
Funzionamento
1. Il gruppo opera su richiesta della Commissione (DG Occupazione, affari sociali e inclusione) in conformità delle regole orizzontali (4).
2. Il gruppo si riunisce almeno tre volte l'anno. Le riunioni del gruppo si svolgono, di norma, nei locali della Commissione.
3. La Commissione (DG Occupazione, affari sociali e inclusione) assicura i servizi di segreteria. I funzionari di altri servizi della Commissione interessati ai lavori possono partecipare alle riunioni del gruppo.
4. D'intesa con la Commissione (DG Occupazione, affari sociali e inclusione) il gruppo può decidere, a maggioranza semplice dei membri, di rendere pubbliche le deliberazioni.
5. Il verbale delle discussioni relative a ciascuno dei punti all'ordine del giorno e dei pareri espressi dal gruppo è informativo e completo. Il verbale è redatto dal segretariato sotto la responsabilità del presidente.
6. Il gruppo adotta i pareri, le raccomandazioni o le relazioni per consenso.
7. La partecipazione di esperti del Parlamento europeo ai lavori del gruppo è disciplinata dal punto 15 e dall'allegato I dell'accordo quadro sulle relazioni tra il Parlamento europeo e la Commissione europea (5).
Articolo 6
Esperti invitati
All'occorrenza la Commissione (DG Occupazione, affari sociali e inclusione) può invitare a partecipare ai lavori del gruppo esperti esterni con competenze specifiche su un argomento all'ordine del giorno.
Articolo 7
Osservatori
1. Agli Stati dell'Associazione europea di libero scambio (EFTA) e all'Agenzia dell'Unione europea per la cooperazione nell'attività di contrasto (Europol) è concesso lo status di osservatori, in conformità delle regole orizzontali, su invito diretto.
2. Gli osservatori nominano i propri rappresentanti.
3. I rappresentanti degli osservatori possono essere autorizzati dal presidente a partecipare alle discussioni del gruppo e a fornire consulenza. Essi non partecipano tuttavia alla formulazione delle raccomandazioni o dei pareri del gruppo.
Articolo 8
Regolamento interno
Su proposta dalla Commissione (DG Occupazione, affari sociali e inclusione), e di concerto con essa, il gruppo adotta a maggioranza semplice dei suoi membri il proprio regolamento interno basandosi sul modello di regolamento interno dei gruppi di esperti, in conformità delle regole orizzontali.
Articolo 9
Segreto professionale e trattamento delle informazioni classificate
I membri del gruppo e i loro rappresentanti, così come gli esperti invitati e gli osservatori, sono soggetti all'obbligo del segreto professionale che, in virtù dei trattati e delle relative norme di attuazione, si applicano a tutti i membri delle istituzioni e al loro personale, nonché al rispetto delle norme della Commissione in materia di sicurezza riguardanti la protezione delle informazioni classificate dell'Unione, previste dalle decisioni della Commissione (UE, Euratom) 2015/443 (6) e (UE, Euratom) 2015/444 (7). In caso di mancato rispetto di tali obblighi la Commissione può prendere tutti i provvedimenti del caso.
Articolo 10
Trasparenza
1. Il gruppo è iscritto nel registro dei gruppi di esperti della Commissione e di altri organismi analoghi («registro dei gruppi di esperti»).
2. Per quanto riguarda la composizione del gruppo, nel registro dei gruppi di esperti sono pubblicate le informazioni seguenti:
a)
il nome degli Stati membri;
b)
il nome delle parti sociali; gli interessi rappresentati;
c)
il nome delle agenzie nel settore dell'occupazione e degli affari sociali;
d)
il nome degli osservatori, compreso il nome dei paesi terzi.
3. Tutti i documenti pertinenti (quali ordini del giorno, verbali e contributi dei partecipanti) sono resi pubblici tramite il registro dei gruppi di esperti o tramite un link dal registro ad un apposito sito web dove tali informazioni sono reperibili. L'accesso a questi siti web non è subordinato alla registrazione dell'utente né ad altre restrizioni. In particolare, la pubblicazione dell'ordine del giorno e degli altri documenti di riferimento pertinenti avviene a tempo debito prima della riunione ed è seguita dalla pubblicazione tempestiva dei verbali. Sono previste deroghe alla pubblicazione soltanto qualora si ritenga che la divulgazione di un documento possa compromettere la tutela di un interesse pubblico o privato quale definito all'articolo 4 del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (8).
Articolo 11
Spese di riunione
1. I partecipanti alle attività del gruppo non sono remunerati per i servizi prestati.
2. La Commissione rimborsa le spese di viaggio e di soggiorno sostenute dai partecipanti alle attività del gruppo. I rimborsi sono effettuati in conformità delle disposizioni vigenti applicate all'interno della Commissione e nei limiti degli stanziamenti disponibili assegnati ai servizi della Commissione nel quadro della procedura annuale di assegnazione delle risorse.
Articolo 12
Applicabilità
La presente decisione entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Essa si applica fino all'istituzione dell'Autorità europea del lavoro.
Fatto a Strasburgo, il 13 marzo 2018
Per la Commissione
Il presidente
Jean-Claude JUNCKER
(1) Il discorso sullo stato dell'Unione 2017 è disponibile al seguente indirizzo: https://ec.europa.eu/commission/state-union-2017_it.
(2) COM(2018)131.
(3) Regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1).
(4) C(2016) 3301, articolo 13, paragrafo 1.
(5) GU L 304 del 20.11.2010, pag. 47.
(6) Decisione (UE, Euratom) 2015/443 della Commissione, del 13 marzo 2015, sulla sicurezza nella Commissione (GU L 72 del 17.3.2015, pag. 41).
(7) Decisione (UE, Euratom) 2015/444 della Commissione, del 13 marzo 2015, sulle norme di sicurezza per proteggere le informazioni classificate UE (GU L 72 del 17.3.2015, pag. 53).
(8) Regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43). | Istituzione del gruppo consultivo europeo dell’Autorità europea del lavoro
QUAL È LO SCOPO DI QUESTA DECISIONE?
Essa istituisce il gruppo consultivo europeo responsabile di fornire consulenza e assistenza alla Commissione europea sull’istituzione e sul funzionamento dell’Autorità europea del lavoro (ELA).
PUNTI CHIAVE
Il 13 marzo 2018 la Commissione ha presentato una proposta per istituire l’ELA. Il suo scopo è quello di promuovere l’equità e la fiducia reciproca nel mercato interno dell’UE assicurando che le norme dell’UE in materia di mobilità dei lavoratori siano applicate in maniera equa, semplice ed efficace. Essa ha 3 obiettivi specifici:aiutare individui e datori di lavoro ad accedere alle informazioni relative ai loro diritti e obblighi nei settori della mobilità dei lavoratori e del coordinamento della sicurezza sociale (norme comuni dell’UE che tutelano i diritti di sicurezza sociale degli individui che si spostano all’interno di UE, Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera) nonché ad accedere ai servizi pertinenti; sostenere la cooperazione tra le autorità nazionali nell’applicazione del diritto dell’UE oltre i confini nazionali, anche semplificando ispezioni congiunte e concertate (come nel caso in cui paesi diversi organizzino ispezioni simultanee); svolgere opera di mediazione e contribuire a risolvere controversie tra autorità nazionali o in casi di perturbazioni del mercato del lavoro (ad esempio nel caso delle ristrutturazioni di imprese) che riguardano più paesi. Tale proposta fa altresì parte dello sviluppo del pilastro europeo dei diritti sociali, che si propone di promuovere condizioni di vita e di lavoro migliori nell’UE.
Compiti
I compiti principali del gruppo consultivo sono:favorire la cooperazione tra le autorità nazionali e le parti interessate e fornire consulenza alla Commissione sull’istituzione e sul futuro funzionamento dell’ELA;esaminare le questioni generali, le questioni di principio e i problemi di ordine pratico derivanti dall’attuazione della normativa dell’UE sulla mobilità dei lavoratori e sul coordinamento della sicurezza sociale come pure le loro conseguenze sulle attività dell’ELA; discutere e individuare le migliori pratiche ed esempi di cooperazione proficua nel settore della mobilità transfrontaliera dei lavoratori e del coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale con i vicini paesi dell’Associazione europea di libero scambio (EFTA) al fine di sviluppare le attività dell’ELA; individuare le modalità di cooperazione e il contributo degli organismi esistenti, comprese le agenzie decentralizzate dell’UE, finalizzate all’istituzione dell’ELA e a garantirne il buon funzionamento. Composizione
I soci del gruppo consultivo europeo sono:un rappresentante di ciascun paese dell’UE; sei rappresentanti delle parti sociali a livello dell’UE che rappresentano su base paritetica i sindacati e le organizzazioni dei datori di lavoro; un rappresentante di ciascuna agenzia dell’UE nel settore dell’occupazione e degli affari sociali:Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro,Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale,Fondazione europea per la formazione;Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro. Ai paesi membri dell’EFTA e all’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione nell’attività di contrasto può essere concesso uno status di osservatore su invito diretto. All’occorrenza la Commissione (DG Occupazione, affari sociali e inclusione) può invitare a partecipare esperti con competenze specifiche su un argomento all’ordine del giorno.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
È in vigore dal 15 marzo 2018.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, consultare:Domande e risposte sull’Autorità europea del lavoro (Commissione europea) La Commissione adotta proposte per un’Autorità europea del lavoro e per l’accesso alla protezione sociale (Commissione europea) Il pilastro europeo dei diritti sociali (Commissione Europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione (UE) 2018/402 della Commissione, del 13 marzo 2018, che istituisce il gruppo consultivo europeo dell’Autorità europea del lavoro (GU L 72 del 15.3.2018, pagg. 20-23).
DOCUMENTI CORRELATI
Proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce l’Autorità europea del lavoro [COM (2018)131 final del 13.3.2018]. | 5,311 | 152 |
32009L0054 | false | DIRETTIVA 2009/54/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 18 giugno 2009
sull’utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali
(Rifusione)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 95,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando conformemente alla procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 80/777/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1980, in materia di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri sull’utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali (3), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (4). In occasione di nuove modificazioni della suddetta direttiva, è opportuno, per motivi di chiarezza, procedere alla rifusione di tale direttiva.
(2)
Le legislazioni degli Stati membri definiscono le acque minerali naturali. Tali legislazioni fissano le condizioni per il riconoscimento delle acque minerali naturali come tali, disciplinando altresì le modalità di utilizzazione delle sorgenti. Esse contengono inoltre norme particolari per la commercializzazione delle acque in questione.
(3)
Le differenze esistenti tra dette legislazioni ostacolano la libera circolazione delle acque minerali naturali, dando luogo a distorsioni della concorrenza e hanno, conseguentemente, una diretta incidenza sul funzionamento del mercato interno.
(4)
Nel caso specifico, questi ostacoli possono essere eliminati sia in forza dell’obbligo che incombe a ciascuno Stato membro di ammettere sul proprio territorio la commercializzazione delle acque minerali naturali riconosciute come tali da ciascuno degli altri Stati membri, sia in forza dell’emanazione di norme comuni specie per quanto concerne i requisiti necessari sotto il profilo microbiologico e i requisiti per l’utilizzazione di denominazioni particolari per determinate acque minerali.
(5)
Le norme in materia di acque minerali naturali perseguono l’obiettivo prioritario di proteggere la salute del consumatore, evitare che i consumatori siano ingannati e assicurare la lealtà delle operazioni commerciali.
(6)
In attesa della conclusione di accordi tra la Comunità e i paesi terzi sul riconoscimento reciproco delle acque minerali naturali, è opportuno prevedere, fino all’applicazione di tali accordi, le condizioni per l’ammissione nella Comunità in qualità di acque minerali naturali dei prodotti simili importati dai paesi terzi.
(7)
È necessario vigilare affinché le acque minerali naturali conservino, nella fase di commercializzazione, le caratteristiche in base a cui sono state riconosciute come tali. È pertanto opportuno che i recipienti utilizzati per il confezionamento delle acque siano muniti di un idoneo dispositivo di chiusura.
(8)
Le acque minerali naturali sono soggette, per quanto riguarda l’etichettatura, alle norme generali fissate dalla direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari nonché la relativa pubblicità (5). La presente direttiva può quindi limitarsi ad adottare i completamenti e le deroghe che è opportuno apportare a dette norme generali.
(9)
L’indicazione della composizione analitica dell’acqua minerale naturale dovrebbe essere obbligatoria per garantire l’informazione del consumatore.
(10)
Le misure necessarie per l’esecuzione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (6).
(11)
In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di stabilire i limiti per le concentrazioni dei componenti delle acque minerali naturali, le disposizioni necessarie per indicare sulle etichette l’elevato tenore di alcuni componenti, le condizioni per l’impiego di aria arricchita di ozono per il trattamento delle acque minerali naturali, le informazioni riguardanti i trattamenti delle acque minerali naturali, i metodi di analisi per determinare l’assenza di inquinamento delle acque minerali naturali e le procedure di campionamento e i metodi di analisi necessari per il controllo delle caratteristiche microbiologiche delle acque minerali naturali. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, anche completandola, devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE.
(12)
Ove, per imperativi motivi d’urgenza, i termini ordinari della procedura di regolamentazione con controllo non possano essere osservati, la Commissione dovrebbe poter applicare la procedura d’urgenza prevista dall’articolo 5 bis, paragrafo 6 della decisione 1999/468/CE, ai fini dell’adozione di modifiche della presente direttiva che si rendano necessarie per garantire la protezione della salute pubblica.
(13)
I nuovi elementi introdotti nella presente direttiva riguardano soltanto le procedure di comitato. Ad essi non deve quindi essere data attuazione nella legislazione degli Stati membri.
(14)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive indicati nell’allegato IV, parte B,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
1. La presente direttiva riguarda le acque estratte dal suolo di uno Stato membro e riconosciute dall’autorità responsabile di tale Stato membro quali acque minerali naturali conformi alle norme contenute nell’allegato I, parte I.
2. La presente direttiva si estende anche alle acque estratte dal suolo di un paese terzo, importate nella Comunità e riconosciute come acque minerali naturali dall’autorità responsabile di uno Stato membro.
Le acque di cui al primo comma possono formare oggetto di tale riconoscimento solo se l’autorità competente del paese ove le acque sono estratte dal suolo abbia accertato che esse sono conformi alle disposizioni dell’allegato I, parte I, e che si è proceduto a controlli regolari dell’applicazione delle disposizioni dell’allegato II, punto 2.
Il periodo di validità dell’accertamento di cui al secondo comma non può superare i cinque anni. Qualora l’accertamento sia rinnovato prima della fine di tale periodo non è necessario un nuovo riconoscimento ai sensi del primo comma.
3. La presente direttiva non si applica:
a)
alle acque che sono dei medicinali ai sensi della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (7);
b)
alle acque minerali naturali utilizzate a fini curativi alla sorgente negli stabilimenti termali o idrotermali.
4. Il riconoscimento di cui ai paragrafi 1 e 2 è debitamente motivato dall’autorità responsabile dello Stato membro e detti motivi formano oggetto di pubblicazione ufficiale.
5. Ogni Stato membro informa la Commissione dei casi nei quali si è proceduto al riconoscimento di cui ai paragrafi 1 e 2 ovvero alla sua revoca. L’elenco delle acque minerali naturali riconosciute come tali è pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 2
Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché soltanto le acque di cui all’articolo 1 che siano conformi alle norme della presente direttiva possano essere commercializzate quali acque minerali naturali.
Articolo 3
Le sorgenti di acque minerali naturali debbono essere utilizzate e le loro acque imbottigliate in conformità dell’allegato II.
Articolo 4
1. Le acque minerali naturali, quali si presentano alla sorgente, possono subire unicamente i seguenti trattamenti:
a)
separazione degli elementi instabili, quali i composti del ferro e dello zolfo, mediante filtrazione o decantazione, eventualmente preceduta da ossigenazione, a condizione che tale trattamento non comporti una modifica della composizione dell’acqua in quei componenti essenziali che conferiscono all’acqua stessa le sue proprietà;
b)
separazione dei composti di ferro, manganese e zolfo nonché dell’arsenico da talune acque minerali naturali mediante trattamento con aria arricchita di ozono, a condizione che tale trattamento non comporti una modifica della composizione dell’acqua in quei componenti essenziali che conferiscono all’acqua stessa le sue proprietà e sempreché:
i)
il trattamento rispetti le condizioni di utilizzazione stabilite dalla Commissione previa consultazione dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare, definite dal regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (8);
ii)
il trattamento sia notificato alle autorità competenti e da esse specificamente controllato;
c)
separazione di componenti indesiderabili diversi da quelli menzionati alle lettere a) e b), a condizione che tale trattamento non comporti una modifica della composizione dell’acqua in quei componenti essenziali che conferiscono all’acqua stessa le sue proprietà e sempreché:
i)
il trattamento rispetti le condizioni di utilizzazione stabilite dalla Commissione previa consultazione dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare;
ii)
il trattamento sia notificato alle autorità competenti e da esse specificamente controllato;
d)
eliminazione totale o parziale dell’anidride carbonica libera mediante procedimenti esclusivamente fisici.
Le misure di cui alle lettere b), punto i), e c), punto i), intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 14, paragrafo 2.
Il primo comma non impedisce l’utilizzazione delle acque minerali naturali o delle acque di sorgente per la fabbricazione di bevande rinfrescanti analcoliche.
2. Le acque minerali naturali, quali si presentano alla sorgente, non possono essere soggette ad aggiunte diverse dall’incorporazione o reincorporazione di anidride carbonica alle condizioni previste nell’allegato I, parte III.
3. Sono vietati qualsiasi trattamento di disinfezione e, fatto salvo il paragrafo 2, l’aggiunta di elementi batteriostatici o qualsiasi altro trattamento tale da modificare il microbismo dell’acqua minerale naturale.
Articolo 5
1. Alla sorgente, il tenore totale di microrganismi revivificabili di un’acqua minerale naturale è conforme al suo microbismo normale ed è prova di una protezione efficace della sorgente contro qualsiasi contaminazione. Tale tenore è determinato alle condizioni previste all’allegato I, parte II, punto 1.3.3.
Dopo l’imbottigliamento, tale tenore non può superare il limite di 100 per millilitro, a 20-22 °C, in 72 ore, in agar-agar o miscela agar-gelatina, e 20 per millilitro a 37 °C in 24 ore in agar-agar. Il tenore suddetto è misurato nelle 12 ore successive all’imbottigliamento; in questo periodo di 12 ore l’acqua è mantenuta a una temperatura di 4 °C ± 1 °CC.
Alla sorgente, detti valori non devono normalmente superare, rispettivamente, 20 per ml alla temperatura di 20-22 °C in 72 ore e 5 per ml a 37 °C in 24 ore, fermo restando che tali valori sono considerati indicativi e non concentrazioni massime.
2. Alla sorgente e durante la commercializzazione, un’acqua minerale naturale è esente da:
a)
parassiti e microrganismi patogeni;
b)
escherichia coli o altri colibacilli e streptococchi fecali, su 250 ml del campione esaminato;
c)
anaerobi sporigeni solfito-riduttori, su 50 ml del campione esaminato;
d)
pseudomonas aeruginosa, su 250 ml del campione esaminato.
3. Fatti salvi i paragrafi 1 e 2, nonché le modalità di utilizzazione di cui all’allegato II, nella fase della commercializzazione:
a)
il tenore totale di microrganismi revivificabili dell’acqua minerale naturale può risultare soltanto dall’evoluzione normale del suo tenore batteriologico alla sorgente;
b)
l’acqua minerale naturale non può presentare difetti dal punto di vista organolettico.
Articolo 6
Ogni recipiente utilizzato per il confezionamento delle acque minerali naturali è munito di un dispositivo di chiusura tale da evitare il pericolo di falsificazione o di contaminazione.
Articolo 7
1. La denominazione di vendita delle acque minerali naturali è «acqua minerale naturale» ovvero, se si tratta di un’acqua minerale naturale effervescente quale definita all’allegato I, parte III, a seconda dei casi, «acqua minerale naturale naturalmente gassata», «acqua minerale naturale rinforzata con gas della sorgente», «acqua minerale naturale addizionata di anidride carbonica».
La denominazione di vendita delle acque minerali naturali sottoposte a uno dei trattamenti di cui all’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera d), è completata, secondo il caso, dalle menzioni «totalmente degassata» o «parzialmente degassata».
2. Le etichette delle acque minerali naturali recano anche le seguenti informazioni obbligatorie:
a)
l’indicazione della composizione analitica, con i componenti caratteristici;
b)
il luogo di utilizzazione della sorgente e il nome della stessa;
c)
informazioni circa gli eventuali trattamenti di cui all’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettere b) e c).
3. Qualora non esistano disposizioni comunitarie in merito alle informazioni sui trattamenti di cui al paragrafo 2, lettera c), gli Stati membri possono mantenere le loro disposizioni nazionali.
Articolo 8
1. I nomi di località, frazioni o luoghi possono entrare nella composizione di una designazione commerciale soltanto se si riferiscono a un’acqua minerale naturale la cui sorgente è utilizzata nel luogo indicato dalla designazione commerciale e purché non induca in errore circa il luogo di sfruttamento della sorgente.
2. È vietata la commercializzazione di acque minerali naturali provenienti da un’unica sorgente sotto più di una descrizione commerciale.
3. Quando le etichette o iscrizioni apposte sui recipienti nei quali le acque minerali naturali sono poste in vendita recano l’indicazione di una designazione commerciale diversa dal nome della sorgente o del suo luogo di utilizzazione, tale luogo di utilizzazione o il nome della sorgente sono indicati mediante caratteri di altezza e larghezza almeno pari a una volta e mezza il carattere più grande utilizzato per l’indicazione di tale designazione commerciale.
Nella designazione commerciale utilizzata nella pubblicità, sotto qualsiasi forma, delle acque minerali naturali si applicano, mutatis mutandis e nello stesso spirito, le disposizioni di cui al primo comma in ordine all’importanza attribuita al nome della sorgente o al luogo della sua utilizzazione.
Articolo 9
1. È vietato l’uso, sia sulle confezioni o etichette, sia nella pubblicità, sotto qualsiasi forma, di indicazioni, denominazioni, marchi di fabbrica o di commercio, immagini o altri segni, figurativi o meno, che:
a)
per quanto riguarda le acque minerali naturali, evochino caratteristiche non possedute dalle acque, in ordine all’origine, alla data di autorizzazione all’esercizio, ai risultati delle analisi o a riferimenti analoghi a garanzie di autenticità;
b)
per quanto riguarda un’acqua potabile confezionata in recipienti, non conforme alle disposizioni dell’allegato I, parte I, possano generare confusione con acque minerali naturali, in particolare l’espressione «acqua minerale».
2. Sono vietate tutte le indicazioni che attribuiscono a un’acqua minerale naturale proprietà per la prevenzione, la cura o la guarigione di una malattia umana.
Sono tuttavia autorizzate le menzioni di cui all’allegato III a condizione che siano rispettati i criteri corrispondenti ivi fissati o, qualora non ve ne siano, i criteri fissati dalle legislazioni nazionali e purché siano state stabilite sulla base di analisi fisico-chimiche e, se necessario, di esami farmacologici, fisiologici e clinici effettuati secondo metodi scientificamente sperimentati, conformemente alle disposizioni dell’allegato I, parte I, punto 2.
Gli Stati membri possono autorizzare le menzioni «stimola la digestione», «può favorire le funzioni epatobiliari» o menzioni analoghe. Essi possono inoltre autorizzare altre menzioni purché non siano in contrasto con i principi di cui al primo comma e siano compatibili con i principi di cui al secondo comma.
3. Gli Stati membri possono adottare disposizioni particolari per menzioni, sia sulle confezioni o sulle etichette, sia nella pubblicità, concernenti l’idoneità di un’acqua minerale naturale per l’alimentazione dei lattanti. Dette disposizioni possono riguardare anche le proprietà dell’acqua ai fini dell’utilizzazione di queste menzioni.
Gli Stati membri che hanno intenzione di adottare tali disposizioni ne informano preventivamente gli altri Stati membri e la Commissione.
4. Il termine «acqua di sorgente» è riservato alle acque destinate al consumo umano allo stato naturale e imbottigliate alla sorgente, sempreché:
a)
soddisfino le condizioni di utilizzazione di cui all’allegato II, punti 2 e 3, che si applicano in toto alle acque di sorgente;
b)
soddisfino i requisiti microbiologici di cui all’articolo 5;
c)
osservino le disposizioni relative all’etichettatura di cui all’articolo 7, paragrafo 2, lettere b) e c), e all’articolo 8;
d)
non siano state sottoposte a trattamenti diversi da quelli menzionati all’articolo 4. Altri trattamenti possono essere autorizzati dalla Commissione.
Le misure di cui alla lettera d) intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 14, paragrafo 2.
Le acque di sorgente rispettano inoltre le disposizioni della direttiva 98/83/CE del Consiglio, del 3 novembre 1998, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano (9).
5. Qualora non esistano disposizioni comunitarie in merito al trattamento delle acque di sorgente di cui al paragrafo 4, primo comma, lettera d), gli Stati membri possono mantenere le loro disposizioni nazionali al riguardo.
Articolo 10
Gli Stati membri adottano le opportune disposizioni affinché il commercio delle acque minerali conformi alle definizioni e alle disposizioni della presente direttiva non sia ostacolato dall’applicazione delle disposizioni nazionali non armonizzate che regolano le proprietà, la composizione, le modalità di utilizzazione, il confezionamento, l’etichettatura o la pubblicità delle acque minerali naturali o dei prodotti alimentari in genere.
Articolo 11
1. Qualsiasi Stato membro, qualora abbia circostanziati motivi per ritenere che un’acqua minerale naturale non sia conforme alle disposizioni stabilite nella presente direttiva, o presenti un pericolo per la salute pubblica, pur circolando liberamente in uno o più Stati membri, può temporaneamente sospendere o limitare, nel proprio territorio, la commercializzazione di tale prodotto. Esso ne informa immediatamente la Commissione e gli altri Stati membri, precisando i motivi della decisione.
2. Su richiesta di qualsiasi Stato membro o della Commissione, lo Stato membro che ha riconosciuto detta acqua fornisce tutte le informazioni pertinenti relative al riconoscimento della stessa, nonché i risultati dei controlli periodici.
3. La Commissione esamina quanto prima i motivi addotti dallo Stato membro di cui al paragrafo 1 nell’ambito del comitato permanente di cui all’articolo 14, paragrafo 1, esprime senza indugio il proprio parere e prende le misure del caso.
4. Se la Commissione ritiene che siano necessarie modifiche alla presente direttiva per garantire la protezione della salute pubblica, essa adotta tali modifiche.
Tali misure intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 14, paragrafo 2. Per motivi imperativi di urgenza la Commissione può avvalersi della procedura d’urgenza di cui all’articolo 14, paragrafo 3.
Lo Stato membro che abbia eventualmente adottato misure di salvaguardia può mantenerle in vigore fino all’adozione delle modifiche medesime.
Articolo 12
La Commissione adotta le seguenti misure:
a)
i limiti per le concentrazioni dei componenti delle acque minerali naturali;
b)
tutte le disposizioni necessarie per indicare sulle etichette l’elevato tenore di alcuni componenti;
c)
le condizioni per l’impiego di aria arricchita di ozono, di cui all’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera b);
d)
le informazioni riguardanti i trattamenti di cui all’articolo 7, paragrafo 2, lettera c);
e)
i metodi di analisi, compresi i limiti di individuazione, per verificare l’assenza di inquinamento delle acque minerali naturali;
f)
le procedure di campionamento ed i metodi di analisi necessari per il controllo delle caratteristiche microbiologiche delle acque naturali.
Tali misure, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, completandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 14, paragrafo 2.
Articolo 13
Le decisioni che possono avere effetti sulla salute pubblica sono adottate dalla Commissione previa consultazione dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare.
Articolo 14
1. La Commissione è assistita dal comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali istituito dall’articolo 58 del regolamento (CE) n. 178/2002.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo si applicano l’articolo 5 bis, paragrafi 1, 2, 4 e 6, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
Articolo 15
La presente direttiva non si applica alle acque minerali naturali destinate all’esportazione nei paesi terzi.
Articolo 16
La direttiva 80/777/CEE, modificata dagli atti di cui all’allegato IV, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento delle direttive indicati all’allegato IV, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all’allegato V.
Articolo 17
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 18
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Bruxelles, il 18 giugno 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
Š. FÜLE
(1) GU C 162 del 25.6.2008, pag. 87.
(2) Parere del Parlamento europeo del 23 settembre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 28 maggio 2009.
(3) GU L 229 del 30.8.1980, pag. 1.
(4) Cfr. allegato IV, parte A.
(5) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29.
(6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
(7) GU L 311 del 28.11.2001, pag. 67.
(8) GU L 31 dell’1.2.2002, pag. 1.
(9) GU L 330 del 5.12.1998, pag. 32.
ALLEGATO I
I. DEFINIZIONE
1.
Per «acqua minerale naturale» si intende, ai sensi dell’articolo 5, un’acqua microbiologicamente pura, la quale abbia per origine una falda o un giacimento sotterranei e provenga da una sorgente con una o più emergenze naturali o perforate.
L’acqua minerale naturale si distingue nettamente dall’acqua ordinaria da bere:
a)
per la sua natura, caratterizzata dal tenore in minerali, oligoelementi o altri costituenti ed eventualmente per taluni suoi effetti;
b)
per la sua purezza originaria;
caratteristiche, queste, rimaste entrambe intatte data l’origine sotterranea dell’acqua che è stata tenuta al riparo da ogni rischio di inquinamento.
2.
Le caratteristiche di cui al punto 1, che possono conferire all’acqua minerale naturale le sue proprietà salutari, devono essere state valutate:
a)
sui piani:
i)
geologico e idrologico;
ii)
fisico, chimico e fisico-chimico;
iii)
microbiologico;
iv)
se necessario, farmacologico, fisiologico e clinico;
b)
secondo i criteri indicati nella parte II;
c)
secondo i metodi scientificamente riconosciuti dall’autorità responsabile.
Gli esami di cui al primo comma, lettera a), punto iv), possono essere facoltativi quando l’acqua presenti quelle caratteristiche di composizione in base alle quali un’acqua è stata considerata come acqua minerale naturale nello Stato membro di origine prima del 17 luglio 1980. Ciò si verifica in particolare quando l’acqua analizzata contiene all’origine, e dopo imbottigliamento, un minimo di 1 000 mg di solidi totali in soluzione o un minimo di 250 mg di anidride carbonica libera per chilogrammo.
3.
La composizione, la temperatura e le altre caratteristiche essenziali dell’acqua minerale naturale debbono mantenersi costanti nell’ambito delle variazioni naturali; in particolare, esse non debbono subire modifiche dovute a eventuali variazioni di portata.
Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, deve intendersi per microbismo normale dell’acqua minerale naturale la flora batterica percettibilmente costante, rilevata alla sorgente prima che sia intervenuta qualsiasi manipolazione e la cui composizione qualitativa e quantitativa, analizzata per il riconoscimento di detta acqua, sia sottoposta a periodici controlli.
II. PRESCRIZIONI PER L’APPLICAZIONE DELLA DEFINIZIONE
1.1. Prescrizioni applicabili per gli esami geologici e idrologici
Sono richiesti in particolare:
1.1.1.
la situazione esatta della captazione determinata dalla sua altitudine e, sul piano topografico, da una carta di scala non superiore a 1:1 000;
1.1.2.
un rapporto geologico dettagliato sull’origine e sulla natura dei terreni;
1.1.3.
la stratigrafia del giacimento idrogeologico;
1.1.4.
la descrizione dei lavori di captazione;
1.1.5.
la determinazione della zona o dettagli di altre misure di protezione della sorgente contro l’inquinamento.
1.2. Prescrizioni applicabili per gli esami fisici, chimici e fisico-chimici
Questi esami comportano in particolare la determinazione:
1.2.1.
della portata della sorgente;
1.2.2.
della temperatura dell’acqua alla sorgente e della temperatura ambiente;
1.2.3.
dei rapporti esistenti tra la natura dei terreni e la natura ed i tipi della mineralizzazione;
1.2.4.
dei residui secchi a 180 °C e 260 °C;
1.2.5.
della conduttività o della resistività elettrica, con precisazione della temperatura di misura;
1.2.6.
della concentrazione in ioni idrogeno (pH);
1.2.7.
degli anioni e cationi;
1.2.8.
degli elementi non ionizzati;
1.2.9.
degli oligo-elementi;
1.2.10.
della radio-attinologia alla sorgente;
1.2.11.
se del caso, delle proporzioni relative in isotopi degli elementi costitutivi dell’acqua, ossigeno (16O — 18O) e idrogeno (protio, deuterio, tritio);
1.2.12.
della tossicità di taluni degli elementi costitutivi dell’acqua, tenuto conto dei limiti fissati al riguardo per ciascuno di essi.
1.3. Criteri applicabili per gli esami microbiologici alla sorgente
Questi esami comportano in particolare:
1.3.1.
l’accertamento dell’assenza di parassiti e di microrganismi patogeni;
1.3.2.
la determinazione quantitativa dei microrganismi revivificabili indici di contaminazione fecale:
a)
assenza di escherichia coli e di altri colibacilli in 250 ml a 37 °C e 44,5 °C;
b)
assenza di streptococchi fecali in 250 ml;
c)
assenza di anaerobi sporigeni solfito-riduttori in 50 ml;
d)
assenza di pseudomonas aeruginosa in 250 ml;
1.3.3.
la determinazione del tenore totale di microrganismi revivificabili per ml di acqua:
a)
a 20 °C - 22 °C in 72 ore in agar-agar o miscela agar-gelatina;
b)
a 37 °C in 24 ore in agar-agar.
1.4. Prescrizioni applicabili per gli esami clinici e farmacologici
1.4.1.
La natura degli esami, cui si procede secondo metodi scientifici riconosciuti, è adattata alle caratteristiche proprie dell’acqua minerale naturale ed ai suoi effetti sull’organismo umano, quali la diuresi, il funzionamento gastrico o intestinale, la compensazione delle carenze di sostanze minerali.
1.4.2.
Eventualmente, la constatazione della costanza e della concordanza di un gran numero di osservazioni cliniche può sostituire gli esami di cui al punto 1.4.1. In casi appropriati gli esami clinici possono sostituirsi agli esami di cui al punto 1.4.1, a condizione che la costanza e la concordanza di un gran numero di osservazioni consentano di ottenere gli stessi risultati.
III. QUALIFICAZIONI COMPLEMENTARI RELATIVE ALLE ACQUE MINERALI NATURALI EFFERVESCENTI
Le acque minerali naturali effervescenti liberano, all’origine o dopo imbottigliamento, spontaneamente e in maniera nettamente percettibile, anidride carbonica alle condizioni normali di temperatura e di pressione. Esse si dividono in tre categorie alle quali si applicano rispettivamente le seguenti denominazioni riservate:
a)
«Acqua minerale naturale naturalmente gassata»: un’acqua il cui tenore di anidride carbonica proveniente dalla sorgente, dopo eventuale decantazione e imbottigliamento, è uguale a quello della sorgente, tenuto eventualmente conto della reintegrazione di una quantità di gas proveniente dalla stessa falda o dallo stesso giacimento, pari a quella liberata nel corso di tali operazioni, nonché delle tolleranze tecniche abituali;
b)
«Acqua minerale naturale rinforzata col gas della sorgente»: un’acqua il cui tenore di anidride carbonica proveniente dalla stessa falda o dallo stesso giacimento, dopo eventuale decantazione e imbottigliamento, è superiore a quello della sorgente;
c)
«Acqua minerale naturale addizionata di anidride carbonica»: un’acqua in cui è stata disciolta anidride carbonica non prelevata dalla falda o dal giacimento da cui essa proviene.
ALLEGATO II
CONDIZIONI DI UTILIZZAZIONE E DI COMMERCIALIZZAZIONE DELLE ACQUE MINERALI NATURALI
1.
L’utilizzazione di una sorgente d’acqua minerale naturale è subordinata all’autorizzazione dell’autorità responsabile del paese in cui l’acqua è stata estratta, previo accertamento della sua conformità ai criteri di cui all’allegato I, parte I.
2.
Gli impianti destinati all’utilizzazione sono realizzati in modo da escludere ogni pericolo di contaminazione e da conservare le proprietà dell’acqua corrispondenti alla sua qualificazione, esistenti alla fonte.
A tal fine, in particolare:
a)
la sorgente o il punto di emergenza sono protetti contro ogni pericolo di inquinamento;
b)
la captazione, le canalizzazioni ed i serbatoi sono realizzati con materiali adatti all’acqua e costruiti in modo da impedire qualsiasi modifica chimica, fisico-chimica e microbiologica di tale acqua;
c)
le condizioni di utilizzazione e, in particolare, gli impianti di lavaggio e di imbottigliamento soddisfano le esigenze igieniche. In particolare, i recipienti sono trattati o fabbricati in modo da evitare che le caratteristiche microbiologiche e chimiche delle acque minerali naturali vengano alterate;
d)
è proibito il trasporto dell’acqua minerale naturale a mezzo di recipienti che non siano quelli autorizzati per la distribuzione al consumatore finale.
Tuttavia si può non applicare la lettera d) alle acque minerali estratte, utilizzate e commercializzate nel territorio di uno Stato membro se in questo Stato membro, alla data del 17 luglio 1980, era autorizzato il trasporto in cisterna dell’acqua minerale naturale dalla sorgente sino allo stabilimento di imbottigliamento.
Analogamente si può non applicare la lettera d) alle acque di sorgente estratte, utilizzate e commercializzate nel territorio di uno Stato membro se in questo Stato membro, alla data del 13 dicembre 1996, era autorizzato il trasporto in cisterna dell’acqua di sorgente dalla sorgente sino allo stabilimento di imbottigliamento.
3.
Se, durante le operazioni, si constata che l’acqua minerale naturale è inquinata e non risponde più alle caratteristiche microbiologiche di cui all’articolo 5, l’imprenditore, senza indugio, sospende tutte le utilizzazioni, in particolare l’operazione di imbottigliamento, fino a quando non sia stata eliminata la causa dell’inquinamento e l’acqua non risulti conforme alle norme dell’articolo 5.
4.
L’autorità responsabile del paese di origine procede periodicamente a controlli:
a)
della conformità dell’acqua minerale naturale, di cui sia autorizzata l’utilizzazione della sorgente, alle disposizioni dell’allegato I, parte I;
b)
dell’osservanza, da parte dell’imprenditore, dei punti 2 e 3.
ALLEGATO III
MENZIONI E CRITERI PREVISTI ALL’ARTICOLO 9, PARAGRAFO 2
Menzioni
Criteri
Oligominerale o leggermente mineralizzata
Il tenore di sali minerali, calcolato come residuo fisso, non è superiore a 500 mg/l
Minimamente mineralizzata
Il tenore di sali minerali, calcolato come residuo fisso, non è superiore a 50 mg/l
Ricca in sali minerali
Il tenore di sali minerali, calcolato come residuo fisso, è superiore a 1 500 mg/l
Contenente bicarbonato
Il tenore di bicarbonato è superiore a 600 mg/l
Solfata
Il tenore di solfati è superiore a 200 mg/l
Clorurata
Il tenore di cloruro è superiore a 200 mg/l
Calcica
Il tenore di calcio è superiore a 150 mg/l
Magnesiaca
Il tenore di magnesio è superiore a 50 mg/l
Fluorata, o contenente fluoro
Il tenore di fluoro è superiore a 1 mg/l
Ferruginosa, o contenente ferro
Il tenore di ferro bivalente è superiore a 1 mg/l
Acidula
Il tenore di anidride carbonica libera è superiore a 250 mg/l
Sodica
Il tenore di sodio è superiore a 200 mg/l
Indicata per la preparazione degli alimenti per lattanti
—
Indicata per le diete povere di sodio
Con un tenore di sodio inferiore a 20 mg/l
Può avere effetti lassativi
—
Può avere effetti diuretici
—
ALLEGATO IV
PARTE A
Direttiva abrogata e sue modificazioni successive
(di cui all’articolo 16)
Direttiva 80/777/CEE del Consiglio
(GU L 229 del 30.8.1980, pag. 1).
Direttiva 80/1276/CEE del Consiglio
(GU L 375 del 31.12.1980, pag. 77).
limitatamente all’articolo 1, terzo trattino
Direttiva 85/7/CEE del Consiglio
(GU L 2 del 3.1.1985, pag. 22).
limitatamente all’articolo 1, punto 10
Punto B.1. o dell’allegato I all’atto di adesione del 1985
(GU L 302 del 15.11.1985, pag. 214).
Direttiva 96/70/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 299 del 23.11.1996, pag. 26).
Regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1).
limitatamente all’allegato III, punto 4
PARTE B
Termini di recepimento nel diritto nazionale
(di cui all’articolo 16)
Direttiva
Termine di attuazione
Autorizzazione del commercio dei prodotti conformi alla presente direttiva
Divieto del commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva
80/777/CEE
—
18 luglio 1982
18 luglio 1984
80/1276/CEE
—
—
—
85/7/CEE
—
—
—
96/70/CE
—
28 ottobre 1997
28 ottobre 1998 (1)
(1) Tuttavia, i prodotti immessi sul mercato o etichettati prima di questa data e non conformi alla presente direttiva possono essere commercializzati sino ad esaurimento delle scorte.
ALLEGATO V
TAVOLA DI CONCORDANZA
Direttiva 80/777/CEE
Presente direttiva
Articolo 1, paragrafo 1
Articolo 1, paragrafo 1
Articolo 1, paragrafo 2
Articolo 1, paragrafo 2
Articolo 1, paragrafo 3, primo e secondo trattino
Articolo 1, paragrafo 3, lettere a) e b)
Articolo 1, paragrafo 4
Articolo 1, paragrafo 4
Articolo 1, paragrafo 5
Articolo 1, paragrafo 5
Articolo 2
Articolo 2
Articolo 3
Articolo 3
Articolo 4, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera a)
Articolo 4, paragrafo 1, lettera b), primo e secondo trattino
Articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera b), punti i) e ii)
Articolo 4, paragrafo 1, lettera c), primo e secondo trattino
Articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera c), punti i) e ii)
Articolo 4, paragrafo 1, lettera d)
Articolo 4, paragrafo 1, primo comma, lettera d)
—
Articolo 4, paragrafo 1, secondo comma
Articolo 4, paragrafo 2
Articolo 4, paragrafo 2
Articolo 4, paragrafo 3
Articolo 4, paragrafo 3
Articolo 4, paragrafo 4
Articolo 4, paragrafo 1, terzo comma
Articolo 5, paragrafo 1
Articolo 5, paragrafo 1
Articolo 5, paragrafo 2
Articolo 5, paragrafo 2
Articolo 5, paragrafo 3, primo e secondo trattino
Articolo 5, paragrafo 3, lettere a) e b)
Articolo 6
Articolo 6
Articolo 7, paragrafo 1
Articolo 7, paragrafo 1
Articolo 7, paragrafo 2
Articolo 7, paragrafo 2
Articolo 7, paragrafo 2 bis
Articolo 7, paragrafo 3
Articolo 8
Articolo 8
Articolo 9, paragrafo 1
Articolo 9, paragrafo 1
Articolo 9, paragrafo 2, lettere a), b) e c)
Articolo 9, paragrafo 2, primo, secondo e terzo comma
Articolo 9, paragrafo 3
Articolo 9, paragrafo 3
Articolo 9, paragrafo 4
—
Articolo 9, paragrafo 4 bis, primo comma, dal primo al quarto trattino
Articolo 9, paragrafo 4, primo comma, lettere da a) a d),
Articolo 9, paragrafo 4 bis, secondo comma
Articolo 9, paragrafo 4, secondo comma
Articolo 9, paragrafo 4 ter
Articolo 9, paragrafo 5
Articolo 10, paragrafo 1
Articolo 10
Articolo 10 bis
Articolo 11
Articolo 11, paragrafo 1, dal primo al quarto trattino
Articolo 12, lettere da a) a d)
Articolo 11, paragrafo 2, primo e secondo trattino
Articolo 12, lettere a) e b)
Articolo 11 bis
Articolo 13
Articolo 12, paragrafo 1
Articolo 14, paragrafo 1
Articolo 12, paragrafo 2
Articolo 14, paragrafi 2 e 3
Articolo 12, paragrafo 3
—
Articolo 13
—
Articolo 14
Articolo 15
Articolo 15
—
Articolo 16
—
—
Articolo 16
—
Articolo 17
Articolo 17
Articolo 18
Allegato I, parte I, paragrafo 1
Allegato I, parte I, paragrafo 1
Allegato I, parte I, paragrafo 2, primo comma, lettera a), punti da 1) a 4)
Allegato I, parte I, paragrafo 2, primo comma, lettera a), punti da i) a iv)
Allegato I, parte I, paragrafo 2, primo comma, lettera b)
Allegato I, parte I, paragrafo 2, primo comma, lettera b)
Allegato I, parte I, paragrafo 2, primo comma, lettera c)
Allegato I, parte I, paragrafo 2, primo comma, lettera c)
Allegato I, parte I, paragrafo 2, secondo comma
Allegato I, parte I, paragrafo 2, secondo comma
Allegato I, parte I, paragrafo 3
Allegato I, parte I, paragrafo 3
Allegato I, parte II, punto 1.1
Allegato I, parte II, punto 1.1
Allegato I, parte II, punto 1.2
Allegato I, parte II, punto 1.2
Allegato I, parte II, punto 1.3
Allegato I, parte II, punto 1.3
Allegato I, parte II, punto 1.3.1
Allegato I, parte II, punto 1.3.1
Allegato I, parte II, punto 1.3.2
Allegato I, parte II, punto 1.3.2
Allegato I, parte II, punto 1.3.3, punti i) e ii)
Allegato I, parte II, punto 1.3.3, lettere a) e b)
Allegato I, parte II, punto 1.4
Allegato I, parte II, punto 1.4
Allegato I, parte III
Allegato I, parte III
Allegato II
Allegato II
Allegato III
Allegato III
—
Allegato IV
—
Allegato V | Norme dell’Unione europea sulle acque minerali naturali
SINTESI
CHE COSA FA LA PRESENTE DIRETTIVA?
Armonizza le condizioni per la vendita delle acque minerali naturali nell’Unione europea (UE) e garantisce che queste ultime siano sicure per il consumo umano.
PUNTI CHIAVE
Le autorità nazionali devono garantire che l’acqua sia conforme alla normativa dell’UE prima di conferirle la denominazione di «acqua minerale naturale». Ciascun paese dell’UE informa la Commissione europea quando tale status viene riconosciuto o revocato.
L’acqua minerale naturale importata nell’UE deve essere certificata e rispettare i criteri imposti ai concorrenti nazionali.
L’acqua minerale naturale può subire unicamente trattamenti quale ad esempio la separazione degli elementi instabili, come i composti del ferro e dello zolfo.
Alla fonte, e quando vengono messe in vendita, le acque minerali naturali devono essere prive di parassiti, colibacilli vari (tipi di batteri) e altri ingredienti pericolosi per la salute umana.
I contenitori delle acque minerali naturali devono essere adeguatamente sigillati per evitare qualsiasi contaminazione.
Le acque minerali naturali possono essere vendute, se del caso, in base alle seguenti definizioni:
acqua minerale naturale;
acqua minerale naturale addizionata di anidride carbonica*;
acqua minerale naturale naturalmente gassata*;
acqua minerale naturale rinforzata col gas della sorgente.
Le etichette devono inoltre contenere le informazioni seguenti:
i dettagli relativi alla composizione analitica dell’acqua;
il nome e il luogo della sorgente utilizzata;
le informazioni circa gli eventuali trattamenti ai quali l’acqua è stata sottoposta.
È illegale utilizzare più di una designazione commerciale per commercializzare acque minerali naturali provenienti dalla stessa sorgente.
Non è lecito attribuire all’acqua caratteristiche che non possiede.
Il termine «acqua di sorgente» può essere usato solo per le acque destinate al consumo umano allo stato naturale e imbottigliate alla sorgente, che soddisfino le condizioni relative alla salute e all’etichettatura previste dalla normativa.
Nel caso in cui un’autorità nazionale consideri un’acqua minerale naturale pericolosa per la salute umana, potrà limitarne o vietarne la vendita e informerà gli altri paesi dell’UE e la Commissione in merito.
La normativa non si applica alle acque considerate dei medicinali, né alle acque minerali naturali utilizzate come cure all’interno di centri termali e idrotermali.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
Si applica a partire dal 16 luglio 2009.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, vedere la pagina «Acque minerali naturali e acque di sorgente» sul sito Internet della Commissione europea.
TERMINI CHIAVE
* Acqua minerale naturale addizionata di anidride carbonica: un’acqua in cui è stata disciolta anidride carbonica (CO2) non prelevata dalla falda o dal giacimento da cui essa proviene.
* Acqua minerale naturale naturalmente gassata: un’acqua il cui tenore di CO2 proveniente dalla sorgente, dopo eventuale decantazione e imbottigliamento, è uguale a quello della sorgente, tenuto eventualmente conto della reintegrazione di una quantità di CO2 proveniente dalla stessa falda o dallo stesso giacimento, pari a quella liberata nel corso di tali operazioni.
ATTO
Direttiva 2009/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, sull’utilizzazione e la commercializzazione delle acque minerali naturali (Rifusione) (GU L 164 del 26.6.2009, pagg. 45-58) | 14,172 | 273 |
31999L0095 | false | Direttiva 1999/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 1999, concernente l'applicazione delle disposizioni relative all'orario di lavoro della gente di mare a bordo delle navi che fanno scalo nei porti della Comunità
Gazzetta ufficiale n. L 014 del 20/01/2000 pag. 0029 - 0035
DIRETTIVA 1999/95/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIOdel 13 dicembre 1999concernente l'applicazione delle disposizioni relative all'orario di lavoro della gente di mare a bordo delle navi che fanno scalo nei porti della ComunitàIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 80, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale(2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(3),considerando quanto segue:(1) l'azione della Comunità nel settore della politica sociale mira tra l'altro al miglioramento della salute e della sicurezza dei lavoratori nel loro ambiente di lavoro;(2) l'azione della Comunità nel settore dei trasporti marittimi mira tra l'altro al miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro della gente di mare a bordo delle navi, alla sicurezza in mare e alla prevenzione dell'inquinamento dovuto ai sinistri marittimi;(3) la conferenza dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), nell'ottantaquattresima sessione tenuta dall'8 al 22 ottobre 1996, ha adottato la "convenzione OIL n. 180" sull'orario di lavoro della gente di mare e sulla composizione dell'equipaggio del 1996, in prosieguo denominata "convenzione OIL n. 180" e il protocollo relativo alla convenzione sulla marina mercantile (norme minime) del 1996, in prosieguo denominato "protocollo della convenzione OIL n. 147";(4) la direttiva 1999/63/CE del Consiglio, del 21 giugno 1999, relativa all'accordo sull'organizzazione dell'orario di lavoro della gente di mare concluso dall'associazione degli armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione dei sindacati dei lavoratori dei trasporti dell'Unione europea (FST)(4), adottata a norma dell'articolo 139, paragrafo 2 del trattato, è finalizzata all'attuazione di tale accordo, concluso il 30 settembre 1998, in prosieguo denominato "accordo"; il contenuto dell'accordo rispecchia quello di talune disposizioni della convenzione OIL n. 180; esso si applica al personale navigante a bordo di qualsiasi nave marittima, appartenente ad una compagnia pubblica o privata, iscritta nel registro di uno Stato membro e adibita normalmente ad operazioni commerciali marittime;(5) la presente direttiva è diretta ad applicare a tutte le navi che fanno scalo in un porto della Comunità a prescindere dalla loro bandiera le disposizioni della direttiva 1999/63/CE che si basano su quelle della convenzione OIL n. 180, al fine di individuare e porre fine alle situazioni manifestamente pericolose per la sicurezza o la salute della gente di mare; mentre la direttiva 1999/63/CE comprende requisiti non contemplati nella convenzione OIL n. 180 e non devono pertanto essere applicati a bordo delle navi che non battono bandiera di uno Stato membro;(6) la direttiva 1999/63/CE si applica alla gente di mare a bordo di tutte le navi marittime iscritte nel registro di uno Stato membro; gli Stati membri devono verificare che le navi battenti la loro bandiera rispettino l'insieme delle disposizioni della suddetta direttiva;(7) ai fini della sicurezza, e per evitare distorsioni della concorrenza, gli Stati membri devono poter verificare l'osservanza delle pertinenti disposizioni della direttiva 1999/63/CE da parte di tutte le navi marittime che fanno scalo nei loro porti, a prescindere dallo Stato in cui esse sono immatricolate;(8) in particolare, le navi battenti bandiera di uno Stato che non è parte della convenzione OIL n. 180, né del protocollo della convenzione OIL n. 147, non devono ottenere un trattamento più favorevole di quello riservato alle navi battenti bandiera di uno Stato che è parte della convenzione e del protocollo o di uno dei due;(9) per controllare la corretta applicazione della direttiva 1999/63/CE, gli Stati membri devono svolgere ispezioni a bordo delle navi, in particolare in caso di denuncia del comandante, di un membro dell'equipaggio o di qualsiasi persona od organismo che abbia un interesse legittimo per la sicurezza della nave in servizio, la vita di bordo, le condizioni di lavoro o la prevenzione dell'inquinamento;(10) ai fini della presente direttiva, gli Stati membri possono, ove necessario, designare di propria iniziativa gli ispettori preposti al controllo dello Stato di approdo per l'ispezione delle navi che fanno scalo in un porto della Comunità;(11) l'inosservanza delle disposizioni della direttiva 1999/63/CE può essere comprovata in seguito a una verifica delle condizioni del lavoro a bordo e dei registri in cui sono riportate le ore di lavoro e le ore di riposo oppure quando l'ispettore ha fondati motivi di ritenere che la gente di mare sia eccessivamente affaticata;(12) quando la situazione a bordo della nave risulta manifestamente pericolosa per la sicurezza o la salute, l'autorità competente dello Stato membro nel cui porto la nave ha fatto scalo può dichiararne il fermo fino a eliminazione degli inadempimenti o finché l'equipaggio abbia riposato a sufficienza;(13) poiché la direttiva 1999/63/CE riprende le disposizioni della convenzione OIL n. 180, la verifica del rispetto delle disposizioni di tale direttiva a bordo delle navi iscritte nel registro di un paese terzo può essere effettuata solo dopo l'entrata in vigore della suddetta convenzione,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1Obiettivo e ambito d'applicazione1. Scopo della presente direttiva è istituire un sistema di verifica e di controllo dell'osservanza delle disposizioni della direttiva 1999/63/CE da parte delle navi che fanno scalo nei porti degli Stati membri al fine di migliorare la sicurezza in mare e le condizioni di lavoro, sanitarie e di sicurezza della gente di mare a bordo delle navi.2. Gli Stati membri adottano misure adeguate affinché le navi che non sono registrate nel loro territorio o che non battono la loro bandiera rispettino le clausole da 1 a 12 dell'accordo che figura nell'allegato della direttiva 1999/63/CE.Articolo 2DefinizioniAi fini della presente direttiva valgono le seguenti definizioni:a) "nave": ogni nave marittima, sia essa di proprietà pubblica o privata, impegnata normalmente in operazioni commerciali marittime. I pescherecci non rientrano in questa definizione;b) "autorità competente": l'autorità incaricata dagli Stati membri di svolgere le funzioni contemplate dalla presente direttiva;c) "ispettore": un dipendente pubblico o altra persona debitamente autorizzata dall'autorità competente di uno Stato membro a verificare le condizioni di lavoro a bordo che risponde a tale autorità;d) "reclamo": qualsiasi informazione o rapporto trasmesso da un membro dell'equipaggio, un organismo professionale, un'associazione, un sindacato o, in generale, da chiunque sia interessato alla sicurezza della nave, in particolare alla sicurezza o alla salute dell'equipaggio.Articolo 3Elaborazione di relazioniFatto salvo l'articolo 1, paragrafo 2, qualora uno Stato membro nel cui porto una nave abbia fatto scalo volontario nel normale esercizio delle proprie attività commerciali oppure per ragioni operative, riceva un reclamo da esso non ritenuto manifestamente infondato o acquisisca prova del fatto che la nave non rispetta le norme previste dalla direttiva 99/63/CE, elabora una relazione che invia al governo del paese di registrazione della nave e, allorché un'ispezione effettuata a norma dell'articolo 4 fornisca le prove in merito, tale Stato membro adotta tutte le misure necessarie per fare modificare le condizioni a bordo che risultano manifestamente pericolose per la sicurezza o la salute dell'equipaggio.L'identità della persona che presenta il reclamo non deve essere resa nota al comandante né al proprietario della nave in questione.Articolo 4Ispezione e ispezione più dettagliata1. L'ispettore, quando effettua un'ispezione, per acquisire la prova che la nave non rispetta le prescrizioni della direttiva 1999/63/CE, verifica se:- sia stata elaborata una tabella dell'organizzazione del lavoro a bordo, nella lingua o nelle lingue di lavoro utilizzate sulla nave e in lingua inglese conforme al modello riprodotto nell'allegato I, o ad altro equivalente, e che essa sia affissa a bordo in un luogo di facile accesso;- sia tenuto un registro delle ore di lavoro o di riposo della gente di mare, nella lingua o nelle lingue di lavoro utilizzate a bordo e in lingua inglese conforme al modello riprodotto nell'allegato II o ad altro equivalente, conservato a bordo e debitamente vidimato dall'autorità competente dello Stato in cui la nave è registrata.2. A norma del paragrafo 1, allorché un reclamo sia stato ricevuto o l'ispettore ritenga, in base alle sue osservazioni a bordo, che i lavoratori si trovino in stato di eccessivo affaticamento, egli effettua un'ispezione più dettagliata per determinare se le ore di lavoro prestate o i periodi di riposo iscritti nel registro corrispondano alle norme stabilite dalla direttiva 1999/63/CE nel settore marittimo e se essi siano stati debitamente osservati, tenendo conto di altri registri concernenti il funzionamento della nave.Articolo 5Eliminazione delle irregolarità1. Qualora l'ispezione o l'ispezione più dettagliata rivelino che la nave non è conforme ai requisiti della direttiva 1999/63/CE, lo Stato membro adotta le misure necessarie per far sì che vengano modificate le condizioni a bordo che comportano un pericolo manifesto per la sicurezza o la salute della gente di mare imbarcata. Tali misure possono consistere in un divieto di lasciare il porto fino a che non siano state eliminate le irregolarità constatate o fino a che la gente di mare non si sia sufficientemente riposata.2. Allorché esistano prove evidenti che i membri dell'equipaggio incaricati del primo turno di guardia o dei turni successivi si trova in uno stato di affaticamento eccessivo, lo Stato membro provvede affinché la nave non lasci il porto prima che siano state eliminate le irregolarità constatate o che l'equipaggio si sia sufficientemente riposato.Articolo 6Misure successive1. Nel caso in cui sia stato prescritto ad una nave il fermo in un porto a norma dell'articolo 5, l'autorità competente dello Stato membro informa il comandante, il proprietario o l'armatore della nave, le autorità dello Stato di bandiera o dello Stato di immatricolazione della nave o le autorità consolari, oppure, in mancanza di queste, la rappresentanza diplomatica più vicina di tale Stato dei risultati delle ispezioni di cui all'articolo 4, delle decisioni dell'ispettore o delle eventuali misure correttive richieste.2. In caso di ispezione a norma della presente direttiva occorre evitare nella misura del possibile indebiti ritardi alla nave. Qualora una nave subisca indebiti ritardi, il proprietario o l'armatore ha diritto di richiedere un indennizzo per eventuali perdite o danni subiti. In tutti i casi in cui si faccia valere un ritardo indebito, l'onere della prova incombe al proprietario o all'armatore della nave.Articolo 7Diritto di ricorso1. Il proprietario o l'armatore di una nave o il suo rappresentante in uno Stato membro ha il diritto di ricorrere contro una decisione di fermo adottata dall'autorità competente. Il ricorso non sospende il fermo.2. A tal fine gli Stati membri istituiscono e mantengono in vigore le opportune procedure di ricorso, secondo le rispettive legislazioni nazionali.3. L'autorità competente informa adeguatamente il comandante della nave di cui al paragrafo 1 del diritto di ricorso.Articolo 8Cooperazione tra amministrazioni1. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie per garantire una cooperazione tra le proprie autorità competenti e le autorità competenti degli Stati membri per l'effettiva attuazione della presente direttiva, in condizioni compatibili con quelle previste dall'articolo 14 della direttiva 95/21/CE del Consiglio, del 19 giugno 1995, relativa all'attuazione di norme internazionali per la sicurezza delle navi, la prevenzione dell'inquinamento e le condizioni di vita e di lavoro a bordo, per Ie navi che approdano nei porti comunitari o che navigano nelle acque sotto la giurisdizione degli Stati membri (controllo dello Stato di approdo)(5). Gli Stati membri comunicano alla Commissione le disposizioni adottate.2. Le informazioni relative alle misure adottate a norma degli articoli 4 e 5 sono pubblicate secondo modalità identiche a quelle previste al primo comma dell'articolo 15 della direttiva 95/21/CE.Articolo 9Divieto di trattamento più favorevoleGIi Stati membri devono assicurare che in caso di ispezione di una nave immatricolata o battente bandiera di uno Stato che non è parte della convenzione OIL n. 180, o del protocollo della convenzione OIL n. 147, dopo l'entrata in vigore di detti strumenti il trattamento riservato a tale nave e al suo equipaggio non sia più favorevole di quello riservato ad una nave battente bandiera di uno Stato che è parte della convenzione n. 180 dell'OIL o del protocollo della convenzione OIL n. 147 o di entrambi.Articolo 10Disposizioni finali1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 30 giugno 2002.2. Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui al paragrafo 1, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.3. Gli Stati membri comunicano immediatamente alla Commissione tutte le disposizioni di diritto nazionale da essi adottate nel settore disciplinato dalla presente direttiva. La Commissione informa gli altri Stati membri al riguardo.Articolo 11Navi di Stati terziLe disposizioni della presente direttiva si applicano a navi non iscritte nel registro o non battenti la bandiera di uno Stato membro soltanto dopo l'entrata in vigore della convenzione OIL n. 180 e del protocollo della convenzione OIL n. 147.Articolo 12Entrata in vigoreLa presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 13DestinatariGli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 13 dicembre 1999.Per il Parlamento europeoLa PresidenteN. FONTAINEPer il ConsiglioIl PresidenteS. HASSI(1) GU C 43 del 17.2.1999, pag. 16.(2) GU C 138 del 18.5.1999, pag. 33.(3) Parere del Parlamento europeo del 14 aprile 1999 (GU C 219 del 30.7.1999, pag. 240), posizione comune del Consiglio del 12 luglio 1999 (GU C 249 dell'1.9.1999, pag. 7) e decisione del Parlamento europeo del 4 novembre 1999 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(4) GU L 167 del 2.7.1999, pag. 37.(5) GU L 157 del 7.7.1995, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 98/42/CE (GU L 184 del 27.6.1998, pag. 40).ALLEGATO I>PIC FILE= "L_2000014IT.003202.EPS">>PIC FILE= "L_2000014IT.003301.EPS">ALLEGATO II>PIC FILE= "L_2000014IT.003402.EPS">>PIC FILE= "L_2000014IT.003501.EPS"> | Orari di lavoro a bordo delle navi che fanno scalo nei porti comunitari
QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA?
La presente direttiva mira a proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori marittimi a bordo delle navi che fanno scalo nei porti dell’Unione europea (Unione) e a contrastare le distorsioni della concorrenza da parte degli armatori di paesi terzi. Si prefigge di fornire procedure per verificare e fare rispettare la conformità delle navi che fanno scalo nei porti degli Stati membri dell’Unione, con la direttiva 1999/63/CE (si veda la sintesi), che delinea norme sull’orario di lavoro dei lavoratori marittimi, tra cui i periodi di lavoro e di riposo, ferie retribuite e idoneità al lavoro.
PUNTI CHIAVE
Gli Stati membri, avvalendosi di ispettori preposti al controllo dello stato di approdo, effettuano verifiche a bordo delle navi che fanno scalo nei loro porti, a prescindere dal paese in cui sono immatricolate. I pescherecci non rientrano nell’ambito della direttiva. Le ispezioni si verificano in particolare in seguito a una denuncia del comandante, di un membro dell’equipaggio o di qualsiasi persona od organizzazione che abbia un interesse legittimo nella sicurezza di funzionamento della nave in servizio, nelle condizioni di vita o di lavoro a bordo o nella prevenzione dell’inquinamento. Le ispezioni stabiliscono se:è affissa una tabella dell’organizzazione del lavoro a bordo in un luogo di facile accesso;sono presenti a bordo i registri delle ore di lavoro e di riposo e sono approvati dall’autorità competente del paese in cui la nave è immatricolata. Se risulta che i lavoratori marittimi siano in stato di eccessivo affaticamento, viene condotta un’ispezione dettagliata per determinare se le ore di lavoro registrate sono conformi alle normative. Per porre rimedio a tutte le condizioni che pongono un evidente pericolo per la sicurezza o la salute, lo Stato membro può vietare alla nave di lasciare il porto fino a quando le carenze non sono state corrette o l’equipaggio non si è riposato. Se a una nave viene vietato di lasciare il porto, il comandante, il proprietario, o un ufficiale del paese di bandiera, del paese di immatricolazione o il rappresentante diplomatico saranno informati della decisione e di eventuali azioni correttive necessarie. Se una nave subisce un indebito ritardo, il proprietario ha diritto di richiedere un indennizzo per eventuali perdite o danni subiti. Al proprietario incombe l’onere della prova, ma anche il diritto di ricorso contro la decisione di fermo.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è entrata in vigore il 20 gennaio 2000 e doveva diventare legge negli Stati membri entro il 30 giugno 2002.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si veda:Convenzione sul lavoro marittimo, 2006 (Organizzazione internazionale del lavoro).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 1999/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 1999, concernente l’applicazione delle disposizioni relative all’orario di lavoro della gente di mare a bordo delle navi che fanno scalo nei porti della Comunità (GU L 14 del 20.1.2000, pag. 29).
DOCUMENTI CORRELATI
Direttiva 2009/13/CE del Consiglio, del 16 febbraio 2009, recante attuazione dell’accordo concluso dall’Associazione armatori della Comunità europea (ECSA) e dalla Federazione europea dei lavoratori dei trasporti (ETF) sulla convenzione sul lavoro marittimo del 2006 e modifica della direttiva 1999/63/CE (GU L 124 del 20.5.2009, pag. 30).
Le successive modifiche alla direttiva 2009/13/CE sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. | 5,909 | 1,021 |
32014D0366 | false | DECISIONE DI ESECUZIONE DELLA COMMISSIONE
del 16 giugno 2014
che istituisce l'elenco dei programmi di cooperazione e indica l'importo globale del sostegno complessivo del Fondo europeo di sviluppo regionale per ciascun programma nell'ambito dell'obiettivo «Cooperazione territoriale europea» per il periodo 2014-2020
[notificata con il numero C(2014) 3776]
(2014/366/UE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
visto il regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni specifiche per il sostegno del Fondo europeo di sviluppo regionale all'obiettivo di cooperazione territoriale europea (1), in particolare l'articolo 4,
sentito il parere del comitato di coordinamento dei fondi europei strutturali e di investimento europei istituito dall'articolo 150, paragrafo 1, del regolamento (UE) n 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (2),
considerando quanto segue:
(1)
L'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1299/2013 stabilisce le risorse totali disponibili per l'obiettivo «Cooperazione territoriale europea» e la loro ripartizione tra cooperazione transfrontaliera, cooperazione transnazionale e cooperazione interregionale.
(2)
A norma dell'articolo 4, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1299/2013 la Commissione ha comunicato a ciascuno Stato membro la rispettiva quota degli importi globali destinati alla cooperazione transfrontaliera e transnazionale, ripartita per anno in conformità ai criteri e alla metodologia di cui al suddetto articolo.
(3)
A norma dell'articolo 4, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1299/2013, sulla base degli importi comunicati ciascuno Stato membro ha notificato alla Commissione se e secondo quali modalità si è avvalso della possibilità di trasferimento di cui all'articolo 5 del medesimo regolamento e della conseguente ripartizione dei fondi tra i programmi transfrontalieri e transnazionali cui lo Stato membro partecipa.
(4)
A norma dell'articolo 4, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 1299/2013 il contributo del Fondo europeo per lo sviluppo regionale (FESR) ai programmi transfrontalieri e concernenti i bacini marittimi nell'ambito dello strumento europeo di vicinato (ENI) di cui al regolamento (UE) n. 232/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (3) e nell'ambito dell'assistenza preadesione (IPA II) di cui al regolamento (UE) n. 231/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (4) dovrebbe essere definito dalla Commissione e dagli Stati membri interessati. Poiché gli importi riguardanti il contributo del FESR ai programmi transfrontalieri e concernenti i bacini marittimi nell'ambito dell'ENI non sono ancora stati concordati la presente decisione stabilisce esclusivamente gli importi nell'ambito dell'IPA II.
(5)
L'articolo 4, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1299/2013 prevede che la Commissione adotti una decisione che definisce un elenco di tutti i programmi di cooperazione e indica l'importo globale del sostegno complessivo del FESR per ciascun programma.
(6)
È pertanto necessario istituire l'elenco dei programmi di cooperazione e indicare l'importo globale del sostegno complessivo del FESR per ciascun programma,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
L'elenco dei programmi di cooperazione transfrontaliera e l'importo globale del sostegno complessivo del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) per ciascun programma sono stabiliti nell'allegato I.
Articolo 2
L'elenco dei programmi di cooperazione transnazionale e l'importo globale del sostegno complessivo del FESR per ciascun programma sono stabiliti nell'allegato II.
Articolo 3
L'elenco dei programmi di cooperazione interregionale e l'importo globale del sostegno complessivo del FESR per ciascun programma sono stabiliti nell'allegato III.
Articolo 4
Il contributo del FESR ai programmi transfrontalieri nell'ambito dell'assistenza preadesione (IPA II) di cui al regolamento (UE) n. 231/2014 per ciascuno Stato membro è stabilito nell'allegato IV.
Articolo 5
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
Fatto a Bruxelles, il 16 giugno 2014
Per la Commissione
Johannes HAHN
Membro della Commissione
(1) GU L 347 del 20.12.2013, pag. 259.
(2) GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320.
(3) Regolamento (CE) n. 232/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2014, che istituisce uno strumento europeo di vicinato (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 27).
(4) Regolamento (UE) n. 231/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2014, che istituisce uno strumento di assistenza preadesione (IPA II) (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 11).
ALLEGATO I
Elenco dei programmi di cooperazione transfrontaliera con indicazione dell'importo globale del sostegno complessivo del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) per ciascun programma di cooperazione transfrontaliera
Prezzi correnti in EUR
N.
CCI n.
Titolo del programma:
Paesi
Contributo complessivo del FESR
1
2014TC16RFCB001
(Interreg V-A) NL-BE-DE — Belgio-Germania-Paesi Bassi (Euregio Meuse-Rhin/Euregio Maas-Rijn/Euregio Maas-Rhein)
BE-DE-NL
96 000 250
2
2014TC16RFCB002
(Interreg V-A) AT-CZ — Austria-Repubblica ceca
AT-CZ
97 814 933
3
2014TC16RFCB003
(Interreg V-A) SK-AT Slovacchia-Austria
SK-AT
75 892 681
4
2014TC16RFCB004
(Interreg V-A) AT-DE — Austria- Germania/Baviera (Bayern–Österreich)
AT-DE
54 478 064
5
2014TC16RFCB005
(Interreg V-A) ES-PT — Spagna-Portogallo (POCTEP)
ES-PT
288 977 635
6
2014TC16RFCB006
(Interreg V-A) ES-FR — Spagna-Francia–Andorra (POCTEFA)
ES-FR-AD
189 341 397
7
2014TC16RFCB007
(Interreg V-A) ES-PT- Spagna-Portogallo [Madera-Açores-Canarias (MAC)]
ES-PT
66 675 837
8
2014TC16RFCB008
(Interreg V-A) HU-HR — Ungheria-Croazia
HU-HR
60 824 406
9
2014TC16RFCB009
(Interreg V-A) Germania/Baviera-Repubblica ceca
DE-CZ
103 375 149
10
2014TC16RFCB010
(Interreg V-A) AT-HU Austria-Ungheria
AT-HU
78 847 880
11
2014TC16RFCB011
(Interreg V-A) Germania/Brandeburgo-Polonia
DE-PL
100 152 579
12
2014TC16RFCB012
(Interreg V-A) PL-SK Polonia-Slovacchia
PL-SK
154 988 723
13
2014TC16RFCB013
(Interreg V-A) Polonia-Danimarca-Germania-Lituania-Svezia (SOUTH BALTIC)
PL-DK-DE-LT-SE
82 978 784
14
2014TC16RFCB014
(Interreg V-A) Finlandia-Estonia-Lettonia-Svezia (Central Baltic)
FI-EE-LV-SE
122 360 390
15
2014TC16RFCB015
(Interreg V-A) HU-SK — Slovacchia-Ungheria
SK-HU
155 808 987
16
2014TC16RFCB016
(Interreg V-A) SE-NO — Svezia-Norvegia
SE-NO
47 199 965
17
2014TC16RFCB017
(Interreg V-A) Germania/Sassonia-Repubblica ceca
DE-CZ
157 967 067
18
2014TC16RFCB018
(Interreg V-A) Polonia-Germania/Sassonia
PL-DE
70 000 069
19
2014TC16RFCB019
(Interreg V-A) DE-PL Germania/Meclemburgo-Pomerania Occidentale/Brandeburgo-Polonia
DE-PL
134 000 414
20
2014TC16RFCB020
(Interreg V-A) EL-IT — Grecia-Italia
EL-IT
104 700 362
21
2014TC16RFCB021
(Interreg V-A) RO-BG — Romania-Bulgaria
RO-BG
215 745 513
22
2014TC16RFCB022
(Interreg V-A) EL-BG — Grecia-Bulgaria
EL-BG
110 241 234
23
2014TC16RFCB023
(Interreg V-A) DE-NL — Germania-Paesi Bassi
DE-NL
222 159 360
24
2014TC16RFCB024
(Interreg V-A) Germania-Austria-Svizzera-Liechtenstein (Alpenrhein-Bodensee-Hochrhein)
DE-AT-CH-LI
39 588 430
25
2014TC16RFCB025
(Interreg V-A) CZ-PL — Repubblica ceca — Polonia
CZ-PL
226 221 710
26
2014TC16RFCB026
(Interreg V-A) Svezia-Danimarca-Norvegia (Öresund-Kattegat-Skagerrak)
SE-DK-NO
135 688 261
27
2014TC16RFCB027
(Interreg V-A) LV-LT — Lettonia-Lituania
LV-LT
54 966 201
28
2014TC16RFCB028
(Interreg V-A) Svezia-Finlandia-Norvegia (Botnia-Atlantica)
SE-FI-NO
36 334 420
29
2014TC16RFCB029
(Interreg V-A) SI-HR — Slovenia-Croazia
SI-HR
46 114 193
30
2014TC16RFCB030
(Interreg V-A) SK-CZ Slovacchia-Repubblica ceca
SK-CZ
90 139 463
31
2014TC16RFCB031
(Interreg V-A) LT-PL — Lituania-Polonia
LT-PL
51 488 135
32
2014TC16RFCB032
(Interreg V-A) Svezia-Finlandia-Norvegia (Nord)
SE-FI-NO
41 951 870
33
2014TC16RFCB033
(Interreg V-A) IT-FR — Italia-Francia (Maritime)
IT-FR
169 702 411
34
2014TC16RFCB034
(Interreg V-A) IT-FR — Italia-Francia (ALCOTRA)
IT-FR
198 876 285
35
2014TC16RFCB035
(Interreg V-A) IT-CH — Italia-Svizzera
IT-CH
100 221 466
36
2014TC16RFCB036
(Interreg V-A) IT-SI — Italia-Slovenia
IT-SI
77 929 954
37
2014TC16RFCB037
(Interreg V-A) IT-MT — Italia-Malta
IT-MT
43 952 171
38
2014TC16RFCB038
(Interreg V-A) Francia-Belgio-Paesi Bassi-Regno Unito (Les Deux Mers/Two seas/Twee Zeeën)
FR-NL-BE-UK
256 648 702
39
2014TC16RFCB039
(Interreg V-A) Francia-Germania-Svizzera (Rhin supérieur-Oberrhein)
FR-DE-CH
109 704 965
40
2014TC16RFCB040
(Interreg V-A) FR-UK — Francia-Regno Unito (Manche — Channel)
FR-UK
223 046 948
41
2014TC16RFCB041
(Interreg V-A) FR-CH Francia-Svizzera
FR-CH
65 890 505
42
2014TC16RFCB042
(Interreg V-A) IT-HR — Italia-Croazia
IT-HR
201 357 220
43
2014TC16RFCB043
(Interreg V-A) Francia (Saint Martin-Sint Maarten)
FR
10 000 000
44
2014TC16RFCB044
(Interreg V-A) BE-FR Belgio- Francia (France-Wallonia-Flanders)
BE-FR
169 977 045
45
2014TC16RFCB045
(Interreg V-A) Francia-Belgio-Germania-Lussemburgo (Grande Région/Großregion)
FR-BE-DE-LU
139 802 646
46
2014TC16RFCB046
(Interreg V-A) Belgio-Paesi Bassi (Vlaanderen-Nederland)
BE-NL
152 575 585
47
2014TC16RFCB047
(Interreg V-A) UK-IE — Regno Unito — Irlanda (Ireland- North Ireland -Scotland)
UK-IE
240 347 696
48
2014TC16RFCB048
(Interreg V-A) IE-UK — Irlanda-Regno Unito (Ireland Wales)
IE-UK
79 198 450
49
2014TC16RFCB049
(Interreg V-A) HU-RO — Ungheria-Romania
HU-RO
189 138 672
50
2014TC16RFCB050
(Interreg V-A) EE-LV — Estonia-Lettonia
EE-LV
38 020 684
51
2014TC16RFCB051
(Interreg V-A) Francia (Mayotte/Comores/Madagascar)
FR
12 028 883
52
2014TC16RFCB052
(Interreg V-A) IT-AT — Italia-Austria
IT-AT
82 238 866
53
2014TC16RFCB053
(Interreg V-A) SI-HU — Slovenia-Ungheria
SI-HU
14 795 015
54
2014TC16RFCB054
(Interreg V-A) SI-AT Slovenia-Austria
SI-AT
47 988 355
55
2014TC16RFCB055
(Interreg V-A) EL-CY — Grecia — Cipro
EL-CY
45 961 551
56
2014TC16RFCB056
(Interreg V-A) DE-DK — Germania-Danimarca
DE — DK
89 634 975
57
2014TC16RFPC001
Irlanda-Regno Unito (PEACE)
IE-UK
229 169 320
58
Nell'ambito della cooperazione transnazionale Caraibi
(Interreg V-A) Francia (Guadeloupe-Martinique-Organisation des Etats de la Caraïbe orientale)
FR
41 129 656
59
Nell'ambito della cooperazione transnazionale Oceano Indiano
(Interreg V-A) Francia (Réunion-Pays de la Commission de l'Océan Indien)
FR
41 384 802
60
Nell'ambito della cooperazione transnazionale Amazzonia
(Interreg V-A) Francia/Guyana-Brasile-Suriname (Amazonie)
FR
14 075 183
TOTALE:
6 597 822 373
ALLEGATO II
Elenco dei programmi di cooperazione transnazionale con indicazione dell'importo globale del sostegno complessivo del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) per ciascun programma di cooperazione transnazionale
Prezzi correnti in EUR
N.
CCI n.
Titolo del programma:
Stati membri
Paesi terzi
Contributo complessivo del FESR
1
2014TC16M4TN002
(Interreg V-B)
ADRIATICO-MAR IONIO
Grecia — Croazia — Italia — Slovenia
Albania — Bosnia-Erzegovina — Montenegro — Serbia
83 467 729
2
2014TC16RFTN001
(Interreg V-B)
AREA ALPINA
Germania — Francia — Italia — Austria — Slovenia
Svizzera — Liechtenstein
116 635 466
3
2014TC16RFTN002
(Interreg V-B)
REGIONE ATLANTICA
Spagna — Francia — Irlanda — Portogallo — Regno Unito
N.D.
140 013 194
4
2014TC16M5TN001
(Interreg V-B)
MAR BALTICO
Danimarca — Germania — Estonia — Lettonia — Lituania — Polonia — Finlandia — Svezia
Bielorussia — Norvegia — Russia
263 830 658
5
2014TC16RFTN008
(Interreg V-B)
CARAIBI
Francia
Diversi paesi terzi e paesi o territori d'oltremare
23 163 249
6
2014TC16RFTN003
(Interreg V-B)
EUROPA CENTRALE
Repubblica ceca — Germania — Italia — Croazia — Ungheria — Austria — Polonia — Slovenia — Slovacchia
N.D.
246 581 112
7
2014TC16M6TN001
(Interreg V-B)
DANUBIO
Austria — Bulgaria — Repubblica ceca — Germania — Croazia — Ungheria — Romania — Slovenia — Slovacchia
Bosnia-Erzegovina — Montenegro — Serbia — Moldova — Ucraina
202 095 405
8
2014TC16RFTN009
(Interreg V-B)
OCEANO INDIANO
Francia
Diversi paesi terzi e paesi o territori d'oltremare
21 772 585
—
Da includere nel CBC MAC
MAC (Madera-Azzorre-Canarie)
Spagna — Portogallo
Mauritania- Capo Verde — Senegal
43 986 995
9
2014TC16M4TN001
(Interreg V-B)
MEDITERRANEO
Grecia — Spagna — Francia — Croazia — Italia — Cipro — Malta — Portogallo — Slovenia — Regno Unito
Albania — Bosnia-Erzegovina — Montenegro
224 322 525
10
2014TC16RFTN004
(Interreg V-B)
ZONE PERIFERICHE SETTENTRIONALI e ARTICHE
Irlanda — Finlandia — Svezia — Regno Unito
Diversi paesi terzi e altri territori
50 209 899
11
2014TC16RFTN005
(Interreg V-B)
MARE DEL NORD
Belgio — Danimarca — Germania — Paesi Bassi — Svezia — Regno Unito
Norvegia
167 253 971
12
2014TC16RFTN006
(Interreg V-B)
EUROPA NORD-OCCIDENTALE
Belgio — Germania — Francia — Irlanda — Lussemburgo — Paesi Bassi — Regno Unito
Svizzera
396 134 342
13
2014TC16RFTN010
(Interreg V-B)
AMAZZONIA
Francia
Brasile — Suriname — Guyana
4 823 866
14
2014TC16RFTN007
(Interreg V-B)
EUROPA SUD-OCCIDENTALE
Spagna — Francia — Portogallo — Regno Unito
Andorra
106 810 523
15
2014TC16M4TN003
(Interreg V-B)
REGIONE BALCANICO-MEDITERRANEA
Bulgaria — Grecia — Cipro
Albania — Ex Repubblica iugoslava di Macedonia
28 330 108
TOTALE:
2 119 431 627
ALLEGATO III
Elenco dei programmi di cooperazione interregionale con indicazione dell'importo globale del sostegno complessivo del FESR per ciascun programma di cooperazione interregionale
Prezzi correnti in EUR
N.
CCI n.
TITOLO DEL PROGRAMMA:
Stati membri
Paesi terzi
Contributo complessivo del FESR
1
2014TC16RFIR001
Interreg EUROPE
Tutti gli Stati membri
Svizzera-Norvegia
359 326 320
2
2014TC16RFIR002
INTERACT
Tutti gli Stati membri
Svizzera-Norvegia
39 392 587
3
2014TC16RFIR003
URBACT
Tutti gli Stati membri
Svizzera-Norvegia
74 301 909
4
2014TC16RFIR004
ESPON
Tutti gli Stati membri
Svizzera-Norvegia Islanda-Liechtenstein
41 377 019
TOTALE:
514 397 835
ALLEGATO IV
Contributo del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) per i programmi transfrontalieri nell'ambito dello strumento IPA II per alcuni Stati membri
Prezzi correnti in EUR
Stati membri
TRASFERIMENTO ALL'IPA
Bulgaria
35 362 904
Grecia
49 704 421
Croazia
45 724 252
Italia
39 400 711
Cipro
2 000 000
Ungheria
32 562 000
Romania
37 453 124
TOTALE:
242 207 412 | Programmi di cooperazione territoriale europea: dotazione finanziaria
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Stabilisce l’elenco dei programmi di cooperazione ai sensi dell’obiettivo di cooperazione territoriale europea per il periodo 2014-2020 e il sostegno finanziario dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) per ciascun programma.
PUNTI CHIAVE
Programmi di cooperazione transfrontaliera (Interreg A)
La cooperazione transfrontaliera si riferisce alla cooperazione tra regioni NUTS II da almeno due diversi paesi dell’UE situati direttamente sulle frontiere o in prossimità delle stesse. Si propone di affrontare sfide comuni e potenziale di crescita nelle zone di frontiera.
Sono 60 i programmi di cooperazione transfrontaliera, per un contributo globale del FESR pari a 6 597 822 373 di euro.
Programmi di cooperazione transnazionale (Interreg B)
La cooperazione transnazionale prevede che regioni da diversi paesi dell’UE formino zone più ampie per affrontare problemi comuni. Interreg B sostiene investimenti in progetti afferenti a una vasta gamma di settori, compresi l’innovazione, l’ambiente, l’accessibilità, le telecomunicazioni e lo sviluppo urbano e può includere paesi dell’UE in partenariato con paesi extra UE all’interno dell’Europa e di paesi in altri continenti.
Sono 15 i programmi di cooperazione transnazionale, per un contributo globale del FESR pari a 2 119 431 627 di euro.
Programmi di cooperazione interregionale (Interreg C)
La cooperazione interregionale lavora in tutta Europa, compresi i paesi extra UE. Costruisce reti per sviluppare buone pratiche e incoraggia le regioni che hanno avuto successo a condividere le loro esperienze, illustrando cosa le regioni fanno bene a vantaggio di altri.
Sono 4 i programmi di cooperazione interregionale, per un contributo totale del FESR pari a 514 397 835 di euro.
Programmi transfrontalieri nell’ambito di IPA II
Questa seconda fase dello strumento di assistenza preadesione (IPA II) si propone di aiutare i paesi che intendono entrare a far parte dell’UE ad attuare riforme globali per preparare la loro adesione. Tale obiettivo viene raggiunto soprattutto attraverso l’allineamento delle loro norme e delle loro politiche alle norme e alle prassi dell’UE. I paesi dell’UE coinvolti in programmi con paesi in preadesione sono la Bulgaria, Cipro, la Croazia, la Grecia, l’Italia, la Romania e l’Ungheria.
I programmi nell’ambito di IPA II comprendono un contributo totale del FESR pari a 242 207 412 di euro.
Programmi transfrontalieri e concernenti i bacini marittimi nell’ambito dell’ENI
Lo strumento europeo di vicinato (ENI) fornisce buona parte dei finanziamenti ai 16 paesi partner inclusi nella politica europea di vicinato (PEV). I paesi coperti dallo strumento europeo di vicinato sono Algeria, Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Egitto, Georgia, Giordania, Israele, Libano, Libia, Marocco, Moldova, Siria, Territori palestinesi occupati, Tunisia e Ucraina.
I programmi nell’ambito di ENI comprendono un bilancio totale del FESR pari a 634 425 381 di euro.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
È in vigore dal 17 giugno 2014.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Cooperazione territoriale europea (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione di esecuzione della Commissione 2014/366/UE, del 16 giugno 2014, che istituisce l’elenco dei programmi di cooperazione e indica l’importo globale del sostegno complessivo del Fondo europeo di sviluppo regionale per ciascun programma nell’ambito dell’obiettivo «Cooperazione territoriale europea» per il periodo 2014-2020 (GU L 178 del 18.6.2014, pag. 18).
Le modifiche successive alla decisione di esecuzione 2014/366/CE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione di esecuzione 2014/190/UE della Commissione, del 3 aprile 2014, che fissa la ripartizione annuale per Stato membro delle risorse globali per il Fondo europeo di sviluppo regionale, il Fondo sociale europeo e il Fondo di coesione a titolo dell’obiettivo «Investimenti in favore della crescita e dell’occupazione» e dell’obiettivo «Cooperazione territoriale europea», la ripartizione annuale per Stato membro delle risorse della dotazione specifica per l’iniziativa a favore dell’occupazione giovanile e l’elenco delle regioni ammissibili nonché gli importi da trasferire dalle dotazioni del Fondo di coesione e dei fondi strutturali di ciascuno Stato membro al meccanismo per collegare l’Europa e agli aiuti agli indigenti per il periodo 2014-2020 (GU L 104 dell’8.4.2014, pag. 13).
Si veda la versione consolidata.
Regolamento (UE) n. 231/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2014, che stabilisce uno strumento di assistenza preadesione (IPA II) (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 11).
Regolamento (UE) n. 232/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2014, che istituisce uno strumento europeo di vicinato (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 27).
Si veda la versione consolidata.
Regolamento (UE) n. 1299/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni specifiche per il sostegno del Fondo europeo di sviluppo regionale all’obiettivo di cooperazione territoriale europea (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 259).
Si veda la versione consolidata.
Regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320).
Si veda la versione consolidata. | 9,242 | 334 |
31989L0656 | false | Direttiva 89/656/CEE del Consiglio, del 30 novembre 1989, relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e salute per l'uso da parte dei lavoratori di attrezzature di protezione individuale durante il lavoro (terza direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE)
Gazzetta ufficiale n. L 393 del 30/12/1989 pag. 0018 - 0028 edizione speciale finlandese: capitolo 5 tomo 4 pag. 0187 edizione speciale svedese/ capitolo 5 tomo 4 pag. 0187
DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 30 novembre 1989 relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e salute per l'uso da parte dei lavoratori di attrezzature di protezione individuale durante il lavoro (terza direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) (89/656/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 118 A, vista la proposta della Commissione (1), presentata previa consultazione del comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro, in cooperazione con il Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che l'articolo 118 A del trattato prevede che il Consiglio adotti, mediante direttiva, prescrizioni minime per promuovere il miglioramento in particolare dell'ambiente di lavoro, per garantire un più elevato livello di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori; considerando che, a norma dell'articolo precitato, le direttive evitano di imporre vincoli amministrativi, finanziari e giuridici tali da ostacolare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese; considerando che la comunicazione della Commissione circa il suo programma nel settore della sicurezza, dell'igiene e della salute sul luogo di lavoro (4) prevede l'adozione di una direttiva concernente l'uso di attrezzature di protezione individuale sul luogo di lavoro; considerando che il Consiglio, nella risoluzione del 21 dicembre 1987 concernente la sicurezza, l'igiene e la salute sul luogo di lavoro (5), ha preso atto dell'intenzione della Commissione di sottoporgli a breve termine prescrizioni minime concernenti l'organizzazione della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro; considerando che il rispetto delle prescrizioni minime intese a garantire un maggior livello di sicurezza e di salute nell'uso delle attrezzature di protezione individuale costituisce un imperativo al fine di garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori; GU n. C 115 dell' 8. 5. 1989, pag. 27 e GU n. C 287 del 15. 11. 1989, pag. 11. GU n. C 256 del 9. 10. 1989, pag. 61. considerando che la presente direttiva è una direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (6) ; che, di conseguenza, le disposizioni di quest'ultima direttiva si applicano interamente al settore dell'uso da parte dei lavoratori di attrezzature di protezione individuale durante il lavoro, fatte salve le disposizioni più vincolanti e/o specifiche contenute nella presente direttiva; considerando che la presente direttiva costituisce un elemento concreto nell'ambito della realizzazione della dimensione sociale del mercato interno; considerando che le misure di protezione collettiva devono essere prioritarie rispetto alle attrezzature di protezione individuale; che il datore di lavoro deve disporre dispositivi e misure di sicurezza; considerando che le disposizioni della presente direttiva non possono comportare modifiche delle attrezzature di protezione individuale conformi alle direttive comunitarie relative alla lora progettazione e costruzione in materia di sicurezza e salute rispetto alle disposiziono di dette direttive; considerando che è opportuno prevedere indicazioni su cui gli Stati membri possano basarsi per la fissazione delle norme generali per l'uso delle attrezzature di protezione individuali; considerando che, a norma della decisione 74/325/CEE (7), modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1985, la Commissione consulta il comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro, ai fini dell'elaborazione di proposte in questo settore, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: SEZIONE I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Oggetto 1. La presente direttiva, che è la terza direttiva partico- lare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della diret- tiva 89/391/CEE, fissa le prescrizioni minime in materia di sicurezza e salute per l'uso da parte dei lavoratori di attrezzature di protezione individuale durante il lavoro. 2. Le disposizioni della direttiva 89/391/CEE si applicano interamente a tutto il settore di cui al paragrafo 1, fatte salve le disposizioni più vincolanti e/o specifiche contenute nella presente direttiva. Articolo 2 Definizione 1. Ai sensi della presente direttiva si intende per attrezzatura di protezione individuale qualsiasi attrezzatura destinata ad essere portata o tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale obiettivo. 2. Sono esclusi dalla definizione di cui al paragrafo 1: a) gli indumenti di lavoro ordinari e uniformi non specificamente destinati a proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore; b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio; c) le attrezzature di protezione individuale dei militari, dei poliziotti e del personale dei servizi per il mantenimento dell'ordine pubblico; d) le attrezzature di protezione individuale dei mezzi di trasporto stradali; e) i materiali sportivi; f) i materiali per l'autodifesa o per la dissuasione; g) gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e fattori nocivi. Articolo 3 Norma generale Le attrezzature di protezione individuale devono essere impiegate quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente evitati da mezzi tecnici di protezione collettiva o da misure, metodi o procedimenti di organizzazione del lavoro. SEZIONE II OBBLIGHI DEI DATORI DI LAVORO Articolo 4 Disposizioni generali 1. Un'attrezzatura di protezione individuale deve essere conforme alle relative disposizioni comunitarie concernenti la progettazione e costruzione in materia di sicurezza e sanità. In ogni caso un'attrezzatura di protezione individuale deve: a) essere adeguata ai rischi da prevenire, senza comportare di per sé un rischio maggiore; b) rispondere alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro; c) tener conto delle esigenze ergonomiche e di salute del lavoratore; d) poter essere adattata, a seconda della necessità, all'utilizzatore. 2. In caso di rischi multipli che richiedano l'uso simultaneo di più attrezzature di protezione individuale, queste devono essere compatibili e mantenere la propria efficacia nei confronti del rischio o dei rischi corrispondenti. 3. Le condizioni in cui un'attrezzatura di protezione individuale deve essere usata, specie per quanto riguarda la durata dell'uso, sono determinate in funzione della gravità del rischio, della frequenza dell'esposizione al rischio e delle caratteristiche del posto di lavoro di ciascun lavoratore, nonché delle prestazioni dell'attrezzatura di protezione individuale. 4. Un'attrezzatura di protezione individuale è in linea di massima destinata ad un uso personale. Qualora le circostanze richiedano l'uso di un'attrezzatura di protezione individuale da parte di più persone, devono essere prese misure adeguate affinché tale uso non ponga alcun problema sanitario o igienico ai vari utilizzatori. 5. Debbono essere fornite e risultare disponibili nell'impresa e/o nello stabilimento informazioni adeguate su ogni attrezzatura di protezione individuale, necessarie all'applicazione dei paragrafi 1 e 2. 6. Le attrezzature di protezione individuale debbono normalmente essere fornite a titolo gratuito dal datore di lavoro, il quale ne assicura il buon funzionamento e le condizioni igieniche mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie. Gli Stati membri possono tuttavia prevedere, conformemente alle prassi nazionali, che i lavoratori siano invitati a contribuire alle spese di talune attrezzature di protezione individuale, qualora il loro uso non sia limitato al lavoro. 7. Il datore di lavoro informa preliminarmente il lavoratore contro quali rischi l'attrezzatura individuale lo protegge. 8. Il datore di lavoro assicura una formazione e organizza eventualmente un addestramento affinché il lavoratore si abitui a portare l'attrezzatura di protezione individuale. 9. Le attrezzature di protezione individuale possono essere impiegate, salvo in casi specifici ed eccezionali, soltanto per gli usi previsti. Esse devono essere utilizzate conformemente alle istruzioni fornite. Dette istruzioni devono essere comprensibili per i lavoratori. Articolo 5 Valutazione dell'attrezzature di protezione individuale 1. Prima di scegliere un'attrezzature di protezione individuale, il datore di lavoro deve procedere a un esame dell'attrezzatura che intende usare per valutare in quale misura essa risponda alle condizioni di cui all'articolo 4, paragrafi 1 e 2. Tale esame comprende: a) l'analisi e la valutazione dei rischi che non possono essere evitati con altri mezzi; b) la definizione delle caratteristiche necessarie affinché le attrezzature di protezione individuale rispondano ai rischi di cui alla lettera a), tenendo conto delle eventuali fonti di rischio rappresentate dalle attrezzatura di protezione individuale stesse; c) la valutazione delle caratteristiche delle attrezzatura di protezione individuale disponibili raffrontate con le caratteristiche di cui alla lettera b). 2. La valutazione di cui al paragrafo 1 deve essere rivista in funzione dei mutamenti intervenuti negli elementi che la compongono. Articolo 6 (*) Norme per l'utilizzazione 1. Fatti salvi gli articolo 3, 4 e 5, gli Stati membri vigilano affinché siano stabilite norme generali per l'uso delle attrezzature di protezione individuale e/o norme concernenti i casi e le situazioni nei quali il datore di lavoro deve fornire le attrezzature di protezione individuale, tenendo conto delle normative comunitarie relative alla loro libera circolazione. Tali norme indicano in particolare le circostanze o le situazioni rischiose in cui, ferma restando la priorità dei mezzi di protezione collettiva, si rende necessario l'impiego di attrezzature di protezione individuale. Gli allegati I, II e III, che hanno carattere indicativo, contengono indicazioni utili per fissare tali norme. 2. Gli Stati membri, nell'adeguare le norme di cui al paragrafo 1, tengono conto delle modifiche significative che (*) Vedi la comunicazione della Commissione (GU n. C 328 del 30. 12. 1989, pag. 3). il progresso tecnico apporta ai rischi, ai mezzi di protezione collettiva e alle attrezzature di protezione individuale. 3. Gli Stati membri procedono alla previa consultazione delle organizzazioni delle parti sociali sulle norme previste dai paragrafi 1 e 2. Articolo 7 Informazione dei lavoratori Fatto salvo l'articolo 10 della direttiva 89/391/CEE, i lavoratori e/o i loro rappresentanti sono informati di tutte le misure da adottare in materia di sicurezza e salute dei lavoratori in caso di impiego, da parte dei lavoratori, di attrezzature di protezione individuale sul luogo di lavoro. Articolo 8 Consultazione e partecipazione dei lavoratori La consultazione e la partecipazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti si svolge conformemente all'articolo 11 della direttiva 89/391/CEE per tutte le materie disciplinate dalla presente direttiva, compresi i suoi allegati. SEZIONE III DISPOSIZIONI VARIE Articolo 9 Adattamento degli allegati Gli adattamenti di carattere prettamente tecnico degli allegati I, II e III in funzione: - dell'adozione di direttive in materia di armonizzazione tecnica e di normalizzazione, concernenti le attrezzature di protezione individuali e/o - del progresso tecnico, dell'evoluzione delle normative o delle specifiche internazionali oppure delle conoscenze nel settore delle attrezzature di protezione individuale, sono adottati secondo la procedura prevista all'articolo 17 della direttiva 89/391/CEE. Articolo 10 Disposizioni finali 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi il 31 dicembre 1992. Essi ne informano immediatamente la Commissione. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che hanno già adottato o che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. 3. Gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione quinquennale sull'attuazione pratica delle disposizioni della presente direttiva, indicando i punti di vista delle parti sociali. La Commissione ne informa il Parlamento europeo, il Consiglio, il Comitato economico e sociale ed il comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro. 4. La Commissione presenta periodicamente al Parlamento europeo, al Consiglio ed al Comitato economico e sociale una relazione sull'attuazione della presente direttiva, tenendo conto dei paragrafi 1, 2 e 3. Articolo 11 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 30 novembre 1989. Per il Consiglio Il Presidente J.-P. SOISSON (1) GU n. C 161 del 20. 6. 1988, pag. 1,(2) GU n. C 12 del 16. 1. 1989, pag. 92 e(3) GU n. C 318 del 12. 12. 1988, pag. 30. (4) GU n. C 28 del 3. 2. 1988, pag. 3. (5) GU n. C 28 del 3. 2. 1988, pag. 1.(6) GU n. L 183 del 29. 6. 1989, pag. 1. (7) GU n. L 185 del 9. 7. 1974, pag. 15. ALLEGATO I SCHEMA INDICATIVO PER L'INVENTARIO DEI RISCHI AI FINI DELL'IMPIEGO DI ATTREZZATURE DI PROTEZIONE INDIVIDUALE RISCHI FISICI CHIMICI BIOLOGICI MECCANICI TERMICI RADIAZIONI AEROSOL LIQUIDI Cadute dell'alto Urti, colpi, impatti, com- pres- sioni Punture, tagli, abra- sioni Vibra- zioni Scivola- menti, cadute a livello Calore, fiamme Freddo ELET- TRICI Non ioniz- zanti Ioniz- zanti RU- MORE Polveri, fibre Fumi Nebbie Immer- sioni Getti, schizzi GAS, VA- PORI Bat- terie pato- gene Virus pato- geni Funghi produt- tori di micosi Anti- geni biolo- gici non micro- bici Cranio Udito Occhi Vie respiratorie Volto Testa Mano Braccio (parti) Piede Gamba (parti) Pelle Tronco/addome Apparato gastro-intestinale Corpo intero PARTE DEL CORPO VARIE MEMBRO INFERIORE MEMBRO SUPERIORE TESTA ALLEGATO II ELENCO INDICATIVO E NON ESAURIENTE DELLE ATTREZZATURE DI PROTEZIONE INDIVIDUALE DISPOSITIVI DI PROTEZIONE DELLA TESTA - Caschi di protezione per l'industria (caschi per miniere, cantieri di lavori pubblici, industrie varie) - Copricapo leggero per proteggere il cuoio capelluto (berretti, cuffie, retine con o senza visiera) - Copricapo di protezione (cuffie, berretti, cappelli di tela cerata, ecc., in tessuto, in tessuto rivestito, ecc.) DISPOSITIVI DI PROTEZIONE DELL'UDITO - Palline e tappi per le orecchie - Caschi (comprendenti l'apparato auricolare) - Cuscinetti adattabili ai caschi di protezione per l'industria - Cuffie con attacco per ricezione a bassa frequenza - Dispositivi di protezione contro il rumore con apparecchiature di intercomunicazione DISPOSITIVI DI PROTEZIONE DEGLI OCCHI E DEL VISO - Occhiali a stanghette - Occhiali a maschera - Occhiali di protezione contro i raggi X, i raggi laser, le radiazioni ultraviolette, infrarosse, visibili - Schermi facciali - Maschere e caschi per la saldatura ad arco (maschere a mano, a cuffia o adattabili a caschi protettivi) DISPOSITIVI DI PROTEZIONE DELLE VIE RESPIRATORIE - Apparecchi antipolvere, antigas e contro le polveri radioattive - Apparecchi isolanti a presa d'aria - Apparecchi respiratori con maschera per saldatura amovibile - Apparecchi ed attrezzature per sommozzatori - Scafandri per sommozzatori DISPOSITIVI DI PROTEZIONE DELLE MANI E DELLE BRACCIA - Guanti - contro le aggressioni meccaniche (perforazioni, tagli, vibrazioni, ecc.) - contro leaggressioni chimiche- per elettricisti e antitermici - Guanti a sacco - Ditali - Manicotti - Fasce di protezione dei polsi - Guanti a mezze dita - Manopole DISPOSITIVI DI PROTEZIONE DEI PIEDI E DELLE GAMBE - Scarpe basse, scarponi, tronchetti, stivali di sicurezza - Scarpe a slacciamento o sganciamento rapido - Scarpe con protezione supplementare della punta del piede - Scarpe e soprascarpe con suola anticalore - Scarpe, stivali e soprastivali di protezione contro il calore - Scarpe, stivali e soprastivali di protezione contro il freddo - Scarpe, stivali e soprastivali di protezione contro le vibrazioni - Scarpe, stivali e soprastivali di protezione antistatici - Scarpe, stivali e soprastivali di protezioni isolanti - Stivali di protezione contro le catene delle trance meccaniche - Zoccoli - Ginocchiere - Dispositivi di protezione amovibili del collo del piede - Ghette - Suole amovibili (anticalore, antiperforazione o antitraspirazione) - Ramponi amovibili per ghiaccio, neve, terreno sdrucciolevole DISPOSITIVI DI PROTEZIONE DELLA PELLE - Creme protettive/pomate DISPOSITIVI DI PROTEZIONE DEL TRONCO E DELL'ADDOME - Giubbotti, giacche e grembiuli di protezione contro le aggressioni meccaniche (perforazioni, tagli, spruzzi di metallo fuso, ecc.) - Giubbotti, giacche e grembiuli di protezione contro le aggressioni chimiche - Giubbotti termici - Giubbotti di salvataggio - Grembiuli di protezione contro i raggi X - Cintura di sicurezza del tronco DISPOSITIVI DI PROTEZIONE DELL'INTERO CORPO - Attrezzature di protezione contro le cadute - Attrezzature cosiddette «anticaduta» (attrezzature complete comprendenti tutti gli accessori necessari al funzionamento) - Attrezzature con freno «ad assorbimento di energia cinetica» (attrezzature complete comprendenti tutti gli accessori necessari al funzionamento) - Dispositivi di sostegno del corpo (imbracatura di sicurezza) - Indumenti di protezione - Indumenti di lavoro cosiddetti «di sicurezza» (due pezzi e tute) - Indumenti di protezione contro le aggressioni meccaniche (perforazioni, tagli, ecc.) - Indumenti di protezione contro le aggressioni chimiche - Indumenti di protezione contro gli spruzzi di metallo fuso ed i raggi infrarossi - Indumenti di protezione contro il calore - Indumenti di protezione contro il freddo - Indumenti di protezione contro la contaminazione radioattiva - Indumenti antipolvere - Indumenti antigas - Indumenti ed accessori (bracciali, guanti, ecc.) fluorescenti di segnalazione, catarifrangenti - Coperture di protezione ALLEGATO III ELENCO INDICATIVO E NON ESAURIENTE DELLE ATTIVITÀ E DEI SETTORI DI ATTIVITÀ PER I QUALI PUÒ RENDERSI NECESSARIO METTERE A DISPOSIZIONE ATTREZZATURE DI PROTEZIONE INDIVIDUALE 1. PROTEZIONE DEL CAPO (PROTEZIONE DEL CRANIO) Elmetti di protezione - Lavori edili, soprattutto lavori sopra, sotto o in prossimità di impalcature e di posti di lavoro sopraelevati, montaggio e smontaggio di armature, lavori di installazione e di posa di ponteggi e operazioni di demolizione - Lavori su ponti d'acciaio, su opere edili in strutture d'acciaio di grande altezza, piloni, torri, costruzioni idrauliche in acciaio, altiforni, acciaierie e laminatoi, grandi serbatoi, grandi condotte, caldaie e centrali elettriche - Lavori in fossati, trincee, pozzi e gallerie di miniera - Lavori in terra e in roccia - Lavori in miniere sotterranee, miniere a cielo aperto e lavori di spostamento di ammassi di sterile - Uso di estrattori di bulloni - Brillatura mine - Lavori in ascensori e montacarichi, apparecchi di sollevamento, gru e nastri trasportatori - Lavori nei pressi di altiforni, in impianti di riduzione diretta, in acciaierie, in laminatoi, in stabilimenti metallurgici, in impianti di fucinatura a maglio e a stampo, nonché in fonderie - Lavori in forni industriali, contenitori, apparecchi, silos, tramogge e condotte - Costruzioni navali - Smistamento ferroviario - Macelli 2. PROTEZIONE DEL PIEDE Scarpe di sicurezza con suola imperforabile - Lavori di rustico, di genio civile e lavori stradali - Lavori su impalcature - Demolizione di rustici - Lavori in calcestruzzo ed in elementi prefabbricati con montaggio e smontaggio di armature - Lavori in cantieri edili e in aree di deposito - Lavori su tetti Scarpe di sicurezza senza suola imperforabile - Lavori su ponti d'acciaio, opere edili in strutture d'acciaio di grande altezza, piloni, torri, ascensori e montacarichi, costruzioni idrauliche in acciaio, altiforni, acciaierie, laminatoi, grandi contenitori, grandi condotte, gru, caldaie e impianti elettrici - Costruzione di forni, installazione di impianti di riscaldamento e di aerazione, nonché montaggio di costruzioni metalliche - Lavori di trasformazione e di manutenzione - Lavori in altiforni, impianti di riduzione diretta, acciaierie e laminatoi, stabilimenti metallurgici, impianti di fucinatura a maglio e a stampo, impianti di pressatura a caldo e di trafilatura - Lavori in cave di pietra, miniere a cielo aperto e rimozione in discarica - Lavorazione e finitura di pietre - Produzione di vetri piani e di vetri cavi, nonché lavorazione e finitura - Manipolazione di stampi nell'industria della ceramica - Lavori di rivestimenti in prossimità del forno nell'industria della ceramica - Lavori nell'industria della ceramica pesante e nell'industria dei materiali da costruzione - Movimentazione e stoccaggio - Manipolazione di blocchi di carni surgelate e di contenitori metallici di conserve - Costruzioni navali - Smistamento ferroviario Scarpe di sicurezza con tacco o con suola continua e con intersuola imperforabile - Lavori su tetti Scarpe di sicurezza con intersuola termoisolante - Attività su e con masse molto fredde o ardenti Scarpe di sicurezza a slacciamento rapido - In caso di rischio di penetrazione di masse incandescenti fuse 3. PROTEZIONE DEGLI OCCHI O DEL VOLTO Occhiali di protezione, visiere o maschere di protezione - Lavori di saldatura, molatura e tranciatura - Lavori di mortasatura e di scalpellatura - Lavorazione e finitura di pietre - Uso di estrattori di bulloni - Impiego di macchine asportatrucioli durante la lavorazione di materiali che producono trucioli corti - Fucinatura a stampo - Rimozione e frantumazione di schegge - Operazioni di sabbiatura - Manipolazione di prodotti acidi e alcalini, disinfettanti e detergenti corrosivi - Impiego di pompe a getto liquido - Manipolazione di masse incandescenti fuse o lavori in prossimità delle stesse - Lavori che comportano esposizione al calore radiante - Impiego di laser 4. PROTEZIONE DELLE VIE RESPIRATORIE Autorespiratori - Lavori in contenitori, in vani ristretti ed in forni industriali riscaldati a gas, qualora sussista il rischio di intossicazione da gas o di carenza di ossigeno - Lavoro nella zona di caricamento dell'altoforno - Lavori in prossimità dei convertitori e delle condutture di gas di altoforno - Lavori in prossimità della colata in siviera qualora sia prevedibile che se ne sprigionino fumo di metalli pesanti - Lavori di rivestimento di forni e di siviere qualora sia prevedibile la formazione di polveri - Verniciatura a spruzzo senza sufficiente aspirazione - Lavori in pozzetti, canali ed altri vani sotterranei nell'ambito della rete fognaria - Attività in impianti frigoriferi che presentino un rischio di fuoriuscita del refrigerante 5. PROTEZIONE DELL'UDITO Otoprotettori - Lavori nelle vicinanze di presse per metalli - Lavori che implicano l'uso di utensili pneumatici - Attività del personale a terra negli aeroporti - Battitura di pali e costipazione del terreno - Lavori nel legname e nei tessili 6. PROTEZIONE DEL TRONCO, DELLE BRACCIA E DELLE MANI Indumenti protettivi - Manipolazione di prodotti acidi e alcalini, disinfettanti e detergenti corrosivi - Lavori che comportano la manipolazione di masse calde o la loro vicinanza o comunque un'esposizione al calore - Lavorazione di vetri piani - Lavori di sabbiatura - Lavori in impianti frigoriferi Indumenti protettivi difficilmente infiammabili - Lavori di saldatura in ambienti ristretti Grembiuli imperforabili - Operazioni di disossamento e di squartamento nei macelli - Lavori che comportano l'uso di coltelli, nel caso in cui questi siano mossi in direzione del corpo Grembiuli di cuoio - Saldatura - Fucinatura - Fonditura Bracciali - Operazioni di disossamento e di squartamento nei macelli Guanti - Saldatura - Manipolazione di oggetti con spigoli vivi, esclusi i casi in cui sussista il rischio che il guanto rimanga impigliato nelle macchine - Manipolazione a cielo aperto di prodotti acidi e alcalini Guanti a maglia metallica - Operazione di disossamento e di squartamento nei macelli - Attività protratta di taglio con il coltello nei reparti di produzione e macellazione - Sostituzione di coltelli nelle taglierine 7. INDUMENTI DI PROTEZIONE CONTRO LE INTEMPERIE - Lavori edili all'aperto con clima piovoso e freddo 8. INDUMENTI FOSFORESCENTI - Lavori in cui è necessario percepire in tempo la presenza dei lavoratori 9. ATTREZZATURE DI PROTEZIONE ANTICADUTA (IMBRACATURE DI SICUREZZA) - Lavori su impalcature - Montaggio di elementi prefabbricati - Lavori su piloni 10. ATTACCO DI SICUREZZA CON CORDA - Posti di lavoro in cabine sopraelevate di gru - Posti di lavoro in cabine di manovra sopraelevate di transelevatori - Posti di lavoro sopraelevati su torri di trivellazione - Lavori in pozzi e in fogne 11. PROTEZIONE DELL'EPIDERMIDE - Manipolazione di emulsioni - Concia di pellami | Uso di attrezzature di protezione individuale
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
La direttiva stabilisce i requisiti per la valutazione, scelta e uso corretto di dispositivi di protezione individuale (DPI)* durante il lavoro. La priorità deve essere data alle misure di protezione collettiva.
PUNTI CHIAVE
Obblighi dei datori di lavoro
Un’attrezzatura di protezione individuale deve essere conforme alle relative disposizioni comunitarie concernenti la progettazione e costruzione in materia di sicurezza e sanità (cfr. Il regolamento (UE) 2016/425 — Garantire la sicurezza dei dispositivi di protezione individuale per gli utilizzatori) e alle condizioni stabilite nella presente direttiva. Il datore di lavoro deve fornire le attrezzature di protezione individuale a titolo gratuito e assicurarne il buon funzionamento e le condizioni igieniche.
Valutazione dei DPI
Prima di scegliere un’attrezzatura di protezione individuale, il datore di lavoro deve procedere a un esame per valutare in quale misura essa risponda alle condizioni stabilite nella direttiva. Ciò comprende l’analisi dei rischi che non possono essere evitati con altri mezzi, nonchè la definizione e la valutazione delle caratteristiche dell’attrezzatura prescritte dalla direttiva.
Norme per l’uso
I paesi dell’UE devono introdurre norme generali sull’uso dei DPI e/o prevedere casi e situazioni in cui i datori di lavoro sono tenuti a fornire tali attrezzature. È necessaria una consultazione preventiva con le organizzazioni di categoria e dei lavoratori. Gli allegati delle direttive contengono le informazione per redigere queste norme:una tabella di sondaggio dei rischi (Allegato I) un elenco non esauriente di DPI (Allegato II), un elenco non esauriente delle attività che richiedono l’uso di DPI (Allegato III). Informazione, consultazione e partecipazione dei lavoratori
I lavoratori devono essere informati delle misure che saranno adottate. Vi dovranno essere consultazioni e partecipazione sulle questioni contemplate da questa direttiva.
Come richiesto dalla direttiva 89/391/CEE, è compito della Commissione europea, assistita da un comitato composto dai rappresentanti dai paesi della UE, adottare degli adattamenti tecnici agli allegati.
Relazione di valutazione
Nel 2017 è stata pubblicata una valutazione sull’attuazione pratica della direttiva.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DIRETTIVA?
La direttiva è entrata in vigore dal 12 dicembre 1989 e doveva diventare legge negli Stati membri entro il 31 dicembre 1992.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Direttiva 89/656/CE — uso di dispositivi di protezione individuale (Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro).
TERMINI CHIAVE
Dispositivi di protezione individuale: dispositivi progettati e fabbricati per essere indossati o tenuti da una persona per proteggersi da uno o più rischi per la sua salute o sicurezza. Alcune cose sono escluse dalla definizione, quali le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio, e i materiali per l’autodifesa o per la dissuasione. Tali attrezzature devono essere impiegate quando i rischi esistenti non possono essere sufficientemente evitati da mezzi tecnici di protezione collettiva o procedure di organizzazione del lavoro.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 89/656/CEE del Consiglio, del 30 novembre 1989, relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e salute per l’uso da parte dei lavoratori di attrezzature di protezione individuale durante il lavoro (terza direttiva particolare ai sensi dell’articolo16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) (GU L 393 del 30.12.1989, pag. 18).
Modifiche successive alla direttiva 89/656/CEE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTO CORRELATO
Direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU L 183 del 29.6.1989, pag. 1).
Cfr. la versione consolidata. | 9,620 | 929 |
32001D0887 | false | 2001/887/GAI: Decisione del Consiglio, del 6 dicembre 2001, relativa alla protezione dell'euro dalla falsificazione
Gazzetta ufficiale n. L 329 del 14/12/2001 pag. 0001 - 0002
Decisione del Consigliodel 6 dicembre 2001relativa alla protezione dell'euro dalla falsificazione(2001/887/GAI)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 31 e l'articolo 34, paragrafo 2, lettera c),vista l'iniziativa della Repubblica francese(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),considerando quanto segue:(1) Il regolamento (CE) n. 974/98 del Consiglio, del 3 maggio 1998, relativo all'introduzione dell'euro(3), stabilisce che a decorrere dal 1o gennaio 2002 le banconote denominate in euro cominciano ad essere immesse in circolazione ed obbliga gli Stati membri partecipanti ad assicurare sanzioni adeguate contro l'alterazione e la contraffazione delle banconote e delle monete metalliche in euro.(2) È opportuno integrare e potenziare il dispositivo di protezione dell'euro, varato con strumenti precedenti, mediante disposizioni che instaurino, relativamente alla repressione dei reati di falsificazione dell'euro, una cooperazione stretta fra le competenti autorità degli Stati membri, la Banca centrale europea, le banche centrali nazionali, l'Europol e l'Eurojust.(3) Il 29 maggio 2000 il Consiglio ha adottato la decisione quadro 2000/383/GAI relativa al rafforzamento della tutela per mezzo di sanzioni penali e altre sanzioni contro la falsificazione di monete in relazione all'introduzione dell'euro(4).(4) Il 28 giugno 2001 il Consiglio ha adottato il regolamento (CE) n. 1338/2001 che definisce talune misure necessarie alla protezione dell'euro contro la falsificazione(5) e il regolamento (CE) n. 1339/2001 che estende agli Stati membri che non hanno adottato l'euro quale moneta unica gli effetti del regolamento (CE) n. 1338/2001 che definisce talune misure necessarie alla protezione dell'euro contro la falsificazione(6),DECIDE:Articolo 1DefinizioniAi fini della presente decisione valgono le seguenti definizioni:a) "banconote false" e "monete false", le banconote e le monete così definite dall'articolo 2 del regolamento (CE) n. 1338/2001;b) "falsificazione e reati connessi con la falsificazione dell'euro", i comportamenti, in relazione all'euro, descritti agli articoli 3, 4 e 5 della decisione quadro 2000/383/GAI del Consiglio;c) "autorità competenti", le autorità designate dagli Stati membri, in particolare gli uffici centrali nazionali, ai fini dell'accentramento delle informazioni, dell'accertamento e del relativo perseguimento della falsificazione e dei reati connessi con la falsificazione dell'euro;d) "convenzione di Ginevra", la convenzione internazionale per la repressione del falso nummario, firmata a Ginevra il 20 aprile 1929, e relativo protocollo;e) "convenzione Europol", la convenzione del 26 luglio 1995 che istituisce un ufficio europeo di polizia(7).Articolo 2Perizie sulle banconote e sulle moneteGli Stati membri provvedono a che, nell'ambito dei procedimenti inerenti alla falsificazione e ai reati connessi con la falsificazione dell'euro:a) le necessarie perizie sulle banconote sospettate di essere false siano compiute da un Centro nazionale di analisi (CNA) designato o istituito a norma dell'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1338/2001; eb) le necessarie perizie sulle monete sospettate di essere false siano compiute da un Centro nazionale di analisi delle monete (CNAC) designato o istituito a norma dell'articolo 5, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1338/2001.Articolo 3Comunicazione degli esiti delle perizieGli Stati membri assicurano che gli esiti delle perizie compiute dai CNA e dai CNAC a norma dell'articolo 2 siano comunicati all'Europol ai sensi delle disposizioni della convenzione Europol.Articolo 4Obbligo di segnalazione1. Gli Stati membri assicurano che gli uffici centrali nazionali di cui all'articolo 12 della convenzione di Ginevra comunichino all'Europol, conformemente alla convenzione Europol, le informazioni da essi accentrate in merito ai procedimenti inerenti alla falsificazione e ai reati connessi con la falsificazione dell'euro, comprese le informazioni ottenute da paesi terzi. Gli Stati membri e l'Europol cooperano per determinare quali informazioni devono essere comunicate. Le informazioni contengono, almeno, l'identificazione delle persone coinvolte, le circostanze in cui i reati sono stati scoperti, le circostanze del sequestro e i collegamenti con altri casi.2. Nei procedimenti inerenti alla falsificazione e ai reati connessi con la falsificazione dell'euro le competenti autorità degli Stati membri si avvalgono, se del caso, di tutti gli strumenti offerti dall'Unità provvisoria di cooperazione giudiziaria e poi degli strumenti di cooperazione offerti dall'Eurojust quando sarà stato istituito, ai sensi delle disposizioni previste negli strumenti che istituiscono l'Unità provvisoria di cooperazione giudiziaria e l'Eurojust.Articolo 5Entrata in vigoreLa presente decisione entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.Fatto a Bruxelles, addì 6 dicembre 2001.Per il ConsiglioIl PresidenteM. Verwilghen(1) GU C 75 del 7.3.2001, pag. 1.(2) Parere espresso il 23 ottobre 2001 (Non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 139 dell'11.5.1998, pag. 1.(4) GU L 140 del 14.6.2000, pag. 1.(5) GU L 181 del 4.7.2001, pag. 6.(6) GU L 181 del 4.7.2001, pag. 11.(7) GU C 316 del 27.11.1995, pag. 2. Convenzione modificata da ultimo dal protocollo del 30 novembre 2000 (GU C 358 del 13.12.2000, pag. 2). | Protezione dell’euro dalle falsificazioni
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
La presente decisione mira a garantire che, nell’ambito delle indagini sulla contraffazione dell’euro, siano eseguite analisi coerenti ed efficaci sulle banconote e monete contraffatte e che tali informazioni siano condivise fra i paesi dell’UE.
PUNTI CHIAVE
In vista dell’introduzione dell’euro il 1o gennaio 2002, la decisione ha integrato una serie di norme esistenti sulla protezione dell’euro dalla falsificazione, nello specifico:
la decisione quadro del Consiglio 2000/383/GAI, sostituita dalla direttiva 2014/62/UE,sulla protezione mediante il diritto penale dell’euro e di altre monete contro la falsificazione;
il regolamento (CE) n. 1338/2001 del Consiglio che definisce altre misure necessarie alla protezione dell’euro contro la falsificazione.
Durante le investigazioni sulla falsificazione dell’euro, i paesi dell’Unione europea (UE) devono garantire che i Centri nazionali di analisi (CNA) svolgano le necessarie perizie sulle banconote sospettate di essere false, mentre i Centri nazionali di analisi delle monete (CNAC) devono svolgere tali perizie per le monete sospettate di essere false. I paesi dell’UE sono tenuti a trasmettere i risultati di tali perizie all’Ufficio europeo di polizia (Europol).
Gli uffici centrali nazionali dei paesi dell’UE responsabili delle investigazioni sulla falsificazione dell’euro e reati correlati hanno l’obbligo di comunicare all’Europol informazioni centralizzate sulle investigazioni, comprese le informazioni ottenute dai paesi extra UE. Dovrebbero essere inviate almeno le seguenti informazioni:
l’identificazione delle persone coinvolte;
la descrizione dei reati;
le circostanze in cui i reati sono stati scoperti;
le circostanze del sequestro;
i collegamenti con altri casi.
Nei procedimenti inerenti alla falsificazione e ai reati connessi con la falsificazione dell’euro le competenti autorità dei paesi dell’UE dovranno avvalersi di tutti gli strumenti offerti dall’Eurojust.
La decisione 2005/37/CE della Commissione istituisce il Centro tecnico-scientifico europeo (CTSE), il cui ruolo è quello di proteggere le monete dell’euro dalla falsificazione. A tal fine esso analizza e classifica le monete falsificate e assiste le autorità nazionali.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
La decisione è in vigore dal 14 dicembre 2001.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni si consulti:
Lotta alla falsificazione (Commissione europea);
Misure antifalsificazione (Banca centrale europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2001/887/GAI del Consiglio, del 6 dicembre 2001, relativa alla protezione dell’euro dalla falsificazione (GU L 329 del 14.12.2001, pag. 1-2)
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (CE) n. 1338/2001 del Consiglio, del 28 giugno 2001 che definisce talune misure necessarie alla protezione dell’euro contro la falsificazione (GU L 181 del 4.7.2001, pag. 6-10)
Modifiche successive al regolamento (CE) n. 1338/2001 sono state integrate nel documento originale. La presente versione consolidata ha unicamente un valore documentale.
Decisione 2005/37/CE della Commissione, del 29 ottobre 2004, che istituisce il centro tecnico-scientifico europeo (CTSE) e prevede il coordinamento delle azioni tecniche al fine di proteggere le monete in euro contro la falsificazione (GU L 19 del 21.1.2005, pag. 73-74)
Direttiva 2014/62/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, sulla protezione mediante il diritto penale dell’euro e di altre monete contro la falsificazione e che sostituisce la decisione quadro 2000/383/GAI del Consiglio (GU L 151 del 21.5.2014, pag. 1-8) | 3,181 | 658 |
32011D1194 | false | DECISIONE N. 1194/2011/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 16 novembre 2011
che istituisce un’azione dell’Unione europea per il marchio del patrimonio europeo
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 167, paragrafo 5, primo trattino,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato delle regioni (1),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
Il trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) ha lo scopo di creare un’unione sempre più stretta tra i popoli europei e assegna all’Unione, tra l’altro, il compito di contribuire al pieno sviluppo delle culture degli Stati membri, nel rispetto delle loro diversità nazionali e regionali, evidenziando nel contempo il patrimonio culturale comune. A tale riguardo, se necessario, l’Unione appoggia e integra l’azione degli Stati membri intesa a migliorare la conoscenza e a diffondere la cultura e la storia dei popoli europei.
(2)
Una migliore conoscenza e consapevolezza, soprattutto fra i giovani, del patrimonio comune, seppure diverso, contribuirà a rafforzare il senso di appartenenza all’Unione e il dialogo interculturale. È quindi importante favorire un più ampio accesso al patrimonio culturale e valorizzarne la dimensione europea.
(3)
Il TFUE istituisce inoltre la cittadinanza dell’Unione, che integra la cittadinanza nazionale degli Stati membri ed è un importante elemento per la salvaguardia e il rafforzamento del processo di integrazione europea. Affinché i cittadini diano il loro pieno appoggio all’integrazione europea è opportuno dare maggiore rilievo ai valori, alla storia e alla cultura che li accomunano come elementi chiave della loro appartenenza a una società fondata su principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti umani, diversità culturale e linguistica, tolleranza e solidarietà.
(4)
Il 28 aprile 2006 a Granada, in Spagna, è stata avviata un’iniziativa intergovernativa per il marchio del patrimonio europeo («iniziativa intergovernativa»).
(5)
Il 20 novembre 2008 il Consiglio ha adottato conclusioni (3) intese a trasformare l’iniziativa intergovernativa in un’azione dell’Unione («azione»), in cui si invita la Commissione a presentargli una proposta relativa alla creazione da parte dell’Unione di un «Marchio del patrimonio europeo» («marchio») e a precisare le modalità pratiche di attuazione di tale progetto.
(6)
La consultazione pubblica e la valutazione dell’impatto portate avanti dalla Commissione hanno confermato il valore dell’iniziativa intergovernativa ma hanno suggerito che andava ulteriormente sviluppata perché potesse esprimere tutto il suo potenziale e che il coinvolgimento dell’Unione potrebbe fornirgli un chiaro valore aggiunto, contribuendo a migliorarne notevolmente la qualità.
(7)
Il marchio dovrebbe beneficiare dell’esperienza maturata nell’ambito dell’iniziativa intergovernativa.
(8)
Il marchio dovrebbe quindi puntare al valore aggiunto e alla complementarietà rispetto ad altre iniziative, come l’elenco del patrimonio mondiale dell’Unesco, la lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’Unesco e gli itinerari culturali europei del Consiglio d’Europa. Il suo valore aggiunto dovrebbe essere rappresentato dal contributo apportato dai siti selezionati alla storia e alla cultura europee, compresa la costruzione dell’Unione, dalla loro chiara dimensione educativa rivolta ai cittadini, soprattutto i giovani, nonché dalla creazione di reti fra i vari siti finalizzata allo scambio di esperienze e buone pratiche. L’azione dovrebbe concentrarsi non tanto sulla conservazione dei siti, che dovrebbe essere comunque garantita dai regimi di protezione esistenti, quanto soprattutto sulla promozione dei siti, sull’accesso a essi e sulla qualità dell’informazione e delle attività offerte.
(9)
Oltre a rafforzare il senso di appartenenza dei cittadini europei all’Unione e a stimolare il dialogo interculturale, l’azione contribuirebbe anche a rafforzare il valore e il profilo del patrimonio culturale, a migliorare il suo ruolo nello sviluppo economico e sostenibile delle regioni, in particolare attraverso il turismo culturale, a promuovere le sinergie fra il patrimonio culturale e il settore della creatività contemporanea, e, più in generale, a promuovere i valori democratici e i diritti umani che stanno alla base dell’integrazione europea.
(10)
Questi obiettivi concordano pienamente con quelli contenuti nella comunicazione della Commissione «Un’agenda europea per la cultura in un mondo in via di globalizzazione», che comprendono la promozione della diversità culturale e del dialogo interculturale nonché della cultura quale catalizzatore della creatività.
(11)
È fondamentale che il marchio sia assegnato in base a criteri e procedure comuni, chiari e trasparenti, anche durante i primi due anni di selezione allorché dovrebbero applicarsi disposizioni transitorie.
(12)
La procedura di selezione dei siti conformemente all’azione dovrebbe essere realizzata in due fasi. Inizialmente i siti dovrebbero essere preselezionati a livello nazionale. Ove opportuno, gli Stati membri potrebbero coinvolgere le autorità locali e regionali. La selezione dovrebbe poi aver luogo a livello dell’Unione. È opportuno che ciascun sito a cui viene assegnato il marchio sia controllato al fine di garantire il rispetto continuo dei criteri previsti per il marchio.
(13)
Nel corso della prima valutazione della presente azione è opportuno esaminare l’ampliamento del suo ambito di applicazione geografico.
(14)
Qualora vi sia un chiaro legame tematico tra vari siti ubicati in uno Stato membro, la presente azione dovrebbe consentire candidature comuni. Tali candidature comuni dovrebbero includere un numero ragionevole di siti partecipanti e presentare un valore aggiunto europeo rispetto alle candidature individuali per gli stessi siti.
(15)
In ragione della dimensione transnazionale di taluni siti, l’azione dovrebbe del pari consentire candidature comuni sia nel caso di siti ubicati nei vari Stati membri ma che convergono su un tema specifico, sia nel caso di siti ubicati nel territorio di almeno due Stati membri.
(16)
Per garantire l’uniformità delle condizioni di attuazione della presente decisione, in particolare delle disposizioni relative alla designazione dei siti a cui assegnare il marchio, al ritiro del marchio e alla formalizzazione della rinuncia alla stessa, le competenze di esecuzione dovrebbero essere conferite alla Commissione.
(17)
Le disposizioni amministrative relative al marchio dovrebbero essere semplici e flessibili, conformemente al principio di sussidiarietà.
(18)
Poiché gli obiettivi della presente decisione non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, soprattutto a causa della necessità di nuovi criteri e procedure comuni, chiari e trasparenti per l’assegnazione del marchio nonché di un maggiore coordinamento fra gli Stati membri, e possono dunque essere conseguiti meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. La presente decisione si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi, in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Stabilimento
È istituita un’azione dell’Unione europea («azione») denominata «marchio del patrimonio europeo» («marchio»).
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente decisione, si intende per:
1)
«siti», i monumenti, i siti naturali, subacquei, archeologici, industriali o urbani, i paesaggi culturali, i luoghi della memoria, i beni culturali e il patrimonio immateriale associati a un luogo, compreso il patrimonio contemporaneo;
2)
«sito transnazionale»:
a)
siti situati in diversi Stati membri che convergono su un tema specifico per presentare una candidatura comune; o
b)
un sito la cui posizione geografica comprende il territorio di almeno due Stati membri;
3)
«sito tematico nazionale», diversi siti, ubicati nello stesso Stato membro, che convergono su un tema specifico al fine di presentare una candidatura comune.
Articolo 3
Obiettivi
1. L’azione contribuisce al conseguimento dei seguenti obiettivi generali:
a)
rafforzamento del senso di appartenenza dei cittadini europei all’Unione, in particolare dei giovani, sulla base dei valori comuni e degli elementi della storia e del patrimonio culturale europei nonché della consapevolezza della diversità nazionale e regionale;
b)
promozione del dialogo interculturale.
2. Al fine di raggiungere gli obiettivi di cui al paragrafo 1, l’azione persegue i seguenti obiettivi intermedi:
a)
sottolineare il valore simbolico e migliorare la visibilità dei siti che hanno rivestito un ruolo importante nella storia e nella cultura dell’Europa e/o nella costruzione dell’Unione;
b)
aumentare la consapevolezza dei cittadini europei riguardo alla storia dell’Europa e alla costruzione dell’Unione nonché riguardo al loro patrimonio culturale comune, seppure diverso, soprattutto in relazione ai valori democratici e ai diritti umani alla base del processo di integrazione europea.
3. Gli stessi siti perseguono i seguenti obiettivi specifici:
a)
mettere in luce la propria rilevanza europea;
b)
sensibilizzare i cittadini europei al patrimonio culturale comune, soprattutto i giovani;
c)
favorire la condivisione di esperienze e lo scambio di buone pratiche attraverso l’Unione;
d)
estendere e/o migliorare l’accesso per tutti, soprattutto i giovani;
e)
promuovere il dialogo interculturale, soprattutto fra i giovani, attraverso l’educazione artistica, culturale e storica;
f)
favorire le sinergie fra il patrimonio culturale, da un lato, e il settore della creazione e della creatività contemporanea, dall’altro;
g)
contribuire all’attrattiva e allo sviluppo economico e sostenibile delle regioni, in particolare attraverso il turismo culturale.
Articolo 4
Partecipazione all’azione
All’azione possono partecipare su base volontaria gli Stati membri.
Articolo 5
Valore aggiunto e complementarità dell’azione con altre iniziative
La Commissione e gli Stati membri provvedono affinché vi sia complementarità e valore aggiunto dell’azione rispetto ad altre iniziative nel campo del patrimonio culturale quali l’elenco del Patrimonio mondiale dell’Unesco, la lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’Unesco e gli itinerari culturali europei del Consiglio d’Europa.
Articolo 6
Ammissibilità
I siti ai sensi dell’articolo 2 sono ammissibili all’assegnazione del marchio.
Articolo 7
Criteri
1. L’assegnazione del marchio avviene secondo i seguenti criteri («criteri»):
a)
i siti candidati per il marchio devono avere un valore europeo simbolico e devono rivestire un ruolo importante nella storia e nella cultura d’Europa e/o nella costruzione dell’Unione europea. Essi devono dimostrare pertanto di possedere una o più delle seguenti caratteristiche:
i)
carattere transfrontaliero o paneuropeo: come la loro influenza e attrattiva passata e presente vadano oltre le frontiere nazionali di uno Stato membro;
ii)
collocazione e ruolo nella storia e nell’integrazione europee e legame con eventi, personalità o movimenti chiave europei;
iii)
collocazione e ruolo nello sviluppo e nella promozione dei valori comuni che sono alla base dell’integrazione europea;
b)
i siti candidati per il marchio devono presentare un progetto, la cui realizzazione deve iniziare al più tardi entro la fine dell’anno di designazione, che include tutti gli elementi seguenti:
i)
sensibilizzare i cittadini alla rilevanza europea del sito, soprattutto tramite adeguate attività di comunicazione, segnaletica e formazione del personale;
ii)
organizzare attività didattiche, in particolare rivolte ai giovani, per aumentare la consapevolezza della storia comune dell’Europa e del suo patrimonio comune, seppure diverso, e rafforzare il senso di appartenenza ad uno spazio comune;
iii)
promuovere il multilinguismo e facilitare l’accesso ai siti utilizzando varie lingue dell’Unione;
iv)
partecipare alle attività di messa in rete dei siti che hanno ricevuto il marchio al fine di scambiare esperienze e avviare progetti comuni;
v)
migliorare la visibilità e l’attrattiva del sito su scala europea, anche utilizzando le possibilità offerte dalle nuove tecnologie nonché dai mezzi digitali e interattivi e cercando sinergie con altre iniziative europee.
Ogni qualvolta la specifica natura del sito lo permetta, deve essere accolta con favore l’organizzazione di attività artistiche e culturali che promuovano la mobilità dei professionisti della cultura, degli artisti e delle collezioni europei, stimolino il dialogo interculturale e incoraggino i collegamenti fra il patrimonio e la creazione e la creatività contemporanee;
c)
i siti candidati per il marchio devono presentare un progetto che include tutti gli elementi seguenti:
i)
garantire una buona gestione del sito, con definizione di obiettivi e indicatori;
ii)
garantire che il sito venga preservato e tramandato alle generazioni future conformemente alle misure di salvaguardia pertinenti;
iii)
provvedere alla qualità degli strumenti di accoglienza, quali la presentazione storica, le informazioni ai visitatori e la segnaletica;
iv)
garantire l’accesso al sito per il più ampio pubblico possibile, anche mediante adeguamenti del sito o azioni di formazione del personale;
v)
riservare un’attenzione particolare al pubblico giovane, in particolare concedendogli accessi al sito in condizioni privilegiate;
vi)
promuovere il sito come destinazione turistica sostenibile;
vii)
sviluppare una strategia di comunicazione coerente e completa che metta in luce la rilevanza europea del sito;
viii)
garantire che la gestione del sito sia il più possibile rispettosa dell’ambiente.
2. Riguardo ai criteri di cui al paragrafo 1, lettere b) e c), ciascun sito è valutato in modo proporzionato, tenendo conto delle sue caratteristiche.
Articolo 8
Panel europeo
1. È istituito un panel europeo di esperti indipendenti («panel europeo») per effettuare la selezione e il controllo a livello dell’Unione. Esso garantisce la corretta applicazione dei criteri da parte dei siti in tutti gli Stati membri.
2. Il panel europeo è composto da 13 membri; quattro nominati dal Parlamento europeo, quattro dal Consiglio, quattro dalla Commissione e uno dal Comitato delle regioni, secondo le rispettive procedure. Il panel europeo nomina il suo presidente.
3. Il panel europeo è composto da esperti indipendenti dotati di una solida esperienza e competenza nei campi pertinenti agli obiettivi dell’azione. Ogni istituzione o organo cerca di garantire che le competenze degli esperti che nomina siano il più possibile complementari e che tali esperti siano selezionati garantendo una copertura geografica equilibrata.
4. I membri del panel europeo sono nominati per tre anni.
Tuttavia, nel 2012 quattro esperti vengono nominati dal Parlamento europeo per due anni, quattro dal Consiglio per tre anni, quattro dalla Commissione per un anno e uno dal Comitato delle regioni per tre anni.
5. I membri del panel europeo dichiarano qualsiasi conflitto di interessi in corso o potenziale riguardo a un determinato sito. Nel caso di una tale dichiarazione da parte di un membro, o qualora emerga un siffatto conflitto di interessi, il membro non prende parte alla valutazione del sito né degli altri siti dello Stato membro o degli Stati membri interessati.
6. Tutte le relazioni, le raccomandazioni e le notifiche del panel europeo sono pubblicate dalla Commissione.
Articolo 9
Modulo di candidatura
Al fine di mantenere le procedure il più possibile efficaci e semplici la Commissione prepara un modulo comune di candidatura («modulo di candidatura») che riflette i criteri e che viene utilizzato da tutti i siti candidati.
Articolo 10
Preselezione a livello nazionale
1. La preselezione dei siti per l’assegnazione del marchio è sotto la responsabilità degli Stati membri.
2. Ciascuno Stato membro può preselezionare fino a un massimo di due siti ogni due anni.
3. La preselezione avviene secondo i criteri e sulla base del modulo di candidatura.
4. Ciascuno Stato membro partecipante stabilisce le proprie procedure e il calendario per la preselezione conformemente al principio di sussidiarietà, adoperandosi per disposizioni amministrative che siano il più possibile semplici e flessibili. Esso trasmette i moduli di candidatura dei siti preselezionati alla Commissione entro il 1o marzo dell’anno in cui ha luogo la procedura di selezione, conformemente al calendario riportato in allegato.
5. La Commissione pubblica l’elenco completo dei siti preselezionati e ne informa il Parlamento europeo, il Consiglio e il Comitato delle regioni senza indugio dopo la conclusione della fase di preselezione, affinché il Parlamento europeo, il Consiglio, il Comitato delle regioni, gli Stati membri o qualsiasi altra persona o entità possa presentare alla Commissione qualsiasi osservazione suscettibile di influire sulla selezione dei siti.
Articolo 11
Selezione a livello di Unione
1. La selezione dei siti per l’assegnazione del marchio è effettuata dal panel europeo sotto la responsabilità della Commissione.
2. Il panel europeo valuta le candidature dei siti preselezionati e sceglie al massimo un sito per ciascuno Stato membro. Se necessario, possono essere richieste ulteriori informazioni e possono essere organizzate visite dei siti.
3. La selezione avviene in base ai criteri e al modulo di candidatura. Il panel europeo tiene inoltre debitamente conto delle osservazioni di cui all’articolo 10, paragrafo 5.
4. Il panel europeo pubblica una relazione relativa ai siti preselezionati e la trasmette alla Commissione entro la fine dell’anno in cui ha luogo la selezione. Tale relazione comprende una raccomandazione per l’assegnazione del marchio e fornisce una spiegazione a corredo delle sue conclusioni in merito ai siti che sono selezionati e a quelli che non lo sono. La Commissione trasmette senza indugio tale relazione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato delle regioni per informazione.
5. I siti candidati che non sono selezionati possono presentare negli anni seguenti nuove candidature per la preselezione a livello nazionale.
Articolo 12
Siti transnazionali
1. Per essere ammesso all’assegnazione del marchio, un sito transnazionale soddisfa le seguenti condizioni:
a)
pieno rispetto dei criteri da parte di ciascun sito partecipante;
b)
designazione di uno dei siti partecipanti come coordinatore incaricato di essere l’unico punto di contatto per la Commissione;
c)
presentazione della candidatura sotto un nome comune;
d)
se del caso, dimostrazione dell’esistenza di un chiaro legame tematico.
2. Le candidature per i siti transnazionali seguono la stessa procedura degli altri siti. Dopo consultazione tra i siti partecipanti, con il coinvolgimento delle competenti autorità nazionali, ciascun sito partecipante compila un modulo per la candidatura e lo trasmette al coordinatore. I siti transnazionali sono preselezioni dallo Stato membro del coordinatore nei limiti del numero dei siti di cui all’articolo 10, paragrafo 2, e sono proposti a nome di tutti gli Stati membri interessati dopo che questi hanno espresso parere favorevole.
3. Quando un sito transnazionale è selezionato, il marchio è assegnato al sito transnazionale nell’insieme e sotto il nome comune.
4. Se un sito transnazionale risponde a tutti i criteri, in fase di selezione gli sarà data priorità.
Articolo 13
Siti tematici nazionali
1. Per essere ammesso all’assegnazione del marchio, un sito tematico nazionale soddisfa tutte le seguenti condizioni:
a)
dimostrazione del valore aggiunto europeo di una candidatura comune rispetto a candidature individuali;
b)
dimostrazione di un chiaro legame tematico;
c)
pieno rispetto dei criteri da parte di ciascun sito partecipante;
d)
designazione di uno dei siti partecipanti come coordinatore incaricato di essere l’unico punto di contatto per la Commissione;
e)
presentazione della candidatura sotto un nome comune.
2. Le candidature per i siti tematici nazionali seguono la stessa procedura applicabile agli altri siti. Ciascun sito partecipante compila un modulo di candidatura e lo invia al coordinatore. I siti tematici nazionali sono preselezionati dallo Stato membro interessato nei limiti del numero dei siti di cui all’articolo 10, paragrafo 2.
3. Qualora un sito tematico nazionale sia selezionato, il marchio è assegnato al sito tematico nazionale nel suo insieme e sotto il nome comune.
Articolo 14
Designazione
1. La Commissione designa i siti ai quali assegnare il marchio tenendo debitamente conto delle raccomandazioni del panel europeo. Essa informa della designazione il Parlamento europeo, il Consiglio e il Comitato delle regioni.
2. Il marchio viene assegnato in modo permanente, alle condizioni di cui all’articolo 15 e a condizione del prosieguo dell’azione, fatto salvo l’articolo 16.
Articolo 15
Controllo
1. Ciascun sito a cui viene assegnato il marchio è controllato periodicamente al fine di verificare che esso continui a rispettare i criteri nonché il progetto e il piano di lavoro presentati al momento della candidatura.
2. Gli Stati membri sono responsabili del controllo di tutti i siti che si trovano nei rispettivi territori. Il controllo di un sito transnazionale è di competenza dello Stato membro del coordinatore.
3. Gli Stati membri raccolgono tutte le informazioni necessarie e preparano una relazione ogni quattro anni, conformemente al calendario riportato nell’allegato. Gli Stati membri trasmettono la relazione alla Commissione entro il 1o marzo dell’anno in cui ha luogo la procedura di controllo. La Commissione sottopone la relazione all’esame del panel europeo.
4. Il panel europeo pubblica una relazione sullo stato dei siti che hanno ricevuto il marchio entro la fine dell’anno in cui ha luogo la procedura di controllo, comprendente se necessario le raccomandazioni di cui tenere conto nel periodo di controllo successivo.
5. La Commissione stabilisce, in cooperazione con il panel europeo, indicatori comuni affinché gli Stati membri possano applicare un approccio coerente per il controllo.
Articolo 16
Ritiro del marchio o rinuncia allo stesso
1. Qualora il panel europeo stabilisca che un sito non rispetta più i criteri o il progetto e il piano di lavoro presentati al momento della candidatura, esso avvia un dialogo con lo Stato membro in questione attraverso la Commissione, al fine di agevolare gli adeguamenti necessari del sito.
2. Se diciotto mesi dopo l’inizio del dialogo il sito non ha ancora apportato gli adeguamenti necessari, il panel europeo ne dà notifica alla Commissione. Tale notifica deve essere accompagnata da una motivazione e deve includere raccomandazioni pratiche su come migliorare la situazione.
3. Se diciotto mesi dopo la notifica di cui al paragrafo 2 le raccomandazioni pratiche non sono state messe in atto, il panel europeo rivolge una raccomandazione alla Commissione con cui chiede il ritiro del marchio al sito in questione.
4. Qualora il panel europeo stabilisca che un sito che partecipa a un sito transnazionale o un sito tematico nazionale non rispetta più i criteri o il progetto e il piano di lavoro presentati al momento della candidatura, si applica la procedura di cui ai paragrafi 1, 2 e 3. Il ritiro ai sensi del presente paragrafo si applica al sito transnazionale o al sito tematico nazionale nel suo insieme. Tuttavia, nei casi in cui non sia compromessa la coerenza del sito transnazionale o del sito tematico nazionale, il panel europeo può raccomandare di limitare il ritiro al sito partecipante in questione.
5. La Commissione adotta la decisione in merito al ritiro del marchio tenendo debitamente conto delle raccomandazioni di cui al paragrafo 3. Essa informa del ritiro il Parlamento europeo, il Consiglio e il Comitato delle regioni.
6. I siti possono rinunciare al marchio in qualsiasi momento e in tal caso essi lo notificano allo Stato membro interessato che informa a sua volta la Commissione della rinuncia. Quest’ultima formalizza la rinuncia e ne informa il Parlamento europeo, il Consiglio e il Comitato delle regioni.
Articolo 17
Modalità pratiche
1. La Commissione esegue l’azione. In particolare:
a)
garantisce la coerenza e la qualità complessive dell’azione;
b)
assicura il coordinamento fra gli Stati membri e il panel europeo;
c)
alla luce degli obiettivi e dei criteri, stabilisce orientamenti ai fini dell’assistenza nelle procedure di selezione e di controllo in stretta cooperazione con il panel europeo;
d)
fornisce sostegno al panel europeo.
2. La Commissione è tenuta a comunicare le informazioni riguardanti il marchio e a garantirne la visibilità a livello di Unione, in particolare creando e gestendo un sito web specifico. La Commissione assicura inoltre la creazione di un logo per l’azione.
3. La Commissione promuove le attività di messa in rete fra i siti che hanno ricevuto il marchio.
4. Le azioni di cui ai paragrafi 2 e 3 del presente articolo nonché i costi del panel europeo sono finanziati con la dotazione finanziaria di cui all’articolo 20.
Articolo 18
Valutazione
1. La Commissione garantisce una valutazione esterna e indipendente dell’azione. Detta valutazione ha luogo ogni sei anni conformemente al calendario riportato nell’allegato ed esamina ogni elemento, tra cui l’efficacia dei processi di gestione dell’azione, il numero dei siti, l’impatto dell’azione, l’ampliamento dell’ambito di applicazione geografica, le possibilità di migliorarla e l’opportunità di mantenerla.
2. La Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato delle regioni una relazione in merito alla valutazione di cui al paragrafo 1 entro sei mesi dalla sua conclusione, corredata, se del caso, di opportune proposte.
Articolo 19
Disposizioni transitorie
1. Gli Stati membri che non hanno partecipato all’iniziativa intergovernativa del marchio del patrimonio europeo («iniziativa intergovernativa») possono preselezionare fino ad un massimo di quattro siti candidati al marchio nel 2013.
2. Gli Stati membri che hanno partecipato all’iniziativa intergovernativa possono preselezionare fino a un massimo di quattro siti candidati al marchio nel 2014. Essi possono proporre siti cui è già stato assegnato un marchio nel quadro dell’iniziativa intergovernativa.
3. Tutti i siti di cui ai paragrafi 1 e 2 sono valutati dal panel europeo in base agli stessi criteri e seguono la stessa procedura applicabile agli altri siti.
4. Qualora uno dei siti di cui ai paragrafi 1 e 2 non rispetti i criteri o siano necessarie ulteriori informazioni relative a esso, il panel europeo avvia un dialogo con lo Stato membro in questione tramite la Commissione per valutare se sia possibile migliorare la domanda prima che venga presa una decisione. Se necessario potranno essere organizzate visite del sito.
Articolo 20
Disposizioni finanziarie
1. La dotazione finanziaria per l’attuazione dell’azione per il periodo dal 1o gennaio 2012 al 31 dicembre 2013 è pari a 650 000 EUR.
2. Gli stanziamenti annuali sono autorizzati dall’autorità di bilancio nei limiti del quadro finanziario pluriennale.
Articolo 21
Entrata in vigore
La presente decisione entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Strasburgo, il 16 novembre 2011
Per il Parlamento europeo
Il presidente
J. BUZEK
Per il Consiglio
Il presidente
W. SZCZUKA
(1) GU C 267 dell’1.10.2010, pag. 52.
(2) Posizione del Parlamento europeo del 16 dicembre 2010 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e posizione del Consiglio in prima lettura del 19 luglio 2011. Posizione del Parlamento europeo del 16 novembre 2011.
(3) GU C 319 del 13.12.2008, pag. 11.
ALLEGATO
Calendario
Anno
2011
Entrata in vigore della decisione
Lavori preparatori
2012
Lavori preparatori
2013
Prima selezione dei siti per gli Stati membri che non hanno partecipato all’iniziativa intergovernativa
2014
Prima selezione dei siti per gli Stati membri che hanno partecipato all’iniziativa intergovernativa
2015
Selezione
2016
Controllo
2017
Selezione
2018
Valutazione del marchio
2019
Selezione
2020
Controllo
2021
Selezione
2022
—
2023
Selezione
2024
Controllo
Valutazione del marchio
2025
Selezione
…
… | Marchio del patrimonio europeo
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Stabilisce un marchio del patrimonio europeo che viene attribuito a siti ubicati nell'Unione e che rivestono un ruolo importante nella storia, nella cultura e nell'integrazione dell'Europa.
PUNTI CHIAVE
L’obiettivo del marchio del patrimonio europeo consiste:
nel mettere in evidenza il patrimonio europeo comune al fine di rafforzare il senso di appartenenza dei cittadini all'Unione;
stringere il dialogo tra le culture.
Inoltre, in particolare grazie al turismo culturale, il patrimonio riveste un ruolo importante nello sviluppo economico delle regioni europee che trarranno vantaggio dalla sua valorizzazione.
L’enfasi sul valore simbolico europeo dei siti e della loro dimensione educativa distingue il marchio europeo dalle iniziative realizzate dall'Unesco (ad esempio la lista del patrimonio dell'umanità o la Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale) e dal Consiglio d'Europa nel settore del patrimonio.
Criteri di assegnazione
Possono presentare le loro candidature:
i monumenti;
i siti naturali, subacquei, archeologici, industriali o urbani;
i paesaggi culturali;
i luoghi della memoria;
i beni culturali (ovvero tutti gli oggetti che possiedono un valore artistico, storico o archeologico per uno specifico paese);
il patrimonio immateriale associati a un luogo (tradizioni orali, rituali, arti dello spettacolo), compreso il patrimonio contemporaneo.
Si possono presentare candidature comuni per:
siti transazionali, ubicati in vari Stati membri e convergenti su un tema specifico,
siti tematici nazionali che raggruppano diversi siti che convergono su uno stesso tema in un unico paese.
I siti candidati per il marchio devono dimostrare di possedere una o più delle seguenti caratteristiche:
il loro carattere transnazionale o pan-europeo, dimostrando in quale modo la propria influenza o attrattiva superi le frontiere nazionali;
il loro posto e il loro ruolo nella storia e nell'integrazione europea nonché il loro rapporto con eventi, personalità o movimenti fondamentali europei;
il loro posto e il loro ruolo nello sviluppo e nella promozione dei valori comuni su cui si fonda l'UE (ad esempio il Palazzo della Pace presso l'Aia, Paesi Bassi).
D'altra parte, i siti candidati devono presentare un progetto in cui si impegnano:
a sensibilizzare i cittadini sulla rilevanza europea del sito;
organizzare attività educative;
favorire il multilinguismo;
partecipare alle attività delle reti di siti cui è stato assegnato il marchio;
promuovere il sito su scala europea.
Occorrerà anche presentare un piano di lavoro e dimostrare come i candidati risponderanno a un certo numero di condizioni, ad esempio la gestione razionale del sito, garantire la sua conservazione e l'accesso al pubblico più vasto possibile.
Procedura di selezione
La preselezione dei siti viene effettuata dagli Stati membri che possono scegliere un massimo di due siti ogni due anni. L'elenco viene quindi sottoposto a un panel europeo di esperti indipendenti che sceglie al massimo un sito per ciascun paese. In base alle raccomandazioni del panel, la Commissione europea designa i siti che otterranno il marchio.
Tali siti sono periodicamente controllati al fine di verificare che continuino a rispettare i criteri nonché il rispettivo progetto e piano di lavoro. In caso di esito negativo, il panel propone gli adeguamenti in collaborazione con il paese interessato. Se le misure necessarie non vengono attuate, la Commissione può ritirare il marchio.
I primi marchi sono stati assegnati nel 2013.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
Si applica dal 23 novembre 2011.
CONTESTO
Divenuto ormai un'iniziativa ufficiale dell'UE e parte del programma Europa creativa (2014-2020), il marchio del patrimonio europeo è stato avviato inizialmente nel 2006, sotto forma di un'iniziativa intergovernativa che raggruppava diciotto paesi dell'UE.
Per maggiori informazioni si consulti:
Marchio del patrimonio europeo, sul sito internet della Commissione europea
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione n. 1194/2011/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 novembre 2011 che istituisce un'azione dell'Unione europea per il marchio del patrimonio europeo (GU L 303 del 22.11.2011, pag. 1-9) | 9,829 | 166 |
32003F0568 | false | Decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato
Gazzetta ufficiale n. L 192 del 31/07/2003 pag. 0054 - 0056
Decisione quadro 2003/568/GAI del Consigliodel 22 luglio 2003relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privatoIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare gli articoli 29, 31, paragrafo 1, lettera e), e 34, paragrafo 2, lettera b),vista l'iniziativa del Regno di Danimarca(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),considerando quanto segue:(1) Insieme alla globalizzazione si è assistito negli ultimi anni ad un aumento degli scambi transfrontalieri di merci e servizi. Di conseguenza, i casi di corruzione nel settore privato all'interno di uno Stato membro non sono più soltanto un problema nazionale, ma anche un problema transnazionale, affrontato in maniera più efficace mediante un'azione comune a livello dell'Unione europea.(2) Il 27 settembre 1996 il Consiglio ha adottato un atto che stabilisce un protocollo della convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee(3). Il protocollo, entrato in vigore il 17 ottobre 2002, contiene definizioni di sanzioni armonizzate per i reati di corruzione.(3) Il 26 maggio 1997 il Consiglio ha approvato una convenzione relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell'Unione europea(4).(4) Il 22 dicembre 1998 il Consiglio ha inoltre adottato l'azione comune 98/742/GAI sulla corruzione nel settore privato(5). Nel contesto dell'adozione di tale azione comune il Consiglio ha pubblicato una dichiarazione in cui si conveniva che l'azione comune rappresentava un primo passo a livello dell'Unione europea nella lotta contro questo tipo di corruzione e che alla luce dei risultati della valutazione prevista ai sensi dell'articolo 8, punto 2, dell'azione comune, ulteriori misure sarebbero state adottate in una fase successiva. Non è ancora disponibile una relazione sul recepimento dell'azione comune nelle rispettive legislazioni nazionali da parte dei singoli Stati membri.(5) Il 13 giugno 2002 il Consiglio ha adottato la decisione quadro 2002/584/GAI relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri(6), nella quale la corruzione è inclusa nell'elenco dei reati che rientrano nell'ambito d'applicazione del mandato d'arresto europeo, in relazione ai quali non è richiesta una verifica preliminare della doppia incriminazione.(6) Ai sensi dell'articolo 29 del trattato sull'Unione europea, l'obiettivo che l'Unione si prefigge è fornire ai cittadini un livello elevato di sicurezza in uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, un obiettivo da perseguire prevenendo e reprimendo la criminalità, organizzata o di altro tipo, inclusa la corruzione.(7) Conformemente al punto 48 delle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999, la corruzione riveste particolare importanza nella definizione di regole minime su quanto costituisce un illecito penale negli Stati membri e sulle sanzioni applicabili.(8) Nella conferenza di negoziato del 21 novembre 1997 è stata approvata una convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione dei pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali, ed il Consiglio d'Europa ha inoltre approvato una convenzione penale sulla corruzione, che è stata aperta alla firma il 27 gennaio 1999. Quest'ultima convenzione è corredata di un accordo che istituisce il Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO). Sono inoltre stati avviati negoziati relativi ad una convenzione dell'ONU sulla lotta contro la corruzione.(9) Gli Stati membri annettono particolare importanza alla lotta contro la corruzione sia nel settore pubblico che in quello privato, poiché ritengono che la corruzione in entrambi tali settori costituisca una minaccia allo stato di diritto e inoltre generi distorsioni di concorrenza riguardo all'acquisizione di beni o servizi commerciali e ostacoli un corretto sviluppo economico. In tale contesto, gli Stati membri che non hanno ancora ratificato la convenzione dell'Unione europea del 26 maggio 1997 e la convenzione del Consiglio d'Europa del 27 gennaio 1999 devono trovare il modo di ratificarle al più presto.(10) L'obiettivo della presente decisione quadro è in particolare di garantire che sia la corruzione attiva sia quella passiva nel settore privato siano considerate illeciti penali in tutti gli Stati membri, che anche le persone giuridiche possano essere considerate colpevoli di tali reati e che le sanzioni siano effettive, proporzionate e dissuasive,HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE QUADRO:Articolo 1DefinizioniAi fini della presente decisione quadro si intende per:- "persona giuridica", qualsiasi ente così definito a norma del diritto nazionale applicabile, ad eccezione degli Stati o di altre istituzioni pubbliche nell'esercizio dei pubblici poteri e delle organizzazioni internazionali pubbliche,- "violazione di un dovere", ciò che è inteso come tale ai sensi del diritto nazionale. La nozione di violazione di un dovere nel diritto nazionale comune copre almeno qualsiasi comportamento sleale che costituisca una violazione di un'obbligazione legale o, se del caso, una violazione di normative professionali o di istruzioni professionali applicabili nell'ambito dell'attività di una "persona" che svolge funzioni direttive o lavorative di qualsiasi tipo per conto di un'entità del settore privato.Articolo 2Corruzione attiva e passiva nel settore privato1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che le seguenti condotte intenzionali costituiscano un illecito penale allorché sono compiute nell'ambito di attività professionali:a) promettere, offrire o concedere, direttamente o tramite un intermediario, un indebito vantaggio di qualsiasi natura ad una persona, per essa stessa o per un terzo, che svolge funzioni direttive o lavorative di qualsiasi tipo per conto di un'entità del settore privato, affinché essa compia o ometta un atto in violazione di un dovere;b) sollecitare o ricevere, direttamente o tramite un intermediario, un indebito vantaggio di qualsiasi natura, oppure accettare la promessa di tale vantaggio, per sé o per un terzo, nello svolgimento di funzioni direttive o lavorative di qualsiasi tipo per conto di un'entità del settore privato, per compiere o per omettere un atto, in violazione di un dovere.2. Il paragrafo 1 si applica alle attività professionali svolte nell'ambito di entità a scopo di lucro e senza scopo di lucro.3. Uno Stato membro può dichiarare di volere limitare l'ambito di applicazione del paragrafo 1 alle condotte che comportano, o potrebbero comportare, distorsioni di concorrenza riguardo all'acquisizione di beni o servizi commerciali.4. Le dichiarazioni di cui al paragrafo 3 sono comunicate al Consiglio all'atto dell'adozione della presente decisione quadro e sono valide per cinque anni a decorrere dal 22 luglio 2005.5. Il Consiglio riesamina questo articolo in tempo utile anteriormente al 22 luglio 2010 onde valutare se sia possibile prorogare le dichiarazioni di cui al paragrafo 3.Articolo 3Istigazione e favoreggiamentoCiascuno Stato membro adotta le misure necessarie a fare sì che l'istigazione ai tipi di condotta di cui all'articolo 2 e il loro favoreggiamento siano puniti come reato.Articolo 4Sanzioni1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per assicurare che le condotte di cui agli articoli 2 e 3 siano passibili di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive.2. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per assicurare che le condotte di cui all'articolo 2 siano passibili di pene privative della libertà di durata massima compresa almeno tra uno e tre anni.3. Ciascuno Stato membro adotta, in conformità con i propri principi e norme costituzionali, le misure necessarie per assicurare che, qualora una persona fisica collegata a una determinata attività commerciale abbia ricevuto una condanna per le condotte di cui all'articolo 2, essa sia temporaneamente interdetta, se del caso e perlomeno qualora occupasse una posizione dirigenziale in una società nell'ambito dell'azienda interessata, dall'esercizio di detta specifica attività commerciale o altra comparabile, in una posizione e in una capacità simili, se i fatti accertati danno motivo di ritenere che vi sia un chiaro rischio di abuso di posizione o abuso d'ufficio per corruzione attiva o passiva.Articolo 5Responsabilità delle persone giuridiche1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili degli illeciti di cui agli articoli 2 e 3 commessi a loro beneficio da qualsiasi persona, che agisca individualmente o in quanto parte di un organo della persona giuridica, la quale occupi una posizione dirigente in seno alla persona giuridica, basata:a) sul potere di rappresentanza di detta persona giuridica, ob) sul potere di prendere decisioni per conto della persona giuridica, oc) sull'esercizio del controllo in seno a tale persona giuridica.2. Oltre ai casi di cui al paragrafo 1, ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili quando la carenza di sorveglianza o controllo da parte di uno dei soggetti di cui al paragrafo 1 abbia reso possibile la perpetrazione di un illecito del tipo menzionato agli articoli 2 e 3 a beneficio della persona giuridica da parte di una persona soggetta alla sua autorità.3. La responsabilità della persona giuridica ai sensi dei paragrafi 1 e 2 non esclude l'azione penale contro le persone fisiche che siano autori, istigatori o complici di un illecito del tipo menzionato agli articoli 2 e 3.Articolo 6Sanzioni per le persone giuridiche1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché la persona giuridica dichiarata responsabile ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 1, sia passibile di sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive comprendenti sanzioni pecuniarie di natura penale o non penale, ed eventualmente altre sanzioni, tra cui:a) l'esclusione dal godimento di un vantaggio o aiuto pubblico;b) il divieto temporaneo o permanente di esercitare un'attività commerciale;c) l'assoggettamento a sorveglianza giudiziaria od) provvedimenti giudiziari di liquidazione.2. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie affinché la persona giuridica dichiarata responsabile ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 2, sia passibile di sanzioni o misure effettive, proporzionate e dissuasive.Articolo 7Competenza1. Ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie per definire la sua competenza per quanto riguarda gli illeciti di cui agli articoli 2 e 3 commessi:a) interamente o in parte nel suo territorio;b) da un suo cittadino, oc) a vantaggio di una persona giuridica la cui sede principale è situata nel territorio di detto Stato membro.2. Uno Stato membro può decidere di non applicare o di applicare solo in particolari casi o circostanze le norme di competenza di cui al paragrafo 1, lettere b) e c), allorché l'illecito è stato commesso al di fuori del suo territorio.3. Gli Stati membri che, in virtù delle loro legislazioni nazionali, non consegnano ancora i propri cittadini, adottano le misure necessarie per stabilire la propria competenza rispetto agli illeciti di cui agli articoli 2 e 3 commessi da loro cittadini al di fuori del territorio nazionale.4. Gli Stati membri che decidono di applicare il paragrafo 2 ne informano il segretariato generale e la Commissione e specificano, se necessario, per quali casi o circostanze specifici si applica la decisione.Articolo 8AbrogazioneL'azione comune 98/742/GAI è abrogata.Articolo 9Attuazione1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni della presente decisione quadro anteriormente al 22 luglio 2005.2. Entro la stessa data gli Stati membri trasmettono al segretariato generale del Consiglio e alla Commissione il testo delle disposizioni inerenti al recepimento nella legislazione nazionale degli obblighi imposti dalla presente decisione quadro. Sulla base di una relazione redatta a partire da tali informazioni e di una relazione scritta trasmessa dalla Commissione, il Consiglio esamina anteriormente al 22 ottobre 2005 in quale misura gli Stati membri si siano conformati alle disposizioni della presente decisione quadro.Articolo 10Applicazione territorialeLa presente decisione quadro si applica a Gibilterra.Articolo 11Entrata in vigoreLa presente decisione quadro entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Fatto a Bruxelles, addì 22 luglio 2003.Per il ConsiglioIl PresidenteG. Alemanno(1) GU C 184 del 2.8.2002, pag. 5.(2) Parere reso il 22.11.2002 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(3) GU C 313 del 23.10.1996, pag. 1.(4) GU C 195 del 25.6.1997, pag. 2.(5) GU L 358 del 31.12.1998, pag. 2.(6) GU L 190 del 18.7.2002, pag. 1. | Lotta contro la corruzione nel settore privato
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Essa criminalizza sia la corruzione attiva* sia la corruzione passiva* nel settore privato. Le persone giuridiche* possono essere ritenute responsabili di questi reati. Essa abroga l’azione comune 98/742/GAI.
PUNTI CHIAVE
Inclusione del concetto di corruzione nel diritto penale nazionaleGli Stati membri sono tenuti a includere tra gli illeciti penali
commessi intenzionalmente nell’ambito dell’attività privata:la corruzione di una persona: promettere, offrire o concedere, direttamente o tramite un intermediario, un indebito vantaggio di qualsiasi natura ad una persona, per essa stessa o per un terzo, che svolge funzioni direttive o lavorative di qualsiasi tipo per conto di un’entità del settore privato, affinché essa compia o ometta un atto in violazione di un dovere*;la richiesta di un indebito vantaggio: sollecitare o ricevere, direttamente o tramite un intermediario, un indebito vantaggio di qualsiasi natura, oppure accettare la promessa di tale vantaggio, per sé o per un terzo, nello svolgimento di funzioni direttive o lavorative di qualsiasi tipo per conto di un’entità del settore privato, per compiere o per omettere un atto, in violazione di un dovere. Quanto sopra si applica alle attività professionali svolte nell’ambito di entità a scopo di lucro e senza scopo di lucro. All’atto dell’adozione, gli Stati membri erano in grado di limitare l’ambito di applicazione alle condotte che comportano, o potrebbero comportare, distorsioni di concorrenza riguardo all’acquisizione di beni o servizi commerciali. Tali limitazioni non sono più in vigore. Le limitazioni sono state in vigore per cinque anni a decorrere dal 22 luglio 2005. Gli Stati membri erano tenuti a dichiarare al Consiglio le modalità di azione all’atto dell’adozione di tale decisione. Entro il 22 luglio 2010, il Consiglio doveva riesaminare le dichiarazioni fatte dagli Stati membri in relazione a tali limitazioni.Responsabilità delle persone giuridiche e delle persone fisicheL’obiettivo della presente decisione è che possano essere considerate colpevoli non solo le persone fisiche, ad esempio i dipendenti, ma anche le persone giuridiche, ad esempio le imprese. Per quanto riguarda la responsabilità delle persone fisiche, gli Stati membri devono garantire che le condotte indicate siano passibili di pene privative della libertà di durata massima compresa almeno tra uno e tre anni. Ad esempio, se in uno Stato membro la condotta viene punita con una pena privativa della libertà fino a un anno, e in un altro fino a due anni, entrambi i casi soddisfano i criteri stabiliti dalla decisione quadro. Gli Stati membri possono inoltre applicare soglie legali più alte per il termine massimo di privazione della libertà. Il diritto a esercitare attività aziendali può essere temporaneamente sospeso. L’istigazione a commettere uno degli atti di cui sopra o la complicità o il tentativo di adottare tale condotta devono essere anch’essi puniti come illeciti. Le persone giuridiche possono essere dichiarate responsabili di illeciti che implicano corruzione se essi sono commessi a loro beneficio da qualsiasi persona fisica che agisca individualmente o che occupi una posizione dirigente in seno alla persona giuridica, sulla base dipotere di rappresentanza di detta persona giuridica;potere di prendere decisioni per conto della persona giuridica;potere di esercitare il controllo in seno a tale persona giuridica. Le sanzioni per le persone giuridiche devono includere sanzioni di natura penale o non penale. Inoltre, gli Stati membri possono considerare l’esclusione dal godimento di un vantaggio o aiuto pubblico, il divieto temporaneo o permanente di esercitare un’attività commerciale ecc.Competenza giurisdizionale
Ciascuno Stato membro è competente per quanto riguarda gli illeciti commessinel suo territorio; da un suo cittadino; a vantaggio di una persona giuridica la cui sede principale è situata nel territorio di detto Stato membro.La presente decisione quadro si applica a Gibilterra.
La presente decisione è basata sulla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea nella causa C-176/03 sulla ripartizione delle competenze in materia di disposizioni penali tra la Commissione europea e il Consiglio.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
Gli Stati membri erano tenuti ad adottare le misure necessarie per conformarsi alle disposizioni della decisione entro il 22 luglio 2005.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Corruzione (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Corruzione attiva: dare una tangente a una persona affinché essa compia nell’esercizio dei propri doveri.
Corruzione passiva: accettare tangenti.
Persona giuridica: qualsiasi entità che sia tale in forza del diritto nazionale applicabile, ad eccezione degli Stati o di altre istituzioni pubbliche, che agisce nell’esercizio dei pubblici poteri e delle organizzazioni internazionali pubbliche.
Violazione di un dovere: ciò che è inteso come tale ai sensi del diritto nazionale. La nozione di violazione di un dovere nel diritto nazionale comune copre almeno qualsiasi comportamento sleale che costituisca una violazione di un’obbligazione legale o, se del caso, una violazione di normative professionali o di istruzioni professionali.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato (GU L 192 del 31.7.2003, pag. 54).
DOCUMENTI COLLEGATI
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio intesa a valutare l’adozione, da parte degli Stati membri, delle misure necessarie a garantire la conformità alla decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato [COM(2019) 355 final, del 26.7.2019]. | 5,741 | 686 |
32002L0077 | false | Direttiva 2002/77/CE della Commissione, del 16 settembre 2002, relativa alla concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica (Testo rilevante ai fini del SEE)
Gazzetta ufficiale n. L 249 del 17/09/2002 pag. 0021 - 0026
Direttiva 2002/77/CE della Commissionedel 16 settembre 2002relativa alla concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica(Testo rilevante ai fini del SEE)LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 86, paragrafo 3,considerando quanto segue:(1) La direttiva 90/388/CE della Commissione, del 28 giugno 1990, relativa alla concorrenza nei mercati dei servizi di telecomunicazioni(1), modificata da ultimo dalla direttiva 1999/64/CE(2), è stata sostanzialmente modificata a più riprese. Poiché occorre ora apportarvi ulteriori modifiche, è opportuno che il testo della direttiva sia rifuso a fini di chiarezza.(2) Ai sensi dell'articolo 86 del trattato la Commissione ha il compito di vigilare sull'ottemperanza degli Stati membri alle disposizioni del diritto comunitario in rapporto alle imprese pubbliche e alle imprese che godono di diritti speciali o esclusivi. In forza dell'articolo 86, paragrafo 3, la Commissione può specificare e precisare gli obblighi derivanti dal suddetto articolo e, in tale contesto, fissare le condizioni necessarie per permetterle di assolvere efficacemente il compito di vigilanza assegnatole dal suddetto paragrafo.(3) La direttiva 90/388/CEE ha prescritto agli Stati membri di abolire i diritti speciali ed esclusivi per la fornitura di servizi di telecomunicazioni, inizialmente ad esclusione della telefonia vocale, delle comunicazioni via satellite e della radiotelefonia mobile, per poi instaurare gradualmente una piena concorrenza nel mercato delle telecomunicazioni.(4) Il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato una serie di ulteriori direttive sulla base dell'articolo 95 del trattato CE, volte principalmente all'instaurazione di un mercato interno dei servizi di telecomunicazioni attraverso la realizzazione della fornitura di una rete aperta e del servizio universale in un ambiente aperto e concorrenziale. È opportuno che dette direttive sia abrogate con effetto al 25 luglio 2003, data alla quale si applicherà il nuovo quadro normativo per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica.(5) Il nuovo quadro regolamentare per le comunicazioni elettroniche è costituito da una direttiva generale, la direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro)(3) e da quattro direttive particolari: la direttiva 2002/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva autorizzazioni)(4), la direttiva 2002/19/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa all'accesso alle reti di comunicazione elettronica e alle risorse correlate, e all'interconnessione delle medesime (direttiva accesso)(5), la direttiva 2002/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica (direttiva servizio universale)(6) e la direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche)(7).(6) Alla luce degli sviluppi che hanno caratterizzato il processo di liberalizzazione e della graduale apertura dei mercati delle telecomunicazioni in Europa dal 1990, alcune definizioni contenute nella direttiva 90/388/CEE e nelle direttive che l'hanno modificata devono essere adeguate per aggiornarle ai più recenti sviluppi tecnologici nel settore delle telecomunicazioni o sostituite per tener conto della convergenza tra i settori della tecnologia dell'informazione, dei media e delle telecomunicazioni che si è manifestata negli ultimi anni. Occorre ove possibile chiarire la formulazione di talune disposizioni, per facilitarne l'applicazione, tenendo conto, se del caso, delle direttive pertinenti fondate sull'articolo 95 del trattato e prendendo atto dell'esperienza acquisita nel corso dell'applicazione della direttiva 90/388/CEE nelle sue versioni successive.(7) La presente direttiva fa riferimento ai "servizi di comunicazione elettronica" e alle "reti di comunicazione elettronica" anziché ai termini "servizi di telecomunicazioni" e "reti di telecomunicazioni" precedentemente usati. Queste nuove definizioni si sono rese necessarie per tenere conto del processo di convergenza tra i settori interessati, inglobando in un'unica definizione tutti i servizi e/o le reti di comunicazione elettronica che intervengono nella trasmissione di segnali via cavo, via radio, a mezzo di fibre ottiche o con altri mezzi elettromagnetici (ossia reti fisse, radiomobili, televisive via cavo, satellitari). Occorre quindi riconoscere che la trasmissione e la diffusione di programmi radiofonici e televisivi è un servizio di comunicazione elettronica e che le reti utilizzate per tale trasmissione e diffusione sono, allo stesso modo, reti di comunicazione elettronica. Inoltre, va chiarito che la nuova definizione di reti di comunicazione elettronica copre anche le reti di fibre che consentono a terzi di trasmettere segnali avvalendosi delle proprie attrezzature di commutazione o di instradamento.(8) In questo contesto, va precisato che gli Stati membri sono tenuti ad abolire (qualora non vi abbiano ancora provveduto) i diritti esclusivi e speciali per la fornitura di tutte le reti di comunicazione elettronica, e non solo quelli relativi alla fornitura di servizi di comunicazione elettronica, ed a consentire alle imprese di prestare tali servizi, fatte salve le disposizioni delle direttive 2002/19/CE, 2002/20/CE, 2002/21/CE e 2002/22/CE. La definizione di reti di comunicazione elettronica deve altresì implicare che gli Stati membri non possono limitare il diritto di un operatore di realizzare, ampliare e/o fornire una rete via cavo, con il motivo che la rete in questione può essere usata anche per la trasmissione di programmi radiofonici e televisivi. In particolare, diritti speciali o esclusivi che si traducano nella restrizione dell'uso delle reti di comunicazione elettronica per la trasmissione e la diffusione di segnali televisivi sono contrari all'articolo 86, paragrafo 1, in combinato disposto con l'articolo 43 (diritto di stabilimento) e/o con l'articolo 82, secondo comma, lettera b), del trattato CE in quanto hanno l'effetto di consentire ad un'impresa dominante di limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico, a danno dei consumatori. Restano tuttavia impregiudicate le disposizioni specifiche adottate dagli Stati membri in conformità del diritto comunitario e, segnatamente, della direttiva 89/552/CEE, del 3 ottobre 1989, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive(8), modificata dalla direttiva 97/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio(9) che disciplina la distribuzione dei programmi televisivi destinati al pubblico in genere.(9) In base al principio di proporzionalità, gli Stati membri non devono più assoggettare la fornitura di servizi di comunicazione elettronica e l'installazione e la fornitura di reti di comunicazione elettronica ad un regime di licenza, bensì ad un regime di autorizzazione generale. Ciò è conseguente anche dalla direttiva 2002/20/CE, che stabilisce che i servizi o le reti di comunicazione elettronica devono essere forniti sulla base di un'autorizzazione generale e non di una licenza. Le parti interessate devono avere il diritto di impugnare una decisione che impedisca loro di fornire servizi o reti di comunicazioni elettroniche dinanzi ad un organo indipendente e, in ultima istanza, di adire un organo giurisdizionale. Il diritto di ciascuno ad una effettiva tutela giudiziaria contro provvedimenti adottati dagli Stati in violazione dei diritti attribuitigli in forza delle disposizioni di una direttiva è un principio fondamentale del diritto comunitario.(10) Le autorità pubbliche possono esercitare un'influenza determinante sul comportamento di un'impresa pubblica sia attraverso le norme che disciplinano l'impresa stessa sia attraverso il modo in cui sono ripartite le partecipazioni al capitale. Pertanto, nel caso in cui controllino operatori di reti verticalmente integrati che gestiscono reti costituite in base a diritti speciali o esclusivi, gli Stati membri devono provvedere affinché tali operatori, se godono di una posizione dominante nel mercato rilevante, non operino discriminazioni a favore delle proprie attività, al fine di evitare eventuali violazioni delle regole di concorrenza del trattato. Ne consegue che gli Stati membri devono adottare tutte le misure necessarie per evitare qualsiasi discriminazione tra gli operatori verticalmente integrati e i loro concorrenti.(11) È opportuno che la presente direttiva espliciti inoltre il principio sancito dalla direttiva 96/2/CE, del 16 gennaio 1996, che modifica la direttiva 90/388/CE in relazione alle comunicazioni mobili e personali(10), disponendo che gli Stati membri non assegnino diritti esclusivi o speciali per l'uso di frequenze radio e che i diritti di uso di tali frequenze siano assegnati secondo procedure obiettive, non discriminatorie e trasparenti. Vanno quindi lasciati impregiudicati i criteri e le procedure specifici adottati dagli Stati membri per concedere l'uso di tali frequenze a fornitori di servizi relativi al contenuto delle trasmissioni radiofoniche e televisive al fine di perseguire obiettivi di interesse generale conformemente al diritto comunitario.(12) Qualsiasi regime nazionale ai sensi della direttiva 2002/22/CE inteso a condividere il costo netto degli obblighi di espletamento del servizio universale deve basarsi su criteri obiettivi, trasparenti e non discriminatori ed essere coerente con i principi di proporzionalità e di minimizzazione della distorsione del mercato. Per minimizzazione della distorsione del mercato si intende che i contributi devono essere riscossi secondo modalità che minimizzino per quanto possibile l'impatto dell'onere finanziario per gli utenti finali, per esempio ripartendo i contributi nel modo più ampio possibile.(13) Qualora i diritti e gli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali che istituiscono le organizzazioni internazionali per la gestione di servizi via satellite siano incompatibili con le regole di concorrenza del trattato, gli Stati membri sono tenuti, conformemente all'articolo 307 del trattato CE, a ricorrere a tutti i mezzi atti ad eliminare le incompatibilità constatate. È opportuno che la presente direttiva chiarisca tale obbligo poiché ai sensi all'articolo 3 della direttiva 94/46/CE(11), gli Stati membri sono semplicemente tenuti a comunicare alla Commissione le informazioni in loro possesso relative a tali incompatibilità. È quindi opportuno che l'articolo 7 della presente direttiva espliciti l'obbligo degli Stati membri di eliminare qualsiasi restrizione eventualmente ancora in vigore in forza delle suddette convenzioni internazionali.(14) La presente direttiva deve ribadire l'obbligo imposto agli Stati membri dalla direttiva 1999/64/CE di provvedere affinché i fornitori dominanti di reti di comunicazione elettronica e di servizi telefonici a disposizione del pubblico gestiscano le loro reti pubbliche di comunicazione elettronica e le loro reti televisive via cavo mediante persone giuridiche distinte.(15) La presente direttiva deve far salvi gli obblighi degli Stati membri per quanto riguarda i termini di attuazione e di applicazione delle direttive precedenti indicati nell'allegato I, parte B.(16) Gli Stati membri devono comunicare alla Commissione tutte le informazioni necessarie per comprovare che la legislazione nazionale di attuazione in vigore è in linea con i chiarimenti apportati dalla presente direttiva in relazione alle direttive 90/388/CE, 94/46/CE, 95/51/CE(12), 96/2/CE, 96/19/CE(13) e 1999/64/CE.(17) Alla luce di quanto precede, occorre abrogare la direttiva 90/388/CE,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1DefinizioniAi fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:1) per "reti di comunicazione elettronica" si intendono i sistemi di trasmissione e, se del caso, le apparecchiature di commutazione o di instradamento e altre risorse che consentono di trasmettere segnali via cavo, via radio, a mezzo di fibre ottiche o con altri mezzi elettromagnetici, comprese le reti satellitari, le reti terrestri fisse (a commutazione di circuito e a commutazione di pacchetto, compresa Internet) e mobili, e i sistemi per il trasporto della corrente elettrica, nella misura in cui siano utilizzati per trasmettere segnali, le reti utilizzate per la diffusione circolare dei programmi sonori e televisivi, nonché le reti televisive via cavo, indipendentemente dal tipo di informazione trasportato;2) per "rete pubblica di comunicazioni" si intende una rete di comunicazioni elettroniche utilizzata interamente o prevalentemente per fornire servizi pubblici di comunicazione elettronica;3) per "servizi di comunicazione elettronica" si intendono i servizi, forniti di norma a pagamento, consistenti esclusivamente o prevalentemente nella trasmissione di segnali su reti di comunicazione elettronica, compresi i servizi di telecomunicazioni e i servizi di trasmissione nelle reti utilizzate per la diffusione circolare radiotelevisiva, ad esclusione però dei servizi che forniscono contenuti trasmessi utilizzando reti e servizi di comunicazione elettronica o che esercitano un controllo editoriale su tali contenuti; sono inoltre esclusi i servizi della società dell'informazione di cui all'articolo 1 della direttiva 98/34/CE non consistenti interamente o prevalentemente nella trasmissione di segnali su reti di comunicazione elettronica;4) per "servizi di comunicazione elettronica a disposizione del pubblico" si intendono i servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico;5) per "diritti esclusivi" si intendono i diritti concessi da uno Stato membro ad un'impresa, mediante qualsiasi atto legislativo, regolamentare o amministrativo, che le riservi la facoltà di fornire un servizio di comunicazione elettronica o di esercitare un'attività di comunicazione elettronica all'interno di una determinata area geografica;6) per "diritti speciali" si intendono i diritti concessi da uno Stato membro ad un numero limitato di imprese, mediante qualsiasi atto legislativo, regolamentare o amministrativo che, all'interno di una determinata area geografica:a) designa o limita a due o più il numero di imprese autorizzate a fornire un servizio di comunicazione elettronica o ad esercitare un'attività di comunicazione elettronica, senza conformarsi a criteri obiettivi, proporzionati e non discriminatori, ob) conferisce a delle imprese, non conformandosi a siffatti criteri, vantaggi legali o regolamentari che influiscono sostanzialmente sulla possibilità di altre imprese di fornire lo stesso servizio di comunicazione elettronica o di esercitare la stessa attività di comunicazione elettronica nella stessa area geografica in condizioni sostanzialmente equivalenti;7) per "rete di stazioni terrestri per collegamenti via satellite" si intende un complesso di due o più stazioni terrestri (unità terminali di satellite) che interagiscono per mezzo di un satellite;8) per "rete televisiva via cavo" si intende ogni infrastruttura prevalentemente cablata installata principalmente per la diffusione o la distribuzione di segnali radiofonici o televisivi al pubblico.Articolo 2Diritti esclusivi e speciali relativi alle reti di comunicazione elettronica e ai servizi di comunicazione elettronica1. Agli Stati membri è fatto divieto di accordare o mantenere in vigore diritti esclusivi o speciali per l'installazione e/o la fornitura di reti di comunicazione elettronica, o per la fornitura di servizi di comunicazione elettronica a disposizione del pubblico.2. Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari affinché a ciascuna impresa sia garantito il diritto di prestare servizi di comunicazione elettronica o di installare, ampliare o fornire reti di comunicazione elettronica.3. Gli Stati membri provvedono affinché non siano applicate o mantenute restrizioni relative alla prestazione di servizi di comunicazione elettronica via le reti di comunicazione elettronica installate da fornitori di servizi di comunicazione elettronica, via le infrastrutture messe a disposizione da terzi o attraverso la condivisione delle reti, di altre attrezzature o dei siti, fatte salve le disposizioni delle direttive 2002/19/CE, 2002/20/CE, 2002/21/CE e 2002/22/CE.4. Gli Stati membri provvedono affinché l'autorizzazione generale concessa ad un'impresa per la fornitura di servizi di comunicazione elettronica o l'installazione e/o fornitura di reti di comunicazione elettronica, nonché le relative condizioni, si basino su criteri obiettivi, non discriminatori, proporzionati e trasparenti.5. Qualsiasi decisione presa per i motivi indicati nell'articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2002/20/CE che impedisca ad un'impresa di fornire servizi o reti di comunicazione elettronica deve essere motivata.Le parti interessate devono avere la possibilità di impugnare tale decisione dinanzi ad un organo indipendente e, in ultima istanza, dinanzi ad un organo giurisdizionale.Articolo 3Imprese pubbliche verticalmente integrateIn aggiunta alle condizioni di cui all'articolo 2, paragrafo 2, e fatto salvo l'articolo 14 della direttiva 2002/21/CE, gli Stati membri provvedono affinché le imprese pubbliche verticalmente integrate che forniscono reti pubbliche di comunicazione elettronica e che occupano una posizione dominante non operino discriminazioni a favore delle proprie attività.Articolo 4Diritti relativi all'uso di frequenzeLasciando impregiudicati i criteri e le procedure specifici adottati dagli Stati membri per concedere l'uso di frequenze radio a fornitori di servizi relativi al contenuto delle trasmissioni radiofoniche e televisive al fine di perseguire obiettivi di interesse generale conformemente al diritto comunitario:1) gli Stati membri si astengono dal concedere diritti esclusivi o speciali di uso di frequenze radio per la fornitura di servizi di comunicazione elettronica;2) l'attribuzione delle frequenze radio per i servizi di comunicazione elettronica si fonda su criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati.Articolo 5Servizi relativi all'elenco abbonatiGli Stati membri provvedono affinché siano aboliti tutti i diritti esclusivi e/o speciali relativi alla predisposizione e alla prestazione di servizi di repertoriazione ("directory") sul loro territorio, ivi compresa la pubblicazione di elenchi telefonici e i servizi d'informazione e ricerca negli elenchi stessi.Articolo 6Obblighi di servizio universale1. Qualsiasi regime nazionale ai sensi della direttiva 2002/22/CE inteso a condividere il costo netto degli obblighi di espletamento del servizio universale deve basarsi su criteri obiettivi, trasparenti e non discriminatori ed essere coerente con i principi di proporzionalità e di minimizzazione della distorsione del mercato. In particolare, quando ad un'impresa pubblica che fornisce servizi di comunicazione elettronica vengono imposti in tutto o in parte obblighi di servizio universale, si tiene conto di tale elemento nel calcolo dell'eventuale contributo al costo netto degli obblighi di servizio universale.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione i regimi di cui al paragrafo 1.Articolo 7Satelliti1. Gli Stati membri provvedono affinché sia abolito ogni divieto o restrizione legale all'offerta di capacità del segmento spaziale a tutti i gestori autorizzati di una rete di stazioni terrestri per collegamenti via satellite e autorizzano, nel loro territorio, tutti i fornitori del segmento spaziale ad accertare che la rete di stazioni terrestri per collegamenti via satellite, da utilizzare in collegamento con il segmento spaziale del fornitore in questione, sia conforme alle condizioni pubblicate per l'accesso alla loro capacità di segmento spaziale.2. Gli Stati membri che sono parti di convenzioni internazionali istitutive delle organizzazioni internazionali per la gestione di servizi via satellite, nella misura in cui tali convenzioni non siano compatibili con le regole di concorrenza del trattato CE, ricorrono a tutti i mezzi atti ad eliminare le incompatibilità constatate.Articolo 8Reti televisive via cavo1. Gli Stati membri provvedono affinché le imprese che forniscono reti pubbliche di comunicazione elettronica non gestiscano la propria rete televisiva via cavo per il tramite della medesima persona giuridica che gestisce la loro altra rete pubblica di comunicazione elettronica, quando l'impresa:a) è controllata dallo Stato membro di cui trattasi o è titolare di diritti speciali; eb) è in posizione dominante su una parte sostanziale del mercato comune nella fornitura di reti pubbliche di comunicazione elettronica e/o di servizi telefonici a disposizione del pubblico; ec) gestisce nella stessa area geografica una rete televisiva via cavo installata sulla base di diritti speciali o esclusivi.2. Il termine "servizi telefonici a disposizione del pubblico" è da considerare sinonimo del termine "servizi di telefonia vocale pubblica" di cui all'articolo 1 della direttiva 1999/64/CE.3. Gli Stati membri che ritengano che sul loro territorio esiste una concorrenza sufficiente nella fornitura dell'infrastruttura per l'anello locale ("local loop") e dei relativi servizi, ne informano la Commissione.La relativa comunicazione deve comprendere una descrizione particolareggiata della struttura del mercato. Le informazioni comunicate sono messe a disposizione di qualsiasi interessato che ne faccia richiesta, tenendo conto del legittimo interesse delle imprese alla tutela dei loro segreti aziendali.4. Sentite le osservazioni dei terzi interessati, la Commissione decide, entro un termine ragionevole, se sia opportuno sopprimere l'obbligo di gestione attraverso persone giuridiche distinte nello Stato membro interessato.5. La Commissione riesamina l'applicazione del presente articolo entro il 31 dicembre 2004.Articolo 9Gli Stati membri comunicano alla Commissione entro il 24 luglio 2003 tutte le informazioni necessarie affinché la Commissione possa confermare che hanno ottemperato alle disposizioni della presente direttiva.Articolo 10AbrogazioneLa direttiva 90/388/CE, modificata dalle direttive elencate nell'allegato I, parte A, è abrogata con effetto al 25 luglio 2003, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri per quanto riguarda i termini di attuazione e di applicazione indicati nell'allegato I, parte B.I riferimenti alle direttive abrogate sono intesi come riferimenti alla presente direttiva e sono interpretati conformemente alla tabella di corrispondenza riportata all'allegato II.Articolo 11La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 12Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, il 16 settembre 2002.Per la CommissioneMario MontiMembro della Commissione(1) GU L 192 del 24.7.1990, pag. 10.(2) GU L 175 del 10.7.1999, pag. 39.(3) GU L 108 del 24.4.2002, pag. 33.(4) GU L 108 del 24.4.2002, pag. 21.(5) GU L 108 del 24.4.2002, pag. 7.(6) GU L 108 del 24.4.2002, pag. 51.(7) GU L 201 del 31.7.2002, pag. 37.(8) GU L 298 del 17.10.1989, pag. 23.(9) GU L 202 del 30.7.1997, pag. 60.(10) GU L 20 del 26.1.1996, pag. 59.(11) GU L 268 del 19.10.1994, pag. 15.(12) GU L 256 del 26.10.1995, pag. 49.(13) GU L 74 del 22.3.1996, pag. 13.ALLEGATO IPARTE AElenco delle direttive abrogatedirettiva 90/388/CE (GU L 192 del 24.7.1990, pag. 10)articoli 2 e 3 della direttiva 94/46/CE (GU L 268 del 19.1.1994, pag. 15)direttiva 95/51/CE (GU L 256 del 26.10.1995, pag. 49)direttiva 96/2/CE (GU L 20 del 26.1.1996, pag. 59)direttiva 96/19/CE (GU L 74 del 22.3.1996, pag. 13)direttiva 1999/64/CE (GU L 175 del 10.7.1999, pag. 39)PARTE BTermini di attuazione delle direttive sopraelencate>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO IITabella di corrispondenza>SPAZIO PER TABELLA> | Concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica
QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA?
Dà a ogni impresa il diritto di fornire o gestire servizi di comunicazione elettronica e reti senza alcuna restrizione.
PUNTI CHIAVE
La direttiva riguarda «servizi di comunicazione elettronica» e «reti di comunicazione elettronica». Essi sostituiscono i precedenti termini relativi ai «servizi di telecomunicazione» e alle «reti di telecomunicazioni». La modifica ingloba in un’unica definizione tutti i servizi e le reti, siano essi via cavo, via radio, a mezzo di fibre ottiche o con altri mezzi elettromagnetici, e riguarda le reti fisse, le reti senza fili, televisive via cavo e satellitari. Non riguarda servizi che forniscono o esercitano un controllo editoriale sui contenuti trasmessi. La direttiva elimina la capacità degli Stati membri dell’Unione europea (Unione) di concedere o mantenere i diritti esclusivi o speciali di un’azienda per fornire reti di comunicazione elettronica o servizi accessibili al pubblico. Essa prevede che gli Stati membri assicurino che:qualsiasi impresa possa fornire servizi o reti elettroniche senza restrizioni;l’autorizzazione generale a fornire servizi o reti si basi su criteri obiettivi, non discriminatori, proporzionati e trasparenti;le imprese pubbliche verticalmente integrate* che forniscono reti elettroniche e che occupano una posizione dominante non operino discriminazioni a favore delle proprie attività;l’eventuale rifiuto di una richiesta di fornire servizi o reti venga spiegato in modo esauriente e la società ha il diritto di impugnare la decisione davanti a un organo giurisdizionale indipendente.La direttiva abolisce diritti esclusivi o speciali per:l’uso di frequenze radio (assegnati secondo criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati); servizi di repertoriazione e ricerca; reti televisive satellitari autorizzate.Le norme sulla televisione via cavo stabiliscono che una società che fornisce reti elettroniche pubbliche non può utilizzare la stessa persona giuridica se:è controllata dal governo o è titolare di diritti speciali; è in posizione dominante nel mercato; gestisce una rete televisiva via cavo sulla base di diritti speciali o esclusivi.La direttiva ha abrogato le direttive della Commissione 90/388/CEE e 94/46/CE.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
È entrata in vigore il 7 ottobre 2002. I paesi dell’Unione dovevano recepirla nelle rispettive legislazioni nazionali entro il 24 luglio 2003.
CONTESTO
La politica dell’Unione in materia di comunicazioni elettroniche migliora la concorrenza, stimola l’innovazione e rafforza i diritti dei consumatori all’interno del mercato unico europeo.
La direttiva fa parte del quadro normativo entrato in vigore il 25 luglio 2003. Gli altri componenti sono:direttiva 2002/19/CE relativa all’accesso alle reti di comunicazione elettronica e alle risorse correlate, e all’interconnessione delle medesime (direttiva accesso), successivamente abrogata e rifusa dalla direttiva (UE) 2018/1972 che istituisce il Codice europeo delle comunicazioni elettroniche (sintesi); Direttiva 2002/22/CE relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti (direttiva servizio universale), successivamente abrogata e rifusa dalla direttiva (UE) 2018/1972 (sintesi); direttiva 2002/58/CE relativa alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva sulla vita privata e le comunicazioni elettroniche) (sintesi); Decisione 2002/676/CE relativa ad un quadro normativo per la politica in materia di spettro radio (la decisione «spettro radio») (sintesi).
TERMINI CHIAVE
Imprese pubbliche verticalmente integrate. Un’impresa in cui la stessa persona o le stesse persone esercitano il controllo, direttamente o indirettamente.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2002/77/CE della Commissione, del 16 settembre 2002, relativa alla concorrenza nei mercati delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica (GU L 249 del 17.9.2002, pag. 21).
DOCUMENTI CORRELATI
Direttiva (UE) 2018/1972 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, che istituisce il codice europeo delle comunicazioni elettroniche (rifusione) (GU L 321 del 17.12.2018, pag. 36).
Le modifiche successive alla direttiva (UE) 2018/1972 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea – Parte terza – Politiche e azioni interne dell’Unione – Titolo VII – Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni – Capo 1 – Regole di concorrenza Sezione 1: Regole applicabili alle imprese – Articolo 106 (ex articolo 86 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 90).
Decisione n. 676/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa ad un quadro normativo per la politica in materia di spettro radio nella Comunità europea (Decisione spettro radio) (GU L 108 del 24.4.2002, pag. 1).
Direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche) (GU L 201 del 31.7.2002, pag. 37).
Si veda la versione consolidata. | 9,388 | 1,007 |
32012D0184 | false | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 19 dicembre 2011
relativa alla firma, a nome dell’Unione, e all'applicazione provvisoria dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica algerina democratica e popolare sulla cooperazione scientifica e tecnologica
(2012/184/UE)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 186, in combinato disposto con l’articolo 218, paragrafo 5,
vista la proposta della Commissione europea,
considerando quanto segue:
(1)
Il 16 novembre 2009 il Consiglio ha autorizzato la Commissione a negoziare, a nome dell’Unione, un accordo tra l'Unione europea e la Repubblica algerina democratica e popolare sulla cooperazione scientifica e tecnologica («l'accordo»). Esso è stato siglato il 14 ottobre 2010.
(2)
È opportuno firmare e applicare l’accordo a titolo provvisorio, in attesa che siano terminate le procedure necessarie alla sua conclusione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
1. La firma dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica algerina democratica e popolare sulla cooperazione scientifica e tecnologica è autorizzata a nome dell’Unione, con riserva della conclusione di tale accordo.
2. Il testo dell’accordo è accluso alla presente decisione.
Articolo 2
Il presidente del Consiglio è autorizzato a designare la persona o le persone abilitate a firmare l'accordo a nome dell’Unione.
Articolo 3
L’accordo è applicato su base provvisoria conformemente all’articolo 7, paragrafo 2, dello stesso, in attesa che siano espletate le procedure necessarie per la sua conclusione.
Articolo 4
La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione.
Fatto a Bruxelles, il 19 dicembre 2011
Per il Consiglio
Il presidente
M. KOROLEC
5.4.2012
IT
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea
L 99/2
ACCORDO
tra l’Unione europea e la Repubblica algerina democratica e popolare sulla cooperazione scientifica e tecnologica
L’UNIONE EUROPEA (di seguito «l'Unione»),
da una parte, e
LA REPUBBLICA ALGERINA DEMOCRATICA E POPOLARE (di seguito «Algeria»),
dall’altra,
di seguito «le parti»,
CONSIDERANDO l’importanza che rivestono la scienza e la tecnologia per il loro sviluppo economico e sociale e il riferimento di cui all’articolo 51 dell’accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica algerina democratica e popolare, dall’altra, entrato in vigore il 1o settembre 2005;
CONSIDERANDO la politica europea di vicinato e la strategia dell’Unione per rafforzare le relazioni con i paesi vicini;
CONSIDERANDO che l’Unione e l’Algeria hanno svolto attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione in vari settori di interesse comune e che le parti possono trarre reciproco vantaggio dalla partecipazione di ciascuna di esse alle attività di ricerca e sviluppo dell’altra a condizioni di reciprocità;
DESIDEROSE di istituire un quadro ufficiale di cooperazione nel campo della ricerca scientifica e tecnologica per ampliare e rafforzare le attività di cooperazione nei settori di interesse comune e promuovere l’utilizzo dei risultati di tale cooperazione a vantaggio dello sviluppo economico e sociale delle parti;
DESIDEROSE di aprire lo Spazio europeo della ricerca ai paesi terzi e in particolare ai paesi partner mediterranei,
HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:
Articolo 1
Campo d’applicazione e principi
1. Le parti promuovono, sviluppano e agevolano attività di cooperazione tra l’Unione e l’Algeria in settori di interesse comune in cui svolgono attività di ricerca e sviluppo in ambito scientifico e tecnologico.
2. Le attività di cooperazione si svolgono sulla base dei seguenti principi:
a)
promozione di una società della conoscenza per incentivare lo sviluppo economico e sociale di entrambe le parti;
b)
beneficio reciproco fondato su una ripartizione equilibrata dei vantaggi;
c)
accesso reciproco alle attività dei programmi di ricerca e sviluppo tecnologico svolti dalle due parti;
d)
scambio tempestivo delle informazioni che possono agevolare le attività di cooperazione;
e)
scambio e tutela adeguati dei diritti di proprietà intellettuale;
f)
partecipazione e finanziamento nel rispetto delle leggi e dei regolamenti pertinenti delle parti.
Articolo 2
Modalità della cooperazione
1. I soggetti giuridici stabiliti in Algeria, ai sensi dell’allegato I, comprese le persone fisiche e le persone giuridiche di diritto privato o pubblico, partecipano alle azioni di cooperazione indirette del programma quadro dell’Unione di azioni di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione («programma quadro»), conformemente alle modalità e condizioni stabilite o menzionate negli allegati I e II.
I soggetti giuridici stabiliti negli Stati membri dell’Unione, ai sensi dell’allegato I, partecipano ai programmi e progetti di ricerca algerini su aree tematiche analoghe a quelle del programma quadro, alle stesse modalità e condizioni stabilite o menzionate negli allegati I e II.
2. La cooperazione può anche assumere le forme seguenti:
a)
regolari scambi di opinioni sugli orientamenti e le priorità dell’Algeria e dell’Unione in materia di politiche di ricerca e sulla pianificazione;
b)
scambi di opinioni sulla cooperazione, gli sviluppi e le prospettive future;
c)
trasmissione tempestiva di informazioni sull’attuazione dei programmi e dei progetti di ricerca dell’Algeria e dell’Unione e sui risultati dei lavori svolti nell’ambito del presente accordo;
d)
riunioni congiunte;
e)
visite e scambi di ricercatori, ingegneri e tecnici, anche a scopo di formazione;
f)
scambio e condivisione di apparecchiature, materiali e servizi di test;
g)
contatti tra i responsabili di programmi o di progetti algerini e dell’Unione;
h)
partecipazione di esperti a seminari, simposi e workshop;
i)
scambio di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi attinenti alla cooperazione prevista dal presente accordo;
j)
formazione in materia di ricerca e sviluppo tecnologico;
k)
accesso reciproco all’informazione scientifica e tecnologica nell’ambito della presente cooperazione;
l)
qualsiasi altra modalità adottata dal comitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica tra l’Unione europea e l’Algeria, di cui all’articolo 4, ritenuta conforme alle politiche e alle procedure applicabili da entrambe le parti;
m)
sostegno alla valorizzazione dei risultati della ricerca e allo sviluppo di imprese innovative al fine di promuovere la diffusione delle conoscenze nuove e dell’innovazione;
n)
assistenza alla gestione della ricerca scientifica e sostegno all’istituzione di un sistema di informazione sulla ricerca;
o)
esame delle possibilità di cooperazione per la creazione di incubatori, «vivai», start-up, centri di ricerca, in particolare mediante programmi europei diversi dal programma quadro;
p)
promozione della cooperazione mediante progetti di ricerca e sviluppo;
q)
accesso alle infrastrutture di ricerca;
r)
possibilità di cofinanziamento e di coordinamento di attività di ricerca.
Articolo 3
Rafforzamento della cooperazione
Le parti si impegnano a fare ogni possibile sforzo, nell’ambito delle proprie legislazioni vigenti, per facilitare la libera circolazione e il soggiorno dei ricercatori che partecipano alle attività oggetto del presente accordo, nonché per agevolare lo spostamento transfrontaliero dei beni destinati a essere utilizzati in queste attività.
Articolo 4
Gestione dell’accordo
Comitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica tra l’Unione europea e l’Algeria
1. Il coordinamento e l’agevolazione delle attività oggetto del presente accordo sono svolti, per l’Algeria, dal ministero dell’Istruzione superiore e della ricerca scientifica, e, per l’Unione, dai servizi dalla Commissione europea, in qualità di agenti esecutivi delle parti («agenti esecutivi»).
2. Gli agenti esecutivi istituiscono un comitato congiunto denominato «comitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica tra l’Unione europea e l’Algeria» («comitato misto»), le cui funzioni comprendono:
a)
assicurare, valutare e riesaminare l’attuazione del presente accordo, nonché modificarne gli allegati o adottarne di nuovi per tenere conto degli sviluppi delle politiche scientifiche delle parti, nell’osservanza delle relative procedure interne di ciascuna delle due parti;
b)
individuare annualmente i settori potenziali in cui risulti opportuno sviluppare e migliorare la cooperazione ed esaminare le relative misure;
c)
esaminare periodicamente gli orientamenti e le priorità per il futuro delle politiche di ricerca e la loro programmazione in Algeria e nell’Unione, nonché le prospettive di cooperazione futura ai sensi del presente accordo;
d)
formulare raccomandazioni destinate alle parti circa l’attuazione del presente accordo, includendovi la definizione e la raccomandazione di integrazioni alle attività di cui all’articolo 2, paragrafo 2, e misure specifiche per migliorare l’accesso reciproco previsto all’articolo 1, paragrafo 2;
e)
apportare all’accordo, secondo le procedure interne di ciascuna parte, le modifiche tecniche che si rendono necessarie.
3. Il comitato misto è composto da rappresentanti degli agenti esecutivi; esso adotta il proprio regolamento interno.
4. Il comitato misto si riunisce di norma una volta l’anno, alternativamente nell’Unione e in Algeria. Riunioni straordinarie sono convocate laddove necessario e previo accordo delle parti. Le conclusioni e raccomandazioni del comitato misto sono trasmesse per conoscenza al comitato d’associazione dell’accordo euromediterraneo che stabilisce un'associazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica algerina democratica e popolare, dall'altra.
Articolo 5
Finanziamento
Il livello di partecipazione ad attività di ricerca ai sensi del presente accordo avviene conformemente alle condizioni stabilite all’allegato I ed è disciplinata dalle leggi, dai regolamenti, dalle politiche e dalle modalità di attuazione dei programmi in vigore sul territorio di ciascuna della parti.
Se una delle parti concede un aiuto finanziario ai partecipanti dell’altra parte in relazione ad attività di cooperazione indirette, tutte le sovvenzioni e i contributi finanziari o di altra natura erogati a questo titolo dalla parte finanziatrice ai partecipanti dell’altra parte sono esentati da tasse, in conformità delle disposizioni legislative e regolamentari applicabili nel territorio di ciascuna delle parti nel momento in cui si effettuano tali sovvenzioni e contributi finanziari o di altra natura.
Articolo 6
Diffusione e utilizzazione dei risultati e delle informazioni
La diffusione e l’utilizzazione dei risultati e delle informazioni acquisiti e/o scambiati, nonché la gestione, l’attribuzione e l’esercizio dei diritti di proprietà intellettuale derivanti dalle attività di ricerca svolte ai sensi del presente accordo, sono soggetti alle condizioni di cui all’allegato II.
Articolo 7
Disposizioni finali
1. Gli allegati I e II costituiscono parte integrante del presente accordo. Tutte le questioni o controversie relative all’interpretazione o all’attuazione del presente accordo sono risolte di comune accordo tra le parti.
2. Il presente accordo entra in vigore dopo che le parti si sono notificate reciprocamente il completamento delle procedure interne per la conclusione dello stesso. In attesa dell’espletamento di tali procedure, le parti applicano il presente accordo a titolo provvisorio a decorrere dalla firma dello stesso. Qualora una parte notifichi all’altra parte l’intenzione di non concludere l’accordo, i progetti e le attività avviati nel periodo di applicazione provvisoria e ancora in corso al momento della notifica summenzionata sono portati a termine alle condizioni stabilite nel presente accordo.
3. Ciascuna delle parti può denunciare il presente accordo in qualsiasi momento da previo preavviso di sei mesi. I progetti e le attività in corso al momento della denuncia dell'accordo sono portati a termine alle condizioni stabilite nel quadro dello stesso.
4. Il presente accordo resta in vigore fino a quando una delle parti non notifichi per iscritto all’altra parte la sua intenzione di denunciare l’accordo. In tal caso l' accordo cessa di essere in vigore dopo sei mesi dal ricevimento della notifica.
5. Qualora una della parti decida di modificare i suoi programmi o progetti di ricerca, di cui all’articolo 1, paragrafo 1, l’agente esecutivo di tale parte notifica all’agente esecutivo dell’altra parte il contenuto preciso dellemodifiche in questione. In deroga a quanto disposto dal paragrafo 3 del presente articolo, il presente accordo può essere denunciato, alle condizioni stabilite di comune accordo, se una delle parti notifica all’altra, entro un mese dall’adozione delle modifiche di cui a detto paragrafo, la sua intenzione di denunciare il presente accordo.
6. Il presente accordo si applica, da una parte, ai territori in cui si applicano il trattato sull’Unione europea e il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, alle condizioni in essi indicate, e, dall’altra, al territorio della Repubblica algerina democratica e popolare. La presente disposizione non esclude le attività di cooperazione condotte in alto mare, nello spazio o sul territorio di paesi terzi, in conformità del diritto internazionale.
IN FEDE DI CHE, i sottoscritti debitamente autorizzati a tal fine, rispettivamente dall’Unione europea e dalla Repubblica algerina democratica e popolare, hanno firmato il presente accordo.
FATTO in duplice esemplare a Algeri, addì diciannove marzo duemiladodici, in lingua bulgara, ceca, danese, estone, finlandese, francese, greca, inglese, italiana, lettone, lituana, maltese, neerlandese, polacca, portoghese, rumena, slovacca, slovena, spagnola, svedese, tedesca, ungherese e araba, tutti i testi facenti ugualmente fede.
За Европейския съюз
Por la Unión Europea
Za Evropskou unii
For Den Europæiske Union
Für die Europäische Union
Euroopa Liidu nimel
Για την Ευρωπαϊκή Ένωση
For the European Union
Pour l’Union européenne
Per l’Unione europea
Eiropas Savienības vārdā –
Europos Sąjungos vardu
Az Európai Unió részéről
Għall-Unjoni Ewropea
Voor de Europese Unie
W imieniu Unii Europejskiej
Pela União Europeia
Pentru Uniunea Europeană
Za Európsku úniu
Za Evropsko unijo
Euroopan unionin puolesta
För Europeiska unionen
За правителството на Алжирската демократична народна република
Por el Gobierno de la República Argelina Democrática y Popular
Za vládu Alžírské demokratické a lidové republiky
For regeringen for Den Demokratiske Folkerepublik Algeriet
Für die Regierung der Demokratischen Volksrepublik Algerien
Alžeeria Demokraatliku Rahvavabariigi valitsusele
Για την κυβέρνηση της Λαϊκής Δημοκρατίας της Αλγερίας
For the Government of the People’s Democratic Republic of Algeria
Pour le gouvernement de la République algérienne démocratique et populaire
Per il governo della Repubblica algerina democratica e popolare
Alžīrijas Tautas Demokrātiskās Republikas valdības vārdā –
Alžyro Liaudies Demokratinės Respublikos Vyriausybės vardu
Az Algériai Demokratikus és Népi Köztársaság kormánya részéről
Għall-Gvern tar-Repubblika Demokratika Popolari tal-Alġerija
Voor de regering van de Democratische Volksrepubliek Algerije
W imieniu rządu Algierskiej Republiki Ludowo-Demokratycznej
Pelo Governo da República Argelina Democrática e Popular
Pentru Guvernul Republicii Algeriene Democratice și Populare
Za vládu Alžírskej demokratickej ľudovej republiky
Za Vlado Ljudske demokratične republike Alžirije
Algerian demokraattisen kansantasavallan hallituksen puolesta
För Demokratiska folkrepubliken Algeriets regering
ALLEGATO I
Modalità e condizioni di partecipazione di soggetti giuridici stabiliti negli Stati membri dell’Unione e in Algeria
Ai fini del presente accordo, per «soggetto giuridico» si intende qualsiasi persona fisica, o qualsiasi persona giuridica costituita in conformità del diritto nazionale applicabile nel suo luogo di stabilimento o al diritto dell’Unione o al diritto internazionale, dotata di personalità giuridica e della capacità di essere titolare di diritti e di obblighi di qualsiasi natura.
I. Modalità e condizioni di partecipazione di soggetti giuridici stabiliti in Algeria alle azioni indirette del programma quadro
1.
La partecipazione alle azioni indirette del programma quadro di soggetti giuridici aventi sede in Algeria è soggetta alle condizioni stabilite dal Parlamento europeo e dal Consiglio, ai sensi dell’articolo 183 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
2.
L’Unione può accordare un finanziamento ai soggetti giuridici stabiliti in Algeria che partecipano alle azioni indirette di cui al punto 1, secondo le modalità e le condizioni stabilite dalla decisione o dalle decisioni del Parlamento europeo e del Consiglio conformemente all’articolo 183 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, al regolamento finanziario dell’Unione e ad altra normativa dell’Unione applicabile.
3.
Una convenzione di sovvenzione, un contratto concluso dall’Unione con un soggetto giuridico stabilito in Algeria per la realizzazione di un’azione indiretta o la decisione di concessione della sovvenzione adottata dall’Unione devono prevedere il diritto della Commissione europea e della Corte dei conti europea di eseguire o di far eseguire controlli e verifiche.
Le competenti autorità algerine provvedono a prestare, in uno spirito di collaborazione e nel reciproco interesse, l’assistenza ragionevole e utile, qualora necessaria, per eseguire tali controlli e verifiche contabili e le azioni di recupero summenzionati.
II. Modalità e condizioni di partecipazione di soggetti giuridici stabiliti negli Stati membri dell’Unione europea a programmi e progetti di ricerca dell’Algeria
1.
Ciascun soggetto giuridico stabiliti nell'Unione, costituiti conformemente al diritto nazionale di uno degli Stati membri dell’Unione o al diritto dell'Unione, possono partecipare a progetti o programmi di ricerca e sviluppo dell’Algeria in cooperazione con soggetti giuridici stabiliti in Algeria.
2.
I diritti e gli obblighi dei soggetti giuridici stabiliti nell'Unione, che partecipano a progetti algerini di ricerca nell’ambito dei programmi di ricerca e sviluppo, nonché 0le modalità e condizioni applicabili in materia di presentazione e valutazione delle proposte, di aggiudicazione degli appalti e conclusione dei contratti per l’attuazione di detti progetti, sono soggetti alle disposizioni legislative e regolamentari e alle direttive governative vigenti in Algeria che disciplinano l’attuazione dei programmi di ricerca e sviluppo applicabili ai soggetti giuridici algerini e tali da garantire un trattamento equanime, tenuto conto della natura della cooperazione fra l’Algeria e l’Unione in questo settore.
Il finanziamento di soggetti giuridici stabiliti nell’Unione che partecipano a progetti di ricerca algerini nell’ambito dei programmi di ricerca e sviluppo sono disciplinati dalle disposizioni legislative e regolamentari e dalle direttive governative vigenti in Algeria, applicabili ai soggetti giuridici non algerini.
III. Informazioni sulle possibilità di partecipazione
L’Algeria e la Commissione europea rendono regolarmente disponibili informazioni in merito ai programmi in corso e alle possibilità di partecipazione esistenti per i soggetti giuridici stabiliti nei territori delle due parti.
ALLEGATO II
PRINCIPI DI ATTRIBUZIONE DEI DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE
I. Ambito di applicazione
Ai fini del presente accordo, per «proprietà intellettuale» si intende la definizione di cui all’articolo 2 della Convenzione che istituisce l’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, firmata a Stoccolma il 14 luglio 1967.
Ai fini del presente accordo, per «conoscenze» si intendono i risultati, ivi comprese le informazioni, che possono essere protetti o meno, nonché i diritti di autore o i diritti su dette informazioni acquisiti in virtù di domanda o di rilascio di brevetti, progetti, specie vegetali, certificati di protezione supplementari o di altre forme di tutela equiparabili.
II. Diritti di proprietà intellettuale dei soggetti giuridici delle parti che partecipano ad azioni indirette di cooperazione
1.
Ciascuna parte garantisce che il trattamento dei diritti e degli obblighi di proprietà intellettuale dei soggetti giuridici stabiliti nei territori dell’altra parte, che partecipano ad attività di cooperazione indirette svolte conformemente al presente accordo, e dei relativi diritti e obblighi derivanti da detta partecipazione, sia compatibile con le leggi e i regolamenti, nonché con le convenzioni internazionali pertinenti applicabili alle parti, compreso l’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, allegato 1C dell’accordo di Marrakech che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio, nonché l’atto di Parigi, del 24 luglio 1971, della convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche e l’atto di Stoccolma, del 14 luglio 1967, della convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale.
2.
Ciascuna delle parti garantisce che i soggetti dell’altra parte che partecipano ad attività di cooperazione indirette beneficino dello stesso trattamento, in materia di proprietà intellettuale, dei partecipanti della propria parte, ai sensi delle regole di partecipazione di ciascun programma o progetto di ricerca, o delle sue leggi o regolamenti applicabili.
III. Diritti di proprietà intellettuale delle parti
1.
Salvo diverso e specifico accordo delle parti, alle conoscenze generate dalle parti, nel corso delle attività svolte ai sensi dell’articolo 2 del presente accordo, si applicano le seguenti regole:
a)
la parte che genera le conoscenze è proprietaria delle stesse. Qualora risulti impossibile determinare il contributo delle rispettive parti, le parti sono congiuntamente proprietarie di dette conoscenze;
b)
la parte proprietaria delle conoscenze concede all’altra parte dei diritti di accesso a queste conoscenze per lo svolgimento delle attività di cui all’articolo 2 del presente accordo. Tali diritti di accesso alle conoscenze sono concessi a titolo gratuito.
2.
Salvo diverso accordo tra le parti, alle opere letterarie di carattere scientifico delle parti si applicano le seguenti regole:
a)
nel caso di pubblicazione, ad opera di una parte, di informazioni e risultati scientifici o tecnici, per mezzo di riviste, articoli, relazioni o libri, incluse opere audiovisive e software, che derivino dalle attività svolte ai sensi del presente accordo, l’altra parte ha diritto di ottenere una licenza valida in tutti i paesi, non esclusiva, irrevocabile e a titolo gratuito, che le consenta di tradurre, riprodurre, adattare, trasmettere e distribuire al pubblico le opere in questione;
b)
tutte le riproduzioni, destinate al pubblico, di dati ed informazioni tutelati da diritto d’autore e prodotte a norma delle presente sezione, indicano il nome o i nomi degli autori dell’opera, salvo che un autore espressamente richieda di non essere citato. Ciascuna riproduzione inoltre contiene una menzione chiara e visibile del contributo delle parti alla cooperazione.
3.
Salvo diverso e specifico accordo delle parti, alle informazioni riservate si applicano le seguenti regole:
a)
all’atto di comunicare all’altra parte le informazioni relative alle attività svolte ai sensi del presente accordo, ciascuna parte identifica le informazioni che non desidera divulgare mediante segni o legende indicanti la riservatezza;
b)
la parte che riceve dette informazioni può comunicare sotto la propria responsabilità delle informazioni riservate ad organismi o persone sotto la sua autorità ai fini specifici dell’applicazione del presente accordo;
c)
previo consenso scritto della parte che fornisce le informazioni riservate, la parte che riceve dette informazioni può divulgarle in maniera più ampia di quanto consentito ai sensi della lettera b). Le parti collaborano al fine di stabilire le procedure in base alle quali può essere chiesta ed ottenuta l’autorizzazione scritta preliminare per una divulgazione più ampia. Ciascuna parte si impegna a rilasciare tale autorizzazione nei limiti consentiti dalla propria legislazione e regolamentazione e dalle proprie politiche;
d)
le informazioni riservate non documentali e ad ogni altra informazione confidenziale fornita nel corso di seminari o altre riunioni tra le parti indette ai sensi del presente accordo, nonché le informazioni apprese attraverso il personale distaccato, l’uso di impianti o l’esecuzione di attività di cooperazione indirette, rimangono confidenziali, a condizione che i soggetti che ricevono tali informazioni esclusive, confidenziali o segrete siano resi edotti del carattere confidenziale delle informazioni prima dell’atto di comunicazione delle stesse, ai sensi della lettera a);
e)
ciascuna parte si impegna ad assicurare che le informazioni riservate ricevute ai sensi delle lettere a) e d) siano protette a norma del presente accordo. Se una delle parti consta di non essere in grado o che presumibilmente non sarà in grado di osservare le disposizioni sulla non divulgazione di cui alle lettere a) e d), ne informa immediatamente l’altra parte. Le parti si consultano in seguito per stabilire le misure appropriate da adottare. | Cooperazione scientifica e tecnologica tra UE e Algeria
QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE?
L’accordo stabilisce un quadro formale di cooperazione volto a incoraggiare, sviluppare e agevolare attività negli ambiti scientifici e tecnologici in campi di comune interesse.
Con la decisione, il Consiglio ha approvato la conclusione dell’accordo a nome dell’Unione europea (UE).
PUNTI CHIAVE
Le attività condotte nell’ambito dell’accordo sono basate sui seguenti principi:promozione di un’economia basata sulla conoscenza; beneficio reciproco; accesso reciproco alle attività dei programmi di ricerca e di sviluppo tecnologico svolte da ciascuna parte; scambio tempestivo delle informazioni; scambio e protezione dei diritti di proprietà intellettuale; partecipazione e finanziamenti in conformità alle leggi delle parti.CooperazioneLe personalità giuridiche* algerine possono partecipare ad attività di cooperazione indiretta dei programmi quadro di ricerca e sviluppo tecnologico dell’UE e ad attività di dimostrazione alle condizioni stabilite negli allegati I e II dell’accordo. Le personalità giuridiche stabilite nei paesi dell’UE possono partecipare a programmi e progetti di ricerca algerini che coprono settori simili a quelli del programma quadro alle stesse condizioni di cui agli allegati I e II.Attività
Le attività di cooperazione possono includere indicativamente:discussioni regolari sugli orientamenti e le priorità per le politiche di ricerca e la pianificazione in Algeria e nell’UE; discussioni su cooperazione, sviluppi e prospettive future; fornitura tempestiva di informazioni sull’attuazione dei rispettivi programmi e progetti di ricerca; riunioni congiunte; visite e scambi di ricercatori, ingegneri e tecnici, anche a fini di formazione; scambi e condivisione di attrezzature, materiali e servizi di collaudo; contatti tra i responsabili dei programmi o dei progetti dell’Algeria e dell’UE; partecipazione di esperti a seminari, simposi e workshop; scambi di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi pertinenti alla cooperazione ai sensi del presente accordo; formazione nel campo della ricerca e dello sviluppo tecnologico; altre attività che possono essere decise dal comitato misto di cooperazione per la scienza e la tecnologia, istituito ai sensi del presente accordo.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
L’accordo è entrato in vigore l’11 giugno 2013 per un periodo indefinito. Può essere risolto in qualsiasi momento da entrambe le parti con un preavviso scritto di 6 mesi.
CONTESTO
L’Algeria è uno dei paesi coperti dalla politica di vicinato dell’UE. Nel 2005 è entrato in vigore l’Accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra la Comunità europea e i suoi paesi da un lato e la Repubblica algerina democratica e popolare dall’altro.Per ulteriori informazioni consultare:L’Algeria e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna). Politica europea di vicinato — Algeria (Commissione europea)Per maggiori informazioni sulla cooperazione nell’ambito della ricerca e dell’innovazione (R&I) con l’Algeria, consultare:Cooperazione internazionale R&I con l’Algeria (Commissione europea) Tabella di marcia per la cooperazione S&T tra vicinato meridionale e UE (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Personalità giuridiche: aziende, società e individui con diritti e obblighi giuridici.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Accordo tra l’Unione europea e la Repubblica algerina democratica e popolare sulla cooperazione scientifica e tecnologica (GU L 99 del 5.4.2012, pag. 2).
Decisione 2012/645/UE del Consiglio, del 10 ottobre 2012, relativa alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica algerina democratica e popolare sulla cooperazione scientifica e tecnologica (GU L 287 del 18.10.2012, pag. 3).
DOCUMENTO CORRELATO
Regolamento (UE) n. 232/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2014, che istituisce uno strumento europeo di vicinato (GU L 77 del 15.3.2014, pag. 27).
Le successive modifiche al Regolamento (UE) n. 232/2014 sono state integrate nel documento di base. Questa versione consolidata ha solo un valore documentario. | 8,907 | 347 |
32003L0094 | false | Direttiva 2003/94/CE della Commissione, dell'8 ottobre 2003, che stabilisce i principi e le linee direttrici delle buone prassi di fabbricazione relative ai medicinali per uso umano e ai medicinali per uso umano in fase di sperimentazione (Testo rilevante ai fini del SEE)
Gazzetta ufficiale n. L 262 del 14/10/2003 pag. 0022 - 0026
Direttiva 2003/94/CE della Commissionedell'8 ottobre 2003che stabilisce i principi e le linee direttrici delle buone prassi di fabbricazione relative ai medicinali per uso umano e ai medicinali per uso umano in fase di sperimentazione(Testo rilevante ai fini del SEE)LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,visto il trattato che istituisce la Comunità europea,vista la direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano(1), modificata da ultimo dalla direttiva 2003/63/CE(2), in particolare l'articolo 47,considerando quanto segue:(1) Tutti i medicinali per uso umano fabbricati o importati nella Comunità, compresi i medicinali destinati all'esportazione, devono essere prodotti conformemente ai principi e alle linee direttrici sulle buone prassi di fabbricazione.(2) Tali principi e linee direttrici sono stabiliti nella direttiva 91/356/CEE della Commissione, del 13 giugno 1991, che stabilisce i principi e le direttrici sulle buone prassi di fabbricazione dei medicinali per uso umano(3).(3) L'articolo 13, paragrafo 3, della direttiva 2001/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 aprile 2001, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative all'applicazione della buona pratica clinica nell'esecuzione della sperimentazione clinica di medicinali a uso umano(4), prescrive che siano elaborate, secondo le linee direttrici sulle buone prassi di fabbricazione, indicazioni dettagliate sugli elementi di cui tener conto nel valutare i medicinali in fase di sperimentazione prodotti per il rilascio dei lotti nella Comunità.(4) È perciò necessario ampliare e adeguare le norme della direttiva 91/356/CEE per comprendervi le buone prassi di fabbricazione dei medicinali in fase di sperimentazione.(5) Poiché occorre modificare la maggior parte delle disposizioni della direttiva 91/356/CEE, a fini di chiarezza l'intera direttiva deve essere sostituita.(6) Per garantire la conformità ai principi e alle linee direttrici delle buone prassi di fabbricazione, è necessario stabilire norme dettagliate riguardanti le ispezioni delle autorità competenti e una serie di obblighi del fabbricante.(7) Tutti i fabbricanti devono sottoporre le operazioni di fabbricazione a un'efficace sistema di gestione della qualità; ciò richiede l'adozione di un sistema di garanzia della qualità farmaceutica.(8) È necessario stabilire principi e linee direttrici di buone prassi di fabbricazione anche per quanto riguarda gestione della qualità, personale, siti e impianti, documentazione, produzione, controllo di qualità, subappalto, reclami, richiami del prodotto e autoispezione.(9) Per tutelare le persone addette agli esperimenti clinici e garantire la possibilità di risalire all'origine dei medicinali in fase di sperimentazione, sono necessarie norme specifiche sull'etichettatura di tali prodotti.(10) I provvedimenti di cui alla presente direttiva sono conformi al parere del comitato permanente sui medicinali a uso umano, di cui all'articolo 121 della direttiva 2001/83/CE,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1Campo d'applicazioneLa presente direttiva fissa i principi e le linee direttrici relative alle buone prassi di fabbricazione dei medicinali per uso umano la cui fabbricazione è soggetta all'autorizzazione di cui all'articolo 40 della direttiva 2001/83/CE e dei medicinali per uso umano in fase di sperimentazione la cui fabbricazione è soggetta all'autorizzazione di cui all'articolo 13 della direttiva 2001/20/CE.Articolo 2DefinizioniAi fini della presente direttiva, si applicano le seguenti definizioni:1) "Medicinale", qualsiasi prodotto rispondente alla definizione di cui all'articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2001/83/CE.2) "Medicinale in fase di sperimentazione", qualsiasi prodotto rispondente alla definizione dell'articolo 2, lettera d), della direttiva 2001/20/CE.3) "Fabbricante", qualunque persona impegnata in attività per le quali è necessaria l'autorizzazione di cui all'articolo 40, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2001/83/CE, o di cui all'articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2001/20/CE.4) "Persona qualificata", la persona di cui all'articolo 48 della direttiva 2001/83/CE o di cui all'articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2001/20/CE.5) "Garanzia della qualità farmaceutica", la somma di tutte le precauzioni messe in atto per garantire che i medicinali o i medicinali in fase di sperimentazione abbiano la qualità richiesta per l'uso cui sono destinati.6) "Buone prassi di fabbricazione", la parte di garanzia della qualità che assicura che i medicinali siano prodotti e controllati secondo norme di qualità adeguate all'uso cui sono destinati.7) "Mascheramento", oscuramento intenzionale dell'identità di un medicinale in fase di sperimentazione secondo le istruzioni del garante.8) "Smascheramento", rivelazione dell'identità di un prodotto mascherato.Articolo 3Ispezioni1. Mediante le reiterate ispezioni, di cui all'articolo 111, paragrafo 1, della direttiva 2001/83/CE e di cui all'articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2001/20/CE, gli Stati membri fanno sì che i fabbricanti rispettino i principi e le linee direttrici delle buoni prassi di fabbricazione fissate dalla presente direttiva. Gli Stati membri tengono altresì conto della compilazione delle procedure comunitarie sulle ispezioni e lo scambio di informazioni pubblicata dalla Commissione.2. Per interpretare i principi e linee direttrici delle buone prassi di fabbricazione, i fabbricanti e le autorità competenti tengono conto delle linee direttrici dettagliate di cui all'articolo 47, secondo comma, della direttiva 2001/83/CE, pubblicate dalla Commissione nella "Guida alle buone prassi di fabbricazione dei medicinali e dei medicinali in fase di sperimentazione".Articolo 4Conformità alle buone prassi di fabbricazione1. Il fabbricante fa sì che le operazioni di fabbricazione siano conformi alle buone prassi di fabbricazione e all'autorizzazione di fabbricazione. Questa disposizione si applica anche ai medicinali destinati esclusivamente all'esportazione.2. Per i medicinali e i medicinali in fase di sperimentazione importati da paesi terzi, l'importatore garantisce che essi rispondano a norme di fabbricazione almeno equivalenti a quelle valide nella Comunità.L'importatore di medicinali garantisce inoltre che tali medicinali siano prodotti da fabbricanti debitamente autorizzati allo scopo. L'importatore di medicinali in fase di sperimentazione garantisce che tali medicinali siano prodotti da fabbricanti notificati alle autorità competenti e da queste abilitati allo scopo.Articolo 5Conformità all'autorizzazione all'immissione in commercio1. Il fabbricante si accerta che tutte le operazioni di fabbricazione dei medicinali soggetti a un'autorizzazione di immissione in commercio siano eseguite in conformità alle informazioni fornite nella relativa domanda di autorizzazione approvata dalle competenti autorità.Per i medicinali in fase di sperimentazione, il fabbricante si accerta che tutte le operazioni di fabbricazione rispondano alle informazioni fornite dal garante ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2001/20/CE e accettate dalle competenti autorità.2. Il fabbricante riesamina a intervalli regolari i propri metodi di fabbricazione alla luce del progresso tecnico e scientifico e dello sviluppo dei medicinali in fase di sperimentazione.Quando sia necessario una modifica del fascicolo di autorizzazione all'immissione in commercio o della domanda di cui all'articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2001/20/CE, la richiesta di modifica va presentata alle competenti autorità.Articolo 6Sistema di garanzia della qualitàIl fabbricante istituisce e mette in opera un efficace sistema di garanzia della qualità farmaceutica, che implichi l'attiva partecipazione del personale direttivo e degli addetti ai vari dipartimenti.Articolo 7Personale1. In ogni sito produttivo, il fabbricante dispone di sufficiente personale, di competenza e qualifiche idonee, per realizzare l'obiettivo di garantire la qualità farmaceutica.2. I compiti del personale direttivo e di controllo, compresa la persona qualificata responsabile dell'applicazione della messa in opera delle buone prassi di fabbricazione sono definite in appositi mansionari. I rapporti gerarchici sono definiti in un organigramma. Organigrammi e mansionari sono approvati ai sensi delle procedure interne del fabbricante.3. Al personale di cui al paragrafo 2 è conferita l'autorità necessaria per il corretto esercizio delle sue funzioni.4. Il personale riceve una formazione iniziale e permanente, di cui è verificata l'efficacia, vertente in particolare sulla teoria e la pratica della nozione di garanzia della qualità e delle buone prassi di fabbricazione ed eventualmente su specifici requisiti della fabbricazione dei medicinali in fase di sperimentazione.5. Sono organizzati e seguiti corsi di igiene adeguati alle attività da svolgere. Essi riguardano soprattutto la salute, l'igiene e l'abbigliamento del personale.Articolo 8Stabilimenti e impianti1. L'ubicazione, la progettazione, la costruzione, la ristrutturazione e la manutenzione degli stabilimenti e degli impianti di produzione sono adeguate alle attività da svolgervi.2. Gli stabilimenti e gli impianti di produzione sono disposti, progettati e fatti funzionare in modo da minimizzare rischi di errore e da permettere pulizia e manutenzione efficaci onde evitare contaminazioni, contaminazioni incrociate e, in genere, effetti deleteri sulla qualità del prodotto.3. Gli stabilimenti e gli impianti da usare in fasi del processo produttivo decisive per la qualità dei prodotti sono sottoposti a adeguate prescrizioni e omologazione.Articolo 9Documentazione1. Il fabbricante istituisce e aggiorna un sistema di documentazione basato su specifiche, formule di fabbricazione, istruzioni di lavorazione e di imballaggio, procedure e registrazioni per ogni operazione produttiva eseguita. La documentazione è chiara, veritiera, aggiornata. Sono tenute a disposizione procedure prestabilite e condizioni della produzione generale e i documenti specifici alla produzione di ciascun lotto. Tale insieme di documenti permette di ricostruire l'iter di fabbricazione di ogni lotto e le modifiche introdotte durante lo sviluppo di un medicinale in fase di sperimentazione.La documentazione sui lotti di un medicinale è conservata per almeno un anno dalla data di scadenza dei lotti cui si riferisce o almeno per cinque anni dal rilascio degli attestati di cui all'articolo 51, paragrafo 3, della direttiva 2001/83/CE, qualunque sia il periodo più lungo.Per i medicinali in fase di sperimentazione, la documentazione dei lotti è conservata per almeno cinque anni dal completamento o dalla sospensione formale dell'ultimo esperimento clinico in cui il lotto è stato usato. Il garante o, se è diverso, il titolare dell'autorizzazione alla immissione in commercio è responsabile della conservazione dei documenti necessari a tale autorizzazione ai sensi dell'allegato I della direttiva 2001/83/CE se necessari a un'autorizzazione successiva.2. Se invece di documenti scritti si usano sistemi di elaborazione elettronici, fotografici o d'altro tipo, il fabbricante convalida preventivamente i sistemi, provando che i dati verranno adeguatamente memorizzati per il periodo previsto. I dati memorizzati da tali sistemi sono resi disponibili in forma semplice e leggibile e forniti alle autorità competenti su loro richiesta. I dati memorizzati in forma elettronica vanno protetti contro perdite o danneggiamenti, per esempio mediante metodi quali la duplicazione o la produzione di copie di riserva trasferite su altri sistemi di stoccaggio; sono inoltre conservate piste di controllo.Articolo 10Produzione1. Le varie operazioni di produzione sono effettuate secondo istruzioni e procedure prestabilite e in base a buone prassi di fabbricazione. Risorse adeguate e sufficienti sono destinate ai controlli durante la produzione. Procedure deviate e difetti di produzione vanno documentati e accuratamente investigati.2. Sono presi adeguati provvedimenti tecnico-organizzativi per evitare contaminazioni incrociate e miscele. Per i medicinali in fase di sperimentazione, particolare attenzione è prestata alla manipolazione dei prodotti durante e dopo ogni operazione di mascheramento.3. Per i medicinali, ogni nuova fabbricazione o modifica importante alla produzione di un medicinale è convalidata. Fasi critiche dei processi produttivi formano regolarmente oggetto di nuova convalida.4. Per i medicinali in fase di sperimentazione è eventualmente convalidato l'intero processo di fabbricazione tenendo conto della fase di sviluppo del prodotto. Sono convalidate almeno le fasi più importanti, per esempio la sterilizzazione. Tutte le fasi di progettazione e sviluppo del processo produttivo sono minuziosamente documentate.Articolo 11Controllo di qualità1. Il fabbricante istituisce e mantiene un sistema di controllo della qualità, posto sotto la responsabilità di una persona adeguatamente qualificata e indipendente dalla produzione.Tale persona dispone o può accedere a uno o più laboratori di controllo della qualità dotati di personale adeguato e di strumenti atti ad analizzare e testare le materie prime, i materiali da imballaggio e i prodotti intermedi e finali.2. Per i medicinali, compresi quelli importati da paesi terzi, si può ricorrere a laboratori esterni ai sensi dell'articolo 12 della presente direttiva e dell'articolo 20, lettera b), della direttiva 2001/83/CE.Per i medicinali in fase di sperimentazione, il garante fa sì che il laboratorio esterno si conformi ai requisiti di cui all'articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2001/20/CE, prescritti dalla competente autorità. Quando i prodotti sono importati da paesi terzi, le analisi non sono obbligatorie.3. Durante il controllo finale del prodotto finito, prima della distribuzione o dell'immissione in commercio o dell'utilizzazione per sperimentazione clinica, il sistema di controllo della qualità tiene conto, oltre che dei risultati delle analisi, anche di informazioni essenziali come le condizioni di produzione, i controlli nel corso del processo, l'esame dei documenti di fabbricazione, la conformità del prodotto alle specifiche e l'imballaggio definitivo.4. I campioni di ogni lotto di medicinale finito sono conservati per almeno un anno dalla data di scadenza.Per i medicinali in fase di sperimentazione, sono conservati, per almeno due anni dal completamento o dalla sospensione formale dell'ultimo esperimento clinico in cui il lotto è stato usato, qualunque sia il periodo più a lungo, campioni sufficienti di ogni lotto di prodotto alla rinfusa e delle principali componenti d'imballaggio usate per ogni lotto di prodotto finito.A meno che lo Stato membro di fabbricazione non richieda per legge un periodo più lungo, i campioni delle materie prime usate nel processo di fabbricazione, esclusi solventi, gas o acqua, sono conservati per almeno due anni dall'autorizzazione del medicinale. Tale periodo può essere abbreviato se il periodo di stabilità della materia prima, indicato nella specifica che la riguarda, è più breve. Tutti i campioni vanno tenuti a disposizione delle autorità competenti.D'accordo con l'autorità competente, si possono definire altre condizioni di campionamento e di conservazione delle materie prime e di taluni medicinali fabbricati singolarmente o in piccola quantità, ovvero se il loro immagazzinamento solleva particolari problemi.Articolo 12Appalto di operazioni1. Ogni operazione di fabbricazione, o operazione collegata, affidate contrattualmente a terzi, forma oggetto di un contratto scritto.2. Il contratto definisce chiaramente le responsabilità delle parti e in particolare l'obbligo dell'appaltatore di rispettare le buone prassi di fabbricazione e il modo in cui la persona qualificata responsabile della certificazione di ciascun lotto deve esercitare le proprie funzioni.3. L'appaltatore non può subappaltare alcun lavoro affidatogli senza una autorizzazione scritta del committente.4. L'appaltatore rispetta i principi e le linee direttrici delle buone prassi di fabbricazione e si sottopone alle ispezioni effettuate dalle autorità competenti di cui all'articolo 111 della direttiva 2001/83/CE e all'articolo 15 della direttiva 2001/20/CE.Articolo 13Reclami, richiamo del prodotto e smascheramento d'emergenza1. Per i medicinali, il fabbricante mette in opera un sistema che registri ed esamini i reclami e un sistema efficace di richiamo rapido, in qualunque momento, dei medicinali nella rete di distribuzione. Egli registra ed esamina ogni reclamo relativo a difetti e informa l'autorità competente di tutti i difetti che possano dar luogo a richiami o ad anormali limitazioni delle forniture e, nei limiti del possibile, indica i paesi di destinazione.I richiami sono effettuati in conformità alle disposizioni di cui all'articolo 123 della direttiva 2001/83/CE.2. Per i medicinali in fase di sperimentazione, il fabbricante istituisce, insieme al garante, un sistema che registri ed esamini i reclami e un sistema efficace di richiamo rapido in qualunque momento dei medicinali in fase di sperimentazione già immessi nel circuito di distribuzione. Egli registra ed esamina ogni reclamo riguardante difetti e informa l'autorità competente di tutti i difetti che possano dar luogo a richiami o ad anormali limitazioni delle forniture.Per i medicinali in fase di sperimentazione vanno indicati tutti i siti di prova e nei limiti del possibile, anche i paesi di destinazione.In caso di medicinale in fase di sperimentazione di cui sia stata autorizzata l'immissione in commercio, il fabbricante di tale medicinale, insieme al garante, informa il titolare dell'autorizzazione di ogni possibile difetto del medicinale autorizzato.3. Se necessario ad accelerare un richiamo di cui al paragrafo 2, il garante predispone una procedura per lo smascheramento urgente di prodotti mascherati. La procedura garantisce che l'identità del prodotto mascherato sia rivelata solo nella misura del necessario.Articolo 14AutoispezioneIn seno al sistema di garanzia della qualità, il fabbricante effettua ripetute autoispezioni per controllare l'applicazione e il rispetto delle buone prassi di fabbricazione e proporre i necessari correttivi. Le autoispezioni sono registrate, come pure tutti i successivi correttivi.Articolo 15EtichettaturaL'etichettatura di un medicinale in fase di sperimentazione è tale da tutelarne l'oggetto e garantirne la rintracciabilità, da consentire l'identificazione dei prodotti e degli esami e da permettere l'uso adeguato del medicinale in fase di sperimentazione.Articolo 16Abrogazione della direttiva 91/356/CEELa direttiva 91/356/CEE è abrogata.I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva.Articolo 17Attuazione1. Gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro e non oltre il 30 aprile 2004. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo delle norme e la tavola di concordanza tra tali norme e quelle della direttiva.Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione il testo delle principali disposizioni nazionali da essi adottate nella materia disciplinata dalla presente direttiva.Articolo 18Entrata in vigoreLa presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Articolo 19DestinatariGli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, l'8 ottobre 2003.Per la CommissioneErkki LiikanenMembro della Commissione(1) GU L 311 del 28.11.2001, pag. 67.(2) GU L 159 del 27.6.2003, pag. 46.(3) GU L 193 del 17.7.1991, pag. 30.(4) GU L 121 dell'1.5.2001, pag. 34. | Medicinali per uso umano e medicinali per uso umano in fase di sperimentazione — Fabbricazione sicura
SINTESI
CHE COSA FA LA DIRETTIVA?
Stabilisce i principi e le linee direttrici sulle buone prassi di fabbricazione relative ai medicinali per uso umano e ai medicinali per uso umano in fase di sperimentazione*.
PUNTI CHIAVE
Le autorità nazionali devono organizzare ispezioni per garantire che i fabbricanti rispettino i principi e le linee direttrici definiti dalla normativa.
I fabbricanti devono:
garantire che le proprie attività siano correttamente autorizzate e rispettino le buone prassi di fabbricazione;
rivedere regolarmente i propri metodi di fabbricazione alla luce del progresso scientifico e tecnico;
istituire e mettere in opera un efficace sistema di garanzia della qualità farmaceutica, che implichi l’attiva partecipazione del personale direttivo e degli addetti;
disporre di sufficiente personale, di competenza e qualifiche idonee, per realizzare l’obiettivo di garantire la qualità farmaceutica;
definire i compiti del personale direttivo e di controllo e fornire loro una formazione adeguata;
stilare e tenere aggiornato un sistema di documentazione, un sistema di controllo della qualità posto sotto la responsabilità di una persona adeguatamente qualificata e corsi di igiene;
condurre frequenti ispezioni delle proprie operazioni e adottare ogni necessaria azione correttiva;
implementare un sistema per rispondere ai reclami, esaminarli e mettere in atto misure per richiamare tempestivamente qualsiasi medicinale, se necessario, informando al contempo le autorità competenti della loro azione.
I locali e le attrezzature utilizzate devono essere situati, progettati, costruiti, adattati e mantenuti per soddisfare il loro scopo, ridurre al minimo il rischio di errore e consentire una pulizia e una manutenzione efficaci.
Il sistema di documentazione deve contenere i dettagli di ciascun lotto di prodotti ed essere conservato per almeno un anno dopo la data di scadenza per i medicinali e, per i medicinali in fase di sperimentazione, per almeno cinque anni dal completamento dell’ultimo esperimento clinico in cui il lotto è stato usato. I dati elettronici devono essere protetti da eventuali perdite o danni.
Le diverse operazioni di produzione devono essere conformi alle istruzioni e alle procedure prestabilite.
Il sistema di controllo della qualità deve includere l’accesso ai laboratori di controllo della qualità e deve conservare i campioni di ciascun lotto di prodotti per almeno un anno dopo la data di scadenza per i medicinali e, per i medicinali in fase di sperimentazione, per almeno cinque anni dal completamento dell’ultimo esperimento clinico in cui il lotto è stato usato.
Qualsiasi lavoro appaltato deve essere autorizzato da un contratto scritto che definisca le responsabilità di entrambe le parti a rispettare le buone prassi di fabbricazione.
Gli importatori devono garantire che i prodotti importati rispondano a norme di fabbricazione almeno equivalenti a quelle valide nell’Unione europea (UE).
Una normativa a parte [regolamento (UE) n. 536/2014] stabilisce le condizioni che le sperimentazioni cliniche devono soddisfare.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
Si applica dal 3 novembre 2003. I paesi dell’UE dovevano integrarla nel proprio diritto nazionale entro il 30 aprile 2004.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, consultare:
«Qualità dei medicinali e buone prassi di fabbricazione»
sul sito Internet della Commissione europea
«Conformità con le buone prassi di fabbricazione e le buone prassi di distribuzione»
sul sito Internet dell’Agenzia europea per i medicinali
TERMINE CHIAVE
* Medicinale in fase di sperimentazione: principio attivo in forma farmaceutica o placebo sottoposto a sperimentazione oppure utilizzato come riferimento nel corso di una sperimentazione clinica.
ATTO
Direttiva 2003/94/CE della Commissione, dell’8 ottobre 2003, che stabilisce i principi e le linee direttrici delle buone prassi di fabbricazione relative ai medicinali per uso umano e ai medicinali per uso umano in fase di sperimentazione (GU L 262 del 14.10.2003, pagg. 22-26)
ATTI COLLEGATI
Regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’Agenzia europea per i medicinali (GU L 136 del 30.4.2004, pagg. 1-33).
Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 726/2004 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
Direttiva 2004/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che modifica la direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU L 136 del 30.4.2004, pagg. 34-57)
Direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU L 311 del 28.11.2001, pagg. 67-128). Si veda la versione consolidata.
Regolamento (UE) n. 536/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, sulla sperimentazione clinica di medicinali per uso umano e che abroga la direttiva 2001/20/CE (GU L 158 del 27.5. 2014, pagg. 1-76) | 7,917 | 569 |
32010R0255 | false | REGOLAMENTO (UE) N. 255/2010 DELLA COMMISSIONE
del 25 marzo 2010
recante norme comuni per la gestione dei flussi del traffico aereo
(Testo rilevante ai fini del SEE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,
visto il regolamento (CE) n. 551/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, sull’organizzazione e l’uso dello spazio aereo nel cielo unico europeo («regolamento sullo spazio aereo») (1), in particolare l’articolo 6, paragrafo 7,
considerando quanto segue:
(1)
La Commissione è tenuta a stabilire delle misure in materia di gestione dei flussi del traffico aereo (air traffic flow management, in appresso «ATFM») allo scopo di ottimizzare la capacità disponibile nell’uso dello spazio aereo e migliorare i processi di ATFM.
(2)
L’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 549/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, che stabilisce i principi generali per l’istituzione del cielo unico europeo («regolamento quadro») (2) ha conferito mandato all’Organizzazione europea per la sicurezza della navigazione aerea (Eurocontrol) di elaborare norme di attuazione per la ATFM. Il presente regolamento si basa sulla relazione del 7 dicembre 2007 concernente il suddetto mandato.
(3)
L’applicazione uniforme delle norme e procedure specifiche all’interno dello spazio aereo del cielo unico europeo è di importanza fondamentale ai fini di un utilizzo ottimale della capacità disponibile del controllo del traffico aereo attraverso una gestione e un funzionamento efficienti dell'attività di ATFM.
(4)
Il presente regolamento non si applica alle operazioni e all’addestramento militari di cui all’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 549/2004. Gli aeromobili militari, tuttavia, che operano in quanto traffico aereo generale sono soggetti alle misure di ATFM quando operano o intendono operare nello spazio aereo o in aeroporti ai quali si applicano le misure di ATFM.
(5)
A norma dell’articolo 13 del regolamento (CE) n. 549/2004 è necessario proteggere gli interessi essenziali della politica di difesa o di sicurezza degli Stati membri nella definizione e nell’attuazione delle misure di ATFM.
(6)
Eurocontrol ha istituito una centrale unica per la ATFM incaricata della programmazione, del coordinamento e dell’esecuzione di misure di ATFM, tenendo conto delle raccomandazioni dell’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile (ICAO) per la regione europea. È necessario che gli Stati membri adottino le opportune misure dirette a garantire che l’unità centrale ATFM ottimizzi gli effetti complessivi delle misure di ATFM sulla rete europea di gestione del traffico aereo (European air traffic management network, in appresso «EATMN»).
(7)
È necessario che le misure di ATFM si basino sui principi stabiliti dall’ICAO e che tutte le parti del sistema ATFM si attengano a norme in grado di garantire che la capacità di controllo del traffico aereo venga utilizzata in modo sicuro e nella massima misura possibile.
(8)
Occorre che le misure di ATFM tengano conto della disponibilità di rotte e di spazio aereo, in particolare con l’applicazione dell’uso flessibile dello spazio aereo da parte di tutte le parti interessate, inclusa la cellula di gestione dello spazio aereo, di cui al regolamento (CE) n. 2150/2005 della Commissione, del 23 dicembre 2005, recante norme comuni per l’uso flessibile dello spazio aereo (3).
(9)
Allo scopo di ottimizzare la capacità disponibile della EATMN inclusi gli aeroporti, è necessario stabilire delle procedure dirette a migliorare la coerenza tra le bande orarie degli aeroporti e i piani di volo.
(10)
È necessario che gli Stati membri e le parti coinvolte nei processi di ATFM dispongano di tempo sufficiente per assicurare il rispetto dei requisiti relativi alla gestione dei flussi di traffico aereo.
(11)
Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del Comitato per il cielo unico,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto e campo di applicazione
1. Il presente regolamento stabilisce i requisiti relativi alla gestione dei flussi di traffico aereo (in appresso ATFM) allo scopo di ottimizzare la capacità disponibile della rete europea di gestione del traffico aereo (EATMN) e migliorare le procedure di ATFM.
2. Il presente regolamento si applica nello spazio aereo di cui all’articolo 1, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 551/2004:
a)
a tutti i voli destinati a operare o che operano come traffico aereo generale e in conformità alle norme di volo strumentale (in appresso «IFR»), in tutto o in parte;
b)
a tutte le fasi dei voli di cui alla lettera a), e alla gestione del traffico aereo.
3. Il presente regolamento si applica ai seguenti soggetti, o agli agenti che operano in loro nome, che partecipano alle procedure di ATFM:
a)
esercenti di aeromobili;
b)
unità dei servizi di traffico aereo (air traffic service units, in appresso «unità ATS»), inclusi gli uffici di pista ATS e i servizi di controllo dell’aerodromo;
c)
servizi di informazioni aeronautiche;
d)
entità che partecipano alla gestione dello spazio aereo;
e)
organismi di gestione aeroportuali;
f)
l’unità centrale ATFM;
g)
unità locali ATFM;
h)
coordinatori di bande orarie (slots) di aeroporti coordinati.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente regolamento si applicano le definizioni di cui all’articolo 2 del regolamento (CE) n. 549/2004 e dell’articolo 2 del regolamento (CEE) n. 95/93 del Consiglio (4).
Si applicano inoltre le seguenti definizioni:
1) «misura di gestione del flusso di traffico aereo»: iniziativa diretta alla gestione dei flussi di traffico aereo e alla gestione delle capacità;
2) «operatore»: la persona, l’organizzazione o l’impresa che effettua o che offre di effettuare operazioni di trasporto aereo;
3) «norme di volo strumentale (IFR)»: le norme di volo strumentale secondo la definizione contenuta nell’allegato 2 della Convenzione di Chicago sull’aviazione internazionale civile del 1944 (in appresso «la Convenzione di Chicago»);
4) «ufficio di pista dei servizi di traffico aereo (ATS)»: unità ATS istituita allo scopo di ricevere rapporti relativi ai servizi di traffico aereo e ai piani di volo presentati prima del primo rilascio di un’autorizzazione del controllo del traffico aereo;
5) «unità locale di gestione del flusso di traffico aereo (ATFM)»: entità di gestione dei flussi che opera per conto di uno o più altre entità di gestione dei flussi in quanto interfaccia tra l’unità centrale ATFM e un’unità ATS o un gruppo di tali unità;
6) «evento critico»: situazione insolita o crisi che comporta una perdita importante di capacità della EATMN o un grave squilibrio tra la capacità della EATMN e la domanda o una grave lacuna nel flusso di informazioni in una o più parti della EATMN;
7) «banda oraria di partenza di gestione dei flussi del traffico aereo (ATFM)»: orario di decollo calcolato attribuito dall’unità centrale ATFM con un margine di tolleranza gestito dalla unità ATS locale;
8) «orientamento delle rotte e del traffico»: politiche e procedure per l’utilizzo delle rotte da parte dell’aeromobile;
9) «piano di volo multiplo»: più piani di volo presentati per uno stesso volo tra due aeroporti;
10) «configurazione di settore di un’unità dei servizi del traffico aereo (ATS)»: descrizione quadridimensionale di un settore o di un gruppo di settori di spazio aereo di un’unità ATS, che può essere operato su base permanente o temporanea;
11) «tempo di rullaggio in aeroporto»: periodo di tempo predeterminato dal momento della partenza a quello del decollo, espresso in minuti e valido durante le normali operazioni in aeroporto;
12) «posizione di volo aggiornata»: posizione dell’aeromobile, aggiornata tramite i dati del controllo, i dati del piano di volo o le comunicazioni della posizione;
13) «autorizzazione del controllo del traffico aereo»: autorizzazione data ad un aeromobile a procedere alle condizioni specificate da un’unità di controllo del traffico aereo;
14) «sospensione del piano di volo»: procedura avviata da un’entità che svolge la ATFM per garantire che venga apportata una modifica al piano di volo da parte dall’operatore prima che il volo venga effettuato;
15) «servizio aereo»: un volo o una serie di voli destinati al trasporto a titolo oneroso di passeggeri, di merci e/o di posta;
16) «registro operativo»: registro del sistema ATFM convertito in banca dati per consentire una rapida ricerca dei dati di ATFM.
Articolo 3
Quadro di gestione dei flussi del traffico aereo
1. La pianificazione, il coordinamento e l’attuazione delle misure di ATFM delle parti di cui all’articolo 1, paragrafo 3, sono conformi alle disposizioni dell’ICAO precisate nell’allegato.
2. L’attività di ATFM rispecchia i principi seguenti:
a)
le misure di ATFM mirano a:
i)
impedire un eccesso di domanda di traffico aereo rispetto alla capacità dichiarata di controllo del traffico aereo di settori e aeroporti;
ii)
utilizzare la capacità della EATMN nella massima misura possibile allo scopo di ottimizzare l’efficienza della stessa e ridurre al minimo gli effetti negativi per gli operatori;
iii)
ottimizzare la capacità disponibile della EATMN attraverso lo sviluppo e l’applicazione di misure dirette a incrementare la capacità da parte delle unità ATS;
iv)
fornire un sostegno alla gestione di eventi critici;
b)
le unità locali ATFM e l’unità centrale ATFM vengono considerate come parte della funzione di ATFM.
3. L’assegnazione delle bande orarie di partenza ATFM attribuisce la precedenza ai voli secondo l’ordine dell’ingresso programmato nel luogo al quale si applica la misura di ATFM, a meno che circostanze speciali richiedano l’applicazione di una regola di priorità diversa formalmente riconosciuta diretta ad agevolare l’attività della EATMN.
Il primo comma può essere applicato ai voli che non sono in grado di accettare l’opzione di una nuova rotta per evitare o alleggerire aree congestionate, tenendo in considerazione il luogo e l’ampiezza dell’area congestionata.
Articolo 4
Obblighi generali degli Stati membri
1. Gli Stati membri garantiscono che la funzione di ATFM sia a disposizione delle parti di cui all’articolo 1, paragrafo 3 nell’arco delle 24 ore.
2. La definizione e l’attuazione delle misure di ATFM sono compatibili con le esigenze degli Stati membri in materia di sicurezza e difesa, allo scopo di garantire l’efficienza nella pianificazione, assegnazione e uso dello spazio aereo a favore delle parti di cui all’articolo 1, paragrafo 3.
3. Vengono istituite procedure coerenti per la cooperazione tra le parti che partecipano alla funzione di ATFM, le unità ATS e le entità che partecipano alla gestione dello spazio aereo, allo scopo di ottimizzare l’uso dello spazio aereo.
4. Viene redatto un documento comune di riferimento che prevede le politiche, le procedure e la descrizione in materia di orientamento delle rotte e del traffico. Se del caso, la pubblicazione delle rotte disponibili nelle pubblicazioni nazionali di informazioni aeronautiche deve essere coerente con il suddetto documento comune di riferimento.
5. Le procedure comuni per chiedere l’esenzione da una banda oraria di partenza ATFM sono redatte in conformità alle disposizioni dell’ICAO precisate nell’allegato. Tali procedure vengono coordinate con l’unità centrale ATFM e pubblicate nelle pubblicazioni nazionali di informazioni aeronautiche.
Articolo 5
Obblighi degli Stati membri relativi all’unità centrale ATFM
Gli Stati membri garantiscono che l’unità centrale ATFM:
a)
ottimizzi gli effetti del funzionamento complessivo sulla EATMN attraverso la pianificazione, il coordinamento e l’attuazione di misure di ATFM;
b)
si consulti con gli operatori sulla definizione di misure di ATFM;
c)
garantisca l’attuazione effettiva delle misure di ATFM, assieme alle unità locali ATFM;
d)
in coordinamento con le unità locali ATFM individui rotte alternative per evitare o alleggerire aree congestionate, tenendo conto degli effetti del funzionamento complessivo sulla EATMN;
e)
proponga una nuova rotta ai voli in grado di ottimizzare l’effetto della lettera d);
f)
trasmetta informazioni sulla ATFM in maniera tempestiva agli operatori e alle unità ATS, tra cui:
i)
misure pianificate di ATFM;
ii)
impatto delle misure di ATFM sull’orario di decollo e il profilo di volo dei voli individuali;
g)
monitorizzi il verificarsi di casi di mancanza di piani di volo e di presentazione di piani di volo multipli;
h)
sospenda un piano di volo quando, tenendo conto della tolleranza temporale, la banda oraria di partenza ATFM non può essere rispettata e non è noto un nuovo orario stimato di partenza;
i)
monitorizzi il numero di deroghe concesse in conformità all’articolo 4, paragrafo 5.
Articolo 6
Obblighi generali delle unità ATS
1. Quando si rende necessaria l’attuazione di una misura di ATFM, le unità ATS si coordinano, attraverso la locale unità ATFM, con l’unità centrale ATFM per fare in modo che la scelta della misura avvenga tenendo conto dell’ottimizzazione degli effetti di funzionamento complessivo sulla EATMN.
2. Se necessario, gli uffici di pista ATS agevolano lo scambio di informazioni tra piloti o operatori e l’unità locale o centrale ATFM.
3. Le unità ATS provvedono a che le misure di ATFM applicate agli aeroporti siano coordinate con l’organismo di gestione dell’aeroporto interessato, allo scopo di garantire l’efficienza nella pianificazione e nell’utilizzo dell’aeroporto a favore delle parti di cui all’articolo 1, paragrafo 3.
4. Le unità ATS notificano all’unità centrale ATFM, attraverso l’unità locale ATFM, tutti gli eventi che possono impattare sulla capacità di controllo del traffico aereo o sulla domanda di traffico aereo.
5. Le unità ATS trasmettono all’unità centrale ATFM i dati seguenti e i successivi aggiornamenti, tempestivamente e garantendone la qualità:
a)
disponibilità di spazio aereo e rotte;
b)
configurazioni e attivazioni di settore delle unità ATS;
c)
tempi di rullaggio in aeroporto;
d)
settore di controllo del traffico aereo e capacità aeroportuali;
e)
disponibilità di rotte inclusa la disponibilità derivante dall’applicazione dell’uso flessibile dello spazio aereo in conformità del regolamento (CE) n. 2150/2005;
f)
posizioni di volo aggiornate;
g)
deviazioni dai piani di volo;
h)
disponibilità di spazio aereo inclusa la disponibilità derivante dall’applicazione dell’uso flessibile dello spazio aereo in conformità del regolamento (CE) n. 2150/2005;
i)
orari effettivi di decollo del volo.
I dati vengono messi a disposizione delle parti di cui all’articolo 1, paragrafo 3, e forniti gratuitamente alla e dalla unità centrale ATFM.
6. L’unità ATS presso l’aeroporto di partenza provvede affinché:
a)
quando un volo è soggetto ad una banda oraria di partenza ATFM, tale banda oraria venga inclusa come elemento dell’autorizzazione del controllo del traffico aereo;
b)
i voli rispettino le bande orarie di partenza ATFM;
c)
non ottengano l’autorizzazione al decollo quei voli che non rispettano il loro orario di partenza stimato, tenendo conto del margine di tolleranza stabilito;
d)
non ottengano l’autorizzazione al decollo quei voli il cui piano di volo è stato respinto o sospeso.
Articolo 7
Obblighi generali degli operatori
1. Ogni volo previsto è coperto da un unico piano di volo. Tale piano di volo riflette correttamente il profilo del volo previsto.
2. Tutte le pertinenti misure di ATFM e relative modifiche vengono inserite nelle operazioni di volo pianificate e comunicate al pilota.
3. Quando partono da un aeroporto non soggetto ad una banda oraria di partenza ATFM, gli operatori sono responsabili del rispetto dell’orario di partenza stimato, tenendo conto di un margine di tolleranza previsto nelle pertinenti disposizioni dell’ICAO specificate nell’allegato.
4. Quando un piano di volo è stato sospeso in conformità dell’articolo 5, lettera h), l’operatore interessato si preoccupa di aggiornare o cancellare il piano di volo.
Articolo 8
Obblighi generali degli organismi di gestione dell’aeroporto
Gli organismi di gestione dell’aeroporto notificano all’unità centrale ATFM, direttamente o attraverso l’unità locale ATFM e/o le unità ATS, tutti gli eventi che possono impattare sulla capacità di controllo del traffico aereo o sulla domanda di traffico aereo. Essi informano l’unità locale ATFM e le unità ATS se la notifica viene fatta direttamente.
Articolo 9
Coerenza tra i piani di volo e le bande orarie degli aeroporti
1. Gli Stati membri provvedono affinché, quando ciò sia richiesto da un coordinatore di bande orarie dell’aeroporto o da un organismo di gestione di un aeroporto coordinato, l’unità centrale ATFM o l’unità locale ATFM trasmetta loro il piano di volo autorizzato di un volo che opera presso tale aeroporto, prima che tale volo venga effettuato. I coordinatori di bande orarie dell’aeroporto o gli organismi di gestione di aeroporti coordinati organizzano l’accesso ai piani di volo autorizzati trasmessi dall’unità centrale ATFM o l’unità locale ATFM.
2. Prima del volo, gli operatori trasmettono agli aeroporti di partenza e di arrivo le necessarie informazioni per permettere di stabilire una correlazione tra il numero del volo contenuto nel piano di volo e quello notificato per la banda oraria dell’aeroporto corrispondente.
3. Qualsiasi operatore, organismo di gestione dell’aeroporto e unità ATS può riferire al coordinatore delle bande orarie dell’aeroporto in merito a ripetute operazioni di servizi aerei effettuate a orari che si discostano notevolmente dalle bande orarie assegnate o all’utilizzo di bande orarie secondo modalità che si discostano notevolmente da quanto indicato al momento dell’assegnazione, con pregiudizio delle attività dell’aeroporto o delle operazioni di traffico aereo.
4. Gli Stati membri provvedono affinché l’unità centrale ATFM riferisca ai coordinatori delle bande orarie dell’aeroporto in merito a ripetute operazioni di servizi aerei effettuate a orari che si discostano notevolmente dalle bande orarie assegnate o all’utilizzo di bande orarie secondo modalità che si discostano notevolmente da quanto indicato al momento dell’assegnazione, con pregiudizio delle attività dell’aeroporto o delle operazioni di traffico aereo.
Articolo 10
Obblighi relativi a eventi critici
1. Gli Stati membri provvedono affinché vengano istituite e pubblicate dall’unità centrale ATFM le procedure di ATFM per gestire eventi critici al fine di ridurre al minimo le disfunzioni per la EATMN.
2. Nel prepararsi ad affrontare eventi critici, le unità ATS e gli organismi di gestione aeroportuali coordinano con gli operatori interessati dagli eventi critici la pertinenza e il contenuto delle procedure di emergenza, nonché eventuali modifiche alle norme prioritarie.
Le procedure di emergenza includono:
a)
misure di organizzazione e coordinamento;
b)
misure di ATFM per gestire l’accesso alle aree colpite al fine di impedire un eccesso di domanda di traffico aereo rispetto alla capacità dichiarata di tutto o di parte dello spazio aereo degli aeroporti interessati;
c)
circostanze, condizioni e procedure per l’applicazione di norme prioritarie per i voli, nel rispetto degli interessi essenziali in materia di sicurezza o di difesa degli Stati membri;
d)
disposizioni di recupero.
Articolo 11
Monitoraggio del rispetto delle misure di ATFM
1. Gli Stati membri provvedono affinché, quando, nel corso di un anno, il rispetto delle bande orarie di partenza ATFM in un aeroporto è pari all’80 % o inferiore, l’unità ATS in tale aeroporto trasmette le informazioni pertinenti sul mancato rispetto e le iniziative prese per garantire il rispetto delle bande orarie di partenza della ATFM. Tali azioni vengono indicate in una relazione che lo Stato membro interessato deve trasmettere alla Commissione.
2. L’unità ATS nell’aeroporto interessato trasmette le informazioni pertinenti su tutti i casi di mancato rispetto del rigetto o della sospensione di un piano di volo in tale aeroporto e delle iniziative prese per garantire tale rispetto. Tali iniziative vengono indicate in una relazione che lo Stato membro interessato deve trasmettere alla Commissione.
3. Gli Stati membri provvedono affinché:
a)
l’unità centrale ATFM proceda ad una notifica agli Stati membri che concedono deroghe oltre lo 0,6 % delle proprie partenze annuali;
b)
lo Stato membro oggetto della notifica di cui alla lettera a), redige una relazione contenente i dettagli delle deroghe concesse da trasmettere alla Commissione.
4. Gli Stati membri provvedono affinché, quando viene individuato un caso di mancato rispetto delle misure di ATFM derivante dall’applicazione dell’articolo 5, lettera g), l’unità centrale ATFM notifichi all’operatore tale mancato rispetto.
5. Gli operatori trasmettono una relazione all’unità centrale ATFM in merito ad ogni caso di mancato rispetto delle misure di ATFM, che contiene i dettagli delle circostanze che hanno portato alla mancanza di un piano di volo o a piani di volo multipli e le iniziative prese per correggere tale inottemperanza.
6. Gli Stati membri provvedono affinché l’unità centrale ATFM rediga una relazione annuale contenente i dettagli relativi all’assenza dei piani di volo o ai piani di volo multipli che vengono presentati e la presenti alla Commissione.
7. Gli Stati membri effettuano una revisione annuale del rispetto delle misure di ATFM per garantire che le parti di cui all’articolo 1, paragrafo 3, migliorino il grado di rispetto di tali misure.
Articolo 12
Valutazione del funzionamento
1. Nell’applicazione dell’articolo 11, gli Stati membri provvedono affinché l’unità centrale ATFM rediga delle relazioni annuali indicanti il livello qualitativo della attività di ATFM, che precisano:
a)
le cause delle misure di ATFM;
b)
l’impatto delle misure di ATFM;
c)
il rispetto delle misure di ATFM;
d)
i contributi delle parti di cui all’articolo 1, paragrafo 3, all’ottimizzazione dell’effetto complessivo di rete.
2. Gli Stati membri provvedono affinché venga istituito e aggiornato dall’unità centrale ATFM un archivio dei dati ATFM, come prevede l’articolo 6, paragrafo 5, i piani di volo, i registri operativi e i dati contestuali pertinenti.
I dati di cui al primo comma vengono conservati per un periodo di 2 anni dalla trasmissione e messi a disposizione della Commissione, degli Stati membri, delle unità ATS e degli operatori.
Tali dati vengono messi a disposizione dei coordinatori e degli operatori aeroportuali a sostegno delle loro valutazioni periodiche della capacità dichiarata.
Articolo 13
Norme di sicurezza
Gli Stati membri provvedono affinché venga effettuata una valutazione di sicurezza, comprendente l’individuazione del pericolo, nonché la valutazione e la riduzione del rischio, prima dell’eventuale introduzione di procedure e di consistenti modifiche ai sistemi di ATFM, con l’inclusione di una valutazione del processo di gestione della sicurezza che affronti l’intero ciclo vitale del sistema di gestione del traffico aereo.
Articolo 14
Requisiti supplementari
1. Gli Stati membri provvedono affinché il personale delle parti di cui all’articolo 1, paragrafo 3, che partecipa alle attività di ATFM:
a)
sia debitamente informato delle disposizioni del presente regolamento;
b)
sia dotato della formazione e della competenza adeguate per l’incarico svolto.
2. Gli Stati membri adottano le necessarie misure per garantire che le parti di cui all’articolo 1, paragrafo 3, aventi responsabilità nelle funzioni di ATFM:
a)
elaborino e aggiornino i manuali operativi contenenti le informazioni e le istruzioni necessarie per consentire al personale interessato di applicare le disposizioni del presente regolamento;
b)
provvedono affinché i suddetti manuali siano coerenti, accessibili e continuamente aggiornati e affinché il loro aggiornamento e la loro diffusione siano oggetto di un’adeguata gestione della qualità e della configurazione della documentazione;
c)
provvedono affinché i metodi di lavoro e le procedure operative siano conformi al presente regolamento.
Articolo 15
Sanzioni
Gli Stati membri determinano le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle norme del presente regolamento e adottano ogni provvedimento necessario per assicurare l’applicazione delle sanzioni stesse. Le sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri comunicano tali disposizioni alla Commissione entro e non oltre il 26 settembre 2011 e notificano senza indugio eventuali successive modifiche delle stesse.
Articolo 16
Entrata in vigore e applicazione
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Esso si applica a partire dal 26 settembre 2011.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 25 marzo 2010.
Per la Commissione
Il presidente
José Manuel BARROSO
(1) GU L 96 del 31.3.2004, pag. 20.
(2) GU L 96 del 31.3.2004, pag. 1.
(3) GU L 342 del 24.12.2005, pag. 20.
(4) GU L 14 del 22.1.1993, pag. 1.
ALLEGATO
Elenco delle norme ICAO relative alla gestione dei flussi del traffico aereo
1.
Capitolo 3, paragrafo 3.7.5 (Gestione dei flussi del traffico aereo) dell’allegato 11 della Convenzione di Chicago — Servizi di traffico aereo (13a edizione — luglio 2001, che include l’emendamento n. 47).
2.
Capitolo 3 (Capacità ATS e Gestione dei flussi di traffico aereo) del documento 4444 dell’ICAO — PANS-ATM (15a edizione — 2007).
3.
Capitolo 8.3 (deroghe all’assegnazione di bande orarie ATFM) del documento 7030 dell’ICAO — Procedure supplementari regionali europee (EUR) (5a edizione 2007).
4.
Capitolo 8.4 1.c) (Rispetto dell’operatore aereo delle misure di ATFM) del documento 7030 dell’ICAO — Procedure supplementari regionali europee (EUR) (5a edizione 2007).
5.
Capitolo 2, paragrafo 2.3.2 (Modifiche all’EOBT) del documento 7030 dell’ICAO - Procedure supplementari regionali europee (EUR) (5a edizione 2007). | Gestione dei flussi del traffico aereo
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Esso punta a stabilire delle misure in materia di gestione dei flussi del traffico aereo (ATFM) allo scopo di ottimizzare la capacità disponibile nell’uso dello spazio aereo e migliorare i processi di ATFM. L’applicazione uniforme delle norme e procedure specifiche all’interno dello spazio aereo del cielo unico europeo è di importanza fondamentale ai fini di un utilizzo ottimale della capacità disponibile del controllo del traffico aereo attraverso una gestione e un funzionamento efficienti dell’attività di ATFM
PUNTI CHIAVE
Il regolamento si applica:nello spazio aereo del cielo unico europeo come stabilito dal regolamento (CE) n. 551/2004 sulla gestione del traffico aereo e riguarda:tutti i voli destinati a operare o che operano come traffico aereo generale e in conformità alle norme di volo strumentale*la gestione del traffico aereo; ai soggetti seguenti, interessati dalle procedure ATFM esercenti di aeromobiliunità dei servizi di traffico aereoservizi di informazioni aeronauticheentità che partecipano alla gestione dello spazio aereoorganismi di gestione aeroportualil’unità centrale ATFMunità locali ATFMcoordinatori di bande orarie (slots) di aeroporti coordinati.*.La pianificazione, il coordinamento e l’attuazione delle misure di ATFM svolte dalle parti citate in precedenza devono basarsi sulle disposizioni stabilite dall’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile (ICAO).
I paesi dell’UE garantiscono che:la funzione di ATFM sia costantemente a disposizione delle parti sopraccitate che partecipano ai processi di ATFM; la definizione e l’attuazione delle misure di ATFM rispettino le esigenze in materia di sicurezza nazionale e difesa dei singoli paesi dell’UE.Obblighi generali delle unità dei servizi di traffico aereo (ATS)Le unità ATS devono coordinarsi, attraverso l’unità ATFM locale, con l’unità ATFM centrale quando applicano una misura ATFM, per garantire che la misura selezionata ottimizzi il funzionamento complessivo della rete europea di gestione del traffico aereo (EATMN)*. Le unità ATS informano l’unità centrale ATFM in merito agli eventi che possono influenzare la capacità di controllo del traffico aereo o di richiesta di traffico aereo. Inoltre le unità ATS trasmettono all’unità centrale ATFM varie informazioni e i successivi aggiornamenti che comprendono:disponibilità di spazio aereo e rotte;settore di controllo del traffico aereo e capacità aeroportuali;disponibilità delle rotte;deviazioni dai piani di volo;disponibilità di spazio aereo. L’elenco completo dei dati deve essere messo a disposizione delle parti che partecipano ai processi di ATFM e forniti gratuitamente alla e dall’unità centrale ATFM.Obblighi generali degli operatoriTutte le pertinenti misure di ATFM e relative modifiche vengono inserite nelle operazioni di volo pianificate e comunicate al pilota. Quando un piano di volo è stato sospeso perché la banda oraria di partenza ATFM non può essere rispettata, l’operatore interessato si preoccupa di aggiornare o cancellare il piano di volo.Coerenza tra i piani di volo e le bande orarie degli aeroportiI paesi dell’UE garantiscono, quando ciò sia richiesto da un coordinatore di bande orarie dell’aeroporto o da un organismo di gestione di un aeroporto coordinato, che l’unità centrale ATFM o l’unità locale ATFM trasmetta loro il piano di volo autorizzato di un volo che opera presso tale aeroporto, prima che tale volo venga effettuato.Eventi criticiI paesi dell’UE provvedono affinché vengano istituite e pubblicate le procedure di ATFM per gestire eventi critici al fine di ridurre al minimo le disfunzioni per la EATMN. Nel prepararsi a eventi critici, le unità ATS e gli organismi di gestione aeroportuali coordinano con gli operatori interessati dagli eventi critici le procedure di emergenza.Monitoraggio del rispetto delle misure di ATFMI paesi dell’UE garantiscono che gli aeroporti rispettino le bande orarie di partenza della ATFM. Quando, nel corso di un anno, in un aeroporto il rispetto è pari all’80 % o inferiore, l’unità ATS in tale aeroporto trasmette le informazioni pertinenti per garantire il rispetto in futuro. Inoltre l’unità ATS nell’aeroporto interessato trasmette le informazioni pertinenti su tutti i casi di mancato rispetto del rigetto o della sospensione di un piano di volo in tale aeroporto e delle iniziative prese per garantire tale rispetto in futuro.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
È in vigore dal 26 settembre 2011.
CONTESTO
Si veda anche:Cielo unico europeo (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Norme di volo strumentale: regole che consentono a un aeromobile adeguatamente equipaggiato di essere pilotato in condizioni meteorologiche di volo strumentale (specificate nell’allegato 2 dell’ICAO: Regole dell’aria, Sezione 5: Regole del volo strumentale).
Aeroporto coordinato: aeroporto con un elevato livello di congestione in cui la domanda supera la capacità nel pertinente periodo e in cui, per atterrare o decollare, è necessario per un vettore aereo aver ottenuto l’assegnazione di una banda oraria da parte di un coordinatore.
Rete europea di gestione del traffico aereo: l’insieme dei sistemi che consentono di fornire servizi di navigazione aerea nell’UE, comprese le interfacce ai confini esterni dell’UE.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE) n. 255/2010 della Commissione del 25 marzo 2010 recante norme comuni per la gestione dei flussi del traffico aereo (GU L 80 del 26.3.2010, pag. 10).
Le successive modifiche al regolamento (UE) n. 255/2010 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (CE) n. 551/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, sull’organizzazione e l’uso dello spazio aereo nel cielo unico europeo (regolamento sullo spazio aereo) (GU L 96 del 31.3.2004, pag. 20).
Si veda la versione consolidata. | 10,360 | 416 |
31987R2658 | false | Regolamento (CEE) n. 2658/87 del 23 luglio 1987 relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comune
Gazzetta ufficiale n. L 256 del 07/09/1987 pag. 0001 - 0675 edizione speciale finlandese: capitolo 11 tomo 13 pag. 0022 edizione speciale svedese/ capitolo 11 tomo 13 pag. 0022
I (Atti per i quali la pubblicazione è una condizione di applicabilità) REGOLAMENTO (CEE) N. 2658/87 DEL CONSIGLIO del 23 luglio 1987 relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica ed alla tariffa doganale comuneIL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare gli articoli 28, 43, 113 e 235, visto l'atto di adesione della Spagna e del Portogallo, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che la Comunità economica europea è fondata su un'unione doganale che prevede una tariffa doganale comune; considerando che il sistema ottimale per effettuare la raccolta e lo scambio di dati relativi alle statistiche del commercio estero della Comunità consiste nell'utilizzazione di una nomenclatura combinata che sostituisca le attuali nomenclature della tariffa doganale comune e della Nimexe per soddisfare nel contempo le esigenze tariffarie e quelle statistiche; considerando che la Comunità è firmataria della convenzione internazionale sul sistema armonizzato di designazione e codificazione delle merci, detto « sistema armonizzato », destinato a sostituire la convenzione del 15 dicembre 1950 sulla nomenclatura per la classificazione delle merci nelle tariffe doganali; che, pertanto, detta nomenclatura combinata deve essere basata sul sistema armonizzato; considerando che è opportuno permettere che Stati membri creino suddivisioni statistiche nazionali; considerando che talune misure comunitarie specifiche non possono essere prese in considerazione nel quadro della nomenclatura combinata; che è pertanto necessario creare suddivisioni comunitarie complementari da riprendere in una tariffa integrata delle Comunità europee (Taric); che la gestione efficace della Taric impone un aggiornamento immediato attraverso un adeguato sistema; che è pertanto necessario che la Commissione sia abilitata a gestire essa stessa la Taric; considerando che, per quanto riguarda la Spagna e il Portogallo, lo schema della Taric non potrà essere uguale a quello degli altri Stati membri, in ragione delle misure transitorie in materia tariffaria previste dall'atto di adesione; che è pertanto opportuno prevedere che questi due Stati membri siano autorizzati a non applicare la Taric nel corso dei periodi di applicazione di tali misure transitorie; considerando che è opportuno prevedere che gli Stati membri possano utilizzare, a partire dalle sottovoci Taric, suddivisioni supplementari rispondenti a bisogni nazionali; che dette suddivisioni devono comportare codici numerici appropriati, conformemente alle disposizioni del regolamento (CEE) n. 2793/86 della Commissione, del 22 luglio 1986, che stabilisce i codici da utilizzare per la compilazione dei formulari di cui ai regolamenti (CEE) n. 678/85, (CEE) n. 1900/85 e (CEE) n. 222/77 (X); considerando che è indispensabile che la nomenclatura combinata e tutte le altre nomenclature che la ripren dono in tutto o in parte o aggiungendovi suddivisioni vengano applicate in modo uniforme da tutti gli Stati membri; che a tal fine opportune disposizioni devono essere adottate sul piano comunitario; che d'altra parte, le disposizioni comunitarie volte ad assicurare l'applicazione uniforme della tariffa doganale comune sono applicabili, ai sensi della decisione 86/98/CECA (1), ai prodotti contemplati nel trattato CECA; considerando che l'elaborazione e l'applicazione di tali disposizioni richiedono una stretta collaborazione tra gli Stati membri e la Commissione; che la messa in applicazione di dette disposizioni deve avvenire in modo rapido, considerate le gravi conseguenze economiche che potrebbe comportare ogni ritardo in materia; considerando che, al fine di assicurare l'applicazione uniforme della nomenclatura combinata, è necessario che la Commissione sia assistita da un comitato responsabile di tutte le questioni relative a detta nomenclatura, alla Taric e a qualsiasi altra nomenclatura basata sulla nomenclatura combinata; che detto comitato deve poter funzionare il più presto possibile, prima della data di applicazione della nomenclatura combinata; considerando che, per definire la portata della nomenclatura combinata, è necessario prevedere le opportune disposizioni preliminari, note complementari di sezioni o di capitoli e note a piè di pagina; considerando che formano parte della tariffa doganale comune non soltanto le aliquote dei dazi convenzionali e autonomi e gli altri relativi elementi di percezione fissati all'allegato I del presente regolamento sulla base della nomenclatura combinata, ma anche le misure tariffarie contenute nella Taric e in altre disposizioni comunitarie; considerando che per la fissazione delle aliquote dei dazi convenzionali occorre tener conto dei negoziati in seno al GATT; considerando che il passaggio dalla vecchia nomenclatura alla nomenclatura combinata può implicare difficoltà nell'applicazione delle regole di origine relative a taluni regime preferenziali, in particolare nel caso in cui il paese terzo interessato non abbia aderito al sistema armonizzato; che pertanto occorre prevedere misure appropriate tendenti ad evitare tali difficoltà; considerando che, benché la nomenclatura e le aliquote dei dazi relative ai prodotti contemplati nel trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio non formino parte della tariffa doganale comune, è tuttavia opportuno far figurare, a titolo indicativo, nel presente regolamento, i dazi convenzionali relativi a tali prodotti; considerando che, con l'instaurazione della nomenclature combinata, numerosi atti comunitari, in particolare nel settore della politica agricola comune, devono essere adattati per tener conto dell'utilizzazione di detta nomenclatura; che tali adattamenti non implicano in generale alcuna modifica sostanziale; che per esigenze di semplificazione, occorre prevedere che la Commissione possa apportare direttamente gli adattamenti tecnici necessari agli atti in questione; considerando che l'entrata in vigore del presente regolamento implica l'abrogazione del regolamento (CEE) n. 950/68 del Consiglio, del 28 giugno 1968, relativo alla tariffa doganale comune (2) e del regolamento (CEE) n. 97/69 del Consiglio, del 16 gennaio 1969, relativo alle misure da adottare per l'applicazione uniforme della nomenclatura della tariffa doganale comune (3), modificato da ultimo dal regolamento (CEE) n. 2055/84 (X), HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO : Articolo 1 1. È instaurata una nomenclatura delle merci, denominata in appresso « nomenclatura combinata » o in forma abbreviata « NC », che risponde nel contempo alle esigenze della tariffa doganale comune ed a quelle delle statistiche del commercio estero della Comunità. 2. La nomenclatura combinata riprende : a) la nomenclatura del sistema armonizzato; b)le suddivisioni comunitarie di detta nomenclatura, denominate « sottovoci NC » quando delle aliquote di dazi sono indicate in corrispondenza di esse; c)le disposizioni preliminari le note complementari di sezioni o di capitoli e le note a piè di pagina relative alle sottovoci NC. 3. La nomenclatura combinata è ripresa all'allegato I. Nello stesso allegato sono fissate le aliquote dei dazi autonomi e convenzionali della tariffa doganale comune, le unità supplementari statistiche e gli altri elementi richiesti. Articolo 2 Sulla base della nomenclatura combinata, la Commissione instaura una tariffa integrata delle Comunità europee, qui di seguito denominata « Taric », la quale riprende in particolare : a) le suddivisioni comunitarie complementari, denominate « sottovoci Taric », necessarie per la designazione delle merci facenti oggetto delle misure comunitarie specifiche elencate all'allegato II; b)le aliquote dei dazi doganali e gli altri elementi di percezione applicabili; c)i numeri di codice di cui all'articolo 3, paragrafi 3 e 4; d)ogni altro elemento d'informazione richiesto per l'applicazione o la gestione delle relative misure comunitarie. Articolo 3 1. Ciascuna sottovoce NC comporta un codice numerico di otto cifre : a) le prime sei cifre sono i codici numerici assegnati alle voci e sottovoci della nomenclatura del sistema armonizzato; b)la settima e l'ottava cifra identificano le sottovoci NC. Quando le voci o sottovoci del sistema armonizzato non sono ulteriormente suddivise per esigenze comunitarie, la settima e l'ottava cifra sono « 00 ». 2. La nona cifra è riservata agli Stati membri per le suddivisioni statistiche nazionali, da inserire in conformità dell'articolo 5, paragrafo 3. 3. Le sottovoci Taric sono identificate con una decima e undicesima cifra, che, unitamente ai numeri di codice indicati al paragrafo 1, formano i numeri di codice Taric. In assenza di suddivisioni comunitarie, la decima e l'undicesima cifra sono « 00 ». 4. Eccezionalmente, un codice addizionale Taric a quattro cifre, può essere utilizzato ai fini dell'applicazione delle regolamentazioni comunitarie specifiche che non sono codificate o che non sono interamente codificate alla decima e all'undicesima cifra. Articolo 4 1. La nomenclatura combinata, con le aliquote dei dazi e gli altri relativi elementi di percezione, e le misure tariffarie contenute nella Taric o in altre regolamentazioni comunitarie, costituiscono la tariffa doganale comune che è prevista all'articolo 9 del trattato e che si applica all'importazione delle merci nella Comunità. 2. La nomenclatura combinata, compresi i relativi codici numerici e, eventualmente, le unità supplementari statistiche in essa indicate, è applicata dalla Comunità e dagli Stati membri alle statistiche del commercio estero della Comunità. Articolo 5 1. La Taric è utilizzata dalla Commissione e dagli Stati membri per l'applicazione delle misure comunitarie relative alle importazioni e, eventualmente, alle esportazioni ed al commercio tra gli Stati membri. 2. I numeri di codice Taric si applicano a tutte le importazioni di merci cui si riferiscono le sottovoci corrispondenti. All'uopo essi possono essere applicati alle esportazioni ed al commercio tra gli Stati membri. 3. Gli Stati membri possono inserire, a partire dalle sottovoci NC, delle suddivisioni rispondenti ad esigenze statistiche nazionali e, a partire dalle sottovoci Taric, delle suddivisioni rispondenti ad altre esigenze nazionali. Dette suddivisioni sono corredate di codici numerici che le identificano, conformemente alle disposizioni del regolamento (CEE) n. 2793/86. 4. Gli Stati membri che utilizzano delle suddivisioni rispondenti ad esigenze nazionali diverse da quelle statistiche possono, informandone la Commissione, differire, fino al massimo al 31 dicembre 1989, l'utilizzazione delle sottovoci Taric e delle decime e undicesime cifre corrispondenti. Articolo 6 La Commissione gestisce e pubblica la Taric. Essa adotta in particolare le misure necessarie al fine di : a) integrare nella Taric le misure elencate all'allegato II; b)attribuire il numero di codice Taric; c) aggiornare la Taric; d)comunicare immediatamente agli Stati membri le modifiche alle sottovoci Taric ed ai codici numerici. Articolo 7 1. La Commissione è assistita da un comitato della nomenclatura tariffaria e statistica, denominato « comitato della nomenclatura », ed in appresso « comitato », composto da rappresentanti degli Stati membri e presieduto da un rappresentante della Commissione. 2. Il comitato adotta il proprio regolamento interno. Articolo 8 Il comitato può esaminare qualsiasi questione sottopostagli dal suo presidente, sia su iniziativa di questi, sia su iniziativa del rappresentante di uno Stato membro : a) relativa alla nomenclatura combinata; b)relativa alla nomenclatura della Taric e a qualsiasi altra nomenclatura che riprende la nomenclatura combinata, in tutto o in parte o aggiungendovi eventualmente suddivisioni, e che sia instaurata da regolamentazioni comunitarie specifiche per l'applicazione delle misure tariffarie o di altra natura nel quadro degli scambi di merci. Articolo 9 1. Le misure relative alle seguenti materie sono adottate in base alla procedura prevista all'articolo 10 : a) applicazione della nomenclatura combinata e della Taric, con particolare riguardo : - alla classifica delle merci nelle nomenclature di cui all'articolo 8, -alle note esplicative; b)modifiche della nomenclatura combinata per tener conto dell'evoluzione dei bisogni in materia di statistiche o di politica commerciale; c)modifiche dell'allegato II; d)modifiche della nomenclatura combinata e adeguamenti dei dazi conformemente alle decisioni adottate dal Consiglio o dalla Commissione; e)modifiche della nomenclatura combinata intese ad adeguarla all'evoluzione tecnologica o commerciale o ad armonizzare ed esplicitare i testi; f)modifiche della nomenclatura combinata, risultanti dagli emendamenti della nomenclatura del sistema armonizzato; g)questioni relative all'applicazione, al funzionamento ed alla gestione del sistema armonizzato, destinate ad essere discusse nell'ambito del Consiglio di cooperazione doganale. 2. Le disposizioni adottate ai sensi del paragrafo 1 non possono modificare : - le aliquote dei dazi doganali; -i prelievi agricoli, le restituzioni o gli altri importi applicabili nel quadro della politica agricola comune o in quello dei regimi specifici applicabili a talune merci derivanti dalla trasformazione di prodotti agricoli; -le restrizioni quantitative stabilite in conformità delle disposizioni comunitarie; -le nomenclature adottate nel quadro della politica agricola comune. 3. Le modifiche apportate alla sottovoci NC sono, se del caso, immediatamente riprese come sottovoci Taric. Esse sono riprese nella NC unicamente alle condizioni di cui all'articolo 12. Articolo 10 1. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da prendere. Il comitato formula il proprio parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è reso alla maggioranza prevista all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio è chiamato a prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato viene attribuita ai voti dei rappresentanti degli Stati membri la ponderazione definita all'articolo precitato. Il presidente non partecipa alla votazione. 2. La Commissione adotta misure che sono immediatamente applicabili. Tuttavia, se tali misure non sono conformi al parere reso dal comitato, la Commissione le comunica immediatamente al Consiglio. In tal caso la Commissione può differire di tre mesi, a decorrere dalla data di tale comunicazione, l'applicazione delle misure da essa decise. 3. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può prendere una decisione diversa entro il termine di cui al paragrafo 2. Articolo 11 1. Nei casi in cui talune disposizioni comunitarie subordinino a condizioni particolari l'ammissione di una merce al beneficio di un regime tariffario favorevole all'importazione, a causa della natura o della destinazione particolare di detta merce, dette condizioni possono essere stabilite secondo la procedura di cui all'articolo 10. 2. Ai sensi del paragrafo 1, per regime tariffario favorevole si intende ogni riduzione o sospensione, anche nel quadro di un contingente tariffario, tanto di un dazio doganale o di una tassa di effetto equivalente, quanto di un prelievo agricolo o di un altro onere all'importazione previsto nell'ambito della politica agricola comune o in quello dei regimi specifici applicabili ad alcune merci derivanti dalla trasformazione di prodotti agricoli. Articolo 12 La Commissione adotta ogni anno un regolamento che riprende la versione completa della nomenclatura combinata e delle relative aliquote dei dazi autonomi e convenzionali della tariffa doganale comune, così come essa risulta dalle decisioni adottate dal Consiglio o dalla Commissione. Detto regolamento è pubblicato nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee al più tardi il 31 ottobre ed è applicabile a partire dal 1° gennaio dell'anno successivo. Articolo 13 Il Regno di Spagna e la Repubblica portoghese sono autorizzati a non applicare la Taric fino al termine dei periodi di applicazione delle misure transitorie in materia tariffaria previsti dall'atto di adesione. Articolo 14 Quando una preferenza tariffaria è accordata sulla base di regole di origine fondate sulla nomenclatura del Consiglio di cooperazione doganale in vigore al 31 dicembre 1987, dette regole continuano ad essere applicate in conformità degli atti comunitari in vigore alla suddetta data. Articolo 15 1. I codici e le descrizioni delle merci stabiliti sulla base della nomenclatura combinata si sostituiscono a quelli stabiliti sulla base delle nomenclature della tariffa doganale comune e della Nimexe senza pregiudizio degli accordi internazionali conclusi dalla Comunità prima dell'entrata in vigore del presente regolamento nonché degli atti che sono stati presi per la loro applicazione e che si riferiscono alle suddette nomenclature. Gli atti comunitari che riprendono la nomenclatura tariffaria o statistica sono modificati in conseguenza dalla Commissione. 2. I riferimenti fatti alla Nimexe figuranti nei diversi atti comunitari in vigore devono intendersi come fatti alla nomenclatura combinata. Articolo 16 I regolamenti (CEE) n. 950/68 e (CEE) n. 97/69 sono abrogati. Articolo 17 Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della Comunità europee. Gli articoli da 1 a 5 e da 12 a 16 sono applicabili a decorrere dal 1° gennaio 1988. Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Fatto a Bruxelles, addì 23 luglio 1987. Per il Consiglio Il Presidente K.E. TYGESEN (1) GU n. C 154 del 12. 6. 1987, pag. 6. (2) GU n. C 190 del 20. 7. 1987. (3) Parere reso il 1° luglio 1987 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). (X) GU n. L 263 del 15. 9. 1986, pag. 74. (1) GU n. L 81 del 26. 3. 1986, pag. 29. (2) GU n. L 172 del 22. 7. 1968, pag. 1. (3) GU n. L 14 del 21. 1. 1969, pag. 1. (X) GU n. L 191 del 19. 7. 1984, pag. 1. | La banca dati online della tariffa doganale integrata (TARIC)
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Stabilisce le basi giuridiche per la TARIC, la tariffa integrata dell’Unione europea (UE), e introduce un sistema comune per la codificazione e la classificazione delle merci, noto come nomenclatura combinata (NC), essenziale per l’elaborazione e la pubblicazione delle statistiche del commercio dell’UE.
PUNTI CHIAVE
La TARIC contiene tutte le aliquote dei dazi doganali e alcune norme comunitarie applicabili al commercio estero. Non contiene informazioni relative alle imposte nazionali, come l’IVA.
La NC è il risultato della fusione tra la nomenclatura della tariffa doganale comune* e la Nimexe (nomenclatura statistica dell’UE).
La TARIC si basa sulla NC e comprende suddivisioni aggiuntive, denominate sottovoci TARIC, utilizzate per merci le cui aliquote dei dazi doganali vengono applicate in base all’origine o laddove si applicano altre norme di politica commerciale.
Ciascuna sottovoce NC comporta un codice di otto cifre. Le prime sei cifre si riferiscono alle voci e sottovoci del sistema armonizzato, la settima e l’ottava cifra rappresentano le sottovoci NC, mentre la nona e la decima cifra rappresentano le sottovoci TARIC.
L’allegato I del regolamento fissa le aliquote dei dazi e viene aggiornato regolarmente per tener conto di:
modifiche concordate a livello internazionale;
modifiche relative a esigenze statistiche, politica commerciale e sviluppi tecnologici e commerciali;
necessità di armonizzare o esplicitare i testi.
La Commissione europea pubblica e gestisce la TARIC. Essa attribuisce i numeri di codice, aggiorna la TARIC e comunica gli emendamenti ai paesi dell’UE. Le richieste di modifica della NC possono essere fatte dalla Commissione, dai paesi dell’UE o dalle federazioni commerciali europee.
La Commissione adotta ogni anno un regolamento che riprende la versione completa della NC e delle aliquote dei dazi della tariffa doganale comune, prendendo in considerazione gli emendamenti del Consiglio e della Commissione. Il regolamento è pubblicato nella Gazzetta ufficiale al più tardi il 31 ottobre ed è applicabile a partire dal 1° gennaio dell’anno successivo.
La Commissione è assistita dal comitato del codice doganale, composto da rappresentanti dei paesi dell’UE. Il comitato è responsabile dell’esame di tutte le questioni relative alla NC, alla TARIC o ad altre nomenclature.
DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO?
È entrato in vigore il 10 settembre 1987.
CONTESTO
La TARIC, la tariffa integrata dell’UE, è una banca dati che riunisce normativa commerciale e agricola e tariffe doganali. Ciò garantisce un’applicazione uniforme da parte dei paesi dell’UE e offre una chiara visione di tutte le misure che i soggetti coinvolti nell’importazione di merci all’interno dell’Unione o nell’esportazione di merci da essa devono intraprendere.
Per ulteriori informazioni, fare riferimento a:
TARIC (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Tariffa doganale comune: la combinazione della classificazione delle merci e delle aliquote dei dazi che si applicano a ogni classe di merci, applicabile in tutta l’UE.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CEE) n. 2658/87 del Consiglio, del 23 luglio 1987, relativo alla nomenclatura tariffaria e statistica e alla tariffa doganale comune (GU L 256 del 7.9.1987, pag. 1).
Le modifiche successive al regolamento (CEE) n. 2658/87 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha solo valore documentale. | 6,818 | 162 |
32003D0093 | false | Decisione del Consiglio, del 19 dicembre 2002, che autorizza gli Stati membri a firmare, nell’interesse della Comunità, la convenzione dell’Aia del 1996 concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di potestà genitoriale e di misure di protezione dei minori
Gazzetta ufficiale n. L 048 del 21/02/2003 pag. 0001 - 0002
Decisione del Consigliodel 19 dicembre 2002che autorizza gli Stati membri a firmare, nell'interesse della Comunità, la convenzione dell'Aia del 1996 concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di potestà genitoriale e di misure di protezione dei minori(2003/93/CE)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 61, lettera c) e l'articolo 300,vista la proposta della Commissione,considerando quanto segue:(1) La Comunità sta operando al fine di creare uno spazio giudiziario comune basato sul principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie.(2) La convenzione concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di potestà genitoriale e di misure di protezione dei minori, conclusa il 19 ottobre 1996 nel contesto della conferenza dell'Aia di diritto internazionale privato (in prosieguo denominata la "convenzione"), apporta un valido contributo alla protezione dei minori a livello internazionale ed è pertanto auspicabile che le sue disposizioni siano applicate al più presto.(3) Alcuni articoli della convenzione hanno ripercussioni sul diritto comunitario derivato in materia di competenza giurisdizionale, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni di cui specialmente al regolamento (CE) n. 1347/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di potestà dei genitori sui figli di entrambi i coniugi(1).(4) La Comunità ha competenza esclusiva per le pertinenti disposizioni della convenzione nella misura in cui tali articoli abbiano ripercussioni sulla normativa comunitaria in materia. Gli Stati membri dovrebbero conservare le loro competenze nelle materie disciplinate dalla convenzione che non incidono sul diritto comunitario.(5) Il testo della convenzione riconosce soltanto agli Stati sovrani la qualità di parti contraenti. Attualmente, quindi, la Comunità non può firmare o ratificare tale convenzione né aderirvi.(6) È pertanto opportuno che, nell'interesse della Comunità e alle condizioni di cui alla presente decisione, il Consiglio autorizzi in via eccezionale gli Stati membri a firmare la convenzione dell'Aia del 1996.(7) In base agli articoli 23, 26 e 52 della convenzione una decisione presa in uno Stato membro in una delle materie contemplate dalla medesima può essere riconosciuta ed eseguita in un altro Stato membro conformemente alle pertinenti norme interne del diritto comunitario.(8) Il Regno Unito e l'Irlanda partecipano all'adozione e all'applicazione della presente decisione.(9) La Danimarca, a norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull'Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, non partecipa all'adozione della presente decisione e di conseguenza non è vincolata da essa, né è soggetta alla sua applicazione,HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:Articolo 11. Il Consiglio autorizza gli Stati membri a firmare la convenzione concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di potestà genitoriale e di misure di protezione dei minori, conclusa il 19 ottobre 1996, in appresso denominata "la convenzione", nell'interesse della Comunità, fatte salve le condizioni stabilite negli articoli in appresso.2. Il testo della convenzione è allegato alla presente decisione(2).3. Ai fini della presente decisione si intende per "Stato membro" tutti gli Stati membri ad eccezione della Danimarca.Articolo 2All'atto della firma della convenzione gli Stati membri presentano la seguente dichiarazione:"Gli articoli 23, 26 e 52 della convenzione concedono alle parti contraenti una certa flessibilità ai fini della semplicità e della rapidità del regime di riconoscimento ed esecuzione delle decisioni. La normativa comunitaria prevede un sistema di riconoscimento ed esecuzione che è almeno altrettanto favorevole quanto le norme stabilite dalla convenzione. Di conseguenza, una decisione emanante da un organo giurisdizionale di uno Stato membro dell'Unione europea su una questione relativa alla convenzione è riconosciuta ed eseguita in ...(3) in applicazione delle pertinenti norme interne del diritto comunitario(4)."Articolo 3Gli Stati membri prendono le disposizioni necessarie affinché la convenzione sia firmata anteriormente al 1o giugno 2003.Articolo 4All'atto della firma della convenzione gli Stati membri informano per iscritto il ministero degli Affari esteri del Regno dei Paesi Bassi che la firma è avvenuta in conformità della presente decisione.Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea.Fatto a Bruxelles, addì 19 dicembre 2002.Per il ConsiglioIl PresidenteL. Espersen(1) GU L 160 del 30.6.2000, pag. 19. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 1185/2002 della Commissione (GU L 173 del 3.7.2002, pag. 3).(2) Cfr. pagina 3 della presente Gazzetta ufficiale.(3) Stato membro che procede alla dichiarazione.(4) In questo settore il regolamento (CE) n. 1347/2000 svolge un ruolo speciale per quanto riguarda la competenza, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di potestà dei genitori sui figli di entrambi i coniugi. | Responsabilità genitoriale e protezione dei minori (convenzione dell’Aia)
CHE COSA FA LA PRESENTE DECISIONE?
Autorizza i paesi dell’UE a firmare la convenzione dell’Aia.
La convenzione stabilisce norme volte a migliorare la protezione dei minori nelle situazioni internazionali e a evitare conflitti fra sistemi giuridici nazionali diversi.
Tutti i paesi dell’UE sono parte della convenzione dell’Aia. Ciò significa che possono fare affidamento su norme giuridiche comuni quando si confrontano con paesi esterni all’UE parte della convenzione al fine di proteggere i minori coinvolti in controversie internazionali.
PUNTI CHIAVE
La convenzione è stata conclusa ai sensi della Conferenza dell’Aia di diritto internazionale privato.
e riguarda la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale.
Che cosa vi rientra?
La convenzione mira a dare protezione internazionale ai minori di 18 anni, stabilendo:
il paese competente ad assumere misure per la protezione di un minore o dei suoi beni;
la legge applicabile per l’esercizio di tale competenza;
la legge applicabile alla responsabilità genitoriale;
il riconoscimento e l’esecuzione delle misure di protezione in tutti i paesi firmatari;
la cooperazione fra i paesi firmatari.
Le misure volte a proteggere i minori si riferiscono:
alla responsabilità genitoriale;
ai diritti di affidamento;
alla tutela;
alla rappresentanza del minore;
all’affidamento del minore in una famiglia di accoglienza o altra assistenza;
alla supervisione delle cure fornite;
all’amministrazione dei beni del minore.
Quale paese è responsabile?
Il paese competente a fornire misure di protezione è generalmente il paese di residenza abituale del minore.
Si tratta del paese in cui si trovano:
nel caso di minori rifugiati o minori sfollati a livello internazionale;
nel caso di minori il cui paese di residenza abituale non può essere stabilito;
in caso di emergenza (facoltativo).
Eccezione
In un caso particolare, se un altro paese sembra essere in una posizione migliore per valutare l’interesse superiore del minore, può essere consentito che ne assuma la competenza.
Quale legge si applica?
Il paese che esercita la competenza lo fa ai sensi del proprio diritto.
In via eccezionale, esso può applicare o prendere in considerazione il diritto di un altro paese strettamente connesso alla situazione (se ciò è nell’interesse superiore del minore).
Un paese può rifiutare di applicare il diritto indicato dalla convenzione solo per motivi giustificati di ordine pubblico e nell’interesse superiore del minore.
Riconoscimento ed esecuzione
Le misure che un paese firmatario adotta ai sensi della presente convenzione per proteggere un minore o i suoi beni devono essere riconosciute in tutti gli altri paesi firmatari.
Solo in un numero limitato di casi, come specificato nella convenzione, un paese può rifiutarne il riconoscimento.
Quando le misure di protezione sono dichiarate applicabili in un altro paese, tale paese deve applicarle come se le avesse adottate esso stesso, in conformità con il proprio diritto interno.
Cooperazione
Ciascun paese firmatario deve designare una o più autorità centrali incaricate di far fronte agli obblighi che gli sono imposti dalla convenzione.
Tali autorità devono cooperare e scambiarsi reciprocamente informazioni, nonché promuovere la cooperazione in tali casi presso le autorità nazionali.
CONTESTO
Proteggere i diritti dei minori: informazioni dell’UE.
ATTO
Decisione 2003/93/CE del Consiglio, del 19 dicembre 2002, che autorizza gli Stati membri a firmare, nell’interesse della Comunità, la convenzione dell’Aia del 1996 concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di potestà genitoriale e di misure di protezione dei minori (GU L 48 del 21.2.2003, pag. 1-2)
ATTI COLLEGATI
Decisione 2008/431/CE del Consiglio, del 5 giugno 2008, che autorizza alcuni Stati membri a ratificare la convenzione dell’Aia del 1996 sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, ovvero ad aderirvi, nell’interesse della Comunità europea e che autorizza alcuni Stati membri a presentare una dichiarazione sull’applicazione delle pertinenti norme interne del diritto comunitario — Convenzione sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori (GU L 151 dell’11.6.2008, pag. 36-48) | 3,161 | 884 |
31991L0676 | false | Direttiva 91/676/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa alla protezione delle acque dell'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole
Gazzetta ufficiale n. L 375 del 31/12/1991 pag. 0001 - 0008 edizione speciale finlandese: capitolo 15 tomo 10 pag. 0192 edizione speciale svedese/ capitolo 15 tomo 10 pag. 0192
DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 12 dicembre 1991 relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole (91/676/CEE)IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 130 S, vista la proposta della Commissione (1), visto il parere del Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che in alcune regioni degli Stati membri il contenuto di nitrati nell'acqua è in aumento ed è già elevato rispetto alle norme fissate nella direttiva 75/440/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1975, concernente la qualità delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile negli Stati membri (4), modificata dalla direttiva 79/869/CEE (5), e nella direttiva 80/778/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1980, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano (6), modificata dall'atto di adesione del 1985; considerando che il quarto programma d'azione delle Comunità europee in materia ambientale (7) specifica che la Commissione intende presentare una proposta di direttiva sul controllo e sulla riduzione dell'inquinamento idrico risultante dallo spandimento e dallo scarico di deiezioni del bestiame o dall'uso eccessivo di fertilizzanti; considerando che nel libro verde della Commissione europea «Prospettive per la politica agricola comune», concernente la riforma della politica agricola comune, si afferma che mentre per l'agricoltura comunitaria è necessario l'impiego di fertilizzanti contenenti azoto e concimi organici, l'uso eccessivo di fertilizzanti costituisce un rischio ambientale; che per controllare i problemi derivanti dall'allevamento intensivo è necessaria un'azione comune e che la politica agricola deve prendere maggiormente in considerazione la politica ecologica; considerando che la risoluzione del Consiglio del 28 giugno 1988 sulla protezione del Mare del Nord e di altre acque nella Comunità (8) invita la Commissione a presentare proposte relative a misure da adottarsi a livello comunitario; considerando che i nitrati di origine agricola sono la causa principale dell'inquinamento proveniente da fonti diffuse che colpisce le acque comunitarie; considerando che per tutelare la salute umana, le risorse viventi e gli ecosistemi acquatici e per salvaguardare altri usi legittimi dell'acqua è pertanto necessario ridurre l'inquinamento idrico causato o provocato da nitrati provenienti da fonti agricole ed impedire un ulteriore inquinamento di questo tipo; che a tal fine è importante prendere provvedimenti riguardanti l'uso in agricoltura di composti azotati e il loro accumulo nel terreno e riguardanti talune prassi di gestione del terreno; considerando che l'inquinamento idrico dovuto ai nitrati in uno Stato membro si ripercuote sulle acque di altri Stati membri e che ne consegue la necessità di un'azione a livello comunitario ai sensi dell'articolo 130 R; considerando che, con l'incoraggiare la buona pratica agricola, gli Stati membri possono garantire per tutte le acque un generale livello di protezione dall'inquinamento per il futuro; considerando che talune zone che scaricano le loro acque in acque soggette ad inquinamento provocato da composti azotati richiedono una protezione speciale; considerando che è indispensabile che gli Stati membri individuino le zone vulnerabili e progettino ed attuino i necessari programmi d'azione per ridurre l'inquinamento idrico provocato da composti azotati nelle zone vulnerabili; considerando che i suddetti programmi d'azione dovrebbero comportare misure intese a limitare l'impiego in agricoltura di tutti i fertilizzanti contenenti azoto e a stabilire restrizioni specifiche nell'impiego di concimi organici animali; considerando che è necessario sorvegliare le acque e applicare i metodi di misura di riferimento per i composti azotati, al fine di garantire l'efficacia delle misure; considerando che è noto che, in taluni Stati membri, la situazione dell'idrogeologia è tale che solo dopo parecchi anni le misure di protezione potrebbero dar luogo ad un miglioramento della qualità delle acque; considerando che dovrebbe essere istituito un comitato con il compito di assistere la Commissione su questioni connesse con l'attuazione della presente direttiva e con il suo adeguamento al progresso scientifico e tecnico; considerando che gli Stati membri devono elaborare e presentare alla Commissione relazioni sull'attuazione della presente direttiva; considerando che la Commissione deve presentare relazioni regolari sull'attuazione della presente direttiva da parte degli Stati membri; HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 La presente direttiva mira a: - ridurre l'inquinamento delle acque causato direttamente o indirettamente dai nitrati di origine agricola; - prevenire qualsiasi ulteriore inquinamento di questo tipo. Articolo 2 Ai fini della presente direttiva: a) per «acque sotterranee», si intendono tutte le acque che si trovano al di sotto della superficie del terreno nella zona di saturazione e in diretto contatto con il suolo o il sottosuolo; b) per «acque dolci», si intendono le acque che si presentano in natura con una bassa concentrazione di sali e sono spesso considerate appropriate per l'estrazione e il trattamento al fine di produrre acqua potabile; c) per «composto azotato», si intende qualsiasi sostanza contenente azoto, escluso l'azoto allo stato molecolare gassoso; d) per «bestiame», si intendono tutti gli animali allevati per uso o profitto; e) per «fertilizzante», si intende qualsiasi sostanza contenente uno o più composti azotati, sparsa sul terreno per stimolare la crescita della vegetazione; sono compresi gli effluenti di allevamento, i residui degli allevamenti ittici e i fanghi di fognatura; f) per «concimi chimici», si intende qualsiasi fertilizzante prodotto mediante procedimento industriale; g) per «effluente di allevamento», si intendono le deiezioni del bestiame o una miscela di lettiera e di deiezioni di bestiame, anche sotto forma di prodotto trasformato; h) per «applicazione al terreno», si intende l'apporto di materiale al terreno mediante spandimento sulla superficie del terreno, iniezione nel terreno, interramento, mescolatura con gli strati superficiali del terreno; i) per «eutrofizzazione», si intende l'arricchimento dell'acqua con composti azotati il quale causa una crescita rapida delle alghe e di forme di vita vegetale più elevate, con conseguente indesiderabile rottura dell'equilibrio degli organismi presenti in tali acque e deterioramento della qualità delle acque in questione; j) per «inquinamento», si intende lo scarico effettuato direttamente o indirettamente nell'ambiente idrico di composti azotati di origine agricola, le cui conseguenze siano tali da mettere in pericolo la salute umana, nuocere alle risorse viventi e all'ecosistema acquatico, compromettere le attrattive o ostacolare altri usi legittimi delle acque; k) per «zone vulnerabili», si intendono le zone designate in conformità all'articolo 3, paragrafo 2. Articolo 3 1. Le acque inquinate e quelle che potrebbero essere inquinate se non si interviene ai sensi dell'articolo 5 sono individuate dagli Stati membri conformemente ai criteri di cui all'allegato I. 2. Entro un periodo di due anni a decorrere dalla notifica della presente direttiva, gli Stati membri designano come zone vulnerabili tutte le zone note del loro territorio che scaricano nelle acque individuate in conformità del paragrafo 1 e che concorrono all'inquinamento. Essi notificano tale prima designazione alla Commissione entro sei mesi. 3. Qualora le acque individuate da uno Stato membro ai sensi del paragrafo 1 siano inquinate dalle acque di un altro Stato membro che in esse defluiscano direttamente o indirettamente, lo Stato membro le cui acque sono inquinate può notificare all'altro Stato membro e alla Commissione i fatti rilevanti. Gli Stati membri interessati organizzano, se del caso con la Commissione, la necessaria concertazione per individuare le fonti in questione e le misure da adottare per proteggere le acque inquinate, al fine di assicurare la conformità con la presente direttiva. 4. Gli Stati membri riesaminano e, se necessario, opportunamente rivedono o completano le designazioni di zone vulnerabili almeno ogni quattro anni, per tener conto di cambiamenti e fattori imprevisti al momento della precedente designazione. Entro sei mesi essi notificano alla Commissione ogni revisione o aggiunta concernente le designazioni. 5. Gli Stati membri sono esonerati dall'obbligo di individuare le zone vulnerabili specifiche se stabiliscono e applicano i programmi d'azione previsti all'articolo 5 conformemente alla presente direttiva in tutto il territorio nazionale. Articolo 4 1. Al fine di stabilire un livello generale di protezione dall'inquinamento per tutti i tipi di acque, gli Stati membri provvedono, entro due anni dalla notifica della presente direttiva, a: a) fissare un codice o più codici di buona pratica agricola applicabili a discrezione degli agricoltori, il quale includa disposizioni pertinenti per lo meno agli elementi contemplati nell'allegato II; b) predisporre, se necessario, un programma comprensivo di disposizioni per la formazione e l'informazione degli agricoltori, per promuovere l'applicazione del codice ovvero dei codici di buona pratica agricola. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione informazioni dettagliate sui propri codici di buona pratica agricola. La Commissione include nella relazione di cui all'articolo 11 informazioni relative a tali codici. In base alle informazioni ricevute, la Commissione, qualora lo ritenga necessario, può presentare al Consiglio proposte appropriate. Articolo 5 1. Entro un periodo di due anni a decorrere dalla prima designazione di cui all'articolo 3, paragrafo 2, o di un anno dopo ogni nuova designazione ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 4, gli Stati membri, per il conseguimento degli obiettivi di cui all'articolo 1, fissano programmi d'azione per quanto riguarda le zone vulnerabili designate. 2. Un programma d'azione può riguardare tutte le zone vulnerabili nel territorio di uno Stato membro oppure, se lo Stato membro lo giudica opportuno, si possono fissare programmi diversi per diverse zone vulnerabili o parti di zone. 3. I programmi d'azione tengono conto: a) dei dati scientifici e tecnici disponibili, con riferimento principalmente agli apporti azotati rispettivamente di origine agricola o di altra origine; b) delle condizioni ambientali nelle regioni interessate dello Stato membro di cui trattasi. 4. I programmi d'azione sono attuati entro quattro anni dalla loro fissazione e comprendono le misure vincolanti seguenti: a) le misure di cui all'allegato III; b) le misure che gli Stati membri hanno prescritto nel codice o nei codici di buona pratica agricola fissati ai sensi dell'articolo 4, a meno che non siano state sostituite da quelle di cui all'allegato III. 5. Nel quadro dei programmi d'azione gli Stati membri prendono inoltre le misure aggiuntive o azioni rafforzate che essi ritengono necessarie se, dall'inizio o alla luce dell'esperienza tratta dall'attuazione dei programmi d'azione, risulta evidente che le misure di cui al paragrafo 4 non sono sufficienti per conseguire gli obiettivi di cui all'articolo 1. Ai fini della scelta di dette misure o azioni, gli Stati membri tengono conto della loro efficacia e dei loro costi in relazione ad altre misure possibili di prevenzione. 6. Gli Stati membri elaborano ed applicano opportuni programmi di controllo al fine di valutare l'efficacia dei programmi d'azione fissati ai sensi del presente articolo. Gli Stati membri che applicano l'articolo 5 in tutto il territorio nazionale controllano il contenuto di nitrati delle acque (superficiali e sotterranee) in punti di controllo prescelti, onde poter stabilire l'entità dell'inquinamento nelle acque da nitrati di origine agricola. 7. Gli Stati membri riesaminano e, se del caso, rivedono i propri programmi d'azione, inclusa qualsiasi misura supplementare adottata ai sensi del paragrafo 5, per lo meno ogni quattro anni. Essi informano la Commissione di qualsiasi modifica dei propri programmi d'azione. Articolo 6 1. Al fine di designare le zone vulnerabili e rivederne le designazioni gli Stati membri devono: a) entro due anni dalla notifica della presente direttiva, controllare la concentrazione di nitrati nelle acque dolci per un periodo di un anno: i) alle stazioni di campionamento di cui all'articolo 5, paragrafo 4 della direttiva 75/440/CEE e/o alle altre stazioni di campionamento che sono rappresentative delle acque superficiali degli Stati membri, almeno una volta al mese e più frequentemente durante i periodi di piena; ii) alle stazioni di campionamento che sono rappresentative delle acque sotterranee degli Stati membri a intervalli regolari e tenendo conto delle disposizioni della direttiva 80/778/CEE; b) ripetere il programma di controllo specificato al paragrafo 1, lettera a), almeno ogni quattro anni, escludendo le stazioni di campionamento in cui si è riscontrata, in tutti i precedenti campioni, una concentrazione di nitrati inferiore a 25 mg/l, a condizione che non si sia manifestato nessun fattore nuovo che possa avere incrementato il tenore di nitrati; in questi ultimi casi il programma di controllo deve essere ripetuto soltanto ogni otto anni; c) riesaminare ogni quattro anni lo stato eutrofico delle acque dolci superficiali, estuarine e costiere. 2. Devono essere applicati i metodi di misura di riferimento indicati nell'allegato IV della presente direttiva. Articolo 7 Possono essere stabiliti, secondo la procedura di cui all'articolo 9, orientamenti per il controllo previsto negli articoli 5 e 6. Articolo 8 Gli allegati della presente direttiva possono essere adattati tenendo conto del progresso scientifico e tecnico in conformità della procedura stabilita all'articolo 9. Articolo 9 1. La Commissione è assistita da un comitato composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto dal rappresentante della Commissione. 2. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza qualificata prevista all'articolo 148, paragrafo 2 del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni in seno al comitato, ai voti dei rappresentanti degli Stati membri è attribuita la ponderazione fissata nell'articolo precitato. Il presidente non partecipa al voto. 3. a) La Commissione adotta le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato. b) Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata. c) Se il Consiglio non ha deliberato entro tre mesi a decorrere dalla data in cui gli è stata sottoposta la proposta, la Commissione adotta le misure proposte, tranne nel caso in cui il consiglio si sia pronunciato a maggioranza semplice contro tali misure. Articolo 10 1. In merito al periodo quadriennale decorrente dalla notifica della presente direttiva e ad ogni periodo quadriennale successivo, gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione contenente le informazioni specificate all'allegato V. 2. Una relazione ai sensi del presente articolo è presentata alla Commissione entro sei mesi dalla fine del periodo cui si riferisce. Articolo 11 In base alle informazioni ricevute in applicazione dell'articolo 10, la Commissione pubblica relazioni di sintesi entro sei mesi da quando ha ricevuto le relazioni degli Stati membri e le trasmette al Parlamento europeo ed al Consiglio. Alla luce dell'esperienza acquisita con l'applicazione della direttiva e in particolare delle disposizioni dell'allegato III, la Commissione presenta al Consiglio entro il 1o gennaio 1998 una relazione accompagnata all'occorrenza da proposte di revisione della presente direttiva. Articolo 12 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro due anni dalla notifica (1). Essi ne informano immediatamente la Commissione. 2. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri. 3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 13 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 12 dicembre 1991. Per il ConsiglioIl PresidenteJ. G. M. ALDERS (1)GU n. C 54 del 3. 3. 1989, pag. 4 e GU n. C 51 del 2. 3. 1990, pag. 12. (2)GU n. C 158 del 26. 6. 1989, pag. 487. (3)GU n. C 159 del 26. 6. 1989, pag. 1. (4)GU n. L 194 del 25. 7. 1975, pag. 26. (5)GU n. L 271 del 29. 10. 1979, pag. 44. (6)GU n. L 229 del 30. 8. 1980, pag. 11. (7)GU n. C 328 del 7. 12. 1987, pag. 1. (8)GU n. C 209 del 9. 8. 1988, pag. 3. (1)La presente direttiva è stata notificata agli Stati membri il 19 dicembre 1991. ALLEGATO I CRITERI PER INDIVIDUARE LE ACQUE DI CUI ALL'ARTICOLO 3, PARAGRAFO 1 A. Le acque di cui all'articolo 3, paragrafo 1 sono individuate adottando, tra l'altro, i criteri seguenti: 1) qualora le acque dolci superficiali, in particolare quelle utilizzate o destinate alla produzione di acqua potabile, contengano o possano contenere, se non si interviene ai sensi dell'articolo 5, una concentrazione di nitrati superiore a quella stabilita secondo le disposizioni della direttiva 75/440/CEE; 2) qualora le acque dolci sotterranee contengano oltre 50 mg/l di nitrati o possano contenere più di 50 mg/l di nitrati se non si interviene ai sensi dell'articolo 5; 3) qualora i laghi naturali di acqua dolce o altre acque dolci, estuari, acque costiere e marine, risultino eutrofiche o possano diventarlo nell'immediato futuro se non si interviene ai sensi dell'articolo 5. B. Applicando i suddetti criteri, gli Stati membri tengono inoltre conto: 1) delle caratteristiche fisiche e ambientali delle acque e dei terreni; 2) dell'attuale comprensione del comportamento dei composti azotati nell'ambiente (acque e terreni); 3) dell'attuale comprensione delle ripercussioni se si interviene ai sensi dell'articolo 5. ALLEGATO II CODICE (CODICI) DI BUONA PRATICA AGRICOLA A. Un codice o dei codici di buona pratica agricola intesi a ridurre l'inquinamento da nitrati tenendo conto delle condizioni esistenti nelle varie regioni della Comunità, dovrebbero contenere disposizioni concernenti gli elementi seguenti, ove detti elementi siano pertinenti: 1) i periodi in cui l'applicazione al terreno di fertilizzanti non è opportuna; 2) l'applicazione di fertilizzante al terreno in pendenza ripida; 3) l'applicazione di fertilizzanti al terreno saturo d'acqua, inondato, gelato o innevato; 4) le condizioni per applicare il fertilizzante al terreno adiacente ai corsi d'acqua; 5) la capacità e la costruzione dei depositi per effluenti da allevamento, incluse le misure destinate a prevenire l'inquinamento idrico causato da scorrimento e infiltrazione nelle acque sotterranee e superficiali di liquidi contenenti effluenti da allevamento ed effluenti provenienti da materiale vegetale come i foraggi insilati; 6) procedure di applicazione al terreno comprese percentuali e uniformità di applicazione sia di concimi chimici che di effluenti di allevamento in modo da mantenere le dispersioni nutrienti nell'acqua ad un livello accettabile. B. Gli Stati membri possono altresì includere nel proprio codice o nei loro propri codici di pratica agricola i fattori seguenti: 7) gestione dell'uso del terreno, compreso l'uso dei sistemi di rotazione delle colture e la proporzione di terreno destinata a colture permanenti collegate a colture annuali; 8) mantenimento, durante i periodi (piovosi), di un quantitativo minimo di copertura vegetale destinata ad assorbire dal terreno l'azoto che altrimenti potrebbe inquinare l'acqua con i nitrati; 9) la predisposizione di piani di fertilizzazione, per ciascuna azienda, e la tenuta di registri sulle applicazioni di fertilizzanti; 10) prevenzione dell'inquinamento delle acque dovuto allo scorrimento e alla percolazione dell'acqua oltre le radici nei sistemi di irrigazione. ALLEGATO III MISURE DA INSERIRE NEI PROGRAMMI D'AZIONE CONFORMEMENTE ALL'ARTICOLO 5, PARAGRAFO 4, PUNTO A) 1. Le misure in questione comprendono norme concernenti: 1) i periodi in cui è proibita l'applicazione al terreno di determinati tipi di fertilizzanti; 2) la capacità dei depositi per effluenti di allevamento; tale capacità deve superare quella necessaria per l'immagazzinamento nel periodo più lungo, durante cui è proibita l'applicazione al terreno di effluenti nella zona vulnerabile, salvo i casi in cui sia dimostrato all'autorità competente che qualsiasi quantitativo di effluenti superiore all'effettiva capacità d'immagazzinamento sarà smaltito in un modo che non causerà danno all'ambiente; 3) la limitazione dell'applicazione al terreno di fertilizzanti conformemente alla buona pratica agricola e in funzione delle caratteristiche della zona vulnerabile interessata, in particolare: a) delle condizioni del suolo, del tipo e della pendenza del suolo; b) delle condizioni climatiche, delle precipitazioni e dell'irrigazione; c) dell'uso del terreno e delle prassi agricole, inclusi i sistemi di rotazione delle colture; e basata sull'equilibrio tra: i) il fabbisogno prevedibile di azoto delle colture, e ii) l'apporto alle colture di azoto proveniente dal terreno e dalla fertilizzazione, corrispondente: - alle quantità di azoto presente nel terreno nel momento in cui la coltura comincia ad assorbirlo in misura significativa (quantità rimanenti alla fine dell'inverno); - all'apporto di composti di azoto tramite la mineralizzazione netta delle riserve di azoto organico nel terreno; - all'aggiunta di composti di azoto proveniente da effluenti di allevamento; - all'aggiunta di composti di azoto proveniente da fertilizzanti chimici e da altri fertilizzanti. 2. Tali misure garantiranno che, per ciascuna azienda o allevamento, il quantitativo di effluente di allevamento sparso sul terreno ogni anno, compreso quello distribuito dagli animali stessi, non superi un determinato quantitativo per ettaro. Il suddetto quantitativo per ettaro corrisponde al quantitativo di effluente contenente 170 kg di azoto. Tuttavia: a) per i primi quattro anni del programma di azione, gli Stati membri possono accordare un quantitativo di effluente contenente fino a 210 kg di azoto; b) durante e dopo i primi quattro anni del programma di azione, gli Stati membri possono stabilire quantitativi diversi da quelli indicati in precedenza. Questi quantitativi devono essere fissati in maniera tale da non compromettere il raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo 1 e devono essere giustificati in base a criteri obiettivi, ad esempio: - stagioni di crescita prolungate; - colture con grado elevato di assorbimento di azoto; - grado elevato di precipitazioni nette nella zona vulnerabile; - terreni con capacità eccezionalmente alta di denitrificazione. Se uno Stato membro accorda un quantitativo diverso ai sensi della presente lettera b), esso ne informa la Commissione che esaminerà la giustificazione addotta ai sensi della procedura stabilita all'articolo 9. 3. Gli Stati membri possono calcolare i quantitativi di cui al paragrafo 2 sulla base del numero di animali. 4. Gli Stati membri informano la Commissione del modo in cui applicano le disposizioni del paragrafo 2. Alla luce delle informazioni ricevute, la Commissione, se lo ritiene necessario, può presentare al Consiglio proposte appropriate ai sensi dell'articolo 11. ALLEGATO IV METODI DI MISURA DI RIFERIMENTO Concimi chimici Il metodo di misura dei composti dell'azoto è stabilito in conformità della direttiva 77/535/CEE della Commissione, del 22 giugno 1977, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai metodi di campionamento e di anilisi per i fertilizzanti (1), modificata da ultimo dalla direttiva 89/519/CEE (2). Acque dolci, acque costiere e acque marine La concentrazione di nitrati è misurata in conformità dell'articolo 4 bis, paragrafo 3 della decisione 77/795/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1977, che instaura una procedura comune di scambio di informazioni sulla qualità delle acque dolci superficiali nella Comunità (3), nella versione modificata dalla decisione 86/574/CEE (4). (1)GU n. L 213 del 22. 8. 1977, pag. 1. (2)GU n. L 265 del 12. 9. 1989, pag. 30. (3)GU n. L 334 del 24. 12. 1977, pag. 29. (4)GU n. L 335 del 28. 11. 1986, pag. 44. ALLEGATO V INFORMAZIONI DA INSERIRE NELLE RELAZIONI DI CUI ALL'ARTICOLO 10 1. Descrizione dell'azione di prevenzione organizzata ai sensi dell'articolo 4. 2. Una mappa in cui siano indicate: a) le acque individuate conformemente all'articolo 3, paragrafo 1 e all'allegato I precisando, per ogni tipo di acqua, quale criterio previsto all'allegato I sia stato adottato ai fini dell'individuazione; b) le zone designate come vulnerabili, distinguendo tra zone precedenti e zone designate dopo l'ultima relazione. 3. Un sommario dei risultati del controllo svolto in base all'articolo 6, con le considerazioni che hanno portato alla designazione di ciascuna zona vulnerabile e ad eventuali revisioni o aggiunte concernenti le designazioni di zone vulnerabili. 4. Un sommario dei programmi d'azione elaborati ai sensi dell'articolo 5 e in particolare: a) le misure previste all'articolo 5, paragrafo 4, punti a) e b); b) le informazioni previste dall'allegato III, paragrafo 4; c) altre eventuali misure o azioni rafforzate prese ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 5; d) un sommario dei risultati dei programmi di controllo applicati ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 6; e) le previsioni effettuate dagli Stati membri circa i tempi probabili entro cui si ritiene che le acque individuate in conformità dell'articolo 3, paragrafo 1, possano rispettare le misure del programma d'azione, con l'indicazione del grado di incertezza delle previsioni. | Combattere l’inquinamento idrico prodotto da nitrati di origine agricola
QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA?
Ha lo scopo di ridurre l’inquinamento idrico da nitrati utilizzati per scopi agricoli e di prevenire qualsiasi ulteriore inquinamento. È parte integrante della direttiva quadro sulle acque (direttiva 2000/60/CE – si veda la sintesi) dell’Unione europea (Unione) ed è strettamente collegata ad altre politiche dell’Unione che riguardano la qualità dell’aria, i cambiamenti climatici e l’agricoltura.
PUNTI CHIAVE
Gli Stati membri dell’Unione devono:designare come zone vulnerabili tutte le zone che scaricano nelle acque che sono o potrebbero essere interessate da elevati livelli di nitrati e da eutrofizzazione.*. La designazione è sottoposta a riesame ed eventuale revisione almeno ogni quattro anni, per tenere conto di qualsiasi cambiamento che si possa verificare. stabilire programmi di azione a carattere obbligatorio per questi settori, tenendo conto dei dati scientifici e tecnici e delle condizioni ambientali generali; monitorare l’efficacia dei programmi d’azione. testare la concentrazione di nitrati nel suolo fresco e nelle acque superficiali alle stazioni di campionamento, almeno una volta al mese e più frequentemente durante le inondazioni; effettuare un programma di monitoraggio completo e presentare ogni quattro anni una relazione dettagliata sull’attuazione della direttiva. La relazione contiene informazioni sulle zone vulnerabili ai nitrati, i risultati del monitoraggio dell’acqua e una sintesi dei corrispondenti aspetti dei codici di buone pratiche agricole e dei programmi d’azione; elaborare un codice di buone pratiche agricole, che gli agricoltori applicano su base volontaria. Essa stabilisce varie buone pratiche, come quando l’uso di fertilizzanti non è opportuno; fornire formazione e informazioni agli agricoltori, se del caso.La Commissione europea redige una relazione ogni 4 anni, sulla base delle informazioni nazionali che ha ricevuto. L’ultima relazione risale al 2018.
Deroghe
La direttiva fissa i limiti massimi per la quantità di azoto da effluenti di allevamento che può essere sparso annualmente a 170 kg/ha. Laddove gli Stati membri lo richiedano e purché possano giustificare scientificamente che ciò non comporterà un maggiore inquinamento, la Commissione può adottare atti di esecuzione (decisioni, in questo caso, denominate «deroghe») che consentono limiti massimi più elevati di azoto da effluenti di allevamento da applicare in aree specifiche e in condizioni particolari. Tali deroghe non esonerano gli Stati membri in questione dagli obiettivi di qualità delle acque della direttiva, né da altre misure in essa contenute.
Sono attualmente in vigore le seguenti decisioni di deroga:Decisione di esecuzione (UE) 2020/1074 relativa alla concessione di una deroga richiesta dalla Danimarca, valida per quattro anni, fino al 31 luglio 2024; Decisione di esecuzione (UE) 2020/1073 relativa alla concessione di una deroga richiesta dai Paesi Bassi, valida per due anni, fino al 31 dicembre 2021; Decisione di esecuzione (UE) 2019/1325 relativa alla concessione di una deroga richiesta dal Regno Unito con riguardo all’Irlanda del Nord, valida per quattro anni, fino al 31 dicembre 2022; Decisione di esecuzione (UE) 2019/1205 relativa alla concessione di una deroga richiesta dal Belgio con riguardo alla regione delle Fiandre, valida per quattro anni, fino al 31 dicembre 2022; Decisione di esecuzione (UE) 2018/209 relativa alla concessione di una deroga richiesta dall’Irlanda, valida per quattro anni, fino al 31 dicembre 2021;
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DIRETTIVA?
La direttiva è entrata in vigore il 19 dicembre 1991 e doveva essere recepita dalle legislazioni nazionali degli Stati membri entro il 19 dicembre 1993.
CONTESTO
L’azoto è un nutriente essenziale che aiuta le piante e le colture a crescere. Tuttavia, elevate concentrazioni sono però nocive per le persone e la natura e l’uso agricolo dei nitrati nei fertilizzanti organici e chimici può essere una fonte importante di inquinamento idrico. L’agricoltura è responsabile di oltre il 50% del totale delle immissioni di azoto nelle acque superficiali.
Per maggiori informazioni, si veda:La direttiva dell’UE sui nitrati: scheda informativa (Commissione europea) La direttiva sui nitrati (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Eutrofizzazione. L’arricchimento dell’acqua con composti azotati, che causa una crescita rapida delle alghe e di forme di vita vegetale più elevate, con conseguente indesiderabile rottura dell’equilibrio degli organismi presenti in tali acque e deterioramento della qualità delle acque in questione.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 91/676/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole (GU L 375 del 31.12.1991, pag. 1).
Modifiche successive alla direttiva 91/676/CEE sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione di esecuzione (UE) 2020/1073 della Commissione, del 17 luglio 2020, relativa alla concessione di una deroga richiesta dai Paesi Bassi a norma della direttiva 91/676/CEE del Consiglio relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole (GU L 234 del 21.7.2020, pag. 20).
Decisione di esecuzione (UE) 2020/1074 della Commissione, del 17 luglio 2020, relativa alla concessione di una deroga richiesta dalla Danimarca a norma della direttiva 91/676/CEE del Consiglio relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole (GU L 234 del 21.7.2020, pag. 29).
Decisione di esecuzione (UE) 2019/1325 della Commissione, del 27 maggio 2019, che concede una deroga richiesta dal Regno Unito con riguardo all’Irlanda del Nord a norma della direttiva 91/676/CEE del Consiglio relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole (GU L 206 del 6.8.2019, pag. 21).
Decisione di esecuzione (UE) 2019/1205 della Commissione, del 12 luglio 2019, relativa alla concessione di una deroga richiesta dal Belgio con riguardo alla regione delle Fiandre a norma della direttiva 91/676/CEE del Consiglio relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole (GU L 190 del 16.7.2019, pag. 1).
Decisione di esecuzione (UE) 2018/209 della Commissione, del 8 febbraio 2018, relativa alla concessione di una deroga richiesta dall’Irlanda a norma della direttiva 91/676/CEE del Consiglio relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole (GU L 39 del 13.2.2018, pag. 5).
Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sull’applicazione della direttiva 91/676/CEE del Consiglio relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole sulla base delle relazioni presentate dagli Stati membri per il periodo 2012-2015 [COM(2018) 257 final del 4.5.2018]. | 10,727 | 934 |
32017D2307 | false | DECISIONE (UE) 2017/2307 DEL CONSIGLIO
del 9 ottobre 2017
relativa alla conclusione dell'accordo tra l'Unione europea e la Repubblica del Cile sul commercio di prodotti biologici
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 207, paragrafo 4, primo comma, in combinato disposto con l'articolo 218, paragrafo 6, secondo comma, lettera a), punto v), e l'articolo 218, paragrafo 7,
vista la proposta della Commissione europea,
vista l'approvazione del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
A norma della decisione (UE) 2017/436 del Consiglio (2), l'accordo tra l'Unione europea e la Repubblica del Cile sul commercio di prodotti biologici («accordo») è stato firmato il 27 aprile 2017, con riserva della sua conclusione.
(2)
Nell'accordo l'Unione e la Repubblica del Cile riconoscono l'equivalenza delle rispettive norme in materia di produzione biologica e dei sistemi di controllo relativi ai prodotti biologici.
(3)
L'accordo intende promuovere il commercio di prodotti biologici, contribuendo allo sviluppo e all'espansione del settore biologico nell'Unione e nella Repubblica del Cile e raggiungendo un elevato livello di rispetto per i principi in materia di produzione biologica, di garanzia dei sistemi di controllo e di integrità dei prodotti biologici. Esso intende altresì promuovere la tutela dei rispettivi marchi biologici dell'Unione e della Repubblica del Cile e rafforzare la cooperazione normativa tra le parti sulle questioni relative alla produzione biologica.
(4)
Il comitato misto sui prodotti biologici («comitato misto»), istituito a norma dell'articolo 8, paragrafo 1, dell'accordo, tratta determinati aspetti dell'attuazione dell'accordo. In particolare, esso può modificare gli elenchi dei prodotti negli allegati I e II dell'accordo. La Commissione dovrebbe essere autorizzata a rappresentare l'Unione nel comitato misto.
(5)
La Commissione dovrebbe avere il potere di approvare, a nome dell'Unione, modifiche degli elenchi di prodotti negli allegati I e II dell'accordo, a condizione che informi i rappresentanti degli Stati membri delle modifiche che intende approvare in sede di comitato misto e fornisca ai rappresentanti degli Stati membri tutte le informazioni pertinenti che l'hanno portata a concludere che l'equivalenza possa essere accettata.
(6)
Inoltre, per consentire una reazione tempestiva laddove le condizioni per l'equivalenza non siano più soddisfatte, la Commissione dovrebbe essere autorizzata a sospendere unilateralmente il riconoscimento dell'equivalenza, a condizione che informi i rappresentanti degli Stati membri prima di farlo.
(7)
Nel caso in cui i rappresentanti degli Stati membri che costituiscono una minoranza di blocco si oppongano alla posizione presentata dalla Commissione, quest'ultima non dovrebbe essere autorizzata ad approvare modifiche degli elenchi di prodotti negli allegati I e II o a sospendere il riconoscimento dell'equivalenza. In tali casi la Commissione dovrebbe presentare una proposta di decisione del Consiglio a norma dell'articolo 218, paragrafo 9, del trattato.
(8)
È opportuno approvare l'accordo,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
1. L'accordo tra l'Unione europea e la Repubblica del Cile sul commercio di prodotti biologici è approvato a nome dell'Unione.
2. Il testo dell'accordo è accluso alla presente decisione.
Articolo 2
Il presidente del Consiglio procede, a nome dell'Unione, alla notifica prevista all'articolo 15, paragrafo 1, dell'accordo (3).
Articolo 3
La Commissione rappresenta l'Unione nel comitato misto.
Articolo 4
Le modifiche degli elecnhi di prodotti negli allegati I e II dell'accordo effettuate a norma dell'articolo 8, paragrafo 3, lettera b), dell'accordo sono approvate dalla Commissione a nome dell'Unione.
Prima di approvare tali modifiche, la Commissione informa i rappresentanti degli Stati membri circa la posizione anticipata dell'Unione, mettendo a disposizione un documento informativo che stabilisce i risultati della valutazione dell'equivalenza effettuata in merito all'elenco di prodotti nuovo o aggiornato negli allegati I o II, che comprende:
a)
l'elenco dei prodotti interessati, insieme all'indicazione dei quantitativi previsti per l'esportazione verso l'Unione;
b)
le norme di produzione applicate ai prodotti interessati nella Repubblica del Cile, con un'indicazione delle modalità con cui le differenze sostanziali rispetto alle pertinenti disposizioni dell'Unione sono state risolte;
c)
se pertinente, il sistema di controllo nuovo o aggiornato applicato ai prodotti interessati, con un'indicazione delle modalità con cui le differenze sostanziali rispetto alle pertinenti disposizioni dell'Unione sono state risolte;
d)
qualsiasi altra informazione ritenuta pertinente dalla Commissione.
Qualora un numero di rappresenatnti degli Stati membri che rappresenti una minoranza di blocco, a norma dell'articolo 238, paragrafo 3, lettera a), secondo comma, del trattato, si opponga, la Commissione presenta una proposta a norma dell'articolo 218, paragrafo 9, del trattato.
Articolo 5
Qualunque decisione dell'Unione di sospendere unilateralmente, a norma dell'articolo 3, paragrafi 4 e 5, dell'accordo, il riconoscimento dell'equivalenza delle disposizioni legislative e regolamentari di cui all'allegato IV dell'accordo, comprese le versioni aggiornate e consolidate di tali disposizioni legislative e regolamentari di cui all'allegato V dell'accordo, è adottata dalla Commissione.
Prima di adottare tale decisione, la Commissione informa i rappresentanti degli Stati membri secondo la procedura di cui all'articolo 4 della presente decisione.
Articolo 6
La presente decisione entra in vigore il 1o gennaio 2018
Fatto a Lussemburgo, il 9 ottobre 2017
Per il Consiglio
Il presidente
S. KIISLER
(1) Approvazione del 14 settembre (non ancora pubblicata nella Gazzetta Ufficiale)
(2) Decisione (UE) 2017/436 del Consiglio, del 6 marzo 2017, relativa alla firma, a nome dell'Unione europea, dell'accordo tra l'Unione europea e la Repubblica del Cile sul commercio di prodotti biologici (GU L 67 del 14.3.2017, pag. 33).
(3) La data di entrata in vigore dell'accordo sarà pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea a cura del segretariato generale del Consiglio. | Accordo UE-Cile sul commercio di prodotti biologici
QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLE DECISIONI?
L’accordo intende incoraggiare il commercio di prodotti agricoli e alimentari biologici tra l’UE e il Cile e intende essere di stimolo al settore biologico dell’Unione. Delinea un sistema di cooperazione, scambio di informazioni e risoluzione delle controversie nel settore del commercio di prodotti biologici. Gli alimenti biologici prodotti nell’UE che rientrano nell’ambito dell’accordo possono essere commercializzati in Cile senza controlli aggiuntivi. Lo stesso vale per alcuni prodotti biologici cileni nell’UE. La decisione (UE) 2017/436 sancisce la firma, mentre la decisione (UE) 2017/2307 approva l’accordo a nome dell’UE.
PUNTI CHIAVE
EquivalenzaPer quanto riguarda la produzione biologica e i sistemi di controllo ad essa associati, l’UE e il Cile riconoscono l’equivalenza (capacità di conseguire gli stessi obiettivi) delle rispettive leggi e regolamenti, nonché dei sistemi di controllo e certificazione. I prodotti interessati sono elencati negli allegati dell’accordo. L’accordo riguarda prodotti dell’UE quali:prodotti vegetali non trasformati,animali vivi,prodotti animali non trasformati (compreso il miele),prodotti di acquacoltura e alghe,prodotti agricoli trasformati per l’uso come mangimi o alimenti (compreso il vino),materiali vegetali di moltiplicazione* esemi per coltivazione. Eventuali modifiche agli elenchi dei prodotti che rientrano nell’ambito di applicazione dell’accordo sono approvate dalla Commissione europea a nome dell’UE dopo aver consultato il Cile e i paesi dell’UE.Importazione ed esportazione
Ciascuna parte accetta i prodotti elencati negli allegati dall’altra parte alle seguenti condizioni:le importazioni nell’UE devono rispettare le leggi e i regolamenti del Cile di cui all’allegato IV ed essere accompagnate da un certificato di controllo ai sensi del regolamento (CE) n. 1235/2008, un atto di esecuzione relativo agli accordi per le importazioni di prodotti biologici da paesi «terzi» (extra UE); le esportazioni verso il Cile devono rispettare le leggi e i regolamenti dell’UE di cui all’allegato III ed essere accompagnate da un certificato rilasciato da un’autorità cilena o dell’UE competente ai sensi delle norme stabilite dalla Direzione nazionale del Servizio per l’agricoltura e l’allevamento del Cile.EtichettaturaI prodotti devono rispettare i requisiti legali di etichettatura della parte importatrice e possono esibire il logo dei prodotti biologici dell’UE, del Cile o entrambi. Inoltre, i logo dei prodotti biologici attualmente in uso nell’UE e nel Cile per i loro prodotti sono protetti. Le parti si impegnano a non utilizzare in modo improprio i termini di etichettatura, compresi vocaboli derivati come «bio» ed «eco».Informazioni, relazioni e gestioneLe parti si scambiano relazioni annuali sull’applicazione dell’accordo, che comprendono:informazioni sui tipi e sulle quantità di prodotti biologici esportati nell’ambito dell’accordo;le attività di monitoraggio e supervisione effettuate dalle autorità competenti, i risultati ottenuti e le misure correttive adottate. Con un preavviso di almeno tre mesi, funzionari o esperti dell’altra parte effettuano verifiche tra pari per accertare l’applicazione dei controlli previsti dall’accordo. A un comitato misto sui prodotti biologici, composto da rappresentanti delle parti (cioè il Cile e l’UE), sono attribuite le seguenti responsabilità:gestire dell’accordo;esaminare le richieste per aggiornare o estendere l’elenco dei prodotti che rientrano nell’ambito di applicazione dell’accordo;migliorare la cooperazione in materia di leggi, regolamenti, norme e procedure di valutazione della conformità al fine di accrescere la convergenza;comporre le controversie tra le parti in materia di interpretazione o applicazione dell’accordo.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
L’accordo è entrato in vigore il 1° gennaio 2018.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Commercio di prodotti biologici (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Materiali di moltiplicazione: le parti di piante e tutti i materiali di piante destinati alla selezione, alla riproduzione e alla produzione di piante da frutto, compresi i portainnesto. Fra gli esempi vi sono i bulbi, i rizomi, ecc.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione (UE) 2017/436 del Consiglio, del 6 marzo 2017, relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica del Cile sul commercio di prodotti biologici (GU L 67 del 14.3.2017, pag. 33).
Decisione (UE) 2017/2307 del Consiglio, del 9 ottobre 2017, relativa alla conclusione dell’accordo tra l’Unione europea e la Repubblica del Cile sul commercio di prodotti biologici (GU L 331 del 14.12.2017, pag. 1).
Accordo tra l’Unione europea e la Repubblica del Cile sul commercio di prodotti biologici (GU L 331 del 14.12.2017, pag. 4).
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) n. 1235/2008 della Commissione, dell’8 dicembre 2008, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio per quanto riguarda il regime di importazione di prodotti biologici dai paesi terzi (GU L 334 del 12.12.2008, pag. 25).
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1235/2008 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio, del 28 giugno 2007, relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici e che abroga il regolamento (CEE) n. 2092/91 (GU L 189 del 20.7.2007, pag. 1).
Si veda la versione consolidata. | 3,825 | 26 |
32010L0041 | false | DIRETTIVA 2010/41/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 7 luglio 2010
sull’applicazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne che esercitano un’attività autonoma e che abroga la direttiva 86/613/CEE del Consiglio
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 157, paragrafo 3,
vista la proposta della Commissione europea,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 86/613/CEE del Consiglio, dell’11 dicembre 1986, relativa all’applicazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne che esercitano un’attività autonoma, ivi comprese le attività nel settore agricolo, e relativa altresì alla tutela della maternità (3), garantisce l’applicazione negli Stati membri del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne che esercitano un’attività autonoma o che contribuiscono all’esercizio di un’attività autonoma. Per quanto riguarda i lavoratori autonomi e i coniugi di lavoratori autonomi la direttiva 86/613/CEE non si è dimostrata molto efficace; è opportuno riconsiderare il suo ambito di applicazione poiché la discriminazione fondata sul sesso e le molestie si verificano anche al di fuori del lavoro salariato. Per ragioni di chiarezza, è opportuno sostituire la direttiva 86/613/CEE con la presente direttiva.
(2)
Nella sua comunicazione del 1o marzo 2006 dal titolo «Tabella di marcia per la parità tra donne e uomini» la Commissione ha annunciato che, per migliorare la governance sulla parità tra i generi, essa intende riesaminare la legislazione dell’Unione vigente in materia esclusa dalla rifusione del 2005, al fine di aggiornarla, modernizzarla e rifonderla, se necessario. La direttiva 86/613/CEE non è stata inclusa nella rifusione.
(3)
Nelle sue conclusioni del 5 e 6 dicembre 2007 sui «Ruoli equilibrati di uomini e donne per l’occupazione, la crescita e la coesione sociale» il Consiglio ha invitato la Commissione a tener conto della necessità di rivedere, se necessario, la direttiva 86/613/CEE, al fine di salvaguardare i diritti relativi alla condizione di madre o padre dei lavoratori autonomi e dei coniugi che li assistono.
(4)
Il Parlamento europeo ha conseguentemente invitato la Commissione a rivedere la direttiva 86/613/CEE, in particolare allo scopo di rafforzare la protezione della maternità delle lavoratrici autonome e di migliorare la situazione dei coniugi dei lavoratori autonomi.
(5)
Il Parlamento europeo ha già espresso la sua posizione al riguardo nella sua risoluzione del 21 febbraio 1997 sulla situazione dei coniugi che partecipano alle attività dei lavoratori autonomi (4).
(6)
Nella sua comunicazione del 2 luglio 2008 dal titolo «Agenda sociale rinnovata: opportunità, accesso e solidarietà nell’Europa del XXI secolo» la Commissione ha affermato la necessità di intraprendere un’azione in materia di disparità fra uomini e donne in ambito imprenditoriale e per migliorare inoltre l’armonizzazione della vita professionale con la vita privata.
(7)
Vi sono già diversi atti normativi per l’attuazione del principio della parità di trattamento in rapporto al lavoro autonomo, in particolare la direttiva 79/7/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale (5), e la direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (6). La presente direttiva non dovrebbe pertanto applicarsi a settori già disciplinati da altre direttive.
(8)
La presente direttiva fa salve le facoltà degli Stati membri di organizzare i rispettivi sistemi di protezione sociale. La competenza esclusiva degli Stati membri per quanto riguarda l’organizzazione dei rispettivi sistemi di protezione sociale comprende, fra l’altro, le decisioni relative all’istituzione, al finanziamento e alla gestione di detti sistemi e delle relative istituzioni, nonché il contenuto e l’erogazione delle prestazioni, il livello dei contributi e le condizioni di accesso.
(9)
È opportuno che la presente direttiva si applichi ai lavoratori autonomi e ai loro coniugi o, se e nella misura in cui siano riconosciuti dal diritto nazionale, ai loro conviventi, qualora questi partecipino abitualmente, alle condizioni previste dalla legislazione nazionale, alle attività dell’impresa. Al fine di migliorare la situazione dei coniugi e, se e nella misura in cui siano riconosciuti dal diritto nazionale, dei conviventi dei lavoratori autonomi, è opportuno che il loro lavoro sia riconosciuto.
(10)
La presente direttiva non dovrebbe applicarsi a questioni contemplate da altre direttive che attuano il principio della parità di trattamento tra uomini e donne, con particolare riguardo alla direttiva 2004/113/CE del Consiglio, del 13 dicembre 2004, che attua il principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l’accesso a beni e servizi e la loro fornitura (7). Resta d’applicazione, fra l’altro, l’articolo 5 della direttiva 2004/113/CE sui servizi assicurativi e sui servizi finanziari connessi.
(11)
Per evitare la discriminazione basata sul sesso, la presente direttiva dovrebbe applicarsi sia nei confronti della discriminazione diretta che di quella indiretta. Le molestie e le molestie sessuali dovrebbero essere considerate alla stregua di discriminazioni ed essere pertanto proibite.
(12)
La presente direttiva dovrebbe far salvi i diritti e gli obblighi derivanti dallo status coniugale o di famiglia, come definiti dalla legislazione nazionale.
(13)
Il principio della parità di trattamento dovrebbe contemplare i rapporti tra i lavoratori autonomi e i terzi all’interno dell’ambito di applicazione della presente direttiva, ma non i rapporti tra i lavoratori autonomi e i loro coniugi o conviventi.
(14)
Nell’ambito del lavoro autonomo l’applicazione del principio della parità di trattamento significa che non deve sussistere alcuna discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda, ad esempio, la creazione, la fornitura di attrezzature o l’ampliamento di un’impresa o l’avvio o l’ampliamento di ogni altra forma di attività autonoma.
(15)
Ai sensi dell’articolo 157, paragrafo 4, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, gli Stati membri possono mantenere o adottare misure che prevedano vantaggi specifici diretti a facilitare l’esercizio di un’attività autonoma da parte del sesso sottorappresentato ovvero a evitare o compensare svantaggi nelle carriere professionali. In linea di principio, misure quali le azioni positive dirette a realizzare un’effettiva parità tra i generi non dovrebbero essere viste come una violazione del principio giuridico della parità di trattamento tra uomini e donne.
(16)
Occorre garantire che le condizioni fissate per la costituzione di imprese tra coniugi o, se e nella misura in cui siano riconosciuti dal diritto nazionale, fra conviventi non siano più restrittive di quelle per la costituzione di una società tra altre persone.
(17)
In considerazione della loro partecipazione alle attività dell’impresa familiare, i coniugi o, se e nella misura in cui siano riconosciuti dal diritto nazionale, i conviventi dei lavoratori autonomi, che hanno accesso a un sistema di protezione sociale dovrebbero avere il diritto di beneficiare della protezione sociale. Gli Stati membri dovrebbero essere chiamati ad adottare i provvedimenti necessari per organizzare detta protezione sociale conformemente al diritto nazionale. Spetta, in particolare, agli Stati membri decidere se applicare la protezione sociale su base obbligatoria o volontaria. Gli Stati membri possono stabilire che tale protezione sociale sia proporzionale alla partecipazione alle attività del lavoratore autonomo e/o al livello di contribuzione.
(18)
La vulnerabilità economica e fisica delle lavoratrici autonome gestanti e delle coniugi gestanti e, se e nella misura in cui siano riconosciute dal diritto nazionale, delle conviventi gestanti di lavoratori autonomi impone che venga loro riconosciuto il diritto alle prestazioni di maternità. A condizione che siano rispettati i requisiti minimi della presente direttiva, gli Stati membri restano competenti per l’organizzazione di tali prestazioni, inclusa la definizione del livello di contributi e tutti gli accordi in merito a prestazioni e pagamenti. In particolare, essi possono determinare il periodo precedente e/o successivo al parto in cui è riconosciuto il diritto alle prestazioni di maternità.
(19)
La durata del periodo durante il quale sono concesse le prestazioni di maternità alle lavoratrici autonome e alle coniugi o, se e nella misura in cui siano riconosciute dal diritto nazionale, alle conviventi di lavoratori autonomi, è analoga alla durata del congedo di maternità per le lavoratrici dipendenti attualmente in vigore a livello di Unione. Qualora la durata del congedo di maternità previsto per le lavoratrici dipendenti sia modificata a livello di Unione, la Commissione dovrebbe trasmettere al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione in cui valuta se debba essere modificata anche la durata delle prestazioni di maternità per le lavoratrici autonome nonché per le coniugi e conviventi di lavoratori autonomi di cui all’articolo 2.
(20)
Per tenere conto delle specificità delle attività di lavoro autonomo, è opportuno garantire alle lavoratrici autonome e alle coniugi o, se e nella misura in cui siano riconosciute dal diritto nazionale, alle conviventi di lavoratori autonomi l’accesso ad ogni servizio di supplenza temporanea esistente che consenta loro interruzioni di attività in caso di gravidanza o per maternità, oppure ad ogni servizio sociale esistente a livello nazionale. L’accesso a tali servizi può costituire un’alternativa all’indennità di maternità oppure una parte di essa.
(21)
È opportuno che le vittime di discriminazioni fondate sul sesso dispongano di mezzi appropriati di protezione legale. Per assicurare un livello più efficace di tutela, le associazioni, le organizzazioni e altre persone giuridiche dovrebbero avere la facoltà di avviare una procedura, secondo le modalità stabilite dagli Stati membri, per conto o a sostegno delle vittime, fatte salve le norme procedurali nazionali relative alla rappresentanza e alla difesa in giudizio.
(22)
La protezione dei lavoratori autonomi e dei coniugi dei lavoratori autonomi e, se e nella misura in cui siano riconosciuti dal diritto nazionale, dei conviventi dei lavoratori autonomi, dalle discriminazioni fondate sul sesso dovrebbe essere rafforzata dall’esistenza in ciascuno Stato membro di uno o più organismi incaricati di analizzare i problemi in questione, studiare possibili soluzioni e fornire assistenza concreta alle vittime. L’organismo o gli organismi possono essere gli stessi responsabili a livello nazionale dell’attuazione del principio della parità di trattamento.
(23)
La presente direttiva stabilisce prescrizioni minime e offre quindi agli Stati membri la possibilità di adottare o mantenere disposizioni più favorevoli.
(24)
Poiché l’obiettivo dell’azione prevista, segnatamente di assicurare un elevato livello comune di protezione contro la discriminazione in tutti gli Stati membri, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque essere conseguito meglio a livello di Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Oggetto
1. La presente direttiva stabilisce un quadro per l’attuazione negli Stati membri del principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne che svolgono un’attività autonoma o che contribuiscono all’esercizio di un’attività autonoma, per gli aspetti che non sono disciplinati dalle direttive 2006/54/CE e 79/7/CEE.
2. L’attuazione del principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l’accesso a beni e servizi e la loro fornitura resta disciplinata dalla direttiva 2004/113/CE.
Articolo 2
Ambito di applicazione
La presente direttiva riguarda:
a)
i lavoratori autonomi, vale a dire chiunque eserciti, alle condizioni previste dalla legislazione nazionale, un’attività lucrativa per proprio conto;
b)
i coniugi di lavoratori autonomi o, se e nella misura in cui siano riconosciuti dal diritto nazionale, i conviventi di lavoratori autonomi non salariati né soci, che partecipino abitualmente, alle condizioni previste dalla legislazione nazionale, all’attività del lavoratore autonomo, svolgendo compiti identici o complementari.
Articolo 3
Definizioni
Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:
a)
«discriminazione diretta», situazione nella quale una persona è trattata meno favorevolmente in base al sesso di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra persona in una situazione analoga;
b)
«discriminazione indiretta», situazione nella quale una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso rispetto a persone dell’altro sesso, a meno che tali disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari;
c)
«molestie», situazione nella quale si verifica un comportamento indesiderato connesso al sesso di una persona avente lo scopo o l’effetto di violare la dignità di tale persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo;
d)
«molestie sessuali», situazione nella quale si verifica un comportamento indesiderato a connotazione sessuale, espresso in forma verbale, non verbale o fisica, avente lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una persona, in particolare attraverso la creazione di un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo.
Articolo 4
Principio della parità di trattamento
1. Il principio della parità di trattamento significa che non è fatta alcuna discriminazione fondata sul sesso nei settori pubblico o privato, né direttamente né indirettamente, ad esempio per quanto riguarda la creazione, la fornitura di attrezzature o l’ampliamento di un’impresa o l’avvio o l’ampliamento di ogni altra forma di attività autonoma.
2. Nei settori contemplati dal paragrafo 1, le molestie e le molestie sessuali sono considerate come discriminazioni fondate sul sesso e sono pertanto vietate. Il rifiuto di tali comportamenti da parte della persona o la sua sottomissione ad essi non possono essere utilizzati per una decisione che interessi la persona in questione.
3. Nei settori contemplati dal paragrafo 1, l’ordine di discriminare una persona in base al sesso è da considerarsi discriminazione.
Articolo 5
Azione positiva
Gli Stati membri possono mantenere o adottare misure ai sensi dell’articolo 157, paragrafo 4, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, allo scopo di assicurare l’effettiva e completa parità tra uomini e donne nella vita lavorativa, volte, ad esempio, a promuovere le iniziative imprenditoriali delle donne.
Articolo 6
Costituzione di una società
Fatte salve le specifiche condizioni di accesso a talune attività che si applicano ad entrambi i sessi in modo eguale, gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le condizioni per la costituzione di una società tra coniugi, o tra conviventi se e nella misura in cui siano riconosciuti dal diritto nazionale, non siano più restrittive di quelle per la costituzione di una società tra altre persone.
Articolo 7
Protezione sociale
1. Quando in uno Stato membro esiste un sistema di protezione sociale per i lavoratori autonomi, tale Stato membro adotta le misure necessarie a garantire che i coniugi e i conviventi di cui all’articolo 2, lettera b), possano beneficiare di una protezione sociale conformemente al diritto nazionale.
2. Gli Stati membri possono decidere se applicare la protezione sociale di cui al paragrafo 1 su base obbligatoria o volontaria.
Articolo 8
Prestazioni di maternità
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie a garantire che alle lavoratrici autonome e alle coniugi e conviventi di cui all’articolo 2 possa essere concessa, conformemente al diritto nazionale, un’ indennità di maternità sufficiente che consenta interruzioni nella loro attività lavorativa in caso di gravidanza o per maternità per almeno 14 settimane.
2. Gli Stati membri possono decidere se concedere l’indennità di maternità di cui al paragrafo 1 su base obbligatoria o volontaria.
3. L’indennità di cui al paragrafo 1 è ritenuta sufficiente se assicura redditi almeno equivalenti a:
a)
l’indennità che la persona interessata otterrebbe in caso di interruzione delle sue attività per motivi connessi al suo stato di salute; e/o
b)
la perdita media di reddito o di profitto in relazione ad un periodo precedente comparabile, entro i limiti di un’eventuale massimale stabilito dalla legislazione nazionale; e/o
c)
qualsiasi altra indennità connessa alla famiglia prevista dalla legislazione nazionale, entro i limiti di un eventuale massimale stabilito dalla legislazione nazionale.
4. Gli Stati membri adottano le misure necessarie a garantire che le lavoratrici autonome e le coniugi e le conviventi di cui all’articolo 2 abbiano accesso a qualsiasi servizio di supplenza temporaneo esistente o a qualsiasi servizio sociale esistente a livello nazionale. Gli Stati membri possono disporre che l’accesso a tali servizi costituisca un’alternativa all’indennità di cui al paragrafo 1 del presente articolo oppure una parte di essa.
Articolo 9
Tutela dei diritti
1. Gli Stati membri provvedono affinché tutte le persone che ritengono di aver subito una perdita o un danno a seguito della mancata applicazione nei loro confronti del principio della parità di trattamento, possano accedere, anche dopo la cessazione del rapporto che si lamenta affetto da discriminazione, a procedimenti giudiziari o amministrativi, comprese, qualora gli Stati membri lo ritengano opportuno, le procedure di conciliazione, finalizzati al rispetto degli obblighi derivanti dalla presente direttiva.
2. Gli Stati membri provvedono affinché le associazioni, le organizzazioni o altre persone giuridiche che hanno, conformemente ai criteri stabiliti dalla rispettiva legislazione nazionale, un interesse legittimo a garantire che la presente direttiva sia rispettata, possano, per conto o a sostegno della persona offesa e con l’approvazione di quest’ultima, avviare qualsiasi procedimento giudiziario o amministrativo finalizzato al rispetto degli obblighi derivanti dalla presente direttiva.
3. I paragrafi 1 e 2 fanno salve le norme nazionali relative ai termini per la presentazione di ricorsi relativi al principio della parità di trattamento.
Articolo 10
Indennizzo o risarcimento
Gli Stati membri introducono nel proprio ordinamento giuridico interno i provvedimenti necessari affinché la perdita o il danno subito dalla persona lesa a causa di una discriminazione fondata sul sesso sia realmente ed effettivamente indennizzato o risarcito secondo modalità da essi fissate, in modo dissuasivo e proporzionato rispetto alla perdita o al danno subito. Tali indennizzi o risarcimenti non sono limitati dalla fissazione a priori di un massimale.
Articolo 11
Organismi per la parità
1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie a garantire che uno o più organismi designati in conformità dell’articolo 20 della direttiva 2006/54/CE siano competenti anche per la promozione, l’analisi, il controllo e il sostegno della parità di trattamento di tutte le persone contemplate dalla presente direttiva senza discriminazioni fondate sul sesso.
2. Gli Stati membri provvedono affinché gli organismi di cui al paragrafo 1 abbiano, tra l’altro, le seguenti competenze:
a)
fornire alle vittime di discriminazioni assistenza indipendente per dare seguito alle loro denunce per discriminazione, fatto salvo il diritto delle vittime e delle associazioni, delle organizzazioni e di altre persone giuridiche di cui all’articolo 9, paragrafo 2;
b)
svolgere inchieste indipendenti in materia di discriminazione;
c)
pubblicare relazioni indipendenti e formulare raccomandazioni su ogni questione connessa a tale discriminazione;
d)
scambiare, al livello appropriato, le informazioni disponibili con gli organismi europei corrispondenti, come l’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere.
Articolo 12
Integrazione di genere
Gli Stati membri tengono attivamente conto dell’obiettivo dell’uguaglianza tra uomini e donne in sede di elaborazione e attuazione delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative, nonché delle politiche ed attività nei settori che formano oggetto della presente direttiva.
Articolo 13
Diffusione delle informazioni
Gli Stati membri provvedono affinché le disposizioni adottate a norma della presente direttiva, unitamente alle pertinenti disposizioni già in vigore in questo settore, siano portate con tutti i mezzi adeguati a conoscenza delle persone interessate in tutto il territorio nazionale.
Articolo 14
Livello di protezione
Gli Stati membri possono introdurre o mantenere disposizioni più favorevoli alla tutela del principio della parità di trattamento tra uomini e donne rispetto a quelle contenute nella presente direttiva.
L’attuazione della presente direttiva non può in alcun caso costituire motivo di riduzione del livello di protezione contro la discriminazione già garantito dagli Stati membri nei settori contemplati dalla presente direttiva.
Articolo 15
Relazioni
1. Gli Stati membri comunicano alla Commissione tutte le informazioni disponibili sull’applicazione della presente direttiva entro il 5 agosto 2015.
La Commissione redige una relazione di sintesi che presenta al Parlamento europeo e al Consiglio entro il 5 agosto 2016. Tale relazione dovrebbe tenere conto di ogni modifica giuridica concernente la durata del congedo di maternità per le lavoratrici dipendenti. Tale relazione è corredata, all’occorrenza, di proposte di modifica della presente direttiva.
2. La relazione della Commissione tiene conto delle posizioni delle parti interessate.
Articolo 16
Attuazione
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 5 agosto 2012. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.
2. Ove giustificato da difficoltà particolari, gli Stati membri possono all’occorrenza usufruire di un periodo supplementare di due anni fino al 5 agosto 2014 al fine di conformarsi all’articolo 7, nonché al fine di conformarsi all’articolo 8 per quanto riguarda le coniugi e le conviventi di cui all’articolo 2, lettera b).
3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 17
Abrogazione
La direttiva 86/613/CEE è abrogata con effetto dal 5 agosto 2012.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva.
Articolo 18
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 19
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì il 7 luglio 2010.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
J. BUZEK
Per il Consiglio
Il presidente
O. CHASTEL
(1) GU C 228 del 22.9.2009, pag. 107.
(2) Posizione del Parlamento europeo del 6 maggio 2009 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale), posizione del Consiglio in prima lettura dell’8 marzo 2010 (GU C 123 E del 12.5.2010, pag. 5) e posizione del Parlamento europeo del 18 maggio 2010.
(3) GU L 359 del 19.12.1986, pag. 56.
(4) GU C 85 del 17.3.1997, pag. 186.
(5) GU L 6 del 10.1.1979, pag. 24.
(6) GU L 204 del 26.7.2006, pag. 23.
(7) GU L 373 del 21.12.2004, pag. 37. | Attività autonoma: parità di trattamento tra gli uomini e le donne
CHE COSA FA LA DIRETTIVA?
Attua il principio della parità di trattamento tra gli uomini e le donne che esercitano un’attività autonoma.
PUNTI CHIAVE
La normativa riguarda tutti i lavoratori autonomi (chiunque eserciti un’attività lucrativa per proprio conto) e i loro coniugi o conviventi.
Parità di trattamento significa che non è fatta alcuna discriminazione fondata sul genere nei settori pubblico o privato, né direttamente* né indirettamente*. Le molestie*, sessuali* o d’altro tipo, sono considerate alla stregua di discriminazioni fondate sul sesso.
I paesi dell’UE possono adottare azioni positive, quali la promozione di iniziative imprenditoriali tra le donne, per garantire nella pratica la totale parità tra gli uomini e le donne che lavorano.
I paesi dell’UE devono garantire che:
le condizioni per la costituzione di un’impresa tra coniugi o conviventi non siano più ostiche di quelle riservate alle altre persone;
i coniugi e i conviventi possano beneficiare dei regimi nazionali di protezione sociale;
alle coniugi e conviventi lavoratrici autonome sia concessa un’indennità di maternità sufficiente per almeno 14 settimane;
chiunque ritenga che i propri diritti alla parità di trattamento non siano stati rispettati possa avere accesso a procedimenti giudiziari o amministrativi;
siano a disposizione un indennizzo o un risarcimento reale ed effettivo per eventuali perdite o danni subiti dalle persone;
gli organismi nazionali competenti abbiano l’autorità per la promozione, l’analisi, il controllo e il sostegno della parità di trattamento di tutte le persone contemplate dalla normativa;
sia applicata la parità di trattamento tra gli uomini e le donne nella redazione e nell’attuazione di leggi, regolamenti, disposizioni amministrative, politiche e attività contemplate dalla normativa;
il contenuto della normativa sia reso noto il più ampiamente possibile.
I paesi dell’UE dovevano fornire alla Commissione europea tutte le informazioni pertinenti sull’attuazione della direttiva entro il 5 agosto 2015.
La Commissione dovrà presentare una relazione, sulla base dei dati nazionali trasmessi, al Parlamento europeo e al Consiglio entro e non oltre il 5 agosto 2016.
La Commissione ha il proprio sito Internet per le imprenditrici.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
Si applica a partire dal 4 agosto 2010. I paesi dell’UE dovevano recepirla nel proprio diritto nazionale entro il 5 agosto 2012.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si veda la pagina «Impiego e formazione» sul sito Internet della Commissione europea
TERMINI CHIAVE
* Discriminazione diretta: situazione nella quale una persona è trattata meno favorevolmente a causa del genere.
* Discriminazione indiretta: situazione nella quale una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri mettono in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinato genere.
* Molestie: situazione nella quale un comportamento indesiderato viola la dignità di una persona o crea un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo.
* Molestie sessuali: comportamento indesiderato a connotazione sessuale, espresso in forma verbale, non verbale o fisica.
ATTO
Direttiva 2010/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 luglio 2010,sull’applicazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne che esercitano un’attività autonoma e che abroga la direttiva 86/613/CEE del Consiglio (GU L 180 del 15.7.2010, pag. 1-6). | 8,482 | 171 |
22001A0718(01) | false | Convenzione per l'unificazione di alcune norme relative al trasporto aereo internazionale (convenzione di Montreal)
Gazzetta ufficiale n. L 194 del 18/07/2001 pag. 0039 - 0049
(TRADUZIONE)Convenzione per l'unificazione di alcune norme relative al trasporto aereo internazionaleGLI STATI PARTI DELLA PRESENTE CONVENZIONE,RICONOSCENDO il significativo contributo che la convenzione per l'unificazione di alcune norme relative al trasporto aereo internazionale, firmata a Varsavia il 12 ottobre 1929, nel seguito denominata "convenzione di Varsavia", e gli altri strumenti collegati hanno dato all'armonizzazione del diritto privato internazionale in materia di navigazione aerea,RICONOSCENDO la necessità di adeguare e rifondere la convenzione di Varsavia e gli strumenti collegati in un unico testo,RICONOSCENDO l'importanza di tutelare gli interessi degli utenti del trasporto aereo internazionale e la necessità di garantire un equo risarcimento secondo il principio di riparazione,RIAFFERMANDO l'auspicabilità di un ordinato sviluppo delle operazioni di trasporto aereo internazionale e del regolare traffico di passeggeri, bagagli e merci in conformità con i principi e gli obiettivi della convenzione sull'aviazione civile internazionale conclusa a Chicago il 7 dicembre 1944,CONVINTI che l'azione collettiva degli Stati intesa all'ulteriore armonizzazione e codificazione di alcune norme che regolano il trasporto aereo internazionale per mezzo di una nuova convenzione rappresenti il mezzo più idoneo a realizzare il giusto equilibrio degli interessi,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:CAPO IDISPOSIZIONI GENERALIArticolo 1Campo di applicazione1. La presente convenzione si applica ad ogni trasporto internazionale di persone, bagagli o merci, effettuato con aeromobile a titolo oneroso. Essa si applica altresì ai trasporti con aeromobile effettuati a titolo gratuito da un'impresa di trasporto aereo.2. Ai fini della presente convenzione l'espressione trasporto internazionale indica ogni trasporto in cui, a seguito di accordo tra le parti, il luogo di partenza e il luogo di arrivo, che vi sia o no interruzione di trasporto o trasbordo, sono situati o sul territorio di due Stati parti o sul territorio di un medesimo Stato parte qualora sia previsto uno scalo sul territorio di un altro Stato, anche se tale Stato non è uno Stato parte. Ai fini della presente convenzione non si considera trasporto internazionale il trasporto tra due punti del territorio di un medesimo Stato parte senza scalo concordato sul territorio di un altro Stato.3. Ai fini della presente convenzione il trasporto effettuato da più vettori successivi si presume costituire un unico trasporto qualora le parti lo abbiano considerato come un'unica operazione, indipendentemente dal fatto che sia stato stipulato per mezzo di un unico contratto o per mezzo di più contratti e il suo carattere internazionale non viene meno per il solo fatto che un contratto o più contratti debbano essere eseguiti integralmente sul territorio di un medesimo Stato.4. La presente convenzione si applica anche al trasporto di cui al capitolo V, fatte salve le disposizioni ivi previste.Articolo 2Trasporto effettuato dallo Stato e trasporto di effetti postali1. La presente convenzione si applica al trasporto effettuato dallo Stato o da altre persone giuridiche di diritto pubblico sempreché ricorrano le condizioni di cui all'articolo 1.2. Nel trasporto di effetti postali il vettore è responsabile unicamente nei confronti dell'amministrazione postale competente conformemente alle norme applicabili nei rapporti tra i vettori e le amministrazioni postali.3. Salvo quanto disposto al paragrafo 2, le disposizioni della presente convenzione non si applicano al trasporto di effetti postali.CAPO IIDOCUMENTAZIONE E OBBLIGHI DELLE PARTI IN MATERIA DI TRASPORTO DI PASSEGGERI, BAGAGLI E MERCIArticolo 3Passeggeri e bagagli1. In occasione del trasporto di passeggeri deve essere rilasciato un titolo di trasporto individuale o collettivo contenente:a) l'indicazione dei punti di partenza e di destinazione;b) se i punti di partenza e di destinazione sono situati sul territorio di un medesimo Stato parte e se sono previsti uno o più scali sul territorio di un altro Stato, l'indicazione di uno di tali scali.2. In sostituzione del titolo di trasporto di cui al paragrafo 1 è ammesso l'impiego di qualsiasi altro mezzo che attesti le indicazioni ivi menzionate. Qualora venga utilizzato uno qualsiasi degli altri mezzi il vettore dovrà offrirsi di rilasciare al passeggero una dichiarazione scritta contenente le indicazioni in esso registrate.3. Il vettore rilascia al passeggero uno scontrino identificativo per ogni bagaglio consegnato.4. Al passeggero deve essere consegnato un avviso scritto nel quale sia specificato che la responsabilità del vettore per morte o lesione, per distruzione, perdita o deterioramento del bagaglio o per ritardo è soggetta alla presente convenzione, qualora applicabile.5. L'inosservanza delle disposizioni di cui ai paragrafi precedenti non pregiudica l'esistenza né la validità del contratto di trasporto, il quale resta comunque soggetto alle norme della presente convenzione, ivi comprese quelle concernenti la limitazione della responsabilità.Articolo 4Merci1. Per il trasporto di merci viene emessa una lettera di trasporto aereo.2. In sostituzione della lettera di trasporto aereo è ammesso l'impiego di qualsiasi altro mezzo che attesti le indicazioni relative al trasporto da eseguire. Qualora venga utilizzato uno di tali mezzi il vettore rilascia al mittente, a richiesta di quest'ultimo, una ricevuta di carico che permetta l'identificazione della spedizione e l'accesso alle indicazioni in esso registrate.Articolo 5Contenuto della lettera di trasporto aereo o della ricevuta di caricoLa lettera di trasporto aereo o la ricevuta di carico devono contenere:a) l'indicazione dei punti di partenza e di destinazione;b) quando i punti di partenza e di destinazione sono situati sul territorio di un medesimo Stato parte e siano previsti uno o più scali sul territorio di un altro Stato, l'indicazione di uno di tali scali;c) l'indicazione del peso della spedizione.Articolo 6Documento relativo alla natura della merceSe necessario all'espletamento delle formalità doganali, di polizia o imposte da autorità pubbliche analoghe, il mittente può essere tenuto a presentare un documento che specifichi la natura della merce. Questa disposizione non fa sorgere in capo al vettore alcun dovere, obbligo o conseguente responsabilità.Articolo 7Descrizione della lettera di trasporto aereo1. La lettera di trasporto aereo viene emessa dal mittente in tre esemplari originali.2. Il primo originale porta l'indicazione "per il vettore" e viene firmato dal mittente. Il secondo originale porta l'indicazione "per il destinatario" e viene firmato dal mittente e dal vettore. Il terzo originale è firmato dal vettore e da questo consegnato al mittente dopo aver preso in consegna la merce.3. La firma del vettore e quella del mittente possono essere stampate o sostituite da un timbro.4. Se, a richiesta del mittente, il vettore emette la lettera di trasporto aereo, si considera, sino a prova contraria, che egli abbia agito in nome del mittente.Articolo 8Documentazione per colli multipliQuando vi sono più colli:a) il vettore ha il diritto di chiedere al mittente di emettere lettere di trasporto aereo distinte;b) il mittente ha il diritto di chiedere al vettore di rilasciargli ricevute di carico distinte quando vengano utilizzati gli altri mezzi di cui all'articolo 4, paragrafo 2.Articolo 9Inosservanza delle disposizioni relative alla documentazioneL'inosservanza delle disposizioni degli articoli 4, 5, 6, 7 e 8 non pregiudica l'esistenza né la validità del contratto di trasporto, il quale resta comunque soggetto alle norme della presente convenzione, ivi comprese quelle concernenti la limitazione della responsabilità.Articolo 10Responsabilità per le indicazioni contenute nella documentazione1. Il mittente è responsabile dell'esattezza delle indicazioni e delle dichiarazioni relative alla merce inserite da lui o in suo nome nella lettera di trasporto aereo, nonché di quelle fornite da lui o in suo nome al vettore perché siano inserite nella ricevuta di carico o per la registrazione con gli altri mezzi di cui all'articolo 4, paragrafo 2. Quanto disposto nel presente articolo si applica anche quando la persona che agisce in nome del mittente sia anche l'agente del vettore.2. Il mittente risponde di ogni danno subito dal vettore o da ogni altra persona nei cui confronti questi sia responsabile a motivo delle indicazioni e dichiarazioni irregolari, inesatte o incomplete fornite da lui o in suo nome.3. Salvo quanto disposto ai paragrafi 1 e 2, il vettore risponde di ogni danno subito dal mittente o da ogni altra persona nei cui confronti questi sia responsabile a motivo delle indicazioni e dichiarazioni irregolari, inesatte o incomplete inserite da lui o in suo nome nella ricevuta di carico o nei dati registrati con gli altri mezzi di cui all'articolo 4, paragrafo 2.Articolo 11Efficacia probatoria della documentazione1. La lettera di trasporto aereo o la ricevuta di carico fanno fede, sino a prova contraria, della conclusione del contratto, della presa in consegna della merce e delle condizioni di trasporto che vi figurano.2. Le dichiarazioni contenute nella lettera di trasporto aereo o nella ricevuta di carico, relative al peso, alle dimensioni ed all'imballaggio della merce, nonché al numero dei colli, fanno fede sino a prova contraria. Quelle relative alla quantità, al volume e allo stato della merce non costituiscono prova contro il vettore a meno che siano state verificate dal vettore stesso alla presenza del mittente, e la verifica consti dalla lettera di trasporto aereo o dalla ricevuta di carico, ovvero si riferiscano allo stato apparente della merce.Articolo 12Diritto di disporre della merce1. Il mittente ha il diritto, a condizione di adempiere a tutti gli obblighi risultanti dal contratto di trasporto, di disporre della merce, sia ritirandola all'aeroporto di partenza o di destinazione, sia facendola sostare in corso di rotta in caso di atterraggio, sia ordinandone la consegna nel luogo di destinazione o in corso di rotta ad un destinatario diverso da quello originariamente indicato, sia chiedendone la restituzione all'aeroporto di partenza, purché l'esercizio di tale diritto non rechi pregiudizio né al vettore, né agli altri mittenti, salvo l'obbligo di rimborsare le spese che ne risultino.2. Se l'esecuzione delle istruzioni del mittente non risulti possibile, il vettore deve prontamente informarne quest'ultimo.3. Il vettore che ottempera alle istruzioni del mittente senza esigere la presentazione dell'originale della lettera di trasporto aereo o della ricevuta di carico rilasciata a quest'ultimo risponde per ogni danno che ne derivi a chiunque sia regolarmente in possesso della lettera di trasporto aereo o della ricevuta di carico, salvo il diritto di agire in regresso verso il mittente.4. Il diritto del mittente cessa nel momento in cui inizia quello del destinatario, conformemente all'articolo 13. Tuttavia, se il destinatario rifiuta la merce o se risulta irreperibile, il mittente riacquista il proprio diritto di disporre della merce.Articolo 13Consegna della merce al destinatario1. Salvo il caso in cui il mittente abbia esercitato il diritto che gli deriva dall'articolo 12, il destinatario può, dal momento dell'arrivo della merce nel punto di destinazione, richiedere al vettore la consegna della merce verso pagamento degli importi dovuti e previa esecuzione delle condizioni di trasporto.2. Salvo diverso accordo tra le parti, è obbligo del vettore avvertire il destinatario al momento dell'arrivo della merce.3. Se la perdita della merce venga riconosciuta dal vettore o se, decorsi sette giorni dalla data in cui sarebbe dovuta arrivare, la merce non è ancora giunta a destinazione, il destinatario può far valere nei confronti del vettore i diritti nascenti dal contratto di trasporto.Articolo 14Tutela dei diritti del mittente e del destinatarioIl mittente e il destinatario possono far valere tutti i diritti che sono loro conferiti rispettivamente dagli articoli 12 e 13, ciascuno in proprio nome, sia che agiscano per proprio conto che per conto altrui, a condizione di adempiere gli obblighi derivanti dal contratto di trasporto.Articolo 15Rapporti tra il mittente e il destinatario o rapporti reciproci tra terzi1. Gli articoli 12, 13 e 14 lasciano impregiudicati i rapporti tra il mittente e il destinatario, come pure i rapporti reciproci tra terzi i cui diritti derivino dal mittente o dal destinatario.2. Ogni deroga alle disposizioni degli articoli 12, 13 e 14 deve essere espressamente indicata nella lettera di trasporto aereo o nella ricevuta di carico.Articolo 16Formalità doganali, di polizia o imposte da altre autorità pubbliche1. Il mittente è tenuto a fornire le informazioni e i documenti che sono necessari all'espletamento delle formalità doganali, di polizia o imposte da altre autorità pubbliche prima della consegna della merce al destinatario. Il mittente è responsabile nei confronti del vettore di tutti i danni derivanti dalla omissione, irregolarità o inesattezza di tali informazioni o documenti, salvo che il danno sia imputabile al vettore ovvero ai suoi dipendenti o incaricati.2. Il vettore non è tenuto a verificare l'esattezza e la completezza delle informazioni e dei documenti.CAPO IIIRESPONSABILITÀ DEL VETTORE ED ENTITÀ DEL RISARCIMENTO PER DANNIArticolo 17Morte e lesione dei passeggeri - Danni ai bagagli1. Il vettore è responsabile del danno derivante dalla morte o dalla lesione personale subita dal passeggero per il fatto stesso che l'evento che ha causato la morte o la lesione si è prodotto a bordo dell'aeromobile o nel corso di una qualsiasi delle operazioni di imbarco o di sbarco.2. Il vettore è responsabile del danno derivante dalla distruzione, perdita o deterioramento dei bagagli consegnati, per il fatto stesso che l'evento che ha causato la distruzione, la perdita o il deterioramento si è prodotto a bordo dell'aeromobile oppure nel corso di qualsiasi periodo durante il quale il vettore aveva in custodia i bagagli consegnati. Tuttavia la responsabilità del vettore è esclusa se e nella misura in cui il danno derivi esclusivamente dalla natura dei bagagli o da difetto o vizio intrinseco. Nel caso di bagagli non consegnati, compresi gli oggetti personali, il vettore è responsabile qualora il danno derivi da sua colpa ovvero da colpa dei suoi dipendenti o incaricati.3. Se il vettore riconosce la perdita del bagaglio consegnato, ovvero qualora il bagaglio consegnato non sia ancora giunto a destinazione entro ventuno giorni dalla data prevista, il passeggero può far valere nei confronti del vettore i diritti che gli derivano dal contratto di trasporto.4. Salvo diversa disposizione, nella presente convenzione il termine "bagagli" indica sia i bagagli consegnati che quelli non consegnati.Articolo 18Danni alla merce1. Il vettore è responsabile del danno risultante dalla distruzione, perdita o deterioramento della merce per il fatto stesso che l'evento che ha causato il danno si è prodotto nel corso del trasporto aereo.2. Tuttavia, il vettore non è responsabile se dimostra che la distruzione, la perdita o il deterioramento della merce deriva esclusivamente da uno o più dei fatti seguenti:a) difetto, natura o vizio intrinseco della merce;b) imballaggio difettoso della merce effettuato da persona diversa dal vettore o dai suoi dipendenti o incaricati;c) un evento bellico o un conflitto armato;d) un atto dell'autorità pubblica compiuto in relazione all'entrata, uscita o transito della merce.3. Il trasporto aereo ai sensi del paragrafo 1 comprende il periodo nel corso del quale la merce si trova sotto la custodia del vettore.4. Il periodo del trasporto aereo non comprende alcun trasporto terrestre, marittimo o fluviale effettuato al di fuori di un aerodromo. Tuttavia, quando un tale trasporto venga effettuato in esecuzione del contratto di trasporto aereo al fine del carico, della consegna o del trasbordo, si presume, salvo prova contraria, che qualsiasi danno risulti da un evento intervenuto nel corso del trasporto aereo. Se il vettore, senza il consenso del mittente, esegue il trasporto in tutto o in parte con un mezzo diverso da quello aereo concordato dalle parti, tale trasporto si presume effettuato nel corso del trasporto aereo.Articolo 19RitardoIl vettore è responsabile del danno derivante da ritardo nel trasporto aereo di passeggeri, bagagli o merci. Tuttavia il vettore non è responsabile per i danni da ritardo se dimostri che egli stesso e i propri dipendenti e incaricati hanno adottato tutte le misure necessarie e possibili, secondo la normale diligenza, per evitare il danno oppure che era loro impossibile adottarle.Articolo 20EsoneroIl vettore, qualora dimostri che la persona che chiede il risarcimento o il suo avente causa ha provocato il danno o vi ha contributo per negligenza, atto illecito o omissione, è esonerato in tutto o in parte dalle proprie responsabilità nei confronti dell'istante, nella misura in cui la negligenza o l'atto illecito o l'omissione ha provocato il danno o vi ha contribuito. Allorché la richiesta di risarcimento viene presentata da persona diversa dal passeggero, a motivo della morte o della lesione subita da quest'ultimo, il vettore è parimenti esonerato in tutto o in parte dalle sue responsabilità nella misura in cui dimostri che tale passeggero ha provocato il danno o vi ha contribuito per negligenza, atto illecito o omissione. Questo articolo si applica a tutte le norme in tema di responsabilità contenute nella presente convenzione, compreso l'articolo 21, paragrafo 1.Articolo 21Risarcimento in caso di morte o lesione del passeggero1. Per i danni di cui all'articolo 17, paragrafo 1, che non eccedano i 100000 diritti speciali di prelievo per passeggero, il vettore non può escludere né limitare la propria responsabilità.2. Il vettore non risponde dei danni di cui all'articolo 17, paragrafo 1 che eccedano i 100000 diritti speciali di prelievo per passeggero qualora dimostri che:a) il danno non è dovuto a negligenza, atto illecito o omissione propria o dei propri dipendenti o incaricati oppure cheb) il danno è dovuto esclusivamente a negligenza, atto illecito o omissione di terzi.Articolo 22Limitazioni di responsabilità per ritardo, per il bagaglio e per le merci1. Nel trasporto di persone, in caso di danno da ritardo, così come specificato all'articolo 19, la responsabilità del vettore è limitata alla somma di 4150 diritti speciali di prelievo per passeggero.2. Nel trasporto di bagagli, la responsabilità del vettore in caso di distruzione, perdita, deterioramento o ritardo è limitata alla somma di 1000 diritti speciali di prelievo per passeggero, salvo dichiarazione speciale di interesse alla consegna a destinazione effettuata dal passeggero al momento della consegna al vettore del bagaglio, dietro pagamento di un'eventuale tassa supplementare. In tal caso il vettore sarà tenuto al risarcimento sino a concorrenza della somma dichiarata, a meno che egli non dimostri che tale somma è superiore all'interesse reale del mittente alla consegna a destinazione.3. Nel trasporto di merci, la responsabilità del vettore in caso di distruzione, perdita, deterioramento o ritardo è limitata alla somma di 17 diritti speciali di prelievo per chilogrammo, salvo dichiarazione speciale di interesse alla consegna a destinazione, effettuata dal mittente al momento della consegna del collo al vettore, dietro pagamento di un'eventuale tassa supplementare. In tal caso il vettore sarà tenuto al risarcimento sino a concorrenza della somma dichiarata, a meno che egli non dimostri che tale somma è superiore all'interesse reale del mittente alla consegna a destinazione.4. In caso di distruzione, perdita, deterioramento o ritardo di una parte delle merci o di qualsiasi oggetto in esse contenuto, per determinare il limite di responsabilità del vettore si tiene esclusivamente conto del peso totale del collo o dei colli interessati. Tuttavia, allorché la distruzione, la perdita, il deterioramento o il ritardo di una parte delle merci, o di un oggetto in esse contenuto, pregiudichi il valore di altri colli coperti dalla stessa lettera di trasporto aereo o dalla stessa ricevuta di carico o, qualora tali documenti non siano stati rilasciati, dalla stessa registrazione con altri mezzi di cui all'articolo 4, paragrafo 2, ai fini della determinazione del limite di responsabilità si deve altresì tener conto del peso totale di tali altri colli.5. Le disposizioni dei paragrafi 1 e 2 non si applicano qualora venga dimostrato che il danno deriva da un atto o omissione del vettore, dei suoi dipendenti o incaricati, compiuto con l'intenzione di provocare un danno o temerariamente e con la consapevolezza che probabilmente ne deriverà un danno, sempreché, nel caso di atto o omissione di dipendenti o incaricati, venga anche fornita la prova che costoro hanno agito nell'esercizio delle loro funzioni.6. I limiti previsti dall'articolo 21 e dal presente articolo non ostano alla facoltà del tribunale di riconoscere all'attore, in conformità del proprio ordinamento interno, un'ulteriore somma corrispondente in tutto o in parte alle spese processuali e agli altri oneri da questi sostenuti in relazione alla controversia, maggiorate degli interessi. La disposizione precedente non si applica quando l'ammontare del risarcimento accordato, escluse le spese processuali e gli altri oneri relativi alla controversia, non supera la somma che il vettore ha offerto per iscritto all'attore entro sei mesi dalla data in cui si è verificato l'evento che ha provocato il danno, o prima della presentazione della domanda giudiziale, qualora questa sia successiva.Articolo 23Conversione delle unità monetarie1. Le somme espresse in diritti speciali di prelievo nella presente convenzione si intendono riferite al diritto speciale di prelievo quale definito dal Fondo monetario internazionale. La conversione di tali somme nelle monete nazionali si effettuerà, in caso di procedimento giudiziario, secondo il valore di tali monete in diritti speciali di prelievo alla data della sentenza. Il valore in diritti speciali di prelievo di una moneta nazionale di uno Stato parte che sia membro del Fondo monetario internazionale è calcolato secondo il metodo di calcolo applicato alla data della sentenza dal Fondo stesso per le proprie operazioni e transazioni. Il valore in diritti speciali di prelievo di una moneta nazionale di uno Stato parte che non sia membro del Fondo monetario internazionale è calcolato secondo il metodo indicato dallo stesso Stato parte.2. Tuttavia, gli Stati che non sono membri del Fondo monetario internazionale e il cui ordinamento non consenta l'applicazione delle disposizioni di cui al paragrafo 1 possono, al momento della ratifica o dell'adesione o in ogni momento successivo, dichiarare che nei procedimenti giudiziari sul loro territorio il limite di responsabilità del vettore di cui all'articolo 21 è fissato nella somma di 1500000 unità monetarie per passeggero; in 62500 unità monetarie per passeggero in relazione al paragrafo 1 dell'articolo 22; in 15000 unità monetarie per passeggero in relazione al paragrafo 2 dell'articolo 22 e in 250 unità monetarie per chilogrammo in relazione al paragrafo 3 dell'articolo 22. Tale unità monetaria corrisponde a sessantacinque milligrammi e mezzo di oro puro al titolo di novecento millesimi. Tali somme possono essere convertite in cifra tonda nella moneta nazionale in questione. La conversione di tali somme in moneta nazionale è effettuata conformemente alla legislazione dello Stato interessato.3. Il metodo di calcolo indicato nell'ultima frase del paragrafo 1 e il metodo di conversione illustrato nel paragrafo 2 saranno applicati in maniera tale da esprimere nella moneta nazionale dello Stato parte, nella misura del possibile, lo stesso valore reale, per le somme di cui agli articoli 21 e 22, che risulterebbe dall'applicazione delle prime tre frasi del paragrafo 1. Gli Stati parti comunicheranno al depositario della presente convenzione, a seconda dei casi, il metodo di calcolo adottato in applicazione del paragrafo 1 o il risultato della conversione di cui al paragrafo 2, al momento del deposito dello strumento di ratifica, accettazione, approvazione o adesione alla presente convenzione e ogni qualvolta uno di essi venga modificato.Articolo 24Revisione dei limiti1. Salvo quanto disposto dall'articolo 25 e dal paragrafo 2 del presente articolo, i limiti di responsabilità previsti dagli articoli 21, 22 e 23 saranno aggiornati dal depositario ad intervalli di cinque anni, la prima di tali revisioni avendo luogo alla scadenza di cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente convenzione, o qualora la convenzione non sia entrata in vigore entro cinque anni dalla data in cui sarà stata aperta alla firma, entro il primo anno dall'entrata in vigore, facendo riferimento ad un fattore di inflazione costituito dal tasso di inflazione cumulato dalla precedente revisione, o in occasione della prima revisione, a partire dalla data di entrata in vigore della convenzione. Per la determinazione del fattore di inflazione si farà ricorso al tasso di inflazione dato dalla media ponderata dei tassi annui di incremento o di diminuzione degli indici dei prezzi al consumo degli Stati le cui monete concorrono a formare i diritti speciali di prelievo di cui al paragrafo 1 dell'articolo 23.2. Se nel corso della revisione di cui al paragrafo 2 si constati che il fattore di inflazione supera il 10 per cento, il depositario procederà a notificare agli Stati parti la revisione dei limiti di responsabilità. La revisione entra in vigore dopo sei mesi dalla data della notifica agli Stati parti. Se, entro tre mesi dalla notifica agli Stati parti, la maggioranza degli Stati parti si dichiari contraria, la revisione non entrerà in vigore e il depositario rinvierà la questione all'esame di una riunione degli Stati parti. Il depositario procederà all'immediata notifica a tutti gli Stati parti dell'entrata in vigore di ogni revisione.3. Salvo quanto disposto al paragrafo 1, la procedura di cui al paragrafo 2 si applica ogni qualvolta ne faccia richiesta un terzo degli Stati parti e qualora il fattore di inflazione di cui al paragrafo 1 sia aumentato del 30 per cento dalla precedente revisione ovvero, in assenza di una precedente revisione, dalla data di entrata in vigore della presente convenzione. Revisioni successive secondo la procedura descritta al paragrafo 1 verranno effettuate ad intervalli di cinque anni a partire dalla fine del quinto anno successivo alla data delle revisioni di cui al presente paragrafo.Articolo 25Clausola sui limitiNel contratto di trasporto il vettore può stipulare limiti di responsabilità superiori a quelli previsti dalla presente convenzione ovvero nessun limite di responsabilità.Articolo 26Nullità delle clausole contrattualiÈ nulla ogni clausola contrattuale intesa ad escludere la responsabilità del vettore o a fissare un limite inferiore a quello previsto nella presente convenzione. La nullità di detta clausola non determina tuttavia la nullità dell'intero contratto, il quale rimane soggetto alle disposizioni della presente convenzione.Articolo 27Autonomia contrattualeNessuna disposizione della presente convenzione impedisce al vettore di rifiutare la conclusione di un contratto di trasporto o di rinunciare ad uno dei mezzi di tutela da essa contemplati ovvero di stipulare condizioni che non siano in contrasto con essa.Articolo 28Anticipi di pagamentoIn caso di incidente aereo che provochi la morte o la lesione del passeggero, il vettore, se vi è tenuto dalla propria legislazione nazionale, provvede senza indugio agli anticipi di pagamento a favore della persona o delle persone fisiche aventi diritto al risarcimento per far fronte alle loro immediate necessità economiche. Un anticipo di pagamento non costituisce riconoscimento di responsabilità e può essere detratto da qualsiasi ulteriore importo successivamente pagato dal vettore a titolo di risarcimento.Articolo 29Fondamento della richiesta risarcitoriaNel trasporto di passeggeri, bagaglio e merci, ogni azione di risarcimento per danni promossa a qualsiasi titolo in base alla presente convenzione o in base a un contratto o ad atto illecito o per qualsiasi altra causa, può essere esercitata unicamente alle condizioni e nei limiti di responsabilità previsti dalla presente convenzione, fatta salva la determinazione delle persone legittimate ad agire e dei loro rispettivi diritti. Tale azione non dà luogo ad alcuna riparazione a titolo punitivo, esemplare o comunque non risarcitorio.Articolo 30Dipendenti, incaricati risarcimento complessivo1. Se l'azione di risarcimento è promossa nei confronti di un dipendente o un incaricato del vettore per un danno contemplato nella presente convenzione, tale dipendente o incaricato, ove dimostri di aver agito nell'esercizio delle sue funzioni, può far valere le condizioni e i limiti di responsabilità invocabili dal vettore stesso in virtù della presente convenzione.2. L'ammontare totale del risarcimento pagato dal vettore e dai suoi dipendenti e incaricati non può superare i predetti limiti.3. Le disposizioni dei paragrafi 1 e 2 non si applicano al trasporto di merci qualora venga dimostrato che il danno deriva da un atto o da una omissione del dipendente o dell'incaricato commessi o con l'intenzione di provocare un danno o temerariamente e con la consapevolezza che probabilmente ne deriverà un danno.Articolo 31Termini per la presentazione dei reclami1. Il ricevimento senza riserve del bagaglio consegnato o della merce da parte della persona avente diritto alla consegna costituisce, salvo prova contraria, presunzione che gli stessi sono stati consegnati in buono stato e conformemente al titolo di trasporto o alle registrazioni con altri mezzi di cui all'articolo 3, paragrafo 2, e all'articolo 4, paragrafo 2.2. In caso di danno, la persona avente diritto alla consegna deve, appena constatato il danno, presentare reclamo al vettore immediatamente e comunque entro sette giorni dalla data del ricevimento, in caso di bagaglio consegnato, ed entro quattordici giorni dalla data di ricevimento, in caso di merce. In caso di ritardo, il reclamo deve essere inoltrato entro ventuno giorni dalla data in cui il bagaglio o la merce sono stati messi a sua disposizione.3. Il reclamo deve avere forma scritta ed essere presentato o inviato entro i predetti termini.4. In mancanza di reclamo nei predetti termini, si estinguono le azioni nei confronti del vettore, salvo in caso di frode da parte di quest'ultimo.Articolo 32Morte della persona responsabileIn caso di morte della persona responsabile, l'azione per il risarcimento del danno si esercita, entro i limiti previsti dalla presente convenzione, nei confronti dei suoi aventi causa.Articolo 33Competenza giurisdizionale1. L'azione per il risarcimento del danno è promossa, a scelta dell'attore, nel territorio di uno degli Stati parti, o davanti al tribunale del domicilio del vettore o della sede principale della sua attività o del luogo in cui esso possiede un'impresa che ha provveduto a stipulare il contratto, o davanti al tribunale del luogo di destinazione.2. In caso di danno derivante dalla morte o dalla lesione del passeggero, l'azione di risarcimento può essere promossa dinanzi ad uno dei tribunali di cui al paragrafo 1 oppure nel territorio dello Stato parte nel quale al momento dell'incidente il passeggero ha la sua residenza principale e permanente e dal quale e verso il quale il vettore svolge il servizio di trasporto aereo di passeggeri, sia con propri aeromobili che con aeromobili di proprietà di un altro vettore in virtù di un accordo commerciale, e nel quale il vettore esercita la propria attività di trasporto aereo di passeggeri in edifici locati o di proprietà dello stesso vettore o di un altro vettore con il quale egli ha un accordo commerciale.3. Ai fini del paragrafo 2:a) "accordo commerciale" indica un accordo, diverso dall'accordo di agenzia, concluso tra vettori e relativo alla fornitura di servizi comuni per il trasporto aereo di passeggeri;b) "residenza principale e permanente" indica il luogo in cui, al momento dell'incidente, il passeggero ha fissa e permanente dimora. La nazionalità del passeggero non costituisce l'elemento determinante a tale scopo.4. Si applicano le norme procedurali del tribunale adito.Articolo 34Arbitrato1. Salvo quanto disposto dal presente articolo, le parti di un contratto di trasporto di merci possono stipulare che ogni controversia in tema di responsabilità del vettore ai sensi della presente convenzione venga risolta tramite arbitrato. Tale accordo deve avere forma scritta.2. La procedura arbitrale avrà luogo, a scelta dell'attore, nell'ambito di una delle giurisdizioni individuate all'articolo 33.3. L'arbitro o il tribunale arbitrale deve applicare le disposizioni della presente convenzione.4. Le disposizioni di cui ai paragrafi 2 e 3 si presumono far parte di ogni clausola o accordo arbitrale. Ogni condizione stabilita in tale clausola o accordo che sia in contrasto con tali disposizioni è nulla e priva di effetto.Articolo 35Prescrizione1. Il diritto al risarcimento per danni si prescrive nel termine due anni decorrenti dal giorno di arrivo a destinazione o dal giorno previsto per l'arrivo a destinazione dell'aeromobile o dal giorno in cui il trasporto è stato interrotto.2. Il metodo di calcolo del periodo di prescrizione è determinato in conformità dell'ordinamento del tribunale adito.Articolo 36Trasporto successivo1. Nei casi di trasporto ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 3, da eseguire da diversi vettori successivi, ogni vettore che accetta passeggeri, bagaglio e merci è soggetto alle disposizioni della presente convenzione ed è considerato parte del contratto di trasporto per quella parte del trasporto effettuata sotto il suo controllo.2. In caso di trasporto di tal genere, il passeggero o i suoi aventi diritto possono agire soltanto nei confronti del vettore che ha effettuato il trasporto nel corso del quale l'incidente o il ritardo si sono verificati, salvo il caso in cui, per accordo espresso, il primo vettore si sia assunto la responsabilità dell'intero viaggio.3. Nel caso di bagaglio o di merci, il passeggero o il mittente ha diritto di agire nei confronti del primo vettore, e il passeggero o il destinatario ha il diritto di agire nei confronti dell'ultimo vettore, e inoltre entrambi potranno agire contro il vettore che ha effettuato il trasporto nel corso del quale si sono verificati la distruzione, la perdita, il deterioramento o il ritardo. I vettori sono responsabili singolarmente e solidalmente nei confronti del passeggero o del mittente o del destinatario.Articolo 37Regresso nei confronti di terziNessuna disposizione della convenzione impedisce alla persona responsabile del danno ai sensi della presente convenzione di ricorrere contro qualsiasi altra persona.CAPO IVTRASPORTO COMBINATOArticolo 38Trasporto combinato1. Nel caso di trasporti combinati, effettuati in parte per via area ed in parte con altre modalità di trasporto, le disposizioni della presente convenzione, salvo quanto previsto dall'articolo 18, paragrafo 4, si applicano solo al trasporto aereo sempreché esso rientri nella previsione dell'articolo 1.2. Nel caso di trasporto combinato, nulla nella presente convenzione vieta alle parti di inserire nel titolo di trasporto aereo condizioni relative alle altre modalità di trasporto, purché per quanto attiene al trasporto aereo vengano rispettate le disposizioni della presente convenzione.CAPO VTRASPORTO AEREO EFFETTUATO DA PERSONA DIVERSA DAL VETTORE CONTRATTUALEArticolo 39Vettore contrattuale vettore di fattoLe disposizioni del presente Capitolo si applicano nel caso in cui un soggetto (qui appresso denominato "il vettore contrattuale") conclude in nome proprio un contratto di trasporto, retto dalla presente convenzione, con un passeggero o un mittente o con persona agente in nome del passeggero o del mittente e un altro soggetto (qui appresso denominato "il vettore di fatto") effettua, in virtù dell'autorità conferitagli dal vettore contrattuale, in tutto o in parte il trasporto, pur non costituendo relativamente a tale parte un vettore successivo ai sensi della presente convenzione. Tale autorità si presume esistere fino a prova contraria.Articolo 40Responsabilità rispettive del vettore contrattuale e del vettore di fattoSalvo disposizione contraria del presente capitolo, quando un vettore di fatto effettua, in tutto o in parte, un trasporto che, in virtù del contratto di cui all'articolo 39, è retto dalla presente convenzione, sia il vettore contrattuale che il vettore di fatto sono soggetti alle disposizioni della presente convenzione, il primo per l'intero trasporto contemplato nel contratto, il secondo per la parte da lui eseguita.Articolo 41Responsabilità reciproca1. Gli atti e omissioni del vettore di fatto e dei suoi dipendenti e incaricati, compiuti nell'esercizio delle loro funzioni, concernenti il trasporto eseguito dal vettore di fatto, sono parimenti considerati come atti e omissioni del vettore contrattuale.2. Gli atti e omissioni del vettore contrattuale e dei suoi dipendenti e incaricati compiuti nell'esercizio delle loro funzioni, concernenti il trasporto effettuato dal vettore contrattuale, sono considerati come atti e omissioni del vettore contrattuale. Tuttavia, per tali atti e omissioni, il vettore contrattuale non potrà incorrere in una responsabilità superiore ai limiti fissati agli articoli 21, 22, 23 e 24. Nessun accordo speciale conferente al vettore contrattuale obblighi non previsti dalla presente convenzione, nessuna rinuncia a diritti o a mezzi di tutela derivanti dalla presente convenzione, nessuna dichiarazione speciale d'interesse alla consegna a destinazione ai sensi dell'articolo 22 potranno essere fatti valere contro il vettore di fatto, salvo che questi vi abbia acconsentito.Articolo 42Destinatario dei reclami e delle istruzioniI reclami e le istruzioni da rivolgere al vettore in applicazione della presente convenzione hanno gli stessi effetti sia se indirizzati al vettore contrattuale sia se indirizzati al vettore di fatto. Tuttavia, le istruzioni di cui all'articolo 12 valgono solo se indirizzate al vettore contrattuale.Articolo 43Dipendenti e incaricatiNel trasporto effettuato dal vettore di fatto, ogni dipendente o incaricato dello stesso vettore o del vettore contrattuale, che provi d'aver agito nell'esercizio delle proprie funzioni, può valersi dei limiti di responsabilità applicabili, ai sensi della presente convenzione, al vettore di cui è dipendente o incaricato, sempreché non dimostri di aver agito in maniera che escluda l'applicabilità dei limiti di responsabilità concessi in conformità della presente convenzione.Articolo 44Risarcimento complessivoNel trasporto effettuato dal vettore di fatto, l'ammontare totale del risarcimento pagato dallo stesso vettore, dal vettore contrattuale e dai loro dipendenti e incaricati che abbiano agito nell'esercizio delle loro funzioni, non può superare il massimale che, secondo la presente convenzione, può essere imputato al vettore contrattuale ovvero al vettore di fatto, e comunque nessuno di tali soggetti può essere tenuto responsabile oltre il limite previsto per ognuno di essi.Articolo 45Destinatario della richiesta di risarcimentoL'azione per il risarcimento del danno contro il vettore di fatto, per il trasporto effettuato, può essere promossa, a scelta dell'attore, contro lo stesso vettore o contro il vettore contrattuale o contro entrambi, congiuntamente o separatamente. Quando l'azione è promossa contro uno solo dei vettori, questi ha il diritto di esigere la chiamata in corresponsabilità dell'altro vettore. La procedura e la chiamata sono disciplinate dalla legge del tribunale adito.Articolo 46Giurisdizione addizionaleL'azione per il risarcimento per danni di cui all'articolo 45 è promossa, a scelta dell'attore, nel territorio di uno degli Stati parti, o davanti ad uno dei tribunali presso i quali può essere promossa l'azione contro il vettore contrattuale ai sensi dell'articolo 33 o davanti al tribunale competente del luogo in cui il vettore di fatto ha la sua residenza o la sede principale della sua attività.Articolo 47Nullità di clausole contrattualiÈ nulla ogni clausola contrattuale intesa ad esonerare il vettore contrattuale o il vettore di fatto dalla responsabilità che gli deriva dal presente capitolo o a fissare un limite inferiore a quello previsto nello stesso capitolo. La nullità di detta clausola non determina tuttavia la nullità dell'intero contratto, il quale rimane soggetto alle disposizioni del presente capitolo.Articolo 48Rapporti reciproci tra vettore contrattuale e vettore di fattoSalvo quanto disposto dall'articolo 45, nessuna disposizione del presente capitolo pregiudica i diritti e gli obblighi reciproci dei vettori, compreso il diritto di regresso e il diritto al risarcimento.CAPO VIALTRE DISPOSIZIONIArticolo 49ImperativitàSono nulle tutte le clausole contenute nel contratto di trasporto e tutti gli accordi speciali conclusi prima del verificarsi del danno con i quali le parti mirano ad eludere le disposizioni della presente convenzione sia determinando la legislazione applicabile sia modificando le norme sulla competenza giurisdizionale.Articolo 50AssicurazioneGli Stati parti faranno obbligo ai propri vettori di provvedere a stipulare un contratto di assicurazione a idonea copertura della loro responsabilità derivante dalla presente convenzione. Qualora richiesto dalla parte contraente nel cui territorio opera, il vettore deve dimostrare di godere di un'adeguata copertura assicurativa per i casi di responsabilità derivante dalla presente convenzione.Articolo 51Trasporto effettuato in circostanze eccezionaliLe disposizioni degli articoli 3, 4, 5, 7 e 8 concernenti i titoli di trasporto non si applicano al trasporto effettuato in circostanze eccezionali che esulano dal normale esercizio dell'attività del vettore.Articolo 52Definizione di giorniL'uso del termine "giorni" nella presente convenzione indica i giorni di calendario e non i giorni feriali.CAPO VIIDISPOSIZIONI FINALIArticolo 53Firma, ratifica ed entrata in vigore1. La presente convenzione sarà aperta alla firma a Montreal il 28 maggio 1999 da parte di ogni Stato partecipante alla Conferenza internazionale sul diritto aeronautico, tenutasi a Montreal dal 10 al 28 maggio 1999. Dopo il 28 maggio 1999 la presente convenzione resterà aperta alla firma di tutti gli Stati presso la sede dell'Organizzazione internazionale dell'aviazione civile a Montreal fino alla data della sua entrata in vigore, conformemente alle disposizioni del paragrafo 6.2. La presente convenzione resterà altresì aperta alla firma delle Organizzazioni di integrazione economica regionale. Ai fini della presente convenzione l'espressione "Organizzazione di integrazione economica regionale" indica un'organizzazione costituita da Stati sovrani di una determinata regione che sia competente per quanto riguarda determinate materie rette dalla presente convenzione ed sia stata debitamente autorizzata a firmare e a ratificare, accettare, approvare la presente convenzione o ad aderirvi. Le espressioni "Stato parte" o "Stati parti", utilizzate nella presente convenzione, tranne che al paragrafo 2 dell'articolo 1, al paragrafo 1, lettera b) dell'articolo 3, alla lettera b) dell'articolo 5, agli articoli 23, 33, 46 e alla lettera b) dell'articolo 57, indica altresì le Organizzazioni di integrazione economica regionale. Ai fini dell'articolo 24, l'espressione "la maggioranza degli Stati parti" e "un terzo degli Stati parti" esclude le Organizzazioni di integrazione economica regionale.3. La presente convenzione sarà sottoposta alla ratifica degli Stati e delle Organizzazioni di integrazione economica regionale firmatari.4. Gli Stati o le Organizzazioni di integrazione economica regionale che non sottoscrivono la presente convenzione potranno in ogni momento accettarla, approvarla o aderirvi.5. Gli strumenti di ratifica, accettazione, approvazione o adesione saranno depositati presso l'Organizzazione internazionale per l'aviazione civile, che viene qui designata quale depositario.6. Tra gli Stati che avranno proceduto al deposito, la presente convenzione entrerà in vigore il sessantesimo giorno successivo alla data del deposito, presso il depositario, del trentesimo strumento di ratifica, accettazione, approvazione o adesione. Ai fini del presente paragrafo, non si considera lo strumento depositato da un'Organizzazione di integrazione economica regionale.7. Nei confronti di ogni altro Stato o di ogni altra Organizzazione di integrazione economica regionale, la presente convenzione entrerà in vigore il sessantesimo giorno successivo alla data del deposito dello strumento di ratifica, accettazione, approvazione o adesione.8. Il depositario informerà prontamente tutti gli Stati firmatari e gli Stati parti in merito a:a) ogni firma della presente convenzione e la relativa data;b) ogni deposito di uno strumento di ratifica, accettazione, approvazione e adesione e la relativa data;c) la data di entrata in vigore della presente convenzione;d) la data di entrata in vigore di ogni revisione dei limiti di responsabilità fissati dalla presente convenzione;e) ogni denuncia ai sensi dell'articolo 54.Articolo 54Denuncia1. Ogni Stato parte della presente convenzione potrà denunciarla mediante notifica scritta indirizzata al depositario della stessa.2. La denuncia produrrà i suoi effetti centottanta giorni dopo la ricezione da parte del depositario della notifica della denuncia.Articolo 55Relazione con gli altri strumenti della convenzione di VarsaviaLa presente convenzione prevale su ogni altra disposizione in materia di trasporto aereo internazionale:1) tra gli Stati parti della presente convenzione che siano anche parti dei seguenti strumenti:a) la convenzione per l'unificazione di alcune norme relative al trasporto aereo internazionale firmata a Varsavia il 12 ottobre 1929 (qui appresso denominata convenzione di Varsavia);b) il protocollo che modifica la convenzione per l'unificazione di alcune norme relative al trasporto aereo internazionale firmata a Varsavia il 12 ottobre 1929, adottato all'Aja il 28 settembre 1955 (qui appresso denominato protocollo dell'Aja);c) la convenzione complementare alla convenzione di Varsavia per l'unificazione di alcune norme relative al trasporto aereo internazionale effettuato da persona diversa dal vettore contrattuale, firmata a Guadalajara il 18 settembre 1961 (qui appresso denominata convenzione di Guadalajara);d) il protocollo che modifica la convenzione per l'unificazione di alcune norme relative al trasporto aereo internazionale firmata a Varsavia il 12 ottobre 1929 così come modificata dal protocollo adottato all'Aja il 28 settembre 1955, firmato a Città del Guatemala l'8 marzo 1971 (qui appresso denominato protocollo di Città del Guatemala);e) i protocolli aggiuntivi dal n. 1 al n. 3 e il protocollo n. 4 di Montreal che modificano la convenzione di Varsavia così come modificata dal protocollo dell'Aja o la convenzione di Varsavia così come modificata sia dal protocollo dell'Aja che dal protocollo di Città del Guatemala firmati a Montreal il 25 settembre 1975 (qui appresso denominati protocolli di Montreal); oppure2) all'interno dei territori di ogni singolo Stato parte della presente convenzione che sia anche parte di uno o più degli strumenti elencati sopra alle lettere da a) a e).Articolo 56Stati con più ordinamenti giuridici1. Qualora uno Stato sia costituito da due o più unità territoriali nelle quali per le materie oggetto della presente convenzione si applicano ordinamenti giuridici diversi, tale Stato può, al momento della firma, ratifica, accettazione, approvazione o adesione, dichiarare che la presente convenzione si estende a tutte le sue unità territoriali o soltanto ad una o a più di esse e può in ogni momento modificare tale dichiarazione presentando una nuova dichiarazione.2. Tale dichiarazione dovrà essere notificata al depositario e dovrà contenere esatta indicazione delle unità territoriali alle quali si applica la convenzione.3. Nel caso di uno Stato parte che abbia presentato la predetta dichiarazione:a) l'espressione "moneta nazionale", di cui all'articolo 23, si intende riferita alla moneta in corso legale nell'unità territoriale del predetto Stato oggetto della dichiarazione; eb) l'espressione "legislazione nazionale", di cui all'articolo 28, si intende riferita alla legislazione vigente nell'unità territoriale del predetto Stato oggetto della dichiarazione.Articolo 57RiserveNessuna riserva potrà essere formulata alla presente convenzione, tuttavia uno Stato parte può in ogni momento dichiarare, per mezzo di notifica indirizzata al depositario, che la presente convenzione non si applica:a) al trasporto aereo internazionale effettuato e operato direttamente dallo Stato parte per scopi non commerciali connessi alle proprie funzioni e ai propri obblighi di Stato sovrano; e/ob) al trasporto di persone, di merci e bagagli effettuato per le proprie autorità militari a bordo di aeromobili immatricolati nello Stato parte o da questo noleggiato, e la cui intera capacità sia stata riservata da tali autorità o in loro nome.IN FEDE DI CHE i sottoscritti plenipotenziari, debitamente autorizzati, hanno firmato la presente convenzione.FATTO a Montreal il ventottesimo giorno del mese di maggio dell'anno millenovecentonovantanove nelle lingue inglese, araba, cinese, francese, russa e spagnola, tutti i testi facenti ugualmente fede. La presente convenzione rimarrà depositata negli archivi dell'Organizzazione Internazionale dell'Aviazione Civile e copie conformi autentiche della stessa verranno trasmesse dal depositario a tutti gli Stati parti della presente convenzione, nonché a tutti gli Stati parti della convenzione di Varsavia, del protocollo dell'Aja, della convenzione di Guadalajara, del protocollo di Città del Guatemala e dei protocolli di Montreal. | Convenzione di Montreal sulla responsabilità del vettore aereo
QUAL È LO SCOPO DELLA CONVENZIONE E DELLA DECISIONE?
La convenzione mira a introdurre norme giuridiche uniformi per regolare la responsabilità del vettore aereo in caso di danni provocati a passeggeri, bagagli o merci nel corso dei viaggi internazionali. La decisione conclude la convenzione per conto della Comunità europea (ora Unione europea).
PUNTI CHIAVE
La convenzione introduce principi giuridici e norme comuni, fra cui i più importanti sono:il principio della responsabilità civile illimitata di un vettore aereo in caso di lesioni personali, suddiviso in due livelli:un primo livello di responsabilità oggettiva del vettore per danni fino a 100 000 DSP (diritti speciali di prelievo, come definiti dal Fondo monetario internazionale, ossia circa 120 000 euro);oltre tale importo, un secondo livello di responsabilità basato sulla colpa presunta del vettore, che quest’ultimo può evitare solo provando che non si è trattato di colpa (l’onere della prova spetta al vettore); il principio del pagamento anticipato, in caso di lesioni personali, per consentire alle vittime o alle persone cui spetta il risarcimento di coprire le rispettive esigenze economiche immediate; la possibilità per le vittime o le persone cui spetta il risarcimento di adire il tribunale presso il loro stesso luogo di residenza principale; l’aumento dei limiti di responsabilità del vettore aereo in caso di ritardo e di danni provocati al bagaglio (ritardo, perdita o danni); la modernizzazione dei documenti di trasporto (fatture e biglietti aerei elettronici); la precisazione delle norme sulla responsabilità, rispettivamente, del vettore contrattuale (il vettore aereo il cui nome o codice si trova sul biglietto aereo) e del vettore effettivo (il vettore che effettua il volo può non essere lo stesso del vettore aereo contrattuale); l’istituzione generalizzata dell’obbligo da parte dei vettori aerei di essere adeguatamente assicurati; l’introduzione della cosiddetta clausola «regionale» che consente alle organizzazioni per l’integrazione economica, come l’UE, di aderire alla convenzione. Nel 1997 l’UE ha adottato il regolamento (CE) n. 2027/97 (sulla responsabilità del vettore aereo in caso di incidenti) che impone la responsabilità illimitata ai vettori aerei dell’Unione in caso di morte o lesione dei passeggeri. Il regolamento (CE) n. 889/2002 modifica il regolamento (CE) n. 2027/97 e applica le norme della convenzione di Montreal a tutti i voli, sia interni sia internazionali, operati da vettori aerei dell’UE.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LA CONVENZIONE E LA DECISIONE?
La convenzione di Montreal è in vigore dal 4 novembre 2003. La decisione è in vigore dal 5 aprile 2001.
CONTESTO
L’inadeguatezza della convenzione di Varsavia del 1929, che regolava la responsabilità dei vettori aerei in caso di morte e lesioni, e delle successive revisioni della stessa implicavano la necessità di modernizzare e unificare le norme sulla responsabilità.A maggio del 1999, gli Stati contraenti dell’Organizzazione per l’aviazione civile internazionale hanno negoziato un accordo per modernizzare le norme della convenzione di Varsavia, adattandole in un unico strumento giuridico che garantiva un adeguato livello di risarcimento in caso di danni provocati ai passeggeri nel corso del trasporto aereo internazionale.
Per ulteriori informazioni, consultare:Diritti dei passeggeri: trasporto aereo (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2001/539/CE del Consiglio, del 5 aprile 2001, relativa alla conclusione da parte della Comunità europea della convenzione per l’unificazione di alcune norme relative al trasporto aereo (convenzione di Montreal) (GU L 194 del 18.7.2001, pag. 38).
Convenzione per l’unificazione di alcune norme relative al trasporto aereo internazionale (convenzione di Montreal) (GU L 194 del 18.7.2001, pag. 39).
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (CE) n. 2027/97 del Consiglio, del 9 ottobre 1997, sulla responsabilità del vettore aereo in caso di incidenti (GU L 285 del 17.10.1997, pag. 1).
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 2027/97 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. | 16,113 | 653 |
32004R0789 | false | Regolamento (CE) n. 789/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativo al trasferimento delle navi da carico e passeggeri tra registri all'interno della Comunità e che abroga il regolamento (CEE) n. 613/91 del Consiglio (Testo rilevante ai fini del SEE)
Gazzetta ufficiale n. L 138 del 30/04/2004 pag. 0019 - 0023
Regolamento (CE) n. 789/2004 del Parlamento europeo e del Consigliodel 21 aprile 2004relativo al trasferimento delle navi da carico e passeggeri tra registri all'interno della Comunità e che abroga il regolamento (CEE) n. 613/91 del Consiglio(Testo rilevante ai fini del SEE)IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 80, paragrafo 2,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Comitato economico e sociale europeo [1],previa consultazione del Comitato delle regioni,deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato [2],considerando quanto segue:(1) L'istituzione e il funzionamento del mercato interno implicano l'eliminazione degli ostacoli tecnici al trasferimento delle navi da carico e passeggeri tra i registri degli Stati membri. Sono inoltre necessarie misure per facilitare il trasferimento delle navi da carico e passeggeri tra i registri all'interno della Comunità volte a ridurre i costi e le procedure amministrative collegati a tale trasferimento, migliorando così le condizioni operative e la competitività del settore marittimo comunitario.(2) Nel contempo è necessario garantire un elevato livello di sicurezza delle navi e protezione ambientale, in conformità con le convenzioni internazionali.(3) I requisiti stabiliti dalla convenzione internazionale del 1974 per la salvaguardia della vita umana in mare (SOLAS 1974), dalla convenzione internazionale del 1966 sul bordo libero (LL 66) e dalla convenzione internazionale del 1973, modificata dal protocollo del 1978, sulla prevenzione dell'inquinamento causato da navi (MARPOL 73/78) impongono un elevato livello di sicurezza delle navi e di protezione ambientale. La convenzione internazionale del 1969 per la stazzatura delle navi prevede un sistema uniforme per la misurazione del tonnellaggio delle navi mercantili.(4) Il regime internazionale applicabile alle navi passeggeri è stato rafforzato e perfezionato con l'adozione di un numero considerevole di emendamenti alla convenzione SOLAS 1974 da parte dell'Organizzazione marittima internazionale (IMO) e una maggiore convergenza delle interpretazioni delle regole e norme della convenzione SOLAS 1974.(5) Il trasferimento di navi da carico e passeggeri battenti bandiera di uno Stato membro tra i registri di Stati membri non dovrebbe essere intralciato da ostacoli tecnici, a condizione che le navi siano state certificate quali rispondenti alle disposizioni delle convenzioni internazionali pertinenti dagli Stati membri o, in loro nome, dalle organizzazioni riconosciute ai sensi della direttiva 94/57/CE del Consiglio, del 22 novembre 1994, relativa alle disposizioni e alle norme comuni per gli organi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi e per le pertinenti attività delle amministrazioni marittime [3].(6) Uno Stato membro che accoglie una nave dovrebbe tuttavia rimanere in grado di applicare norme che differiscano, in portata e natura, da quelle di cui nelle convenzioni citate all'articolo 2, lettera a).(7) Per garantire una decisione rapida e basata su dati concreti da parte dello Stato membro del registro di accoglienza, lo Stato membro del registro di provenienza della nave dovrebbe fornire all'altra amministrazione tutte le informazioni pertinenti disponibili sulle condizioni e l'equipaggiamento della nave. Lo Stato membro del registro di accoglienza dovrebbe tuttavia avere la possibilità di sottoporre la nave a un'ispezione per verificare le condizioni dichiarate e l'equipaggiamento.(8) Le navi alle quali è stato negato l'accesso ai porti degli Stati membri a norma della direttiva 95/21/CE del Consiglio, del 19 giugno 1995, relativa all'attuazione di norme internazionali per la sicurezza delle navi, la prevenzione dell'inquinamento e le condizioni di vita e di lavoro a bordo, per le navi che approdano nei porti comunitari e che navigano nelle acque sotto la giurisdizione degli Stati membri (controllo dello Stato di approdo) [4] o che sono state trattenute più di una volta a seguito di un'ispezione portuaria, nel corso dei tre anni precedenti la richiesta di iscrizione, non dovrebbero poter beneficiare della possibilità di essere trasferite a un altro registro all'interno della Comunità, secondo la procedura semplificata.(9) Le pertinenti convenzioni internazionali lasciano alcuni importanti punti di interpretazione dei requisiti alla discrezione delle parti. Sulla base delle loro interpretazioni individuali, gli Stati membri rilasciano a tutte le navi battenti la loro bandiera, soggette alle disposizioni delle pertinenti convenzioni internazionali, certificati che attestano la loro conformità con queste disposizioni. Gli Stati membri applicano i regolamenti tecnici nazionali, alcune disposizioni dei quali prevedono requisiti diversi da quelli fissati nelle convenzioni e nelle norme tecniche associate. È pertanto necessario istituire una procedura idonea per conciliare le diverse interpretazioni dei requisiti esistenti che possono insorgere a seguito di una domanda di cambio di registro.(10) Per consentire di monitorare l'attuazione del presente regolamento, gli Stati membri dovrebbero trasmettere alla Commissione brevi relazioni annuali. Nella loro prima relazione annuale, gli Stati membri dovrebbero indicare gli eventuali provvedimenti adottati per agevolare l'attuazione del presente regolamento.(11) Le disposizioni del regolamento (CEE) n. 613/91 del Consiglio, del 4 marzo 1991, relativo al cambiamento di registro delle navi all'interno della Comunità [5], sono rafforzate ed estese in misura significativa dal presente regolamento. Di conseguenza, il regolamento (CEE) n. 613/91 dovrebbe essere abrogato.(12) Le misure necessarie all'applicazione del presente regolamento sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione [6],HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1FinalitàIl presente regolamento intende eliminare gli ostacoli tecnici al trasferimento delle navi da carico e passeggeri battenti bandiera di uno Stato membro tra i registri degli Stati membri, assicurando al contempo un livello elevato di sicurezza delle navi e di protezione ambientale, in conformità con le convenzioni internazionali.Articolo 2DefinizioniAi fini del presente regolamento si intende per:"convenzioni" la convenzione internazionale del 1974 per la salvaguardia della vita umana in mare (SOLAS 1974), la convenzione internazionale del 1966 sul bordo libero (LL 66), la convenzione internazionale del 1969 per la stazzatura delle navi e la convenzione internazionale del 1973, modificata dal protocollo del 1978, per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi modificata dal relativo protocollo del 1978 (MARPOL 73/78) nelle loro versioni aggiornate, unitamente ai codici vincolanti adottati nell'ambito dell'Organizzazione marittima internazionale (IMO) nonché i protocolli e loro modifiche, nelle loro versioni aggiornate;"requisiti" i requisiti di sicurezza e di prevenzione dell'inquinamento in ordine alla costruzione e all'equipaggiamento delle navi stabiliti nelle convenzioni e, per le navi passeggeri in servizio interno, quelli di cui alla direttiva 98/18/CE del Consiglio, del 17 marzo 1998, relativa alle disposizioni e norme di sicurezza per le navi da passeggeri [7];"certificati" i certificati, i documenti e le dichiarazioni di conformità rilasciati da uno Stato membro o da un'organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome in conformità delle convenzioni e, per le navi passeggeri in servizio interno, in conformità dell'articolo 11 della direttiva 98/18/CE;"nave passeggeri" una nave capace di trasportare più di dodici passeggeri;i) il comandante e i membri dell'equipaggio o le altre persone impiegate o occupate con qualsiasi funzione a bordo di una nave per le operazioni della nave; eii) i bambini di età inferiore a un anno;"viaggio interno" un viaggio via mare da un porto di uno Stato membro allo stesso porto o a un altro porto all'interno dello stesso Stato membro;"viaggio internazionale" un viaggio via mare da un porto di uno Stato membro a un porto al di fuori dei suoi confini o viceversa;"nave da carico" una nave che non sia una nave passeggeri;"organizzazione riconosciuta" un'organizzazione riconosciuta ai sensi dell'articolo 4 della direttiva 94/57/CE.Articolo 3Ambito di applicazione1. Il presente regolamento si applica:i) costruite il 25 maggio 1980 o successivamente; oppureii) costruite prima di questa data, ma certificate da uno Stato membro o da un'organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome, quali conformi alle norme per le navi nuove definite nella convenzione SOLAS 1974, o, per le navi cisterna adibite al trasporto di prodotti chimici e per le navi adibite al trasporto di gas, ai codici normativi pertinenti per le navi costruite il 25 maggio 1980 o successivamente;i) costruite il 1o luglio 1998 o successivamente; oppure- nella direttiva 98/18/CE, per le navi in servizio interno,- nella convenzione SOLAS 1974, per le navi in servizio internazionale.2. Il presente regolamento non si applica:a) alle navi consegnate previa ultimazione dei lavori di costruzione che non siano corredate da certificati definitivi in corso di validità rilasciati dallo Stato membro del registro precedente;b) alle navi alle quali è negato l'accesso ai porti degli Stati membri ai sensi della direttiva 95/21/CE nel corso dei tre anni precedenti la domanda di iscrizione né alle navi che sono state trattenute più di una volta nei tre anni precedenti la domanda di iscrizione a seguito di un'ispezione effettuata nel porto di uno Stato firmatario del Memorandum di intesa di Parigi del 1982 sul controllo da parte dello Stato di approdo e per le ragioni connesse ai requisiti di cui all'articolo 2, lettera b). Gli Stati membri esaminano nondimeno con attenzione e a tempo debito le domande relative a tali navi;c) alle navi da guerra o destinate al trasporto di truppe né alle altre navi appartenenti a uno Stato membro o da esso noleggiate e utilizzate esclusivamente a fini governativi non commerciali;d) alle navi senza mezzi di propulsione meccanica , a quelle in legno di costruzione primitiva, agli yacht da diporto utilizzati a fini non commerciali e alle imbarcazioni da pesca;e) alle navi da carico di stazza lorda inferiore a 500 tonnellate.Articolo 4Trasferimento di registro1. Gli Stati membri non negano, per motivi tecnici derivanti dalle convenzioni, l'iscrizione a una nave da carico iscritta in un altro Stato membro che sia conforme ai requisiti, che sia munita di certificati validi e che disponga di equipaggiamento oggetto di una omologazione o di una omologazione di tipo ai sensi della direttiva 96/98/CE del Consiglio, del 20 dicembre 1996, sull'equipaggiamento marittimo [8].Per adempiere agli obblighi previsti dagli strumenti ambientali regionali ratificati prima del 1o gennaio 1992, gli Stati membri possono imporre regole supplementari in conformità con gli allegati opzionali delle convenzioni.2. Il presente articolo si applica fatti salvi, ove opportuno, gli eventuali requisiti specifici fissati per l'utilizzo della nave conformemente all'articolo 7 della direttiva 98/18/CE e all'articolo 6 della direttiva 2003/25/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 aprile 2003, concernente requisiti specifici di stabilità per le navi ro/ro da passeggeri [9].3. Al momento del ricevimento della richiesta di trasferimento, lo Stato membro del registro di provenienza della nave fornisce allo Stato membro del registro di accoglienza o mette a disposizione dell'organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome tutte le informazioni pertinenti sulla nave, in particolare sulle sue condizioni e attrezzature. Le informazioni includono la documentazione cronologica della nave e, ove opportuno, un elenco dei miglioramenti richiesti dal registro di provenienza per iscrivere la nave o rinnovarne i certificati nonché un elenco delle ispezioni in ritardo. Esse includono altresì tutti i certificati e i dati relativi alla nave prescritti dalle convenzioni e dai pertinenti strumenti comunitari, nonché le registrazioni relative alla ispezioni effettuate dallo Stato di bandiera e ai controlli effettuati dallo Stato di approdo. Gli Stati membri cooperano per assicurare la corretta applicazione delle disposizioni del presente paragrafo.4. Prima di iscrivere una nave, lo Stato membro del registro di accoglienza, o l'organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome, può sottoporre la nave a ispezione per verificare che lo stato della nave e delle sue attrezzature corrisponda effettivamente ai certificati di cui all'articolo 3. L'ispezione viene eseguita entro una scadenza ragionevole.5. Se, a seguito dell'ispezione, e dopo aver dato al proprietario della nave una possibilità ragionevole di rettificare le carenze, lo Stato membro del registro di accoglienza o l'organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome non è in grado di confermare la corrispondenza con i certificati della nave, esso lo comunica alla Commissione ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1.Articolo 5Certificati1. Al momento del trasferimento della nave e fatta salva la direttiva 94/57/CE, lo Stato membro del registro di accoglienza o l'organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome rilascia alla nave certificati secondo le stesse condizioni previste per la bandiera dello Stato membro del registro precedente sempreché sussistano i motivi o le cause che hanno indotto lo Stato membro del registro di provenienza a imporre condizioni o accordare una esenzione o una deroga.2. Al momento del rinnovo, della proroga o della revisione dei certificati, lo Stato membro del registro di accoglienza o l'organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome si astiene dall'imporre requisiti diversi da quelli prescritti per il primo rilascio di certificati definitivi sempreché i requisiti applicabili alle navi esistenti e le relative condizioni permangano immutati.Articolo 6Rifiuto di trasferimento e interpretazione1. Lo Stato membro del registro di accoglienza notifica immediatamente alla Commissione qualsiasi rifiuto di rilasciare o di autorizzare il rilascio di nuovi certificati a una nave basato su divergenze di interpretazione dei requisiti o su disposizioni che le convenzioni o strumenti comunitari pertinenti lasciano alla discrezione delle parti.A meno che non sia stata informata di un accordo tra gli Stati membri interessati entro il termine di un mese, la Commissione avvia le iniziative necessarie per prendere una decisione secondo la procedura di cui all'articolo 7, paragrafo 2.2. Se uno Stato membro ritiene che una nave non possa essere iscritta a norma dell'articolo 4 per ragioni attinenti a gravi rischi per la sicurezza o l'ambiente non rientranti fra quelli citati al paragrafo 1, l'iscrizione può essere sospesa.Lo Stato membro sottopone senza indugio il problema alla Commissione, con la relativa motivazione di sospensione dell'iscrizione. La decisione di non iscrivere la nave viene confermata o meno secondo la procedura di cui all'articolo 7, paragrafo 2.3. La Commissione può consultare il comitato di cui all'articolo 7 su qualsiasi problema connesso all'applicazione e interpretazione del presente regolamento e, in particolare, per garantire che non siano pregiudicate le norme relative alla sicurezza e alla protezione dell'ambiente.Articolo 7Procedura di comitato1. La Commissione è assistita dal comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi (COSS) istituito dall'articolo 3 del regolamento (CE) n. 2099/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002, che istituisce un comitato per la sicurezza marittima e la prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi (comitato COSS) e recante modifica dei regolamenti in materia di sicurezza marittima e di prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi [10] (comitato).2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE del Consiglio, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a due mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 8Relazioni1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione una breve relazione annuale sull'attuazione del presente regolamento. La relazione fornisce dati statistici sul trasferimento di navi, elaborati conformemente al presente regolamento, ed elenca le eventuali difficoltà incontrate nell'attuazione.2. Entro il 20 maggio 2008 la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione del presente regolamento basata in parte sulle relazioni trasmesse dagli Stati membri. In tale relazione essa valuta, tra l'altro, l'opportunità di una revisione del regolamento.Articolo 9Emendamenti1. Le definizioni di cui all'articolo 2 possono essere modificate secondo la procedura di cui all'articolo 7, paragrafo 2, per tener conto degli sviluppi a livello internazionale, soprattutto in seno all'IMO, e per rendere il presente regolamento più efficace tenuto conto dell'esperienza acquisita e del progresso tecnico sempreché tali modifiche non ne estendano il campo di applicazione.2. Qualsiasi modifica apportata alle convenzioni può essere esclusa dal campo di applicazione del presente regolamento, ai sensi dell'articolo 5 del regolamento (CE) n. 2099/2002.Articolo 10AbrogazioneIl presente regolamento abroga il regolamento (CEE) n. 613/91.Articolo 11Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Il presente regolamento è vincolante in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in tutti gli Stati membri.Fatto a Strasburgo, addì 21 aprile 2004.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteD. Roche[1] GU C 80 del 30.3.2004, pag. 88.[2] Parere del Parlamento europeo del 13 gennaio 2004 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 6 aprile 2004.[3] GU L 319 del 12.12.1994, pag. 20. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2002/84/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 324 del 29.11.2002, pag. 53).[4] GU L 157 del 7.7.1995, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2002/84/CE.[5] GU L 68 del 15.3.1991, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 2099/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 324 del 29.11.2002, pag. 1).[6] GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.[7] GU L 144 del 15.5.1998, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva della Commissione 2003/75/CE (GU L 190 del 30.7.2003, pag. 6).[8] GU L 46 del 17.2.1997, pag. 25. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2002/84/CE.[9] GU L 123 del 17.5.2002, pag. 22.[10] GU L 324 del 29.11.2002, pag. 1.-------------------------------------------------- | Trasferimento delle navi da carico e passeggeri tra registri all’interno dell’Unione europea
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Esso intende eliminare gli ostacoli tecnici al trasferimento delle navi da carico e passeggeri battenti bandiera di uno Stato membro tra i registri degli Stati membri, assicurando al contempo un livello elevato di sicurezza delle navi e di protezione ambientale, in conformità con le convenzioni internazionali.
PUNTI CHIAVE
Ambito di applicazioneIl regolamento si applica alle navi passeggeri costruite il 1o luglio 1998 o successivamente e alle navi da carico costruite il 25 maggio 1980 o successivamente o a navi costruite prima di questa data, ma certificate quali rispondenti alle disposizioni pertinenti europee e dell’Organizzazione marittima internazionale. Tuttavia, il regolamento non si applica a:alle navi consegnate previa ultimazione dei lavori di costruzione che non siano corredate da certificati definitivi in corso di validità rilasciati dallo Stato membro del registro precedente;alle navi alle quali è negato l’accesso ai porti degli Stati membri ai sensi della direttiva 2009/16/CE relativa al controllo da parte dello Stato di approdo (si veda la sintesi) nel corso dei tre anni precedenti la domanda di iscrizione a seguito di un’ispezione effettuata nel porto di uno Stato firmatario del Memorandum di intesa di Parigi del 1982 sul controllo da parte dello Stato di approdo;alle navi da guerra o destinate al trasporto di truppe né alle altre navi appartenenti a uno Stato membro o da esso noleggiate e utilizzate esclusivamente a fini governativi non commerciali;alle navi senza mezzi di propulsione meccanica, a quelle in legno di costruzione primitiva, agli yacht da diporto utilizzati a fini non commerciali e alle imbarcazioni da pesca;alle navi da carico di stazza lorda inferiore a 500 tonnellate.Trasferimento di registroGli Stati membri non negano, per motivi tecnici derivanti dalle convenzioni, l’iscrizione a una nave da carico iscritta in un altro Stato membro che sia conforme ai requisiti, che sia munita di certificati validi e che disponga di equipaggiamento marittimo conforme alla direttiva 2014/90/UE (si veda la sintesi). Al momento del ricevimento della richiesta di trasferimento, lo Stato membro del registro di provenienza della nave fornisce allo Stato membro del registro di accoglienza tutte le informazioni pertinenti sulla nave, in particolare sulle sue condizioni e attrezzature. Le informazioni includono la documentazione cronologica della nave, un elenco dei miglioramenti richiesti dal registro di provenienza per iscrivere la nave o rinnovarne i certificati nonché un elenco delle ispezioni in ritardo. Prima di iscrivere una nave, lo Stato membro del registro di accoglienza sottopone la nave a ispezione per verificare che lo stato della nave e delle sue attrezzature corrisponda effettivamente ai certificati.CertificatiAl momento del trasferimento, lo Stato membro del registro di accoglienza o l’organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome rilascia alla nave certificati secondo le stesse condizioni previste per la bandiera dello Stato membro del registro precedente. Al momento del rinnovo, della proroga o della revisione dei certificati, lo Stato membro del registro di accoglienza o l’organizzazione riconosciuta che agisce in suo nome si astiene dall’imporre requisiti diversi da quelli prescritti per il primo rilascio di certificati definitivi.Rifiuto di trasferimento e interpretazioneLo Stato membro del registro di accoglienza notifica immediatamente alla Commissione europea qualsiasi rifiuto di rilasciare o di autorizzare il rilascio di nuovi certificati a una nave. Se uno Stato membro ritiene che una nave non possa essere iscritta per ragioni attinenti a gravi rischi per la sicurezza o l’ambiente, l’iscrizione può essere sospesa.Relazioni
Ogni anno, gli Stati membri trasmettono alla Commissione una breve relazione annuale sull’attuazione del regolamento. Nel 2015 la Commissione ha presentato una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione del regolamento.
DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Si applica dal 20 maggio 2004.
CONTESTO
Sono necessarie misure per facilitare il trasferimento delle navi da carico e passeggeri tra i registri all’interno dell’Unione europea (UE) volte a ridurre i costi e le procedure amministrative. Il regolamento concilia considerazioni relative al mercato interno (eliminazione degli ostacoli tecnici al trasferimento di navi tra i registri degli Stati membri) e requisiti relativi alla sicurezza marittima (livelli elevati di sicurezza delle navi e protezione ambientale). Riconosce l’adeguatezza per l’UE degli standard di sicurezza stabiliti nelle convenzioni dell’Organizzazione marittima internazionale.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 789/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004 relativo al trasferimento delle navi da carico e passeggeri tra registri all’interno della Comunità e che abroga il regolamento (CEE) n. 613/91 del Consiglio (GU L 138 del 30.4.2004, pag. 19).
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 789/2004 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTO CORRELATO
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione del regolamento (CE) n. 789/2004 relativo al trasferimento delle navi da carico e passeggeri tra registri all’interno della Comunità [COM(2015) 195 final dell’ 8.5.2015]. | 7,609 | 821 |
32020D1515 | false | DECISIONE (PESC) 2020/1515 DEL CONSIGLIO
del 19 ottobre 2020
che istituisce l'Accademia europea per la sicurezza e la difesa e abroga la decisione (PESC) 2016/2382 del Consiglio
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 28, paragrafo 1, e l'articolo 42, paragrafo 4,
vista la proposta dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza,
considerando quanto segue:
(1)
Il 18 luglio 2005 il Consiglio ha adottato l'azione comune 2005/575/PESC (1), che istituisce l'Accademia europea per la sicurezza e la difesa («AESD»). Tale azione comune è stata sostituita dall'azione comune 2008/550/PESC del Consiglio (2), del 23 giugno 2008, che, a sua volta, è stata sostituita dalla decisione 2013/189/PESC del Consiglio (3). Infine, la decisione 2013/189/PESC è stata sostituita dalla decisione (PESC) 2016/2382 del Consiglio (4).
(2)
Il 10 e l'11 novembre 2008 il Consiglio ha adottato l'iniziativa europea per lo scambio di giovani ufficiali, ispirata al programma Erasmus, e ha convenuto che un gruppo di attuazione si sarebbe riunito nell'ambito del consiglio accademico esecutivo dell'AESD.
(3)
Il 26 giugno 2020 il comitato direttivo dell'AESD («comitato direttivo») ha approvato delle raccomandazioni sulle future prospettive dell'AESD.
(4)
Mentre il personale dell'AESD dovrebbe essere principalmente composto da esperti nazionali distaccati, può essere necessario coprire alcuni posti chiave mediante agenti a contratto.
(5)
A norma della decisione 2010/427/UE del Consiglio (5) che stabilisce l'organizzazione e il funzionamento del servizio europeo per l'azione esterna (SEAE), il SEAE dovrebbe prestare all'AESD l'assistenza precedentemente fornita dal segretariato generale del Consiglio.
(6)
È pertanto opportuno abrogare la decisione (PESC) 2016/2382,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
CAPO I
Istituzione, missione, obiettivi e compiti
Articolo 1
Istituzione
È istituita l'Accademia europea per la sicurezza e la difesa («AESD»).
Articolo 2
Missione
L'AESD provvede alla formazione e istruzione a livello europeo nel settore della politica di sicurezza e di difesa comune dell'Unione (PSDC) nel contesto più ampio della politica estera e di sicurezza comune (PESC), al fine di sviluppare e promuovere una visione comune della PESC e della PSDC tra il personale civile e militare nonché di individuare e diffondere le migliori prassi in relazione a vari temi PESC e PSDC attraverso le sue attività di formazione e di istruzione («attività di formazione e di istruzione dell'AESD»).
Articolo 3
Obiettivi
L'AESD persegue gli obiettivi seguenti:
a)
sviluppare ulteriormente la cultura europea comune in materia di sicurezza e di difesa nell'Unione e promuovere i principi sanciti all'articolo 21, paragrafo 1, del trattato sull'Unione europea (TUE), al di fuori dell'Unione;
b)
promuovere una migliore comprensione della PSDC quale componente essenziale della PESC;
c)
fornire alle istanze dell'Unione personale qualificato capace di trattare efficacemente tutte le materie PSDC nel più ampio contesto della PESC;
d)
mettere a disposizione delle amministrazioni e dei servizi degli Stati membri personale qualificato, che abbia familiarità con le politiche, le istituzioni e le procedure dell'Unione in ambito PSDC;
e)
fornire al personale delle missioni e delle operazioni in ambito PSDC una visione comune dei principi di funzionamento delle missioni e operazioni PSDC e un senso di identità europea comune;
f)
erogare formazione e istruzione che rispondano alle esigenze formative ed educative delle missioni e operazioni PSDC;
g)
sostenere i partenariati dell'Unione nel settore della PSDC, in particolare i partenariati con i paesi che partecipano alle missioni PSDC;
h)
sostenere la gestione civile delle crisi, anche nel settore della prevenzione dei conflitti, e stabilire o mantenere le condizioni necessarie per lo sviluppo sostenibile;
i)
promuovere l'iniziativa europea per lo scambio di giovani ufficiali;
j)
promuovere la ricerca a livello di dottorato in ambiti correlati alla PSDC;
k)
mettere a disposizione delle amministrazioni degli Stati membri e dell'Unione personale qualificato, che abbia familiarità con le politiche, le istituzioni, le procedure e le migliori prassi dell'Unione nell'ambito della sicurezza informatica e della difesa;
l)
contribuire a favorire le relazioni e i contatti professionali tra i partecipanti alla formazione e all'istruzione.
Ove opportuno, deve essere prestata attenzione a che sia garantita la coerenza con altre attività dell'Unione.
Articolo 4
Compiti dell'AESD
1. Conformemente alla sua missione e ai suoi obiettivi, i compiti principali dell'AESD sono l'organizzazione e lo svolgimento di attività di formazione e di istruzione nel settore della PSDC nel più ampio contesto della PESC.
2. Le attività di formazione e di istruzione dell'AESD comprendono:
a)
corsi a livello base e avanzato che promuovano una comprensione generale della PESC e della PSDC;
b)
corsi di sviluppo della leadership;
c)
corsi a sostegno direttamente delle missioni e operazioni PSDC, compresa la formazione e l'istruzione pre-schieramento e durante le missioni/operazioni;
d)
corsi a sostegno dei partenariati dell'UE e dei paesi che partecipano alle missioni e operazioni PSDC;
e)
moduli a sostegno della formazione e dell'istruzione civile e militare nell'ambito della PSDC;
f)
corsi, seminari, programmi e conferenze sulla PSDC per un pubblico specializzato o con un taglio specifico;
g)
moduli comuni organizzati nell'ambito dell'iniziativa europea per lo scambio di giovani ufficiali ispirata al programma Erasmus. Sebbene non costituiscano formalmente attività di formazione e di istruzione dell'AESD, essa sosterrà e promuoverà anche i semestri europei e i master congiunti per mezzo dei moduli comuni di cui alla presente lettera;
h)
corsi di sensibilizzazione e corsi di livello avanzato in campo informatico, anche a sostegno delle missioni e operazioni PSDC;
i)
corsi e seminari volti a sostenere la ricerca a livello di dottorato mediante lo scambio di migliori prassi ed esperienze.
Su decisione del comitato direttivo di cui all'articolo 9, si avviano altre attività di formazione e di istruzione.
3. Oltre alle attività di cui al paragrafo 2, del presente articolo, l'AESD svolge in particolare i compiti seguenti:
a)
fornisce assistenza per le relazioni da instaurare tra gli istituti di cui all'articolo 5, paragrafo 1, partecipanti alla rete di cui a tale paragrafo («rete»);
b)
provvede al funzionamento e all'ulteriore sviluppo del sistema di e-Learning per fornire assistenza alle attività di formazione e di istruzione nell'ambito della PSDC o per essere utilizzato, in casi eccezionali, come attività di formazione e di istruzione autonoma;
c)
elabora e sviluppa materiale per la formazione e per l'istruzione nell'ambito della PSDC, anche sulla base di materiale pertinente già esistente;
d)
sostiene un'associazione degli ex allievi tra gli ex partecipanti alla formazione;
e)
sostiene programmi di scambio nell'ambito della PSDC tra istituti di formazione e di istruzione degli Stati membri;
f)
agisce in qualità di amministratore di compartimento nell'ambito del modulo Schoolmaster del progetto Goalkeeper e contribuisce al programma di formazione annuale dell'Unione in materia di PSDC tramite tale modulo;
g)
funge da amministratore dell'istanza dell'Unione della piattaforma CD-TXP per lo scambio di opportunità di formazione in ambito informatico;
h)
sostiene la gestione della formazione e dell'istruzione nel settore della prevenzione dei conflitti, della gestione civile delle crisi, stabilendo o preservando le condizioni necessarie per lo sviluppo sostenibile e le iniziative di riforma del settore della sicurezza, nonché la promozione della sicurezza informatica e la consapevolezza in materia di minacce ibride;
i)
organizza e svolge una conferenza annuale della rete destinata a riunire esperti civili e militari in materia di formazione e di istruzione sui temi PESC e PSDC appartenenti a istituti di formazione e di istruzione e ai ministeri degli Stati membri e, ove opportuno, pertinenti operatori esterni nel settore della formazione e dell'istruzione;
j)
mantiene le relazioni con i pertinenti attori nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, nel settore dello sviluppo e della cooperazione, nonché con le pertinenti organizzazioni internazionali;
k)
sostiene il comitato per gli aspetti civili della gestione delle crisi e il gruppo di formazione civile dell'UE amministrando e gestendo le spese di viaggio e soggiorno relative alle attività dei coordinatori civili della formazione;
l)
partecipa alle riunioni dei gruppi di formazione civile e militare dell'Unione, a partire dalle loro conclusioni stabilisce i requisiti in materia di formazione civile/militare e tiene conto dei risultati dell'analisi dei requisiti sia durante l'esercizio annuale di definizione delle priorità delle attività dell'AESD che per lo sviluppo dei programmi di studio dell'AESD; e
m)
continua a elaborare, mantenere e promuovere il quadro delle qualifiche settoriali per gli ufficiali militari.
CAPO II
Organizzazione
Articolo 5
Rete
1. L'AESD è costituita in forma di rete che riunisce istituti, scuole, accademie, università, istituzioni, centri di eccellenza e altri operatori specializzati in politica della sicurezza e della difesa all'interno dell'Unione, civili e militari, identificati dagli Stati membri, nonché l'Istituto dell'Unione europea per gli studi sulla sicurezza (IUESS).
L'AESD stabilisce stretti collegamenti con le istituzioni dell'Unione e le pertinenti agenzie dell'Unione e in particolare, ma non esclusivamente, con:
—
l'Agenzia dell'Unione europea per la formazione delle autorità di contrasto (CEPOL),
—
Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera («FRONTEX»),
—
l'Agenzia europea per la difesa (AED),
—
il Centro satellitare dell'Unione europea (EU SatCen), e
—
l'Agenzia dell'Unione europea per la cooperazione nell'attività di contrasto (Europol).
2. Ove opportuno, le organizzazioni internazionali, intergovernative, governative o non governative possono ottenere lo status di «partner associato della rete» («PAR») secondo modalità dettagliate che saranno convenute dal comitato direttivo.
3. L'AESD opera sotto la responsabilità generale dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza («AR»).
Articolo 6
Ruolo dell'Istituto dell'Unione europea per gli studi sulla sicurezza
1. L'IUESS, appartenente alla rete dell'AESD, coopera con l'AESD mettendo le proprie competenze e capacità di acquisizione delle conoscenze a disposizione delle attività formative dell'AESD, anche tramite pubblicazioni a cura dell'IUESS, entro i limiti delle proprie capacità.
2. In particolare, l'IUESS organizza conferenze tenute da analisti dell'IUESS e contribuisce all'ulteriore sviluppo dei contenuti di e-Learning dell'AESD.
3. L'IUESS sostiene altresì l'associazione degli ex allievi dell'AESD.
Articolo 7
Capacità giuridica
1. L'AESD dispone della capacità giuridica necessaria per:
a)
svolgere i suoi compiti e realizzare i suoi obiettivi;
b)
concludere contratti e accordi amministrativi necessari al suo funzionamento compreso per il distacco di personale e l'assunzione di personale a contratto; acquistare attrezzature e in particolare materiale pedagogico;
c)
detenere conti bancari; e
d)
stare in giudizio.
2. L'eventuale responsabilità derivante da contratti conclusi dall'AESD è coperta dai fondi di cui dispone in conformità degli articoli 16 e 17.
Articolo 8
Struttura
È istituita la struttura seguente nell'ambito dell'AESD:
a)
il comitato direttivo incaricato del coordinamento e della direzione generali delle attività di formazione e di istruzione dell'AESD;
b)
il consiglio accademico esecutivo («consiglio») incaricato di garantire la qualità e la coerenza delle attività di formazione e di istruzione;
c)
il capo dell'AESD («capo»), unico rappresentante legale dell'AESD, responsabile della gestione finanziaria e amministrativa dell'AESD, che fornisce consulenza al comitato direttivo e al consiglio in merito all'organizzazione e alla gestione delle attività dell'AESD;
d)
il segretariato dell'AESD («segretariato»), che assiste il capo nell'assolvimento dei suoi compiti e, in particolare, nel coadiuvare il consiglio a garantire la qualità complessiva e la coerenza delle attività di formazione e di istruzione dell'AESD.
Articolo 9
Comitato direttivo
1. Il comitato direttivo, composto da un rappresentante nominato da ciascuno Stato membro, è l'organo decisionale dell'AESD. Ogni membro del comitato può essere rappresentato o accompagnato da un membro supplente.
2. I membri del comitato direttivo possono essere accompagnati da esperti alle riunioni del comitato.
3. Il comitato direttivo è presieduto da un rappresentante dell'AR in possesso di adeguata esperienza. Esso si riunisce almeno quattro volte all'anno.
4. I rappresentanti dei paesi in via di adesione all'Unione possono assistere alle riunioni del comitato direttivo in qualità di osservatori.
5. Il capo, altri membri del personale dell'AESD, il presidente del consiglio e, se del caso, i presidenti delle sue diverse configurazioni, nonché un rappresentante della Commissione e di altre istituzioni dell'Unione, compreso il SEAE, partecipano alle riunioni del comitato direttivo senza diritto di voto.
6. Il comitato direttivo:
a)
approva e sottopone a riesame periodico le attività di formazione e di istruzione dell'AESD nel rispetto dei requisiti convenuti in materia di formazione e di istruzione della PSDC;
b)
approva il programma accademico annuale dell'AESD;
c)
seleziona le attività di formazione e di istruzione da svolgere nell'ambito dell'AESD e ne definisce le priorità, tenendo conto delle risorse messe a disposizione dell'AESD e dei requisiti di formazione e di istruzione individuati;
d)
sceglie lo Stato membro o gli Stati membri che ospitano le attività di formazione e di istruzione dell'AESD e gli istituti che le svolgono;
e)
decide in merito all'apertura di specifiche attività di formazione e di istruzione dell'AESD alla partecipazione di paesi terzi nell'ambito politico generale stabilito dal comitato politico e di sicurezza;
f)
adotta i programmi di studio per tutte le attività di formazione e di istruzione dell'AESD;
g)
prende atto dei rapporti di valutazione relativi ai corsi;
h)
prende atto della relazione generale annuale sulle attività di formazione e istruzione dell'AESD e adotta le raccomandazioni in essa contenute, da trasmettere agli organi competenti del Consiglio;
i)
fornisce un orientamento globale per i lavori del consiglio;
j)
nomina i presidenti del consiglio e delle sue diverse configurazioni;
k)
adotta i provvedimenti necessari per quanto riguarda il funzionamento dell'AESD nella misura in cui tale compito non sia attribuito ad altri organi;
l)
approva il bilancio annuale ed eventuali bilanci rettificativi, su proposta del capo;
m)
approva i conti annuali e dà scarico al capo;
n)
approva disposizioni aggiuntive applicabili alle spese gestite dall'AESD;
o)
approva eventuali accordi di finanziamento e/o accordi tecnici conclusi con la Commissione, il SEAE, un'agenzia dell'Unione o uno Stato membro in relazione al finanziamento e/o all'esecuzione delle spese dell'AESD;
p)
contribuisce al processo di selezione del capo, come definito all'articolo 11, paragrafo 3;
q)
valuta l'esecuzione dei compiti da parte del capo per quanto riguarda la potenziale proroga del suo mandato, ai sensi all'articolo 11, paragrafo 4.
7. Il comitato direttivo approva il proprio regolamento interno.
8. Ad eccezione del caso di cui all'articolo 2, paragrafo 6, delle disposizioni finanziarie applicabili alle spese finanziate dall'AESD e al finanziamento delle spese dell'AESD, che figurano nell'allegato della presente decisione («disposizioni finanziarie»), il comitato direttivo delibera a maggioranza qualificata quale definita all'articolo 16, paragrafo 4, TUE.
Articolo 10
Consiglio accademico esecutivo
1. Il consiglio è composto da rappresentanti di alto livello degli istituti civili e militari e da altri operatori identificati dagli Stati membri per sostenere lo svolgimento delle attività di formazione e di istruzione dell'AESD, nonché dal direttore o dal suo rappresentante.
2. Il presidente del consiglio è nominato dal comitato direttivo tra i membri del consiglio stesso.
3. Alle riunioni del consiglio sono invitati ad assistere rappresentanti della Commissione e del SEAE.
4. Alle riunioni del consiglio sono invitati ad assistere, in qualità di osservatori attivi, rappresentanti di alto livello dei partner associati della rete.
5. Alle riunioni del consiglio possono essere invitati ad assistere come osservatori esperti accademici e alti funzionari di istituzioni dell'Unione e nazionali. Ove opportuno, e previa valutazione caso per caso, possono essere invitati a partecipare alle riunioni esperti accademici e alti funzionari rappresentanti degli istituti che non sono membri della rete.
6. Il consiglio:
a)
fornisce al comitato direttivo consulenze e raccomandazioni di carattere accademico;
b)
attua, tramite la rete, il programma accademico annuale convenuto;
c)
supervisiona il sistema di e-Learning;
d)
elabora i programmi di studio per tutte le attività di formazione e di istruzione dell'AESD;
e)
provvede al coordinamento generale delle attività di formazione e di istruzione dell'AESD tra tutti gli istituti;
f)
esamina il livello delle attività di formazione e di istruzione svolte nell'anno accademico precedente;
g)
presenta proposte di attività di formazione e di istruzione al comitato direttivo per l'anno accademico successivo;
h)
provvede a una sistematica valutazione di tutte le attività di formazione e di istruzione dell'AESD e approva i rapporti di valutazione relativi ai corsi;
i)
contribuisce alla redazione del progetto di relazione annuale generale sulle attività dell'AESD;
j)
sostiene l'attuazione dell'iniziativa europea per lo scambio di giovani ufficiali ispirata al programma Erasmus.
7. Per svolgere i suoi compiti il consiglio può riunirsi in diverse configurazioni incentrate sui progetti. Il consiglio definisce norme e disposizioni che disciplinano la creazione e il funzionamento di tali configurazioni che devono essere approvate dal comitato direttivo. Ogni configurazione riferisce in merito alle proprie attività al consiglio almeno una volta all'anno, dopodiché il suo mandato può essere prorogato.
8. I membri del segretariato sostengono e assistono il consiglio e ognuna delle sue configurazioni. Tali membri partecipano alle riunioni senza diritto di voto. Allo stesso tempo, qualora non sia possibile trovare un altro candidato, un membro può presiedere le riunioni.
9. Il regolamento interno del consiglio e di ognuna delle sue configurazioni è adottato dal comitato direttivo.
Articolo 11
Capo dell'AESD
1. Il capo:
a)
è responsabile delle attività dell'AESD;
b)
è l'unico rappresentante legale dell'AESD;
c)
è responsabile della gestione finanziaria e amministrativa dell'AESD;
d)
consiglia il comitato direttivo e il consiglio e sostiene i loro lavori; e
e)
funge da rappresentante dell'AESD per le attività di formazione e di istruzione all'interno e all'esterno della rete.
2. I candidati per la funzione di capo sono persone di competenza ed esperienza consolidate e riconosciute in materia di formazione e istruzione. Gli Stati membri possono proporre candidati per la funzione di capo. Il personale delle istituzioni dell'Unione e del SEAE può presentare domanda per tale funzione, conformemente alle norme applicabili.
3. La procedura di preselezione è organizzata sotto la responsabilità dell'AR. La commissione di preselezione è composta da tre rappresentanti del SEAE. È presieduta dal presidente del comitato direttivo. Sulla base dei risultati della preselezione, l'AR sottopone al comitato una raccomandazione con un elenco ristretto di almeno tre candidati, redatto secondo l'ordine delle preferenze espresse dalla commissione di preselezione. Almeno metà dei candidati iscritti nell'elenco ristretto dovrebbe provenire dagli Stati membri. Nel corso della procedura di selezione i candidati presentano al comitato la loro visione dell'AESD, dopodiché gli Stati membri sono invitati a classificare i candidati mediante votazione scritta e a scrutinio segreto. Il capo è nominato dall'AR quale membro del personale del SEAE per un periodo non superiore a tre anni.
4. Prima della fine del periodo di cui al paragrafo 3, il comitato direttivo valuta l'esecuzione dei compiti da parte del capo, in particolare in relazione agli obiettivi fissati nella visione che ha presentato nel corso del processo di selezione. Sulla base di tale valutazione, il comitato propone quindi di prorogare il mandato del capo in carica o di avviare una nuova procedura di selezione per scegliere un nuovo capo. In quest'ultimo caso, il capo in carica non può presentare domanda per tale funzione. In caso di proroga, la durata totale del mandato del capo non è superiore a cinque anni.
5. Il capo svolge in particolare dei compiti seguenti:
a)
adottare tutti i provvedimenti necessari all'efficace svolgimento delle attività dell'AESD, compresa l'adozione di norme amministrative interne e la pubblicazione di comunicazioni;
b)
redigere il progetto preliminare di relazione annuale dell'AESD e il progetto preliminare di programma di lavoro da sottoporre al comitato direttivo sulla base delle proposte presentate dal consiglio;
c)
coordinare l'attuazione del programma di lavoro dell'AESD;
d)
mantenere i contatti con le autorità pertinenti degli Stati membri;
e)
mantenere i contatti con i pertinenti operatori esterni nel settore della formazione e dell'istruzione in ambito PESC e PSDC;
f)
concludere, se del caso, accordi tecnici sulle attività di formazione e di istruzione dell'AESD con le pertinenti autorità e i pertinenti operatori nel settore della formazione e dell'istruzione in ambito PESC e PSDC;
g)
svolgere qualsiasi altro compito attribuitogli dal comitato.
6. Il capo è responsabile della gestione finanziaria e amministrativa dell'AESD e, in particolare:
a)
stabilisce e presenta al comitato direttivo i progetti di bilancio;
b)
adotta i bilanci previa approvazione del comitato direttivo;
c)
assume la qualità di ordinatore per il bilancio dell'AESD;
d)
apre uno o più conti bancari a nome dell'AESD;
e)
negozia, sottopone al comitato direttivo e conclude eventuali accordi di finanziamento e/o accordi tecnici con la Commissione, il SEAE o uno Stato membro in relazione al finanziamento e/o all'esecuzione delle spese dell'AESD;
f)
assistito da una commissione di selezione, seleziona il personale del segretariato;
g)
negozia e firma a nome dell'AESD eventuali scambi di lettere per il distacco di personale del segretariato presso l'AESD;
h)
negozia e firma a nome dell'AESD qualsiasi contratto di lavoro per personale a carico del bilancio dell'AESD;
i)
in generale, rappresenta l'AESD in tutti gli atti giuridici aventi implicazioni finanziarie;
j)
sottopone al comitato direttivo i conti annuali dell'AESD.
7. Il capo è responsabile delle proprie attività dinanzi al comitato direttivo.
Articolo 12
Segretariato dell'AESD
1. Il segretariato assiste il capo nell'assolvimento dei suoi compiti.
2. Il segretariato sostiene il comitato direttivo, il consiglio, incluse le sue configurazioni, e gli istituti nella gestione, nel coordinamento e nell'organizzazione delle attività di formazione e di istruzione dell'AESD.
3. Il segretariato sostiene e assiste il consiglio nel garantire la qualità e la coerenza complessive delle attività di formazione e di istruzione dell'AESD, nonché il loro costante adeguamento agli sviluppi della politica dell'Unione. In particolare, contribuisce a garantire i massimi standard possibili in tutte le fasi della fornitura di un'attività di formazione e di istruzione, dallo sviluppo dei programmi di studio e dal contenuto all'approccio metodologico.
4. Ciascun istituto appartenente alla rete AESD designa un punto di contatto con il segretariato per le questioni organizzative e amministrative connesse all'organizzazione delle attività di formazione e di istruzione dell'AESD.
5. Il segretariato opera in stretta collaborazione con la Commissione e il SEAE.
Articolo 13
Personale dell'AESD
1. Il personale dell'AESD è costituito da:
a)
personale distaccato presso l'AESD dalle istituzioni dell'Unione, dal SEAE e dalle agenzie dell'Unione;
b)
esperti nazionali distaccati presso l'AESD dagli Stati membri;
c)
personale a contratto qualora non si individui alcun esperto nazionale e previa approvazione da parte del comitato direttivo.
2. L'AESD può accogliere tirocinanti nonché professori e ricercatori invitati.
3. Il numero di membri del personale dell'AESD è deciso dal comitato direttivo congiuntamente al bilancio per l'anno successivo ed è chiaramente correlato al numero di attività di formazione e di istruzione dell'AESD e agli altri compiti di cui all'articolo 4.
4. La decisione dell'AR che fissa il regime applicabile agli esperti nazionali distaccati presso il SEAE si applica mutatis mutandis agli esperti nazionali distaccati presso l'AESD dagli Stati membri. Lo statuto dei funzionari dell'Unione europea e il regime applicabile agli altri agenti dell'Unione europea (6) si applica al personale distaccato presso l'AESD dalle istituzioni dell'Unione, compreso il personale a contratto a carico del bilancio dell'AESD.
5. Il comitato direttivo, su proposta dell'AR, definisce ove necessario le condizioni applicabili ai tirocinanti e ai professori e ricercatori invitati.
6. Il personale dell'AESD non può concludere contratti o assumere alcun tipo di obblighi finanziari a nome dell'AESD senza la previa autorizzazione scritta del capo.
CAPO III
Finanziamento
Articolo 14
Contributi in natura alle attività di formazione e di istruzione
1. Ciascuno Stato membro, istituzione dell'Unione, agenzia dell'Unione e istituto e il SEAE si fanno carico di tutte le spese relative alla propria partecipazione all'AESD, tra cui retribuzioni, indennità, spese di viaggio e di soggiorno e costi relativi al supporto organizzativo e amministrativo delle attività di formazione e di istruzione dell'AESD.
2. Ogni partecipante alle attività di formazione e di istruzione dell'AESD sostiene tutte le spese relative alla propria partecipazione.
Articolo 15
Sostegno da parte del SEAE
1. Il SEAE si fa carico di tutte le spese derivanti dall'ospitare il capo e il segretariato nei propri locali, compresi i costi delle tecnologie dell'informazione, il distacco del capo e il distacco di un membro del suo personale come assistente presso il segretariato dell'AESD.
2. Il SEAE fornisce all'AESD il supporto amministrativo necessario per l'assunzione e la gestione del personale e l'esecuzione del bilancio.
Articolo 16
Contributo dal bilancio generale dell'Unione europea
1. L'AESD riceve un contributo annuale o pluriennale dal bilancio generale dell'Unione europea. Tale contributo può coprire, in particolare, i costi per sostenere le attività di formazione e di istruzione e i costi degli esperti nazionali distaccati dagli Stati membri presso l'AESD e fino a un membro del personale a contratto.
2. L'importo di riferimento finanziario destinato a coprire le spese dell'AESD per il periodo dal 1o gennaio 2021 al 31 dicembre 2021 è pari a 2 055 156 EUR.
L'importo di riferimento finanziario destinato a coprire le spese dell'AESD per i periodi seguenti è deciso dal Consiglio.
3. A seguito della decisione del Consiglio di cui al paragrafo 2, un accordo di finanziamento con la Commissione è negoziato dal capo.
Articolo 17
Contributi volontari
1. Per finanziare attività specifiche, l'AESD può ricevere e gestire contributi volontari degli Stati membri e degli istituti o altri donatori. L'AESD assegna a tali contributi una destinazione specifica.
2. Accordi tecnici relativi ai contributi di cui al paragrafo 1 sono negoziati dal capo.
Articolo 18
Attuazione di progetti
1. L'AESD può chiedere di partecipare a progetti di ricerca o di altro tipo nel settore della PESC. L'AESD può agire in qualità di coordinatore o di membro del progetto. Il capo può far parte del «comitato consultivo» di un tale progetto. Il capo può delegare tale compito a uno dei presidenti delle configurazioni del consiglio accademico esecutivo o a un membro del segretariato.
2. I contributi provenienti da detti progetti devono essere visibili nel bilancio rettificativo dell'AESD ed essere utilizzati conformemente ai compiti e agli obiettivi dell'AESD.
Articolo 19
Disposizioni finanziarie
Le disposizioni finanziarie si applicano alle spese finanziate dall'AESD e al finanziamento di tali spese.
CAPO IV
Disposizioni Varie
Articolo 20
Partecipazione alle attività di formazione e di istruzione dell'AESD
1. Tutte le attività di formazione e di istruzione dell'AESD sono aperte alla partecipazione dei cittadini di tutti gli Stati membri e degli Stati in via di adesione. Gli istituti che le organizzano e le svolgono assicurano che tale principio si applichi senza eccezioni.
2. Le attività di formazione e di istruzione dell'AESD, in particolare quelle di cui all'articolo 4, paragrafo 2, lettera d), sono anche aperte, in linea di massima, alla partecipazione dei cittadini di paesi che sono candidati all'adesione all'Unione e, nel caso, di altri paesi e organizzazioni terzi.
3. Alle attività di formazione partecipano il personale civile, diplomatico, di polizia e militare che si occupa di aspetti relativi al settore della PSDC e PESC e gli esperti da impiegare nelle missioni e operazioni PSDC.
Possono essere invitati a partecipare alle attività di formazione e di istruzione dell'AESD rappresentanti, tra l'altro, di organizzazioni internazionali, organizzazioni non governative, istituti accademici, dei media e del mondo imprenditoriale.
4. I partecipanti che hanno completato un corso dell'AESD ricevono un certificato firmato dall'AR. Le modalità di rilascio del certificato sono riesaminate periodicamente dal comitato direttivo. Il certificato è riconosciuto dagli Stati membri e dalle istituzioni dell'Unione.
Articolo 21
Collaborazione
L'AESD collabora, avvalendosi delle loro conoscenze specialistiche, con organizzazioni internazionali e altri soggetti pertinenti, quali istituti nazionali di formazione e di istruzione di paesi terzi, in particolare, ma non esclusivamente, quelli di cui all'articolo 5, paragrafo 2.
Articolo 22
Norme di sicurezza
All'AESD si applica la decisione 2013/488/UE del Consiglio (7).
CAPO V
Disposizioni Finali
Articolo 23
Continuità
Le norme e i regolamenti adottati per l'attuazione della decisione (PESC) 2016/2382 restano in vigore ai fini dell'attuazione della presente decisione, a condizione che siano compatibili con le disposizioni della presente decisione e finché non sono modificati o abrogati.
Articolo 24
Abrogazione
La decisione (PESC) 2016/2382 è abrogata.
Articolo 25
Riesame
1. Entro il 20 ottobre 2024, il capo avvia un riesame delle attività di formazione e di istruzione, consultando tutte le parti interessate.
2. Il riesame è sottoposto all'esame del comitato direttivo.
Articolo 26
Entrata in vigore
La presente decisione entra in vigore il giorno dell'adozione.
Articolo 27
Pubblicazione
La presente decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Fatto a Lussemburgo, il 19 ottobre 2020
Per il Consiglio
La presidente
J. KLOECKNER
(1) Azione comune 2005/575/PESC del Consiglio, del 18 luglio 2005, che istituisce l’Accademia europea per la sicurezza e la difesa (AESD). (GU L 194 del 26.7.2005, pag. 15).
(2) Azione comune 2008/550/PESC del Consiglio, del 23 giugno 2008, che istituisce l’Accademia europea per la sicurezza e la difesa (AESD) e abroga l’azione comune 2005/575/PESC (GU L 176 del 4.7.2008, pag. 20).
(3) Decisione 2013/189/PESC del Consiglio, del 22 aprile 2013, che istituisce l’Accademia europea per la sicurezza e la difesa (AESD) e abroga l’azione comune 2008/5505/PESC (GU L 112 del 24.4.2013, pag. 22).
(4) Decisione (PESC) 2016/2382 del Consiglio, del 21 dicembre 2016, che istituisce l'Accademia europea per la sicurezza e la difesa (AESD) e abroga la decisione 2013/189/PESC (GU L 352 del 23.12.2016, pag. 60).
(5) Decisione 2010/427/UE del Consiglio, del 26 luglio 2010, che fissa l’organizzazione e il funzionamento del servizio europeo per l’azione esterna (GU L 201 del 3.8.2010, pag. 30).
(6) Regolamento (CEE, Euratom, CECA) n. 259/68 del Consiglio, del 29 febbraio 1968, che definisce lo statuto dei funzionari delle Comunità europee nonché il regime applicabile agli altri agenti di tali Comunità, ed istituisce speciali misure applicabili temporaneamente ai funzionari della Commissione (GU L 56 del 4.3.1968, pag. 1).
(7) Decisione 2013/488/UE del Consiglio, del 23 settembre 2013, sulle norme di sicurezza per proteggere le informazioni classificate UE (GU L 274 del 15.10.2013, pag. 1).
ALLEGATO
DISPOSIZIONI FINANZIARIE APPLICABILI ALLE SPESE FINANZIATE DALL'AESD E AL FINANZIAMENTO DELLE SPESE DELL'AESD
Articolo 1
Principi di bilancio
1. Il bilancio dell'AESD, stabilito in euro, è l'atto che prevede ed autorizza, per ciascun esercizio, l'insieme delle entrate dell'AESD e delle spese finanziate dall'AESD.
2. Nel bilancio, entrate e spese devono risultare in pareggio.
3. La riscossione delle entrate o il pagamento delle spese finanziate dall'AESD possono essere effettuati solo mediante imputazione ad una linea del bilancio dell'AESD.
Articolo 2
Adozione dei bilanci
1. Ogni anno il capo predispone un progetto di bilancio per l'esercizio successivo, che inizia il 1o gennaio e termina il 31 dicembre dello stesso anno. Il progetto di bilancio include gli stanziamenti ritenuti necessari per coprire le spese che devono essere finanziate dall'AESD durante tale periodo e una previsione delle entrate previste per coprire dette spese.
2. Gli stanziamenti sono classificati, per quanto occorra, a seconda della loro natura o della loro destinazione in capitoli e articoli. Il progetto include commenti dettagliati per articolo.
3. Le entrate sono costituite dai contributi volontari degli Stati membri o di altri donatori e dal contributo annuale dal bilancio generale dell'Unione europea.
4. Il capo presenta una relazione dettagliata di bilancio sull'esercizio precedente entro il 31 marzo. Il capo propone al comitato direttivo il progetto di bilancio per l'esercizio successivo entro il 31 luglio.
5. Il comitato direttivo approva il progetto di bilancio entro il 31 ottobre.
6. Nel caso l'AESD riceva un contributo pluriennale dal bilancio generale dell'Unione europea, il comitato direttivo approva il bilancio annuale per consenso.
Articolo 3
Storni di stanziamenti
In caso di circostanze impreviste, il capo può decidere, informandone il comitato direttivo, storni di stanziamenti tra le linee o le rubriche di bilancio del contributo di cui all'articolo 16 non superiori al 25 % di tali linee o rubriche di bilancio. Gli storni di stanziamenti tra le linee o le rubriche di bilancio superiori al 25 % delle stesse sono sottoposti al comitato direttivo per approvazione in un bilancio rettificativo dell'AESD.
Articolo 4
Riporti di stanziamenti
1. Gli stanziamenti necessari per onorare obblighi giuridici contratti entro il 31 dicembre di un esercizio sono riportati all'esercizio successivo.
2. Gli stanziamenti provenienti dai contributi volontari sono riportati all'esercizio successivo.
3. Gli stanziamenti provenienti dai progetti sono riportati all'esercizio successivo.
4. Il capo può riportare altri stanziamenti del bilancio all'esercizio successivo con l'approvazione del comitato direttivo.
5. Altri stanziamenti sono annullati a fine esercizio.
Articolo 5
Esecuzione del bilancio e gestione del personale
Ai fini dell'esecuzione del bilancio e della gestione del personale, l'AESD utilizza quanto più possibile le strutture amministrative esistenti dell'Unione, in particolare il SEAE.
Articolo 6
Conti bancari
1. I conti bancari dell'AESD sono aperti presso un ente creditizio di prim'ordine con sede in uno Stato membro e possono essere correnti o a breve termine in euro.
2. Non sono consentiti scoperti sui conti AESD.
Articolo 7
Pagamenti
I pagamenti effettuati a partire da un conto bancario dell'AESD richiedono la firma congiunta del capo e di un altro membro del personale dell'AESD.
Articolo 8
Contabilità
1. Il capo provvede affinché la contabilità relativa alle entrate, alle spese e all'inventario dei beni dell'AESD sia tenuta conformemente alle norme contabili internazionalmente accettate per il settore pubblico.
2. Il capo presenta al comitato direttivo i conti annuali relativi a un determinato esercizio entro il 31 marzo successivo, congiuntamente alla relazione dettagliata di cui all'articolo 2, paragrafo 4, delle disposizioni finanziarie.
3. Se necessario, i servizi contabili possono essere esternalizzati.
Articolo 9
Revisione dei conti
1. Ogni anno è effettuata una revisione dei conti dell'AESD.
2. I servizi di revisione contabile necessari sono esternalizzati.
3. Le relazioni di revisione contabile sono messe a disposizione del comitato direttivo congiuntamente alla relazione dettagliata di cui all'articolo 2, paragrafo 4, delle disposizioni finanziarie.
Articolo 10
Scarico
1. Il comitato direttivo decide sulla base della relazione dettagliata, dei conti annuali e della relazione annuale di revisione contabile se dare scarico al capo sull'esecuzione del bilancio dell'AESD.
2. Il capo adotta ogni provvedimento opportuno per assicurare al comitato direttivo che lo scarico può essere concesso e per dar seguito alle eventuali osservazioni che accompagnano le decisioni di scarico. | Accademia europea per la sicurezza e la difesa
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
La decisione istituisce l’Accademia europea per la sicurezza e la difesa (AESD) che mira a sviluppare e promuovere una comprensione comune tra i civili e il personale militare della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) e della politica estera e di sicurezza comune (PESC) dell’Unione Europea (UE) attraverso attività di formazione e istruzione
PUNTI CHIAVE
Obiettivi
L’AESD si propone una serie di obiettivi:migliorare ulteriormente la sicurezza comune europea e la cultura della difesa all’interno dell’UE e promuovere i principi sanciti dall’articolo 21 del trattato sull’Unione europea; promuovere una migliore comprensione della PSDC come parte essenziale della PESC; fornire alle amministrazioni degli Stati membri persone che abbiano familiarità con le politiche, le istituzioni e le procedure dell’UE nell’ambito della PSDC; fornire al personale delle missioni e delle operazioni PSDC una visione comune dei principi di funzionamento e un senso di identità europea comune; fornire formazione e istruzione che soddisfino le esigenze delle missioni e delle operazioni PSDC; sostenere partenariati dell’UE nel campo della PSDC, in particolare con i paesi che partecipano alle missioni nell’ambito della PSDC; sostenere la gestione civile delle crisi, anche nel settore della prevenzione dei conflitti, e stabilire o mantenere le condizioni necessarie per uno sviluppo sostenibile; promuovere l’iniziativa europea per lo scambio di giovani ufficiali; contribuire a promuovere relazioni e contatti professionali tra i partecipanti.Compiti della AESD
Il compito principale dell’AESD è quello di provvedere alla formazione e all’istruzione. La decisione stabilisce inoltre una serie di compiti specifici, tra cui:corsi a livello base e avanzato che promuovano una comprensione generale della PESC e della PSDC; corsi di sviluppo della leadership; corsi a sostegno direttamente delle missioni e operazioni PSDC, compresa la formazione e l’istruzione pre-schieramento e durante le missioni/operazioni; corsi a sostegno dei partenariati dell’UE e dei paesi che partecipano alle missioni e operazioni PSDC; moduli a sostegno della formazione e dell’istruzione civile e militare nel settore della PSDC e della PESC; corsi, seminari, programmi e conferenze sulla PSDC per un pubblico specializzato o con un taglio specifico; moduli comuni organizzati nell’ambito dell’iniziativa europea per lo scambio di giovani ufficiali ispirata al programma Erasmus+. corsi di sensibilizzazione e corsi di livello avanzato in campo informatico, anche a sostegno delle missioni e operazioni PSDC; corsi e seminari volti a sostenere la ricerca a livello di dottorato mediante lo scambio di migliori prassi ed esperienze.Rete
L’AESD è costituita in forma di rete che riunisce istituti, compresi quelli specializzati in questioni relative alla politica della sicurezza e della difesa all’interno dell’UE, identificati dagli Stati membri, nonché l’Istituto dell’Unione europea per gli studi sulla sicurezza. L’AESD stabilisce stretti collegamenti con le istituzioni dell’Unione e le agenzie dell’Unione che comprendono:l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, regolamento (UE) 2019/1896, si veda la sintesi; l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione nell’attività di contrasto (Europol), regolamento (UE) 2016/794, si veda la sintesi; l’agenzia dell’Unione europea per la formazione delle autorità di contrasto, regolamento (UE) 2015/2219, si veda la sintesi; l’Agenzia europea per la difesa, decisione PESC 2015/1835, si veda la sintesi; il Centro satellitare dell’Unione europea, decisione 2014/401/PESC, si veda la sintesi;L’AESD opera sotto la responsabilità generale dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
Il regolamento è in vigore dal 19 ottobre 2020. La decisione del Consiglio (PSDC) 2020/1515 abroga la decisione del Consiglio (PESC) 2016/2382.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si veda:Accademia europea per la sicurezza e la difesa (Commissione europea)
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione (PESC) 2020/1515 del Consiglio, del 19 ottobre 2020, che istituisce l’Accademia europea per la sicurezza e la difesa e abroga la decisione (PESC) 2016/2382 (GU L 348 del 20.10.2020, pag. 1).
Le successive modifiche alla decisione (PESC) 2020/1515 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) 2019/1896 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2019, relativo alla guardia di frontiera e costiera europea e che abroga i regolamenti (UE) n. 1052/2013 e (UE) 2016/1624 (GU L 295 del 14.11.2019, pag. 1).
Versione consolidata del trattato sull’Unione europea — Titolo V — Disposizioni generali sull’azione esterna dell’Unione e disposizioni specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune — Capo 2 — Disposizioni specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune — Sezione 1 — Disposizioni comuni — articolo 28 (ex articolo 14 del TUE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 32).
Versione consolidata del trattato sull’Unione europea, titolo V: Disposizioni generali sull’azione esterna dell’Unione e disposizioni specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune — Capo 2 — Disposizioni specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune, sezione 2: Disposizioni sulla politica di sicurezza e di difesa comune, articolo 42 (ex articolo 17 del TUE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 38).
Regolamento (UE) 2016/794 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2016, che istituisce l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione nell’attività di contrasto (Europol) e sostituisce e abroga le decisioni del Consiglio 2009/371/GAI, 2009/934/GAI, 2009/935/GAI, 2009/936/GAI e 2009/968/GAI (GU L 135 del 24.5.2016, pag. 53).
Regolamento (UE) 2015/2219 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, sull’Agenzia dell’Unione europea per la formazione delle autorità di contrasto (CEPOL) e che sostituisce e abroga la decisione 2005/681/GAI del Consiglio (GU L 319, del 4.12.2015, pag. 1).
Decisione (PESC) 2015/1835 del Consiglio, del 12 ottobre 2015, che fissa lo statuto, la sede e le modalità di funzionamento dell’Agenzia europea per la difesa (GU L 266 del 13.10.2015, pag. 55).
Si veda la versione consolidata.
Decisione 2014/75/PESC del Consiglio, del 10 febbraio 2014, sull’Istituto dell’Unione europea per gli studi sulla sicurezza (GU L 41 del 12.2.2014, pag. 13). | 14,590 | 1,256 |
32007D1149 | false | DECISIONE N. 1149/2007/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 25 settembre 2007
che istituisce il programma specifico «Giustizia civile» per il periodo 2007-2013 come parte del programma generale «Diritti fondamentali e giustizia»
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 61, lettera c), e l’articolo 67, paragrafo 5,
vista la proposta della Commissione,
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (1),
considerando quanto segue:
(1)
La Comunità si è prefissa l’obiettivo di mantenere e sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone. A tal fine la Comunità deve tra l’altro adottare, nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile, le misure necessarie al corretto funzionamento del mercato interno.
(2)
Facendo seguito a programmi precedenti, quali i progetti Grotius (2) e Robert Schuman (3), il regolamento (CE) n. 743/2002 del Consiglio (4) ha istituito, per il periodo 2002-2006, un quadro generale comunitario di attività per agevolare la cooperazione giudiziaria in materia civile.
(3)
Il Consiglio europeo di Bruxelles del 4 e 5 novembre 2004 ha adottato il programma dell’Aia «Rafforzamento della libertà, della sicurezza e della giustizia nell’Unione europea» (5) (di seguito «il programma dell’Aia»).
(4)
Nel giugno 2005 il Consiglio e la Commissione hanno adottato il piano d’azione sull’attuazione del programma dell’Aia (6).
(5)
È opportuno realizzare gli ambiziosi obiettivi fissati dal trattato e dal programma dell’Aia istituendo un programma flessibile ed efficace che faciliti la pianificazione e l’attuazione.
(6)
Il programma «Giustizia civile» dovrebbe prevedere iniziative della Commissione, nel rispetto del principio di sussidiarietà, azioni a sostegno delle organizzazioni che promuovono ed agevolano la cooperazione giudiziaria in materia civile, nonché azioni a sostegno di progetti specifici.
(7)
Un programma generale in materia di giustizia civile volto ad accrescere la comprensione reciproca dei sistemi giuridici e giudiziari degli Stati membri contribuirà a ridurre gli ostacoli che si frappongono alla cooperazione giudiziaria in materia civile, a beneficio del funzionamento del mercato interno.
(8)
In conformità al programma dell’Aia, il rafforzamento della fiducia reciproca richiede uno sforzo esplicito per migliorare la comprensione reciproca tra le autorità giudiziarie e diversi ordinamenti giuridici. Le reti europee delle autorità pubbliche nazionali dovrebbero prestare particolare attenzione e sostegno a tale riguardo.
(9)
La presente decisione dovrebbe offrire la possibilità di cofinanziare le attività di determinate reti europee nella misura in cui la spesa è sostenuta per perseguire un obiettivo di interesse europeo generale. Tale cofinanziamento non dovrebbe tuttavia implicare che un futuro programma abbracci siffatte reti, né ostare a che altre reti europee beneficino del sostegno alle loro attività a norma della presente decisione.
(10)
Qualsiasi istituzione, associazione o rete che ottiene una sovvenzione a norma del programma «Giustizia civile» dovrebbe riconoscere il sostegno ricevuto dalla Comunità in conformità agli orientamenti sulla visibilità elaborati dalla Commissione.
(11)
La presente decisione stabilisce, per tutta la durata del programma, una dotazione finanziaria che costituisce nel quadro della procedura di bilancio annuale il riferimento principale per l’autorità di bilancio, ai sensi del punto 37 dell’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sulla disciplina di bilancio e la sana gestione finanziaria (7).
(12)
Poiché gli obiettivi della presente decisione non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni e degli effetti del programma, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente decisione si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(13)
Il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (8) (di seguito «il regolamento finanziario»), e il regolamento (CE, Euratom) n. 2342/2002 della Commissione, del 23 dicembre 2002, recante modalità d’esecuzione del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio (9), che tutelano entrambi gli interessi finanziari della Comunità, devono essere applicati tenendo conto dei principi di semplicità e coerenza nella scelta degli strumenti di bilancio, della limitazione del numero dei casi in cui la Commissione mantiene una responsabilità diretta a livello di attuazione e gestione, nonché della necessaria proporzionalità tra l’entità delle risorse e l’onere amministrativo del loro impiego.
(14)
È opportuno inoltre adottare misure appropriate per prevenire irregolarità e frodi e prendere i provvedimenti necessari per recuperare i fondi perduti, indebitamente versati o non correttamente utilizzati conformemente al regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità (10), al regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio, dell’11 novembre 1996, relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità (11), e al regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio per la lotta antifrode (OLAF) (12).
(15)
Il regolamento finanziario impone che le sovvenzioni di funzionamento siano dotate di un atto di base.
(16)
Le misure necessarie per l’attuazione della presente decisione sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (13), operando una distinzione tra le misure soggette alla procedura di gestione e quelle soggette alla procedura consultiva, la quale, in determinati casi, si rivela più appropriata per una maggiore efficacia.
(17)
A norma dell’articolo 7, paragrafo 3, della decisione 1999/468/CE, il Parlamento europeo deve essere informato dalla Commissione dei lavori dei comitati concernenti l’attuazione del presente programma. In particolare il Parlamento europeo deve ricevere il progetto di programma annuale allorché esso è sottoposto al comitato di gestione. Inoltre deve ricevere i risultati delle votazioni e i resoconti sommari delle riunioni di detto comitato.
(18)
Il Regno Unito e l’Irlanda, a norma dell’articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, hanno notificato che intendono partecipare all’adozione e all’applicazione della presente decisione.
(19)
La Danimarca, a norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, non partecipa all’adozione della presente decisione e non è vincolata da essa, né è soggetta alla sua applicazione.
(20)
Il Comitato economico e sociale europeo ha espresso un parere sulla presente decisione (14).
(21)
Al fine di assicurare l’effettiva e tempestiva attuazione del programma, la presente decisione dovrebbe essere applicata a decorrere dal 1o gennaio 2007,
DECIDONO:
Articolo 1
Istituzione del programma
1. La presente decisione istituisce il programma specifico «Giustizia civile» (di seguito «il programma») come parte del programma generale «Diritti fondamentali e giustizia», al fine di contribuire alla progressiva istituzione dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia.
2. Il programma copre il periodo dal 1o gennaio 2007 al 31 dicembre 2013.
3. Nella presente decisione per «Stato membro» si intende qualsiasi Stato membro ad eccezione della Danimarca.
Articolo 2
Obiettivi generali
1. Il programma persegue i seguenti obiettivi generali:
a)
promuovere la cooperazione giudiziaria al fine di contribuire alla creazione di un autentico spazio europeo di giustizia in materia civile, basato sul riconoscimento e sulla fiducia reciproci;
b)
promuovere l’eliminazione degli ostacoli al corretto svolgimento dei procedimenti civili transfrontalieri negli Stati membri;
c)
migliorare la vita quotidiana degli individui e delle imprese consentendo loro di far valere i propri diritti in tutta l’Unione europea, in particolare agevolando l’accesso alla giustizia;
d)
migliorare i contatti, lo scambio di informazioni e la creazione di reti tra le autorità giudiziarie e amministrative e i professionisti legali, anche mediante il sostegno della formazione giudiziaria, al fine di una migliore comprensione reciproca tra le autorità e i professionisti in questione.
2. Fatti salvi gli obiettivi e le competenze della Comunità, gli obiettivi generali del programma contribuiscono allo sviluppo delle politiche comunitarie e, più precisamente, alla creazione di uno spazio giudiziario.
Articolo 3
Obiettivi specifici
Il programma persegue i seguenti obiettivi specifici:
a)
promuovere la cooperazione giudiziaria in materia civile allo scopo di:
i)
garantire la certezza del diritto e migliorare l’accesso alla giustizia;
ii)
promuovere il riconoscimento reciproco delle decisioni nelle controversie civili e commerciali;
iii)
rimuovere gli ostacoli ai contenziosi transfrontalieri creati dalle disparità legislative e procedurali in materia civile e promuovere, a tal fine, la necessaria compatibilità delle legislazioni;
iv)
garantire una corretta amministrazione della giustizia, evitando i conflitti di giurisdizione;
b)
migliorare la conoscenza reciproca dei sistemi giuridici e giudiziari degli Stati membri in materia civile e promuovere e potenziare la creazione di reti, la cooperazione reciproca, lo scambio e la diffusione delle informazioni, dell’esperienza e delle migliori prassi;
c)
assicurare che gli strumenti comunitari adottati nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile e commerciale trovino regolare attuazione, siano concretamente e correttamente applicati nonché valutati;
d)
migliorare le informazioni sui sistemi giuridici degli Stati membri e l’accesso alla giustizia;
e)
promuovere la formazione degli operatori della giustizia sul diritto comunitario e dell’Unione;
f)
valutare le condizioni generali necessarie per rafforzare la reciproca fiducia, nel pieno rispetto dell’indipendenza della magistratura;
g)
agevolare il funzionamento della rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale, istituita dalla decisione 2001/470/CE del Consiglio (15).
Articolo 4
Azioni
Al fine di conseguire gli obiettivi generali e specifici di cui agli articoli 2 e 3, il programma sostiene i seguenti tipi di azione conformemente alle condizioni fissate nei programmi di lavoro annuali di cui all’articolo 9, paragrafo 2:
a)
azioni specifiche avviate dalla Commissione, quali studi e ricerche, sondaggi e inchieste, elaborazione di indicatori e metodologie comuni, raccolta, sviluppo e diffusione di dati e statistiche, seminari, conferenze e riunioni di esperti, organizzazione di campagne ed eventi pubblici, sviluppo e aggiornamento di siti web, preparazione e diffusione di materiale informativo, supporto e gestione di reti di esperti nazionali, attività di analisi, controllo e valutazione; oppure
b)
progetti transnazionali specifici di interesse comunitario presentati da una autorità o qualsiasi altro ente di uno Stato membro, un’organizzazione internazionale o non governativa, che richiedano in ogni caso almeno due Stati membri o almeno uno Stato membro ed un altro Stato che può essere un paese in via di adesione o un paese candidato; oppure
c)
attività di organizzazioni non governative o di altri enti che perseguono un obiettivo di interesse europeo generale nel quadro degli obiettivi generali del programma, conformemente alle condizioni fissate nei programmi di lavoro annuali, oppure
d)
sovvenzioni di funzionamento intese a cofinanziare le spese associate ai programmi di lavoro permanente della rete dei Consigli superiori della magistratura e della rete europea dei presidenti delle Corti di cassazione dell’Unione europea, nella misura in cui sono sostenute per conseguire un obiettivo di interesse generale europeo mediante la promozione degli scambi di vedute ed esperienze su materie riguardanti la giurisprudenza, l’organizzazione e il funzionamento dei membri di tali reti nell’espletamento delle loro funzioni giudiziarie e/o consultive per quanto riguarda la normativa comunitaria.
Articolo 5
Partecipazione
1. Alle azioni del programma possono partecipare i seguenti paesi: i paesi in via di adesione, i paesi candidati e i paesi dei Balcani occidentali che partecipano al processo di stabilizzazione e associazione, secondo le condizioni stabilite negli accordi di associazione o nei protocolli addizionali relativi alla partecipazione a programmi comunitari già conclusi o da concludere con tali paesi.
2. I progetti possono coinvolgere operatori giuridici provenienti dalla Danimarca, dai paesi candidati che non partecipano al programma, qualora ciò sia utile alla loro preparazione all’adesione, o da altri paesi terzi che non partecipano al programma qualora ciò sia in linea con gli obiettivi dei progetti.
Articolo 6
Destinatari
1. Il programma è diretto, tra l’altro, agli operatori della giustizia, alle autorità nazionali e ai cittadini dell’Unione in generale.
2. Ai fini della presente decisione, gli «operatori della giustizia» comprendono giudici, magistrati delle procure, avvocati, procuratori legali, notai, personale accademico e scientifico, funzionari ministeriali, ausiliari di giustizia, ufficiali giudiziari, interpreti presso i tribunali e le altre professioni associate alla giustizia civile.
Articolo 7
Accesso al programma
L’accesso al programma è aperto alle istituzioni e alle organizzazioni pubbliche o private, comprese le organizzazioni professionali, le università, gli istituti di ricerca e gli istituti di formazione giuridica e giudiziaria per gli operatori della giustizia, le organizzazioni internazionali e le organizzazioni non governative degli Stati membri.
Articolo 8
Tipologie di intervento
1. Il finanziamento comunitario può assumere una delle seguenti forme giuridiche:
a)
sovvenzioni;
b)
contratti di appalto pubblico.
2. Le sovvenzioni comunitarie sono concesse in seguito ad inviti a presentare proposte e hanno la forma di sovvenzioni di funzionamento e sovvenzioni alle azioni. L’aliquota massima di cofinanziamento è specificata nei programmi di lavoro annuali.
3. Sono inoltre previste spese per misure di accompagnamento, tramite contratti di appalto pubblico. In questo caso i finanziamenti comunitari coprono l’acquisto di beni e servizi in ordine tra l’altro a spese di informazione e comunicazione, preparazione, attuazione, monitoraggio, controllo e valutazione dei progetti, delle politiche, dei programmi e della legislazione.
Articolo 9
Misure di attuazione
1. La Commissione attua il sostegno finanziario della Comunità a norma del regolamento finanziario.
2. Al fine di attuare il programma, la Commissione adotta, entro i limiti degli obiettivi generali di cui all’articolo 2, un programma di lavoro annuale contenente gli obiettivi specifici, le priorità tematiche, le misure di accompagnamento di cui all’articolo 8, paragrafo 3, e, se necessario, un elenco di altre azioni.
3. Il programma di lavoro annuale è adottato secondo la procedura di cui all’articolo 10, paragrafo 2.
4. Le procedure di valutazione e di concessione delle sovvenzioni alle azioni tengono conto, tra l’altro, dei seguenti criteri:
a)
conformità dell’azione proposta al programma di lavoro annuale, agli obiettivi di cui agli articoli 2 e 3 e ai tipi di azioni di cui all’articolo 4;
b)
qualità dell’azione proposta in relazione alla sua progettazione, organizzazione, presentazione e ai risultati attesi;
c)
importo del finanziamento comunitario richiesto e la sua adeguatezza rispetto ai risultati attesi;
d)
impatto dei risultati attesi sugli obiettivi di cui agli articoli 2 e 3 e sulle azioni di cui all’articolo 4.
5. Le richieste di sovvenzioni di funzionamento di cui all’articolo 4, lettera d), sono valutate considerando:
a)
la coerenza con gli obiettivi del programma;
b)
la qualità delle attività pianificate;
c)
il probabile effetto moltiplicatore di tali attività sul pubblico;
d)
l’impatto geografico delle attività svolte;
e)
il coinvolgimento dei cittadini nell’organizzazione degli organismi interessati;
f)
il rapporto costi/benefici dell’attività proposta.
6. La Commissione esamina ciascuna delle azioni proposte che le vengono presentate a norma dell’articolo 4, lettere b) e c). Le decisioni inerenti a tali azioni sono adottate secondo la procedura di cui all’articolo 11, paragrafo 2.
Articolo 10
Comitato di gestione
1. La Commissione è assistita da un comitato di gestione.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 4 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
Il periodo di cui all’articolo 4, paragrafo 3, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.
Articolo 11
Comitato consultivo
1. La Commissione è assistita da un comitato consultivo.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 3 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
Articolo 12
Complementarità
1. Vanno ricercate sinergie e complementarità con altri strumenti comunitari, in particolare con il programma specifico «Giustizia penale», parte del programma generale «Diritti fondamentali e giustizia», e con i programmi generali «Sicurezza e tutela delle libertà» e «Solidarietà e gestione dei flussi migratori». Le informazioni statistiche sulla giustizia civile sono elaborate in collaborazione con gli Stati membri, ricorrendo se del caso al programma statistico comunitario.
2. Eccezionalmente, le risorse del programma possono essere messe in comune con quelle di altri strumenti comunitari, in particolare con il programma specifico «Giustizia penale», parte del programma generale «Diritti fondamentali e giustizia», al fine di attuare azioni dirette a soddisfare gli obiettivi comuni ai due programmi.
3. Le operazioni finanziate a norma della presente decisione non ricevono sostegno finanziario da altri strumenti finanziari della Comunità o dell’Unione per i medesimi obiettivi. I beneficiari del programma forniscono alla Commissione informazioni sui finanziamenti ottenuti dal bilancio generale dell’Unione europea e da altre fonti e sulle richieste di finanziamento in corso.
Articolo 13
Risorse di bilancio
1. La dotazione finanziaria per l’attuazione della presente decisione è pari a 109 300 000 EUR per il periodo indicato all’articolo 1.
2. Le risorse di bilancio destinate alle azioni previste nel programma sono iscritte negli stanziamenti annuali del bilancio generale dell’Unione europea. L’autorità di bilancio autorizza gli stanziamenti disponibili per ciascun esercizio entro i limiti del quadro finanziario.
Articolo 14
Monitoraggio
1. La Commissione provvede affinché, per ogni azione finanziata dal programma, il beneficiario trasmetta relazioni tecniche e finanziarie sullo stato di avanzamento dei lavori e affinché entro tre mesi dal completamento dell’azione sia trasmessa una relazione finale. La Commissione stabilisce la forma e il contenuto delle relazioni. La Commissione mette le relazioni a disposizione degli Stati membri.
2. Fatti salvi i controlli contabili eseguiti dalla Corte dei conti in cooperazione con i competenti organi o servizi nazionali di controllo contabile, a norma dell’articolo 248 del trattato, o le ispezioni effettuate a norma dell’articolo 279, paragrafo 1, primo comma, lettera b), del trattato, i funzionari e gli altri agenti della Commissione possono controllare in loco le azioni finanziate dal programma, anche mediante controlli a campione.
3. La Commissione provvede affinché i contratti e le convenzioni derivanti dall’attuazione del programma stabiliscano in particolare la supervisione e il controllo finanziario della Commissione (o dei suoi rappresentanti autorizzati), da effettuarsi in loco se necessario, e l’esecuzione di controlli contabili da parte della Corte dei conti.
4. La Commissione provvede affinché il beneficiario del sostegno finanziario tenga a disposizione della Commissione tutti i documenti giustificativi attinenti alle spese connesse con l’azione per un periodo di cinque anni dopo l’ultimo pagamento relativo all’azione stessa.
5. Se necessario, in base ai risultati delle relazioni e dei controlli a campione di cui ai paragrafi 1 e 2, la Commissione provvede affinché l’entità o le condizioni di concessione del sostegno finanziario originariamente approvato, nonché il calendario dei pagamenti, siano adattati.
6. La Commissione provvede affinché siano adottate tutte le misure necessarie per verificare che le azioni finanziate siano svolte correttamente e nel rispetto delle disposizioni della presente decisione e del regolamento finanziario.
Articolo 15
Tutela degli interessi finanziari della Comunità
1. In sede di attuazione delle azioni finanziate a norma della presente decisione, la Commissione assicura la tutela degli interessi finanziari della Comunità mediante l’applicazione di misure di prevenzione contro le frodi, la corruzione e qualsiasi altra attività illecita, attraverso controlli effettivi e il recupero delle somme erroneamente corrisposte e, nel caso in cui siano riscontrate irregolarità, mediante l’applicazione di sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, secondo quanto disposto dai regolamenti (CE, Euratom) n. 2988/95, (Euratom, CE) n. 2185/96 e (CE) n. 1073/1999.
2. Per quanto concerne le azioni comunitarie finanziate a norma della presente decisione, i regolamenti (CE, Euratom) n. 2988/95 e (Euratom, CE) n. 2185/96 si applicano a qualsiasi violazione di una disposizione di diritto comunitario, inclusi gli inadempimenti di un obbligo contrattuale stipulato in base al programma, derivanti da un atto od omissione di un operatore economico che abbia o possa avere l’effetto di arrecare pregiudizio al bilancio generale dell’Unione europea o ai bilanci gestiti dalle Comunità europee, a causa di una spesa indebita.
3. La Commissione provvede affinché sia ridotto, sospeso o recuperato l’importo del sostegno finanziario concesso per un’azione, qualora accerti l’esistenza di irregolarità, inclusa l’inosservanza della presente decisione o della singola decisione o del contratto o della convenzione con cui è concesso il sostegno finanziario in questione, o qualora risulti che, senza chiedere l’approvazione della Commissione, siano state apportate ad un’azione modifiche incompatibili con la natura o le condizioni di esecuzione del progetto.
4. Qualora non siano state rispettate le scadenze o qualora la realizzazione di un’azione giustifichi solo una parte del sostegno concesso, il beneficiario comunica le osservazioni alla Commissione entro un termine prestabilito. Qualora il beneficiario non fornisca spiegazioni adeguate, la Commissione provvede affinché possa essere annullato il sostegno finanziario residuo e si proceda al recupero dei fondi già erogati.
5. La Commissione provvede affinché tutti gli importi indebitamente versati siano restituiti alla Commissione. Gli importi non restituiti a tempo debito sono maggiorati dei relativi interessi di mora, alle condizioni stabilite dal regolamento finanziario.
Articolo 16
Valutazione
1. Il programma è oggetto di monitoraggio periodico, al fine di seguire l’attuazione delle attività previste nell’ambito dello stesso.
2. La Commissione garantisce una valutazione periodica, indipendente ed esterna del programma.
3. La Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio:
a)
una relazione annuale sull’attuazione del programma;
b)
una relazione di valutazione intermedia sui risultati ottenuti e sugli aspetti qualitativi e quantitativi dell’attuazione del programma, ivi compreso sul lavoro svolto dai beneficiari delle sovvenzioni di funzionamento di cui all’articolo 4, lettera d), entro il 31 marzo 2011;
c)
una comunicazione sulla continuazione del programma entro il 30 agosto 2012;
d)
una relazione di valutazione ex post entro il 31 dicembre 2014.
Articolo 17
Pubblicazione delle azioni
La Commissione pubblica ogni anno un elenco delle azioni finanziate in base al programma, corredato di una succinta descrizione di ciascun progetto.
Articolo 18
Visibilità
La Commissione elabora orientamenti atti a garantire la visibilità del sostegno finanziario concesso a norma della presente decisione.
Articolo 19
Entrata in vigore
La presente decisione entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Essa si applica a decorrere dal 1o gennaio 2007.
Fatto a Strasburgo, addì 25 settembre 2007.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
M. LOBO ANTUNES
(1) Parere del Parlamento europeo del 14 dicembre 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale), posizione comune del Consiglio del 13 giugno 2007 (GU C 171 E del 24.7.2007, pag. 1) e posizione del Parlamento europeo dell’11 luglio 2007 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Decisione del Consiglio del 18 settembre 2007.
(2) Azione comune 96/636/GAI, del 28 ottobre 1996, adottata dal Consiglio in base all’articolo K.3 del trattato sull’Unione europea, che istituisce un programma di incoraggiamento e di scambi destinato agli operatori della giustizia («Grotius») (GU L 287 dell’8.11.1996, pag. 3); regolamento (CE) n. 290/2001 del Consiglio, del 12 febbraio 2001, che rinnova il programma di incoraggiamento e di scambi destinato agli operatori della giustizia in materia di diritto civile (Grotius-civile) (GU L 43 del 14.2.2001, pag. 1).
(3) Decisione n. 1496/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che istituisce un programma d’azione per una maggiore sensibilizzazione degli operatori del diritto al diritto comunitario (Azione Robert Schuman) (GU L 196 del 14.7.1998, pag. 24).
(4) GU L 115 dell’1.5.2002, pag. 1.
(5) GU C 53 del 3.3.2005, pag. 1.
(6) GU C 198 del 12.8.2005, pag. 1.
(7) GU C 139 del 14.6.2006, pag. 1.
(8) GU L 248 del 16.9.2002, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE, Euratom) n. 1995/2006 (GU L 390 del 30.12.2006, pag. 1).
(9) GU L 357 del 31.12.2002, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE, Euratom) n. 478/2007 (GU L 111 del 28.4.2007, pag. 13).
(10) GU L 312 del 23.12.1995, pag. 1.
(11) GU L 292 del 15.11.1996, pag. 2.
(12) GU L 136 del 31.5.1999, pag. 1.
(13) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23. Decisione modificata dalla decisione 2006/512/CE (GU L 200 del 22.7.2006, pag. 11).
(14) GU C 69 del 21.3.2006, pag. 1.
(15) GU L 174 del 27.6.2001, pag. 25. | Programma specifico "Giustizia civile" (2007-2013)
Il programma "Giustizia civile" promuove la cooperazione giudiziaria attraverso la formazione degli operatori della giustizia, il rafforzamento delle reti e lo scambio e la diffusione di informazioni. In quanto parte del programma generale "Diritti fondamentali e giustizia", contribuisce alla creazione di uno spazio europeo di giustizia in materia civile, basato sul riconoscimento e sulla fiducia reciproci.
ATTO
Decisione n. 1149/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 settembre 2007, che istituisce il programma specifico "Giustizia civile" per il periodo 2007-2013 come parte del programma generale "Diritti fondamentali e giustizia".
SINTESI
Il programma "Giustizia civile" ha lo scopo di mantenere e sviluppare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nell'Unione europea (UE). Abbraccia il periodo che va dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013 e non si applica alla Danimarca.
Il programma persegue i quattro seguenti obiettivi generali:
promuovere la cooperazione giudiziaria civile per creare uno spazio europeo basato sul riconoscimento e sulla fiducia reciproci;
eliminare gli ostacoli al corretto funzionamento dei procedimenti civili fra Stati membri;
facilitare l'accesso alla giustizia agli individui e alle imprese;
migliorare i contatti, lo scambio di informazioni e la creazione di reti tra le autorità giudiziarie e amministrative e i professionisti legali, al fine di una migliore comprensione reciproca.
Incoraggiare la cooperazione giudiziaria civile
La decisione in oggetto incoraggia la cooperazione giudiziaria civile per garantire una corretta amministrazione della giustizia evitando i conflitti di giurisdizione, per favorire il riconoscimento delle decisioni in materia commerciale e civile, garantire la certezza del diritto, migliorare l'accesso alla giustizia, rimuovere gli ostacoli ai contenziosi transfrontalieri e contribuire a rendere le legislazioni nazionali più compatibili.
Il programma è volto inoltre a:
migliorare la conoscenza reciproca del diritto e dei sistemi giudiziari nazionali;
promuovere la formazione, in diritto comunitario, degli operatori del settore giudiziario;
incoraggiare le reti, la cooperazione e lo scambio di dati e di esperienze;
provvedere alla corretta applicazione e alla valutazione delle azioni dell'UE;
informare il più possibile sui diversi sistemi giuridici e sull'accesso alla giustizia;
rafforzare la fiducia reciproca rispettando l'indipendenza del potere giudiziario;
facilitare il lavoro della Rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale.
Raggiungere gli obiettivi grazie ad azioni concerete
La Comunità sostiene le azioni avviate dalla Commissione, i progetti transnazionali presentati da ONG, da organizzazioni internazionali o dagli Stati in collaborazione (almeno due Stati membri o uno Stato membro e un paese in via d'adesione o candidato), le attività di organizzazioni non governative o di altri enti che perseguono un obiettivo di interesse europeo generale, così come le spese della rete dei Consigli superiori della magistratura (REC) (EN) e della rete europea dei presidenti delle Corti di cassazione dell'UE (FR) sostenute per conseguire un obiettivo di interesse generale europeo.
Il programma "Giustizia civile" è rivolto, tra l'altro, alle autorità nazionali, ai cittadini dell'UE e agli operatori della giustizia. Alle azioni possono partecipare i paesi candidati o in via d'adesione così come i paesi dei Balcani occidentali che partecipano al processo di stabilizzazione e associazione (secondo le condizioni stabilite negli accordi di associazione o nei protocolli addizionali relativi alla partecipazione a programmi comunitari già conclusi o da concludere con tali paesi). Le azioni possono coinvolgere anche operatori giuridici provenienti dalla Danimarca, così come dai paesi candidati o dai paesi terzi che non partecipano al programma.
Il programma in oggetto è aperto anche alle organizzazioni pubbliche e private, comprese le organizzazioni professionali, le università, i centri di ricerca e di formazione giuridica e giudiziaria, gli operatori della giustizia, le organizzazioni internazionali e le organizzazioni non governative (ONG).
I criteri di valutazione e di concessione delle sovvenzioni sono i seguenti: conformità dell'azione proposta al programma di lavoro annuale della Commissione, qualità dell'azione proposta (progettazione, organizzazione e risultati attesi), importo del finanziamento comunitario richiesto e legame fra i risultati attesi, gli obiettivi e le azioni sostenute.
Finanziamento e tutela degli interessi finanziari della Comunità
La Comunità dispone di 109 300 000 euro per attuare il programma in oggetto (periodo 2007-2013). Il finanziamento può rivestire la forma di sovvenzioni di funzionamento e sovvenzioni alle azioni concesse in seguito ad inviti a presentare proposte, oppure può avvenire tramite contratti di appalto pubblico previsti per misure di accompagnamento (acquisto di beni e servizi).
La Commissione applica misure di prevenzione contro le frodi, la corruzione e qualsiasi attività illecita. Controlla e recupera le somme erroneamente corrisposte e sanziona i casi di irregolarità. Se le azioni finanziate non rispettano le scadenze, la Commissione può annullare l'aiuto residuo, esigere il recupero dei fondi versati e maggiorare i pagamenti in ritardo.
Ruolo della Commissione: valutazione e monitoraggio
La Commissione adotta un programma di lavoro annuale che precisa gli obiettivi, le priorità tematiche e le misure d'accompagnamento; assistita, a seconda dei casi, da un comitato di gestione o un comitato consultivo.
La Commissione controlla e valuta il programma e presenta in seguito al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione annuale sull'attuazione del programma, una relazione di valutazione intermedia (entro il 31 marzo 2011), una comunicazione sulla continuazione del programma (entro il 30 agosto 2012), e una relazione di valutazione del programma terminato (entro il 31 dicembre 2014).
La Commissione provvede inoltre affinché il beneficiario trasmetta relazioni tecniche e finanziarie sullo stato di avanzamento dei lavori, una relazione finale e i giustificativi delle spese. Deve inoltre mettere le relazioni a disposizione degli Stati membri, assicurarsi che il calendario dei pagamenti e le modalità di concessione dell'aiuto siano adattate, pubblicare annualmente l'elenco delle azioni finanziate e garantire che la Corte dei conti proceda all'esecuzione di controlli contabili.
Complementarità con altri programmi
Vanno ricercate sinergie e complementarità con i programmi seguenti:
" Giustizia penale ";
" Sicurezza e tutela delle libertà ";
"Solidarietà e gestione dei flussi migratori (es
de
en
fr)";
Programma statistico comunitario (pdf).
Riferimenti
Atto
Data di entrata in vigore - Data di scadenza
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Decisione n. 1149/2007/CE
1.1.2007-31.12.2013
-
GU L 257 del 3.10.2007 | 10,873 | 775 |
32011D0348 | false | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 10 novembre 2009
relativa alla firma, a nome della Comunità, e all’applicazione provvisoria dell’accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il Regno hascemita di Giordania
(2011/348/CE)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 170, in combinato disposto con l’articolo 300, paragrafo 2, primo comma, prima frase,
vista la proposta della Commissione,
considerando quanto segue:
(1)
La Commissione ha negoziato a nome della Comunità un accordo di cooperazione scientifica e tecnologica (l’«accordo») col Regno hascemita di Giordania.
(2)
I negoziati hanno dato luogo all’accordo siglato il 28 gennaio 2009.
(3)
Occorre firmare l’accordo, con riserva della sua conclusione in una data successiva,
DECIDE:
Articolo 1
La firma dell’accordo tra la Comunità europea e il Regno hascemita di Giordania di cooperazione scientifica e tecnologica è approvata a nome della Comunità, con riserva della conclusione di tale accordo.
Il testo dell’accordo è accluso alla presente decisione.
Articolo 2
Il presidente del Consiglio è autorizzato a designare la persona o le persone abilitate a firmare l’accordo, a nome della Comunità europea, con riserva della sua conclusione.
Articolo 3
L’accordo è applicato su base provvisoria come stabilito all’articolo 7, paragrafo 2, dell’accordo stesso, a decorrere dalla data della firma, in attesa che siano espletate le procedure necessarie per la sua formale conclusione.
Fatto a Bruxelles, addì 10 novembre 2009.
Per il Consiglio
Il presidente
A. BORG
17.6.2011
IT
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea
L 159/108
ACCORDO
di cooperazione scientifica e tecnologica tra la Comunità europea e il Regno hascemita di Giordania
LA COMUNITÀ EUROPEA, di seguito denominata la «Comunità»,
da una parte, e
IL REGNO HASCEMITA DI GIORDANIA, di seguito denominato «la Giordania»,
dall’altra,
di seguito denominati «le parti»;
VISTO il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 170, in combinato disposto con l’articolo 300, paragrafo 2, primo comma, prima frase, nonché il paragrafo 3, primo comma;
CONSIDERANDO l’importanza che rivestono la scienza e la tecnologia per lo sviluppo economico e sociale delle parti e il relativo riferimento di cui all’articolo 43 dell’accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e il Regno hascemita di Giordania, dall’altra, entrato in vigore il 1o maggio 2002;
CONSIDERANDO la politica europea di vicinato e la strategia UE per rafforzare le relazioni con i paesi vicini, nel cui ambito le parti si sono incontrate e hanno concordato un piano d’azione che tra le sue priorità menzionava «il rafforzamento della cooperazione nel settore scientifico e tecnico». Il piano d’azione congiunto della politica europea di vicinato è conforme al programma esecutivo del governo giordano (2007-2009) per il piano nazionale «Kuluna Al Urdun» che mira a sviluppare un processo sostenibile di riforme socioeconomiche;
CONSIDERANDO che la Comunità e la Giordania hanno intrapreso attività congiunte di ricerca, di sviluppo tecnologico e di dimostrazione in vari settori di interesse comune e che le parti potrebbero trarre reciproco vantaggio dalla partecipazione di ciascuna di esse alle attività di ricerca e sviluppo dell’altra a condizioni di reciprocità;
DESIDERANDO istituire un quadro ufficiale di cooperazione nel campo della ricerca scientifica e tecnologica che renda possibile ampliare e rafforzare le attività di cooperazione nei settori di interesse comune e promuovere l’utilizzo dei risultati di tale cooperazione a vantaggio dello sviluppo economico e sociale di entrambe le parti;
DESIDERANDO aprire lo Spazio europeo della ricerca ai paesi terzi e in particolare ai paesi partner mediterranei;
HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:
Articolo 1
Ambito d’applicazione e principi
1. Le parti promuovono, sviluppano e agevolano attività di cooperazione tra la Comunità e la Giordania in settori di interesse comune in cui svolgono attività di ricerca e sviluppo nel settore della scienza e della tecnologia.
2. Le attività di cooperazione si svolgono sulla base dei seguenti principi:
—
promozione di una società della conoscenza al servizio dello sviluppo economico e sociale di entrambe le parti,
—
beneficio reciproco fondato su una ripartizione equilibrata dei vantaggi,
—
accesso reciproco alle attività dei programmi e dei progetti di ricerca intrapresi da ciascuna parte,
—
scambio tempestivo delle informazioni che possono agevolare le attività di cooperazione,
—
scambio e tutela adeguati dei diritti di proprietà intellettuale,
—
partecipazione e finanziamento nel rispetto delle leggi e dei regolamenti pertinenti delle parti.
Articolo 2
Mezzi di cooperazione
1. I soggetti giuridici stabiliti in Giordania, come definiti all’allegato I, comprese le persone fisiche e le persone giuridiche di diritto pubblico o privato, partecipano alle azioni di cooperazione indirette del programma quadro comunitario di azioni di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione volto a contribuire alla realizzazione dello Spazio europeo della ricerca («il programma quadro»), fatte salve le modalità e condizioni stabilite o menzionate negli allegati I e II.
I soggetti giuridici stabiliti negli Stati membri della Comunità, definiti all’allegato I, partecipano ai programmi e progetti di ricerca della Giordania in settori analoghi a quelli del programma quadro alle stesse condizioni che si applicano ai soggetti giuridici giordani, fatte salve le modalità e condizioni stabilite o menzionate negli allegati I e II.
2. La cooperazione può anche svilupparsi con i mezzi e le modalità seguenti:
—
regolari discussioni sugli orientamenti e le priorità della politica e della programmazione in materia di ricerca della Giordania e della Comunità,
—
discussioni sulle prospettive e lo sviluppo della cooperazione,
—
trasmissione tempestiva di informazioni sull’attuazione dei programmi e progetti di ricerca della Giordania e della Comunità e sui risultati di lavori intrapresi nell’ambito del presente accordo,
—
riunioni congiunte,
—
visite e scambi di ricercatori, tecnici e ingegneri, anche a scopo di formazione,
—
scambio e condivisione di apparecchiature, materiali e servizi di test,
—
contatti tra responsabili di programmi o progetti giordani e della Comunità,
—
partecipazione di esperti a seminari, simposi e workshop,
—
scambio di informazioni su pratiche, leggi, regolamenti e programmi attinenti alla cooperazione prevista dal presente accordo,
—
formazione tramite progetti di ricerca e di sviluppo tecnologico,
—
accesso reciproco all’informazione scientifica e tecnologica nell’ambito della cooperazione in questione,
—
qualsiasi altra modalità adottata dal comitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica Comunità europea-Giordania, di cui all’articolo 4, conformemente alle politiche e alle procedure applicabili ad entrambe le parti.
Articolo 3
Rafforzamento della cooperazione
1. Le parti si impegnano a fare ogni possibile sforzo, nell’ambito delle proprie legislazioni vigenti, per facilitare la libera circolazione e il soggiorno dei ricercatori che partecipano alle attività oggetto del presente accordo, nonché per agevolare la circolazione transfrontaliera di beni destinati a essere utilizzati in queste attività.
2. Qualora, in applicazione della propria normativa, la Comunità europea accordi un finanziamento a un soggetto giuridico stabilito in Giordania che partecipa a un’azione indiretta di cooperazione comunitaria, la Giordania garantisce che a questa transazione non saranno imposti oneri o prelievi.
Articolo 4
Gestione dell’accordo
1. Il coordinamento e l’agevolazione delle attività oggetto del presente accordo sono svolti, per la Giordania, dall’Alto Consiglio per la scienza e la tecnologia, e, per la Comunità, dai servizi dalla Commissione europea, in qualità di agenti esecutivi delle parti («agenti esecutivi»).
2. Gli agenti esecutivi istituiscono un comitato congiunto denominato «Comitato misto per la cooperazione scientifica e tecnologica Comunità europea-Giordania» («il comitato misto»), le cui funzioni comprendono:
—
assicurare, valutare e riesaminare l’attuazione del presente accordo, nonché modificarne gli allegati o adottarne nuovi per tenere conto degli sviluppi delle politiche scientifiche delle parti, nell’osservanza delle relative procedure interne di ciascuna delle due parti,
—
individuare annualmente i settori in cui risulti opportuno sviluppare e migliorare la cooperazione ed esaminare le relative misure,
—
esaminare periodicamente gli orientamenti e le priorità per il futuro delle politiche di ricerca e la loro programmazione in Giordania e nella Comunità, nonché le prospettive di cooperazioni future ai sensi del presente accordo,
—
formulare raccomandazioni alle parti circa l’attuazione del presente accordo, includendovi la definizione e la raccomandazione di aggiunte alle attività di cui all’articolo 2, paragrafo 2, e misure concrete per migliorare l’accesso reciproco previsto all’articolo 1, paragrafo 2.
3. Il comitato misto, composto da rappresentanti degli agenti esecutivi, adotta il proprio regolamento interno.
4. Il comitato misto si riunisce di norma una volta l’anno, alternativamente nella Comunità e in Giordania. Riunioni straordinarie sono convocate laddove necessario e previo accordo di entrambe le parti. Le conclusioni e raccomandazioni del comitato misto saranno trasmesse per informazione al comitato d’associazione dell’accordo euromediterraneo tra l’Unione europea e il Regno hascemita di Giordania.
Articolo 5
Finanziamento
La reciproca partecipazione ad attività di ricerca ai sensi del presente accordo avviene conformemente alle condizioni stabilite all’allegato I ed è disciplinata dalle leggi, dai regolamenti, dalle politiche e delle modalità di attuazione dei programmi in vigore sul territorio di ciascuna della parti.
Se una delle parti prevede un aiuto finanziario per i partecipanti dell’altra parte in relazione ad attività di cooperazione indirette, tutte le sovvenzioni e i contributi finanziari o di altra natura erogati a questo titolo dalla parte finanziatrice ai partecipanti dell’altra parte sono esentati da tasse.
Articolo 6
Diffusione e utilizzazione dei risultati e delle informazioni
La diffusione e l’uso dei risultati e delle informazioni acquisiti e/o scambiati, nonché la gestione, l’attribuzione e l’esercizio dei diritti di proprietà intellettuale derivanti dalle attività di ricerca svolte ai sensi del presente accordo, sono soggetti alle disposizioni di cui all’allegato II.
Articolo 7
Disposizioni finali
1. Gli allegati I e II costituiscono parte integrante del presente accordo. Tutte le questioni o controversie relative all’interpretazione o all’attuazione del presente accordo sono risolte di comune accordo tra le parti.
2. Il presente accordo entra in vigore dopo che le parti si sono notificate reciprocamente il completamento delle procedure interne per la conclusione dello stesso. In attesa del completamento di tali procedure, le parti applicano il presente accordo a titolo provvisorio a decorrere dalla firma dello stesso. Qualora una parte notifichi all’altra parte l’intenzione di non concludere l’accordo, le parti concordano che i progetti e le attività avviati nel periodo di applicazione provvisoria e ancora in corso al momento della notifica summenzionata sono portati a termine alle condizioni stabilite nel presente accordo.
3. Il presente accordo può essere denunciato in qualsiasi momento da ciascuna delle parti previo preavviso di sei mesi. I progetti e le attività in corso al momento della denuncia del presente accordo sono portati a compimento alle condizioni stabilite dallo stesso.
4. Il presente accordo resta in vigore fino a quando una delle parti notifica per iscritto all’altra parte la sua intenzione di porre fine all’accordo. In tal caso il presente accordo cessa di avere effetto trascorsi sei mesi dal ricevimento di tale notifica.
5. Qualora una della parti decida di modificare i suoi programmi e progetti di ricerca, di cui al paragrafo 1 dell’articolo 1, l’agente esecutivo della parte in questione notifica all’agente esecutivo dell’altra parte il contenuto preciso di dette modifiche. In deroga a quanto disposto dal paragrafo 3 del presente articolo, il presente accordo può essere denunciato, alle condizioni stabilite di comune accordo, se una delle parti notifica all’altra, entro un mese dall’adozione delle modifiche di cui al presente paragrafo, la sua intenzione di denunciare il presente accordo.
6. Il presente accordo si applica, da una parte, al territorio cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni stabilite da quest’ultimo, e, dall’altra, al territorio del Regno hascemita di Giordania. Questa disposizione non esclude le attività di cooperazione condotte in alto mare, nello spazio extra-atmosferico o sul territorio di paesi terzi, in conformità del diritto internazionale.
IN FEDE DI CHE, i plenipotenziari sottoscritti, debitamente abilitati a questo fine rispettivamente dalla Comunità europea e dal Regno hascemita di Giordania, hanno firmato il presente accordo.
Fatto in duplice copia a Bruxelles, addì trenta novembre 2009 in bulgaro, ceco, danese, estone, finlandese, francese, greco, inglese, italiano, lettone, lituano, maltese, olandese, polacco, portoghese, rumeno, slovacco, sloveno, spagnolo, svedese, tedesco, ungherese e arabo, ciascun testo facente ugualmente fede.
За Европейската общност
Por la Comunidad Europea
Za Evropské společenství
For Det Europæiske Fællesskab
Für die Europäische Gemeinschaft
Euroopa Ühenduse nimel
Για την Ευρωπαϊκή Κοινότητα
For the European Community
Pour la Communauté européenne
Per la Comunità europea
Eiropas Kopienas vārdā –
Europos bendrijos vardu
Az Európai Közösség részéről
Għall-Komunità Ewropea
Voor de Europese Gemeenschap
W imieniu Wspólnoty Europejskiej
Pela Comunidade Europeia
Pentru Comunitatea Europeană
Za Európske spoločenstvo
Za Evropsko skupnost
Euroopan yhteisön puolesta
För Europeiska gemenskapen
За Хашемитското кралство Йордания
Por el Reino Hachemí de Jordania
Za Jordánské hášimovské království
For Det Hashemitiske Kongerige Jordan
Für das Haschemitische Königreich Jordanien
Jordaania Hašimiidi Kuningriigi nimel
Για το Χασεμιτικό Βασίλειο της Ιορδανίας
For the Hashemite Kingdom of Jordan
Pour le Royaume hachémite de Jordanie
Per il Regno Hashemita di Giordania
Jordānijas Hāšimītu Karalistes vārdā –
Jordanijos Hašimitų Karalystės vardu
A Jordán Hasimita Királyság részéről
Għar-Renju Ħaxemita tal-Ġordan
Voor het Hasjemitisch Koninkrijk Jordanië
W imieniu Jordańskiego Królestwa Haszymidzkiego
Pelo Reino Hachemita da Jordânia
Pentru Regatul Hașemit al Iordaniei
Za Jordánske hašimovské král’ovstvo
Za Hašemitsko kraljevino Jordanijo
Jordanian hašemiittisen kuningaskunnan puolesta
För Hashemitiska konungariket Jordanien
ALLEGATO I
MODALITÀ E CONDIZIONI DI PARTECIPAZIONE DI SOGGETTI GIURIDICI DEGLI STATI MEMBRI DELL’UNIONE EUROPEA E DEL REGNO HASCEMITA DI GIORDANIA
Ai fini del presente accordo, per «soggetto giuridico» si intende qualsiasi persona fisica, o qualsiasi persona giuridica costituita in conformità al diritto nazionale applicabile nel suo luogo di stabilimento o al diritto comunitario o al diritto internazionale, dotata di personalità giuridica e della capacità di essere titolare di diritti e di obblighi di qualsiasi natura.
I. Modalità e condizioni di partecipazione di soggetti giuridici stabiliti in Giordania alle azioni indirette del programma quadro
1.
La partecipazione alle azioni indirette del programma quadro di soggetti giuridici stabiliti in Giordania è soggetta alle condizioni stabilite dal Parlamento europeo e dal Consiglio, ai sensi dell’articolo 167 del trattato che istituisce la Comunità europea.
I soggetti giuridici stabiliti in Giordania possono inoltre partecipare alle azioni indirette attuate ai sensi dell’articolo 164 del trattato che istituisce la Comunità europea.
2.
La Comunità può accordare un finanziamento ai soggetti giuridici stabiliti in Giordania che partecipano alle azioni indirette menzionate al punto 1, secondo le modalità e le condizioni stabilite dalla decisione adottata dal Parlamento europeo e dal Consiglio [regolamento (CE) n. 1906/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, che stabilisce le regole per la partecipazione di imprese, centri di ricerca e università alle azioni nell’ambito del settimo programma quadro e per la diffusione dei risultati della ricerca (2007-2013) (1)], conformemente all’articolo 167 del trattato che istituisce la Comunità europea, al regolamento finanziario della Comunità europea e alla legislazione comunitaria applicabile.
3.
Le convenzioni di sovvenzione o i contratti conclusi dalla Comunità con i soggetti giuridici stabiliti in Giordania che partecipano ad un’azione indiretta devono prevedono il diritto della Commissione europea e della Corte dei conti delle Comunità europee di eseguire o di far eseguire controlli e verifiche.
Le competenti autorità giordane provvedono a prestare, in uno spirito di collaborazione e nel reciproco interesse, ogni assistenza ragionevole e realizzabile, qualora necessaria o utile per eseguire tali controlli e verifiche contabili.
II. Modalità e condizioni di partecipazione di soggetti giuridici stabiliti negli Stati membri dell’Unione europea a programmi e progetti di ricerca giordani
1.
I soggetti giuridici stabiliti nella Comunità, costituiti conformemente al diritto nazionale di uno degli Stati membri dell’Unione europea o al diritto comunitario, possono partecipare a progetti o programmi di ricerca e sviluppo della Giordania in cooperazione con soggetti giuridici giordani.
2.
Fatto salvo il punto 1 e l’allegato II, i diritti e gli obblighi dei soggetti giuridici stabiliti nella Comunità, che partecipano a progetti giordani di ricerca nell’ambito dei programmi di ricerca e sviluppo, le modalità e le condizioni applicabili in materia di presentazione e valutazione delle proposte, di aggiudicazione degli appalti e conclusione dei contratti per l’attuazione di detti progetti sono soggetti alle disposizioni legislative e regolamentari e alle direttive governative giordane che disciplinano lo svolgimento di programmi di ricerca e sviluppo, applicabili ai soggetti giuridici giordani e tali da garantire un trattamento equanime, tenuto conto della natura della cooperazione fra la Giordania e la Comunità in questo settore.
Il finanziamento di soggetti giuridici stabiliti nella Comunità che partecipano ai pertinenti progetti di ricerca giordani nell’ambito dei programmi di ricerca e sviluppo sono disciplinati dalle disposizioni legislative e regolamentari e dalle direttive governative che disciplinano lo svolgimento di tali programmi, applicabili ai soggetti giuridici non giordani.
III. Informazioni sulle possibilità di partecipazione
La Giordania e la Commissione europea renderanno regolarmente disponibili informazioni in merito ai programmi in corso e alle possibilità di partecipazione esistenti per i soggetti giuridici stabiliti nei due paesi.
(1) GU L 391 del 30.12.2006, pag. 1.
ALLEGATO II
PRINCIPI DI ATTRIBUZIONE DEI DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE
I. Applicazione
Agli effetti del presente accordo, per «proprietà intellettuale» si intende la definizione data dall’articolo 2 della Convenzione che istituisce l’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale, stipulata a Stoccolma il 14 luglio 1967.
Agli effetti del presente accordo, per «conoscenze» si intendono i risultati, ivi comprese le informazioni, che possono essere protetti o no, nonché i diritti di autore o i diritti su dette informazioni acquisiti in virtù di domanda o di rilascio di brevetti, disegni, specie vegetali, certificati complementari o di altre forme di tutela equiparabili.
II. Diritti di proprietà intellettuale dei soggetti giuridici delle parti che partecipano alle azioni indirette di cooperazione
1.
Ciascuna parte garantisce che i diritti e gli obblighi di proprietà intellettuale dei soggetti giuridici dell’altra parte che partecipano ad attività di cooperazione indirette svolte conformemente al presente accordo, e i diritti e gli obblighi derivanti da detta partecipazione, siano coerenti con le leggi e i regolamenti pertinenti, nonché con le convenzioni internazionali applicabili alle parti, compreso l’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, allegato 1C dell’accordo di Marrakech che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio, nonché l’atto di Parigi, del 24 luglio 1971 della convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche e l’atto di Stoccolma del 14 luglio 1967 della convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale.
2.
Ciascuna delle parti garantisce che, nel quadro delle leggi e dei regolamenti applicabili, i soggetti di una parte che partecipano ai programmi di ricerca e sviluppo gestiti dall’altra parte, abbiano gli stessi diritti e gli stessi obblighi in materia di proprietà intellettuale dei partecipanti dell’altra parte nelle stesse attività di cooperazione indirette.
III. Diritti di proprietà intellettuale delle parti
1.
Salvo accordi diversi stabiliti specificamente dalle parti, alle conoscenze generate dalle parti, nel corso delle attività svolte ai sensi dell’articolo 2 del presente accordo, si applicano le regole specificate qui di seguito:
a)
la parte che genera queste conoscenze è proprietaria delle stesse. Quando il loro ruolo rispettivo nei lavori non può essere verificato, le parti sono proprietarie congiuntamente di tali conoscenze;
b)
la parte proprietaria delle conoscenze concede all’altra parte dei diritti di accesso a queste conoscenze per lo svolgimento delle attività di cui all’articolo 2 del presente accordo. Tali diritti di accesso sono concessi a titolo gratuito.
2.
Salvo accordi diversi stabiliti specificamente dalle parti, alle opere letterarie di carattere scientifico delle parti si applicano le regole specificate qui di seguito:
a)
nel caso di pubblicazione, ad opera di una parte, di dati scientifici e tecnici, informazioni e risultati per mezzo di riviste, articoli, relazioni o libri, incluse opere audiovisive e software, che siano frutto o siano collegate ad attività svolte ai sensi del presente accordo, l’altra parte ha diritto di ottenere una licenza non esclusiva, irrevocabile, a titolo gratuito e valida in tutti i paesi, che le consenta di tradurre, riprodurre, adattare, trasmettere e distribuire al pubblico tali opere;
b)
tutte le riproduzioni, destinate al pubblico, di dati ed informazioni tutelati da diritto d’autore, prodotte a norma delle presenti disposizioni, indicano i nomi dell’autore o degli autori dell’opera, salvo quelli che espressamente richiedano di non essere citati. Esse contengono inoltre una menzione chiara e visibile del sostegno cooperativo delle parti.
3.
Salvo accordi diversi stabiliti specificamente dalle parti, alle informazioni riservate si applicano le regole specificate qui di seguito:
a)
all’atto di comunicare all’altra parte le informazioni relative alle attività svolte ai sensi del presente accordo, ciascuna parte indica quali siano le informazioni che non desidera divulgare mediante segni o legende indicanti la loro riservatezza;
b)
la parte che riceve dette informazioni può comunicare sotto la propria responsabilità delle informazioni riservate ad organismi o persone sotto la sua autorità ai fini specifici dell’applicazione del presente accordo;
c)
previo consenso scritto della parte che fornisce le informazioni riservate, la parte che riceve dette informazioni può divulgarle in maniera più ampia di quanto consentito ai sensi della precedente lettera b). Le parti collaborano al fine di stabilire le procedure in base alle quali può essere chiesta ed ottenuta l’autorizzazione scritta preliminare per una divulgazione più ampia delle informazioni esclusive. Ciascuna parte si impegna a rilasciare tale autorizzazione nei limiti consentiti dalla propria legislazione e regolamentazione e dalle proprie politiche;
d)
le informazioni riservate non documentali e ad ogni altra informazione confidenziale fornita nel corso di seminari o altre riunioni tra le parti indette ai sensi del presente accordo, nonché le informazioni apprese attraverso il personale distaccato, l’uso di impianti o l’esecuzione di azioni indirette, rimangono confidenziali, a condizione che i soggetti che ricevono tali informazioni esclusive, confidenziali o segrete siano resi edotti del carattere confidenziale o segreto delle informazioni all’atto della comunicazione delle stesse, ai sensi della lettera a);
e)
ciascuna parte si impegna a assicurare l’osservanza delle disposizioni del presente accordo per quanto riguarda l’obbligo di mantenere il segreto sulle informazioni riservate ricevute ai sensi delle lettere a) e d). Se una delle parti si rende conto che non è in grado o che presumibilmente non sarà in grado di osservare le disposizioni sulla riservatezza contenute nelle lettere a) e d), ne informa immediatamente l’altra parte. Le parti quindi si consultano per definire gli interventi del caso. | Cooperazione scientifica e tecnologica con la Giordania
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE E DELL’ACCORDO?
La decisione del Consiglio autorizza la sottoscrizione e l’attuazione provvisoria dell’accordo.
L’accordo istituisce una struttura formale per la cooperazione nella ricerca scientifica e tecnologica tra le parti per incoraggiare, sviluppare e facilitare attività di cooperazione di interesse comune in questo campo.
PUNTI CHIAVE
La cooperazione tra l’UE e la Giordania in campo scientifico e tecnologico si basa, in particolare, sui principi del vantaggio reciproco e della promozione della società basata sulla conoscenza. È inoltre destinato a contribuire allo sviluppo socioeconomico di entrambe le parti.
L’attuazione dell’accordo è gestito da un Comitato congiunto.
Meccanismi di cooperazione
Le attività di cooperazione possono essere attuate da persone fisiche o giuridiche. A tale riguardo, l’UE e la Giordania devono garantire la libera circolazione e la residenza dei ricercatori nei rispettivi territori e la circolazione delle merci destinate a essere utilizzate in tali attività, ai sensi della legislazione applicabile.
I partecipanti situati in Giordania possono partecipare ad azioni indirette ai sensi del Programma quadro dell’UE per la ricerca e l’innovazione (Orizzonte 2020) conformemente alle sue disposizioni e ai suoi termini e condizioni.
I partecipanti situati nell’UE possono partecipare a programmi e progetti di ricerca in Giordania ai sensi di quanto si applica ai partecipanti giordani, fatte salve le normative nazionali applicabili e i termini e le condizioni dell’accordo.
Le attività di cooperazione possono includere, ad esempio:dialogo politico regolare sulla ricerca; scambio di informazioni scientifiche e tecnologiche; scambi di ricercatori, ingegneri e tecnici; scambi di attrezzature, materiali e servizi di test; formazione nel campo della ricerca e dello sviluppo tecnologico. Inoltre, le autorità giordane e la Commissione europea condividono le informazioni su programmi attuali e nuove opportunità di cooperazione.
Diritti di proprietà intellettuale
Le norme relative alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale e alla diffusione delle conoscenze risultanti dalle attività di ricerca svolte nell’ambito dell’accordo, sono stabilite nell’Allegato II dello stesso. Tali disposizioni sono compatibili con le normative nazionali e internazionali.
DA QUANDO SI APPLICA L’ACCORDO?
L’accordo è stato sottoscritto il 30 novembre 2009 divenendo provvisoriamente applicabile (effetti legali prodotti) dalla data di sottoscrizione. Si applica dal 29 marzo 2011.
CONTESTO GENERALE
Per maggiori informazioni consultare:Cooperazione internazionale in materia di ricerca e sviluppo con la Giordania (Commissione europea).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione del Consiglio 2011/348/CE, del 10 novembre 2009, sulla sottoscrizione, a nome della Comunità europea, e sull’applicazione provvisoria dell’accordo tra l’UE e il Regno hascemita di Giordania in materia di cooperazione scientifica e tecnologica (GU L 159 del 17.6.2011, pag. 107).
Accordo tra la Comunità europea e il Regno hascemita di Giordania sulla cooperazione scientifica e tecnologica (GU L 159 del 17.6.2011, pag. 108).
Informazione sull’entrata in vigore dell’accordo tra la Comunità europea e il Regno hascemita di Giordania sulla cooperazione scientifica e tecnologica (GU L 116 del 28.4.2012, pag. 1).
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione del Consiglio 2011/343/UE, del 9 marzo 2011, relativa alla conclusione dell’accordo tra la Comunità europea e il Regno hascemita di Giordania sulla cooperazione scientifica e tecnologica (GU L 159 del 17.6.2011, pag. 1). | 8,759 | 302 |
32009D0397 | false | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 26 febbraio 2009
relativa alla firma a nome della Comunità europea della convenzione sugli accordi di scelta del foro
(2009/397/CE)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 61, lettera c), in combinato disposto con l’articolo 300, paragrafo 2, primo comma,
vista la proposta della Commissione,
considerando quanto segue:
(1)
La Comunità europea si adopera per creare uno spazio giudiziario comune basato sul principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie.
(2)
La convenzione sugli accordi di scelta del foro, conclusa il 30 giugno 2005 nell’ambito della conferenza dell’Aia di diritto internazionale privato (di seguito «la convenzione»), apporta un valido contributo alla promozione dell’autonomia delle parti nelle operazioni commerciali internazionali e a una maggiore prevedibilità delle soluzioni giudiziarie di tali operazioni.
(3)
La convenzione incide sulle norme di diritto comunitario derivato riguardanti sia la competenza giurisdizionale basata sulla scelta delle parti sia il riconoscimento e l’esecuzione delle conseguenti decisioni, ed in particolare sul regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (1).
(4)
La Comunità ha competenza esclusiva per tutte le materie disciplinate dalla convenzione.
(5)
L’articolo 30 della convenzione legittima la Comunità a firmare, accettare e approvare la convenzione o aderirvi.
(6)
Il Regno Unito e l’Irlanda partecipano all’adozione e all’applicazione della presente decisione.
(7)
A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca non partecipa all’adozione della presente decisione e non è vincolata da essa, né è soggetta alla sua applicazione.
(8)
È opportuno firmare la convenzione e approvare la dichiarazione allegata,
DECIDE:
Articolo 1
La firma della convenzione sugli accordi di scelta del foro (di seguito «la convenzione»), conclusa all’Aia il 30 giugno 2005, è approvata a nome della Comunità europea, con riserva di un’eventuale conclusione in una data successiva.
Il testo della convenzione figura all’allegato I della presente decisione.
Articolo 2
Il presidente del Consiglio è autorizzato a designare la persona o le persone abilitate a firmare la convenzione a nome della Comunità e a procedere alla dichiarazione che figura all’allegato II della presente decisione.
Articolo 3
La presente decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Bruxelles, addì 26 febbraio 2009.
Per il Consiglio
Il presidente
I. LANGER
(1) GU L 12 del 16.1.2001, pag. 1.
TRADUZIONE
ALLEGATO I
CONVENZIONE SUGLI ACCORDI DI SCELTA DEL FORO
Gli Stati contraenti della presente convenzione,
desiderosi di promuovere gli scambi e gli investimenti internazionali attraverso una migliore cooperazione giudiziaria,
persuasi che tale cooperazione possa essere rafforzata grazie a norme uniformi concernenti la competenza giurisdizionale e il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni straniere in materia civile e commerciale,
persuasi che tale cooperazione rafforzata richieda, in particolare, un quadro normativo internazionale che garantisca la certezza e l’efficacia degli accordi di scelta del foro esclusivi conclusi tra le parti di operazioni commerciali e che disciplini il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni pronunciate nei procedimenti fondati su tali accordi,
hanno deciso di stipulare la presente convenzione e hanno convenuto le disposizioni seguenti:
CAPO I
CAMPO DI APPLICAZIONE E DEFINIZIONI
Articolo 1
Campo di applicazione
1. La presente convenzione si applica nelle fattispecie internazionali agli accordi di scelta del foro esclusivi conclusi in materia civile o commerciale.
2. Ai fini del capo II, una fattispecie è internazionale, salvo che le parti risiedano nello stesso Stato contraente e il loro rapporto e tutti gli altri elementi pertinenti della controversia, a prescindere dalla sede del giudice prescelto, siano connessi solamente con quello Stato.
3. Ai fini del capo III, una fattispecie è internazionale quando è chiesto il riconoscimento o l’esecuzione di una decisione straniera.
Articolo 2
Esclusioni dal campo di applicazione
1. La presente convenzione non si applica agli accordi di scelta del foro esclusivi:
a)
di cui sia parte una persona fisica che agisce principalmente per fini personali, familiari o domestici (un consumatore);
b)
relativi ai contratti di lavoro, compresi gli accordi collettivi.
2. La presente convenzione non si applica alle seguenti materie:
a)
stato e capacità delle persone fisiche;
b)
obbligazioni alimentari;
c)
altre materie del diritto di famiglia, compresi i regimi patrimoniali della famiglia e gli altri diritti o obblighi derivanti dal matrimonio o da relazioni similari;
d)
testamenti e successioni;
e)
fallimenti, concordati e materie affini;
f)
trasporto passeggeri e merci;
g)
inquinamento marittimo, limitazione della responsabilità per domande risarcitorie marittime, avaria comune e rimorchio e salvataggio d’emergenza;
h)
antitrust (concorrenza);
i)
responsabilità per danni nucleari;
j)
domande di risarcimento per lesioni personali presentate da persone fisiche o in loro nome;
k)
domande di risarcimento del danno extracontrattuale alle cose;
l)
diritti reali immobiliari e contratti d’affitto di immobili;
m)
validità, nullità o scioglimento delle persone giuridiche e validità delle decisioni dei loro organi;
n)
validità dei diritti di proprietà intellettuale diversi dal diritto d’autore e dai diritti connessi;
o)
violazione dei diritti di proprietà intellettuale diversi dal diritto d’autore e dai diritti connessi, salvo che il procedimento sia, o avrebbe potuto essere, promosso per inadempimento di un contratto concernente tali diritti;
p)
validità delle trascrizioni ed iscrizioni nei pubblici registri.
3. In deroga al paragrafo 2, rientrano nel campo di applicazione della presente convenzione i procedimenti in cui le materie escluse ai sensi del suddetto paragrafo costituiscono oggetto di mere questioni preliminari e non l’oggetto del procedimento. In particolare, il solo fatto che sia sollevata un’eccezione riguardante una materia esclusa ai sensi del paragrafo 2 non comporta l’esclusione del procedimento dal campo di applicazione della convenzione, purché tale materia non costituisca l’oggetto del procedimento.
4. La presente convenzione non si applica all’arbitrato e ai procedimenti ad esso correlati.
5. Il solo fatto che uno Stato, un governo, un’agenzia governativa o qualsiasi persona che agisce per conto di uno Stato, sia parte di un procedimento non esclude quest’ultimo dal campo di applicazione della convenzione.
6. La presente convenzione non pregiudica i privilegi e le immunità di cui godono gli Stati e le organizzazioni internazionali e i loro beni.
Articolo 3
Accordi di scelta del foro esclusivi
Ai fini della presente convenzione:
a)
per «accordo di scelta del foro esclusivo» si intende un accordo avente i requisiti di cui alla lettera c), concluso tra due o più parti per designare, ai fini della competenza a conoscere delle controversie presenti o future nate da un determinato rapporto giuridico, i giudici di uno Stato contraente o uno o più giudici specifici di uno Stato contraente, escludendo la competenza di qualunque altro giudice;
b)
salvo espressa disposizione contraria delle parti, l’accordo di scelta del foro che designa i giudici di uno Stato contraente o uno o più giudici specifici di uno Stato contraente si considera esclusivo;
c)
l’accordo di scelta del foro esclusivo deve essere concluso o documentato:
i)
per iscritto; o
ii)
con qualunque altro mezzo di comunicazione che consenta di accedere alle informazioni e farvi successivamente riferimento;
d)
l’accordo di scelta del foro esclusivo inserito in un contratto si considera indipendente dalle altre clausole contrattuali. La validità dell’accordo non può essere contestata per il solo motivo che il contratto è invalido.
Articolo 4
Altre definizioni
1. Ai sensi della presente convenzione, per «decisione» si intende qualsiasi decisione giudiziaria nel merito a prescindere dalla denominazione usata, quale ad esempio sentenza o ordinanza, nonché la determinazione delle spese giudiziali da parte del giudice (incluso il cancelliere), purché si riferisca a una decisione nel merito che possa essere riconosciuta o eseguita ai sensi della presente convenzione. I provvedimenti cautelari non sono considerati decisioni.
2. Ai fini della presente convenzione, un soggetto diverso da una persona fisica si considera residente nello Stato:
a)
della sua sede statutaria;
b)
secondo la cui legge è stato costituito;
a)
della sua amministrazione centrale; oppure
d)
del suo centro d’attività principale.
CAPO II
COMPETENZA GIURISDIZIONALE
Articolo 5
Competenza giurisdizionale del giudice prescelto
1. Il giudice o i giudici di uno Stato contraente designati in un accordo di scelta del foro esclusivo sono competenti a conoscere delle controversie cui si applica l’accordo, salvo che questo sia nullo secondo la legge di tale Stato.
2. Il giudice competente ai sensi del paragrafo 1 non può declinare la propria competenza per il motivo che la controversia dovrebbe essere decisa da un giudice di un altro Stato.
3. I paragrafi precedenti non pregiudicano le norme:
a)
sulla competenza per materia o per valore;
b)
sulla ripartizione interna delle competenze tra i giudici di uno Stato contraente. Tuttavia, qualora il giudice prescelto disponga del potere discrezionale di rinviare una causa, deve essere tenuta in debita considerazione la scelta delle parti.
Articolo 6
Obblighi del giudice non prescelto
Il giudice di uno Stato contraente diverso dal giudice prescelto sospende il procedimento o dichiara la domanda inammissibile qualora al procedimento si applichi un accordo di scelta del foro esclusivo, a meno che:
a)
l’accordo sia nullo secondo la legge dello Stato del giudice prescelto;
b)
una parte fosse priva della capacità di concludere l’accordo in base alla legge dello Stato del giudice adito;
c)
l’attuazione dell’accordo comporti una palese ingiustizia o sia manifestamente contraria all’ordine pubblico dello Stato del giudice adito;
d)
per motivi eccezionali indipendenti dalla volontà delle parti, l’accordo non possa ragionevolmente essere eseguito; oppure
e)
il giudice prescelto abbia deciso di non conoscere della causa.
Articolo 7
Provvedimenti cautelari
I provvedimenti cautelari non sono disciplinati dalla presente convenzione. Questa non impone né preclude la concessione, il diniego o la revoca di provvedimenti cautelari da parte di un giudice di uno Stato contraente e non osta alla facoltà di una parte di richiedere misure di questo tipo né alla facoltà del giudice di concederle, negarle o revocarle.
CAPO III
RICONOSCIMENTO ED ESECUZIONE
Articolo 8
Riconoscimento ed esecuzione
1. Le decisioni rese da un giudice di uno Stato contraente designato in un accordo di scelta del foro esclusivo sono riconosciute ed eseguite negli altri Stati contraenti a norma del presente capo. Il riconoscimento e l’esecuzione possono essere negati solo per i motivi contemplati dalla presente convenzione.
2. Fatto salvo il riesame necessario per applicare le disposizioni del presente capo, la decisione del giudice di origine non può essere riesaminata nel merito. Il giudice richiesto è vincolato dagli accertamenti di fatto su cui il giudice di origine ha basato la propria competenza, salvo che la decisione sia stata resa in contumacia.
3. La decisione è riconosciuta solo se produce effetti nello Stato di origine ed è eseguita solo se ha efficacia esecutiva nello Stato di origine.
4. Il riconoscimento e l’esecuzione possono essere differiti o negati se la decisione è stata impugnata nello Stato di origine o se il termine per l’impugnazione ordinaria non è ancora scaduto. Il diniego non impedisce successive domande di riconoscimento o di esecuzione della decisione.
5. Il presente articolo si applica anche a una decisione resa da un giudice di uno Stato contraente cui il giudice prescelto in quello Stato abbia rinviato la causa, come previsto dall’articolo 5, paragrafo 3. Tuttavia, se il giudice prescelto disponeva del potere discrezionale di rinviare la causa ad altro giudice, il riconoscimento e l’esecuzione della decisione possono essere negati nei confronti della parte che si è tempestivamente opposta al rinvio nello Stato di origine.
Articolo 9
Diniego del riconoscimento o dell’esecuzione
Il riconoscimento e l’esecuzione possono essere negati se:
a)
l’accordo era nullo secondo la legge dello Stato del giudice prescelto, a meno che questo abbia accertato la validità dell’accordo;
b)
una parte era priva della capacità di concludere l’accordo in base alla legge dello Stato richiesto;
c)
l’atto introduttivo del procedimento o un atto equivalente contenente gli elementi essenziali della domanda:
i)
non è stato notificato al convenuto in tempo utile e in modo tale da permettergli di presentare le proprie difese, salvo che il convenuto sia comparso e abbia presentato le sue difese senza contestare la notificazione dinanzi al giudice di origine, purché la legge dello Stato di origine permetta di contestare la notificazione; oppure
ii)
è stato notificato al convenuto nello Stato richiesto in modo incompatibile con i principi fondamentali di quello Stato in materia di notificazione degli atti;
d)
la decisione è stata ottenuta con frode nella procedura;
e)
il riconoscimento e l’esecuzione sono manifestamente incompatibili con l’ordine pubblico dello Stato richiesto, compreso il caso in cui il procedimento specifico che ha condotto alla decisione risulti incompatibile con i principi fondamentali dell’equo procedimento di quello Stato;
f)
la decisione è in contrasto con una decisione resa nello Stato richiesto in una controversia tra le stesse parti; oppure
g)
la decisione è in contrasto con una decisione precedente resa in un altro Stato in una controversia tra le stesse parti avente lo stesso oggetto e lo stesso titolo, purché la decisione precedente soddisfi i requisiti di riconoscimento prescritti dallo Stato richiesto.
Articolo 10
Questioni preliminari
1. Le decisioni su questioni preliminari aventi ad oggetto materie escluse a norma dell’articolo 2, paragrafo 2, o dell’articolo 21 non sono riconosciute o eseguite in conformità della presente convenzione.
2. Il riconoscimento e l’esecuzione di una decisione possono essere negati se e nella misura in cui questa si basa su una decisione relativa a una questione preliminare concernente una materia esclusa a norma dell’articolo 2, paragrafo 2.
3. Tuttavia, qualora la decisione sulla questione preliminare riguardi la validità di un diritto di proprietà intellettuale diverso dal diritto d’autore o da un diritto connesso, il riconoscimento e l’esecuzione della decisione possono essere negati o differiti ai sensi del paragrafo precedente soltanto se:
a)
la decisione sulla questione preliminare è in contrasto con una decisione o un provvedimento di un’autorità competente resi in quella materia nello Stato ai sensi della cui legge è sorto il diritto di proprietà intellettuale; oppure se
b)
in quello Stato è pendente un procedimento sulla validità del diritto di proprietà intellettuale.
4. Il riconoscimento e l’esecuzione di una decisione possono essere negati se e nella misura in cui la decisione si basa su una decisione relativa a una questione preliminare riguardante una materia esclusa ai sensi di una dichiarazione formulata dallo Stato richiesto in virtù dell’articolo 21.
Articolo 11
Risarcimento del danno
1. Il riconoscimento e l’esecuzione di una decisione possono essere negati se e nella misura in cui la decisone riconosce un risarcimento, anche di carattere esemplare o punitivo, che non indennizza una parte per una perdita o un danno effettivamente subiti.
2. Il giudice richiesto tiene in considerazione se e in quale misura il risarcimento concesso dal giudice di origine serve a coprire i costi e le spese del procedimento.
Articolo 12
Transazioni giudiziarie
Le transazioni giudiziarie approvate dal giudice di uno Stato contraente designato in un accordo di scelta del foro esclusivo o concluse dinanzi a tale giudice nel corso di un procedimento, che hanno la stessa efficacia esecutiva di una decisione nello Stato di origine, sono eseguite ai sensi della presente convenzione allo stesso modo di una decisione.
Articolo 13
Documenti da presentare
1. La parte che richiede il riconoscimento o l’esecuzione deve presentare:
a)
una copia integrale e autentica della decisione;
b)
l’accordo di scelta del foro esclusivo, una sua copia autentica o altra prova della sua esistenza;
c)
se la decisione è stata resa in contumacia, l’originale o una copia autentica di un documento attestante che l’atto introduttivo del procedimento o un atto equivalente è stato notificato alla parte contumace;
d)
qualunque documento idoneo a provare l’efficacia o, se del caso, l’esecutorietà della decisione nello Stato di origine;
e)
nel caso previsto dall’articolo 12, un certificato di un giudice dello Stato di origine attestante che la transazione giudiziaria ha, in tutto o in parte, la stessa efficacia esecutiva di una decisione nello Stato di origine.
2. Il giudice richiesto, se il contenuto della decisione non gli permette di verificare il rispetto dei requisiti del presente capo, può richiedere ogni documento necessario.
3. La domanda di riconoscimento o di esecuzione può essere accompagnata da un documento, rilasciato da un giudice (o un cancelliere) dello Stato di origine, nella forma raccomandata e pubblicata dalla conferenza dell’Aia di diritto internazionale privato.
4. I documenti di cui al presente articolo redatti in una lingua diversa da quella ufficiale dello Stato richiesto devono essere corredati di una traduzione autentica in una lingua ufficiale, salvo quanto altrimenti disposto dalla legge di tale Stato.
Articolo 14
Procedura
Le procedure di riconoscimento, exequatur o registrazione ai fini dell’esecuzione, e l’esecuzione delle decisioni sono disciplinate dalla legge dello Stato richiesto, salvo quanto altrimenti disposto dalla presente convenzione. Il giudice richiesto deve agire rapidamente.
Articolo 15
Separabilità
Sono ammessi il riconoscimento e l’esecuzione di una parte separabile di una decisione se è richiesto il riconoscimento o l’esecuzione di quella parte o se solo parte della decisione può essere riconosciuta o eseguita ai sensi della presente convenzione.
CAPO IV
CLAUSOLE GENERALI
Articolo 16
Disposizioni transitorie
1. La presente convenzione si applica agli accordi di scelta del foro esclusivi conclusi dopo la sua entrata in vigore nei confronti dello Stato del giudice prescelto.
2. Sono esclusi dalla presente convenzione i procedimenti instaurati prima della sua entrata in vigore per lo Stato del giudice adito.
Articolo 17
Contratti di assicurazione e di riassicurazione
1. I procedimenti inerenti un contratto di assicurazione o di riassicurazione non sono esclusi dal campo di applicazione della presente convenzione per il fatto che il contratto riguarda una materia cui non si applica la presente convenzione.
2. Il riconoscimento e l’esecuzione di una decisione concernente gli obblighi derivanti da un contratto di assicurazione o di riassicurazione non possono essere limitati o negati per il fatto che il contratto prevede l’obbligo di tenere indenne l’assicurato o il riassicurato in relazione a:
a)
una materia cui non si applica la presente convenzione; o in relazione a
b)
una decisione di risarcimento cui potrebbe applicarsi l’articolo 11.
Articolo 18
Esenzione dalla legalizzazione
Tutti i documenti trasmessi o rilasciati ai sensi della presente convenzione sono esenti da legalizzazione o da qualsiasi formalità equivalente, compresa l’apostille.
Articolo 19
Dichiarazioni dirette a limitare la competenza giurisdizionale
Uno Stato può dichiarare che i propri giudici possono rifiutare di conoscere delle controversie cui si applica un accordo di scelta del foro esclusivo se tra questo Stato e le parti o tra lo Stato e la controversia non sussiste alcuna connessione ad eccezione della sede del giudice prescelto.
Articolo 20
Dichiarazioni dirette a limitare il riconoscimento e l’esecuzione
Uno Stato può dichiarare che i propri giudici possono rifiutare di riconoscere o eseguire una decisione resa da un giudice di un altro Stato contraente se le parti erano residenti nello Stato richiesto e il loro rapporto e tutti gli altri elementi pertinenti della controversia, diversi dalla sede del giudice prescelto, erano connessi solamente con lo Stato richiesto.
Articolo 21
Dichiarazioni relative a materie specifiche
1. Uno Stato che abbia un forte interesse a non applicare la presente convenzione a una materia specifica può dichiarare che non applicherà la convenzione a tale materia. Se formula una dichiarazione di questo tipo, lo Stato interessato deve garantire che la portata della dichiarazione non è più ampia del necessario e che la materia specifica esclusa è definita in modo chiaro e preciso.
2. In relazione alla suddetta materia la convenzione non si applica:
a)
nello Stato contraente che ha formulato la dichiarazione;
b)
negli altri Stati contraenti, qualora un accordo di scelta del foro esclusivo designi i giudici, o uno o più giudici specifici, dello Stato che ha formulato la dichiarazione.
Articolo 22
Dichiarazioni reciproche sugli accordi di scelta del foro non esclusivi
1. Uno Stato contraente può dichiarare che i propri giudici riconosceranno ed eseguiranno le decisioni rese dai giudici di altri Stati contraenti designati in un accordo di scelta del foro che è stato concluso tra due o più parti nel rispetto dei requisiti di cui all’articolo 3, lettera c), e designa, ai fini della competenza a conoscere delle controversie presenti o future nate da un determinato rapporto giuridico, il giudice o i giudici di uno o più Stati contraenti (accordo di scelta del foro non esclusivo).
2. Quando il riconoscimento o l’esecuzione di una decisione pronunciata in uno Stato contraente che ha formulato una dichiarazione di questo tipo è richiesto in un altro Stato contraente che ha formulato una tale dichiarazione, la decisione è riconosciuta ed eseguita ai sensi della presente convenzione se:
a)
il giudice di origine è stato designato in un accordo di scelta del foro non esclusivo;
b)
non vi è nessuna decisione resa da altro giudice dinanzi al quale possa essere promosso un procedimento in base all’accordo di scelta del foro non esclusivo, né è pendente dinanzi a tale giudice un procedimento tra le stesse parti avente lo stesso oggetto e lo stesso titolo; e
c)
il giudice di origine è stato il primo giudice adito.
Articolo 23
Interpretazione uniforme
Nell’interpretare la presente convenzione si tiene conto del suo carattere internazionale e della necessità di promuovere la sua applicazione uniforme.
Articolo 24
Esame del funzionamento pratico della convenzione
Il segretario generale della conferenza dell’Aia di diritto internazionale privato prende periodicamente le disposizioni necessarie per:
a)
esaminare il funzionamento pratico della presente convenzione, comprese le eventuali dichiarazioni; e
b)
valutare l’opportunità di apportare modifiche alla presente convenzione.
Articolo 25
Ordinamenti giuridici non unificati
1. Qualora in uno Stato contraente vigano, in unità territoriali diverse, due o più ordinamenti giuridici per questioni disciplinate dalle presente convenzione:
a)
ogni riferimento alla legge o alla procedura di uno Stato va inteso, se del caso, come riferimento alla legge o alla procedura in vigore nell’unità territoriale pertinente;
b)
ogni riferimento alla residenza in uno Stato va inteso, se del caso, come riferimento alla residenza nell’unità territoriale pertinente;
c)
ogni riferimento al giudice o ai giudici di uno Stato va inteso, se del caso, come riferimento al giudice o ai giudici dell’unità territoriale pertinente;
d)
ogni riferimento alla connessione con uno Stato va inteso, se del caso, come riferimento alla connessione con l’unità territoriale pertinente.
2. In deroga al paragrafo precedente, uno Stato contraente costituito da due o più unità territoriali diverse nelle quali vigono ordinamenti giuridici diversi non è tenuto ad applicare la presente convenzione alle fattispecie che riguardano esclusivamente le unità territoriali diverse.
3. Il giudice di un’unità territoriale di uno Stato contraente costituito da due o più unità territoriali diverse nelle quali vigono ordinamenti giuridici diversi non è tenuto a riconoscere o eseguire una decisione resa in un altro Stato contraente per il solo motivo che la decisione è stata riconosciuta o eseguita in un’altra unità territoriale del medesimo Stato contraente ai sensi della presente convenzione.
4. Il presente articolo non si applica alle organizzazioni regionali di integrazione economica.
Articolo 26
Rapporto con altri strumenti internazionali
1. La presente convenzione deve essere interpretata, per quanto possibile, in modo compatibile con gli altri trattati in vigore per gli Stati contraenti, conclusi prima o dopo la presente convenzione.
2. La presente convenzione non pregiudica l’applicazione, da parte di uno Stato contraente, di un trattato concluso prima o dopo la presente convenzione, qualora nessuna delle parti risieda in uno Stato contraente che non è parte del trattato.
3. La presente convenzione non pregiudica l’applicazione, da parte di uno Stato contraente, di un trattato concluso prima dell’entrata in vigore della presente convenzione in quello Stato contraente, qualora l’applicazione della presente convenzione sia incompatibile con gli obblighi di tale Stato nei confronti di uno Stato non contraente. Il presente paragrafo si applica anche ai trattati che rivedono o sostituiscono un trattato concluso prima dell’entrata in vigore della presente convenzione in tale Stato contraente, salvo che la revisione o la sostituzione crei nuove incompatibilità con la presente convenzione.
4. La presente convenzione non pregiudica l’applicazione, da parte di uno Stato contraente, di un trattato concluso prima o dopo la presente convenzione per ottenere il riconoscimento o l’esecuzione di una decisione resa da un giudice di uno Stato contraente che è parte di quel trattato. Tuttavia la decisione non può essere riconosciuta o eseguita in misura minore rispetto a quanto disposto dalla presente convenzione.
5. La presente convenzione non pregiudica l’applicazione, da parte di uno Stato contraente, di un trattato che disciplina la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in una materia specifica, anche se è stato concluso dopo la presente convenzione e se tutti gli Stati interessati sono parti della presente convenzione.
Questo paragrafo si applica solo se lo Stato contraente ha formulato una dichiarazione relativa al trattato ai sensi di questo paragrafo. In caso di dichiarazione, gli altri Stati contraenti non sono tenuti ad applicare la presente convenzione a quella materia particolare nella misura in cui sussistano incompatibilità, qualora un accordo di scelta del foro esclusivo designi i giudici, o uno o più giudici specifici, dello Stato contraente che ha formulato la dichiarazione.
6. La presente convenzione non pregiudica l’applicazione delle norme di un’organizzazione regionale di integrazione economica che è parte della presente convenzione, adottate prima o dopo la presente convenzione:
a)
qualora nessuna delle parti risieda in uno Stato contraente che non è uno Stato membro dell’organizzazione regionale di integrazione economica;
b)
per quanto concerne il riconoscimento o l’esecuzione di decisioni tra Stati membri dell’organizzazione regionale di integrazione economica.
CAPO V
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 27
Firma, ratifica, accettazione, approvazione o adesione
1. La presente convenzione è aperta alla firma di tutti gli Stati.
2. La presente convenzione è soggetta alla ratifica, accettazione o approvazione degli Stati firmatari.
3. La presente convenzione è aperta all’adesione di tutti gli Stati.
4. Gli strumenti di ratifica, accettazione, approvazione o adesione saranno depositati presso il ministero degli Affari esteri del Regno dei Paesi Bassi, depositario della convenzione.
Articolo 28
Dichiarazione concernente gli ordinamenti giuridici non unificati
1. Al momento della firma, ratifica, accettazione, approvazione o adesione, gli Stati che siano costituiti da due o più unità territoriali nelle quali, per le materie oggetto della presente convenzione, vigono ordinamenti giuridici diversi possono dichiarare che la presente convenzione si estende a tutte le rispettive unità territoriali o soltanto ad una o a più di esse e possono in ogni momento modificare tale dichiarazione presentandone una nuova.
2. La dichiarazione è notificata al depositario e indica espressamente le unità territoriali alle quali si applica la presente convenzione.
3. In mancanza di dichiarazione a norma di questo articolo, la convenzione si applica all’intero territorio dello Stato.
4. Il presente articolo non si applica alle organizzazioni regionali di integrazione economica.
Articolo 29
Organizzazioni regionali di integrazione economica
1. Un’organizzazione regionale di integrazione economica costituita esclusivamente da Stati sovrani e avente competenza per alcune o tutte le materie disciplinate dalla presente convenzione può anch’essa firmare, accettare e approvare la presente convenzione o aderirvi. In tal caso l’organizzazione regionale di integrazione economica ha gli stessi diritti e obblighi di uno Stato contraente nella misura in cui è competente per le materie disciplinate dalla presente convenzione.
2. Al momento della firma, accettazione, approvazione o adesione, l’organizzazione regionale di integrazione economica notifica per iscritto al depositario le materie disciplinate dalla presente convenzione per le quali i suoi Stati membri le hanno delegato la competenza. L’organizzazione notifica senza indugio per iscritto al depositario qualunque modifica intervenuta nella delega di competenza precisata nella notifica più recente fatta in virtù del presente paragrafo.
3. Ai fini dell'entrata in vigore della presente convenzione, gli strumenti depositati da un’organizzazione regionale di integrazione economica sono presi in considerazione solo se l’organizzazione interessata dichiara, in conformità dell’articolo 30, che i suoi Stati membri non saranno parti della presente convenzione.
4. Ogni riferimento nella presente convenzione a uno «Stato contraente» o «Stato» si applica anche, se del caso, a un’organizzazione regionale di integrazione economica che è parte della convenzione.
Articolo 30
Adesione di un’organizzazione regionale di integrazione economica senza i suoi Stati membri
1. Al momento della firma, accettazione, approvazione o adesione, un’organizzazione regionale di integrazione economica può dichiarare di essere competente per tutte le materie disciplinate dalla presente convenzione e che i propri Stati membri non saranno parti della presente convenzione ma ne saranno vincolati in forza della firma, accettazione, approvazione o adesione dell’organizzazione.
2. Qualora un’organizzazione regionale di integrazione economica effettui una dichiarazione ai sensi del paragrafo 1, ogni riferimento nella presente convenzione a uno «Stato contraente» o «Stato» si applica altresì, se del caso, agli Stati membri dell’organizzazione.
Articolo 31
Entrata in vigore
1. La presente convenzione entra in vigore il primo giorno del quarto mese successivo al deposito del secondo strumento di ratifica, accettazione, approvazione o adesione di cui all’articolo 27.
2. Successivamente la presente convenzione entra in vigore:
a)
per ciascuno Stato o organizzazione regionale di integrazione economica che la ratifica, accetta, approva o vi aderisce più tardi, il primo giorno del quarto mese successivo al deposito del suo strumento di ratifica, accettazione, approvazione o adesione;
b)
per le unità territoriali alle quali la presente convenzione è stata estesa in conformità dell’articolo 28, paragrafo 1, il primo giorno del quarto mese successivo alla notifica della dichiarazione di cui al predetto articolo.
Articolo 32
Dichiarazioni
1. Le dichiarazioni di cui agli articoli 19, 20, 21, 22 e 26 possono essere formulate all’atto della firma, accettazione, approvazione o adesione oppure in qualunque momento successivo e possono essere modificate o revocate in qualsiasi momento.
2. Le dichiarazioni, modifiche e revoche devono essere notificate al depositario.
3. Le dichiarazioni fatte al momento della firma, ratifica, accettazione, approvazione o adesione divengono efficaci al momento dell’entrata in vigore della presente convenzione nei confronti dello Stato in questione.
4. Le dichiarazioni formulate in un momento successivo e ogni modifica o revoca di una dichiarazione hanno efficacia il primo giorno del quarto mese successivo alla data di ricevimento della notifica da parte del depositario.
5. Le dichiarazioni ai sensi degli articoli 19, 20, 21 e 26 non si applicano agli accordi di scelta del foro esclusivi conclusi prima che tali dichiarazioni divengano efficaci.
Articolo 33
Denuncia
1. La presente convenzione può essere denunciata mediante notifica scritta al depositario. La denuncia può limitarsi ad alcune unità territoriali di un ordinamento giuridico non unificato cui si applica la presente convenzione.
2. La denuncia ha efficacia il primo giorno del tredicesimo mese successivo alla data di ricevimento della notifica da parte del depositario. Quando nella notifica è indicato un periodo più lungo affinché la denuncia produca i suoi effetti, quest’ultima ha efficacia alla scadenza del predetto periodo a decorrere dalla data di ricevimento della notifica da parte del depositario.
Articolo 34
Notifiche da parte del depositario
Il depositario notifica ai membri della conferenza dell’Aia di diritto internazionale privato, nonché agli altri Stati e alle organizzazioni regionali di integrazione economica che hanno firmato, ratificato, accettato, approvato o aderito conformemente agli articoli 27, 29 e 30 le seguenti informazioni:
a)
le firme, ratifiche, accettazioni, approvazioni e adesioni previste agli articoli 27, 29 e 30;
b)
la data di entrata in vigore della presente convenzione in conformità dell’articolo 31;
c)
le notifiche, dichiarazioni, modifiche e revoche delle dichiarazioni di cui agli articoli 19, 20, 21, 22, 26, 28, 29 e 30;
d)
le denunce ai sensi dell’articolo 33.
In fede di che, i sottoscritti, debitamente autorizzati, hanno firmato la presente convenzione.
Fatto all’Aia, il 30 giugno 2005, in francese e in inglese, entrambi i testi facenti ugualmente fede, in un solo esemplare che sarà depositato negli archivi del governo del Regno dei Paesi Bassi e di cui verrà inviata una copia autentica, per via diplomatica, a ciascuno degli Stati membri della conferenza dell’Aia di diritto internazionale privato alla data della sua ventesima sessione e a ciascuno Stato che ha partecipato a tale sessione.
ALLEGATO II
Dichiarazione della Comunità europea ai sensi dell’articolo 30 della convenzione sugli accordi di scelta del foro
La Comunità europea dichiara, ai sensi dell’articolo 30 della convenzione sugli accordi di scelta del foro, di essere competente per tutte le materie disciplinate dalla presente convenzione. I suoi Stati membri non firmeranno, ratificheranno, accetteranno o approveranno la convenzione, ma ne saranno vincolati in forza della sua conclusione da parte della Comunità europea.
Ai fini della presente dichiarazione, il termine «Comunità europea» non include la Danimarca, in virtù degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità. | Certezza giuridica nel commercio internazionale per le imprese dell’UE che adottano gli accordi sulla scelta del foro
QUAL È LO SCOPO DELLE DECISIONI E DELLA CONVENZIONE?
A nome dell’Unione europea (UE), firmano e approvano la convenzione dell’Aia del 30 giugno 2005 sugli accordi di scelta del foro*. La convenzione chiarisce le regole che governano le controversie nel commercio internazionale in cui le parti hanno scelto un foro esclusivamente competente. La convenzione garantisce una maggiore certezza giuridica per le aziende dell’UE che intrattengono rapporti commerciali con aziende all’esterno dell’UE assicurando che la loro scelta del foro competente in una controversia venga rispettata.
PUNTI CHIAVE
Campo di applicazione della convenzioneLa presente convenzione si applica alla scelta esclusiva degli accordi sulla scelta del foro in questioni internazionali di natura civile e commerciale in cui sono coinvolti Stati che applicano la convenzione. L’accordo sulla scelta del foro è considerato esclusivo, se non altrimenti specificato dalle parti dell’accordo. Sono esclusi alcuni casi. Gli esempi comprendono:contratti dei consumatori e contratti di lavoro,stato e capacità delle persone (fisiche),validità delle persone giuridiche e dei diritti di proprietà intellettuale e materie del diritto di famiglia,procedimenti di risoluzione alternativa delle controversie*. Inoltre, le parti della convenzione possono escludere alcune altri casi dall’ambito di applicazione. Su queste basi, l’UE ha reso una dichiarazione che esclude dall’ambito di applicazione alcuni contratti di assicurazione. Garantire il rispetto della scelta del foroVolontà delle parti — Le parti di un contratto possono giungere a un accordo sulla scelta del foro esclusivo per designare il foro di uno degli Stati che applicano la convenzione come competente per risolvere una controversia. L’accordo deve essere fatto per iscritto o con qualunque altro mezzo che consenta di accedere successivamente alle informazioni. Competenza giurisdizionale — Il giudice designato è il solo a essere competente a conoscere delle controversie cui si applica l’accordo, salvo la decisione che quest’ultimo sia nullo secondo la legge di tale Stato. Il giudice diverso dal giudice prescelto sospende o dichiara inammissibile i procedimenti presentati in violazione dell’accordo della scelta del foro, a meno che:l’accordo sia nullo secondo la legge dello Stato del giudice prescelto;una parte fosse priva della capacità di concludere l’accordo in base alla legge dello Stato richiesto;l’attuazione dell’accordo sia contraria alla politica pubblica dello Stato del giudice non prescelto;l’accordo non possa essere eseguito; oppureil giudice prescelto abbia deciso di non conoscere della causa. Riconoscimento ed esecuzione — Gli altri Stati che applicano la convenzione devono riconoscere ed eseguire una decisione resa dal giudice designato. Tuttavia, essi possono essere posticipare l’esecuzione se la decisione è stata impugnata nello Stato di origine o se il termine per l’impugnazione ordinaria non è ancora scaduto. La convenzione individua inoltre una serie di altre situazioni in cui il riconoscimento e l’esecuzione possono essere negati (ad esempio se la decisione è stata ottenuta con la frode). Il testo riporta inoltre l’elenco dei documenti necessari per richiedere il riconoscimento e l’esecuzione.
DA QUANDO SI APPLICA LA CONVENZIONE?
In seguito alla Decisione 2014/887/UE, l’Unione europea ha ratificato la convenzione il 15 giugno 2015, rendendola vincolante per tutti gli Stati membri (eccetto la Danimarca) e gli altri stati che l’hanno ratificata dal momento della sua entrata in vigore il 1o dicembre 2015.
CONTESTO
La convenzione sulla scelta del foro è stata conclusa sotto l’egida della Conferenza dell’Aia sul diritto internazionale privato il 30 giugno 2005. La convenzione è stata firmata dall’UE nel 2009. Le parti della convenzione comprendono gli Stati membri così come paesi terzi. Le regole interne dell’UE sul riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale [regolamento (UE) n. 1215/2012] sono state riformate per garantirne la coerenza con la convenzione. Per ulteriori informazioni, consultare:«Convenzione sulla scelta del foro: Le aziende dell’UE ricevono un’importante spinta negli scambi internazionali» — Comunicato stampa (Commissione europea)Questioni di natura civile e commerciale (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Accordo di scelta del foro: accordo tra le parti nel designare il giudice (uno o più giudici specifici) competente nelle controversie nate da un particolare rapporto giuridico.
Risoluzione alternativa delle controversie: risoluzione delle controversie senza andare in tribunale.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione del Consiglio 2009/397/CE, del 26 febbraio 2009, relativa alla firma a nome della Comunità europea della convenzione sugli accordi di scelta del foro (GU L 133 del 29.5.2009, pag. 1).
Decisione del Consiglio 2014/887/UE, del 4 dicembre 2014, relativa all’approvazione, a nome dell’Unione europea, della convenzione dell’Aia del 30 giugno 2005 sugli accordi di scelta del foro (GU L 353 del 10.12.2014, pag. 5).
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (rifusione) (GU L 351 del 20.12.2012, pag. 1).
Le successive modifiche al Regolamento (UE) n. 1215/2012 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentario. | 12,202 | 288 |
21988A1031(01) | false | Convenzione di Vienna per la protezione dello strato di ozono
Gazzetta ufficiale n. L 297 del 31/10/1988 pag. 0010 - 0020 edizione speciale finlandese: capitolo 11 tomo 14 pag. 0148 edizione speciale svedese/ capitolo 11 tomo 14 pag. 0148
ALLEGATO ICONVENZIONE DI VIENNA PER LA PROTEZIONE DELLO STRATO DI OZONO PREAMBOLOLE PARTI CONTRAENTI DELLA PRESENTE CONVENZIONE,CONSAPEVOLI dell'incidenza nefasta che potrebbe avere sulla salute umana e sull'ambiente qualsiasi modificazione dello strato di ozono,RICORDANDO le disposizioni pertinenti della dichiarazione della conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente, in particolare il principio 21, nel quale si stabilisce che conformemente alla Carta delle Nazioni Unite e ai principi del diritto internazionale, «gli Stati hanno il diritto sovrano di sfruttare le proprie risorse secondo proprie politiche ambientali e sono tenuti a far sì che le attività esercitate nell'ambito della loro giurisdizione e sotto il loro controllo non arrechino danno all'ambiente degli altri Stati o delle regioni che non sono soggette a nessuna giurisdizione nazionale»,TENENDO CONTO della situazione e dei bisogni particolari dei paesi in via di sviluppo,AVENDO PRESENTI i lavori e gli studi in corso in seno ad organizzazioni internazionali e nazionali e in particolare il Piano mondiale d'azione per lo strato di ozono del programma delle Nazioni Unite per l'ambiente,AVENDO INOLTRE PRESENTI le misure precauzionali già prese su scala nazionale e internazionale per proteggere lo strato di ozono,CONSAPEVOLI che l'adozione di misure intese a proteggere lo strato di ozono dalle modificazioni imputabili alle attività antropiche può avvenire solo nel quadro di una cooperazione e di un'azione internazionali e che dovrà basarsi su dati scientifici e tecnici pertinenti,PARIMENTI CONSAPEVOLI della necessità di effettuare nuove ricerche e osservazioni sistematiche per sviluppare le conoscenze scientifiche sullo strato di ozono e sugli effetti nocivi che potrebbe comportare la sua perturbazione,DECISE a proteggere la salute umana e l'ambiente dagli effetti nefasti derivanti dalle modificazioni dello strato di ozono,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1DefinizioniAi fini della presente convenzione:1. per «strato di ozono» si intende lo strato di ozono atmosferico presente al di sopra dello strato limite del pianeta;2. per «effetti nefasti» si intendono le modificazioni apportate all'ambiente fisico o alla flora e alla fauna, compresi i cambiamenti climatici che hanno effetti nocivi rilevanti sulla salute umana o sulla composizione, la resistenza e la produttività degli ecosistemi naturali o artificiali o sui materiali utili all'umanità;3. per «tecnologia o materiale di sostituzione» si intende una tecnologia o un materiale la cui utilizzazione permette di ridurre o di escludere praticamente le emissioni di sostanze che abbiano o possano avere effetti nefasti sullo strato di ozono;4. per «sostanze di sostituzione» si intendono sostanze che riducano, eliminino o evitino gli effetti nefasti sullo strato di ozono;5. per «parti contraenti» si intendono le parti contraenti della presente convenzione, a meno che il testo non richieda un'altra interpretazione;6. per «organizzazione regionale d'integrazione economica» si intende un'organizzazione costituita da Stati sovrani di una data regione competente in settori disciplinati dalla convenzione o dai suoi protocolli e debitamente autorizzata, in base alle sue procedure interne, a firmare, ratificare, accettare e approvare la convenzione o i suoi protocolli o ad aderirvi;7. per «protocolli» si intendono i protocolli della presente convenzione.Articolo 2Obblighi generali1. Le parti contraenti prendono misure adeguate conformemente alle disposizioni della presente convenzione e deiprotocolli in vigore di cui sono parti contraenti per proteggere la salute umana e l'ambiente dagli effetti nefasti che derivano o possono derivare dalle attività umane che modificano o possono modificare lo strato di ozono.2. A tal fine le parti contraenti, secondo i mezzi di cui dispongono e secondo le loro possibilità:a) collaborano mediante osservazioni sistematiche, ricerche e scambi di importazioni per comprendere e valutare meglio gli effetti delle attività umane sullo strato di ozono e gli effetti esercitati sulla salute umana e sull'ambiente dalla modificazione dello strato di ozono;b) adottano le misure legislative o amministrative più opportune e collaborano per armonizzare le politiche appropriate intese a regolamentare, limitare, ridurre o prevenire le attività umane che rientrano nella loro giurisdizione o nel loro controllo, se risulta che dette attività hanno o possono avere effetti nefasti come conseguenza di una modificazione effettiva o possibile dello strato di ozono;c) collaborano per stabilire misure, procedure e norme concordate per l'applicazione della presente convenzione in vista dell'adozione di protocolli e allegati;d) collaborano con gli organi internazionali competenti per applicare effettivamente la presente convenzione e i protocolli di cui esse sono parti contraenti.3. Le disposizioni della presente convenzione non pregiudicano il diritto delle parti contraenti di adottare, conformemente al diritto internazionale, misure interne più rigorose di quelle di cui ai precedenti paragrafi 1 e 2 né le misure interne aggiuntive già prese da una parte contraente, purché dette misure non siano incompatibili con gli obblighi di dette parti contraenti ai sensi della presente convenzione.4. L'applicazione del presente articolo si basa su considerazioni scientifiche e tecniche pertinenti.Articolo 3Ricerca e osservazioni sistematiche1. Le parti contraenti si impegnano, quando lo ritengano opportuno, a intraprendere ricerche e valutazioni scientifiche o a collaborare alla realizzazione di ricerche e di valutazioni scientifiche, direttamente o tramite organi internazionali competenti, su:a) i processi fisici e chimici che possono influire sullo strato di ozono;b) gli effetti sulla salute dell'uomo e gli altri effetti biologici di qualunque modificazione dello strato di ozono, inparticolare quelli che derivano da modificazioni della radiazione ultravioletta di origine solare avente azione biologica (UV-B);c) le incidenze sul clima di qualunque modificazione dello strato di ozono;d) gli effetti di qualunque modificazione dello strato di ozono e delle modificazioni della radiazione UV-B che ne risultano sui materiali naturali e sintetici utili all'umanità;e) le sostanze, le pratiche, i procedimenti e le attività che possono influire sullo strato di ozono e i loro effetti cumulativi;f) le sostanze e le tecnologie di sostituzione;g) i problemi socio-economici connessi;come precisato negli allegati I e II.2. Le parti contraenti si impegnano a promuovere o a istituire, quando lo ritengano opportuno, direttamente o tramite organi internazionali competenti e tenendo pienamente conto della loro legislazione nazionale e delle attività pertinenti a livello nazionale e internazionale, dei programmi comuni o complementari per osservazioni sistematiche dello strato di ozono e di altri parametri pertinenti, conformemente alle disposizioni dell'allegato I.3. Le parti contraenti si impegnano a collaborare, direttamente o tramite organi internazionali competenti, per assicurare la raccolta, la convalida e la trasmissione dei dati ottenuti con la ricerca e dei dati osservati, tramite appropriati centri mondiali di dati, in modo regolare e senza indebiti ritardi.Articolo 4Collaborazione in campo giuridico, scientifico e tecnico1. Le parti contraenti facilitano e promuovono lo scambio delle informazioni scientifiche, tecniche, socio-economiche, commerciali e giuridiche appropriate ai fini della presente convenzione e come precisato nell'allegato II. Dette informazioni vengono fornite agli organi autorizzati dalle parti contraenti. Qualunque organo che riceve informazioni considerate riservate dalla parte contraente che le fornisce vigila a ciò che esse non siano divulgate e le aggrega per proteggerne la riservatezza prima di metterle a disposizione di tutte le parti contraenti.2. Le parti contraenti collaborano, conformemente alle loro legislazioni, regolamentazioni e pratiche nazionali e tenendo conto in particolare delle esigenze dei paesi in via di sviluppo, per promuovere, direttamente o tramite organiinternazionali competenti, la messa a punto e il trasferimento di tecnologie e di conoscenze. La collaborazione si effettuerà in particolare nei seguenti modi:a) facilitando l'acquisizione di tecnologie di sostituzione da parte delle altre parti contraenti;b) fornendo informazioni sulle tecnologie e il materiale di sostituzione, nonché manuali o guide specifiche in materia;c) fornendo il materiale e gli impianti necessari per la ricerca e le osservazioni sistematiche;d) assicurando l'adeguata formazione del personale scientifico e tecnico.Articolo 5Comunicazione di informazioniLe parti contraenti trasmettono alla conferenza delle parti istituita dall'articolo 6, tramite il segretariato, informazioni sulle misure da esse adottate in applicazione della presente convenzione e dei protocolli dei quali sono parti contraenti. La forma e la frequenza di queste relazioni saranno stabilite nelle riunioni delle parti contraenti degli strumenti di cui trattasi.Articolo 6Conferenza delle parti1. Il presente articolo istituisce una conferenza delle parti. La prima riunione della conferenza delle parti sarà convocata dal segretariato designato a titolo provvisorio, conformemente all'articolo 7, al più tardi un anno dopo l'entrata in vigore della presente convenzione. Successivamente le riunioni ordinarie della conferenza delle parti avranno luogo regolarmente, con la frequenza fissata dalla conferenza nella sua prima riunione.2. Riunioni straordinarie della conferenza delle parti saranno sempre possibili in qualsiasi momento, se la conferenza lo ritiene necessario o su richiesta scritta di una parte contraente, con riserva che detta richiesta sia appoggiata da almeno un terzo delle parti contraenti, nei sei mesi successivi alla sua comunicazione alle parti contraenti suddette da parte del segretariato.3. La conferenza delle parti stabilirà e adotterà per consenso il suo regolamento interno e il suo regolamento finanziario, i regolamenti interni e i regolamenti finanziari di qualunque organo sussidiario che essa potrà istituire e le disposizioni finanziarie che disciplineranno il funzionamento del segretariato.4. La conferenza delle parti controlla in permanenza l'applicazione della presente convenzione e inoltre:a) stabilisce la forma e la frequenza della comunicazione delle informazioni da presentare conformemente all'articolo 5 e esamina dette informazioni nonché le relazioni presentate da qualunque organo sussidiario;b) studia le informazioni scientifiche sullo stato dello strato di ozono, sulla sua eventuale modificazione e sui possibili effetti di tale modificazione;c) favorisce, conformemente all'articolo 2, l'armonizzazione delle politiche, delle strategie e delle misure appropriate per ridurre al minimo gli scarichi di sostanze che modificano o possono modificare lo strato di ozono e fa raccomandazioni su ogni altra misura in rapporto con la presente convenzione;d) adotta, conformemente agli articoli 3 e 4, programmi di ricerca, di osservazioni sistematiche, di cooperazione scientifica e tecnica, di scambio di informazioni e di trasferimento di tecnologie e di conoscenze;e) esamina e adotta, quando lo ritiene opportuno, gli emendamenti alla presente convenzione e ai suoi allegati, conformemente agli articoli 9 e 10;f) esamina gli emendamenti a qualunque protocollo e gli allegati di qualunque protocollo e, se così è stato deciso, ne raccomanda l'adozione alle parti contraenti del protocollo di cui trattasi;g) esamina e adotta, quando lo ritiene opportuno, gli allegati supplementari della presente convenzione, conformemente all'articolo 10;h) esamina e adotta, quando lo ritiene opportuno, i protocolli, conformemente all'articolo 8;i) stabilisce gli organi sussidiari giudicati necessari all'applicazione della presente convenzione;j) si assicura, quando lo ritiene opportuno, i servizi di organismi internazionali e di comitati scientifici competenti e in particolare quelli dell'Organizzazione meteorologica mondiale, dell'Organizzazione mondiale della sanità, nonché del comitato di coordinamento per lo strato di ozono, per ricerche scientifiche, osservazioni sistematiche e altre attività conformi agli obiettivi della presente convenzione; essa utilizza altresì, quando lo ritiene opportuno, le informazioni provenienti da detti organi e comitati;k) esamina e prende ogni altra misura necessaria al perseguimento degli obiettivi della presente convenzione;5. L'Organizzazione delle Nazioni Unite, i suoi istituti specializzati, l'Agenzia internazionale per l'energia atomica, ed ogni Stato che non sia parte contraente della presente convenzione, possono essere rappresentati da osservatori alle riunioni della conferenza delle parti. Qualunque organo o organismo nazionale o internazionale, governativo o non governativo, qualificato nei settori connessi con la protezione dello strato di ozono, che abbia comunicato al segretariato il proprio desiderio di farsi rappresentare da osservatori ad una riunione della conferenza delle parti, può esservi ammesso, salvo che almeno un terzo delle parti presenti vi si opponga. L'ammissione e la partecipazione degli osservatori sono subordinate al rispetto del regolamento interno adottato dalla conferenza delle parti.Articolo 7Segretariato1. Le funzioni del segretariato sono le seguenti:a) organizzare le riunioni delle parti contraenti conformemente agli articoli 6, 8, 9 e 10 e fornire i servizi all'uopo necessari;b) redigere e trasmettere una relazione basata sulle informazioni ricevute conformemente agli articoli 4 e 5 nonché sulle informazioni ottenute in occasione delle riunioni degli organi sussidiari istituiti in forza dell'articolo 6;c) espletare i compiti che gli vengono assegnati in forza di qualsiasi protocollo della presente convenzione;d) redigere relazioni sulle attività portate a buon fine nell'esercizio delle funzioni che gli vengono assegnate in forza della presente convenzione e presentarle alla conferenza delle parti;e) assicurare il necessario coordinamento con altri organismi internazionali competenti e in particolare concludere gli accordi amministrativi e contrattuali che potrebbero essergli necessari per l'efficace espletamento delle sue funzioni;f) espletare qualsiasi altro compito che la conferenza delle parti decida di assegnargli.2. Le funzioni di segretariato saranno esercitate provvisoriamente dal programma delle Nazioni Unite per l'ambiente fino alla fine della prima riunione ordinaria della conferenza delle parti, tenutasi conformemente all'articolo 6. Nella sua prima riunione ordinaria la conferenza delle parti designerà il segretariato fra le organizzazioni internazionali competenti che si saranno proposte per espletare le funzioni di segretariato previste dalla presente convenzione.Articolo 8Adozione di protocolli1. La conferenza delle parti in una riunione può adottare protocolli alla presente convenzione, conformemente all'articolo 2.2. Il testo di qualunque protocollo proposto è comunicato dal segretariato alle parti contraenti almeno sei mesi prima della riunione suddetta.Articolo 9Emendamenti alla convenzione o ai protocolli1. Ogni parte contraente può proporre emendamenti alla presente convenzione o ad uno qualunque dei protocolli. Questi emendamenti tengono debitamente conto, tra l'altro, delle considerazioni scientifiche e tecniche pertinenti.2. Gli emendamenti alla presente convenzione sono adottati nel corso di una riunione della conferenza delle parti. Gli emendamenti a un protocollo sono adottati nel corso di una riunione delle parti contraenti del protocollo di cui trattasi. Il testo di qualunque emendamento proposto alla presente convenzione o ad uno qualunque dei protocolli, salvo disposizione contraria del protocollo considerato, viene trasmesso dal segretariato alle parti contraenti almeno sei mesi prima della riunione nella quale ne verrà proposta l'adozione. Il segretariato comunica inoltre gli emendamenti proposti ai firmatari della presente convenzione per informazione.3. Per quanto riguarda qualunque emendamento proposto alla presente convenzione, le parti contraenti si adoperano per pervenire ad un accordo per consenso. Se sono stati fatti tutti gli sforzi possibili per arrivare ad un consenso e non si è trovato un accordo, l'emendamento viene adottato, come ultima risorsa, alla maggioranza dei tre quarti delle parti contraenti presenti alla riunione e votanti e sarà sottoposto dal depositario a tutte le parti contraenti per ratifica, approvazione o accettazione.4. Agli emendamenti di qualunque protocollo della convenzione si applica la procedura di cui al paragrafo 3, salvo che per la loro adozione è sufficiente la maggioranza dei due terzi delle parti contraenti del protocollo di cui trattasi, presenti alla riunione e votanti.5. La ratifica, l'approvazione o l'accettazione degli emendamenti è notificata per iscritto al depositario. Gli emendamenti adottati conformemente ai paragrafi 3 e 4 entrano in vigore fra le parti contraenti che li hanno accettati il novantesimo giorno successivo a quello in cui il depositario avrà ricevuto notifica della loro ratifica, approvazione o accettazione da almeno tre quarti delle parti contraenti della presente convenzione o da almeno due terzi delle parti contraenti del protocollo di cui trattasi, salvo disposizione contraria del protocollo in questione. Successivamente, per ciascuna altra parte contraente gli emendamenti entreranno in vigore il novantesimo giorno successivo a quello in cui detta parte contraente avrà depositato il suo strumento di ratifica, di approvazione o di accettazione degli emendamenti.6. Ai fini del presente articolo per «parti contraenti presenti alla riunione e votanti» si intendono le parti contraenti presenti alla riunione che hanno espresso un voto favorevole o contrario.Articolo 10Adozione degli allegati e emendamento degli allegati1. Gli allegati della presente convenzione o di uno qualunque dei protocolli fanno parte integrante della convenzione o del protocollo, a seconda dei casi, e, salvo espressa disposizione contraria, qualunque riferimento alla presente convenzione o ai protocolli è anche un riferimento agli allegati di questi strumenti. Detti allegati sono limitati alle questioni scientifiche, tecniche e amministrative.2. Salvo disposizione contraria di qualunque protocollo concernente i propri allegati, la proposta, l'adozione e l'entrata in vigore di allegati supplementari della presente convenzione o di allegati di un protocollo sono disciplinate dalla seguente procedura:a) gli allegati della presente convenzione sono proposti e adottati secondo la procedura descritta ai paragrafi 2 e 3 dell'articolo 9; gli allegati di qualunque protocollo sono proposti e adottati secondo la procedura descritta ai paragrafi 2 e 4 dell'articolo 9;b) ogni parte contraente che non sia in grado di approvare un allegato supplementare della presente convenzione o un allegato di uno qualunque dei protocolli di cui è parte contraente ne dà notifica per iscritto al depositario entro i sei mesi successivi alla data di comunicazione dell'adozione da parte del depositario. Quest'ultimo informa senza indugio tutte le parti contraenti di ogni notifica ricevuta. Una parte contraente può accettare in qualunque momento un allegato al quale aveva precedentemente dichiarato di opporsi e l'allegato in questione entra allora in vigore nei riguardi di detta parte contraente;c) allo scadere di un periodo di sei mesi a decorrere dalla data di invio della comunicazione da parte del depositario l'allegato prende effetto per tutte le parti contraenti della presente convenzione o del protocollo di cui trattasi che non hanno presentato notifiche conformemente al precedente punto b).3. La proposta, l'adozione e l'entrata in vigore di emendamenti agli allegati della presente convenzione o di uno qualunque dei protocolli sono soggette alla stessa procedura della proposta, dell'adozione e dell'entrata in vigore degli allegati della convenzione o di uno qualunque dei protocolli. Gli allegati e gli emendamenti relativi tengono debitamente conto, fra l'altro, delle considerazioni scientifiche e tecniche pertinenti.4. Se un allegato supplementare o un emendamento a un allegato implica un emendamento alla convenzione o a un protocollo, l'allegato supplementare o l'allegato modificato entra in vigore solo quando entra in vigore detto emendamento alla convenzione o al protocollo di cui trattasi.Articolo 11Composizione delle controversie1. Se fra le parti contraenti sorge una controversia a proposito dell'interpretazione o dell'applicazione della presente convenzione, le parti interessate cercano una soluzione mediante negoziato.2. Se le parti interessate non riescono a pervenire ad un accordo mediante negoziato, esse possono congiuntamente ricorrere ai buoni uffici di una terza parte o chiederle la sua mediazione.3. Nel momento in cui ratifica, accetta, approva la presente convenzione o aderisce ad essa, qualunque Stato oorganizzazione d'integrazione economica regionale può dichiarare per iscritto presso il depositario che, in caso di controversie che non siano state risolte conformemente ai paragrafi 1 e 2, esso accetta di considerare come obbligatorio l'uno o l'altro dei due modi di composizione qui in appresso citati:a) arbitrato, conformemente alla procedura che verrà adottata dalla conferenza delle parti nella sua prima sessione ordinaria;b) sottoposizione della controversia alla Corte internazionale di giustizia.4. Se le parti contraenti non hanno accettato, conformemente al paragrafo 3, la stessa procedura o una procedura, la controversia è sottoposta a conciliazione, conformemente al paragrafo 5, salvo che le parti contraenti non decidano diversamente.5. Su richiesta di una delle parti contraenti fra le quali è sorta una controversia viene istituita una commissione di conciliazione, composta da un numero di membri designati in parti uguali da ciascuna delle parti interessate e il cui presidente viene scelto di comune accordo dai membri così designati. La commissione esprime un parere che è senza appello, ha valore di raccomandazione e viene esaminato in buona fede dalle parti in causa.6. Le disposizioni oggetto del presente articolo si applicano ad ogni protocollo, salvo disposizioni contrarie del protocollo in questione.Articolo 12FirmaLa presente convenzione può essere firmata dagli Stati e dalle organizzazioni di integrazione economica regionale presso il Ministero federale degli affari esteri della Repubblica austriaca, a Vienna, dal 22 marzo 1985 al 21 settembre 1985, e presso la sede dell'organizzazione delle Nazioni Unite a New York, dal 22 settembre 1985 al 21 marzo 1986.Articolo 13Ratifica, accettazione o approvazione1. La presente convenzione e ogni protocollo relativo sono sottoposti alla ratifica, all'accettazione o all'approvazione degli Stati e delle organizzazioni di integrazione economica regionale. Gli strumenti di ratifica, di accettazione o di approvazione saranno depositati presso il depositario.2. Qualunque organizzazione di cui al paragrafo 1 che diventa parte contraente della presente convenzione o di qualunque protocollo e di cui nessuno Stato membro è lui stesso parte contraente è vincolata da tutti gli obblighi enunciati, a seconda dei casi, nella convenzione o nel protocollo. Qualora uno o più Stati membri di una di questeorganizzazioni siano parti contraenti della convenzione o del protocollo di cui trattasi, l'organizzazione e i suoi Stati membri concordano le loro responsabilità rispettive per quanto riguarda l'esecuzione dei loro obblighi in forza della convenzione o del protocollo a seconda dei casi. In tali casi l'organizzazione e gli Stati membri non sono autorizzati ad esercitare simultaneamente i loro diritti a titolo della convenzione o del protocollo di cui trattasi.3. Nei loro strumenti di ratifica, di accettazione o di approvazione le organizzazioni di cui al paragrafo 1 indicano l'estensione delle loro competenze nei settori disciplinati dalla convenzione o dal protocollo di cui trattasi. Dette organizzazioni notificano altresì al depositario qualunque modifica rilevante dell'estensione delle loro competenze.Articolo 14Adesione1. La presente convenzione e qualunque protocollo saranno aperti all'adesione degli Stati e delle organizzazioni d'integrazione economica regionale a decorrere dalla data in cui la convenzione o il protocollo considerato non potranno più essere firmati. Gli strumenti di adesione saranno depositati presso il depositario.2. Nei loro strumenti di adesione le organizzazioni di cui al paragrafo 1 indicano l'estensione delle loro competenze nei settori disciplinati dalla convenzione o dal protocollo di cui trattasi. Esse notificano altresì al depositario qualunque modifica rilevante dell'estensione delle loro competenze.3. Le disposizioni del paragrafo 2 dell'articolo 13 si applicano alle organizzazioni d'integrazione economica regionale che aderiscono alla presente convenzione o a qualunque protocollo.Articolo 15Diritto di voto1. Ciascuna parte contraente della convenzione o di qualunque protocollo dispone di un voto.2. Fatte salve le disposizioni del paragrafo 1, le organizzazioni d'integrazione economica regionale dispongono, per esercitare il loro diritto di voto nei settori di loro competenza, di un numero di voti pari al numero dei loro Stati membri che sono parti contraenti della convenzione o del protocollo di cui trattasi. Dette organizzazioni non esercitano il proprio diritto di voto se i loro Stati membri esercitano il loro e viceversa.Articolo 16Rapporti tra la convenzione e i suoi protocolli1. Nessuno Stato e nessuna organizzazione d'integrazione economica regionale possono diventare parte contraente diun protocollo senza essere o diventare contemporaneamente parte contraente della convenzione.2. Le decisioni concernenti qualunque protocollo sono prese solo dalle parti contraenti del protocollo di cui trattasi.Articolo 17Entrata in vigore1. La presente convenzione entrerà in vigore il novantesimo giorno successivo alla data in cui sarà depositato il ventesimo strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione.2. A meno che il testo del protocollo non disponga altrimenti, qualunque protocollo entrerà in vigore il novantesimo giorno successivo alla data in cui sarà depositato l'undicesimo strumento di ratifica, di accettazione o di approvazione di detto protocollo o di adesione allo stesso.3. Per ogni parte contraente che ratifica, accetta o approva la presente convenzione o vi aderisce dopo il deposito del ventesimo strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione, la convenzione entrerà in vigore il novantesimo giorno successivo alla data del deposito dello strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione da parte di detta parte contraente.4. Qualunque protocollo, salvo disposizione contraria del protocollo stesso, entrerà in vigore per la parte contraente che lo ratifica, lo accetta, lo approva o vi aderisce dopo la sua entrata in vigore, conformemente al paragrafo 2, il novantesimo giorno successivo alla data del deposito dello strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione da parte di detta parte contraente o alla data in cui la convenzione entrerà in vigore per la parte contraente in questione, a seconda di quale di queste date sia l'ultima.5. Ai fini dei paragrafi 1 e 2, nessuno degli strumenti depositati da un'organizzazione d'integrazione economica regionale di cui all'articolo 12 deve essere considerato come uno strumento che si aggiunge agli strumenti già depositati dagli Stati membri di detta organizzazione.Articolo 18RiserveAlla presente convenzione non può essere fatta alcuna riserva.Articolo 19Denuncia1. Decorso il termine di quattro anni dalla data di entrata in vigore della presente convenzione nei riguardi di una parte contraente, detta parte contraente potrà in qualunque momento denunciarla mediante notifica scritta al depositario.2. Salvo disposizione contraria del protocollo di cui trattasi, ogni parte contraente potrà in qualunque momento, decorso il termine di quattro anni dalla data di entrata in vigore di un protocollo, denunciarlo mediante notifica scritta al depositario.3. Ogni denuncia avrà effetto un anno dopo la data della sua ricezione da parte del depositario o in qualunque altra data successiva che potrà essere specificata nella notifica di denuncia.4. Ogni parte contraente che avrà denunciato la presente convenzione sarà considerata come avente denunciato anche i protocolli di cui è parte contraente.Articolo 20Depositario1. Il segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite assume le funzioni di depositario della presente convenzione e dei protocolli relativi.2. Il depositario informa le parti contraenti, in particolare:a) della firma della presente convenzione e di ogni protocollo nonché del deposito degli strumenti di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione conformemente agli articoli 13 e 14;b) della data di entrata in vigore della convenzione e di ogni protocollo conformemente all'articolo 17;c) delle notifiche di denuncia fatte conformemente all'articolo 19;d) degli emendamenti adottati per quanto riguarda la convenzione e qualunque protocollo, dell'accettazione di detti emendamenti da parte delle parti contraenti e della loro data di entrata in vigore conformemente all'articolo 9;e) di tutte le comunicazioni relative all'adozione o all'approvazione di allegati e ai loro emendamenti conformemente all'articolo 10;f) della notifica da parte delle organizzazioni regionali d'integrazione economica dell'estensione delle loro competenze nei settori disciplinati dalla presente convenzione e da ogni protocollo e di qualunque modifica relativa;g) delle dichiarazioni previste dall'articolo 11.Articolo 21Testi facenti fedeL'originale della presente convenzione, i cui testi arabo, cinese, francese, inglese, russo e spagnolo fanno ugualmente fede, sarà depositato presso il segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.In fede di che i sottoscritti, debitamente autorizzati a tal fine, hanno firmato la presente convenzione.Fatto a Vienna, il 22 marzo 1985.Allegato I RICERCA E OSSERVAZIONI SISTEMATICHE 1. Le parti contraenti della convenzione riconoscono che i principali problemi scientifici sono:a) le modificazioni dello strato di ozono che comporterebbero un cambiamento dell'intensità della radiazione ultravioletta di origine solare avente un'azione biologica (UV-B) sulla superficie terrestre e gli effetti che esse potrebbero avere sulla salute delle popolazioni, sugli organismi, sugli ecosistemi e sui materiali utili all'umanità;b) le modificazioni della ripartizione verticale dell'ozono che cambierebbero la struttura termica dell'atmosfera e le conseguenze meteorologiche e climatiche che esse potrebbero avere.2. Le parti contraenti della convenzione, conformemente all'articolo 3, collaboreranno effettuando delle ricerche, procedendo ad osservazioni sistematiche e formulando delle raccomandazioni concernenti le ricerche e le osservazioni future in settori quali:a) Ricerche sulla fisica e la chimica dell'atmosferaiii) Realizzazione di modelli teorici globali; proseguimento della messa a punto di modelli interattivi dei processi radioattivi, chimici e dinamici; studi degli effetti simultanei delle diverse sostanze chimiche artificiali o naturali sull'ozono dell'atmosfera, interpretazione delle serie di misurazioni raccolte via satellite o in altro modo; valutazione delle tendenze dei parametri atmosferici e geofisici e messa a punto di metodi che consentano di attribuire a cause ben determinate le variazioni di tali parametri.iii) Studi di laboratorio sui coefficienti cinetici, sulle sezioni efficaci di assorbimento e sui processi chimici e fotochimici nella troposfera e nella stratosfera; dati spettroscopici necessari alle misurazioni effettuate per tutte le regioni utili dello spettro.iii) Misurazioni sul terreno: concentrazioni e flussi di gas, sorgenti essenziali di origine sia naturale sia antropogena; studi sulla dinamica dell'atmosfera, misurazioni simultanee di sostanze fotochimicamente imparentate, scendendo sino allo strato limite planetario mediante strumenti in situ e telemisurazioni; confronto dei diversi detettori; misurazioni coordinate di correlazione per gli strumenti installati a bordo di satelliti; campi tridimensionali di costituenti-tracce essenziali, del flusso solare spettrale e dei parametri meteorologici.iv) Realizzazione di strumenti, in particolare di detettori a bordo di satelliti e di altro tipo per la misurazione dei costituenti-tracce dell'atmosfera, del flusso solare e dei parametri meteorologici.b) Ricerche che interessano gli effetti sulla salute, gli effetti biologici e gli effetti di fotodegradazioneiii) Relazione tra l'esposizione dell'uomo alla radiazione solare visibile o ultravioletta e: a) l'apparizione di tumori della pelle diversi dal melanoma o di melanomi maligni; b) gli effetti sul sistema immunologico.iii) Effetti della radiazione UV-B, compresa la relazione con la lunghezza d'onda su: a) le colture, le foreste e altri ecosistemi terrestri; b) sul sistema degli alimenti di origine acquatica e sulla pesca, compreso quanto riguarda l'eventuale inibizione della capacità di produzione d'ossigeno del fitoplancton marino.iii) Meccanismi mediante i quali la radiazione UV-B agisce sui materiali, sulle specie e sugli ecosistemi biologici, compresa la relazione fra la dose, la portata di dose e la risposta; fotoriparazione, adattazione e protezione.iv) Studi sugli spettri di azione biologici e sulla risposta spettrale mediante radiazioni policromatiche al fine di determinare le interazioni possibili nelle diverse zone di lunghezza d'onda.iv) Influenza della radiazione UV-B su: la sensibilità l'attività delle specie biologiche importanti per l'equilibrio della biosfera; processi primari quali la fotosintesi e la biosintesi.vi) Influsso della radiazione UV-B sulla fotodegradazione degli inquinanti, dei prodotti chimici agricoli e di altre sostanze.c) Ricerche relative agli effetti sul climaStudi teorici e studi di osservazione:a) degli effetti radioattivi dell'ozono e di altri corpi presenti allo stato di tracce e delle incidenze sui parametri del clima, quali le temperature sulla superficie terrestre e sulla superficie degli oceani, il regime delle precipitazioni e gli scambi tra la troposfera e la stratosfera;b) degli effetti di queste incidenze climatiche sui vari aspetti delle attività umane.Osservazioni sistematicheiivi) dello stato dello strato di ozono (cioè variabilità spaziale e temporale del contenuto totale della colonna e ripartizione verticale), rendendo pienamente operativo il sistema mondiale di osservazione dello strato di ozono, basato sull'integrazione dei sistemi su satellite e dei sistemi al suolo;ivii) delle concentrazioni nella troposfera e nella stratosfera del gas che danno origine ai radicali HOx, NOx e ClOx, compresi i derivati del carbonio;iiii) della temperatura dal suolo fino alla mesosfera, utilizzando sia i sistemi al suolo sia i sistemi su satellite;iiiv) del flusso solare - lunghezze d'onda - che penetra nell'atmosfera terrestre e della radiazione termica che esce dall'atmosfera terrestre, utilizzando le misurazioni fatte via satellite;iiiv) del flusso solare - lunghezza d'onda - che raggiunge la superficie terrestre nel settore della radiazione UV-B;iivi) delle proprietà e della distribuzione degli aerosol dal suolo fino alla mesosfera, utilizzando sia sistemi al suolo, sia sistemi su satellite;ivii) del proseguimento dei programmi di misurazioni meteorologiche di alta qualità sulla superficie per le variabili importanti per il clima;viii) del miglioramento dei metodi di analisi dei dati forniti da osservazioni sistematiche su scala mondiale fatte sui corpi presenti allo stato di tracce, sulle temperature, sui flussi solari e sugli aerosol.3. Le parti contraenti della convenzione collaborano, tenendo conto dei bisogni particolari dei paesi in via di sviluppo, per promuovere la formazione scientifica e tecnica appropriata necessaria per partecipare alle ricerche e alle osservazioni sistematiche descritte nel presente allegato. Sarebbe opportuno dare particolare importanza alla taratura comparativa degli apparecchi e dei metodi di osservazione, al fine di ottenere degli insiemi di dati scientifici comparabili o normalizzati.4. Le seguenti sostanze chimiche di origine naturale o antropogena, il cui elenco non implica una particolare classificazione, sembrano avere il potere di modificare le proprietà chimiche e fisiche dello strato di ozono.a) Derivati del carbonio (CO)iii) Ossido di carbonio (CO)L'ossido di carbonio è prodotto in grande quantità dalle fonti naturali e artificiali e sembra avere un ruolo importante direttamente nella fotochimica della troposfera e indirettamente nella fotochimica della stratosfera.iii) Biossido di carbonio (CO2)Il biossido di carbonio è prodotto in grande quantità da fonti naturali e artificiali e agisce sull'ozono della stratosfera modificando la struttura termica dell'atmosfera.iii) Metano (CH4)Il metano è di origine sia naturale sia antropogena e influisce sull'ozono tanto nella troposfera quanto nella stratosfera.iv) Idrocarburi diversi dal metanoQuesti idrocarburi, che comprendono numerose sostanze chimiche, hanno origini sia naturali sia antropogene e svolgono un ruolo direttamente nella fotochimica della troposfera e indirettamente nella fotochimica della stratosfera.b) Derivati dell'azotoi) Protossido di azoto (N2O)La fonte principale di N2O è naturale, ma le emissioni artificiali stanno diventando sempre più importanti. Questo protossido è la fonte primaria degli NOx stratosferici, che hanno un ruolo capitale limitando la concentrazione dell'ozono nella stratosfera.ii) Perossidi di azoto (NOx)Le fonti al suolo di NOx hanno un ruolo importante direttamente solo nei processi fotochimici nella troposfera e indirettamente nei processi fotochimici stratosferici, mentre le iniezioni di NOx in prossimità della tropopausa possono modificare direttamente la quantità di ozono nella troposfera e nella stratosfera.c) Derivati del cloroii) Alcani interamente alogenati ad esempio CCl4, CFCl3 (CFC-11), CF2Cl2 (CFC-12), C2F3Cl3 (CFC-113), C2F4Cl2 (CFC-114)Gli alcani interamente alogenati sono di origine antropogena e costituiscono una fonte di ClOx, che svolgono un ruolo capitale nella fotochimica dell'ozono, specie fra 30 e 50 km di altitudine.ii) Alcani parzialmente alogenati ad esempio CH3Cl, CHF2Cl (CFC-22) CH3CCl3, CHFCl2 (CFC-21)La fonte di CH3Cl è naturale, mentre gli altri alcani parzialmente alogenati sopra menzionati sono di origine antropogena. Questi gas costituiscono anche una fonte di ClOx stratosferici.d) Derivati del bromoAlcani interamente alogenati ad esempio CF3BrQuesti gas sono di origine antropogena e costituiscono una fonte di BrOx che si comporta nello stesso modo degli ClOx.e) Sostanze idrogenateii) Idrogeno (H2)L'idrogeno è d'origine naturale e antropogena; esso svolge un ruolo secondario nella fotochimica della stratosfera.ii) Acqua (H2O)L'acqua, che è di origine naturale, svolge un ruolo essenziale nella fotochimica della troposfera e della stratosfera. Fra le cause locali di presenza di vapore acqueo nella stratosfera figurano l'ossidazione del metano e, in misura minore, quella dell'idrogeno.Allegato II SCAMBIO DI INFORMAZIONI 1. Le parti contraenti della convenzione riconoscono che la raccolta e la messa in comune di informazioni è un mezzo importante per realizzare gli obiettivi della presente convenzione e per garantire che le misure che potrebbero essere adottate siano appropriate ed eque. Le parti contraenti scambieranno pertanto informazioni scientifiche, tecniche, socio-economiche, commerciali e giuridiche.2. Decidendo quali informazioni debbano essere raccolte e scambiate, le parti contraenti della convenzione dovrebbero prendere in considerazione l'utilità delle stesse e le spese da autorizzare per ottenerle. Le parti contraenti riconoscono inoltre che la collaborazione a titolo del presente allegato deve essere compatibile con le leggi, gli usi e i regolamenti nazionali in materia di brevetti, segreti commerciali e protezione delle informazioni riservate e relative a diritti esclusivi.3. Informazioni scientificheQueste informazioni comprendono:a) le ricerche pubbliche e private, previste e in corso, per facilitare il coordinamento dei programmi di ricerca, in modo da trarre il massimo profitto possibile dalle risorse nazionali e internazionali disponibili;b) i dati sulle emissioni che sono necessari per la ricerca;c) i risultati scientifici pubblicati in periodici specializzati sulla fisica e la chimica dell'atmosfera terrestre e la sensibilità di quest'ultima alle modificazioni e in particolare sullo stato dello strato di ozono e sugli effetti che avrebbe la modificazione sia del contenuto totale della colonna di ozono, sia della ripartizione verticale dell'ozono, quale che sia la scala temporale, sulla salute delle popolazioni umane, sull'ambiente e sul clima;d) la valutazione dei risultati della ricerca e le raccomandazioni sui lavori futuri di ricerca.4. Informazioni tecnicheQueste informazioni riguardano in particolare:a) l'esistenza e il costo dei prodotti di sostituzione chimici e di tecnologie di sostituzione utilizzabili per ridurre le emissioni di sostanze che comportino modificazioni dello strato di ozono e lavori di ricerca connessi intrapresi o previsti;b) le restrizioni e eventualmente i rischi che comporta l'utilizzazione di prodotti di sostituzione chimici o altri e di tecnologie di sostituzione.5. Informazioni socio-economiche e commerciali sulle sostanze considerate nell'allegato IQueste informazioni riguardano in particolare:a) la produzione e la capacità di produzione;b) l'impiego e i modi di impiego;c) le importazioni e le esportazioni;d) i costi, i rischi e i vantaggi di attività umane che possano modificare indirettamente lo strato di ozono e l'impatto delle misure di regolamentazione prese o previste per controllare dette attività.6. Informazioni giuridicheQueste informazioni riguardano in particolare:a) le legislazioni nazionali, le misure amministrative e i lavori di ricerca giuridica concernenti la protezione dello strato di ozono;b) gli accordi internazionali e in particolare gli accordi bilaterali concernenti la protezione dello strato di ozono;c) i metodi e le condizioni in materia di accordi di licenza e i brevetti esistenti per quanto riguarda la protezione dello strato di ozono. | Convenzione di Vienna per la protezione dello strato di ozono
QUAL È LO SCOPO DELLA CONVENZIONE E DELLA DECISIONE?
La convenzione di Vienna per la protezione dello strato di ozono stabilisce i principi per proteggere lo strato di ozono*, in seguito ad avvertimenti scientifici che la riduzione rappresenta un pericolo per la salute umana e l’ambiente. È una convenzione quadro che mira principalmente a promuovere la cooperazione internazionale attraverso lo scambio di informazioni sull’impatto delle attività umane sullo strato di ozono. Essa non richiede alle parti* di adottare misure specifiche. Queste giungeranno successivamente alla convenzione di Vienna sotto forma del Protocollo di Montreal. La Convenzione di Vienna è stata la prima convenzione in assoluto a essere firmata da tutti i paesi coinvolti. È entrata in vigore nel 1988 e ha ottenuto la ratifica universale nel 2009. La decisione 88/540/CEE fornisce all’Unione l’approvazione legale della convenzione di Vienna per la protezione dello strato di ozono e del protocollo di Montreal relativo a sostanze che riducono lo strato di ozono.
PUNTI CHIAVE
Come obbligo generale, le parti devono adottare le misure appropriate per proteggere la salute umana e l’ambiente dagli effetti negativi derivanti o che potrebbero derivare da attività umane che modificano o che possono modificare lo strato di ozono. In particolare, sulla base di considerazioni scientifiche e tecniche pertinenti, le parti devono:prendere appropriati provvedimenti legislativi o amministrativi; cooperarenelle osservazioni sistematiche, nella ricerca e nello scambio di informazioni per meglio comprendere le questioni interessatenella formulazione di misure, procedure, norme e nell’armonizzazione delle politiche appropriatecon gli organismi internazionali competenti per attuare efficacemente la convenzione e i suoi protocolli.La ricerca sullo strato di ozono e le valutazioni scientifiche che coinvolgono le parti, direttamente o all’interno di organismi internazionali, si concentrano su:processi chimici e fisici; salute umana e altri effetti biologici, in particolare i cambiamenti nella radiazione solare ultravioletta; effetti climatici; sostanze, pratiche, processi e attività e il loro impatto cumulativo; effetti derivanti da eventuali modifiche dello strato di ozono; sostanze e tecnologie alternative; questioni socio-economiche correlate; fattori più dettagliati, quali la fisica e la chimica dell’atmosfera e sostanze chimiche specifiche, sono descritti negli allegati.Inoltre, le parti sono tenute a:facilitare e incoraggiare lo scambio di informazioni scientifiche, tecniche, socio-economiche, commerciali e giuridiche pertinenti alla convenzione (l’allegato II contiene una spiegazione più dettagliata); cooperare, tenendo conto delle esigenze dei paesi in via di sviluppo, nel promuovere lo sviluppo e il trasferimento di tecnologiaaiutando i partner ad acquisire tecnologie alternativefornendo le informazioni necessarie, quali manuali e guidefornendo attrezzature e strutture per la ricercaformando il personale scientifico e tecnico; informare l’organo decisionale (la Conferenza delle parti) delle misure che hanno adottato per attuare la convenzione.La Conferenza delle parti (in cui tutti i paesi firmatari sono rappresentati e hanno diritto di voto):vigila sull’attuazione della convenzione; esamina le informazioni scientifiche; promuove adeguate politiche, strategie e misure armonizzate; adotta programmi di ricerca, cooperazione scientifica e tecnologica, scambio di informazioni e trasferimento di tecnologia e conoscenza; considera e adotta le modifiche alla convenzione e ai possibili protocolli aggiuntivi; se del caso, ricorre alle competenze di organismi quali l’Organizzazione meteorologica mondiale e l’Organizzazione mondiale della sanità; cerca di risolvere eventuali controversie sull’interpretazione o l’applicazione della convenzione mediante negoziazione o mediazione di terzi. Se non si raggiunge una soluzione, la questione può essere sottoposta a una commissione di conciliazione o alla Corte internazionale di giustizia; è supportata da una segreteria.Dopo che la convenzione è rimasta in vigore per quattro anni, una parte può annunciare la propria intenzione di uscire. Ciò ha effetto un anno più tardi.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO LA CONVENZIONE E LA DECISIONE?
La convenzione è entrata in vigore il 22 settembre 1988. La decisione si applica dal 25 ottobre 1988.
CONTESTO
La Convenzione di Vienna è stata adottata il 22 marzo 1985 ed è entrata in vigore il 22 settembre 1988. Dalla sua entrata in vigore, l’azione internazionale ha ridotto del 98 % il consumo globale di sostanze che riducono lo strato di ozono; tuttavia si prevede che lo strato di ozono si potrà riprendere completamente solo nella seconda metà di questo secolo. L’Unione attua la convenzione e il suo protocollo di Montreal attraverso la propria legislazione sulle sostanze che riducono lo strato di ozono e sui gas fluorurati a effetto serra — tra le più severe e avanzate al mondo. Il regolamento dell’UE sull’ozono [regolamento (CE) n. 1005/2009 sulle sostanze che riducono lo strato di ozono], va oltre i requisiti del protocollo di Montreal in diversi casi; ad esempio:ha tempi di riduzione più ambiziosi;copre più sostanze; eregola la loro presenza anche nei prodotti e nelle attrezzature (non solo quando sfuse, come il protocollo di Montreal). Il regolamento UE sui gas fluorurati [regolamento (UE) n. 517/2014sui gas fluorurati a effetto serra] prevede una riduzione più ambiziosa nell’Unione per i gas a effetto serra applicabile già dal 2015 e include i gas a effetto serra nei prodotti e nelle apparecchiature (non solo sfuse come nel Protocollo di Montreal). Per ulteriori informazioni, si consulti:Protezione dello strato di ozono (Commissione Europea)
TERMINI CHIAVE
Strato di ozono: lo strato di ozono atmosferico presente al di sopra dello strato limite del pianeta.
Parte: uno Stato che ha ratificato la convenzione.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Convenzione di Vienna per la protezione dello strato di ozono (GU L 297 del 31.10.1988, pag. 10).
Decisione 88/540/CEE del Consiglio, del 14 ottobre 1988, relativa alla conclusione della convenzione di Vienna per la protezione dello strato di ozono e del protocollo di Montreal relativo a sostanze che riducono lo strato di ozono (GU L 297 del 31.10.1988, pag. 8).
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (CE) n. 1005/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, sulle sostanze che riducono lo strato di ozono (GU L 286 del 31.10.2009, pag. 1).
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1005/2009 sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Protocollo di Montreal relativo a sostanze che riducono lo strato di ozono — Dichiarazione della Comunità economica europea (GU L 297 del 31.10.1988, pag. 21).
Decisione 82/795/CEE del Consiglio, del 15 novembre 1982, sul rafforzamento delle misure precauzionali riguardanti i clorofluorocarburi nell’ambiente (GU L 329 del 25.11.1982, pag. 29).
Decisione del Consiglio 80/372/CEE del 26 marzo 1980, relativa ai clorofluorocarburi nell’ambiente (GU L 90 del 3.4.1980, pag. 45).
Regolamento (UE) n. 517/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, sui gas fluorurati a effetto serra e che abroga il regolamento (CE) n. 842/2006 (GU L 150 del 20.5.2014, pag. 195). | 14,366 | 977 |
32013H0099 | false | RACCOMANDAZIONE DELLA COMMISSIONE
del 19 febbraio 2013
relativa a un piano coordinato di controllo volto a stabilire la prevalenza di pratiche fraudolente nella commercializzazione di determinati prodotti alimentari
(2013/99/UE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,
visto il regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali (1), in particolare l’articolo 53,
considerando quanto segue:
(1)
L’articolo 53 del regolamento (CE) n. 882/2004 autorizza la Commissione a raccomandare piani coordinati, se ritenuto necessario, organizzati ad hoc in particolare al fine di stabilire la prevalenza di rischi potenziali associati a mangimi, alimenti o animali.
(2)
La direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità (2) stabilisce regole dell’Unione in materia di etichettatura dei prodotti alimentari applicabili a tutti gli alimenti.
(3)
A norma della direttiva 2000/13/CE l’etichettatura e le relative modalità di realizzazione non devono essere tali da indurre in errore il consumatore, in particolare per quanto riguarda le caratteristiche del prodotto alimentare, compresa la sua reale natura e la sua identità. Inoltre, in mancanza di norme specifiche nazionali o dell’Unione, la denominazione di vendita del prodotto è costituita dal nome sancito dagli usi dello Stato membro in cui si effettua la vendita, o da una descrizione del prodotto alimentare che sia sufficientemente precisa da consentire all’acquirente di conoscerne l’effettiva natura.
(4)
Inoltre, sull’etichetta dei prodotti alimentari in imballaggio preconfezionato destinati al consumatore finale o alle collettività devono essere indicati tutti gli ingredienti. In particolare, i prodotti alimentari contenenti carne come ingrediente, se destinati al consumatore finale o alle collettività, devono inoltre indicare le specie animali da cui tale carne proviene direttamente sull’imballaggio o su un’etichetta apposta su di esso. Se nella denominazione del prodotto alimentare è citato un ingrediente, la sua quantità espressa in percentuale deve figurare anche nell’elenco degli ingredienti per evitare che il consumatore sia indotto in errore per quanto riguarda l’identità e la composizione del prodotto.
(5)
Il regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale (3), stabilisce ulteriori requisiti di etichettatura applicabili a prodotti alimentari specifici. In particolare, esso prevede che gli imballaggi destinati al consumatore finale contenenti carni macinate, tra l’altro, di solipedi debbano recare un avvertimento indicante che tali prodotti devono essere cotti prima del consumo, sempre che e nella misura in cui lo richiedano le disposizioni nazionali dello Stato membro nel cui territorio il prodotto è commercializzato.
(6)
L’allegato II, sezione III, del regolamento (CE) n. 853/2004 stabilisce che gli operatori del settore alimentare che gestiscono i macelli devono richiedere, ricevere e controllare le informazioni sulla catena alimentare, nonché intervenire di conseguenza, per tutti gli animali diversi dalla selvaggina selvatica, avviati o destinati ad essere avviati al macello. Le pertinenti informazioni sulla catena alimentare riguardano, in particolare, i medicinali veterinari somministrati agli animali nell’arco di un determinato periodo e con un tempo di sospensione superiore a zero giorni, come pure le date delle somministrazioni e i tempi di sospensione. Il regolamento (CE) n. 854/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche per l’organizzazione di controlli ufficiali sui prodotti di origine animale destinati al consumo umano (4) stabilisce, tra l’altro, che il veterinario ufficiale svolga compiti ispettivi e di audit. In particolare, il veterinario ufficiale controlla ed analizza le informazioni pertinenti tratte dai registri tenuti presso l’azienda di provenienza degli animali destinati alla macellazione, comprese le informazioni sulla catena alimentare, e tiene conto dei risultati documentati di tali controlli ed analisi nell’effettuare le ispezioni ante e post mortem.
(7)
A seguito di controlli ufficiali eseguiti dal dicembre 2012 in diversi Stati membri, la Commissione è venuta a conoscenza del fatto che alcuni prodotti in imballaggio preconfezionato contenevano carni equine, non dichiarate nell’elenco degli ingredienti riportato direttamente sull’imballaggio o su un’etichetta apposta su di esso. La denominazione di alcuni di questi prodotti alimentari e/o il relativo elenco di ingredienti menzionavano invece in modo fuorviante solo la presenza di carni bovine.
(8)
A norma dell’articolo 17 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (5), spetta agli operatori del settore alimentare garantire che nelle imprese da essi controllate gli alimenti soddisfino le disposizioni della legislazione alimentare inerenti alle loro attività in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione e verificare che tali disposizioni siano soddisfatte.
(9)
Il cavallo è una specie animale la cui carne può essere utilizzata o no per la produzione alimentare. Il fenilbutazone è un medicinale veterinario il cui uso è consentito solo negli animali non destinati alla produzione alimentare, a norma del regolamento (UE) n. 37/2010 della Commissione, del 22 dicembre 2009, concernente le sostanze farmacologicamente attive e la loro classificazione per quanto riguarda i limiti massimi di residui negli alimenti di origine animale (6). Di conseguenza, i cavalli non destinati alla produzione alimentare, che sono stati trattati con fenilbutazone ad un certo punto della loro vita, non possono entrare nella catena alimentare. Tenuto conto delle pratiche fraudolente relative alle presenza non indicata di carni equine in determinati prodotti alimentari, è opportuno, a fini preventivi, verificare se siano entrati nella catena alimentare cavalli non destinati alla produzione alimentare che sono stati trattati con fenilibutazone.
(10)
È pertanto necessario che la Commissione raccomandi agli Stati membri di attuare un piano coordinato di controllo al fine di stabilire la prevalenza di pratiche fraudolente nella commercializzazione di determinati prodotti alimentari per un periodo di un mese. La durata di tale periodo può essere prorogata di altri due mesi.
(11)
Il piano di controllo raccomandato dovrebbe comportare due azioni.
(12)
La prima azione dovrebbe comprendere opportuni controlli, effettuati a livello della vendita al dettaglio, sui prodotti alimentari destinati al consumatore finale o alle collettività, commercializzati e/o etichettati come contenenti carni bovine. Questi controlli potrebbero anche essere estesi ad altri stabilimenti (ad esempio, depositi frigoriferi). L’obiettivo di tali controlli è stabilire se questi prodotti contengano carni equine, non indicate correttamente nell’etichettatura sull’imballaggio o, nel caso di prodotti alimentari senza imballaggio preconfezionato, se le informazioni relative alla presenza di carni equine non siano messe a disposizione del consumatore o delle collettività. Tali controlli dovrebbero essere effettuati su un campione rappresentativo.
(13)
Esistono metodi affidabili che consentono di rilevare con sufficiente accuratezza la presenza di proteine di specie non dichiarate in un campione. Il laboratorio di riferimento dell’Unione europea per le proteine animali nei mangimi può fornire utili indicazioni su tali metodi e sul loro uso. Le autorità competenti vanno invitate a basarsi sui pareri di tale laboratorio per quanto riguarda i metodi che possono essere utilizzati.
(14)
La seconda azione dovrebbe comprendere opportuni controlli effettuati negli stabilimenti che trattano carni equine destinate al consumo umano, compresi prodotti alimentari provenienti da paesi terzi, allo scopo di rilevare eventuali residui di fenilbutazone. Anche tali controlli dovrebbero essere effettuati su un campione rappresentativo, tenendo conto dei dati relativi alla produzione e alle importazioni. In questo caso è opportuno fare riferimento ai metodi previsti nella decisione 2002/657/CE della Commissione, del 12 agosto 2002, che attua la direttiva 96/23/CE del Consiglio relativa al rendimento dei metodi analitici e all’interpretazione dei risultati (7).
(15)
Gli Stati membri dovrebbero comunicare regolarmente i risultati di questi controlli alla Commissione, al fine di valutare i risultati e di decidere in merito agli interventi più appropriati.
(16)
Sentito il comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali,
HA ADOTTATO LA PRESENTE RACCOMANDAZIONE:
È opportuno che gli Stati membri applichino un piano coordinato di controllo, conformemente alle disposizioni dell’allegato della presente raccomandazione, comprendente le seguenti azioni:
a)
controlli ufficiali sui prodotti alimentari destinati al consumatore finale o alle collettività, commercializzati e/o etichettati come contenenti carni bovine; nonché
b)
controlli ufficiali su carni equine destinate al consumo umano al fine di rilevare la presenza di residui di fenilbutazone.
Fatto a Bruxelles, il 19 febbraio 2013
Per la Commissione
Tonio BORG
Membro della Commissione
(1) GU L 165 del 30.4.2004, pag. 1.
(2) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29.
(3) GU L 139 del 30.4.2004, pag. 55.
(4) GU L 139 del 30.4.2004, pag. 206.
(5) GU L 31 dell’1.2.2002, pag. 1.
(6) GU L 15 del 20.1.2010, pag. 1.
(7) GU L 221 del 17.8.2002, pag. 8.
ALLEGATO
Piano coordinato di controllo volto a stabilire la prevalenza di pratiche fraudolente nella commercializzazione di determinati prodotti alimentari
I. AZIONI E CAMPO DI APPLICAZIONE DEL PIANO COORDINATO DI CONTROLLO
Il piano coordinato di controllo comporta due azioni:
AZIONE 1: Controlli dei prodotti alimentari commercializzati e/o etichettati come contenenti carni bovine
A. Prodotti interessati
1.
Prodotti alimentari commercializzati e/o etichettati come contenenti carni bovine (ad esempio, carni macinate, prodotti a base di carne, preparazioni di carni) che rientrano nelle seguenti categorie:
a)
prodotti alimentari in imballaggio preconfezionato destinati al consumatore finale o alle collettività, etichettati come contenenti carni bovine;
b)
prodotti alimentari messi in vendita al consumatore finale o alle collettività senza imballaggio preconfezionato e prodotti alimentari imballati nel punto vendita su richiesta del consumatore o preconfezionati per la vendita diretta, commercializzati e/o altrimenti presentati come contenenti carni bovine.
2.
Ai fini di questo piano coordinato di controllo, si applica la definizione di «prodotto alimentare in imballaggio preconfezionato» di cui all’articolo 1, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2000/13/CE.
3.
Ai fini di questo piano coordinato di controllo, si applicano le definizioni di «carni macinate», «preparazioni di carni» e «prodotti a base di carne» di cui ai punti 1.13, 1.15 e 7.1 dell’allegato I del regolamento (CE) n. 853/2004.
B. Obiettivo
Le autorità competenti effettuano controlli ufficiali per stabilire se i prodotti di cui al punto A contengano carni equine, non indicate correttamente nell’etichettatura sull’imballaggio o, nel caso di prodotti alimentari senza imballaggio preconfezionato, se le informazioni relative alla presenza di carni equine non siano messe a disposizione del consumatore o delle collettività, conformemente alle disposizioni dell’Unione e, se del caso, alle disposizioni nazionali.
C. Punti e procedura di campionamento
1.
Il campione deve essere rappresentativo dei prodotti interessati e coprire una serie di prodotti diversi.
2.
Il campionamento dei prodotti è realizzato a livello della vendita al dettaglio (ad esempio, supermercati, piccoli negozi, macellai) e può essere esteso anche ad altri stabilimenti (ad esempio, depositi frigoriferi).
D. Numero di campioni e modalità di campionamento
La tabella che segue fornisce una panoramica del numero minimo indicativo raccomandato di campioni da raccogliere nel periodo stabilito nella sezione II. Le autorità competenti sono invitate a raccogliere, se possibile, un numero maggiore di campioni. La distribuzione dei campioni per Stato membro si basa sul numero di abitanti, con un numero minimo di 10 campioni dei prodotti interessati per Stato membro e per mese di calendario, come indicato nella sezione II.
Prodotti alimentari commercializzati e/o etichettati come contenenti carni bovine
Paese di vendita
Numero indicativo mensile raccomandato di campioni
Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Spagna, Polonia
150
Romania, Paesi Bassi, Belgio, Grecia, Portogallo, Repubblica ceca, Ungheria, Svezia, Austria, Bulgaria
100
Lituania, Slovacchia, Danimarca, Irlanda, Finlandia, Lettonia
50
Slovenia, Estonia, Cipro, Lussemburgo, Malta
10
E. Metodi
Le autorità competenti utilizzano preferibilmente il/i metodo/i raccomandato/i dal laboratorio di riferimento dell’Unione europea per le proteine animali nei mangimi, al seguente indirizzo: http://eurl.craw.eu/en/164/legal-sources-and-sops.
AZIONE 2: Controlli delle carni equine destinate al consumo umano
A. Prodotti interessati
Carni di animali delle specie equina, asinina o mulesca, fresche, refrigerate o congelate, classificate con il codice della nomenclatura combinata 0205 e destinate al consumo umano.
B. Obiettivo
Le autorità competenti effettuano controlli ufficiali per rilevare l’eventuale presenza di residui di fenilbutazone nei prodotti di cui al punto A.
C. Punti e procedura di campionamento
Il campionamento dei prodotti è realizzato negli stabilimenti che trattano i prodotti di cui al punto A (ad esempio, macelli, posti d’ispezione frontalieri).
D. Numero di campioni e modalità di campionamento
Il numero minimo raccomandato di campioni da prelevare nel periodo stabilito nella sezione II è fissato a 1 campione ogni 50 tonnellate di prodotti di cui al punto A, con un minimo di 5 campioni per Stato membro.
E. Metodi
Le autorità competenti utilizzano metodi convalidati a norma della decisione 2002/657/CE. Tali metodi sono consultabili sul sito web del laboratorio europeo di riferimento per i residui di medicinali veterinari e i contaminanti negli alimenti di origine animale per i residui elencati nell’allegato I, categoria A, punto 5) e categoria B, punto 2), lettere a), b) ed e), della direttiva 96/23/CE del Consiglio (1), al seguente indirizzo: http://fis-vl.bund.de/Public/irc/fis-vl/Home/main.
II. DURATA DEL PIANO COORDINATO DI CONTROLLO
Il piano coordinato di controllo è attuato per un periodo di un mese a decorrere dalla data di adozione della presente raccomandazione o al più tardi dal 1o marzo 2013.
III. COMUNICAZIONE DEI RISULTATI
1.
Le autorità competenti forniscono una sintesi delle seguenti informazioni per ciascuna delle azioni di cui alla sezione I del presente allegato:
a)
numero di campioni raccolti, per categoria di prodotti;
b)
metodo o metodi utilizzati per l’analisi e tipo di analisi effettuate;
c)
numero di risultati positivi;
d)
controlli di follow-up eseguiti in caso di risultati positivi nei prodotti di cui al punto A dell’azione 1, se il contenuto rilevato di carni equine supera l’1 %;
e)
controlli di follow-up eseguiti in caso di risultati positivi nei prodotti di cui al punto A dell’azione 2;
f)
risultati dei controlli di follow-up;
g)
per i risultati positivi nei prodotti di cui al punto A dell’azione 2, il paese in cui l’animale in questione è stato certificato da macello.
Tale relazione è trasmessa alla Commissione entro 15 giorni dalla fine del periodo di un mese di cui alla sezione II.
La relazione è presentata secondo il modello che sarà fornito dalla Commissione.
2.
Le autorità competenti comunicano immediatamente alla Commissione eventuali risultati positivi dei controlli ufficiali effettuati in relazione alle azioni 1 e 2 di cui alla sezione I tramite il sistema di allarme rapido per gli alimenti e i mangimi.
3.
Le autorità competenti riferiscono altresì alla Commissione i risultati di eventuali controlli effettuati dagli operatori del settore alimentare su richiesta delle autorità stesse. Tali informazioni sono corredate dei dati di cui al punto 1 e presentate secondo il modello che sarà fornito dalla Commissione.
(1) GU L 125 del 23.5.1996, pag. 10. | Lotta alle frodi nella commercializzazione dei prodotti alimentari - Ricostruire la fiducia dei consumatori
In caso di sospetto di frode nel campo dell'alimentazione umana e animale, la Commissione ha il potere di raccomandare piani coordinati a livello dell'UE, per stabilire la prevalenza di pericoli e rischi nei mangimi, nei prodotti alimentari o negli animali.
ATTO
Raccomandazione della Commissione, del 19 febbraio 2013, relativa a un piano coordinato di controllo volto a stabilire la prevalenza di pratiche fraudolente nella commercializzazione di determinati prodotti alimentari (2013/99/UE).
SINTESI
Ai primi del 2013, i controlli ufficiali in svariati Stati membri hanno rivelato che alcuni prodotti preconfezionati, come gli hamburger, contenevano carne di cavallo, non dichiarata nell'elenco degli ingredienti apposto direttamente sulla confezione o sull'etichettatura della stessa. L'etichettatura di questi prodotti alimentari alludeva in modo ingannevole soltanto alla presenza di manzo, ingrediente con un prezzo considerevolmente superiore a quello della carne di cavallo.
La carne di cavallo è di per sé un ingrediente legittimo se proviene da cavalli per la produzione alimentare - macellati in impianti autorizzati - e se passa i necessari controlli veterinari. La problematica si era ulteriormente complicata per il fatto che fosse consentito l'uso del fenilbutazone, medicinale veterinario, nel caso dei cavalli non destinati alla produzione alimentare. Si temeva che nella catena alimentare umana fosse penetrata carne di cavallo proveniente da questi animali.
Tali circostanze hanno portato a una stretta collaborazione fra le autorità europee (Commissione e Autorità europea per la sicurezza alimentare) e gli enti competenti degli Stati membri, con l'aiuto di Europol, per indagare sulla portata del problema, elaborare un piano per fronteggiarlo e ripristinare la fiducia dei consumatori negli alimenti acquistati.
È stato stilato dalla Commissione un piano di controllo coordinato di portata europea, per stabilire la prevalenza delle pratiche fraudolente; le autorità nazionali dovevano compiere 2 interventi:
controlli sui prodotti alimentari commercializzati e/o etichettati come contenenti manzo, per verificare se contenessero carne di cavallo;
controlli sulla carne di cavallo destinata al consumo umano, per rilevare l'eventuale presenza di residui di fenilbutazone.
Tutti gli esiti positivi andavano immediatamente notificati alla Commissione ed erano ritrasmessi in tutta l'Unione europea attraverso il sistema di allerta rapido per gli alimenti ed i mangimi (RASFF).
Quest'azione coordinata a livello dell'UE ha prodotto risultati celeri, con l'individuazione dei soggetti coinvolti nella catena di produzione alimentare e un richiamo dei prodotti individuati.
Fra gli altri interventi compiuti rientrano:
la costituzione di un gruppo d'azione UE sulle frodi alimentari in seno all'unità della Commissione responsabile della salute e dei consumatori (DG Salute e consumatori);
l'adozione da parte della Commissione, a maggio 2013, di un pacchetto di proposte atte a potenziare l'applicazione delle norme in materia di salute e sicurezza all'intera filiera agroalimentare. Fra l'altro, queste proposte imporrebbero ai paesi membri di integrare del tutto i controlli antifrode nei propri piani di controllo nazionali e di garantire che il livello delle sanzioni finanziarie applicato in caso di frode sia deterrente;
è stata anticipata a dicembre 2013 una relazione sulla possibilità di estendere l'etichettatura d'origine obbligatoria alla carne utilizzata come ingrediente dei prodotti alimentari preconfezionati, che la Commissione doveva preparare nel quadro di una nuova legge dell'UE in materia di informazione sui prodotti alimentari, che entrerà in vigore a dicembre 2014. La Commissione sta valutando se presentare o meno una proposta legislativa.
RIFERIMENTI
Atto
Entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Raccomandazione 2013/99/UE
-
-
GU L 48 del 21.2.2013
Proposte
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla sanità animale [COM(2013)260 final del 6 maggio 2013 - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l'applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante, sul materiale riproduttivo vegetale, sui prodotti fitosanitari e recante modifica dei regolamenti (CE) n. 999/2001, 1829/2003, 1831/2003, 1/2005, 396/2005, 834/2007, 1099/2009, 1069/2009, 1107/2009, dei regolamenti (UE) 1151/2012 […]2013 e delle direttive 98/58/CE, 1999/74/CE, 2007/43/CE, 2008/119/CE, 2008/120/CE e 2009/128/CE (regolamento sui controlli ufficiali) [COM(2013)265 final del 6 maggio 2013 - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
Comunicazione
Comunicazione della Commissione europea al Consiglio e al Parlamento europeo: Animali e piante più sani e una filiera agroalimentare più sicura - Un quadro giuridico aggiornato per un'Unione europea più competitiva [COM(2013)264 final, del 6 maggio 2013 - Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale]. | 6,923 | 239 |
32009D0908 | false | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 1o dicembre 2009
che stabilisce le modalità di applicazione della decisione del Consiglio europeo sull'esercizio della presidenza del Consiglio e sulla presidenza degli organi preparatori del Consiglio
(2009/908/UE)
Il CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 16, paragrafo 9,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 236, lettera b),
vista la decisione del Consiglio europeo del 1o dicembre 2009 sull'esercizio della presidenza del Consiglio (1), in particolare l'articolo 2, terzo comma, e l'articolo 4,
considerando quanto segue:
(1)
È opportuno stabilire le modalità di applicazione della decisione del Consiglio europeo sull'esercizio della presidenza del Consiglio («la decisione del Consiglio europeo»).
(2)
Tali modalità di applicazione includono l'ordine in cui i gruppi predeterminati di tre Stati membri esercitano a turno la presidenza per periodi consecutivi di 18 mesi, tenendo conto del fatto che dal 1o gennaio 2007, conformemente al regolamento interno del Consiglio, esiste un sistema basato su programmi di 18 mesi del Consiglio concordati dalle tre presidenze in carica nel periodo interessato.
(3)
A norma dell'articolo 1 della decisione del Consiglio europeo, la composizione dei gruppi deve tener conto della diversità degli Stati membri e degli equilibri geografici nell'Unione.
(4)
La ripartizione dei compiti tra Stati membri all'interno di ciascun gruppo risulta dall'articolo 1, paragrafo 2 della decisione del Consiglio europeo. Nelle due ipotesi previste dall'articolo 2, paragrafo 1 della presente decisione, le modalità pratiche che disciplinano la collaborazione degli Stati membri in ciascun gruppo sono definite di comune accordo dagli Stati membri in questione.
(5)
Inoltre, le suddette modalità di applicazione dovrebbero includere norme specifiche sulla presidenza degli organi preparatori del Consiglio «Affari esteri», come previsto dall'articolo 2, terzo comma della decisione del Consiglio europeo.
(6)
La maggior parte di detti organi preparatori dovrebbe essere presieduta da un rappresentante dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza («l'alto rappresentante»), mentre gli altri organi dovrebbero continuare ad essere presieduti dalla presidenza semestrale. Nel caso in cui il presidente di tali organi sia un rappresentante dell'alto rappresentante può applicarsi un periodo transitorio.
(7)
Gli organi preparatori che sono presieduti secondo un sistema diverso dalla presidenza semestrale dovrebbero essere parimenti elencati nella presente decisione, come previsto dall'articolo 2, terzo comma della decisione del Consiglio europeo.
(8)
La presidenza degli organi preparatori non elencati nella presente decisione sarà esercitata conformemente all'articolo 2 della decisione del Consiglio europeo,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
L'ordine in cui gli Stati membri sono chiamati ad esercitare la presidenza del Consiglio a decorrere dal 1o gennaio 2007 è stabilito nella decisione del Consiglio, del 1o gennaio 2007, relativa all'ordine dell'esercizio della presidenza del Consiglio (2).
La suddivisione di tale ordine delle presidenze in gruppi di tre Stati membri, conformemente all'articolo 1, paragrafo 1 della decisione del Consiglio europeo, figura nell'allegato I della presente decisione.
Articolo 2
1. Ciascun membro di un gruppo di cui all'articolo 1, secondo comma assicura a turno, per un periodo di sei mesi, la presidenza di tutte le formazioni del Consiglio, ad eccezione della formazione «Affari esteri». Gli altri membri del gruppo assistono la presidenza in tutti i suoi compiti sulla base del programma di 18 mesi del Consiglio.
2. I membri di un gruppo di cui all'articolo 1 possono decidere tra loro modalità alternative.
3. In ciascuna delle ipotesi previste ai paragrafi 1 e 2, le modalità pratiche che disciplinano la collaborazione degli Stati membri in ciascun gruppo sono definite di comune accordo dagli Stati membri in questione.
Articolo 3
L'ordine in cui gli Stati membri saranno chiamati ad esercitare la presidenza a partire dal 1o luglio 2020 è deciso dal Consiglio anteriormente al 1o luglio 2017.
Articolo 4
Gli organi preparatori del Consiglio «Affari esteri» sono presieduti conformemente alle disposizioni stabilite nell'allegato II.
Articolo 5
Gli organi preparatori del Consiglio elencati nell'allegato III sono presieduti da presidenze fisse come indicato in detto allegato.
Articolo 6
La presente decisione entra in vigore il giorno dell’adozione.
Essa è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Bruxelles, addì 1o dicembre 2009.
Per il Consiglio
La presidente
B. ASK
(1) GU L 315 del 2.12.2009, pag. 50.
(2) GU L 1 del 4.1.2007, pag. 11.
ALLEGATO I
Germania
gennaio-giugno
2007
Portogallo
luglio-dicembre
2007
Slovenia
gennaio-giugno
2008
Francia
luglio-dicembre
2008
Repubblica ceca
gennaio-giugno
2009
Svezia
luglio-dicembre
2009
Spagna
gennaio-giugno
2010
Belgio
luglio-dicembre
2010
Ungheria
gennaio-giugno
2011
Polonia
luglio-dicembre
2011
Danimarca
gennaio-giugno
2012
Cipro
luglio-dicembre
2012
Irlanda
gennaio-giugno
2013
Lituania
luglio-dicembre
2013
Grecia
gennaio-giugno
2014
Italia
luglio-dicembre
2014
Lettonia
gennaio-giugno
2015
Lussemburgo
luglio-dicembre
2015
Paesi Bassi
gennaio-giugno
2016
Slovacchia
luglio-dicembre
2016
Malta
gennaio-giugno
2017
Regno Unito
luglio-dicembre
2017
Estonia
gennaio-giugno
2018
Bulgaria
luglio-dicembre
2018
Austria
gennaio-giugno
2019
Romania
luglio-dicembre
2019
Finlandia
gennaio-giugno
2020
ALLEGATO II
PRESIDENZA DEGLI ORGANI PREPARATORI DEL CONSIGLIO «AFFARI ESTERI» (1)
La presidenza degli organi preparatori del Consiglio «Affari esteri» di cui alle categorie da 1 a 4 della tabella in appresso dovrebbe essere organizzata come segue:
1)
Categoria 1 (organi preparatori nei settori del commercio e dello sviluppo):
Gli organi preparatori sono presieduti dalla presidenza semestrale.
2)
Categoria 2 (organi preparatori geografici)
Gli organi preparatori sono presieduti da un rappresentante dell'alto rappresentante.
3)
Categoria 3 (organi preparatori orizzontali, soprattutto PESC)
Gli organi preparatori sono presieduti da un rappresentante dell'alto rappresentante, tranne per quanto riguarda i seguenti organi preparatori, che sono presieduti dalla presidenza semestrale:
—
Gruppo dei Consiglieri per le relazioni esterne (RELEX);
—
Gruppo «Terrorismo (aspetti internazionali)» (COTER);
—
Gruppo «Applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo» (COCOP);
—
Gruppo «Affari consolari» (COCON);
—
Gruppo «Diritto internazionale pubblico» (COJUR), nonché
—
Gruppo «Diritto del mare» (COMAR).
4)
Categoria 4 (organi preparatori connessi alla PESD)
Gli organi preparatori connessi alla PESD sono presieduti da un rappresentante dell'alto rappresentante (2).
L'alto rappresentante e la presidenza semestrale cooperano strettamente al fine di assicurare la coerenza dell'insieme degli organi preparatori del Consiglio «Affari generali».
Per quanto riguarda le categorie 3 e 4, la presidenza semestrale continua a presiedere gli organi preparatori durante un periodo transitorio di durata non superiore a sei mesi dopo l'adozione della decisione del Consiglio relativa all'organizzazione e al funzionamento del Servizio europeo per l'azione esterna (SEAE). Per la categoria 2 il periodo transitorio ha una durata non superiore a 12 mesi.
Modalità di nomina dei presidenti
Laddove la decisione del Consiglio europeo o la presente decisione indichino che un organo preparatorio (CPS e gruppi pertinenti) è presieduto da un rappresentante dell'alto rappresentante, la responsabilità della nomina del presidente spetta all'alto rappresentante. Si procede alle nomine sulla base della competenza, assicurando opportunamente equilibrio geografico e trasparenza. L'alto rappresentante si accerta che la persona che intende nominare presidente goda della fiducia degli Stati membri. Se la persona in questione non è ancora membro del SEAE, lo diventa secondo le procedure di assunzione del SEAE, quantomeno per la durata dell'incarico. Una valutazione del funzionamento del presente dispositivo è effettuata nell'ambito della relazione sulla situazione concernente il SEAE, prevista per il 2012.
1.
Organi preparatori nei settori del commercio e dello sviluppo
Comitato dell'articolo 207
Gruppo ACP
Gruppo «Cooperazione allo sviluppo» (DEVGEN)
Gruppo EFTA
Gruppo «Beni a duplice uso»
Gruppo «Questioni commerciali»
Gruppo «Prodotti di base»
Gruppo «Sistema di preferenze generalizzate»
Gruppo «Preparazione delle conferenze internazionali sullo sviluppo»/UNCCD-desertificazione/UNCTAD
Gruppo «Aiuto umanitario e alimentare»
Gruppo «Crediti all'esportazione»
2.
Organi preparatori geografici
Gruppo «Mashreq/Maghreb» (COMAG /MaMa )
Gruppo «Europa orientale e Asia centrale» (COEST)
Gruppo «Regione dei Balcani occidentali» (COWEB)
Gruppo «Medio Oriente /Golfo» (COMEM/MOG)
Gruppo «Asia/Oceania» (COASI)
Gruppo «America latina» (COLAT)
Gruppo «Relazioni transatlantiche» (COTRA)
Gruppo «Africa» (COAFR)
3.
Organi preparatori orizzontali (soprattutto PESC)
Gruppo dei Consiglieri per le relazioni esterne (RELEX)
Gruppo Nicolaidis
Gruppo «Disarmo globale e controllo degli armamenti» (CODUN)
Gruppo «Non proliferazione» (CONOP)
Gruppo «Esportazione di armi convenzionali» (COARM)
Gruppo «Diritti umani» (COHOM)
Gruppo «Terrorismo (aspetti internazionali)» (COTER) (3)
Gruppo «Applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo» (COCOP) (3);
Gruppo «OSCE e Consiglio d'Europa» (COSCE)
Gruppo «Nazioni Unite» (CONUN)
Gruppo ad hoc «Processo di pace in Medio Oriente» (COMEP)
Gruppo «Diritto internazionale pubblico» (COJUR, COJUR-ICC)
Gruppo «Diritto del mare» (COMAR)
Gruppo «Affari consolari» (COCON)
Gruppo «Affari amministrativi e protocollo PESC» (COADM)
4.
Organi preparatori connessi alla PESD
Comitato militare (EUMC)
Gruppo del Comitato militare (EUMCWG)
Gruppo politico-militare (PMG)
Comitato per gli aspetti civili della gestione delle crisi (CIVCOM)
Gruppo «Politica europea degli armamenti»
(1) Un riesame dell'ambito di azione e dell'organizzazione delle strutture di lavoro nel settore degli affari esteri dovrebbe essere condotto in tempi brevi dopo il 1o dicembre 2009, in particolare per quanto riguarda il settore dello sviluppo. Le disposizioni concernenti la presidenza dei gruppi di lavoro a seguito del riesame dovrebbero, se necessario, essere adeguate conformemente ai principi generali esposti nel presente allegato.
(2) Il Comitato militare (EUMC) e il Gruppo del Comitato militare (EUMCWG) continuano ad essere presieduti da un presidente eletto come avveniva prima dell'entrata in vigore della presente decisione.
(3) La questione del Gruppo «Terrorismo (aspetti internazionali)» (COTER) e del Gruppo «Applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo» (COCOP) sarà trattata anche nel contesto dei dibattiti sulle strutture di lavoro del settore GAI.
ALLEGATO III
PRESIDENTI DEGLI ORGANI PREPARATORI DEL CONSIGLIO CON PRESIDENZA FISSA
Presidenti eletti
Comitato economico e finanziario
Comitato per l'occupazione
Comitato per la protezione sociale
Comitato militare (1)
Comitato di politica economica
Comitato per i servizi finanziari
Gruppo del Comitato militare (1)
Gruppo «Codice di condotta (Tassazione delle imprese)»
Presieduti dal Segretariato generale del Consiglio
Comitato per la sicurezza
Gruppo «Informazione»
Gruppo «Informatica giuridica»
Gruppo «Comunicazioni elettroniche»
Gruppo «Codificazione legislativa»
Gruppo dei giuristi-linguisti
Gruppo «Nuovi edifici»
(1) Cfr. anche l'allegato II. | Politica estera e di sicurezza — Il ruolo del Consiglio e del Consiglio europeo
QUAL È LO SCOPO DEGLI ARTICOLI E DELLE DECISIONI?
Gli articoli del trattato definiscono i ruoli del Consiglio europeo e del Consiglio dell’Unione europea (il Consiglio) nella politica estera e di sicurezza comune (PESC) dell’Unione europea (Unione), che comprende la politica di sicurezza e di difesa comune. Le decisioni forniscono le basi giuridiche per l’istituzione di alcuni dei principali comitati e organi preparatori del Consiglio che si occupano di politica estera e di sicurezza e stabiliscono come questi sono presieduti.
PUNTI CHIAVE
I ruoli del Consiglio europeo e del Consiglio nell’ambito della PESC sono definiti dall’articolo 26:Il Consiglio europeo definisce gli orientamenti politici generali e stabilisce le priorità; Il Consiglio definisce e attua quelle priorità.Consiglio europeoL’articolo 26 stabilisce che il Consiglio europeoindividui gli interessi strategici dell’Unione;fissi gli obiettivi e definisca gli orientamenti generali della PESC, ivi comprese le questioni che hanno implicazioni in materia di difesa;adotti le decisioni necessarie e pertinenti. Tali orientamenti e obiettivi si basano sui principi dell’azione esterna dell’Unione e sui suoi obiettivi, definiti dall’articolo 21, che comprendono:salvaguardare i valori dell’Unione, i suoi interessi fondamentali, la sua sicurezza, la sua indipendenza e la sua integrità;Consolidare e sostenere la democrazia, lo stato di diritto e i diritti umani;preservare la pace, prevenire i conflitti e rafforzare la sicurezza internazionale;promuovere un sistema internazionale basato sulla cooperazione multilaterale rafforzata e il buon governo mondiale. Gli interessi e i principi fondamentali dell’Unione sono attualmente definiti nella strategia globale dell’Unione per la politica estera e di sicurezza comune. Il presidente del Consiglio europeo rappresenta l’Unione a livello internazionale nelle questioni relative alla PESC a livello dei capi di stato e/o di governo, senza alcun effetto sui poteri dell’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. L’alto rappresentante prende parte ai lavori del Consiglio europeo.ConsiglioQuando stabilisce e attua gli orientamenti del Consiglio europeo, il Consiglio deve garantire che l’azione dell’Unione sia unita, coerente ed efficace. Il Consiglio «Affari esteri» è presieduto dall’alto rappresentante. Il lavoro del Consiglio «Affari esteri» è supportato da una serie di comitati e di organi preparatori, tra i quali:Il Comitato politico e di sicurezza;Il Comitato militareIl Comitato per gli aspetti civili della gestione delle crisi (noto come CIVCOM);Gruppi di lavoro PESC Il servizio europeo per l’azione esterna, creato con la decisione 2010/427/UE del Consiglio in seguito all’entrata in vigore del trattato di Lisbona (si veda la sintesi), assiste il Consiglio nell’attuazione della PESC.
DA QUANDO SI APPLICANO GLI ARTICOLI E LE DECISIONI?
Gli articoli vengono applicati dall’entrata in vigore del trattato di Lisbona il 1o dicembre 2009. La decisione 2001/78/PESC si applica dal 22 gennaio 2001. La decisione 2001/79/PESC si applica dall’ 11 giugno 2001. La decisione 2000/354/PESC si applica dal 22 maggio 2000. La decisione 2009/908/UE si applica dal 1o dicembre 2009.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si veda:Consiglio dell’Unione Consiglio europeo
DOCUMENTI PRINCIPALI
Versione consolidata del trattato sull’Unione europea — Titolo III — Disposizioni relative alle istituzioni Articolo 15 (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 23).
Versione consolidata del trattato sull’Unione europea — Titolo V — Disposizioni generali sull’azione esterna dell’Unione e disposizioni specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune — Capo 1 — Disposizioni generali sull’azione esterna dell’Unione — Articolo 21 (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 28).
Versione consolidata del trattato sull’Unione europea — Titolo V — Disposizioni generali sull’azione esterna dell’Unione e disposizioni specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune — Capo 2 — Disposizioni specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune — Sezione 1 — Disposizioni comuni — articolo 26 (ex articolo 13 del TUE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 31).
Decisione 2001/78/PESC del Consiglio, del 22 gennaio 2001 che istituisce il comitato politico e di sicurezza (GU L 27 del 30.1.2001, pag. 1).
Decisione 2001/79/PESC del Consiglio, del 22 gennaio 2001, che istituisce il comitato militare dell’Unione europea (GU L 27 del 30.1.2001, pag. 4).
Decisione 2000/354/PESC del Consiglio, del 22 maggio 2000, che istituisce un comitato per gli aspetti civili della gestione delle crisi (GU L 127 del 27.5.2000, pag. 1).
Decisione 2009/908/UE del Consiglio, del 1° dicembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione della decisione del Consiglio europeo sull’esercizio della presidenza del Consiglio e sulla presidenza degli organi preparatori del Consiglio (GU L 322 del 9.12.2009, pag. 28).
Le successive modifiche alla decisione 2009/908/UE sono state incorporate nel documento originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione 2010/427/UE del Consiglio, del 26 luglio 2010, che fissa l’organizzazione e il funzionamento del servizio europeo per l’azione esterna (GU L 201 del 3.8.2010, pag. 30). | 5,841 | 136 |
32014D0554 | false | DECISIONE N. 554/2014/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 15 maggio 2014
relativa alla partecipazione dell’Unione al programma di ricerca e sviluppo a sostegno di una vita attiva e autonoma avviato congiuntamente da più Stati membri
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 185 e l’articolo 188, secondo comma,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
Nella comunicazione del 3 marzo 2010 dal titolo "Europa 2020 – Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva" ("strategia Europa 2020"), la Commissione mette in evidenza la necessità di creare condizioni favorevoli agli investimenti nella conoscenza e nell’innovazione in modo da conseguire una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva nell’Unione. Sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno approvato tale strategia.
(2)
Il regolamento (UE) n. 1291/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (3) ha istituito il programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) — Orizzonte 2020 ("Orizzonte 2020"). Orizzonte 2020 intende aumentare l’impatto della ricerca e dell’innovazione contribuendo a rafforzare i partenariati pubblico-pubblico, anche attraverso la partecipazione dell’Unione ai programmi avviati da più Stati membri conformemente all’articolo 185 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
(3)
I partenariati pubblico-pubblico dovrebbero mirare allo sviluppo di sinergie più strette, a un maggiore coordinamento e ad evitare inutili duplicazioni con i programmi di ricerca dell’Unione, internazionali, nazionali e regionali, e dovrebbero rispettare appieno i principi generali di Orizzonte 2020, in particolare quelli riguardanti l’apertura e la trasparenza. Inoltre, dovrebbe essere assicurato l’accesso aperto alle pubblicazioni scientifiche.
(4)
La decisione n. 742/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (4) prevede un contributo finanziario della Comunità al programma comune di ricerca e sviluppo "Ambient Assisted Living" (Domotica per categorie deboli, "programma comune AAL") di importo pari a quello degli Stati membri, ma non superiore a 150 000 000 EUR per la durata del settimo programma quadro della Comunità europea per le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013), istituito con la decisione n. 1982/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5).
(5)
Nel dicembre 2012 la Commissione ha trasmesso al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sulla valutazione intermedia, condotta da un gruppo di esperti, del programma comune AAL. In generale, il gruppo di esperti ha espresso il parere che il programma comune AAL abbia registrato risultati positivi e importanti progressi nel conseguimento dei suoi obiettivi e che sia quindi opportuno un suo proseguimento anche oltre l’attuale periodo di finanziamento. Il gruppo di esperti ha rilevato tuttavia alcune carenze, in particolare la necessità di un maggiore coinvolgimento degli utenti nei progetti fin dalle primissime fasi e di ulteriori miglioramenti nelle prestazioni operative per quanto riguarda i tempi per la firma dei contratti e per i pagamenti.
(6)
La valutazione intermedia del 2010 e il processo di consultazione del 2012 hanno evidenziato la diversità degli strumenti finanziari, delle regole di ammissibilità e dei sistemi di rimborso. Gli Stati partecipanti, tramite l’assemblea generale dell’Ambient Assisted Living, potrebbero riflettere su tale questione e promuovere lo scambio di buone pratiche.
(7)
Nella comunicazione del 12 ottobre 2006 dal titolo "Il futuro demografico dell’Europa, trasformare una sfida in un’opportunità", la Commissione ha sottolineato che l’invecchiamento demografico è una delle maggiori sfide che dovranno affrontare tutti gli Stati membri e che un ricorso maggiore alle nuove tecnologie potrebbe contribuire a contenere i costi, accrescere il benessere e promuovere la partecipazione attiva degli anziani alla società, migliorando nel contempo anche la competitività dell’economia dell’Unione.
(8)
Nell’ambito dell’iniziativa emblematica "L’Unione dell’innovazione" della strategia Europa 2020, la Commissione ha individuato nell’invecchiamento della popolazione una delle sfide per la società in cui i progressi dell’innovazione possono svolgere un ruolo importante e dare impulso alla competitività, consentire alle imprese europee di essere all’avanguardia nello sviluppo di nuove tecnologie, di crescere e di assumere un ruolo di punta a livello mondiale sui nuovi mercati in crescita, migliorare la qualità e l’efficienza dei servizi pubblici così da contribuire a creare un gran numero di posti di lavoro di qualità.
(9)
Nell’Unione sono circa 20 milioni le persone che svolgono "lavori in camice bianco" nel settore sanitario e nel settore dei servizi sociali, una cifra che dovrebbe aumentare nei prossimi anni a causa dell’invecchiamento della popolazione. La formazione e l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita dovrebbero essere una priorità centrale in questo delicato settore. È quindi opportuno valutare con maggiore precisione le esigenze in materia di lavori in camice bianco e di investimenti nelle competenze moderne, come l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione.
(10)
Nella comunicazione del 19 maggio 2010 dal titolo "Un’agenda digitale europea", la Commissione ha proposto di rafforzare il programma comune AAL per contribuire ad affrontare le sfide poste dall’invecchiamento della popolazione.
(11)
Nella comunicazione del 29 febbraio 2012 dal titolo "Portare avanti il piano strategico di attuazione del partenariato europeo per l’innovazione nell’ambito dell’invecchiamento attivo e in buona salute", la Commissione ha proposto di tener conto delle pertinenti priorità individuate dal piano strategico di attuazione nel predisporre i futuri programmi e strumenti di lavoro nell’ambito della ricerca e dell’innovazione che fanno parte di Orizzonte 2020. La Commissione ha inoltre proposto di tener conto del contributo che il programma comune AAL può apportare al partenariato europeo per l’innovazione nell’ambito dell’invecchiamento attivo e in buona salute.
(12)
All’interno del partenariato europeo per l’innovazione nell’ambito dell’invecchiamento attivo e in buona salute, istituito nel l’ambito della "Unione dell’innovazione", le soluzioni innovative basate sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) dovrebbero svolgere un ruolo importante per conseguire l’obiettivo di aumentare di due anni la speranza di vita in buona salute dei cittadini entro il 2020 e di migliorare la loro qualità della vita e l’efficienza dei sistemi di assistenza nell’Unione. Il piano strategico di attuazione stabilisce le priorità per accelerare e ampliare l’innovazione nel campo dell’invecchiamento attivo e in buona salute in tutta l’Unione, nei tre seguenti settori: prevenzione e promozione della salute; assistenza e cure; vita indipendente e inclusione sociale.
(13)
Poiché i sistemi TIC trattano una grande quantità di profili e dati personali e operano attraverso la comunicazione in tempo reale, comportando quindi un rischio elevato di violazione della sicurezza dei dati, è opportuno tenere conto degli aspetti relativi alla protezione dei dati. Si dovrebbe inoltre rispettare il diritto alla riservatezza.
(14)
È opportuno che il programma di ricerca e sviluppo a sostegno di una vita attiva e autonoma ("programma AAL") porti avanti i risultati ottenuti grazie al precedente programma e colmi le sue lacune, incoraggiando una partecipazione sufficiente degli utenti ai progetti fin dalla fase iniziale, per garantire che le soluzioni sviluppate siano accettabili e rispondano a esigenze specifiche degli utenti, nonché garantendo una migliore attuazione del programma AAL.
(15)
L’attuazione del programma AAL dovrebbe tenere conto di una definizione ampia di innovazione, che comprenda gli aspetti organizzativi, afferenti alle imprese, tecnologici, sociali e ambientali. Dovrebbe inoltre garantire un approccio multidisciplinare e l’integrazione delle scienze sociali e umanistiche all’interno del programma AAL.
(16)
Le attività del programma AAL dovrebbero essere in linea con gli obiettivi e le priorità di ricerca e innovazione di Orizzonte 2020 e con i principi e le condizioni generali di cui all’articolo 26 del regolamento (UE) n. 1291/2013.
(17)
È opportuno stabilire un massimale per la partecipazione finanziaria dell’Unione al programma AAL per la durata di Orizzonte 2020. Al fine di conseguire un forte effetto di leva e assicurare il coinvolgimento attivo degli Stati partecipanti nella realizzazione degli obiettivi del programma AAL, la partecipazione finanziaria dell’Unione al programma AAL non dovrebbe superare il contributo finanziario degli Stati partecipanti per la durata di Orizzonte 2020.
(18)
Per tenere conto della durata di Orizzonte 2020, gli inviti a presentare proposte nell’ambito del programma AAL dovrebbero essere lanciati entro il 31 dicembre 2020. In casi debitamente giustificati gli inviti a presentare proposte possono essere lanciati entro il 31 dicembre 2021.
(19)
Conformemente agli obiettivi del regolamento (UE) n. 1291/2013, qualsiasi Stato membro e paese associato a Orizzonte 2020 dovrebbe avere il diritto di partecipare al programma AAL in qualsiasi momento adeguato.
(20)
Al fine di garantire che l’impegno finanziario dell’Unione corrisponda a quello degli Stati partecipanti, è opportuno che il contributo finanziario dell’Unione sia subordinato all’assunzione di impegni formali da parte degli Stati partecipanti prima dell’avvio del programma AAL, nonché al loro adempimento. Il contributo degli Stati partecipanti al programma AAL dovrebbe comprendere le spese amministrative sostenute a livello nazionale per l’efficace funzionamento del programma AAL.
(21)
L’attuazione comune del programma AAL richiede una struttura esecutiva. Gli Stati partecipanti hanno approvato la struttura esecutiva del programma AAL e hanno istituito, nel 2007, l’associazione AAL "Ambient Assisted Living" aisbl, un’associazione internazionale senza scopo di lucro con personalità giuridica di diritto belga ("associazione AAL"). Dato che, secondo la relazione sulla valutazione intermedia, l’attuale struttura di governance del programma comune AAL si è dimostrata efficiente e di buona qualità, è opportuno continuare a utilizzare l’associazione AAL come struttura esecutiva, con la funzione di organo di assegnazione e monitoraggio del programma AAL. L’associazione AAL dovrebbe gestire il contributo finanziario dell’Unione e garantire un’attuazione efficiente del programma AAL.
(22)
Al fine di conseguire gli obiettivi del programma AAL, è opportuno che l’associazione AAL eroghi il sostegno finanziario principalmente sotto forma di sovvenzioni ai partecipanti per le azioni da essa selezionate. È opportuno che tali azioni vengano selezionate a seguito di inviti a presentare proposte sotto la responsabilità dell’associazione AAL, che dovrebbe essere assistita da esperti esterni indipendenti. La graduatoria dovrebbe essere vincolante per quanto riguarda la selezione delle proposte e l’assegnazione dei finanziamenti provenienti dal contributo finanziario dell’Unione e dai bilanci nazionali per i progetti del programma AAL.
(23)
È opportuno che il contributo finanziario dell’Unione sia gestito conformemente al principio della sana gestione finanziaria e alle norme in materia di gestione indiretta di cui al regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (6) e al regolamento delegato (UE) n. 1268/2012 della Commissione (7).
(24)
Al fine di tutelare gli interessi finanziari dell’Unione, la Commissione dovrebbe, mediante misure proporzionate, disporre della facoltà di ridurre, sospendere o sopprimere il contributo finanziario dell’Unione se il programma AAL è attuato in maniera inadeguata, parziale o tardiva, o se gli Stati partecipanti non contribuiscono o contribuiscono solo parzialmente o in ritardo al finanziamento del programma AAL. È opportuno che tali diritti siano previsti nell’accordo di delega da concludere tra l’Unione e l’associazione AAL.
(25)
Ai fini della semplificazione, si dovrebbero ridurre gli oneri amministrativi per tutte le parti. È opportuno evitare la duplicazione degli audit e documentazione e relazioni sproporzionate. Nello svolgimento degli audit è opportuno tenere conto, se del caso, delle specificità dei programmi nazionali.
(26)
La partecipazione ad azioni indirette finanziate nell’ambito del programma AAL è disciplinata dal regolamento (UE) n. 1290/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (8). Tuttavia, a causa di specifiche esigenze operative del programma AAL è necessario prevedere deroghe al regolamento in conformità dell’articolo 1, paragrafo 3, di tale regolamento.
(27)
Gli inviti a presentare proposte dell’associazione AAL dovrebbero altresì essere pubblicati sul portale unico dei partecipanti e tramite altri strumenti elettronici di divulgazione di Orizzonte 2020 gestiti dalla Commissione.
(28)
Sono necessarie deroghe specifiche al regolamento (UE) n. 1290/2013 in quanto il programma AAL è concepito come un programma per la ricerca e l’innovazione orientato al mercato, in cui confluiscono diverse risorse nazionali di finanziamento (come i programmi di finanziamento per la ricerca e l’innovazione, la sanità e l’industria). Tali programmi nazionali hanno, per loro natura, regole di partecipazione diverse e non è possibile un allineamento totale con il regolamento (UE) n. 1290/2013. Inoltre, il programma AAL si concentra in particolare sulle piccole e medie imprese e le organizzazioni di utenti che in genere non partecipano alle attività di ricerca e innovazione dell’Unione. Per facilitare la partecipazione di queste imprese e organizzazioni, il contributo finanziario dell’Unione viene erogato in conformità delle regole già note dei programmi di finanziamento nazionali e attuato mediante una sovvenzione unica che comprende il finanziamento dell’Unione e quello nazionale corrispondente.
(29)
È opportuno che gli interessi finanziari dell’Unione siano tutelati in tutto il ciclo di spesa attraverso misure proporzionate, compresi la prevenzione, l’individuazione e l’investigazione degli illeciti, il recupero dei finanziamenti perduti, indebitamente versati o non correttamente utilizzati e, se del caso, sanzioni amministrative e pecuniarie a norma del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012.
(30)
È opportuno che la Commissione effettui, con l’assistenza di esperti indipendenti, una valutazione intermedia, in particolare sulla qualità e l’efficienza del programma AAL e sui progressi compiuti verso gli obiettivi stabiliti, nonché una valutazione finale e che, sulla base di tali valutazioni, rediga una relazione.
(31)
La valutazione dovrebbe basarsi su informazioni precise ed aggiornate. Su richiesta della Commissione, l’associazione AAL e gli Stati partecipanti dovrebbero fornire le informazioni necessarie alla Commissione per includerle nelle relazioni sulla valutazione del programma AAL.
(32)
Le azioni previste nell’ambito del programma AAL dovrebbero contribuire a rafforzare i sistemi sanitari e assistenziali pubblici europei, dal momento che costituiscono strumenti fondamentali per sostenere il benessere sociale e ridurre le disparità in termini di benessere tra regioni e fasce della popolazione, che si stanno accentuando in modo preoccupante a causa dell’attuale crisi economica e sociale.
(33)
È opportuno che il programma AAL garantisca l’efficace promozione della parità di genere, come sancito da Orizzonte 2020. Il programma AAL dovrebbe promuovere la parità di genere e la dimensione di genere nei contenuti della ricerca e dell’innovazione. È opportuno prestare particolare attenzione all’equilibrio di genere, in funzione della situazione nel settore, in seno ai comitati di valutazione e agli organismi quali i gruppi consultivi e i gruppi di esperti. La dimensione di genere dovrebbe essere adeguatamente integrata nei contenuti della ricerca e dell’innovazione a livello di strategie, programmi e progetti, e seguita in tutte le fasi del ciclo di ricerca.
(34)
Il programma AAL dovrebbe rispettare i principi etici sanciti da Orizzonte 2020. È opportuno prestare particolare attenzione al principio di proporzionalità, al diritto alla riservatezza, al diritto alla protezione dei dati personali, al diritto all’integrità fisica e mentale, al diritto alla non discriminazione e all’esigenza di garantire elevati livelli di protezione della salute umana.
(35)
Poiché gli Stati partecipanti hanno deciso di continuare il programma AAL e poiché gli obiettivi della presente decisione, segnatamente il sostegno e l’integrazione dirette delle politiche dell’Unione nel campo dell’invecchiamento attivo e in buona salute, non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della portata dell’azione, possono essere conseguiti meglio a livello dell’Unione, quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. La presente decisione si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Partecipazione al programma AAL
1. L’Unione partecipa al programma di ricerca e sviluppo a sostegno di una vita attiva e autonoma ("programma AAL") avviato congiuntamente da Austria, Belgio, Cipro, Danimarca, Francia, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Romania, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera e Ungheria ("Stati partecipanti"), alle condizioni di cui alla presente decisione.
2. Qualsiasi Stato membro diverso rispetto a quelli elencati al paragrafo 1 e qualsiasi altro paese associato ad Orizzonte 2020, può in qualsiasi momento presentare domanda per partecipare al programma AAL, a condizione di soddisfare la condizione di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), della presente decisione. Ai fini della presente decisione, se essi soddisfano la condizione prevista all’articolo 3, paragrafo 1, lettera c), sono considerati quale Stato partecipante.
Articolo 2
Contributo finanziario dell’Unione
1. Il contributo finanziario dell’Unione a copertura dei costi amministrativi ed operativi del programma AAL è pari a 175 000 000 EUR. Il contributo finanziario dell’Unione proviene dagli stanziamenti iscritti nel bilancio generale dell’Unione assegnati alle parti pertinenti del programma specifico di attuazione di Orizzonte 2020, istituito dalla decisione 2013/743/UE del Consiglio (9) conformemente all’articolo 58, paragrafo 1, lettera c), punto vi), e agli articoli 60 e 61 del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012.
2. L’impegno finanziario annuale dell’Unione al programma AAL non supera quello degli Stati partecipanti.
3. Un importo non superiore al 6 % del contributo finanziario dell’Unione, di cui al paragrafo 1, è utilizzato per contribuire ai costi amministrativi del programma AAL.
Articolo 3
Condizioni del contributo finanziario dell’Unione
1. Il contributo finanziario dell’Unione è subordinato alle seguenti condizioni:
a)
la dimostrazione, da parte degli Stati partecipanti, dell’istituzione del programma AAL conformemente agli allegati I e II;
b)
la designazione, da parte degli Stati partecipanti o delle organizzazioni da essi designate, dell’associazione AAL, come struttura incaricata dell’attuazione del programma AAL e dell’assegnazione e monitoraggio del contributo finanziario dell’Unione;
c)
l’impegno, da parte di ciascuno Stato partecipante, a contribuire al finanziamento del programma AAL;
d)
la dimostrazione, da parte dell’associazione AAL, della sua capacità di attuare il programma AAL, compresi l’assegnazione e il monitoraggio del contributo dell’Unione nell’ambito della gestione indiretta del bilancio dell’Unione a norma degli articoli 58, 60 e 61 del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012; e
e)
l’istituzione di un modello di governance del programma AAL in conformità dell’allegato III.
2. Nel corso dell’attuazione del programma AAL, il contributo finanziario dell’Unione è inoltre subordinato alle seguenti condizioni:
a)
l’attuazione da parte dell’associazione AAL degli obiettivi del programma AAL indicati all’allegato I e delle attività indicate all’allegato II della presente decisione, conformemente al regolamento (UE) n. 1290/2013, alle condizioni di cui all’articolo 5 della presente decisione;
b)
il mantenimento di un modello di governance appropriato ed efficiente, conformemente all’allegato III;
c)
il rispetto da parte dell’associazione AAL degli obblighi di comunicazione di cui all’articolo 60, paragrafo 5, del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012; e
d)
l’osservanza degli impegni assunti da parte di ogni Stato partecipante di cui al paragrafo 1, lettera c) e degli impegni annuali di contribuire al finanziamento del programma AAL.
Articolo 4
Contributi degli Stati partecipanti
I contributi degli Stati partecipanti consistono in:
a)
contributi finanziari alle azioni indirette sostenute nell’ambito del programma AAL in conformità dell’allegato II;
b)
contributi in natura corrispondenti ai costi amministrativi sostenuti dalle amministrazioni nazionali nell’attuazione effettiva del programma AAL in conformità all’allegato II.
Articolo 5
Regole di partecipazione e diffusione
1. Ai fini dell’applicazione del regolamento (UE) n. 1290/2013, l’associazione AAL è considerata un organismo di finanziamento ed eroga un sostegno finanziario alle azioni indirette conformemente all’allegato II della presente decisione.
2. In deroga all’articolo 15, paragrafo 9, del regolamento (UE) n. 1290/2013, la capacità finanziaria dei richiedenti è verificata dall’organismo di gestione del programma nazionale designato in conformità delle regole di partecipazione ai programmi nazionali designati.
3. In deroga all’articolo 18, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1290/2013, le convenzioni di sovvenzione con i partecipanti sono stipulate dall’agenzia di gestione del programma nazionale designata.
4. In deroga all’articolo 23, paragrafo 1 e paragrafi da 5 a 7, e agli articoli da 25 a 35 del regolamento (UE) n. 1290/2013, le norme di finanziamento dei programmi nazionali designati si applicano alle sovvenzioni gestite dalle agenzie designate per la gestione dei programmi nazionali.
5. In deroga agli articoli da 41 a 49 del regolamento (UE) n. 1290/2013, si applicano le norme dei programmi nazionali designati che disciplinano i risultati, i diritti di accesso alle conoscenze preesistenti e ai risultati, fatto salvo il principio di accesso aperto alle pubblicazioni scientifiche di cui all’articolo 18 del regolamento (UE) n. 1291/2013.
Articolo 6
Attuazione del programma AAL
Il programma AAL è attuato in base a una strategia attuata mediante programmi di lavoro annuali conformemente all’allegato II.
Articolo 7
Accordi tra l’Unione e l’associazione AAL
1. Fatta salva una valutazione ex-ante positiva dell’associazione AAL ai sensi dell’articolo 61, paragrafo 1, del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012, la Commissione, a nome dell’Unione, stipula con l’associazione AAL un accordo di delega e accordi annuali di trasferimento di fondi.
2. L’accordo di delega di cui al paragrafo 1 è concluso a norma dell’articolo 58, paragrafo 3, e degli articoli 60 e 61 del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 nonché dell’articolo 40 del regolamento delegato (UE) n. 1268/2012. Tale accordo precisa:
a)
i requisiti per il contributo dell’associazione AAL per quanto riguarda gli indicatori pertinenti tra quelli di prestazione di cui all’allegato II della decisione 2013/743/UE;
b)
i requisiti del contributo dell’associazione AAL per quanto riguarda il monitoraggio previsto dalla decisione 2013/743/UE del Consiglio;
c)
gli indicatori di prestazione specifici necessari per il monitoraggio del funzionamento dell’associazione AAL a norma dell’articolo 3, paragrafo 2;
d)
le modalità di fornitura dei dati e delle informazioni necessari a consentire alla Commissione di adempiere i propri obblighi di divulgazione e di relazione;
e)
le disposizioni per la pubblicazione degli inviti a presentare proposte da parte dell’associazione AAL, in particolare sul portale unico dei partecipanti e tramite altri strumenti elettronici di divulgazione di Orizzonte 2020 gestiti dalla Commissione.
Articolo 8
Soppressione, riduzione o sospensione del contributo finanziario dell’Unione
1. Qualora il programma AAL non sia attuato conformemente alle condizioni di cui all’articolo 3, la Commissione può sopprimere, ridurre proporzionalmente o sospendere il contributo finanziario dell’Unione, in funzione del grado di attuazione del programma AAL.
2. Qualora gli Stati partecipanti non contribuiscano o contribuiscano in maniera parziale o tardiva al finanziamento del programma AAL, la Commissione può sopprimere, ridurre proporzionalmente o sospendere il contributo finanziario dell’Unione tenendo conto dell’importo del finanziamento allocato dagli Stati partecipanti per l’attuazione del programma AAL.
Articolo 9
Audit ex post
1. Le agenzie designate per la gestione dei programmi nazionali effettuano audit ex post delle spese relative alle azioni indirette, a norma dell’articolo 29 del regolamento (UE) n. 1291/2013.
2. La Commissione può decidere di effettuare essa stessa gli audit di cui al paragrafo 1. In tal caso, essa agisce conformemente alle norme applicabili, in particolare alle disposizioni dei regolamenti (UE, Euratom) n. 966/2012, (UE) n. 1290/2013 e(UE) n. 1291/2013.
Articolo 10
Tutela degli interessi finanziari dell’Unione
1. La Commissione adotta provvedimenti opportuni volti a garantire che, nell’esecuzione delle azioni finanziate ai sensi della presente decisione, gli interessi finanziari dell’Unione siano tutelati mediante l’applicazione di misure preventive contro la frode, la corruzione e ogni altra attività illecita, mediante controlli efficaci e, ove fossero rilevate irregolarità, mediante il recupero delle somme indebitamente versate e, se del caso, sanzioni amministrative e pecuniarie efficaci, proporzionate e dissuasive.
2. L’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) può svolgere indagini, inclusi controlli e ispezioni in loco, nel rispetto delle disposizioni e delle modalità previste dal regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 (10) del Consiglio e dal regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (11), al fine di stabilire se vi sia stata frode, corruzione o qualsiasi altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari dell’Unione in relazione ad una convenzione di sovvenzione o ad una decisione di sovvenzione o a un contratto finanziati ai sensi della presente decisione.
3. I contratti, le convenzioni di sovvenzione e le decisioni di sovvenzione risultanti dall’applicazione della presente decisione contengono disposizioni che autorizzano espressamente la Commissione, l’associazione AAL, la Corte dei conti e l’OLAF a svolgere tali audit e indagini, nei limiti delle rispettive competenze.
4. L’associazione AAL concede al personale della Commissione e ad altre persone autorizzate dalla Commissione e dalla Corte dei conti, l’accesso alle proprie sedi e ai propri locali, nonché a tutte le informazioni, anche in formato elettronico, necessarie per lo svolgimento degli audit di cui al paragrafo 3.
5. Nell’attuazione del programma AAL, gli Stati partecipanti adottano le disposizioni legislative, regolamentari, amministrative o di altra natura necessarie a tutelare gli interessi finanziari dell’Unione e, in particolare, a garantire il recupero integrale di qualunque importo di cui l’Unione sia creditrice, a norma del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 e del regolamento delegato (UE) n. 1268/2012.
Articolo 11
Comunicazione di informazioni
1. Su richiesta della Commissione, l’associazione AAL trasmette alla Commissione tutte le informazioni necessarie per l’elaborazione delle relazioni di cui all’articolo 12.
2. Gli Stati partecipanti presentano, tramite l’associazione AAL, le pertinenti informazioni richieste dal Parlamento europeo o dal Consiglio in merito alla gestione finanziaria del programma AAL.
3. La Commissione comunica le informazioni di cui al paragrafo 2 del presente articolo nelle relazioni di cui all’articolo 12.
Articolo 12
Valutazione
1. Entro il 30 giugno 2017 la Commissione effettua, con l’assistenza di esperti indipendenti, una valutazione intermedia del programma AAL. La Commissione redige una relazione su tale valutazione che include le conclusioni della stessa e le osservazioni della Commissione. La Commissione presenta la relazione al Parlamento europeo e al Consiglio entro il 31 dicembre 2017. I risultati della valutazione intermedia del programma AAL sono tenuti in considerazione nella valutazione intermedia di Orizzonte 2020.
2. Al termine della partecipazione dell’Unione al programma AAL, ma non oltre il 31 dicembre 2022, la Commissione effettua una valutazione finale del programma. La Commissione redige una relazione su tale valutazione che deve includere i risultati della valutazione. La Commissione presenta la relazione al Parlamento europeo e al Consiglio.
Articolo 13
Entrata in vigore
La presente decisione entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 14
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
Fatto a Bruxelles, il 15 maggio 2014
Per il Parlamento europeo
Il presidente
M. SCHULZ
Per il Consiglio
Il presidente
D. KOURKOULAS
(1) Parere del 10 dicembre 2013 [(non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale)].
(2) Posizione del Parlamento europeo del 15 aprile 2014 [(non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale)] e decisione del Consiglio del 6 maggio 2014.
(3) Regolamento (UE) n. 1291/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce il programma quadro di ricerca e innovazione (2014–2020) - Orizzonte 2020 e abroga la decisione n. 1982/2006/CE (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 104).
(4) Decisione n. 742/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, relativa alla partecipazione della Comunità a un programma di ricerca e sviluppo avviato da vari Stati membri per il miglioramento della qualità della vita degli anziani attraverso l'uso di nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione (GU L 201 del 30.7.2008, pag. 49).
(5) Decisione n. 1982/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente il settimo programma quadro della Comunità europea per le attività di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione (2007-2013) (GU L 412 del 30.12.2006, pag. 1).
(6) Regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 (GU L 298 del 26.10.2012, pag. 1).
(7) Regolamento delegato (UE) n. 1268/2012 della Commissione, del 29 ottobre 2012, recante le modalità di applicazione del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU L 362 del 31.12.2012, pag. 1).
(8) Regolamento (UE) n. 1290/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che stabilisce le norme in materia di partecipazione e diffusione nell'ambito del programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) – Orizzonte 2020 e abroga il regolamento (CE) n. 1906/2006 (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 81).
(9) Decisione 2013/743/UE del Consiglio, del 3 dicembre 2013, che stabilisce il programma specifico di attuazione del programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) – Orizzonte 2020 e abroga le decisioni 2006/971/CE, 2006/972/CE, 2006/973/CE, 2006/974/CE e 2006/975/CE (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 965).
(10) Regolamento (Euratom, CE) n. 2185/96 del Consiglio, dell'11 novembre 1996, relativo ai controlli e alle verifiche sul posto effettuati dalla Commissione ai fini della tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee contro le frodi e altre irregolarità (GU L 292 del 15.11.1996, pag. 2).
(11) Regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 settembre 2013, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e che abroga il regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (Euratom) n. 1074/1999 del Consiglio (GU L 248 del 18.9.2013, pag. 1).
ALLEGATO I
OBIETTIVI DEL PROGRAMMA AAL
1.
Il programma AAL persegue i seguenti obiettivi:
1.1.
accelerare l’avvento e l’adozione di soluzioni innovative basate sulle TIC, pertinenti, integrate e a costi accessibili, per l’invecchiamento attivo e in buona salute, a casa, nella comunità o sul lavoro, migliorando così la qualità della vita, l’autonomia, l’inclusione sociale, la partecipazione alla vita sociale, le competenze e l’occupabilità degli adulti più anziani e contribuendo ad aumentare l’efficienza e l’efficacia dell’assistenza sanitaria e sociale;
1.2.
sostenere lo sviluppo di soluzioni che contribuiscano a rendere indipendenti gli adulti più anziani e ad alleviare il loro senso di isolamento sociale, in modo tale che la componente TIC non riduca i contatti umani, ma sia complementare ad essi. Le soluzioni basate sulle TIC finanziate nell’ambito del programma AAL dovrebbero integrare in sede di progettazione gli aspetti che esulano dalle TIC;
1.3.
mantenere e sviluppare ulteriormente una massa critica per la ricerca applicata, lo sviluppo e l’innovazione a livello dell’Unione nel campo dei prodotti e servizi basati sulle TIC per un invecchiamento attivo e sano;
1.4.
sviluppare soluzioni con un buon rapporto costi-benefici, accessibili e, se del caso, efficienti sotto il profilo energetico, definendo anche le relative norme di interoperabilità e promuovendo la localizzazione e l’adattamento di soluzioni comuni che siano compatibili con le diverse preferenze sociali, i fattori socioeconomici (comprese la povertà energetica e l’inclusione sociale), le questioni di genere e i diversi aspetti regolamentari a livello nazionale o regionale, rispettino la vita privata e la dignità degli adulti più anziani, compresa la protezione e la sicurezza dei dati personali mediante l’applicazione di strumenti all’avanguardia per la tutela della vita privata fin dalla fase di progettazione ("privacy-by-design"), e, se del caso, facilitino l’accesso ai servizi nelle zone rurali e periferiche o siano disponibili per altre categorie di persone, come le persone con disabilità. Per migliorare l’accessibilità il concetto di "progettazione universale" (Design for All) sarà promosso nella messa a punto e nella diffusione delle soluzioni.
2.
Il programma AAL crea un ambiente propizio alla partecipazione delle piccole e medie imprese.
3.
Il programma AAL si concentra sulla ricerca applicata e l’innovazione orientate al mercato e integra le relative attività a lungo termine di ricerca e innovazione su ampia scala previste nell’ambito di Orizzonte 2020, nonché altre iniziative europee e nazionali quali le iniziative di programmazione congiunta e le attività intraprese nell’ambito dell’Istituto europeo di innovazione e tecnologia e delle relative comunità della conoscenza e dell’innovazione. Esso contribuisce inoltre all’attuazione del partenariato europeo per l’innovazione sull’invecchiamento attivo e in buona salute.
ALLEGATO II
ATTIVITÀ DEL PROGRAMMA AAL
I. Azioni indirette
1.
L’attuazione del programma AAL sostiene principalmente progetti di ricerca e innovazione per l’invecchiamento attivo e in buona salute orientati al mercato, che dimostrino la capacità di sfruttare i risultati in un arco di tempo realistico; il finanziamento di tali azioni indirette nell’ambito del programma AAL è erogato essenzialmente sotto forma di sovvenzioni, ma può anche avvenire in altri modi, ad esempio attraverso premi, appalti pre-commerciali e appalti pubblici per soluzioni innovative.
2.
Inoltre, possono beneficiare dell’aiuto le azioni rivolte ad attività di intermediazione, promozione del programma, in particolare divulgazione nei confronti dei paesi che non partecipano attualmente al programma AAL, sensibilizzazione nei confronti delle attuali capacità, diffusione di soluzioni innovative e le azioni intese a mettere in relazione le organizzazioni sul versante dell’offerta e della domanda di tali soluzioni e a facilitare l’accesso ai finanziamenti e agli investitori.
3.
Possono essere sostenute anche le azioni dirette a migliorare la qualità delle proposte, gli studi di fattibilità e i seminari. Si può prevedere una collaborazione con le regioni dell’Unione per ampliare il gruppo di soggetti interessati partecipanti al programma AAL.
4.
Le azioni puntano a consolidare e analizzare vari metodi di coinvolgimento degli utenti finali per mettere a punto orientamenti in materia di migliori prassi basati su elementi concreti.
II. Attuazione
1.
Il programma AAL è attuato in base ai programmi di lavoro annuali che individuano le forme di finanziamento e i temi degli inviti a presentare proposte. I programmi di lavoro sono derivati da una strategia, che evidenzia le sfide e le priorità, adottata e pubblicata dall’associazione AAL.
2.
I programmi di lavoro annuali sono approvati dalla Commissione per l’erogazione della partecipazione finanziaria annuale dell’Unione.
3.
L’attuazione del programma AAL prevede consultazioni, anche sulla strategia, delle parti interessate (compresi i responsabili delle decisioni negli enti pubblici, i rappresentanti degli utenti, i fornitori di servizi e assicurazioni privati, nonché il mondo dell’industria, comprese le piccole e medie imprese) in merito alle priorità nella ricerca applicata e nell’innovazione.
4.
L’attuazione del programma AAL tiene conto delle tendenze demografiche e della ricerca demografica onde fornire soluzioni che riflettano la situazione sociale ed economica in tutta l’Unione.
5.
L’attuazione del programma AAL tiene conto delle politiche dell’Unione in materia di industria, clima ed energia. Il programma AAL promuove inoltre l’efficienza energetica e riflette la necessità di affrontare la povertà energetica.
6.
Si tiene adeguatamente conto delle questioni di genere, etiche, relative alle scienze sociali e umane e connesse alla tutela della vita privata, in linea con i principi e le norme di Orizzonte 2020. Si tiene inoltre conto della pertinente legislazione dell’Unione e nazionale e delle linee guida internazionali, in particolare riguardo ai diritti alla riservatezza e alla tutela dei dati.
7.
In linea con la "vicinanza al mercato" che caratterizza il programma AAL e nel rispetto delle norme del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012, l’associazione AAL assicura tempi di concessione delle sovvenzioni e di pagamento in conformità del regolamento (UE) n. 1290/2013 e garantisce la conformità agli stessi da parte degli Stati partecipanti nel corso dell’attuazione del programma AAL.
8.
Ciascuno Stato partecipante promuove fortemente, fin dalla prima fase di tutti i progetti di ricerca e innovazione, la partecipazione di organizzazioni che rappresentano il versante della domanda, compresi gli utenti finali.
9.
Ciascuno Stato partecipante cofinanzia i propri partecipanti nazionali la cui proposta è stata selezionata per il tramite di agenzie nazionali, le quali inoltre ripartiscono i cofinanziamenti dell’Unione provenienti dalla struttura specifica di esecuzione in base a una descrizione del progetto comune che fa parte di un accordo tra le agenzie di gestione dei programmi nazionali e i rispettivi partecipanti nazionali per ciascun progetto.
10.
Dopo la chiusura di un invito a presentare proposte di progetto, l’associazione AAL procede ad un controllo centrale di ammissibilità in cooperazione con le agenzie designate per la gestione dei programmi nazionali. Tale controllo è effettuato in base a criteri comuni di ammissibilità al programma AAL pubblicati con l’invito a presentare proposte.
11.
L’associazione AAL, assistita dalle agenzie di gestione dei programmi nazionali, verifica il soddisfacimento di ulteriori criteri nazionali di ammissibilità indicati di volta in volta negli inviti a presentare proposte di progetto.
12.
I criteri di ammissibilità nazionali riguardano esclusivamente lo status giuridico e finanziario dei singoli candidati e non il contenuto della proposta e comprendono i seguenti aspetti:
12.1.
tipo di candidato, compresi status giuridico e finalità;
12.2.
responsabilità e validità, compresi solidità finanziaria, rispetto di obblighi fiscali e sociali.
13.
Le proposte di progetti ammissibili sono valutate dall’associazione AAL con l’assistenza di esperti indipendenti, sulla base di criteri di valutazione comuni e trasparenti fissati nell’invito a presentare proposte; è pubblicato un elenco di progetti in ordine di punteggio. I progetti sono selezionati secondo tale graduatoria e tenendo conto delle risorse disponibili. Tale selezione, una volta adottata dall’assemblea generale dell’associazione AAL, è vincolante per gli Stati partecipanti.
14.
Se un partecipante a un progetto non soddisfa uno o più dei criteri nazionali di ammissibilità o se il corrispondente impegno di bilancio nazionale ha esaurito i fondi, il comitato esecutivo dell’associazione AAL può decidere di effettuare, a livello centrale e con l’assistenza di esperti indipendenti, un’ulteriore valutazione indipendente della proposta in questione che non preveda la partecipazione del candidato in questione o che preveda un altro candidato, come proposto dai partecipanti al progetto.
15.
Le questioni di natura giuridica e finanziaria riguardanti i partecipanti ai progetti selezionati per il finanziamento sono trattate dalle agenzie designate per la gestione dei programmi nazionali, in applicazione delle norme e dei principi amministrativi nazionali vigenti.
ALLEGATO III
GESTIONE DEL PROGRAMMA AAL
La struttura organizzativa del programma AAL è descritta qui di seguito.
1.
L’associazione AAL costituisce la struttura specifica di esecuzione creata dagli Stati membri partecipanti.
2.
L’associazione AAL è responsabile dell’esecuzione di tutte le attività del programma AAL. Rientrano tra i compiti dell’associazione AAL la gestione dei contratti e del bilancio, l’elaborazione dei programmi annuali di lavoro, l’organizzazione degli inviti a presentare proposte nonché la realizzazione della valutazione e della graduatoria delle proposte ammissibili al finanziamento.
3.
L’associazione AAL è inoltre incaricata di sorvegliare i progetti e trasferisce i corrispondenti pagamenti dei contributi dell’Unione alle agenzie designate per la gestione dei programmi nazionali. Essa organizza inoltre attività di divulgazione.
4.
L’associazione AAL è gestita dall’assemblea generale, che è l’organo decisionale del programma AAL. Essa nomina i membri del comitato esecutivo e sovrintende all’attuazione del programma AAL, comprese l’approvazione della strategia e dei programmi di lavoro annuali, l’assegnazione delle risorse nazionali ai progetti e la gestione delle nuove domande di adesione. L’assemblea funziona secondo il principio di un voto per paese. Le decisioni sono adottate a maggioranza semplice, tranne che per le decisioni relative alla successione, all’ammissione o all’esclusione di membri o allo scioglimento dell’associazione AAL, per le quali possono essere definite condizioni di voto particolari nello statuto dell’associazione AAL.
5.
La Commissione partecipa alle riunioni dell’assemblea generale in qualità di osservatore e approva il programma di lavoro annuale. La Commissione è invitata a tutte le riunioni dell’associazione AAL e può prendere parte alle discussioni. La Commissione riceve tutti i documenti distribuiti in relazione all’assemblea generale dell’associazione AAL.
6.
Il comitato esecutivo AAL, costituito da almeno un presidente, un vicepresidente, un tesoriere e un vicetesoriere, è eletto dall’assemblea generale dell’associazione AAL con il compito di esercitare specifiche responsabilità di gestione come la pianificazione finanziaria, l’assunzione del personale e la conclusione di contratti. È il rappresentante legale dell’associazione AAL e rende conto all’assemblea generale.
7.
L’unità di gestione centrale che fa parte dell’associazione AAL ha la responsabilità di gestire a livello centrale l’attuazione del programma AAL, in stretto coordinamento e cooperazione con le agenzie di gestione dei programmi nazionali, che sono autorizzate dagli Stati partecipanti a svolgere attività correlate alla gestione dei progetti e ad aspetti amministrativi e giuridici riguardanti i partecipanti nazionali, nonché a collaborare alla valutazione e alla negoziazione di proposte di progetti. L’unità centrale e le agenzie di gestione dei programmi nazionali lavorano assieme e costituiscono l’unità di gestione sotto la supervisione dell’associazione AAL.
8.
L’associazione AAL istituisce un consiglio consultivo composto da rappresentanti dell’industria, degli utenti e di altre pertinenti parti interessate, in modo tale da riflettere un equilibrio generazionale e di genere. Esso formula raccomandazioni all’associazione AAL sulla strategia globale del programma, sulle priorità e i temi da trattare negli inviti a presentare proposte e su altre pertinenti azioni del programma AAL. | Usare le tecnologie dell’informazione per migliorare la qualità della vita degli anziani
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
La decisione n. 554/2014/UE relativa alla partecipazione dell’Unione europea (UE) al programma di ricerca e sviluppo a sostegno di una vita attiva e autonoma, si basa sui risultati del precedente programma istituito nel 2008. Il programma è finanziato con il bilancio della Commissione europea per Orizzonte 2020 e i contributi finanziari dei diciassette stati partecipanti.
Qualsiasi Stato membro o qualsiasi altro paese associato ad Orizzonte 2020, può presentare domanda per partecipare al programma, purché provveda ai necessari contributi finanziari.
L’obiettivo principale del programma è quello di trovare soluzioni innovative basate sulle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) per l’invecchiamento attivo e in buona salute, a casa, migliorando così la qualità della vita, l’autonomia, e contribuendo ad aumentare l’efficienza e l’efficacia dell’assistenza sanitaria e sociale. Si prevede che tali soluzioni basate sulle TIC possano contribuire al raggiungimento dell’obiettivo dell’UE di aumentare di due anni la speranza di vita in buona salute dei cittadini entro il 2020.
PUNTI CHIAVE
ScopiAccelerare lo sviluppo e l’uso di soluzioni innovative basate sulle TIC a prezzi accessibili consentendo l’invecchiamento attivo e sano a casa, al lavoro e nella comunità, includendo le applicazioni per la salute e l’assistenza sociale. Sostenere lo sviluppo di soluzioni con una componente TIC che non riduca i contatti umani, ma sia complementare ad essi al fine di garantire che le persone anziane non si sentano isolate e rimangano autonomi e indipendenti. Sviluppare soluzioni ad alta efficienza energetica a e vantaggiose in termini di costi che tengano conto di aspetti quali i fattori socio-economici e di genere.Attuazione
Il programma viene attuato da Ambient Assisted Living (AAL), un’associazione internazionale senza scopo di lucro di diritto belga. AAL gestisce il contributo finanziario dell’Unione e garantisce un’attuazione efficiente del programma.
Programmi di lavoro annuali
Ogni anno viene concordato un programma di lavoro che viene approvato dalla Commissione europea. Questo programma individua i temi degli inviti a presentare proposte e i moduli per i finanziamenti disponibili.
Inviti a presentare proposte
Essi vengono pubblicati sul portale unico dei partecipanti, il portale dedicato ai bandi e ai finanziamenti. Per tenere conto della durata di Orizzonte 2020, gli inviti a presentare proposte nell’ambito del programma AAL dovrebbero essere lanciati entro il 31 dicembre 2020. In casi debitamente giustificati gli inviti a presentare proposte possono essere lanciati entro il 31 dicembre 2021.
Contributo finanziario
Il contributo finanziario dell’UE a copertura dei costi amministrativi e operativi del programma AL è pari a 175 milioni di euro.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
Viene applicata a partire dal 27 giugno 2014.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione n. 554/2014/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, relativa alla partecipazione dell’Unione al programma di ricerca e sviluppo a sostegno di una vita attiva e autonoma avviato congiuntamente da più Stati membri (GU L 169 del 7.6.2014, pag. 14). | 15,224 | 342 |
32019R1782 | false | REGOLAMENTO (UE) 2019/1782 DELLA COMMISSIONE
del 1o ottobre 2019
che stabilisce specifiche per la progettazione ecocompatibile degli alimentatori esterni in applicazione della direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga il regolamento (CE) n. 278/2009 della Commissione
(Testo rilevante ai fini del SEE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto l’articolo 114 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea,
vista la direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativa all’istituzione di un quadro per l’elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia (1), in particolare l’articolo 15, paragrafo 1,
considerando quanto segue:
(1)
Ai sensi della direttiva 2009/125/CE la Commissione deve fissare specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia che rappresentano un significativo volume di vendite e di scambi commerciali nell’Unione e che hanno un significativo impatto ambientale che può essere notevolmente ridotto modificando la progettazione, senza che ciò comporti costi eccessivi.
(2)
La comunicazione della Commissione COM(2016) 773 (2) (Piano di lavoro sulla progettazione ecocompatibile) adottata dalla Commissione in applicazione dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2009/125/CE, stabilisce le priorità di lavoro nell’ambito del quadro sulla progettazione ecocompatibile e sull’etichettatura energetica per il periodo 2016-2019. Il piano di lavoro sulla progettazione ecocompatibile individua sia i gruppi di prodotti connessi all’energia considerati prioritari per la realizzazione di studi preliminari e l’eventuale adozione di misure di esecuzione, sia la necessità di riesaminare il regolamento (CE) n. 278/2009 della Commissione (3).
(3)
Si stima che le misure del piano di lavoro sulla progettazione ecocompatibile potrebbero tradursi entro il 2030 in un risparmio annuo di energia finale superiore a 260 TWh, che equivarrebbe a una riduzione delle emissioni di gas serra di circa 100 milioni di tonnellate. Gli alimentatori esterni sono uno dei gruppi di prodotti che figurano nel piano di lavoro.
(4)
La Commissione ha stabilito le specifiche per la progettazione ecocompatibile degli alimentatori esterni con il regolamento (CE) n. 278/2009. Ai sensi di detto regolamento, la Commissione dovrebbe riesaminarle alla luce del progresso tecnologico.
(5)
La Commissione ha riesaminato il regolamento (CE) n. 278/2009 e analizzato gli aspetti tecnici, ambientali ed economici degli alimentatori esterni nonché il comportamento degli utilizzatori in condizioni reali. Il riesame è stato condotto in stretta collaborazione con i portatori d’interessi e gli interlocutori dell’Unione e dei paesi terzi. I risultati sono stati resi pubblici e presentati al forum consultivo istituito dall’articolo 18 della direttiva 2009/125/CE.
(6)
Lo studio di riesame evidenzia che grandi quantità di alimentatori esterni sono immessi sul mercato dell’Unione e illustra i vantaggi derivanti dall’aggiornamento delle specifiche per la progettazione ecocompatibile e dal loro adeguamento al progresso tecnologico.
(7)
Gli alimentatori esterni a tensioni multiple di uscita, che non sono contemplati dal regolamento (CE) n. 278/2009, sono immessi sul mercato dell’Unione in numero sempre crescente. Dovrebbero pertanto essere inclusi nell’ambito di applicazione del regolamento per garantire ulteriori risparmi di energia e assicurare condizioni di parità.
(8)
È opportuno che gli alimentatori esterni che adattano la tensione in uscita al carico principale continuino ad essere inclusi nell’ambito di applicazione del regolamento.
(9)
Le specifiche per la progettazione ecocompatibile dovrebbero armonizzare il consumo di energia degli alimentatori esterni, contribuendo così al funzionamento del mercato interno. Dovrebbero inoltre migliorare le prestazioni ambientali degli alimentatori esterni. Rispetto a uno scenario in cui non vengono prese ulteriori misure, è stato stimato un potenziale risparmio annuo di energia finale pari a 4,3 TWh entro il 2030, che corrisponde a 1,45 milioni di tonnellate di CO2 equivalente.
(10)
I parametri pertinenti dei prodotti dovrebbero essere misurati avvalendosi di metodi affidabili, accurati e riproducibili. Tali metodi dovrebbero tener conto dello stato dell’arte riconosciuto e, ove disponibili, delle norme armonizzate adottate dalle organizzazioni europee di normazione di cui all’allegato I del regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (4).
(11)
Ai sensi dell’articolo 8 della direttiva 2009/125/CE, il presente regolamento dovrebbe specificare le procedure di valutazione della conformità applicabili.
(12)
Per agevolare i controlli di conformità i fabbricanti, gli importatori o i mandatari dovrebbero fornire nella documentazione tecnica le informazioni di cui agli allegati IV e V della direttiva 2009/125/CE, nella misura in cui sono pertinenti alle specifiche definite nel presente regolamento.
(13)
Oltre agli obblighi giuridicamente vincolanti stabiliti nel presente regolamento, è opportuno definire parametri di riferimento per le migliori tecniche disponibili, al fine di garantire un’ampia disponibilità e una facile accessibilità delle informazioni relative alle prestazioni ambientali nell’intero ciclo di vita dei prodotti oggetto del presente regolamento, conformemente all’allegato I, parte 3, punto 2, della direttiva 2009/125/CE.
(14)
Il riesame dovrebbe valutare l’adeguatezza e l’efficacia delle disposizioni del presente regolamento nel conseguirne gli obiettivi. Esso dovrebbe avvenire dopo che tutte le disposizioni sono state attuate e hanno prodotto un effetto visibile sul mercato.
(15)
È pertanto opportuno abrogare il regolamento (CE) n. 278/2009.
(16)
Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato istituito a norma dell’articolo 19, paragrafo 1, della direttiva 2009/125/CE,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto e campo di applicazione
1. Il presente regolamento stabilisce le specifiche per la progettazione ecocompatibile per l’immissione sul mercato o la messa in servizio degli alimentatori esterni.
2. Il presente regolamento non si applica a:
a)
convertitori di tensione;
b)
alimentatori non interrompibili;
c)
caricabatterie senza funzione di alimentazione;
d)
convertitori di dispositivi di illuminazione;
e)
alimentatori esterni per dispositivi medici;
f)
iniettori attivi per alimentazione tramite Ethernet (PoE, Power over Ethernet);
g)
unità di connessione (docking station) per apparecchi autonomi;
h)
alimentatori esterni immessi sul mercato prima del 1o aprile 2025, unicamente come pezzi di ricambio per sostituire un alimentatore esterno identico immesso sul mercato prima del 1o aprile 2020, a condizione che il pezzo di ricambio, o il suo imballaggio, indichi chiaramente «alimentatore esterno da utilizzare esclusivamente come pezzo di ricambio per» e il prodotto o i prodotti che costituiscono il carico principale cui il pezzo è destinato.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:
(1)
«alimentatore esterno»: il dispositivo che risponde a tutti i criteri elencati di seguito:
a)
è progettato per trasformare la corrente alternata (CA) in ingresso dall’alimentazione di rete in una o più correnti continue (CC) o alternate (CA) di tensione inferiore in uscita;
b)
è utilizzato con uno o più dispositivi separati che costituiscono il carico principale;
c)
è contenuto in un alloggiamento fisicamente separato dal o dai dispositivi che costituiscono il carico principale;
d)
è collegato al o ai dispositivi che costituiscono il carico principale tramite connessioni elettriche, cavi, fili o altri collegamenti maschio/femmina amovibili o fissi;
e)
ha una potenza di uscita nominale non superiore a 250 watt;
f)
è destinato all’uso con apparecchi elettrici ed elettronici domestici e da ufficio di cui all’allegato I;
(2)
«alimentatore esterno a bassa tensione»: l’alimentatore esterno a tensione di uscita nominale inferiore a 6 volt e corrente di uscita nominale pari o superiore a 550 milliampere;
(3)
«alimentatore esterno a tensioni multiple di uscita»: l’alimentatore esterno in grado di convertire la corrente alternata in ingresso dall’alimentazione di rete in più correnti continue o alternate simultanee di tensione inferiore in uscita;
(4)
«convertitore di tensione»: il dispositivo che converte la tensione in ingresso dall’alimentazione di rete a 230 volt in tensione di uscita a 110 volt con caratteristiche simili a quelle della fonte d’ingresso;
(5)
«alimentatore non interrompibile»: il dispositivo che fornisce automaticamente un’alimentazione di emergenza in caso di cali di tensione dall’alimentazione di rete al di sotto del livello accettabile;
(6)
«caricabatterie»: il dispositivo che nell’interfaccia di uscita è collegato direttamente ad una batteria amovibile;
(7)
«convertitore di dispositivi di illuminazione»: l’alimentatore esterno utilizzato con lampade a tensione estremamente ridotta;
(8)
«iniettore attivo per alimentazione tramite Ethernet (PoE)»: il dispositivo che converte la tensione dell’alimentazione di rete in una tensione a CC inferiore, presenta una o più porte d’ingresso Ethernet e/o una o più porte di uscita Ethernet, fornisce corrente a uno o più dispositivi collegati alla o alle porte d’uscita Ethernet ed eroga la tensione nominale alla o alle porte d’uscita solo qualora siano rilevati dispositivi compatibili a seguito di una procedura standardizzata;
(9)
«base di ricarica (docking station) per apparecchi autonomi»: il dispositivo in cui un apparecchio a batteria che esegue compiti che richiedono mobilità senza intervento da parte dell’utilizzatore viene posto per la messa in carica, e che può guidare i movimenti autonomi dell’apparecchio;
(10)
«alimentazione da rete»: la fornitura di elettricità dalla rete a 230 (± 10 %) volt di corrente alternata a 50 Hz;
(11)
«apparecchiatura di tecnologia dell’informazione»: l’apparecchiatura la cui funzione primaria è compresa tra inserimento, memorizzazione, visualizzazione, recupero, trasmissione, trattamento, scambio o controllo di dati o di messaggi di telecomunicazione, o è una combinazione di tali funzioni, e che può essere munita di una o più porte terminal utilizzate in genere per il trasferimento di informazioni;
(12)
«ambiente domestico»: l’ambiente in cui l’uso di ricevitori per la diffusione radiotelevisiva avviene di norma a una distanza non superiore a 10 metri dall’apparecchiatura in questione;
(13)
«potenza di uscita nominale (PO)»: la massima potenza di uscita specificata dal fabbricante;
(14)
«condizione a vuoto»: la condizione per cui l’entrata dell’alimentatore esterno è collegata all’alimentazione di rete mentre l’uscita non è collegata a nessun carico principale;
(15)
«modo attivo»: la condizione per cui l’entrata dell’alimentatore esterno è collegata all’alimentazione di rete e l’uscita è collegata a un carico principale;
(16)
«efficienza in modo attivo»: il rapporto tra l’energia prodotta da un alimentatore esterno in modo attivo e l’alimentazione di corrente necessaria per produrla;
(17)
«rendimento medio in modo attivo»: la media dei rendimenti in modo attivo al 25 %, 50 %, 75 % e 100 % della potenza di uscita nominale;
(18)
«modello equivalente»: il modello che ha le medesime caratteristiche tecniche rilevanti per quanto riguarda le informazioni tecniche da fornire, ma è immesso sul mercato o messo in servizio dallo stesso fabbricante, importatore o mandatario come altro modello, con identificativo del modello diverso;
(19)
«identificativo del modello»: il codice, solitamente alfanumerico, che distingue un dato modello di prodotto da altri modelli che riportano lo stesso marchio o il nome dello stesso fabbricante, importatore o mandatario.
Articolo 3
Specifiche per la progettazione ecocompatibile
Le specifiche per la progettazione ecocompatibile di cui all’allegato II si applicano a decorrere dalle date ivi indicate.
Articolo 4
Valutazione di conformità
1. Le procedure applicabili alla valutazione di conformità di cui all’articolo 8 della direttiva 2009/125/CE sono il sistema di controllo interno della progettazione descritto nell’allegato IV di tale direttiva o il sistema di gestione descritto nell’allegato V della stessa direttiva.
2. Ai fini della valutazione di conformità di cui all’articolo 8 della direttiva 2009/125/CE, la documentazione tecnica contiene i valori dichiarati dei parametri di cui all’allegato II, punto 2, lettera c).
3. Se le informazioni incluse nella documentazione tecnica di un determinato modello sono state ottenute:
a)
da un modello che ha le medesime caratteristiche tecniche rilevanti per quanto riguarda le informazioni tecniche da fornire, ma è prodotto da un altro fabbricante, oppure
b)
dai calcoli effettuati in base al progetto o per estrapolazione da un altro modello dello stesso o di un altro fabbricante, o entrambe le cose.
La documentazione tecnica comprende i dettagli e i risultati di tali calcoli, la valutazione effettuata dal fabbricante per verificare l’accuratezza dei calcoli e, se del caso, la dichiarazione dell’identità tra i modelli di fabbricanti diversi.
La documentazione tecnica include un elenco di tutti i modelli equivalenti, con i relativi identificativi del modello.
Articolo 5
Procedura di verifica a fini di sorveglianza del mercato
Quando effettuano le verifiche a fini di sorveglianza del mercato di cui all’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/125/CE, gli Stati membri applicano la procedura di verifica illustrata nell’allegato III.
Articolo 6
Parametri di riferimento
I parametri di riferimento per i prodotti e le tecnologie più efficienti disponibili sul mercato al momento dell’adozione del presente regolamento sono illustrati nell’allegato IV.
Articolo 7
Riesame
La Commissione procede al riesame del presente regolamento alla luce del progresso tecnologico e ne presenta i risultati al forum consultivo, corredati, se del caso, di un progetto di proposta di revisione, entro il 14 novembre 2022.
Il riesame valuta in particolare: la fattibilità di introdurre una specifica in materia di efficienza energetica minima al 10 % del carico; opzioni che consentano l’inclusione nell’ambito di applicazione del regolamento dei caricabatterie senza fili, degli iniettori attivi per alimentazione tramite Ethernet (PoE) e degli alimentatori esterni utilizzati con apparecchi elettrici ed elettronici domestici e da ufficio non compresi nell’allegato I; e opzioni che consentano l’inclusione di specifiche a sostegno del conseguimento degli obiettivi dell’economia circolare, inclusa l’interoperabilità.
Articolo 8
Abrogazione
Il regolamento (UE) n. 278/2009 è abrogato a decorrere dal 1o aprile 2020.
Articolo 9
Entrata in vigore e applicazione
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Esso si applica a decorrere dal 1o aprile 2020.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 1o ottobre 2019
Per la Commissione
Il presidente
Jean-Claude JUNCKER
(1) GU L 285 del 31.10.2009, pag. 10.
(2) Comunicazione della Commissione, Piano di lavoro sulla progettazione ecocompatibile 2016-2019, COM(2016) 773 final del 30 novembre 2016.
(3) Regolamento (CE) n. 278/2009 della Commissione, del 6 aprile 2009, recante misure di esecuzione della direttiva 2005/32/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le specifiche di progettazione ecocompatibile relative al consumo di energia elettrica a vuoto e al rendimento medio in modo attivo per gli alimentatori esterni (GU L 93 del 7.4.2009, pag. 3).
(4) Regolamento (UE) n. 1025/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sulla normazione europea, che modifica le direttive 89/686/CEE e 93/15/CEE del Consiglio nonché le direttive 94/9/CE, 94/25/CE, 95/16/CE, 97/23/CE, 98/34/CE, 2004/22/CE, 2007/23/CE, 2009/23/CE e 2009/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la decisione 87/95/CEE del Consiglio e la decisione n. 1673/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 316 del 14.11.2012, pag. 12).
ALLEGATO I
Elenco delle apparecchiature elettriche ed elettroniche domestiche e da ufficio
1.
Apparecchi domestici:
—
elettrodomestici utilizzati per la cottura e l’ulteriore trasformazione di alimenti, la preparazione di bevande, per aprire o sigillare contenitori o pacchetti, per la pulizia e per la conservazione di capi di abbigliamento;
—
apparecchi tagliacapelli, asciugacapelli, per la cura dei capelli. spazzolini da denti elettrici, rasoi elettrici, apparecchi per massaggi e altre cure del corpo;
—
coltelli elettrici;
—
bilance;
—
sveglie, orologi da polso o da tasca e apparecchiature per misurare, indicare e registrare il tempo.
2.
Apparecchiature per la tecnologia dell’informazione, comprese apparecchiature per copia e stampa e decodificatori (set-top box), destinate prevalentemente all’uso in ambiente domestico;
3.
Apparecchiature di consumo:
—
apparecchi radio;
—
videocamere;
—
videoregistratori;
—
registratori hi-fi;
—
amplificatori audio;
—
sistemi di «home theatre»;
—
televisori;
—
strumenti musicali;
—
altre apparecchiature per registrare o riprodurre suoni o immagini, inclusi segnali o altre tecnologie per la distribuzione di suoni e immagini diverse dalla telecomunicazione.
4.
Giocattoli e apparecchiature per il tempo libero e lo sport, elettrici ed elettronici:
—
treni elettrici o piste elettriche per macchinine da corsa;
—
console di gioco, anche portatili;
—
apparecchiature sportive con componenti elettrici o elettronici;
—
altri giocattoli e apparecchiature per il tempo libero e lo sport
ALLEGATO II
Specifiche per la progettazione ecocompatibile degli alimentatori esterni
1. Specifiche di efficienza energetica:
a)
a decorrere dal 1o aprile 2020 la potenza assorbita nella condizione a vuoto non può superare i valori elencati di seguito:
Alimentatori esterni CA/CA, esclusi gli alimentatori esterni a bassa tensione e quelli a tensioni multiple di uscita
Alimentatori esterni CA/CC, esclusi gli alimentatori esterni a bassa tensione e quelli a tensioni multiple di uscita
Alimentatori esterni a bassa tensione
Alimentatori esterni a tensioni multiple di uscita
PO ≤ 49,0 W
0,21 W
0,10 W
0,10 W
0,30 W
PO > 49,0 W
0,21 W
0,21 W
0,21 W
0,30 W
b)
a decorrere dal 1o aprile 2020 il rendimento medio in modo attivo non può essere inferiore ai seguenti valori:
Alimentatori esterni CA/CA, esclusi gli alimentatori esterni a bassa tensione e quelli a tensioni multiple di uscita
Alimentatori esterni CA/CC, esclusi gli alimentatori esterni a bassa tensione e quelli a tensioni multiple di uscita
Alimentatori esterni a bassa tensione
Alimentatori esterni a tensioni multiple di uscita
PO ≤ 1,0 W
0,5 x PO/1 W+ 0,160
0,5 x PO/1 W+ 0,160
0,517 x PO/1 W+ 0,087
0,497 x PO/1 W+ 0,067
1 W < PO ≤ 49,0 W
0,071 x ln(PO/1 W) – 0,0014 x PO/1 W+ 0,67
0,071 x ln(PO/1 W) – 0,0014 x PO/1 W+ 0,67
0,0834 x ln(PO/1 W) – 0,0014 x Po/1 W+ 0,609
0,075 x ln(PO/1 W) + 0,561
PO > 49,0 W
0,880
0,880
0,870
0,860
2. Informazioni obbligatorie:
a)
a decorrere dal 1o aprile 2020, la targhetta dati contiene le informazioni elencate di seguito:
Informazioni da riportare sulla targhetta
Valore e precisione
Unità
Note
Potenza di uscita
X,X
W
Nel caso in cui sono misurate alla condizione di carico 1 diverse uscite fisiche o diverse tensioni di uscita, si indicano le serie di «tensione di uscita» - «corrente di uscita» - «potenza di uscita» disponibili.
Tensione di uscita
X,X
V
Nel caso in cui sono misurate alla condizione di carico 1 diverse uscite fisiche o diverse tensioni di uscita, si indicano le serie di «tensione di uscita» - «corrente di uscita» - «potenza di uscita» disponibili.
Corrente di uscita
X,X
A
Nel caso in cui sono misurate alla condizione di carico 1 diverse uscite fisiche o diverse tensioni di uscita, si indicano le serie di «tensione di uscita» - «corrente di uscita» - «potenza di uscita» disponibili.
b)
A decorrere dal 1o aprile 2020 i manuali di istruzioni destinati agli utilizzatori finali (se del caso) e i siti web ad accesso libero dei fabbricanti, degli importatori o dei mandatari contengono le seguenti informazioni, nell’ordine indicato di seguito:
Informazioni pubblicate
Valore e precisione
Unità
Note
Nome o marchio del fabbricante, numero di iscrizione nel registro delle imprese e indirizzo del fabbricante
-
-
-
Identificativo del modello
-
-
-
Tensione di ingresso
X
V
Specificata dal fabbricante Specificare un valore o un intervallo di valori.
Frequenza di ingresso CA
X
Hz
Specificata dal fabbricante Specificare un valore o un intervallo di valori.
Tensione di uscita
X,X
V
Tensione di uscita nominale Specificare se corrente alternata o continua.
Nel caso in cui sono misurate alla condizione di carico 1 diverse uscite fisiche o diverse tensioni di uscita, si pubblicano le serie di «tensione di uscita» - «corrente di uscita» - «potenza di uscita» disponibili.
Corrente di uscita
X,X
A
Corrente di uscita nominale
Nel caso in cui sono misurate alla condizione di carico 1 diverse uscite fisiche o diverse tensioni di uscita, si pubblicano le serie di «tensione di uscita» - «corrente di uscita» - «potenza di uscita» disponibili.
Potenza di uscita
X,X
W
Potenza nominale di uscita
Nel caso in cui sono misurate alla condizione di carico 1 diverse uscite fisiche o diverse tensioni di uscita, si pubblicano le serie di «tensione di uscita» - «corrente di uscita» - «potenza di uscita» disponibili.
Rendimento medio in modo attivo
X,X
%
Dichiarato dal fabbricate sulla base del valore calcolato come media aritmetica del rendimento nelle condizioni di carico 1-4.
Nei casi in cui è dichiarato più di un rendimento medio in modo attivo per tensioni di uscita multiple alla condizione di carico 1, il valore pubblicato è il rendimento medio in modo attivo dichiarato per la tensione di uscita più bassa.
Rendimento a basso carico (10 %)
X,X
%
Dichiarato dal fabbricate sulla base del valore calcolato nella condizione di carico 5.
Gli alimentatori esterni a potenza di uscita nominale uguale o inferiore a 10 W sono esentati dalla specifica.
Nei casi in cui è dichiarato più di un rendimento medio in modo attivo per tensioni di uscita multiple alla condizione di carico 1, il valore pubblicato è quello dichiarato per la tensione di uscita più bassa.
Potenza assorbita nella condizione a vuoto
X,XX
W
Dichiarata dal fabbricate sulla base del valore misurato nella condizione di carico 6.
Le rispettive condizioni di carico sono:
Percentuale della corrente nominale di uscita
Condizione di carico 1
100 % ± 2 %
Condizione di carico 2
75 % ± 2 %
Condizione di carico 3
50 % ± 2 %
Condizione di carico 4
25 % ± 2 %
Condizione di carico 5
10 % ± 1 %
Condizione di carico 6
0 % (condizione a vuoto)
c)
A decorrere dal 1o aprile 2020, ai fini della valutazione di conformità di cui all’articolo 4, la documentazione tecnica contiene i seguenti elementi:
(1)
per gli alimentatori esterni a potenza di uscita nominale superiore a 10 watt:
Valore indicato
Descrizione
Valore quadratico medio corrente di uscita (mA)
Misurato nelle condizioni di carico 1-5
Valore quadratico medio tensione di uscita (V)
Potenza di uscita modo attivo (W)
Valore quadratico medio tensione di ingresso (V)
Misurato nelle condizioni di carico 1-6
Valore quadratico medio potenza di ingresso (W)
Distorsione armonica totale della corrente di ingresso
Fattore di potenza reale
Potenza assorbita (W)
Calcolata nelle condizioni di carico 1-5, misurata nella condizione di carico 6
Rendimento in modo attivo
Misurato nelle condizioni di carico 1-5
Rendimento medio in modo attivo
MEDIA aritmetica del rendimento nelle condizioni di carico 1-4
Nel caso in cui sono misurate diverse uscite fisiche o diverse tensioni di uscita alla condizione di carico 1, per ciascuna misurazione sono specificati i rispettivi valori indicati.
Le rispettive condizioni di carico sono illustrate al punto 2, lettera b);
(2)
per gli alimentatori esterni a potenza di uscita nominale pari o inferiore a 10 watt:
Valore indicato
Descrizione
Valore quadratico medio corrente di uscita (mA)
Misurato nelle condizioni di carico 1-4
Valore quadratico medio tensione di uscita (V)
Potenza di uscita modo attivo (W)
Valore quadratico medio tensione di ingresso (V)
Misurato nelle condizioni di carico 1-4 e 6
Valore quadratico medio potenza di ingresso (W)
Distorsione armonica totale della corrente di ingresso
Fattore di potenza reale
Potenza assorbita (W)
Calcolata nelle condizioni di carico 1-4, misurata nella condizione di carico 6
Rendimento in modo attivo
Misurato nelle condizioni di carico 1-4
Rendimento medio in modo attivo
MEDIA aritmetica del rendimento nelle condizioni di carico 1-4
Nel caso in cui sono misurate diverse uscite fisiche o diverse tensioni di uscita alla condizione di carico 1, per ciascuna misurazione sono specificati i rispettivi valori indicati.
Le rispettive condizioni di carico sono illustrate al punto 2, lettera b).
3. Misurazioni e calcoli
Ai fini della conformità e della verifica della conformità alle specifiche del presente regolamento, le misurazioni e i calcoli sono effettuati secondo le norme armonizzate i cui numeri di riferimento sono stati pubblicati a tal fine nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea o secondo altri metodi affidabili, accurati e riproducibili che tengano conto dei metodi più avanzati generalmente riconosciuti.
ALLEGATO III
Procedura di verifica a fini della sorveglianza del mercato
Le tolleranze ammesse ai fini della verifica definite nel presente allegato si applicano esclusivamente alla verifica dei parametri misurati eseguita dalle autorità dello Stato membro e non devono essere utilizzate dal fabbricante, dall’importatore o dal mandatario come tolleranze ammesse per definire i valori da includere nella documentazione tecnica o per interpretare tali valori al fine di conseguire la conformità o di dichiarare prestazioni migliori.
Per verificare la conformità di un modello di prodotto alle specifiche stabilite nel presente regolamento a norma dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/125/CE, per le specifiche di cui al presente allegato, le autorità degli Stati membri applicano la procedura descritta di seguito.
1.
Le autorità dello Stato membro verificano una singola unità del modello.
2.
Il modello si considera conforme alle specifiche applicabili se:
a)
i valori riportati nella documentazione tecnica a norma dell’allegato IV, punto 2, della direttiva 2009/125/CE (valori dichiarati) e, se del caso, i valori usati per calcolarli, non sono più favorevoli per il fabbricante, l’importatore o il mandatario dei risultati delle corrispondenti misurazioni effettuate a norma della lettera g) dello stesso allegato; e
b)
i valori dichiarati soddisfano le specifiche di cui al presente regolamento, e le informazioni sul prodotto necessarie pubblicate dal fabbricante, dall’importatore o dal mandatario non contengono valori più favorevoli per il fabbricante, l’importatore o il mandatario dei valori dichiarati; e
c)
quando le autorità dello Stato membro sottopongono a prova l’unità del modello, i valori determinati (i valori dei pertinenti parametri misurati nelle prove e i valori calcolati da tali misurazioni) rientrano nelle rispettive tolleranze ammesse a fini di verifica riportate nella tabella 1; e
d)
quando le autorità dello Stato membro verificano l’unità del modello, esso è conforme alle informazioni obbligatorie di cui all’allegato II; punto 2.
3.
Se non si ottiene quanto indicato al punto 2, lettera a), b) o d), il modello e tutti i modelli equivalenti sono considerati non conformi al presente regolamento.
4.
Se non si ottiene quanto indicato al punto 2, lettera c), le autorità dello Stato membro selezionano e collaudano tre unità supplementari dello stesso modello. In alternativa, le tre unità supplementari selezionate possono appartenere ad uno o più modelli equivalenti.
5.
Il modello è considerato conforme alle pertinenti specifiche se, per queste tre unità, la media aritmetica dei valori determinati rientra nelle rispettive tolleranze ammesse a fini di verifica riportate nella tabella 1.
6.
Se non si ottiene quanto indicato al punto 5, il modello e tutti i modelli equivalenti sono considerati non conformi al presente regolamento.
7.
Le autorità dello Stato membro comunicano tutte le informazioni pertinenti alle autorità degli altri Stati membri e alla Commissione subito dopo l’adozione della decisione relativa alla non conformità del modello ai sensi dei punti 3 o 6.
Le autorità dello Stato membro usano i metodi di calcolo e misurazione stabiliti nell’allegato II.
Le autorità dello Stato membro applicano esclusivamente le tolleranze ammesse a fini di verifica stabilite nella tabella 1 e si avvalgono unicamente della procedura descritta ai punti da 1 a 7 per quanto attiene alle specifiche di cui al presente allegato. Ai parametri di cui alla tabella 1 non si applicano altre tolleranze, quali quelle stabilite dalle norme armonizzate o in qualsiasi altro metodo di misurazione.
Tabella 1
Tolleranze ammesse ai fini della verifica
Parametri
Tolleranze a fini di verifica
Condizione a vuoto
Il valore determinato (*1) non supera il valore dichiarato di oltre 0,01 W.
Rendimento in modo attivo in ciascuna delle condizioni di carico applicabili
Il valore determinato (*1) non è inferiore al valore dichiarato di oltre il 5 %.
Rendimento medio in modo attivo
Il valore determinato (*1) non è inferiore al valore dichiarato di oltre il 5 %.
(*1) Nel caso delle tre unità supplementari sottoposte a prova come prescritto al punto 4, per valore determinato si intende la media aritmetica dei valori determinati per le tre unità supplementari.
ALLEGATO IV
Parametri di riferimento
Al momento dell’entrata in vigore del presente regolamento la migliore tecnologia disponibile sul mercato per gli alimentatori esterni, in termini di potenza assorbita nella condizione a vuoto e di rendimento medio in modo attivo, è stata individuata come descritto di seguito.
a)
Condizione a vuoto:
l’assorbimento più basso di potenza nella condizione a vuoto per gli alimentatori esterni può essere così approssimato:
—
0,002 watt, per PO ≤ 49,0 watt;
—
0,010 watt, per PO > 49,0 watt.
b)
Rendimento medio in modo attivo:
il miglior rendimento medio in modo attivo disponibile per gli alimentatori esterni può essere così approssimato:
—
0,767, per PO ≤ 1,0 watt;
—
0,905, per 1,0 watt < PO ≤ 49,0 watt;
—
0,962, per PO > 49,0 watt. | Requisiti per la progettazione ecocompatibile — alimentatori esterni
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Stabilisce i requisiti per la progettazione ecocompatibile* per l’immissione sul mercato o la messa in servizio di alimentatori esterni*.
PUNTI CHIAVE
Il regolamento non si applica a:convertitori di tensione;alimentatori non interrompibili;caricabatterie senza funzione di alimentazione;convertitori di dispositivi di illuminazione;alimentatori esterni per dispositivi medici;iniettori attivi per alimentazione tramite Ethernet;unità di connessione (docking station) per apparecchi autonomi;alimentatori esterni immessi sul mercato prima del 1o aprile 2025, unicamente come pezzi in riparazione o pezzi di ricambio per sostituire un alimentatore esterno identico immesso sul mercato prima del 1o aprile 2020. Le specifiche per la progettazione ecocompatibile sono riportate nell’allegato II. Il regolamento definisce la procedura di valutazione della conformità e nell’allegato II, punto 3, i metodi di misurazione e di calcolo che devono essere seguiti. Le autorità nazionali devono applicare le procedure di verifica stabilite dall’allegato III quando effettuano le verifiche di sorveglianza del mercato. L’allegato IV stabilisce parametri di riferimento indicativi per i prodotti e le tecnologie migliori disponibili sul mercato. La Commissione europea deve rivedere il regolamento alla luce dei progressi tecnologici e presentarne i risultati, compresa, se del caso, una bozza di proposta di revisione entro il 14 novembre 2022.
DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Il regolamento si applica dal 1o aprile 2020 e a decorrere da tale data abroga il regolamento (CE) n. 278/2009.
CONTESTO
La direttiva 2009/125/CE stabilisce un quadro per definire i requisiti di progettazione ecocompatibile per i prodotti connessi all’energia. La Commissione li stabilisce per i prodotti che sono ampiamente venduti e commercializzati nell’UE e che hanno un impatto ambientale significativo.
Per maggiori informazioni consultare:Alimentatori esterni — Requisiti di progettazione ecocompatibile (Commissione europea) Spiegazione delle nuove misure di progettazione ecocompatibile (Commissione europea) Informazioni sull’etichetta energetica e sulla progettazione ecocompatibile — Risparmio energetico (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Progettazione ecocompatibile: Politica per migliorare, attraverso una migliore progettazione, le prestazioni ambientali dei prodotti durante tutto il loro ciclo di vita, in particolare l’efficienza energetica.
Alimentatore esterno: il dispositivo che risponde a tutti i criteri elencati di seguito:è progettato per trasformare la corrente alternata (CA) in ingresso dall’alimentazione di rete in una o più correnti continue (CC) o alternate (CA) di tensione inferiore in uscita;è utilizzato con uno o più dispositivi separati che costituiscono il carico principale;è contenuto in un alloggiamento fisicamente separato dal o dai dispositivi che costituiscono il carico principale;è collegato al o ai dispositivi che costituiscono il carico principale tramite connessioni elettriche, cavi, fili o altri collegamenti maschio/femmina amovibili o fissi;ha una potenza di uscita nominale non superiore a 250 watt; eè destinato all’uso con apparecchi elettrici ed elettronici domestici e da ufficio di cui all’allegato I.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE) 2019/1782 della Commissione, del 1o ottobre 2019, che stabilisce specifiche per la progettazione ecocompatibile degli alimentatori esterni in applicazione della direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga il regolamento (CE) n. 278/2009 della Commissione (GU L 272 del 25.10.2019, pag. 95).
DOCUMENTI CORRELATI
Direttiva 2009/125/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativa all’istituzione di un quadro per l’elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all’energia (GU L 285 del 31.10.2009, pag. 10).
Le successive modifiche alla direttiva 2009/125/CE sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. | 11,296 | 16 |
31998F0699 | false | 98/699/GAI: Azione comune del 3 dicembre 1998 sul riciclaggio di denaro e sull'individuazione, il rintracciamento, il congelamento o sequestro e la confisca degli strumenti e dei proventi di reato adottata dal Consiglio in base all'articolo K.3 del trattato sull'Unione europea
Gazzetta ufficiale n. L 333 del 09/12/1998 pag. 0001 - 0003
AZIONE COMUNE del 3 dicembre 1998 sul riciclaggio di denaro e sull'individuazione, il rintracciamento, il congelamento o sequestro e la confisca degli strumenti e dei proventi di reato adottata dal Consiglio in base all'articolo K.3 del trattato sull'Unione europea (98/699/GAI)IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo K.3, paragrafo 2, lettera b),vista l'iniziativa del Regno Unito,visto il piano d'azione del Gruppo ad alto livello «Criminalità organizzata» approvato dal Consiglio europeo di Amsterdam del 16-17 giugno 1997 e, in particolare, la raccomandazione n. 26, lettera b), riguardante il potenziamento della ricerca e del sequestro dei proventi di reato,visto il parere formulato dal Parlamento europeo in seguito alla consultazione effettuata dalla presidenza a norma dell'articolo K.6 del trattato sull'Unione europea,viste l'azione comune del 5 dicembre 1997, che istituisce un meccanismo di valutazione dell'applicazione e dell'attuazione a livello nazionale degli impegni internazionali in materia di lotta contro la criminalità organizzata (1), nonché quella del 19 marzo 1998, che stabilisce un programma di scambi, di formazione e di cooperazione destinato alle persone responsabili della lotta contro la criminalità organizzata (programma Falcone) (2),considerando l'adesione degli Stati membri ai principi della convenzione del Consiglio d'Europa del 1990 sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato,vista la proposta di azione comune relativa alla punibilità della partecipazione a un'organizzazione criminale negli Stati membri dell'Unione europea, con particolare riguardo ai reati contemplati nella presente azione comune,considerando le disposizioni della direttiva 91/308/CEE del Consiglio, del 10 giugno 1991, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite (3), nonché le quaranta raccomandazioni contro il riciclaggio dei capitali come formulate dal gruppo di azione finanziaria internazionale sul riciclaggio dei capitali (FATF) nel 1996, in particolare la raccomandazione n. 4,vista l'azione comune del 17 dicembre 1996 relativa al ravvicinamento delle legislazioni e delle prassi degli Stati membri dell'Unione europea ai fini della lotta contro la tossicodipendenza e della prevenzione e lotta contro il traffico illecito di droga (4),tenendo a mente l'obiettivo comune di migliorare il coordinamento tra le autorità incaricate dell'applicazione della legge,rammentando l'azione comune che istituisce una rete giudiziaria europea, adottata dal Consiglio il 29 giugno 1998 (5),considerando che il potenziale di smantellamento delle attività criminali della criminalità organizzata viene considerevolmente migliorato da una più efficace cooperazione tra gli Stati membri nell'individuazione, il rintracciamento, il congelamento o sequestro e la confisca dei proventi di reato;considerando che prassi reciprocamente compatibili stanno rendendo più efficiente la cooperazione europea in materia di individuazione, rintracciamento, congelamento o sequestro e confisca dei proventi di reato;considerando che la raccomandazione n. 16 del piano d'azione del 28 aprile 1997 contro la criminalità organizzata ha sottolineato la necessità di accelerare le procedure di cooperazione giudiziaria nei settori connessi alla criminalità organizzata e di ridurre considerevolmente i termini di trasmissione e di risposta alle richieste;considerando l'adesione degli Stati membri alla convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 1959;alla luce della convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope del 1988 e della sessione straordinaria dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite in materia di droga del 1998;riconoscendo i risultati del seminario di Dublino del 1996 sulla confisca dei beni per quanto riguarda l'individuazione degli ostacoli ad un'efficace cooperazione;fermo restando che le forme di cooperazione indicate nella presente azione comune non pregiudicano altre forme di cooperazione bilaterale o multilaterale,HA ADOTTATO LA PRESENTE AZIONE COMUNE:Articolo 1 1. Al fine di potenziare l'azione efficace contro la criminalità organizzata gli Stati membri garantiscono che non sia fatta o accolta alcuna riserva sui seguenti articoli della convenzione del Consiglio d'Europa del 1990 sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato (in prosieguo denominata «la convenzione del 1990»):a) Articolo 2: se il reato è punibile con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privativa della libertà di durata massima superiore ad un anno.b) Articolo 6: se si tratta di reati gravi. Tali reati includono in ogni caso i reati punibili con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privativa della libertà di durata massima superiore ad un anno ovvero, per gli Stati il cui ordinamento giuridico prevede una soglia minima per i reati, i reati punibili con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privativa della libertà di durata minima superiore a sei mesi.La lettera a) lascia impregiudicate le riserve fatte relativamente alla confisca dei proventi derivanti da reati punibili ai sensi della legislazione fiscale.2. Ciascuno Stato membro garantisce che la sua legislazione e le sue procedure in materia di confisca dei proventi di reato gli consentano anche di confiscare la proprietà di beni per un valore corrispondente a siffatti proventi, sia nei procedimenti nazionali che in quelli avviati su richiesta di un altro Stato membro, comprese le richieste di confisca straniere. Gli Stati membri possono comunque escludere la confisca di beni per un valore corrispondente ai proventi di reato in casi non gravi. Le parole «proprietà di beni», «proventi» e «confisca» hanno un significato identico a quello di cui all'articolo 1 della convenzione del 1990.3. Ciascuno Stato membro assicura che la sua legislazione e le sue procedure interne gli consentano, su richiesta di un altro Stato membro, l'individuazione e il rintracciamento di probabili proventi di attività illecite, qualora vi sia un valido motivo di sospettare che sia stato commesso un reato. Siffatte legislazioni e procedure dovrebbero consentire di fornire assistenza nelle primissime fasi di un'investigazione e a tal fine gli Stati membri si adoperano per limitare il ricorso ai motivi facoltativi di rifiuto nei confronti di altri Stati membri di cui ai paragrafi 2 e 3 dell'articolo 18 della convenzione del 1990.Articolo 2 1. Nel quadro del funzionamento della rete giudiziaria europea, ciascuno Stato membro appronta una guida di facile uso, che indichi in che modo sia possibile ottenere informazioni e precisi il tipo di assistenza che può essere fornita al fine di individuare, rintracciare, congelare o sequestrare e confiscare gli strumenti e i proventi di reato. La guida specifica inoltre eventuali restrizioni importanti a tale assistenza e le informazioni che lo Stato richiedente dovrebbe fornire.2. Il Segretariato generale del Consiglio dell'Unione europea riceve le guide di cui al paragrafo 1 e provvede alla loro traduzione nelle lingue ufficiali della Comunità europea. Il Segretariato generale trasmette le guide agli Stati membri, alla rete giudiziaria europea e all'Europol.3. Ciascuno Stato membro assicura che la guida di cui al paragrafo 1 sia tenuta aggiornata e che eventuali modifiche siano inviate al Segretariato generale del Consiglio per essere tradotte e distribuite a norma del paragrafo 2.Articolo 3 Gli Stati membri accordano alle richieste di altri Stati membri relative all'individuazione, al rintracciamento, al congelamento o al sequestro e alla confisca dei proventi di reato la stessa priorità che accordano a tali misure nell'ambito delle procedure nazionali.Articolo 4 1. Gli Stati membri incoraggiano i contatti diretti tra inquirenti, magistrati inquirenti e pubblici ministeri avvalendosi degli accordi di cooperazione esistenti, per far sì che le richieste di assistenza per via formale siano presentate solo se necessario. Qualora occorra una richiesta formale, lo Stato richiedente provvede affinché tale richiesta sia adeguatamente elaborata e rispetti le disposizioni dello Stato richiesto.2. Laddove non sia possibile eseguire una richiesta di assistenza come previsto dallo Stato richiedente, lo Stato richiesto si adopera per soddisfarla in un modo alternativo, previa consultazione con lo Stato richiedente e nel pieno rispetto della legislazione nazionale e degli obblighi internazionali.3. Gli Stati membri presentano le richieste di assistenza non appena viene individuata la natura precisa dell'assistenza e, se la richiesta reca l'indicazione «urgente» o un termine di esecuzione, precisano i motivi dell'urgenza o il termine in questione.Articolo 5 1. Ove compatibile con la loro legislazione, gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per ridurre al minimo il rischio di dissipazione dei proventi. Tali provvedimenti comprendono le misure eventualmente necessarie per garantire che i beni oggetto di una richiesta di un altro Stato membro possano essere congelati o sequestrati tempestivamente in modo da non rendere vana una successiva richiesta di confisca.2. Qualora l'attuazione di una richiesta di assistenza giudiziaria in una zona di uno Stato membro conduca alla necessità di ulteriori indagini in un'altra zona dello stesso Stato membro, esso, compatibilmente con la propria legislazione nazionale, si adopera per assicurare l'assistenza necessaria senza che sia necessaria una lettera di richiesta in tal senso.3. Qualora l'esecuzione di una richiesta conduca alla necessità di ulteriori indagini su una questione connessa e lo Stato richiedente invii una lettera supplementare di richiesta, lo Stato richiesto, compatibilmente con la propria legislazione nazionale, si adopera per accelerare l'esecuzione di detta richiesta supplementare.Articolo 6 1. Gli Stati membri provvedono a stabilire accordi per rendere i membri dei loro organi giurisdizionali edotti delle migliori prassi di cooperazione internazionale nell'individuazione, rintracciamento, congelamento o sequestro e confisca degli strumenti e dei proventi di reato.2. Gli Stati membri assicurano un'adeguata formazione, che rispecchi le migliori prassi, a tutti gli inquirenti, compresi i magistrati inquirenti, pubblici ministeri e altri funzionari coinvolti nella cooperazione internazionale nei settori dell'individuazione, rintracciamento, congelamento o sequestro e confisca.3. La presidenza e gli Stati membri interessati, se del caso in cooperazione con la rete giudiziaria europea e l'Europol, possono organizzare seminari per i funzionari degli Stati membri e altri beneficiari interessati, volti a promuovere e a sviluppare la migliore prassi e ad incoraggiare la compatibilità delle procedure.Articolo 7 Entro la fine del 2000 il Consiglio riesamina la presente azione comune alla luce dei risultati del funzionamento dell'azione comune del 5 dicembre 1997, che istituisce un meccanismo di valutazione dell'applicazione e dell'attuazione a livello nazionale degli impegni internazionali in materia di lotta contro la criminalità organizzata.Articolo 8 1. Fatto salvo il paragrafo 2, gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie ad attuare la presente azione comune non appena entra in vigore e garantiscono che il suo contenuto sia portato a conoscenza delle pertinenti autorità nazionali e locali.2. Appropriate proposte relative all'attuazione dell'articolo 1 vengono sottoposte dagli Stati membri entro tre anni dall'entrata in vigore della presente azione comune all'esame delle autorità competenti ai fini della relativa adozione.Articolo 9 La presente azione comune è pubblicata nella Gazzetta ufficiale ed entra in vigore il giorno della sua pubblicazione.Fatto a Bruxelles, addì 3 dicembre 1998.Per il ConsiglioIl presidenteK. SCHLÖGL(1) GU L 344 del 15. 12. 1997, pag. 7.(2) GU L 99 del 31. 3. 1998, pag. 8.(3) GU L 166 del 28. 6. 1991, pag. 77.(4) GU L 342 del 31. 12. 1996, pag. 6.(5) GU L 191 del 7. 7. 1998, pag. 4. | Individuazione e confisca degli strumenti e dei proventi di reato
L'Unione europea (UE) mira a rendere più efficace la cooperazione tra i paesi dell’UE nei settori dell'individuazione, del rintracciamento, del congelamento o del sequestro e della confisca dei proventi di reato, al fine di combattere le attività illecite della criminalità organizzata.
ATTO
Azione comune 98/699/GAI, del 3 dicembre 1998, adottata dal Consiglio in base all'articolo K.3 del trattato sull'Unione europea, sul riciclaggio di denaro e l'individuazione, il rintracciamento, il congelamento o il sequestro e la confisca degli strumenti e dei proventi di reato [Cfr. atto/i modificatore/i].
SINTESI
Per migliorare la cooperazione tra i paesi dell’Unione europea (UE) nella lotta contro il crimine organizzato, la presente azione comune provvede alla preparazione, nell’ambito delle operazioni della Rete giudiziaria europea, di guide di facile uso per individuare, rintracciare, congelare o sequestrare e confiscare gli strumenti e i proventi di reato. Ciascuno Stato membro deve garantire che la propria guida sia aggiornata e contenga informazioni relative a:
dove ottenere assistenza;
il tipo di assistenza che è pronto a fornire e le eventuali restrizioni;
le informazioni che è tenuto a fornire un paese che chiede assistenza.
Le guide devono essere inviate al Segretariato generale del Consiglio che provvede a tradurle e a distribuirle ai paesi dell’UE, alla rete giudiziaria europea e ad Europol.
I paesi dell’UE promuovono i contatti diretti attraverso gli attuali accordi di cooperazione tra i loro inquirenti, i magistrati inquirenti e i pubblici ministeri degli Stati membri per far sì che le richieste di assistenza per via formale siano presentate solo se necessario.
Per presentare una richiesta di assistenza in via formale, il paese dell’UE richiedente deve individuare la natura precisa dell'assistenza di cui necessita. La richiesta di assistenza deve essere adeguatamente elaborata e deve rispettare le disposizioni che il paese dell’UE oggetto della richiesta ha stabilito per tali richieste. Se la richiesta reca l'indicazione «urgente», il paese richiedente devono precisare i motivi dell'urgenza. Se il paese richiesto non può eseguire la richiesta di assistenza in un modo previsto dal paese richiedente, esso deve consultare il paese richiedente e cercare di eseguire la richiesta in un modo alternativo.
I paesi dell’UE si adoperano affinché la loro amministrazione giudiziaria sia resa edotta sulle migliori prassi di cooperazione internazionale in materia di individuazione, rintracciamento, congelamento o sequestro e confisca degli strumenti e dei proventi di reato e per assicurare un'adeguata formazione a tutti i funzionari coinvolti nella cooperazione internazionale in tali settori.
Riferimenti
Atto
Data di entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Azione comune 98/699/GAI
9.12.1998
-
GU L 333, 9.12.1998
Atto/i modificatore/i
Data di entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Decisione quadro 2001/500/GAI
5.7.2001
31.12.2002
GU L182, 5.7.2001
Le modifiche e correzioni successive all’azione comune 98/699/GAI sono state integrate nel testo di base. Questa versione consolidata ha solo valore documentale.
ATTI CONNESSI
Decisione quadro 2005/212/GAI del Consiglio, del 24 febbraio 2005, relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato [Gazzetta ufficiale L 68 del 15.3.2005].
La decisione quadro è destinata ad integrare il dispositivo previsto dalla decisione quadro 2001/500/JHA relativa al riciclaggio, individuazione, rintracciamento, congelamento o sequestro e confisca degli strumenti e dei proventi di reato. Obbliga ciascuno paese dell’UE ad adottare le misure necessarie per consentire la confisca di strumenti e di prodotti, o parti di essi, provenienti da reati penali che sono punibili con una pena privativa della libertà di durata superiore a un anno oppure di beni di valore equivalente a questi.
Per quanto riguarda i reati fiscali, i paesi dell’UE possono servirsi di procedimenti non penali per privare l'autore dei proventi di tali reati. La decisione quadro mira a garantire che tutti i paesi dell’UE dispongano di una normativa efficace in materia di confisca dei proventi di reato, in particolare per quanto concerne l'onere della prova relativamente all'origine dei beni detenuti da una persona riconosciuta colpevole di un reato legato alla criminalità organizzata. | 5,262 | 519 |
21988A1031(02) | false | Protocollo di Montreal relativo a sostanze che riducono lo strato di ozono - Dichiarazione della Comunità economica europea
Gazzetta ufficiale n. L 297 del 31/10/1988 pag. 0021 - 0028 edizione speciale finlandese: capitolo 11 tomo 14 pag. 0159 edizione speciale svedese/ capitolo 11 tomo 14 pag. 0159
PROTOCOLLO DI MONTREAL RELATIVO A SOSTANZE CHE RIDUCONO LO STRATO DI OZONO LE PARTI DEL PRESENTE PROTOCOLLO,ESSENDO parti della convenzione di Vienna per la protezione dello strato di ozono,CONSAPEVOLI del loro obbligo convenzionale di adottare le misure adeguate per proteggere la salute dell'uomo e l'ambiente contro gli effetti nefasti che derivano o rischiano di derivare dalle attività umane che modificano o rischiano di modificare lo strato di ozono,RICONOSCENDO che le emissioni su scala mondiale di talune sostanze possano ridurre in modo significativo e modificare altrimenti lo strato di ozono in un modo che rischia di avere effetti nefasti sulla salute dell'uomo e sull'ambiente,ESSENDO A CONOSCENZA dei possibili effetti climatici dell'emissione di queste sostanze,CONSAPEVOLI che le misure intese a proteggere lo strato di ozono contro il rischio di riduzione, dovrebbero essere basate su conoscenze scientifiche pertinenti, tenuto conto di considerazioni tecniche ed economiche,DECISE a proteggere lo strato di ozono, prendendo misure di precauzione per disciplinare in modo equo il volume mondiale e totale delle emissioni di sostanze che lo riducono, l'obiettivo finale essendo di eliminarle in funzione dell'evoluzione delle conoscenze scientifiche e tenuto conto di considerazioni tecniche ed economiche,RICONOSCENDO che è necessaria una disposizione particolare per soddisfare alle esigenze dei paesi in via di sviluppo, per quanto riguarda queste sostanze,CONSTATANDO che misure di precauzione sono già state prese a livello nazionale e regionale, per disciplinare le emissioni di taluni clorofluorocarburi,CONSIDERANDO che è opportuno promuovere una cooperazione internazionale in materia di ricerca e di sviluppo nelle scienze e nelle tecniche per la regolamentazione e la riduzione delle emissioni di sostanze che riducono lo strato di ozono, tenendo conto in particolare delle esigenze dei paesi in via di sviluppo,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:Articolo 1DefinizioniAi fini del presente protocollo,1. per «convenzione» si intende la convenzione di Vienna per la protezione dello strato di ozono, adottata il 22 marzo 1985;2. per «parti» si intendono le parti del presente protocollo, a meno che dal contesto risultino altre interpretazioni;3. per «segretariato» si intende il segretariato della convenzione;4. per «sostanza oggetto della presente regolamentazione» si intende una sostanza inclusa nell'allegato A del presente protocollo, sia che si presenti isolatamente o in una miscela. La definizione esclude tuttavia qualsiasi sostanza di tale elenco, che si trovi in un prodotto manufatto che non sia un contenitore utilizzato per il trasporto o l'immagazzinamento della sostanza inclusa nell'allegato;5. per «produzione» si intende la quantità di sostanze prodotte che sono oggetto della presente regolamentazione, dedotta la quantità distrutta per mezzo di tecniche che saranno approvate dalle parti;6. per «consumo» si intende la produzione aumentata delle importazioni, dedotte le esportazioni di sostanze oggetto della presente regolamentazione;7. per «livelli calcolati» della produzione, delle importazioni, delle esportazioni e del consumo si intendono i livelli stabiliti in conformità dell'articolo 3;8. per «razionalizzazione industriale» si intende il trasferimento di tutto o parte del livello calcolato di produzione da una parte a un'altra, al fine di ottenere il migliore rendimento economico o soddisfare ad esigenze previste in caso di insufficienze dell'approvvigionamento, causate dalla chiusura di imprese.Articolo 2Misure di regolamentazione1. Durante il periodo di dodici mesi che inizia il primo giorno del settimo mese successivo alla data di entrata invigore del presente protocollo, e successivamente durante ogni periodo di dodici mesi, ciascuna delle parti vigila affinché il suo livello calcolato di consumo delle sostanze incluse nel gruppo I dell'allegato A non superi il suo livello calcolato di consumo del 1986. Alla fine dello stesso periodo, ciascuna parte che produce una o più di queste sostanze vigila affinché il suo livello calcolato di produzione di dette sostanze non superi il suo livello calcolato di produzione del 1986; tuttavia questo livello può essere aumentato del 10 % al massimo rispetto al livello del 1986. Questi aumenti sono autorizzati soltanto per soddisfare le esigenze interne fondamentali delle parti, di cui all'articolo 5, e per fini di razionalizzazione industriale tra le parti.2. Durante il periodo di dodici mesi che inizia il primo giorno del trentasettesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del presente protocollo, e successivamente durante ogni periodo di dodici mesi, ciascuna delle parti vigila affinché il suo livello calcolato di consumo delle sostanze incluse nel gruppo II dell'allegato A non superi il suo livello calcolato di consumo del 1986. Ciascuna parte che produce una o varie di queste sostanze vigila affinché il suo livello calcolato di produzione di dette sostanze non superi il suo livello calcolato di produzione del 1986; tuttavia può aumentare la sua produzione del 10 % al massimo rispetto al livello del 1986. Questo aumento è autorizzato soltanto per soddisfare le esigenze interne fondamentali delle parti di cui all'articolo 5 e per fini di razionalizzazione industriale tra le parti. I meccanismi di applicazione delle presenti misure sono decisi dalle parti durante la loro prima riunione successiva al primo esame scientifico.3. Durante il periodo compreso tra il 1g luglio 1993 e il 30 giugno 1994 e successivamente durante ogni periodo di dodici mesi, ciascuna delle parti vigila affinché il suo livello calcolato di consumo delle sostanze incluse nel gruppo I dell'allegato A non superi annualmente l'80 % del suo livello calcolato di consumo del 1986. Ogni parte che produce una o più di queste sostanze vigila, durante gli stessi periodi, affinché il suo livello calcolato di produzione di queste sostanze non superi annualmente l'80 % del suo livello calcolato di produzione del 1986. Tuttavia per soddisfare alle esigenze interne fondamentali delle parti di cui all'articolo 5 e per fini di razionalizzazione industriale tra le parti, il suo livello calcolato di produzione può superare questo limite al massimo del 10 % del suo livello calcolato di produzione del 1986.4. Durante il periodo compreso tra il 1g luglio 1988 e il 30 giugno 1999 e successivamente durante ogni periodo di dodici mesi, ciascuna delle parti vigila affinché il suo livello calcolato di consumo delle sostanze incluse nel gruppo I dell'allegato A non superi annualmente il 50 % del suo livello calcolato di consumo del 1986. Ciascuna parte che produce una o più di queste sostanze vigila, durante gli stessi periodi, affinché il suo livello calcolato di produzione di queste sostanze non superi annualmente il 50 % del suo livello calcolato di produzione del 1986. Tuttavia per soddisfare alle esigenze interne fondamentali delle parti di cui all'articolo 5 e per fini di razionalizzazione industriale tra le parti, il suo livello calcolato di produzione può superare questo limite al massimo del 15 % del suo livello calcolato di produzionedel 1986. Le disposizioni del presente paragrafo si applicano, salvo decisione contraria delle parti, adottata in riunione a maggioranza di due terzi delle parti presenti e votanti, che rappresentino almeno i due terzi del livello calcolato totale di consumo delle parti per queste sostanze. Questa decisione è esaminata e adottata tenendo conto delle valutazioni di cui all'articolo 6.5. Qualsiasi parte, il cui livello calcolato di produzione del 1986 per le sostanze incluse nel gruppo I dell'allegato A era inferiore a 25 chilotonnellate, può trasferire, per fini di razionalizzazione industriale, a qualsiasi altra parte o ricevere da qualsiasi altra parte l'eccedente di produzione rispetto ai limiti fissati nei paragrafi 1, 3 e 4, a condizione che il totale combinato dei livelli calcolati di produzione delle parti in causa non superi i limiti di produzione fissati nel presente articolo. In simile caso il segretariato è informato di qualsiasi trasferimento di produzione, al più tardi entro la data del trasferimento.6. Se una parte, cui non si applica l'articolo 5, ha iniziato prima del 16 settembre 1987 la costruzione di impianti di produzione di sostanze oggetto della presente regolamentazione, o se prima di questa data ha concluso contratti per la costruzione di tali impianti e se questa costruzione era prevista nella legislazione nazionale prima del 1g gennaio 1987, questa parte può aggiungere la produzione di tali impianti alla sua produzione di queste sostanze nel 1986, al fine di stabilire il suo livello di produzione del 1986, a condizione che la costruzione di detti impianti sia terminata entro il 31 dicembre 1990 e detta produzione non aumenti più di 0,5 kg per abitante il livello calcolato di consumo annuo di detta parte, per quanto riguarda le sostanze oggetto della presente regolamentazione.7. Qualsiasi trasferimento di produzione, a norma del paragrafo 5 o qualsiasi aggiunta alla produzione a norma del paragrafo 6, è notificata al segretariato al più tardi entro la data del trasferimento o dell'aggiunta.8. a) Tutte le parti che sono Stati membri di un'organizzazione regionale d'integrazione economica secondo la definizione del paragrafo 6 dell'articolo 1 della convenzione, possono convenire che soddisferanno congiuntamente i loro obblighi relativi al consumo a norma del presente articolo, a condizione che il loro livello calcolato totale combinato di consumo non superi i livelli prescritti dal presente articolo.b) Le parti di un simile accordo informano il segretariato delle condizioni di questo accordo prima della data di riduzione di consumo, che costituisce oggetto di questo accordo.c) Un simile accordo entra in vigore soltanto se tutti gli Stati membri dell'organizzazione regionale di integrazione economica e la stessa organizzazione in causa sono parti del protocollo e hanno informato il segretariato del loro metodo di attuazione.9. a) Basandosi su valutazioni compiute in applicazione dell'articolo 6, le parti possono decidere:ii) se è opportuno modificare i valori calcolati del potenziale di riduzione dell'ozono riportati nell'allegato A e, in caso affermativo, quali dovrebbero essere le modifiche da apportare;ii) se è opportuno applicare altre modifiche e riduzioni dei livelli di produzione e di consumo delle sostanze oggetto della presente regolamentazione rispetto ai livelli del 1986 e, in caso affermativo, determinare quali dovrebbero essere la portata, il valore e lo scadenzario di queste varie modifiche e riduzioni.b) Il segretariato comunica alle parti le proposte concernenti queste modifiche almeno sei mesi prima della riunione delle parti, alla quale saranno presentate dette proposte per adozione.c) Le parti cercano in ogni modo di adottare decisioni per consenso. Se, nonostante tutti i loro sforzi, non riescono a pervenire ad un consenso e un accordo, le parti adottano in ultima istanza le loro decisioni a maggioranza di due terzi delle parti presenti e votanti che rappresentano almeno il 50 % del consumo totale delle sostanze oggetto della presente regolamentazione, effettuato dalle parti.d) Le decisioni vincolano tutte le parti e sono comunicate senza indugio alle parti da parte del depositario. Salvo disposizione contraria riportata nel testo, le decisioni entrano in vigore al termine di un periodo di sei mesi, calcolato a decorrere dalla data della comunicazione effettuata dal depositario.10. a) Basandosi sulle valutazioni effettuate in applicazione dell'articolo 6 del presente protocollo e in conformità della procedura prevista dall'articolo 9 della convenzione, le parti possono decidere:ii) se talune sostanze devono essere aggiunte a ciascun allegato del presente protocollo o esserne cancellate e, eventualmente, di quali sostanze si tratta;ii) del meccanismo, della portata e dello scadenzario d'applicazione delle misure di regolamentazione, che dovrebbero riguardare queste sostanze.b) Qualsiasi decisione di questo genere entra in vigore, a condizione che sia approvata a maggioranza dei due terzi delle parti presenti e votanti.11. Nonostante le disposizioni del presente articolo le parti possono adottare misure più rigorose di quelle prescritte.Articolo 3Calcolo dei livelli delle sostanze oggetto della presente regolamentazioneAi fini degli articoli 2 e 5, ciascuna delle parti determina, per ciascun gruppo di sostanze dell'allegato A, i livelli calcolati:a) della sua produzione:ii) moltiplicando la quantità annua di ciascuna delle sostanze oggetto della presente regolamentazione che produce per il potenziale di riduzione dello strato di ozono, specificato nell'allegato A per questa sostanza;ii) sommando i risultati ottenuti per ciascuno di questi gruppi;b) delle sue importazioni e esportazioni applicando, mutatis mutandis, la procedura definita al paragrafo a);c) del suo consumo, sommando i livelli calcolati della sua produzione e delle sue importazioni e sottraendo il livello calcolato delle sue esportazioni, determinato in conformità dei paragrafi a) e b). Tuttavia a decorrere dal 1g gennaio 1993 nessuna esportazione di sostanze oggetto della presente regolamentazione verso Stati che non sono parti sarà sottratta dal calcolo del livello di consumo della parte esportatrice.Articolo 4Regolamentazione degli scambi commerciali con gli stati non parti del protocollo1. Nel termine di un anno a decorrere dall'entrata in vigore del presente protocollo, ciascuna delle parti vieta l'importazione di sostanze oggetto della presente regolamentazione in provenienza da qualsiasi Stato che non sia parte del presente protocollo.2. A decorrere dal 1g gennaio 1993, le parti di cui al paragrafo 1 dell'articolo 5 non devono più esportare sostanze oggetto della presente regolamentazione verso gli Stati che non sono parti del presente protocollo.3. In un termine di tre anni a decorrere dall'entrata in vigore del presente protocollo le parti stabiliscono in un allegato un elenco dei prodotti contenenti sostanze oggetto della presente regolamentazione, in conformità delle procedure specificate dall'articolo 10 della convenzione. Le parti che non si sono opposte, in conformità di queste procedure, vietano nel termine di un anno a decorrere dall'entrata in vigore dell'allegato l'importazione di questi prodotti in provenienza da qualsiasi Stato non parte del presente protocollo.4. In un termine di cinque anni a decorrere dall'entrata in vigore del presente protocollo, le parti decidono della possibilità di vietare o limitare le importazioni, a partire da qualsiasi Stato non parte del presente protocollo, di prodotti fabbricati mediante sostanze oggetto della presente regolamentazione, ma che non contengono queste sostanze. Se questa possibilità è riconosciuta, le parti stabiliscono in un allegato un elenco di detti prodotti, seguendo le procedure dell'articolo 10 della convenzione.Le parti che non si sono opposte in conformità di queste procedure, vietano o limitano, entro il termine di un anno a decorrere dalla data di entrata in vigore dell'allegato, l'importazione di questi prodotti in provenienza da qualsiasi Stato non parte del presente protocollo.5. Ciascuna delle parti scoraggia l'esportazione di tecniche di produzione o di utilizzazione di sostanze oggetto della presente regolamentazione verso qualsiasi Stato non parte del presente protocollo.6. Ciascuna delle parti si astiene dal fornire sovvenzioni, aiuti, crediti, garanzie o programmi supplementari di assicurazione per l'esportazione, verso gli Stati non parti del presente protocollo, di prodotti, attrezzature, impianti o tecniche tali da facilitare la produzione di sostanze oggetto della presente regolamentazione.7. Le disposizioni dei paragrafi 5 e 6 non si applicano ai prodotti, alle attrezzature, agli impianti o alle tecniche che servono a migliorare il confinamento, il recupero, riciclo o la distruzione delle sostanze oggetto della presente regolamentazione, a promuovere la produzione di sostanze sostitutive o a contribuire mediante altri mezzi alla riduzione delle emissioni di sostanze oggetto della presente regolamentazione.8. Nonostante le disposizioni del presente articolo, le importazioni di cui ai paragrafi 1, 3 e 4 in provenienza da uno Stato che non è parte del presente protocollo, possono essere autorizzate se le parti determinano in riunione che detto Stato si conforma interamente alle disposizioni dell'articolo 2 e del presente articolo e se tale Stato ha comunicato informazioni a tal fine, come previsto dall'articolo 7.Articolo 5Situazione particolare dei paesi in via di sviluppo1. Per poter soddisfare al suo fabbisogno interno fondamentale, qualsiasi parte che è un paese in via di sviluppo il cui livello calcolato annuo di consumo delle sostanze oggetto della presente regolamentazione è inferiore a 0,3 kg per abitante alla data di entrata in vigore del protocollo per quanto la riguarda, o a qualsiasi data successiva nei dieci anni successivi alla data di entrata in vigore del protocollo, è autorizzata a soprassedere per dieci anni, a decorrere dall'anno specificato nei paragrafi da 1 a 4 dell'articolo 2, all'applicazione delle misure di regolamentazione in esso enunciate. Tuttavia il suo livello annuo calcolato di consumo non deve superare 0,3 kg per abitante. Detta parte è autorizzata a utilizzare la media del suo livello calcolato annuo di consumo per il periodo dal 1995 al 1997 incluso, oppure un livello calcolato di consumo di 0,3 kg per abitante, se quest'ultimo dato è il meno elevato dei due, come base per l'applicazione delle misure di regolamentazione.2. Le parti si impegnano a facilitare alle parti che sono paesi in via di sviluppo l'accesso a sostanze e a tecniche sostitutive non nocive per l'ambiente e ad aiutarle ad utilizzare al più presto queste sostanze tecniche.3. Le parti si impegnano a facilitare mediante trattative bilaterali o multilaterali, la concessione di sovvenzioni, aiuti, crediti, garanzie o programmi di assicurazione alle parti che sono paesi in via di sviluppo, affinché possano ricorrere ad altre tecniche e a prodotti sostitutivi.Articolo 6Valutazione e esame delle misure di regolamentazioneA decorrere dal 1990 e almeno ogni quattro anni in seguito, le parti determinano l'efficacia delle misure di regolamentazione enunciate nell'articolo 2 basandosi sui dati scientifici, ecologici, tecnici ed economici di cui dispongono. Un anno almeno prima di ciascuna valutazione, le parti riuniscono i gruppi necessari di esperti qualificati nei settori menzionati, di cui stabiliscono la composizione ed il mandato. Entro il termine di un anno a decorrere dalla data della loro istituzione, detti gruppi comunicano le loro conclusioni alle parti tramite il segretariato.Articolo 7Comunicazione dei dati1. Ogni parte comunica al segretariato, entro un termine di tre mesi a decorrere dalla data alla quale ha aderito al protocollo, i dati statistici concernenti la sua produzione, le sue importazioni, le sue esportazioni di ciascuna delle sostanze oggetto della presente regolamentazione per l'anno 1986, oppure le migliori stime possibili, qualora non disponga dei dati propriamente detti.2. Ciascuna parte comunica al segretariato i dati statistici sulla sua produzione annua (i quantitativi distrutti con tecniche che saranno approvate dalle parti, costituiscono oggetto di dati separati), sulle sue importazioni e sulle sue esportazioni di queste sostanze verso Stati rispettivamente parti e non parti per l'anno nel corso del quale è diventata parte e per ciascuno degli anni successivi. Essa comunica questi dati entro un termine massimo di nove mesi a decorrere dalla fine dell'anno al quale i dati si riferiscono.Articolo 8Non conformitàDurante la loro prima riunione le parti esaminano e approvano procedure e meccanismi istituzionali per stabilire la non conformità con le disposizioni del presente protocollo e le misure da adottare nei confronti delle parti contravventrici.Articolo 9Ricerca, sviluppo, sensibilizzazione del pubblico e scambio di informazioni1. Le parti collaborano, in conformità delle proprie leggi, regolamenti e prassi, e tenendo conto in particolare delle esigenze dei paesi in via di sviluppo, al fine di promuovere, direttamente e tramite organismi internazionali competenti, attività di ricerca e sviluppo e scambio di informazioni su quanto segue:a) tecniche più adatte a migliorare il confinamento, il recupero, il riciclo o la distruzione delle sostanze oggetto della presente regolamentazione o a ridurre mediante altri mezzi le emissioni di queste sostanze;b) prodotti che potrebbero sostituire le sostanze oggetto della presente regolamentazione, prodotti che contengono queste sostanze, prodotti fabbricati mediante queste sostanze;c) costi e vantaggi delle pertinenti strategie di regolamentazione.2. Le parti collaborano individualmente, congiuntamente o tramite organismi internazionali competenti, al fine di sensibilizzare il pubblico agli effetti sull'ambiente delle emissioni di sostanze oggetto della presente regolamentazione e di altre sostanze che riducono lo strato di ozono.3. In un termine di due anni a decorrere dall'entrata in vigore del presente protocollo e successivamente ogni due anni, ciascuna parte presenta al segretariato un resoconto delle attività che ha svolto in applicazione del presente articolo.Articolo 10Assistenza tecnica1. Nel quadro delle disposizioni dell'articolo 4 della convenzione, le parti contraenti cooperano alla promozione dell'assistenza tecnica destinata a facilitare l'adesione al presente protocollo e alla sua applicazione, tenendo conto in particolare delle esigenze dei paesi in via di sviluppo.2. Qualsiasi parte del presente protocollo o qualsiasi firmatario del presente protocollo può presentare al segretariato una richiesta di assistenza tecnica per applicarne le disposizioni o per parteciparvi.3. Alla loro prima riunione, le parti iniziano un dibattito sui mezzi che permettono di adempiere agli obblighi enunciati nell'articolo 9 e nei paragrafi 1 e 2 del presente articolo, ivi compresa la preparazione di piani di lavoro. In questi piani di lavoro si terrà conto in modo particolare delle esigenze e delle realtà dei paesi in via di sviluppo. I paesi e le organizzazioni regionali di integrazione economica che non sono parti del presente protocollo, dovrebbero essere incoraggiati a prendere parte alle attività specificate nei piani di lavoro.Articolo 11Riunioni delle parti1. Le parti tengono riunioni ad intervalli regolari. Il segretariato convoca la prima riunione delle parti al più tardi entro un anno dall'entrata in vigore del presente protocollo e in occasione di una riunione della conferenza delle parti della convenzione, se quest'ultima riunione è prevista durante questo periodo.2. A meno che le parti decidano diversamente, le successive riunioni ordinarie si svolgono in occasione delle riunioni della conferenza delle parti della convenzione. Le parti tengono riunioni straordinarie in qualsiasi altro momento in cui una riunione delle parti lo giudichi necessario o su richiesta scritta di una qualsiasi di esse, a condizione che la richiesta sia approvata da almeno un terzo delle parti entro i sei mesi successivi alla data in cui è stata loro comunicata dal segretariato.3. Alla loro prima riunione, le parti:a) adottano per consenso il regolamento interno delle loro riunioni;b) adottano per consenso le norme finanziarie previste al paragrafo 2 dell'articolo 13;c) istituiscono i gruppi di esperti menzionati all'articolo 6 e ne precisano il mandato;d) esaminano e approvano le procedure e i meccanismi istituzionali specificati all'articolo 8;e) cominciano a stabilire piani di lavoro conformemente al paragrafo 3 dell'articolo 10.4. Le riunioni delle parti hanno come oggetto le seguenti funzioni:a) passare in esame l'applicazione del presente protocollo;b) decidere modifiche o riduzioni, previste dal paragrafo 9 dell'articolo 12;c) decidere le sostanze da includere, aggiungere o cancellare negli allegati e le connesse misure di regolamentazione in conformità del paragrafo 10 dell'articolo 2;d) stabilire, se opportuno, linee direttive o procedure concernenti la comunicazione delle informazioni in applicazione dell'articolo 7 e del paragrafo 3 dell'articolo 9;e) esaminare le richieste di assistenza tecnica presentate in virtù del paragrafo 2 dell'articolo 10;f) esaminare le relazioni elaborate dal segretariato in applicazione della lettera c) dell'articolo 12;g) valutare, in applicazione dell'articolo 6, le misure di regolamentazione previste dall'articolo 2;h) esaminare e adottare, secondo le esigenze, le proposte di modifica del presente protocollo o di uno degli allegati oppure le proposte di aggiunta di un nuovo allegato;i) esaminare e adottare il bilancio per l'applicazione del presente protocollo;j) esaminare e prendere qualsiasi misura supplementare che può essere necessaria per raggiungere gli obiettivi del presente protocollo.5. L'Organizzazione delle Nazioni Unite, le sue istituzioni specializzate e l'Agenzia internazionale dell'energia atomica, nonché qualsiasi Stato che non sia parte del presente protocollo, possono farsi rappresentare da osservatori alle riunioni delle parti. Qualsiasi organismo o istituzione nazionale o internazionale, governativo o non governativo, competente nei settori connessi alla protezione dello strato d'ozono, che ha informato il segretariato del suo desiderio di farsi rappresentare in qualità di osservatore ad una riunione delle parti, può essere ammesso a parteciparvi, a meno che un terzo almeno delle parti presenti si opponga. L'ammissione e la partecipazione degli osservatori sono subordinate all'osservanza del regolamento interno adottato dalle parti.Articolo 12SegretariatoAi fini del presente protocollo, il segretariato:a) organizza le riunioni delle parti di cui all'articolo 11 e ne assicura il servizio;b) riceve i dati forniti a norma dell'articolo 7 e li comunica a qualsiasi parte su richiesta;c) redige e diffonde regolarmente alle parti relazioni basate sulle informazioni ricevute in applicazione degli articoli 7 e 9;d) comunica alle parti qualsiasi richiesta di assistenza tecnica ricevuta in applicazione dell'articolo 10, al fine di facilitare la concessione di questa assistenza;e) incoraggia i paesi che non sono parti ad assistere alle riunioni delle parti in qualità di osservatori e a rispettare le disposizioni del protocollo;f) comunica eventualmente le informazioni e le richieste di cui alle lettere c) e d) del presente articolo agli osservatori dei paesi che non sono parti;g) svolge, al fine di realizzare gli obiettivi del presente protocollo, tutte le altre funzioni che le parti eventualmente gli assegneranno.Articolo 13Disposizioni finanziarie1. Le risorse finanziarie destinate all'applicazione del presente protocollo, ivi comprese quelle destinate alle spese di funzionamento del segretariato connesse al presente protocollo, provengono esclusivamente dai contributi delle parti.2. Alla prima riunione, le parti adottano per consenso le norme finanziarie che devono disciplinare l'attuazione del presente protocollo.Articolo 14Rapporto tra il presente protocollo e la convenzioneSalvo menzione contraria nel presente protocollo, le disposizioni della convenzione relative ai suoi protocolli si applicano al presente protocollo.Articolo 15FirmaIl presente protocollo è aperto alla firma degli Stati e delle organizzazioni regionali d'integrazione economica a Montreal, il 16 settembre 1987, ad Ottawa, dal 17 settembre 1987 al 16 gennaio 1988 e presso la sede dell'Organizzazione delle Nazioni Unite a New York, dal 17 gennaio 1988 al 15 settembre 1988.Articolo 16Entrata in vigore1. Il presente protocollo entra in vigore il 1g gennaio 1989, a condizione che a tale data siano stati depositati almeno 11 strumenti di ratifica, d'accettazione o d'approvazione del protocollo o di adesione al protocollo da parte degli Stati o delle organizzazioni regionali d'integrazione economica, il cui consumo di sostanze oggetto della presente regolamentazione rappresenti almeno i due terzi del consumo mondiale stimato del 1986 e a condizione che le disposizioni del paragrafo 1 dell'articolo 17 della convenzione siano state rispettate.2. Ai fini del paragrafo 1, nessuno degli strumenti depositati da un'organizzazione regionale d'integrazione economica deve essere considerato uno strumento che si aggiunge agli strumenti già depositati dagli Stati membri di detta organizzazione.3. Dopo l'entrata in vigore del presente protocollo, qualsiasi Stato o qualsiasi organizzazione regionale d'integrazione economica diventa parte del presente protocollo il novantesimo giorno successivo alla data del deposito del suo strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione.Articolo 17Parti aderenti dopo l'entrata in vigoreCon riserva delle disposizioni dell'articolo 5, qualsiasi Stato o organizzazione regionale d'integrazione economica che diventa parte del presente protocollo dopo la data della sua entrata in vigore, assume immediatamente la totalità dei suoi obblighi a norma delle disposizioni dell'articolo 2 e dell'articolo 4, che si applicano in quel momento agli Stati e alle organizzazioni regionali d'integrazione economica che sono diventati parti alla data di entrata in vigore delprotocollo.Articolo 18RiserveIl presente protocollo non può costituire oggetto diriserve.Articolo 19DenunciaAi fini del presente protocollo, le disposizioni dell'articolo 19 della convenzione, che riguarda la sua denuncia, si applicano a tutte le parti, escluse quelle cui si riferisce il paragrafo 1dell'articolo 5. Queste ultime possono denunciare il presente protocollo mediante notifica scritta presentata al depositario alla scadenza di un termine di quattro anni, dopo che hanno accettato gli obblighi specificati ai paragrafi da 1 a 4 dell'articolo 2. Qualsiasi denuncia prende effetto alla scadenza di un periodo di un anno a decorrere dalla data della sua presentazione al depositario o a qualsiasi data successiva che può essere specificata nella notifica di denuncia.Articolo 20Testi facenti fedeL'originale del presente protocollo, i cui testi nelle lingue inglese, araba, cinese, spagnola, francese e russa fanno parimente fede, è depositato presso il segretariato generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.In fede di ciò i sottoscritti, debitamente autorizzati, hanno firmato il presente protocollo.Fatto a Montreal, il sedici settembre millenovecentottantasette.Allegato A SOSTANZE DISCIPLINATE>SPAZIO PER TABELLA>ALLEGATO II Dichiarazione della Comunità economica europea ai sensi dell'articolo 13, paragrafo 3 della convenzione di Vienna per la protezione dello strato di ozono, concernente la portata della sua competenza per quanto riguarda la materia contemplata dalla convenzione e dal protocollo di Montreal relativo a sostanze che riducono lo strato di ozono Ai sensi degli articoli pertinenti del trattato CEE, la Comunità è competente per intraprendere azioni relative alla protezione, alla salvaguardia e al miglioramento dell'ambiente.La Comunità ha esercitato la sua competenza nel settore coperto dalla convenzione di Vienna e dal protocollo di Montreal adottando la decisione 80/372/CEE del Consiglio, del 26 marzo 1980, relativa ai clorofluorocarburi nell'ambiente (;), la decisione 82/795/CEE del Consiglio, del 15 novembre 1982, sul rafforzamento delle misure precauzionali riguardanti i clorofluorocarburi nell'ambiente ($) e il regolamento (CEE) n. 3322/88 del Consiglio, del 14 ottobre 1988, relativo a taluni clorofluorocarburi e halon che riducono lo strato di ozono (=). In futuro la Comunità potrà esercitare la sua competenza adottando ulteriori disposizioni in questo settore.Nel campo della ricerca ambientale, di cui alla convenzione, la Comunità è competente in forza della decisione 86/234/CEE del Consiglio, del 10 giugno 1986, che adotta programmi pluriennali di ricerca e sviluppo nel settore dell'ambiente (1986 - 1990).(;) GU n. L 90 del 3. 4. 1980, pag. 45.($) GU n. L 329 del 25. 11. 1982, pag. 29.(=) Vedi pagina 1 della presente Gazzetta ufficiale. | Protocollo di Montreal relativo a sostanze che riducono lo strato di ozono
QUAL È LO SCOPO DEL PROTOCOLLO E DELLA DECISIONE?
Il protocollo di Montreal (alla convenzione di Vienna per la protezione dello strato di ozono) è un accordo globale volto a proteggere lo strato di ozono stratosferico terrestre eliminando gradualmente le sostanze chimiche che lo riducono. Tale progressiva riduzione riguarda sia la produzione che il consumo di sostanze che riducono lo strato di ozono (ODS). Poiché gli ODS sono anche potenti gas serra, la progressiva riduzione è fondamentale anche per mitigare i cambiamenti climatici. Inoltre, nonostante il fatto che gli idrofluorocarburi (HFC) non riducano l’ozono, il protocollo cerca di ridurne gradualmente la produzione e il consumo per evitare che gli ODS vengano sostituiti dagli HFC che contribuiscono in modo significativo ai cambiamenti climatici. Il protocollo di Montreal è stato concordato nel 1987 ed è entrato in vigore nel 1989. È stato modificato diverse volte. Il suo emendamento più recente, l’emendamento Kigali, richiede la graduale riduzione graduale degli HFC. Le emissioni degli HFC sono regolamentate dall’accordo di Parigi, approvato dalla decisione (UE) 2016/1841. Pertanto, il protocollo di Montreal aiuta a raggiungere l’obiettivo di mantenere l’aumento della temperatura globale ben al di sotto dei 2 °C al di sopra dei livelli preindustriali e di proseguire gli sforzi per limitare l’aumento della temperatura anche a 1,5 °C al di sopra dei livelli preindustriali. La decisione 88/540/CEE fornisce all’UE l’approvazione legale della convenzione di Vienna per la protezione dello strato di ozono e del protocollo di Montreal relativo a sostanze che riducono lo strato di ozono. così come adottato dalle parti il 15 settembre 1987.
PUNTI CHIAVE
L’Unione e gli Stati membri sono parti della convenzione di Vienna e del relativo protocollo di Montreal. Il protocollo contiene disposizioni relative a:misure di regolamentazione (articolo 2)calcolo dei livelli di controllo (articolo 3)controllo degli scambi commerciali con stati non parti del protocollo (articolo 4)la situazione particolare dei paesi in via di sviluppo (articolo 5)la comunicazione dei dati (articolo 7)non conformità (articolo 8)meccanismo finanziarioassistenza tecnica (articolo 10) e altri argomenti. Le sostanze disciplinate sono elencate negli allegati: A (clorofluorocarburi — CFC, halon), B (altri CFC completamente alogenati, tetracloruro di carbonio, tricloroetano), C (idroclorofluorocarburi — HCFC, idrobromofluorocarburi — HBFC e bromoclorometano), E (bromuro di metile) e F (HFC). Il protocollo di Montreal prevede una graduale riduzione del consumo e della produzione delle sostanze che riducono lo strato di ozono e una riduzione graduale degli HFC. Sono previsti calendari diversi per i paesi in via di sviluppo (indicati come parti nell’articolo 5) e per i paesi sviluppati (indicati come non-parti nell’articolo 5) per ciascun gruppo di sostanze. I calendari prevedono:CFC entro il 1o gennaio 1996 per le non-parti nell’articolo 5 ed entro il 1o gennaio 2010 per le parti nell’articolo 5 (con possibili esenzioni);Halon entro il 1o gennaio 1994 per le non-parti nell’articolo 5 ed entro il 1o gennaio 2010 per le parti nell’articolo 5 (con possibili esenzioni);HCFC entro il 1o gennaio 2020 per le non-parti nell’articolo 5 ed entro il 1o gennaio 2030 per le parti nell’articolo 5 (con possibili esenzioni e una piccola percentuale possono essere utilizzate per la manutenzione di apparecchiature esistenti di refrigerazione e condizionamento dell’aria (cioè con una quota dello 0,5% del livello di base del consumo fino al 1 gennaio 2030 per la manutenzione di apparecchiature di refrigerazione e di condizionamento d’aria esistenti il 1o gennaio 2020 per le non-parti nell’articolo 5 e una quota del 2,5% del livello di base del consumo se calcolata come media sui 10 anni 2030-2040 fino al 1 ° gennaio 2040 per la manutenzione di apparecchiature di refrigerazione e condizionamento d’aria esistenti il 1o gennaio 2030 per le parti nell’articolo 5);Per gli HFC la prima fase di riduzione per le non-parti nell’articolo 5 avviene nel 2019, mentre la maggior parte delle parti nell’articolo 5 inizierà la riduzione graduale nel 2024. L’articolo 4 del protocollo di Montreal contiene le regole per gli scambi con gli stati non parti: Esse vietano o limitano, per i paesi che sono parti del protocollo, il commercio di sostanze oggetto della regolamentazione con Stati che non siano parte del protocollo. In tal modo, mirano a massimizzare la partecipazione al protocollo. Le disposizioni sono state applicate originariamente ai gruppi iniziali di ODS e sono state estese nel tempo per includere i gruppi aggiuntivi di sostanze introdotti nel protocollo con le modifiche successive. Le parti del protocollo di Montreal:adottano le procedure per determinare le misure di non conformità e per il trattamento delle parti ritenute non conformi;valutano ogni quattro anni, a partire dal 1990, l’attuazione delle misure di controllo, compresa la possibilità di aggiungere o rimuovere sostanze dagli elenchi delle sostanze vietate;hanno l’obbligo di redigere relazioni annuali per ciascuna delle sostanze oggetto della regolamentazione. I dati devono essere presentati al segretariato del protocollo;cooperare per promuovere le migliori tecnologie pertinenti, strategie di controllo e possibili alternative alle sostanze;promuovere l’assistenza tecnica per aiutare i paesi che non sono parti a partecipare e attuare il protocollo;tenere riunioni periodiche che sono gestite dal segretariato;fornire i fondi per il funzionamento del protocollo e per il funzionamento del segretariato;possono notificare la loro intenzione di recedere dal protocollo alle condizioni di cui all’articolo 19.
DA QUANDO SI APPLICANO IL PROTOCOLLO, GLI EMENDAMENTI E LE RELATIVE DECISIONI?
Il protocollo originale di Montreal è entrato in vigore il 1o gennaio 1989. La decisione 88/540/CEE si applica dal 25 ottobre 1988. Il primo emendamento al protocollo di Montreal, Londra, 1990 è entrato in vigore il 10 agosto 1992. La decisione 91/690/CEE si applica dal 23 dicembre 1991. Il secondo emendamento al protocollo di Montreal, Copenaghen 1992, è entrato in vigore il 14 giugno 1994. La decisione 94/68/CE del Consiglio si applica dal 14 febbraio 1994. Il terzo emendamento al protocollo di Montreal, Montreal, 1997 è entrato in vigore il 10 novembre 1999. La decisione 2000/646/UE si applica dal martedì 17 ottobre 2000. Il quarto emendamento al protocollo di Montreal, Pechino 1999, è entrato in vigore il 25 febbraio 2002. La decisione 2002/215/UE si applica dal lunedì 4 marzo 2002. Il quinto emendamento al protocollo di Montreal, Kigali 2016, è entrato in vigore il 1o gennaio 2019. La decisione (UE) 2017/1541 è in vigore dal 18 luglio 2017.
CONTESTO
A oggi, il protocollo di Montreal è l’unico trattato delle Nazioni Unite che è stato ratificato da tutti i paesi del mondo, tutti i 197 paesi membri delle Nazioni Unite. Rappresenta una tappa importante nella storia delle Nazioni Unite. Si evolve nel tempo in considerazione degli sviluppi scientifici, tecnici ed economici. Attualmente disciplina quasi 100 sostanze chimiche artificiali che danneggiano la capacità dello strato di ozono di proteggere l’uomo e altre forme di vita dalle dannose radiazioni ultraviolette del sole. L’Unione attua il protocollo attraverso la propria legislazione che contiene misure più rigorose e più ambiziose. Mentre il protocollo regola la produzione delle sostanze e il loro commercio all’ingrosso, il regolamento (CE) n. 1005/2009 sulle sostanze che riducono lo strato di ozono, ad esempio, ne vieta l’uso nei prodotti e nelle apparecchiature e regola e controlla le sostanze che non sono coperte da il protocollo. Inoltre, il regolamento (UE) n. 517/2014 sulla riduzione dei gas fluorurati a effetto serra comprende un’ambiziosa riduzione graduale degli HFC, iniziata già nel 2015 e che copre anche gli HFC contenuti in determinati prodotti e apparecchiature. Il regolamento (UE) n. 517/2014 include anche i divieti all’immissione sul mercato di alcuni nuovi prodotti e apparecchiature contenenti gas fluorurati e prevede diverse misure per prevenire le emissioni. Per ulteriori informazioni, si consulti:Protezione dello strato di ozono (Commissione Europea)Gas fluorurati a effetto serra (Commissione europea).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Protocollo di Montreal relativo a sostanze che riducono lo strato di ozono — Dichiarazione della Comunità economica europea (GU L 297 del 31.10.1988, pag. 21).
Emendamento al protocollo di Montreal sulle sostanze che riducono lo strato di ozono (GU L 377 del 31.12.1991, pag. 30).
Emendamento al protocollo di Montreal sulle sostanze che riducono lo strato di ozono (GU L 33 del 7.2.1994, pag. 3).
Emendamento al Protocollo di Montreal adottato nel corso della nona riunione delle parti (GU L 272 del 25.10.2000, pag. 27).
Emendamento al protocollo di Montreal sulle sostanze che riducono lo strato di ozono (GU L 72 del 14.3.2002, pag. 20).
Emendamento al protocollo di Montreal sulle sostanze che riducono lo strato di ozono (GU L 236 del 14.9.2017, pag. 3).
Decisione 88/540/CEE del Consiglio, del 14 ottobre 1988, relativa alla conclusione della convenzione di Vienna per la protezione dello strato di ozono e del protocollo di Montreal relativo a sostanze che riducono lo strato di ozono (GU L 297 del 31.10.1988, pag. 8).
Decisione 91/690/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa alla conclusione all’emendamento del protocollo di Montreal sulle sostanze che riducono lo strato di ozono, adottato a Londra nel giugno 1990 dalle parti contraenti del protocollo (GU L 377 del 31.12.1991, pag. 28).
Decisione 94/68/CE del Consiglio, del 2 dicembre 1993, relativa alla conclusione dell’emendamento del protocollo di Montreal sulle sostanze che riducono lo strato d’ozono (GU L 33 del 7.2.1994, pag. 1).
Decisione 2000/646/CE del Consiglio, del 17 ottobre 2000, relativa alla conclusione dell’emendamento del protocollo di Montreal sulle sostanze che riducono lo strato d’ozono (GU L 272 del 25.10.2000, pag. 26).
Decisione 2002/215/CE del Consiglio, del 4 marzo 2002, relativa all’approvazione del quarto emendamento al protocollo di Montreal sulle sostanze che riducono lo strato di ozono (GU L 72 del 14.3.2002, pag. 18).
Decisione (UE) 2017/1541 del Consiglio, del 17 luglio 2017, relativa alla conclusione, a nome dell’Unione europea, dell’emendamento di Kigali del protocollo di Montreal sulle sostanze che riducono lo strato di ozono (GU L 236 del 14.9.2017, pag. 1).
DOCUMENTI CORRELATI
Accordo di Parigi (GU L 282 del 19.10.2016, pag. 4).
Decisione (UE) 2016/1841 del Consiglio, del 5 ottobre 2016, relativa alla conclusione, a nome dell’Unione europea, dell’accordo di Parigi adottato nell’ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (GU L 282 del 19.10.2016, pag. 1).
Regolamento (CE) n. 1005/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, sulle sostanze che riducono lo strato di ozono (GU L 286 del 31.10.2009, pag. 1).
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1005/2009 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Regolamento (UE) n. 517/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, sui gas fluorurati a effetto serra e che abroga il regolamento (CE) n. 842/2006 (GU L 150 del 20.5.2014, pag. 195). | 13,399 | 973 |
31996L0009 | false | Direttiva 96/9/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 1996, relativa alla tutela giuridica delle banche di dati
Gazzetta ufficiale n. L 077 del 27/03/1996 pag. 0020 - 0028
DIRETTIVA 96/9/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO dell'11 marzo 1996 relativa alla tutela giuridica delle banche di datiIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 57, paragrafo 2, e gli articoli 66 e 100 A,vista la proposta della Commissione (1),visto il parere del Comitato economico e sociale (2),deliberando in conformità della procedura di cui all'articolo 189 B del trattato (3),(1) considerando che attualmente le banche di dati non sono sufficientemente tutelate in tutti gli Stati membri dalle normative esistenti e che detta tutela, ove esiste, assume connotazioni diverse;(2) considerando che simili differenze nella tutela giuridica delle banche di dati assicurata dalle leggi degli Stati membri hanno effetti negativi e diretti sul funzionamento del mercato interno per quanto riguarda le banche di dati, ed in particolare sulla libertà per le persone fisiche e giuridiche di fornire beni e servizi riguardanti le banche di dati in linea in base ad un regime giuridico armonizzato in tutta la Comunità; che tali differenze rischiano di aggravarsi con l'introduzione da parte degli Stati membri di nuove disposizioni legislative in una materia che sta assumendo una dimensione sempre più internazionale;(3) considerando che è opportuno eliminare le differenze esistenti che producono distorsioni al funzionamento del mercato interno ed impedire che ne sorgano di nuove, mentre non occorre eliminare o impedire che sorgano quelle differenze che non pregiudicheranno il funzionamento del mercato interno oppure lo sviluppo di un mercato dell'informazione all'interno della Comunità;(4) considerando che la tutela delle banche di dati sulla base del diritto d'autore esiste in forme diverse negli Stati membri, in base alla legislazione o alla giurisprudenza, e che la mancata armonizzazione dei diritti di proprietà intellettuale può avere per effetto di ostacolare la libera circolazione di beni o servizi all'interno della Comunità fintantoché esistano differenze tra le varie legislazioni degli Stati membri per quanto riguarda la portata e le condizioni della tutela dei diritti;(5) considerando che il diritto d'autore rappresenta una forma adeguata di diritto esclusivo degli autori delle banche di dati;(6) considerando, tuttavia, che in assenza di un sistema armonizzato di leggi o di una giurisprudenza sulla concorrenza sleale, sono necessarie ulteriori misure volte ad impedire l'estrazione e/o il reimpiego non autorizzati del contenuto di una banca di dati;(7) considerando che per poter creare una banca di dati è necessario investire considerevoli risorse umane, tecniche e finanziarie, mentre è possibile copiarle o accedervi ad un costo molto più basso rispetto a quello richiesto per crearle autonomamente;(8) considerando che l'estrazione e/o il reimpiego non autorizzati del contenuto di una banca di dati rappresentano atti che possono comportare gravi conseguenze economiche e tecniche;(9) considerando che le banche di dati rappresentano uno strumento prezioso per lo sviluppo di un mercato dell'informazione all'interno della Comunità e che tale strumento sarà altresì utile in numerosi altri settori;(10) considerando che la crescita esponenziale, all'interno della Comunità e a livello mondiale, della massa di informazioni prodotte ed elaborate annualmente in tutti i settori commerciali e industriali richiede investimenti nei sistemi avanzati di gestione dell'informazione in tutti gli Stati membri;(11) considerando che esiste attualmente un notevole squilibrio nel livello degli investimenti relativi alla costituzione di banche di dati tra i vari Stati membri, nonché tra la Comunità ed i più importanti paesi terzi produttori di banche di dati;(12) considerando che tale investimento nei moderni sistemi di memorizzazione e gestione delle informazioni non sarà effettuato all'interno della Comunità a meno che non venga introdotta una tutela giuridica stabile ed uniforme per tutelare i costitutori di banche di dati;(13) considerando che la presente direttiva tutela le raccolte, talvolta definite «compilazioni», di opere, di dati o di altre materie la cui disposizione e memorizzazione, nonché l'accesso, sono basati su processi di tipo elettronico, elettromagnetico, elettroottico o di natura analoga;(14) considerando che occorre estendere la tutela concessa dalla presente direttiva alle banche di dati non elettroniche;(15) considerando che i criteri da applicare per stabilire se una banca dati sia protetta dal diritto d'autore dovranno limitarsi al fatto che la scelta o la disposizione del contenuto della banca di dati costituisce una creazione intellettuale, propria dell'autore; che questa protezione riguarda la struttura della banca di dati;(16) considerando che non dovranno essere applicati altri criteri diversi da quello di originalità, nel senso di creazione intellettuale, per stabilire se una banca di dati sia tutelabile o meno in base al diritto d'autore, e in particolare non dovrà essere effettuata alcuna valutazione della qualità o del valore estetico della banca di dati;(17) considerando che con il termine «banca di dati» si intende definire una raccolta di opere, siano esse letterarie, artistiche, musicali o di altro genere, oppure di materiale quali testi, suoni, immagini, numeri, fatti e dati; che deve trattarsi di raccolte di opere, di dati o di altri elementi indipendenti, disposti in maniera sistematica o metodica e individualmente accessibili; che di conseguenza la definizione di un'opera audiovisiva, cinematografica, letteraria o musicale in quanto tale non rientra nel campo d'applicazione della presente direttiva;(18) considerando che la presente direttiva lascia impregiudicata la libertà degli autori di decidere se, o in quale maniera, essi consentano l'inserimento di loro opere in una banca di dati, in particolare se l'autorizzazione concessa è esclusiva e non esclusiva; che l'applicazione del diritto sui generis per la protezione delle banche di dati lascia impregiudicati i diritti esistenti sul loro contenuto e che, in particolare, se un autore o il titolare di un diritto concesso autorizza l'inserimento in una banca di dati di alcune sue opere o prestazioni in ordine all'esecuzione di un contratto di autorizzazione non esclusiva, un terzo può utilizzare dette opere o prestazioni previa la necessaria autorizzazione dell'autore o del titolare del diritto connesso senza che il costitutore della banca di dati possa opporgli il diritto sui generis, purché tali opere e prestazioni non siano estratte dalla banca di dati né reimpiegate a partire da quest'ultima;(19) considerando che, di norma, la compilazione di varie registrazioni di esecuzioni musicali su CD non rientra nel campo d'applicazione della presente direttiva sia perché, in quanto compilazione, non soddisfa le condizioni per essere tutelata dal diritto d'autore, sia perché non rappresenta un investimento sufficientemente rilevante per beneficiare del diritto sui generis;(20) considerando che la tutela prevista dalla presente direttiva può applicarsi anche agli elementi necessari per il funzionamento o la consultazione di determinate banche di dati, come ad esempio il tesauro e i sistemi di indicizzazione;(21) considerando che la tutela prevista dalla presente direttiva si riferisce alle banche di dati, in cui siano stati disposti in maniera sistematica o metodica opere, dati o altri elementi; che non è necessario che tali materie siano state memorizzate fisicamente in forma organizzata;(22) considerando che le banche dati elettroniche ai sensi della presente direttiva possono comprendere altresì dispositivi quali i CD-ROM e i CD-i;(23) considerando che il termine «banca di dati» non deve applicarsi ai programmi per elaboratore utilizzati per la costituzione o per il funzionamento di una banca di dati, programmi che rientrano nella tutela prevista dalla direttiva 91/250/CEE del Consiglio, del 14 maggio 1991, relativa alla tutela giuridica dei programmi per elaboratore (4);(24) considerando che il noleggio ed il prestito di banche di dati nel settore del diritto d'autore e dei diritti connessi sono disciplinati esclusivamente dalla direttiva 92/100/CEE del Consiglio, del 19 novembre 1992, concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto d'autore in materia di proprietà intellettuale (5);(25) considerando che la durata del diritto d'autore è già disciplinata dalla direttiva 93/98/CEE del Consiglio, del 29 ottobre 1993, concernente l'armonizzazione della durata di protezione del diritto d'autore e di alcuni diritti connessi (6);(26) considerando che le opere tutelate dal diritto d'autore e le prestazioni tutelate da alcuni diritti connessi che sono inserite in una banca di dati beneficiano comunque dei rispettivi diritti esclusivi e non possono pertanto essere inserite o riprodotte da una banca di dati senza l'autorizzazione del titolare dei diritti o dei suoi aventi causa;(27) considerando che l'esistenza di un diritto separato nella scelta o nella disposizione di opere e prestazioni in una banca di dati lascia impregiudicati i diritti d'autore su tali opere e i diritti connessi sulle prestazioni inserite in una banca di dati;(28) considerando che il diritto morale della persona fisica che ha creato la banca di dati appartiene all'autore e deve essere esercitato in base al diritto degli Stati membri nel rispetto delle disposizioni della convenzione di Berna sulla protezione delle opere letterarie e artistiche; che esso non rientra pertanto nel campo di applicazione della presente direttiva;(29) considerando che il regime applicabile alla creazione da parte di un lavoratore dipendente è rimesso alla discrezionalità degli Stati membri; che, pertanto, nella presente direttiva nulla osta a che gli Stati membri precisino nella propria legislazione che, qualora una banca di dati sia creata da un lavoratore dipendente, nell'esecuzione delle sue mansioni o su istruzioni del suo datore di lavoro, il datore di lavoro gode dell'esercizio esclusivo di tutti i diritti patrimoniali sulla banca così creata, salvo diverse disposizioni contrattuali;(30) considerando che i diritti esclusivi dell'autore devono comprendere il diritto di stabilire le modalità di sfruttamento della sua opera e le persone autorizzate a tal fine, in modo da controllare in particolare che la sua opera non sia accessibile a persone non autorizzate;(31) considerando che la tutela delle banche di dati in base al diritto d'autore comprende anche la messa a disposizione delle medesime in forma diversa dalla distribuzione di copie;(32) considerando che gli Stati membri devono assicurare almeno l'equipollenza materiale delle rispettive disposizioni nazionali rispetto agli atti soggetti a restrizioni contemplati dalla presente direttiva;(33) considerando che il problema dell'esaurimento del diritto di distribuzione non sussiste nel caso di banche di dati in linea, che rientrano nel settore delle prestazioni di servizi; che ciò si applica anche in caso di copia materiale di una simile banca di dati fatta dall'utente del servizio con il consenso del titolare del diritto; che, contrariamente al caso dei CD-ROM o dei CD-i, per i quali la proprietà intellettuale è incorporata in un supporto materiale, e più specificamente in una merce, ciascuna prestazione in linea è in effetti un atto che dovrà essere soggetto ad autorizzazione qualora il diritto d'autore lo preveda;(34) considerando, tuttavia, che quando il titolare dei diritti abbia deciso di mettere a disposizione di un utente una copia della sua banca di dati, sia in linea sia per mezzo di altri sistemi di distribuzione, detto utente legittimo deve poter accedere alla banca di dati ed utilizzarla per gli scopi e in base alle modalità definite nell'accordo concluso con il titolare dei diritti, anche se tale accesso ed impiego richiedono l'esecuzione di atti in via di principio soggetti a restrizioni;(35) considerando che occorre prevedere un elenco di deroghe agli atti soggetti a restrizioni, tenuto conto del fatto che il diritto d'autore contemplato dalla presente direttiva si applica esclusivamente alla scelta o alla disposizione delle materie contenute in una banca di dati; che occorre dare agli Stati membri la facoltà di prevedere dette deroghe in determinati casi; che tuttavia è opportuno avvalersi di tale facoltà conformemente alla convenzione di Berna e qualora le deroghe riguardino la struttura della banca di dati; che occorre distinguere le deroghe per uso privato dalla riproduzione per fini privati, che riguarda disposizioni di diritto interno di taluni Stati membri in materia di tasse sui supporti vergini o sugli apparecchi di registrazione;(36) considerando che il termine «ricerca scientifica» ai sensi della presente direttiva comprende sia le scienze naturali che le scienze umane;(37) considerando che la presente direttiva lascia impregiudicato l'articolo 10, paragrafo 1 della convenzione di Berna;(38) considerando che il sempre maggiore ricorso alla tecnologia di registrazione numerica espone il costitutore della banca di dati al rischio di riproduzione diretta e ridisposizione elettronica del contenuto, senza autorizzazione, della sua banca di dati, per ottenerne un'altra banca di dati, di contenuto identico, ma tale da non violare il diritto d'autore attinente alla disposizione del contenuto della prima banca di dati;(39) considerando che, oltre alla tutela del diritto d'autore per la scelta o la disposizione originali del contenuto di una banca di dati, la presente direttiva intende salvaguardare i costitutori di banche di dati dall'indebita appropriazione dei risultati dell'investimento finanziario e professionale effettuato per ottenere e raccogliere il contenuto proteggendo la totalità o parti sostanziali della banca di dati da taluni atti commessi dall'utente o da un concorrente;(40) considerando che oggetto del diritto «sui generis» è di assicurare la tutela di un investimento effettuato per costituire, verificare o presentare il contenuto di una banca di dati per la durata limitata del diritto; che tale investimento può consistere nell'impegnare mezzi finanziari e/o tempo, lavoro ed energia;(41) considerando che l'obiettivo del diritto «sui generis» è di accordare al costitutore di una banca di dati la possibilità di impedire l'estrazione e/o il reimpiego non autorizzati della totalità o di una parte sostanziale del contenuto di tale banca; che il costitutore di una banca di dati è la persona che prende l'iniziativa e si assume il rischio di effettuare gli investimenti; che ciò esclude in particolare i subappaltatori dalla definizione di costitutore;(42) considerando che il diritto specifico di impedire l'estrazione e/o il reimpiego non autorizzati riguarda atti dell'utente che vanno al di là dei diritti legittimi del medesimo e che arrecano quindi pregiudizio all'investimento; che il diritto di vietare l'estrazione e/o il reimpiego dell'intero contenuto o di una parte sostanziale di esso riguarda non soltanto la creazione di un prodotto concorrente parassita, bensì anche l'utente che, con i suoi atti, arreca un pregiudizio sostanziale, in termini quantitativi o qualitativi, all'investimento;(43) considerando che, in caso di trasmissione in linea, il diritto di vietare il reimpiego non si esaurisce né per quanto riguarda la banca di dati, né per quanto riguarda la copia materiale della stessa banca di dati o di parte della stessa, effettuata con il consenso del titolare del diritto, dal destinatario alla trasmissione;(44) considerando che, qualora la visualizzazione su schermo di una banca di dati richieda il trasferimento permanente o temporaneo della totalità o di una parte sostanziale del contenuto su un altro supporto, questa operazione è soggetta ad autorizzazione da parte del titolare del diritto;(45) considerando che il diritto di impedire l'estrazione e/o il reimpiego non autorizzati non costituisce in alcun modo un'estensione della tutela del diritto d'autore a semplici fatti o dati;(46) considerando che l'esistenza di un diritto di impedire l'estrazione e/o il reimpiego non autorizzati della totalità o di una parte sostanziale di opere, dati o elementi di una banca di dati non dà luogo alla creazione di un nuovo diritto su queste stesse opere, dati o elementi;(47) considerando che, al fine di favorire la concorrenza fra i fornitori di prodotti e servizi nel settore del mercato dell'informazione, la protezione sulla base del diritto «sui generis» non deve essere esercitata in modo tale da favorire gli abusi di posizione dominante, con particolare riguardo alla creazione e diffusione di nuovi prodotti e servizi a valore aggiunto di ordine intellettuale, documentale, tecnico, economico o commerciale; che, pertanto, le disposizioni della presente direttiva lasciano impregiudicata l'applicazione delle regole di concorrenza, siano esse comunitarie o nazionali;(48) considerando che l'obiettivo della presente direttiva, che consiste nell'assicurare un livello adeguato e uniforme di tutela alle banche di dati, in modo che il costitutore della banca possa ottenerne un beneficio economico, è diverso dall'obiettivo perseguito dalla direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (7), che è quello di garantire la libera circolazione dei dati personali sulla base di norme armonizzate volte alla tutela dei diritti fondamentali, in particolare il diritto alla vita privata, riconosciuto dall'articolo 8 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali; che le disposizioni della presente direttiva non ostano all'applicazione della normativa sulla tutela dei dati;(49) considerando che, nonostante il diritto di impedire l'estrazione e/o il reimpiego della totalità o di una parte sostanziale di una banca di dati, occorre prevedere che il costitutore di una banca dati o il titolare dei suoi diritti non possa impedire all'utente legittimo della banca di dati di estrarre e riutilizzare parti non sostanziali; che, tuttavia, il medesimo utente non può arrecare un pregiudizio ingiustificato né ai legittimi interessi del titolare del diritto sui generis, né al titolare di un diritto d'autore o di un diritto connesso riguardante opere o prestazioni contenute nella banca di dati;(50) considerando che occorre lasciare agli Stati membri la facoltà di prevedere deroghe al diritto di impedire l'estrazione e/o il reimpiego non autorizzati di una parte sostanziale del contenuto di una banca di dati qualora si tratti di un'estrazione per fini privati, didattici o di ricerca scientifica, ovvero qualora l'estrazione e/o il reimpiego siano effettuati a fini di sicurezza pubblica o ai fini di una procedura amministrativa o giurisdizionale; che è importante che queste operazioni non arrechino pregiudizio ai diritti esclusivi del costitutore di sfruttare la banca di dati e che il loro scopo non presenti carattere commerciale;(51) considerando che gli Stati membri, quando si avvalgono della facoltà di autorizzare l'utente legittimo di una banca di dati a estrarne una parte sostanziale del contenuto per fini didattici o di ricerca scientifica, possono limitare detta autorizzazione a talune categorie di istituti di insegnamento o di ricerca scientifica;(52) considerando che gli Stati membri nei quali è in vigore una normativa nazionale specifica, la quale contempli un diritto simile al diritto «sui generis» previsto dalla presente direttiva, devono poter mantenere, rispetto al nuovo diritto, le deroghe tradizionalmente stabilite dalla legislazione in questione;(53) considerando che l'onere della prova della data di completamento della costituzione di una banca di dati incombe al costitutore della stessa;(54) considerando che incombe al costitutore della banca di dati l'onere della prova riguardo alla conformità di criteri sulla base dei quali si può concludere che una modifica sostanziale del contenuto della stessa deve essere considerata un nuovo investimento sostanziale;(55) considerando che un nuovo investimento sostanziale che implichi una nuova durata della tutela può comportare una verifica sostanziale del contenuto della banca di dati;(56) considerando che il diritto di impedire l'estrazione e/o il reimpiego non autorizzati non si applica alle banche di dati i cui costitutori siano cittadini o residenti abituali di paesi terzi e a quelle elaborate da società o imprese non stabilite in uno Stato membro, a norma del trattato, a meno che tali paesi terzi non offrano una tutela comparabile alle banche dati create da cittadini di uno Stato membro o da residenti abituali sul territorio della Comunità;(57) considerando che, in aggiunta alle sanzioni previste dalla normativa degli Stati membri per violazioni in materia di diritto d'autore o di altri diritti, gli Stati membri devono prescrivere adeguate sanzioni contro l'estrazione e/o il reimpiego non autorizzati di informazioni dal contenuto di una banca di dati;(58) considerando che, oltre alla tutela concessa dalla presente direttiva alla struttura della banca di dati mediante il diritto d'autore ed al suo contenuto mediante il diritto sui generis che consiste nell'impedire l'estrazione e/o il reimpiego non autorizzati, continuano ad applicarsi le altre disposizioni di legge degli Stati membri relative alla fornitura di beni e servizi nel settore delle banche di dati;(59) considerando che la presente direttiva non osta all'applicazione alle banche di dati composta da opere audiovisive delle norme eventualmente riconosciute dalla legislazione di uno Stato membro in materia di telediffusione di programmi audiovisivi;(60) considerando che taluni Stati membri tutelano attualmente mediante un regime di diritto d'autore le banche di dati che non soddisfano i criteri per essere ammesse alla tutela basata sul diritto d'autore previsti dalla presente direttiva; che, anche se le banche di dati in questione sono tutelabili in base al diritto previsto dalla presente direttiva di impedire l'estrazione e/o il reimpiego non autorizzati del loro contenuto, la durata della tutela accordata grazie a quest'ultimo diritto è sensibilmente inferiore a quella di cui godono in base ai regimi nazionali attualmente in vigore; che un'armonizzazione dei criteri applicati per stabilire se una banca di dati sarà tutelata in base al diritto d'autore non può avere l'effetto di ridurre la durata della tutela di cui attualmente godono i titolari dei diritti in questione; che occorre prevedere una deroga in tal senso; che gli effetti di tale deroga devono limitarsi al territorio degli Stati membri interessati,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:CAPITOLO I CAMPO D'APPLICAZIONE Articolo 1 Campo d'applicazione 1. La presente direttiva riguarda la tutela giuridica delle banche di dati, qualunque ne sia la forma.2. Ai fini della presente direttiva per «banca di dati» si intende una raccolta di opere, dati o altri elementi indipendenti sistematicamente o metodicamente disposti ed individualmente accessibili grazie a mezzi elettronici o in altro modo.3. La tutela della presente direttiva non si applica ai programmi per elaboratori utilizzati per la costituzione o il funzionamento di banche di dati accessibili grazie a mezzi elettronici.Articolo 2 Limitazioni del campo d'applicazione La presente direttiva si applica fatta salva la normativa comunitaria concernente:a) la tutela giuridica dei programmi per elaboratore;b) il diritto di noleggio e di prestito a taluni diritti connessi al diritto d'autore in materia di proprietà intellettuale;c) la durata di protezione del diritto d'autore e di alcuni diritti connessi.CAPITOLO II DIRITTO D'AUTORE Articolo 3 Oggetto della tutela 1. A norma della presente direttiva, le banche di dati che per la scelta o la disposizione del materiale costituiscono una creazione dell'ingegno propria del loro autore sono tutelate in quanto tali dal diritto d'autore. Per stabilire se alle banche dati possa essere riconosciuta tale tutela non si applicano altri criteri.2. La tutela delle banche di dati in base al diritto d'autore prevista dalla presente direttiva non si estende al loro contenuto e lascia impregiudicati i diritti esistenti su tale contenuto.Articolo 4 Titolarità della banca di dati 1. L'autore di una banca di dati è la persona fisica o il gruppo di persone fisiche che l'ha creata o, qualora la legislazione dello Stato membro interessato lo consenta, la persona giuridica individuata da tale legislazione come titolare del diritto.2. Qualora la legislazione di uno Stato membro riconosca le opere collettive, i diritti patrimoniali appartengono alla persona titolare del diritto d'autore.3. Allorché una banca di dati è creata congiuntamente da più persone fisiche, ad esse appartengono congiuntamente i diritti esclusivi.Articolo 5 Atti soggetti a restrizioni L'autore di una banca di dati gode, per quanto concerne la forma espressiva di tale banca tutelabile mediante il diritto d'autore, del diritto esclusivo di eseguire o autorizzare:a) la riproduzione permanente o temporanea, totale o parziale, con qualsiasi mezzo e in qualsivoglia forma;b) la traduzione, l'adattamento, una diversa disposizione e ogni altra modifica;c) qualsiasi forma di distribuzione al pubblico dell'originale o di copie della banca di dati. La prima vendita di una copia di una banca di dati nella Comunità da parte del titolare del diritto o con il suo consenso esaurisce il diritto di controllare all'interno della Comunità le vendite successive della copia;d) qualsiasi comunicazione, presentazione o dimostrazione in pubblico;e) qualsiasi riproduzione, distribuzione, comunicazione, presentazione o dimostrazione in pubblico dei risultati delle operazioni di cui alla lettera b).Articolo 6 Deroghe relative agli atti soggetti a restrizioni 1. L'utente legittimo di una banca di dati o di una copia di essa può eseguire tutti gli atti elencati all'articolo 5 che gli sono necessari per l'accesso al contenuto della banca di dati e l'impiego normale di quest'ultima senza l'autorizzazione dell'autore della banca di dati. Se l'utente legittimo è autorizzato a utilizzare soltanto una parte della banca di dati, il presente paragrafo si applica unicamente a tale parte.2. Gli Stati membri hanno la facoltà di prevedere limitazioni dei diritti di cui all'articolo 5 nei casi seguenti:a) allorché si tratta di una riproduzione per fini privati di una banca di dati non elettronica;b) allorché l'impiego ha esclusivamente finalità didattiche o di ricerca scientifica, sempreché si indichi la fonte, nei limiti di quanto giustificato dallo scopo non commerciale perseguito;c) allorché si tratta di impieghi per fini di sicurezza pubblica o per effetto di una procedura amministrativa o giurisdizionale;d) allorché si tratta di altre deroghe al diritto d'autore tradizionalmente contemplate dal diritto interno, fatte salve le disposizioni delle lettere a), b) e c).3. Conformemente alla convenzione di Berna sulla tutela delle opere letterarie e artistiche, il presente articolo non può essere interpretato in modo da consentire che la sua applicazione arrechi indebitamente pregiudizio ai legittimi interessi del titolare del diritto o entri in conflitto con il normale impiego della banca di dati.CAPITOLO III DIRITTO «SUI GENERIS» Articolo 7 Oggetto della tutela 1. Gli Stati membri attribuiscono al costitutore di una banca di dati il diritto di vietare operazioni di estrazione e/o reimpiego della totalità o di una parte sostanziale del contenuto della stessa, valutata in termini qualitativi o quantitativi, qualora il conseguimento, la verifica e la presentazione di tale contenuto attestino un investimento rilevante sotto il profilo qualitativo o quantitativo.2. Ai fini del presente capitolo:a) per «estrazione» si intende il trasferimento permanente o temporaneo della totalità o di una parte sostanziale del contenuto di una banca di dati su un altro supporto con qualsiasi mezzo o in qualsivoglia forma;b) per «reimpiego» si intende qualsiasi forma di messa a disposizione del pubblico della totalità o di una parte sostanziale del contenuto della banca di dati mediante distribuzione di copie, noleggio, trasmissione in linea o in altre forme. La prima vendita di una copia di una banca dati nella Comunità da parte del titolare del diritto, o con il suo consenso, esaurisce il diritto di controllare la rivendita della copia nella Comunità.Il prestito pubblico non costituisce atto di estrazione o di reimpiego.3. Il diritto di cui al paragrafo 1 può essere trasferito, ceduto o essere oggetto di licenza contrattuale.4. Il diritto di cui al paragrafo 1 si applica a prescindere dalla tutelabilità della banca di dati a norma del diritto d'autore o di altri diritti. Esso si applica inoltre a prescindere dalla tutelabilità del contenuto della banca di dati in questione a norma del diritto d'autore o di altri diritti. La tutela delle banche di dati in base al diritto di cui al paragrafo 1 lascia impregiudicati i diritti esistenti sul loro contenuto.5. Non sono consentiti l'estrazione e/o il reimpiego ripetuti e sistematici di parti non sostanziali del contenuto della banca di dati che presuppongano operazioni contrarie alla normale gestione della banca dati o che arrechino un pregiudizio ingiustificato ai legittimi interessi del costitutore della banca di dati.Articolo 8 Diritti e obblighi dell'utente legittimo 1. Il costitutore di una banca di dati messa in qualsiasi modo a disposizione del pubblico non può impedire all'utente legittimo della stessa di estrarre e reimpiegare parti non sostanziali, valutate in termini qualitativi o quantitativi, del contenuto di tale banca di dati per qualsivoglia fine. Se l'utente legittimo è autorizzato a estrarre e/o reimpiegare soltanto una parte della banca di dati, il presente paragrafo si applica solo a detta parte.2. L'utente legittimo di una banca dati messa in qualsiasi modo a disposizione del pubblico non può eseguire operazioni che siano in contrasto con la normale gestione della banca di dati o che arrechino un eccessivo pregiudizio ai legittimi interessi del costitutore della stessa.3. L'utente legittimo di una banca di dati messa in qualsiasi modo a disposizione del pubblico non può arrecare pregiudizio al titolare del diritto d'autore o di un diritto connesso relativo ad opere o prestazioni contenute in tale banca.Articolo 9 Deroghe al diritto «sui generis» Gli Stati membri possono stabilire che l'utente legittimo di una banca di dati messa in qualsiasi modo a disposizione del pubblico possa, senza autorizzazione del costitutore della stessa, estrarre e/o reimpiegare una parte sostanziale del contenuto di tale banca:a) qualora si tratti di un'estrazione per fini privati del contenuto di una banca di dati non elettronica;b) qualora si tratti di un'estrazione per finalità didattiche o di ricerca scientifica, purché l'utente legittimo ne citi la fonte e in quanto ciò sia giustificato dagli scopi non commerciali perseguiti;c) qualora si tratti di estrazione e/o reimpiego per fini di sicurezza pubblica o per una procedura amministrativa o giurisdizionale.Articolo 10 Durata della tutela 1. Il diritto di cui all'articolo 7 produce i propri effetti non appena completata la costituzione della banca di dati. Esso si estingue trascorsi quindici anni dal 1° gennaio dell'anno successivo alla data del completamento.2. Per le banche di dati messe in qualsiasi modo a disposizione del pubblico prima dello scadere del periodo di cui al paragrafo 1, il termine di protezione di tale diritto si esaurisce trascorsi quindici anni dal 1° gennaio dell'anno successivo alla data in cui la banca di dati è stata messa per la prima volta a disposizione del pubblico.3. Ogni modifica sostanziale, valutata in termini qualitativi o quantitativi, del contenuto di una banca dati, ed in particolare ogni modifica sostanziale risultante dell'accumulo di aggiunte, stralci o modifiche successivi che permetta di ritenere che si tratti di un nuovo investimento sostanziale, valutato in termini qualitativi o quantitativi, consente di attribuire alla banca derivante da tale investimento una propria specifica durata di protezione.Articolo 11 Beneficiari della tutela basata sul diritto «sui generis» 1. Il diritto di cui all'articolo 7 si applica alle banche di dati i cui costitutori o titolari di diritti sono cittadini di uno Stato membro o risiedono abitualmente nel territorio della Comunità.2. Il paragrafo 1 si applica anche ad imprese e società costituite secondo la normativa di uno Stato membro ed aventi la sede sociale, l'amministrazione centrale o il centro d'attività principale all'interno della Comunità; tuttavia, qualora una siffatta società o impresa abbia soltanto la propria sede sociale nel territorio della Comunità, le sue attività devono avere un legame effettivo e continuo con l'economia di uno degli Stati membri.3. Il Consiglio, su proposta della Commissione, conclude accordi che estendono il diritto di cui all'articolo 7 alle banche di dati costituite in paesi terzi e non rientranti nel campo d'applicazione dei paragrafi 1 e 2. La durata della tutela concessa alle banche di dati secondo questa procedura non eccede quella prevista dall'articolo 10.CAPITOLO IV DISPOSIZIONI COMUNI Articolo 12 Sanzioni Gli Stati membri prevedono adeguate sanzioni contro la violazione dei diritti contemplati dalla presente direttiva.Articolo 13 Mantenimento di altre disposizioni La presente direttiva non osta all'applicazione delle disposizioni concernenti segnatamente il diritto d'autore, i diritti connessi o altri diritti od obblighi preesistenti su dati, opere o altri elementi inseriti in una banca di dati, brevetti, marchi commerciali, disegni e modelli industriali, la protezione dei beni appartenenti al patrimonio nazionale, le norme sulle intese e sulla concorrenza sleale, il segreto industriale, la sicurezza, la riservatezza, la tutela dei dati di carattere personale ed il rispetto della vita privata, l'accesso ai documenti pubblici o il diritto dei contratti.Articolo 14 Applicazione nel tempo 1. La tutela prevista dalla presente direttiva per quanto riguarda il diritto d'autore si applica anche alle banche di dati create prima della data di cui all'articolo 16, paragrafo 1, che a tale data soddisfino i requisiti fissati dalla presente direttiva in materia di tutela delle banche di dati in base al diritto d'autore.2. In deroga al paragrafo 1, allorché alla data di pubblicazione della presente direttiva una banca di dati tutelata mediante un regime di diritto d'autore in uno Stato membro non soddisfa i criteri di ammissibilità alla tutela in base al diritto d'autore previsti all'articolo 3, paragrafo 1, la presente direttiva non ha l'effetto di ridurre in tale Stato membro il restante periodo di tutela accordato in base al regime di cui sopra.3. La tutela prevista dalla presente direttiva per quanto riguarda il diritto di cui all'articolo 7 si applica anche alle banche di dati costituite completamente nei quindici anni precedenti la data di cui all'articolo 16, paragrafo 1 e che soddisfino a tale data i requisiti di cui all'articolo 7.4. La tutela prevista ai paragrafi 1 e 3 non pregiudica gli atti conclusi e i diritti acquisiti anteriormente alla data prevista negli stessi.5. Per le banche dati costituite completamente nei quindi anni precedenti la data prevista all'articolo 16, paragrafo 1, la durata della tutela in base al diritto di cui all'articolo 7 è di quindici anni a decorrere dal 1° gennaio successivo a tale data.Articolo 15 Inderogabilità di talune disposizioni Qualsiasi disposizione contrattuale in contrasto con l'articolo 6, paragrafo 1 e con l'articolo 8 è nulla e priva di effetti.Articolo 16 Disposizioni finali 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 1° gennaio 1998.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono disposte dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.3. Non oltre la fine del terzo anno successivo alla data di cui al paragrafo 1 e, in seguito, ogni tre anni, la Commissione trasmette al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale una relazione sull'applicazione della presente direttiva in cui, sulla scorta delle informazioni specifiche fornite dagli Stati membri, esamina segnatamente se l'applicazione del diritto sui generis, compresi gli articoli 8 e 9, ha comportato abusi di posizione dominante o altri pregiudizi alla libera concorrenza tali da giustificare misure adeguate, in particolare l'istituzione di un regime di licenze non volontarie. Essa presenta eventualmente proposte volte ad adeguare la direttiva agli sviluppi nel settore delle banche dati.Articolo 17 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Strasburgo, addì 11 marzo 1996.Per il Parlamento europeoIl PresidenteK. HÄNSCHPer il ConsiglioIl PresidenteL. DINI(1) GU n. C 156 del 23. 6. 1992, pag. 4, e GU n. C 308 del 15. 11. 1993, pag. 1.(2) GU n. C 19 del 25. 1. 1993, pag. 3.(3) Parere del Parlamento europeo del 23 giugno 1993 (GU n. C 194 del 19. 7. 1993, pag. 144), posizione comune del Consiglio del 10 luglio 1995 (GU n. C 288 del 30. 10. 1995, pag. 14) e decisione del Parlamento europeo del 14 dicembre 1995 (GU n. C 17 del 22. 1. 1996). Decisione del Consiglio del 26 febbraio 1996.(4) GU n. L 122 del 17. 5. 1991, pag. 42. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 93/98/CEE (GU n. L 290 del 24. 11. 1993, pag. 9).(5) GU n. L 346 del 27. 11. 1992, pag. 61.(6) GU n. L 290 del 24. 11. 1993, pag. 9.(7) GU n. L 281 del 23. 11. 1995, pag. 31. | Tutela giuridica: banche di dati
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Mira a offrire tutela giuridica per le banche di dati* questo ha due aspetti:tutela del diritto dʼautore per la creazione intellettuale coinvolta nella selezione e nellʼorganizzazione dei materiali; sui generis* protezione per un investimento sostanziale (finanziario e in termini di risorse umane, impegno ed energie) nellʼottenere, verificare o presentare i contenuti di una banca di dati.
PUNTI CHIAVE
Ambito di applicazioneLa direttiva:si applica alle banche di dati, indipendentemente dalla loro forma (ad es. elettronica (online) o non elettronica (offline)); non si applica al software utilizzato nella creazione o gestione della banca di dati o alle opere e materiali che contiene. Non influisce sulle norme giuridiche che riguardano in particolare brevetti, marchi, disegni e modelli o concorrenza sleale.
Diritto dʼautoreUna banca di dati sarà protetta dal diritto dʼautore se la selezione o la disposizione dei suoi contenuti costituisce la creazione intellettuale del creatore. Il creatore di una banca di dati gode di un gruppo di diritti esclusivi (attività riservate), ad es. riproduzione, alterazione, distribuzione, ecc. Lʼutente legittimo di una banca di dati può eseguire le attività riservate che sono necessarie per lʼutilizzo della banca di dati, fatte salve alcune restrizioni. Sono previste anche altre eccezioni (ad es. illustrazioni per lʼinsegnamento o la ricerca scientifica). Dirittisui generisOltre alle disposizioni sul diritto dʼautore, la direttiva stabilisce una serie di disposizioni sui generis in modo che il creatore di una banca di dati possa vietare lʼestrazione e/o il riutilizzo non autorizzati dei suoi contenuti. I diritti sui generis sono diritti economici e in quanto tali possono essere trasferiti, assegnati o concessi sotto licenza contrattuale. Gli utenti legittimi possono estrarre e riutilizzare, senza autorizzazione, parti non sostanziali del contenuto di una banca di dati. Tuttavia, essi non possono eseguire atti che irragionevolmente danneggino gli interessi legittimi del creatore della banca di dati o di una persona che fornisce le opere o i servizi che contiene. Sono previste anche altre eccezioni (ad es. illustrazioni per lʼinsegnamento o la ricerca scientifica). Il diritto di impedire lʼestrazione e/o il riutilizzo non autorizzati dei contenuti di una banca di dati si estende per un periodo di 15 anni a partire dalla data in cui è stata completata la creazione della banca di dati. La protezione contro lʼestrazione o il riutilizzo non autorizzati è concessa a banche di dati il cui creatore è un cittadino dellʼUE, una società o unʼazienda residente o con sede legale, amministrazione centrale o sede principale di attività nellʼUE.
DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è entrata in vigore il 16 aprile 1996 e doveva essere recepita dalle legislazioni nazionali dei paesi dellʼUE entro il 31 dicembre 1997.
CONTESTO
Ci sono state due valutazioni della direttiva, una nel 2005 e una nel 2018.
Per ulteriori informazioni fare riferimento a:Tutela delle banche di dati (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Banca di dati: una raccolta di lavori, dati e altri materiali indipendenti organizzati in maniera sistematica o metodica e accessibili individualmente da mezzi elettronici o di altro tipo.
Diritto sui generis: un diritto di proprietà, simile ma con alcune differenze rispetto al diritto dʼautore. Esiste per riconoscere lʼinvestimento sostanziale che viene fatto nellʼottenere, verificare o presentare i contenuti di una banca di dati, anche quando questo non coinvolge lʼaspetto creativo che si riflette nel diritto dʼautore.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 96/9/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dellʼ11 marzo 1996, relativa alla tutela giuridica delle banche di dati (GU L 77 del 27.3.1996, pag. 20). | 12,423 | 594 |
32004R1935 | false | REGOLAMENTO (CE) N. 1935/2004 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 27 ottobre 2004
riguardante i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari e che abroga le direttive 80/590/CEE e 89/109/CEE
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 95,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 89/109/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari (3), stabilisce principi generali per l’eliminazione delle disparità tra le legislazioni degli Stati membri per quanto riguarda tali materiali ed oggetti e dispone l’adozione di direttive di applicazione relative a gruppi specifici di materiali e oggetti (direttive particolari). Tale impostazione è stata efficace e andrebbe dunque continuata.
(2)
Le direttive particolari adottate in virtù della direttiva 89/109/CEE contengono di norma disposizioni che lasciano agli Stati membri uno scarso margine discrezionale nel recepimento e sono soggette a frequenti modifiche, necessarie per il loro rapido adeguamento al progresso tecnologico. Dovrebbe pertanto essere possibile configurare tali misure come regolamenti o decisioni. Al tempo stesso è opportuno includere nel loro ambito varie questioni aggiuntive. La direttiva 89/109/CEE dovrebbe quindi essere sostituita.
(3)
Il principio alla base del presente regolamento è che i materiali o gli oggetti destinati a venire a contatto, direttamente o indirettamente, con i prodotti alimentari devono essere sufficientemente inerti da escludere il trasferimento di sostanze ai prodotti alimentari in quantità tali da mettere in pericolo la salute umana o da comportare una modifica inaccettabile della composizione dei prodotti alimentari o un deterioramento delle loro caratteristiche organolettiche.
(4)
I nuovi tipi di materiali e oggetti concepiti per mantenere attivamente o migliorare le condizioni dei prodotti alimentari («materiali e oggetti attivi destinati al contatto con i prodotti alimentari») non sono concepiti per essere inerti, contrariamente ai materiali e agli oggetti tradizionali. Altri tipi di nuovi materiali e oggetti sono concepiti per controllare le condizioni del prodotto alimentare («materiali e oggetti intelligenti destinati al contatto con i prodotti alimentari»). Entrambi i tipi di materiali e oggetti possono essere messi a contatto con i prodotti alimentari. È pertanto necessario, per motivi di chiarezza e di certezza giuridica, che i materiali e gli oggetti attivi e intelligenti destinati al contatto con i prodotti alimentari siano inclusi nell’ambito di applicazione del presente regolamento e che siano stabiliti i principali requisiti per il loro impiego. Requisiti ulteriori dovrebbero essere fissati con misure specifiche, che prevedano tra l'altro elenchi positivi di sostanze e/o di materiali e oggetti autorizzati, che dovrebbero essere adottate appena possibile.
(5)
I materiali e gli oggetti attivi destinati al contatto con i prodotti alimentari sono concepiti in modo da incorporare deliberatamente componenti «attivi» che verranno rilasciati nel prodotto alimentare o che assorbiranno sostanze dallo stesso. Detti materiali e oggetti andrebbero distinti da quelli tradizionalmente utilizzati per rilasciare i componenti naturali in tipi specifici di prodotti alimentari nel processo di lavorazione, come le botti di legno.
(6)
I materiali e gli oggetti attivi destinati al contatto con i prodotti alimentari possono cambiare la composizione o le proprietà organolettiche dei prodotti alimentari soltanto se i cambiamenti sono conformi alle disposizioni comunitarie applicabili ai prodotti alimentari, come le disposizioni della direttiva 89/107/CEE (4) concernente gli additivi alimentari. In particolare, le sostanze quali gli additivi alimentari deliberatamente incorporate in taluni materiali e oggetti attivi destinati al contatto con i prodotti alimentari per essere rilasciate nei prodotti alimentari confezionati o nell'ambiente in cui si trovano tali prodotti alimentari dovrebbero essere autorizzate a norma delle pertinenti disposizioni comunitarie applicabili ai prodotti alimentari ed essere inoltre soggette ad altre norme che saranno definite in una misura specifica.
In aggiunta etichettatura e informazioni adeguate dovrebbero aiutare gli utilizzatori nell'impiego sicuro e corretto dei materiali e degli oggetti attivi in conformità della legislazione alimentare, nonché delle disposizioni sull'etichettatura dei prodotti alimentari.
(7)
I materiali e gli oggetti attivi e intelligenti destinati al contatto con i prodotti alimentari non dovrebbero cambiare la composizione o le proprietà organolettiche dei prodotti alimentari o dare informazioni sulle condizioni dei prodotti alimentari tali da poter fuorviare i consumatori. Ad esempio, i materiali e gli oggetti attivi destinati al contatto con i prodotti alimentari non dovrebbero rilasciare o assorbire sostanze come le aldeidi o le ammine per coprire un deterioramento incipiente dei prodotti alimentari. Tali cambiamenti che potrebbero alterare i segnali di deterioramento potrebbero fuorviare il consumatore e pertanto non dovrebbero essere permessi. Analogamente i materiali e gli oggetti attivi destinati al contatto con i prodotti alimentari che producono cambiamenti di colore nei prodotti alimentari atti a dare informazioni sbagliate sulle condizioni degli stessi potrebbero fuorviare il consumatore e pertanto non dovrebbero essere permessi.
(8)
I materiali ed oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari che vengono immessi sul mercato dovrebbero essere conformi ai requisiti del presente regolamento. Tuttavia, dovrebbero essere esclusi i materiali e gli oggetti forniti come oggetti di antiquariato, in quanto sono disponibili in quantità limitate e il loro contatto con i prodotti alimentari è pertanto limitato.
(9)
I materiali di ricopertura o di rivestimento, che fanno parte dei prodotti alimentari e possono essere consumati con i medesimi, non dovrebbero essere contemplati nel presente regolamento. D'altro canto, il presente regolamento dovrebbe applicarsi ai materiali di ricopertura o di rivestimento che rivestono le croste dei formaggi, le preparazioni di carni o la frutta, ma che non fanno parte dei prodotti alimentari e non sono destinati al consumo con detti prodotti alimentari.
(10)
È necessario definire vari tipi di restrizioni e condizioni d’impiego per i materiali e gli oggetti di cui al presente regolamento nonché per la sostanze impiegate nella loro fabbricazione. È opportuno istituire tali restrizioni e condizioni d’impiego mediante misure specifiche attinenti alle particolari caratteristiche tecnologiche di ciascun gruppo di materiali e oggetti.
(11)
A norma del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (5), l’Autorità europea per la sicurezza alimentare («l’Autorità») dovrebbe essere consultata prima che, nell’ambito delle misure specifiche, siano adottate disposizioni aventi eventualmente implicazioni di salute pubblica.
(12)
Le sostanze da includere nell'elenco previsto da misure specifiche, comprendente le sostanze autorizzate all’interno della Comunità per l’uso nella fabbricazione di materiali e oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari, dovrebbero essere sottoposte ad una valutazione della sicurezza prima dell’autorizzazione. La valutazione della sicurezza e l'autorizzazione di dette sostanze dovrebbero lasciare impregiudicati i requisiti pertinenti della normativa comunitaria concernente la registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche.
(13)
Le disparità tra le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali relative alla valutazione della sicurezza e all’autorizzazione delle sostanze utilizzate nella fabbricazione di materiali e oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari possono ostacolare la libera circolazione di tali materiali e oggetti, creando condizioni di concorrenza scorretta e sleale. Occorrerebbe pertanto istituire una procedura di autorizzazione a livello comunitario. La valutazione della sicurezza di tali sostanze dovrebbe essere svolta dall’Autorità, affinché avvenga in modo armonizzato.
(14)
La valutazione della sicurezza delle sostanze dovrebbe essere seguita da una decisione di gestione del rischio che valuti l’opportunità di inserire le sostanze in un elenco comunitario di sostanze autorizzate.
(15)
È opportuno prevedere la possibilità di un riesame amministrativo di atti specifici od omissioni da parte dell'Autorità a norma del presente regolamento. Tale riesame non dovrebbe pregiudicare il ruolo dell'Autorità quale punto di riferimento scientifico indipendente per la valutazione del rischio.
(16)
L’etichettatura agevola l’impiego corretto dei materiali e degli oggetti da parte degli utilizzatori. Le modalità secondo cui l’etichettatura deve essere realizzata possono variare in funzione dell’utilizzatore.
(17)
La direttiva 80/590/CEE della Commissione (6) ha introdotto un simbolo che può accompagnare i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari. Per motivi di semplicità, tale simbolo dovrebbe essere inserito nel presente regolamento.
(18)
La rintracciabilità dei materiali e degli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari dovrebbe essere garantita in tutte le fasi per facilitare il controllo, il ritiro dei prodotti difettosi, le informazioni ai consumatori e l'attribuzione della responsabilità. Gli operatori economici dovrebbero essere in grado di individuare almeno le imprese dalle quali e alle quali sono stati forniti i materiali e gli oggetti stessi.
(19)
Nel controllare la conformità dei materiali e degli oggetti al presente regolamento è opportuno tener conto delle esigenze particolari dei paesi in via di sviluppo, in particolare dei paesi meno sviluppati. In base al regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di prodotti alimentari e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali (7), la Commissione è impegnata a fornire un sostegno ai paesi in via di sviluppo per quanto attiene alla sicurezza alimentare, compresa la sicurezza dei materiali e degli oggetti a contatto con i prodotti alimentari. Tale regolamento prevede pertanto disposizioni speciali che dovrebbero essere applicabili anche ai materiali e agli oggetti che vengono a contatto con i prodotti alimentari.
(20)
È necessario stabilire procedure per l’adozione di misure di salvaguardia nelle situazioni in cui un determinato materiale od oggetto può costituire un grave rischio per la salute umana.
(21)
Il regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (8), si applica ai documenti in possesso dell'Autorità.
(22)
È opportuno proteggere l’investimento effettuato dagli innovatori nel raccogliere le informazioni e i dati a sostegno delle richieste previste dal presente regolamento. Tuttavia, per prevenire l’inutile ripetizione di studi e in particolare di esperimenti sugli animali, la condivisione dei dati dovrebbe essere permessa purché vi sia l’accordo tra i soggetti interessati.
(23)
Dovrebbero essere designati laboratori di riferimento comunitari e nazionali al fine di contribuire all’elevata qualità e all’uniformità dei risultati delle analisi. Tale obiettivo sarà raggiunto nel quadro del regolamento (CE) n. 882/2004.
(24)
L'uso di materiali e oggetti riciclati dovrebbe essere favorito nella Comunità per ragioni ambientali, purché siano stabiliti requisiti rigorosi per garantire la sicurezza alimentare e la tutela dei consumatori. Tali requisiti dovrebbero essere stabiliti tenendo conto anche delle caratteristiche tecnologiche dei vari gruppi di materiali e di oggetti menzionati nell'allegato I. Si dovrebbe dare la priorità all'armonizzazione delle norme in materia di materiali e oggetti di plastica riciclata, in quanto il loro uso è in aumento e le normative nazionali sono carenti o divergenti. Si dovrebbe pertanto mettere a disposizione del pubblico il più presto possibile un progetto di misura specifica sui materiali e gli oggetti di plastica riciclata al fine di chiarire la situazione giuridica nella Comunità.
(25)
Le misure necessarie per l’attuazione del presente regolamento e le modifiche degli allegati I e II dovrebbero essere adottate conformemente alla decisione 1999/468/CE del Consiglio del ; 28 giugno 1999 ; recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (9).
(26)
Gli Stati membri dovrebbero determinare le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle disposizioni del presente regolamento e provvedere affinché esse siano applicate. Tali sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.
(27)
È necessario che gli operatori economici abbiano tempo sufficiente per adattarsi a taluni requisiti stabiliti nel presente regolamento.
(28)
Poiché gli scopi del presente regolamento non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri a causa delle disparità tra le disposizioni nazionali e possono dunque essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. Il presente regolamento si limita a quanto necessario per conseguire tali scopi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(29)
Le direttive 80/590/CEE e 89/109/CEE dovrebbero pertanto essere abrogate,
HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Scopo e oggetto
1. Il presente regolamento mira a garantire il funzionamento efficace del mercato interno per quanto attiene all'immissione sul mercato comunitario dei materiali e degli oggetti destinati a venire a contatto direttamente o indirettamente con i prodotti alimentari, oltre a costituire la base per assicurare un elevato livello di tutela della salute umana e degli interessi dei consumatori.
2. Il presente regolamento si applica ai materiali e agli oggetti, compresi quelli attivi e intelligenti (qui di seguito denominati «materiali e oggetti»), allo stato di prodotti finiti:
a)
che sono destinati a essere messi a contatto con prodotti alimentari;
b)
che sono già a contatto con prodotti alimentari e sono destinati a tal fine;
o
c)
di cui si prevede ragionevolmente che possano essere messi a contatto con prodotti alimentari o che trasferiscano i propri componenti ai prodotti alimentari nelle condizioni d’impiego normali o prevedibili.
3. Il presente regolamento non si applica:
a)
ai materiali e agli oggetti forniti come oggetti di antiquariato;
b)
ai materiali di ricopertura o di rivestimento, come i materiali che rivestono le croste dei formaggi, le preparazioni di carni o la frutta, che fanno parte dei prodotti alimentari e possono quindi essere consumati con i medesimi;
c)
agli impianti fissi pubblici o privati di approvvigionamento idrico.
Articolo 2
Definizioni
1. Ai fini del presente regolamento si applicano le pertinenti definizioni di cui al regolamento (CE) n. 178/2002, fatta eccezione per i termini «rintracciabilità» e «immissione sul mercato» per i quali valgono le seguenti definizioni:
a)
per «rintracciabilità» s’intende la possibilità di ricostruire e seguire il percorso dei materiali od oggetti attraverso tutte le fasi della lavorazione, della trasformazione e della distribuzione;
b)
per «immissione sul mercato» s’intende la detenzione di materiali e oggetti a scopo di vendita, comprese l'offerta di vendita o ogni altra forma, gratuita o a pagamento, di cessione nonché la vendita stessa, la distribuzione e le altre forme di cessione propriamente dette.
2. Si applicano inoltre le seguenti definizioni:
a)
per «materiali e oggetti attivi destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari» (qui di seguito denominati «materiali e oggetti attivi») s’intendono materiali e oggetti destinati a prolungare la conservabilità o mantenere o migliorare le condizioni dei prodotti alimentari imballati. Essi sono concepiti in modo da incorporare deliberatamente componenti che rilascino sostanze nel prodotto alimentare imballato o nel suo ambiente, o le assorbano dagli stessi;
b)
per «materiali e oggetti intelligenti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari» (qui di seguito denominati «materiali e oggetti intelligenti») s’intendono materiali e oggetti che controllano le condizioni del prodotto alimentare imballato o del suo ambiente;
c)
per «impresa» s’intende ogni soggetto pubblico o privato, con o senza fini di lucro, che svolga attività connesse con qualunque fase della lavorazione, della trasformazione e della distribuzione dei materiali e degli oggetti;
d)
per «operatore economico» s’intende la persona fisica o giuridica responsabile di garantire il rispetto delle disposizioni del presente regolamento nell’impresa posta sotto il suo controllo.
Articolo 3
Requisiti generali
1. I materiali e gli oggetti, compresi i materiali e gli oggetti attivi e intelligenti, devono essere prodotti conformemente alle buone pratiche di fabbricazione affinché, in condizioni d’impiego normali o prevedibili, essi non trasferiscano ai prodotti alimentari componenti in quantità tale da:
a)
costituire un pericolo per la salute umana;
b)
comportare una modifica inaccettabile della composizione dei prodotti alimentari;
o
c)
comportare un deterioramento delle loro caratteristiche organolettiche.
2. L'etichettatura, la pubblicità e la presentazione di un materiale o di un oggetto non deve fuorviare i consumatori.
Articolo 4
Requisiti speciali per i materiali e gli oggetti attivi e intelligenti
1. Nell'applicazione dell'articolo 3, paragrafo 1, lettere b) e c), i materiali e gli oggetti attivi possono comportare modifiche della composizione o delle caratteristiche organolettiche dei prodotti alimentari a condizione che tali modifiche rispettino le disposizioni comunitarie applicabili ai prodotti alimentari, quali le disposizioni della direttiva 89/107/CEE sugli additivi alimentari e le relative misure di attuazione o, in mancanza di tali disposizioni, quelle nazionali relative ai prodotti alimentari.
2. In attesa dell'adozione di norme aggiuntive in una misura specifica sui materiali e gli oggetti attivi e intelligenti, le sostanze deliberatamente incorporate in materiali e oggetti attivi destinati a essere rilasciati nei prodotti alimentari o nell'ambiente in cui si trovano sono autorizzate e utilizzate ai sensi delle pertinenti disposizioni comunitarie applicabili ai prodotti alimentari e sono conformi alle disposizioni del presente regolamento e delle relative misure di attuazione.
Tali sostanze si considerano ingredienti ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 4, lettera a), della direttiva 2000/13/CE (10).
3. I materiali e gli oggetti attivi non comportano modifiche della composizione o delle caratteristiche organolettiche dei prodotti alimentari tali da poter fuorviare i consumatori, ad esempio coprendone il deterioramento.
4. I materiali e gli oggetti intelligenti non forniscono informazioni sulle condizioni del prodotto alimentare tali da poter fuorviare i consumatori.
5. I materiali e gli oggetti attivi e intelligenti che sono già stati messi in contatto con prodotti alimentari devono essere adeguatamente etichettati per consentire al consumatore di identificarne le parti non commestibili.
6. I materiali e gli oggetti attivi e intelligenti devono essere adeguatamente etichettati in modo da indicare che si tratta di materiali od oggetti attivi e/o intelligenti.
Articolo 5
Misure specifiche per gruppi di materiali e oggetti
1. Per i gruppi di materiali e oggetti elencati nell’allegato I e, se del caso, le combinazioni di tali materiali e oggetti o di materiali e oggetti riciclati impiegati nella fabbricazione di tali materiali e oggetti, possono essere adottate o modificate misure specifiche secondo la procedura di cui all’articolo 23, paragrafo 2.
Tali misure specifiche possono includere:
a)
un elenco delle sostanze autorizzate per essere impiegate nella fabbricazione di materiali e oggetti;
b)
uno o più elenchi di sostanze autorizzate incorporate in materiali e oggetti attivi o intelligenti a contatto con i prodotti alimentari, o di materiali e oggetti attivi o intelligenti nonché, se necessario, condizioni particolari d’impiego di tali sostanze e/o dei materiali e oggetti in cui sono incorporate;
c)
requisiti di purezza delle sostanze di cui alla lettera a);
d)
condizioni particolari d’impiego delle sostanze di cui alla lettera a) e/o dei materiali e degli oggetti nei quali le sostanze sono state utilizzate;
e)
limiti specifici di cessione di taluni componenti o gruppi di componenti nei o sui prodotti alimentari, tenendo debitamente conto delle altre possibili fonti di esposizione a tali componenti;
f)
un limite globale di cessione dei componenti nei o sui prodotti alimentari;
g)
disposizioni miranti a proteggere la salute umana dai rischi derivanti dal contatto orale coi materiali e gli oggetti;
h)
altre norme che garantiscano l’osservanza degli articoli 3 e 4;
i)
norme fondamentali per il controllo dell’osservanza delle disposizioni stabilite nelle lettere da a) ad h);
j)
norme riguardanti il prelievo dei campioni e i metodi di analisi necessari per il controllo dell’osservanza delle disposizioni stabilite nelle lettere da a) ad h);
k)
disposizioni specifiche volte a garantire la rintracciabilità dei materiali e degli oggetti, comprese disposizioni concernenti la durata della conservazione delle registrazioni, o disposizioni che consentano, se del caso, deroghe ai requisiti di cui all'articolo 17;
l)
disposizioni aggiuntive in materia di etichettatura per i materiali e gli oggetti attivi e intelligenti;
m)
disposizioni che prevedano l’istituzione e il mantenimento da parte della Commissione di un registro comunitario, accessibile al pubblico, delle sostanze, dei procedimenti, dei materiali o degli oggetti autorizzati (qui di seguito denominato «il registro»);
n)
norme procedurali specifiche che adattino, se del caso, la procedura di cui agli articoli da 8 a 12 o che la rendano adatta all'autorizzazione di taluni tipi di materiali e oggetti e/o procedimenti impiegati nella loro lavorazione, compresa, se del caso, la procedura per una singola autorizzazione di una sostanza, procedimento, materiale od oggetto, con decisione rivolta ad un richiedente.
2. Le direttive specifiche esistenti sui materiali e oggetti sono modificate secondo la procedura di cui all'articolo 23, paragrafo 2.
Articolo 6
Misure specifiche nazionali
In mancanza di misure specifiche di cui all'articolo 5, il presente regolamento non impedisce agli Stati membri di mantenere o adottare disposizioni nazionali, a condizione che siano conformi alle norme del trattato.
Articolo 7
Ruolo dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare
Le disposizioni che possono avere implicazioni di salute pubblica sono adottate previa consultazione dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare, qui di seguito denominata «l’Autorità».
Articolo 8
Requisiti generali per l'autorizzazione delle sostanze
1. Quando è stato adottato l'elenco delle sostanze autorizzate di cui all’articolo 5, paragrafo 1, secondo comma, lettere a) e b), chi intenda ottenere l’autorizzazione per una sostanza non ancora inserita in tale elenco presenta una richiesta in conformità dell’articolo 9, paragrafo 1.
2. Nessuna sostanza è autorizzata se non è stato dimostrato, adeguatamente e sufficientemente, che, se impiegato alle condizioni stabilite nelle misure specifiche, il materiale od oggetto finale soddisfa i requisiti dell'articolo 3 e, se applicabile, dell'articolo 4.
Articolo 9
Richiesta di autorizzazione per nuove sostanze
1. Per ottenere l’autorizzazione di cui all’articolo 8, paragrafo 1, si applica la seguente procedura:
a)
una richiesta è sottoposta all’autorità competente di uno Stato membro ed è corredata delle seguenti informazioni:
i)
nome e indirizzo del richiedente;
ii)
una scheda tecnica contenente le informazioni specificate negli orientamenti per la valutazione della sicurezza delle sostanze, che saranno pubblicati a cura dell’Autorità;
iii)
una sintesi della scheda tecnica;
b)
l’autorità competente di cui alla lettera a):
i)
accusa ricevuta della richiesta dandone comunicazione scritta al richiedente entro 14 giorni dal ricevimento. La ricevuta reca la data di ricevimento della richiesta;
ii)
informa senza indugio l’Autorità;
e
iii)
rende disponibili all’Autorità la richiesta e le informazioni supplementari fornite dal richiedente;
c)
l’Autorità informa immediatamente gli altri Stati membri e la Commissione della richiesta e rende loro disponibili la richiesta e le informazioni supplementari fornite dal richiedente.
2. L’Autorità pubblica orientamenti dettagliati sulla preparazione e presentazione delle richieste (11).
Articolo 10
Parere dell’Autorità
1. Entro sei mesi dal ricevimento di una richiesta valida, l’Autorità emette un parere in merito alla conformità della sostanza ai criteri relativi alla sicurezza di cui all'articolo 3 e, se applicabile, all'articolo 4 nelle condizioni d’impiego previste per il materiale o l’oggetto in cui è usata.
L’Autorità può prorogare al massimo per altri sei mesi tale termine. In tal caso, indica i motivi della proroga al richiedente, alla Commissione e agli Stati membri.
2. L’Autorità può, ove opportuno, invitare il richiedente ad integrare le informazioni a corredo della domanda entro un termine da essa specificato. Allorché l’Autorità richiede informazioni supplementari, il termine di cui al paragrafo 1 è sospeso finché non sia stata fornita l’informazione richiesta. Analogamente tale termine è sospeso durante il periodo assegnato al richiedente per la preparazione di chiarimenti scritti od orali.
3. Onde preparare il proprio parere l’Autorità:
a)
verifica che le informazioni e i documenti presentati dal richiedente siano conformi all’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), nel qual caso la richiesta è considerata valida, ed esamina se la sostanza soddisfi i criteri relativi alla sicurezza di cui all' articolo 3 e, se applicabile, all'articolo 4;
b)
informa il richiedente, la Commissione e gli Stati membri nel caso in cui la richiesta non sia valida.
4. Il parere, qualora sia favorevole all’autorizzazione della sostanza oggetto della valutazione, comprende le seguenti informazioni:
a)
designazione e caratteristiche della sostanza;
e
b)
se del caso, raccomandazioni per le condizioni o restrizioni d’impiego della sostanza valutata e/o del materiale od oggetto in cui è usata;
e
c)
una valutazione dell’adeguatezza del metodo d’analisi proposto ai fini di controllo previsti.
5. L’Autorità trasmette il proprio parere alla Commissione, agli Stati membri e al richiedente.
6. L’Autorità rende pubblico il proprio parere, previa cancellazione di tutte le informazioni ritenute riservate ai sensi dell’articolo 20.
Articolo 11
Autorizzazione comunitaria
1. L'autorizzazione comunitaria di una o più sostanze avviene sotto forma di adozione di una misura specifica. La Commissione prepara, se del caso, un progetto di misura specifica di cui all'articolo 5, recante l’autorizzazione della sostanza (delle sostanze) valutata (valutate) dall’Autorità e la definizione o modifica delle condizioni d’impiego.
2. Il progetto di misura specifica tiene conto del parere dell’Autorità, delle disposizioni pertinenti della normativa comunitaria e di altri validi fattori attinenti alla questione in esame. Se il progetto di misura specifica non è conforme al parere dell’Autorità, la Commissione indica senza indugio i motivi delle divergenze. Se non intende preparare un progetto di misura specifica dopo un parere favorevole dell'autorità, la Commissione ne informa senza indugio il richiedente indicandone i motivi.
3. L'autorizzazione comunitaria sotto forma di misura specifica, di cui al paragrafo 1, è adottata secondo la procedura di cui all’articolo 23, paragrafo 2.
4. Quando la sostanza sia stata autorizzata a norma del regolamento, l'operatore economico che impiega la sostanza stessa o i materiali o gli oggetti che la contengono si conforma alle condizioni o restrizioni inerenti all’autorizzazione.
5. Il richiedente o l'operatore economico che impiega la sostanza autorizzata o i materiali o gli oggetti che la contengono comunica immediatamente alla Commissione ogni nuova informazione scientifica o tecnica che possa influire sulla valutazione della sicurezza della sostanza autorizzata per quanto riguarda la salute umana. Se necessario, l’Autorità riesamina allora la valutazione.
6. La concessione dell'autorizzazione lascia impregiudicata la responsabilità generale, civile e penale dell’operatore economico relativamente alla sostanza autorizzata, ai materiali o agli oggetti che la contengono e al prodotto alimentare a contatto con tali materiali od oggetti.
Articolo 12
Modifica, sospensione e revoca delle autorizzazioni
1. Il richiedente o l'operatore economico che impiega la sostanza autorizzata o i materiali o gli oggetti che la contengono può chiedere, conformemente alla procedura di cui all’articolo 9, paragrafo 1, la modifica di un’autorizzazione già concessa.
2. La richiesta contiene quanto segue:
a)
un riferimento alla richiesta originaria;
b)
una scheda tecnica contenente le nuove informazioni in conformità degli orientamenti di cui all’articolo 9, paragrafo 2;
c)
una nuova sintesi completa della scheda tecnica in forma standardizzata.
3. Di propria iniziativa o in seguito alla richiesta di uno Stato membro o della Commissione, l’Autorità valuta se il parere o l’autorizzazione sia ancora conforme al presente regolamento, all’occorrenza seguendo la procedura di cui all’articolo 10. L'Autorità può, se necessario, consultare il richiedente.
4. La Commissione esamina senza indugio il parere dell’Autorità e prepara un progetto di misura specifica.
5. Il progetto di misura specifica che comporti la modifica dell’autorizzazione precisa quali modifiche debbano essere apportate alle condizioni d’impiego ed alle eventuali restrizioni inerenti all’autorizzazione stessa.
6. La misura specifica finale relativa alla modifica, sospensione o revoca dell’autorizzazione è adottata conformemente alla procedura stabilita nell’articolo 23, paragrafo 2.
Articolo 13
Autorità competenti degli Stati membri
Ciascuno Stato membro comunica alla Commissione ed all'Autorità il nome e l'indirizzo, nonché un punto di contatto, dell'autorità nazionale o delle autorità nazionali competenti, nel territorio di detto Stato, a ricevere la richiesta di autorizzazione di cui agli articoli da 9 a 12. La Commissione pubblica il nome e l'indirizzo delle autorità nazionali competenti nonché i punti di contatto comunicati ai sensi del presente articolo.
Articolo 14
Riesame amministrativo
Gli atti o le omissioni di agire in virtù dei poteri conferiti all'Autorità dal presente regolamento possono essere riesaminati dalla Commissione di propria iniziativa o in seguito a richiesta da parte di uno Stato membro o di qualsiasi persona direttamente e individualmente interessata.
Allo scopo è presentata una richiesta alla Commissione entro due mesi dal giorno in cui la parte interessata ha avuto conoscenza dell'atto o dell'omissione in questione.
La Commissione prende una decisione entro due mesi chiedendo all'Autorità, se del caso, di ritirare il suo atto o di rimediare all'omissione in questione.
Articolo 15
Etichettatura
1. Fatte salve le misure specifiche, di cui all'articolo 5, i materiali e gli oggetti non ancora entrati in contatto con il prodotto alimentare al momento dell’immissione sul mercato sono corredati di quanto segue:
a)
la dicitura «per contatto con i prodotti alimentari» o un’indicazione specifica circa il loro impiego (ad esempio come macchina da caffè, bottiglia per vino, cucchiaio per minestra), o il simbolo riprodotto nell’allegato II;
e
b)
se del caso, speciali istruzioni da osservare per garantire un impiego sicuro e adeguato;
e
c)
il nome o la ragione sociale e, in entrambi i casi, l’indirizzo o la sede sociale del fabbricante, del trasformatore o del venditore responsabile dell'immissione sul mercato, stabilito all’interno della Comunità;
e
d)
un’adeguata etichettatura o identificazione, che assicuri la rintracciabilità del materiale od oggetto di cui all'articolo 17;
e
e)
nel caso di materiali e oggetti attivi, le informazioni sull'impiego o sugli impieghi consentiti e le altre informazioni pertinenti come il nome e la quantità delle sostanze rilasciate dalla componente attiva, in modo da permettere agli operatori del settore alimentare che impiegano tali materiali od oggetti di conformarsi ad altre disposizioni comunitarie pertinenti o, in difetto, alle disposizioni nazionali sui prodotti alimentari, comprese le disposizioni sull'etichettatura dei prodotti alimentari.
2. Le informazioni di cui al paragrafo 1, lettera a), non sono tuttavia obbligatorie per gli oggetti che, per le loro caratteristiche, sono chiaramente destinati ad entrare in contatto con i prodotti alimentari.
3. Le informazioni di cui al paragrafo 1 sono scritte in modo ben visibile, chiaramente leggibile ed indelebile.
4. Il commercio al dettaglio di materiali e oggetti è proibito se le informazioni di cui al paragrafo 1, lettere a), b) ed e), non sono espresse in una lingua facilmente comprensibile per gli acquirenti.
5. Nel proprio territorio lo Stato membro in cui il materiale o l'oggetto è commercializzato può stabilire, in conformità delle norme del trattato, che le diciture sull'etichettatura siano espresse in una o più lingue da scegliere tra le lingue ufficiali della Comunità.
6. I paragrafi 4 e 5 non ostano a che le diciture sull'etichettatura siano riportate in varie lingue.
7. Al momento della vendita al dettaglio, le informazioni di cui al paragrafo 1 sono visibili:
a)
sui materiali e gli oggetti o loro imballaggi;
o
b)
su etichette poste sui materiali e sugli oggetti o sui loro imballaggi;
o
c)
su cartellini, chiaramente visibili per gli acquirenti, posti nelle immediate vicinanze dei materiali e degli oggetti; tuttavia, per le informazioni di cui al paragrafo 1, lettera c), quest’ultima modalità è ammessa soltanto se l’apposizione, su detti materiali e oggetti, dell’informazione o di un’etichetta recante l’informazione non è possibile, per motivi tecnici, né nella fase di lavorazione né in quella di commercializzazione.
8. Nelle fasi della commercializzazione diverse dalla vendita al dettaglio, le informazioni di cui al paragrafo 1 sono visibili:
a)
sui documenti di accompagnamento;
o
b)
sulle etichette o sugli imballaggi;
o
c)
sui materiali e sugli oggetti stessi.
9. Le informazioni di cui al paragrafo 1, lettere a), b) ed e), sono limitate ai materiali e agli oggetti conformi:
a)
ai criteri fissati nell'articolo 3 e, se applicabile, nell'articolo 4;
e
b)
alle misure specifiche di cui all'articolo 5 o, in difetto, alle disposizioni nazionali applicabili a tali materiali e oggetti.
Articolo 16
Dichiarazione di conformità
1. Le misure specifiche di cui all’articolo 5 prevedono che i materiali e gli oggetti cui esse si riferiscono siano corredati di una dichiarazione scritta che attesti la loro conformità alle norme vigenti.
Una documentazione appropriata è disponibile per dimostrare tale conformità. Detta documentazione è resa disponibile alle autorità competenti che la richiedano.
2. In difetto di misure specifiche, il presente regolamento non impedisce agli Stati membri di mantenere in vigore o adottare disposizioni nazionali relative alle dichiarazioni di conformità per materiali e oggetti.
Articolo 17
Rintracciabilità
1. La rintracciabilità dei materiali e degli oggetti è garantita in tutte le fasi per facilitare il controllo, il ritiro dei prodotti difettosi, le informazioni ai consumatori e l'attribuzione della responsabilità.
2. Tenendo in debito conto la fattibilità tecnologica, gli operatori economici dispongono di sistemi e di procedure che consentono l’individuazione delle imprese da cui e a cui sono stati forniti i materiali e gli oggetti e, se del caso, le sostanze e i prodotti, disciplinati dal presente regolamento e dalle relative misure di applicazione, usati nella loro lavorazione. Tali informazioni sono rese disponibili alle autorità competenti che le richiedano.
3. I materiali e gli oggetti immessi sul mercato comunitario sono individuabili da un sistema adeguato che ne consente la rintracciabilità mediante l'etichettatura o documentazione o informazioni pertinenti.
Articolo 18
Misure di salvaguardia
1. Se uno Stato membro, in seguito a nuove informazioni o ad una nuova valutazione delle informazioni esistenti, ha motivazioni circostanziate per concludere che l’impiego di un materiale od oggetto presenti un pericolo per la salute pubblica, pur essendo conforme alle misure specifiche pertinenti, può temporaneamente sospendere o sottoporre a restrizioni, nel proprio territorio, l’applicazione delle disposizioni di cui trattasi.
Esso ne informa immediatamente gli altri Stati membri e la Commissione, precisando i motivi che giustificano la sospensione o le restrizioni.
2. La Commissione esamina quanto prima, nell’ambito del comitato di cui all’articolo 23, paragrafo 1, eventualmente previo parere dell’Autorità, le motivazioni addotte dallo Stato membro ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo, emette senza indugio il proprio parere e prende le misure del caso.
3. Se la Commissione ritiene che, per porre rimedio alla situazione di cui al paragrafo 1 e per garantire la tutela della salute umana, siano necessarie modifiche delle misure specifiche pertinenti, tali modifiche sono adottate con la procedura di cui all’articolo 23, paragrafo 2.
4. Lo Stato membro di cui al paragrafo 1 può mantenere in vigore la sospensione o le restrizioni fino all’adozione delle modifiche di cui al paragrafo 3 o finché la Commissione non abbia rifiutato di adottare tali modifiche.
Articolo 19
Accesso del pubblico
1. Le richieste di autorizzazione, le informazioni supplementari fornite dai richiedenti e i pareri dell’Autorità, fatte salve le informazioni riservate, sono resi accessibili al pubblico a norma degli articoli 38, 39 e 41 del regolamento (CE) n. 178/2002.
2. Le domande di accesso ai documenti ricevuti ai sensi del presente regolamento sono trattate dagli Stati membri a norma dell’articolo 5 del regolamento (CE) n. 1049/2001.
Articolo 20
Riservatezza
1. Il richiedente può indicare quali informazioni presentate ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, dell'articolo 10, paragrafo 2, e dell'articolo 12, paragrafo 2, debbano essere trattate in modo riservato, poiché dalla loro rivelazione potrebbe essere significativamente danneggiata la sua posizione concorrenziale. In tal caso deve essere prodotta una giustificazione verificabile.
2. Non sono considerate riservate le informazioni riguardanti:
a)
il nome e l’indirizzo del richiedente, nonché la denominazione chimica della sostanza;
b)
le informazioni che attengono direttamente alla valutazione della sicurezza della sostanza;
c)
il metodo o i metodi d’analisi.
3. La Commissione determina, previa consultazione del richiedente, quali informazioni siano mantenute riservate e informa il richiedente e l’Autorità della propria decisione.
4. L’Autorità, quando ne sia richiesta, fornisce alla Commissione e agli Stati membri tutte le informazioni in suo possesso.
5. La Commissione, l’Autorità e gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire l’opportuna riservatezza delle informazioni ricevute a norma del presente regolamento, eccezion fatta per le informazioni che devono essere divulgate in determinate circostanze al fine di proteggere la salute umana.
6. Se un richiedente ritira o ha ritirato una domanda, l’Autorità, la Commissione e gli Stati membri rispettano la riservatezza delle informazioni commerciali e industriali ricevute, comprese le informazioni in materia di ricerca e sviluppo e le informazioni in merito alla cui riservatezza la Commissione e il richiedente non concordano.
Articolo 21
Condivisione dei dati esistenti
Le informazioni contenute nella richiesta presentata a norma dell’articolo 9, paragrafo 1, dell'articolo 10, paragrafo 2, e dell'articolo 12, paragrafo 2, possono essere utilizzate a beneficio di un altro richiedente, purché l'Autorità ritenga che la sostanza sia la stessa per la quale è stata presentata la richiesta originaria, in particolare per il grado di purezza e la natura delle impurità, e purché il nuovo richiedente abbia concordato con quello originario la possibilità d’impiego delle informazioni.
Articolo 22
Modifiche degli allegati I e II
Le modifiche degli allegati I e II sono adottate secondo la procedura di cui all’articolo 23, paragrafo 2.
Articolo 23
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita dal comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali istituito dall’articolo 58, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 178/2002.
2. Qualora venga fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
Il termine di cui all’articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è di tre mesi.
3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.
Articolo 24
Misure d’ispezione e di controllo
1. Gli Stati membri svolgono controlli ufficiali ai fini dell'osservanza del presente regolamento, conformemente alle pertinenti disposizioni della normativa comunitaria relativa ai controlli ufficiali dei mangimi e dei prodotti alimentari.
2. Se necessario e su richiesta della Commissione, l’Autorità contribuisce all’elaborazione di orientamenti tecnici in materia di campionatura ed analisi, per meglio coordinare l’applicazione del paragrafo 1.
3. Sono istituiti un laboratorio comunitario di riferimento per i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari nonché laboratori nazionali di riferimento, a norma del regolamento (CE) n. 882/2004, i quali coadiuvano gli Stati membri nell'applicazione del paragrafo 1 contribuendo a una qualità elevata e all'uniformità dei risultati delle analisi.
Articolo 25
Sanzioni
Gli Stati membri stabiliscono le norme relative alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni del presente regolamento e adottano tutte le misure necessarie a garantirne l’applicazione. Tali sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri comunicano le pertinenti disposizioni alla Commissione entro 13 maggio 2005 e comunicano senza indugio le modifiche successive delle stesse.
Articolo 26
Abrogazioni
Sono abrogate le direttive 80/590/CEE e 89/109/CEE.
I riferimenti alle direttive abrogate s’intendono fatti al presente regolamento e sono letti secondo la tavola di concordanza dell’allegato III.
Articolo 27
Disposizioni transitorie
I materiali e gli oggetti che sono stati legalmente immessi sul mercato prima del 3 dicembre 2004 possono essere commercializzati fino all'esaurimento delle scorte.
Articolo 28
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
L’articolo 17 è applicabile a decorrere dal 27 ottobre 2006.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Strasburgo, addì 27 ottobre 2004.
Per il Parlamento europeo
J. BORRELL FONTELLES
Il presidente
Per il Consiglio
A. NICOLAI
Il presidente
(1) GU C 117 del 30.4.2004, pag. 1.
(2) Parere del Parlamento europeo del 31 marzo 2004 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 14 ottobre 2004.
(3) GU L 40 dell’11.2.1989, pag. 38. Direttiva modificata dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1).
(4) Direttiva 89/107/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1988 per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti gli additivi autorizzati nei prodotti alimentari destinati al consumo umano (GU L 40 dell'11.2.1989, pag. 27). Direttiva modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 1882/2003.
(5) GU L 31 dell’1.2.2002, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 1642/2003 (GU L 245 del 29.9.2003, pag. 4).
(6) Direttiva 80/590/CEE della Commissione, del 9 giugno 1980, relativa alla determinazione del simbolo che può accompagnare i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari (GU L 151 del 19.6.1980, pag. 21). Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 2003.
(7) GU L 165 del 30.4.2004, pag. 1. Regolamento rettificato nella GU L 191 del 28.5.2004, pag. 1.
(8) GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43.
(9) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
(10) Direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità (GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29). Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2003/89/CE (GU L 308 del 25.11.2003, pag. 15).
(11) In attesa di tale pubblicazione, i richiedenti possono consultare gli «Orientamenti del comitato scientifico per l’alimentazione umana riguardanti la presentazione delle richieste di valutazione della sicurezza per sostanze destinate ad essere impiegate, prima dell’autorizzazione, in materiali a contatto con i prodotti alimentari» — http://europa.eu.int/comm/food/fs/sc/scf/out82_en.pdf | Sicurezza sui prodotti alimentari - sicurezza sui materiali e oggetti a contatto con prodotti alimentari
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Il presente regolamento stabilisce norme comuni per l’immissione sul mercato dei materiali e oggetti destinati a contatto con prodotti alimentari (MCA), incluso imballaggio alimentare, stoviglie, servizio da tavola e impianti di produzione alimentare, sono destinati o possono entrare in contatto, o trasferire i loro componenti (sostanze che tali costituenti possono contenere) nei prodotti alimentari. Il presente regolamento mira a proteggere la salute umana e gli interessi dei consumatori e assicura che i prodotti siano venduti ovunque all’interno dello Spazio economico europeo- un’area compresa dell’Unione europea (Unione) Stati membri, Islanda, Liechtenstein e Norvegia - nella quale ci sia libera circolazione delle persone, beni, servizi e capitali.
PUNTI CHIAVE
Materiali e oggetti destinati a contatto con prodotti alimentari devono essere prodotti in conformità alle buone pratiche di fabbricazione cosicché, nelle condizioni normali o prevedibili di uso, tali materiali non trasferiscono i loro componenti di prodotti alimentari in quantità tali da:mettere in pericolo la salute umana;comportare una modifica in accettabile della composizione dei prodotti alimentari; oun deterioramento delle loro caratteristiche organolettiche. la legislazione include 17 gruppi di materiale e articoli per le quali misure specifiche possono essere adottate. Tali misure specifiche possono includere una lista di sostanze autorizzate all’interno della Comunità per l’uso nella fabbricazione di materiali e oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari e restrizioni come i limiti di migrazione (trasferimenti di componenti). Il regolamento enuncia anche il processo per un’applicazione dell’uso di nuove sostanze in cui una lista esiste, come i materiali e oggetti in plastica destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari. Un fascicolo deve essere inviato all’autorità nazionale pertinente, il quale poi viene inoltrato all’Autorità europea per la sicurezza alimentare. i materiali e oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari che non sono ancora entrati in contatto con i prodotti alimentari quando questi sono venduti ai consumatori, come stoviglie e servizio da tavola, devono essere identificati come «prodotti alimentari a contatto» o accompagnati dal simbolo che riporta il vino e la forchetta come specificato nell’allegato II al regolamento, se destinato all’uso dell’articolo come un materiale destinato a venire a contatto con un prodotto alimentare non è chiaro. Altre informazioni per garantire l’uso sicuro dell’articolo sui materiali o oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari deve essere fornito ove pertinente. Misure di rintracciabilità devono essere permettere il ritiro di qualunque merce difettosa o fornire al pubblico le informazioni specifiche. Le norme non si applicano ai:materiali e articoli antichi;rivestimenti, per esempio croste di formaggi, prodotti a base di carne o frutta, i quali fanno parte di prodotti alimentari o che possono essere mangiati con essi.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
È entrata in vigore dal 3 dicembre 2004, eccetto per la rintracciabilità delle misure, i quali sono entrate in vigore dal 27 ottobre 2006.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, si veda:Sicurezza alimentare- materiali e oggetti destinati a venire a contatto con prodotti alimentari (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 1935/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 ottobre 2004, riguardante i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari e che abroga le direttive 80/590/CEE e 89/109/CEE (GU L 338 del 13.11.2004, pag. 4).
Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 1935/2004 sono state integrate nel testo di base. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. | 15,344 | 623 |
32008D1351 | false | DECISIONE N. 1351/2008/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 16 dicembre 2008
relativa a un programma comunitario pluriennale per la protezione dei bambini che usano Internet e altre tecnologie di comunicazione
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 153,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
previa consultazione del Comitato delle Regioni,
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
L'uso di Internet e di altre tecnologie di comunicazione come i telefoni cellulari continua ad aumentare considerevolmente nell'Unione europea ed offre a tutti i cittadini, tra l'altro, grandi opportunità di partecipazione, interazione e creatività. Tuttavia, i rischi per i bambini e l’abuso di tali tecnologie permangono e i cambiamenti nelle tecnologie e nei comportamenti della società continuano a dare origine a nuovi rischi e nuovi tipi di abusi. Occorre che a livello dell'Unione europea siano adottate misure per proteggere l'integrità fisica, mentale e morale dei bambini, che potrebbe essere compromessa dall'accesso a contenuti inadeguati. Inoltre, per incoraggiare i cittadini a sfruttare le possibilità offerte da Internet e da altre tecnologie di comunicazione e beneficiare dei vantaggi che offrono sono necessari provvedimenti per promuoverne un utilizzo più sicuro.
(2)
La comunicazione della Commissione «i2010 — Una società europea dell’informazione per la crescita e l’occupazione» [COM(2005)0229], che sviluppa la strategia di Lisbona, cerca di creare una coerenza tra le politiche della Commissione per la società dell’informazione e per i mezzi di comunicazione in modo da rafforzare il notevole contributo offerto dalle tecnologie d’informazione e comunicazione all’efficienza delle economie degli Stati membri. Uno dei suoi obiettivi è la creazione di uno Spazio unico europeo dell’informazione che offra comunicazioni in barda larga a costi accessibili e sicure, contenuti di qualità e diversificati e servizi digitali.
(3)
Il quadro legislativo comunitario inteso ad affrontare le sfide poste dai contenuti digitali nella società dell’informazione contiene disposizioni sulla protezione dei minori (3), sulla tutela della vita privata (4) e sulla responsabilità dei prestatori intermediari di servizi (5). La decisione quadro 2004/68/GAI del Consiglio, del 22 dicembre 2003, relativa alla lotta contro lo sfruttamento sessuale dei bambini e la pornografia infantile (6), stabilisce i requisiti minimi che gli Stati membri devono osservare per definire i reati e le sanzioni appropriate. Basandosi sulla raccomandazione 98/560/CE del Consiglio, del 24 settembre 1998, concernente lo sviluppo della competitività dell’industria dei servizi audiovisivi e d’informazione europei attraverso la promozione di strutture nazionali volte a raggiungere un livello comparabile e efficace di tutela dei minori e della dignità umana (7), la raccomandazione 2006/952/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, relativa alla tutela dei minori e della dignità umana e al diritto di rettifica relativamente alla competitività dell’industria europea dei servizi audiovisivi e d’informazione in linea (8), definisce orientamenti per l’elaborazione di un’autoregolamentazione su scala nazionale e ne estende l'ambito di applicazione per includervi l’alfabetizzazione mediatica, la collaborazione e lo scambio di esperienze e delle migliori prassi tra organismi di regolamentazione, autoregolamentazione e coregolamentazione e misure per combattere la discriminazione in tutti i mezzi di comunicazione.
(4)
Occorre portare avanti gli interventi sia nel campo dei contenuti potenzialmente dannosi per i bambini, in particolare il materiale pornografico, sia nel campo dei contenuti illeciti, con particolare attenzione alla pedopornografia. Allo stesso modo continuano ad essere necessari interventi per evitare che i bambini divengano vittime di comportamenti dannosi e illeciti che causano danni fisici e psicologici e siano indotti a imitare tali comportamenti pregiudizievoli per se stessi e per altri. Occorre in particolare cercare possibili soluzioni per impedire agli adulti di proporre, attraverso le tecnologie di informazione e comunicazione, incontri a bambini con l'intenzione di commettere abusi o altri reati sessuali. Allo stesso tempo si dovrebbe rivolgere particolare attenzione ai sistemi di sostegno reciproco.
(5)
Gli interventi dovrebbero inoltre mirare a evitare che i bambini siano vittime di minacce, molestie e umiliazioni tramite Internet e/o le tecnologie digitali interattive, compresi i telefoni cellulari.
(6)
La decisione n. 276/1999/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 gennaio 1999, che adotta un piano pluriennale d’azione comunitario per promuovere l’uso sicuro di Internet attraverso la lotta alle informazioni di contenuto illegale e nocivo diffuse attraverso le reti globali (9) (il Piano d’azione per l’uso sicuro di Internet 1998-2004) e la decisione n. 854/2005/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, che istituisce un programma comunitario pluriennale inteso a promuovere un uso più sicuro di Internet e delle nuove tecnologie online (10) (il Piano d’azione per l’uso più sicuro di Internet 2005-2008) hanno permesso di disporre di un finanziamento comunitario che ha contribuito con successo ad incoraggiare una serie di iniziative a valore aggiunto europeo, come dimostrano le valutazioni dei programmi presentate al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato delle Regioni [COM(2001)0690, COM(2003)0653 e COM(2006)0663].
(7)
Oltre ai risultati delle valutazioni dei programmi precedenti, una serie di indagini di Eurobarometro e una consultazione pubblica hanno chiaramente individuato la necessità di portare avanti le attività di segnalazione dei contenuti illeciti e di sensibilizzazione negli Stati membri.
(8)
Il programma istituito dalla presente decisione dovrebbe essere volto anche ad elaborare pacchetti educativi destinati ai genitori, agli assistenti, agli insegnanti e agli educatori.
(9)
L’evoluzione delle tecnologie e i cambiamenti nel modo di usare Internet e le altre tecnologie di comunicazione da parte di adulti e bambini, oltre ai mutamenti dei comportamenti della società, stanno creando nuovi rischi per i bambini. Per capire meglio tali mutamenti è necessario arricchire la base di conoscenze che permetterà di definire azioni efficaci. Occorre adottare una combinazione di misure e azioni secondo un approccio multiforme e complementare: ad esempio occorre adottare misure per promuovere un utilizzo sicuro e responsabile di Internet, sviluppare ulteriormente le tecnologie di supporto, promuovere le migliori prassi per la creazione di codici di condotta contenenti le regole di comportamento che godono di un ampio consenso e sviluppare la collaborazione con le imprese sugli obiettivi concordati di tali codici.
(10)
Il programma dovrebbe inoltre sostenere misure volte ad incoraggiare i contenuti positivi per i bambini.
(11)
L'evoluzione del panorama dei mezzi di comunicazione, che deriva dalle nuove tecnologie e dall'innovazione dei mezzi di comunicazione, rende necessario insegnare ai bambini ed anche ai genitori, agli assistenti, agli insegnanti e agli educatori a utilizzare i servizi d'informazione in linea in modo sicuro ed efficace.
(12)
Occorre prendere iniziative per proteggere i bambini grazie allo sviluppo, ad esempio, di sistemi efficaci di verifica dell'età e di sistemi volontari di marchi di certificazione.
(13)
La collaborazione internazionale è fondamentale, trattandosi di un problema globale. I contenuti illeciti possono essere prodotti in un paese, ospitati in un altro, ma essere accessibili e scaricabili in tutto il mondo. La collaborazione internazionale, che è stata promossa dalle strutture comunitarie di messa in rete, dovrebbe essere rafforzata per proteggere meglio i bambini dai rischi transfrontalieri che coinvolgono paesi terzi. A tal fine potrebbe essere reciprocamente vantaggioso lo scambio di migliori prassi tra le organizzazioni europee e le organizzazioni di altre parti del mondo.
(14)
Tutti gli Stati membri hanno ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, del 20 novembre 1989, che sancisce l'obbligo degli Stati firmatari di adottare ogni adeguata misura a livello nazionale, bilaterale e multilaterale per impedire ogni forma di sfruttamento dei bambini nonché di adottare tutti i provvedimenti legislativi, amministrativi e di altro genere necessari per dare attuazione ai diritti riconosciuti da tale convenzione, se del caso nell'ambito della cooperazione internazionale.
(15)
Le misure che la Commissione è autorizzata ad adottare in virtù delle competenze di esecuzione che le sono conferite dalla presente decisione sono sostanzialmente misure di gestione relative all’attuazione di un programma che ha rilevanti implicazioni di bilancio, ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (11). Tali misure dovrebbero pertanto essere adottate secondo la procedura di gestione di cui all’articolo 4 della medesima decisione.
(16)
La Commissione dovrebbe garantire la complementarità e la sinergia con le iniziative e i programmi comunitari correlati.
(17)
La presente decisione istituisce una dotazione finanziaria per l’attuazione del programma che costituisce per l’autorità di bilancio il riferimento privilegiato nel corso della procedura di bilancio annuale, a norma del punto 37 dell’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 concluso tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sulla disciplina di bilancio e la sana gestione finanziaria (12).
(18)
Poiché gli obiettivi della presente decisione non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri a motivo del carattere transnazionale delle problematiche affrontate e possono dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti europei dell'intervento, essere realizzati meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato. La presente decisione si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(19)
La presente decisione rispetta i diritti fondamentali e i principi contenuti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare nell'articolo 3, paragrafo 1, e negli articoli 7, 8 e 24,
DECIDONO:
Articolo 1
Obiettivo del programma
1. La presente decisione stabilisce un programma comunitario volto a promuovere un uso più sicuro di Internet e di altre tecnologie di comunicazione, in particolare a favore dei bambini, e a lottare contro i contenuti illeciti e i comportamenti dannosi in linea.
Il programma è intitolato «Internet più sicuro» («il programma»).
2. Si perseguono le seguenti linee di azione:
a)
sensibilizzazione del pubblico;
b)
lotta contro i contenuti illeciti e i comportamenti dannosi in linea;
c)
promozione di un ambiente in linea più sicuro;
d)
creazione di una base di conoscenze.
Le attività da svolgere nell’ambito di tali linee di azione sono descritte nell’allegato I.
Il programma è attuato secondo le modalità stabilite nell’allegato III.
3. Ai fini della presente decisione per «bambini« si intendono le persone di età inferiore ai diciotto anni, a meno che la pertinente legislazione nazionale non conferisca alle persone, a certe condizioni, piena capacità giuridica prima di tale età.
Articolo 2
Partecipazione
1. La partecipazione al programma è aperta ai soggetti giuridici stabiliti:
a)
negli Stati membri;
b)
nei paesi dell’Associazione europea di libero scambio (EFTA) membri dello Spazio economico europeo (SEE), secondo le condizioni stabilite nell’accordo SEE;
c)
in paesi in via di adesione e paesi candidati nei cui confronti si applichi una strategia di preadesione, conformemente ai principi generali e alle condizioni generali per la partecipazione di questi paesi ai programmi comunitari stabiliti nei rispettivi accordi quadro e nelle rispettive decisioni dei consigli di associazione;
d)
in paesi dei Balcani occidentali e in paesi coinvolti nella politica europea di vicinato, conformemente a disposizioni da definire con detti paesi dopo la conclusione di accordi quadro relativi alla loro partecipazione a programmi comunitari;
e)
in un paese terzo parte di un accordo internazionale concluso con la Comunità, in virtù del quale e sulla cui base tale paese contribuisce finanziariamente al programma.
2. Il programma è inoltre aperto ad organizzazioni internazionali e soggetti giuridici stabiliti in paesi terzi diversi da quelli indicati al paragrafo 1, lettere da b) ad e), alle condizioni stabilite nell’allegato III.
Articolo 3
Competenze della Commissione
1. La Commissione è responsabile dell’attuazione del programma.
2. La Commissione elabora programmi di lavoro annuali sulla base della presente decisione.
3. Nell'attuazione del programma la Commissione, in stretta collaborazione con gli Stati membri, ne garantisce la coerenza generale e la complementarità con altri pertinenti programmi, politiche e azioni della Comunità.
4. Secondo la procedura di cui all’articolo 4, paragrafo 2, la Commissione decide in merito a quanto segue:
a)
adozione e modifica dei programmi di lavoro annuali, compresa la determinazione dei settori prioritari di cooperazione internazionale;
b)
valutazione dei progetti presentati a seguito degli inviti a presentare proposte in vista di un finanziamento comunitario quando il contributo comunitario stimato è pari o superiore a 500 000 EUR;
c)
attuazione di misure di valutazione del programma.
5. La Commissione informa il comitato di cui all’articolo 4 dei progressi realizzati nell’attuazione del programma. In particolare, la Commissione informa immediatamente tale comitato riguardo a tutte le decisioni di selezione adottate su materie che non rientrano nell'ambito di applicazione del paragrafo 4 del presente articolo.
Articolo 4
Comitato
1. La Commissione è assistita da un comitato.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo si applicano gli articoli 4 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
Il periodo di cui all’articolo 4, paragrafo 3, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.
Articolo 5
Sorveglianza e valutazione
1. Per garantire che il contributo comunitario sia utilizzato in modo efficace, la Commissione si assicura che le azioni intraprese nell’ambito della presente decisione siano oggetto di una valutazione preliminare, di un controllo e di una valutazione conclusiva.
2. La Commissione sorveglia l’esecuzione dei progetti avviati nell’ambito del programma.
3. La Commissione valuta le modalità di esecuzione dei progetti e il loro impatto per stabilire se gli obiettivi iniziali siano stati conseguiti.
4. Entro il 24 giugno 2011 la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni una relazione sull’attuazione delle linee di azione di cui all’articolo 1, paragrafo 2.
5. Al termine del programma la Commissione presenta una relazione finale di valutazione.
Articolo 6
Disposizioni finanziarie
1. Il programma copre un periodo di cinque anni a decorrere dal 1o gennaio 2009.
2. La dotazione finanziaria per l’esecuzione del programma per il periodo dal 1o gennaio 2009 al 31 dicembre 2013 è fissata a 55 000 000 EUR.
3. Gli stanziamenti annui per il periodo dal 2009 al 2013 sono autorizzati dall’autorità di bilancio entro i limiti del quadro finanziario.
4. Nell’allegato II figura una ripartizione indicativa delle spese.
Articolo 7
Entrata in vigore
La presente decisione entra in vigore alla data della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Fatto a Strasburgo, addi 16 dicembre 2008.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
B. LE MAIRE
(1) GU C 224 del 30.8.2008, pag. 61.
(2) Parere del Parlamento europeo del 22 ottobre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 9 dicembre 2008.
(3) Direttiva 2007/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, che modifica la direttiva 89/552/CEE del Consiglio relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l’esercizio delle attività televisive (GU L 332 del 18.12.2007, pag. 27).
(4) Direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali ed alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (Direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche) (GU L 201 del 31.7.2002, pag. 37).
(5) Direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno (Direttiva sul commercio elettronico) (GU L 178 del 17.7.2000, pag. 1).
(6) GU L 13 del 20.1.2004, pag. 44.
(7) GU L 270 del 7.10.1998, pag. 48.
(8) GU L 378 del 27.12.2006, pag. 72.
(9) GU L 33 del 6.2.1999, pag. 1.
(10) GU L 149 dell’11.6.2005, pag. 1.
(11) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
(12) GU C 139 del 14.6.2006, pag. 1.
ALLEGATO I
AZIONI
Introduzione
L’obiettivo del programma è promuovere un uso più sicuro di Internet e delle altre tecnologie della comunicazione («tecnologie in linea»), educare sotto questo aspetto gli utenti, in particolare i bambini, i genitori, gli assistenti, gli insegnanti e gli educatori e lottare contro i contenuti illeciti e i comportamenti dannosi in linea.
Per conseguire tale obiettivo il programma si incentrerà sull’assistenza pratica all’utente finale, in particolare ai bambini, ai genitori, agli assistenti, agli insegnanti e agli educatori, incoraggiando i partenariati multilaterali.
L’obiettivo generale del programma è promuovere un uso più sicuro delle tecnologie in linea, in particolare da parte dei bambini, promuovere lo sviluppo di un ambiente sicuro in linea, ridurre la quantità di contenuti illeciti diffusi in linea, affrontare i comportamenti potenzialmente dannosi in linea (compresi la manipolazione psicologica dei bambini finalizzata ad abusi sessuali e il «grooming», vale a dire il processo con il quale un adulto adesca in linea un bambino con l’intento di abusarne sessualmente, le molestie per via elettronica e i documenti elettronici che mostrano aggressioni fisiche e/o psicologiche) e garantire la sensibilizzazione del pubblico nei confronti dei rischi in linea e delle precauzioni da prendere, nonché sviluppare strumenti pedagogici sulla base delle migliori prassi.
Per garantire la coerenza di approccio ai rischi nei casi in cui sia possibile accedere ai contenuti e ai servizi ed utilizzarli sia in linea che fuori linea, come nel caso dei videogiochi, il programma può affrontare entrambi questi tipi di uso e di accesso.
Il programma sarà attuato seguendo le quattro linee di azione generali seguenti:
1) Sensibilizzazione del pubblico
Le attività riguarderanno la sensibilizzazione del pubblico, in particolare dei bambini, dei genitori, degli assistenti, degli insegnanti e degli educatori sulle opportunità e sui rischi connessi all’uso delle tecnologie in linea e sui mezzi che permettono di rimanere in linea in tutta sicurezza. Esse riguarderanno anche le opportunità e i rischi connessi ai servizi che utilizzano nuove piattaforme di distribuzione, come i servizi audiovisivi che utilizzano le reti della telefonia mobile. All’occorrenza, si dovranno rendere disponibili pacchetti di informazione in più versioni linguistiche. Le principali azioni generali previste sono indicate di seguito.
1.
Sensibilizzare il pubblico e diffondere le informazioni sull’uso più sicuro delle tecnologie in linea.
Le attività promuoveranno la sensibilizzazione dei cittadini in maniera coordinata in tutta l’Unione europea trasmettendo un messaggio positivo sulle opportunità di un più ampio e intenso uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e fornendo nel contempo un’informazione adeguata sui rischi e sui modi di affrontarli. Saranno incoraggiate iniziative per consentire ai bambini di fare un uso responsabile delle tecnologie in linea, in particolare mediante programmi di alfabetizzazione o educazione mediatica. Le attività incentiveranno metodi — efficaci sotto il profilo dei costi — di diffusione di informazioni e di sensibilizzazione di un numero elevato di utenti, ad esempio attraverso la cooperazione con i mezzi di comunicazione di massa, la distribuzione in linea di contenuti creati dagli utenti e il sistema scolastico. I metodi di distribuzione e presentazione dei messaggi saranno adeguati ai vari gruppi di destinatari (bambini di diverse fasce d’età e loro genitori, assistenti, insegnanti e educatori).
2.
Creare punti di contatto ai quali i genitori e i bambini potranno rivolgersi per avere una risposta su come navigare in linea in sicurezza, comprese consulenze su come contrastare il grooming e il bullismo in linea.
Lo scopo delle attività sarà di permettere agli utenti di compiere scelte informate e responsabili fornendo loro consulenza, informazioni e consigli sulle precauzioni da prendere per rimanere in linea in tutta sicurezza.
3.
Incoraggiare il miglioramento di metodi e strumenti di sensibilizzazione efficaci ed efficienti.
Le azioni saranno destinate a migliorare i metodi e gli strumenti di sensibilizzazione in modo da renderli più efficaci ed efficienti sotto il profilo economico in una prospettiva a lungo termine.
4.
Garantire lo scambio di migliori prassi e la cooperazione transfrontaliera nell’Unione europea.
Saranno realizzate azioni per garantire una collaborazione transfrontaliera efficace nell’Unione europea e lo scambio efficace di migliori prassi, strumenti, metodi, esperienze ed informazioni.
5.
Garantire lo scambio di migliori prassi e la cooperazione a livello internazionale.
Scopo delle azioni sarà quello di promuovere la collaborazione e lo scambio di migliori prassi, strumenti, metodi, esperienze e informazioni a livello internazionale per incoraggiare approcci e metodi di lavoro comuni e migliorare e rafforzare l’efficienza, l’efficacia sotto il profilo dei costi e la portata delle iniziative mondiali.
2) Lotta contro i contenuti illeciti e i comportamenti dannosi in linea
Le attività saranno volte a ridurre la quantità di contenuti illeciti che circolano in linea e ad affrontare adeguatamente il problema del comportamento dannoso in linea, in particolare concentrandosi sulla distribuzione in linea di materiale pedopornografico, sul grooming e sul bullismo in linea. Le principali azioni generali previste sono indicate di seguito.
1.
Creare punti di contatto e linee di assistenza telefonica diretta cui il pubblico può segnalare i contenuti illeciti e i comportamenti dannosi in linea, e promuovere l’esistenza di tali servizi.
Le azioni sono destinate a garantire che i punti di contatto siano efficaci e visibili per il pubblico, che ci sia uno stretto collegamento con gli altri attori che operano a livello nazionale (in particolare con le unità di polizia specializzate nella lotta alla cibercriminalità) e a cooperare a livello dell’Unione europea per affrontare tematiche transfrontaliere e per lo scambio di migliori prassi. Tali punti di contatto forniranno inoltre al pubblico le informazioni necessarie sulle modalità per segnalare i contenuti illeciti e per valutare il contenuto di servizi di informazione in linea che potrebbero danneggiare l’integrità fisica, mentale o morale dei bambini.
2.
Contrastare i comportamenti dannosi in linea, in particolare il grooming e il bullismo. Le azioni sono destinate a contrastare il grooming ed il bullismo in linea.
Si affronteranno i problemi di ordine tecnico, psicologico e sociologico correlati a questi temi e sarà promossa la collaborazione e il coordinamento tra i soggetti interessati.
3.
Stimolare l’applicazione di soluzioni tecniche per lottare adeguatamente contro i contenuti illeciti e i comportamenti dannosi in linea e informare l’utente finale delle possibili modalità di applicazione di questa tecnologia.
Le attività sono intese ad incoraggiare la progettazione, lo sviluppo o l’adattamento e/o la promozione di strumenti tecnologici efficaci, in particolare quelli messi a disposizione gratuitamente, agevolmente utilizzabili da tutti gli interessati e atti a contrastare adeguatamente i contenuti illeciti e a lottare contro i comportamenti dannosi in linea. Le attività sono intese altresì a incoraggiare la promozione, da parte degli operatori dei servizi, di un utilizzo sicuro e responsabile dei collegamenti per proteggere i bambini contro le attività illecite e dannose. Gli interessati saranno informati della disponibilità di detti strumenti tecnologici e delle modalità di uso corretto. Fra l’altro si potrebbero esaminare le seguenti misure:
a)
adozione di un marchio di qualità per i fornitori dei servizi, in modo che qualsiasi utente possa facilmente accertare se un determinato fornitore segue o meno un codice di condotta;
b)
utilizzo da parte degli utenti finali di filtri che impediscano che l’informazione potenzialmente lesiva dell’integrità fisica, mentale o morale dei bambini affluisca attraverso le tecnologie in linea;
c)
sostegno e promozione di misure per incoraggiare i contenuti positivi per i bambini;
d)
impegno a studiare l’efficacia degli strumenti messi a punto in cooperazione con l’industria di Internet per consentire agli organi di polizia di rintracciare i responsabili di reati cibernetici.
4.
Promuovere la collaborazione e lo scambio di informazioni, di esperienze e di migliori prassi tra soggetti interessati a livello nazionale e dell’Unione europea.
Lo scopo delle attività sarà quello di migliorare il coordinamento tra i soggetti interessati attivi nella lotta contro la distribuzione di contenuti illeciti e contro i comportamenti dannosi in linea e di incoraggiare la partecipazione e l’impegno di questi soggetti. In particolare, tali attività incoraggeranno lo scambio di esperienze a livello internazionale e la condivisione di possibili soluzioni tra governi, autorità di contrasto, linee di assistenza telefonica diretta, istituti bancari, finanziari e di emissione di carte di credito, centri di consulenza contro gli abusi sui minori, organizzazioni di tutela dei minori e l’industria di Internet.
5.
Rafforzare la collaborazione, lo scambio di informazioni e di esperienze nella lotta contro i contenuti illeciti e i comportamenti dannosi in linea a livello internazionale.
Lo scopo delle attività sarà di migliorare la collaborazione con i paesi terzi, di armonizzare le modalità di lotta alla diffusione di contenuti illeciti e comportamenti dannosi in linea a livello internazionale e di incoraggiare lo sviluppo dei collegamenti di coordinamento tra le banche dati degli Stati membri relative agli abusi sui minori nonché lo sviluppo di un approccio comune e un comune metodo di lavoro. In particolare le attività saranno volte a creare una stretta cooperazione tra le autorità nazionali, la polizia e i punti di contatto. Saranno prese iniziative per costituire una banca dati dell’Unione europea comune che raccolga le informazioni sugli abusi commessi sui minori e per garantirne il collegamento con Europol.
6.
Ricorrere ai registri dei nomi di dominio qualora non siano ancora registrati e rafforzare la cooperazione esistente.
Tenuto conto della legislazione nazionale, lo scopo delle attività sarà di integrare le azioni esistenti migliorando la cooperazione con i registri dei nomi di dominio negli Stati membri e incoraggiando relazioni positive con i registri all’esterno dell’Unione europea, onde consentire la tempestiva individuazione di contenuti potenzialmente illeciti e ridurre al minimo la longevità dei siti Internet conosciuti per offrire contenuti che si riferiscono ad abusi sessuali sui minori.
3) Promozione di un ambiente in linea più sicuro
Le attività sono intese a favorire la collaborazione tra soggetti interessati al fine di promuovere un ambiente in linea più sicuro e proteggere i bambini dai contenuti potenzialmente dannosi. Le principali azioni generali previste sono:
1.
Rafforzare la collaborazione, lo scambio di informazioni, di esperienze e di migliori prassi tra soggetti interessati.
Lo scopo delle attività sarà quello di migliorare la collaborazione, di armonizzare le modalità di creazione di un ambiente in linea più sicuro per i bambini e di permettere lo scambio di migliori prassi e dei metodi di lavoro. Si tratterà di mettere a disposizione dei soggetti interessati una piattaforma aperta di discussione delle problematiche connesse alla promozione di un ambiente in linea più sicuro e alle modalità di protezione dei bambini dai contenuti potenzialmente dannosi diffusi su diverse piattaforme.
2.
Incoraggiare i soggetti interessati a sviluppare e attuare sistemi di autoregolamentazione e coregolamentazione adeguati. Le azioni sono intese ad incoraggiare la creazione e l’attuazione di iniziative di autoregolamentazione e di coregolamentazione e a incitare i soggetti interessati a tener conto della sicurezza dei bambini nella concezione di nuove tecnologie e nuovi servizi.
3.
Incoraggiare e assistere i fornitori per lo sviluppo di un marchio.
Le azioni sono volte ad incoraggiare e assistere i fornitori di servizi Internet nella messa a punto, come strumento di autoregolamentazione, di un marchio «sicuro per i bambini» da inserire sulle pagine web. Dette iniziative possono includere tra l’altro lo studio della possibilità di creare un sistema di simboli descrittivi comuni o di messaggi d’allarme che indichino la categoria d’età e/o gli aspetti del contenuto che hanno portato a una determinata raccomandazione relativa all’età, che consentirebbero agli utenti di essere più consapevoli dei contenuti in linea potenzialmente nocivi.
4.
Stimolare il coinvolgimento dei bambini nella creazione di un ambiente in linea più sicuro.
Le azioni avranno l’obiettivo di coinvolgere i bambini, garantendo un’equa partecipazione di maschi e femmine, allo scopo di capire meglio il loro punto di vista e le loro esperienze nell’uso delle tecnologie in linea e, con il supporto di specialisti, di migliorare la sicurezza dell’ambiente in linea per i bambini. Tale coinvolgimento sarà assicurato regolarmente nel quadro di attività quali il Forum europeo sui diritti del bambino, il Forum per un Internet più sicuro e altri.
5.
Disporre di maggiori informazioni sugli strumenti adeguati di lotta contro i contenuti dannosi in linea.
Lo scopo sarà quello di acquisire maggiori informazioni, in particolare per i genitori, gli assistenti, gli insegnanti e gli educatori, sul funzionamento e sull’efficacia degli strumenti, quali i sistemi di filtraggio, di lotta contro i contenuti potenzialmente dannosi in linea e di dotare regolarmente tutti gli utenti di informazioni, strumenti e applicazioni in grado di aiutarli in modo efficace, didattico e semplice a far fronte ai contenuti dannosi diffusi su diverse piattaforme.
6.
Garantire la compatibilità tra l’approccio nell’Unione europea e quello internazionale.
Le attività sono destinate a promuovere la collaborazione e lo scambio di informazioni, di esperienze e di migliori prassi tra soggetti interessati a livello dell’Unione europea ed internazionale.
4) Creazione di una base di conoscenze
Le attività si incentreranno sulla creazione di una base di conoscenze che permetta di affrontare adeguatamente gli usi esistenti ed emergenti nell’ambiente in linea e i relativi rischi e conseguenze, allo scopo di definire azioni adeguate destinate a garantire la sicurezza dell’ambiente in linea per tutti gli utenti. I contenuti di tale base di conoscenze dovranno essere condivisi con i soggetti interessati e divulgati in tutti gli Stati membri. Le principali azioni generali previste sono le seguenti.
1.
Incoraggiare un approccio di indagine coordinato nei settori pertinenti.
Le azioni avranno l’obiettivo di riunire gli scienziati e gli esperti nel campo della sicurezza in linea dei bambini a livello dell’Unione europea, di stimolare la collaborazione e il coordinamento internazionali e di compiere analisi aggiornate sulle ricerche esistenti ed emergenti.
2.
Fornire informazioni aggiornate sull’uso delle tecnologie in linea da parte dei bambini.
Saranno avviate azioni per generare informazioni aggiornate sull’uso delle tecnologie in linea da parte dei bambini e sul modo in cui gli stessi bambini, i genitori, gli assistenti, gli insegnanti e gli educatori gestiscono le opportunità e i rischi. Le azioni comprenderanno aspetti quantitativi e qualitativi; mireranno anche a conoscere meglio le strategie attuate dai bambini per gestire questi rischi in linea, in modo da poterne valutare l’efficacia.
3.
Analizzare le statistiche e le tendenze provenienti dai diversi Stati membri.
Saranno avviate azioni per analizzare le statistiche e le tendenze provenienti dai diversi Stati membri onde consentire alle autorità di contrasto e alle autorità competenti degli Stati membri di ridurre la duplicazione degli sforzi in corso e massimizzare l’uso delle risorse attuali e future.
4.
Promuovere gli studi sulla vittimizzazione dei bambini in linea.
Saranno promosse azioni comprendenti un approccio di genere per analizzare gli aspetti tecnici, psicologici e sociologici relativi alle modalità con cui i bambini diventano vittime nell’ambiente in linea, attraverso pratiche come il bullismo in linea, il grooming, il materiale pedopornografico in linea e nuove forme di comportamento che rischiano di nuocere ai bambini.
5.
Promuovere lo studio di modi efficaci per rendere più sicuro l’uso delle tecnologie in linea.
Le azioni potranno riguardare studi e prove relativi ai metodi e agli strumenti di sensibilizzazione, ai regimi di coregolamentazione e autoregolamentazione rivelatisi positivi, all’efficacia di diverse soluzioni tecniche e non tecniche e infine ad altre questioni pertinenti.
6.
Migliorare la conoscenza degli effetti sui bambini dell’uso di tecnologie esistenti ed emergenti.
Le azioni, comprendenti un approccio di genere, permetteranno di capire meglio gli effetti psicologici, comportamentali e sociologici delle tecnologie in linea sui bambini, che vanno dagli effetti dell’esposizione a contenuti e comportamenti dannosi a pratiche come il grooming e il bullismo in linea, presenti su diverse piattaforme, dai computer e i telefoni cellulari alle console di gioco ed altre tecnologie emergenti.
ALLEGATO II
RIPARTIZIONE INDICATIVA DELLE SPESE
(1)
Sensibilizzazione del pubblico
48 %
(2)
Lotta contro i contenuti illeciti e i comportamenti dannosi in linea
34 %
(3)
Promozione di un ambiente in linea più sicuro
10 %
(4)
Creazione di una base di conoscenze
8 %
ALLEGATO III
METODI DI ATTUAZIONE DEL PROGRAMMA
(1) La Commissione attua il programma in base al contenuto tecnico specificato nell’allegato I.
(2) Il programma sarà attuato per mezzo di azioni che comprendono:
A. Azioni a compartecipazione finanziaria
1.
Progetti pilota e azioni incentrate sulle migliori prassi; progetti ad hoc in settori di pertinenza del programma, tra cui progetti di dimostrazione delle migliori prassi o relativi ad applicazioni innovative di tecnologie esistenti.
2.
Azioni nazionali e messa in rete dei vari soggetti interessati per garantire che un'azione a livello europeo e facilitare le attività di coordinamento e di trasferimento delle conoscenze.
3.
Ricerche eseguite in modo comparabile su scala europea sull'uso delle tecnologie in linea, sui rischi che ne derivano per i bambini e sugli effetti di pratiche dannose sui bambini, sugli aspetti comportamentali e psicologici con particolare attenzione agli abusi sessuali sui bambini connessi all’uso delle tecnologie in linea, nonché indagini sui rischi emergenti connessi ai mutamenti nei comportamenti o agli sviluppi tecnologici ecc.
4.
Progetti relativi alla diffusione di tecnologie.
B. Misure di accompagnamento
Le misure di accompagnamento contribuiranno all’attuazione del programma o alla preparazione delle attività future.
1.
Valutazione comparativa e sondaggi d’opinione destinati ad ottenere dati affidabili sull’uso più sicuro delle tecnologie in linea in tutti gli Stati membri, raccolti secondo metodologie comparabili.
2.
Valutazione tecnica di tecnologie come il filtraggio, destinate a promuovere l’uso più sicuro di Internet e delle nuove tecnologie in linea.
3.
Studi di supporto al programma e alle azioni da esso previste.
4.
Scambio di informazioni attraverso conferenze, seminari, laboratori o altre riunioni e gestione delle attività di aggregazione.
5.
Attività di diffusione, informazione e comunicazione.
(3) A norma dell’articolo 2, paragrafo 2, le organizzazioni internazionali e i soggetti giuridici stabiliti in paesi terzi possono partecipare ad azioni a compartecipazione finanziaria, con o senza cofinanziamento comunitario, alle seguenti condizioni:
a)
l’azione deve costituire una priorità ai fini della collaborazione internazionale quale definita dai programmi di lavoro annuali. Le priorità possono essere definite per settore tematico di attività, in base a criteri geografici o con entrambe queste modalità;
b)
i programmi di lavoro annuali possono definire ulteriori criteri e condizioni che le organizzazioni internazionali e i soggetti giuridici stabiliti in paesi terzi devono soddisfare per poter beneficiare di un finanziamento comunitario. | Programma “Internet più sicuro” 2009-2013
L’ambiente in linea è sempre più accessibile e, oltre a portare benefici, espone gli utenti a diversi rischi. I minori, particolarmente vulnerabili, sono in misura crescente utenti attivi. Il programma “Internet più sicuro” intende combattere non soltanto i contenuti illeciti ma anche i comportamenti dannosi ma anche a migliorare la sicurezza in linea dei minori.
ATTO
Decisione n. 1351/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa a un programma comunitario pluriennale per la protezione dei bambini che usano internet e le altre tecnologie di comunicazione.
SINTESI
Il nuovo programma comunitario “Internet più sicuro” persegue gli stessi obiettivi del programma Safer Internet plus avviato nel 2005.
Il programma, volto a migliorare la sicurezza dei minori nell'ambiente in linea, verte su due obiettivi:
approfondire la conoscenza delle modalità adottate dai minori per utilizzare le nuove tecnologie;
identificare e lottare contro i rischi a cui essi sono esposti.
Il programma riguarda non soltanto i contenuti illeciti e nocivi ma anche i comportamenti dannosi.
Azioni
Il programma sarà attuato seguendole quattro linee d'azione seguenti:
Sensibilizzazione del pubblico. Le azioni di sensibilizzazione si rivolgono soprattutto ai bambini, ai loro genitori ed agli educatori. Hanno lo scopo di informare adeguatamente il maggior numero possibile di utenti in merito ai rischi ed ai metodi di prevenzione. Queste azioni prevedono lo sviluppo e la diffusione di strumenti di sensibilizzazione efficaci ed efficienti e di punti di contatto che consentano di ottenere consigli su tali temi;
Lotta contro i contenuti illeciti ed i comportamenti dannosi. Azioni destinate a ridurre il volume dei contenuti illeciti in linea ed a combattere la distribuzione di materiale pedopornografico, le pratiche di bullismo in linea e di manipolazione psicologica in linea per scopi sessuali ("grooming"). Il programma mette a disposizione del pubblico alcuni punti di contatto accessibili a livello europeo per segnalare efficacemente tali abusi. È inoltre mirato alla lotta contro i comportamento dannosi, prendendo in esame gli aspetti psicologici e sociologici ma privilegiando l’applicazione di soluzioni tecniche. Infine promuove la cooperazione sul piano nazionale, comunitario ed internazionale, incoraggiando le parti interessate a condividere informazioni e migliori prassi;
Promozione di un ambiente in linea più sicuro. Queste attività sono intese ad incoraggiare l’attuazione di iniziative di autoregolamentazione tra le parti interessate. Esse tendono a stimolare la partecipazione dei bambini volte a creare un ambiente in linea più sicuro.
Creazione di una base di conoscenze. In questa base verranno inseriti gli usi esistenti ed emergenti dell’ambiente in linea da parte dei minori, come pure i rischi e le conseguenze inerenti a tali usi. Questa base di conoscenze con la collaborazione di personale specializzato nel settore della sicurezza in linea dei minori su scala europea.
Attuazione
La partecipazione al programma è aperta ai seguenti soggetti giuridici:
Stati membri dell’Unione europea (UE);
paesi dell’Associazione europea di libero scambio (EFTA) membri dello Spazio economico europeo (SEE), secondo le condizioni stabilite nell’accordo SEE;
paesi in via di adesione e paesi candidate all’UE, nonché paesi dei Balcani occidentali e in paesi coinvolti nella politica europea di vicinato in conformità agli accordi relativi alla loro partecipazione a programmi comunitari;
qualsiasi paese terzo parte di un accordo internazionale concluso con la Comunità.
La Commissione è responsabile dell’attuazione del programma e dell’elaborazione di programmi di lavoro annuali, per il cui compito è assistita da un comitato di gestione.
Per il periodo 2009-2013, il programma è dotato di un bilancio complessivo di 55 milioni di euro.
Contesto
Il programma “Internet più sicuro” è complementarità compatibile e complementare ad altre politiche, programmi ed azioni comunitari, in particolare con l'iniziativa "i2010, una società europea dell'informazione per la crescita e l'occupazione", i programmi comunitari di ricerca e sviluppo tecnologico ed il programma Daphne III.
Riferimenti
Atto
Data di entrata in vigore - Data di scadenza
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Decisione n. 1351/2008/CE
24.12.2008 – 31.12.2013
-
GU L 348 del 24.12.2008 | 12,703 | 785 |
32005L0062 | false | DIRETTIVA 2005/62/CE DELLA COMMISSIONE
del 30 settembre 2005
recante applicazione della direttiva 2002/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le norme e le specifiche comunitarie relative ad un sistema di qualità per i servizi trasfusionali
(Testo rilevante ai fini del SEE)
LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea,
vista la direttiva 2002/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 gennaio 2003, che stabilisce norme di qualità e di sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti e che modifica la direttiva 2001/83/CE (1), in particolare l'articolo 29, paragrafo 2, lettera h),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 2002/98/CE stabilisce norme di qualità e sicurezza per la raccolta e il controllo del sangue umano e dei suoi componenti, a qualunque uso siano destinati, nonché per la lavorazione, conservazione e distribuzione degli stessi qualora siano destinati alla trasfusione, al fine di garantire un elevato livello di tutela della salute umana.
(2)
Al fine di prevenire la trasmissione di malattie attraverso il sangue e gli emocomponenti e di garantire un livello di qualità e sicurezza equivalente, la direttiva 2002/98/CE prevede la fissazione di prescrizioni specifiche di natura tecnica, ivi comprese le norme e le specifiche comunitarie relative ad un sistema di qualità per i servizi trasfusionali.
(3)
Un sistema di qualità per i servizi trasfusionali deve incorporare i principi della gestione della qualità, della garanzia della qualità e del miglioramento costante della qualità e deve riguardare il personale, i locali e l’attrezzatura, la documentazione, la raccolta, il controllo e la lavorazione, la conservazione e la distribuzione, la gestione dei contratti, la non conformità e l'autocontrollo, il controllo della qualità, il ritiro degli emocomponenti e l’audit esterno ed interno.
(4)
La presente direttiva definisce le suddette prescrizioni di natura tecnica tenendo conto della raccomandazione 98/463/CE del Consiglio, del 29 giugno 1998, sull’idoneità dei donatori di sangue e di plasma e sulla verifica delle donazioni di sangue nella Comunità europea (2), della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (3), della direttiva 2003/94/CE della Commissione, dell’8 ottobre 2003, che stabilisce i principi e le linee direttrici delle buone prassi di fabbricazione relative ai medicinali per uso umano e ai medicinali per uso umano in fase di sperimentazione (4), della direttiva 2004/33/CE della Commissione, del 22 marzo 2004, che applica la direttiva 2002/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a taluni requisiti tecnici del sangue e degli emocomponenti (5), nonché di alcune raccomandazioni del Consiglio d’Europa, delle monografie della farmacopea europea, in particolare per quanto concerne il sangue o i suoi componenti come materia prima per la produzione di specialità medicinali, delle raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), così come dell’esperienza internazionale in tale ambito.
(5)
Onde garantire la massima qualità e sicurezza del sangue e dei suoi componenti, occorre elaborare orientamenti in tema di buone prassi che affianchino prescrizioni relative al sistema di qualità per i servizi trasfusionali, tenendo pienamente conto delle linee direttrici dettagliate di cui all’articolo 47 della direttiva 2001/83/CE, in modo da assicurare il rispetto delle norme stabilite per i prodotti medicinali.
(6)
Il sangue e gli emocomponenti importati dai paesi terzi, compresi quelli utilizzati come materiale di partenza o materia prima per la produzione di medicinali derivati da sangue e plasma umano, destinati ad essere distribuiti nella Comunità, devono soddisfare requisiti equivalenti alle norme e alle specifiche comunitarie relative ad un sistema di qualità per i servizi trasfusionali definite nella presente direttiva.
(7)
È necessario precisare che va applicato un sistema di qualità ad ogni tipo di sangue ed emocomponenti circolante nella Comunità e che, ove si tratti di sangue e di emocomponenti provenienti da paesi terzi, gli Stati membri devono garantire l’applicazione ai servizi trasfusionali, nelle fasi precedenti l'importazione, di un sistema di qualità equivalente a quello previsto dalla presente direttiva.
(8)
Occorre stabilire definizioni comuni per la terminologia tecnica al fine di garantire un'applicazione coerente della direttiva 2002/98/CE.
(9)
Le misure di cui alla presente direttiva sono conformi al parere del comitato istituito dalla direttiva 2002/98/CE,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Definizioni
Ai fini della presente direttiva, si intende per:
a)
«norma», la prescrizione che è assunta come base di raffronto;
b)
«specifica», una descrizione dei criteri da rispettare per conformarsi alla norma di qualità prescritta;
c)
«sistema di qualità», la struttura organizzativa, le responsabilità, le procedure, i processi e le risorse necessari per attuare la gestione della qualità;
d)
«gestione della qualità», le attività coordinate per dirigere e controllare un'organizzazione sul piano della qualità a tutti i livelli nell'ambito di un servizio trasfusionale;
e)
«controllo della qualità», la parte di un sistema di qualità incentrata sul rispetto dei requisiti di qualità;
f)
«garanzia della qualità», tutte le attività, dalla raccolta alla distribuzione del sangue, miranti a garantire che il sangue e i suoi componenti presentino la qualità richiesta per l’uso al quale sono destinati;
g)
«ricostruzione del percorso», il processo consistente nel verificare una notifica di presunti effetti posttrasfusionali indesiderati in un ricevente, al fine di identificare un donatore potenzialmente implicato;
h)
«procedure scritte», la documentazione controllata che illustra le modalità di esecuzione di determinate operazioni;
i)
«sito mobile», un sito temporaneo o movibile, utilizzato per la raccolta del sangue e dei suoi componenti, che si trova all'esterno di un servizio trasfusionale, ma sotto il suo controllo;
j)
«lavorazione», una qualsiasi fase della preparazione di un emocomponente che intervenga tra la raccolta del sangue e la consegna di tale componente;
k)
«buona prassi», tutti gli elementi di una prassi consolidata che insieme fanno sì che il sangue o i suoi componenti finali soddisfino sistematicamente le specifiche predefinite e siano conformi alle norme stabilite;
l)
«quarantena», l’isolamento fisico degli emocomponenti o di materiali/reagenti ricevuti, in un arco di tempo variabile, in attesa dell'accettazione, della consegna o del ritiro degli emocomponenti o dei materiali/reagenti ricevuti;
m)
«convalida», l'allestimento di prove documentate e obiettive comprovanti che i requisiti prestabiliti di una procedura o di un processo specifico possono essere sistematicamente soddisfatti.
n)
«qualificazione», l’azione, facente parte della convalida, consistente nell’accertare che i membri del personale, i locali, le attrezzature o il materiale assolvono correttamente le loro funzioni e danno i risultati previsti;
o)
«sistema informatizzato», il sistema che comprende l'immissione dei dati, l'elaborazione elettronica e la produzione di informazioni da utilizzarsi ai fini della notificazione, del controllo automatico o della documentazione.
Articolo 2
Norme e specifiche applicabili al sistema di qualità
1. Gli Stati membri provvedono a che il sistema di qualità in atto in tutti i servizi trasfusionali sia conforme alle norme e specifiche comunitarie di cui all'allegato della presente direttiva.
2. La Commissione elabora linee direttrici di buona prassi, conformemente all'articolo 28 della direttiva 2002/98/CE, ai fini dell'interpretazione delle norme e specifiche comunitarie di cui al paragrafo 1. Nel mettere a punto tali linee guida, la Commissione tiene pienamente conto dei principi e delle linee direttrici dettagliate relative alle buone prassi di fabbricazione previste all'articolo 47 della direttiva 2001/83/CE.
3. Gli Stati membri garantiscono, ove si tratti di sangue e di emocomponenti importati da paesi terzi, destinati ad essere utilizzati o distribuiti nella Comunità, l'applicazione ai servizi trasfusionali, nelle fasi precedenti l'importazione, di un sistema di qualità equivalente a quello previsto dal presente articolo.
Articolo 3
Recepimento
1. Fatto salvo l'articolo 7 della direttiva 2002/98/CE, gli Stati membri pongono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 31 agosto 2006. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni e una tavola di concordanza fra tali disposizioni e la presente direttiva.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste devono contenere un riferimento alla presente direttiva o essere corredate di siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono stabilite dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 4
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Articolo 5
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Bruxelles, il 30 settembre 2005.
Per la Commissione
Markos KYPRIANOU
Membro della Commissione
(1) GU L 33 dell'8.2.2003, pag. 30.
(2) GU L 203 del 21.7.1998, pag. 14.
(3) GU L 311 del 28.11.2001, pag. 67. Direttiva modificata dalla direttiva 2004/27/CE (GU L 136 del 30.4.2004, pag. 34).
(4) GU L 262 del 14.10.2003, pag. 22.
(5) GU L 91 del 30.3.2004, pag. 25.
ALLEGATO
Norme e specifiche applicabili al sistema di qualità
1. INTRODUZIONE E PRINCIPI GENERALI
1.1. Sistema di qualità
1.
La responsabilità di controllare la qualità compete a tutti coloro che prestano la loro attività nei servizi trasfusionali, la cui direzione deve garantire un approccio sistematico incentrato sulla qualità, nonché l'attuazione e il mantenimento di un sistema di qualità.
2.
Il sistema di qualità comprende la gestione, la garanzia e il miglioramento costante della qualità, il personale, i locali e l'attrezzatura, la documentazione, la raccolta, il controllo e la lavorazione, la conservazione, la distribuzione, il controllo della qualità, il ritiro degli emocomponenti, gli audit esterni ed interni, la gestione dei contratti, la non conformità e l'autocontrollo.
3.
Il sistema di qualità garantisce che tutti i processi critici siano presentati in dettaglio in istruzioni appropriate e siano realizzati in conformità con le norme e le specifiche di cui al presente all'allegato. La direzione del servizio valuta periodicamente l'efficacia del sistema ed applica, qualora lo ritenga necessario, misure correttive.
1.2. Garanzia della qualità
1.
Per assolvere i loro obblighi in materia, tutti i servizi trasfusionali e le unità di medicina trasfusionale sono coadiuvati da una funzione di garanzia della qualità, interna o associata. Tale funzione collabora a tutte le questioni correlate con la qualità ed esamina e approva tutti i documenti relativi alla qualità corrispondenti.
2.
Le procedure, i locali e le attrezzature che incidono sulla qualità e la sicurezza del sangue e dei suoi componenti sono convalidati prima di essere introdotti e riconvalidati ad intervalli regolari a seconda dell’esito di tali attività.
2. PERSONALE E ORGANIZZAZIONE
1.
I servizi trasfusionali dispongono di personale sufficiente per realizzare le attività di raccolta, controllo, lavorazione, conservazione e distribuzione del sangue e degli emocomponenti e tale personale è formato e valutato per poter svolgere con competenza i compiti assegnatigli.
2.
Compiti e responsabilità del personale dei servizi trasfusionali sono chiaramente definiti in mansionari aggiornati. I servizi trasfusionali affidano la responsabilità della gestione della lavorazione e della garanzia della qualità a persone diverse, che operano in maniera indipendente.
3.
Il personale dei servizi trasfusionali riceve una formazione iniziale e permanente adatta ai suoi compiti specifici. Sono tenuti registri della formazione. I programmi di formazione riguardano anche le buone prassi.
4.
Il contenuto dei programmi di formazione è rivisto periodicamente e la competenza del personale è valutata ad intervalli regolari.
5.
Le istruzioni scritte in materia di sicurezza e igiene corrispondono alle attività da realizzarsi e sono conformi alle direttive 89/391/CEE del Consiglio (1) e 2000/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (2).
3. LOCALI
3.1. Aspetti generali
L’allestimento e la manutenzione dei locali, compresi i siti mobili, sono tali da renderli idonei allo svolgimento delle attività previste. Essi devono consentire lo svolgimento delle attività in ordine logico al fine di ridurre, per quanto possibile, il rischio di errori, nonchè una pulizia e una manutenzione efficaci onde minimizzare il rischio di contaminazione.
3.2. Zona riservata ai donatori di sangue
Una zona è riservata alle interviste personali confidenziali per valutare l’idoneità dei potenziali donatori. Tale spazio è separato da tutte le aree adibite alla lavorazione.
3.3. Zona di raccolta del sangue
La raccolta del sangue viene effettuata in una zona destinata al prelievo sicuro del sangue dei donatori, adeguatamente equipaggiata per il trattamento iniziale dei donatori che subiscono effetti indesiderati o lesioni provocate da incidenti associati alla donazione e strutturata in modo da garantire la sicurezza sia dei donatori che del personale e da evitare errori nel procedimento di prelievo.
3.4. Zone adibite all’analisi e alla lavorazione del sangue
I servizi trasfusionali dispongono di una zona di laboratorio speciale, separata da quelle riservate ai donatori e alla lavorazione degli emocomponenti, destinata all’analisi del sangue, accessibile unicamente al personale autorizzato.
3.5. Zona adibita alla conservazione del sangue
1.
La zona di conservazione permette la conservazione, in condizioni appropriate di sicurezza e isolamento, delle diverse categorie di sangue e di emocomponenti, ivi comprese le sostanze poste in quarantena o cedute e le unità di sangue o gli emocomponenti raccolti secondo criteri speciali (ad esempio, donazioni autologhe).
2.
Idonee disposizioni sono previste in caso di guasto delle attrezzature o di caduta di tensione nell'impianto principale di conservazione.
3.6. Zona di eliminazione dei residui
Una zona è destinata all’eliminazione sicura dei residui, del materiale monouso impiegato durante la raccolta, il controllo e la lavorazione, nonché del sangue e degli emocomponenti scartati.
4. ATTREZZATURE E MATERIALI
1.
Tutte le attrezzature sono convalidate, calibrate e sottoposte a manutenzione per assolvere al meglio la loro funzione. Sono disponibili istruzioni per l’uso ed è conservata la documentazione appropriata.
2.
La scelta delle attrezzature è compiuta tenendo conto della necessità di ridurre al minimo i rischi per i donatori, il personale e per gli emocomponenti.
3.
Sono utilizzati solo reagenti e materiali provenienti da fornitori riconosciuti che soddisfano le prescrizioni e le specifiche documentate. I materiali critici sono ceduti da persone qualificate ad espletare tale mansione. Per quanto pertinente, materiali, reagenti e attrezzature sono conformi ai requisiti della direttiva 93/42/CEE del Consiglio (3) concernente i dispositivi medici e dalla direttiva 98/79/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (4) relativa ai dispositivi medico-diagnostici in vitro, o a norme equivalenti in caso di raccolta nei paesi terzi.
4.
Gli inventari sono conservati per un tempo giudicato accettabile dall’autorità competente e concordato con essa.
5.
Quando sono utilizzati sistemi informatici, software, hardware e procedure di back-up devono essere sottoposti a controlli regolari di affidabilità, essere convalidati prima dell’uso ed essere mantenuti in uno stato convalidato. Hardware e software sono protetti contro un uso non autorizzato o modifiche non ammesse. La procedura di back-up impedisce perdite di dati o alterazioni degli stessi in caso di tempi inattivi, previsti o imprevisti, o di difetti di funzionamento.
5. DOCUMENTAZIONE
1.
È disponibile ed aggiornata regolarmente la documentazione relativa alle specifiche e alle procedure e contenente le registrazioni di ciascuna attività svolta dal servizio trasfusionale.
2.
Le registrazioni devono essere leggibili e possono essere manoscritte, trasferite su altro supporto, ad esempio microfilm, o documentate tramite sistema informatico.
3.
Ogni modifica significativa della documentazione va apportata senza indugio e va controllata, datata e firmata da una persona a ciò abilitata.
6. RACCOLTA, ANALISI E LAVORAZIONE DEL SANGUE
6.1. Idoneità dei donatori
1.
Sono attuate e mantenute procedure di identificazione sicura dei donatori, di intervista per accertarne l’idoneità e di verifica dell'ammissibilità. Tali procedure vengono applicate prima di ogni donazione e sono conformi ai requisiti di cui agli allegati II e III della direttiva 2004/33/CE.
2.
Le interviste ai donatori sono condotte in modo tale da garantire la riservatezza.
3.
I fascicoli relativi all’idoneità del donatore e alla valutazione finale sono firmati da un operatore sanitario qualificato.
6.2. Raccolta del sangue e degli emocomponenti
1.
La procedura di raccolta del sangue è destinata a garantire che l'identità del donatore sia verificata e correttamente registrata e che il legame esistente tra donatore, sangue, emocomponenti e campioni ematici sia stabilito chiaramente.
2.
Le sacche sterili utilizzate per la raccolta del sangue e dei suoi componenti e per la loro lavorazione devono recare il marchio CE o soddisfare norme equivalenti in caso di raccolta nei paesi terzi. Il numero di riferimento delle sacche deve assicurare la tracciabilità di ciascun emocomponente.
3.
Le procedure di raccolta del sangue devono ridurre per quanto possibile il rischio di contaminazione microbica.
4.
I campioni di laboratorio sono prelevati al momento della donazione e conservati in maniera appropriata prima delle prove.
5.
La procedura di apposizione delle etichette recanti il numero della donazione sui fascicoli, sulle sacche ematiche e sui campioni di laboratorio deve essere tale da evitare ogni rischio di errore di identificazione e di confusione.
6.
Una volta effettuata la raccolta, le sacche contenenti il sangue sono manipolate in modo da preservare la qualità del sangue e ad una temperatura di conservazione e di trasporto adeguata alle esigenze di ulteriore lavorazione.
7.
È attuato un sistema che garantisce la possibilità di stabilire un legame tra ciascuna donazione e il sistema di raccolta e lavorazione nell'ambito del quale il sangue è stato raccolto e/o trasformato.
6.3. Analisi di laboratorio
1.
Tutte le procedure di analisi sono convalidate prima della loro applicazione.
2.
Ogni donazione è analizzata conformemente alle prescrizioni di cui all'allegato IV della direttiva 2002/98/CE.
3.
Procedure chiaramente definite devono stabilire come procedere in caso di divergenze di risultati e garantire che il sangue e i suoi componenti, che danno risultati reattivi ripetuti in un test sierologico di depistaggio delle infezioni da virus figuranti nell’allegato IV della direttiva 2002/98/CE, siano esclusi dall’uso terapeutico e conservati separatamente in un ambiente apposito. Viene effettuato un test di conferma appropriato. In caso di conferma dei risultati positivi, è attuata un'adeguata gestione del donatore, mettendo a sua disposizione le necessarie informazioni e applicando le procedure del caso.
4.
Dati devono confermare l’idoneità all’impiego di tutti i reagenti di laboratorio utilizzati per l’analisi dei campioni prelevati dal donatore e dei campioni di emocomponenti.
5.
La qualità delle analisi di laboratorio è verificata regolarmente: i laboratori si sottopongono infatti a prove attitudinali nel quadro di un sistema ufficiale di valutazione, come un programma di garanzia della qualità esterno.
6.
Le analisi sierologiche per la determinazione del gruppo sanguigno includono procedure di analisi da effettuare per gruppi specifici di donatori (ad esempio persone alla prima donazione, donatori con precedenti di trasfusione).
6.4. Lavorazione e convalida
1.
Le attrezzature e i dispositivi tecnici sono utilizzati conformemente a procedure convalidate.
2.
La lavorazione degli emocomponenti è realizzata applicando procedure appropriate e convalidate, tra cui misure intese a prevenire il rischio di contaminazione e di proliferazione microbica negli emocomponenti preparati.
6.5. Etichettatura
1.
Tutti i contenitori devono recare, in ogni fase, etichette contenenti le informazioni necessarie alla loro identificazione. In mancanza di un sistema informatizzato convalidato per il controllo dello stato, le etichette devono consentire di distinguere chiaramente le unità di sangue e gli emocomponenti in quarantena e quelli rilasciati.
2.
Il sistema di etichettatura del sangue raccolto, degli emocomponenti intermedi o finali e dei campioni deve identificare, senza possibilità di errore, il tipo di contenuto e soddisfare le norme in materia di etichettatura e tracciabilità di cui all’articolo 14 della direttiva 2002/98/CE e alla direttiva 2005/61/CE della Commissione (5). L'etichetta apposta su un emocomponente finale deve soddisfare i requisiti di cui all'allegato III della direttiva 2002/98/CE.
3.
Per quanto riguarda sangue e emocomponenti autologhi, l'etichetta deve essere conforme alle prescrizioni di cui all'articolo 7 della direttiva 2004/33/CE e ai requisiti supplementari relativi alle donazioni autologhe di cui all'allegato IV della medesima.
6.6. Cessione del sangue e degli emocomponenti
1.
Un sistema di sicurezza deve impedire che il sangue e gli emocomponenti siano rilasciati prima che siano soddisfatti tutti i requisiti obbligatori stabiliti nella presente direttiva. Ogni servizio trasfusionale deve essere in grado di dimostrare che ogni unità di sangue o emocomponente sono stati rilasciati in via ufficiale da una persona autorizzata. Dai fascicoli deve risultare che, prima del rilascio di un emocomponente, i moduli di dichiarazione utilizzati, le schede mediche pertinenti e i risultati delle prove soddisfano tutti i criteri di ammissione.
2.
Prima del rilascio del sangue e degli emocomponenti devono essere conservati isolati, sul piano sia amministrativo che fisico, dal sangue e dagli emocomponenti rilasciati. In mancanza di un sistema informatizzato convalidato per il controllo dello stato, l’etichetta di un’unità di sangue o di emocomponente identifica lo stato di rilascio, conformemente al punto 6.5.1.
3.
Nel caso in cui il componente finale non sia rilasciato, a motivo di un risultato positivo confermato da un test di accertamento di infezione, conformemente ai punti 6.3.2. e 6.3.3., occorre procedere ad un controllo per garantire l’identificazione di altri componenti derivanti dalla stessa donazione e di componenti preparati da precedenti donazioni fatte dallo stesso donatore. Il fascicolo relativo al donatore è aggiornato immediatamente.
7. CONSERVAZIONE E DISTRIBUZIONE
1.
Il sistema di qualità dei servizi trasfusionali garantisce che i criteri di conservazione e distribuzione del sangue e degli emocomponenti destinati alla fabbricazione di prodotti medicinali siano conformi alla direttiva 2003/94/CE.
2.
Le procedure di conservazione e distribuzione sono convalidate onde garantire la qualità del sangue e degli emocomponenti durante l’intero periodo di conservazione ed escludere miscele di emocomponenti. Le operazioni di trasporto e conservazione, nonché di ricezione e distribuzione, sono definite da procedure e specifiche scritte.
3.
Il sangue e gli emocomponenti autologhi e gli emocomponenti raccolti e preparati per scopi specifici sono conservati separatamente.
4.
Sono tenuti registri di inventario e di distribuzione appropriati.
5.
L’imballaggio deve preservare l’integrità e la temperatura di conservazione del sangue o degli emocomponenti durante le fasi di distribuzione e di trasporto
6.
Il rientro del sangue e degli emocomponenti negli stock per essere successivamente ceduto è ammesso unicamente se sono soddisfatti tutti i requisiti di qualità e attuate tutte le procedure stabilite dal servizio trasfusionale per garantire l’integrità degli emocomponenti.
8. GESTIONE DEI CONTRATTI
Le mansioni realizzate all’esterno sono definite in un contratto scritto specifico.
9. NON CONFORMITÀ
9.1. Inadempienze
Gli emocomponenti non conformi alle norme di cui all’allegato V della direttiva 2004/33/CE sono rilasciati a fini di trasfusione solo in casi eccezionali e con l’accordo scritto del medico che ha firmato la prescrizione e del responsabile del servizio trasfusionale.
9.2. Denunce
Tutte le denunce ed altre informazioni, tra cui quelle relative a gravi effetti indesiderati o ad incidenti gravi, da cui si desume che sono stati ceduti emocomponenti difettosi, devono essere documentate, verificate accuratamente per accertare le cause del difetto e, laddove necessario, seguite dal ritiro dei componenti e dall’applicazione di misure correttive per evitare che il fatto si ripeta. Vanno attuate procedure per informare le autorità competenti di eventuali effetti indesiderati o incidente gravi, conformemente ai requisiti regolamentari.
9.3. Ritiro
1.
Il servizio trasfusionale dispone di personale autorizzato a valutare la necessità di ritirare il sangue e gli emocomponenti e di avviare e coordinare i necessari interventi.
2.
È predisposta un’efficace procedura di ritiro che precisa anche le responsabilità e le misure da adottare. Tra queste vi è anche la notificazione all’autorità competente.
3.
Le misure devono essere adottate nei termini previsti e consistono tra l’altro nel rintracciare gli emocomponenti e, eventualmente, nel ricostruirne il percorso. Scopo della ricerca è identificare ogni donatore che possa aver contribuito a causare la reazione alla trasfusione e recuperare gli emocomponenti esistenti provenienti da tale donatore, nonché informare destinatari e riceventi dei componenti prelevati dallo stesso donatore nel caso siano stati esposti a un rischio.
9.4. Misure correttive e preventive
1.
È predisposto un sistema inteso a garantire l’applicazione di misure correttive e preventive in caso di non conformità degli emocomponenti e di problemi di qualità.
2.
I dati sono analizzati sistematicamente onde identificare eventuali problemi di qualità che richiedano l’applicazione di misure correttive o individuare tendenze sfavorevoli che richiedano azioni preventive.
3.
Errori ed incidenti devono essere documentati e verificati onde identificare eventuali difetti del sistema e porvi rimedio.
10. AUTOCONTROLLO, AUDIT E MIGLIORAMENTI
1.
Sistemi di autocontrollo o di audit sono predisposti per tutte le fasi operative onde verificare il rispetto delle norme definite nel presente allegato. Tali controlli vanno effettuati su base periodica da persone qualificate e competenti, che operano in modo autonomo, secondo procedure riconosciute.
2.
Tutti i risultati sono documentati e appropriate misure correttive e preventive sono adottate in modo tempestivo ed efficace.
(1) GU L 183 del 29.6.1989, pag. 1.
(2) GU L 262 del 17.10.2000, pag. 21.
(3) GU L 169 del 12.7.1993, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dal regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1).
(4) GU L 331 del 7.12.1998, pag. 1. Direttiva modificata dal regolamento (CE) n. 1882/2003.
(5) Cfr. pag. 32 della presente Gazzetta ufficiale. | Standard di qualità per le banche del sangue
QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA?
Fissa le modalità con cui le autorità nazionali devono rispettare diversi requisiti per garantire la sicurezza e la qualità del sangue umano raccolto e controllato nell’UE.
PUNTI CHIAVE
I paesi dell’UE devono garantire quanto segue.Tutti i servizi trasfusionali siano conformi alle norme e alle specifiche di sicurezza e di qualità dell’UE.Siano disponibili e vengano utilizzate da tutte le banche del sangue linee direttrici di buona prassi. Dovranno essere tenute in considerazione le linee guida sulla buona prassi elaborate congiuntamente dalla Commissione europea e dalla Direzione europea della qualità dei medicinali e cura della salute del Consiglio d’Europa. In base alla direttiva (UE) 2016/1214, gli Stati membri devono assicurare che i servizi trasfusionali si conformino alle linee guida sulla buona prassi nella gestione dei loro sistemi di qualità entro il 15 febbraio 2018.Siano eseguiti controlli di qualità su sangue ed emocomponenti provenienti da paesi extra-UE/extra-SEE (Spazio economico europeo) prima che vengano importati nell’UE.La gestione dei centri trasfusionali deve attuare e mantenere in modo sistematico un sistema di qualità.Il sistema di qualità copre:la garanzia della qualità: la convalida di tutte le procedure, dei locali e delle attrezzature;il personale e l’organizzazione: il personale deve avere una formazione adeguata, compiti e responsabilità chiare ed essere in numero sufficiente;i locali: devono prevedere zone specifiche per colloqui riservati, per la raccolta, il controllo, la lavorazione e la conservazione del sangue e per l’eliminazione dei residui;le attrezzature e i materiali: devono essere convalidati, calibrati, sottoposti a manutenzione e registrati in un inventario;la documentazione: le specifiche, le procedure e le registrazioni di tutte le attività devono essere tenute aggiornate;la raccolta del sangue: si devono predisporre procedure per individuare, intervistare e valutare i donatori e deve essere ridotto al minimo il rischio di contaminazione microbica;le analisi di laboratorio: tutte le procedure devono essere convalidate prima dell’uso e la loro qualità deve essere sottoposta a una valutazione periodica;la lavorazione e convalida: tutti i dispositivi e le attrezzature tecniche devono essere utilizzati in conformità alle procedure convalidate;l’etichettatura: tutti i contenitori devono recare, in ogni fase, etichette contenenti le informazioni necessarie alla loro identificazione;la cessione: si deve impedire che il sangue e gli emocomponenti siano rilasciati prima che siano soddisfatti tutti i requisiti obbligatori stabiliti dalla legge;la conservazione e distribuzione: si devono predisporre procedure per evitare miscele di emocomponenti;le denunce: devono essere documentate e verificate accuratamente. Se necessario, questo può comportare il ritiro dei prodotti e l’attuazione di misure correttive per evitare che si ripetano;il ritiro: deve essere in vigore una procedura di richiamo efficace che consenta di tracciare sangue ed emocomponenti;i sistemi di autocontrollo: per ogni operazione si devono predisporre questi o altri sistemi di audit per verificare il rispetto delle norme.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DIRETTIVA?
Essa è in vigore dal venerdì 21 ottobre 2005. I paesi dell’UE avevano l’obbligo di incorporarla nelle rispettive legislazioni nazionale entro il 31 agosto 2006.
CONTESTO
La direttiva 2005/62/CE fissa i requisiti tecnici che garantiscono il rispetto delle norme di qualità e sicurezza sancite nella direttiva 2002/98/CE.Per ulteriori informazioni, consultare:«Sangue, tessuti e organi» (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2005/62/CE della Commissione, del 30 settembre 2005, recante applicazione della direttiva 2002/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le norme e le specifiche comunitarie relative ad un sistema di qualità per i servizi trasfusionali (GU L 256 dell’1.10.2005, pagg. 41-48).
Le successive modifiche alla direttiva 2005/62/UE sono state incorporate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI COLLEGATI
Direttiva della Commissione (UE) 2016/1214 del 25 luglio 2016 recante modifica della direttiva 2005/62/CE per quanto riguarda le norme e le specifiche del sistema di qualità per i servizi trasfusionali (GU L 199, 26.7.2016, pagg. 14-15).
Direttiva 2005/61/CE della Commissione, del 30 settembre 2005, recante applicazione della direttiva 2002/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le prescrizioni in tema di rintracciabilità e la notifica di effetti indesiderati ed incidenti gravi (GU L 256 dell’1.10.2005, pagg. 32-40).
Direttiva 2004/33/CE della Commissione, del 22 marzo 2004, recante applicazione della direttiva 2002/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a taluni requisiti tecnici del sangue e degli emocomponenti (GU L 91 del 30.3.2004, pagg. 25-39).
Le successive modifiche alla direttiva 95/46/UE sono state incorporate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Direttiva 2002/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 gennaio 2003 che stabilisce norme di qualità e di sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti e che modifica la direttiva 2001/83/CE (GU L 33 dell’8.2.2003, pagg. 30-40).
Si veda la versione consolidata. | 10,353 | 859 |
32010L0065 | false | DIRETTIVA 2010/65/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 20 ottobre 2010
relativa alle formalità di dichiarazione delle navi in arrivo o in partenza da porti degli Stati membri e che abroga la direttiva 2002/6/CE
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 100, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione europea,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
visto il parere del Comitato delle regioni (2),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (3),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 2002/6/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 febbraio 2002, sulle formalità di dichiarazione delle navi in arrivo e/o in partenza da porti degli Stati membri della Comunità (4), impone agli Stati membri di avvalersi di formulari standard («formulari FAL») allo scopo di facilitare il traffico, definiti dalla convenzione sulla facilitazione del traffico marittimo internazionale dell’Organizzazione marittima internazionale (in proseguo IMO) e successive modifiche («convenzione FAL»), adottata il 9 aprile 1965.
(2)
Per facilitare il trasporto marittimo e al fine di ridurre gli oneri amministrativi delle compagnie di navigazione, le formalità di dichiarazione imposte dagli atti giuridici dell’Unione e dagli Stati membri devono essere semplificate e armonizzate il più possibile. Tuttavia la presente direttiva non dovrebbe pregiudicare la natura e il contenuto delle informazioni richieste e non dovrebbe introdurre ulteriori obblighi di formalità per le navi che non sottostanno già a tali obblighi ai sensi della legislazione applicabile negli Stati membri. Essa dovrebbe riguardare soltanto le possibili soluzioni per semplificare ed armonizzare le procedure di informazione nonché per raccogliere le informazioni con maggior efficienza.
(3)
La trasmissione delle informazioni richieste all’arrivo e/o in partenza dai porti a norma della direttiva 2000/59/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2000, relativa agli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi e i residui del carico (5), della direttiva 2002/59/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2002, relativa all’istituzione di un sistema comunitario di monitoraggio del traffico navale e d’informazione (6), del regolamento (CE) n. 725/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativo al miglioramento della sicurezza delle navi e degli impianti portuali (7), della direttiva 2009/16/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa al controllo da parte dello Stato di approdo (8) e, in caso, del codice marittimo internazionale per il trasporto delle merci pericolose adottato nel 1965, e relative modifiche adottate e in vigore, comprende le informazioni richieste dai formulari FAL. Pertanto, laddove queste informazioni corrispondano ai requisiti di cui ai suddetti atti giuridici, è opportuno accettare i formulari FAL che le forniscono.
(4)
In considerazione della dimensione globale del trasporto marittimo, gli atti giuridici dell’Unione devono tener conto dei requisiti dell’IMO per garantire una semplificazione.
(5)
Gli Stati membri dovrebbero approfondire la cooperazione tra le autorità competenti, quali le autorità nazionali preposte alle dogane, ai controlli di frontiera, alla sanità pubblica e ai trasporti per continuare a semplificare e armonizzare le formalità di dichiarazione all’interno dell’Unione e usare nel modo più efficiente i sistemi di trasmissione elettronica dei dati e di scambio delle informazioni, al fine di rimuovere quanto più possibile gli ostacoli al trasporto marittimo e, allo stesso tempo, realizzare uno spazio marittimo europeo senza frontiere.
(6)
È opportuno che siano disponibili statistiche dettagliate sui trasporti marittimi per valutare l’efficienza di misure politiche volte a facilitare il traffico marittimo all’interno dell’Unione e la necessità delle stesse, tenendo conto dell’esigenza di non creare inutili requisiti supplementari per quanto riguarda la raccolta di dati statistici da parte degli Stati membri e di avvalersi pienamente di Eurostat. Ai fini della presente direttiva, sarebbe importante raccogliere i dati riguardanti il traffico delle navi all’interno dell’Unione e/o le navi che entrano nei porti di un paese terzo o in zone franche.
(7)
Dovrebbe essere più facile per le compagnie di navigazione ottenere la qualifica di «servizio di linea autorizzato», in linea con l’obiettivo della comunicazione della Commissione del 21 gennaio 2009 intitolata «Comunicazione e piano d’azione nella prospettiva della creazione di uno spazio europeo per il trasporto marittimo senza frontiere».
(8)
Gli strumenti elettronici di trasmissione dei dati dovrebbero essere utilizzati in modo generalizzato per l’insieme delle formalità di dichiarazione nei tempi più brevi, entro e non oltre il 1o giugno 2015, basandosi sulle norme internazionali sviluppate dalla convenzione FAL, ove sia possibile. Al fine di semplificare ed accelerare la trasmissione di quantitativi di informazioni che potrebbero essere ingenti, per le formalità di dichiarazione si dovrebbe ricorrere, ogniqualvolta possibile, al formato elettronico. All’interno dell’Unione, la fornitura di informazioni con formulari FAL in formato cartaceo dovrebbe costituire l’eccezione e dovrebbe essere accettata solo per un periodo di tempo limitato. Gli Stati membri sono incoraggiati ad usare i mezzi amministrativi, inclusi gli incentivi finanziari, per promuovere l’uso dei formati elettronici. Per i suddetti motivi, gli scambi di informazioni tra le autorità competenti degli Stati membri dovrebbero aver luogo per via elettronica. Per facilitare questo sviluppo occorre che i sistemi elettronici siano maggiormente interoperabili e, quanto più possibile, entro lo stesso termine, al fine di garantire il buon funzionamento dello spazio marittimo europeo senza frontiere.
(9)
Le parti coinvolte nel commercio e nei trasporti dovrebbero poter presentare informazioni e documenti normalizzati tramite un’interfaccia elettronica unica per adempiere alle formalità di dichiarazione. I singoli elementi di dati dovrebbero essere presentati solo una volta.
(10)
I sistemi SafeSeaNet istituiti a livello nazionale e a livello dell’Unione sono destinati a facilitare il ricevimento, lo scambio e la distribuzione delle informazioni tra i sistemi di informazione degli Stati membri relativi alle attività marittime. Per facilitare il trasporto marittimo e ridurre gli oneri amministrativi del trasporto stesso, il sistema SafeSeaNet dovrebbe essere interoperabile con altri sistemi dell’Unione per le formalità di dichiarazione. SafeSeaNet dovrebbe essere usato per lo scambio di ulteriori informazioni a fini di facilitazione del trasporto marittimo. Le formalità di dichiarazione concernenti informazioni a fini unicamente nazionali non dovrebbero essere introdotte nel sistema SafeSeaNet.
(11)
Nell’adottare nuove misure dell’Unione occorrerebbe garantire che gli Stati membri possano mantenere la trasmissione elettronica dei dati e che non sia loro imposto il formato cartaceo.
(12)
Il beneficio completo della trasmissione elettronica dei dati si può conseguire solamente laddove esista una comunicazione fluida ed efficace fra SafeSeaNet, la dogana elettronica e i sistemi elettronici per l’immissione e la consultazione dei dati. A tal fine bisogna, per limitare gli oneri amministrativi, ricorrere dapprima alle norme attualmente in vigore.
(13)
I formulari FAL sono regolarmente aggiornati. La presente direttiva dovrebbe quindi fare riferimento alla versione in vigore di questi formulari. Le informazioni richieste dalla legislazione degli Stati membri che vanno al di là dei requisiti della convenzione FAL dovrebbero essere comunicate in un formato da sviluppare sulla base degli standard della convenzione FAL.
(14)
La presente direttiva non dovrebbe pregiudicare il regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario (9), del regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, che fissa talune disposizioni d’applicazione del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice doganale comunitario (10), del regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) (11), o alla legislazione nazionale in materia di controllo di frontiera per quegli Stati membri in cui non si applica il relativo acquis di Schengen e al regolamento (CE) n. 450/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, che istituisce il codice doganale comunitario (codice doganale aggiornato) (12).
(15)
Per un uso generalizzato della trasmissione elettronica delle informazioni e per facilitare il trasporto marittimo, gli Stati membri dovrebbero estendere l’uso dei mezzi elettronici di trasmissione dei dati attenendosi a un adeguato calendario e dovrebbero discutere, in cooperazione con la Commissione, la possibilità di armonizzare tale uso. A tal fine occorrerebbe tenere presente il lavoro del gruppo direttivo di alto livello SafeSeaNet in ordine alla tabella di marcia di SafeSeaNet, allorché sarà adottata, ai requisiti concreti di finanziamento e all’assegnazione rispettiva di mezzi finanziari dell’Unione per lo sviluppo della trasmissione elettronica dei dati.
(16)
È opportuno esentare le navi che operano tra i porti situati sul territorio doganale dell’Unione dalla trasmissione delle informazioni di cui ai formulari FAL, qualora le navi non provengano da un porto situato al di fuori del territorio dell’Unione o da una zona franca soggetta alle modalità di controllo di tipo I ai sensi della legislazione doganale, non vi facciano scalo né vi si rechino, fatti salvi gli atti giuridici applicabili dell’Unione e le informazioni che gli Stati membri possono richiedere al fine di proteggere l’ordine e la sicurezza interni e per far rispettare le leggi in materia doganale, fiscale, di immigrazione, ambientale o sanitaria.
(17)
Anche gli esoneri dalle formalità amministrative dovrebbero essere consentiti sulla base del carico della nave e non solo sulla base della destinazione e/o del luogo di partenza della nave. Ciò è necessario per garantire che le formalità supplementari per le navi che sono entrate in un porto di un paese terzo o in una zona franca siano ridotte al minimo. La Commissione dovrebbe esaminare tale questione nell’ambito della relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sul funzionamento della presente direttiva.
(18)
È opportuno introdurre un nuovo formulario provvisorio al fine di armonizzare le informazioni richieste dalla dichiarazione di sicurezza preliminare prevista dal regolamento (CE) n. 725/2004.
(19)
Le esigenze linguistiche nazionali costituiscono spesso un ostacolo per lo sviluppo della rete di navigazione a corto raggio. Gli Stati membri dovrebbero compiere tutti gli sforzi possibili per facilitare la comunicazione scritta e orale, nel traffico marittimo, tra Stati membri, in conformità della prassi internazionale, al fine di trovare mezzi comuni di comunicazione.
(20)
La Commissione dovrebbe avere il potere di adottare atti delegati ai sensi dell’articolo 290 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea per quanto riguarda l’allegato alla presente direttiva. È particolarmente importante che durante i lavori preparatori la Commissione svolga consultazioni adeguate, anche a livello di esperti.
(21)
I vari atti giuridici dell’Unione che impongono, ad esempio, formalità di pre-notifica all’entrata in porto, come la direttiva 2009/16/CE, possono prevedere termini diversi per l’esecuzione di queste formalità di pre-notifica. La Commissione dovrebbe esaminare la possibilità di abbreviare e armonizzare tali termini, approfittando dei progressi in atto nell’elaborazione elettronica dei dati, nell’ambito della relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sul funzionamento della presente direttiva che dovrebbe contenere, se opportuno, una proposta legislativa.
(22)
Nel quadro della relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sul funzionamento della presente direttiva, la Commissione dovrebbe determinare in quale misura l’obiettivo della presente direttiva, ovvero la semplificazione delle formalità amministrative alle quali sono sottoposte le navi in arrivo o in partenza da porti degli Stati membri, dovrebbe essere esteso all’entroterra, e più precisamente alla navigazione fluviale, al fine di rendere più celere e fluido il transito del trasporto marittimo verso l’entroterra e di apportare una soluzione duratura alla congestione nei porti e intorno ai porti.
(23)
Poiché gli obiettivi della presente direttiva, in particolare quello di facilitare il trasporto marittimo in modo armonizzato nell’intera Unione, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell’azione in questione, essere realizzati meglio a livello dell’Unione, quest’ultima può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali obiettivi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(24)
A norma della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, qualora l’attuazione di una direttiva è superflua per ragioni geografiche, detta attuazione non è obbligatoria. Pertanto i requisiti previsti nella presente direttiva non sono rilevanti per gli Stati membri che non hanno porti in cui possano normalmente far scalo le navi che rientrano nell’ambito d’applicazione della direttiva stessa.
(25)
Le misure stabilite dalla presente direttiva contribuiscono a raggiungere gli obiettivi dell’Agenda di Lisbona.
(26)
L’accesso a Safe SeaNet e ad altri strumenti elettronici dovrebbe essere regolamentato per garantire la protezione delle informazioni commerciali e riservate e dovrebbe aver luogo senza pregiudizio del diritto applicabile in materia di protezione dei dati di carattere commerciale e, per i dati personali, della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (13) e del regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché alla libera circolazione di tali dati (14). Gli Stati membri e le istituzioni e gli organismi dell’Unione dovrebbero prestare particolare attenzione alla necessità di garantire la protezione delle informazioni commerciali e riservate attraverso adeguati sistemi di controllo dell’accesso.
(27)
Conformemente al punto 34 dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (15), gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e rendere pubblici, nell’interesse proprio e dell’Unione, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la presente direttiva e i provvedimenti di attuazione.
(28)
Per motivi di chiarezza, è opportuno sostituire la direttiva 2002/6/CE con la presente direttiva,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Oggetto e ambito di applicazione
1. La presente direttiva ha lo scopo di semplificare e armonizzare le procedure amministrative applicate ai trasporti marittimi attraverso l’uso generalizzato della trasmissione elettronica delle informazioni e la razionalizzazione delle formalità di dichiarazione.
2. La presente direttiva si applica alle formalità di dichiarazione applicabili al trasporto marittimo per le navi in arrivo o in partenza da porti situati negli Stati membri.
3. La presente direttiva non si applica alle navi esentate dalle formalità di dichiarazione.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini della presente direttiva, si intende per:
a)
«formalità di dichiarazione», le informazioni riportate nell’allegato che, in conformità alla legislazione vigente in uno Stato membro, devono essere fornite per fini amministrativi e procedurali alle navi in arrivo o in partenza da un porto di tale Stato membro;
b)
«convenzione FAL», la convenzione sulla facilitazione del traffico marittimo internazionale dell’Organizzazione marittima internazionale, adottata il 9 aprile 1965, e successive modifiche;
c)
«formulari FAL», i formulari standard previsti dalla convenzione FAL;
d)
«nave», qualsiasi nave o unità marittima;
e)
«SafeSeaNet», sistema dell’Unione per lo scambio di dati marittimi definito dalla direttiva 2002/59/CE;
f)
«trasmissione elettronica dei dati», il processo di trasmissione di informazioni codificate digitalmente mediante un formato strutturato che può essere utilizzato direttamente per l’immagazzinamento e il trattamento tramite computer.
Articolo 3
Armonizzazione e coordinamento delle formalità di dichiarazione
1. Ciascuno Stato membro adotta misure per assicurare che, nel suo territorio, le formalità di dichiarazione siano richieste in modo armonizzato e coordinato.
2. La Commissione, in cooperazione con gli Stati membri, sviluppa i meccanismi di armonizzazione e coordinamento delle formalità di dichiarazione nell’Unione.
Articolo 4
Notifica preliminare all’ingresso nei porti
Fatte salve disposizioni specifiche sulla notifica previste negli atti giuridici dell’Unione applicabili o ai sensi di strumenti giuridici internazionali applicabili al trasporto marittimo e vincolanti per gli Stati membri, incluse le disposizioni in materia di controllo delle persone e delle merci, gli Stati membri assicurano che il comandante o qualsiasi altra persona debitamente abilitata dall’armatore della nave notifichi, anteriormente all’ingresso in un porto situato in uno Stato membro, le informazioni previste dalle formalità di dichiarazione all’autorità competente designata da tale Stato membro:
a)
con un anticipo di almeno ventiquattro ore; oppure
b)
al più tardi al momento in cui la nave lascia il porto precedente, qualora la durata del viaggio sia inferiore a ventiquattro ore; oppure
c)
se il porto di scalo non è noto o se è cambiato durante il viaggio, non appena quest’informazione diviene disponibile.
Articolo 5
Trasmissione elettronica dei dati
1. Gli Stati membri accettano l’adempimento delle formalità di dichiarazione in formato elettronico e la loro trasmissione attraverso un’interfaccia unica nei tempi più brevi e in ogni caso non oltre il 1o giugno 2015.
Detta interfaccia unica, che collega SafeSeaNet, la dogana elettronica e altri sistemi elettronici, rappresenta il luogo dove, in conformità della presente direttiva, tutte le informazioni sono dichiarate una volta e messe a disposizione delle varie autorità competenti e degli Stati membri.
2. Fatto salvo il formato pertinente indicato nella convenzione FAL, il formato di cui al paragrafo 1 è conforme all’articolo 6.
3. Se gli atti giuridici dell’Unione richiedono formalità di dichiarazione, e nella misura necessaria al buon funzionamento dell’interfaccia unica stabilita ai sensi del paragrafo 1, i sistemi informatici di cui al paragrafo 1 devono essere interoperabili, accessibili e compatibili con il sistema SafeSeaNet istituito in conformità della direttiva 2002/59/CE, nonché, se del caso, con i sistemi informatici previsti dalla decisione n. 70/2008/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008, concernente un ambiente privo di supporti cartacei per le dogane e il commercio (16).
4. Fatte salve le disposizioni specifiche relative al controllo doganale e di frontiera di cui al regolamento (CEE) n. 2913/92 e al regolamento (CE) n. 562/2006, gli Stati membri consultano gli operatori economici e informano la Commissione sui progressi compiuti secondo le modalità previste dalla decisione n. 70/2008/CE.
Articolo 6
Scambio dei dati
1. Gli Stati membri provvedono a che le informazioni ricevute secondo le formalità di dichiarazione disposte dagli atti giuridici dell’Unione siano rese disponibili nei loro sistemi SafeSeaNet nazionali e mettono a disposizione degli altri Stati membri, attraverso il sistema SafeSeaNet, le parti pertinenti di tali informazioni. Salvo diverse disposizioni di uno Stato membro questo non si applica alle informazioni ricevute in virtù del regolamento (CEE) n. 2913/92, del regolamento (CEE) n. 2454/93, del regolamento (CE) n. 562/2006 e del regolamento (CE) n. 450/2008.
2. Gli Stati membri garantiscono che le informazioni ricevute ai sensi del paragrafo 1 siano accessibili, su richiesta, alle autorità nazionali competenti.
3. Il formato digitale di base dei messaggi da usare nei sistemi SafeSeaNet nazionali conformemente al paragrafo 1 è stabilito in conformità dell’articolo 22 bis della direttiva 2002/59/CE.
4. Gli Stati membri possono fornire un accesso pertinente alle informazioni di cui al paragrafo 1 tramite un’interfaccia unica nazionale con un sistema di scambio di dati elettronici o tramite i sistemi SafeSeaNet nazionali.
Articolo 7
Informazioni nei formulari FAL
Gli Stati membri accettano i formulari FAL per l’adempimento delle formalità di dichiarazione. Gli Stati membri possono accettare che le informazioni richieste in conformità degli atti giuridici dell’Unione siano fornite in formato cartaceo solo fino al 1o giugno 2015.
Articolo 8
Trattamento riservato
1. Gli Stati membri, in conformità degli atti giuridici dell’Unione applicabili o della normativa nazionale, adottano le misure necessarie per garantire la riservatezza delle informazioni commerciali e riservate scambiate in conformità della presente direttiva.
2. Gli Stati membri prestano particolare attenzione a proteggere i dati commerciali raccolti a norma della presente direttiva. Per quanto riguarda i dati personali, gli Stati membri garantiscono la loro conformità con la direttiva 95/46/CE. Le istituzioni e gli organismi dell’Unione garantiscono l’adempimento del regolamento (CE) n. 45/2001.
Articolo 9
Esenzioni
Gli Stati membri garantiscono che le navi che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2002/59/CE e che operano tra porti situati sul territorio doganale dell’Unione, quando non provengono da un porto situato al di fuori del territorio dell’Unione o da una zona franca soggetta alle modalità di controllo di tipo I ai sensi della legislazione doganale, non vi fanno scalo né vi si recano, siano esentate dal dovere di trasmettere le informazioni previste dai formulari FAL, fermi restando gli atti giuridici dell’Unione applicabili e la possibilità che gli Stati membri possano richiedere informazioni contenute nei formulari FAL di cui ai punti da 1 a 6 della parte B dell’allegato alla presente direttiva che sono necessarie a proteggere l’ordine e la sicurezza interni e a far rispettare le leggi in materia doganale, fiscale, di immigrazione, ambientale o sanitaria.
Articolo 10
Procedure di modifica
1. La Commissione può adottare atti delegati ai sensi dell’articolo 290 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, per quanto riguarda l’allegato alla presente direttiva, al fine di garantire che si tenga conto delle eventuali pertinenti modifiche introdotte dall’IMO ai formulari FAL. Tali modifiche non estendono l’ambito di applicazione della presente direttiva.
2. Per gli atti delegati di cui al presente articolo si applicano le procedure di cui agli articoli 11, 12 e 13.
Articolo 11
Esercizio della delega
1. Il potere di adottare gli atti delegati di cui all’articolo 10 è conferito alla Commissione per un periodo di cinque anni a decorrere dal 18 novembre 2010. La Commissione presenta una relazione sui poteri delegati non oltre sei mesi prima della fine del periodo di cinque anni. La delega di potere è automaticamente prorogata per periodi di identica durata, tranne in caso di revoca da parte del Parlamento europeo o del Consiglio ai sensi dell’articolo 12.
2. Non appena adottato un atto delegato, la Commissione lo notifica simultaneamente al Parlamento europeo e al Consiglio.
3. Il potere conferito alla Commissione di adottare atti delegati è soggetto alle condizioni stabilite dagli articoli 12 e 13.
Articolo 12
Revoca della delega
1. La delega di poteri di cui all’articolo 10 può essere revocata dal Parlamento europeo o dal Consiglio in qualsiasi momento.
2. L’istituzione che ha avviato una procedura interna per decidere l’eventuale revoca della delega si adopera per informare l’altra istituzione e la Commissione entro un termine ragionevole prima di adottare una decisione definitiva, specificando i poteri delegati che potrebbero essere oggetto di revoca e gli eventuali motivi della revoca.
3. La decisione di revoca pone fine alla delega dei poteri specificati nella decisione medesima. Gli effetti della decisione decorrono immediatamente o a una data successiva ivi precisata. La decisione di revoca non incide sulla validità degli atti delegati già in vigore. Essa è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 13
Obiezioni agli atti delegati
1. Il Parlamento europeo o il Consiglio possono sollevare obiezioni ad un atto delegato entro due mesi dalla data di notifica.
Su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio, tale periodo è prorogato di due mesi.
2. Se, allo scadere del termine iniziale di due mesi o, se applicabile, del termine esteso né il Parlamento europeo né il Consiglio hanno sollevato obiezioni all’atto delegato, esso è pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea ed entra in vigore alla data indicata nell’atto medesimo.
L’atto delegato può essere pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea ed entrare in vigore prima della scadenza del termine iniziale di due mesi o, se applicabile, del termine esteso qualora il Parlamento europeo e il Consiglio abbiano entrambi informato la Commissione della loro intenzione di non sollevare obiezioni.
3. Se il Parlamento europeo o il Consiglio sollevano obiezioni a un atto delegato, quest’ultimo non entra in vigore. L’istituzione che solleva obiezioni all’atto delegato ne illustra le ragioni.
Articolo 14
Recepimento
1. Gli Stati membri adottano e pubblicano, entro il 19 maggio 2012, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.
Essi applicano tali disposizioni a decorrere dal 19 maggio 2012.
Quando gli Stati membri adottano le suddette disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da tale riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di riferimento sono decise dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno adottate nella materia disciplinata dalla presente direttiva.
Articolo 15
Relazione
La Commissione riferisce al Parlamento europeo e al Consiglio, entro il 19 novembre 2013, in merito all’attuazione della presente direttiva e segnatamente:
a)
alla possibilità di estendere al trasporto per idrovie interne la semplificazione introdotta dalla presente direttiva;
b)
alla compatibilità del sistema di informazione fluviale con i sistemi elettronici di cui alla presente direttiva;
c)
ai progressi registrati in materia di armonizzazione e coordinamento delle formalità di dichiarazione ai sensi dell’articolo 3;
d)
alla possibilità di evitare o semplificare le formalità per le navi che sono entrate in un porto di un paese terzo o in una zona franca;
e)
ai dati disponibili sul traffico/la circolazione delle navi all’interno dell’Unione e/o le navi che entrano nei porti di un paese terzo o in zone franche.
La relazione è accompagnata, se del caso, da una proposta legislativa.
Articolo 16
Abrogazione della direttiva 2002/6/CE
La direttiva 2002/6/CE è abrogata a decorrere dal 19 maggio 2012. I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva.
Articolo 17
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 20 ottobre 2010.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
J. BUZEK
Per il Consiglio
Il presidente
O. CHASTEL
(1) GU C 128 del 18.5.2010, pag. 131.
(2) GU C 211 del 4.9.2009, pag. 65.
(3) Posizione del Parlamento europeo del 6 luglio 2010 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 12 ottobre 2010.
(4) GU L 67 del 9.3.2002, pag. 31.
(5) GU L 332 del 28.12.2000, pag. 81.
(6) GU L 208 del 5.8.2002, pag. 10.
(7) GU L 129 del 29.4.2004, pag. 6.
(8) GU L 131 del 28.5.2009, pag. 57.
(9) GU L 302 del 19.10.1992, pag. 1.
(10) GU L 253 dell’11.10.1993, pag. 1.
(11) GU L 105 del 13.4.2006, pag. 1.
(12) GU L 145 del 4.6.2008, pag. 1.
(13) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31.
(14) GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1.
(15) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1.
(16) GU L 23 del 26.1.2008, pag. 21.
ALLEGATO
ELENCO DELLE FORMALITÀ DI DICHIARAZIONE DI CUI ALLA PRESENTE DIRETTIVA
A. Formalità di dichiarazione risultanti dagli atti giuridici dell’Unione
Questa categoria comprende le formalità di dichiarazione che sono fornite in conformità delle seguenti disposizioni:
1.
Notifica delle navi in arrivo o in partenza da porti degli Stati membri
Articolo 4 della direttiva 2002/59/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2002, relativa all’istituzione di un sistema comunitario di monitoraggio del traffico navale e d’informazione (GU L 208 del 5.8.2002, pag. 10).
2.
Verifiche di frontiera sulle persone
Articolo 7 del regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) (GU L 105 del 13.4.2006, pag. 1).
3.
Notifica delle merci pericolose o inquinanti trasportate a bordo
Articolo 13 della direttiva 2002/59/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2002, relativa all’istituzione di un sistema comunitario di monitoraggio del traffico navale e d’informazione.
4.
Notifica di rifiuti e residui
Articolo 6 della direttiva 2000/59/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2000, relativa agli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi e i residui del carico (GU L 332 del 28.12.2000, pag. 81).
5.
Notifica di informazioni in materia di sicurezza
Articolo 6 del regolamento (CE) n. 725/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativo al miglioramento della sicurezza delle navi e degli impianti portuali (GU L 129 del 29.4.2004, pag. 6).
Nell’attesa dell’adozione di un formulario armonizzato a livello internazionale, il formulario che figura nell’appendice del presente allegato è usato per la trasmissione delle informazioni previste dall’articolo 6 del regolamento (CE) n. 725/2004. Il formulario può essere trasmesso per via elettronica.
6.
Dichiarazione sommaria di entrata
Articolo 36 bis del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce il codice doganale comunitario (GU L 302 del 19.10.1992, pag. 1) e all’articolo 87 del regolamento (CE) n. 450/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, che istituisce il codice doganale comunitario (Codice doganale aggiornato) (GU L 145 del 4.6.2008, pag. 1).
B. Formulari FAL e formalità figuranti negli strumenti giuridici internazionali
Questa categoria comprende le informazioni che sono fornite in conformità della convenzione FAL e di altri strumenti giuridici internazionali pertinenti.
1.
Formulario FAL n. 1: «Dichiarazione generale»
2.
Formulario FAL n. 2: «Dichiarazione di carico»
3.
Formulario FAL n. 3: «Dichiarazione delle provviste di bordo»
4.
Formulario FAL n. 4: «Dichiarazione degli effetti personali e delle merci dell’equipaggio»
5.
Formulario FAL n. 5: «Ruolo dell’equipaggio»
6.
Formulario FAL n. 6: «Elenco dei passeggeri»
7.
Formulario FAL n. 7: «Dichiarazione di merci pericolose»
8.
Dichiarazione sanitaria marittima
C. Legislazione nazionale pertinente
Gli Stati membri possono includere in questa categoria le informazioni che sono fornite in conformità della rispettiva legislazione nazionale. Tali informazioni sono trasmesse per via elettronica.
Appendice
FORMULARIO INFORMATIVO DI SICUREZZA PRELIMINARE ALL’ARRIVO DELLA NAVE PER TUTTE LE NAVI ANTERIORMENTE ALL’INGRESSO NEL PORTO DI UNO STATO MEMBRO DELL’UNIONE EUROPEA
[Regola 9 del capitolo XI-2 della convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare del 1974 (SOLAS) e articolo 6, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 725/2004]
Dettagli della nave ed estremi di contatto
Numero IMO
Nome della nave
Porto di registrazione
Stato di bandiera
Tipo di nave
Indicativo di chiamata
Stazza lorda
Codice identificativo Inmarsat (ove disponibile)
Nome della compagnia e relativo numero di identificazione
Nome ed estremi di contatto permanenti dell’ufficiale addetto alla sicurezza della compagnia
Porto di arrivo
Impianto portuale di arrivo (se noto)
Informazioni sul porto e sugli impianti portuali
Data e orario stimati di arrivo (ETA) della nave in porto
Motivo principale dello scalo
Informazioni previste dalla regola 9.2.1, capitolo XI-2 della convenzione SOLAS
La nave possiede un certificato internazionale di sicurezza (ISSC) in corso di validità?
SI
ISSC
NO — perché?
Rilasciato da (nome dell’amministrazione o OSR)
Data di scadenza (gg/mm/aaaa)
Esiste un piano di sicurezza (SSP) approvato a bordo della nave?
SI
NO
Livello di sicurezza al quale la nave opera
Sicurezza Livello 1
Sicurezza Livello 2
Sicurezza Livello 3
Posizione della nave al momento dell’elaborazione della presente relazione
Elencare gli ultimi dieci scali effettuati presso impianti portuali seguendo l’ordine cronologico (iniziando dallo scalo più recente):
N.
Data di arrivo (gg/mm/aaaa)
Data di partenza (gg/mm/aaaa)
Porto
Stato
UN/LOCODE
(ove disponibile)
Impianto portuale
Livello di sicurezza
1
LS =
2
LS =
3
LS =
4
LS =
5
LS =
6
LS =
7
LS =
8
LS =
9
LS =
10
LS =
La nave ha adottato misure di sicurezza speciali o supplementari oltre a quelle previste dal piano di sicurezza (SSP) approvato?
In caso affermativo, indicare le misure di sicurezza speciali o supplementari adottate dalla nave
SI
NO
N.
(come sopra)
Misure di sicurezza speciali o supplementari adottate dalla nave
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
Elencare le attività da nave a nave, in ordine cronologico (iniziando dalla più recente), effettuate durante gli ultimi dieci scali presso gli impianti portuali sopra elencati. Allungare la tabella infra o continuare su un foglio separato se necessario — inserire il numero totale di attività da nave a nave:
Le procedure di sicurezza specificate nel piano di sicurezza approvato sono state seguite durante ognuna delle attività da nave a nave summenzionate?
In caso negativo, fornire i dettagli delle misure di sicurezza applicate in sostituzione nell’ultima colonna infra.
SI
NO
N.
Data di arrivo (gg/mm/aaaa)
Data di partenza (gg/mm/aaaa)
Posizione o longitudine e latitudine
Attività da nave a nave
Misure di sicurezza applicate in sostituzione
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
Descrizione generale del carico della nave
La nave trasporta sostanze pericolose sotto forma di carico rientrante nelle classi 1, 2.1, 2.3, 3, 4.1, 5.1, 6.1, 6.2, 7 o 8 del codice IMDG?
SI
NO
In caso affermativo confermare acclusione di una copia del manifesto delle merci pericolose (o di un estratto pertinente)
Confermare acclusione di una copia del ruolo dell’equipaggio della nave
SI
Confermare acclusione di una copia dell’elenco dei passeggeri della nave
SI
Altre informazioni connesse alla sicurezza
Vi sono altri aspetti attinenti alla sicurezza da comunicare?
SI
Indicare i particolari:
NO
Agente della nave al porto di arrivo
Nome:
Estremi di contatto (numero di telefono):
Identificazione della persona che fornisce le informazioni
Titolo o posizione (cancellare le voci inutili):
Comandante/ufficiale addetto alla sicurezza della nave (SSO)/ufficiale addetto alla sicurezza della compagnia (CSO)/agente della nave (cfr. sopra)
Nome:
Firma:
Data/ora/luogo di stesura della relazione | Formalità di dichiarazione delle navi
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
È volta a ridurre la quantità di formalità di dichiarazione delle navi in arrivo o in partenza da porti europei in modo da agevolare il trasporto marittimo. È stata modificata dalla direttiva (UE) 2017/2109 relativa alla registrazione delle persone a bordo delle navi da passeggeri e dalla direttiva (UE) 2019/883 relativa agli impianti portuali di raccolta per il conferimento dei rifiuti delle navi.
PUNTI CHIAVE
Ambito di applicazione
La presente direttiva si applica alle formalità di dichiarazione applicabili al trasporto marittimo per le navi in arrivo e in partenza da porti di paesi dell’Unione europea (Unione).
Ciascun paese dell’Unione deve adottare misure per assicurare che le formalità di dichiarazione nei propri porti siano richieste in modo armonizzato e coordinato. Il comandante o qualsiasi altra persona debitamente abilitata dall’armatore della nave deve notificare all’autorità nazionale competente, anteriormente all’ingresso in un porto dell’Unione, le informazioni previste dalle formalità di dichiarazione.
Trasmissione elettronica dei dati
I paesi dell’Unione:hanno dovuto accettare la presentazione elettronica delle formalità di dichiarazione tramite un’interfaccia unica entro il 1° giugno 2015; tale interfaccia unica nazionale è il luogo in cui tutte le informazioni vengono comunicate una volta e messe a disposizione delle varie autorità competenti e dei paesi dell’Unione; devono garantire che le informazioni ricevute in conformità alle formalità di dichiarazione siano rese disponibili nei rispettivi sistemi SafeSeaNet nazionali e devono mettere a disposizione di altri paesi dell’Unione parti di tali informazioni attraverso il sistema SafeSeaNet; devono accettare i formulari FAL (specifici formulari sviluppati dall’Organizzazione marittima internazionale per la facilitazione del traffico marittimo internazionale) per l’adempimento delle formalità di dichiarazione, ma fino al 1° giugno 2015 sono stati comunque in grado di accettare le informazioni fornite in formato cartaceo.Deroghe
Le navi che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2002/59/CE (si veda la sintesi) e che operano tra porti situati sul territorio doganale dell’Unione, senza provenire, fare scalo o recarsi in un porto al di fuori dell’Unione, sono esentate dal dovere di fornire le informazioni.
EmendamentiLa direttiva modificativa (UE) 2017/2109 ha introdotto nuove norme che mirano a digitalizzare la registrazione delle persone a bordo delle navi da passeggeri. Il suo scopo è garantire la disponibilità immediata del numero esatto di passeggeri e di altre informazioni per l’uso dei servizi di ricerca e salvataggio (SAR) in caso di incidente. In base ai nuovi requisiti, il numero di persone a bordo sarà comunicato tramite l’interfaccia unica nazionale o, se un paese dell’Unione lo desidera, all’autorità designata per mezzo del Sistema di identificazione automatica* prima della partenza della nave. La direttiva (UE) 2019/883 relativa agli impianti portuali di raccolta per il conferimento dei rifiuti delle navi modifica l’allegato alla direttiva 2010/65/UE relativo alle informazioni da fornire alle autorità per quanto riguarda i rifiuti delle navi, compresi eventuali residui.Abrogazione
La direttiva 2010/65/UE verrà abrogata dal regolamento (UE) 2019/1239 relativo a un sistema di interfaccia unica marittima europea a partire dal 15 agosto 2025. Il nuovo regolamento istituisce il quadro per un sistema di interfaccia unica marittima europea («EMSWe») tecnologicamente neutro e interoperabile dotato di interfacce armonizzate per agevolare la trasmissione elettronica delle informazioni in relazione agli obblighi di dichiarazione per le navi in arrivo, in sosta o in partenza da un porto dell’Unione.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è entrata in vigore nei paesi dell’Unione dal 19 maggio 2012 e doveva diventare legge nei paesi dell’Unione in quella stessa data.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:Sistema di interfaccia unica marittima europea (Commissione europea)
In seguito all’epidemia da Covid-19 e all’introduzione di misure volte a far fronte all’impatto della crisi, la Commissione europea ha adottato:Comunicazione della Commissione Orientamenti relativi alla protezione della salute, al rimpatrio e alle modalità di viaggio per i marittimi, i passeggeri e le altre persone a bordo delle navi.
TERMINI CHIAVE
Sistema di identificazione automatica: un sistema di radiodiffusione marittima, basato sulla trasmissione di segnali radio ad altissima frequenza. Le navi inviano relazioni contenenti l’identificazione della nave, la sua posizione e, naturalmente, anche le informazioni sul carico. In acque europee, islandesi e norvegesi, lo scambio di messaggi IAS avviene attraverso il sistema SafeSeaNet.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2010/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2010, relativa a formalità di dichiarazione delle navi in arrivo o in partenza da porti degli Stati membri e che abroga la direttiva 2002/6/CE (GU L 283 del 29.10.2010, pag. 1).
Le successive modifiche alla direttiva 2010/65/EU sono state integrate nel documento originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Direttiva (UE) 2019/883 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, relativa agli impianti portuali di raccolta per il conferimento dei rifiuti delle navi, che modifica la direttiva 2010/65/UE e abroga la direttiva 2000/59/CE (GU L 151 del 7.6.2019, pag. 116).
Regolamento (UE) 2019/1239 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019 che istituisce un sistema di interfaccia unica marittima europea e che abroga la direttiva 2010/65/CE (GU L 198 del 25.7.2019, pag. 64).
Direttiva (UE) 2017/2109 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 novembre 2017, che modifica la direttiva 98/41/CE del Consiglio, relativa alla registrazione delle persone a bordo delle navi da passeggeri che effettuano viaggi da e verso i porti degli Stati membri della Comunità, e la direttiva 2010/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa alle formalità di dichiarazione delle navi in arrivo e/o in partenza da porti degli Stati membri (GU L 315 del 30.11.2017, pag. 52). | 13,785 | 412 |
22004A0930(02) | false | Accordo tra la Comunità europea e gli Stati Uniti d'America volto a rafforzare e ad ampliare l'accordo di cooperazione e reciproca assistenza nel settore doganale estendendolo alla cooperazione in materia di sicurezza dei container e questioni connesse
Gazzetta ufficiale n. L 304 del 30/09/2004 pag. 0034 - 0037
Accordo tra la Comunità europea e gli Stati Uniti d'America volto a rafforzare e ad ampliare l'accordo di cooperazione e reciproca assistenza nel settore doganale estendendolo alla cooperazione in materia di sicurezza dei container e questioni connesse
LA COMUNITÀ EUROPEA E GLI STATI UNITI D'AMERICA,
viste le disposizioni dell'accordo di cooperazione e reciproca assistenza nel settore doganale tra la Comunità europea e gli Stati Uniti d'America, firmato il 28 maggio 1997 , «l'accordo CMAA» ,
considerando quanto segue:
(1) TENENDO CONTO del fatto che il 1° marzo 2003 l' «US Customs and Border Protection» ha preso il posto del servizio doganale statunitense di cui all'accordo CMAA.
(2) RAMMENTANDO che, ai sensi dell'articolo 3, le parti contraenti possono decidere congiuntamente di ampliare i settori di cooperazione coperti dall'accordo CMAA.
(3) RAMMENTANDO che, ai sensi dell'articolo 22 dell'accordo CMAA, il comitato misto di cooperazione doganale è composto da rappresentanti delle autorità doganali delle parti contraenti, vale a dire per la Comunità europea, i servizi competenti della Commissione delle Comunità europee assistiti dalle autorità doganali degli Stati membri della Comunità europea, e, per gli Stati Uniti d'America, l' «US Customs and Border Protection, Department of Homeland Security.»
(4) TENENDO CONTO del fatto che il comitato misto di cooperazione doganale è stato istituito ai sensi dell'articolo 22 dell'accordo CMAA.
(5) TENENDO CONTO delle relazioni strette, fruttuose e di lunga durata tra le autorità doganali degli Stati Uniti d'America e quelle della Comunità europea.
(6) PERSUASI DELLA POSSIBILITÀ di migliorare ulteriormente questa cooperazione intensificando tra l'altro gli scambi di informazioni utili e di miglior pratiche tra l' «US Customs and Border Protection» , la Commissione e le autorità doganali degli Stati membri della Comunità europea per fare in modo che i controlli doganali generali sul commercio internazionale tengano debitamente conto delle esigenze in materia di sicurezza.
(7) CONSIDERANDO l'importanza di estendere la cooperazione a tutti i modi di trasporto internazionale e a tutti i tipi di merci, ponendo l'accento in un primo tempo sul trasporto via mare dei container.
(8) CONSIDERANDO l'elevato volume degli scambi nei due sensi tra la Comunità europea e gli Stati Uniti d'America realizzati tramite container trasportati via mare e tramite altri modi di trasporto, e il ruolo importante della Comunità europea e degli USA come punti di transito per i container provenienti da numerosi paesi.
(9) CONSIDERANDO che container trasportati via mare e provenienti da tutto il mondo sono importati o trasbordati o transitano negli Stati Uniti d'America e nella Comunità europea.
(10) PERSUASI della necessità di scoraggiare, prevenire e impedire ogni tentativo terrorista di perturbare il commercio mondiale nascondendo armi in container trasportati via mare o in altri carichi, o utilizzando questi carichi come armi.
(11) CONVINTI dell'esigenza di garantire maggiore sicurezza per la Comunità europea e gli Stati Uniti d'America, agevolando al tempo stesso gli scambi legittimi.
(12) RICONOSCENDO l'importanza di elaborare, nei limiti del possibile, sistemi reciproci per garantire la sicurezza ed agevolare gli scambi legittimi tenendo debito conto dei rischi.
(13) OSSERVANDO che è possibile rendere sostanzialmente più sicuri gli scambi legittimi istituendo un sistema basato sulla collaborazione tra l'autorità doganale del paese importatore e le autorità doganali che intervengono nelle prime fasi della catena di fornitura e sull'utilizzazione di informazioni tempestive e di tecnologie di controllo che consentano di effettuare controlli mirati sui container ad alto rischio prima che questi lascino il porto o il luogo in cui viene effettuato il carico o il trasbordo.
(14) RICONOSCENDO l'importanza di sostenere l'iniziativa per la sicurezza dei container (CSI), che mira a salvaguardare il commercio marittimo mondiale rafforzando la cooperazione portuale su scala mondiale per individuare ed esaminare i container ad alto rischio e garantirne l'integrità durante il trasporto.
(15) TENENDO PRESENTE l'articolo 5 dell'accordo CMAA che definisce le relazioni tra il medesimo accordo e qualsiasi accordo bilaterale di cooperazione e reciproca assistenza nel settore doganale già concluso o che potrebbe essere concluso tra singoli Stati membri della Comunità europea e gli Stati Uniti d'America.
(16) CONSIDERANDO che l'iniziativa per la sicurezza dei container dovrebbe essere estesa il più rapidamente possibile a tutti i porti della Comunità europea nei quali gli scambi commerciali con gli Stati Uniti d'America effettuati tramite container trasportati via mare non possono essere considerati trascurabili, ove siano soddisfatti alcuni requisiti minimi e siano disponibili tecnologie di controllo adeguate,
HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:
Articolo 1
Viene rafforzata e ampliata la cooperazione doganale nell'ambito dell'accordo CMAA per migliorare la sicurezza dei container trasportati via mare e di altre spedizioni provenienti da tutto il mondo che sono importati o trasbordati o che transitano nella Comunità europea e negli Stati Uniti d'America.
Articolo 2
Si tiene debito conto dell'articolo 5 dell'accordo CMAA che definisce le relazioni tra il medesimo accordo CMAA e ogni accordo bilaterale di cooperazione e reciproca assistenza nel settore doganale tra gli Stati membri della Comunità europea e gli Stati Uniti d'America e di ogni dichiarazione di principi relativa all'iniziativa per la sicurezza dei container che integri tali accordi bilaterali.
Articolo 3
Fra gli obiettivi della cooperazione rafforzata e ampliata sono inclusi, tra l'altro:
1) Il sostegno all'estensione rapida ed efficace dell'iniziativa per la sicurezza dei container a tutti i porti della Comunità europea che soddisfino le condizioni previste e la promozione dell'applicazione di norme comparabili nei porti americani interessati;
2) La collaborazione volta a migliorare le procedure doganali per rendere più sicura la catena logistica degli scambi internazionali e, in particolare, in via prioritaria, ad agevolare l'individuazione di tutte le spedizioni ad alto rischio trasportate via mare tramite container e le indagini di sicurezza al riguardo;
3) La definizione, nei limiti del possibile, di norme minime in materia di tecniche di gestione dei rischi e di programmi e requisiti associati; e
4) Il coordinamento, nei limiti del possibile, delle posizioni nelle sedi multilaterali in cui possono essere sollevate e discusse in maniera appropriata questioni relative alla sicurezza dei container.
Articolo 4
Il comitato misto di cooperazione doganale cerca forma e contenuto appropriati per documenti e/o misure che consentano di continuare ad attuare la cooperazione doganale rafforzata e ampliata nell'ambito del presente accordo.
Articolo 5
È istituito un gruppo di lavoro, costituito dai rappresentanti dell' «US Customs and Border Protection» e della Commissione assistita dagli Stati membri interessati per esaminare, tra l'altro, i punti elencati nell'allegato e formulare raccomandazioni al riguardo al comitato misto di cooperazione doganale.
Articolo 6
Il gruppo di lavoro presenta periodicamente una relazione sull'andamento dei lavori al responsabile dell' «US Customs and Border Protection» e al direttore generale della Direzione generale Fiscalità e Unione doganale della Commissione e ogni anno al comitato misto di cooperazione doganale.
Articolo 7
Il presente accordo entra in vigore all'atto della firma con cui le parti esprimono il proprio consenso ad essere vincolate. Se non è firmato lo stesso giorno da entrambe le parti, l'accordo entra in vigore il giorno in cui è apposta la seconda firma.
Hecho en Bruselas, el veintiocho de abril de dos mil cuatro.
Udfærdiget i Bruxelles den otteogtyvende april to tusind og fire.
Geschehen zu Brüssel am achtundzwanzigsten April zweitausendundvier.
Έγινε στις Βρυξέλλες, στις είκοσι οκτώ Απριλίου δύο χιλιάδες τέσσερα.
Done at Brussels on the twenty-eighth day of April in the year two thousand and four.
Fait à Bruxelles, le vingt-huit avril deux mille quatre.
Fatto a Bruxelles, addì ventotto aprile duemilaquattro.
Gedaan te Brussel, de achtentwintigste april tweeduizendvier.
Feito em Bruxelas, em vinte e oito de Abril de dois mil e quatro.
Tehty Brysselissä kahdentenakymmenentenäkahdeksantena päivänä huhtikuuta vuonna kaksituhattaneljä.
Som skedde i Bryssel den tjugoåttonde april tjugohundrafyra.
Per la Comunità europea >RIFERIMENTO A UN GRAFICO>
Per gli Stati uniti d'America >RIFERIMENTO A UN GRAFICO>
ALLEGATO
Allegato all'accordo tra la Comunità europea e gli Stati Uniti d'America volto a rafforzare e ad ampliare l'accordo CMAA estendendolo alla cooperazione in materia di sicurezza dei container e questioni connesse
Per garantire che i controlli doganali generali sugli scambi internazionali tengano conto delle esigenze in materia di sicurezza, il gruppo di lavoro di cui all'articolo 5 dell'accordo tra la Comunità europea e gli Stati Uniti d'America volto a rafforzare e ad ampliare l'accordo CMAA estendendolo alla cooperazione in materia di sicurezza dei container e questioni connesse esamina e formula raccomandazioni sui punti relativi, tra l'altro, ai seguenti settori della cooperazione tra l' «US Customs and Border Protection» e le autorità doganali della Comunità:
a) definizione di norme minime, in particolare in vista della partecipazione all'iniziativa per la sicurezza dei container, e raccomandazione di metodi che consentano di rispettarle;
b) individuazione ed estensione dell'applicazione delle miglior pratiche in materia di controlli sulla sicurezza degli scambi internazionali, in particolare di quelle elaborate nell'ambito dell'iniziativa per la sicurezza dei container;
c) definizione e applicazione, nei limiti del possibile, di norme sulle informazioni richieste per identificare le spedizioni ad alto rischio importate, trasbordate o in transito negli Stati Uniti d'America e nella Comunità;
d) miglioramento e adozione, nei limiti del possibile, di norme che consentano di effettuare controlli mirati sulle spedizioni ad alto rischio, attraverso scambi di informazioni, utilizzazione di sistemi di ricerca automatizzata ed elaborazione di norme minime per le tecnologie di controllo e le metodologie per le indagini di sicurezza;
e) miglioramento e adozione, nei limiti del possibile, di norme applicabili ai programmi di partenariato industriale destinate a migliorare la sicurezza della catena di fornitura e ad agevolare gli scambi legittimi;
f) identificazione di modifiche regolamentari o legislative eventualmente necessarie per attuare le raccomandazioni del gruppo di lavoro; e
g) esame del tipo di documenti e delle misure che possano consentire di continuare ad attuare la cooperazione doganale rafforzata e ampliata nei settori indicati nel presente allegato. | Sicurezza dei container: accordi tra l’UE e gli Stati Uniti
QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE?
L’accordo intende estendere l’accordo del 1997 sulla cooperazione doganale e la reciproca assistenza nel settore doganale (CMAA), inteso a sviluppare la cooperazione doganale in un ambito di applicazione il più ampio possibile tra la Comunità europea (oggi Unione europea) e gli Stati Uniti. Per garantire la sicurezza della catena di fornitura del commercio transatlantico, nell’ambito dell’accordo esteso l’Unione europea e gli Stati Uniti mirano a intensificare la cooperazione doganale per garantire che i controlli doganali generali tengano conto delle esigenze in materia di sicurezza. La decisione segna la conclusione dell’accordo per conto dell’Unione.
PUNTI CHIAVE
L’accordo prevede la tempestiva espansione dell’iniziativa per la sicurezza dei container (CSI) a tutti i porti della Comunità europea ove siano soddisfatti alcuni requisiti minimi. È volto a migliorare la sicurezza del carico su base reciproca per entrambe le parti garantendo nel contempo la parità di trattamento dei porti e degli operatori degli Stati Uniti e dell’Unione. L’accordo definisce, inoltre, un programma di lavoro per l’attuazione delle seguenti misure:l’elaborazione di norme per le tecniche di gestione dei rischi;le informazioni necessarie per individuare le spedizioni ad alto rischio importate dalle parti;programmi di partenariato industriale. Il coordinamento esterno delle norme di controllo doganale con gli Stati Uniti è necessario per garantire la sicurezza della catena di fornitura garantendo al tempo stesso la continuità degli scambi legittimi dei container. Le autorità doganali del paese importatore collaborano con le autorità doganali che intervengono nelle prime fasi della catena di fornitura. Ciò al fine di utilizzare informazioni tempestive e tecnologie di controllo che consentano di effettuare controlli mirati sui container ad alto rischio prima che questi lascino il porto o il luogo in cui viene effettuato il carico o il trasbordo. È essenziale garantire che i porti comunitari possano partecipare alla CSI in base a principi uniformi. Nei porti americani si dovrebbe inoltre promuovere l’applicazione di norme comparabili. Per ampliare e intensificare la cooperazione doganale tra le parti è stata introdotta una procedura di consultazione. I paesi dell’Unione che prevedono di negoziare intese con gli Stati Uniti nei settori coperti dall’accordo CMAA ampliato devono consultare la Commissione europea e gli altri paesi dell’Unione anticipatamente oltre a condividere le informazioni e garantire che le intese concordate rispettino i trattati dell’Unione e le politiche e il CMAA ampliato. Se la Commissione ritiene che l’intesa che un paese dell’Unione intende concludere con gli USA sia incompatibile con l’accordo ne informa il paese dell’Unione. In modo simile, il paese dell’Unione viene informato quando una questione deve essere trattata nel quadro dell’accordo CMAA ampliato. Il comitato misto di cooperazione doganale cerca forma e contenuto appropriati per documenti e/o misure che consentano di continuare ad attuare la cooperazione doganale rafforzata e ampliata nell’ambito del presente accordo. L’accordo istituisce un gruppo di lavoro, costituito dai rappresentanti delle autorità doganali degli Stati Uniti e assistito dai paesi dell’Unione interessati. Esso riferisce periodicamente al comitato misto di cooperazione doganale, all’US Customs and Border Protection e alla Commissione. Esso ha il compito di esaminare e formulare raccomandazioni in aree quali:la definizione di norme minime e la raccomandazione di metodi che consentano di rispettarle;l’individuazione e l’estensione dell’applicazione delle migliori pratiche in materia di controlli sulla sicurezza degli scambi internazionali, in particolare di quelle elaborate nell’ambito dell’iniziativa per la sicurezza dei container;definizione di norme sulle informazioni richieste per identificare e monitorare le spedizioni ad alto rischio importate, trasbordate o in transito negli Stati Uniti e nell’Unione;miglioramento e adozione di norme che consentano di effettuare controlli mirati sulle spedizioni ad alto rischio ed elaborazione di norme minime per le tecnologie di controllo e le metodologie per le indagini di sicurezza;miglioramento e adozione di norme applicabili ai programmi di partenariato industriale destinate a migliorare la sicurezza della catena di fornitura e ad agevolare gli scambi legittimi;identificazione di modifiche regolamentari o legislative eventualmente necessarie per attuare le raccomandazioni;esame del tipo di documenti e delle misure che possano consentire di continuare ad attuare la cooperazione doganale rafforzata e ampliata nei settori indicati nell’allegato all’accordo. Nel 2004, l’Unione e gli Stati Uniti hanno adottato, tramite il comitato misto di cooperazione doganale, raccomandazioni sul rafforzamento della sicurezza del trasporto marittimo di container nell’ambito dell’accordo.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
L’accordo è entrato in vigore il 28 aprile 2004.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Accordi di assistenza amministrativa reciproca e cooperazione doganale internazionale (Commissione europea).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione 2004/634/CE del Consiglio, del 30 marzo 2004, relativa alla conclusione dell’accordo tra la Comunità europea e gli Stati Uniti d’America volto a rafforzare e ad ampliare l’accordo di cooperazione e reciproca assistenza nel settore doganale estendendolo alla cooperazione in materia di sicurezza dei container e questioni connesse (GU L 304 del 30.9.2004, pag. 32).
Accordo tra la Comunità europea e gli Stati Uniti d’America volto a rafforzare e ad ampliare l’accordo di cooperazione e reciproca assistenza nel settore doganale estendendolo alla cooperazione in materia di sicurezza dei container e questioni connesse (GU L 304 del 30.9.2004, pag. 34).
DOCUMENTI COLLEGATI
Decisione 97/541/CE del Consiglio, del 21 maggio 1997, relativa alla conclusione dell’accordo di cooperazione e di assistenza reciproca in materia doganale tra la Comunità europea e il Canada (GU L 222 del 12.8.1997, pag. 16).
Accordo di cooperazione e di assistenza reciproca nel settore doganale tra la Comunità europea e gli Stati Uniti d’America (GU L 222 del 12.8.1997, pag. 17). | 5,345 | 158 |
32009L0034 | false | DIRETTIVA 2009/34/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 23 aprile 2009
relativa alle disposizioni comuni agli strumenti di misura ed ai metodi di controllo metrologico
(rifusione)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 95,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 71/316/CEE del Consiglio, del 26 luglio 1971, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative alle disposizioni comuni agli strumenti di misura ed ai metodi di controllo metrologico (3) ha subito diverse e sostanziali modificazioni (4). In occasione di nuove modificazioni, è opportuno, per ragioni di chiarezza e razionalizzazione, procedere alla rifusione di tale direttiva.
(2)
In ciascuno Stato membro disposizioni cogenti fissano le caratteristiche tecniche degli strumenti di misura, nonché i metodi di controllo metrologico; tali prescrizioni differiscono da uno Stato membro all’altro. A causa della loro disparità esse ostacolano gli scambi e possono creare condizioni disuguali di concorrenza all’interno della Comunità.
(3)
I controlli esistenti in ciascuno Stato membro sono tra l’altro volti a garantire agli acquirenti che i quantitativi forniti corrispondano al prezzo pagato. Pertanto la presente direttiva non dovrebbe avere lo scopo di sopprimere tali controlli, bensì di eliminare le differenze tra le regolamentazioni, laddove esse costituiscano un ostacolo agli scambi.
(4)
Tali ostacoli all’istituzione e al funzionamento del mercato interno possono essere ridotti o eliminati se le stesse disposizioni vengono applicate in tutti gli Stati membri, inizialmente a complemento delle disposizioni nazionali vigenti, e, successivamente, quando sussisteranno le condizioni necessarie, in sostituzione di tali disposizioni nazionali.
(5)
Anche nel periodo in cui esse coesistono con le disposizioni nazionali, le prescrizioni comunitarie offrono alle imprese la possibilità di avere una produzione con caratteristiche tecniche uniformi, che può pertanto essere immessa nel commercio e utilizzata all’interno di tutta la Comunità dopo essere stata sottoposta ai controlli CE.
(6)
Le prescrizioni comunitarie in materia di costruzione e di funzionamento dovrebbero garantire che gli strumenti diano in maniera continuativa misurazioni sufficientemente esatte in funzione dell’uso cui sono destinati.
(7)
Un controllo dell’osservanza delle prescrizioni tecniche è tradizionalmente effettuato dagli Stati membri anteriormente all’immissione in commercio o alla prima utilizzazione e, se del caso, durante l’utilizzazione degli strumenti di misura, in particolare con le procedure di approvazione del modello e di verifica. Per attuare la libera circolazione di tali strumenti all’interno della Comunità è altresì necessario prevedere tra gli Stati membri un reciproco riconoscimento delle operazioni di controllo e istituire all’uopo adeguate procedure di approvazione CE del modello e di verifica prima CE nonché metodi di controllo metrologico CE in conformità della presente direttiva e alle direttive particolari.
(8)
Qualora uno strumento di misura o un prodotto rechi i contrassegni o i marchi corrispondenti ai controlli per essi prescritti, si potrà presumere che questo strumento o prodotto sia conforme alle relative prescrizioni tecniche comunitarie, il che renderà pertanto inutile, al momento dell’importazione e della sua messa in uso, la ripetizione dei controlli già effettuati.
(9)
Le normative metriche nazionali hanno come oggetto numerose categorie di strumenti di misura e di prodotti. La presente direttiva dovrebbe stabilire le norme generali relative in particolar modo alle procedure di approvazione CE del modello e di verifica prima CE, nonché i metodi di controllo metrologico CE; direttive di applicazione, particolari per ciascuna categoria di strumenti e di prodotti, stabiliranno le prescrizioni per la realizzazione tecnica, il funzionamento e la precisione, le modalità di controllo, nonché, se del caso, le condizioni per la sostituzione delle disposizioni nazionali esistenti con prescrizioni tecniche comunitarie
(10)
Le misure necessarie all’attuazione della presente decisione dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (5).
(11)
In particolare, la Commissione dovrebbe avere il potere di modificare gli allegati I e II della presente direttiva e gli allegati delle direttive particolari. Tali misure di portata generale e intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva devono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 5 bis della decisione 1999/468/CE.
(12)
I nuovi elementi introdotti nella presente direttiva riguardano soltanto le procedure di comitato. Essi non devono quindi essere recepiti nella legislazione degli Stati membri.
(13)
La presente direttiva deve far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini per il recepimento nel diritto nazionale delle direttive indicati nell’allegato III, parte B,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
CAPO I
PRINCIPI DI BASE
Articolo 1
1. La presente direttiva si applica:
a)
agli strumenti come definiti al paragrafo 2;
b)
alle unità di misura, all’armonizzazione dei metodi di misurazione e di controllo metrologico e, se del caso, dei mezzi necessari alla loro applicazione;
c)
alla fissazione, al metodo di misurazione, al controllo metrologico, nonché alla marcatura dei quantitativi precondizionati.
2. Ai fini della presente direttiva, per «strumenti» si intendono le parti di strumenti di misura, i dispositivi complementari nonché gli impianti di misurazione.
3. Gli Stati membri non possono rifiutare, vietare o limitare, per i motivi contemplati nella presente direttiva e nelle direttive particolari che lo riguardano, l’immissione sul mercato e/o la messa in servizio di uno strumento di misura o di un prodotto descritto nel paragrafo 1, munito dei marchi e/o dei contrassegni CE alle condizioni previste dalla presente direttiva e dalle direttive particolari che riguardano lo strumento o il prodotto in questione.
4. Gli Stati membri attribuiscono all’approvazione CE del modello e alla verifica prima CE effetti identici a quelli dei corrispondenti atti nazionali.
5. Le direttive particolari concernenti le materie di cui all’articolo 1, precisano:
—
in particolare, le procedure e le caratteristiche metrologiche e le prescrizioni tecniche in materia di costruzione e di funzionamento, avuto riguardo agli strumenti di cui al paragrafo 1, lettera a),
—
le prescrizioni relative al paragrafo 1, lettere b) e c).
6. Le direttive particolari possono fissare la data alla quale dette disposizioni comunitarie si sostituiscono alle vigenti disposizioni nazionali.
CAPO II
APPROVAZIONE CE DEL MODELLO
Articolo 2
1. Gli Stati membri procedono all’approvazione CE del modello a norma delle disposizioni della presente direttiva e delle direttive particolari.
2. L’approvazione CE del modello costituisce l’ammissione di strumenti alla verifica prima CE e, qualora non sia richiesta una verifica prima CE, l’autorizzazione di immissione sul mercato e/o di messa in servizio. Se la direttiva particolare o le direttive particolari applicabili esonerano una categoria di strumenti dall’approvazione CE del modello, gli strumenti di questa categoria sono ammessi direttamente alla verifica prima CE.
3. Se le attrezzature di controllo di cui dispongono lo permettono, gli Stati membri concedono l’approvazione CE del modello a qualsiasi strumento conforme alle prescrizioni della presente direttiva e delle direttive particolari che lo riguardano.
4. Una domanda di approvazione CE del modello può essere presentata dal fabbricante o dal suo mandatario stabilito nella Comunità. Per un medesimo strumento la domanda può essere fatta in un solo Stato membro.
5. Lo Stato membro che ha concesso un’approvazione CE del modello adotta le misure necessarie per essere informato di qualunque modifica o aggiunta apportata al modello approvato. Esso ne informa gli altri Stati membri.
Le modifiche o aggiunte ad un modello approvato devono formare oggetto di un’approvazione CE complementare del modello da parte dello Stato membro che ha concesso l’approvazione CE, qualora esse influenzino o possano influenzare il risultato della misurazione o le condizioni regolamentari di impiego dello strumento.
Per il modello modificato, tuttavia, viene concessa una nuova approvazione CE del modello anziché un complemento al certificato di approvazione CE del modello originale, se la modifica del modello è effettuata dopo una modifica oppure un adattamento della presente direttiva o della relativa direttiva particolare, tale che il modello modificato possa essere approvato soltanto con l’applicazione delle nuove disposizioni.
Articolo 3
Quando venga concessa per dispositivi complementari, l’approvazione CE del modello deve precisare:
a)
i modelli di strumenti cui detti dispositivi possono essere aggiunti o nei quali possono essere inclusi;
b)
le condizioni generali di funzionamento complessivo degli strumenti per i quali essi sono ammessi.
Articolo 4
Se uno strumento ha superato l’esame di approvazione CE del modello di cui alla presente direttiva e alle direttive particolari che riguardano tale strumento, lo Stato membro che ha effettuato tale esame redige un certificato di approvazione CE del modello.
Lo Stato membro notifica tale certificato al richiedente.
Nei casi previsti all’articolo 11 della presente direttiva o da una direttiva particolare, il richiedente deve, e negli altri casi può, apporre o fare apporre su ciascuno strumento conforme al modello approvato il contrassegno di approvazione CE indicato in detto certificato.
Articolo 5
1. La durata di validità dell’approvazione CE del modello è di dieci anni. Essa può essere successivamente prorogata per periodi di dieci anni; il numero degli strumenti che si possono fabbricare conformemente al modello approvato è illimitato.
Le approvazioni CE del modello rilasciate sulla base delle prescrizioni della presente direttiva e di una direttiva particolare non possono essere prorogate oltre la data di entrata in vigore di qualsiasi modifica o adeguamento di tali prescrizioni comunitarie, ove non sia stato possibile rilasciare le approvazioni CE del modello in base alle nuove prescrizioni.
Se l’approvazione CE del modello non è prorogata, essa resta comunque d’applicazione per gli strumenti in servizio.
2. Ove siano impiegate tecniche nuove non previste da una direttiva particolare, può essere concessa un’approvazione CE del modello di effetto limitato, previa consultazione degli altri Stati membri.
Essa può comportare le seguenti restrizioni:
a)
una limitazione del numero di strumenti che beneficiano dell’approvazione;
b)
un obbligo di notificare alle autorità competenti i luoghi di installazione;
c)
limitazioni dell’utilizzazione;
d)
disposizioni limitative particolari relative alla tecnica impiegata.
Essa può tuttavia venire concessa soltanto se:
a)
la direttiva particolare per tale categoria di strumenti è già entrata in vigore;
b)
non vi è deroga agli errori massimi tollerati fissati nelle direttive particolari.
La validità di tale approvazione è limitata a due anni e può essere prorogata di tre anni.
3. Lo Stato membro che ha concesso l’approvazione CE del modello di effetto limitato, di cui al paragrafo 2, presenta una domanda volta ad adattare al progresso tecnico gli allegati I e II della presente direttiva, se del caso, e le direttive particolari conformemente alla procedura di cui all’articolo 17, paragrafo 2, non appena esso ritenga che una nuova tecnica abbia dato esito soddisfacente.
Articolo 6
Quando per una categoria di strumenti rispondenti alle prescrizioni di una direttiva particolare non è richiesta l’approvazione CE del modello, il fabbricante può apporre sui medesimi, sotto la sua responsabilità, il contrassegno speciale di cui all’allegato I, punto 3.3.
Articolo 7
1. Lo Stato membro che ha concesso un’approvazione CE del modello può revocarla:
a)
se gli strumenti il cui modello è stato oggetto dell’approvazione non sono conformi al modello approvato o alle disposizioni della direttiva particolare che li riguarda;
b)
se le esigenze metrologiche prescritte nel certificato d’approvazione o le disposizioni dell’articolo 5, paragrafo 2, non sono rispettate;
c)
se constata che essa è stata concessa indebitamente.
2. Lo Stato membro che ha concesso un’approvazione CE del modello deve revocarla se gli strumenti il cui modello è stato oggetto d’approvazione presentano nell’uso un difetto di carattere generale che li renda inadatti al loro scopo.
3. Se lo Stato membro che ha concesso un’approvazione CE del modello è informato da un altro Stato membro dell’esistenza di uno dei casi contemplati ai paragrafi 1 e 2, esso applica anche le disposizioni previste in tali paragrafi, previa consultazione dell’altro Stato membro.
4. Lo Stato membro che ha constatato l’esistenza del caso previsto al paragrafo 2 può sospendere l’immissione sul mercato e in servizio degli strumenti in questione, fino a nuovo ordine.
Esso ne informa immediatamente gli altri Stati membri e la Commissione, precisando i motivi della propria decisione.
Lo stesso avviene nei casi previsti al paragrafo 1, per gli strumenti dispensati dalla verifica prima CE, se il fabbricante, dopo essere stato avvertito, non li rende conformi al modello approvato o alle prescrizioni della direttiva particolare che li concerne.
5. Qualora lo Stato membro che ha concesso l’approvazione CE del modello contesti l’esistenza del caso previsto al paragrafo 2 di cui è stato informato ovvero la fondatezza dei provvedimenti adottati in conformità delle disposizioni del paragrafo 4, gli Stati membri interessati fanno in modo di comporre la controversia.
La Commissione è tenuta informata. Essa procede, ove necessario, alle opportune consultazioni con lo scopo di pervenire ad un accordo.
CAPO III
VERIFICA PRIMA CE
Articolo 8
1. La verifica prima CE è il controllo e la conferma della conformità di uno strumento nuovo o rimesso a nuovo con il modello approvato e/o con le disposizioni della presente direttiva e delle direttive particolari che lo riguardano. Essa si materializza nel marchio di verifica prima CE.
2. La verifica prima CE degli strumenti può essere effettuata diversamente che con una verifica all’unità nei casi previsti dalle direttive particolari ed in base alle modalità considerate.
3. Se la loro attrezzatura lo consente, gli Stati membri procedono alla verifica prima CE degli strumenti presentati aventi le qualità metrologiche e soddisfacenti alle prescrizioni tecniche di fabbricazione e di funzionamento fissate dalle direttive particolari relative a questa categoria di strumenti.
4. Per gli strumenti muniti del marchio di verifica prima CE, l’obbligo degli Stati membri previsto all’articolo 1, paragrafo 3, è valido sino alla fine dell’anno successivo a quello in cui è stato apposto il marchio di verifica prima CE, a meno che le direttive particolari non prevedano durate superiori.
Articolo 9
1. Se uno strumento viene presentato alla verifica prima CE, lo Stato membro che procede a detta verifica controlla:
a)
se lo strumento appartiene ad una categoria esonerata dall’approvazione CE del modello e, in caso affermativo, se esso è conforme alle prescrizioni di realizzazione tecnica e di funzionamento fissate nelle direttive particolari relative a detto strumento;
b)
se lo strumento è stato oggetto di un’approvazione CE del modello e, in caso affermativo, se esso è conforme al modello approvato ed alle direttive particolari relative a questo strumento, in vigore al momento del rilascio di tale approvazione CE del modello.
2. L’esame effettuato durante la verifica prima CE riguarda in particolare, in conformità delle direttive particolari, quanto segue:
a)
le qualità metrologiche;
b)
gli errori massimi tollerati;
c)
la costruzione, per appurare se quest’ultima possa garantire che le proprietà metrologiche non si deteriorino notevolmente nell’uso normale dello strumento;
d)
l’esistenza delle indicazioni segnaletiche regolamentari e delle targhette di punzonatura o spazio che consenta l’apposizione dei marchi di verifica prima CE.
Articolo 10
Se uno strumento ha superato la verifica prima CE conformemente alle prescrizioni della presente direttiva e delle direttive particolari, i marchi di verifica parziale o definitiva CE descritti all’allegato II, punto 3, vengono apposti su tale strumento sotto la responsabilità dello Stato membro interessato secondo le modalità previste da detto punto.
Articolo 11
Quando per una categoria di strumenti rispondenti alle prescrizioni di una direttiva particolare non è richiesta la verifica prima CE, il fabbricante appone su di essi, sotto la sua responsabilità, il contrassegno speciale d’approvazione CE del modello descritto nell’allegato I, punto 3.4.
CAPO IV
DISPOSIZIONI COMUNI ALL’APPROVAZIONE CE DEL MODELLO ED ALLA VERIFICA PRIMA CE
Articolo 12
Gli Stati membri emanano tutte le disposizioni atte ad impedire che per gli strumenti vengano usati marchi o iscrizioni che possano dar luogo a confusione con i contrassegni o marchi CE.
Articolo 13
Ciascuno Stato membro notifica agli altri Stati membri ed alla Commissione i servizi, gli organismi e gli istituti debitamente abilitati ad effettuare gli esami previsti dalla presente direttiva e dalle direttive particolari e a rilasciare i certificati di approvazione CE del modello nonché ad apporre il marchio di verifica prima CE.
Articolo 14
Gli Stati membri possono esigere che le iscrizioni regolamentari siano redatte nella (nelle) loro lingua (lingue) ufficiale (ufficiali).
CAPO V
CONTROLLI DEGLI STRUMENTI IN SERVIZIO
Articolo 15
Le direttive particolari prescrivono i requisiti dei controlli di strumenti in servizio muniti di marchi e contrassegni CE, in particolare gli errori massimi tollerati in servizio. Se le disposizioni nazionali relative agli strumenti non muniti di marchi e contrassegni CE prevedono requisiti inferiori, essi possono servire come criteri per i controlli.
CAPO VI
ADATTAMENTO DELLE DIRETTIVE AL PROGRESSO TECNICO
Articolo 16
Le modifiche necessarie per adattare al progresso tecnico gli allegati I e II della presente direttiva e gli allegati delle direttive particolari di cui all’articolo 1 sono adottate dalla Commissione. Tali misure, volte a modificare elementi non essenziali della presente direttiva e delle direttive particolari, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 17, paragrafo 2.
Tuttavia, questa procedura non si applica né al capo relativo alle unità di misura del sistema imperiale dell’allegato alla direttiva concernente le unità di misura, né agli allegati relativi alle gamme di qualità dei prodotti in imballaggi preconfezionati, figuranti nelle direttive relative ai prodotti in imballaggi preconfezionati.
Articolo 17
1. La Commissione è assistita dal comitato per l’adeguamento al progresso tecnico delle direttive di cui all’articolo 16.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo si applica l’articolo 5 bis, paragrafi da 1 a 4, e l’articolo 7 della decisione 1999/468/CE tenendo conto delle disposizioni dell’articolo 8 della stessa.
CAPO VII
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 18
Ogni decisione di rifiuto dell’approvazione CE del modello, di rifiuto della proroga o di revoca dell’approvazione CE del modello, di rifiuto di procedere alla verifica prima CE o di divieto di immissione sul mercato o in servizio, adottata in considerazione delle disposizioni per l’attuazione della presente direttiva e delle direttive particolari relative agli strumenti in questione, deve motivare le ragioni su cui si basa. Tali rifiuti, revoche o divieti sono notificati alla parte interessata, la quale deve essere altresì informata dei possibili mezzi di ricorso vigenti nelle legislazioni degli Stati membri e del termine entro il quale tali ricorsi possono essere presentati.
Articolo 19
Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 20
La direttiva 71/316/CEE, modificata dagli atti di cui all’allegato III, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive indicati all’allegato III, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all’allegato IV.
Articolo 21
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 22
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2009.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
P. NEČAS
(1) Parere di 22 ottobre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) Parere del Parlamento europeo del 4 dicembre 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 23 marzo 2009.
(3) GU L 202 del 6.9.1971, pag. 1.
(4) Cfr. allegato III, parte A.
(5) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
ALLEGATO I
APPROVAZIONE CE DEL MODELLO
1. Domanda di approvazione CE
1.1.
La domanda e la relativa corrispondenza sono redatte in una lingua ufficiale, conformemente alla legislazione dello Stato membro in cui la domanda viene presentata. Questo Stato membro è in diritto di esigere che anche i documenti allegati siano redatti nella lingua ufficiale di cui sopra.
Il richiedente trasmette simultaneamente ad ogni Stato membro un esemplare della domanda.
1.2.
Nella domanda di approvazione CE viene indicato quanto segue:
a)
nome e domicilio del fabbricante o della ditta, del suo mandatario e del richiedente;
b)
categoria dello strumento;
c)
utilizzazione prevista;
d)
caratteristiche metrologiche;
e)
eventuale denominazione commerciale o tipo dello strumento.
1.3.
La domanda è corredata dai documenti in duplice copia necessari al suo esame, ed in particolare di:
1.3.1.
una descrizione concernente in particolare:
a)
la costruzione e il funzionamento dello strumento;
b)
i dispositivi di sicurezza atti a garantirne il buon funzionamento;
c)
i dispositivi di registrazione e di aggiustaggio;
d)
i luoghi previsti per apporvi;
—
i marchi di verifica,
—
i sigilli (se del caso);
1.3.2.
i disegni di montaggio dell’insieme ed eventualmente i disegni costruttivi dei particolari di maggiore interesse;
1.3.3.
uno schema di massima ed eventualmente una fotografia.
1.4.
La domanda deve essere accompagnata dai documenti attestanti le approvazioni nazionali eventualmente già ottenute.
2. Esame per l’approvazione CE
2.1.
L’esame consiste in quanto segue:
2.1.1.
studio dei documenti ed esame delle caratteristiche metrologiche del modello, effettuati nei laboratori del servizio metrico o nei laboratori autorizzati o sul luogo di fabbricazione, di consegna o di installazione;
2.1.2.
qualora si conoscano dettagliatamente le caratteristiche metrologiche del modello, semplice studio dei documenti presentati.
2.2.
L’esame riguarda anche il comportamento d’insieme dello strumento nelle normali condizioni d’impiego. In tali condizioni lo strumento deve poter conservare le qualità metrologiche richieste.
2.3.
La natura e la portata dell’esame di cui al punto 2.1 possono essere fissate nelle direttive particolari.
2.4.
Il servizio metrico può esigere che il richiedente metta a sua disposizione i campioni ed i mezzi opportuni in termini di materiale e di personale ausiliario necessari per l’esecuzione delle prove relative all’approvazione.
3. Certificato e contrassegno d’approvazione CE
3.1.
Il certificato riproduce i risultati dell’esame del modello e fissa le altre esigenze da rispettare. Esso è accompagnato dalle descrizioni, piani e schemi necessari per identificare il modello e per spiegarne il funzionamento. Il contrassegno d’approvazione di cui all’articolo 4 è costituito da una ε stilizzata contenente:
—
nella parte superiore, la lettera maiuscola distintiva (o le lettere maiuscole distintive) dello Stato membro che ha concesso l’approvazione (B per il Belgio, BG per la Bulgaria, CZ per la Repubblica ceca, DK per la Danimarca, D per la Germania, EST per l’Estonia, IRL per l’Irlanda, EL per la Grecia, E per la Spagna, F per la Francia, I per l’Italia, CY per Cipro, LV per la Lettonia, LT per la Lituania, L per il Lussemburgo, H per l’Ungheria, M per Malta, NL per i Paesi Bassi, A per l’Austria, PL per la Polonia, P per il Portogallo, RO per la Romania, SI per la Slovenia, SK per la Slovacchia, FI per la Finlandia, S per la Svezia, UK per il Regno Unito) e il millesimo dell’anno di approvazione,
—
nella parte inferiore, una sigla che sarà stabilita dal servizio metrico che ha concesso l’approvazione (numero caratteristico).
Un modello di contrassegno d’approvazione figura al punto 6.1.
3.2.
In caso di approvazione CE con effetto limitato, il contrassegno è completato da una lettera «P» che ha dimensioni identiche a quelle della ε stilizzata e viene situata dinanzi a quest’ultima.
Un modello del contrassegno di approvazione con effetto limitato figura al punto 6.2.
3.3.
Il contrassegno di cui all’articolo 6 è analogo al contrassegno di approvazione CE nel quale la lettera ε stilizzata è sostituita da un’immagine simmetrica rispetto alla verticale e non comporta alcuna altra indicazione salvo deroga nelle direttive particolari.
Un modello di questo contrassegno figura al punto 6.3.
3.4.
Il contrassegno di cui all’articolo 11 è analogo al contrassegno di approvazione CE ma iscritto in un esagono.
Un modello di questo contrassegno figura al punto 6.4.
3.5.
I contrassegni contemplati ai punti da 3.1 a 3.4 e apposti dai fabbricanti conformemente alle disposizioni della presente direttiva devono risultare ben visibili ed essere realizzati con caratteri chiaramente leggibili ed indelebili su ogni strumento e dispositivo complementare presentati alla verifica. Se l’apposizione del contrassegno presenta difficoltà tecniche, eventuali eccezioni possono essere previste nelle direttive particolari oppure essere ammesse previo accordo fra i servizi metrici degli Stati membri.
4. Deposito di modello
Nei casi previsti dalle direttive particolari, il servizio che ha concesso l’approvazione può esigere, se lo ritiene necessario, il deposito di un modello dello strumento approvato. In luogo di tale modello campione il servizio può autorizzare il deposito di parti dello strumento, di modellini o disegni; in tal caso ne farà menzione sul certificato di approvazione CE.
5. Pubblicità dell’approvazione
5.1.
Al momento della notifica all’interessato, vengono inviate alla Commissione ed agli altri Stati membri le copie del certificato di approvazione CE nonché, se lo desiderano, copie dei processi verbali degli esami metrologici.
5.2.
La revoca di un’approvazione CE del modello e gli altri elementi che riguardano la portata e la validità dell’approvazione CE del modello formano parimenti oggetto della procedura di pubblicità di cui al punto 5.1.
5.3.
Lo Stato membro che rifiuta un’approvazione CE del modello ne informa gli altri Stati membri e la Commissione.
6. Contrassegni relativi all’approvazione CE del modello
6.1.
Contrassegno dell’approvazione CE del modello
Esempio:
Approvazione CE del modello rilasciata dal servizio metrico della Germania nel 1971 (cfr. punto 3.1, primo trattino)
N. caratteristico dell’approvazione CE del modello (cfr. punto 3.1, secondo trattino)
6.2.
Contrassegno dell’approvazione CE del modello con effetto limitato (cfr. punto 3.2)
Esempio:
Approvazione CE del modello con effetto limitato rilasciata dal servizio metrico della Repubblica federale di Germania nel 1971
N. caratteristico dell’approvazione CE del modello con effetto limitato
6.3.
Contrassegno dell’esonero dall’approvazione CE del modello (cfr. punto 3.3)
Esempio:
6.4.
Contrassegno dell’approvazione CE del modello in caso di esonero dalla verifica prima CE (cfr. punto 3.4)
Esempio:
Approvazione CE del modello rilasciata dal servizio metrico della Germania nel 1971
N. caratteristico dell’approvazione CE del modello
ALLEGATO II
VERIFICA PRIMA CE
1. Condizioni generali
1.1.
La verifica prima CE può essere effettuata in un solo tempo oppure in più tempi (generalmente due).
1.2.
Fermo restando quanto disposto nelle direttive particolari:
1.2.1.
la verifica prima CE viene effettuata in un sol tempo sugli strumenti che rappresentano un tutto unico all’uscita dall’officina, cioè su quegli strumenti che possono, in linea di massima, essere trasferiti al luogo di installazione senza bisogno di smontaggio preventivo;
1.2.2.
la verifica prima CE viene effettuata in due o più tempi per gli strumenti il cui corretto funzionamento dipende dalle condizioni d’installazione o di utilizzazione;
1.2.3.
il primo stadio di verifica deve consentire di accertare in particolare la conformità dello strumento al modello approvato oppure, per gli strumenti esonerati dall’approvazione CE del modello, la conformità alle norme ad essi applicabili.
2. Luogo della verifica prima CE
2.1.
Nell’ipotesi di verifica effettuata in un sol tempo e qualora le direttive particolari non fissino il luogo di verifica, gli strumenti sono verificati in luogo scelto dal competente servizio metrico.
2.2.
Nell’ipotesi di verifica in due o più tempi, gli strumenti sono verificati a cura del servizio metrico competente per territorio.
2.2.1.
L’ultimo stadio della verifica viene tassativamente effettuato sul luogo di installazione.
2.2.2.
Gli altri stadi della verifica si effettuano come stabilito al punto 2.1.
2.3.
Segnatamente quando la verifica non viene effettuata nell’apposito ufficio, il servizio metrico che effettua la verifica può esigere dal richiedente:
—
di mettere a sua disposizione i campioni ed i mezzi opportuni in termini di materiale e di personale ausiliario necessari per la verifica,
—
di fornire una copia del certificato di approvazione CE.
3. Marchi di verifica prima CE
3.1. Definizione dei marchi di verifica prima CE
3.1.1.
Fermo restando quanto disposto nelle direttive particolari, i marchi di verifica prima CE che vengono apposti conformemente al punto 3.3 sono i seguenti:
3.1.1.1.
il marchio di verifica finale CE, composto da due impronte:
a)
la prima impronta è costituita dalla lettera minuscola «e» contenente:
—
nella metà superiore, la lettera maiuscola distintiva (o le lettere maiuscole distintive) dello Stato membro in cui ha avuto luogo la verifica prima (B per il Belgio, BG per la Bulgaria, CZ per la Repubblica ceca, DK per la Danimarca, D per la Germania, EST per l’Estonia, IRL per l’Irlanda, EL per la Grecia, E per la Spagna, F per la Francia, I per l’Italia, CY per Cipro, LV per la Lettonia, LT per la Lituania, L per il Lussemburgo, H per l’Ungheria, M per Malta, NL per i Paesi Bassi, A per l’Austria, PL per la Polonia, P per il Portogallo, RO per la Romania, SI per la Slovenia, SK per la Slovacchia, FI per la Finlandia, S per la Svezia, UK per il Regno Unito) accompagnata, se necessario, da una o due cifre che precisano una ripartizione territoriale o funzionale,
—
nella metà inferiore, il numero distintivo dell’agente verificatore dell’ufficio di verifica;
b)
la seconda impronta è costituita dal millesimo dell’anno di verifica iscritto in un esagono.
3.1.1.2.
il marchio di verifica parziale CE, costituito unicamente dalla prima impronta. Esso serve anche come marchio di punzonatura.
3.2. Forma e dimensioni dei marchi
3.2.1.
La forma, le dimensioni ed i contorni delle lettere e delle cifre previste per i marchi di verifica prima CE al punto 3.1 sono fissati nei disegni allegati; i primi due disegni rappresentano gli elementi costitutivi del punzone e il terzo è un esempio di punzone. Le dimensioni indicate nei disegni sono in rapporto all’unità che rappresenta il diametro del cerchio circoscritto alla lettera «e» minuscola e al campo esagonale.
I diametri reali dei cerchi circoscritti dei marchi sono 1,6 mm, 3,2 mm, 6,3 mm, 12,5 mm.
3.2.2.
I servizi metrici degli Stati membri procedono allo scambio dei disegni originali dei marchi di verifica prima CE eseguiti in base ai modelli dei disegni allegati.
3.3. Apposizione dei marchi
3.3.1.
Il marchio di verifica finale CE è apposto sullo strumento totalmente verificato e riconosciuto conforme alle norme CE, nel luogo previsto a tale scopo.
3.3.2.
Il marchio di verifica parziale CE è apposto:
3.3.2.1.
nel caso di verifica in più tempi, sullo strumento o sulla parte dello strumento che soddisfa alle condizioni previste per le operazioni diverse da quelle effettuate sul luogo di installazione, a protezione delle viti che fissano la piastrina di punzonatura o in qualsiasi altro luogo previsto dalle direttive particolari;
3.3.2.2.
come marchio di punzonatura in tutti i casi e nei luoghi prescritti dalle direttive particolari.
ALLEGATO III
PARTE A
Direttiva abrogata ed elenco delle sue modificazioni successive
(di cui all’articolo 20)
Direttiva 71/316/CEE del Consiglio
(GU L 202 del 6.9.1971, pag. 1).
Atto di adesione del 1972, allegato I, punto X.12
(GU L 73 del 27.3.1972, pag. 118).
Direttiva 72/427/CEE del Consiglio
(GU L 291 del 28.12.1972, pag. 156).
Atto di adesione del 1979, allegato I, punto X.A
(GU L 291 del 19.11.1979, pag. 108).
Direttiva 83/575/CEE del Consiglio
(GU L 332 del 28.11.1983, pag. 43).
Atto di adesione del 1985, allegato I, punto IX.A.7
(GU L 302 del 15.11.1985, pag. 212).
Direttiva 87/354/CEE del Consiglio
(GU L 192 dell’11.7.1987, pag. 43).
limitatamente ai riferimenti alla direttiva 71/316/CEE fatti nell’articolo 1 e nell’allegato, punto 4
Direttiva 87/355/CEE del Consiglio
(GU L 192 dell’11.7.1987, pag. 46).
Direttiva 88/665/CEE del Consiglio
(GU L 382 del 31.12.1988, pag. 42).
limitatamente all’articolo 1, punto 1
Atto di adesione del 1994, allegato I, punto XI.C.VII.1
(GU C 241 del 29.8.1994, pag. 211).
Regolamento (CE) n. 807/2003 del Consiglio
(GU L 122 del 16.5.2003, pag. 36).
limitatamente all’allegato III, punto 5
Atto di adesione del 2003, allegato II, punto I.D.1
(GU L 236 del 23.9.2003, pag. 64).
Direttiva 2006/96/CE del Consiglio
(GU L 363 del 20.12.2006, pag. 81).
limitatamente ai riferimenti alla direttiva 71/316/CEE fatti all’articolo 1 e all’allegato, punto B.1
Direttiva 2007/13/CE della Commissione
(GU L 73 del 13.3.2007, pag. 10)
PARTE B
Termini di recepimento nel diritto nazionale
(di cui all’articolo 20)
Direttive
Data di recepimento
71/316/CEE
30 gennaio 1973
83/575/CEE
1o gennaio 1985
87/354/CEE
31 dicembre 1987
87/355/CEE
31 dicembre 1987
2006/96/CE
1o gennaio 2007
2007/13/CE
9 marzo 2008
ALLEGATO IV
TAVOLA DI CONCORDANZA
Direttiva 71/316/CEE
Presente direttiva
Articolo 1, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 1, paragrafo 1, lettera a), e articolo 1, paragrafo 2
Articolo 1, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 1, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 1, paragrafo 1, lettera c)
Articolo 1, paragrafo 1, lettera c)
Articolo 1, paragrafo 2
Articolo 1, paragrafo 3
Articolo 1, paragrafo 3
Articolo 1, paragrafo 4
Articolo 1, paragrafo 4, primo comma
Articolo 1, paragrafo 5
Articolo 1, paragrafo 4, secondo comma
Articolo 1, paragrafo 6
Articolo 2, paragrafo 1
Articolo 2, paragrafo 2
Articolo 2, paragrafo 2
Articolo 2, paragrafo 3
Articolo 2, paragrafo 3
Articolo 2, paragrafo 4
Articolo 2, paragrafo 4
Articolo 2, paragrafo 5
Articolo 2, paragrafo 5
Articolo 2, paragrafo 1
Articolo 3, frase introduttiva
Articolo 3, frase introduttiva
Articolo 3, primo trattino
Articolo 3, lettera a)
Articolo 3, secondo trattino
Articolo 3, lettera b)
Articolo 4, prima frase
Articolo 4, primo e secondo comma
Articolo 4, seconda frase
Articolo 4, terzo comma
Articolo 5, paragrafo 1
Articolo 5, paragrafo 1
Articolo 5, paragrafo 2, primo comma
Articolo 5, paragrafo 2, primo comma
Articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, frase introduttiva
Articolo 5, paragrafo 2, seconda comma, frase introduttiva
Articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, primo trattino
Articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, lettera a)
Articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, secondo trattino
Articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, lettera b)
Articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, terzo trattino
Articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, lettera c)
Articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, quarto trattino
Articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, lettera d)
Articolo 5, paragrafo 2, terzo comma, frase introduttiva
Articolo 5, paragrafo 2, terzo comma, frase introduttiva
Articolo 5, paragrafo 2, terzo comma, primo trattino
Articolo 5, paragrafo 2, terzo comma, lettera a)
Articolo 5, paragrafo 2, terzo comma, secondo trattino
Articolo 5, paragrafo 2, terzo comma, lettera b)
Articolo 5, paragrafo 2, quarto comma
Articolo 5, paragrafo 2, quarto comma
Articolo 5, paragrafo 3
Articolo 5, paragrafo 3
Articolo 6
Articolo 6
Articolo 7, paragrafi 1, 2 e 3
Articolo 7, paragrafi 1, 2 e 3
Articolo 7, paragrafo 4, prima frase
Articolo 7, paragrafo 4, primo comma
Articolo 7, paragrafo 4, seconda frase
Articolo 7, paragrafo 4, secondo comma
Articolo 7, paragrafo 4, terza frase
Articolo 7, paragrafo 4, terzo comma
Articolo 7, paragrafo 5
Articolo 7, paragrafo 5
Articolo 8, paragrafo 1, lettera a)
Articolo 8, paragrafo 1
Articolo 8, paragrafo 1, lettera b)
Articolo 8, paragrafo 2
Articolo 8, paragrafo 2
Articolo 8, paragrafo 3
Articolo 8, paragrafo 3
Articolo 8, paragrafo 4
Articolo 9, paragrafo 1
Articolo 9, paragrafo 1
Articolo 9, paragrafo 2, frase introduttiva
Articolo 9, paragrafo 2, frase introduttiva
Articolo 9, paragrafo 2, primo trattino
Articolo 9, paragrafo 2, lettera a)
Articolo 9, paragrafo 2, secondo trattino
Articolo 9, paragrafo 2, lettera b)
Articolo 9, paragrafo 2, terzo trattino
Articolo 9, paragrafo 2, lettera c)
Articolo 9, paragrafo 2, quarto trattino
Articolo 9, paragrafo 2, lettera d)
Articoli 10 e 11
Articoli 10 e 11
Articoli 12, 13 e 14
Articoli 12, 13 e 14
Articolo 15
Articolo 15
Articolo 16, prima frase
Articolo 16, primo comma
Articolo 16, seconda frase
Articolo 16, secondo comma
Articolo 17
—
Articolo 18, paragrafo 1
Articolo 17, paragrafo 1
Articolo 18, paragrafo 2, primo comma
Articolo 17, paragrafo 2
Articolo 18, paragrafo 2, secondo comma
—
Articolo 18, paragrafo 3
—
Articolo 19
Articolo 18
Articolo 20, paragrafo 1
—
Articolo 20, paragrafo 2
Articolo 19
—
Articoli 20 e 21
Articolo 21
Articolo 22
Allegato I
Allegato I
Punti 1 e 1.1
Punti 1 e 1.1
Punto 1.2, frase introduttiva
Punto 1.2, frase introduttiva
Punto 1.2, primo trattino
Punto 1.2, lettera a)
Punto 1.2, secondo trattino
Punto 1.2, lettera b)
Punto 1.2, terzo trattino
Punto 1.2, lettera c)
Punto 1.2, quarto trattino
Punto 1.2, lettera d)
Punto 1.2, quinto trattino
Punto 1.2, lettera e)
Punto 1.3
Punto 1.3
Punto 1.3.1, frase introduttiva
Punto 1.3.1, frase introduttiva
Punto 1.3.1, primo trattino
Punto 1.3.1, lettera a)
Punto 1.3.1, secondo trattino
Punto 1.3.1, lettera b)
Punto 1.3.1, terzo trattino
Punto 1.3.1, lettera c)
Punto 1.3.1, quarto trattino
Punto 1.3.1, lettera d)
Punti da 1.3.2 a 5
Punti da 1.3.2 a 5
Punto 5.2
Punto 5.1
Punto 5.3
Punto 5.2
Punto 5.4
Punto 5.3
Punti da 6 a 6.4
Punti da 6 a 6.4
Allegato II
Allegato II
—
Allegato III
—
Allegato IV | Strumenti di misura e metodi di controllo metrologico — Disposizioni comuni
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Definisce le regole generali della CE (Comunità europea) per l’approvazione del modello, la verifica iniziale e i metodi di controllo metrologico degli strumenti di misura.
Altre direttive di esecuzione su varie categorie di strumenti affrontano in dettaglio i requisiti tecnici.
La direttiva abroga la direttiva 71/316/CEE.
PUNTI CHIAVE
Anteriormente alla prima utilizzazione degli strumenti di misura, gli Stati membri sono responsabili di garantirne la conformità con i requisiti tecnici. Ciò si ottiene tramite l’approvazione CE del modello e la verifica, riconosciuta in tutto il territorio dell’Unione europea (UE). La direttiva riguarda:strumenti di misura; unità di misura; l’armonizzazione dei metodi di misura e il controllo metrologico; i mezzi per l’applicazione dei metodi di armonizzazione; metodi di misurazione, controllo metrologico e marcatura dei quantitativi di prodotti confezionati. Approvazione del modello CEUna domanda di approvazione CE del modello può essere presentata dal fabbricante o dal suo mandatario stabilito nella Comunità, in un solo Stato membro. Gli Stati membri devono assicurarsi di essere informati di qualunque modifica o aggiunta apportata al modello approvato e in caso di modifiche essi ne informano gli altri Stati membri. Per il modello modificato e qualora le direttive pertinenti introducano nuovi requisiti può essere necessaria una nuova approvazione CE del modello. In seguito all’approvazione, lo Stato membro redige un certificato e il fabbricante appone il contrassegno ufficiale di approvazione all’impianto interessato. La durata di validità del certificato è di dieci anni, prorogabile per ulteriori periodi di dieci anni. Nella domanda viene indicato quanto segue:utilizzazione prevista; caratteristiche metrologiche; costruzione e funzionamento; dispositivi di registrazione e di aggiustaggio; i luoghi previsti per apporvi i marchi di verifica (qualora vengano apposti sullo strumento); disegni di massima e dettagliati dei particolari di maggiore interesse; disegni o fotografie che illustrino i principi di funzionamento. L’esame consiste nello studio dei documenti ed esame delle caratteristiche metrologiche del modello, compreso il comportamento d’insieme dello strumento nelle normali condizioni d’impiego.
Lo Stato membro che ha concesso un’approvazione CE del modello può revocarla se è stata concessa indebitamente o se viene successivamente rilevato un difetto nello strumento. Esso ne informa immediatamente gli altri Stati membri e la Commissione europea, e fa in modo di comporre eventuali controversie, in consultazione con la Commissione dove necessario.
Ove siano impiegate tecniche nuove non previste da una direttiva particolare, può essere concessa un’approvazione CE del modello di effetto limitato fino a due anni (prorogabile a un massimo di tre anni) con alcune restrizioni, compresa una limitazione del numero di strumenti che beneficiano dell’approvazione e disposizioni limitative particolari relative alla tecnica impiegata.
Verifica prima CE
La verifica prima CE è il controllo e la conferma della conformità di uno strumento nuovo o rimesso a nuovo* per assicurarne la conformità al modello approvato CE e/o alle direttive pertinenti, e viene certificata dall’apposizione del marchio di verifica prima CE. L’esame prevede la valutazione delle caratteristiche metrologiche, degli errori massimi tollerati e una valutazione dell’affidabilità della costruzione.
Se uno strumento ha superato la verifica prima CE conformemente alle prescrizioni della presente direttiva e delle direttive particolari, il marchio di verifica CE può essere apposto dal fabbricante.
Controllo degli strumenti in uso
Direttive particolari forniscono indicazioni sui requisiti per il controllo di strumenti di misurazione già in uso.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è entrata in vigore il 18 maggio 2009.
Direttiva 2009/34/CE che modifica e sostituisce la direttiva 71/316/CEE — e successive modifiche.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:Metrologia legale (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Rimesso a nuovo: uno strumento usato che è stato rimesso in buone condizioni.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2009/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa alle disposizioni comuni agli strumenti di misura ed ai metodi di controllo metrologico (rifusione) (GU L 106 del 28.4.2009, pagg. 7-24)
ATTI COLLEGATI
Direttiva 2011/17/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2011, che abroga le direttive 71/317/CEE, 71/347/CEE, 71/349/CEE, 74/148/CEE, 75/33/CEE, 76/765/CEE, 76/766/CEE e 86/217/CEE del Consiglio relative alla metrologia (GU L 71 del 18.3.2011, pagg. 1-3) | 14,962 | 278 |
31989L0665 | false | Direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori
Gazzetta ufficiale n. L 395 del 30/12/1989 pag. 0033 - 0035 edizione speciale finlandese: capitolo 6 tomo 3 pag. 0048 edizione speciale svedese/ capitolo 6 tomo 3 pag. 0048
DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 21 dicembre 1989 che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (89/665/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 100 A, vista la proposta della Commissione (1), in cooperazione con il Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che le direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, in particolare la direttiva 71/305/CEE del Consiglio, del 26 luglio 1971, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici (4), modificata da ultimo dalla direttiva 89/440/CEE (5), e la direttiva 77/62/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1976, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture (6), modificata da ultimo dalla direttiva 88/295/CEE (7), non contengono disposizioni specifiche che permettano di garantirne l'effettiva applicazione; considerando che i meccanismi attualmente esistenti, sia sul piano nazionale sia sul piano comunitario, per garantire tale applicazione non sempre permettono di garantire il rispetto delle disposizioni comunitarie, in particolare in una fase in cui le violazioni possono ancora essere corrette; considerando che l'apertura degli appalti pubblici alla concorrenza comunitaria rende necessario un aumento notevole delle garanzie di trasparenza e di non discriminazione e che occorre, affinché essa sia seguita da effetti concreti, che esistano mezzi di ricorso efficaci e rapidi in caso di violazione del diritto comunitario in materia di appalti pubblici o delle norme nazionali che recepiscano tale diritto; considerando che l'assenza o l'insufficienza di mezzi di ricorso efficaci in vari Stati membri dissuade le imprese GU n. C 15 del 19. 1. 1989, pag. 8. GU n. C 323 del 27. 12. 1989. comunitarie dal concorrere nello Stato dell'autorità aggiudicatrice interessata; che è pertanto necessario che gli Stati membri interessati pongano rimedio a tale situazione; considerando che, data la brevità delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, gli organi di ricorso competenti devono in particolare essere abilitati a prendere misure provvisorie per sospendere la procedura di aggiudicazione dell'appalto o l'esecuzione di decisioni eventualmente prese dall'autorità aggiudicatrice; che la brevità delle procedure richiede un trattamento urgente delle violazioni di cui sopra; considerando la necessità di garantire in tutti gli Stati membri procedure adeguate che permettano l'annullamento delle decisioni illegittime e l'indennizzo delle persone lese da una violazione; considerando che, se le imprese non avviano la procedura di ricorso, ne deriva l'impossibilità di ovviare a determinate infrazioni a meno di istituire un meccanismo specifico; considerando che è pertanto necessario che la Commissione, qualora ritenga che sia stata commessa una violazione chiara ed evidente nel corso di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, intervenga presso le autorità competenti dello Stato membro e delle autorità aggiudicatrici interessate perché siano presi gli opportuni provvedimenti per ottenere la rapida correzione di qualsiasi violazione denunciata; considerando che l'applicazione effettiva delle disposizioni della presente direttiva dovrà essere riesaminata, prima della scadenza di un periodo di quattro anni successivo all'attuazione della stessa, in base ad informazioni che gli Stati membri dovranno fornire in merito al funzionamento delle procedure nazionali di ricorso, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 1. Gli Stati membri prendono i provvedimenti necessari per garantire che, per quanto riguarda le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici disciplinati dalle direttive 71/305/CEE e 77/62/CEE, le decisioni prese dalle autorità aggiudicatrici possano essere oggetto di un ricorso efficace e, in particolare, quanto più rapido possibile, secondo le condizioni previste negli articoli seguenti, in particolare l'articolo 2, paragrafo 7, in quanto tali decisioni hanno violato il diritto comunitario in materia di appalti pubblici o le norme nazionali che recepiscono tale diritto. 2. Gli Stati membri garantiscono che non vi sia alcuna discriminazione tra le imprese suscettibili di far valere un pregiudizio nell'ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto, a motivo della distinzione effettuata dalla presente direttiva tra le norme nazionali che recepiscono il diritto comunitario e le altre norme nazionali. 3. Gli Stati membri garantiscono che le procedure di ricorso siano accessibili, secondo modalità che gli Stati membri possono determinare, per lo meno a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l'aggiudicazione di un determinato appalto pubblico di forniture o di lavori e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una violazione denunciata. In particolare gli Stati membri possono esigere che la persona che desideri avvalersi di tale procedura abbia preventivamente informato l'autorità aggiudicatrice della pretesa violazione e della propria intenzione di presentare un ricorso. Articolo 2 1. Gli Stati membri fanno sì che i provvedimenti presi ai fini dei ricorsi di cui all'articolo 1 prevedano i poteri che permettano di: a) prendere con la massima sollecitudine e con procedura d'urgenza provvedimenti provvisori intesi a riparare la violazione o impedire che altri danni siano causati agli interessi coinvolti, compresi i provvedimenti intesi a sospendere o a far sospendere la procedura di aggiudicazione pubblica di un appalto o l'esecuzione di qualsiasi decisione presa dalle autorità aggiudicatrici; b) annullare o far annullare le decisioni illegittime, compresa la soppressione delle specificazioni tecniche, economiche o finanziarie discriminatorie figuranti nei documenti di gara, nei capitolati d'oneri o in ogni altro documento connesso con la procedura di aggiudicazione dell'appalto in questione; c) accordare un risarcimento danni alle persone lese dalla violazione. 2. I poteri di cui al paragrafo 1 possono essere conferiti ad organi distinti responsabili di aspetti differenti della procedura di ricorso. 3. Le procedure di ricorso non devono necessariamente esercitare, di per sé stesse, effetti sospensivi automatici sulle procedure di aggiudicazione cui si riferiscono. 4. Gli Stati membri possono prevedere che l'organo responsabile, quando esamina l'opportunità di prendere provvedimenti provvisori, possa tener conto delle probabili conseguenze dei provvedimenti stessi per tutti gli interessi che possono essere lesi, nonché dell'interesse pubblico e decidere di non accordare tali provvedimenti qualora le conseguenze negative possano superare quelle positive. La decisione di non accordare provvedimenti provvisori non reca pregiudizio agli altri diritti rivendicati dalla persona che chiede tali provvedimenti. 5. Gli Stati membri possono prevedere che, se un risarcimento danni viene domandato a causa di una decisione presa illegalmente, per prima cosa l'organo che ha la competenza necessaria a tal fine annulli la decisione contestata. 6. Gli effetti dell'esercizio dei poteri di cui al paragrafo 1 sul contratto stipulato in seguito all'aggiudicazione dell'appalto sono determinati dal diritto nazionale. Inoltre, salvo nel caso in cui una decisione debba essere annullata prima della concessione di un risarcimento danni, uno Stato membro può prevedere che, dopo la stipulazione di un contratto in seguito all'aggiudicazione dell'appalto, i poteri dell'organo responsabile delle procedure di ricorso si limitino alla concessione di un risarcimento danni a qualsiasi persona lesa da una violazione. 7. Gli Stati membri fanno sì che le decisioni prese dagli organi responsabili delle procedure di ricorso possano essere attuate in maniera efficace. 8. Se gli organi responsabili delle procedure di ricorso non sono organi giudiziari, le loro decisioni devono essere sempre motivate per iscritto. In questo caso inoltre devono essere adottate disposizioni mediante cui ogni misura presunta illegittima presa dall'organo di base competente oppure ogni presunta infrazione nell'esercizio dei poteri che gli sono conferiti possa essere oggetto di un ricorso giurisdizionale o di un ricorso presso un altro organo che sia una giurisdizione ai sensi dell'articolo 177 del trattato e che sia indipendente dalle autorità aggiudicatrici e dall'organo di base. La nomina dei membri di tale organo indipendente e la cessazione del loro mandato sono soggetti a condizioni uguali a quelle applicabili ai giudici, per quanto concerne l'autorità responsabile della nomina, la durata del loro mandato e la loro revocabilità. Per lo meno il presidente di tale organo indipendente deve avere le stesse qualifiche giuridiche e professionali di un giudice. L'organo indipendente prende le proprie decisioni all'esito di una procedura in contraddittorio e tali decisioni producono, tramite i mezzi determinati da ciascuno Stato membro, effetti giuridici vincolanti. Articolo 3 1. La Commissione può invocare la procedura prevista nel presente articolo se, anteriormente alla conclusione di un contratto, essa ritiene che una violazione chiara e manifesta delle disposizioni comunitarie in materia di appalti pubblici sia stata commessa in una procedura di aggiudicazione di appalto disciplinata dalle direttive 71/305/CEE e 77/62/CEE. 2. La Commissione notifica allo Stato membro e all'autorità aggiudicatrice interessati le ragioni per cui ritiene che sia stata commessa una violazione chiara e manifesta e ne domanda la correzione. 3. Entro i 21 giorni successivi al ricevimento della notifica di cui al paragrafo 2, lo Stato membro interessato comunica alla Commissione: a) la conferma che la violazione è stata riparata; o b) una conclusione motivata per spiegare perché non ci sia stata riparazione; o c) una notifica che la procedura di aggiudicazione dell'appalto in questione è stata sospesa dall'autorità aggiudicatrice oppure nell'ambito dell'esercizio dei poteri previsti all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a). 4. Una conclusione motivata ai sensi del paragrafo 3, lettera b) può tra l'altro fondarsi sul fatto che la violazione denunciata costituisce già l'oggetto di un ricorso giurisdizionale o di un ricorso quale quello di cui all'articolo 2, paragrafo 8. In tal caso lo Stato membro informa la Commissione del risultato di tali procedure non appena ne viene a conoscenza. 5. In caso di notifica che una procedura di aggiudicazione di appalto sia stata sospesa conformemente al paragrafo 3, lettera c), lo Stato membro notifica alla Commissione la cessazione della sospensione o l'avvio di un'altra procedura di aggiudicazione di appalto in parte o del tutto collegata alla procedura precedente. Questa nuova notifica deve confermare che la violazione presunta è stata riparata o includere una conclusione motivata per spiegare perché non ci sia stata riparazione. Articolo 4 1. Prima dello scadere del quadriennio successivo alla data di messa in applicazione della presente direttiva, la Commissione, in collaborazione con il comitato consultivo per gli appalti pubblici, riesamina l'applicazione delle disposizioni della presente direttiva e propone all'occorrenza le modifiche che ritiene necessarie. 2. Gli Stati membri comunicano ogni anno alla Commissione, anteriormente al 1g marzo, una serie di informazioni sul funzionamento delle procedure nazionali di ricorso che si riferiscono all'anno precedente. La Commissione determina, d'intesa con il comitato consultivo per gli appalti pubblici, la natura di dette informazioni. Articolo 5 Gli Stati membri mettono in vigore le misure necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 21 dicembre 1991. Essi comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno, di carattere legislativo, regolamentare e amministrativo che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 6 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 21 dicembre 1989. Per il Consiglio Il Presidente E. CRESSON (1) GU n. C 230 del 28. 8. 1987, pag. 6 e(2) GU n. C 167 del 27. 6. 1988, pag. 77 e(3) GU n. C 347 del 22. 12. 1987, pag. 23. (4) GU n. L 185 del 16. 8. 1971, pag. 5. (5) GU n. L 210 del 21. 7. 1989, pag. 1. (6) GU n. L 13 del 15. 1. 1977, pag. 1. (7) GU n. L 127 del 20. 5. 1988, pag. 1. | Aggiudicazione di appalti pubblici e concessioni — Contratti di forniture e lavori
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Invita i paesi dell’Unione europea (UE) a garantire che le decisioni relative all’aggiudicazione di appalti pubblici e concessioni, nonché le decisioni procedurali preliminari in tale ambito, siano riesaminate rapidamente ed efficacemente nel caso in cui abbiano violato il diritto comunitario sulle forniture pubbliche.
PUNTI CHIAVE
La direttiva 89/665/CEE si applica agli appalti del settore pubblico e alle concessioni che rientrano nell’ambito delle pertinenti norme sostanziali (ossia norme che definiscono diritti e doveri). Le direttive 2014/23/UE (si veda la sintesi)e 2014/24/UE (si veda la sintesi) sostituiscono la direttiva 2004/18/CE a decorrere dal 18 aprile 2016. I paesi dell’UE devono garantire che le procedure di ricorso siano accessibili per lo meno a chiunque abbia, o abbia avuto, interesse ad aggiudicarsi un determinato appalto e che sia stato, o rischi di essere, leso a causa di una violazione denunciata. La direttiva 89/665/CEE consente l’avvio di azioni sia prima che dopo la firma del contratto (misure correttive precontrattuali e postcontrattuali).Le misure correttive precontrattuali sono volte a correggere le violazioni delle norme sulle forniture pubbliche nel corso della procedura di gara e, in ogni caso, prima che il contratto venga perfezionato. Comprendono il diritto a provvedimenti provvisori, un regime di status quo obbligatorio e il requisito di sospendere la procedura di aggiudicazione durante l’esame del ricorso, per evitare l’aggiudicazione del contratto.Le misure correttive postcontrattuali mirano a dichiarare l’invalidità di un contratto in vigore e/o a risarcire (principalmente i danni) le parti interessate dopo che il contratto in questione sia stato aggiudicato.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è entrata in vigore il 3 gennaio 1990 e doveva essere recepita dalle legislazioni nazionali dei paesi dell’UE entro il 21 dicembre 1991.
CONTESTO
La direttiva 89/665/CEE è stata profondamente modificata dalla direttiva 2007/66/CE. La direttiva 2014/23/UE ha introdotto ulteriori modifiche, volte principalmente ad ampliare l’ambito di applicazione della direttiva 89/665/CEE per quanto riguarda le concessioni ai sensi della direttiva 2014/23/UE e ad aggiornare i riferimenti alle norme sostanziali relative agli appalti pubblici stabilite nella direttiva 2014/24/UE. La direttiva 92/13/CEE (si veda la sintesi) è l’equivalente della direttiva 89/665/CEE per gli appalti nel settore pubblico nel settore dei servizi. È stata profondamente modificata dalla direttiva 2007/66/CE. La direttiva 2014/23/UE ha introdotto ulteriori modifiche alla luce della direttiva 2014/25/UE (si veda la sintesi).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (GU L 395 del 30.12.1989, pag. 33).
Modifiche successive alla direttiva 89/665/CEE sono state integrate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Direttiva 92/13/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni (GU L 76 del 23.3.1992, pag. 14).
Si veda la versione consolidata.
Direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 1).
Si veda la versione consolidata.
Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE (GU L 94 del 28.3.2014, pag. 65).
Si veda la versione consolidata. | 5,417 | 967 |
32017R1563 | false | REGOLAMENTO (UE) 2017/1563 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 13 settembre 2017
relativo alla scambio transfrontaliero tra l'Unione e i paesi terzi di copie in formato accessibile di determinate opere e di altro materiale protetto da diritto d'autore e da diritti connessi a beneficio delle persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea, in particolare l'articolo 114,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
Il trattato di Marrakech volto a facilitare l'accesso alle opere pubblicate per le persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa («trattato di Marrakech») è stato firmato a nome dell'Unione il 30 aprile 2014 (3). Esso impone alle parti contraenti di prevedere eccezioni o limitazioni al diritto d'autore e ai diritti connessi per la realizzazione e la diffusione di copie, in formati accessibili, di determinate opere e di altro materiale protetto, e per lo scambio transfrontaliero di tali copie.
(2)
I beneficiari del trattato di Marrakech sono le persone non vedenti, le persone che soffrono di una disabilità visiva che non può essere migliorata in modo tale da garantire una funzionalità visiva sostanzialmente equivalente a quella di una persona che non soffre di tale disabilità, le persone che soffrono di disabilità percettive o di lettura, compresa la dislessia o qualsiasi altro disturbo dell'apprendimento che impediscano loro di leggere materiale stampato in misura sostanzialmente equivalente a quella di una persona che non soffre di tali disabilità, e le persone che, a causa di una disabilità fisica, non sono in grado di tenere o di maneggiare un libro oppure di fissare o spostare lo sguardo nella misura che sarebbe normalmente necessaria per leggere, per cui, in conseguenza di tali menomazioni o disabilità, dette persone non sono in grado di leggere le opere stampate in misura sostanzialmente equivalente a quella delle persone che non soffrono di tali menomazioni o disabilità.
(3)
Le persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa continuano a incontrare numerosi ostacoli nell'accesso ai libri e ad altro materiale stampato che sono protetti dal diritto d'autore e dai diritti connessi. La necessità di rendere disponibile a tali persone un maggior numero di opere e altro materiale protetto in formati accessibili e di migliorarne in modo significativo la circolazione e la diffusione è stata riconosciuta a livello internazionale.
(4)
Conformemente al parere 3/15 della Corte di giustizia dell'Unione europea (4), le eccezioni o limitazioni, previste dal trattato di Marrakech, al diritto d'autore e ai diritti connessi per la realizzazione e la diffusione di copie in formati accessibili di determinate opere e di altro materiale dovranno essere poste in esecuzione nel quadro dell'ambito armonizzato dalla direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (5). Lo stesso vale per i regimi di esportazione e importazione previsti da detto trattato, in quanto essi hanno in definitiva come scopo quello di autorizzare la comunicazione al pubblico o la distribuzione, sul territorio di una parte, di copie in formato accessibile pubblicate nel territorio di un'altra parte senza dover ricevere il consenso dei titolari dei diritti.
(5)
La direttiva (UE) 2017/1564 del Parlamento europeo e del Consiglio (6) mira ad attuare gli obblighi che l'Unione deve soddisfare ai sensi del trattato di Marrakech in modo armonizzato al fine di migliorare la disponibilità in tutti gli Stati membri dell'Unione di copie in formato accessibile per i beneficiari e la circolazione delle stesse nel mercato interno, e impone agli Stati membri di introdurre un'eccezione obbligatoria a determinati diritti che sono armonizzati dal diritto dell'Unione. Il presente regolamento mira ad attuare gli obblighi previsti dal trattato di Marrakech per quanto riguarda i regimi di esportazione e importazione di copie in formato accessibile a fini non commerciali a vantaggio dei beneficiari tra l'Unione e i paesi terzi che sono parti contraenti del trattato di Marrakech e a stabilire le condizioni per tali esportazioni e importazioni in modo uniforme nel quadro dell'ambito armonizzato dalle direttive 2001/29/CE e (UE) 2017/1564 al fine di garantire che tali misure siano applicate coerentemente in tutto il mercato interno e non pregiudichino l'armonizzazione dei diritti esclusivi e delle eccezioni contenute nelle suddette direttive.
(6)
Il presente regolamento dovrebbe assicurare che le copie in formato accessibile di libri, compresi gli e-book, riviste, quotidiani, rotocalchi o altre pubblicazioni, notazioni, compresi gli spartiti musicali, e di altro materiale stampato, anche in formato audio, digitale o analogico, realizzate in qualsiasi Stato membro in conformità delle disposizioni nazionali adottate a norma della direttiva (UE) 2017/1564 possano essere distribuite, comunicate o rese disponibili a un beneficiario o a un'entità autorizzata, di cui al trattato di Marrakech, in paesi terzi che sono parti del trattato di Marrakech. I formati accessibili includono, ad esempio, Braille, stampa a grandi caratteri, e-book adattati, audiolibri e trasmissioni radiofoniche. Tenuto conto dell'«obiettivo non commerciale» del trattato di Marrakech (7), la distribuzione, la comunicazione al pubblico o la messa a disposizione al pubblico di copie in formato accessibile per le persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa o le entità autorizzate nel paese terzo dovrebbero essere effettuate unicamente senza scopo di lucro da entità autorizzate stabilite nello Stato membro.
(7)
Il presente regolamento dovrebbe inoltre consentire l'importazione da un paese terzo delle copie in formato accessibile realizzate in conformità dell'attuazione del trattato di Marrakech e l'accesso a tali copie da parte dei beneficiari nell'Unione e delle entità autorizzate stabilite in uno Stato membro, a fini non commerciali, a beneficio delle persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa. Dette copie in formato accessibile dovrebbero poter circolare nel mercato interno alle stesse condizioni delle copie in formato accessibile realizzate nell'Unione in conformità della direttiva (UE) 2017/1564.
(8)
Al fine di migliorare la disponibilità di copie in formato accessibile e impedire la diffusione non autorizzata di opere o di altro materiale, le entità autorizzate che si occupano della distribuzione, della comunicazione al pubblico o della messa a disposizione al pubblico di copie in formato accessibile dovrebbero rispettare determinati obblighi. Le iniziative degli Stati membri volte a promuovere gli obiettivi del trattato di Marrakech e lo scambio di copie in formato accessibile con i paesi terzi che sono parti di tale trattato nonché a sostenere le entità autorizzate nello scambiare e mettere a disposizione le informazioni dovrebbero essere incoraggiate. Tali iniziative potrebbero comprendere la definizione di orientamenti o migliori prassi in materia di realizzazione e diffusione di copie in formati accessibili in consultazione con i rappresentanti delle entità autorizzate, dei beneficiari e dei titolari di diritti.
(9)
È fondamentale che qualsiasi trattamento di dati personali effettuato a norma del presente regolamento rispetti i diritti fondamentali, compreso il diritto al rispetto della vita privata e della vita familiare e il diritto alla protezione dei dati di carattere personale sanciti dagli articoli 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea («Carta») ed è assolutamente necessario che tale trattamento sia anche conforme alle direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 95/46/CE (8) e 2002/58/CE (9), che disciplinano il trattamento dei dati personali, come può essere effettuato dalle entità autorizzate nel quadro del presente regolamento e sotto la vigilanza delle autorità competenti degli Stati membri, in particolare le autorità pubbliche indipendenti designate dagli Stati membri.
(10)
La convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità («CRPD»), di cui l'Unione è parte, garantisce alle persone con disabilità il diritto di accedere alle informazioni e all'istruzione e il diritto di partecipare alla vita culturale, economica e sociale su base di eguaglianza con gli altri. La CRPD impone alle parti aderenti alla convenzione di adottare tutte le misure opportune, in conformità del diritto internazionale, per garantire che le normative che tutelano i diritti di proprietà intellettuale non costituiscano un ostacolo irragionevole o discriminatorio all'accesso ai prodotti culturali da parte delle persone con disabilità.
(11)
A norma della Carta, è vietata qualsiasi forma di discriminazione, comprese quelle fondate sulla disabilità, e il diritto delle persone con disabilità di beneficiare di misure intese a garantire loro l'autonomia, l'inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità è riconosciuto e rispettato dall'Unione.
(12)
Poiché l'obiettivo del presente regolamento, vale a dire attuare in modo uniforme gli obblighi ai sensi del trattato di Marrakech per quanto riguarda l'esportazione e l'importazione tra l'Unione e i paesi terzi che sono parti del trattato di Marrakech di copie in formato accessibile di determinate opere o di altro materiale, a fini non commerciali a vantaggio dei beneficiari nonché stabilire le condizioni per tali esportazioni e importazioni, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della sua portata e dei suoi effetti, può essere conseguito meglio a livello di Unione, quest'ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.
(13)
Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e i principi sanciti in particolare dalla Carta e dalla CRPD. Esso dovrebbe essere interpretato e applicato conformemente a tali diritti e principi,
HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto e ambito di applicazione
Il presente regolamento stabilisce norme uniformi per lo scambio transfrontaliero di copie in formato accessibile di determinate opere e di altro materiale tra l'Unione e i paesi terzi che sono parti contraenti del trattato di Marrakech senza l'autorizzazione del titolare dei diritti, a beneficio delle persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa, nel quadro dell'ambito armonizzato dalle direttive 2001/29/CE e (UE) 2017/1564,.al fine di evitare di mettere a repentaglio l'armonizzazione dei diritti esclusivi e delle eccezioni nel mercato interno.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente regolamento si intende per:
1)
«opera o altro materiale», opere sotto forma di libri, riviste, quotidiani, rotocalchi o altri generi di pubblicazioni, notazioni, compresi gli spartiti musicali, e relative illustrazioni, su qualsiasi supporto, anche in formato audio, quali gli audiolibri, e in formato digitale, protette da diritto d'autore o da diritti connessi e pubblicate o altrimenti rese lecitamente accessibili al pubblico;
2)
«beneficiario», indipendentemente da altre forme di disabilità, una persona:
a)
non vedente;
b)
che soffre di una disabilità visiva che non può essere migliorata in modo tale da garantire una funzionalità visiva sostanzialmente equivalente a quella di una persona che non soffre di tale disabilità e che quindi non è in grado di leggere le opere stampate in misura sostanzialmente equivalente a quella di una persona che non soffre di una tale disabilità;
c)
che soffre di una disabilità percettiva o di lettura e quindi non è in grado di leggere le opere stampate in misura sostanzialmente equivalente a quella di una persona che non soffre di tale disabilità; o
d)
che soffre di una disabilità fisica che le impedisce di tenere o di maneggiare un libro oppure di fissare o spostare lo sguardo nella misura che sarebbe normalmente necessaria per leggere;
3)
«copia in formato accessibile», copia di un'opera o di altro materiale realizzata in una maniera o formato alternativi che consentano al beneficiario di accedervi, anche consentendo a tale persona di avere accesso in maniera agevole e confortevole come una persona che non ha alcuna delle menomazioni né alcuna delle disabilità di cui al punto 2;
4)
«entità autorizzata stabilita in uno Stato membro», un'entità che è autorizzata o riconosciuta da uno Stato membro per fornire ai beneficiari, senza scopo di lucro, istruzione, formazione, possibilità di lettura adattata o accesso alle informazioni. Nella definizione rientrano anche gli enti pubblici o le organizzazioni senza scopo di lucro che forniscono ai beneficiari gli stessi servizi in quanto loro attività primarie, obblighi istituzionali, o come parte delle loro missioni di interesse pubblico.
Articolo 3
Esportazione di copie in formato accessibile nei paesi terzi
Le entità autorizzate stabilite in uno Stato membro possono distribuire, comunicare o rendere disponibile ai beneficiari o a un'entità autorizzata stabilita in un paese terzo che è parte del trattato di Marrakech una copia in formato accessibile di un'opera o di altro materiale realizzata in conformità della normativa nazionale adottata a norma della direttiva (UE) 2017/1564.
Articolo 4
Importazione di copie in formato accessibile dai paesi terzi
I beneficiari o le entità autorizzate stabilite in uno Stato membro possono importare o altrimenti ottenere o accedere e quindi utilizzare, conformemente alla normativa nazionale adottata a norma della direttiva (UE) 2017/1564, una copia in formato accessibile di un'opera o di altro materiale che sia stata loro distribuita, comunicata o resa disponibile da un'entità autorizzata in un paese terzo che è parte del trattato di Marrakech.
Articolo 5
Obblighi delle entità autorizzate
1. Le entità autorizzate stabilite in uno Stato membro che effettuano le operazioni di cui agli articoli 3 e 4 stabiliscono e seguono le proprie prassi al fine di provvedere a:
a)
distribuire, comunicare e rendere disponibili le copie in formato accessibile unicamente ai beneficiari o ad altre entità autorizzate;
b)
adottare opportune misure per prevenire la riproduzione, la distribuzione, la comunicazione al pubblico e la messa a disposizione del pubblico non autorizzate delle copie in formato accessibile;
c)
prestare la dovuta diligenza nel trattare le opere o altro materiale e le loro copie in formato accessibile e a registrare tutte le operazioni effettuate;
d)
pubblicare e aggiornare, se del caso sul proprio sito web, o tramite altri canali online o offline, informazioni sul modo in cui esse rispettano gli obblighi di cui alle lettere da a) a c).
Le entità autorizzate stabilite in uno Stato membro stabiliscono e seguono le prassi di cui al primo comma nel pieno rispetto delle norme applicabili al trattamento dei dati personali dei beneficiari di cui all'articolo 6.
2. Le entità autorizzate stabilite in uno Stato membro che effettuano le operazioni di cui agli articoli 3 e 4 forniscono le seguenti informazioni in modo accessibile, su richiesta, a qualsiasi beneficiario, altre entità autorizzate o titolari dei diritti:
a)
l'elenco delle opere o di altro materiale per cui dispongono di copie in formato accessibile e i formati disponibili; e
b)
il nome e i contatti delle entità autorizzate con le quali hanno avviato lo scambio di copie in formato accessibile a norma degli articoli 3 e 4.
Articolo 6
Protezione dei dati personali
Il trattamento dei dati personali nel quadro del presente regolamento è effettuato in conformità delle direttive 95/46/CE e 2002/58/CE.
Articolo 7
Riesame
Entro l'11 ottobre 2023, la Commissione procede a una valutazione del presente regolamento e presenta in una relazione le principali conclusioni al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo, se del caso unitamente a proposte di modifica del presente regolamento.
Gli Stati membri forniscono alla Commissione le informazioni necessarie per la preparazione della relazione di valutazione.
Articolo 8
Entrata in vigore e applicazione
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Si applica a decorrere dal 12 ottobre 2018.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Strasburgo, il 13 settembre 2017
Per il Parlamento europeo
Il presidente
A. TAJANI
Per il Consiglio
Il presidente
M. MAASIKAS
(1) Parere del 5 luglio 2017 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) .
(2) Posizione del Parlamento europeo del 6 luglio 2017 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 17 luglio 2017.
(3) Decisione 2014/221/UE del Consiglio, del 14 aprile 2014, relativa alla firma, a nome dell'Unione europea, del trattato di Marrakech volto a facilitare l'accesso alle opere pubblicate per le persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa (GU L 115 del 17.4.2014, pag. 1).
(4) Parere della Corte di Giustizia del 14 febbraio 2017, 3/15; ECLI:EU:C:2017:114, punto 112.
(5) Direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione (GU L 167 del 22.6.2001, pag. 10).
(6) Direttiva (UE) 2017/1564 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 settembre 2017, relativa a taluni utilizzi consentiti di determinate opere e di altro materiale protetto da diritto d'autore e da diritti connessi a beneficio delle persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa, e che modifica la direttiva 2001/29/CE sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione (cfr. pag. 6 della presente Gazzetta ufficiale).
(7) Parere della Corte di Giustizia del 14 febbraio 2017, 3/15; ECLI:EU:C:2017:114, punto 90.
(8) Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31). Tale direttiva sarà abrogata e sostituita, a decorrere dal 25 maggio 2018, dal regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119 del 4.5.2016, pag. 1).
(9) Direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche) (GU L 201 del 31.7.2002, pag. 37). | Regolamento sull’attuazione del Trattato di Marrakech nell’UE
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Stabilisce le norme sul modo in cui opere e altro materiale* in copie in formato accessibile* sono condivisi tra i paesi dell’Unione e i paesi terzi che sono parti contraenti del trattato di Marrakech, a beneficio delle persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa, e senza che sia necessario il permesso del detentore del copyright.
PUNTI CHIAVE
Trattato di Marrakech
Il Trattato di Marrakech prevede che le parti contraenti adottino leggi nazionali per promuovere la produzione libraria in formati accessibili, ad esempio, Braille, e-book, audiolibri o stampa a grandi caratteri, destinati alle persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa. Tali leggi dovrebbero facilitare la condivisione di questi articoli al di là delle frontiere nazionali senza bisogno dell’autorizzazione del titolare del diritto d’autore. Il trattato è stato firmato nel 2013 e ratificato dall’UE il 1 ottobre 2018. L’Unione è diventata parte del trattato il 1 gennaio 2019.
Il presente regolamento
Una entità autorizzata* da un paese dell’Unione può mettere a disposizione di beneficiari*, o di entità autorizzate in paesi non-UE che sono parti del trattato, versioni accessibili di libri o di altro materiale consentite dalla direttiva (UE) 2017/1564, direttiva per l’attuazione del trattato di Marrakech nell’UE, e tali oggetti possono anche essere importati e usati da tali persone o entità.
Un’entità autorizzata deve:prevenire la riproduzione e la distribuzione non autorizzate al pubblico delle copie in formato accessibile; registrare tutte le operazioni effettuate con le opere e le copie in formato accessibile; pubblicare informazioni sul modo in cui essa rispetta gli obblighi; rispettare le regole di trattamento di dati personali dei beneficiari; fornire le seguenti informazioni in modo accessibile, su richiesta, a qualsiasi beneficiario, altre entità autorizzate o titolari dei diritti:l’elenco delle opere per cui dispongono di copie in formato accessibile e i formati disponibili; ei contatti delle entità autorizzate coinvolte nello scambio di copie in formato accessibile. Revisione
Entro l’11 ottobre 2023, la Commissione europea valuterà il funzionamento del regolamento e ne renderà conto al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo, con eventuali proposte di modifica del regolamento.
DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO?
È stato applicato dal 12 ottobre 2018.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Attuazione del Trattato di Marrakech nel diritto dell’UE (Commissione europea) UE aderisce al Trattato di Marrakesh (Servizio europeo per l’azione esterna).
TERMINI CHIAVE
Opera o altro materiale: opere sotto forma di libri, riviste, quotidiani, rotocalchi o altri generi di pubblicazioni, notazioni, compresi gli spartiti musicali, e relative illustrazioni, su qualsiasi supporto, anche in formato audio, quali gli audiolibri, e in formato digitale, protette da diritto d’autore o da diritti connessi e pubblicate o altrimenti rese lecitamente accessibili al pubblico.
Copia in formato accessibile: copia di un’opera o di altro materiale realizzata in una maniera o formato che consenta al beneficiario di accedervi in maniera agevole, come una persona che non abbia alcuna delle menomazioni né disabilità contemplate dal regolamento.
Entità autorizzata: un’entità che è autorizzata o riconosciuta da un paese per fornire ai beneficiari, senza scopo di lucro, istruzione, formazione, possibilità di lettura adattata o accesso alle informazioni.
Beneficiario: una persona non vedente, che soffre di una disabilità visiva o di una disabilità percettiva o di lettura e quindi non è in grado di leggere le opere stampate in misura equivalente a quella di una persona che non soffre di tale disabilità, o che non è in grado di tenere o di maneggiare un libro oppure di fissare o spostare lo sguardo nella misura che sarebbe normalmente necessaria per leggere.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE) 2017/1563 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 settembre 2017, relativo alla scambio transfrontaliero tra l’Unione e i paesi terzi di copie in formato accessibile di determinate opere e di altro materiale protetto da diritto d’autore e da diritti connessi a beneficio delle persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa (GU L 242 del 20.9.2017, pag. 1).
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione (UE) 2018/254 del Consiglio, del 15 febbraio 2018, relativa alla conclusione, a nome dell’Unione europea, del Trattato di Marrakech volto a facilitare l’accesso alle opere pubblicate per le persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa (GU L 48 del 21.2.2018, pag. 1).
Trattato di Marrakech volto a facilitare l’accesso alle opere pubblicate per le persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa (GU L 48 del 21.2.2018, pag. 3).
Direttiva (UE) 2017/1564 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 settembre 2017, relativa a taluni utilizzi consentiti di determinate opere e di altro materiale protetto da diritto d’autore e da diritti connessi a beneficio delle persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa, e che modifica la direttiva 2001/29/CE sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione (GU L 242 del 20.9.2017, pag. 6).
Decisione 2014/221/UE del Consiglio, del 14 aprile 2014, relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, del trattato di Marrakech volto a facilitare l’accesso alle opere pubblicate per le persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa (GU L 115 del 17.4.2014, pag. 1). | 7,899 | 1,348 |
21997A0513(01) | false | Accordo di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea
Gazzetta ufficiale n. L 121 del 13/05/1997 pag. 0014 - 0018
ACCORDO di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di CoreaLa COMUNITÀ EUROPEA e la REPUBBLICA DI COREA (in appresso denominate «parti contraenti»),VISTA l'importanza dei legami commerciali tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea e desiderose di contribuire, a vantaggio di entrambe, all'armonioso sviluppo di detti legami;TENENDO CONTO dello sviluppo della cooperazione doganale tra le parti contraenti per quanto riguarda le procedure doganali;CONSIDERANDO che le operazioni che violano la legislazione doganale ledono agli interessi economici, fiscali e commerciali di entrambe le parti contraenti e riconoscendo l'importanza di valutare in modo accurato i dazi doganali e gli altri oneri;PERSUASE che la cooperazione tra le loro autorità doganali renderà più efficaci gli interventi contro tali operazioni;VISTI gli obblighi imposti dalle convenzioni internazionali cui le parti contraenti hanno già aderito e la raccomandazione del consiglio di cooperazione doganale del 5 dicembre 1953 sull'assistenza amministrativa reciproca,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:TITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Definizioni Ai fini del presente accordo valgono le seguenti definizioni:a) «legislazione doganale»: le disposizioni adottate dalla Comunità europea o dalla Repubblica di Corea che disciplinano l'importazione, l'esportazione e il transito delle merci nonché qualsiasi altra procedura doganale, comprese le misure di divieto, restrizione e controllo;b) «autorità doganale»: nella Comunità europea, i servizi competenti della Commissione delle Comunità europee e le autorità doganali degli Stati membri della Comunità europea e nella Repubblica di Corea il servizio doganale coreano;c) «autorità doganale richiedente»: l'autorità doganale competente di una parte contraente che presenta una domanda di assistenza in materia doganale;d) «autorità doganale interpellata»: l'autorità doganale competente di una parte contraente che riceve una domanda di assistenza in materia doganale;e) «dati personali»: tutte le informazioni relative ad una persona fisica identificata o identificabile;f) «operazione che viola la legislazione doganale»: tutte le violazioni o i tentativi di violazione della legislazione doganale.Articolo 2 Obblighi imposti dalle convenzioni internazionali Le disposizioni del presente accordo non pregiudicano gli obblighi imposti dalle convenzioni internazionali cui hanno aderito le parti contraenti del presente accordo.TITOLO II COOPERAZIONE DOGANALE Articolo 3 Portata della cooperazione doganale 1. In base alle disposizioni del presente accordo, le parti contraenti si adoperano, attraverso le rispettive autorità doganali, al fine di:a) collaborare per la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione, nei limiti delle risorse disponibili, di nuove procedure doganali, la formazione e gli scambi del personale e le altre questioni che possano richiedere un'azione congiunta;b) semplificare, armonizzare e computerizzare le procedure doganali, tenendo conto dei lavori svolti delle organizzazioni internazionali in questo settore.2. La cooperazione doganale prevede:a) scambi di dati professionali, scientifici e tecnici relativi alla legislazione doganale;b) scambi di informazioni sulle azioni di assistenza tecnica intraprese insieme ai paesi terzi al fine di migliorarle.TITOLO III ASSISTENZA RECIPROCA Articolo 4 Portata dell'assistenza 1. In base alle disposizioni del presente accordo, le parti contraenti:a) si prestano reciprocamente assistenza per la corretta applicazione della legislazione doganale, in particolare mediante la prevenzione, l'individuazione e l'esame delle violazioni di detta legislazione;b) si prestano reciprocamente assistenza fornendo, su richiesta, le informazioni necessarie per amministrare e far applicare la legislazione doganale.2. L'assistenza in materia doganale prevista dal presente accordo non pregiudica le norme che disciplinano l'assistenza reciproca in materia penale né copre le informazioni ottenute grazie a poteri esercitati su richiesta dell'autorità giudiziaria salvo accordo di detta autorità.3. L'assistenza prevede altresì:a) scambi di informazioni e di esperienze sull'uso del divieto e delle apparecchiature di rilevamento;b) tecniche applicative, in particolare strumenti tecnici, che potrebbero rivelarsi utili per eliminare le violazioni della legislazione doganale;c) osservazioni e conclusioni derivanti dall'uso delle nuove tecniche applicative.Articolo 5 Assistenza su richiesta 1. Su domanda dell'autorità doganale richiedente, l'autorità doganale interpellata le fornisce tutte le informazioni pertinenti per garantire la corretta applicazione della legislazione doganale, comprese le informazioni riguardanti le operazioni registrate o programmate che violino o possano violare detta legislazione.2. Su domanda dell'autorità doganale richiedente, l'autorità doganale interpellata le comunica se le merci esportate dal territorio di una delle parti contraenti sono state correttamente importate nel territorio dell'altra parte contraente precisando, se del caso, la procedura doganale applicata alle merci.3. Su domanda dell'autorità doganale richiedente, l'autorità doganale interpellata prende le misure necessarie per garantire che siano tenute sotto controllo:a) le persone fisiche o giuridiche in merito alle quali sussistano fondati motivi di ritenere che violino o abbiano violato la legislazione doganale;b) i luoghi dove le merci sono immagazzinate in modo da fare legittimamente supporre che siano destinate ad operazioni contrarie alla legislazione doganale;c) i movimenti di merci per i quali sia stata segnalata la possibilità che diano luogo a infrazioni della legislazione doganale;d) i mezzi di trasporto per i quali vi sono fondati motivi di ritenere che siano stati, siano ovvero possano essere utilizzati per violare la legislazione doganale.Articolo 6 Assistenza spontanea Le parti contraenti si prestano assistenza reciproca, secondo le rispettive leggi, norme e altri strumenti giuridici e qualora lo considerino necessario per la corretta applicazione della legislazione doganale, in particolare allorché ricevono informazioni riguardanti:a) operazioni per le quali sia stata violata, si violi o si possa violare tale legislazione e che possano interessare l'altra parte contraente;b) nuovi mezzi o metodi utilizzati per effettuare dette operazioni;c) merci note per essere soggette a operazioni che violano la legislazione doganale.Articolo 7 Consegna/Notifica Su domanda dell'autorità doganale richiedente, l'autorità doganale interpellata adotta, secondo la propria legislazione, tutte le misure necessarie per- consegnare tutti i documenti e- notificare tutte le decisioniche rientrano nel campo di applicazione del presente accordo ad un destinatario, residente o stabilito sul suo territorio. In tal caso, si applicano le disposizioni dell'articolo 8, paragrafo 3.Articolo 8 Forma e contenuto delle domande di assistenza 1. Le domande eseguite a norma del presente accordo sono presentate per iscritto. Ad esse vengono allegati i documenti necessari al loro espletamento. Qualora l'urgenza della situazione lo richieda, possono essere accettate domande orali le quali, tuttavia, devono essere immediatamente confermate per iscritto.2. Le domande presentate a norma del paragrafo 1 del presente articolo devono contenere le seguenti informazioni:a) l'autorità doganale richiedente che presenta la domanda;b) la misura richiesta;c) l'oggetto e il motivo della domanda;d) le leggi, le norme e gli altri elementi giuridici in questione;e) ragguagli il più possibile esatti ed esaurienti sulle persone fisiche o giuridiche oggetto d'indagine;f) una sintesi dei fatti e delle indagini già svolte, salvo per i casi di cui all'articolo 7.3. Le domande sono presentate in una delle lingue ufficiali dell'autorità doganale interpellata o in una lingua concordata con detta autorità.4. Se la domanda non risponde ai requisiti formali stabiliti può esserne richiesta la correzione o il completamento; tuttavia possono essere disposte misure cautelative.Articolo 9 Accoglimento delle domande 1. Per soddisfare le domande di assistenza l'autorità doganale interpellata procede, in collaborazione con gli altri servizi amministrativi se non può agire direttamente, nell'ambito delle sue competenze e delle risorse disponibili, fornendo le informazioni già in suo possesso, svolgendo adeguate indagini o disponendone l'esecuzione.2. Le domande di assistenza sono accolte in osservanza delle leggi, norme e altri strumenti giuridici della parte contraente interpellata.3. I funzionari debitamente autorizzati di una parte contraente possono, d'intesa con l'altra parte contraente e alle condizioni da questa stabilite, ottenere dagli uffici dell'autorità doganale interpellata o di un'altra autorità, della quale l'autorità doganale interpellata è responsabile, le informazioni sulle violazioni della legislazione doganale che occorrono all'autorità doganale richiedente ai fini del presente accordo.4. I funzionari di una parte contraente possono essere presenti, con l'accordo dell'altra parte contraente e alle condizioni da essa stabilite, alle indagini condotte nel territorio di quest'ultima.Articolo 10 Forma in cui devono essere comunicate le informazioni 1. L'autorità doganale interpellata comunica i risultati delle indagini all'autorità doganale richiedente sotto forma di documenti, copie autenticate di documenti, relazioni o nelle altre forme appropriate per l'accoglimento della domanda.2. I documenti di cui al paragrafo 1 possono essere sostituiti da informazioni computerizzate prodotte in qualsiasi forma per gli stessi fini.Articolo 11 Deroghe all'obbligo di fornire assistenza 1. Le parti contraenti possono rifiutarsi, integralmente o in parte, di prestare l'assistenza prevista nel presente accordo qualora ciò possa:a) pregiudicare la sovranità della Repubblica di Corea o di uno Stato membro della Comunità europea cui è stata chiesta assistenza a norma del presente accordo;b) pregiudicare la sovranità, l'ordine pubblico, la sicurezza o altri interessi essenziali, in particolare nei casi di cui all'articolo 12, paragrafo 2;c) riguardare norme valutarie o fiscali, fuori dall'ambito della legislazione doganale, oppured) violare un segreto industriale, commerciale o professionale.2. Qualora l'autorità doganale richiedente solleciti un'assistenza che non sarebbe in grado di fornire se le venisse richiesto dall'autorità doganale dell'altra parte contraente, fa presente tale circostanza nella sua domanda. Spetta quindi all'autorità doganale interpellata decidere come rispondere a detta domanda.3. Prima di rifiutarsi di fornire assistenza, l'autorità doganale interpellata valuta se non sia possibile farlo alle condizioni da essa giudicate necessarie. Se l'autorità doganale richiedente accetta l'assistenza a queste condizioni, essa si impegna a rispettarle.4. Qualora non sia possibile soddisfare una domanda di assistenza, l'autorità doganale richiedente viene avvertita senza indugio e informata dei motivi del rifiuto di assistenza.Articolo 12 Scambi di informazioni e riservatezza 1. Tutte le informazioni comunicate in qualsiasi forma a norma del presente accordo sono di natura riservata o ristretta, a seconda delle norme applicabili in ciascuna delle parti contraenti. Esse sono coperte dal segreto d'ufficio e tutelate dalle rispettive leggi applicabili nel territorio della parte contraente che le ha ricevute e dalle corrispondenti disposizioni cui debbono conformarsi le istituzioni comunitarie.2. I dati personali possono essere trasmessi solo se la parte contraente che li riceve s'impegna a tutelarli in misura perlomeno equivalente a quella applicabile a quel caso specifico nella parte contraente che li fornisce.3. Le informazioni ottenute possono essere utilizzate solo ai fini del presente accordo e possono essere destinate ad altri scopi da una delle parti contraenti solo previa autorizzazione scritta dell'autorità doganale che le ha fornite, con tutte le restrizioni stabilite da detta autorità.4. Il paragrafo 3 non osta all'uso delle informazioni in azioni giudiziarie o amministrative promosse a seguito della mancata osservanza della legislazione doganale. L'autorità competente che ha fornito le informazioni viene immediatamente avvertita di tale uso.5. Nei verbali, nelle relazioni e nelle testimonianze, nonché nei procedimenti e nelle azioni penali promossi dinanzi a un tribunale, le parti contraenti possono utilizzare come prova le informazioni ottenute e i documenti consultati in base alle disposizioni del presente accordo.Articolo 13 Esperti e testimoni Un funzionario dell'autorità doganale interpellata può essere autorizzato a comparire, nei limiti dell'autorizzazione concessa, in qualità di esperto o di testimone in azioni giudiziarie o amministrative riguardanti le materie di cui al presente accordo nella giurisdizione dell'altra parte contraente e produrre oggetti, documenti ovvero loro copie autenticate che possono occorrere nel procedimento. Nella richiesta di comparizione deve essere specificamente indicato su quale argomento e a quale titoli il funzionario sarà interrogato.Articolo 14 Spese Le parti contraenti rinunciano reciprocamente a tutte le richieste di rimborso delle spese sostenute a norma del presente accordo, escluse, a seconda dei casi, le spese per esperti e testimoni nonché per gli interpreti e traduttori che non dipendono da pubblici servizi.TITOLO IV DISPOSIZIONI FINALI Articolo 15 Comitato misto di cooperazione doganale 1. È istituito un comitato misto di cooperazione doganale composto da rappresentanti della Comunità europea e della Repubblica di Corea. Il comitato si riunisce, alternativamente, a Bruxelles e a Seul secondo le modalità, alla data e con l'ordine del giorno stabiliti di comune accordo.2. Il comitato misto di cooperazione doganale garantisce il corretto funzionamento dell'accordo ed esamina tutte le questioni inerenti alla sua applicazione. A tal fine, esso prevede principalmente a:a) valutare l'andamento della cooperazione doganale a norma del presente accordo e individuare nuovi settori specifici per estendere tale cooperazione;b) scambiare opinioni su tutti i punti di comune interesse riguardanti la cooperazione doganale, comprese le future misure e le relative risorse;c) in generale, raccomandare soluzioni volte al conseguimento degli obiettivi del presente accordo.3. Il comitato misto di cooperazione doganale adotta il proprio regolamento interno.Articolo 16 Esecuzione 1. L'applicazione del presente accordo è affidata ai competenti servizi della Commissione delle Comunità europee e, se del caso, alle autorità doganali degli Stati membri della Comunità europea, da una parte, e ai servizi doganali della Repubblica di Corea, dall'altra. Essi decidono in merito a tutte le misure pratiche e alle disposizioni necessarie per la sua applicazione, tenendo in considerazione le norme in materia di protezione dei dati.2. Le parti contraenti si consultano e si tengono reciprocamente informate in merito alle norme specifiche di esecuzione adottate in base alle disposizioni del presente accordo.Articolo 17 Revisione o modifica Le parti contraenti possono rivedere o modificare, di concerto, il presente accordo in qualsiasi momento.Articolo 18 Applicazione territoriale Il presente accordo si applica, da una parte, ai territori in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea e alle condizioni ivi stabilite e, dall'altra, al territorio della Repubblica di Corea.Articolo 19 Entrata in vigore e durata 1. Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del mese successivo alla data in cui le parti contraenti si notificano reciprocamente l'avvenuto espletamento delle procedure all'uopo necessarie.2. Il presente accordo è concluso per un periodo di cinque anni. Esso è rinnovato tacitamente, di anno in anno, a meno che una delle parti contraenti non lo denunci per iscritto sei mesi prima della data di scadenza.Articolo 20 Testi facenti fede Il presente accordo è redatto in duplice esemplare in lingua danese, finnica, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese, tedesca e coreana, tutti i testi facenti ugualmente fede.In fede di che, i plenipotenziari sottoscritti hanno apposto le loro firme in calce al presente accordo.Fatto in duplice esemplare a Bruxelles, addì dieci aprile millenovecentonovantasette.Per la Comunità europea>RIFERIMENTO A UN FILM>Per la Repubblica di Corea>RIFERIMENTO A UN FILM> | Accordo con la Repubblica di Corea
QUALI SONO GLI SCOPI DELL’ACCORDO E DELLA DECISIONE?
Ai sensi dell’accordo, le parti convengono di offrirsi assistenza reciproca al fine di garantire che la normativa doganale* sia applicata in maniera appropriata.
La decisione conclude l’accordo per conto della Comunità europea (ora Unione europea) con la Corea del Sud.
PUNTI CHIAVE
L’accordo prevede la cooperazione in settori che vanno dalla ricerca, dallo sviluppo e dalla sperimentazione di nuove procedure doganali alla semplificazione, all’armonizzazione e all’informatizzazione di tali procedure.
Le parti si prestano assistenza reciproca per prevenire e indagare sulle violazioni della normativa doganale.
Cooperazione doganale
Le parti accettano di cooperare:nella ricerca, nello sviluppo e nel collaudo di nuove procedure doganali; nella formazione e nello scambio di personale; nella semplificazione, armonizzazione e informatizzazione delle procedure doganali; nello scambio di dati professionali, scientifici e tecnici relativi alla normativa doganale; nello scambio di informazioni sulle azioni intraprese con altri paesi in relazione all’assistenza tecnica. Assistenza amministrativa reciproca
L’accordo prevede 2 tipi di assistenza:assistenza spontanea: le parti contraenti possono fornirsi assistenza reciprocamente di loro iniziativa, qualora lo ritengano necessario per la corretta applicazione della normativa doganale; assistenza a richiesta: l’autorità interpellata* è tenuta a fornire all’autorità richiedente* qualsiasi informazione utile che le consenta di accertare che la normativa doganale è correttamente applicata. Le informazioni possono riguardare violazioni della normativa doganale e procedure irregolari di esportazione e importazione tra le due parti. Sorveglianza speciale: può essere richiesta in tutti i casi sospetti ed è applicabile a ogni persona fisica o giuridica, luogo, movimento di merci o mezzo di trasporto che è o potrebbe essere collegato o utilizzato per perpetrare operazioni contrarie alla normativa doganale. Aspetti formali e deroghe all’obbligo di prestare assistenza
Le richieste di assistenza devono essere:presentate per iscritto, fatta eccezione per casi urgenti in cui possono essere presentate richieste orali, confermate successivamente per iscritto; corredate di tutte le informazioni necessarie per la loro attuazione, comprese: l’autorità interpellata, la misura richiesta, l’oggetto e la motivazione della richiesta, la normativa prevista e la persona fisica o giuridica oggetto dell’indagine. L’autorità interpellata:fornisce le informazioni di cui è già in possesso e svolge le opportune indagini; può rifiutarsi di fornire assistenza nel caso in cui ciò possa pregiudicare la sovranità, l’ordine pubblico, la sicurezza o altri interessi essenziali di una delle parti. La richiesta di fornire assistenza può anche essere rifiutata qualora:violi un segreto industriale, commerciale o professionale; coinvolga regolamentazioni valutarie o fiscali diverse dalla normativa doganale. L’accordo:contiene clausole di riservatezza in relazione alle informazioni fornite. Ai dati personali è riservato un alto livello di tutela. prevede l’istituzione di un comitato misto di cooperazione doganale che garantisce il buon funzionamento dell’accordo ed esamina tutte le questioni derivanti dalla sua applicazione.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
L’accordo è entrato in vigore il 1° maggio 1997.
Le clausole dell’accordo relativo alla reciproca assistenza amministrativa sono state sostituite dal Protocollo relativo all’assistenza amministrativa reciproca nel settore doganale dell’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e la Repubblica di Corea.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, consultare:Corea (Commissione europea). La Repubblica di Corea e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna).
TERMINI CHIAVE
Normativa doganale: qualsiasi legge adottata dall’Unione europea o dalla Corea che disciplini l’importazione, l’esportazione, il transito delle merci e il vincolo a qualsiasi altro regime doganale, comprese le misure di divieto, di restrizione e di controllo.
Autorità interpellata: l’autorità doganale competente che riceve una domanda di assistenza.
Autorità richiedente: l’autorità doganale competente che presenta una domanda di assistenza.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Accordo di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea (GU L 121 del 13.5.1997, pag. 14).
Decisione 97/291/CE del Consiglio, del 26 aprile 1997, relativa alla conclusione dell’Accordo di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea (GU L 121 del 13.5.1997, pag. 13).
Rettifica alla decisione 97/291/CE del Consiglio, del 26 aprile 1997, relativa alla conclusione dell’Accordo di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea (GU L 126 del 17.5.1997, pag. 30).
DOCUMENTI CORRELATI
Protocollo relativo all’assistenza amministrativa reciproca nel settore doganale (GU L 127 del 14.5.2011, pag. 1415).
Decisione 2015/2169 del Consiglio del 1° ottobre 2015 relativa alla conclusione dell’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall’altra (GU L 307 del 25.11.2015, pag. 2).
Informazione relativa all’entrata in vigore dell’accordo di cooperazione e di reciproca assistenza amministrativa nel settore doganale tra la Comunità europea e la Repubblica di Corea (GU L 121 del 13.5.1997, pag. 19). | 6,622 | 517 |
31989L0384 | false | Direttiva 89/384/CEE del Consiglio, del 20 giugno 1989, che fissa le modalità per il controllo del rispetto del punto di refrigerazione del latte crudo previsto all'allegato A della direttiva 85/397/CEE
Gazzetta ufficiale n. L 181 del 28/06/1989 pag. 0050 - 0050 edizione speciale finlandese: capitolo 3 tomo 29 pag. 0189 edizione speciale svedese/ capitolo 3 tomo 29 pag. 0189
*****DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 20 giugno 1989 che fissa le modalità per il controllo del rispetto del punto di refrigerazione del latte crudo previsto all'allegato A della direttiva 85/397/CEE (89/384/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, vista la direttiva 85/397/CEE del Consiglio, del 5 agosto 1985, concernente i problemi sanitari e di polizia sanitaria negli scambi intracomunitari di latte trattato termicamente (1), modificata dal regolamento (CEE) n. 3768/85 (2), e in particolare l'articolo 11, paragrafo 6, vista la proposta della Commissione, considerando che la direttiva 85/397/CEE indica nell'allegato A, capitolo VI, punto D, le norme da rispettare per l'ammissione del latte crudo nell'azienda di trattamento o nel centro di raccolta o di normalizzazione; considerando che, per tener conto delle differenze di raccolta, è necessario precisare a quale stadio può essere effettuato il controllo del punto di refrigerazione in modo che a questa esigenza venga ottemperato uniformemente, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 Gli Stati membri provvedono a che il controllo del punto di refrigerazione del latte crudo di cui al capitolo VI, punto D dell'allegato A della direttiva 85/397/CEE sia effettuato secondo le seguenti modalità: 1) Il latte crudo di ciascuna azienda produttrice deve essere sottoposto a controllo regolare mediante prelievi effettuati per sondaggio. In caso di fornitura diretta del latte da una sola azienda produttrice allo stabilimento di trattamento i prelievi vanno effettuati sia durante l'operazione di raccolta del latte presso l'azienda, purché siano prese precauzioni per impedire frodi durante il trasporto, sia prima dello scarico presso lo stabilimento di trattamento quando il latte è fornito direttamente dal conduttore dell'azienda. Qualora i risultati di un controllo inducano l'autorità competente a sospettare l'aggiunta di acqua al latte, essa preleva presso l'azienda un campione ufficiale. Un campione ufficiale è un campione rappresentativo del latte di una mungitura mattutina o serale totalmente controllata, iniziata non meno di 11 e non più di 13 ore dopo la mungitura precedente. In caso di forniture provenienti da più aziende produttrici i prelievi possono essere effettuati soltanto al momento dell'ammissione del latte crudo nello stabilimento di trattamento o presso il centro di raccolta o di normalizzazione, purché sia comunque effettuato nelle aziende un controllo mediante prelievo di campioni. Qulora dai controlli effettuati risulti un superamento della norma di cui al punto D del capitolo VI dell'allegato A della direttiva 85/397/CEE, vengono effettuati prelievi in tutte le aziende presso le quali è stata fatta la raccolta del latte crudo in questione. Se necessario, l'autorità competente effettua prelievi di campioni ufficiali ai sensi del punto 1), terzo comma. 2) Se i risultati del controllo eliminano il sospetto di aggiunta di acqua il latte crudo può essere utilizzato per la produzione di latte trattato termicamente. Articolo 2 Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1o luglio 1990. Articolo 3 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Lussemburgo, addì 20 giugno 1989. Per il Consiglio Il Presidente C. ROMERO HERRERA (1) GU n. L 226 del 24. 8. 1985, pag. 13. (2) GU n. L 362 del 31. 12. 1985, pag. 8. | Criteri igienici per il latte crudo e trattato termicamente
SINTESI
L’Unione europea (UE) stabilisce criteri igienici per il latte trattato termicamente (latte pastorizzato, UHT o sterilizzato) per gli scambi intra-UE.
CHE COSA FANNO I PRESENTI ATTI?
Direttiva 89/384/CEE
La direttiva descrive le procedure per il controllo del punto di refrigerazione del latte crudo consegnato alle aziende di trattamento o ai centri di raccolta o di normalizzazione. Il latte crudo di ciascuna azienda produttrice deve essere sottoposto a controllo regolare mediante prelievi effettuati per sondaggio.
Qualora i risultati del controllo provino che non vi è stata l’aggiunta di acqua, il latte crudo può essere usato per produrre latte trattato termicamente. In caso contrario, devono essere svolti ulteriori controlli e, qualora i sospetti vengano confermati, il latte non deve essere immesso sul mercato.
Decisione 92/608/CEE
Questa decisione stabilisce i metodi di analisi e di prova del latte trattato termicamente destinato al consumo umano.
Descrive l’applicazione dei metodi di riferimento di analisi e di prova, la fissazione di criteri di attendibilità e la raccolta dei campioni.
I metodi di analisi e di prova per il latte trattato termicamente destinato al consumo umano diretto consistono nel determinare:
—
la materia secca,
—
il tenore di materia grassa,
—
il tenore di materia secca non grassa (ovvero lattosio, proteine, minerali, acidi ed enzimi),
—
il tenore di azoto totale,
—
il tenore proteico,
—
la massa volumica del prodotto.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICANO I PRESENTI ATTI?
Direttiva 89/384/CEE del Consiglio: a decorrere dal 26 giugno 1989.
Decisione 92/608/CEE del Consiglio: a decorrere dal 31 dicembre 1992.
ATTI
Direttiva 89/384/CEE del Consiglio, del 20 giugno 1989, che fissa le modalità per il controllo del rispetto del punto di refrigerazione del latte crudo previsto all’allegato A della direttiva 85/397/CEE (GU L 181 del 28.6.1989, pag. 50)
Decisione 92/608/CEE del Consiglio, del 14 novembre 1992, che stabilisce metodi di analisi e di prova del latte trattato termicamente, destinato al consumo umano diretto (GU L 407 del 31.12.1992, pagg. 29-46)
ATTI COLLEGATI
Regolamento (CE) n. 853/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale (GU L 139 del 30.4.2004, pagg. 55-205)
Le modifiche e le correzioni successive al regolamento (CE) n. 853/2004 sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha solo valore documentale.
Regolamento (CE) n. 1664/2006 della Commissione, del 6 novembre 2006, che modifica il regolamento (CE) n. 2074/2005 per quanto riguarda le misure di attuazione per taluni prodotti di origine animale destinati al consumo umano e che abroga talune misure di attuazione (GU L 320 del 18.11.2006, pagg. 13-45) | 2,395 | 969 |
31987L0357 | false | Direttiva 87/357/CEE del Consiglio del 25 giugno 1987 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri relative ai prodotti che, avendo un aspetto diverso da quello che sono in realtà, compromettono la salute o la sicurezza dei consumatori
Gazzetta ufficiale n. L 192 del 11/07/1987 pag. 0049 - 0050 edizione speciale finlandese: capitolo 15 tomo 7 pag. 0244 edizione speciale svedese/ capitolo 15 tomo 7 pag. 0244
*****DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 25 giugno 1987 concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai prodotti che, avendo un aspetto diverso da quello che sono in realtà, compromettono la salute o la sicurezza dei consumatori (87/357/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 100, vista la proposta della Commissione, visto il parere del Parlamento europeo (1), visto il parere del Comitato economico e sociale (2), considerando che in vari Stati membri esistono disposizioni legislative o regolamentari su taluni prodotti che, avendo un aspetto diverso da quello che sono in realtà, compromettono la sicurezza o la salute dei consumatori; che tali disposizioni differiscono tuttavia, per quanto riguarda il loro contenuto, la loro portata ed il loro campo d'applicazione; che tali disposizioni riguardano in particolare, in taluni Stati membri, l'insieme dei prodotti che assomigliano a prodotti alimentari senza essere tali e che, in altri Stati membri, esse riguardano prodotti particolari suscettibili di essere confusi con prodotti alimentari, in particolare con dolciumi; considerando che tale situazione crea ostacoli notevoli alla libera circolazione dei prodotti e condizioni di concorrenza ineguali all'interno della Comunità e non garantisce una tutela efficace del consumatore, in particolare i bambini; considerando che questi ostacoli all'instaurazione e al funzionamento del mercato comune devono essere eliminati e che deve essere assicurata un'adeguata tutela del consumatore conformemente alle risoluzioni del Consiglio del 14 aprile 1975 e del 19 maggio 1981 relative rispettivamente ad un programma preliminare (3) e a un secondo programma (4) della Comunità economica europea per una politica di protezione e d'informazione dei consumatori, nonché alla risoluzione del Consiglio del 23 giugno 1986 concernente un nuovo impulso per la politica di tutela dei consumatori (5); considerando che è opportuno che la salute e la sicurezza dei consumatori siano oggetto di un eguale livello di tutela nei diversi Stati membri; considerando che occorre pertanto vietare la commercializzazione, l'importazione, la fabbricazione e l'esportazione dei prodotti che possono essere confusi con prodotti alimentari e che quindi compromettono la sicurezza o la salute dei consumatori; considerando che occorre prevedere che le autorità competenti degli Stati membri effettuino controlli; considerando che, conformemente ai principi espressi nelle risoluzioni del Consiglio sulla tutela dei consumatori, i prodotti pericolosi debbono essere ritirati dal mercato; considerando che occorre prevedere la possibilità di procedere a scambi di opinioni sulle misure di divieto o di ritiro prese dagli Stati membri al fine di assicurare un'applicazione uniforme nella Comunità dei principi della presente direttiva ed a un esame delle suddette misure; che tali scambi di opinioni e tale esame possono svolgersi in seno al comitato consultivo istituito nella decisione 84/133/CEE (6); considerando che, nella prospettiva forse necessaria dell'estensione del campo d'applicazione della presente direttiva alle limitazioni pericolose diverse dalle imitazioni di prodotti alimentari e per valutare e rivedere le procedure stabilite nella presente direttiva, è opportuno prevedere che il Consiglio, due anni dopo la messa in applicazione di detto atto, deliberi in merito ad un eventuale adeguamento delle disposizioni della presente direttiva in base ad una relazione della Commissione sull'esperienza acquisita, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: Articolo 1 1. La presente direttiva si applica ai prodotti definiti nel paragrafo 2 che, avendo un aspetto diverso da quello che sono in realtà, compromettono la sicurezza o la salute dei consumatori. 2. I prodotti di cui al paragrafo 1 sono quelli che, pur non essendo prodotti alimentari, hanno forma, odore, aspetto, imballaggio, etichettatura, volume o dimensioni tali da far prevedere che i consumatori, soprattutto i bambini, li possono confondere con prodotti alimentari e pertanto li portino alla bocca, li succhino o li ingeriscano con conseguente rischio di soffocamento, intossicazione, perforazione o ostruzione del tubo digerente. Articolo 2 Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie perché sia vietata la commercializzazione, l'importazione, la fabbricazione e l'esportazione dei prodotti di cui alla presente direttiva. Articolo 3 Gli Stati membri effettuano inoltre controlli sui prodotti presenti sul mercato per verificare che i prodotti oggetto della presente direttiva non vengano commercializzati e prendono le misure opportune affinché le rispettive autorità competenti ritirino o facciano ritirare i prodotti oggetto della presente direttiva che si trovino sul rispettivo mercato. Articolo 4 1. Se uno Stato membro prende una misura specifica in virtù degli articoli 2 e 3, esso ne informa la Commissione. Esso fornisce una descrizione del prodotto in questione ed indica il motivo della sua decisione. Se l'informazione relativa al prodotto è già prescritta in virtù della decisione 84/133/CEE, la presente direttiva non impone nessuna altra comunicazione. La Commissione trasmette quanto prima le informazioni agli altri Stati membri. 2. Il comitato istituito dalla decisione 84/133/CEE può essere adito dalla Commissione o da uno Stato membro per uno scambio di opinioni sui problemi relativi all'applicazione della presente direttiva. Articolo 5 Due anni dopo la data indicata all'articolo 6, il Consiglio, in base ad una relazione della Commissione sull'esperienza acquisita, corredata di adeguate proposte, delibera in merito all'eventuale adeguamento della presente direttiva, in particolare per estenderne il campo d'applicazione alle limitazioni pericolose, diverse dalle limitazioni di prodotti alimentari, nonché in merito all'eventuale revisione delle procedure previste all'articolo 4. Articolo 6 1. Gli Stati membri prendono le misure necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 26 giugno 1989 (due anni dopo l'adozione della presente direttiva). Essi ne informano immediatamente la Commissione. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo di tutte le disposizioni di diritto interno da essi adottate nel settore disciplinato dalla presente direttiva. Articolo 7 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Lussemburgo, addì 25 giugno 1987. Per il Consiglio Il Presidente H. DE CROO (1) GU n. C 156 del 15. 6. 1987. (2) GU n. C 150 del 9. 6. 1987, pag. 1. (3) GU n. C 92 del 25. 4. 1975, pag. 1. (4) GU n. C 133 del 3. 6. 1981, pag. 1. (5) GU n. C 167 del 5. 7. 1986, pag. 1. (6) GU n. L 70 del 13. 3. 1984, pag. 16. | Prodotti pericolosi simili a prodotti alimentari: garantire la sicurezza dei consumatori
CHE COSA FA LA DIRETTIVA?
La direttiva si applica a tutti i prodotti non commestibili, quali cosmetici e prodotti detergenti per la casa, che per forma, odore, colore, aspetto, imballaggio, etichettatura o dimensione possono somigliare ad un prodotto alimentare. I bambini sono particolarmente vulnerabili e potrebbero provare a ingerirli.
PUNTI CHIAVE
I paesi dell’UE devono:
adottare tutte le misure necessarie per vietare la commercializzazione, l’importazione, l’esportazione e la fabbricazione di tutti i prodotti che rientrano nella direttiva;
effettuare controlli per garantire che non venga commercializzato nessun prodotto di questo tipo sul loro territorio;
ritirare tutti i prodotti pericolosi immessi sul mercato e comunicare alla Commissione europea il prodotto e la ragione della decisione.
La Commissione deve informare tutti i governi dei paesi dell’UE della decisione il più rapidamente possibile.
Entro il 26 giugno 1989, sulla base di una relazione della Commissione sull’attuazione della normativa, i governi dell’UE hanno dovuto decidere se la direttiva avrebbe dovuto essere estesa ad altri prodotti pericolosi.
Il 3 dicembre 2001 i governi dell’UE e il Parlamento europeo hanno concordato la legislazione in materia di sicurezza generale dei prodotti, che impone ai fabbricanti di garantire la sicurezza dei propri prodotti prima di commercializzarli.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
È in vigore dal 26 giugno 1987. I paesi dell’UE dovevano integrarla nella legislazione nazionale entro il 26 giugno 1989.
CONTESTO
In un parere adottato nel marzo 2011, il comitato scientifico della sicurezza dei consumatori ha rilevato che il rischio di intossicazione acuta per i bambini o gli anziani che ingeriscono accidentalmente cosmetici è lieve. Per quanto riguarda i prodotti per la casa, si riscontra un lieve aumento di conseguenze più gravi. Inoltre, mancano dati specifici relativi all’ingestione accidentale di prodotti di consumo simili a prodotti alimentari e/o aventi proprietà che possano attrarre i bambini.
ATTO
Direttiva 87/357/CEE del Consiglio, del 25 giugno 1987, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai prodotti che, avendo un aspetto diverso da quello che sono in realtà, compromettono la salute o la sicurezza dei consumatori (GU L 192 dell’11.7.1987, pag. 49-50)
ATTI COLLEGATI
Direttiva 2001/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 dicembre 2001, relativa alla sicurezza generale dei prodotti (GU L 11 del 15.1.2002, pag. 4-17)
Le successive modifiche alla direttiva 2001/95/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. | 3,117 | 938 |
32000D0057 | false | 2000/57/CE: Decisione della Commissione, del 22 dicembre 1999, sul sistema di allarme rapido e di reazione per la prevenzione e il controllo delle malattie trasmissibili, previsto dalla decisione n. 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio [notificata con il numero C(1999) 4016]
Gazzetta ufficiale n. L 021 del 26/01/2000 pag. 0032 - 0035
DECISIONE DELLA COMMISSIONEdel 22 dicembre 1999sul sistema di allarme rapido e di reazione per la prevenzione e il controllo delle malattie trasmissibili, previsto dalla decisione n. 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio[notificata con il numero C(1999) 4016](2000/57/CE)LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,visto il trattato che istituisce la Comunità europea,vista la decisione n. 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 settembre 1998, che istituisce una rete di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili nella Comunità(1), in particolare l'articolo 1 e l'articolo 7,considerando quanto segue:(1) Secondo la decisione n. 2119/98/CE, occorre istituire una rete comunitaria per promuovere la cooperazione e il coordinamento tra gli Stati membri, con l'assistenza della Commissione, al fine di migliorare la prevenzione e il controllo nella Comunità delle categorie di malattie trasmissibili indicate nell'allegato di detta decisione. Tale rete deve essere usata per la sorveglianza epidemiologica di dette malattie e per un sistema di allarme rapido e di reazione.(2) Le malattie e i problemi sanitari speciali da assoggettare al sistema comunitario di allarme rapido e di reazione deve rispecchiare le esigenze attuali della Comunità, in particolare il valore aggiunto rappresentato da una reazione a livello comunitario.(3) Il sistema di allarme rapido e di reazione deve affrontare le questioni sollevate dalle competenti autorità sanitarie pubbliche in ciascuno Stato membro, oppure messe in evidenza su dati raccolti a norma dell'articolo 4 della decisione n. 2119/98/CE.(4) La presente decisione deve agevolare l'integrazione di questa rete comunitaria con altre reti di allarme rapido istituite a livello nazionale e comunitario, per malattie e settori speciali coperti dal sistema di allarme rapido e di reazione. Di conseguenza, ai fini della sua esecuzione, la rete comunitaria deve operare in primo luogo tramite il sistema EUPHIN-HSSCD (sistema di sorveglianza sanitaria per le malattie trasmissibili nell'ambito della rete europea d'informazione sanitaria pubblica), il quale consiste di tre componenti:a) un sistema di allarme rapido e di reazione per casi di minacce specificate al pubblico, trasmessi dalle competenti autorità sanitarie pubbliche di ciascuno Stato membro, responsabili della decisione delle misure che possono essere necessarie per la protezione della sanità pubblica;b) scambio di informazioni tra strutture riconosciute ed autorità degli Stati membri competenti per la sanità pubblica;c) reti specifiche per malattie selezionate per la sorveglianza epidemiologica, composte di strutture riconosciute e autorità degli Stati membri.(5) Lo sviluppo di nuove tecnologie utili deve essere seguito regolarmente, tenendone conto per il miglioramento del sistema operativo EUPHIN-HSSCD.(6) Le misure di cui alla presente decisione sono conformi al parere del comitato istituito dall'articolo 7 della decisione n. 2119/98/CE,HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:Articolo 11. Il sistema di allarme rapido e di reazione della rete comunitaria è riservato ai casi di cui all'allegato I (in prosieguo: "i casi"), o alle indicazioni dei medesimi, i quali, da soli o in associazione con altri casi simili, rappresentano una minaccia reale o potenziale per la sanità pubblica.2. Le strutture o autorità in ciascuno Stato membro raccolgono e si scambiano tutte le informazioni necessarie relative ai casi, ad esempio attraverso il sistema nazionale di sorveglianza, l'elemento di sorveglianza epidemiologica della rete comunitaria o qualsiasi altro sistema comunitario di raccolta.Articolo 21. Le procedure di scambio di informazioni indicanti un caso sono descritte nell'allegato II, sezione 1 (livello 1: scambio d'informazioni).2. Le procedure da seguire qualora un caso rappresenti una minaccia sanitaria potenziale o reale sono descritti nell'allegato II, sezione 2 (livello 2: minaccia potenziale) e sezione 3 (livello 3: minaccia reale).3. Le procedure da seguire per la fornitura di informazioni al pubblico in generale e degli addetti interessati sono descritte nell'allegato II, sezione 4.Articolo 31. Ogni anno, entro il 31 marzo, le autorità competenti degli Stati membri presentano alla Commissione un rapporto analitico sui casi intervenuti e sulle procedure applicate nell'ambito del sistema di allarme rapido e di reazione. Inoltre le autorità competenti degli Stati membri possono presentare rapporti specifici sui casi di particolare rilevanza.2. La Commissione, sulla base dei rapporti, esamina l'esercizio del sistema di allarme rapido e di reazione in un rapporto annuale, e, se del caso, propone modificazioni.Articolo 4La presente decisione ha effetto a decorrere dal 1o gennaio 2000.Articolo 5Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.Fatto a Bruxelles, il 22 dicembre 1999.Per la CommissioneDavid BYRNEMembro della Commissione(1) GU L 268 del 3.10.1998, pag. 1.ALLEGATO ICasi da riferire nel quadro del sistema di allarme rapido e di reazione1. Focolai di malattie trasmissibili che interessano più di uno Stato membro della Comunità.2. Aggregazioni spaziali o temporali di casi di malattie di tipo analogo, se agenti patogeni ne sono una possibile causa ed esiste un rischio di propagazione tra Stati membri della Comunità.3. Aggregazioni spaziali o temporali di casi di malattie di tipo analogo fuori della Comunità, se agenti patogeni ne sono una possibile causa ed esiste un rischio di propagazione alla Comunità.4. L'insorgere o il risorgere di una malattia trasmissibile o di un agente infettivo che potrebbe imporre un'azione coordinata e tempestiva della Comunità per contenerlo.ALLEGATO IIProcedure di informazione, consulenza e cooperazione nel quadro del sistema di allarme rapido e di reazione1. Livello di attivazione 1: scambio d'informazioni1) Qualora informazioni raccolte in uno o più Stati membri o provenienti da altre fonti riconosciute indichino la probabilità dell'insorgere di un caso, l'autorità preposta alla determinazione di misure volte a tutelare la sanità pubblica in ciascuno Stato membro interessato fornisce senza indugio, tramite la rete, informazioni sulle circostanze e il quadro generale alle sue controparti in altri Stati membri e alla Commissione. Una volta ricevute dette informazioni, le autorità competenti degli Stati membri interessati si pronunciano riguardo alla necessità di azioni da parte di altri Stati membri o di azioni comunitarie coordinate con l'assistenza della Commissione.2) La Commissione e gli Stati membri interessati provvedono a un tempestivo scambio reciproco delle informazioni ricevute, e tengono aggiornati altri Stati membri.3) Le autorità sanitarie pubbliche competenti dello(gli) Stato(i) membro(i) interessato(i) provvedono senza indugio, in collaborazione con le strutture e/o autorità, a valutare le informazioni raccolte, al fine di accertare se sussista un caso implicante una minaccia alla sanità pubblica.4) La Commissione può convocare una riunione straordinaria del comitato di rete o di esperti proposti dal comitato, al fine di assicurare la trasparenza e l'efficacia di qualsiasi eventuale azione.2. Livello di attivazione 2: minaccia potenzialeQualora le informazioni riguardo a un caso o le indicazioni relative a un simile evento indichino una potenziale minaccia per la sanità pubblica, le competenti autorità sanitarie pubbliche dello(gli) Stato(i) membro(i) interessato(i) informano senza indugio le loro controparti in altri Stati membri e la Commissione sulla natura e la portata della minaccia potenziale nonché sulle misure che intendono prendere autonomamente o in associazione con altri Stati membri interessati, con la Commissione, o con altri soggetti.2.1. Verifica e valutazioneLe autorità sanitarie pubbliche competenti dello(gli) Stato(i) membro(i) interessato(i) provvedono senza indugio, in collaborazione con le strutture e/o autorità, a valutare le informazioni raccolte, al fine di accertare se sussista un caso implicante una minaccia alla sanità pubblica.Per qualsiasi ulteriore indagine negli Stati membri saranno disponibili forme di assistenza tecnica quali consulenze epidemiologiche in loco, strutture di laboratorio e altre consulenze indispensabili. Esse saranno assicurate dalla Comunità o da singoli Stati membri, su richiesta da parte dello Stato membro interessato.La Commissione fornirà la propria assistenza per il coordinamento delle misure precauzionali volte ad affrontare qualsiasi possibile minaccia per la sanità pubblica.La Commissione può convocare una riunione straordinaria del comitato di rete o di esperti proposti dal comitato, al fine di coordinare le azioni necessarie.2.2. DeattivazioneQualora la valutazione finale dei rischi concluda che non si è sviluppata una minaccia alla sanità pubblica, e qualora non sia necessaria nessuna azione ad eccezione di quelle locali, le competenti autorità sanitarie pubbliche in ciascuno Stato membro interessato comunicano senza indugio alle loro controparti negli altri Stati membri e alla Commissione la natura e la portata delle misure che hanno preso o intendono prendere.Qualora entro tre giorni non vi siano obiezioni da parte di altri Stati membri o della Commissione, non è necessaria alcuna ulteriore azione nel quadro del sistema di allarme rapido e di reazione.3. Livello di attivazione 3: minaccia realeQualora un caso risulti una minaccia per la sanità pubblica, le competenti autorità sanitarie pubbliche dello(gli) Stato(i) membro(i) interessato(i) comunicano senza indugio alle loro controparti negli altri Stati membri e alla Commissione la natura e la portata della minaccia potenziale e le misure che intendono prendere autonomamente o in associazione con altri Stati membri interessati, con la Commissione, o con altri soggetti.3.1. Coordinamento delle misureLe competenti autorità sanitarie pubbliche nello(gli) Stato(i) membro(i) interessato(i) comunicano senza indugio agli altri Stati membri e alla Commissione i progressi effettuati e i risultati delle misure adottate.Gli Stati membri e la Commissione coordinano le ulteriori misure da prendere a livello comunitario conformemente agli articoli 3 e 6 della decisione n. 2119/98/CE.La Commissione assiste gli Stati membri nel coordinamento degli sforzi volti ad affrontare la minaccia per la sanità pubblica e ad assicurare la protezione della popolazione.La Commissione può convocare una riunione straordinaria del comitato di rete o di delegati nominati dal comitato, al fine di coordinare le azioni.3.2. DeattivazioneIl sistema viene disattivato previo accordo degli Stati membri interessati, che ne informano gli altri Stati membri e la Commissione.4. Informazioni al pubblico generale e agli operatori interessatiQualora si verifichi un caso, gli Stati membri trasmettono senza indugio materiali informativi appropriati agli addetti interessati e al pubblico in generale e li informano sulle misure adottate.La Commissione e gli Stati membri informano gli addetti interessati e il pubblico in generale su tutti gli orientamenti concordati a livello comunitario e comunicano loro senza indugio l'avvenuta cessazione della minaccia per la sanità pubblica. | Sistema di allerta precoce e di reazione per la prevenzione e il controllo delle malattie trasmissibili
Il sistema di allarme rapido e di reazione è un elemento della rete generale di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili istituita nella Comunità nel 1998. Il presente regolamento prevede l’utilizzo del sistema solo nei casi che rappresentano una minaccia sanitaria potenziale a livello comunitario. Stabilisce inoltre le procedure che regolano il funzionamento del sistema. Le disposizioni di questo regolamento garantiscono la protezione dei dati personali quando la ricerca di contatti viene effettuata su scala europea.
ATTO
Decisione 2000/57/CE della Commissione, del 22 dicembre 1999, sul sistema di allarme rapido e di reazione per la prevenzione e il controllo delle malattie trasmissibili, previsto dalla decisione n. 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio [Gazzetta ufficiale L 21 del 26.1.2000] [Cfr. atti modificativi].
SINTESI
CASI DA RIFERIRE
Il sistema di allarme rapido e di reazione (EWRS) della rete comunitaria è riservato ai casi di portata comunitaria, o alle indicazioni dei medesimi, i quali rappresentano una minaccia reale o potenziale per la sanità pubblica. Gli Stati membri notificano tali casi, poi raccolgono e si scambiano tutte le informazioni necessarie relative a questi casi. Il campo d’applicazione dell’EWRS comprende anche la notifica e il coordinamento delle contromisure progettate o adottate per rispondere ai casi che rappresentano una minaccia sanitaria. Il coordinamento fra gli Stati membri avviene con l’assistenza della Commissione.
I casi di malattie trasmissibili e le misure sanitarie prese per porvi rimedio devono essere notificati contemporaneamente all'EWRS e all'Organizzazione mondiale della sanità (OMS)(EN) se costituiscono un’emergenza di portata internazionale in virtù del regolamento sanitario internazionale (RSI 2005).
I casi da riferire nel quadro del sistema di allarme rapido e di reazione sono i seguenti:
focolai di malattie trasmissibili che interessano più di uno Stato membro della Comunità;
aggregazioni spaziali o temporali di malattie di tipo analogo, se agenti patogeni ne sono una possibile causa ed esiste un rischio di propagazione tra Stati membri della Comunità;
aggregazioni spaziali o temporali di casi di malattie di tipo analogo fuori della Comunità, se agenti patogeni ne sono una possibile causa ed esiste un rischio di propagazione alla Comunità;
l’insorgere o il risorgere di una malattia trasmissibile o di un agente infettivo che potrebbe imporre un’azione coordinata e tempestiva della Comunità per contenerlo;
manifestazioni patologiche o eventi che creano un rischio di malattia trasmissibile e misure associate, riferiti all’OMS conformemente all’RSI 2005.
Le autorità competenti di ciascuno Stato membro raccolgono e si scambiano tutte le informazioni necessarie relative ai casi, a tutte le misure progettate o adottate per rimediarvi o alle indicazioni di tali casi, ad esempio attraverso il sistema nazionale di sorveglianza o l’elemento di sorveglianza epidemiologica della rete comunitaria.
RICERCA DI CONTATTI
Quando le autorità competenti degli Stati membri attuano misure allo scopo di rintracciare persone che sono state esposte ad una fonte di agenti infettivi e che corrono potenzialmente il rischio di sviluppare, o che hanno sviluppato, una malattia trasmissibile di rilevanza comunitaria («ricerca di contatti»), vengono talvolta scambiati in seno all’EWRS dati personali. Per lo scambio dei dati personali, gli Stati membri coinvolti nella ricerca di contatti devono imperativamente utilizzare un canale di comunicazione selettivo. Questo canale di comunicazione assicura garanzie adeguate alla comunicazione dei dati di carattere personale nel quadro dell’EWRS e dovrebbe assicurare che circolino solo i dati personali adeguati, pertinenti e non eccessivi nel quadro dell’EWRS. Per la ricerca di contatti è stato specificamente compilato un elenco indicativo dei dati personali. L’elenco include informazioni:
sul viaggiatore;
sugli accompagnatori;
sui recapiti delle persone da contattare in caso di emergenza.
Fa fede in questo caso la legislazione europea sulla protezione dei dati personali (direttiva 96/45/CE e regolamento 45/2001/CE).
PROCEDURE
La decisione prevede procedure d’informazione, consulenza e cooperazione fra gli Stati membri da un lato, e con la Commissione. Tali procedure si applicano a tre livelli:
Livello di attivazione 1: scambio d’informazioni
Il livello di attivazione 1 si applica quando informazioni raccolte a livello nazionale indicano la probabilità dell’insorgere di un caso che minaccia la salute. In questo caso, devono intercorrere scambi rapidi di informazioni fra la Commissione e gli Stati membri interessati. Le informazioni raccolte devono essere valutate senza indugio dalle autorità sanitarie nazionali competenti.
Livello di attivazione 2: minaccia potenziale
In caso di minaccia potenziale per la sanità pubblica devono essere adottate procedure di informazione, consulenza e cooperazione analoghe. Sono previste fasi di verifica e valutazione delle informazioni e di deattivazione del sistema.
Livello di attivazione 3: minaccia reale
Nel caso di una minaccia reale, le autorità sanitarie interessate comunicano senza indugio alle loro controparti negli altri Stati membri e alla Commissione la natura e la portata della minaccia potenziale e le misure che intendono prendere autonomamente o in associazione con altri Stati membri.
Coordinamento delle misure
Le autorità sanitarie interessate comunicano senza indugio agli altri Stati membri e alla Commissione i progressi effettuati e i risultati delle misure adottate. Gli Stati membri e la Commissione possono adottare ulteriori misure da prendere a livello comunitario. La Commissione assiste gli Stati membri nel coordinamento degli sforzi volti ad affrontare la minaccia per la sanità pubblica e ad assicurare la protezione della popolazione.
Deattivazione
Il sistema viene disattivato previo accordo degli Stati membri interessati, che ne informano gli altri Stati membri e la Commissione.
Informazioni al pubblico generale e agli operatori interessati
Qualora si verifichi un caso, gli Stati membri trasmettono senza indugio materiali informativi appropriati agli addetti interessati e al pubblico in generale e li informano sulle misure adottate.
Riferimenti
Atto
Entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Decisione 2000/57/CE
23.12.1999
-
GU L 21 del 26.1.2000
Atto(i) modificatore(i)
Entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Decisione 351/2008/CE
1.5.2008
-
GU L 117 dell’1.5.2008
Decisione 2009/547/CE
-
-
GU L 181 del 14.7.2009
ATTI COLLEGATI
Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo Funzionamento del sistema di allarme rapido e di reazione (EWRS) della rete di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili nella Comunità durante il 2006 e il 2007 (decisione 2000/57/CE) (Testo rilevante ai fini del SEE) [COM(2009) 228 def. – Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, del 20 marzo 2007, sul funzionamento durante il 2004 ed il 2005 del sistema di allarme rapido e di reazione (SARR) della rete comunitaria di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili (Decisione 2000/57/CE) [COM(2007) 121 def. – Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo del 29 marzo 2005 – Relazione sul funzionamento del sistema di allarme rapido e di reazione della rete comunitaria di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili (decisione 2000/57/CE) nel 2002 e 2003 [COM(2005) 104 def. – Non pubblicata nella Gazzetta ufficiale].
Decisione n. 2119/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 settembre 1998, che istituisce una rete di sorveglianza epidemiologica e di controllo delle malattie trasmissibili nella Comunità.
See also
Per maggiori informazioni si rimanda al sito «Sanità pubblica» (EN) della Commissione europea. | 6,016 | 876 |
31991L0271 | false | Direttiva 91/271/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1991, concernente il trattamento delle acque reflue urbane
Gazzetta ufficiale n. L 135 del 30/05/1991 pag. 0040 - 0052 edizione speciale finlandese: capitolo 15 tomo 10 pag. 0093 edizione speciale svedese/ capitolo 15 tomo 10 pag. 0093 edizione speciale in lingua ceca capitolo 15 tomo 02 pag. 26 - 38 edizione speciale in lingua estone capitolo 15 tomo 02 pag. 26 - 38 edizione speciale in lingua ungherese capitolo 15 tomo 02 pag. 26 - 38 edizione speciale in lingua lituana capitolo 15 tomo 02 pag. 26 - 38 edizione speciale in lingua lettone capitolo 15 tomo 02 pag. 26 - 38 edizione speciale in lingua maltese capitolo 15 tomo 02 pag. 26 - 38 edizione speciale in lingua polacca capitolo 15 tomo 02 pag. 26 - 38 edizione speciale in lingua slovacca capitolo 15 tomo 02 pag. 26 - 38 edizione speciale in lingua slovena capitolo 15 tomo 02 pag. 26 - 38
DIRETTIVA DEL CONSIGLIOdel 21 maggio 1991concernente il trattamento delle acque reflue urbane(91/271/CEE)IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE,visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 130 S,vista la proposta della Commissione [1],visto il parere del Parlamento europeo [2],visto il parere del Comitato economico e sociale [3],considerando che nella risoluzione del Consiglio, del 28 giugno 1988, sulla protezione del Mare del Nord e di altre acque della Comunità [4], il Consiglio ha invitato la Commissione a presentare proposte relative a misure necessarie a livello comunitario per quanto riguarda il trattamento delle acque reflue urbane;considerando che l'inquinamento dovuto ad un trattamento insufficiente delle acque reflue in uno Stato membro ha spesso ripercussioni sulle acque di altri Stati membri; che, in conformità dell'articolo 130 R, è necessaria un'azione a livello della Comunità;considerando che, per evitare ripercussioni negative sull'ambiente, dovute allo scarico di acque reflue urbane trattate in modo insufficiente, occorre, su un piano generale, sottoporre tali acque a trattamento secondario;considerando che nelle aree sensibili occorre prevedere un trattamento più spinto e che in ambienti meno sensibili si potrebbe invece ritenere sufficiente il trattamento primario;considerando che le acque reflue industriali che confluiscono in reti fognarie e lo smaltimento di acque reflue e fanghi provenienti da impianti di trattamento delle acque reflue urbane dovrebbero essere soggetti a norme generali o regolamentazioni e/o autorizzazioni specifiche;considerando che gli scarichi provenienti da taluni settori industriali di acque reflue industriali biodegradabili non addotte ad impianti di trattamento delle acque reflue urbane prima dello scarico nelle acque recipienti dovrebbero essere soggetti a determinati requisiti;considerando che si dovrebbe promuovere il riciclaggio dei fanghi provenienti dal trattamento delle acque reflue e che lo smaltimento di fanghi nelle acque superficiali dovrebbe gradualmente cessare;considerando che occorre effettuare controlli sugli impianti di trattamento, sulle acque recipienti e sullo smaltimento dei fanghi, al fine di garantire la protezione dell'ambiente dalle conseguenze negative dello scarico di acque reflue;considerando che è importante assicurare che il pubblico venga informato mediante relazioni periodiche in merito allo smaltimento delle acque reflue urbane e dei fanghi;considerando che gli Stati membri dovrebbero elaborare e presentare alla Commissione programmi nazionali per l'applicazione della presente direttiva;considerando che dovrebbe essere istituito un comitato per assistere la Commissione per quanto concerne l'applicazione della presente direttiva e il suo adeguamento al progresso tecnico,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1La presente direttiva concerne la raccolta, il trattamento e lo scarico delle acque reflue urbane, nonché il trattamento e lo scarico delle acque reflue originate da taluni settori industriali.Essa ha lo scopo di proteggere l'ambiente dalle ripercussioni negative provocate dai summenzionati scarichi di acque reflue.Articolo 2Ai fini della presente direttiva si intende per:1) "Acque reflue urbane": acque reflue domestiche o il miscuglio di acque reflue domestiche, acque reflue industriali e/o acque meteoriche di dilavamento.2) "Acque reflue domestiche": acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche.3) "Acque reflue industriali": qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici in cui si svolgono attività commerciali o industriali, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento.4) "Agglomerato": area in cui la popolazione e/o le attività economiche sono sufficientemente concentrate così da rendere possibile la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane verso un impianto di trattamento di acque reflue urbane o verso un punto di scarico finale.5) "Rete fognaria": un sistema di condotte per la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane.6) "1 a.e. (abitante equivalente)": il carico organico biodegradabile, avente una richiesta biochimica di ossigeno a 5 giorni (BOD5) di 60 g di ossigeno al giorno.7) "Trattamento primario": il trattamento delle acque reflue urbane mediante un processo fisico e/o chimico che comporti la sedimentazione dei solidi sospesi, ovvero mediante altri processi a seguito dei quali il BOD 5 delle acque reflue in arrivo sia ridotto almeno del 20 % prima dello scarico e i solidi sospesi totali delle acque reflue in arrivo siano ridotti almeno del 50 %.8) "Trattamento secondario": trattamento delle acque reflue urbane mediante un processo che in genere comporta il trattamento biologico con sedimentazioni secondarie, o un altro processo in cui vengano rispettati i requisiti stabiliti nella tabella 1 dell'allegato I.9) "Trattamento appropriato": il trattamento delle acque reflue urbane mediante un processo e/o un sistema di smaltimento che dopo lo scarico garantisca la conformità delle acque recipienti ai relativi obiettivi di qualità e alle relative disposizioni della presente direttiva e di altre direttive comunitarie pertinenti.10) "Fanghi": i fanghi residui, trattati o non trattati, provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane.11) "Eutrofizzazione": l'arricchimento delle acque in nutrienti, in particolar modo composti dell'azoto e/o del fosforo, che provoca una proliferazione di alghe e di forme superiori di vita vegetale, producendo una indesiderata perturbazione dell'equilibrio degli organismi presenti nell'acqua e della qualità delle acque interessate.12) "Estuario": l'area di transizione tra le acque dolci e le acque costiere alla foce di un fiume. Gli Stati membri definiscono i limiti esterni (verso il mare) degli estuari ai fini della presente direttiva come parte del programma di applicazione di questa conformemente alle disposizioni dell'articolo 17, paragrafi 1 e 2.13) "Acque costiere": le acque al di fuori della linea di bassa marea o del limite esterno di un estuario.Articolo 31. Gli Stati membri provvedono affinché tutti gli agglomerati siano provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane,- entro il 31 dicembre 2000 per quelli con un numero di abitanti equivalenti (a.e.) superiore a 15000 e- entro il 31 dicembre 2005 per quelli con numero di a.e. compreso tra 2000 e 15000.Per le acque reflue urbane che si immettono in acque recipienti considerate "aree sensibili" ai sensi della definizione di cui all'articolo 5, gli Stati membri garantiscono che gli agglomerati con oltre 10000 a.e. siano provvisti di reti fognarie al più tardi entro il 31 dicembre 1998.Laddove la realizzazione di una rete fognaria non sia giustificata o perché non presenterebbe vantaggi dal punto di vista ambientale o perché comporterebbe costi eccessivi, occorrerà avvalersi di sistemi individuali o di altri sistemi adeguati che raggiungano lo stesso livello di protezione ambientale.2. Le reti fognarie di cui al paragrafo 1 devono rispondere ai requisiti dell'allegato I A. Tali requisiti possono essere modificati secondo la procedura prevista all'articolo 18.Articolo 21. Gli Stati membri provvedono affinché le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente, secondo le seguenti modalità:- al più tardi entro il 31 dicembre 2000 per tutti gli scarichi provenienti da agglomerati con oltre 15000 a.e.;- entro il 31 dicembre 2005 per tutti gli scarichi provenienti da agglomerati con un numero di a.e. compreso tra 10000 e 15000;- entro il 31 dicembre 2 005 per gli scarichi in acque dolci ed estuari provenienti da agglomerati con un numero di a.e. compreso tra 2000e 10000.2. Gli scarichi di acque reflue urbane in acque situate in regioni d'alta montagna (al di sopra dei 1500 m sul livello del mare), dove, a causa delle basse temperature, è difficile effettuare un trattamento biologico efficace, possono essere sottoposti ad un trattamento meno spinto di quello previsto al paragrafo 1, purché studi dettagliati comprovino che essi non avranno ripercussioni negative sull'ambiente.3. Gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane descritti ai paragrafi 1 e 2 devono soddisfare ai requisiti previsti all'allegato I B. Tali requisiti possono essere modificati conformemente alla procedura prevista all'articolo 18.4. Il carico espresso in a.e. va calcolato sulla base del carico medio settimanale massimo in ingresso all'impianto di trattamento nel corso dell'anno escludendo situazioni inconsuete, quali quelle dovute a piogge abbondanti.Articolo 51. Per conseguire gli scopi di cui al paragrafo 2, gli Stati membri individuano, entro il 31 dicembre 1993, le aree sensibili secondo i criteri stabiliti nell'allegato II.2. Gli Stati membri provvedono affinché le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico in aree sensibili, ad un trattamento più spinto di quello descritto all'articolo 4 al più tardi entro il 31 dicembre 1998 per tutti gli scarichi provenienti da agglomerati con oltre 10000 a.e.3. Gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane descritti al paragrafo 2 devono soddisfare ai pertinenti requisiti previsti dall'allegato I B. Tali requisiti possono essere modificati secondo la procedura prevista all'articolo 18.4. In alternativa, i requisiti stabiliti ai paragrafi 2 e 3 per i singoli impianti non necessitano di applicazione nelle aree sensibili in cui può essere dimostrato che la percentuale minima di riduzione del carico complessivo in ingresso a tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane in quella determinata area è pari almeno al 75 % per il fosforo totale e almeno al 75 % per l'azoto totale.5. Gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane situati all'interno dei bacini drenanti in aree sensibili e che contribuiscono all'inquinamento di tali aree, sono soggetti ai paragrafi 2, 3 e 4.Qualora i suddetti bacini drenanti siano situati, totalmente o parzialmente, in un altro Stato membro si applica l'articolo 9.6. Gli Stati membri provvedono affinché si proceda alla reidentificazione delle aree sensibili ad intervalli non superiori ai quattro anni.7. Gli Stati membri provvedono affinché le aree individuate come sensibili in seguito alla reidentificazione di cui al paragrafo 6 soddisfino, entro sette anni, ai requisiti di cui sopra.8. Uno Stato membri non è tenuto ad individuare aree sensibili ai sensi della presente direttiva qualora applichi il trattamento prescritto dai paragrafi 2, 3 e 4 in tutto il suo territorio.Articolo 61. Per il conseguimento degli scopi di cui al paragrafo 2, gli Stati membri possono individuare, entro il 31 dicembre 1993, aree meno sensibili, secondo i criteri stabiliti nell'allegato II.2. Gli scarichi di acque reflue urbane provenienti da agglomerati con un numero di a.e. compreso tra 10000 e 150000 se immessi in acque costiere e tra 2000 e 10000 se immessi in estuari, situati nelle aree di cui al paragrafo 1, possono essere sottoposti ad un trattamento meno spinto di quello previsto all'articolo 4, purché:- tali scarichi subiscano almeno il trattamento primario così come definito all'articolo 2, punto 7), conformemente alle procedure di controllo stabilite nell'allegato I D;- studi esaurienti comprovino che essi non avranno ripercussioni negative sull'ambiente.Gli Stati membri forniscono alla Commissione tutte le informazioni relative agli studi summenzionati.3. La Commissione, se ritiene che le condizioni di cui al paragrafo 2 non siano soddisfatte, presenta al Consiglio una proposta adeguata.4. Gli Stati membri provvedono affinché si proceda ad una reidentificazione delle aree meno sensibili, ad intervalli non superiori ai quattro anni.5. Gli Stati membri provvedono affinché le aree non più individuate come meno sensibili soddisfino, entro sette anni, ai requisiti fissati agli articoli 4 e 5, in quanto applicabili.Articolo 7Gli Stati membri provvedono affinché, entro il 31 dicembre 2005, le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento appropriato, così come definito all'articolo 2, punto 9) nei seguenti casi:- per scarichi in acque dolci e in estuari provenienti da agglomerati con meno di 2000 a.e.;- per scarichi in acque costiere provenienti da agglomerati con meno di 10000 a.e.;Articolo 81. In casi eccezionali dovuti a problemi tecnici e per gruppi di popolazione definitii geograficamente, gli Stati membri possono presentare alla Commissione una richiesta speciale intesa ad ottenere un periodo più lungo per adempiere le disposizioni dell'articolo 4.2. Tale richiesta, che deve essere debitamente motivata, deve indicare le difficoltà teniche riscontrate e proporre un programma d'azione con un calendario appropriato, da adottare al fine di conseguire l'obiettivo della presente direttiva. Tale calendario è incluso nel programma per l'attuazione, in conformità dell'articolo 17.3. Possono essere accettati solo motivi tecnici e il periodo più lungo di cui al paragrafo 1 non può andare oltre il 31 dicembre 2005.4. La Commissione esamina la richiesta e adotta le misure appropriate secondo la procedura prevista all'articolo 18.5. In circostanze eccezionali, quando sia possibile dimostrare che un trattamento più completo non produce effetti positivi sull'ambiente, gli scarichi in aree meno sensibili di acque reflue provenienti da agglomerati con un numero di a.e. superiore a 150000 possono essere sottoposti al trattamento previsto all'articolo 6 per le acque reflue provenienti da agglomerati con un numero di a.e. compreso tra 10000e 150000.In tali circostanze, gli Stati membri presentano anticipatamente la documentazione pertinente alla Commissione. La Commissione esamina il caso e adotta le miusre appropriate secondo la procedura prevista all'articolo 18.Articolo 9Lo Stato membro nella cui giurisdizione rientrino acque soggette alle conseguenze negative provocate dagli scarichi di acque reflue urbane provenienti da un altro Stato membro può notificare le circostanze del caso allo Stato membro responsabile e alla Commissione.Gli Stati membri interessati organizzano, se del caso con la Commissione, la concertazione necessaria per individuare gli scarichi in questione e le misure da adottare all'origine per proteggere le acque recipienti al fine di assicurare la conformità alla presente direttiva.Articolo 10Gli Stati membri provvedono affinché la progettazione, la costruzione, la gestione e la manutenzione degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane realizzati per ottemperare ai requisiti fissati agli articoli da 4 a 7 siano condotte in modo da garantire prestazioni sufficienti nelle normali condizioni climatiche locali. La progettazione degli impianti deve tener conto delle variazioni stagionali di carico.Articolo 111. Gli Stati membri provvedono affinché, entro il 31 dicembre 1993, lo scarico di acque reflue industriali in reti fognarie ed impianti di trattamento delle acque reflue urbane sia preventivamente subordinato a regolamentazioni e/o ad autorizzazioni specifiche da parte dell'autorità competente o dell'organismo abilitato.2. Le regolamentazioni e/o le autorizzazioni specifiche devono soddisfare ai requisiti di cui all'allegato I C. Tali requisiti possono essere modificati secondo la procedura prevista all'articolo 18.3. Le regolamentazioni e le autorizzazioni specifiche debbono essere riesaminate e se necessario adeguate ad intervalli regolari.Articolo 121. Le acque reflue che siano state sottoposte a trattamento devono essere riutilizzate, ogniqualvolta ciò risulti appropriato. Le modalità di smaltimento devono rendere minimo l'impatto negativo sull'ambiente.2. Le autorità competenti o gli organismi abilitati provvedono affinché lo smaltimento di acque reflue provenienti da impianti di trattamento delle acque reflue urbane sia preventivamente subordinato a regolamentazioni e/o ad autorizzazioni specifiche.3. Le regolamentazioni e/o le autorizzazioni specifiche preventive relative agli scarichi provenienti da impianti di trattamento di acque reflue urbane, emanate conformemente al paragrafo 2 relativamente ad agglomerati di 2000-10000 a.e. nel caso di scarichi in acque dolci e in estuari, e di 10000 o più a.e. per tutti gli scarichi, precisano le condizioni atte a soddisfare ai requisiti previsti nell'allegato I B. Tali requisiti possono essere modificati secondo la procedura prevista all'articolo 18.4. Le regolamentazioni e/o le autorizzazioni debbono essere riesaminate e se del caso adeguate ad intervalli regolari.Articolo 131. Gli Stati membri provvedono affinché entro il 31 dicembre 2000 le acque reflue industriali biodegradabili provenienti da impianti appartenenti ai settori industriali di cui all'allegato III, che prima dello scarico in acque recipienti non vengono addotte ad impianti di trattamento delle acque reflue urbane, rispettino prima dello scarico, le condizioni preventivamente stabilite nelle regolamentazioni e/o nelle autorizzazioni specifiche da parte dell'autorità competente o dell'organismo abilitato, per tutti gli scarichi provenienti da impianti corrispondenti a 4000o più a.e.2. Entro il 31 dicembre 1993 le autorità competenti o gli organismi abilitati degli Stati membri stabiliscono per lo scarico di tali acque reflue appropriati requisiti in funzione della tipologia industriale interessata.3. La Commissione procede ad una comparazione dei requisiti fissati dagli Stati membri entro il 31 dicembre 1994. Essa rende noti i risultati in una relazione e presenta, se del caso, una proposta adeguata.Articolo 141. I fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue devono essere riutilizzati, ogniqualvolta ciò risulti appropriato. Le modalità di smaltimento devono rendere minimo l'impatto negativo sull'ambiente.2. Le autorità competenti o gli organismi abilitati provvedono affinché entro il 31 dicembre 1998 lo smaltimento di fanghi provenienti da impianti di trattamento delle acque reflue urbane sia subordinato a norme generali o a registrazione o autorizzazione.3. Gli Stati membri provvedono, entro il 31 dicembre 1998, affinché lo smaltimento dei fanghi nelle acque superficiali mediante immersione da navi, scarico attraverso condotte, ovvero mediante altri mezzi sia gradualmente eliminato.4. Fino alla cessazione dello smaltimento di cui al paragrafo 3, gli Stati membri provvedono affinché le quantità totali di materie tossiche, persistenti o bioaccumulabili, presenti nei fanghi immessi nelle acque superficiali siano assoggettate ad una licenza per lo smaltimento e progressivamente ridotte.Articolo 151. Le autorità competenti o gli organismi abilitati esercitano controlli:- sugli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane, al fine di verificarne la conformità ai requisiti dell'allegato I B, secondo le procedure di controllo stabilite nell'allegato I D;- sulla qualità e la composizione dei fanghi immessi nelle acque superficiali.2. Le autorità competenti o gli organismi abilitati esercitano controlli sulle acque recipienti interessate dagli scarichi provenienti da impianti di trattamento delle acque reflue urbane e dagli scarichi diretti ai sensi dell'articolo 13 quando esiste la probabilità che l'ambiente ricettore sia influenzato in modo significativo.3. Nel caso di uno scarico soggetto alle disposizioni dell'articolo 6 e di smaltimento di fanghi nelle acque superficiali, gli Stati membri effettuano controlli e conducono gli studi del caso, allo scopo di verificare che lo scarico o lo smaltimento non esercita un impatto negativo sull'ambiente.4. Le informazioni raccolte dalle autorità competenti o dagli organismi abilitati conformemente alle disposizioni dei paragrafi 1, 2 e 3, sono conservate dallo Stato membro e comunicate alla Commissione entro sei mesi dalla data di ricevimento di un'apposita richiesta.5. I criteri per l'effettuazione dei controlli di cui ai paragrafi 1, 2 e 3 possono essere definiti secondo la procedura prevista all'articolo 18.Articolo 16Fatta salva l'applicazione delle disposizioni della direttiva 90/313/CEE del Consiglio, del 7 giugno 1990, concernente la libertà di accesso all'informazione in materia di ambiente [5], gli Stati membri provvedono affinché ogni due anni le autorità o gli organismi competenti pubblichino un rapporto sulle attività di smaltimento delle acque reflue urbane e dei fanghi nell'area di loro competenza. I rapporti sono trasmessi alla Commissione dagli Stati membri non appena pubblicati.Articolo 171. Gli Stati membri elaborano, entro il 31 dicembre 1993, un programma per l'applicazione della presente direttiva.2. Entro il 30 giugno 1994, gli Stati membri comunicano alla Commissione le informazioni relative ai loro programmi.3. Ogni due anni gli Stati membri forniscono, se del caso, alla Commissione, entro il 30 giugno, un aggiornamento delle informazioni di cui al paragrafo 2.4. I metodi e le specifiche redazionali da adottare per riferire sui programmi nazionali sono definiti secondo la procedura prevista all'articolo 18. Eventuali modifiche di detti metodi e specifiche sono adottate secondo la medesima procedura.5. La Commissione esamina e valuta ogni due anni le informazioni fornitele ai sensi dei paragrafi 2 e 3 e pubblica una relazione in merito.Articolo 181. La Commissione è assistita da un comitato composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto da un rappresentante della Commissione.2. Il rappresentante della Commissione sottopone al comitato un progetto delle misure da adottare. Il comitato formula il suo parere sul progetto entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell'urgenza della questione in esame. Il parere è formulato alla maggioranza prevista dall'articolo 148, paragrafo 2, del trattato per l'adozione delle decisioni che il Consiglio deve prendere su proposta della Commissione. Nelle votazioni al comitato, viene attribuita ai voti dei rappresentanti degli Stati membri la ponderazione definiti all'articolo precitato. Il presidente non partecipa alla votazione.3. a) La Commissione adotta le misure previste qualora siano conformi al parere del comitato.b) Se le misure previste non sono conformi al parere del comitato, o in mancanza di parere, la Commissione sottopone senza indugio al Consiglio una proposta in merito alle misure da prendere. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.Se il Consiglio non ha deliberato entro un termine di tre mesi a decorrere dalla data in cui gli è stata sottoposta la proposta, la Commissione adotta le misure proposte, tranne nel caso in cui il Consiglio si sia pronunciato a maggioranza semplice contro tali misure.Articolo 191. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi il 30 giugno 1993. Essi ne informano immediatamente la Commissione.2. Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise degli Stati membri.3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.Articolo 20Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 21 maggio 1991.Per il ConsiglioIl PresidenteR. STEICHEN[1] GU n. C 1 del 4. 1. 1990, pag. 20 eGU n. C 287 del 15. 11. 1990, pag. 11.[2] GU n. C 260 del 15. 10. 1990, pag. 185.[3] GU n. C 168 del 10. 7. 1990, pag. 36.[4] GU n. C 209 del 9. 8. 1988, pag. 3.[5] GU n. L 158 del 23. 6. 1990, pag. 56.-------------------------------------------------- | Trattamento delle acque reflue urbane
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
E finalizzata a proteggere l'ambiente dell'Unione europea (UE) dalle conseguenze negative (quali l'eutrofizzazione*) delle acque reflue urbane.
Stabilisce norme a livello comunitario per la raccolta, il trattamento e lo scarico delle acque reflue. La normativa riguarda inoltre le acque reflue prodotte anche dalle industrie agro-alimentari (come l'industria alimentare e l'industria della birra).
PUNTI CHIAVE
I paesi dell'UE devono:
raccogliere e trattare le acque reflue in insediamenti urbani con una popolazione di almeno 2 000 abitanti, ed effettuare un trattamento secondario* sulle acque reflue raccolte;
effettuare un trattamento più avanzato in insediamenti urbani con popolazione superiore ai 10 000 abitanti situati in specifiche aree sensibili*;
verificare che gli impianti di trattamento siano adeguatamente mantenuti in modo da garantire prestazioni sufficienti e che possano operare in tutte le normali condizioni climatiche;
adottare misure per limitare l'inquinamento delle acque recipienti provenienti da tracimazioni di acque meteoriche in situazioni estreme, come in caso di piogge insolitamente abbondanti;
monitorare le prestazioni degli impianti di trattamento e delle acque recipienti;
monitorare lo smaltimento e il riutilizzo dei fanghi di depurazione.
Oltre a delineare i metodi per il monitoraggio e la valutazione dei risultati, l'allegato I elenca i requisiti generali per:
i sistemi di raccolta,
gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane, compresi i loro valori limite di emissione,
le acque reflue industriali scaricate in sistemi di raccolta urbani.
L'allegato II descrive i criteri per l'individuazione delle aree sensibili e meno sensibili.
L'ultima relazione disponibile della Commissione europea sullo stato e i programmi di attuazione, pubblicata nel 2016, rileva che la presente direttiva svolge un ruolo fondamentale nel miglioramento della qualità delle acque dell'UE. Tuttavia, vi sono ancora alcune lacune nell'attuazione soprattutto per quanto riguarda il livello di trattamento adeguato. Gli investimenti effettuati finora e programmati dai paesi dell'UE sono notevoli, ma sono indispensabili per colmare le lacune summenzionate e anche per mantenere la conformità. Inoltre, è significativo il contributo sostanziale alla crescita economica e alla creazione di posti di lavoro del settore delle acque reflue urbane.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
A decorrere dal 29 maggio 1991 con termini diversi a seconda dei requisiti. Nel 1998, per chiarire alcune norme che avevano portato a interpretazioni divergenti nei paesi dell'UE, la Commissione ha adottato la direttiva 98/15/CE, entrata in vigore il 27 marzo 1998. Per i paesi che hanno aderito all'UE dal 2004 in poi, si applicano altri termini, specificati nei trattati di adesione con ciascuno dei paesi interessati.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:
«Panoramica della direttiva sulle acque reflue urbane» sul sito Internet della Commissione europea.
* TERMINI CHIAVE
Eutrofizzazione: arricchimento delle acque con nutrienti che provoca, fra l'altro, una crescita accelerata delle alghe che perturba l'equilibrio degli organismi presenti nell'acqua e della qualità delle acque stesse.
Trattamento secondario: un processo che in genere comporta il trattamento biologico, in modo tale che vengano rispettati i requisiti contenuti nell'allegato I della direttiva.
Aree sensibili: acque naturali a rischio di eutrofizzazione o che potrebbero diventarlo in un futuro prossimo se non vengono intraprese azioni protettive, oppure acque che necessitano di un ulteriore trattamento per conformarsi alle altre direttive dell'UE (ad esempio, la direttiva sulle acque di balneazone).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 91/271/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1991, concernente il trattamento delle acque reflue urbane (GU L 135 del 30.5.1991, pag. 40-52)
Le modifiche successive alla direttiva 91/271/CEE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI COLLEGATI
Decisione di esecuzione 2014/431/UE della Commissione, del 26 giugno 2014, concernente i moduli per la comunicazione delle informazioni relative ai programmi nazionali di applicazione della direttiva 91/271/CEE (GU L 197 del 4.7.2014, pag. 77-86)
Relazione della Commissione — Applicazione della direttiva 91/271/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1991, concernente il trattamento delle acque reflue urbane, modificata dalla direttiva 98/15/CE della Commissione del 27 febbraio 1998 — Sintesi delle disposizioni attuate dagli Stati membri e valutazione delle informazioni ricevute ai sensi degli articoli 17 e 13 della direttiva [COM(98) 775 def. del 15.1.1999]
Relazione della Commissione — Applicazione della direttiva 91/271/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1991, concernente il trattamento delle acque reflue urbane, modificata dalla direttiva 98/15/CE della Commissione del 27 febbraio 1998 [COM(2001) 685def. del 21.11.2001]
Relazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Applicazione della direttiva 91/271/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1991, concernente il trattamento delle acque reflue urbane, modificata dalla direttiva 98/15/CE della Commissione del 27 febbraio 1998 [COM(2004) 248def. del 23.4.2004]
Documento di lavoro dei servizi della Commissione — Documento di accompagnamento alla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio — «Verso una gestione sostenibile delle acque nell'Unione europea» — Prima fase dell'attuazione della direttiva quadro sulle acque 2000/60/CE [COM(2007) 128 def.] [SEC(2007) 363] [SEC(2007) 362 def. del 22.3.2007]
Documento di lavoro dei servizi della Commissione — 5a sintesi della Commissione sull'attuazione della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane [SEC(2009) 1114 def. del 3.8.2009]
Documento di lavoro dei servizi della Commissione — 6a sintesi della Commissione sull'attuazione della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane [SEC(2011) 1561 def. del 7.12.2011]
Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Settima relazione sull'attuazione della direttiva concernente il trattamento delle acque reflue urbane (direttiva 91/271/CEE) [COM(2013) 574 final del 7.8.2013]
Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Ottava relazione sullo stato di attuazione e i programmi per l'attuazione (a norma dell'articolo 17) della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane [COM(2016) 105 final del 4.3.2016] | 10,109 | 935 |
32002R1221 | false | Regolamento (CE) n. 1221/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 giugno 2002, per quanto riguarda i conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche
Gazzetta ufficiale n. L 179 del 09/07/2002 pag. 0001 - 0005
Regolamento (CE) n. 1221/2002 del Parlamento europeo e del Consigliodel 10 giugno 2002per quanto riguarda i conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubblicheIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 285,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere della Banca centrale europea(2),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(3),considerando quanto segue:(1) Il regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio, del 25 giugno 1996, relativo al Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella Comunità (SEC 95)(4), costituisce il quadro di riferimento di norme, definizioni, classificazioni e principi contabili comuni per l'elaborazione dei conti degli Stati membri alla luce delle esigenze statistiche della Comunità, al fine di ottenere risultati confrontabili fra Stati membri.(2) La relazione del comitato monetario sulle esigenze informative, approvata dal Consiglio Ecofin del 18 gennaio 1999, ha sottolineato che, per il corretto funzionamento dell'Unione economica e monetaria e del mercato unico, l'effettiva sorveglianza e coordinamento delle politiche economiche costituiscono fattori di primaria importanza, che a loro volta richiedono un sistema completo di informazioni statistiche in grado di fornire ai responsabili politici i dati necessari per la formulazione delle decisioni. Tale relazione ha inoltre sottolineato la necessità di attribuire un'elevata priorità alle statistiche a breve termine della finanza pubblica degli Stati membri, in particolare di quelli che partecipano all'Unione economica e monetaria, e che l'obiettivo è la compilazione di conti trimestrali non finanziari semplificati per il settore delle amministrazioni pubbliche mediante un approccio graduale.(3) È opportuno definire i conti trimestrali semplificati non finanziari delle amministrazioni pubbliche alla luce dell'elenco di categorie del SEC 95 per le entrate e le spese delle amministrazioni definite dal regolamento (CE) n. 1500/2000 della Commissione, del 10 luglio 2000, recante applicazione del regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio per quanto riguarda le spese e le entrate delle amministrazioni(5).(4) Nell'ambito del citato approccio graduale, è stata attribuita la priorità alle imposte, ai contributi sociali effettivi e alle prestazioni sociali diverse dai trasferimenti sociali in natura come categorie che rappresentano attendibili indicatori delle tendenze della finanza pubblica già resi disponibili (prima fase).(5) La trasmissione di tale prima serie di categorie su base trimestrale, dal giugno 2000, in tutti gli Stati membri, costituisce l'oggetto del regolamento (CE) n. 264/2000 della Commissione, del 3 febbraio 2000, relativo all'attuazione del regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio con riferimento alle statistiche congiunturali della finanza pubblica(6).(6) È necessario integrare la prima fase con una seconda serie di categorie al fine di ottenere l'elenco completo delle categorie comprese nelle spese e nelle entrate delle amministrazioni pubbliche.(7) L'attendibilità dei dati trimestrali trasmessi ai sensi del presente regolamento dovrebbe essere verificata per quanto concerne i dati annuali. Una relazione sulla qualità dei dati trimestrali andrebbe quindi effettuata prima della fine del 2005.(8) Gli articoli 2 e 3 del regolamento (CE) n. 2223/96 stabiliscono le condizioni alle quali la Commissione ha facoltà di adottare emendamenti alla metodologia del SEC 95 per chiarirne e migliorarne il contenuto. La compilazione di conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche richiederà risorse addizionali negli Stati membri. La trasmissione di tali dati alla Commissione non può dunque essere soggetta ad una decisione della Commissione stessa.(9) Il comitato del programma statistico (CPS), istituito ai sensi della decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio(7), e il comitato delle statistiche monetarie, finanziarie e della bilancia dei pagamenti (CMFB), istituito ai sensi della decisione 91/115/CEE del Consiglio(8), sono stati consultati a norma dell'articolo 3 delle suddette decisioni,HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1ObiettivoL'obiettivo del presente regolamento è la definizione del contenuto dei conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche, nonché la redazione dell'elenco delle categorie del SEC 95 che devono essere trasmesse dagli Stati membri a partire dal 30 giugno 2002, e la specificazione delle principali caratteristiche di tali categorie.Articolo 2Contenuto dei conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubblicheIl contenuto dei conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche è definito in allegato in riferimento ad un elenco di categorie del SEC 95 che costituiscono le spese e le entrate delle amministrazioni pubbliche.Articolo 3Categorie interessate dalla trasmissione dei dati trimestrali1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i dati trimestrali per le categorie o gruppi di categorie comprese nell'elenco in allegato, ad eccezione delle categorie per le quali i dati devono essere trasmessi ai sensi del regolamento (CE) n. 264/2000.2. I dati trimestrali vengono trasmessi per le seguenti categorie (o gruppi di categorie) di spese ed entrate delle amministrazioni pubbliche:a) Dal lato delle spese:- consumi intermedi (P.2)- investimenti lordi + acquisizioni meno cessioni di attività non finanziarie non prodotte (P.5 + K.2)- investimenti fissi lordi (P.51)- redditi da lavoro dipendente (D.1)- altre imposte sulla produzione (D.29)- contributi erogati (D.3)- redditi da capitale (D.4)- interessi (D.41)- imposte correnti sul reddito, sul patrimonio, ecc. (D.5)- trasferimenti sociali in natura corrispondenti a spese per prodotti forniti alle famiglie attraverso produttori di beni e servizi destinabili alla vendita (D.6311 + D.63121 + D.63131)- altri trasferimenti correnti (D.7)- rettifica per variazione dei diritti netti delle famiglie sulle riserve dei fondi pensione (D.8)- imposte in conto capitale + contributi agli investimenti + altri trasferimenti in conto capitale (D.91 + D.92 + D.99);b) Sul lato delle entrate:- produzione di beni e servizi destinabili alla vendita + produzione di beni e servizi per proprio uso finale + pagamenti per altra produzione di beni e servizi non destinabili alla vendita (P.11 + P.12 + P.131)- altri contributi alla produzione ricevuti (D.39)- redditi da capitale (D.4)- contributi sociali figurativi (D.612)- altri trasferimenti correnti (D.7)- contributi agli investimenti + altri trasferimenti in conto capitale (D.92 + D.99).3. Le transazioni D.41, D.7, D.92 e D.99 vengono consolidate nell'ambito del settore delle amministrazioni pubbliche. Le altre transazioni non vengono consolidate.Articolo 4Compilazione dei dati trimestrali: fonti e metodi1. I dati trimestrali relativi al primo trimestre 2001 e successivi vengono compilati in base alle norme seguenti:a) i dati trimestrali si basano, per quanto possibile, su informazioni dirette provenienti da fonti primarie, allo scopo di ridurre al minimo, per ciascun trimestre, le differenze fra le stime preliminari e quelle finali;b) le informazioni dirette vengono eventualmente integrate da rettifiche finalizzate ad ottenere un grado di copertura completo e da rettifiche concettuali finalizzate ad allineare i dati trimestrali con i concetti del SEC 95;c) i dati trimestrali e i corrispondenti dati annuali devono essere coerenti.2. I dati trimestrali relativi ai trimestri compresi tra il primo del 1999 ed il quarto del 2000 vengono compilati mediante fonti e metodi tali da assicurare la coerenza fra i dati trimestrali e i corrispondenti dati annuali.Articolo 5Scadenze per la trasmissione dei dati trimestrali1. I dati trimestrali di cui all'articolo 3 vengono trasmessi alla Commissione (Eurostat) entro tre mesi dalla fine del trimestre a cui si riferiscono.Le eventuali revisioni dei dati trimestrali relativi ai trimestri precedenti vengono trasmesse contemporaneamente.2. La prima trasmissione di dati trimestrali è costituita dai dati relativi al primo trimestre 2002. Gli Stati membri trasmettono tali dati entro il 30 giugno 2002.Tuttavia, la Commissione ha facoltà di concedere una deroga non superiore a un anno per quanto riguarda la data della prima trasmissione dei dati trimestrali per il primo trimestre 2002 e successivi, nella misura in cui i sistemi statistici nazionali richiedano adattamenti rilevanti.Articolo 6Trasmissione di dati pregressi1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) i dati trimestrali pregressi per le categorie di cui all'articolo 3 a partire dal primo trimestre del 1999.2. I dati trimestrali relativi ai trimestri dal primo del 1999 al quarto del 2001 vengono trasmessi alla Commissione (Eurostat) entro il 30 giugno 2002.Tuttavia, la Commissione ha facoltà di concedere una deroga non superiore a un anno per quanto riguarda la data della prima trasmissione dei dati trimestrali per il primo trimestre 1999 e successivi, nella misura in cui i sistemi statistici nazionali richiedano adattamenti rilevanti.Articolo 7Applicazione1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) una descrizione delle fonti e dei metodi utilizzati per la compilazione dei dati trimestrali di cui all'articolo 3 (descrizione iniziale), alla stessa data in cui iniziano la trasmissione dei dati trimestrali conformemente alla scadenza di cui all'articolo 5, paragrafo 2.2. Le eventuali revisioni della descrizione iniziale delle fonti e dei metodi utilizzati per la compilazione dei dati trimestrali vengono trasmessi alla Commissione (Eurostat) quando vengono comunicati i dati riveduti.3. La Commissione (Eurostat) informa i comitati CPS e CMFB sulle fonti e sui metodi utilizzati da ciascuno Stato membro.Articolo 8RelazioneSulla base dei dati trasmessi per le categorie di cui all'articolo 3, e previa consultazione del CPS, la Commissione (Eurostat) trasmette al Parlamento europeo ed al Consiglio, entro il 31 dicembre 2005, una relazione contenente una valutazione dell'attendibilità dei dati trimestrali trasmessi dagli Stati membri.Articolo 9Disposizioni transitorie1. Gli Stati membri che non sono in grado, durante il periodo di transizione di cui al paragrafo 4, di trasmettere i dati trimestrali a partire dal primo trimestre 2001 conformemente alle fonti e ai metodi di cui all'articolo 4, paragrafo 1, e alle scadenze di cui all'articolo 5, paragrafo 1, applicano il paragrafo 2.2. Gli Stati membri di cui al paragrafo 1 trasmettono alla Commissione (Eurostat) le loro "migliori stime trimestrali" (vale a dire, comprendenti tutte le nuove informazioni progressivamente disponibili nel corso del processo di compilazione del sistema dei conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche) conformemente alla scadenza di cui all'articolo 5, paragrafo 1.Essi indicano allo stesso tempo le operazioni che devono essere ancora portate a termine per rispettare le fonti ed i metodi di cui all'articolo 4, paragrafo 1.3. Durante il periodo di transizione di cui al paragrafo 4, la Commissione (Eurostat) esamina il progresso compiuto dagli Stati membri per l'applicazione integrale dell'articolo 4, paragrafo 1.4. Il periodo di transizione inizia a partire dalla data della prima trasmissione di cui all'articolo 5, paragrafo 2, e termina al più tardi il 31 marzo 2005.Articolo 10Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Lussemburgo, addì 10 giugno 2002.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteJ. Piqué I Camps(1) GU C 154 E del 29.5.2001, pag. 300.(2) GU C 131 del 3.5.2001, pag. 6.(3) Parere del Parlamento europeo del 3 luglio 2001 (GU C 65 E del 14.3.2002, pag. 33) e decisione del Consiglio del 7 maggio 2002.(4) GU L 310 del 30.11.1996, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 359/2002 (GU L 58 del 28.2.2002, pag. 1).(5) GU L 172 del 12.7.2000, pag. 3.(6) GU L 29 del 4.2.2000, pag. 4.(7) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47.(8) GU L 59 del 6.3.1991, pag. 19. Decisione modificata da ultimo dalla decisione 96/174/CE (GU L 51 dell'1.3.1996, pag. 48).ALLEGATOCONTENUTO DEI CONTI TRIMESTRALI NON FINANZIARI DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHEI conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche vengono definiti in riferimento all'elenco delle spese e delle entrate delle amministrazioni pubbliche di cui al regolamento (CE) n. 1500/2000 della Commissione.Le spese delle amministrazioni pubbliche comprendono le categorie del SEC 95 riportate dal lato degli impieghi, o nelle variazioni delle attività, o nelle variazioni delle passività e del patrimonio netto della sequenza dei conti delle amministrazioni pubbliche, ad eccezione della categoria D.3, compresa nella sezione delle risorse dei conti delle amministrazioni pubbliche.Le entrate delle amministrazioni pubbliche comprendono le categorie del SEC 95 riportate dal lato delle risorse o nelle variazioni delle passività e del patrimonio netto della sequenza dei conti non finanziari delle amministrazioni pubbliche, ad eccezione della categoria D.39, compresa nel lato degli impieghi dei conti delle amministrazioni pubbliche.Per definizione, la differenza fra entrate delle amministrazioni pubbliche e spese delle amministrazioni pubbliche, ai sensi delle definizioni di cui sopra, costituisce l'accreditamento netto (+)/indebitamento netto (-) del settore delle amministrazioni pubbliche.Le transazioni D.41, D.7, D.92 e D.99 sono consolidate internamente al settore delle amministrazioni pubbliche. Le altre transazioni non sono consolidate.La tabella che segue illustra le categorie del SEC 95 che costituiscono le spese e le entrate delle amministrazioni pubbliche. Le categorie riportate in corsivo costituiscono già oggetto di trasmissione su base trimestrale in virtù del regolamento (CE) n. 264/2000 della Commissione.>SPAZIO PER TABELLA>>SPAZIO PER TABELLA> | Raccolta delle statistiche trimestrali non finanziarie delle amministrazioni da parte dei paesi dell’UE
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Definisce le principali categorie dei conti pubblici non finanziari come stabilite nel SEC 95, i cui dettagli devono essere comunicati dagli istituti statistici dei paesi dell’Unione europea (UE) alla Commissione europea (Eurostat) ogni tre mesi.
PUNTI CHIAVE
I dati trimestrali riguardano sia le spese che le entrate delle amministrazioni pubbliche.
Secondo Eurostat, la pubblica amministrazione è composta da quattro sottosettori:
amministrazione centrale;
amministrazione statale;
amministrazione locale;
enti di previdenza sociale.
Spese:
consumi intermedi*;
investimenti lordi*;
investimenti fissi lordi*;
redditi da lavoro dipendente*;
altre imposte sulla produzione;
contributi erogati;
redditi da capitale;
interessi;
imposte sul reddito e sul patrimonio;
trasferimenti sociali* e di altro tipo forniti alle famiglie;
contributi agli investimenti e altri trasferimenti in conto capitale.
Entrate:
produzione di beni e servizi destinati alla vendita (tutti i prodotti ceduti sul mercato o destinati a essere ceduti sul mercato) e altri pagamenti di tipo amministrativo per la produzione delle amministrazioni pubbliche;
imposte: sulla produzione e sulle importazioni, sul reddito e sul capitale, imposte in conto capitale;
altri contributi alla produzione;
redditi da capitale;
contributi sociali effettivi e figurativi (laddove per contributi «figurativi» si intendono i contributi sociali pagati dai datori di lavoro a nome dei loro lavoratori dipendenti);
altri trasferimenti correnti;
contributi agli investimenti e altri trasferimenti in conto capitale.
I primi dati trimestrali trasmessi ai sensi della legislazione riguardavano il primo trimestre 2002. Le disposizioni transitorie sono state precedentemente applicate a partire dall’inizio del 1999.
I paesi dell’UE devono:
trasmettere i dati entro tre mesi dalla fine del trimestre a cui si riferiscono;
informare Eurostat delle fonti e dei metodi utilizzati per la compilazione dei dati.
La Commissione deve:
informare il comitato del sistema statistico europeo e il comitato delle statistiche monetarie, finanziarie e della bilancia dei pagamenti in merito alle fonti e ai metodi nazionali;
presentare una relazione entro il 31 dicembre 2005 contenente una valutazione dell’attendibilità dei dati trimestrali nazionali.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
È entrato in vigore il 29 luglio 2002.
CONTESTO
Il sistema europeo dei conti nazionali e regionali, noto come SEC 95 (sostituito ora dal SEC 2010), raccoglie informazioni comparabili, aggiornate e attendibili sulla struttura e sugli sviluppi delle economie nazionali e regionali nell’UE.
* TERMINI CHIAVE
Consumi intermedi: un concetto che misura il valore dei beni e dei servizi consumati in quanto fattori dei processi produttivi.
Investimenti lordi: il valore complessivo degli investimenti fissi lordi, della variazione delle scorte e delle acquisizioni meno le cessioni di oggetti di valore.
Investimenti fissi lordi: acquisizioni di capitali fissi nuovi ed esistenti quali beni, macchinari o attrezzature, spese per il miglioramento fondiario e per la costruzione di edifici.
Redditi da lavoro dipendente: il salario lordo complessivo e i contributi sociali dei datori di lavoro pagati dai datori di lavoro ai loro dipendenti per i lavori svolti.
Trasferimenti sociali: assistenza sociale da parte di enti pubblici e civici diretta a persone che vivono o che sono in pericolo di cadere in condizioni di povertà.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 1221/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 giugno 2002, per quanto riguarda i conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche (GU L 179 del 9.7.2002, pag. 1-5)
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 1221/2002 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentale. | 5,967 | 701 |
32019D0300 | false | DECISIONE DI ESECUZIONE (UE) 2019/300 DELLA COMMISSIONE
del 19 febbraio 2019
che istituisce un piano generale per la gestione delle crisi riguardanti la sicurezza degli alimenti e dei mangimi
(Testo rilevante ai fini del SEE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
visto il regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (1), in particolare l'articolo 55,
considerando quanto segue:
(1)
L'articolo 55 del regolamento (CE) n. 178/2002 dispone che la Commissione elabori, in stretta collaborazione con l'Autorità europea per la sicurezza alimentare («EFSA») e gli Stati membri, un piano generale per la gestione delle crisi riguardanti la sicurezza degli alimenti e dei mangimi («il piano generale»). La decisione 2004/478/CE della Commissione (2) ha definito di conseguenza il piano generale.
(2)
Dall'adozione della decisione 2004/478/CE della Commissione vari incidenti derivanti da alimenti e mangimi hanno permesso di acquisire ulteriore esperienza nel coordinamento della gestione delle crisi a livello dell'Unione.
(3)
L'esperienza acquisita nel corso degli anni, come analizzata nella valutazione REFIT del regolamento (CE) n. 178/2002 (vaglio di adeguatezza della legislazione alimentare generale) (3), ha dimostrato che occorre riesaminare la gestione delle crisi nel settore degli alimenti e dei mangimi a livello nazionale e dell'Unione. I risultati hanno evidenziato la necessità di dedicare una maggiore attenzione alla preparazione alle crisi, oltre che alla loro gestione, per evitare o ridurre al minimo gli effetti sulla salute pubblica di una crisi nel settore degli alimenti o dei mangimi. In questo modo sarebbe possibile ridurre in misura sostanziale l'impatto economico (come le restrizioni commerciali) di una crisi nel settore degli alimenti o dei mangimi e contribuire così al conseguimento degli obiettivi della Commissione in materia di occupazione, crescita e investimenti. Occorre inoltre che la Commissione svolga un ruolo più incisivo in termini di comunicazione e coordinamento generale degli Stati membri in questo ambito. Il vaglio di adeguatezza della legislazione alimentare generale contiene una serie di raccomandazioni per migliorare l'efficienza del piano generale.
(4)
L'EFSA formula i pareri che costituiscono la base scientifica per l'adozione di misure dell'Unione e ha il compito di prestare assistenza scientifica e tecnica nelle procedure di gestione delle crisi nel settore degli alimenti e dei mangimi. Il ruolo dell'EFSA nel piano generale dovrebbe essere perfezionato e rafforzato alla luce dell'esperienza acquisita.
(5)
Pur rispettando le competenze di ciascuna agenzia, l'EFSA dovrebbe coordinarsi con altre pertinenti agenzie scientifiche dell'Unione, come il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), l'Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA), l'Agenzia europea per i medicinali (EMA) e il gruppo di esperti designati dal comitato scientifico e tecnico di cui all'articolo 31 del trattato Euratom (4), in caso siano necessari contributi o interventi nell'ambito delle rispettive competenze. Il piano generale deve inoltre garantire il coordinamento con i sistemi dell'ECDC di preparazione e risposta alle crisi per i casi riguardanti l'uomo in modo che le autorità sanitarie e i portatori di interessi siano informati in merito a una possibile crisi derivante dagli alimenti o dai mangimi potenzialmente in grado di incidere sulla salute umana.
(6)
La decisione n. 1082/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (5) stabilisce norme in materia di sorveglianza epidemiologica, monitoraggio, allarme rapido e lotta contro le gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero, comprese la pianificazione della preparazione e della risposta in relazione a tali attività, per le minacce di origine biologica, chimica, ambientale e ignota, e l'istituzione di un «sistema di allarme rapido e di reazione» (SARR). Dati i potenziali collegamenti con la preparazione alle crisi e la loro gestione nel quadro della filiera alimentare, il piano generale dovrebbe tenere conto anche delle disposizioni pertinenti contenute nella decisione n. 1082/2013/UE.
(7)
Il piano generale dell'Unione dovrebbe essere sottoposto a revisione affinché siano inserite procedure intese ad agevolare il coordinamento con i piani nazionali di emergenza per gli alimenti e i mangimi da elaborare conformemente all'articolo 115 del regolamento (UE) 2017/625 del Parlamento europeo e del Consiglio (6) relativo ai controlli ufficiali.
(8)
Obiettivo principale della presente decisione è tutelare la salute pubblica nell'Unione. Il piano generale dovrebbe pertanto essere limitato alle situazioni che comportano rischi diretti o indiretti per la salute pubblica a norma dell'articolo 55 del regolamento (CE) n. 178/2002. I rischi per la salute pubblica possono essere di natura biologica, chimica e fisica e comprendono i pericoli connessi alla radioattività e agli allergeni. L'impostazione, i principi e le procedure pratiche del piano generale potrebbero però anche essere considerati come orientamenti per la gestione di altri incidenti di origine alimentare che non comportano i suddetti rischi per la salute pubblica.
(9)
Nel 2017 la Commissione ha realizzato un audit interno sulla preparazione alle crisi riguardanti la sicurezza alimentare presso la DG SANTE, da cui sono emerse alcune carenze dell'attuale piano generale che occorre affrontare.
(10)
Varie conclusioni sono state formulate in occasione della conferenza ministeriale del 26 settembre 2017 sul seguito dell'incidente del fipronil (7). Benché riguardanti questo incidente specifico e la relativa frode, alcune di queste conclusioni risultano pertinenti per la gestione delle crisi nel settore degli alimenti e dei mangimi in generale, tra cui l'istituzione di un punto di contatto unico in ciascuno Stato membro che garantisca il coordinamento della gestione di tali crisi per ogni organizzazione amministrativa nazionale.
(11)
La decisione 2004/478/CE dovrebbe pertanto essere abrogata e sostituita da una nuova decisione che istituisca un piano generale aggiornato per tenere conto dell'esperienza acquisita successivamente all'adozione della decisione 2004/478/CE della Commissione e per adeguarsi ai nuovi sviluppi.
(12)
La presente decisione dovrebbe definire un approccio graduale ai tipi di situazioni da trattare come crisi, anche per quanto riguarda i relativi criteri. Non tutte le situazioni che possono rientrare nell'ambito di applicazione dell'articolo 55 richiederebbero necessariamente l'istituzione di un'unità di crisi a norma dell'articolo 56 del regolamento (CE) n. 178/2002, ma possono comunque beneficiare di un coordinamento rafforzato a livello dell'Unione. Tali criteri dovrebbero comprendere la gravità e la portata dell'incidente in termini di effetti sulla salute pubblica, la percezione da parte dei consumatori e la sensibilità politica al riguardo, in particolare quando la fonte è ancora incerta, l'eventuale carattere intenzionale dell'incidente (ad esempio bioterrorismo o effetto collaterale di una frode) e la volontà di creare una crisi (ad esempio bioterrorismo) come pure il ripetersi di incidenti già avvenuti in precedenza per la possibile mancanza di interventi sufficienti.
(13)
È necessario un coordinamento tra le diverse autorità a livello nazionale e dell'Unione, tra i sistemi di allarme e informazione e i laboratori per condividere le informazioni e adottare le misure atte a gestire una crisi. A tale riguardo un collegamento tra il sistema di allarme rapido e di reazione e altri sistemi di allarme e informazione a livello dell'Unione, come il sistema di allarme rapido per gli alimenti e i mangimi, consentirebbe di rafforzare l'approccio «One Health», ad esempio coordinando le attività delle autorità per la sicurezza alimentare e delle autorità sanitarie pubbliche in merito allo stesso incidente dando alle autorità per la sicurezza alimentare l'accesso alle informazioni sui casi constatati nell'uomo comunicate dalle autorità pubbliche.
(14)
Per gestire in maniera efficace le crisi nella filiera degli alimenti e dei mangimi è necessario che, già prima del verificarsi di un incidente, siano predisposte procedure pratiche di preparazione per un coordinamento rafforzato a livello dell'Unione.
(15)
Le procedure pratiche da seguire per le situazioni di cui all'articolo 55 del regolamento (CE) n. 178/2002 dovrebbero essere definite chiaramente per garantire una risposta rapida e agevole a tali situazioni. Per le stesse ragioni è opportuno definire il ruolo, la composizione e il funzionamento pratico dell'unità di crisi.
(16)
Una comunicazione al pubblico e ai partner commerciali che avvenga in tempo reale e si basi su dati concreti è essenziale per contribuire a tutelare la salute pubblica, evitando un'ulteriore diffusione dei rischi, e a ripristinare la fiducia nella sicurezza degli alimenti o dei mangimi non interessati da un incidente. L'elaborazione di principi di trasparenza e di una strategia di comunicazione sono pertanto elementi fondamentali nella gestione delle crisi.
(17)
Il presente piano generale è stato oggetto di consultazioni con l'EFSA ed è stato discusso con gli Stati membri in sede di comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
CAPO I
Disposizioni generali
Articolo 1
Oggetto
1. La presente decisione istituisce il piano generale per la gestione delle crisi riguardanti la sicurezza degli alimenti e dei mangimi conformemente all'articolo 55 del regolamento (CE) n. 178/2002.
2. Il piano copre i due seguenti tipi di situazioni:
a)
situazioni che richiedono un coordinamento rafforzato a livello dell'Unione; e
b)
situazioni che richiedono l'istituzione di un'unità di crisi che riunisca la Commissione, gli Stati membri interessati e le pertinenti agenzie dell'Unione.
3. Il piano definisce inoltre le procedure pratiche necessarie per una preparazione rafforzata e per la gestione degli incidenti a livello dell'Unione, compresa una strategia di comunicazione conforme al principio di trasparenza.
Articolo 2
Ambito di applicazione
Il piano generale si applica a situazioni che comportano rischi diretti o indiretti per la salute pubblica derivanti da alimenti e mangimi, in particolare in relazione a qualsiasi pericolo di natura biologica, chimica e fisica negli alimenti e nei mangimi, rischi che verosimilmente le disposizioni in vigore non sono in grado di prevenire, eliminare o ridurre a un livello accettabile o che non possono essere gestiti in maniera adeguata mediante la sola applicazione di misure urgenti conformemente all'articolo 53 o all'articolo 54 del regolamento (CE) n. 178/2002.
Articolo 3
Obiettivi
Obiettivo della presente decisione è ridurre al minimo la portata e l'impatto degli incidenti derivanti da alimenti o mangimi sulla salute pubblica, garantendo una preparazione rafforzata e una gestione efficace.
Articolo 4
Definizioni
Ai fini della presente decisione si applicano le seguenti definizioni:
1. «incidente»: l'individuazione di un pericolo biologico, chimico o fisico negli alimenti, nei mangimi o nell'uomo che potrebbe comportare, o indicare, un possibile rischio per la salute pubblica in caso di esposizione allo stesso pericolo di più di una persona, o una situazione in cui il numero di casi nell'uomo o di rilevamenti di un pericolo sia superiore al numero prevedibile e in cui l'origine dei casi abbia una correlazione, o una correlazione probabile, con gli stessi alimenti o mangimi;
2. «focolaio di tossinfezione alimentare»: un focolaio quale definito all'articolo 2, punto 2), lettera d), della direttiva 2003/99/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (8);
3. «coordinatore di crisi»: una persona e il suo supplente, presso le istanze europee e le autorità competenti degli Stati membri, che agisce come punto di contatto unico per assicurare uno scambio di informazioni efficace tra tutte le parti coinvolte nel coordinamento del piano generale nonché l'efficienza del processo decisionale e degli interventi attuati, nell'ambito di competenza della propria organizzazione.
CAPO II
Strutture e procedure di preparazione
Articolo 5
Coordinatori di crisi
Ciascuno Stato membro, l'EFSA e la Commissione designano un coordinatore di crisi ed il suo supplente per lo svolgimento dei compiti di cui all'allegato I. La Commissione mantiene aggiornati i nomi e i dati di contatto dei «coordinatori di crisi» designati e dei relativi supplenti. I coordinatori di crisi tengono riunioni regolari, organizzate dalla Commissione almeno una volta all'anno, allo scopo di presentare iniziative a livello dell'Unione, condividere i piani nazionali di emergenza nonché assicurare il follow-up e valutare la gestione delle crisi recenti conformemente all'articolo 22.
Articolo 6
Sistemi di allarme e di informazione
La Commissione stabilisce un collegamento tra il sistema di allarme rapido e di reazione (SARR) e altri sistemi di allarme e di informazione a livello dell'Unione, tra cui il sistema di allarme rapido per gli alimenti e i mangimi (RASFF). La trasmissione dei dati mediante le reti di allarme è oggetto di ulteriore armonizzazione.
Articolo 7
Laboratori
La Commissione e gli Stati membri provvedono al mantenimento di una rete di laboratori di riferimento nazionali ed europei, come pure di altri laboratori ufficiali, conformemente al regolamento (UE) 2017/625, pronti a fornire rapidamente, se necessario, un sostegno analitico di elevata qualità in relazione ai pericoli più significativi derivanti da alimenti e mangimi.
Articolo 8
Formazione, esercizi e strumenti all'avanguardia
La Commissione offre moduli avanzati di formazione sulla preparazione alle crisi di origine alimentare, sulle indagini relative ai focolai di tossinfezione alimentare e su altri aspetti di gestione degli incidenti nell'ambito del programma della Commissione «Migliorare la formazione per rendere più sicuri gli alimenti» (Better Training for Safer Food - BTSF) (9), incoraggiando un approccio di tipo «One Health».
La Commissione organizza periodicamente con gli Stati membri esercizi di simulazione di incidenti legati agli alimenti e ai mangimi, che considerano anche gli aspetti relativi alla comunicazione e sono incentrati sulla preparazione agli incidenti e sulla loro gestione. Ad essi partecipano le agenzie dell'Unione pertinenti, mentre la Commissione partecipa ad esercizi analoghi organizzati dalle agenzie nell'ambito delle loro competenze. Il verificarsi di un grave incidente reale può sostituire tale esercizio di simulazione. Dopo ogni esercizio la Commissione presenta conclusioni specifiche nel corso della successiva riunione dei coordinatori di crisi di cui all'articolo 5.
La Commissione fornisce un follow-up sull'adeguatezza della preparazione negli Stati membri assicurando che essi dispongano di piani nazionali di emergenza per gli alimenti e i mangimi e verificando tali piani.
La Commissione promuove l'uso di strumenti all'avanguardia a livello dell'Unione, come gli strumenti per la rintracciabilità, le analisi di tipizzazione molecolare (compreso il sequenziamento dell'intero genoma - WGS) e la condivisione dei risultati nella banca dati EFSA-ECDC sulla tipizzazione molecolare degli agenti patogeni riscontrati nell'uomo, negli animali, negli alimenti, nei mangimi e nell'ambiente degli alimenti o dei mangimi.
Articolo 9
Raccolta, monitoraggio e analisi di informazioni in modo continuo
La Commissione raccoglie, monitora e analizza in modo continuo le informazioni sulle minacce transfrontaliere dirette e indirette provenienti dalle fonti di informazione elencate nell'allegato II.
CAPO III
Coordinamento rafforzato a livello dell'Unione
Articolo 10
Situazioni che richiedono un coordinamento rafforzato a livello dell'Unione
1. Nelle situazioni descritte al paragrafo 2 la Commissione rafforza il coordinamento a livello dell'Unione per la gestione di un incidente, sulla base delle informazioni di cui all'articolo 9 e in stretta collaborazione con i pertinenti organismi di valutazione del rischio dell'Unione.
2. È richiesto un coordinamento rafforzato a livello dell'Unione a norma del paragrafo 1 nei seguenti casi:
a)
qualora
i)
sia stato individuato in due o più Stati membri un rischio diretto o indiretto per la salute pubblica, dovuto a un pericolo rilevato negli alimenti o nei mangimi, ed esista una correlazione epidemiologica (ad esempio casi nell'uomo e/o decessi in Stati membri differenti con prove analitiche o epidemiologiche attendibili di tale correlazione) e/o una correlazione sul piano della rintracciabilità (ad esempio distribuzione di alimenti o mangimi potenzialmente contaminati in Stati membri differenti);
o
ii)
il pericolo rilevato possa avere un grave impatto potenziale sul funzionamento del mercato interno nel settore degli alimenti o dei mangimi;
e
b)
in presenza di
i)
un impatto elevato sulla salute connesso al pericolo rilevato; o,
ii)
un disaccordo tra gli Stati membri sui provvedimenti da adottare; o,
iii)
difficoltà nell'individuare la fonte del rischio.
3. Le autorità competenti degli Stati membri e le istituzioni europee possono richiedere alla Commissione di rafforzare il coordinamento in funzione dei criteri di cui al paragrafo 2, lettere a) e b).
Articolo 11
Procedure pratiche per un coordinamento rafforzato a livello dell'Unione
Il coordinamento, ad opera della Commissione, della gestione di un incidente da parte dei servizi pertinenti consiste nelle procedure di cui al capo V.
CAPO IV
Istituzione di un'unità di crisi
Articolo 12
Situazioni che richiedono l'istituzione di un'unità di crisi
1. Nelle situazioni descritte al paragrafo 2 la Commissione istituisce un'unità di crisi conformemente all'articolo 56 del regolamento (CE) n. 178/2002 («l'unità di crisi»).
2. È richiesta l'istituzione di un'unità di crisi nei seguenti casi:
a)
qualora sia stato individuato in due o più Stati membri un rischio diretto o indiretto per la salute pubblica che comporti una situazione particolarmente sensibile sul piano politico, della percezione o dell'immagine;
e
b)
in presenza di
i)
un grave rischio per la salute umana, in particolare qualora si sia verificato, o si possa prevedere, un numero elevato di decessi;
o,
ii)
un ripetersi di incidenti che comporti un grave rischio per la salute umana;
o,
iii)
sospetti o indicazioni di terrorismo biologico o chimico o di forte contaminazione radioattiva.
Articolo 13
Ruolo dell'unità di crisi
1. L'unità di crisi è incaricata di elaborare rapidamente una strategia di risposta ad una crisi e di garantirne il coordinamento e l'attuazione, anche per quanto riguarda gli aspetti relativi alla comunicazione. Una volta individuata la fonte di contaminazione, l'unità di crisi, se del caso con l'assistenza dell'EFSA e di altri esperti, coordina le indagini di rintracciabilità (a monte e a valle) e segue da vicino il ritiro ed il richiamo dei prodotti se gli alimenti o i mangimi interessati sono stati distribuiti in vari Stati membri.
2. Ciascuno Stato membro interessato è responsabile dell'esecuzione delle indagini di rintracciabilità, dei ritiri e dei richiami nel proprio territorio.
Articolo 14
Procedure pratiche dell'unità di crisi
1. Ai fini dell'esecuzione dei compiti indicati all'articolo 57 del regolamento (CE) n. 178/2002 e ulteriormente precisati agli articoli da 8 a 10 della presente decisione, si applicano di conseguenza le procedure di cui al capo V della presente decisione.
2. I membri dell'unità di crisi sono disponibili in permanenza durante la crisi.
Articolo 15
Composizione e funzionamento dell'unità di crisi
1. L'unità di crisi è composta dai membri della rete di coordinatori di crisi (o dai loro supplenti) della Commissione, dell'EFSA, perlomeno degli Stati membri direttamente interessati e, se necessario, da rappresentanti specializzati della Commissione, dell'EFSA, dell'ECDC e, se pertinente, di altre agenzie dell'Unione e degli Stati membri direttamente interessati. Fanno parte dell'unità di crisi anche specialisti della comunicazione appartenenti ad organismi pertinenti a livello nazionale e dell'Unione.
2. L'unità di crisi può anche considerare la possibilità di consultare altri esperti o tutta la rete di coordinatori di crisi, se necessario ai fini della gestione della crisi, e può richiedere l'assistenza, in permanenza o ad hoc, di esperti specifici.
3. Il coordinatore di crisi della Commissione (o il suo supplente) presiede l'unità di crisi e assicura il buon funzionamento dell'unità di crisi e la distribuzione dei compiti tra i membri, tenendo conto delle loro competenze. Non appena l'unità di crisi è stata istituita, il presidente invita i membri della rete di coordinatori di crisi a una prima riunione.
4. Il presidente assicura il coordinamento tra il lavoro dell'unità di crisi ed il processo decisionale. Egli è assistito da uno o più esperti tecnici appropriati provenienti dalle unità tecniche interessate della Commissione.
5. I coordinatori di crisi degli Stati membri interessati garantiscono la partecipazione, in termini di disponibilità, competenza e livello di responsabilità, alle riunioni e alle audioconferenze e videoconferenze dell'unità di crisi. L'EFSA, l'ECDC e il laboratorio di riferimento dell'Unione interessato forniscono, nell'ambito delle loro competenze, l'assistenza scientifica e tecnica eventualmente necessaria.
6. L'unità di crisi è incaricata di mantenere stretti contatti e scambi di informazioni con i portatori di interessi.
7. L'unità di crisi è incaricata di elaborare la strategia di comunicazione coordinata nei confronti del pubblico e in particolare di redigere in tempo reale messaggi basati su dati concreti.
8. La Commissione fornisce adeguati servizi di segreteria per organizzare le riunioni dell'unità di crisi (ad esempio redazione di verbali e altre necessità amministrative) e mette a disposizione dell'unità di crisi le risorse umane e materiali necessarie per il suo buon funzionamento (ad esempio sale per riunioni, mezzi di comunicazione ecc.). L'unità di crisi si avvale dei mezzi tecnici disponibili nel quadro delle reti di allarme esistenti per comunicare o diffondere informazioni, in particolare per trasmettere le richieste di informazioni e raccogliere tali informazioni.
Articolo 16
Risoluzione della crisi
Le procedure di cui agli articoli 14 e 15 restano in vigore finché la crisi non sia stata risolta.
Previa consultazione dell'unità di crisi, la Commissione decide se la crisi sia completamente risolta o possa essere declassata a incidente per il quale sia necessario solamente un coordinamento rafforzato a livello dell'Unione. In caso di decisione in tal senso, tutti i membri dell'unità di crisi sono informati della risoluzione.
Oltre alle informazioni sui prodotti interessati e sulle misure adottate, trasmesse attraverso il sistema RASFF, la Commissione può chiedere agli Stati membri di fornire informazioni su nuovi casi rilevati nell'uomo al fine di valutare le tendenze e decidere in merito alla risoluzione della crisi.
Articolo 17
Valutazione post-crisi
La Commissione elabora una relazione, come minimo dopo ogni situazione che ha richiesto l'istituzione di un'unità di crisi, che comporta una valutazione post-incidente, compresa una consultazione dei soggetti coinvolti e di altri portatori di interessi.
Alla luce di tale valutazione è organizzata una riunione di tutti i coordinatori di crisi per determinare i possibili insegnamenti da trarre e, se del caso, evidenziare i miglioramenti necessari per quanto riguarda le procedure operative e gli strumenti utilizzati nella gestione della crisi.
CAPO V
Procedure di gestione degli incidenti
Articolo 18
Principali procedure pratiche
Il coordinamento, ad opera della Commissione, della gestione di un incidente da parte dei servizi pertinenti consiste, a seconda dei casi:
a)
nell'analizzare i dati trasmessi mediante il sistema di allarme rapido appropriato (RASFF e/o SARR) per individuare le situazioni di cui all'articolo 10 o all'articolo 12;
b)
in caso di situazioni di cui all'articolo 10 o all'articolo 12, nel determinare le lacune a livello di dati e nel richiedere agli Stati membri o ai portatori di interessi di trasmettere informazioni supplementari mediante il sistema di allarme rapido appropriato nonché nel rintracciare, a monte e a valle, il percorso degli alimenti e dei mangimi interessati;
c)
nell'organizzare videoconferenze o audioconferenze con gli Stati membri interessati, le agenzie dell'Unione (EFSA e, se del caso, ECDC e altri organismi di valutazione), i pertinenti laboratori di riferimento europei ed esperti, compresa la rete di coordinatori di crisi di cui all'articolo 5, con la partecipazione aggiuntiva, se necessario, di rappresentanti in materia di sicurezza alimentare e salute pubblica;
d)
nel coordinare con gli Stati membri e le agenzie dell'Unione una valutazione iniziale degli effetti sulla salute pubblica;
e)
nel coordinare le linee di comunicazione e gli interventi tra la Commissione, gli Stati membri e l'EFSA e, se pertinente, con altre agenzie dell'Unione, i partner commerciali e altri portatori di interessi;
f)
nell'inviare, se necessario, missioni di esperti in loco a sostegno delle indagini;
g)
nell'avvalersi, in funzione della situazione, di una parte o della totalità della rete di coordinatori di crisi per raccogliere e diffondere informazioni e coordinare le azioni pertinenti menzionate.
Articolo 19
Procedure pratiche supplementari
La Commissione, in collaborazione con l'EFSA e se del caso con l'ECDC, predispone inoltre una serie di procedure e strumenti supplementari per favorire una risoluzione dell'incidente il più rapida possibile e limitare i suoi effetti sulla salute pubblica. Tali procedure possono in particolare comprendere:
a)
una rapida caratterizzazione e individuazione delle fonti dei focolai tramite il mantenimento e l'uso di una banca dati sulla tipizzazione molecolare degli agenti patogeni riscontrati nell'uomo, negli animali, negli alimenti e nei mangimi;
b)
in caso di rischio biologico, valutazioni rapide dei focolai realizzate congiuntamente dall'EFSA e dall'ECDC secondo una procedura operativa standard concordata;
c)
un quadro per una rapida valutazione del rischio chimico da parte dell'EFSA;
d)
procedure per monitorare gli effetti degli interventi attuati.
CAPO VI
Comunicazione
Articolo 20
Trasparenza e comunicazione
Agli scambi di informazioni nel quadro del sistema RASFF si applicano le regole di riservatezza specifiche di cui all'articolo 52 del regolamento (CE) n. 178/2002. Ove sia individuato un rischio, la comunicazione è destinata principalmente a rispondere, in modo sia proattivo che reattivo, alle domande della stampa, del pubblico o dei partner commerciali in merito ai pericoli rilevati, al rischio presentato e alle misure adottate.
Articolo 21
Strategia di comunicazione durante tutti gli incidenti
1. Nel corso di un incidente la Commissione coordina, nel quadro della risposta, la comunicazione al pubblico di informazioni chiare, mirate ed efficaci relative alla valutazione e alla gestione del rischio, comprese le situazioni di incertezza. Le informazioni destinate al pubblico sono tempestive, fondate, attendibili e coerenti tra l'Unione e gli Stati membri. La Commissione, l'EFSA, l'ECDC e gli Stati membri coordinano la loro comunicazione in modo trasparente per evitare di trasmettere messaggi contrastanti e informazioni contraddittorie.
2. Nel quadro del coordinamento la Commissione, l'EFSA, l'ECDC - nei casi che rientrano nelle sue competenze specifiche - e gli Stati membri si informano reciprocamente in anticipo in merito agli annunci previsti di loro pertinenza e relativi al focolaio (ad esempio per audioconferenza). Gli Stati membri informano inoltre gli operatori del settore alimentare interessati non appena siano state raccolte prove attendibili sulla possibile fonte di un focolaio.
3. Gli Stati membri sono informati tramite i rispettivi coordinatori di crisi affinché sia garantita la coerenza della comunicazione del rischio. La Commissione mantiene informati il comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi e il comitato per la sicurezza sanitaria in merito alla gestione della crisi e alla sua strategia di comunicazione.
4. È fatto ricorso alla rete internazionale delle autorità preposte alla sicurezza alimentare dell'OMS (INFOSAN) quando il pericolo rilevato si ripercuote sugli scambi commerciali da o verso i paesi terzi, fatta salva la necessità di ulteriori scambi bilaterali di informazioni con i partner commerciali e con le autorità competenti dei paesi terzi.
5. La Commissione e gli Stati membri forniscono informazioni supplementari alle pertinenti organizzazioni internazionali come l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), l'Organizzazione mondiale per la salute animale (OIE) e l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO), a seconda dei casi.
6. I compiti dettagliati relativi alla comunicazione di crisi nel quadro della rete di coordinatori di crisi sono definiti nell'allegato I.
Articolo 22
Strategia specifica di comunicazione dell'unità di crisi
1. Nelle situazioni che richiedono l'istituzione di un'unità di crisi, l'unità di crisi provvede al coordinamento delle comunicazioni e mette a punto immediatamente una strategia specifica di comunicazione al fine di mantenere il pubblico informato sui rischi e sulle misure adottate. La Commissione elabora un modello standard per tale strategia. La strategia di comunicazione definisce i messaggi chiave per i principali gruppi destinatari e i principali mezzi di comunicazione per diffonderli.
2. La strategia di comunicazione, avvalendosi delle procedure pratiche di cui al capo V, mira ad informare il pubblico e gli operatori economici, compresi i partner commerciali nel settore alimentare, tramite i seguenti mezzi:
a)
messaggi coordinati e coerenti;
b)
una comunicazione efficace in merito ai rischi;
c)
la messa in evidenza delle indagini in corso e delle misure precauzionali adottate qualora la fonte sia incerta;
d)
la fornitura di prove attendibili (risultati di analisi, prove epidemiologiche ecc.), a sostegno delle posizioni e delle misure adottate;
e)
la fornitura di garanzie sulla sicurezza dei prodotti non coinvolti dalla crisi, anche grazie ad informazioni chiare sui tipi di prodotti interessati e su quelli che non lo sono;
f)
la diffusione di messaggi sulle misure adottate con successo e sui risultati ottenuti, sulla base di prove attendibili: ad esempio l'individuazione e il ritiro delle partite interessate a seguito di attività di indagine efficaci.
3. Gli Stati membri direttamente interessati dall'incidente e i membri dell'unità di crisi si adoperano per far sì che le loro azioni di comunicazione siano coerenti con la strategia di comunicazione adottata dall'unità di crisi.
4. La strategia di comunicazione comprende lo sviluppo di appropriati contatti con i paesi terzi interessati al fine di fornire loro informazioni chiare, precise e coerenti sull'andamento della gestione della crisi in questione.
CAPO VII
Disposizioni finali
Articolo 23
Piano pluriennale
La Commissione elabora un piano quinquennale per l'attuazione del piano generale, che deve essere successivamente aggiornato ogni cinque anni sulla base delle esigenze individuate.
Articolo 24
Abrogazione
La decisione 2004/478/CE della Commissione è abrogata.
Articolo 25
Entrata in vigore
La presente decisione entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Fatto a Bruxelles, il 19 febbraio 2019
Per la Commissione
Il presidente
Jean-Claude JUNCKER
(1) GU L 31 dell'1.2.2002, pag. 1.
(2) Decisione 2004/478/CE della Commissione, del 29 aprile 2004, relativa all'adozione di un piano generale di gestione delle crisi nel settore degli alimenti e dei mangimi (GU L 160 del 30.4.2004, pag. 98).
(3) Documento di lavoro dei servizi della Commissione The REFIT evaluation of the General Food Law [Regulation (EC) No 178/2002] (Valutazione REFIT della legislazione alimentare generale [regolamento (CE) n. 178/2002]), SWD(2018)37 del 15.1.2018.
(4) https://ec.europa.eu/energy/en/group-experts
(5) Decisione n. 1082/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013, relativa alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero e che abroga la decisione n. 2119/98/CE (GU L 293 del 5.11.2013, pag. 1).
(6) Regolamento (UE) 2017/625 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2017, relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l'applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fitosanitari, recante modifica dei regolamenti (CE) n. 999/2001, (CE) n. 396/2005, (CE) n. 1069/2009, (CE) n. 1107/2009, (UE) n. 1151/2012, (UE) n. 652/2014, (UE) 2016/429 e (UE) 2016/2031 del Parlamento europeo e del Consiglio, dei regolamenti (CE) n. 1/2005 e (CE) n. 1099/2009 del Consiglio e delle direttive 98/58/CE, 1999/74/CE, 2007/43/CE, 2008/119/CE e 2008/120/CE del Consiglio, e che abroga i regolamenti (CE) n. 854/2004 e (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 89/608/CEE, 89/662/CEE, 90/425/CEE, 91/496/CEE, 96/23/CE, 96/93/CE e 97/78/CE del Consiglio e la decisione 92/438/CEE del Consiglio (regolamento sui controlli ufficiali) (GU L 95 del 7.4.2017, pag. 1).
(7) https://ec.europa.eu/food/sites/food/files/safety/docs/rasff_fipronil-incident_conclusions_201709.pdf
(8) Direttiva 2003/99/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 novembre 2003, sulle misure di sorveglianza delle zoonosi e degli agenti zoonotici, recante modifica della decisione 90/424/CEE del Consiglio e che abroga la direttiva 92/117/CEE del Consiglio (GU L 325 del 12.12.2003, pag. 31).
(9) https://ec.europa.eu/food/safety/btsf_en
ALLEGATO I
Compiti dei coordinatori di crisi a norma dell'articolo 5
Compiti generali
Il coordinatore di crisi di ciascuno Stato membro agisce come punto di contatto unico per garantire:
—
il coordinamento in caso di incidenti o crisi derivanti da alimenti o mangimi a livello nazionale;
—
un uso efficiente delle reti di allarme in caso di incidenti o situazioni di crisi;
—
la presentazione, su richiesta della Commissione, del piano nazionale di emergenza nel corso delle riunioni dei coordinatori di crisi;
—
la partecipazione alle audioconferenze organizzate dalla Commissione in caso di coordinamento rafforzato o situazioni di crisi e il relativo follow-up;
—
una volta superata una crisi, un feedback in sede di riunione su eventuali lacune e possibilità di miglioramento;
—
la creazione di legami solidi tra i coordinatori di crisi e di una relazione di fiducia tra i partner attraverso lo scambio di esperienze;
—
la partecipazione ad esercizi di simulazione a livello nazionale ed europeo, compresi quelli organizzati dall'EFSA e da altre istanze europee.
Compiti relativi alla comunicazione di crisi
I coordinatori di crisi, nell'ambito delle loro competenze, sono inoltre incaricati di coordinare a livello nazionale e dell'Unione la comunicazione di crisi (ad esempio misure adottate, raccomandazioni relative alla salute ecc.).
I compiti di comunicazione comprendono:
—
garantire a livello nazionale il rispetto dei principi di trasparenza e della strategia di comunicazione di cui al capo VI;
—
contribuire alla definizione di una strategia di comunicazione globale per la gestione degli incidenti o delle crisi derivanti da alimenti o mangimi;
—
fornire ai responsabili politici consulenze e orientamenti in materia di comunicazione di crisi, ad esempio sulle modalità per presentare al pubblico le misure sanitarie adottate;
—
elaborare messaggi chiave/linee da adottare (LTT) tra i partner in caso di incidente o crisi tramite le reti dedicate o audioconferenze;
—
diffondere i messaggi chiave sui social media o utilizzando altri strumenti (ad esempio su una pagina web specifica), tra cui la rete di esperti di comunicazione dell'EFSA, se necessario;
—
monitorare le reazioni dei media e dell'opinione pubblica (ad esempio sui social media) durante un incidente o una crisi e riferire in merito alla rete;
—
coordinare gli strumenti di comunicazione basati sulla domanda (ad esempio FAQ, linee di assistenza telefonica ecc.);
—
garantire la coerenza con le valutazioni del rischio effettuate dall'EFSA e dall'ECDC, comprese le valutazioni rapide dei focolai realizzate congiuntamente, e con le attività di comunicazione correlate;
—
durante una situazione di crisi essere consultati sui comunicati dell'EFSA o dell'ECDC, prima della loro diffusione, relativi alla comunicazione scientifica del rischio.
ALLEGATO II
Fonti per la raccolta di informazioni sugli incidenti di cui all'articolo 9
La Commissione monitora e raccoglie in modo continuo informazioni dalle seguenti fonti:
(1)
il sistema di allarme rapido per gli alimenti e i mangimi (RASFF) di cui all'articolo 50 del regolamento (CE) n. 178/2002;
(2)
se pertinente, il sistema di allarme rapido e di reazione (SARR) di cui all'articolo 8 della decisione n. 1082/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (1);
(3)
l'EFSA, comprese le sue reti scientifiche (2);
(4)
l'ECDC, compreso il sistema di ricerca delle informazioni sulle epidemie (EPIS) (3), una piattaforma di comunicazione che consente ad esperti designati nel campo della sicurezza alimentare e della salute pubblica di scambiare informazioni tecniche per valutare se le minacce per la salute pubblica attuali ed emergenti possano avere un impatto in Europa;
(5)
la raccolta congiunta EFSA/ECDC sui dati relativi alla tipizzazione molecolare;
(6)
la relazione annuale di sintesi dell'Unione, redatta dall'EFSA e dall'ECDC, su tendenze e fonti di zoonosi, agenti zoonotici e focolai di tossinfezione alimentare (4);
(7)
il comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi (comitato PAFF) (5);
(8)
la rete europea dei laboratori di riferimento nazionali ed europei (6);
(9)
il comitato per la sicurezza sanitaria (CSS) (7):
(10)
il sistema per il trattamento delle informazioni per i controlli ufficiali (IMSOC), un sistema informatico che integra e, se necessario, aggiorna tutti i pertinenti sistemi informatici esistenti gestiti dalla Commissione, previsto agli articoli da 131 a 136 del regolamento (UE) 2017/625;
(11)
il sistema comunitario per uno scambio rapido di informazioni in caso di emergenza radiologica (ECURIE);
(12)
contatti diretti con altre agenzie dell'Unione oltre all'EFSA (ECDC, ECHA ed EMA), gli Stati membri e portatori di interessi del settore privato;
organizzazioni internazionali pertinenti, come l'Organizzazione mondiale per la salute animale (OIE), l'Organizzazione per l'alimentazione e l'agricoltura delle Nazioni Unite (FAO) e l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), in particolare attraverso la rete internazionale delle autorità preposte alla sicurezza alimentare dell'OMS (INFOSAN) (8) e nell'ambito del regolamento sanitario internazionale (RSI) (9) e dell'Iniziativa per la sicurezza sanitaria globale (10).
(1) Decisione n. 1082/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013, relativa alle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero e che abroga la decisione n. 2119/98/CE (GU L 293 del 5.11.2013, pag. 1).
(2) http://efsa.europa.eu/en/science/wgs-and-networks
(3) https://ecdc.europa.eu/en/publications-data/epidemic-intelligence-information-system-epis
(4) Ultima versione: http://www.efsa.europa.eu/en/efsajournal/pub/4634
(5) https://ec.europa.eu/food/committees/paff_en
(6) https://ec.europa.eu/food/safety/official_controls/legislation/ref-labs_en
(7) https://ec.europa.eu/health/preparedness_response/risk_management/hsc_it
(8) http://www.who.int/foodsafety/areas_work/infosan/en/
(9) http://www.who.int/topics/international_health_regulations/en/
(10) http://www.ghsi.ca/english/index.asp | Sicurezza degli alimenti e dei mangimi — Piano per la gestione delle crisi
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Questo atto di esecuzione punta a ridurre al minimo la portata e l’impatto degli incidenti derivanti da alimenti o mangimi sulla sulla salute pubblica. Stabilisce un piano per la gestione della crisi per garantire che l’UE sia pronta ad affrontare con efficacia un eventuale focolaio. Essa abroga la decisione 2004/478/CE.
PUNTI CHIAVE
Il piano per la gestione della crisi:entra in vigore se un incidente* richiede un più stretto contatto («coordinamento rafforzato») tra Stati membri o, se è più grave, si rende necessaria l’istituzione di una unità di crisi; definisce procedure pratiche, compresa una strategia di comunicazione, per preparare e gestire qualsiasi focolaio che richieda un intervento dell’UE; si applica a situazioni che comportano rischi diretti o indiretti per la salute pubblica derivanti da alimenti e mangimi che non possono essere prevenuti, eliminati o ridotti dalle disposizioni in vigore. Ciascuno Stato membro, l’autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e la Commissione europea designano un coordinatore di crisi che agisce come punto di contatto unico. Il coordinatore di crisi:si riunisce regolarmente, almeno una volta all’anno; presenta iniziative a livello dell’Unione; condivide i piani nazionali di emergenza; ha precisi compiti generali e di comunicazione; cura il follow-up e valuta come viene gestita la crisi. Coordinamento rafforzato — il primo livello di risposta dell’UE — viene avviato quando si presenta:in due o più Stati membri un rischio diretto o indiretto per la salute pubblica dovuto ad alimenti o nei mangimi; o una seria possibilità che ci possa essere un impatto sul mercato dell’UE nel settore degli alimenti e dei mangimi; e in presenza diun impatto elevato sulla salute connesso al pericolo rilevato;un disaccordo tra gli Stati membri sui provvedimenti da adottare; o,difficoltà nell’individuare la fonte del rischio. In tali casi, la Commissione:organizza le riunioni periodiche dei coordinatori di crisi; collega il Sistema di allarme rapido e di reazione (istituito con la decisione 1082/2013/UE sulle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero, compreso il sistema di allarme rapido per gli alimenti e i mangimi; assicura, con i governi dei paesi dell’UE, il mantenimento di una rete di laboratori europei e nazionali che forniscono analisi rapide e di alta qualità; offre formazione, comprendente anche esercizi di simulazione, sulla preparazione alle crisi e indagini sui focolai di tossinfezione alimentare*; raccoglie, monitora e analizza i dati sulle minacce transfrontaliere dirette e indirette, provenienti da una serie di fonti di informazione europee e internazionali, tra le quali EFSA e l’Organizzazione mondiale della sanità; elabora un piano quinquennale per l’attuazione del piano generale, aggiornato ogni cinque anni. La Commissione può decidere di aumentare il livello di risposta dell’UE e istituire un’unità di crisi quando: due o più Stati membri identificano un rischio diretto o indiretto per la salute pubblica che comporti una situazione particolarmente sensibile sul piano politico; equalora si sia verificato, o si possa prevedere, un numero elevato di decessi; osi verifichi un ripetersi di incidenti che comporti un grave rischio per la salute umana; ovi siano sospetti o indicazioni di terrorismo biologico o chimico o di forte contaminazione radioattiva. L’unità di crisi:elabora, coordina e attua una strategia di risposta alla crisi, compreso un piano di comunicazione; con l’assistenza dell’EFSA e di altri esperti, coordina le indagini di rintracciabilità dei prodotti interessati e il relativo richiamo. è composta dai coordinatori di crisi nazionali, della Commissione e di EFSA e da rappresentanti di altre agenzie dell’Unione, se pertinente; continua a operare fino a quando la Commissione decide se la crisi sia completamente risolta o possa essere declassata al livello del coordinamento rafforzato. Tutti i coordinatori di crisi, sulla base del rapporto di follow-della Commissione, si riuniscono per determinare i possibili insegnamenti da trarre e, se del caso, evidenziare i miglioramenti necessari
La strategia di comunicazione prevede che la Commissione coordini la comunicazione al pubblico di informazioni chiare, mirate ed efficaci relative alla valutazione dell’incidente e alla gestione del rischio. Le informazioni, sia a livello nazionale che dell’Unione, sono tempestive, fondate, attendibili.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
La decisione è in vigore dal 13 marzo 2019.
CONTESTO
L’UE opera in base al principio secondo il quale prevenire è meglio che curare. Ha messo in atto un ampia serie di verifiche e standard per assicurare che gli alimenti prodotti e mangiati siano sicuri per il consumo umano.
Tuttavia, occasionalmente si verificano crisi, come quella dell’epidemia di BSE o «mucca pazza» negli anni ’90. Per reagire rapidamente ed efficacemente a tali minacce, ha messo in atto misure per evitare o ridurre al minimo qualsiasi minaccia alla salute pubblica o all’economia.
Per maggiori informazioni, consultare:Preparazione alla crisi e gestione (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Incidente: l’individuazione di un pericolo biologico, chimico o fisico negli alimenti, nei mangimi o nell’uomo che potrebbe comportare un rischio per la salute pubblica.
Focolaio di tossinfezione alimentare: due o più casi di persone colpite dalla stessa malattia e/o infezione, probabilmente correlata alla stessa fonte alimentare.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione di esecuzione (UE) 2019/300 della Commissione, del 19 febbraio 2019, che istituisce un piano generale per la gestione delle crisi riguardanti la sicurezza degli alimenti e dei mangimi (GU L 50 del 21.2.2019, pag. 55).
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GU L 31 dell’1.2.2002, pag. 1).
Successive modifiche al regolamento (CE) n. 178/2002 sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha solo un valore documentale.
Regolamento (UE) 2017/625 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2017, relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l’applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fitosanitari, recante modifica dei regolamenti (CE) n. 999/2001, (CE) n. 396/2005, (CE) n. 1069/2009, (CE) n. 1107/2009, (UE) n. 1151/2012, (UE) n. 652/2014, (UE) 2016/429 e (UE) 2016/2031 del Parlamento europeo e del Consiglio, dei regolamenti (CE) n. 1/2005 e (CE) n. 1099/2009 del Consiglio e delle direttive 98/58/CE, 1999/74/CE, 2007/43/CE, 2008/119/CE e 2008/120/CE del Consiglio, e che abroga i regolamenti (CE) n. 854/2004 e (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 89/608/CEE, 89/662/CEE, 90/425/CEE, 91/496/CEE, 96/23/CE, 96/93/CE e 97/78/CE del Consiglio e la decisione 92/438/CEE del Consiglio (regolamento sui controlli ufficiali) (GU L 95 del 7.4.2017, pag. 1).
Si veda la versione consolidata.
Decisione n. 1082/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2013 sulle gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero e che abroga la Decisione n. 2119/98/CE (GU L 293 del 5.11.2013, pag. 1).
Si veda la versione consolidata.
Direttiva 2003/99/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 novembre 2003 relativa al monitoraggio delle zoonosi e degli agenti zoonotici, che modifica la Decisione 90/424/CEE del Consiglio e abroga la Direttiva 92/117/CEE del Consiglio (GU L 325 del 12.12.2003, pag. 31).
Si veda la versione consolidata. | 15,316 | 59 |
31998R2532 | false | Regolamento (CE) n. 2532/98 del Consiglio del 23 novembre 1998 sul potere della Banca centrale europea di irrogare sanzioni
Gazzetta ufficiale n. L 318 del 27/11/1998 pag. 0004 - 0007
REGOLAMENTO (CE) N. 2532/98 DEL CONSIGLIO del 23 novembre 1998 sul potere della Banca centrale europea di irrogare sanzioniIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea (in appresso denominato «il trattato»), in particolare l'articolo 108 A, paragrafo 3, e l'articolo 34.3 del protocollo n. 3 sullo statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea (in appresso denominato «lo statuto»),vista la raccomandazione della Banca centrale europea (in appresso denominata «la BCE») (1),visto il parere del Parlamento europeo (2),visto il parere della Commissione (3),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 106, paragrafo 6, del trattato e all'articolo 42 dello statuto e alle condizioni stabilite nell'articolo 109K del trattato, paragrafo 5, e al punto 7 del protocollo n. 11 su talune disposizioni relative al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord;(1) considerando che il presente regolamento, conformemente alle disposizioni congiunte degli articoli 34.3 e 43.1 dello statuto, al paragrafo 8 del protocollo n. 11 e al paragrafo 2 del protocollo n. 12 su talune disposizioni relative alla Danimarca, non conferisce alcun potere e non impone alcun obbligo agli Stati membri non partecipanti;(2) considerando che, in virtù dell'articolo 34.3 dello statuto, il Consiglio stabilisce i limiti e le condizioni in base ai quali la BCE ha il potere di infliggere alle imprese ammende o penalità di mora in caso di inosservanza degli obblighi imposti dai regolamenti e dalle decisioni da essa adottati;(3) considerando che le violazioni degli obblighi derivanti da regolamenti e decisioni della BCE possono verificarsi nelle diverse aree di competenza della BCE;(4) considerando che è opportuno, al fine di garantire un contesto uniforme per l'irrogazione delle sanzioni nei diversi settori di competenza della BCE, che tutte le disposizioni generali e procedurali per l'irrogazione di tali sanzioni siano contenute in un unico regolamento del Consiglio; che altri regolamenti del Consiglio prevedono sanzioni specifiche per settori specifici ma rinviano al presente regolamento per i principi e le procedure relative all'irrogazione di tali sanzioni;(5) considerando che per garantire un regime efficiente di amministrazione delle sanzioni il presente regolamento deve lasciare un margine discrezionale alla BCE sia per quanto concerne le relative procedure sia per la loro attuazione, nei limiti e alle condizioni previsti dal presente regolamento;(6) considerando che il Sistema europeo di banche centrali (il «SEBC») e la BCE hanno ricevuto l'incarico di predisporre la loro piena operatività nella terza fase dell'Unione economica e monetaria (in appresso denominata «terza fase»); che la tempestività dei preparativi è essenziale per consentire al SEBC di adempiere ai suoi compiti nella terza fase; che elemento essenziale dei preparativi è l'adozione, prima della terza fase, del regime di irrogazione di sanzioni alle imprese che non abbiano soddisfatto gli obblighi ad esse imposti da regolamenti e decisioni della BCE; che è opportuno informare quanto prima gli operatori del mercato delle modalità che la BCE ritenga eventualmente necessario stabilire per l'irrogazione di sanzioni; che è pertanto necessario che la BCE disponga, dalla data di entrata in vigore del presente regolamento, di un potere normativo;(7) considerando che le disposizioni del presente regolamento possono essere applicate efficacemente soltanto se gli Stati membri partecipanti adottano le misure necessarie per garantire che le autorità nazionali abbiano il potere, conformemente all'articolo 5 del trattato, di collaborare pienamente con la BCE e di apportarle un sostegno totale nell'attuazione della procedura per infrazione prevista dal presente regolamento;(8) considerando che la BCE deve avvalersi delle banche centrali nazionali per espletare i compiti del SEBC per quanto possibile e opportuno;(9) considerando che le decisioni che impongono un obbligo pecuniario, in virtù del presente regolamento, costituiscono titolo esecutivo conformemente all'articolo 192 del trattato,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1 Definizioni Ai fini del presente regolamento si intende/intendono per:1) «Stato membro partecipante», uno Stato membro che ha adottato la moneta unica conformemente al trattato;2) «banca centrale nazionale», la banca centrale di uno Stato membro partecipante;3) «imprese», le persone fisiche o giuridiche, soggetti privati o pubblici, ad eccezione dei soggetti pubblici nell'esercizio delle loro funzioni di autorità pubblica, residenti o stabilite in uno Stato membro partecipante, che siano tenute agli obblighi derivanti da regolamenti e decisioni della BCE, nonché le filiali o altri uffici permanenti di imprese situate in uno Stato membro partecipante e la cui amministrazione centrale o sede legale è situata al di fuori di uno Stato membro partecipante;4) «infrazione», il mancato rispetto da parte di un'impresa di un obbligo sancito da un regolamento o una decisione della BCE;5) «ammenda», l'importo forfettario che un'impresa è tenuta a versare a titolo di sanzione;6) «penalità di mora», le somme di denaro che, in caso di infrazione protratta, un'impresa è tenuta a versare a titolo di sanzione; queste sono calcolate per ciascun giorno di protratta infrazione, a decorrere dalla notifica all'impresa di una decisione, ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, secondo comma, che impone la cessazione di tale infrazione;7) «sanzione», tanto l'ammenda quanto la penalità di mora inflitte a seguito di un'infrazione.Articolo 2 Sanzioni 1. Ove non diversamente previsto da specifici regolamenti del Consiglio, i limiti per la BCE nell'irrogazione alle imprese di ammende e di penalità di mora sono i seguenti:a) ammende: fino all'ammontare massimo di 500 000 euro; eb) penalità di mora: fino all'ammontare massimo di 10 000 euro per ciascun giorno di protratta infrazione. Le penalità di mora possono essere irrogate con riferimento ad un periodo massimo di sei mesi a decorrere dalla data di notifica all'impresa della decisione, conformemente all'articolo 3, paragrafo 1.2. Nel decidere se irrogare una sanzione e nello stabilire la sanzione appropriata, la BCE si attiene al principio di proporzionalità.3. La BCE tiene conto, se pertinenti, delle circostanze del caso specifico, quali:a) da un lato, la buona fede e il grado di correttezza dell'impresa nell'interpretazione e nell'applicazione dell'obbligo a essa derivante da un regolamento o da una decisione della BCE, nonché il grado di diligenza e di cooperazione mostrato dall'impresa o, dall'altro lato, qualsiasi prova di malafede da parte dei rappresentanti dell'impresa;b) la gravità degli effetti dell'infrazione;c) la reiterazione, frequenza o durata dell'infrazione da parte dell'impresa;d) i profitti conseguiti dall'impresa a seguito dell'infrazione;e) la dimensione economica dell'impresa; ef) le precedenti sanzioni irrogate da altre autorità alla stessa impresa e basate sugli stessi fatti.4. Laddove l'infrazione consista nel mancato adempimento di un obbligo, l'applicazione di una sanzione non esenta l'impresa dall'adempimento di tale obbligo, salvo che la decisione adottata ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 4, stabilisca espressamente il contrario.Articolo 3 Norme procedurali 1. La decisione di avviare o meno una procedura per infrazione è adottata dal comitato esecutivo della BCE, d'ufficio o sulla base di una richiesta ad esso rivolta a tal fine dalla banca centrale nazionale dello Stato membro nella cui giurisdizione si è verificata l'infrazione. La stessa decisione può altresì essere adottata dalla banca centrale nazionale dello Stato membro nella cui giurisdizione si è verificata l'infrazione, d'ufficio o sulla base di una richiesta ad essa rivolta a tal fine dalla BCE.Tale decisione è notificata per iscritto all'impresa interessata, all'autorità di vigilanza competente e alla banca centrale nazionale dello Stato membro nella cui giurisdizione si è verificata l'infrazione o alla BCE. Con essa vengono resi noti all'impresa gli elementi delle contestazioni mosse nei suoi confronti e le prove su cui tali contestazioni si basano. Se del caso, con tale decisione si richiede di porre termine alla presunta infrazione e si informa l'impresa interessata della possibile irrogazione di penalità di mora.2. La decisione di cui al paragrafo 1 può esigere che l'impresa si sottoponga ad una procedura per infrazione. Nel quadro dell'applicazione di tale procedura, la BCE o, se del caso, la banca centrale nazionale, può:a) richiedere l'esibizione di documenti;b) esaminare i libri e i registri contabili dell'impresa;c) eseguire copie o estratti dei libri e dei registri contabili; ed) richiedere chiarimenti scritti o orali.Qualora un'impresa ostacoli lo svolgimento della procedura per infrazione, lo Stato membro partecipante sul cui territorio sono ubicati i locali di cui trattasi fornisce il sostegno necessario, in particolare facendo in modo che la BCE o la banca centrale nazionale abbia accesso ai locali dell'impresa, affinché possano essere esercitati i poteri di cui sopra.3. L'impresa interessata ha il diritto di essere ascoltata dalla BCE o, se del caso, dalla banca centrale nazionale. Le è concesso un periodo non inferiore a trenta giorni per presentare le proprie difese.4. Il comitato esecutivo della BCE, appena possibile dopo essere stato adito dalla banca centrale nazionale che ha avviato la procedura per infrazione o previa consultazione della banca centrale nazionale dello Stato membro nella cui giurisdizione si è verificata l'infrazione, adotta una decisione motivata sull'esistenza di un'infrazione commessa da un'impresa e sulla eventuale sanzione da irrogare.5. L'impresa interessata riceve notifica scritta della decisione ed è informata del suo diritto di richiederne il riesame. Tale decisione è notificata anche alle competenti autorità di vigilanza e alla banca centrale dello Stato membro nella cui giurisdizione si è verificata l'infrazione.6. L'impresa interessata ha il diritto di chiedere al consiglio direttivo della BCE il riesame della decisione presa dal comitato esecutivo. La richiesta è presentata entro trenta giorni dalla ricezione della notifica di tale decisione e contiene tutte le informazioni e le allegazioni a difesa. Tale richiesta è indirizzata in forma scritta al consiglio direttivo della BCE.7. La decisione del consiglio direttivo della BCE in risposta alla richiesta di riesame avanzata ai sensi del paragrafo 6 comprende i motivi della decisione ed è notificata per iscritto all'impresa interessata, alle autorità di vigilanza competenti per quell'impresa e alla banca centrale nazionale dello Stato membro nella cui giurisdizione si è verificata l'infrazione. Con la notificazione si informa l'impresa in merito al suo diritto di ricorso giurisdizionale. Nel caso in cui il consiglio direttivo della BCE non assuma alcuna decisione entro due mesi dalla richiesta, l'impresa interessata può proporre un ricorso giurisdizionale contro la decisione del comitato esecutivo conformemente al trattato.8. Nessuna sanzione è applicata nei confronti dell'impresa fino a quando la decisione non diventa definitiva per una delle seguenti cause:a) scadenza del periodo di trenta giorni di cui al paragrafo 6 senza che l'impresa abbia presentato richiesta di riesame al consiglio direttivo della BCE;b) notifica da parte del consiglio direttivo della BCE della propria decisione all'impresa oppure scadenza del periodo di cui al precedente paragrafo 7 senza che il consiglio direttivo abbia preso una decisione.9. Gli introiti provenienti da sanzioni inflitte dalla BCE appartengono alla BCE.10. Nel caso in cui un'infrazione riguardi esclusivamente una funzione attribuita al SEBC in virtù del trattato e dallo statuto, una procedura per infrazione può essere avviata soltanto sulla base del presente regolamento, a prescindere dall'esistenza di leggi o di regolamenti nazionali che prevedano una procedura distinta. Nel caso in cui un'infrazione riguardi anche una o più aree non di competenza del SEBC, il diritto di avviare una procedura per infrazione ai sensi del presente regolamento è indipendente da ogni diritto che la competente autorità nazionale ha di avviare una distinta procedura in relazione a tali aree non di competenza del SEBC. Sono salve l'applicazione della legge penale e le competenze di vigilanza prudenziale negli Stati membri partecipanti.11. Se è stato accertato con decisione che un'impresa ha commesso un'infrazione, tale impresa deve sostenere le spese relative alla procedura per infrazione.Articolo 4 Limiti temporali 1. Il potere di prendere la decisione di avviare una procedura per infrazione, previsto dal presente regolamento, si estingue allo scadere di un anno dalla data in cui la BCE o la banca centrale nazionale dello Stato membro nella cui giurisdizione si è verificata l'infrazione abbiano constatato per la prima volta l'infrazione e, in ogni caso, allo scadere di cinque anni dalla data in cui è stata commessa l'infrazione oppure, in caso di infrazione protratta, allo scadere di cinque anni dalla cessazione dell'infrazione.2. Il potere di prendere la decisione di irrogare sanzioni per le infrazioni previste dal presente regolamento si estingue allo scadere di un anno dalla data della decisione di avviare la procedura di cui all'articolo 3, paragrafo 1.3. Il potere di avviare una procedura per l'applicazione delle sanzioni si estingue allo scadere di sei mesi dalla data in cui la decisione è divenuta esecutiva in virtù dell'articolo 3, paragrafo 8.Articolo 5 Mezzi di ricorso La Corte di giustizia delle Comunità europee ha competenza giurisdizionale anche di merito ai sensi dell'articolo 172 del trattato per quanto riguarda le decisioni definitive che impongono una sanzione.Articolo 6 Disposizioni generali e potere normativo 1. In caso di conflitto tra le disposizioni del presente regolamento e le disposizioni di altri regolamenti del Consiglio che autorizzano la BCE ad irrogare sanzioni, prevalgono le disposizioni di questi ultimi.2. Nei limiti e alle condizioni stabiliti dal presente regolamento, la BCE può adottare regolamenti al fine di specificare ulteriormente i meccanismi in base ai quali è possibile irrogare sanzioni nel rispetto di quanto stabilito nel presente regolamento nonché indirizzi intesi a coordinare e armonizzare le procedure relative all'attuazione della procedura per infrazione.Articolo 7 Disposizioni finali Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.L'articolo 6 paragrafo 2 si applica a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente regolamento. I restanti articoli si applicano dal 1° gennaio 1999.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 23 novembre 1998.Per il ConsiglioIl presidenteR. EDLINGER(1) GU C 246 del 6. 8. 1998, pag. 9.(2) GU C 328 del 26. 10. 1998.(3) Parere espresso l'8 ottobre 1998 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale). | Il potere della BCE di irrogare sanzioni
SINTESI
La Banca centrale europea (BCE) conduce la politica monetaria dell’area dell’euro, con l’obiettivo primario di mantenere la stabilità dei prezzi, inoltre vigila sulle banche dell’area dell’euro e degli altri paesi dell’UE che hanno scelto di partecipare al meccanismo di vigilanza unico.
Nell’esercizio della sua politica monetaria e dei suoi compiti di vigilanza, la BCE può irrogare sanzioni alle imprese (ad esempio agli enti creditizi) che non rispettano gli atti giuridici della BCE o dell’UE.
CHE COSA FA IL REGOLAMENTO?
Esso stabilisce le condizioni in base alle quali la BCE può infliggere alle imprese ammende e penalità di mora in caso di inosservanza degli obblighi imposti dagli atti legali della BCE e dell’UE.
PUNTI CHIAVE
Il limite massimo per le ammende alle imprese è di 500 000 EUR, o, nel caso di sanzioni comminate in relazione ai compiti di vigilanza della BCE, il doppio della quantità dei profitti ricavati o delle perdite evitate a causa della violazione o il 10 % del fatturato annuo totale dell’impresa.
Il limite massimo per le penalità di mora è di 10 000 EUR per ogni giorno di violazione, o, nel caso di sanzioni comminate in relazione ai compiti di vigilanza della BCE, il 5 % del fatturato medio giornaliero per ogni giorno di violazione.
Quando si considera una sanzione, la BCE tiene conto:
della buona fede e della correttezza dell’impresa interessata,
della gravità degli effetti dell’infrazione,
dei profitti conseguiti dall’impresa a seguito dell’infrazione,
della dimensione economica dell’impresa,
delle eventuali precedenti sanzioni irrogate all’impresa per la stessa infrazione da altre autorità competenti.
Il comitato esecutivo decide se avviare una procedura d’infrazione.
L’impresa interessata ha non meno di 30 giorni di tempo per presentare la sua difesa alla BCE o alla sua banca centrale nazionale.
Il comitato esecutivo adotta una decisione motivata sull’opportunità di irrogare sanzioni all’impresa. Entro 30 giorni dal ricevimento della decisione, l’impresa può chiedere al consiglio direttivo di rivedere la decisione, in mancanza di ciò, la decisione diventa definitiva.
Se richiesto, il consiglio direttivo rivedrà la decisione del comitato esecutivo e informerà l’impresa interessata della sua conclusione. Esso informerà l’impresa in merito al suo diritto di ricorso giurisdizionale.
La procedura di infrazione deve essere attivata entro un anno dalla data in cui la BCE o la banca centrale nazionale della giurisdizione in cui si è verificata l’infrazione hanno constatato l’infrazione. Allo scadere di questo termine, decade il diritto.
Il regolamento (UE) 2015/159 del Consiglio ha aggiunto nuove disposizioni per consentire alla BCE di irrogare sanzioni nell’esercizio dei suoi compiti di vigilanza. Le nuove regole stabiliscono le ammende, i termini e le modalità che si applicano in questi casi.
ATTO
Regolamento (CE) n. 2532/98 del Consiglio, del 23 novembre 1998, sul potere della Banca centrale europea di irrogare sanzioni. (GU L 318 del 27.11.1998, pag. 4.-7) | 5,585 | 131 |
32004R0501 | false | Regolamento (CE) n. 501/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, relativo ai conti finanziari trimestrali delle amministrazioni pubbliche (Testo rilevante ai fini del SEE)
Gazzetta ufficiale n. L 081 del 19/03/2004 pag. 0001 - 0005
Regolamento (CE) n. 501/2004 del Parlamento europeo e del Consigliodel 10 marzo 2004relativo ai conti finanziari trimestrali delle amministrazioni pubbliche(Testo rilevante ai fini del SEE)IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 285,vista la proposta della Commissione,visto il parere della Banca centrale europea(1),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(2),considerando quanto segue:(1) Il regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio, del 25 giugno 1996, relativo al sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella Comunità(3) costituisce il quadro di riferimento di norme, definizioni, classificazioni e principi contabili comuni per l'elaborazione dei conti degli Stati membri ai fini delle esigenze statistiche della Comunità europea, per ottenere risultati comparabili fra gli Stati membri.(2) La relazione del comitato monetario sulle esigenze in materia di informazione, approvata dal Consiglio ECOFIN il 18 gennaio 1999, sottolinea che, per il buon funzionamento dell'Unione economica e monetaria e del mercato unico, la sorveglianza e il coordinamento efficaci delle politiche economiche rivestono grande importanza, e che ciò presuppone un sistema di informazione statistica completo che fornisca ai responsabili politici i dati necessari per le loro decisioni. La relazione afferma altresì che le statistiche congiunturali delle finanze pubbliche degli Stati membri dovrebbero essere considerate altamente prioritarie, in particolare quelle degli Stati membri che partecipano all'Unione economica e monetaria, e che l'obiettivo da raggiungere è quello di compilare conti finanziari trimestrali per il settore delle amministrazioni pubbliche, secondo un approccio graduale.(3) I dati nazionali trimestrali dei conti finanziari (operazioni e conti patrimoniali) delle amministrazioni pubbliche rappresentano una parte considerevole dell'insieme delle operazioni finanziarie e dei conti patrimoniali finanziari nella zona euro e forniscono informazioni importanti ai fini dell'attuazione della politica monetaria. A questo riguardo, e per le proprie necessità, il consiglio direttivo della Banca centrale europea ha adottato regolamenti e orientamenti intesi a garantire la trasmissione alla Banca centrale europea di dati infra-annuali sulle statistiche finanziarie e sui conti finanziari nazionali.(4) Informazioni relative al settore di contropartita per le operazioni finanziarie e i conti patrimoniali delle amministrazioni pubbliche sono necessarie per consentire un'analisi esaustiva dei finanziamenti e degli investimenti finanziari delle amministrazioni pubbliche per settore di contropartita e per strumento.(5) Il regolamento (CE) n. 264/2000 della Commissione, del 3 febbraio 2000, relativo all'attuazione del regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio con riferimento alle statistiche congiunturali della finanza pubblica(4) e il regolamento (CE) n. 1221/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 giugno 2002, per quanto riguarda i conti trimestrali non finanziari delle amministrazioni pubbliche(5) specificano i dati trimestrali non finanziari per le amministrazioni pubbliche che gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat).(6) Gli articoli 2 e 3 del regolamento (CE) n. 2223/96 stabiliscono le condizioni alle quali la Commissione può adottare modifiche della metodologia del sistema europeo dei conti per chiarirne e migliorarne il contenuto. La compilazione di conti finanziari trimestrali delle amministrazioni pubbliche richiederà risorse supplementari negli Stati membri e non può pertanto essere oggetto di una decisione della Commissione, ma dovrebbe piuttosto essere adottata con un regolamento specifico del Parlamento europeo e del Consiglio.(7) Il comitato del programma statistico (CPS) istituito dalla decisione 89/382/CEE, Euratom del Consiglio(6) e il comitato delle statistiche monetarie, finanziarie e della bilancia dei pagamenti (CMFB), istituito dalla decisione 91/115/CEE del Consiglio(7), si sono espressi a favore della presente proposta di regolamento,HANNO ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1OggettoScopo del presente regolamento è quello di elencare e precisare le principali caratteristiche delle categorie di operazioni finanziarie e di attività e passività finanziarie del settore delle amministrazioni pubbliche e di ciascuno dei suoi sottosettori, come definite dal Sistema europeo dei conti (SEC 95), da trasmettere trimestralmente alla Commissione (Eurostat), secondo un approccio graduale.Articolo 2Compilazione dei dati trimestrali: fonti e metodi1. Per ottenere statistiche di alta qualità, i dati trimestrali relativi alle operazioni finanziarie e alle attività e passività finanziarie si basano, nella misura del possibile, su informazioni messe direttamente a disposizione dalle amministrazioni pubbliche. Tuttavia, i dati trimestrali relativi alle azioni non quotate (AF.512) e altre partecipazioni (AF.513), come definiti e codificati nel SEC 95 e detenuti dalle unità delle amministrazioni pubbliche, possono essere stimati per interpolazione e estrapolazione sulla base dei dati annuali corrispondenti.2. La compilazione dei dati trimestrali per le operazioni finanziarie e le attività e passività finanziarie è conforme alle regole del SEC 95, in particolare per quanto riguarda la classificazione settoriale delle unità istituzionali, le regole di consolidamento, la classificazione delle operazioni finanziarie e delle attività e passività finanziarie, il momento della registrazione e i criteri di valutazione.3. I dati trimestrali e i dati annuali corrispondenti trasmessi alla Commissione in conformità al regolamento (CE) n. 2223/96 sono tra loro coerenti.4. I dati trimestrali relativi alle attività e passività finanziarie si riferiscono agli importi delle attività e passività in essere alla fine di ogni trimestre.Articolo 3Trasmissione di dati trimestrali sulle operazioni finanziarie e sulle attività e passività finanziarie1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) dati trimestrali relativi alle operazioni finanziarie (F.) e alle consistenze di attività e passività finanziarie (AF.) per gli strumenti qui di seguito elencati, definiti e codificati nel SEC 95:a) oro monetario e diritti speciali di prelievo (DSP) (F.1 e AF.1);b) biglietti, monete e depositi (F.2 e AF.2);c) titoli a breve termine diversi dalle azioni, esclusi gli strumenti finanziari derivati (F.331 e AF.331);d) titoli a lungo termine diversi dalle azioni, esclusi gli strumenti finanziari derivati (F.332 e AF.332);e) strumenti finanziari derivati (F.34 e AF.34);f) prestiti a breve termine (F.41 e AF.41);g) prestiti a lungo termine (F.42 e AF.42);h) azioni e altre partecipazioni (F.5 e AF.5);i) diritti netti delle famiglie sulle riserve tecniche di assicurazione-vita e sulle riserve dei fondi pensione (F.61 e AF.61);j) riserve premi e riserve sinistri (F.62 e AF.62);k) altri conti attivi e passivi (F.7 e AF.7).2. Gli Stati membri trasmettono inoltre alla Commissione (Eurostat) i seguenti dati trimestrali per il sottosettore amministrazioni centrali (S.1311) di cui all'articolo 4:a) azioni quotate (F.511 e AF.511), per quanto riguarda le operazioni su attività finanziarie e lo stock di attività finanziarie;b) biglietti e monete (F.21 e AF.21), per quanto riguarda le operazioni su passività finanziarie e lo stock di passività finanziarie.Articolo 4Copertura del settore e dei sottosettori delle amministrazioni pubblicheGli Stati membri trasmettono dati trimestrali per il settore e i sottosettori delle amministrazioni pubbliche (S.13) come definiti e codificati dal SEC 95:- amministrazioni centrali (S.1311),- amministrazioni di Stati federati (S.1312),- amministrazioni locali (S.1313),- enti di previdenza e assistenza sociale (S.1314).Articolo 5Natura dei dati trimestrali coperti da trasmettere1. I dati trimestrali di cui all'articolo 3 sono trasmessi in forma consolidata per i sottosettori delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 4.2. I dati trimestrali di cui all'articolo 3 sono trasmessi in forma consolidata e non consolidata per il settore delle amministrazioni pubbliche (S.13) di cui all'articolo 4.3. I dati trimestrali ripartiti per settore di contropartita sono trasmessi per i sottosettori amministrazioni centrali (S.1311) e enti di previdenza e assistenza sociale (S.1314) di cui all'articolo 4 e all'allegato del presente regolamento.Articolo 6Calendario per la trasmissione dei dati trimestrali1. I dati trimestrali di cui agli articoli 3, 4 e 5 sono trasmessi alla Commissione (Eurostat) entro tre mesi dalla fine del trimestre a cui si riferiscono.2. Le eventuali revisioni dei dati trimestrali relativi ai trimestri precedenti sono trasmesse allo stesso tempo.3. La prima trasmissione dei dati trimestrali di cui all'articolo 3, ad eccezione di altri conti attivi e passivi (F.7 e AF.7), all'articolo 4 e all'articolo 5 avviene secondo il calendario seguente:a) per il sottosettore amministrazioni centrali (S.1311) e per il sottosettore enti di previdenza e assistenza sociale (S.1314), entro il 30 giugno 2004; la Commissione ha la facoltà di concedere una deroga non superiore a 18 mesi per quanto riguarda la data della prima trasmissione di dati ripartiti per settore di contropartita e di alcuni dati relativi ad operazione finanziarie e ad attività e passività finanziarie, qualora i sistemi statistici nazionali richiedano adattamenti rilevanti;b) per i sottosettori amministrazioni di Stati federati (S.1312) e amministrazioni locali (S.1313):i) entro il 30 giugno 2004 per le operazioni su passività e le passività di cui all'articolo 3, paragrafo 1; la Commissione ha facoltà di concedere una deroga non superiore a 18 mesi per quanto riguarda la data della prima trasmissione di questi dati, qualora i sistemi statistici nazionali richiedano adattamenti rilevanti;ii) entro il 30 giugno 2005 per le operazioni su attività e le attività di cui all'articolo 3, paragrafo 1; la Commissione ha facoltà di concedere una deroga non superiore a sei mesi per quanto riguarda la data della prima trasmissione di questi dati, qualora i sistemi statistici nazionali richiedano adattamenti rilevanti;c) per il settore amministrazioni pubbliche (S.13), entro il 30 giugno 2005; la Commissione ha facoltà di concedere una deroga non superiore a sei mesi per quanto riguarda la data della prima trasmissione di questi dati, qualora i sistemi statistici nazionali richiedano adattamenti rilevanti.4. La prima trasmissione alla Commissione (Eurostat) di dati trimestrali relativi agli altri conti attivi e passivi (F.7 e AF.7) per il settore amministrazioni pubbliche (S.13) e i suoi sottosettori di cui all'articolo 4 è effettuata entro il 30 giugno 2005; la Commissione ha facoltà di concedere una deroga non superiore a sei mesi per quanto riguarda la data della prima trasmissione di questi dati, qualora i sistemi statistici nazionali richiedano adattamenti rilevanti.Articolo 7Trasmissione di dati pregressi1. I dati trimestrali di cui all'articolo 6 comprendono i dati pregressi relativi alle operazioni finanziarie dal primo trimestre 1999 e ai conti patrimoniali finanziari dal quarto trimestre 1998, secondo il calendario di cui all'articolo 6, paragrafi 3 e 4, per la prima trasmissione dei dati.2. Ove necessario, i dati pregressi possono essere basati sulle "migliori stime", rispettando in particolare le disposizioni di cui all'articolo 2, paragrafi 2 e 3.Articolo 8Applicazione1. Quando iniziano la trasmissione dei dati trimestrali secondo il calendario di cui all'articolo 6, paragrafi 3 e 4, gli Stati membri trasmettono alla Commissione (Eurostat) una descrizione delle fonti e dei metodi utilizzati per la compilazione dei dati trimestrali di cui all'articolo 3 (descrizione iniziale).2. Quando trasmettono i dati riveduti, gli Stati membri comunicano alla Commissione (Eurostat) ogni modifica apportata alla descrizione iniziale.3. La Commissione (Eurostat) informa il comitato del programma statistico (CPS) e il comitato delle statistiche monetarie, finanziarie e della bilancia dei pagamenti (CMFB) circa le fonti e i metodi utilizzati da ciascuno Stato membroArticolo 9RelazioneSulla base della trasmissione di dati di cui agli articoli 3, 4 e 5, e previa consultazione del CPS e del CMFB, la Commissione (Eurostat) trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio, entro il 31 dicembre 2005, una relazione contenente una valutazione dell'attendibilità dei dati trimestrali trasmessi dagli Stati membri.Articolo 10Entrata in vigoreIl presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Strasburgo, addì 10 marzo 2004.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteD. Roche(1) GU C 165 del 16.7.2003, pag. 6.(2) Parere del Parlamento europeo del 21 ottobre 2003 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale), posizione comune del Consiglio del 22 dicembre 2003 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e posizione del Parlamento europeo del 10 febbraio 2004 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).(3) GU L 310 del 30.11.1996, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1267/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 180 del 18.7.2003, pag. 1).(4) GU L 29 del 4.2.2000, pag. 4.(5) GU L 179 del 9.7.2002, pag. 1.(6) GU L 181 del 28.6.1989, pag. 47.(7) GU L 59 del 6.3.1991, pag. 19. Decisione modificata dalla decisione 96/174/CE (GU L 51 dell'1.3.1996, pag. 48).ALLEGATORipartizione per settore di contropartita(1)Operazioni finanziarie e conti patrimoniali finanziari delle amministrazioni centrali (S.1311) e degli enti di previdenza e assistenza sociale (S.1314)(2)>PIC FILE= "L_2004081IT.000502.TIF">(1) I riquadri incorniciati indicano i dati da trasmettere.(2) I codici, tratti dal SEC 95, indicano: S: settori/sottosettori; F: operazioni finanziarie; AF: voci dei conti patrimoniali finanziari. | Statistiche finanziarie trimestrali delle amministrazioni pubbliche dei paesi dell’Unione europea
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Elenca e definisce le principali categorie delle operazioni finanziarie del settore pubblico* e delle attività * e passività finanziarie*, i cui dettagli devono essere comunicati alla Commissione europea (Eurostat) dai paesi dell’Unione europea (UE) ogni tre mesi.
PUNTI CHIAVE
Secondo Eurostat, la pubblica amministrazione è composta da quattro sottosettori:
amministrazione centrale;
amministrazione statale;
amministrazione locale;
enti di previdenza sociale.
Le informazioni sulle operazioni finanziarie e sulle attività e passività finanziarie che gli istituti di statistica dei paesi dell’UE devono fornire trimestralmente a Eurostat sono stabilite nel SEC 95. Esso riguarda:
oro e diritti speciali di prelievo*;
biglietti, monete e depositi;
titoli a breve* e a lungo termine*, diversi dalle azioni e dagli strumenti finanziari derivati*;
strumenti finanziari derivati (un contratto tra una o più parti basato su attività finanziarie);
prestiti a breve termine*;
azioni e altre partecipazioni*;
diritti netti delle famiglie sulle tecniche di assicurazione-vita e sui fondi pensione;
riserve premi e riserve sinistri;
altri conti attivi e passivi.
I dati che i paesi dell’UE devono fornire a Eurostat riguardano l’amministrazione centrale, statale e locale e gli enti di previdenza sociale, nonché la pubblica amministrazione (consolidata e non consolidata).
Esistono dei termini per la trasmissione dei dati. Ad esempio, in generale, devono essere inviati a Eurostat entro tre mesi dalla fine del trimestre a cui si riferiscono.
I governi dell’UE devono illustrare ad Eurostrat le fonti e i metodi che utilizzano per la compilazione dei dati forniti.
Eurostat deve informare il comitato del sistema statistico europeo e il comitato delle statistiche monetarie, finanziarie e della bilancia dei pagamenti delle fonti e dei metodi utilizzati da ogni governo dell’UE.
La Commissione doveva presentare una relazione contenente una valutazione dell’attendibilità dei dati trimestrali nazionali al Parlamento europeo e al Consiglio entro il 31 dicembre 2005.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Si è applicato dall’8 aprile 2004 al 31 agosto 2014.
CONTESTO
Il sistema europeo dei conti nazionali e regionali, noto come SEC 95 (sostituito ora dal SEC 2010), raccoglie informazioni comparabili, aggiornate e attendibili sulla struttura e sugli sviluppi delle economie nazionali e regionali nell’UE.
* TERMINI CHIAVE
Operazione finanziaria: accordo, comunicazione o trasferimento tra un venditore e un acquirente per scambiare un bene a fronte di un pagamento.
Attività finanziaria: qualcosa posseduto, come ad esempio denaro, beni, terre, edifici o attrezzature, che può procurare dei futuri benefici.
Passività finanziaria: obblighi che richiedono il pagamento di denaro o la prestazione di servizi.
Diritti speciali di prelievo: un tipo di denaro internazionale, creato dal Fondo monetario internazionale, che si basa su una media ponderata di varie valute convertibili.
Titoli a breve termine: attività che si prevedono scadere o essere liquidate entro un anno, con alcune eccezioni. Degli esempi sono i buoni del tesoro.
Titolo a lungo termine: uno strumento finanziario, come ad esempio un’obbligazione.
Strumento finanziario derivato: un contratto il cui valore proviene dalla prestazione di un’entità a monte, come ad esempio un’attività, un indice o un tasso d’interesse.
Prestito a breve termine: un prestito che si prevede verrà restituito in meno di un anno.
Azioni e altre partecipazioni: le azioni del capitale proprio di una società o altre forme di titoli che rappresentano una situazione giuridica di proprietà.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (CE) n. 501/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2004, relativo ai conti finanziari trimestrali delle amministrazioni pubbliche (GU L 81 del 19.3.2004, pag. 1-5)
Le successive modifiche al regolamento (CE) n. 501/2004 sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentale. | 6,050 | 829 |
32011L0091 | false | DIRETTIVA 2011/91/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 13 dicembre 2011
relativa alle diciture o marche che consentono di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare
(codificazione)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 114,
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 89/396/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1989, relativa alle diciture o marche che consentono di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare (3), ha subito diverse e sostanziali modificazioni (4). È opportuno, per ragioni di chiarezza e di razionalizzazione, procedere alla codificazione di detta direttiva.
(2)
Il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali.
(3)
Gli scambi di derrate alimentari occupano un posto molto importante nel mercato interno.
(4)
L’indicazione della partita alla quale appartiene una derrata alimentare risponde alla preoccupazione di garantire una migliore informazione sull’identità dei prodotti. Essa costituisce pertanto una fonte di informazione utile, quando certe derrate sono oggetto di controversie o presentano un pericolo per la salute dei consumatori.
(5)
La direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità (5), non prevede indicazioni relative all’identificazione delle partite.
(6)
A livello internazionale, il riferimento alla partita di fabbricazione o di condizionamento delle derrate alimentari preconfezionate costituisce un obbligo generalizzato. L’Unione è tenuta a contribuire allo sviluppo del commercio internazionale.
(7)
È pertanto opportuno prevedere le norme, di carattere generale e orizzontale, che devono presiedere alla gestione di un sistema comune di identificazione delle partite.
(8)
L’efficacia di un tale sistema dipende dalla sua applicazione alle diverse fasi della commercializzazione. È tuttavia opportuno escludere taluni prodotti e operazioni, soprattutto quelle che hanno luogo all’inizio del circuito di commercializzazione dei prodotti agricoli.
(9)
Conviene tener conto che il consumo immediato dopo l’acquisto di alcune derrate alimentari, come i gelati alimentari in porzioni individuali, rende inutile l’indicazione della partita direttamente sulla confezione individuale. Tuttavia, per questi prodotti l’indicazione della partita dovrebbe figurare obbligatoriamente sulle confezioni multiple.
(10)
La definizione di partita implica che varie unità di vendita della stessa derrata alimentare presentino caratteristiche praticamente identiche di produzione, fabbricazione o condizionamento. Questa definizione non dovrebbe pertanto applicarsi ai prodotti presentati alla rinfusa o ai prodotti che, per la loro specificità individuale o il loro carattere eterogeneo, non si possono considerare come un insieme omogeneo.
(11)
Data la diversità dei metodi di identificazione utilizzati, dovrebbe spettare all’operatore economico individuare la partita e apporvi la dicitura o la marca corrispondente.
(12)
Per soddisfare le esigenze di informazione per le quali è stata concepita, è opportuno che tale dicitura sia facile a distinguersi e possa venire chiaramente riconosciuta come tale.
(13)
Il termine minimo di conservazione o la data limite per il consumo, conformemente alla direttiva 2000/13/CE, possono fungere da indicazione che consente di identificare la partita, a condizione che siano segnalati in modo preciso.
(14)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive di cui all’allegato I, parte B,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
1. La presente direttiva concerne l’indicazione che consente di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare.
2. Si intende per «partita», ai sensi della presente direttiva, un insieme di unità di vendita di una derrata alimentare, prodotte, fabbricate o confezionate in circostanze praticamente identiche.
Articolo 2
1. Una derrata alimentare può essere commercializzata solo se accompagnata da un’indicazione come previsto dall’articolo 1, paragrafo 1.
2. Il paragrafo 1 non si applica:
a)
ai prodotti agricoli che, all’uscita dall’azienda agricola, sono:
i)
venduti o consegnati a centri di deposito, di preparazione o di confezionamento;
ii)
avviati verso organizzazioni di produttori; o
iii)
raccolti per essere immediatamente integrati in un sistema operativo di preparazione o trasformazione;
b)
quando, sui luoghi di vendita al consumatore finale, le derrate alimentari non sono preconfezionate, sono confezionate su richiesta dell’acquirente o sono preconfezionate ai fini della loro vendita immediata;
c)
alle confezioni o ai recipienti il cui lato più grande abbia una superficie inferiore a 10 cm2;
d)
alle porzioni individuali di gelato alimentare. L’indicazione che consente di identificare la partita figura sulle confezioni multiple.
Articolo 3
La partita è determinata in ciascun caso dal produttore, fabbricante o confezionatore del prodotto alimentare di cui trattasi o dal primo venditore stabilito all’interno dell’Unione.
Le indicazioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, sono determinate e apposte sotto la responsabilità di uno dei summenzionati operatori. Esse sono precedute dalla lettera «L», salvo nel caso in cui si distinguono chiaramente dalle altre indicazioni in etichetta.
Articolo 4
Quando le derrate alimentari sono preconfezionate, l’indicazione di cui all’articolo 1, paragrafo 1, e all’occorrenza la lettera «L» figurano sull’imballaggio preconfezionato o su un’etichetta che a esso si accompagna.
Quando le derrate alimentari non sono preconfezionate, le indicazioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, e all’occorrenza la lettera «L» figurano sull’imballaggio o sul recipiente o, in mancanza, sui relativi documenti commerciali.
Esse figurano in tutti i casi in modo da essere facilmente visibili, chiaramente leggibili e indelebili.
Articolo 5
Quando il termine minimo di conservazione o la data limite per il consumo figurano in etichetta, l’indicazione di cui all’articolo 1, paragrafo 1, può non accompagnare la derrata alimentare, purché la data indichi chiaramente e nell’ordine almeno il giorno e il mese.
Articolo 6
La presente direttiva si applica fatte salve le indicazioni previste dalle disposizioni specifiche dell’Unione.
La Commissione pubblica e aggiorna l’elenco delle disposizioni in questione.
Articolo 7
La direttiva 89/396/CEE, modificata dalle direttive di cui all’allegato I, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto nazionale delle direttive di cui all’allegato I, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato II.
Articolo 8
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 9
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, il 13 dicembre 2011
Per il Parlamento europeo
Il presidente
J. BUZEK
Per il Consiglio
Il presidente
M. SZPUNAR
(1) GU C 54 del 19.2.2011, pag. 34.
(2) Posizione del Parlamento europeo dell’11 maggio 2011 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio dell’8 novembre 2011.
(3) GU L 186 del 30.6.1989, pag. 21.
(4) Cfr. allegato I, parte A.
(5) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29.
ALLEGATO I
PARTE A
Direttiva abrogata con elenco delle modificazioni successive
(di cui all’articolo 7)
Direttiva 89/396/CEE del Consiglio
(GU L 186 del 30.6.1989, pag. 21).
Direttiva 91/238/CEE del Consiglio
(GU L 107 del 27.4.1991, pag. 50).
Direttiva 92/11/CEE del Consiglio
(GU L 65 dell’11.3.1992, pag. 32).
PARTE B
Elenco dei termini di recepimento nel diritto nazionale
(di cui all’articolo 7)
Direttiva
Termine di recepimento
89/396/CEE
20 giugno 1990 (1)
91/238/CEE
—
92/11/CEE
—
(1) Ai sensi dell’articolo 7, primo comma, della direttiva 89/396/CEE, come modificata dalla direttiva 92/11/CEE:
«Gli Stati membri modificano, se del caso, le loro disposizioni legislative, regolamentari o amministrative in modo da:
—
permettere il commercio dei prodotti conformi alla presente direttiva entro il 20 giugno 1990,
—
vietare il commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva a decorrere dal 1o luglio 1992. Tuttavia, i prodotti immessi sul mercato o etichettati prima di tale data e non conformi alla presente direttiva possono essere commercializzati fino ad esaurimento delle scorte.»
ALLEGATO II
Tavola di concordanza
Direttiva 89/396/CEE
Presente direttiva
Articolo 1
Articolo 1
Articolo 2, paragrafi 1 e 2
Articolo 2, paragrafi 1 e 2
Articolo 2, paragrafo 3
—
Articoli da 3 a 6
Articoli da 3 a 6
Articolo 7
—
—
Articolo 7
—
Articolo 8
Articolo 8
Articolo 9
—
Allegato I
—
Allegato II | Tracciabilità dei prodotti alimentari preconfezionati
SINTESI
CHE COSA FA LA DIRETTIVA?
—
Fa in modo che i consumatori possano rintracciare l’origine dei prodotti alimentari preconfezionati.
—
Richiede che questi prodotti siano etichettati in modo tale che i consumatori possano vedere da quale partita provengono.
—
Permette alle autorità pubbliche preposte alla sicurezza sanitaria e alimentare di scoprire l’origine e l’identità dei prodotti alimentari preconfezionati nel caso in cui questi siano oggetto di una controversia o rappresentino un pericolo per la salute dei consumatori.
—
Stabilisce le norme per i produttori, i fabbricanti, i confezionatori e gli importatori in materia di etichettatura di questi prodotti, utilizzando un sistema comune di identificazione delle partite.
PUNTI CHIAVE
Ambito di applicazione
La direttiva si applica a tutti i prodotti alimentari preconfezionati, esclusi:
—
i prodotti agricoli:
—
che si trovano in centri di deposito, di preparazione o di confezionamento;
—
avviati verso organizzazioni di produttori; o
—
raccolti per essere immediatamente trasformati.
—
i prodotti alimentari che non sono preconfezionati quando, sui luoghi di vendita al consumatore finale, sono confezionati su richiesta dell’acquirente o preconfezionati ai fini della loro vendita immediata;
—
le confezioni o i recipienti il cui lato più grande abbia una superficie inferiore a 10 cm2;
—
le porzioni individuali di gelato confezionato insieme, laddove l’indicazione che consente di identificare la partita figura sulla parte esterna delle confezioni multiple.
Etichettatura delle partite
—
Ciascuna partita deve essere etichettata dal produttore, dal fabbricante o dal confezionatore, oppure dal primo venditore stabilito all’interno dell’UE se viene importata.
—
L’identificazione della partita deve essere preceduta dalla lettera «L», a meno che non sia chiaramente distinguibile dalle altre informazioni in etichetta.
—
Le informazioni sull’etichetta devono essere facilmente visibili, chiaramente leggibili e indelebili.
—
Non è necessario indicare la partita se la data limite di consumo figura in etichetta.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
È in vigore dal 5 gennaio 2012.
TERMINI CHIAVE
* Partita: un insieme di unità di vendita di una derrata alimentare prodotto, fabbricato o confezionato in circostanze praticamente identiche
ATTO
Direttiva 2011/91/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa alle diciture o marche che consentono di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare (GU L 334 del 16.12.2011, pagg. 1-5) | 4,009 | 371 |
32008R0282 | false | REGOLAMENTO (CE) N. 282/2008 DELLA COMMISSIONE
del 27 marzo 2008
relativo ai materiali e agli oggetti di plastica riciclata destinati al contatto con gli alimenti e che modifica il regolamento (CE) n. 2023/2006
(Testo rilevante ai fini del SEE)
LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea,
visto il regolamento (CE) n. 1935/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 ottobre 2004, riguardante i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari (1), in particolare l’articolo 5, paragrafo 1,
sentita l'Autorità europea per la sicurezza alimentare («l'Autorità»),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 94/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 1994, sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio (2) promuove il recupero e l’incenerimento presso impianti di incenerimento dei rifiuti con recupero dell’energia e il riciclo dei rifiuti di imballaggio.
(2)
Il regolamento (CE) n. 1935/2004 stabilisce i principi generali per l’eliminazione delle differenze tra le leggi degli Stati membri riguardanti i materiali e gli oggetti destinati a venire in contatto con gli alimenti e dispone all'articolo 5, paragrafo 1, l'adozione di misure specifiche per gruppi di materiali e articoli. Secondo il suddetto regolamento l’armonizzazione delle norme relative ai materiali e agli oggetti di plastica deve essere considerata una priorità.
(3)
La direttiva 2002/72/CE della Commissione, del 6 agosto 2002, relativa ai materiali e agli oggetti di plastica destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari (3) stabilisce le norme per i materiali e gli oggetti di plastica destinati al contatto con gli alimenti.
(4)
I rifiuti di imballaggi di plastica possono contenere residui dagli impieghi precedenti e contaminanti provenienti da usi impropri e da sostanze non autorizzate. È pertanto necessario stabilire disposizioni speciali per garantire che i materiali e gli oggetti di plastica riciclata destinati al contatto con gli alimenti siano conformi alle prescrizioni di cui all’articolo 3 del regolamento (CE) n. 1935/2004.
(5)
Il regolamento (CE) n. 2023/2006 della Commissione, del 22 dicembre 2006, sulle buone pratiche di fabbricazione dei materiali e degli oggetti destinati a venire a contatto con prodotti alimentari (4) stabilisce le norme relative alle buone pratiche di fabbricazione per i gruppi di materiali e di oggetti destinati al contatto con gli alimenti di cui all’allegato I al regolamento (CE) n. 1935/2004 e per le combinazioni di tali materiali ed oggetti e di materiali ed oggetti riciclati che possono essere utilizzate nella produzione di materiali e oggetti destinati al contatto con gli alimenti.
(6)
I rifiuti plastici possono essere trattati meccanicamente per produrre materiali od oggetti riciclati oppure possono essere ridotti a monomeri e oligomeri mediante la depolimerizzazione chimica. I monomeri e gli oligomeri risultanti dalla depolimerizzazione chimica non devono essere trattati diversamente dai monomeri prodotti mediante sintesi chimica. Quindi rientrano nell'autorizzazione dei monomeri e degli additivi di cui alla direttiva 2002/72/CE e devono essere conformi alle specifiche e ai criteri di purezza stabiliti dalla suddetta direttiva. È pertanto opportuno escluderli dal campo di applicazione del presente regolamento.
(7)
Ritagli e scarti dalla produzione di materiali plastici destinati al contatto con gli alimenti, che non sono stati a contatto con alimenti o altrimenti contaminati, e vengono fusi nuovamente in loco per fabbricare nuovi prodotti o venduti ad un terzo nell'ambito di un sistema di controllo della qualità conforme alle buone pratiche di fabbricazione di cui al regolamento (CE) n. 2023/2006, sono considerati adatti per le applicazioni destinate al contatto con gli alimenti e vanno pertanto esclusi dal campo di applicazione del presente regolamento. Tutti gli altri ritagli e scarti dalla produzione di materiali plastici destinati al contatto con gli alimenti sono inclusi nel campo di applicazione del presente regolamento.
(8)
La plastica riciclata utilizzata dietro una barriera funzionale di plastica a norma della direttiva 2002/72/CE non deve essere soggetta alla procedura di autorizzazione di cui al presente regolamento. Le norme stabilite dalla direttiva 2002/72/CE per le sostanze impiegate dietro una barriera funzionale di plastica sono considerate sufficienti a garantire la sicurezza anche delle plastiche riciclate utilizzate dietro una barriera funzionale.
(9)
La direttiva 2002/72/CE istituisce gli elenchi delle sostanze autorizzate per l'impiego nella fabbricazione di materiali od oggetti di plastica destinati al contatto con gli alimenti. La sicurezza di tali sostanze è stata valutata, e limiti di migrazione sono stati stabiliti per l'uso sicuro. Per garantire lo stesso livello di sicurezza dei materiali e degli oggetti di plastica riciclati vanno aggiunti alle plastiche riciclate solo monomeri e additivi autorizzati; inoltre i loro limiti di migrazione devono essere rispettati anche dai materiali plastici riciclati destinati al contatto con gli alimenti.
(10)
La direttiva 2002/72/CE prevede una dichiarazione di conformità e la documentazione di supporto per garantire che le informazioni pertinenti sull'uso sicuro delle plastiche sia comunicata tra operatori del settore e alle autorità competenti. Tali norme generali sono valide anche per le plastiche riciclate; quindi vanno applicate anche ai materiali e agli oggetti di plastica riciclata destinati al contatto con gli alimenti.
(11)
Solo la combinazione della caratteristica della materia prima, dell'efficienza della selezione e dell'efficacia del processo per ridurre la contaminazione insieme all'impiego definito delle plastiche riciclate possono garantire la sicurezza dei materiali e degli oggetti di plastica riciclata. Tali criteri sono specifici al tipo di plastica e al processo di riciclo applicato. È fattibile la valutazione di tutti questi aspetti messi insieme solo se si procede ad una valutazione individuale dei processi di riciclo, seguita da un'autorizzazione individuale.
(12)
La sicurezza delle plastiche può essere garantita solo se il processo di riciclo è in grado di produrre una qualità riproducibile delle plastiche riciclate. Il controllo è possibile mediante l'applicazione di un sistema efficace di assicurazione della qualità. Quindi vanno immesse nel mercato solo le plastiche riciclate mediante un processo di riciclo gestito da un sistema efficace di assicurazione della qualità.
(13)
La direttiva 2002/72/CE istituisce l'elenco di monomeri e di sostanze di partenza autorizzati ad esclusione di tutti gli altri (lista positiva) da utilizzare nella produzione di materiali o oggetti di plastica destinati al contatto con gli alimenti e quindi solo i materiali e gli oggetti conformi alle prescrizioni della suddetta direttiva vanno utilizzati come materia prima per il processo di riciclo. Tale obiettivo può essere realizzato mediante una raccolta differenziata degli articoli di plastica prima del riciclo. Per taluni materiali, viste le loro proprietà fisico-chimiche, ad esempio le poliolefine, potrebbe risultare necessaria un'efficienza del 100 % nella raccolta differenziata per garantire la conformità della plastica riciclata alle disposizioni dell'articolo 3 del regolamento (CE) n. 1935/2004. Tale efficienza può essere raggiunta in cicli di prodotto che sono all'interno di una catena chiusa e controllata. Per gli altri materiali, ad esempio il PET, la sicurezza della plastica riciclata può essere garantita con una minore efficienza di selezione per quanto riguarda l'utilizzo precedente a contatto con gli alimenti, realisticamente raggiungibile mediante sistemi di raccolta differenziata per strada. L'efficienza di selezione necessaria per ciascun materiale deve essere determinata caso per caso.
(14)
I rifiuti plastici possono essere contaminati da sostanze provenienti dall'utilizzazione precedente o dall'uso improprio delle plastiche o da sostanze provenienti da plastiche non destinate al contatto alimentare. Poiché non è possibile conoscere tutti i possibili tipi di contaminazione e visto che tipi diversi di plastiche hanno capacità diverse di assorbire e rilasciare sostanze contaminanti, non è possibile stabilire caratteristiche definite per il prodotto finale applicabili a tutti i tipi di plastiche riciclate. Quindi una caratterizzazione della materia prima insieme a un processo adatto a rimuovere possibili sostanze contaminanti sono necessari per controllare la sicurezza del prodotto finale.
(15)
Nel caso del trattamento meccanico che riduce a piccoli pezzi e pulisce i rifiuti plastici, è necessaria una cura particolare per rimuovere le sostanze contaminanti. Il processo di riciclo deve dimostrare che può ridurre efficacemente la contaminazione potenziale ad un livello che non rappresenta un rischio per la salute umana. Le sostanze contaminanti devono migrare solo a livelli comparabili o largamente inferiori ai livelli dimostrati nelle prove del particolare processo di riciclo o in altre prove analitiche appropriate e devono essere conformi alle prescrizioni dell'articolo 3 del regolamento (CE) n. 1935/2004. Una valutazione di sicurezza deve verificare che il processo di riciclo soddisfi tali condizioni. In alternativa, per i materiali e gli oggetti che non vanno riempiti, quali casse e pallet che sono trattati in cicli di prodotti in una catena chiusa e controllata in cui tutte le fasi di fabbricazione, distribuzione e utilizzo sono controllate, può essere sufficiente dimostrare che la contaminazione può essere esclusa qualora siano utilizzati esclusivamente a contatto con alimenti secchi, come ad esempio i prodotti ortofrutticoli.
(16)
Taluni tipi di materiali e oggetti di plastica fabbricati con plastiche riciclate possono essere adatti al contatto con alcuni tipi specifici di alimenti in condizioni particolari. Una valutazione di sicurezza deve determinare quali siano questi materiali e oggetti e le condizioni di contatto appropriate.
(17)
Le differenze tra le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali relative alla valutazione della sicurezza e all'autorizzazione di processi di riciclo utilizzati nella produzione di materiali e oggetti destinati al contatto con gli alimenti possono ostacolare la libera circolazione dei suddetti materiali e oggetti, creando condizioni di concorrenza inique e sleali. È pertanto opportuno istituire a livello comunitario una procedura di autorizzazione in base alla procedura di autorizzazione di cui agli articoli da 9 a 12 del regolamento (CE) n. 1935/2004.
(18)
La procedura di autorizzazione di cui agli articoli da 9 a 12 del regolamento (CE) n. 1935/2004 è destinata all'autorizzazione delle sostanze. Nel presente regolamento è opportuno introdurre modifiche a tale procedura in modo da adeguarla all'autorizzazione dei processi di riciclo. Tali modifiche riguardano le norme procedurali specifiche di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettera n), del regolamento (CE) n. 1935/2004.
(19)
È opportuno che Autorità europea per la sicurezza alimentare («l'Autorità») esegua una valutazione della sicurezza del processo di riciclo. Al fine di informare il richiedente dei dati da fornire per la valutazione di sicurezza, l'Autorità deve pubblicare una guida dettagliata relativa alla preparazione e alla presentazione della domanda.
(20)
La valutazione della sicurezza del processo di riciclo deve essere seguita da una decisione di gestione dei rischi che determini l'opportunità di autorizzare il processo in questione. Tale decisione deve essere adottata conformemente alla procedura di regolamentazione di cui all'articolo 23, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1935/2004 in modo da garantire una stretta cooperazione tra la Commissione e gli Stati membri.
(21)
Il processo di riciclo è specifico all'impresa per quanto riguarda la tecnologia e i parametri di processo impiegati. Quindi vanno rilasciate solo autorizzazioni specifiche al processo. Di conseguenza occorre adattare la procedura di autorizzazione prevista negli articoli da 9 a 12 del regolamento (CE) n. 1935/2004.
(22)
A condizione che siano impiegati la tecnologia e i parametri di processo descritti nella domanda e nell'autorizzazione deve essere possibile applicare il processo in diversi siti di produzione.
(23)
Il pubblico deve essere informato dei processi di riciclo autorizzati. A tal fine va istituito un registro comunitario, di cui all'articolo 5, paragrafo 1, lettera m), del regolamento (CE) n. 1935/2004, dei processi di riciclo autorizzati a norma del presente regolamento, inclusa la descrizione del campo di applicazione della plastica riciclata mediante il processo autorizzato.
(24)
L'impianto di riciclo e di trasformazione deve essere soggetto all'ispezione e al controllo da parte dello Stato membro. Il regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali (5) disciplina anche il controllo ufficiale dei materiali destinati al contatto alimentare. Il modo più efficace di controllare se il processo di riciclo è applicato conformemente all'autorizzazione e se è stato disposto un sistema efficace di assicurazione della qualità è l'audit dell'impianto di riciclo da parte delle autorità competenti. Quindi i controlli ufficiali eseguiti per garantire la conformità al presente regolamento devono includere un audit a norma dell'articolo 10 del regolamento (CE) n. 882/2004. Gli audit vanno effettuati nel modo più efficiente in termini di costi in modo da minimizzare l'onere amministrativo ed economico per le autorità competenti e le piccole e medie imprese.
(25)
Per garantire un controllo efficace gli Stati membri e la Commissione devono essere informati dei siti di riciclo o di produzione in cui viene applicato il processo di riciclo autorizzato.
(26)
L'industria deve avere la possibilità di indicare nell'etichetta che i loro imballaggi contengono plastiche riciclate. Tuttavia, i consumatori non devono essere tratti in inganno dall'etichetta per quanto riguarda il contenuto riciclato. Le norme per l'etichettatura delle plastiche riciclate in relazione al contenuto di plastiche riciclate sono state stabilite dalla norma EN ISO 14021. Per garantire un'informazione adeguata del consumatore sull'etichettatura delle plastiche riciclate l'industria deve seguire norme trasparenti come quelle stabilite dalla norma EN ISO 14021 o equivalente.
(27)
L'articolo 16 del regolamento (CE) n. 1935/2004 prescrive una dichiarazione di conformità per i materiali e gli oggetti. I trasformatori di materiali ed oggetti di plastica riciclata devono dichiarare di utilizzare solo plastiche riciclate provenienti da un processo autorizzato e che i prodotti finali rispettano le norme comunitarie e nazionali applicabili, in particolare il regolamento (CE) n. 1935/2004 e la direttiva 2002/72/CE. Il riciclatore deve fornire al trasformatore le informazioni attestanti che la plastica riciclata è prodotta mediante un processo autorizzato e specificare il suo campo di applicazione. Quindi sia i materiali e gli oggetti finali di plastica riciclata che la plastica riciclata devono essere accompagnati da una dichiarazione di conformità. Le informazioni generali da fornire nella dichiarazione sono già stabilite nella direttiva 2002/72/CE. Quindi il regolamento deve solo specificare le informazioni supplementari relative al contenuto di plastiche riciclate nei materiali e negli oggetti di plastica riciclata.
(28)
Considerato che molti materiali e oggetti riciclati sono già disponibili sul mercato negli Stati membri, si deve prevedere una norma che garantisca un passaggio agevole alla procedura di autorizzazione comunitaria e non provochi distorsioni dell'esistente mercato dei materiali e degli oggetti di plastica riciclata. È opportuno prevedere un lasso di tempo sufficiente affinché il richiedente possa fornire all'Autorità le informazioni necessarie ai fini della valutazione della sicurezza della plastica utilizzata in questi prodotti. Occorre quindi fissare un determinato periodo di tempo («la fase iniziale di autorizzazione») durante il quale il richiedente è tenuto a presentare all'Autorità le informazioni relative ai processi di riciclo esistenti. Anche le domande di autorizzazione di nuovi processi di riciclo possono essere presentate nella la fase iniziale di autorizzazione. L'Autorità deve valutare senza indugio tutte le domande riguardanti processi di riciclo esistenti e nuovi per le quali siano state presentate informazioni sufficienti durante la fase iniziale di autorizzazione.
(29)
Occorre stabilire prescrizioni specifiche per i sistemi di assicurazione della qualità applicati nei processi di riciclo. Poiché l'assicurazione della qualità fa parte delle buone pratiche di produzione di cui al regolamento (CE) n. 2023/2006 tali prescrizioni specifiche vanno incluse nell'allegato di detto regolamento.
(30)
Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto e campo di applicazione
1. Il presente regolamento è applicabile ai materiali e agli oggetti in materia plastica e le loro parti, che contengono plastiche riciclate, destinati al contatto con gli alimenti conformemente all'articolo 1 della direttiva 2002/72/CE (di seguito «i materiali e gli oggetti di plastica riciclata»).
2. Il presente regolamento non è applicabile ai seguenti materiali e oggetti di plastica riciclati, a condizione che essi siano stati fabbricati a norma delle buone pratiche di fabbricazione, conformemente al regolamento (CE) n. 2023/2006:
a)
i materiali e gli oggetti di plastica riciclata fabbricati con monomeri e sostanze di base derivate dalla depolimerizzazione chimica dei materiali e degli oggetti di plastica;
b)
i materiali e gli oggetti di plastica riciclata fabbricati utilizzando ritagli di plastica e/o scarti della produzione a norma della direttiva 2002/72/CE, che sono riciclati all'interno del sito di produzione o utilizzati in un altro sito;
c)
i materiali e gli oggetti di plastica riciclata in cui la plastica riciclata è utilizzata dietro una barriera funzionale in plastica, conformemente alla direttiva 2002/72/CE.
3. I materiali e gli oggetti di plastica che rientrano nel campo di applicazione del presente regolamento rimangono soggetti alla direttiva 2002/72/CE.
Articolo 2
Definizioni
1. Ai fini del presente regolamento si applicano le definizioni di cui al regolamento (CE) n. 1935/2004 e alla direttiva 2002/72/CE.
2. Si applicano inoltre le seguenti definizioni:
a)
con «processo di riciclo» si intende un processo in cui i rifiuti plastici sono riciclati conformemente alla definizione di riciclo di cui al paragrafo 7 della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio; ai fini del presente regolamento, questo termine è limitato ai processi per la produzione di plastica riciclata;
b)
con «input di materia plastica» si intendono i materiali e gli oggetti di plastica raccolti e separati dopo l'uso e impiegati come materia prima nel processo di riciclo;
c)
con «cicli di prodotto in una catena chiusa e controllata» si intendono i cicli di produzione e di distribuzione in cui i prodotti circolano con un sistema controllato di riutilizzo e di distribuzione e in cui il materiale riciclato proviene unicamente dalle entità della catena, in modo da minimizzare, secondo fattibilità tecnica, il rischio di introdurre non intenzionalmente materiale esterno;
d)
con «challenge test» si intende la dimostrazione dell'efficacia di un processo di riciclo nell'eliminazione della contaminazione chimica dai materiali o dagli oggetti in plastica;
e)
con «trasformatore» si intende la persona fisica o giuridica responsabile di garantire il rispetto, nell'azienda sotto il suo controllo, delle prescrizioni di cui al presente regolamento riguardanti i materiali e gli oggetti di plastica riciclata;
f)
con «riciclatore» si intende la persona fisica o giuridica responsabile di garantire il rispetto, nell'impresa sotto il suo controllo, delle prescrizioni di cui al presente regolamento riguardanti i processi di riciclo;
Articolo 3
Requisiti relativi ai materiali e agli oggetti di plastica riciclata
1. I materiali e gli oggetti di plastica riciclata sono immessi sul mercato unicamente se contengono plastica riciclata ottenuta esclusivamente da un processo di riciclo autorizzato a norma del presente regolamento.
2. Il processo di riciclo autorizzato di cui al paragrafo 1 del presente articolo deve essere gestito da un sistema appropriato di assicurazione della qualità che garantisca che la plastica riciclata sia conforme alle prescrizioni dell'autorizzazione.
Il sistema di assicurazione della qualità deve essere conforme alle norme dettagliate di cui all'allegato del regolamento (CE) n. 2023/2006.
Articolo 4
Condizioni per l'autorizzazione dei processi di riciclo
Per essere autorizzato un processo di riciclo deve rispettare le condizioni seguenti:
a)
la qualità dell'input di materia plastica deve essere caratterizzata e controllata in base a criteri prestabiliti che garantiscono la conformità dei materiali e degli oggetti finali di plastica riciclata all'articolo 3 del regolamento (CE) n. 1935/2004;
b)
l'input di materia plastica deve provenire da materiali e oggetti di plastica che sono stati fabbricati a norma della legislazione comunitaria sui materiali e gli oggetti di plastica destinati al contatto con gli alimenti, in particolare la direttiva 78/42/CEE del Consiglio, del 30 gennaio 1978, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri concernenti i materiali e gli oggetti contenenti cloruro di vinile monomero destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari (6) e la direttiva 2002/72/CE;
c)
i)
la materia prima plastica deve provenire da un ciclo di prodotto in una catena chiusa e controllata che garantisca l'impiego di materiali e oggetti destinati esclusivamente al contatto con gli alimenti e l'assenza di contaminazione; oppure
ii)
deve essere dimostrato con un challenge test, o mediante altri dati scientifici appropriati, che il processo è in grado di ridurre qualsiasi contaminazione dell'input di materia plastica ad una concentrazione che non rappresenti un rischio per la salute umana;
d)
la qualità della plastica riciclata deve essere caratterizzata e controllata in base a criteri prestabiliti che garantiscano la conformità dei materiali e degli oggetti finali di plastica riciclata all'articolo 3 del regolamento (CE) n. 1935/2004;
e)
devono essere stabilite condizioni di impiego della plastica riciclata in modo da garantire che i materiali e gli oggetti di plastica riciclata siano conformi alle disposizioni dell'articolo 3 del regolamento (CE) n. 1935/2004.
Articolo 5
Domanda di autorizzazione di un processo di riciclo e parere dell'Autorità
1. La procedura di autorizzazione di cui agli articoli 9 e 10 del regolamento (CE) n. 1935/2004 si applica mutatis mutandis all'autorizzazione dei processi di riciclo, nel rispetto delle disposizioni specifiche di cui ai paragrafi da 2 a 4 del presente articolo.
2. Il fascicolo tecnico deve contenere le informazioni specificate nelle linee guida per la valutazione della sicurezza di un processo di riciclo che saranno pubblicate dall'Autorità entro sei mesi a decorrere dalla data di pubblicazione del presente regolamento.
3. Entro sei mesi dal ricevimento di una domanda valida l'Autorità esprime un parere sulla conformità del processo di riciclo alle condizioni di cui all'articolo 4.
4. Il parere dell'Autorità, qualora favorevole all'autorizzazione del processo di riciclo oggetto della valutazione, comprende le seguenti informazioni:
a)
una breve descrizione del processo di riciclo;
b)
se del caso, eventuali raccomandazioni, condizioni o restrizioni relative all'input di materia plastica;
c)
se del caso, eventuali raccomandazioni, condizioni o restrizioni relative al processo di riciclo;
d)
se del caso, eventuali criteri per caratterizzare la plastica riciclata;
e)
se del caso, eventuali raccomandazioni relative alle condizioni riguardanti il campo di applicazione della plastica riciclata;
f)
se del caso, eventuali raccomandazioni riguardanti la conformità del controllo del processo di riciclo alle condizioni dell'autorizzazione.
Articolo 6
Autorizzazione del processo di riciclo
1. La Commissione adotta una decisione rivolta al richiedente rilasciando o rifiutando l'autorizzazione del processo di riciclo.
Si applica l'articolo 11, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 1935/2004.
2. La decisione tiene conto del parere dell'Autorità, delle disposizioni pertinenti del diritto comunitario e di altri fattori legittimi rilevanti in materia.
Se la decisione non è conforme al parere dell'Autorità, la Commissione fornisce una spiegazione dei motivi alla base di tale divergenza.
3. La decisione che rilascia l'autorizzazione include i dati seguenti:
a)
la denominazione del processo di riciclo;
b)
il nome e l'indirizzo dei titolari dell'autorizzazione;
c)
una breve descrizione del processo di riciclo;
d)
eventuali condizioni o restrizioni riguardanti l'input di materia plastica;
e)
eventuali condizioni o restrizioni riguardanti il processo di riciclo;
f)
l'eventuale caratterizzazione della plastica riciclata;
g)
eventuali condizioni riguardanti il campo di applicazione della plastica riciclata prodotta dal processo di riciclo;
h)
eventuali prescrizioni concernenti il controllo della conformità del processo di riciclo alle condizioni dell'autorizzazione;
i)
la data di decorrenza dell'autorizzazione.
4. La decisione relativa al rilascio o al rifiuto dell'autorizzazione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
5. L'autorizzazione rilasciata al titolare dell'autorizzazione è valida su tutto il territorio della Comunità.
Il processo di riciclo autorizzato è iscritto nel registro di cui all'articolo 9, paragrafo 1.
Articolo 7
Doveri connessi all'autorizzazione
1. Dopo il rilascio di un'autorizzazione conformemente al presente regolamento, il titolare dell'autorizzazione o qualsiasi altro operatore del settore che impieghi sotto licenza il processo di riciclo autorizzato si conforma alle condizioni o restrizioni eventualmente associate all'autorizzazione.
Qualsiasi trasformatore che impieghi plastica riciclata proveniente dal processo di riciclo autorizzato o qualsiasi operatore del settore che utilizzi materiali od oggetti contenenti plastica riciclata proveniente dal processo di riciclo autorizzato deve rispettare ogni condizione o restrizione connessa a tale autorizzazione.
2. Il titolare dell'autorizzazione o qualsiasi altro operatore del settore che impieghi sotto licenza il processo di riciclo informa immediatamente la Commissione di ogni nuova informazione scientifica o tecnica che potrebbe ripercuotersi sulla valutazione di sicurezza del processo di riciclo in relazione alla salute umana.
All'occorrenza l'Autorità riesamina la valutazione.
3. Il rilascio di un'autorizzazione non diminuisce la responsabilità generale, civile e penale dell'operatore del settore relativamente al processo di riciclo autorizzato, al materiale o all'oggetto che contiene plastica riciclata proveniente da tale processo di riciclo autorizzato e al prodotto alimentare in contatto col detto materiale od oggetto.
Articolo 8
Modifica, sospensione e revoca dell'autorizzazione del processo di riciclo
1. Il titolare di un'autorizzazione può richiedere, conformemente alla procedura di cui all'articolo 5, paragrafo 1, la modifica di un'autorizzazione già rilasciata.
2. Alla domanda di cui al paragrafo 1 sono allegati:
a)
un riferimento alla domanda originaria;
b)
un fascicolo tecnico contenente le nuove informazioni in conformità delle linee guida di cui all'articolo 5, paragrafo 2;
c)
una nuova sintesi completa del fascicolo tecnico in forma standardizzata.
3. Di propria iniziativa o in seguito alla richiesta di uno Stato membro o della Commissione, l'Autorità valuta se il parere o l'autorizzazione sia ancora conforme al presente regolamento, seguendo all'occorrenza la procedura di cui all'articolo 5.
4. La Commissione esamina senza indugio il parere dell'Autorità e prepara, all'occorrenza, un progetto di decisione.
5. Un progetto di decisione che comporti la modifica di un'autorizzazione deve specificare quali modifiche debbano essere apportate alle condizioni di impiego ed eventualmente alle restrizioni associate a tale autorizzazione.
6. Se del caso, l'autorizzazione è modificata, sospesa o revocata conformemente all'articolo 6.
Articolo 9
Registro comunitario
1. La Commissione istituisce e aggiorna regolarmente un registro comunitario dei processi di riciclo autorizzati.
2. Il registro è accessibile al pubblico.
3. Ogni iscrizione nel registro deve includere le informazioni di cui all'articolo 6, paragrafo 3.
Articolo 10
Controlli ufficiali
1. Il controllo ufficiale di un impianto di riciclo e di trasformazione è eseguito conformemente alle disposizioni di cui al regolamento (CE) n. 882/2004 e include, in particolare, l'audit quale mezzo di controllo tecnico conformemente all'articolo 10 del regolamento (CE) n. 882/2004.
2. Il controllo ufficiale verifica che i processi di riciclo corrispondano al processo autorizzato e che sia applicato un sistema efficace di assicurazione della qualità conformemente al regolamento (CE) n. 2023/2006.
3. Il titolare dell'autorizzazione notifica all'Autorità competente nello Stato membro il sito di riciclo o di fabbricazione in cui è applicato il processo di riciclo autorizzato. Gli Stati membri trasmettono tali informazioni alla Commissione.
I siti di fabbricazione o di riciclo situati in paesi terzi sono notificati alla Commissione.
La Commissione mette a disposizione e aggiorna un registro dei siti di riciclo ubicati nella Comunità e in paesi terzi.
Articolo 11
Etichettatura di materiali e oggetti di plastica riciclata
L'autodichiarazione volontaria del contenuto riciclato nei materiali e negli oggetti di plastica riciclata deve essere conforme alle norme di cui alla norma ISO 14021:1999 o equivalente.
Articolo 12
Dichiarazione di conformità e conservazione delle registrazioni
1. Oltre alle prescrizioni di cui all'articolo 9 della direttiva 2002/72/CE, la dichiarazione di conformità di materiali ed oggetti di plastica riciclata deve contenere le informazioni di cui alla parte A dell'allegato I del presente regolamento.
2. Oltre alle prescrizioni di cui all'articolo 9 della direttiva 2002/72/CE, la dichiarazione di conformità della plastica riciclata deve contenere le informazioni di cui alla parte B dell'allegato I del presente regolamento.
Articolo 13
Norme transitorie per l'autorizzazione dei processi di riciclo
1. Per la fase iniziale di autorizzazione dei processi di riciclo è applicata la procedura di cui agli articoli 5, 6 e 7, nel rispetto dei paragrafi da 2 a 6 del presente articolo.
2. Nei 18 mesi successivi alla pubblicazione delle linee guida dell'Autorità per la valutazione della sicurezza di un processo di riciclo di cui all'articolo 5, paragrafo 2, gli operatori del settore che richiedono un'autorizzazione devono presentare una domanda conformemente all'articolo 5.
3. La Commissione mette a disposizione del pubblico un registro dei processi di riciclo per cui è stata presentata una domanda valida a norma del paragrafo 2.
4. L'autorità esprime, entro il periodo di cui al paragrafo 2 del presente articolo, un parere su ogni processo di riciclo per il quale è stata presentata una domanda valida. Il termine di sei mesi per la formulazione del parere, a norma dell'articolo 5, paragrafo 3, non è applicabile.
5. Sono escluse dall'esame finalizzato all'autorizzazione iniziale le domande sulle quali l'Autorità non abbia potuto formulare un parere a causa del mancato rispetto da parte del richiedente del termine previsto per la presentazione di informazioni supplementari a norma dell'articolo 10, paragrafo 2 del regolamento (CE) n. 1935/2004.
6. Entro sei mesi dal ricevimento di tutti i pareri di cui al paragrafo 4 la Commissione presenta al comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, che esprime un parere, un progetto di decisione relativa al rilascia o al rifiuto dell'autorizzazione dei processi di riciclo di cui al paragrafo 1.
Articolo 14
Misure transitorie per il commercio e l'impiego di plastica riciclata
1. Per sei mesi a decorrere dalla data di adozione delle decisioni di cui all'articolo 13, paragrafo 6 sono consentiti il commercio e l'impiego di plastica riciclata proveniente da un processo di riciclo già esistente alla data di entrata in vigore del presente regolamento e per il quale l'autorizzazione sia stata rifiutata oppure non sia stata presentata una domanda valida a norma dell'articolo 13.
2. Sono consentiti, fino all'esaurimento delle scorte, il commercio e l'impiego di materiali ed oggetti di plastica riciclata contenenti plastica riciclata proveniente da un processo di riciclo già esistente alla data di entrata in vigore del presente regolamento e per il quale l'autorizzazione sia stata rifiutata oppure non sia stata presentata una domanda valida a norma dell'articolo 13.
Articolo 15
Modifica del regolamento (CE) n. 2023/2006
L'allegato del regolamento (CE) n. 2023/2006 è modificato conformemente all'allegato II del presente regolamento.
Articolo 16
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Tuttavia, gli articoli 3, 9, 10 e 12 sono applicabili a decorrere dalla data di adozione delle decisioni di cui all'articolo 13, paragrafo 6. Fino ad allora continuano ad applicarsi negli Stati membri le norme nazionali vigenti relative ai materiali e agli oggetti di plastica riciclata e alle plastiche riciclate.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 27 marzo 2008.
Per la Commissione
Androulla VASSILIOU
Membro della Commissione
(1) GU L 338 del 13.11.2004, pag. 4.
(2) GU L 365 del 31.12.1994, pag. 10. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2005/20/CE (GU L 70 del 16.3.2005, pag. 17).
(3) GU L 220 del 15.8.2002, pag. 18. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2007/19/CE (GU L 91 del 31.3.2007, pag. 17).
(4) GU L 384 del 29.12.2006, pag. 75.
(5) GU L 165 del 30.4.2004, pag. 1; rettifica nella GU L 191 del 28.5.2004, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 180/2008 della Commissione (GU L 56 del 29.2.2008, pag. 4).
(6) GU L 44 del 15.2.1978, pag. 15.
ALLEGATO I
PARTE A
Informazioni supplementari nella dichiarazione di conformità dei materiali e degli oggetti di plastica riciclata
La dichiarazione scritta di cui all'articolo 12, paragrafo 1, deve contenere le seguenti informazioni supplementari:
Una dichiarazione che è stata impiegata esclusivamente plastica riciclata proveniente da un processo di riciclo autorizzato e l'indicazione del numero di registro CE di tale processo autorizzato.
PARTE B
Informazioni supplementari nella dichiarazione di conformità della plastica riciclata
La dichiarazione scritta di cui all'articolo 12, paragrafo 2, deve contenere le seguenti informazioni supplementari:
1.
dichiarazione che il processo di riciclo sia stato autorizzato, con indicazione del numero di registro CE del processo di riciclo autorizzato;
2.
dichiarazione che l'input di materia plastica, il processo di riciclo e la plastica riciclata siano conformi alle specifiche per cui è stata rilasciata l'autorizzazione;
3.
dichiarazione che viene applicato un sistema di assicurazione della qualità a norma della sezione B dell'allegato del regolamento (CE) n. 2023/2006.
ALLEGATO II
L'allegato del regolamento (CE) n. 2023/2006 è così modificato:
(1)
dopo il titolo è inserita la seguente sezione:
«A. Inchiostri da stampa»
(2)
è aggiunta la seguente sezione:
«B. Sistema di assicurazione della qualità per i processi di riciclo di plastica di cui al regolamento (CE) n. 282/2008 relativo ai materiali e agli oggetti di plastica riciclata destinati al contatto con gli alimenti e che modifica il regolamento (CE) n. 2023/2006 della Commissione
1.
Il sistema di assicurazione della qualità applicato dal riciclatore deve essere sufficientemente affidabile per garantire la capacità del processo di riciclo di produrre plastica riciclata conforme alle prescrizioni dell'autorizzazione.
2.
Tutti gli elementi, prescrizioni e disposizioni adottati dal riciclatore per il suo sistema di assicurazione della qualità devono essere documentati in modo sistematico e ordinato sotto forma di politiche e procedure scritte.
Questa documentazione relativa al sistema di qualità deve permettere un'interpretazione uniforme delle politiche e delle procedure seguite in materia di qualità, ad esempio programmi di qualità, piani, manuali, registri e misure prese per garantire la rintracciabilità.
La documentazione comprende in particolare quanto segue:
a)
un manuale delle politiche di qualità, contenente una chiara definizione degli obiettivi di qualità del riciclatore, l'organizzazione dell'impresa e in particolare le strutture organizzative, le responsabilità del personale dirigente e la loro autorità organizzativa nell'ambito della produzione di plastica riciclata;
b)
i piani di controllo della qualità, inclusi quelli per la caratterizzazione dell'input di materia plastica e della plastica riciclata, la qualifica dei fornitori, i processi di selezione, i processi di lavaggio, i processi di pulizia profonda, i processi di riscaldamento o qualsiasi altra parte del processo che influisca sulla qualità della plastica riciclata, inclusa la scelta di punti critici per il controllo della qualità della plastica riciclata;
c)
le procedure di gestione e operative applicate per controllare e regolare l'intero processo di riciclo, incluse le tecniche d'ispezione e di assicurazione della qualità in tutte le fasi di produzione, in particolare l'istituzione di limiti ai punti critici per la qualità della plastica riciclata;
d)
i metodi di controllo del funzionamento efficace del sistema di qualità, in particolare la capacità di ottenere plastica riciclata della qualità prevista, compreso il controllo dei prodotti non conformi;
e)
i test ed i protocolli analitici o qualsiasi altra prova scientifica applicata prima, durante e dopo la produzione della plastica riciclata, la frequenza dei test e gli strumenti di prova impiegati; la calibrazione degli strumenti di prova deve essere effettuata in modo da consentire una rintracciabilità adeguata.
f)
i documenti di registrazione adottati.» | Imballaggi di plastica riciclata a contatto con gli alimenti
Regolamento (CE) n. 282/2008 relativo ai materiali e agli oggetti di plastica riciclata destinati al contatto con gli alimenti
SINTESI
I rifiuti plastici possono essere contaminati attraverso il contatto con sostanze provenienti dall’utilizzo precedente delle materie plastiche o con plastica non alimentare. È pertanto necessario un adeguato processo di rimozione dei possibili contaminanti per garantire la sicurezza del prodotto finito.
CHE COSA FA IL REGOLAMENTO?
Questo regolamento stabilisce misure specifiche per i materiali e gli oggetti di plastica riciclata, integrando il regolamento (CE) n. 1935/2004 relativo ai materiali e agli oggetti che vengono a contatto con gli alimenti.
PUNTI CHIAVE
Questo regolamento si riferisce all’utilizzo di materiali e oggetti di plastica riciclata che vengono a contatto diretto con gli alimenti. Esso non si applica ai ritagli non utilizzati in precedenza né ai polimeri ridotti chimicamente a monomeri*, ad esempio eliminandone la plasticità.
I materiali e gli oggetti contemplati sono soggetti al regolamento (UE) n. 10/2011 sulle materie plastiche destinate all’imballaggio degli alimenti.
La plastica riciclata impiegata per la produzione dei materiali e degli oggetti coperti da questo regolamento deve provenire da un processo di riciclo autorizzato e deve essere stata trattata conformemente alle norme indicate nell’allegato del regolamento (CE) n. 2023/2006 sulle buone pratiche di fabbricazione dei materiali e degli oggetti destinati a venire a contatto con gli alimenti.
L’autorizzazione verrà concessa laddove il processo di riciclo rispetti i requisiti elencati di seguito:
la qualità della materia prima deve essere controllata;
la materia prima deve derivare da materie plastiche realizzate in conformità con la legislazione dell’Unione europea (UE) relativa ai materiali e agli oggetti di plastica destinati a venire a contatto con gli alimenti;
il processo deve garantire l’assenza di rischi di contaminazione o la presenza di livelli tali da non rappresentare un pericolo per la salute;
l’articolo finito non deve rilasciare componenti negli alimenti in quantità tali da mettere a repentaglio la salute umana o da causare alterazioni inaccettabili nella composizione dell’alimento o un deterioramento del suo aspetto, del suo odore o della sua consistenza.
La Commissione europea (CE) tiene un registro pubblico dei processi di riciclo autorizzati, nonché un registro degli siti di riciclo ubicati nei paesi dell’UE e nei paesi terzi.
La dichiarazione volontaria del contenuto riciclato presente nei materiali e negli oggetti di plastica riciclata deve rispettare le norme previste dalla norma ISO 14021:1999.
Oltre a soddisfare i requisiti del regolamento (UE) n. 10/2011, la dichiarazione di conformità deve confermare che:
è stato utilizzato un processo di riciclo autorizzato e indicarne il numero di registro CE;
l’input di materia plastica, il processo di riciclo e la plastica riciclata rispettano le specifiche per le quali l’autorizzazione è stata concessa;
è in funzione un sistema di assicurazione della qualità.
TERMINE CHIAVE
*Monomero: una sostanza composta da molecole singole non collegate considerata in rapporto a un polimero, che deve invece la sua plasticità al legame tra le molecole di un monomero.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
A partire dal 17 aprile 2008.
Per maggiori informazioni, consultare il sito web della Commissione europea sui materiali che vengono a contatto con gli alimenti.
ATTO
Regolamento (CE) n. 282/2008 della Commissione, del 27 marzo 2008, relativo ai materiali e agli oggetti di plastica riciclata destinati al contatto con gli alimenti e che modifica il regolamento (CE) n. 2023/2006
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Regolamento (CE) n. 282/2008
17.4.2008
—
GU L 86 del 28.3.2008, pag. 9-18
ATTI COLLEGATI
Regolamento (CE) n. 1935/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 ottobre 2004, riguardante i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari e che abroga le direttive 80/590/CEE e 89/109/CEE (GU L 338 del 13.11.2004, pag. 4-17)
Regolamento (UE) n. 2023/2006 della Commissione, del 22 dicembre 2006, sulle buone pratiche di fabbricazione dei materiali e degli oggetti destinati a venire a contatto con prodotti alimentari (GU L 384 del 29.12.2006, pag. 75-78)
Regolamento (UE) n. 10/2011 della Commissione, del 14 gennaio 2011, riguardante i materiali e gli oggetti di materia plastica destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari (GU L 12 del 15.1.2011, pag. 1-89) | 13,626 | 480 |
32012R1260 | false | REGOLAMENTO (UE) N. 1260/2012 DEL CONSIGLIO
del 17 dicembre 2012
relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una tutela brevettuale unitaria con riferimento al regime di traduzione applicabile
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 118, secondo comma,
vista la decisione 2011/167/UE del Consiglio, del 10 marzo 2011, che autorizza una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una tutela brevettuale unitaria (1),
vista la proposta della Commissione europea,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
visto il parere del Parlamento europeo,
deliberando secondo la procedura legislativa speciale,
considerando quanto segue:
(1)
A norma della decisione 2011/167/UE, Belgio, Bulgaria, Repubblica ceca, Danimarca, Germania, Estonia, Irlanda, Grecia, Francia, Cipro, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Ungheria, Malta, Paesi Bassi, Austria, Polonia, Portogallo, Romania, Slovenia, Slovacchia, Finlandia, Svezia e Regno Unito («Stati membri partecipanti») sono stati autorizzati a instaurare tra loro una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una tutela brevettuale unitaria.
(2)
A norma del regolamento (UE) n. 1257/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2012, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una tutela brevettuale unitaria (2), taluni brevetti europei concessi dall’Ufficio europeo dei brevetti («UEB») secondo le norme e le procedure della Convenzione sulla concessione di brevetti europei del 5 ottobre 1973, riveduta il 17 dicembre 1991 e il 29 novembre 2000 («CBE»), dovrebbero, su richiesta del titolare del brevetto, beneficiare dell'effetto unitario negli Stati membri partecipanti.
(3)
È opportuno che il regime di traduzione per i brevetti europei che beneficiano dell'effetto unitario negli Stati membri partecipanti («brevetto europeo con effetto unitario») sia istituito mediante un regolamento distinto, conformemente all’articolo 118, secondo comma, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea («TFUE»).
(4)
Conformemente alla decisione 2011/167/UE, il regime di traduzione per i brevetti europei con effetto unitario dovrebbe essere semplice ed efficiente in termini di costi. Esso dovrebbe corrispondere a quello previsto nella proposta di regolamento del Consiglio sul regime di traduzione del brevetto dell’Unione europea, presentata dalla Commissione il 30 giugno 2010, unitamente agli elementi di compromesso proposti dalla presidenza nel novembre 2010 che hanno riscosso un ampio sostegno in seno al Consiglio.
(5)
Tale regime di traduzione dovrebbe assicurare la certezza del diritto e incentivare l’innovazione e, in particolare, favorire le piccole e medie imprese (PMI). Esso dovrebbe rendere l’accesso al brevetto europeo con effetto unitario e al sistema brevettuale in generale più facile, meno costoso e giuridicamente sicuro.
(6)
Dal momento che l’UEB è responsabile della concessione di brevetti europei, è opportuno che il regime di traduzione per il brevetto europeo con effetto unitario si basi sulla procedura in vigore presso l’UEB. Tale regime dovrebbe mirare a conseguire il necessario equilibrio tra gli interessi degli operatori economici e il pubblico interesse, in termini di costo del procedimento e di disponibilità delle informazioni tecniche.
(7)
Fatte salve le disposizioni transitorie, se il fascicolo di un brevetto europeo con effetto unitario è stato pubblicato conformemente all’articolo 14, paragrafo 6, della CBE, non dovrebbe essere necessaria alcuna altra traduzione. L’articolo 14, paragrafo 6, della CBE stabilisce che il fascicolo di un brevetto europeo è pubblicato nella lingua del procedimento presso l'UEB e contiene una traduzione delle rivendicazioni nelle altre due lingue ufficiali dell'UEB.
(8)
In caso di controversia riguardante un brevetto europeo con effetto unitario, è legittimo esigere che il titolare del brevetto, su richiesta del presunto contraffattore, fornisca una traduzione integrale del brevetto in una lingua ufficiale dello Stato membro partecipante in cui ha avuto luogo la presunta contraffazione o dello Stato membro nel quale è domiciliato il presunto contraffattore. Il titolare del brevetto dovrebbe inoltre fornire, su richiesta del tribunale competente negli Stati membri partecipanti per le controversie riguardanti il brevetto europeo con effetto unitario, una traduzione integrale del brevetto nella lingua utilizzata nel procedimento dinanzi a tale tribunale. Tali traduzioni non dovrebbero essere effettuate mediante mezzi automatici e dovrebbero essere fornite a spese del titolare del brevetto.
(9)
In caso di controversia concernente una domanda di risarcimento, il tribunale adito dovrebbe prendere in considerazione il fatto che, prima di poter disporre di una traduzione nella sua lingua, il presunto contraffattore può aver agito in buona fede, senza sapere o senza aver avuto motivi ragionevoli per sapere che stava violando il brevetto. Il tribunale competente dovrebbe valutare le circostanze del singolo caso e, inter alia, considerare se il presunto contraffattore sia una PMI che opera solamente a livello locale, la lingua del procedimento dinanzi all’UEB e, durante il periodo transitorio, la traduzione trasmessa unitamente alla richiesta di effetto unitario.
(10)
Per agevolare l’accesso ai brevetti europei con effetto unitario, in particolare per le PMI, i richiedenti dovrebbero poter depositare la propria domanda di brevetto presso l’UEB in qualsiasi lingua ufficiale dell’Unione. Quale misura complementare, taluni richiedenti che ottengano un brevetto europeo con effetto unitario e che abbiano depositato una domanda di brevetto europeo in una delle lingue ufficiali dell'Unione che non è una lingua ufficiale dell’UEB e che abbiano la residenza o la principale sede di attività in uno Stato membro, dovrebbero ricevere rimborsi supplementari delle spese di traduzione dalla lingua della domanda di brevetto verso la lingua del procedimento dinanzi all’UEB, oltre a quanto attualmente previsto presso l’UEB. Tali rimborsi dovrebbero essere gestiti dall’UEB conformemente all’articolo 9 del regolamento (UE) n. 1257/2012.
(11)
Al fine di promuovere la disponibilità di informazioni sui brevetti e la divulgazione delle conoscenze tecnologiche, è opportuno disporre prima possibile di traduzioni automatiche delle domande di brevetto e dei fascicoli in tutte le lingue ufficiali dell’Unione. L'UEB è impegnato nello sviluppo di traduzioni automatiche, che sono uno strumento molto importante per migliorare l’accesso alle informazioni sui brevetti e divulgare ampiamente le conoscenze tecnologiche. La disponibilità tempestiva di traduzioni automatiche di alta qualità dei fascicoli e delle domande dei brevetti europei in tutte le lingue ufficiali dell’Unione favorirà tutti gli utenti del sistema brevettuale europeo. La traduzione automatica è un aspetto fondamentale della politica dell'Unione europea. Tali traduzioni automatiche dovrebbero servire unicamente a fini informativi e dovrebbero essere prive di effetti giuridici.
(12)
Durante il periodo transitorio, prima che sia disponibile un sistema di traduzioni automatiche di alta qualità in tutte le lingue ufficiali dell’Unione, la richiesta di effetto unitario di cui all’articolo 9 del regolamento UE n. 1257/2012 dovrebbe essere accompagnata da una traduzione integrale in inglese del fascicolo del brevetto, se la lingua del procedimento dinanzi all’UEB è il francese o il tedesco, o in una delle lingue ufficiali degli Stati membri che sia una lingua ufficiale dell’Unione, se la lingua del procedimento dinanzi all’UEB è l’inglese. Tali modalità garantirebbero che durante il periodo transitorio tutti i brevetti europei con effetto unitario siano disponibili in inglese, che costituisce la lingua abitualmente utilizzata nel settore della ricerca tecnologica e delle pubblicazioni internazionali. Inoltre, tali modalità garantirebbero che, per i brevetti europei con effetto unitario, siano pubblicate traduzioni in altre lingue ufficiali degli Stati membri partecipanti. Tali traduzioni non dovrebbero essere effettuate con mezzi automatici e la loro elevata qualità dovrebbe contribuire alla formazione dei motori di traduzione da parte dell’UEB. Esse migliorerebbero inoltre la divulgazione delle informazioni sui brevetti.
(13)
È opportuno che il periodo transitorio termini non appena siano disponibili traduzioni automatiche di alta qualità in tutte le lingue ufficiali dell’Unione, su riserva di una valutazione regolare e oggettiva della qualità da parte di un comitato di esperti indipendenti costituito dagli Stati membri partecipanti nel quadro dell’Organizzazione europea dei brevetti e composto di rappresentanti dell’UEB e degli utenti del sistema brevettuale europeo. Considerato lo stato dello sviluppo tecnologico, non si può considerare che il periodo massimo per lo sviluppo di traduzioni automatiche di alta qualità superi dodici anni. Di conseguenza, il periodo transitorio dovrebbe terminare dodici anni a decorrere dalla data di applicazione del presente regolamento, salvo non sia stato deciso di porre fine a tale periodo anticipatamente.
(14)
Poiché le disposizioni sostanziali applicabili al brevetto europeo con effetto unitario sono disciplinate dal regolamento (UE) n. 1257/2012 e sono integrate dal regime di traduzione previsto dal presente regolamento, quest’ultimo dovrebbe applicarsi a decorrere dalla stessa data del regolamento (UE) n. 1257/2012.
(15)
Il presente regolamento non pregiudica le norme che disciplinano il regime linguistico delle istituzioni dell'Unione istituito conformemente all’articolo 342 TFUE e il regolamento n. 1 del Consiglio, del 15 aprile 1958, che stabilisce il regime linguistico della Comunità Economica Europea (3). Il presente regolamento si basa sul regime linguistico dell’UEB e non dovrebbe essere considerato alla stregua di un nuovo regime linguistico specifico per l’Unione, né un precedente volto a creare un regime linguistico limitato in qualsiasi futuro strumento giuridico dell’Unione.
(16)
Poiché l'obiettivo del presente regolamento, segnatamente la creazione di un regime di traduzione uniforme e semplice per i brevetti europei con effetto unitario, non può essere conseguito in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a motivo della portata e degli effetti del presente regolamento, essere conseguito meglio a livello di Unione, quest'ultima può intervenire, se del caso, mediante una cooperazione rafforzata, in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato sull'Unione europea. Il presente regolamento si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto
Il presente regolamento attua una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una tutela brevettuale unitaria, autorizzata dalla decisione 2011/167/UE in relazione al regime di traduzione applicabile.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente regolamento, si intende per:
a)
«brevetto europeo con effetto unitario», un brevetto europeo che beneficia dell’effetto unitario negli Stati membri partecipanti in virtù del regolamento (UE) n. 1257/2012;
b)
«lingua del procedimento», la lingua utilizzata nel procedimento dinanzi all’UEB, come definita dall’articolo 14, paragrafo 3, della Convenzione sulla concessione di brevetti europei del 5 ottobre 1973, riveduta il 17 dicembre 1991 e il 29 novembre 2000 («CBE»).
Articolo 3
Regime di traduzione per il brevetto europeo con effetto unitario
1. Fatti salvi gli articoli 4 e 6 del presente regolamento, se il fascicolo di un brevetto europeo che beneficia dell'effetto unitario è stato pubblicato conformemente all’articolo 14, paragrafo 6, della CBE, non sono necessarie ulteriori traduzioni.
2. La richiesta di effetto unitario di cui all'articolo 9 del regolamento (UE) n. 1257/2012 è presentata nella lingua del procedimento.
Articolo 4
Traduzione in caso di controversia
1. In caso di controversia relativa ad una presunta contraffazione di un brevetto europeo con effetto unitario, il titolare del brevetto fornisce, su richiesta e secondo la scelta di un presunto contraffattore, una traduzione integrale del brevetto europeo con effetto unitario in una lingua ufficiale dello Stato membro partecipante nel quale ha avuto luogo la presunta contraffazione o dello Stato membro nel quale è domiciliato il presunto contraffattore.
2. In caso di controversia riguardante un brevetto europeo con effetto unitario, il titolare del brevetto fornisce nel corso del procedimento giudiziario, su richiesta del tribunale competente negli Stati membri partecipanti per le controversie riguardanti i brevetti europei con effetto unitario, una traduzione integrale del brevetto nella lingua utilizzata nel procedimento dinanzi a tale tribunale.
3. Il costo delle traduzioni di cui ai paragrafi 1 e 2 è a carico del titolare del brevetto.
4. In caso di controversia riguardante una domanda di risarcimento, il tribunale adito valuta e prende in considerazione, in particolare se il presunto contraffattore è una PMI, una persona fisica o un'organizzazione senza fini di lucro, un'università o un'organizzazione pubblica di ricerca, se il presunto contraffattore abbia agito senza sapere o senza avere motivi ragionevoli di sapere che stava violando il brevetto europeo con effetto unitario, prima di poter disporre della traduzione di cui al paragrafo 1.
Articolo 5
Gestione di un regime di compensazione
1. Dato che le domande di brevetto europeo possono essere presentate in qualsiasi lingua a norma dell'articolo 14, paragrafo 2, della CBE, gli Stati membri partecipanti, conformemente all’articolo 9 del regolamento (UE) n. 1257/2012, assegnano all’UEB, ai sensi dell’articolo 143 della CBE, il compito di gestire un regime di compensazione per il rimborso di tutti i costi di traduzione entro un massimale per i richiedenti che depositano le domande di brevetto presso l’UEB in una delle lingue ufficiali dell’Unione che non sia una lingua ufficiale dell’UEB.
2. Il regime di compensazione di cui al paragrafo 1 è alimentato dalle tasse di cui all'articolo 11 del regolamento (UE) n. 1257/2012 ed è disponibile unicamente per le PMI, le persone fisiche, le organizzazioni senza fini di lucro, le università e gli istituti pubblici di ricerca che hanno la residenza o la sede principale di attività in uno Stato membro.
Articolo 6
Misure transitorie
1. Durante un periodo transitorio che comincia dalla data di applicazione del presente regolamento, la richiesta di effetto unitario di cui all’articolo 9 del regolamento (UE) n. 1257/2012 è presentata unitamente a quanto segue:
a)
se la lingua del procedimento è il francese o il tedesco, una traduzione integrale in inglese del fascicolo del brevetto europeo; o
b)
se la lingua del procedimento è l’inglese, una traduzione integrale del fascicolo del brevetto europeo in un'altra lingua ufficiale dell’Unione.
2. Conformemente all’articolo 9 del regolamento (UE) n. 1257/2012, gli Stati membri partecipanti assegnano all’UEB, ai sensi dell’articolo 143 della CBE, il compito di pubblicare le traduzioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo prima possibile dopo la data di presentazione della richiesta di effetto unitario di cui all’articolo 9 del regolamento (UE) n. 1257/2012. Il testo di tali traduzioni è privo di effetti giuridici e serve unicamente a fini informativi.
3. Sei anni dopo la data di applicazione del presente regolamento, e successivamente ogni due anni, un comitato di esperti indipendenti effettua una valutazione oggettiva della disponibilità di traduzioni automatiche di alta qualità delle domande e dei fascicoli di brevetti in tutte le lingue ufficiali dell’Unione, nel quadro del sistema sviluppato dall’UEB. Tale comitato di esperti è istituito dagli Stati membri partecipanti nel quadro dell’Organizzazione europea dei brevetti ed è composto da rappresentanti dell’UEB e delle organizzazioni non governative che rappresentano gli utenti del sistema brevettuale europeo invitate dal consiglio d’amministrazione dell’Organizzazione europea dei brevetti in qualità di osservatori, conformemente all’articolo 30, paragrafo 3, della CBE.
4. Sulla base della prima delle valutazioni di cui al paragrafo 3 del presente articolo, e successivamente ogni due anni sulla base delle valutazioni successive, la Commissione presenta una relazione al Consiglio e, se del caso, formula proposte per porre fine al periodo transitorio.
5. Se non si pone fine al periodo transiorio sulla base di una proposta della Commissione, tale periodo termina dodici anni dopo la data di applicazione del presente regolamento.
Articolo 7
Entrata in vigore
1. Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
2. Esso si applica a decorrere dal 1o gennaio 2014 o dalla data di entrata in vigore dell'accordo su un tribunale unificato dei brevetti, se successiva.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile negli Stati membri partecipanti conformemente ai trattati.
Fatto a Bruxelles, il 17 dicembre 2012
Per il Consiglio
Il presidente
S. ALETRARIS
(1) GU L 76 del 22.3.2011, pag. 53.
(2) Crf. pagina 1 della presente Gazzetta ufficiale.
(3) GU 17 del 6.10.1958, pag. 385/58. | Brevetti unitari dell’UE — disposizioni per le traduzioni
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Esso stabilisce le disposizioni relative alla traduzione per i 26 Stati membri che hanno sottoscritto il brevetto europeo con effetto unitario (noto come «brevetto unitario»).
PUNTI CHIAVE
Per un brevetto unitario pubblicato in una delle tre lingue ufficiali dell’Ufficio europeo dei brevetti (UEB), inglese, francese e tedesco, e per il quale le rivendicazioni sono state tradotte nelle altre due lingue, secondo quanto stabilito dall’art. 14, paragrafo 6 della convenzione sulla concessione di brevetti europei, non è necessaria alcuna altra traduzione nelle lingue ufficiali dell’UE.
Il titolare di un brevetto che sospetta una contraffazione del proprio brevetto, deve:fornire, su richiesta e secondo la scelta di del presunto contraffattore, una traduzione integrale del brevetto in una lingua ufficiale dello Stato membro nel quale ha avuto luogo la presunta contraffazione o dello Stato membro nel quale è domiciliato il presunto contraffattore; una traduzione integrale del brevetto nella lingua ufficiale del tribunale in altri Stati membri partecipanti che possono venire coinvolti nei procedimenti legali; sostenere il costo delle traduzioni richieste. Il tribunale incaricato della valutazione dei danni in una controversia, valuta se il presunto contraffattore è:una piccola o media impresa (PMI), una persona fisica o un’organizzazione senza fini di lucro, un’università o un’organizzazione pubblica di ricerca. Deve inoltre valutare se il presunto contraffattore abbia agito non intenzionalmente.
Il regime di compensazione:Rimborsa, fino a un determinato massimale, i costi di traduzione per le domande di brevetto depositate in una lingua ufficiale dell’UE diversa da una delle tre lingue ufficiali dell’UEB; è alimentato dalle tasse di rinnovo dei brevetti e dalle sovrattasse per il loro pagamento tardivo; è disponibile unicamente per le PMI, le persone fisiche, le organizzazioni senza fini di lucro, le università e gli istituti pubblici di ricerca che hanno la residenza o la sede principale di attività in uno Stato membro. Le misure transitorie prevedono che nel periodo di sei anni dalla data di applicazione del presente regolamento:le domande di brevetto vengono presentate francese o il tedesco, ne venga fornita una traduzione in inglese e che le domande presentate in inglese vengano tradotte in un’altra lingua ufficiale dell’UE; un comitato di esperti indipendenti, sei anni dopo la data di applicazione del regolamento, e successivamente ogni due anni, valuti la disponibilità di traduzioni automatiche di alta qualità delle domande e dei fascicoli di brevetti; La Commissione europea presenti una relazione ai governi dell’UE sulla base della prima valutazione del comitato e delle successive.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Il regolamento si applica quattro mesi dopo il deposito del tredicesimo strumento di ratifica dell’accordo su un tribunale unificato dei brevetti (purché esso comprenda i tre stati in cui ha effetto il maggior numero di brevetti europei, cioè Germania, Francia e Regno Unito (1)) presso il Segretariato generale del Consiglio.
CONTESTO
Decisione 2011/167/UE che autorizza i venticinque Stati membri a utilizzare una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una tutela brevettuale unitaria. La Spagna e l’Italia hanno scelto di non partecipare al programma.
La presentazione di un’unica domanda presso l’Ufficio europeo dei brevetti consente di garantire la tutela del brevetto in tutti i ventisei Stati membri. Ciò semplifica le procedure e riduce i costi per i richiedenti che desiderano tutelare le loro invenzioni.
Per maggiori informazioni, consultare:Brevetto unitario (Commissione europea) Brevetto unitario e tribunale unificato dei brevetti (Ufficio europeo dei brevetti).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE) 1260/2012 del Consiglio, del 17 dicembre 2012, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una tutela brevettuale unitaria con riferimento al regime di traduzione applicabile (GU L 361 del 31.12.2012, pag. 89).
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) n. 1257/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2012, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una tutela brevettuale unitaria (GU L 361 del 31.12.2012, pag. 1).
Decisione del Consiglio 2011/167/UE, del 10 marzo 2011, che autorizza una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una tutela brevettuale unitaria (GU L 76 del 22.3.2011, pag. 53). | 6,729 | 205 |
21989A0225(01) | false | Accordo di cooperazione tra la Comunità economica europea, da una parte, e i paesi aderenti alla Carta del Consiglio di cooperazione per gli Stati arabi del Golfo (Stato degli Emirati arabi uniti, Stato del Bahrein, Regno dell'Arabia Saudita, Sultanato dell'Oman, Stato del Qatar, Stato del Kuwait), dall'altra - Dichiarazioni comuni - Dichiarazione della Comunità economica europea - Scambi di lettere
Gazzetta ufficiale n. L 054 del 25/02/1989 pag. 0003 - 0015 edizione speciale finlandese: capitolo 11 tomo 14 pag. 0212 edizione speciale svedese/ capitolo 11 tomo 14 pag. 0212
ACCORDO DI COOPERAZIONE tra la Comunità economica europea, da una parte, e i paesi aderenti alla Carta del Consiglio di cooperazione per gli Stati arabi del Golfo (Stato degli Emirati arabi uniti, Stato del Bahrein, Regno dell'Arabia Saudita, Sultanato dell'Oman, Stato del Qatar, Stato del Kuwait), dall'altra PREAMBOLO IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, in seguito denominato « Comunità »,da una parte, eI GOVERNI DEI PAESI ADERENTI ALLA CARTA DEL CONSIGLIO DI COOPERAZIONE DEGLI STATI ARABI DEL GOLFO (Stato degli Emirati arabi uniti, Stato del Bahrein, Regno dell'Arabia Saudita, Sultanato dell'Oman, Stato del Qatar, Stato del Kuwait), in seguito denominati « paesi del CCG »,dall'altra,VISTI i tradizionali legami di amicizia tra i paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo (CCG) e gli Stati membri della Comunità,RICONOSCENDO che l'apertura di relazioni contrattuali tra la Comunità e i paesi del CCG contribuirà a promuovere una cooperazione globale in tutti i campi tra partner uguali e a condizioni reciprocamente vantaggiose, nonché a favorire lo sviluppo economico, tenendo conto delle diversità dei livelli di sviluppo delle parti,CONFERMANDO la volontà politica di istituire una nuova struttura di dialogo di ampia portata tra la Comunità e i paesi del CCG al fine di ampliare e consolidare la cooperazione tra le due regioni,SOTTOLINEANDO l'importanza fondamentale che le due parti annettono al consolidamento e al potenziamento dell'integrazione regionale, in quanto elemento essenziale per lo sviluppo dei paesi del CCG e per la stabilità della regione del Golfo,SOTTOLINEANDO la volontà delle parti di cooperare al fine di migliorare la situazione internazionale sul piano dell'economia e dell'energia,RIAFFERMANDO che la cooperazione tra la Comunità e i paesi del CCG integra e non sostituisce il dialogo euro-arabo,AFFERMANDO la loro fedeltà ai principi della Carta delle Nazioni Unite,RICONOSCENDO la funzione costruttiva del CCG per la tutela della pace, della sicurezza e della stabilità nella regione del Golfo,RISOLUTI a consolidare le basi della cooperazione in conformità degli obblighi internazionali,HANNO DECISO di concludere il presente accordo e a tal fine hanno designato come plenipotenziari : PER IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE :Signor Hans-Dietrich GENSCHER,ministro federale degli affari esteri della Repubblica federale di Germania,presidente in carica del Consiglio delle Comunità europee, ministro degli esteri,signor Claude CHEYSSON,membro della Commissione delle Comunità europee ; PER I GOVERNI DEI PAESI ADERENTI ALLA CARTA DEL CONSIGLIO DI COOPERAZIONE DEGLI STATI ARABI DEL GOLFO :S.A.R. il principe Saoud AL-FAISAL,ministro degli affari esteri del Regno dell'Arabia Saudita,presidente in carica del Consiglio dei ministri del consiglio di cooperazione degli Stati arabi del GolfoS. E. ABDULLAH YAKOOB BISHARA,segretario generale del consiglio di cooperazione per gli Stati arabi del Golfo ;I QUALI, dopo aver scambiato i loro pieni poteri, riconosciuti in buona e debita forma,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE : Obiettivi generaliArticolo 1 1. Le parti contraenti convengono che gli obiettivi principali del presente accordo di cooperazione sono i seguenti :a)potenziare le relazioni tra la Comunità economica europea e i paesi del CCG, conferendo loro un quadro istituzionale e contrattuale,b)ampliare e consolidare la cooperazione sul piano economico e tecnico, nonché in materia di energia, industria, scambi e servizi, agricoltura, pesca, investimenti, scienza, tecnologia e ambiente, a condizioni reciprocamente vantaggiose, tenendo conto delle diversità dei livelli di sviluppo delle parti,c)sostenere il processo di sviluppo e di diversificazione economici dei paesi del CCG affinché questi ultimi possano contribuire più efficacemente alla pace e alla stabilità della regione.2. Le disposizioni in materia di cooperazione in determinati settori sono definite negli articoli seguenti. Cooperazione economicaArticolo 2 In considerazione dei reciproci interessi e compatibilmente con i rispettivi obiettivi economici a lungo termine le parti contraenti si impegnano a instaurare, entro i limiti delle loro competenze, la più ampia cooperazione economica possibile, senza escludere in via pregiudiziale alcun settore. Articolo 3 1. Nel settore economico e tecnico le parti contraenti promuovono e agevolano, tra l'altro :-le azioni intraprese dai paesi del CCG per potenziare l'infrastruttura economica e produttiva al fine di diversificare l'economica, in considerazione del reciproco interesse delle parti,-indagini di mercato e iniziative di promozione commerciale delle due parti nei rispettivi mercati, nonché in altri mercati,-trasferimento e sviluppo della tecnologia, in particolare attraverso azioni congiunte tra le imprese e le istituzioni delle due regioni (ricerca, produzione, beni e servizi), nonché, nel contesto delle rispettive legislazioni, conclusione di adeguati accordi tra imprese e istituzioni della Comunità e dei paesi del CCG per la tutela di brevetti, marchi commerciali e altri elementi di proprietà intellettuale,-promozione della cooperazione a lungo termine tra le imprese delle due parti al fine di instaurare vincoli più stabili e più equilibrati tra le rispettive economie,-promozione della cooperazione in materia di normalizzazione e di metrologia,-scambi di informazioni disponibili su prospettive e previsioni a breve e a medio termine in merito a produzione, consumo e scambi,-formazione.2. Gli aspetti specifici della cooperazione sono definiti negli articoli seguenti. Articolo 4 Nei settori dell'agricoltura, dell'industria agroalimentare e della pesca, le parti contraenti promuovono e agevolano, tra l'altro :-l'intensificazione degli scambi di informazioni sull'andamento della produzione agricola e sulle previsioni a breve e a medio termine relative a produzione, consumo e scambi sui mercati mondiali,-la promozione di contatti tra imprese, istituti di ricerca e altri organismi al fine di avviare progetti comuni in materia di agricoltura, industria agroalimentare e pesca. Articolo 5 Nel settore industriale le parti contraenti promuovono e agevolano, tra l'altro :-le iniziative dei paesi del CCG volte a potenziare la produzione industriale, nonché a diversificare e ad ampliare la base economica, in considerazione del reciproco interesse delle parti contraenti,-l'organizzazione di contatti e di incontri tra responsabili delle politiche industriali, promotori e imprenditori per promuovere l'istituzione di nuove relazioni nel settore industriale, in conformità degli obiettivi dell'accordo,-promozione di joint venture industriali. Articolo 6 Nel settore dell'energia, le parti contraenti promuovono e agevolano, tra l'altro :-la cooperazione da parte di enti della Comunità e dei paesi del CCG nelle due regioni,-analisi congiunte del commercio di petrolio grezzo, metano e prodotti pretroliferi tra le due regioni, nonché delle sue implicazioni a livello industriale al finedi individuare mezzi e metodi atti a potenziare tali scambi,-scambi di opinioni e di informazioni su problemi energetici di carattere generale e sulle rispettive politiche in materia, fatti salvi gli obblighi internazionali delle parti,-formazione,-studi congiunti, in particolare sulle fonti energetiche nuove e rinnovabili. Articolo 7 Nel settore degli investimenti le parti contraenti si sforzano di prendere i provvedimenti atti a tutelare e a promuovere gli investimenti dell'altra parte, in particolare mediante l'estensione, da parte degli Stati membri della Comunità e dei paesi del CCG, degli accordi per la promozione e tutela degli investimenti al fine di migliorare le rispettive condizioni d'investimento. Articolo 8 Nei settori della scienza e della tecnologia la Comunità e i paesi del CCG si impegnano a promuovere e ad agevolare, in particolare :-la cooperazione in materia di ricerca e sviluppo nei settori della scienza e della tecnologia nelle due regioni,-il trasferimento e adattamento della tecnologia, tra l'altro con iniziative di ricerca e adeguati accordi tra operatori economici delle due regioni,-il consolidamento dei legami tra gli ambienti scientifici dei paesi del CCG e della Comunità,-l'accesso a banche dati relative a brevetti. Articolo 9 Le parti contraenti scambiano informazioni sull'evoluzione delle rispettive politiche in materia di tutela dell'ambiente e di salvaguardia e sviluppo della fauna selvaggia. Le parti promuovono inoltre la cooperazione in tali settori. Articolo 10 1. Per il conseguimento degli obiettivi del presente accordo, il consiglio congiunto di cui all'articolo 12 definisce periodicamente gli orientamenti generali della cooperazione.2. Il consiglio congiunto è incaricato di individuare i mezzi e i metodi atti a realizzare la cooperazione nei settori definiti dall'accordo. Scambi commercialiArticolo 11 1. Nel settore commerciale l'obiettivo del presente accordo è di promuovere per quanto possibile l'espansione e la diversificazione degli scambi commerciali tra le parti contraenti, tra l'altro esaminando i mezzi ed i metodi atti a superare gli ostacoli commerciali all'accesso dei prodotti di ciascuna parte contraente al mercato dell'altra parte.2. Le parti contraenti avviano le discussioni relative al negoziato di un accordo sull'espansione degli scambi in conformità della dichiarazione congiunta allegata al presente accordo.3. In attesa della conclusione dell'accordo commerciale di cui al paragrafo 2, le parti contraenti si accordano reciprocamente il trattamento della nazione più favorita. Disposizioni generali e finaliArticolo 12 1. È istituito un consiglio congiunto di cooperazione CCG/Comunità, in seguito denominato « consiglio congiunto », che, per il conseguimento degli obiettivi fissati dall'accordo e nei casi contemplati da quest'ultimo, dispone di potere decisionale.Le decisioni prese sono vincolanti per le parti contraenti, le quali sono tenute ad attuare i provvedimenti necessari per la loro esecuzione.2. Il consiglio congiunto può inoltre formulare le risoluzioni, le raccomandazioni o i pareri che ritiene opportuni per il coseguimento degli obiettivi generali e il buon funzionamento dell'accordo.3. Il consiglio congiunto stabilisce il proprio regolamento interno. Articolo 13 1. Il consiglio congiunto è composto da rappresentanti della Comunità e da rappresentanti dei paesi del CCG.2. I membri del consiglio congiunto possono farsi rappresentare secondo le condizioni definite nel regolamento interno.3. Il consiglio congiunto si pronuncia sulla base del comune accordo tra la Comunità e i paesi del CCG. Articolo 14 1. La presidenza del consiglio congiunto è esercitata a turno dalla Comunità e dai paesi del CCG, secondo le modalità che saranno stabilite nel regolamento interno.2. Il consiglio congiunto si riunisce una volta all'anno su convocazione del presidente.Il consiglio congiunto tiene qualsiasi altra riunione eventualmente necessaria, a richiesta della Comunità o dei paesi del CCG, secondo le condizioni stabilite nel regolamento interno. Articolo 15 1. Il consiglio congiunto è assistito nell'espletamento dei suoi compiti da un comitato misto di cooperazione.Il consiglio può decidere di istituire qualsiasi altro comitato atto ad assisterlo nell'espletamento dei suoi compiti.2. Il consiglio congiunto stabilisce la composizione, il mandato e il funzionamento di tali comitati. Articolo 16 1. Le parti contraenti attuano le disposizioni del caso per adempiere agli obblighi dell'accordo. Esse prendono i provvedimenti necessari per il conseguimento degli obiettivi dell'accordo stesso.2. Se ritiene che l'altra parte contraente abbia mancato ad un obbligo derivante dall'accordo, ciascuna parte contraente può prendere opportuni provvedimenti. Tale parte comunica preventivamente al consiglio congiunto tutti gli elementi utili per un esame accurato della situazione, al fine di individuare una soluzione accettabile per le parti contraenti.Devono essere attuati con priorità i provvedimenti tali da non perturbare, per quanto possibile, il funzionamento dell'accordo. Tali provvedimenti vengono immediatamente notificati al consiglio congiunto, che tiene consultazioni a richiesta delle parti contraenti. Articolo 17 Se, nel contesto degli scambi di informazioni stabiliti dal presente accordo, dovessero sorgere o rischiassero di sorgere problemi nel funzionamento dell'accordo o nel settore degli scambi commerciali, le parti contraenti avviano consultazioni in sede di consiglio congiunto al fine di prevenire, per quanto possibile, situazioni di perturbazione del mercato. Articolo 18 Ciascuna parte contraente può chiedere all'altra parte di fornire tutte le informazioni pertinenti su eventuali accordi da essa stipulati che abbiano un'incidenza diretta e specifica sul funzionamento dell'accordo. In tali circostanze, a richiesta dell'altra parte, si tengono adeguate consultazioni in sede di consiglio congiunto per prendere in considerazione gli interessi delle parti contraenti. Articolo 19 Nei settori contemplati dal presente accordo e fatte salve le disposizioni di quest'ultimo :-il regime applicato dai paesi del CCG nei confronti della Comunità non può dar luogo ad alcuna discriminazione tra gli Stati membri, i loro cittadini e le loro società,-il regime applicato dalla Comunità nei confronti dei paesi del CCG non può dar luogo ad alcuna discriminazione tra questi paesi, i loro cittadini o le loro società. Articolo 20 1. Ferme restando le pertinenti disposizioni dei trattati che istituiscono le Comunità europee, il presente accordo, nonché qualsiasi azione avviata nel suo contesto non alterano in alcun modo le competenze degli Stati membri delle Comunità di intraprendere azioni bilaterali con i paesi del CCG nel settore della cooperazione economica oppure di concludere eventualmente nuovi accordi di cooperazione economica con detti paesi.2. Ferme restando le disposizioni della Carta del Consiglio di cooperazione degli Stati arabi del Golfo e di qualsiasi altra convenzione sull'integrazione dei paesi del CCG, il presente accordo e qualsiasi azione avviata nel suo contesto non alterano in alcun modo le competenze degli Stati del Golfo di avviare azioni bilaterali con gli Stati membri della Comunità nel settore della cooperazione economica oppure di concludere eventualmente nuovi accordi di cooperazione economica con detti Stati membri.3. Ferme restando le disposizioni dell'articolo 11, il presente accordo e qualsiasi azione avviata nel suo contesto non alterano in alcun modo le competenze dei paesi del CCG di intraprendere azioni bilaterali con altri paesi della Lega araba nel settore della cooperazione economica oppure di concludere eventualmente nuovi accordi di cooperazione economica con detti paesi. Articolo 21 1. Eventuali controversie tra le parti contraenti in merito all'interpretazione dell'accordo possono essere deferite al consiglio congiunto.2. Se il consiglio congiunto non riesce a dirimere la controversia nella sessione immediatamente successiva ciascuna delle due parti può notificare all'altra la designazione di un arbitro. L'altra parte è tenuta in tal caso a designare un secondo arbitro entro due mesi. Ai fini dell'applicazione della presente procedura la Comunità, come i paesi del CCG, è considerata una sola parte nella controversia.Il consiglio congiunto designa un terzo arbitro.Le decisioni arbitrali sono prese a maggioranza.Ciascuna parte in causa è tenuta a prendere i provvedimenti necessari all'esecuzione della decisione arbitrale. Articolo 22 Fanno parte integrante del presente accordo le dichiarazioni e gli scambi di lettere ad esso allegati. Articolo 23 La durata dell'accordo è illimitata.Ciascuna parte contraente può denunciare il presente accordo mediante notifica all'altra parte contraente. L'accordo cessa di essere in vigore sei mesi dopo la data di tale notifica. Articolo 24 Il presente accordo si applica, da una parte, ai territori in cui è applicabile il trattato che istituisce la Comunità economica europea, alle condizioni in esso indicate e, dall'altra, ai territori dei paesi del CCG. Articolo 25 Il presente accordo è redatto in duplice esemplare nelle lingue danese, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, tedesca ed araba tutti i testi facenti ugualmente fede. Articolo 26 Il presente accordo è approvato dalle parti contraenti secondo le rispettive procedure.Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del secondo mese successivo alla notifica dell'espletamento delle procedure di cui al primo comma. En fe de lo cual, los plenipotenciarios firmantes, debidamente habilitados para este fin, han firmado el presente acuerdo.Til bekræftelse heraf har undertegnede befuldmægtigede, som er behørigt befuldmægtigede hertil, underskrevet denne aftale.Zu Urkund dessen haben die hierzu gehörig befugten unterzeichneten Bevollmächtigten dieses Abkommen unterschrieben.Åéò ðßóôùóéí ôùí áíùôÝñù, ïé õðïãåãñáììÝíïé ðëçñåîïýóéïé, äåüíôùò åîïõóéïäïôçìÝíïé ðñïò ôïýôï, õðÝãñáøáí ôçí ðáñïýóá óõìöùíßá.In witness whereof, the undersigned Plenipotentiaries, being duly authorized thereto, have signed this Agreement.En foi de quoi, les plénipotentiaires soussignés, dûment habilités à cette fin, ont signé le présent accord.In fede di che, i plenipotenziari sottoscritti, debitamente abilitati a tale fine, hanno firmato il presente accordo.Ten blijke waarvan de ondergetekende gevolmachtigden, naar behoren daartoe gemachtigd, deze Overeenkomst hebben ondertekend.Em fé do que, os plenipotenciários abaixo assinados, devidamente habilitados para o efeito, apuseram as suas assinaturas no presente acordo.>RIFERIMENTO A UN FILM> Hecho en Luxemburgo, el quince de junio de mil novecientos ochenta y ocho, correspondiente al primero del mes Thil QUDAH de mil cuatrocientos ocho de la Héjira.Udfærdiget i Luxembourg, den femtende juni nitten hundrede og otteogfirs, svarende til den første i måneden Thil QUDAH fjorten hundrede og otte HEGIRE.Geschehen zu Luxemburg am fünfzehnten Juni neunzehnhundertachtundachtzig, der dem Ersten des Monats Thil QUDAH eintausendvierhundertacht HEGIRE entspricht.¸ãéíå óôï Ëïõîåìâïýñãï, óôéò äåêáðÝíôå Éïõíßïõ ÷ßëéá åííéáêüóéá ïãäüíôá ïêôþ ðïõ áíôéóôïé÷åß óôçí ðñþôç ôïõ ìçíüò Thil QUDAH ÷ßëéá ôåôñáêüóéá ïêôþ HEGIREDone at Luxembourg on the fifteenth day of June in the year one thousand nine hundred and eighty-eight, which corresponds to the first day of the month of Thil QUDAH, HEGIRA, one thousand four hundred and eight.Fait à Luxembourg, le quinze juin mil neuf cent quatre-vingt-huit, correspondant au premier du mois Thil QUDAH mil quatre cent huit de l'hégire.Fatto a Lussemburgo, il quindici giugno millenovecentottantotto, corrispondente al primo del mese Thil QUDAH millequattrocento e otto HEGIRE.Gedaan te Luxemburg de vijftiende juni negentienhonderd achtentachtig welke datum overeenkomt met de eerste van de maand Thil QUDAH duizend vierhonderd acht van de hidzjra.Feito no Luxemburgo, em quinze de Junho de mil novecentos e oitenta e oito, correspondente ao primeiro dia do mês Thil QUDAH mil quatrocentos e oito HEVIRE.>RIFERIMENTO A UN FILM> Por el Consejo de las Comunidades EuropeasFor Rådet for De Europæiske FællesskaberFür den Rat der Europäischen GemeinschaftenÃéá ôï Óõìâïýëéï ôùí Åõñùðáúêþí ÊïéíïôÞôùíFor the Council of the European CommunitiesPour le Conseil des Communautés européennesPer il Consiglio delle Comunità europeeVoor de Raad van de Europese GemeenschappenPelo Conselho das Comunidades Europeias>RIFERIMENTO A UN FILM> Por los Gobiernos de los países parte de la Carta del Consejo de Cooperación para los Estados árabes del GolfoFor regeringerne for deltagerlandene i Charteret for Samarbejdsrådet for De Arabiske GolfstaterFür die Regierungen der Vertragsparteien der Charta des Kooperationsrates der Arabischen GolfstaatenÃéá ôéò êõâåñíÞóåéò ôùí ×ùñþí Ìåñþí ôïõ Êáôáóôáôéêïý ×Üñôç ôïõ Óõìâïõëßïõ Óõíåñãáóßáò ôùí Áñáâéêþí Êñáôþí ôïõ ÊüëðïõFor the Governments of the countries parties to the Charter of the Cooperation Council for the Arab States of the GulfPour les gouvernements des pays parties à la charte du Conseil de coopération pour les États arabes du GolfePer i governi dei paesi membri del consiglio di cooperazione degli Stati arabi del GolfoVoor de Regeringen van de landen die partij zijn bij het Handvest van de Raad voor Samenwerking van de Arabische GolfstatenPelos Governos dos países que são partes na Carta do Conselho de Cooperação dos Estados Árabes>RIFERIMENTO A UN FILM> Dichiarazione congiunta sull'articolo 7 Le parti contraenti esprimono il proprio apprezzamento per i lavori svolti e i progressi realizzati nel dialogo euro-arabo riguardo all'elaborazione della convenzione tra gli Stati membri delle Comunità europee e gli Stati membri della Lega araba per la reciproca promozione e la protezione degli investimenti.Le parti auspicano che tali lavori siano rapidamente conclusi affinché la convenzione possa entrare in vigore quanto prima.Le due parti accolgono con soddisfazione il fatto che, in attesa della conclusione della convenzione DEA relativa alla reciproca promozione e protezione degli investimenti, gli Stati membri della Comunità europea e gli Stati membri del Consiglio di cooperazione per i paesi arabi del Golfo faranno tutto il possibile per porre in atto nelle comuni politiche di investimento gli orientamenti sostenuti in occasione dei negoziati della convenzione stessa. Dichiarazione congiunta sull'articolo 11, paragrafo 2 1.Le parti contraenti riconoscono che l'obiettivo dell'accordo di cui all'articolo 11, paragrafo 2 è l'espansione degli scambi con provvedimenti atti ad agevolare l'accesso dei prodotti i ciascuna parte al mercato dell'altra, nonché a liberalizzare il commercio reciproco.2.La Comunità europea ha dichiarato di essere disposta ad esaminare la possibilità di negoziare l'accordo di cui al paragrafo 1, a condizione che l'entrata in vigore del presente accordo non sia compromessa e che le parti contraenti siano in grado di trovare soluzioni che consentano di soddisfare le seguenti condizioni :-la piena conformità con le relative disposizioni del GATT ;-l'adozione di misure nei settori industriale e commerciale intese a evitare che l'accordo comprometta gli sforzi di ristrutturazione dell'industria comunitaria della raffinazione e della petrolchimica, e il mantenimento della loro capacità produttiva, tutelando gli interessi fondamentali della Comunità e la sicurezza del suo approvvigionamento ;-l'adozione di misure che vengono incontro alle preoccupazioni espresse dai paesi del CCG in merito ai settori sensibili della loro economia, in particolare per quanto riguarda la protezione delle nuove industrie ;-l'impegno, da parte della Comunità, di mantenere, per i prodotti petroliferi del CCG, condizioni non discriminatorie di accesso al mercato comunitario.3.Le parti contraenti decidono di avviare conversazioni, a decorrere dalla firma del presente accordo, per esaminare se possono essere soddisfatte le condizioni di cui al paragrafo 2, al fine di poter aprire negoziati formali.4.In attesa dell'apertura formale dei negoziati relativi all'accordo di cui al paragrafo 1, le parti contraenti prendono opportuni provvedimenti per non aggravare gli ostacoli agli scambi esistenti e per evitare di creare nuovi ostacoli al momento dell'apertura dei negoziati.5.Le parti contraenti si impegnano a promuovere, in particolare nel contesto dei negoziati multilaterali in sede di GATT, azioni comuni relative ad una riduzione multilaterale dei dazi doganali applicabili ai prodotti petrolchimici. Dichiarazione della Comunità economica europea relativa al paragrafo 4 della dichiarazione congiunta relativa all'articolo 11, paragrafo 2 La Comunità economica europea dichiara che le disposizioni del paragrafo 4 della dichiarazione congiunta relativa all'articolo 11, paragrafo 2 allegata all'accordo di cooperazione non pregiudicano la facoltà della Comunità di prendere eventuali provvedimenti in conformità del GATT e in particolare di attuare disposizioni relative ai vantaggi accordati a norma del sistema di preferenza generalizzate.Scambio di lettere relativo all'articolo 11, paragrafo 3 A. Lettera della Comunità Signor Presidente,in conformità dell'articolo 11, paragrafo 3 dell'accordo di cooperazione, le parti contraenti si accordano reciprocamente il trattamento della nazione più favorita. È pertanto necessario definire gli elementi di tale trattamento, che non sono precisati nell'accordo.1.Per le importazioni o esportazioni di merci le parti contraenti accordano il trattamento della nazione più favorita in tutti i settori riguardanti :-dazi doganali e tasse varie, comprese le relative modalità di riscossione,-disposizioni in materia di sdoganamento, transito, deposito o trasbordo,-imposte dirette o indirette e altre imposizioni interne,-modalità di pagamento, in particolare l'assegnazione di valuta e il trasferimento di tali pagamenti,-i regolamenti in materia di vendita, acquisto, trasporto, distribuzione ed uso delle merci sul mercato interno.In quanto alla Comunità, alle importazioni in Spagna e in Portogallo si applicano le disposizioni dell'atto di adesione di tali paesi alla Comunità, del 12 giugno 1985.2.Le disposizioni del paragrafo 1 non si applicano :a)ai vantaggi concessi al fine di creare un'unione doganale o una zona di libero scambio oppure derivanti dall'istituzione di tale unione doganale o zona di libero scambio ;b)ai vantaggi accordati a determinati paesi in conformità del GATT ;c)ai vantaggi accordati ai paesi limitrofi per agevolare gli scambi tra zone frontaliere ;d)ai vantaggi accordati dai paesi del CCG ad alcuni paesi in conformità del protocollo sui negoziati commerciali tra paesi in via di sviluppo firmato a Ginevra in data 8 dicembre 1971.3.Le presenti disposizioni si applicano fermi restando i diritti e gli obblighi esistenti a norma del GATT.Le sarei grato se volesse accusare ricevuta della presente e confermare che i governi dei paesi del CCG sono d'accordo su quanto precede.Voglia credere, Signor Presidente, ai sensi della mia alta considerazione.A nome del Consiglio delle Comunità europee B. Lettera dei paesi del CCG Signor Presidente,mi pregio comunicarLe di aver ricevuto la Sua lettera in data odierna redatta :« In conformità dell'articolo 11, paragrafo 3 dell'accordo di cooperazione le parti contraenti si accordano reciprocamente il trattamento della nazione più favorita. È pertanto necessario definire gli elementi di tale trattamento, che non sono precisati nell'accordo.1.Per le importazioni o esportazioni di merci le parti contraenti accordano il trattamento della nazione più favorita in tutti i settori riguardanti :-dazi doganali e tasse varie, comprese le relative modalità di riscossione,-disposizioni in materia di sdoganamento, transito, deposito o trasbordo,-imposte dirette o indirette e altre imposizioni interne,-modalità di pagamento, in particolare l'assegnazione di valuta e il trasferimento di tali pagamenti,-i regolamenti in materia di vendita, acquisto, trasporto, distribuzione ed uso delle merci sul mercato interno.In quanto alla Comunità, alle importazioni in Spagna e in Portogallo si applicano le disposizioni dell'atto di adesione di tali paesi alla Comunità, del 12 giugno 1985.2.Le disposizioni del paragrafo 1 non si applicano :a)ai vantaggi concessi al fine di creare un'unione doganale o una zona di libero scambio oppure derivanti dall'istituzione di tale unione doganale o zona di libero scambio ;b)ai vantaggi accordati a determinati paesi in conformità del GATT ;c)ai vantaggi accordati ai paesi limitrofi per agevolare gli scambi tra zone frontaliere ;d)ai vantaggi accordati dai paesi del CCG ad alcuni paesi in conformità del protocollo sui negoziati commerciali tra paesi in via di sviluppo firmato a Ginevra in data 8 dicembre 1971.3.Le presenti disposizioni si applicano fermi restando i diritti e gli obblighi esistenti a norma del GATT. »Mi pregio confermarLe che i governi dei paesi del CCG sono d'accordo sul contenuto della Sua lettera.Voglia credere, Signor Presidente, ai sensi della mia alta considerazione.Per i governi dei paesi del CCG Scambio di lettere relativo all'articolo 19 Signor Presidente,mi pregio comunicarLe la seguente dichiarazione dei governi dei paesi del CCG relativa all'articolo 19 dell'accordo di cooperazione :« In merito all'applicazione dell'articolo 19 dell'accordo i paesi del CCG dichiarano di non essere impegnati ad abrogare le disposizioni legislative e regolamentari in vigore che siano necessarie per la tutela di interessi essenziali in materia di sicurezza. I paesi del CCG accerteranno che tali disposizioni legislative e regolamentari siano applicate in modo conforme all'articolo 16 dell'accordo. »Voglia credere, Signor Presidente, ai sensi della mia alta considerazione.Per i governi dei paesi del CCG Signor Presidente,ho ricevuto la Sua lettera in data odierna relativa ad una dichiarazione dei governi dei paesi del CCG sull'articolo 19 dell'accordo di cooperazione.Mi pregio comunicarLe la seguente dichiarazione della Comunità economica europea sull'articolo 19 dell'accordo :« 1.La Comunità economica europea prende nota della dichiarazione dei paesi del CCG. 2.La Comunità economica europea chiede che siano applicati integralmente i principi definiti nell'accordo, comprese le disposizioni dell'articolo 19.La Comunità economica europea ritiene tra l'altro che l'applicazione del principio di non discriminazione sia indispensabile ai fini della corretta applicazione e dell'armonioso funzionamento dell'accordo. »Voglia credere, Signor Presidente, ai sensi della mia alta considerazione.A nome del Consiglio delle Comunità europee | Accordo di cooperazione tra la CEE e il Consiglio di cooperazione del Golfo (CCG)
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE E DELL’ACCORDO?
La decisione riguarda la conclusione, per conto della CEE (ora UE) di un accordo di partenariato e cooperazione con gli Stati del CCG (Emirati arabi uniti, Bahrein, Arabia Saudita, Oman, Qatar e Kuwait). L’accordo mira a promuovere la più ampia cooperazione globale in tutti i campi tra partner uguali e a condizioni reciprocamente vantaggiose tra le due regioni e a favorire il loro sviluppo economico.
PUNTI CHIAVE
L’accordo comprende quanto segue:cooperazione economica, che dovrebbe essere la più ampia possibile, senza escludere alcun settore, e cooperazione tecnica per incoraggiare e facilitarela diversificazione delle economie degli Stati del CCG;indagini di mercato e iniziative di promozione commerciale;il trasferimento e lo sviluppo della tecnologia, in particolare attraverso azioni congiunte e nella tutela di brevetti, marchi commerciali e altri elementi di proprietà intellettuale;la promozione di vincoli più stabili e più equilibrati tra le economie;la cooperazione in materia di normalizzazione e di metrologia;gli scambi di informazioni;la formazione; agricoltura, industria agroalimentare e della pesca, per intensificare gli scambi di informazioni e promuovere i contatti tra imprese e istituti di ricerca al fine di avviare progetti comuni; industria, per incoraggiare imprese congiunte, sviluppare la produzione industriale, ampliare la base economica e organizzare contatti e incontri; tutela dell’ambiente e della fauna selvaggia, per incoraggiare le parti a scambiare informazioni; investimenti, per migliorare le condizioni degli investimenti tramite accordi sulla reciproca promozione e protezione; i settori della scienza e della tecnologia, per incoraggiare i legami tra gli ambienti scientifici e l’accesso a banche dati relative ai brevetti, lo sviluppo scientifico e tecnologico, il trasferimento e adattamento della tecnologia; l’espansione e la diversificazione degli scambi commerciali. Le parti si sono accordate per eliminare gli ostacoli commerciali e aprire discussioni su un accordo per lo sviluppo del commercio. Alla fine del testo è stata inserita una dichiarazione congiunta. In attesa della conclusione dell’accordo, le parti si accordano reciprocamente il trattamento della nazione più favorita*, come stabilito in una lettera dell’Unione allegata all’accordo.Disposizioni istituzionaliL’accordo istituisce un consiglio congiunto di cooperazione che definisce periodicamente gli orientamenti generali della cooperazione, agisce come arbitro in caso di controversie e mette in pratica la cooperazione. Le decisioni prese sono vincolanti per le parti contraenti e la sua presidenza è esercitata a turno dalla Comunità e dai paesi del CCG. Il consiglio è assistito da un comitato misto di cooperazione e può decidere di istituire qualsiasi altro comitato. Le parti devono scambiare informazioni e consultare il consiglio congiunto riguardo a:informazioni pertinenti che abbiano un’incidenza diretta sul funzionamento dell’accordo; opossibili problemi nel funzionamento generale dell’accordo o nel settore degli scambi commerciali. Il presente accordo non impedisce la conclusione di accordi bilaterali, purché essi non siano in conflitto con l’accordo stesso. La sua durata è illimitata, ma se una parte rinuncia all’accordo mediante notifica scritta, l’accordo cessa di essere in vigore sei mesi dopo la data di tale notifica.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
L’accordo è entrato in vigore il 1o gennaio 1990.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Il consiglio di cooperazione del Golfo (CCG) e l’UE (Servizio europeo per l’azione esterna) Consiglio di cooperazione del Golfo (CCG) (Servizio europeo per l’azione esterna).
TERMINI CHIAVE
Nazione più favorita: in base agli accordi dell’Organizzazione mondiale del commercio, i paesi non possono di norma operare discriminazioni tra i loro partner commerciali. Se un paese concede a un altro paese un particolare favore (ad esempio una riduzione dei diritti doganali per uno dei prodotti) dovrà fare altrettanto con tutti gli altri membri dell’OMC.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Accordo di cooperazione tra la Comunità economica europea, da una parte, e i paesi aderenti alla Carta del Consiglio di cooperazione per gli Stati arabi del Golfo (Stato degli Emirati arabi uniti, Stato del Bahrein, Regno dell’Arabia Saudita, Sultanato dell’Oman, Stato del Qatar, Stato del Kuwait), dall’altra (GU L 54 del 25.2.1989, pag. 3).
Decisione 89/147/CEE del 20 febbraio 1989 concernente la conclusione di un accordo di cooperazione tra la Comunità economica europea, da una parte, e i paesi aderenti alla Carta del Consiglio di cooperazione per gli Stati arabi del Golfo (Stato degli Emirati arabi uniti, Stato del Bahrein, Regno dell’Arabia Saudita, Sultanato dell’Oman, Stato del Qatar, Stato del Kuwait), dell’altra (GU L 54 del 25.2.1989, pag. 1).
DOCUMENTI COLLEGATI
Informazioni sulla data di entrata in vigore dell’Accordo di cooperazione tra la Comunità economica europea, da una parte, e i paesi aderenti alla Carta del Consiglio di cooperazione per gli Stati arabi del Golfo (Stato degli Emirati arabi uniti, Stato del Bahrein, Regno dell’Arabia Saudita, Sultanato dell’Oman, Stato del Qatar, Stato del Kuwait), dall’altra (GU L 360 del 9.12.1989, pag. 41). | 10,803 | 931 |
32017D0633 | false | DECISIONE (PESC) 2017/633 DEL CONSIGLIO
del 3 aprile 2017
a sostegno del programma d'azione delle Nazioni Unite per prevenire, combattere e sradicare il commercio illecito di armi leggere e di piccolo calibro in tutti i suoi aspetti
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sull'Unione europea, in particolare l'articolo 28, paragrafo 1, e l'articolo 31, paragrafo 1,
vista la proposta dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza,
considerando quanto segue:
(1)
Il 20 luglio 2001 gli Stati che partecipano alla conferenza delle Nazioni Unite (ONU) sul commercio illecito di armi leggere e di piccolo calibro in tutti i suoi aspetti hanno adottato il programma di azione dell'ONU per prevenire, combattere e sradicare il commercio illegale di armi leggere e di piccolo calibro in tutti i suoi aspetti («programma d'azione ONU»). L'8 dicembre 2005 l'Assemblea generale dell'ONU ha adottato uno strumento internazionale volto a consentire agli Stati di identificare e rintracciare, in modo tempestivo e affidabile, armi leggere e di piccolo calibro illegali («strumento internazionale per il rintracciamento»). Entrambi detti strumenti internazionali stabiliscono che gli Stati coopereranno, nel modo opportuno, con l'ONU per sostenerne l'effettiva attuazione.
(2)
Il 12 luglio 2002 il Consiglio ha adottato l'azione comune 2002/589/PESC (1).
(3)
Il 16 dicembre 2005 il Consiglio europeo ha adottato la strategia dell'UE volta a combattere l'accumulazione e il traffico illeciti di SALW e relative munizioni. Tale strategia riconosce nel sostegno al programma di azione ONU la prima priorità di azione a livello internazionale e sollecita l'adozione di uno strumento internazionale giuridicamente vincolante per il rintracciamento e la marchiatura delle armi leggere e di piccolo calibro («SALW») e relative munizioni.
(4)
In seguito all'adozione dello strumento internazionale per il rintracciamento, l'Unione ne ha sostenuto la piena attuazione attraverso l'adozione e l'attuazione dell'azione comune 2008/113/PESC del Consiglio (2). L'attuazione dell'azione comune 2008/113/PESC è stata valutata positivamente dal Consiglio.
(5)
Il 18 luglio 2011 il Consiglio ha adottato la decisione 2011/428/PESC (3).
(6)
Armi di piccolo calibro ottenute illegalmente sono state impiegate per attacchi terroristici in Europa.
(7)
La relazione finale della sesta riunione biennale 2016 degli Stati («BMS6») intesa a valutare l'attuazione del programma di azione ONU osserva:
—
la necessità di rafforzare il rintracciamento delle SALW in situazioni belliche e postbelliche, anche fornendo assistenza allo sviluppo di capacità, al fine di individuare e contenere il flusso di SALW verso zone belliche e postbelliche, avvisare tempestivamente in caso di flussi di SALW illegali destabilizzanti di tali armi e prevenire i conflitti,
—
l'opportunità di trovare sinergie tra i progetti diretti a sostenere l'attuazione del programma d'azione ONU e dello strumento internazionale per il tracciamento e i progetti relativi agli obiettivi di sviluppo sostenibile,
—
la necessità di esaminare, nella terza conferenza di revisione del 2018, le implicazioni per il programma d'azione ONU dei recenti sviluppi nella fabbricazione, nella tecnologia e nella progettazione di SALW,
—
La necessità di un dialogo rafforzato con l'industria, particolarmente per quanto riguarda l'efficace marcatura delle SALW, alla luce di tali recenti sviluppi,
—
la necessità di incrementare la capacità nazionale di tenere conto dei rischi di diversione al momento di valutare le domande di autorizzazione dell'esportazione di SALW, nonché di predisporre, laddove non esistano, adeguate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative coerenti con le attuali responsabilità degli Stati in virtù del pertinente diritto internazionale, per assicurare un efficace controllo sulle esportazioni, il transito e le importazioni di SALW, ivi compreso l'impiego della certificazione degli utenti finali e di provvedimenti giuridici e misure di esecuzione efficaci,
—
che la piena ed efficace attuazione del programma d'azione ONU contribuisce a prevenire l'acquisizione di SALW da parte dei terroristi, riducendo in tal modo il potenziale impatto dei loro attacchi,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
1. Al fine di sostenere la lotta contro il commercio illecito di SALW riducendo al minimo il rischio di diversione, anche attraverso il furto, lo smarrimento o la riesportazione non autorizzata di SALW verso mercati illeciti, gruppi armati illegali, terroristi e altri destinatari non autorizzati, l'Unione, mediante la presente decisione, persegue gli obiettivi seguenti:
—
sostenere il programma d'azione ONU e lo strumento internazionale per il rintracciamento,
—
assicurare la pertinenza del programma d'azione ONU e dello strumento internazionale per il rintracciamento e incrementarne l'efficacia,
—
sostenere azioni per conseguire risultati positivi e pertinenti nella terza conferenza ONU del 2018 di revisione dei progressi compiuti nell'attuazione del programma d'azione ONU («RevCon3»).
2. Per conseguire l'obiettivo di cui al paragrafo 1, l'Unione, mediante la presente decisione, sostiene quanto segue:
—
la preparazione della RevCon3 attraverso una serie di simposi tematici e conferenze regionali,
—
un'analisi globale delle relazioni degli Stati membri dell'ONU sull'attuazione del programma d'azione ONU e dello strumento internazionale da presentare alla RevCon3,
—
un programma di sostegno finanziario per i partecipanti dei paesi terzi,
—
la fornitura di supporto tecnico al presidente della RevCon3,
—
quattro simposi tematici che producano risultati orientati all'azione su tematiche connesse al controllo delle SALW. Le tematiche selezionate sono state definite quali priorità nei documenti di lavoro dell'UE presentati alle riunioni del programma d'azione ONU (BMS5 nel 2014 e BMS6 nel 2016) e sono state inserite nei documenti finali di tali riunioni:
i)
rintracciamento e gestione delle scorte di SALW in situazioni belliche e postbelliche;
ii)
le SALW e l'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile compresi l'obiettivo di sviluppo sostenibile 16 e gli aspetti delle SALW legati al genere;
iii)
recenti sviluppi nella fabbricazione, nella tecnologia e nella progettazione di SALW, e sfide e opportunità che ne derivano per l'attuazione del programma d'azione ONU e dello strumento internazionale;
iv)
sinergie tra programma d'azione ONU, trattato sul commercio delle armi e altri strumenti pertinenti,
—
cinque conferenze regionali che consentano di instaurare un dialogo con i rappresentanti dei governi e le organizzazioni regionali di regioni specifiche sui documenti finali dei simposi tematici,
—
analisi delle relazioni nazionali sull'attuazione del programma d'azione ONU e dello strumento internazionale imperniata sulle difficoltà di attuazione che fanno emergere opportunità di collaborazione e assistenza,
—
rafforzamento delle basi della RevCon3 mediante un programma di sostegno finanziario e un supporto tecnico al presidente della RevCon3, e
—
attività di sensibilizzazione mediante comunicati stampa ed eventi a margine.
3. Una descrizione particolareggiata del progetto di cui al paragrafo 2 figura nell'allegato della presente decisione.
Articolo 2
1. L'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza («AR») è responsabile dell'attuazione della presente decisione.
2. L'attuazione dei progetti di cui all'articolo 1, paragrafo 2, è svolta dall'Ufficio per gli affari del disarmo delle Nazioni Unite («UNODA»), assistito dalla Small Arms Survey a sua volta rappresentata dall'Istituto di alti studi internazionali e dello sviluppo («SAS»).
3. L'UNODA, assistita dalla SAS, svolge i suoi compiti sotto la responsabilità dell'AR. A tal fine, l'AR conclude gli accordi necessari con l'UNODA.
Articolo 3
1. L'importo di riferimento finanziario per l'attuazione del progetto di cui all'articolo 1, paragrafo 2, è pari a 2 798 381,56 EUR.
2. Le spese finanziate con l'importo di cui al paragrafo 1 sono gestite secondo le procedure e le norme applicabili al bilancio generale dell'Unione.
3. La Commissione vigila sulla corretta gestione delle spese di cui al paragrafo 1. A tal fine, essa conclude un accordo di finanziamento con l'UNODA. L'UNODA e la SAS saranno invitati a raggiungere un accordo sul rimborso delle spese sostenute dalla SAS per il suo contributo all'attuazione della presente decisione. L'accordo tra la Commissione e l'UNODA stabilisce che l'UNODA e la SAS devono assicurare al contributo dell'Unione una visibilità corrispondente alla sua entità.
4. La Commissione si adopera per concludere l'accordo di finanziamento di cui al paragrafo 3 il più presto possibile dopo l'entrata in vigore della presente decisione. Essa informa il Consiglio di eventuali difficoltà in tale processo e della data di conclusione dell'accordo di finanziamento.
Articolo 4
L'AR riferisce al Consiglio in merito all'attuazione della presente decisione sulla scorta delle relazioni periodiche stilate dall'UNODA. Tali relazioni costituiscono la base della valutazione effettuata dal Consiglio. La Commissione riferisce sugli aspetti finanziari dell'attuazione del progetto di cui all'articolo 1, paragrafo 2.
Articolo 5
1. La presente decisione entra in vigore il giorno dell'adozione.
2. La presente decisione cessa di produrre effetti decorsi 24 mesi dopo la data di conclusione dell'accordo di finanziamento di cui all'articolo 3, paragrafo 3. Tuttavia, cessa di produrre effetti decorsi sei mesi dopo la data di entrata in vigore se l'accordo di finanziamento non è concluso entro tale termine.
Fatto a Lussemburgo, il 3 aprile 2017
Per il Consiglio
Il presidente
F. MOGHERINI
(1) Azione comune 2002/589/PESC del Consiglio, del 12 luglio 2002, sul contributo dell'Unione europea alla lotta contro l'accumulazione e la diffusione destabilizzanti di armi portatili e di armi leggere e che abroga l'azione comune 1999/34/PESC (GU L 191 del 19.7.2002, pag. 1).
(2) Azione comune 2008/113/PESC del Consiglio, del 12 febbraio 2008, a sostegno dello strumento internazionale volto a consentire agli Stati di identificare e rintracciare, in modo tempestivo e affidabile, armi leggere e di piccolo calibro (SALW) illegali nel quadro della strategia dell'UE volta a combattere l'accumulazione e il traffico illeciti di SALW e relative munizioni (GU L 40 del 14.2.2008, pag. 16).
(3) Decisione 2011/428/PESC del Consiglio, del 18 luglio 2011, a sostegno dell'Ufficio per gli affari del disarmo delle Nazioni Unite per l'attuazione del programma di azione delle Nazioni Unite per prevenire, combattere e sradicare il commercio illegale di armi leggere e di piccolo calibro in tutti i suoi aspetti (GU L 188 del 19.7.2011, pag. 37).
ALLEGATO
1. OBIETTIVI
L'obiettivo della presente decisione è sostenere la lotta contro il commercio illecito di armi leggere e di piccolo calibro («SALW») riducendo al minimo il rischio di diversione, anche attraverso il furto, lo smarrimento o la riesportazione non autorizzata di SALW verso mercati illeciti, gruppi armati illegali, terroristi e altri destinatari non autorizzati. Pertanto, la presente decisione sosterrà il programma delle Nazioni Unite (ONU) per prevenire, combattere e sradicare il commercio illecito di armi leggere e di piccolo calibro in tutti i suoi aspetti («PdA ONU») e lo strumento internazionale per il rintracciamento («SIT») nonché ne assicurerà la pertinenza e ne aumenterà l'efficacia.
A tal fine, la decisione sosterrà azioni per conseguire risultati positivi nella terza conferenza ONU del 2018 di revisione dei progressi compiuti nell'attuazione del PdA ONU («RevCon3»). La presente decisione sosterrà la preparazione della RevCon3 attraverso una serie di simposi tematici e conferenze regionali. I simposi tematici faciliteranno l'elaborazione di risultati orientati all'azione su tematiche connesse al controllo delle SALW. Le tematiche selezionate sono state definite quali priorità nei documenti di lavoro dell'UE presentati alle riunioni del PdA ONU (BMS5 nel 2014 e BMS6 nel 2016) e sono state inserite nei documenti finali di tali riunioni. Le conferenze regionali consentiranno di instaurare un dialogo con i rappresentanti dei governi e le organizzazioni regionali di regioni specifiche sulle tematiche dei simposi tematici. L'obiettivo è consolidare i risultati positivi della BMS6 nei risultati della RevCon3. Altre azioni per sostenere un risultato positivo della RevCon3 comprenderanno: un'analisi globale delle relazioni degli Stati membri dell'ONU sull'attuazione del PdA ONU e del SIT da presentare alla RevCon3; un programma di sostegno finanziario per i partecipanti dei paesi terzi e un supporto tecnico al presidente della RevCon3.
2. DESCRIZIONE DELLE AZIONI
Il progetto dell'Union a sostegno della RevCon3 comprenderà gli elementi seguenti:
i)
simposi tematici per elaborare risultati orientati all'azione su tematiche connesse al controllo delle SALW;
ii)
conferenze regionali per consentire di instaurare un dialogo con i rappresentanti dei governi e le organizzazioni regionali di regioni specifiche;
iii)
un'analisi delle relazioni degli Stati membri dell'ONU sull'attuazione del PdA ONU e del SIT da presentare alla RevCon3;
iv)
un rafforzamento delle basi della RevCon3 (programma di sostegno finanziario, supporto tecnico);
v)
efficaci azioni di sensibilizzazione volte a generare un impatto duraturo.
Tali cinque elementi sono esaminati più in dettaglio qui di seguito. Il progetto correrà in parallelo alla preparazione della RevCon3 da parte del presidente. Per quest'ultimo costituirà un'opportunità fondamentale per partecipare ai preparativi tematici e regionali della RevCon3.
2.1. Simposi tematici
2.1.1. Obiettivo
L'obiettivo di ciascun simposio sarà discutere ed esplorare ciascun tema in esame e convenire azioni realizzabili a livello nazionale, regionale e globale, che possano essere inserite nel documento finale della RevCon3. I risultati e le raccomandazioni di ciascun simposio saranno presentati e discussi in tutte le conferenze regionali.
2.1.2. Il progetto comprenderà quattro simposi con i temi seguenti:
i)
rintracciamento e gestione delle scorte delle SALW in situazioni belliche e postbelliche;
ii)
le SALW e l'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, compresi l'obiettivo di sviluppo sostenibile («SDG»)16 e gli aspetti delle SALW legati al genere;
iii)
recenti sviluppi nella fabbricazione, nella tecnologia e nella progettazione di SALW, e sfide che ne derivano, e opportunità per l'attuazione del PdA ONU e del SIT;
iv)
sinergie tra PdA ONU, trattato sul commercio delle armi («ATT») e altri strumenti pertinenti.
2.1.3. Formato
I formati dei simposi saranno calibrati per ogni tematica.
i)
Rintracciamento e gestione delle scorte di SALW in situazioni belliche e postbelliche (cfr. documento finale della BMS6 (1)), al fine di ridurre al minimo il rischio di diversione, anche attraverso il furto, lo smarrimento o la riesportazione non autorizzata di SALW verso mercati illeciti, gruppi armati illegali, terroristi e altri destinatari non autorizzati.
Partecipazione di:
—
esperti tecnici dei governi, anche dei governi colpiti,
—
sistema ONU (DPKO, DPA, CTED, DSS, UNODC, UNODA),
—
esperti delle missioni di mantenimento della pace dell'ONU,
—
esperti dei gruppi di monitoraggio del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite,
—
esperti del mondo accademico, istituti di ricerca,
—
esperti delle organizzazioni internazionali (OMD, Interpol, ecc.),
—
esperti di ONG operative (MAG, CAR, ARES, ecc.),
—
esperti delle istituzioni pertinenti dell'Unione (DG Home, Europol).
Totale: circa 40 partecipanti. Tavole rotonde di discussione. Tutti gli Stati sono incoraggiati a osservare e partecipare alla sessione di domande e risposte.
ii)
SALW e l'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, incluso l'SDG 16 e gli aspetti di genere del controllo delle SALW (cfr. documento finale della BMS6 (2)), con la partecipazione di:
—
sistema ONU (DESA, PBSO, UNDP, UNICEF, UNODC, UN Women),
—
esperti del mondo accademico, istituti di ricerca,
—
esperti dei governi e delle organizzazioni regionali,
—
esperti delle istituzioni pertinenti dell'Unione (DG DEVCO, DG ECHO).
Totale: circa 40 partecipanti. Tavole rotonde di discussione. Tutti gli Stati sono incoraggiati a osservare e partecipare alla sessione di domande e risposte.
iii)
Sviluppi recenti nella fabbricazione, tecnologia e progettazione di SALW e sfide e opportunità che ne derivano per l'attuazione del PdA ONU e del SIT (cfr. documento finale della BMS6 (3)), con la partecipazione di:
—
esperti del settore delle SALW e delle federazioni industriali settoriali pertinenti,
—
sistema ONU (UNODA),
—
esperti del mondo accademico, istituti di ricerca,
—
esperti tecnici dei governi,
—
esperti delle istituzioni pertinenti dell'UE (DG GROW, DG TRADE, DG HOME).
Totale: circa 40 partecipanti. 1o giorno: dibattiti tra esperti, sessione di domande e risposte. 2o giorno: tavola rotonda di discussione sull'elaborazione di un documento integrativo del SIT. Tutti gli Stati sono incoraggiati a osservare e partecipare alla sessione di domande e risposte.
iv)
Sinergie tra il PdA ONU, l'ATT e gli altri strumenti pertinenti, tra cui il protocollo delle Nazioni Unite sulle armi da fuoco e i meccanismi antiterrorismo delle Nazioni Unite (cfr. documento finale della BMS6 (4)), con la partecipazione di:
—
esperti dei governi,
—
sistema ONU (UNODC, UNODA, ecc.),
—
esperti delle organizzazioni internazionali (OMD, Interpol, segretariato dell'ATT),
—
esperti degli istituti di ricerca.
Totale: circa 40 partecipanti. Tavole rotonde di discussione. Enfasi sulle sinergie, le possibili conseguenze positive delle disposizioni di uno strumento sugli altri e la prevenzione delle sovrapposizioni. Tutti gli Stati sono incoraggiati a osservare e partecipare alla sessione di domande e risposte.
2.1.4. Sede
I simposi sulle tematiche i) e ii) si terranno in concomitanza a New York. I simposi sulle tematiche iii) e iv) si terranno rispettivamente a Bruxelles e a Ginevra.
2.1.5. Calendario
I quattro simposi si terranno in un periodo di cinque mesi, dall'aprile al settembre 2017. Il loro calendario e la loro sequenza (vale a dire l'ordine in cui saranno affrontate le tematiche) saranno determinati dalle agenzie esecutive, in consultazione con l'Unione, tenendo conto del calendario dell'ONU relativo al disarmo. Ogni simposio durerà due giorni.
2.1.6. Responsabilità delle agenzie esecutive
Concettualizzazione e preparazione sostanziale:
l'UNODA e la Small Arms Survey (Inchiesta sulle armi di piccolo calibro) si elaboreranno congiuntamente del contenuto dei simposi e saranno responsabili dell'ordine del giorno e della selezione degli oratori/esperti. La Small Arms Survey preparerà un progetto di documento informativo su ogni tematica, che costituirà la base della discussione in ogni simposio. La concettualizzazione e preparazione sostanziale dei simposi tematici avranno luogo nell'ambito di un dialogo con la divisione disarmo e non proliferazione del servizio europeo per l'azione esterna («SEAE»).
Logistica e servizi di conferenza:
l'UNODA sarà responsabile degli aspetti logistici (prenotazione delle strutture, organizzazione del catering, attrezzature audiovisive, viaggi, ecc.). Il SEAE presterà assistenza nel reperimento della struttura che ospiterà il simposio sulla tematica iii), che si terrà a Bruxelles.
2.1.7. Risultati dell'azione
I simposi tematici porteranno a una comprensione più profonda e a una posizione circostanziata sulle tematiche selezionate da parte dell'Unione e delle altre parti interessate coinvolte. La Small Arms Survey preparerà un documento finale sostanziale sui quattro simposi tematici. Tale documento finale conterrà uno studio sulle quattro tematiche e si baserà sui documenti informativi e integrerà i risultati delle discussioni degli esperti durante i quattro simposi tematici. Il documento finale si concentrerà sulla definizione di azioni realizzabili in vista della loro inclusione nel documento finale della RevCon3. Il documento finale costituirà la base delle successive riunioni regionali nel quadro del progetto.
2.2. Conferenze regionali
2.2.1. Obiettivo
L'obiettivo di ogni conferenza regionale è la preparazione della RevCon3, mettendo a disposizione degli Stati partecipanti un forum per identificare ed esplorare i problemi specifici a livello regionale nell'attuazione del PdA ONU e del SIT e discutendo dei risultati e delle raccomandazioni dei quattro simposi tematici di cui alla sezione 2.1.
2.2.2. Tematiche
Ogni conferenza regionale tratterà le quattro tematiche dei simposi (cfr. sezione 2.1). Inoltre, le conferenze regionali devono consentire discussioni specifiche per regione in preparazione della RevCon3.
2.2.3. Formato
Le conferenze regionali si fonderanno principalmente su consultazioni interattive, sulla base di presentazioni tenute dalla Small Arms Survey e dell'UNODA. A ogni conferenza regionale, il presidente designato avrà l'opportunità di presentare lo stato di avanzamento dei preparativi della RevCon3. Le organizzazioni regionali presenteranno i loro sforzi volti ad attuare i punti pertinenti del documento finale della BMS6 relativi alle organizzazioni regionali. Se gli Stati sono selezionati ai fini del programma di sostegno finanziario, i loro partecipanti alla conferenza regionale dovrebbero generalmente anche far parte della rispettiva delegazione RevCon3. La Small Arms Survey redigerà una relazione procedurale di sintesi su ogni conferenza regionale.
2.2.4. Sede
Le conferenze regionali sono intese a sostenere i governi e le organizzazioni di regioni specifiche nella preparazione della RevCon3. Alcune organizzazioni regionali stanno già organizzando una riunione preparatoria della RevCon3: Lega degli Stati arabi, OSCE e Forum delle isole del Pacifico. Non è necessario che il progetto dell'Unione includa tali regioni. Di conseguenza, si propongono le cinque riunioni regionali seguenti:
Paesi di sottoregioni
Organizzazioni regionali
Centro regionale
Sede
Africa occidentale e centrale
ECOWAS, CEEAC, UA
UNREC
Lomé
Africa orientale e meridionale
RECSA, SADC, UA
UNREC
Lomé
Caraibi
CARICOM
UNLIREC
Port of Spain
America latina
OAS, UNASUR
UNLIREC
Lima
ASEAN e Stati dell'Asia meridionale
ASEAN
UNRCPD
Bangkok
La presente decisione sosterrà la partecipazione/il coinvolgimento di Small Arms Survey e UNODA nelle conferenze regionali riportate di seguito al fine di presentare i risultati dei simposi tematici nel caso in cui corrispondano agli interessi degli organismi organizzatori. Tale partecipazione/coinvolgimento dipenderà dal calendario dell'organizzazione di tali conferenze.
Paesi di sottoregioni
Organizzazioni regionali
Europa e America del Nord
OSCE
Medio Oriente
Lega degli Stati arabi
Pacifico
Forum delle isole del Pacifico
2.2.5. Calendario
Le cinque conferenze regionali si svolgeranno su un periodo di otto mesi, dal giugno 2017 al febbraio 2018 (con la garanzia che tutte le conferenze regionali si tengano prima della riunione del comitato preparatorio della RevCon3, che dovrebbe aver luogo nel febbraio 2018). Il calendario esatto e la sequenza (vale a dire l'ordine delle regioni coperte) delle conferenze regionali sarà determinato dalle agenzie esecutive, in consultazione con l'Unione, tenendo conto del calendario dell'ONU relativo al disarmo. Ogni conferenza regionale durerà due giorni. Le due conferenze regionali in Africa saranno organizzate in concomitanza in una sede unica. Le due conferenze regionali in America latina e nei Caraibi saranno organizzate in concomitanza.
2.2.6. Responsabilità delle agenzie esecutive
Preparazione sostanziale:
l'UNODA (inclusi i suoi centri regionali) e la Small Arms Survey elaboreranno il contenuto delle conferenze regionali, nonché dell'ordine del giorno e della selezione degli oratori/esperti. L'UNODA, unitamente al presidente, prenderà l'iniziativa nel presentare lo stato di avanzamento dei preparativi della RevCon3. La Small Arms Survey fornirà presentazioni sui risultati dei simposi. La Small Arms Survey preparerà una sintesi di ogni conferenza regionale.
Logistica e servizi di conferenza:
L'UNODA e i suoi centri regionali cureranno gli aspetti logistici (prenotazione delle strutture, organizzazione del catering, attrezzature audiovisive, viaggi degli esperti, ecc.) delle conferenze regionali, con la supervisione del quartier generale dell'UNODA.
2.2.7. Risultato dell'azione
Incoraggiare gli Stati della regione a sviluppare una base comune per la preparazione della RevCon3, in particolare relativamente alle quattro tematiche oggetto dei simposi tematici.
2.3. Analisi delle relazioni nazionali sul PdA ONU e sul SIT imperniata sulle difficoltà di attuazione che fanno emergere opportunità di collaborazione e assistenza
2.3.1. Formato
Il documento finale della sesta riunione biennale 2016 degli Stati sul PDA ONU (A/CONF.192/BMS/2016/WP.1/Rev.3) incarica l'UNODA «di esaminare, nell'ambito delle risorse esistenti, le tendenze, difficoltà e opportunità di attuazione del PdA ONU e del SIT sulla base delle informazioni disponibili, tra cui quelle presentate e/o fornite dagli Stati membri, per presentarle alla RevCon3 affinché siano analizzate e sia loro dato un seguito opportuno».
Una valutazione circostanziata e indipendente delle relazioni nazionali sull'attuazione rappresenta una fonte essenziale per tale relazione richiesta, nonché una sua integrazione. La valutazione delle relazioni nazionali è particolarmente importante dal momento che si prevede che esse includeranno informazioni sull'attuazione dell'SDG 16, sul quale non vi sono altri meccanismi di rendicontazione. Un'analisi completa delle relazioni nazionali da parte della Small Arms Survey costituirà, pertanto, un'attività fondamentale nell'ambito del progetto, per la pubblicazione da parte della Small Arms Survey e per fornire il materiale della relazione di prospettiva commissionata all'UNODA. Tale analisi completa integrerà le riunioni tematiche e regionali e aumenterà le probabilità che la RevCon3 raggiunga le aspirazioni dell'Unione per quanto riguarda una tabella di marcia pratica, mirata ed efficace per il PdA ONU nel periodo successivo alla RevCon3, imperniata sul collegamento tra le difficoltà di attuazione e le opportunità di cooperazione e assistenza.
2.3.2. Calendario
Analisi da completare entro la riunione della RevCon3 (giugno 2018).
2.3.3. Responsabilità delle agenzie esecutive
Definizione, da parte dell'UNODA, di una data opportuna per il ricevimento delle relazioni nazionali biennali (metà 2017). Presentazione, da parte della Small Arms Survey, di un'analisi scritta delle relazioni presentate.
2.3.4. Risultato dell'azione
L'analisi fornirà informazioni che consentiranno una migliore ripartizione delle attività di assistenza per quanto riguarda l'attuazione del PdA ONU e il controllo delle SALW in generale.
2.4. Rafforzamento delle basi della RevCon3
2.4.1. Programma di sostegno
A causa della mancanza di fondi, molti paesi in via di sviluppo hanno difficoltà a farsi rappresentare alle conferenze di revisione del PdA ONU dai loro principali funzionari che trattano questioni relative alle SALW. L'Unione potrebbe finanziare un programma di sostegno finanziario a beneficio di un gruppo selezionato di paesi più colpiti al fine di consentire la partecipazione dei loro funzionari alle RevCon3.
Attività:
L'UNODA si occuperà della gestione del viaggio e della sistemazione alla RevCon3 (non al comitato preparatorio che la precederà nel 2018) per un gruppo di 20 partecipanti al massimo. I partecipanti saranno selezionati dal SEAE dietro raccomandazione dell'UNODA e dei suoi centri regionali. In linea di massima, i funzionari selezionati dovrebbero essere punti di contatto nazionali designati per il PdA ONU. Tra gli altri criteri per la selezione figurano considerazioni legate al genere, alla presentazione tempestiva di una relazione nazionale, alla partecipazione attiva alle conferenze regionali o ai simposi tematici e alle conoscenze ed esperienze nelle tematiche in questione. Durante la RevCon3, l'UNODA organizzerà una riunione tra i partecipanti beneficiari del sostegno e le delegazioni dell'Unione e dei suoi Stati membri.
Risultati:
—
le deliberazioni della RevCon3 risulteranno arricchite grazie alle competenze di chi si occupa direttamente di questioni inerenti alle SALW nei paesi colpiti e che di solito non può permettersi di partecipare alla RevCon,
—
maggiori possibilità di instaurare contatti per i funzionari dei paesi in via di sviluppo e anche dei principali rappresentanti delle organizzazioni della società civile che si occupano di questioni inerenti alle SALW,
—
eventuali sinergie con eventi a margine e attività di formazione che ruotano attorno alla RevCon3.
2.4.2. Supporto tecnico al presidente della RevCon3
Il presidente e la sua squadra beneficeranno delle competenze tecniche fornite dal segretariato dell'ONU con il sostegno di un esperto di alto livello della Small Arms Survey.
Attività:
Il segretariato dell'ONU, con il sostegno dell'esperto di alto livello della Small Arms Survey, migliorerà la propria capacità di prestare consulenza al presidente e alla sua squadra per quanto riguarda gli aspetti complessi e tecnici del lavoro della RevCon3.
Risultati:
Il presidente avrà accesso a un'ampia gamma di competenze sulle questioni sostanziali e tecniche relative alla RevCon3.
2.5. Attività di sensibilizzazione
Le attività di sensibilizzazione mediante comunicati stampa ed eventi a margine costituiranno una parte cruciale del progetto. Inoltre, una piattaforma online sulla RevCon3 potrebbe prestare attenzione alle tematiche fondamentali della RevCon3 e all'assistenza/creazione di capacità.
Attività:
—
comunicati stampa congiunti che accompagneranno i simposi e le conferenze regionali. Copertura mediatica,
—
eventi a margine dedicati al progetto in occasioni delle riunioni pertinenti, tra cui il primo comitato dell'Assemblea generale (2017) e la terza conferenza degli Stati parte dell'ATT,
—
l'UNODA creerà pagine web dedicate alla RevCon3 con un anno di anticipo. Si tratterà della principale piattaforma per la pubblicazione di documenti e l'interazione con gli Stati membri, le organizzazioni regionali e le istituzioni. La piattaforma includerà settori tematici e sarà data una particolare attenzione al collegamento tra le esigenze di assistenza e le risorse disponibili.
Risultati:
Gestione efficace delle informazioni sul progetto e i suoi risultati; una piattaforma web RevCon3 dinamica nell'ambito dell'ambiente web formale sul PdA ONU, che includa approcci tematici e consenta di trovare una corrispondenza tra le esigenze di assistenza e le risorse disponibili.
3. RISULTATI TANGIBILI
Le agenzie di esecuzione produrranno e presenteranno i risultati tangibili seguenti all'Unione:
—
risultati tangibili 1-5: relazioni di sintesi sulle quattro conferenze tematiche,
—
risultati tangibili 6-11: relazioni di sintesi sulle cinque conferenze regionali,
—
risultato tangibile n. 12: una valutazione completa delle relazioni nazionali sull'attuazione del PdA ONU,
—
risultato tangibile n. 13: una relazione finale alla conclusione del progetto.
(1) A/CONF.192/BMS/2016/2 punti 37, 55, 56, 57, 74, 75, 82, 83, 84 e 105.
(2) A/CONF.192/BMS/2016/2, punti 15, 23, 24, 25, 40, 41, 52, 59, 60 e 101.
(3) A/CONF.192/BMS/2016/2, punti 63, 79 e 90.
(4) A/CONF.192/BMS/2016/2, punti 12, 14, 62, 67 e 107. | Armi leggere e di piccolo calibro
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Si propone di combattere il commercio illecito di armi leggere* e di piccolo calibro* (SALW) e di evitare che cadano nelle mani di terroristi e gruppi armati illegali. Conferma l’impegno dell’Unione europea all’attuazione completa a livello mondiale, nazionale e regionale del programma d’azione delle Nazioni Unite (UN) in questo settore.
PUNTI CHIAVE
L’UE ha sostenuto il lavoro della conferenza dell’ONU 2018 per la revisione dell’attuazione delle misure anti-SALW («RevCon3» in breve) organizzando:4 conferenze tematiche sulle SALW tra aprile e novembre 2017, ciascuna con circa 40 esperti pertinenti e riguardanti:rintracciamento e scorte in situazioni belliche e postbelliche;collegamenti con gli obiettivi 16 (pace, giustizia e istituzioni forti) e 5 (uguaglianza di genere) di sviluppo sostenibile delle UN;sviluppi recenti nelle sinergie di fabbricazione, tecnologia e progettazionetra le UN e altre misure; 5 conferenze regionali sui medesimi 4 temi tra giugno 2017 e febbraio 2018, con la partecipazione di esperti provenienti da governi nazionali e organizzazioni regionali; un’analisi delle relazioni nazionali sull’attuazione delle misure delle UN; un programma di sostegno finanziario per paesi partecipanti con fondi e supporto tecnico limitati per la presidenza RevCon3; attività di sensibilizzazione mediante comunicati stampa e vari eventi. L’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza è responsabile di garantire l’attuazione della decisione dell’UE, la quale dispone di un budget di 2,8 milioni di euro.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
È entrata in vigore il 3 aprile 2017.
CONTESTO
20 luglio 2001: adozione del programma d’azione delle Nazioni Unite per prevenire, combattere e sradicare il commercio illecito di armi leggere e di piccolo calibro in tutti i suoi aspetti (noto come «programma d’azione delle Nazioni Unite»). 8 dicembre 2005: l’Assemblea generale dell’ONU adotta lo strumento internazionale volto a consentire agli stati di identificare e rintracciare, in modo tempestivo e affidabile, SALW illegali (noto come lo «strumento internazionale per il rintracciamento»). Per ulteriori informazioni, fare riferimento a:Commercio di armi: l’UE adotta un approccio globale per contrastare il flagello delle armi illecite (servizio europeo per l’azione esterna).
TERMINI CHIAVE
Armi leggere: revolver e pistole semiautomatiche, fucili e carabine, pistole mitragliatrici, fucili d’assalto e mitragliatrici leggere.
Armi di piccolo calibro: mitragliatrici pesanti, cannoni antiaerei portatili, mortai, munizioni, proiettili, granate a mano, mine terrestri ed esplosivi.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione (PESC) 2017/633 del Consiglio, del 3 aprile 2017, a sostegno del programma d’azione delle Nazioni Unite per prevenire, combattere e sradicare il commercio illecito di armi leggere e di piccolo calibro in tutti i suoi aspetti (GU L 90 del 4.4.2017, pag. 12).
DOCUMENTI CORRELATI
Decisione (PESC) 2015/1908 del Consiglio, del 22 ottobre 2015, a sostegno di un meccanismo mondiale di segnalazione sulle armi leggere e di piccolo calibro e su altre armi e munizioni convenzionali illegali volto a ridurre il rischio del loro commercio illegale («iTrace II») (GU L 278 del 23.10.2015, pag. 15).
Decisione 2011/428/PESC del Consiglio, del 18 luglio 2011, a sostegno dell’Ufficio per gli affari del disarmo delle Nazioni Unite per l’attuazione del programma di azione delle Nazioni Unite per prevenire, combattere e sradicare il commercio illegale di armi leggere e di piccolo calibro in tutti i suoi aspetti (GU L 188 del 19.7.2011, pag. 37).
Azione comune 2008/113/PESC del Consiglio, del 12 febbraio 2008, a sostegno dello strumento internazionale volto a consentire agli Stati di identificare e rintracciare, in modo tempestivo e affidabile, armi leggere e di piccolo calibro (SALW) illegali nel quadro della strategia dell’UE volta a combattere l’accumulazione e il traffico illeciti di SALW e relative munizioni (GU L 40 del 14.2.2008, pag. 16).
Azione comune 2002/589/PESC del Consiglio, del 12 luglio 2002, sul contributo dell’Unione europea alla lotta contro l’accumulazione e la diffusione destabilizzanti di armi leggere e di piccolo calibro e che abroga l’azione comune 1999/34/PESC (GU L 191 del 19.7.2002, pag. 1). | 11,573 | 70 |
32020D1512 | false | DECISIONE (UE) 2020/1512 DEL CONSIGLIO
del 13 ottobre 2020
relativa agli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 148, paragrafo 2,
vista la proposta della Commissione europea,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2),
previa consultazione con del Comitato delle regioni,
visto il parere del comitato per l’occupazione (3),
considerando quanto segue:
(1)
Gli Stati membri e l’Unione devono adoperarsi per sviluppare una strategia coordinata a favore dell’occupazione e in particolare a favore della promozione di una forza lavoro qualificata, formata e adattabile nonché di mercati del lavoro orientati al futuro e in grado di rispondere ai mutamenti economici, al fine di realizzare gli obiettivi della piena occupazione e del progresso sociale, di una crescita equilibrata, di un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente di cui all’articolo 3 del trattato sull’Unione europea. Gli Stati membri, tenuto conto delle prassi nazionali in materia di responsabilità delle parti sociali, devono considerare la promozione dell’occupazione una questione di interesse comune e coordinare in sede di Consiglio le loro azioni al riguardo.
(2)
L’Unione deve combattere l’esclusione sociale e le discriminazioni e promuovere la giustizia e la protezione sociali nonché la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore. Nella definizione e nell’attuazione delle sue politiche e azioni, l’Unione deve tenere conto delle esigenze connesse con la promozione di un elevato livello di occupazione, la garanzia di un’adeguata protezione sociale, la lotta contro la povertà e l’esclusione sociale, un elevato livello di istruzione, formazione e tutela della salute umana quali enunciati all’articolo 9 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).
(3)
Conformemente TFUE, l’Unione ha creato e applicato strumenti di coordinamento delle politiche economiche e occupazionali. Nell’ambito di tali strumenti, gli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione («orientamenti») quali figurano nell’allegato della presente decisione costituiscono, insieme agli orientamenti di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell’Unione quali figurano nella raccomandazione (UE) 2015/1184 del Consiglio (4), gli orientamenti integrati. Essi devono guidare l’attuazione delle politiche negli Stati membri e nell’Unione, rispecchiando l’interdipendenza tra gli Stati membri. Lo scopo è ottenere, grazie alla risultante serie coordinata di politiche e riforme a livello europeo e nazionale, una combinazione generale adeguata e sostenibile di politiche economiche e occupazionali che comporti ricadute positive.
(4)
Gli orientamenti sono coerenti con il patto di stabilità e crescita, la vigente legislazione dell’Unione e diverse iniziative dell’Unione, comprese la raccomandazione del Consiglio del 22 aprile 2013 (5) («garanzia per i giovani»), la raccomandazione del Consiglio del 15 febbraio 2016 (6), la raccomandazione del Consiglio del 19 dicembre 2016 (7), la raccomandazione del Consiglio del 15 marzo 2018 (8), la raccomandazione del Consiglio del 22 maggio 2018 (9), la raccomandazione del Consiglio del 22 maggio 2019 (10)
, la raccomandazione del Consiglio dell’8 novembre 2019 (11) e la raccomandazione del Consiglio del 10 marzo 2014 (12).
(5)
Il semestre europeo combina i vari strumenti in un quadro generale per la sorveglianza e il coordinamento multilaterali integrati delle politiche economiche e occupazionali. Perseguendo la sostenibilità ambientale, la produttività, l’equità e la stabilità, il semestre europeo integra i principi del pilastro europeo dei diritti sociali, comprendenti un forte coinvolgimento delle parti sociali, della società civile e delle altre parti interessate. Il semestre europeo sostiene il conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Le politiche economiche e occupazionali dell’Unione e degli Stati membri dovrebbero andare di pari passo con la transizione dell’Europa verso un’economia digitale, a impatto climatico zero e sostenibile dal punto di vista ambientale, migliorando la competitività, promuovendo l’innovazione, la giustizia sociale e le pari opportunità, e affrontando le disuguaglianze e le disparità regionali.
(6)
Le sfide legate ai cambiamenti climatici e all’ambiente, la globalizzazione, la digitalizzazione e i cambiamenti demografici trasformeranno le economie e le società europee. L’Unione e i suoi Stati membri dovrebbero collaborare per affrontare efficacemente questi fattori strutturali e adeguare i sistemi esistenti sulla base delle necessità, riconoscendo la stretta interdipendenza tra le economie e i mercati del lavoro degli Stati membri e le politiche correlate. Ciò richiede un’azione politica coordinata, ambiziosa ed efficace a livello sia di Unione sia nazionale, conformemente al TFUE e alle disposizioni dell’Unione in materia di governance economica. Tale azione politica dovrebbe comprendere un rilancio degli investimenti sostenibili, un rinnovato impegno a favore di riforme strutturali opportunamente cadenzate che migliorino la produttività, la crescita economica, la coesione sociale e territoriale, la convergenza verso l’alto, la resilienza e la responsabilità di bilancio. Dovrebbe combinare misure sul versante dell’offerta e della domanda, tenendo conto del loro impatto ambientale, occupazionale e sociale.
(7)
Il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione hanno proclamato il pilastro europeo dei diritti sociali (13) («Pilastro»). Il Pilastro stabilisce venti principi e diritti volti a sostenere il buon funzionamento e l’equità dei mercati del lavoro e dei sistemi di protezione sociale, strutturandoli secondo tre categorie: pari opportunità e accesso al mercato del lavoro, condizioni di lavoro eque e protezione e inclusione sociali. I principi e i diritti orientano la strategia dell’Unione, facendo in modo che le transizioni verso la neutralità climatica e la sostenibilità ambientale, la digitalizzazione e i cambiamenti demografici siano socialmente equi e giusti. Il pilastro costituisce un quadro di riferimento per monitorare i risultati degli Stati membri in materia di occupazione e prestazioni sociali, guidare le riforme a livello nazionale, regionale e locale e conciliare la dimensione sociale e quella di mercato nell’economia moderna attuale, anche attraverso la promozione dell’economia sociale.
(8)
Le riforme del mercato del lavoro, compresi i meccanismi nazionali di determinazione dei salari, dovrebbero seguire prassi nazionali di dialogo sociale e prevedere il margine di manovra necessario per un ampio esame delle questioni socio-economiche, compresi miglioramenti della sostenibilità, della competitività, dell’innovazione, della creazione di posti di lavoro, delle politiche per l’apprendimento e la formazione permanenti, delle condizioni di lavoro, dell’istruzione e delle competenze, della salute pubblica e dell’inclusione nonché dei redditi reali.
(9)
Gli Stati membri e l’Unione dovrebbero garantire che l’impatto sociale, occupazionale ed economico della crisi COVID-19 sia attenuato e che le trasformazioni siano eque e socialmente giuste, rafforzando la ripresa e la spinta verso una società inclusiva e resiliente in cui le persone siano protette e in grado di anticipare e gestire il cambiamento, e possano partecipare attivamente alla società e all’economia. Dovrebbe essere contrastata la discriminazione in tutte le sue forme. Dovrebbero essere garantiti accesso e opportunità per tutti e dovrebbero essere ridotte povertà ed esclusione sociale, anche dei minori, in particolare assicurando un efficace funzionamento dei mercati del lavoro e dei regimi di protezione sociale, ed eliminando gli ostacoli all’istruzione, alla formazione e alla partecipazione al mercato del lavoro, anche tramite investimenti nell’educazione e nella cura della prima infanzia nonché nelle competenze digitali. L’accesso tempestivo e paritario a servizi di assistenza a lungo termine e di assistenza sanitaria a prezzi accessibili, comprese la prevenzione e la promozione dell’assistenza sanitaria, è particolarmente importante alla luce della crisi COVID-19 e in un contesto di società che invecchiano. È opportuno realizzare ulteriormente il potenziale delle persone con disabilità di contribuire alla crescita economica e allo sviluppo sociale. Sui luoghi di lavoro nell’Unione emergono nuovi modelli economici e di business e cambiano quindi anche i rapporti di lavoro. Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché i rapporti di lavoro derivanti dalle nuove forme di lavoro mantengano e rafforzino il modello sociale europeo.
(10)
Gli orientamenti integrati dovrebbero costituire la base di raccomandazioni specifiche per paese che il Consiglio può rivolgere agli Stati membri. Gli Stati membri dovrebbero fare pieno uso del Fondo sociale europeo Plus e di altri fondi dell’Unione, compresi il Fondo per una transizione giusta e InvestEU, per promuovere l’occupazione, gli investimenti sociali, l’inclusione sociale, l’accessibilità, le opportunità di miglioramento delle competenze e di riqualificazione della forza lavoro, l’apprendimento permanente e l’istruzione e la formazione di qualità elevata per tutti, compresa l’alfabetizzazione e le competenze digitali. Sebbene siano destinati agli Stati membri e all’Unione, gli orientamenti integrati dovrebbero essere attuati in partenariato con tutte le autorità nazionali, regionali e locali, con lo stretto coinvolgimento dei parlamenti, delle parti sociali e dei rappresentanti della società civile.
(11)
In conformità dei rispettivi mandati che hanno fondamento nel trattato, il comitato per l’occupazione e il comitato per la protezione sociale dovrebbero monitorare in che modo si attuano le pertinenti politiche alla luce degli orientamenti per le politiche a favore dell’occupazione. Tali comitati e altri organi preparatori del Consiglio coinvolti nel coordinamento delle politiche economiche e sociali dovrebbero operare in stretta cooperazione. È opportuno mantenere il dialogo politico tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione, in particolare riguardo agli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione.
(12)
Il comitato per la protezione sociale è stato consultato,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Sono adottati gli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione («orientamenti»), quali figurano all’allegato. Tali orientamenti fanno parte degli «orientamenti integrati».
Articolo 2
Gli Stati membri tengono conto degli orientamenti di cui all’allegato nelle loro politiche a favore dell’occupazione e nei loro programmi di riforma, di cui è fornita una relazione in conformità dell’articolo 148, paragrafo 3, del TFUE.
Articolo 3
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione.
Fatto a Lussemburgo, il 13 ottobre 2020
Per il Consiglio
Il presidente
M. ROTH
(1) Parere del 10 luglio 2020 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) GU C 232 del 14.7.2020, pag. 18.
(3) Parere del 18 settembre 2020 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(4) Raccomandazione (UE) 2015/1184 del Consiglio, del 14 luglio 2015, relativa agli orientamenti di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell’Unione europea (GU L 192 del 18.7.2015, pag. 27).
(5) Raccomandazione del Consiglio, del 22 aprile 2013, sull’istituzione di una garanzia per i giovani (GU C 120 del 26.4.2013, pag. 1).
(6) Raccomandazione del Consiglio, del 15 febbraio 2016, sull’inserimento dei disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro (GU C 67 del 20.2.2016, pag. 1).
(7) Raccomandazione del Consiglio, del 19 dicembre 2016, sui percorsi di miglioramento del livello delle competenze: nuove opportunità per gli adulti (GU C 484 del 24.12.2016, pag. 1).
(8) Raccomandazione del Consiglio, del 15 marzo 2018, relativa a un quadro europeo per apprendistati efficaci e di qualità (GU C 153 del 2.5.2018, pag. 1).
(9) Raccomandazione del Consiglio, del 22 maggio 2018, relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente (GU C 189 del 4.6.2018, pag. 1).
(10) Raccomandazione del Consiglio, del 22 maggio 2019, relativa ai sistemi di educazione e cura di alta qualità della prima infanzia (GU C 189 del 5.6.2019, pag. 4).
(11) Raccomandazione del Consiglio, dell’8 novembre 2019, sull’accesso alla protezione sociale per i lavoratori subordinati e autonomi (GU C 387 del 15.11.2019, pag. 1).
(12) Raccomandazione del Consiglio, del 10 marzo 2014, su un quadro di qualità per i tirocini (GU C 88 del 27.3.2014, pag. 1).
(13) Proclamazione interistituzionale sul pilastro europeo dei diritti sociali (GU C 428 del 13.12.2017, pag. 10).
ALLEGATO
Orientamento 5: rilanciare la domanda di forza lavoro
Gli Stati membri dovrebbero promuovere attivamente un’economia sociale di mercato sostenibile e agevolare e sostenere gli investimenti nella creazione di posti di lavoro di qualità. A tal fine dovrebbero ridurre gli ostacoli che le imprese incontrano nell’assunzione di personale, promuovere l’imprenditorialità responsabile e il lavoro autonomo vero e proprio e, in particolare, sostenere la creazione e la crescita di micro, piccole e medie imprese, anche attraverso l’accesso ai finanziamenti. Gli Stati membri dovrebbero promuovere attivamente lo sviluppo dell’economia sociale, promuovere l’innovazione sociale e le imprese sociali nonché incoraggiare tali forme innovative di lavoro, creando opportunità di lavoro di qualità e generando benefici sociali a livello locale.
Alla luce delle gravi ripercussioni economiche e sociali della pandemia di COVID-19, dovrebbero essere messi a disposizione regimi di riduzione dell’orario lavorativo e meccanismi analoghi ben concepiti al fine di preservare l’occupazione, limitare la perdita di posti di lavoro ed evitare effetti negativi a lungo termine sull’economia, sulle imprese e sul capitale umano. Dovrebbe inoltre essere presa in considerazione l’introduzione di incentivi all’assunzione e di misure di riqualificazione ben concepiti al fine di sostenere la creazione di posti di lavoro durante la ripresa.
La tassazione dovrebbe essere trasferita dal lavoro ad altre fonti di imposizione più favorevoli all’occupazione e alla crescita inclusiva e in linea con gli obiettivi climatici e ambientali, tenendo conto dell’effetto ridistribuivo del sistema fiscale e preservando al contempo le entrate necessarie a un’adeguata protezione sociale e a una spesa che stimoli la crescita.
Gli Stati membri, compresi quelli che dispongono di meccanismi nazionali per la fissazione di salari minimi legali, dovrebbero garantire un efficace coinvolgimento delle parti sociali in modo trasparente e prevedibile, consentendo l’adeguamento dei salari all’andamento della produttività e garantendo salari equi che consentano un tenore di vita dignitoso, prestando al contempo particolare attenzione ai gruppi a reddito medio-basso nell’ottica di una convergenza verso l’alto. I meccanismi di determinazione dei salari dovrebbero tenere conto dei risultati raggiunti in ambito economico nei vari settori e regioni. Gli Stati membri dovrebbero promuovere il dialogo sociale e la contrattazione collettiva in vista della fissazione dei salari. Nel rispetto delle prassi nazionali e dell’autonomia delle parti sociali, gli Stati membri e le parti sociali dovrebbero garantire che tutti i lavoratori ricevano salari adeguati ed equi beneficiando, direttamente o indirettamente, di contratti collettivi o di salari minimi legali adeguati, tenendo conto del loro impatto sulla competitività, sulla creazione di posti di lavoro e sulla povertà lavorativa.
Orientamento 6: potenziare l’offerta di forza lavoro e migliorare l’accesso all’occupazione, le abilità e le competenze
Nel contesto delle transizioni tecnologica e ambientale, così come del cambiamento demografico, gli Stati membri dovrebbero promuovere la sostenibilità, la produttività, l’occupabilità e il capitale umano, promuovendo le conoscenze, le capacità e le competenze pertinenti lungo tutto l’arco della vita e rispondendo alle esigenze attuali e future del mercato del lavoro. Gli Stati membri dovrebbero inoltre investire nei loro sistemi di istruzione e formazione e adeguarli al fine di fornire un’istruzione di elevata qualità e inclusiva, compresa l’istruzione e la formazione professionale, nonché l’accesso all’apprendimento digitale. Dovrebbero collaborare con le parti sociali, gli erogatori di istruzione e formazione, le imprese e le altre parti interessate per affrontare le debolezze strutturali dei sistemi di istruzione e formazione e migliorarne la qualità e pertinenza per il mercato del lavoro, anche per preparare le transizioni ambientale e digitale. Particolare attenzione dovrebbe essere prestata alle sfide della professione di insegnante, anche investendo nelle competenze digitali degli insegnanti. I sistemi di istruzione e formazione dovrebbero dotare tutti i discenti di competenze chiave, comprese le competenze di base e digitali nonché le competenze trasversali, per gettare le fondamenta per l’adattabilità e la resilienza durante tutta la vita. Gli Stati membri dovrebbero adoperarsi per rafforzare le disposizioni relative ai diritti alla formazione individuale e garantirne la trasferibilità durante le transizioni professionali, anche, se del caso, attraverso conti individuali di apprendimento. Dovrebbero consentire a tutti di anticipare e adeguarsi meglio alle esigenze del mercato del lavoro, in particolare attraverso un continuo miglioramento delle competenze e una continua riqualificazione nonché attraverso l’offerta di servizi integrati di orientamento e consulenza al fine di sostenere transizioni eque e giuste per tutti, rafforzare i risultati in ambito sociale, affrontare le carenze del mercato del lavoro, migliorare la resilienza complessiva dell’economia di fronte alle crisi e facilitare gli adeguamenti necessari dopo la crisi COVID-19.
Gli Stati membri dovrebbero promuovere le pari opportunità per tutti affrontando le disuguaglianze nei sistemi di istruzione e formazione, anche fornendo l’accesso a un’educazione della prima infanzia di qualità. Dovrebbero innalzare i livelli globali di istruzione, ridurre il numero di giovani che abbandonano la scuola precocemente, incrementare l’accesso all’istruzione e formazione professionale (IFP) e all’istruzione terziaria nonché il completamento dei relativi studi e aumentare la partecipazione degli adulti alla formazione continua, in particolare tra i discenti provenienti da contesti svantaggiati e i discenti meno qualificati. Tenendo conto delle nuove esigenze nel contesto di società digitali, verdi e che invecchiano, gli Stati membri dovrebbero potenziare l’apprendimento basato sul lavoro nei loro sistemi di IFP, anche grazie ad apprendistati di qualità ed efficaci, e aumentare il numero delle persone che completano il percorso di IFP e il numero dei laureati in ambito scientifico, tecnologico, ingegneristico e matematico (science, technology, engineering and mathematics — STEM), in particolare tra le donne. Gli Stati membri dovrebbero inoltre rafforzare la pertinenza dell’istruzione e, se del caso, della ricerca universitaria per il mercato del lavoro; migliorare il monitoraggio e le previsioni delle competenze, conferire maggiore visibilità alle competenze e rendere comparabili le qualifiche, comprese quelle acquisite all’estero, e aumentare le opportunità per il riconoscimento e la convalida delle competenze acquisite al di fuori dell’istruzione e della formazione formali. Dovrebbero migliorare e incrementare l’offerta di un’IFP continua flessibile e la partecipazione a essa. Gli Stati membri dovrebbero inoltre sostenere gli adulti scarsamente qualificati nel mantenere o sviluppare l’occupabilità a lungo termine stimolando l’accesso e la partecipazione a occasioni di apprendimento di qualità, mediante l’attuazione di percorsi di miglioramento del livello delle competenze, compresa una valutazione delle stesse, un’offerta di istruzione e formazione che corrispondano alle opportunità del mercato del lavoro e la convalida e il riconoscimento delle competenze acquisite.
Gli Stati membri dovrebbero fornire ai disoccupati e alle persone inattive un’assistenza efficace, tempestiva, coordinata e su misura, basata sul sostegno alla ricerca di un impiego, sulla formazione, sulla riqualificazione e sull’accesso ad altri servizi abilitanti, prestando particolare attenzione ai gruppi vulnerabili e alle persone particolarmente colpite dalle transizioni verde e digitale e dalla crisi COVID-19. Dovrebbero essere perseguite tempestivamente, al più tardi dopo 18 mesi di disoccupazione, strategie globali che includano valutazioni individuali approfondite dei disoccupati, al fine di ridurre e prevenire in misura significativa la disoccupazione strutturale e di lungo periodo. La disoccupazione giovanile e il fenomeno dei giovani che non hanno un lavoro, né seguono un percorso scolastico o formativo (not in employment, education or training — NEET) dovrebbero continuare ad essere affrontati mediante la prevenzione dell’abbandono scolastico precoce e il miglioramento strutturale della transizione dalla scuola al lavoro, anche grazie alla piena attuazione della garanzia per i giovani.
Gli Stati membri dovrebbero mirare a rimuovere gli ostacoli e i disincentivi, mettendo in atto incentivi, in relazione alla partecipazione al mercato del lavoro, in particolare per i lavoratori a basso reddito, i secondi percettori di reddito e le persone che sono più lontane dal mercato del lavoro. Gli Stati membri dovrebbero sostenere un ambiente di lavoro adeguato alle persone con disabilità, anche mediante un sostegno finanziario mirato e servizi che consentano loro di partecipare al mercato del lavoro e alla società.
Occorre affrontare il problema dei divari di genere a livello di occupazione e di retribuzioni. Gli Stati membri dovrebbero garantire la parità di genere e una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro, anche offrendo pari opportunità e pari avanzamento di carriera ed eliminando gli ostacoli alla partecipazione alla leadership a tutti i livelli decisionali. Dovrebbe essere garantita la parità di retribuzione per lo stesso lavoro, o per un lavoro di pari valore, e la trasparenza della retribuzione. Dovrebbe essere promossa la conciliazione tra lavoro, famiglia e vita privata sia per le donne che per gli uomini, in particolare mediante l’accesso a servizi di assistenza a lungo termine e di educazione e cura della prima infanzia di qualità e a prezzi accessibili. Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché i genitori e le altre persone con responsabilità di assistenza abbiano accesso a un congedo familiare adeguato e a modalità di lavoro flessibili per conciliare lavoro, famiglia e vita privata, oltre a promuovere un uso equilibrato di tali diritti tra uomini e donne.
Orientamento 7: migliorare il funzionamento dei mercati del lavoro e l’efficacia del dialogo sociale
Al fine di trarre vantaggio da una forza lavoro più dinamica e produttiva e da nuovi modelli di lavoro e di business, gli Stati membri dovrebbero collaborare con le parti sociali per creare condizioni di lavoro eque, trasparenti e prevedibili, equilibrando diritti e obblighi. Dovrebbero ridurre ed evitare la segmentazione all’interno dei mercati del lavoro, contrastare il lavoro non dichiarato e il lavoro autonomo fittizio e favorire la transizione a forme di lavoro a tempo indeterminato. Le norme in materia di protezione dell’occupazione, il diritto del lavoro e le istituzioni dovrebbero tutti concorrere a creare un ambiente appropriato all’assunzione e la flessibilità necessaria per consentire ai datori di lavoro di adattarsi rapidamente ai cambiamenti del contesto economico, pur tutelando i diritti del lavoro e garantendo ai lavoratori la protezione sociale, un adeguato livello di sicurezza e ambienti di lavoro sani, sicuri e appropriati, anche alla luce dei rischi posti dalla crisi COVID-19. Promuovere l’uso di modalità di lavoro flessibili, come il telelavoro, è importante per preservare l’occupazione e la produzione nel contesto della crisi COVID-19. È opportuno evitare i rapporti di lavoro che portano a condizioni precarie, anche nel caso dei lavoratori delle piattaforme digitali e combattendo l’abuso dei contratti atipici. In caso di licenziamento ingiustificato dovrebbero essere garantiti l’accesso a una risoluzione delle controversie efficace e imparziale e il diritto di ricorso, compresa una compensazione adeguata.
Le politiche dovrebbero essere volte a migliorare e sostenere la partecipazione al mercato del lavoro, la corrispondenza tra offerta e domanda di lavoro e le transizioni verso il mondo del lavoro, anche nelle regioni svantaggiate. Gli Stati membri dovrebbero favorire efficacemente l’inserimento attivo di chi può partecipare al mercato del lavoro. Dovrebbero rafforzare l’efficacia delle politiche attive del mercato del lavoro, ampliandone gli obiettivi, la portata e il campo d’azione e migliorandone la connessione ai servizi sociali e al sostegno al reddito per i disoccupati mentre sono alla ricerca di un’occupazione, sulla base dei loro diritti e responsabilità. Dovrebbero ambire a servizi pubblici per l’impiego più efficaci ed efficienti, garantendo un’assistenza tempestiva e su misura per assistere le persone in cerca di lavoro, sostenendo le esigenze attuali e future del mercato del lavoro e attuando una gestione basata sui risultati.
Gli Stati membri dovrebbero fornire ai disoccupati adeguate prestazioni di disoccupazione per un periodo di tempo ragionevole, in linea con i loro contributi e con le norme nazionali in materia di ammissibilità. Sebbene si debbano prendere in considerazione un allentamento temporaneo dei requisiti di ammissibilità e un’estensione della durata delle prestazioni per attenuare l’impatto della COVID-19, le prestazioni di disoccupazione non dovrebbero disincentivare un rapido ritorno all’occupazione e dovrebbero essere affiancate da politiche attive del mercato del lavoro.
La mobilità dei discenti e dei lavoratori dovrebbe essere sostenuta in modo adeguato con l’obiettivo di migliorare le competenze e l’occupabilità e di sfruttare l’intero potenziale del mercato del lavoro europeo, assicurando nel contempo condizioni eque per tutti coloro che svolgono un’attività transfrontaliera, e di rafforzare la cooperazione amministrativa tra le amministrazioni nazionali in relazione ai lavoratori mobili, beneficiando dell’assistenza fornita dall’Autorità europea del lavoro. La mobilità dei lavoratori che esercitano professioni critiche e dei lavoratori transfrontalieri, stagionali e distaccati dovrebbe essere sostenuta in caso di chiusure temporanee delle frontiere dovute alla pandemia di COVID-19, fatte salve considerazioni di sanità pubblica. Dovrebbero essere eliminati gli ostacoli alla mobilità nel settore dell’istruzione e della formazione, delle pensioni professionali e individuali e il riconoscimento delle qualifiche dovrebbe essere semplificato. Gli Stati membri dovrebbero adottare misure affinché le procedure amministrative non siano un ostacolo inutile per i lavoratori di altri Stati membri, compresi i lavoratori transfrontalieri, che accedono a un’attività lavorativa. Dovrebbero inoltre prevenire abusi delle norme vigenti e affrontare le cause sottostanti della «fuga di cervelli» da alcune regioni, anche con opportune misure di sviluppo regionale.
Sulla base delle prassi nazionali in vigore e al fine di conseguire un dialogo sociale più efficace e migliori risultati socioeconomici, gli Stati membri dovrebbero garantire il coinvolgimento tempestivo e significativo delle parti sociali nell’elaborazione e nell’attuazione delle riforme e delle politiche occupazionali, sociali e, ove pertinente, economiche, anche attraverso un sostegno per potenziare la capacità delle parti sociali. Gli Stati membri dovrebbero promuovere il dialogo sociale e la contrattazione collettiva. Le parti sociali dovrebbero essere incoraggiate a negoziare e concludere contratti collettivi negli ambiti di loro interesse, nel pieno rispetto della loro autonomia e del diritto all’azione collettiva.
Ove pertinente e sulla base delle prassi nazionali in vigore, gli Stati membri dovrebbero tener conto dell’esperienza delle organizzazioni della società civile competenti in tema di occupazione e questioni sociali.
Orientamento 8: promuovere le pari opportunità per tutti, favorire l’inclusione sociale e combattere la povertà
Gli Stati membri dovrebbero promuovere mercati del lavoro inclusivi, aperti a tutti, mettendo in atto misure efficaci intese a combattere ogni forma di discriminazione e a promuovere pari opportunità per tutti, in particolare per i gruppi sottorappresentati sul mercato del lavoro, dedicando la debita attenzione alla dimensione regionale e territoriale. Dovrebbero garantire la parità di trattamento in materia di occupazione, protezione sociale, salute e assistenza di lungo periodo, istruzione e accesso a beni e servizi, a prescindere da genere, razza o origine etnica, religione o convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale.
Gli Stati membri dovrebbero modernizzare i regimi di protezione sociale per fornire a tutti una protezione sociale efficace, efficiente, adeguata e sostenibile, in tutte le fasi della vita, favorendo l’inclusione sociale e la mobilità sociale ascendente, incentivando la partecipazione al mercato del lavoro, sostenendo gli investimenti sociali, combattendo la povertà e affrontando le disuguaglianze, anche mediante l’impostazione dei sistemi fiscali e previdenziali e una valutazione dell’impatto distributivo delle politiche. Integrando gli approcci universali con quelli selettivi si migliorerà l’efficacia dei regimi di protezione sociale. La modernizzazione dei regimi di protezione sociale dovrebbe inoltre mirare a migliorarne la resilienza di fronte a sfide complesse, come quelle poste dalla pandemia di COVID-19.
Gli Stati membri dovrebbero sviluppare e integrare i tre settori dell’inclusione attiva: sostegno a un reddito adeguato, mercati del lavoro inclusivi e accesso a servizi di sostegno di qualità, per rispondere alle esigenze individuali. I regimi di protezione sociale dovrebbero garantire un adeguato reddito minimo per chiunque non disponga di risorse sufficienti e promuovere l’inclusione sociale incoraggiando le persone a partecipare attivamente al mercato del lavoro e alla società, anche attraverso una fornitura mirata di servizi sociali.
La disponibilità di servizi a costi ragionevoli, accessibili e di qualità, in materia di educazione e assistenza alla prima infanzia, assistenza al di fuori dell’orario scolastico, istruzione, formazione, alloggio e servizi sanitari e di assistenza di lungo periodo, costituisce una condizione necessaria per garantire pari opportunità. Particolare attenzione dovrebbe essere rivolta alla lotta contro la povertà e l’esclusione sociale, compresa la povertà lavorativa e infantile, anche in relazione all’impatto della crisi COVID-19. Gli Stati membri dovrebbero garantire a tutti, anche i bambini, l’accesso ai servizi essenziali. Gli Stati membri dovrebbero garantire alle persone in stato di bisogno o in situazione vulnerabile, l’accesso ad alloggi sociali o a un’assistenza abitativa adeguati e contrastarne la povertà energetica. In relazione a tali servizi dovrebbero essere prese in considerazione le necessità specifiche delle persone con disabilità, anche in termini di accessibilità. La deprivazione abitativa dovrebbe essere affrontata in modo specifico. Gli Stati membri dovrebbero garantire l’accesso tempestivo a servizi di assistenza sanitaria preventiva, curativa e di lungo periodo di buona qualità e a prezzi accessibili, salvaguardandone nel contempo la sostenibilità sul lungo periodo.
In un contesto di maggiore longevità e di cambiamento demografico, gli Stati membri dovrebbero garantire l’adeguatezza e la sostenibilità dei sistemi pensionistici per i lavoratori dipendenti e i lavoratori autonomi, offrendo a donne e uomini pari opportunità di maturare diritti a pensione, anche mediante regimi integrativi, per assicurare un reddito di vecchiaia adeguato. Le riforme pensionistiche dovrebbero essere sostenute da politiche volte a ridurre il divario pensionistico di genere e da misure che prolungano la vita lavorativa, ad esempio aumentando l’età effettiva di pensionamento, e dovrebbero essere inquadrate nell’ambito di strategie per l’invecchiamento attivo. Gli Stati membri dovrebbero stabilire un dialogo costruttivo con le parti sociali e altri soggetti interessati e consentire un’opportuna introduzione progressiva delle riforme. | Orientamenti sulle politiche a favore dell’occupazione
QUAL È LO SCOPO DEGLI ORIENTAMENTI?
Forniscono indicazioni ai paesi dell’Unione europea (Unione) nell’elaborazione delle loro politiche e nell’impostazione di obiettivi nazionali, per garantire politiche coordinate a livello dell’Unione.
PUNTI CHIAVE
I quattro orientamenti sulle politiche per l’occupazione [previsti dall’articolo 148 del trattato sul funzionamento dell’Unione (TFUE)] fanno parte dei 10 orientamenti integrati, che comprendono anche sei orientamenti di massima delle politiche economiche (articolo 121 del TFUE). Mentre gli orientamenti di massima per le politiche economiche restano validi per un certo periodo di tempo, gli orientamenti per l’occupazione devono essere elaborati ogni anno. Questi ultimi sono stati adottati insieme per la prima volta («pacchetto integrato») nel 2010, a sostegno della strategia Europa 2020. Gli orientamenti sull’occupazione sono allineati con il pilastro europeo dei diritti sociali, integrano le quattro dimensioni della strategia annuale per la crescita sostenibile e, in particolare, nel 2020 per la prima volta integrano la dimensione della sostenibilità ambientale, riflettendo la narrativa di un’«Europa sociale forte per transizioni giuste». Inoltre, integrano gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) delle Nazioni Unite e affrontano le conseguenze della pandemia di COVID-19.I nuovi orientamenti 2020 si concentrano sui seguenti aspetti:
Rilanciare la domanda di lavoro
I paesi dell’Unione dovrebbero adottare una serie di misure, tra cui:promuovere attivamente un’economia sociale di mercato e agevolare e sostenere gli investimenti per la creazione di posti di lavoro di qualità; trasferire l’onere fiscale dal lavoro ad altre fonti di imposizione più favorevoli all’occupazione e alla crescita inclusiva e che siano in linea con gli obiettivi climatici e ambientali; garantire che tutti i lavoratori ricevano salari adeguati ed equi beneficiando, direttamente o indirettamente, di contratti collettivi o di salari minimi legali adeguati.Potenziare l’offerta di forza lavoro e migliorare l’accesso all’occupazione, le abilità e le competenze
I paesi dell’Unione dovrebbero:promuovere la sostenibilità, la produttività, l’occupabilità e il capitale umano, promuovendo le conoscenze, le capacità e le competenze pertinenti lungo tutto l’arco della vita e rispondendo alle esigenze attuali e future del mercato del lavoro; promuovere le pari opportunità per tutti affrontando le disuguaglianze nei sistemi di istruzione e formazione; fornire ai disoccupati e alle persone inattive un’assistenza efficace, tempestiva, coordinata e su misura; sostenere un ambiente di lavoro adeguato alle persone con disabilità; affrontare i divari di genere a livello di occupazione e di retribuzioni.Migliorare il funzionamento dei mercati del lavoro e l’efficacia del dialogo sociale
I paesi dell’Unione dovrebbero:collaborare con le parti sociali per creare condizioni di lavoro eque, trasparenti e prevedibili, equilibrando diritti e obblighi; favorire efficacemente l’inserimento attivo di chi può partecipare al mercato del lavoro; fornire adeguate prestazioni di disoccupazione per un periodo di tempo ragionevole, in linea con i loro contributi e le norme nazionali in materia di ammissibilità; sostenere adeguatamente la mobilità dei discenti e dei lavoratori con l’obiettivo di migliorare le competenze e l’occupabilità e di sfruttare pienamente il potenziale del mercato del lavoro europeo; garantire il coinvolgimento tempestivo e significativo delle parti sociali nell’elaborazione e nell’attuazione delle politiche e delle riforme e delle politiche occupazionali, sociali e, ove pertinente, economiche.Promuovere le pari opportunità per tutti, favorire l’inclusione sociale e combattere la povertà
I paesi dell’Unione dovrebbero:promuovere mercati del lavoro inclusivi, aperti a tutti, mettendo in atto misure efficaci intese a combattere ogni forma di discriminazione e a promuovere le pari opportunità per tutti; garantire la parità di trattamento ai gruppi sottorappresentati riguardo a:occupazioneprotezione socialesalute e assistenza di lungo periodoistruzione eaccesso a beni e servizi; modernizzare i regimi di protezione sociale; sviluppare e integrare i tre settori dell’inclusione attiva, che sono:sostegno a un reddito adeguatomercati del lavoro inclusivi e accesso a servizi di qualità erisposta alle esigenze individuali; garantire a tutti, anche ai bambini, l’accesso ai servizi essenziali; garantire l’adeguatezza e la sostenibilità dei sistemi pensionistici per i lavoratori dipendenti e i lavoratori autonomi.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DECISIONE?
È in vigore dal 20 ottobre 2020.
CONTESTO
Gli orientamenti sono coerenti con il patto di stabilità e crescita e con le altre leggi e iniziative dell’Unione comprese quelle che riguardano:Garanzia per i giovani; Reinserire i disoccupati di lungo periodo nel mercato del lavoro; Percorsi di miglioramento del livello delle competenze.Queste iniziative sono combinate nel semestre europeo, che attua la strategia europea per l’occupazione e sostiene il raggiungimento degli SDG.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione (UE) 2020/1512 del Consiglio, del 13 ottobre 2020, sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione (GU L 344 del 19.10.2020, pag. 22).
DOCUMENTI CORRELATI
Proclamazione interistituzionale sul pilastro europeo dei diritti sociali (GU L 428 del 13.12.2017, pag. 10).
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza — Politiche e azioni interne dell’Unione — Titolo VIII — Politica economica e monetaria — Capo 1 — Politica economica — Articolo 121 (ex articolo 99 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 97).
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte 3 — Politiche e azioni interne dell’Unione — Titolo IX — Occupazione — Articolo 148 (ex articolo 128 del TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 112).
Raccomandazione (UE) 2015/1184 del Consiglio, del 14 luglio 2015, relativa agli orientamenti di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell’Unione europea (GU L 192 del 18.7.2015, pag. 27).
Decisione (UE) 2010/707/UE del Consiglio, del 21 ottobre 2010, sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione (GU L 308 del 24.11.2010, pag. 46). | 11,516 | 308 |
32008L0119 | false | DIRETTIVA 2008/119/CE DEL CONSIGLIO
del 18 dicembre 2008
che stabilisce le norme minime per la protezione dei vitelli
(Versione codificata)
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 91/629/CEE del Consiglio, del 19 novembre 1991, che stabilisce le norme minime per la protezione dei vitelli (3) è stata modificata in modo sostanziale, a più riprese (4). A fini di razionalità e chiarezza occorre provvedere alla codificazione di tale direttiva.
(2)
Molti Stati membri hanno ratificato la convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti. Anche la Comunità ha approvato tale convenzione, con la decisione 78/923/CEE (5).
(3)
I vitelli sono compresi, in quanto animali vivi, nell'elenco dei prodotti che figura nell'allegato I del trattato.
(4)
L'allevamento di vitelli costituisce parte integrante dell'agricoltura. Esso rappresenta una fonte di reddito per una parte della popolazione agricola.
(5)
Le differenze suscettibili di comportare distorsioni nelle condizioni di concorrenza hanno un'incidenza sul corretto funzionamento dell'organizzazione del mercato comune dei vitelli e dei prodotti da essi derivati.
(6)
È quindi indispensabile stabilire le norme minime comuni per la protezione dei vitelli d'allevamento e da ingrasso allo scopo di garantire un razionale sviluppo della produzione.
(7)
È scientificamente riconosciuto che i vitelli abbisognano di condizioni ambientali conformi alle esigenze della specie, la quale tende a raggrupparsi in mandrie. Pertanto, i vitelli dovrebbero essere allevati in gruppo. Il sistema di alloggiamento dei vitelli, siano essi raggruppati o in box individuali, dovrebbe prevedere sufficiente spazio per consentire un minimo di esercizio fisico, contatti con altri bovini e movimenti normali, sia in piedi che coricati.
(8)
Occorre che i servizi ufficiali, i produttori, i consumatori ed altri operatori siano tenuti al corrente degli sviluppi in questo settore. La Commissione dovrebbe pertanto, sulla base di un parere dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare, proseguire attivamente le ricerche scientifiche sul o sui migliori sistemi di allevamento che permettano di garantire il benessere dei vitelli. È pertanto opportuno prevedere un periodo provvisorio allo scopo di permettere alla Commissione di svolgere tale compito nel migliore dei modi.
(9)
Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva dovrebbero essere adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (6).
(10)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione indicati nell'allegato II, parte B,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
La presente direttiva stabilisce i requisiti minimi per la protezione dei vitelli confinati per l'allevamento e l'ingrasso.
Articolo 2
Ai fini della presente direttiva si intende per:
1)
«vitello»: un animale della specie bovina di età inferiore a sei mesi;
2)
«autorità competente»: l'autorità competente ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 6, della direttiva 90/425/CEE del Consiglio, del 26 giugno 1990, relativa ai controlli veterinari e zootecnici applicabili negli scambi intracomunitari di taluni animali vivi e prodotti di origine animale, nella prospettiva della realizzazione del mercato interno (7).
Articolo 3
1. A decorrere dal 1o gennaio 1998 a tutte le aziende di nuova costruzione o ricostruite e a tutte le aziende che entrano in funzione per la prima volta dopo tale data si applicano le seguenti disposizioni:
a)
nessun vitello di età superiore alle otto settimane deve essere rinchiuso in un recinto individuale, a meno che un veterinario abbia certificato che il suo stato di salute o il suo comportamento esige che sia isolato dal gruppo al fine di essere sottoposto ad un trattamento. La larghezza del recinto individuale deve essere almeno pari all'altezza al garrese del vitello, misurata quando l'animale è in posizione eretta, e la lunghezza deve essere almeno pari alla lunghezza del vitello, misurata dalla punta del naso all'estremità caudale della tuberosità ischiatica e moltiplicata per 1,1.
I recinti individuali per vitelli (salvo quelli destinati ad isolare gli animali malati) non devono avere muri compatti bensì pareti divisorie traforate che consentano un contatto diretto, visivo e tattile, tra i vitelli;
b)
per i vitelli allevati in gruppo, lo spazio libero disponibile per ciascun vitello deve essere pari ad almeno 1,5 m2 per ogni vitello di peso vivo inferiore a 150 chilogrammi, ad almeno 1,7 m2 per ogni vitello di peso vivo pari o superiore a 150 chilogrammi ma inferiore a 220 chilogrammi e ad almeno 1,8 m2 per ogni vitello di peso vivo pari o superiore a 220 chilogrammi.
Tuttavia, le disposizioni del primo comma non sono applicabili:
a)
alle aziende con meno di sei vitelli;
b)
ai vitelli mantenuti presso la madre ai fini dell'allattamento.
2. A decorrere dal 31 dicembre 2006, le disposizioni di cui al paragrafo 1 si applicano a tutte le aziende.
Articolo 4
Gli Stati membri vigilano affinché le condizioni relative all'allevamento dei vitelli siano conformi alle disposizioni generali stabilite nell'allegato I.
Articolo 5
Le prescrizioni generali contenute nell'allegato I possono essere modificate secondo la procedura di cui all'articolo 10, paragrafo 2, per tener conto dei progressi scientifici.
Articolo 6
Entro il 1o gennaio 2006, la Commissione presenta al Consiglio una relazione, elaborata in base ad un parere dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare, sul o sui sistemi di allevamento intensivo che rispettano i requisiti relativi al benessere dei vitelli dal punto di vista patologico, zootecnico, fisiologico e comportamentale, nonché sulle implicazioni socioeconomiche dei diversi sistemi, corredata delle opportune proposte che tengano conto delle conclusioni di tale relazione.
Articolo 7
1. Gli Stati membri provvedono affinché siano effettuate ispezioni sotto la responsabilità della competente autorità, per accertare l'osservanza delle disposizioni della presente direttiva.
Queste ispezioni, che possono essere effettuate in concomitanza di controlli realizzati per altri fini, riguardano ogni anno un campione statisticamente rappresentativo dei vari sistemi di allevamento in ciascuno Stato membro.
2. La Commissione elabora, secondo la procedura di cui all'articolo 10, paragrafo 2, un codice contenente le regole da seguire nelle ispezioni previste al paragrafo 1 del presente articolo.
3. Ogni due anni, entro l'ultimo giorno feriale del mese di aprile e per la prima volta entro il 30 aprile 1996, gli Stati membri informano la Commissione in merito ai risultati delle ispezioni effettuate nei due esercizi precedenti conformemente al presente articolo, compreso il numero di ispezioni effettuate rispetto al numero di aziende sul loro territorio.
Articolo 8
Per essere importati nella Comunità, gli animali provenienti da un paese terzo devono essere accompagnati da un certificato rilasciato dall'autorità competente di tale paese, il quale attesta che hanno beneficiato di un trattamento almeno equivalente a quello accordato agli animali di origine comunitaria, secondo quanto previsto dalla presente direttiva.
Articolo 9
Esperti veterinari della Commissione possono, nella misura in cui lo esiga l'applicazione uniforme della presente direttiva, effettuare ispezioni in loco con la collaborazione delle autorità competenti. I controllori osservano particolari misure di igiene onde escludere qualsiasi rischio di trasmissione di malattie.
Lo Stato membro sul cui territorio viene effettuato un controllo fornisce agli esperti tutta l'assistenza necessaria per l'espletamento dei loro compiti. La Commissione comunica i risultati dei controlli effettuati all'autorità competente dello Stato membro interessato.
L'autorità competente dello Stato membro interessato prende le misure necessarie per tener conto dei risultati di tale controllo.
Per quanto riguarda le relazioni con i paesi terzi, si applicano le disposizioni del capitolo III della direttiva 91/496/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1991, che fissa i principi relativi all'organizzazione dei controlli veterinari per gli animali che provengono dai paesi terzi e che sono introdotti nella Comunità (8).
Le disposizioni generali per l'applicazione del presente articolo sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 10, paragrafo 2, della presente direttiva.
Articolo 10
1. La Commissione è assistita dal comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali, istituito ai sensi dell'articolo 58 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (9).
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE.
Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.
Articolo 11
Per quanto riguarda la protezione dei vitelli, nel loro territorio gli Stati membri possono mantenere o applicare disposizioni più severe di quelle previste dalla presente direttiva, nel rispetto delle regole generali del trattato. Essi informano la Commissione di qualsiasi provvedimento preso in tal senso.
Articolo 12
La direttiva 91/629/CEE, modificata dagli atti di cui all'allegato II, parte A, è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione indicati all'allegato II, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza riportata all'allegato III.
Articolo 13
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 14
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Bruxelles, addì 18 dicembre 2008.
Per il Consiglio
Il presidente
M. BARNIER
(1) Parere dell'11 dicembre 2007 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) GU C 324 del 30.12.2006, pag. 26.
(3) GU L 340 dell’11.12.1991, pag. 28.
(4) Vedi allegato II, Parte A.
(5) GU L 323 del 17.11.1978, pag. 12.
(6) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.
(7) GU L 224 del 18.8.1990, pag. 29.
(8) GU L 268 del 24.9.1991, pag. 56.
(9) GU L 31 dell'1.2.2002, pag. 1.
ALLEGATO I
1.
I materiali utilizzati per la costruzione dei locali di stabulazione, e in particolare dei recinti e delle attrezzature con i quali i vitelli possono venire a contatto, non devono essere nocivi per i vitelli e devono poter essere accuratamente puliti e disinfettati.
2.
Fino all'istituzione di regole comunitarie in materia, l'installazione delle apparecchiature e dei circuiti elettrici deve essere conforme alla regolamentazione nazionale in vigore volta ad evitare qualsiasi scossa elettrica.
3.
L'isolamento termico, il riscaldamento e la ventilazione devono consentire di mantenere entro limiti non dannosi per i vitelli la circolazione dell'aria, la quantità di polvere, la temperatura, l'umidità relativa dell'aria e le concentrazioni di gas.
4.
Ogni impianto automatico o meccanico indispensabile per la salute ed il benessere dei vitelli deve essere ispezionato almeno una volta al giorno. Gli eventuali difetti riscontrati devono essere eliminati immediatamente; se ciò non fosse possibile, occorre prendere le misure adeguate per salvaguardare la salute ed il benessere dei vitelli fino a che non sia effettuata la riparazione, ricorrendo in particolare a metodi alternativi disponibili di alimentazione e provvedendo a mantenere condizioni ambientali soddisfacenti.
Se si utilizza un impianto di ventilazione artificiale, occorre prevedere un opportuno sistema sostitutivo che permetta un ricambio di aria sufficiente per preservare la salute e il benessere dei vitelli in caso di guasti all'impianto, nonché un sistema di allarme che segnali i guasti all'allevatore. Il sistema di allarme deve essere verificato regolarmente.
5.
I vitelli non devono restare continuamente al buio. A tal fine, onde soddisfare le loro esigenze comportamentali e fisiologiche, è opportuno prevedere, date le diverse condizioni climatiche degli Stati membri, una illuminazione adeguata naturale o artificiale che, in quest'ultimo caso, dovrà essere almeno equivalente alla durata di illuminazione naturale normalmente disponibile tra le ore 9.00 e le ore 17.00. Dovrà inoltre essere disponibile un'illuminazione adeguata (fissa o mobile) di intensità sufficiente per consentire di controllare i vitelli in qualsiasi momento.
6.
Tutti i vitelli allevati in locali di stabulazione devono essere controllati dal proprietario o dalla persona responsabile almeno due volte al giorno e quelli allevati all'esterno almeno una volta al giorno. I vitelli che presentano sintomi di malattie o ferite devono ricevere immediatamente le opportune cure e, qualora un vitello non reagisca al trattamento dell'allevatore, dev'essere consultato al più presto un veterinario. Se necessario, i vitelli malati o feriti devono essere isolati in locali appropriati con lettiera asciutta e confortevole.
7.
I locali di stabulazione devono essere costruiti in modo da consentire ad ogni vitello di coricarsi, giacere, alzarsi ed accudire a se stesso senza difficoltà.
8.
I vitelli non devono essere legati, ad eccezione di quelli stabulati in gruppo che possono essere legati per un periodo massimo di un'ora al momento della somministrazione di latte o succedanei del latte. Se si utilizzano attacchi, questi non devono provocare lesioni al vitello e devono essere regolarmente esaminati ed eventualmente aggiustati in modo da assicurare una posizione confortevole agli animali. Ogni attacco deve essere concepito in modo tale da evitare il rischio di strangolamento o ferimento e da consentire ai vitelli di muoversi secondo quanto disposto al punto 7.
9.
La stalla, i recinti, le attrezzature e gli utensili devono essere puliti e disinfetti regolarmente in modo da prevenire infezioni incrociate o lo sviluppo di organismi infettivi. Gli escrementi, l'urina e i foraggi che non sono stati mangiati o che sono caduti sul pavimento devono essere rimossi con la dovuta regolarità per ridurre al minimo gli odori e la presenza di mosche o roditori.
10.
I pavimenti devono essere non sdrucciolevoli e senza asperità, per evitare lesioni ai vitelli, e devono essere costruiti in modo da non causare lesioni o sofferenza ai vitelli in piedi o coricati. Essi devono essere adeguati alle dimensioni ed al peso dei vitelli e costituire una superficie rigida, piana e stabile. La zona in cui si coricano i vitelli deve essere confortevole, pulita, adeguatamente prosciugata e non dannosa per i vitelli. Per tutti i vitelli di età inferiore a due settimane deve essere prevista una lettiera adeguata.
11.
Ai vitelli deve essere somministrata un'alimentazione adeguata alla loro età e al loro peso e conforme alle loro esigenze comportamentali e fisiologiche, onde favorire buone condizioni di salute e di benessere. A tal fine gli alimenti devono avere un tenore di ferro sufficiente per raggiungere un tasso di emoglobina di almeno 4,5 mmol/litro: una dose giornaliera di alimenti fibrosi deve essere somministrata ad ogni vitello dopo la seconda settimana di età e il quantitativo deve essere portato da 50 a 250 g al giorno per i vitelli di età compresa fra le 8 e le 20 settimane. Ai vitelli non dev'essere messa la museruola.
12.
Tutti i vitelli devono essere nutriti almeno due volte al giorno. Se i vitelli sono stabulati in gruppo e non sono alimentati «ad libitum» o mediante un sistema automatico di alimentazione, ciascun vitello deve avere accesso agli alimenti contemporaneamente agli altri vitelli del gruppo.
13.
A partire dalla seconda settimana di età, ogni vitello deve poter disporre di acqua fresca adeguata in quantità sufficiente oppure poter soddisfare il proprio fabbisogno in liquidi bevendo altre bevande. Tuttavia, i vitelli malati o sottoposti a condizioni atmosferiche di grande calore devono poter disporre di acqua fresca in ogni momento.
14.
Le attrezzature per la somministrazione di mangimi e di acqua devono essere concepite, costruite, installate e mantenute in modo da ridurre al minimo le possibilità di contaminazione degli alimenti o dell'acqua destinati ai vitelli.
15.
Ogni vitello deve ricevere colostro bovino quanto prima possibile dopo la nascita e comunque entro le prime sei ore di vita.
ALLEGATO II
PARTE A
Direttiva abrogata e sue modificazioni successive
(di cui all'articolo 12)
Direttiva 91/629/CEE del Consiglio
(GU L 340 dell’11.12.1991, pag. 28)
Direttiva 97/2/CE del Consiglio
(GU L 25 del 28.1.1997, pag. 24)
Decisione 97/182/CE della Commissione
(GU L 76 del 18.3.1997, pag. 30)
Regolamento (CE) n. 806/2003 del Consiglio
(GU L 122 del 16.5.2003, pag. 1)
Unicamente il punto 25 dell’allegato III
PARTE B
Elenco dei termini di attuazione in diritto nazionale
(di cui all'articolo 12)
Direttive
Termine di attuazione
91/629/CEE
1o gennaio 1994
97/2/CE
31 dicembre 1997
ALLEGATO III
TAVOLA DI CONCORDANZA
Direttiva 91/629/CEE
Presente direttiva
Articoli 1 e 2
Articoli 1 e 2
Articolo 3, paragrafo 1
—
Articolo 3, paragrafo 2
—
Articolo 3, paragrafo 3, primo comma
Articolo 3, paragrafo 1, primo comma
Articolo 3, paragrafo 3, secondo comma, alinea
Articolo 3, paragrafo 1, secondo comma, alinea
Articolo 3, paragrafo 3, secondo comma, primo trattino
Articolo 3, paragrafo 1, secondo comma, lettera a)
Articolo 3, paragrafo 3, secondo comma, secondo trattino
Articolo 3, paragrafo 1, secondo comma, lettera b)
Articolo 3, paragrafo 3, terzo comma
Articolo 3, paragrafo 2
Articolo 3, paragrafo 4
—
Articolo 4, paragrafo 1
Articolo 4
Articoli da 5 a 10
Articoli da 5 a 10
Articolo 11, paragrafo 1
—
Articolo 11, paragrafo 2
Articolo 11
—
Articolo 12
—
Articolo 13
Articolo 12
Articolo 14
Allegato
Allegato I
—
Allegato II
—
Allegato III | Protezione dei vitelli da macello
QUAL È L’OBIETTIVO DELLA DIRETTIVA?
La direttiva stabilisce i requisiti minimi per la protezione dei vitelli confinati e destinati al consumo umano.
PUNTI CHIAVE
La direttiva stabilisce le norme minime per la protezione dei vitelli (cioè animali della specie bovina di età inferiore a sei mesi) confinati per l’allevamento e il macello. Tali norme, obbligatorie dal 1° gennaio 2007, non si applicano per i vitelli mantenuti presso la madre ai fini dell’allattamento, né alle aziende con meno di sei vitelli.
La direttiva non riguarda il trasporto dei vitelli, disciplinato dal regolamento (CE) n. 1/2005.
Recinti collettivi o individuali
I recinti devono essere costruiti in modo da consentire a ogni vitello di coricarsi, giacere, alzarsi e accudire a se stesso senza difficoltà.
A partire dall’ottava settimana di età, sono vietati i recinti individuali (tranne in caso di malattia). La misura è in ragione della natura gregaria dei bovini.
Prima dell’ottava settimana i recinti individuali sono permessi. Essi devono essere composti da pareti divisorie traforate che consentano un contatto visivo e tattile tra i vitelli. I muri compatti possono essere utilizzati solo per isolare animali malati dal resto della mandria.
I recinti collettivi devono rispettare le seguenti norme relative allo spazio (cfr. tabella seguente).
Peso dell’animale in kg
Superficie in m2
‹ 150
1,5
‹ 220
1,7
› 220
1,8
I vitelli non devono essere legati (salvo eventualmente al momento della somministrazione di latte per un periodo massimo di un’ora) né avere la museruola.
La stalla, i recinti, le attrezzature e gli utensili devono essere puliti e disinfettati.
I pavimenti devono essere lisci ma non sdrucciolevoli per evitare lesioni ai vitelli. La zona in cui coricarsi deve essere confortevole, pulita e adeguatamente prosciugata. Per tutti i vitelli di età inferiore a due settimane deve essere prevista una lettiera adeguata.
Salute
Ogni vitello deve ricevere colostro bovino quanto prima possibile dopo la nascita e comunque entro le prime sei ore di vita.
I vitelli che presentano sintomi di malattie o ferite devono ricevere immediatamente le opportune cure. Qualora un vitello non reagisca al trattamento dell’allevatore, dev’essere consultato al più presto un veterinario.
Alimentazione
I vitelli devono essere nutriti almeno una volta al giorno. Ciascun vitello deve avere accesso agli alimenti contemporaneamente agli altri vitelli del gruppo.
Gli alimenti devono avere un tenore di ferro sufficiente per raggiungere un tasso di emoglobina di almeno 4,5 mmol/litro di sangue, una dose giornaliera di alimenti fibrosi deve essere somministrata ad ogni vitello dopo la seconda settimana di età.
L’alimentazione deve essere adeguata all’età e al peso dell’animale. Essa deve inoltre essere conforme alle sue esigenze comportamentali e fisiologiche.
A partire dalla seconda settimana di età, ogni vitello deve poter disporre di acqua fresca.
Controllo degli animali
Tutti i vitelli allevati in locali di stabulazione devono essere controllati almeno due volte al giorno e gli impianti meccanici almeno una volta al giorno. Se si utilizza un impianto di ventilazione artificiale, occorre prevedere un sistema di allarme (verificato regolarmente) e un opportuno sistema di ventilazione sostitutivo.
Luminosità
I vitelli devono essere tenuti in condizioni di adeguata illuminazione naturale o artificiale (almeno equivalente alla durata di illuminazione naturale tra le ore 9.00 e le ore 17.00).
Ispezioni
Gli Stati membri provvedono affinché siano effettuate ispezioni annuali su un campione statisticamente rappresentativo.
La Commissione europea può inviare esperti veterinari per effettuare ispezioni sul luogo dell’allevamento con la collaborazione degli ispettori nazionali.
Importazioni
Per importare animali da paesi terzi, è richiesto un certificato che attesti che hanno beneficiato di un trattamento equivalente a quello accordato agli animali di origine comunitaria.
Disposizioni specifiche
Gli Stati membri possono applicare nel loro territorio disposizioni più severe di quelle previste dalla presente direttiva. In tal caso, dovranno prima informare la Commissione di qualsiasi provvedimento preso in tal senso.
Regolamento sui controlli ufficiali
Il Regolamento (UE) 2017/625 la nuova legislazione relativa ai controlli ufficiali sugli alimenti e sui mangimi, modifica alcuni dettagli tecnici minori della direttiva. Tali modifiche avranno effetto dal 14 dicembre 2019.
DA QUANDO VIENE APPLICATA LA DIRETTIVA?
È stato applicato dal mercoledì 4 febbraio 2009. La direttiva codifica e abroga le precedenti disposizioni (direttiva 91/629/CEE) che doveva essere incorporata nella legislazione nazionale entro il 1 gennaio 1994.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:
Vitelli (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2008/119/CE del Consiglio del giovedì 18 dicembre 2008 che stabilisce le norme minime relative alla protezione dei vitelli (versione codificata) (GU L 10, 15.1.2009, pagg. 7-13)
DOCUMENTI COLLEGATI
Regolamento (UE) 2017/625 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2017, relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l’applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fitosanitari, recante modifica dei regolamenti (CE) n. 999/2001, (CE) n. 396/2005, (CE) n. 1069/2009, (CE) n. 1107/2009, (UE) n. 1151/2012, (UE) n. 652/2014, (UE) 2016/429 e (UE) 2016/2031 del Parlamento europeo e del Consiglio, dei regolamenti (CE) n. 1/2005 e (CE) n. 1099/2009 del Consiglio e delle direttive 98/58/CE, 1999/74/CE, 2007/43/CE, 2008/119/CE e 2008/120/CE del Consiglio, e che abroga i regolamenti (CE) n. 854/2004 e (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 89/608/CEE, 89/662/CEE, 90/425/CEE, 91/496/CEE, 96/23/CE, 96/93/CE e 97/78/CE del Consiglio e la decisione 92/438/CEE del Consiglio (regolamento sui controlli ufficiali) (GU L 95 del 7.4.2017, pag. 1-142)
Si veda la versione consolidata.
Regolamento (CE) n. 1/2005 del Consiglio, del 22 dicembre 2004, sulla protezione degli animali durante il trasporto e le operazioni correlate e recante modifica delle direttive 64/432/CEE e 93/119/CE e del regolamento (CE) n. 1255/97 (GU L 3 del 5.1.2005, pagg. 1-44). | 8,211 | 282 |
32002L0098 | false | Direttiva 2002/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 gennaio 2003, che stabilisce norme di qualità e di sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti e che modifica la direttiva 2001/83/CE
Gazzetta ufficiale n. L 033 del 08/02/2003 pag. 0030 - 0040
Direttiva 2002/98/CE del Parlamento europeo e del Consigliodel 27 gennaio 2003che stabilisce norme di qualità e di sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti e che modifica la direttiva 2001/83/CEIL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, e in particolare l'articolo 152, paragrafo 4, lettera a),vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Comitato economico e sociale(2),visto il parere del Comitato delle regioni(3),deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato(4), visto il progetto comune approvato il 4 novembre 2002 dal comitato di conciliazione,considerando quanto segue:(1) L'ampia utilizzazione terapeutica del sangue umano rende necessario garantire la qualità e la sicurezza del sangue intero e dei suoi componenti, per prevenire in particolare la trasmissione di malattie.(2) La disponibilità del sangue e dei suoi componenti utilizzati a fini terapeutici dipende ampiamente dai cittadini della Comunità che sono disposti a donarli. Al fine di salvaguardare la salute pubblica ed evitare la trasmissione di malattie infettive occorre adottare tutte le misure precauzionali durante la raccolta, lavorazione, distribuzione e utilizzazione, avvalendosi in maniera appropriata dei progressi scientifici compiuti in materia di ricerca, di inattivazione e di eliminazione degli agenti patogeni trasmissibili attraverso trasfusione.(3) La direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano(5), ha garantito la qualità, la sicurezza e l'efficacia dei medicinali derivati dal sangue e dal plasma umano che vengono preparati industrialmente. Tuttavia, il fatto che quest'ultima direttiva escluda specificamente dal suo ambito d'applicazione il sangue intero, il plasma e le cellule sanguigne d'origine umana, ha creato una situazione in cui la qualità e la sicurezza dei componenti del sangue e del plasma destinati alla trasfusione e non trattati non sono soggette ad alcuna normativa comunitaria vincolante. È pertanto indispensabile che esistano disposizioni comunitarie volte ad assicurare che la qualità e la sicurezza del sangue e dei suoi componenti, a qualunque uso siano destinati, siano analoghe lungo tutto il percorso trasfusionale in tutti gli Stati membri, tenendo in considerazione la libertà di movimento dei cittadini nell'ambito del territorio comunitario. La determinazione di parametri elevati di qualità e sicurezza contribuirà pertanto a rassicurare il pubblico in merito al fatto che il sangue umano e i suoi componenti derivati da donazioni effettuate in altri Stati membri soddisfano comunque gli stessi requisiti previsti nel proprio paese.(4) Per quanto riguarda l'utilizzazione del sangue o dei suoi componenti in quanto materia prima per la produzione di medicinali, l'articolo 3 della direttiva 2001/83/CE fa riferimento ai provvedimenti che gli Stati membri devono adottare per evitare la trasmissione di malattie infettive, comprese l'applicazione delle monografie della Farmacopea europea e delle raccomandazioni del Consiglio d'Europa e dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), in particolare per quanto concerne la selezione ed il controllo dei donatori di sangue e di plasma. Inoltre gli Stati membri dovrebbero prendere misure per promuovere l'autosufficienza della Comunità in materia di sangue umano o di componenti del sangue e per incoraggiare le donazioni di sangue e di componenti del sangue volontarie e gratuite.(5) Al fine di assicurare un livello equivalente di sicurezza e di qualità dei componenti del sangue, a qualunque uso siano destinati, la presente direttiva dovrebbe istituire requisiti tecnici per la raccolta e il controllo del sangue e dei componenti del sangue, comprese le materie prime per la produzione di medicinali. È pertanto necessario modificare in tal senso la direttiva 2001/83/CE.(6) La comunicazione della Commissione del 21 dicembre 1994, relativa alla sicurezza e all'autosufficienza del sangue nella Comunità europea, ha individuato l'esigenza di elaborare una strategia in materia di sangue per aumentare la fiducia nella sicurezza del percorso trasfusionale e promuovere l'autosufficienza nella Comunità europea.(7) Il Consiglio, nella sua risoluzione del 2 giugno 1995, sulla sicurezza delle trasfusioni e l'autosufficienza di sangue nella Comunità europea(6), ha invitato la Commissione a presentare proposte adeguate al fine di elaborare una strategia in questa materia.(8) Nella sua risoluzione del 12 novembre 1996 su una strategia per la sicurezza delle trasfusioni e l'autosufficienza di sangue nella Comunità europea(7), il Consiglio ha invitato la Commissione a presentare proposte con carattere d'urgenza al fine di favorire lo sviluppo di un'impostazione coordinata riguardo alla sicurezza del sangue e dei prodotti del sangue.(9) Il Parlamento europeo, nelle sue risoluzioni sulla sicurezza e l'autosufficienza del sangue grazie alle donazioni volontarie e gratuite nella Comunità europea del 14 settembre 1993(8), del 18 novembre 1993(9), del 14 luglio 1995(10) e del 17 aprile 1996(11), ha sottolineato l'importanza di assicurare il più alto livello possibile di sicurezza del sangue ed ha ribadito il suo costante appoggio all'obiettivo dell'autosufficienza nella Comunità europea.(10) Nel redigere le disposizioni della presente direttiva si è tenuto conto del parere del Comitato scientifico per i prodotti medicinali e i dispositivi medici nonché dell'esperienza internazionale acquisita in questo settore.(11) La natura delle trasfusioni autologhe richiede un esame specifico dei tempi e dei modi di applicazione delle varie disposizioni della presente direttiva.(12) Le banche del sangue degli ospedali sono unità ospedaliere che effettuano un numero limitato di attività, conservazione, distribuzione e test di compatibilità. Al fine di assicurare che siano preservate la qualità e la sicurezza del sangue e dei suoi componenti lungo tutto il percorso trasfusionale, tenendo conto nel contempo della natura e delle funzioni specifiche delle banche del sangue degli ospedali, solo le disposizioni inerenti alle attività in questione dovrebbero essere applicate a dette banche.(13) Gli Stati membri dovrebbero assicurare l'esistenza di un meccanismo adeguato per la designazione, l'autorizzazione, l'accreditamento e la concessione di licenze, per assicurare che le attività dei centri ematologici siano effettuate conformemente ai requisiti della presente direttiva.(14) Gli Stati membri dovrebbero organizzare misure d'ispezione e di controllo, attuate da funzionari che rappresentino le autorità competenti, al fine di garantire la conformità dei centri ematologici con le disposizioni della presente direttiva.(15) Il personale che interviene direttamente nella raccolta, nel controllo, nella lavorazione, nella conservazione e nella distribuzione del sangue e di suoi componenti dovrebbe essere in possesso della necessaria qualificazione e ricevere una formazione tempestiva e adeguata, lasciando impregiudicata l'applicazione della normativa comunitaria vigente sul riconoscimento delle qualifiche professionali e sulla protezione dei lavoratori.(16) I centri ematologici dovrebbero stabilire e mantenere sistemi di qualità riguardanti tutte le attività che determinano gli obiettivi e le competenze in materia di politica della qualità, e dovrebbero attuarli mediante programmi di qualità, controlli di qualità, garanzie di qualità nonché miglioramento della qualità nel quadro dei suddetti sistemi, tenendo conto dei principi di buone prassi di fabbricazione e del sistema comunitario di valutazione della conformità.(17) Occorre istituire un sistema adeguato grazie al quale sia possibile rintracciare il percorso del sangue intero e dei suoi componenti. È necessario incrementare la rintracciabilità del percorso mediante accurate procedure di identificazione del donatore, del paziente e del laboratorio, mediante la tenuta di registri e mediante un adeguato sistema di identificazione e di etichettatura. È auspicabile che sia elaborato un sistema per rendere possibile l'unica e inequivocabile identificazione delle donazioni di sangue e dei componenti del sangue nella Comunità. Ove si tratti di sangue e componenti del sangue importati da paesi terzi, è importante che i centri ematologici assicurino un livello equivalente di rintracciabilità nelle fasi precedenti l'importazione nella Comunità. Gli stessi requisiti in materia di rintracciabilità applicabili al sangue e ai componenti del sangue raccolti nella Comunità dovrebbero essere assicurati nelle fasi successive all'importazione.(18) È importante introdurre una serie di procedure di vigilanza organizzate per raccogliere e valutare le informazioni sugli incidenti o reazioni indesiderate inaspettati connessi alla raccolta del sangue e dei suoi componenti allo scopo di prevenire il prodursi di incidenti o reazioni indesiderate analoghi o equivalenti migliorando così la sicurezza delle trasfusioni con misure adeguate. A tal fine dovrebbe essere istituito negli Stati membri un sistema comune di notifica di incidenti gravi e reazioni indesiderate gravi connessi alla raccolta, alla lavorazione, al controllo, alla conservazione e alla distribuzione del sangue e dei suoi componenti.(19) È importante che quando si comunicano al donatore risultati anomali sia fornita anche la consulenza pertinente.(20) La moderna prassi della trasfusione di sangue si basa sui principi della donazione volontaria, dell'anonimato del donatore e del ricevente, della gratuità della donazione e del carattere non lucrativo dei centri che forniscono servizi di trasfusione sanguigna.(21) Occorre adottare tutte le misure necessarie a garantire ai futuri donatori di sangue o dei suoi componenti la riservatezza di qualunque informazione collegata con la loro salute che sia stata fornita al personale autorizzato, dei risultati dei controlli sulle loro donazioni e della futura rintracciabilità del percorso della loro donazione.(22) Ai sensi dell'articolo 152, paragrafo 5, del trattato, le disposizioni della presente direttiva non possono pregiudicare le disposizioni nazionali sulla donazione di sangue. L'articolo 152, paragrafo 4, lettera a), del trattato stabilisce che non si può impedire agli Stati membri di mantenere o introdurre misure protettive più rigorose per quanto riguarda i parametri di qualità e sicurezza del sangue e dei suoi componenti.(23) Le donazioni volontarie e gratuite di sangue sono un fattore che può contribuire a parametri elevati di sicurezza del sangue e dei suoi componenti e quindi alla protezione della salute umana. Si dovrebbero sostenere gli sforzi del Consiglio d'Europa in questo settore e si dovrebbero prendere tutte le misure necessarie ad incoraggiare le donazioni volontarie e gratuite mediante misure e iniziative adeguate e garantendo ai donatori un maggiore riconoscimento pubblico, aumentando in tal modo anche l'autosufficienza. Andrebbe presa in considerazione la definizione di donazione volontaria e gratuita data dal Consiglio d'Europa.(24) Il sangue e i suoi componenti utilizzati a fini terapeutici o in dispositivi medici dovrebbero provenire da persone il cui stato di salute garantisca che non si producano effetti negativi a seguito della donazione e che gli eventuali rischi di trasmissione di malattie infettive siano ridotti al minimo; ciascuna donazione di sangue dovrebbe essere controllata secondo norme le quali assicurino che siano state adottate tutte le misure necessarie per tutelare la salute delle persone che ricevono sangue e suoi componenti.(25) La direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati(12), esige che i dati relativi alla salute di una persona siano oggetto di una maggiore protezione. Essa contempla tuttavia solo i dati personali, e non quelli resi anonimi. La presente direttiva dovrebbe pertanto introdurre norme addizionali di salvaguardia per impedire che si proceda a modifiche non autorizzate dei registri di donazione, o di lavorazione, o a rivelazioni non autorizzate delle informazioni.(26) Alla Commissione dovrebbe essere conferito il potere di stabilire i requisiti tecnici e di apportare i necessari cambiamenti a detti requisiti e agli allegati al fine di adeguarli ai progressi scientifici e tecnici.(27) La fissazione dei requisiti tecnici e gli adeguamenti al progresso tecnico e scientifico dovrebbero tener conto della raccomandazione del Consiglio, del 29 giugno 1998, sull'idoneità dei donatori di sangue e di plasma e la verifica delle donazioni di sangue nella CE(13), delle pertinenti raccomandazioni del Consiglio d'Europa e dell'OMS e anche delle indicazioni fornite dalle istituzioni e organizzazioni europee interessate, come le monografie della farmacopea europea.(28) È necessario che la Comunità disponga della migliore consulenza scientifica possibile in materia di sicurezza del sangue e dei suoi componenti, in particolare per quanto riguarda l'adeguamento delle disposizioni della presente direttiva ai progressi scientifici e tecnici.(29) I test dovrebbero essere effettuati in conformità delle procedure scientifiche e tecniche più recenti che riflettono le attuali migliori prassi così come definite e regolarmente rivedute e aggiornate attraverso un adeguato processo di consultazione di esperti. Tale processo di revisione dovrebbe inoltre tenere debitamente conto dei progressi scientifici in materia di ricerca, di inattivazione e di eliminazione degli agenti patogeni trasmissibili attraverso trasfusione.(30) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(14).(31) Per aumentare l'efficacia dell'attuazione delle disposizioni adottate in applicazione della presente direttiva, è opportuno prevedere sanzioni che gli Stati membri dovranno applicare.(32) Poiché gli scopi della presente direttiva, in particolare quello di contribuire alla fiducia generale nella qualità del sangue e dei suoi componenti donati e nella tutela della salute dei donatori, quello di raggiungere l'autosufficienza a livello comunitario e quello di sviluppare la fiducia nella sicurezza del percorso trasfusionale tra gli Stati membri, non possono essere realizzati in misura sufficiente dagli Stati membri e possono quindi, a causa delle dimensioni e degli effetti dell'intervento, essere realizzati meglio a livello comunitario la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tali scopi in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.(33) L'organizzazione dei servizi sanitari e la fornitura dell'assistenza medica dovrebbero continuare a rientrare nell'ambito delle responsabilità di ciascuno Stato membro,HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:CAPO IDISPOSIZIONI GENERALIArticolo 1ObiettiviLa presente direttiva stabilisce norme di qualità e sicurezza del sangue umano e dei suoi componenti, al fine di assicurare un elevato livello di protezione della salute umana.Articolo 2Ambito di applicazione1. La presente direttiva si applica alla raccolta e al controllo del sangue umano e dei suoi componenti, a qualunque uso siano destinati, nonché alla lavorazione, conservazione e distribuzione degli stessi qualora siano destinati alla trasfusione.2. Qualora il sangue umano e i suoi componenti vengano raccolti e controllati per essere utilizzati esclusivamente in trasfusioni autologhe e siano chiaramente indicati in quanto tali, i requisiti che dovranno essere soddisfatti sono conformi ai requisiti di cui all'articolo 29, lettera g).3. La presente direttiva lascia impregiudicata l'applicazione delle direttive 93/42/CEE(15), 95/46/CE e 98/79/CE(16).4. La presente direttiva non si applica alle cellule staminali del sangue.Articolo 3DefinizioniAi fini della presente direttiva, si intende per:a) "sangue": il sangue intero prelevato da un donatore e trattato per la trasfusione o per l'elaborazione di prodotti derivati;b) "componente del sangue": componenti del sangue (globuli rossi, globuli bianchi, piastrine, plasma) che possono essere preparati a fini terapeutici con vari metodi;c) "prodotto del sangue": qualunque prodotto terapeutico derivato dal sangue o dal plasma umano;d) "trasfusione autologa": trasfusione di sangue e dei suoi componenti ottenuti attraverso predeposito in cui il donatore e il ricevente sono la stessa persona;e) "centro ematologico": qualunque struttura o organismo che è responsabile sotto qualunque aspetto della raccolta e del controllo del sangue umano e dei suoi componenti, qualunque ne sia la destinazione, nonché della lavorazione, conservazione e distribuzione quando gli stessi siano destinati alla trasfusione. Sono escluse le banche del sangue degli ospedali;f) "banca del sangue di un ospedale": unità ospedaliera che conserva e distribuisce sangue umano e i suoi componenti e può controllarne la compatibilità esclusivamente per l'uso all'interno dell'ospedale, comprese le attività trasfusionali all'interno dell'ospedale;g) "incidente grave": qualunque evento negativo collegato con la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione di sangue e di componenti del sangue che può provocare la morte, determinare condizioni che mettano in pericolo la vita o producano invalidità o incapacità dei pazienti, o determina o prolunga l'ospedalizzazione o la morbilità;h) "reazione indesiderata grave": risposta inattesa del donatore o del paziente connessa con la raccolta o la trasfusione di sangue e dei suoi componenti che provoca la morte, mette in pericolo la vita o produce invalidità o incapacità dei pazienti, o produce o prolunga l'ospedalizzazione o la morbilità;i) "rilascio di componenti del sangue": operazione che consente di liberare dalla quarantena componenti del sangue mediante sistemi e procedure intesi ad assicurare che il prodotto finito soddisfa le specifiche del rilascio;j) "esclusione": sospensione dell'idoneità di una persona a donare sangue o suoi componenti; tale sospensione può essere definitiva o temporanea;k) "distribuzione": consegna di sangue e suoi componenti ad altri centri ematologici, banche del sangue di ospedali e produttori di derivati del sangue e del plasma. È esclusa la distribuzione a scopo di trasfusione di sangue o di suoi componenti;l) "emovigilanza": insieme delle procedure di sorveglianza organizzate relative agli incidenti o alle reazioni indesiderate gravi o inaspettati dei donatori o dei riceventi, nonché al controllo epidemiologico dei donatori;m) "ispezione": controllo ufficiale e obiettivo, effettuato in conformità con norme esistenti al fine di valutare il rispetto della presente direttiva e di altre normative pertinenti e di determinare i problemi.Articolo 4Applicazione1. Gli Stati membri designano l'autorità o le autorità responsabili per l'applicazione dei requisiti della presente direttiva.2. La presente direttiva non impedisce ad alcuno Stato membro di mantenere in vigore o introdurre nel proprio territorio misure di protezione più rigorose purché siano conformi al trattato.In particolare, uno Stato membro può introdurre requisiti per le donazioni volontarie e gratuite, che includono il divieto o la restrizione delle importazioni di sangue e suoi componenti, per assicurare un elevato livello di tutela della salute e per conseguire l'obiettivo di cui all'articolo 20, paragrafo 1, purché siano soddisfatte le condizioni del trattato.3. Nell'esercitare le attività contemplate dalla presente direttiva, la Commissione può fare ricorso all'assistenza tecnica e/o amministrativa, a reciproco vantaggio della Commissione e dei beneficiari, in riferimento all'identificazione, preparazione, gestione, vigilanza, verifica e controllo, nonché in riferimento alle spese di sostegno.CAPO IIOBBLIGHI DELLE AUTORITÀ DEGLI STATI MEMBRIArticolo 5Designazione, autorizzazione, accreditamento o concessione di una licenza per i centri ematologici1. Gli Stati membri assicurano che le attività relative alla raccolta e al controllo del sangue umano e dei suoi componenti, a qualunque uso siano destinati, nonché alla lavorazione, alla conservazione e alla distribuzione degli stessi, ove siano destinati alla trasfusione, siano effettuate unicamente da centri ematologici che abbiano ottenuto una designazione, un'autorizzazione, un accreditamento o una licenza a tal fine da parte delle autorità competenti.2. Al fine del paragrafo 1, il centro ematologico fornisce alle autorità competenti le informazioni elencate nell'allegato I.3. Le autorità competenti, dopo aver verificato che il centro ematologico sia conforme ai requisiti della presente direttiva, indicano al centro stesso quali attività può avviare e a quali condizioni.4. Il centro ematologico può apportare modifiche sostanziali alle sue attività solo previa approvazione scritta delle autorità competenti.5. Le autorità competenti possono sospendere o revocare la designazione, l'autorizzazione, l'accreditamento o la licenza per un centro ematologico qualora l'ispezione o le misure di controllo dimostrino che il centro ematologico non soddisfa i requisiti posti dalla presente direttiva.Articolo 6Banche del sangue degli ospedaliGli articoli 7, 10, 11, paragrafo 1, 12, paragrafo 1, 14, 15, 22 e 24 si applicano alle banche del sangue degli ospedali.Articolo 7Disposizioni relative ai centri già esistentiGli Stati membri possono decidere di mantenere in vigore le disposizioni nazionali durante nove mesi a decorrere dal termine stabilito nell'articolo 32, affinché i centri ematologici che operano in base alla legislazione interna possano conformarsi ai requisiti della presente direttiva.Articolo 8Ispezioni e misure di controllo1. Gli Stati membri assicurano che le autorità competenti organizzino ispezioni e misure di controllo adeguate nei centri ematologici per garantire che i requisiti posti dalla presente direttiva siano soddisfatti.2. Le autorità competenti organizzano ispezioni e misure di controllo a intervalli regolari. L'intervallo tra due ispezioni o misure di controllo non supera due anni.3. Tali ispezioni e misure di controllo sono effettuate da funzionari che rappresentano le autorità competenti e che hanno il potere di:a) ispezionare sul proprio territorio i centri ematologici e le strutture di qualsiasi terzo incaricato dal titolare della designazione, dell'autorizzazione, dell'accreditamento o della licenza di cui all'articolo 5 di effettuare procedimenti di valutazione e di controllo secondo quanto stabilito dall'articolo 18;b) prelevare campioni a fini di esame ed analisi;c) esaminare qualunque documento riguardante l'oggetto dell'ispezione, nel rispetto delle disposizioni vigenti negli Stati membri al momento dell'entrata in vigore della presente direttiva che pongano limiti a tale potere per quanto riguarda le descrizioni dei metodi di preparazione.4. Le autorità competenti organizzano ispezioni e altre misure di controllo adeguate in caso di incidenti gravi o reazioni indesiderate gravi o timori in tal senso a norma dell'articolo 15.CAPO IIIDISPOSIZIONI SUI CENTRI EMATOLOGICIArticolo 9Persona responsabile1. Il centro ematologico designa una persona ("persona responsabile") che ha le seguenti responsabilità:- assicurare che ciascuna unità di sangue o di suoi componenti, a qualunque uso sia destinata, sia raccolta e controllata e, se destinata alla trasfusione, sia lavorata, conservata e distribuita conformemente alle leggi vigenti nello Stato membro,- fornire informazioni alle autorità competenti durante la procedura di designazione, autorizzazione, accreditamento o licenza di cui all'articolo 5,- far sì che il centro ematologico soddisfi i requisiti di cui agli articoli 10, 11, 12, 13, 14 e 15.2. La persona responsabile risponde alle seguenti condizioni minime di qualificazione:a) possesso di un diploma, certificato o altro titolo che sancisca un ciclo di formazione universitaria, o un ciclo di formazione riconosciuto equivalente dallo Stato interessato, nel settore delle scienze mediche o biologiche;b) esperienza pratica post laurea di almeno due anni in settori di pertinenza, in uno o più istituti autorizzati a effettuare attività connesse alla raccolta e/o al controllo del sangue umano e dei suoi componenti o alla loro lavorazione, conservazione e distribuzione.3. Le funzioni di cui al paragrafo 1 possono essere delegate ad altre persone aventi le qualificazioni di formazione ed esperienza appropriate per poterle svolgere.4. Il centro ematologico notifica alle autorità competenti il nome della persona responsabile di cui al paragrafo 1 e delle altre persone di cui al paragrafo 3, unitamente a informazioni in merito alle funzioni specifiche di cui sono responsabili.5. Qualora la persona responsabile o le altre persone di cui al paragrafo 3 siano provvisoriamente o permanentemente sostituite, il centro ematologico comunica immediatamente alle autorità competenti il nome della nuova persona responsabile e la data d'assunzione delle funzioni.Articolo 10PersonaleIl personale che interviene nella raccolta, nel controllo, nella lavorazione, nella conservazione e nella distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti possiede qualificazioni appropriate per svolgere tali funzioni e riceve in tempo opportuno una formazione adeguata e periodicamente aggiornata.CAPO IVGESTIONE DELLA QUALITÀArticolo 11Sistema di qualità per i centri ematologici1. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per assicurare che ciascun centro ematologico istituisca e mantenga un sistema di qualità per centri ematologici basati sui principi di buone prassi.2. La Commissione stabilisce le norme e le specifiche comunitarie di cui all'articolo 29, lettera h), per le attività relative al sistema di qualità che devono essere svolte dai centri ematologici.Articolo 12Documentazione1. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per assicurare che i centri ematologici conservino i documenti relativi alle procedure operative e agli orientamenti, i manuali di formazione e di riferimento, nonché i moduli di resoconto.2. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per assicurare che i funzionari incaricati di attuare le ispezioni e le misure di controllo di cui all'articolo 8 abbiano accesso a tali documenti.Articolo 13Tenuta di registri1. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per assicurare che i centri ematologici tengano registri relativi alle informazioni prescritte negli allegati II e IV e a norma dell'articolo 29, lettere b), c) e d). I registri sono conservati per almeno 15 anni.2. Le autorità competenti conservano i registri relativi ai dati ricevuti dai centri ematologici a norma degli articoli 5, 7, 8, 9 e 15.CAPO VEMOVIGILANZAArticolo 14Rintracciabilità del percorso1. Gli Stati membri prendono tutte le misure necessarie per assicurare la rintracciabilità del percorso, dal donatore al ricevente e viceversa, del sangue e dei suoi componenti che sono raccolti, controllati, lavorati, conservati, rilasciati e/o distribuiti sul loro territorio.A tal fine, gli Stati membri assicurano che i centri ematologici istituiscano un sistema di identificazione di ciascuna singola donazione di sangue e di ciascuna unità di sangue e dei suoi componenti in modo da consentire la piena rintracciabilità del donatore nonché della trasfusione e del ricevente. Il sistema deve identificare senza possibilità di errore ciascuna donazione unica e tipo di componente del sangue. Tale sistema è istituito conformemente ai requisiti di cui all'articolo 29, lettera a).Per il sangue e componenti del sangue importati da paesi terzi, gli Stati membri assicurano che il sistema di identificazione dei donatori che deve essere applicato dai centri ematologici consenta un livello equivalente di rintracciabilità del percorso.2. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per assicurare che il sistema usato per l'etichettatura del sangue e dei suoi componenti che sono raccolti, controllati, lavorati, conservati, rilasciati e/o distribuiti sul loro territorio sia conforme al sistema di identificazione di cui al paragrafo 1 e alle norme di etichettatura di cui all'allegato III.3. I dati necessari ai fini della piena rintracciabilità, in conformità del presente articolo, sono conservati per almeno 30 anni.Articolo 15Notifica di incidenti gravi e di reazioni indesiderate gravi1. Gli Stati membri assicurano che:- qualunque incidente grave (evento accidentale o errore) connesso alla raccolta, al controllo, alla lavorazione, alla conservazione e alla distribuzione del sangue e dei suoi componenti che può influire sulla loro qualità e sicurezza, nonché qualunque reazione indesiderata grave osservata durante o dopo la trasfusione che possa avere attinenza con la qualità e la sicurezza del sangue e dei suoi componenti sia notificato alle autorità competenti,- i centri ematologici stabiliscano una procedura accurata, efficace e verificabile intesa a ritirare dalla distribuzione il sangue e i suoi componenti associati alla notifica di cui si è detto.2. Tali incidenti gravi e reazioni indesiderate gravi sono notificati conformemente alla procedura e al formato della notifica di cui all'articolo 29, lettera i).CAPO VIDISPOSIZIONI RELATIVE ALLA QUALITÀ E ALLA SICUREZZA DEL SANGUE E DEI SUOI COMPONENTIArticolo 16Fornitura di informazioni ai futuri donatoriGli Stati membri assicurano che tutti i futuri donatori di sangue o di suoi componenti della Comunità siano informati secondo quanto richiesto dall'articolo 29, lettera b).Articolo 17Informazioni richieste ai donatoriGli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per assicurare che, una volta espressa la volontà di iniziare la donazione di sangue o di suoi componenti, tutti i donatori della Comunità forniscano al centro ematologico le informazioni richieste nell'articolo 29, lettera c).Articolo 18Idoneità dei donatori1. I centri ematologici provvedono affinché sussistano procedimenti di valutazione per tutti i donatori di sangue e di suoi componenti e affinché siano rispettati i criteri per le donazioni richiesti nell'articolo 29, lettera d).2. I risultati della valutazione e del controllo del donatore sono documentati e qualsiasi risultato anomalo pertinente è comunicato al donatore.Articolo 19Esame dei donatoriUn esame del donatore comprendente un colloquio è effettuato prima di ciascuna donazione di sangue o di componente del sangue. Un operatore sanitario qualificato è incaricato, in particolare, di fornire al donatore e di raccogliere da lui le informazioni necessarie per valutare la sua idoneità a donare e, su tale base, stabilisce l'idoneità.Articolo 20Donazione volontaria e gratuita del sangue1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per incoraggiare le donazioni volontarie e gratuite di sangue per assicurare che il sangue e i suoi componenti siano forniti, per quanto possibile, mediante tali donazioni.2. Gli Stati membri presentano relazioni alla Commissione in merito a tali misure due anni dopo l'entrata in vigore della presente direttiva e in seguito ogni tre anni. Sulla base di tali relazioni, la Commissione riferisce al Parlamento europeo e al Consiglio in merito a qualsiasi ulteriore misura necessaria che essa intenda adottare a livello comunitario.Articolo 21Controllo delle donazioniI centri ematologici assicurano che ciascuna donazione di sangue e di suoi componenti sia controllata in conformità dei requisiti elencati nell'allegato IV.Gli Stati membri assicurano che il sangue e i componenti del sangue importati nella Comunità siano controllati in conformità dei requisiti elencati nell'allegato IV.Articolo 22Modalità di conservazione, trasporto e distribuzioneI centri ematologici provvedono affinché le modalità di conservazione, trasporto e distribuzione del sangue e dei suoi componenti siano conformi ai requisiti di cui all'articolo 29, lettera e).Articolo 23Requisiti di qualità e di sicurezza relativi al sangue e ai componenti del sangueI centri ematologici provvedono affinché i requisiti di qualità e di sicurezza relativi al sangue e ai componenti del sangue corrispondano ai parametri elevati richiesti nell'articolo 29, lettera f).CAPO VIIPROTEZIONE DEI DATIArticolo 24Protezione dei dati e riservatezzaGli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per assicurare che tutti i dati, comprese le informazioni di carattere genetico, raccolti a norma della presente direttiva a cui hanno accesso terzi siano resi anonimi, in modo tale che il donatore non sia più identificabile.A tal fine assicurano che:a) siano adottate misure di protezione dei dati e misure di salvaguardia per prevenire aggiunte, soppressioni o modifiche non autorizzate negli archivi riguardanti i donatori o nei registri di donatori esclusi, o trasferimenti di informazioni;b) siano poste in essere procedure volte a risolvere le divergenze tra i dati;c) non avvenga alcuna divulgazione non autorizzata di tali informazioni, garantendo al tempo stesso la rintracciabilità delle donazioni.CAPO VIIISCAMBIO DI INFORMAZIONI, RELAZIONI E SANZIONIArticolo 25Scambio di informazioniLa Commissione svolge periodiche riunioni con le autorità competenti designate dagli Stati membri, con delegazioni di esperti da centri ematologici e con altre parti interessate, al fine di scambiare informazioni sulle esperienze acquisite nell'attuazione delle disposizioni della presente direttiva.Articolo 26Relazioni1. Gli Stati membri presentano alla Commissione, a decorrere dal 31 dicembre 2003 e successivamente ogni tre anni, una relazione sulle attività svolte in riferimento alle disposizioni della presente direttiva, comprendente un rendiconto sulle misure adottate per l'ispezione e il controllo.2. La Commissione trasmette al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni le relazioni presentate dagli Stati membri sulle esperienze acquisite nell'attuazione della presente direttiva.3. La Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni a decorrere dal 1o luglio 2004 e successivamente, ogni tre anni, una relazione sull'attuazione dei requisiti stabiliti dalla direttiva, in particolare quelle relative all'ispezione e al controllo.Articolo 27SanzioniGli Stati membri determinano le norme sulle sanzioni da irrogare in caso di violazione delle disposizioni nazionali di attuazione della presente direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari per la loro applicazione. Le sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano le relative disposizioni alla Commissione al più tardi entro la data di cui all'articolo 32 e provvedono a notificare immediatamente le eventuali successive modificazioni.CAPO IXCOMITATIArticolo 28Procedura di regolamentazione1. La Commissione è assistita da un comitato.2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE, tenendo conto delle disposizioni dell'articolo 8 della stessa.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 29Requisiti tecnici e loro adeguamento al progresso tecnico e scientificoL'adeguamento dei requisiti tecnici fissati negli allegati da I a IV al progresso tecnico e scientifico è stabilito in accordo con la procedura indicata nell'articolo 28, paragrafo 2.I seguenti requisiti tecnici e il loro adeguamento al progresso tecnico e scientifico sono stabiliti in accordo con la procedura indicata nell'articolo 28, paragrafo 2:a) requisiti in materia di rintracciabilità del percorso;b) informazioni da fornire ai donatori;c) informazioni da richiedere ai donatori, comprese l'identificazione, gli antecedenti medici e la firma del donatore;d) requisiti relativi all'idoneità dei donatori di sangue e di plasma e al controllo del sangue donato che comprendono;- criteri di esclusione definitiva ed eventuali deroghe,- criteri di esclusione temporanea;e) requisiti per la conservazione, il trasporto e la distribuzione;f) requisiti di qualità e sicurezza del sangue e dei componenti del sangue;g) requisiti applicabili alle trasfusioni autologhe;h) norme e specifiche comunitarie relative a un sistema di qualità per i centri ematologici;i) procedura comunitaria di notifica di gravi incidenti o reazioni indesiderate gravi e formato della notifica.Articolo 30Consultazione di comitati scientificiQuando stabilisce i requisiti tecnici di cui all'articolo 29 e adegua i requisiti degli allegati da I a IV al progresso scientifico e tecnico, la Commissione può consultare i comitati scientifici competenti, in particolare al fine di assicurare un livello equivalente di qualità e sicurezza del sangue e dei suoi componenti utilizzati per la trasfusione e del sangue e dei suoi componenti utilizzati quali materie prime per la produzione di medicinali.CAPO XDISPOSIZIONI FINALIArticolo 31Modificazione della direttiva 2001/83/CEL'articolo 109 della direttiva 2001/83/CE è sostituito dal seguente:"Articolo 109Alla raccolta e al controllo del sangue e del plasma umani si applica la direttiva 2002/98/CE, del 27 gennaio 2003, del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce norme di qualità e di sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti e che modifica la direttiva 2001/83/CE(17)."Articolo 32Attuazione1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro l'8 febbraio 2005. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che essi hanno adottato o adottano nel settore disciplinato della presente direttiva.Articolo 33Entrata in vigoreLa presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Articolo 34DestinatariGli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 27 gennaio 2003.Per il Parlamento europeoIl PresidenteP. CoxPer il ConsiglioIl PresidenteG. Drys(1) GU C 154 E del 29.5.2001, pag. 141 eGU C 75 E del 26.3.2002, pag 104.(2) GU C 221 del 7.8.2001, pag. 106.(3) GU C 19 del 22.1.2002, pag. 6.(4) Parere del Parlamento europeo del 6 settembre 2001 (GU C 72 E del 21.3.2002, pag. 289), posizione comune del Consiglio del 14 febbraio 2002 (GU C 113 E del 14.5.2002, pag. 93) e decisione del Parlamento europeo del 12 giugno 2002 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale). Decisione del Parlamento europeo del 18 dicembre 2002 e decisione del Consiglio del 16 dicembre 2002.(5) GU L 311 del 28.11.2001, pag. 67.(6) GU C 164 del 30.6.1995, pag. 1.(7) GU C 374 dell'11.12.1996, pag. 1.(8) GU C 268 del 4.10.1993, pag. 29.(9) GU C 329 del 6.12.1993, pag. 268.(10) GU C 249 del 25.9.1995, pag. 231.(11) GU C 141 del 13.5.1996, pag. 131.(12) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31.(13) GU L 203 del 21.7.1998, pag. 14.(14) GU L 184 del 17.7.1999, pag. 23.(15) Direttiva 93/42/CEE del Consiglio del 14 giugno 1993 concernente i dispositivi medici (GU L 169 del 12.7.1993, pag. 1). Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2001/104/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 dicembre 2001 (GU L 6 del 10.1.2002, pag. 50).(16) Direttiva 98/79/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 ottobre 1998, relativa ai dispositivi medico-diagnostici in vitro (GU L 331 del 7.12.1998, pag. 1).(17) GU L 33 dell'8.2.2003, pag. 30.ALLEGATO IINFORMAZIONI CHE IL CENTRO EMATOLOGICO DEVE FORNIRE ALLE AUTORITÀ COMPETENTI PER OTTENERE LA DESIGNAZIONE, L'AUTORIZZAZIONE, L'ACCREDITAMENTO O LA LICENZA AI SENSI DELL'ARTICOLO 5, PARAGRAFO 2Parte A: Informazioni generali:- identificazione del centro ematologico,- nome, qualifica e recapito delle persone responsabili,- elenco delle banche del sangue degli ospedali che esso rifornisce.Parte B: Una descrizione del sistema di qualità contenente le seguenti informazioni:- documentazione, quale un organigramma, che includa le competenze dei responsabili e i relativi rapporti,- documentazione, quale un dossier generale d'impianto ("Site master file") o un manuale di qualità, che descriva il sistema di qualità di cui all'articolo 11, paragrafo 1,- numero di persone impiegate e loro qualifiche,- prescrizioni igieniche,- locali e attrezzature,- elenco delle procedure operative standard riguardanti il reclutamento, il mantenimento e la valutazione dei donatori, la lavorazione e il controllo, la distribuzione e il ritiro del sangue e dei suoi componenti nonché la notifica e la registrazione degli incidenti gravi e delle reazioni indesiderate gravi.ALLEGATO IIRELAZIONE SULLE ATTIVITÀ DEL CENTRO EMATOLOGICO DELL'ANNO PRECEDENTELa relazione annuale contiene le seguenti informazioni:- numero totale di donatori di sangue e componenti del sangue,- numero totale di donazioni,- elenco aggiornato delle banche del sangue degli ospedali che esso rifornisce,- numero totale di donazioni di sangue intero non utilizzate,- numero di ciascun componente prodotto e distribuito,- incidenza e grado di diffusione dei marcatori di infezioni trasmissibili con la trasfusione presso i donatori di sangue e componenti del sangue,- numero di prodotti ritirati,- numero di incidenti e reazioni indesiderate gravi registrato.ALLEGATO IIIREQUISITI IN MATERIA DI ETICHETTATURAL'etichetta del componente deve contenere le seguenti informazioni:- denominazione ufficiale del componente,- volume o peso o numero di cellule presenti nel componente (a seconda dei casi),- identificazione unica, numerica o alfanumerica, della donazione,- nome del centro ematologico produttore,- gruppo ABO (non richiesto per il plasma destinato unicamente al frazionamento),- gruppo Rh (D), con l'indicazione "Rh (D) positivo" o "Rh (D) negativo" (non richiesto per il plasma destinato unicamente al frazionamento),- data o scadenza (a seconda dei casi),- temperatura di conservazione,- denominazione, composizione e volume dell'eventuale anticoagulante e/o dell'eventuale soluzione additiva.ALLEGATO IVREQUISITI FONDAMENTALI RELATIVI AI TEST PRATICATI SULLE DONAZIONI DI SANGUE INTERO E DI PLASMAI seguenti test devono essere effettuati per le donazioni di sangue intero e d'aferesi, comprese le unità di predeposito per autotrasfusione:- Gruppo ABO (non richiesto per il plasma destinato unicamente al frazionamento).- Determinazione del gruppo Rh D (non richiesto per il plasma destinato unicamente al frazionamento).- Test per determinare le seguenti infezioni nel donatore:- Epatite B (HBs-Ag)- Epatite C (Anti-HCV)- HIV 1/2 (Anti-HIV 1/2)Possono essere richiesti test supplementari per componenti o donatori specifici o per situazioni epidemiologiche specifiche. | Sangue umano e suoi componenti — Mantenimento degli standard
SINTESI
Le donazioni di sangue umano e del plasma forniscono la base per un’ampia gamma di terapie essenziali e spesso in grado di salvare vite. Il sangue e i suoi componenti vengono utilizzati anche durante gli interventi chirurgici di routine per prolungare la vita dei pazienti. La loro qualità e la loro sicurezza deve essere garantita per prevenire la trasmissione di infezioni o malattie.
CHE COSA FA LA DIRETTIVA?
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Stabilisce le norme di qualità e sicurezza per il sangue umano e i suoi componenti al fine di assicurare un elevato livello di protezione della salute.
—
Essa riguarda la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue utilizzato per le trasfusioni.
PUNTI CHIAVE
I paesi dell’Unioen europea (UE) devono garantire che:
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il sangue venga raccolto e controllato solo da centri che abbiano ottenuto una designazione, un’autorizzazione, un accreditamento o una licenza, da personale adeguatamente qualificato;
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i centri utilizzino sistemi di qualità, conservino la documentazione necessaria relativa alle procedure e agli orientamenti operativi e vengano sottoposti a ispezioni almeno una volta ogni due anni;
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il sangue e i suoi componenti possano essere rintracciati dal donatore al ricevente e viceversa e i dati vengano conservati per almeno 30 anni;
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tutti gli incidenti gravi derivanti da eventi accidentali o errori vengano segnalati all’autorità competente;
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i futuri donatori di sangue ricevano informazioni adeguate, come ad esempio i dettagli sulla procedura e sulla possibilità di cambiare idea e forniscano dati personali riguardanti ad esempio i propri antecedenti medici;
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vengano prese le misure necessarie per incoraggiare le donazioni di sangue volontarie e gratuite;
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i dati raccolti, comprese le informazioni genetiche, vengano resi anonimi, cosicché non sia possibile identificare il donatore;
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ogni tre anni venga inviata una relazione sulle donazioni di sangue alla Commissione.
I centri ematologici valutano ciascun donatore di sangue, controllano ogni donazione (per verificare se il donatore sia o meno affetto da epatite B o C, ad esempio) e garantiscono una conservazione, un trasporto e una distribuzione adeguati del sangue donato.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
È entrata in vigore l’8 febbraio 2003. I paesi dell’UE dovevano recepirla nelle rispettive legislazioni nazionali entro l’8 febbraio 2005.
CONTESTO
Sangue, tessuti e organi sul sito web della Commissione europea.
ATTO
Direttiva 2002/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 gennaio 2003 che stabilisce norme di qualità e di sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti e che modifica la direttiva 2001/83/CE (GU L 33 dell’8.2.2003, pagg. 30-40)
ATTI COLLEGATI
Direttiva 2004/33/CE della Commissione, del 22 marzo 2004, che applica la direttiva 2002/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a taluni requisiti tecnici del sangue e degli emocomponenti (GU L 91 del 30.3.2004, pagg. 25-39). Le modifiche successive alla direttiva 2004/33/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha unicamente valore documentale.
Direttiva 2005/61/CE della Commissione, del 30 settembre 2005, che applica la direttiva 2002/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le prescrizioni in tema di rintracciabilità e la notifica di effetti indesiderati ed incidenti gravi (GU L 256 dell’1.10.2005, pagg. 32-40)
Direttiva 2005/62/CE della Commissione, del 30 settembre 2005, recante applicazione della direttiva 2002/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le norme e le specifiche comunitarie relative ad un sistema di qualità per i servizi trasfusionali (GU L 256 dell’1.10.2005, pagg. 41-48) | 14,571 | 692 |
21996A0319(02) | false | Accordo quadro interregionale di cooperazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e il Mercato comune, del Sud e i suoi Stati parti, dall'altra - Dichiarazione congiunta sul dialogo politico tra l'Unione europea e il Mercosur
Gazzetta ufficiale n. L 069 del 19/03/1996 pag. 0004 - 0022 L 112 29/04/1999 P. 0066
ACCORDO QUADRO INTERREGIONALE DI COOPERAZIONE tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e il Mercato comune del Sud e i suoi Stati parti, dall'altraIL REGNO DEL BELGIO,IL REGNO DI DANIMARCA,LA REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA,LA REPUBBLICA ELLENICA,IL REGNO DI SPAGNA,LA REPUBBLICA FRANCESE,L'IRLANDA,LA REPUBBLICA ITALIANA,IL GRANDUCATO DI LUSSEMBURGO,IL REGNO DEI PAESI BASSI,LA REPUBBLICA D'AUSTRIA,LA REPUBBLICA PORTOGHESE,LA REPUBBLICA DI FINLANDIA,IL REGNO DI SVEZIA,IL REGNO UNITO DI GRAN BRETAGNA E IRLANDA DEL NORD,parti del trattato che istituisce la Comunità europea e del trattato sull'Unione europea, in appresso denominati «Stati membri della Comunità europea»,LA COMUNITÀ EUROPEA,in appresso denominata «Comunità»,da una parte, eLA REPUBBLICA ARGENTINA,LA REPUBBLICA FEDERATIVA DEL BRASILE,LA REPUBBLICA DEL PARAGUAY,LA REPUBBLICA ORIENTALE DELL'URUGUAY,parti del trattato di Asunción che istituisce il Mercato comune del Sud e del protocollo aggiuntivo di Ouro Preto, in appresso denominate «Stati parti del Mercosur», eIL MERCATO COMUNE DEL SUD,in appresso denominato «Mercosur»,dall'altra,CONSIDERANDO i profondi legami storici, culturali, politici ed economici che li uniscono, e ispirandosi ai valori comuni ai loro popoli;CONSIDERANDO la loro piena adesione agli obiettivi e ai principi della Carta delle Nazioni Unite, ai valori democratici, allo Stato di diritto nonché al rispetto e alla promozione dei diritti umani;CONSIDERANDO l'importanza che entrambe le parti attribuiscono ai principi e ai valori contenuti nella dichiarazione finale della conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente e sullo sviluppo, svoltasi a Rio de Janeiro nel giugno 1992, nonché nella dichiarazione finale del Vertice sociale tenutosi a Copenaghen nel marzo 1995;TENENDO PRESENTE che entrambe le parti considerano i processi di integrazione regionale strumenti di sviluppo economico e sociale che agevolano l'inserimento internazionale delle loro economie, favoriscono il ravvicinamento tra i popoli e contribuiscono ad una maggiore stabilità mondiale;RIBADENDO la loro intenzione di mantenere e rafforzare le regole di un commercio internazionale libero in base alle norme dell'Organizzazione mondiale del commercio e sottolineando, in particolare, l'importanza di un regionalismo aperto;CONSIDERANDO che la Comunità e il Mercosur hanno acquisito un'esperienza specifica in materia di integrazione regionale di cui potranno avvalersi reciprocamente, a seconda delle proprie esigenze, nel rafforzare le loro relazioni;TENENDO CONTO delle relazioni di cooperazione instaurate dagli accordi bilaterali tra gli Stati delle rispettive regioni, nonché dagli accordi quadro di cooperazione conclusi bilateralmente dagli Stati parti del Mercosur con la Comunità europea;TENENDO PRESENTI i risultati ottenuti grazie all'accordo di cooperazione interistituzionale concluso il 29 maggio 1992 tra il Consiglio del Mercato comune del Sud e la Commissione delle Comunità europee e sottolineando la necessità di portare avanti le azioni avviate nel suo ambito;CONSIDERANDO la volontà politica di entrambe le parti di prefiggersi come obiettivo finale un'associazione interregionale di natura politica ed economica basata su una cooperazione politica più intensa, su una liberalizzazione progressiva e reciproca di tutti gli scambi commerciali, tenendo conto della sensibilità di alcuni prodotti e delle norme dell'Organizzazione mondiale del commercio, e basata, infine, sulla promozione degli investimenti e sull'approfondimento della cooperazione;TENENDO CONTO della dichiarazione solenne congiunta, in cui le parti si propongono di concludere un accordo quadro interregionale che comprenda la cooperazione economica e commerciale e la preparazione della liberalizzazione progressiva e reciproca degli scambi commerciali tra le due regioni, in previsione del negoziato di un accordo di associazione interregionale tra di esse,HANNO DECISO di concludere il presente accordo e a tal fine hanno designato come plenipotenziari:IL REGNO DEL BELGIO:Erik DERYCKE,Ministro degli Affari esteri,IL REGNO DI DANIMARCA:Niels HELVEG PETERSEN,Ministro degli Affari esteri,LA REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA:Klaus KINKEL,Ministro federale degli Affari esteri e Vicecancelliere,LA REPUBBLICA ELLENICA:Karolos PAPOULIAS,Ministro degli Affari esteri,IL REGNO DI SPAGNA:Javier SOLANA MADARIAGA,Ministro degli Affari esteri,LA REPUBBLICA FRANCESE:Hervé de CHARETTE,Ministro degli Affari esteri,L'IRLANDA:Dick SPRING,Ministro degli Affari esteri,LA REPUBBLICA ITALIANA:Susanna AGNELLI,Ministro degli Affari esteri,IL GRANDUCATO DI LUSSEMBURGO:Jacques F. POOS,Ministro degli Affari esteri,IL REGNO DEI PAESI BASSI:Hans van MIERLO,Ministro degli Affari esteri,LA REPUBBLICA D'AUSTRIA:Wolfgang SCHÜSSEL,Ministro federale degli Affari esteri e Vicecancelliere,LA REPUBBLICA PORTOGHESE:Jaime GAMA,Ministro degli Affari esteri,LA REPUBBLICA DI FINLANDIA:Tarja HALONEN,Ministro degli Affari esteri,IL REGNO DI SVEZIA:Mats HELLSTRÖM,Ministro degli Affari europei e del Commercio con l'estero,IL REGNO UNITO DI GRAN BRETAGNA E IRLANDA DEL NORD:Malcolm RIFKIND,Segretario di Stato per gli Affari esteri e del Commonwealth,LA COMUNITÀ EUROPEA:Javier SOLANA MADARIAGA,Ministro degli Affari esteri,Presidente in esercizio del Consiglio dell'Unione europea,Manuel MARÍN,Vicepresidente della Commissione delle Comunità europee,LA REPUBBLICA ARGENTINA:Guido di TELLA,Ministro degli Affari esteri,LA REPUBBLICA FEDERATIVA DEL BRASILE:Luiz Felipe Palmeira LAMPREIA,Ministro degli Affari esteri,LA REPUBBLICA DEL PARAGUAY:Luis María Ramírez BOETTENER,Ministro degli Affari esteri,LA REPUBBLICA ORIENTALE DELL'URUGUAY:Alvaro Ramos TRIGO,Ministro degli Affari esteri,IL MERCATO COMUNE DEL SUD:Alvaro Ramos TRIGO,Ministro degli Affari esteri,Presidente in esercizio del Mercato comune del Sud,I QUALI, dopo aver scambiato i loro pieni poteri, riconosciuti in buona e debita forma,HANNO CONVENUTO QUANTO SEGUE:TITOLO I OBIETTIVI, PRINCIPI E CAMPO DI APPLICAZIONE Articolo 1Fondamenti della cooperazione Il rispetto dei principi democratici e dei diritti fondamentali dell'uomo, definiti nella Dichiarazione universale sui diritti dell'uomo, è alla base delle politiche interna ed estera delle parti e costituisce un elemento essenziale del presente accordo.Articolo 2Obiettivi e campo di applicazione 1. Il presente accordo si prefigge di consolidare le relazioni esistenti fra le parti e di preparare la creazione di un'associazione interregionale.2. Per il conseguimento di tali obiettivi, si sono inclusi nel presente accordo i settori del commercio, dell'economia e della cooperazione ai fini dell'integrazione, nonché altri settori di comune interesse, onde intensificare le relazioni tra le parti e le loro rispettive istituzioni.Articolo 3Dialogo politico 1. Le parti avviano un regolare dialogo politico per accompagnare e consolidare il ravvicinamento tra l'Unione europea e il Mercosur. Il dialogo si svolge sulla base della dichiarazione congiunta allegata all'accordo.2. Il dialogo ministeriale previsto dalla dichiarazione congiunta si svolge in seno al consiglio di cooperazione istituito dall'articolo 25 del presente accordo oppure in altre sedi dello stesso livello concordate tra le parti.TITOLO II SETTORE COMMERCIALE Articolo 4Obiettivi Le parti si impegnano ad intensificare le loro relazioni per favorire lo sviluppo e la diversificazione dei loro scambi commerciali, preparare la futura liberalizzazione progressiva e reciproca degli stessi e creare condizioni propizie all'istituzione dell'associazione interregionale, tenendo conto del carattere sensibile di alcuni prodotti, in base alle norme dell'OMC.Articolo 5Dialogo economico e commerciale 1. Le parti determinano di comune accordo i settori di cooperazione commerciale senza escluderne nessuno.2. A tal fine, le parti si impegnano a mantenere un regolare dialogo economico e commerciale nel quadro istituzionale previsto dal titolo VIII del presente accordo.3. La cooperazione comprende, in particolare, i settori seguenti:a) accesso al mercato, liberalizzazione degli scambi (ostacoli tariffari e non tariffari) e discipline commerciali quali le pratiche che limitano la concorrenza, le norme di origine, le salvaguardie e i regimi doganali speciali, ecc.;b) relazioni commerciali tra le parti e i paesi terzi;c) compatibilità della liberalizzazione commerciale con le norme GATT/OMC;d) individuazione dei prodotti sensibili e dei prodotti prioritari per le parti;e) cooperazione e scambi di informazioni in materia di servizi, nell'ambito delle rispettive competenze.Articolo 6Cooperazione in materia di norme agroalimentari e industriali e di riconoscimento della conformità 1. Le parti convengono di cooperare per promuovere il ravvicinamento delle rispettive politiche per quanto riguarda la qualità dei prodotti agroalimentari e industriali e il riconoscimento della conformità, compatibilmente con i criteri internazionali.2. Le parti vagliano, nell'ambito delle rispettive competenze, la possibilità di avviare negoziati per concludere accordi di reciproco riconoscimento.3. La cooperazione consiste principalmente nel promuovere tutte le azioni volte a migliorare la qualità dei prodotti e delle imprese delle parti.Articolo 7Cooperazione nel settore doganale 1. Le parti promuovono la cooperazione doganale per migliorare e consolidare il quadro giuridico delle loro relazioni commerciali.La cooperazione doganale può mirare altresì a potenziare le strutture doganali delle parti e a migliorarne il funzionamento nell'ambito della cooperazione interistituzionale.2. La cooperazione doganale può comprendere, tra l'altro:a) scambi di informazioni;b) sviluppo di nuove tecniche di formazione e coordinamento degli interventi delle organizzazioni internazionali competenti in materia;c) scambi di funzionari e di alti dirigenti delle amministrazioni doganali e fiscali;d) semplificazione delle procedure doganali;e) assistenza tecnica.3. Le parti si dichiarano interessate a prendere in considerazione in futuro, nel contesto istituzionale previsto dal presente accordo, la conclusione di un protocollo di cooperazione doganale.Articolo 8Cooperazione in materia di statistiche Le parti convengono di promuovere il ravvicinamento dei loro metodi nel settore statistico per poter utilizzare, in base a criteri riconosciuti da entrambe, i dati statistici relativi agli scambi di beni e di servizi nonché, in generale, a tutti i settori che possono prestarsi a un trattamento statistico.Articolo 9Cooperazione in materia di proprietà intellettuale 1. Le parti decidono di cooperare in materia di proprietà intellettuale onde promuovere gli investimenti, il trasferimento di tecnologie, gli scambi commerciali e tutte le attività economiche connesse, nonché prevenire le distorsioni.2. Compatibilmente con le rispettive legislazioni, normative e politiche e in conformità con gli impegni assunti a norma dell'accordo TRIPS, le parti garantiscono una tutela adeguata ed effettiva dei diritti di proprietà intellettuale, che convengono di rafforzare all'occorrenza.3. Ai fini del paragrafo precedente, la proprietà intellettuale comprende, fra l'altro, i diritti d'autore e i diritti connessi, i marchi di fabbrica o commerciali, le indicazioni geografiche e le denominazioni d'origine, i disegni e i modelli industriali, i brevetti e le topografie dei circuiti integrati.TITOLO III COOPERAZIONE ECONOMICA Articolo 10Obiettivi e principi 1. Tenendo conto del reciproco interesse e dei rispettivi obiettivi economici a medio e a lungo termine, le parti promuovono una cooperazione economica volta a sviluppare le loro economie, a migliorare la loro competitività internazionale, a favorire lo sviluppo tecnologico e scientifico, a innalzare i rispettivi tenori di vita, a creare posti di lavoro e a migliorarne la qualità nonché a diversificare e a rinsaldare i loro vincoli economici.2. Le parti promuovono il trasferimento a livello regionale di tutte le azioni di cooperazione che, per il campo di applicazione e le economie di scala realizzate, consentono un uso più razionale ed efficace dei mezzi disponibili, nonché un'applicazione ottimale dei risultati previsti.3. La cooperazione economica fra le parti si svolge su basi per quanto possibile ampie, senza escludere a priori nessun settore e tenendo conto delle rispettive priorità, dell'interesse comune e delle competenze specifiche.4. In considerazione di quanto precede, le parti cooperano in tutti i settori che promuovano la creazione di legami e reti economici e sociali fra di esse e al ravvicinamento delle loro economie, nonché nei settori che comportano un trasferimento di conoscenze specifiche in materia di integrazione regionale.5. Nell'ambito di questa cooperazione, le parti favoriscono gli scambi di informazioni sui rispettivi indicatori macroeconomici.6. Le parti tengono conto della necessità di tutelare l'ambiente e gli equilibri ecologici in tutte le azioni di cooperazione intraprese.7. Lo sviluppo sociale, e in particolare la promozione dei diritti sociali fondamentali, è alla base di tutte le azioni e misure intraprese dalle parti in questo campo.Articolo 11Cooperazione tra imprese 1. Le parti promuovono la cooperazione tra imprese al fine di creare un contesto favorevole allo sviluppo economico, che tenga conto dei loro reciproci interessi.2. La cooperazione mira in particolare a:a) incrementare gli scambi commerciali, gli investimenti, i progetti di cooperazione industriale e i trasferimenti di tecnologia;b) favorire la modernizzazione e la diversificazione dell'industria;c) individuare ed eliminare gli ostacoli alla cooperazione industriale tra le parti mediante misure che favoriscano il rispetto delle regole di concorrenza e il loro adeguamento alle esigenze del mercato, tenendo conto della partecipazione degli operatori e della concertazione fra di essi;d) incentivare la cooperazione tra operatori economici di entrambe le parti, segnatamente le piccole e medie imprese;e) favorire l'innovazione industriale sviluppando un'impostazione integrata e decentrata della cooperazione tra gli operatori delle due regioni;f) mantenere la coerenza di tutte le azioni in grado di influire positivamente sulla cooperazione tra le imprese delle due regioni.3. La cooperazione si attua principalmente attraverso le seguenti azioni:a) intensificazione dei contatti tra operatori e reti di entrambe le parti attraverso conferenze, seminari tecnici, missioni di prospezione, partecipazione a fiere generali e settoriali e incontri fra dirigenti d'azienda;b) opportune iniziative a sostegno della cooperazione tra piccole e medie imprese quali la promozione delle joint venture, la creazione di reti d'informazione, la moltiplicazione degli uffici commerciali, il trasferimento di esperienze e conoscenze specifiche, il subappalto, la ricerca applicata, le licenze e franchigie, ecc;c) promozione di azioni volte a rafforzare la cooperazione tra operatori economici del Mercosur e associazioni europee onde avviare un dialogo tra le reti;d) formazione, promozione delle reti e sostegno alla ricerca.Articolo 12Promozione degli investimenti 1. Le parti si sforzano di creare, nell'ambito delle rispettive competenze, un contesto stabile e favorevole allo sviluppo degli investimenti reciprocamente vantaggiosi.2. La cooperazione in questo settore si attua, tra l'altro, attraverso le azioni seguenti:a) organizzazione sistematica di scambi di informazioni, nonché individuazione e divulgazione delle normative e delle possibilità d'investimento;b) creazione di un quadro giuridico favorevole agli investimenti tra le parti, segnatamente attraverso la conclusione, tra gli Stati membri della Comunità e degli Stati parti del Mercosur, di accordi bilaterali volti a promuovere e tutelare gli investimenti e ad evitare la doppia imposizione;c) promozione delle joint venture, soprattutto tra piccole e medie imprese.Articolo 13Cooperazione nel settore dell'energia 1. La cooperazione tra le parti mira a favorire il ravvicinamento delle loro economie nei settori energetici, ponendo l'accento sull'uso razionale dell'energia nel rispetto dei criteri ambientali.2. La cooperazione energetica si concretizza essenzialmente nelle azioni seguenti:a) scambi di informazioni, in tutte le forme appropriate, segnatamente mediante l'organizzazione di riunioni congiunte;b) trasferimenti di tecnologia;c) partecipazione di operatori economici di entrambe le parti a progetti comuni di sviluppo tecnologico o infrastrutturali;d) programmi di formazione tecnica;e) dialogo sulle politiche energetiche nell'ambito delle rispettive competenze.3. Se del caso, le parti potranno concludere accordi specifici di interesse comune.Articolo 14Cooperazione in materia di trasporti 1. La cooperazione tra le parti in materia di trasporti mira a sostenere la ristrutturazione e la modernizzazione dei sistemi di trasporto nonché a cercare soluzioni reciprocamente soddisfacenti per la circolazione di merci e persone, in tutti i modi di trasporto.2. La cooperazione avviene principalmente attraverso:a) scambi di informazioni sulle rispettive politiche in materia di trasporti, nonché su altri temi di reciproco interesse;b) programmi di formazione destinati agli operatori del settore dei trasporti.3. Nell'ambito del dialogo economico e commerciale di cui all'articolo 5 e in previsione dell'associazione interregionale, le parti prestano attenzione a tutti gli aspetti relativi ai servizi internazionali di trasporto, per evitare che ostacolino l'espansione dei loro scambi.Articolo 15Cooperazione in materia di scienza e tecnologia 1. Le parti decidono di cooperare nel settore scientifico e tecnologico onde instaurare relazioni di lavoro durature tra le rispettive comunità scientifiche e scambiare informazioni ed esperienze regionali in materia di scienza e tecnologia.2. La cooperazione scientifica e tecnologica tra le parti comprende principalmente:a) progetti congiunti di ricerca nei settori di interesse comune;b) scambi di scienziati per incentivare la ricerca comune, la preparazione di progetti e la formazione ad alto livello;c) riunioni scientifiche congiunte volte a scambiare informazioni, a promuovere le interazioni e a facilitare l'individuazione dei settori comuni di ricerca;d) divulgazione dei risultati e rafforzamento dei contatti tra settori pubblico e privato.3. Alla cooperazione sono associati gli istituti di istruzione superiore di entrambe le parti, i centri di ricerca e i settori produttivi, segnatamente le piccole e medie imprese.4. Le parti decidono di comune accordo la portata, la natura e le priorità di questa cooperazione nel quadro di un programma pluriennale che potrà essere adeguato a seconda delle circostanze.Articolo 16Cooperazione in materia di telecomunicazioni e di tecnologie dell'informazione 1. Le parti decidono di avviare una cooperazione nel settore delle telecomunicazioni e delle tecnologie dell'informazione onde favorire il loro sviluppo economico e sociale, promuovere la società dell'informazione e agevolare la modernizzazione della società.2. Le azioni di cooperazione previste tendono in particolare a:a) facilitare l'avvio di un dialogo sui diversi aspetti della società dell'informazione e promuovere gli scambi di informazioni sulla normalizzazione, sulle prove di conformità e sulla certificazione in materia di tecnologie dell'informazione e di telecomunicazioni;b) diffondere le nuove tecnologie dell'informazione e delle telecomunicazioni, segnatamente per quanto riguarda le reti digitali di servizi integrati, la trasmissione di dati e la creazione di nuovi servizi di comunicazione e di tecnologie dell'informazione;c) favorire l'avvio di progetti congiunti di ricerca e di sviluppo tecnologico e industriale nel settore delle nuove tecnologie di comunicazione, della telematica e della società dell'informazione.Articolo 17Cooperazione in materia di tutela dell'ambiente 1. Ai fini di uno sviluppo sostenibile, le parti si accertano che nei diversi settori della cooperazione interregionale si tenga conto della necessità di tutelare l'ambiente e di utilizzare in modo razionale le risorse naturali.2. Le parti decidono di rivolgere particolare attenzione alle misure riguardanti la dimensione mondiale dei problemi ambientali.3. La cooperazione può comprendere in particolare le azioni seguenti:a) scambi di informazioni e di esperienze, anche in materia di regolamentazioni e di norme;b) formazione e educazione ambientale;c) assistenza tecnica, attuazione di progetti comuni di ricerca e, se del caso, assistenza istituzionale.TITOLO IV RAFFORZAMENTO DELL'INTEGRAZIONE Articolo 18Obiettivi e settori di applicazione 1. La cooperazione fra le parti mira a favorire il conseguimento degli obiettivi del processo di integrazione del Mercosur e comprende tutti i settori in cui si applica il presente accordo.2. A tal fine, le attività di cooperazione vengono considerate conformi alle richieste specifiche del Mercosur.3. La cooperazione deve assumere tutte le forme ritenute opportune, in particolare:a) scambi di informazioni in tutte le forme appropriate, compresa la creazione di reti informatiche;b) formazione e sostegno istituzionale;c) studi e attuazione di progetti congiunti;d) assistenza tecnica.4. Le parti collaborano per sfruttare in modo ottimale le loro risorse in materia di raccolta, analisi, pubblicazione e diffusione delle informazioni, fatte salve le disposizioni eventualmente necessarie per tutelare il carattere riservato di alcune di queste informazioni. Analogamente, esse convengono di tutelare i dati personali in tutti i settori in cui sono previsti scambi di informazioni tramite reti informatiche.TITOLO V COOPERAZIONE INTERISTITUZIONALE Articolo 19Obiettivi e settori 1. Le parti rafforzano la cooperazione tra le rispettive istituzioni, soprattutto mediante contatti regolari fra di esse.2. La cooperazione, che si svolge su basi per quanto possibile ampie, si avvale in particolare:a) di tutti i mezzi atti a favorire scambi regolari di informazioni, anche mediante la creazione congiunta di reti informatiche di comunicazione;b) di trasferimenti di esperienze;c) di consulenze e formazione.TITOLO VI ALTRI SETTORI DI COOPERAZIONE Articolo 20Cooperazione in materia di istruzione e formazione 1. Nei limiti delle rispettive competenze, le parti definiscono i mezzi necessari per migliorare l'istruzione in materia di integrazione regionale, sia a livello di giovani e di formazione professionale che nel quadro della cooperazione fra università e imprese.2. Le parti privilegiano le azioni volte a instaurare contatti fra i rispettivi organismi specializzati nonché a facilitare l'uso delle risorse tecniche e gli scambi di esperienze.3. Le parti promuovono la conclusione di accordi tra centri di formazione e l'organizzazione di incontri tra gli organismi responsabili dell'insegnamento e della formazione in materia di integrazione regionale.Articolo 21Cooperazione in materia di comunicazione, informazione e cultura 1. Nell'ambito delle rispettive competenze e al fine di favorire la conoscenza delle loro realtà politiche, economiche e sociali, le parti convengono di rafforzare i loro legami culturali e di illustrare con maggiore chiarezza la natura, gli obiettivi e la portata dei rispettivi processi d'integrazione, onde agevolarne la comprensione da parte dei cittadini.Analogamente, le parti decidono di intensificare gli scambi di informazioni sulle questioni di reciproco interesse.2. La cooperazione in questo settore è volta a promuovere i contatti tra mezzi di comunicazione e di informazione di entrambe le parti, anche attraverso azioni di assistenza tecnica.Possono essere previste anche attività culturali qualora ciò sia giustificato dalla natura regionale.Articolo 22Cooperazione in materia di lotta contro il narcotraffico 1. Nell'ambito delle rispettive competenze, le parti coordinano e intensificano i loro sforzi nella lotta contro il narcotraffico e le sue molteplici conseguenze, anche a livello finanziario.2. La cooperazione prevede consultazioni più frequenti e un maggior coordinamento tra le parti a livello regionale, eventualmente tra le istituzioni regionali competenti.Articolo 23Clausola evolutiva 1. Le parti possono ampliare, di concerto, il presente accordo onde approfondire la cooperazione e completarla, in base alle rispettive legislazioni, mediante la conclusione di accordi su settori o attività specifici.2. Per quanto riguarda l'applicazione del presente accordo, ciascuna delle parti può formulare proposte volte ad ampliare il campo della mutua cooperazione tenendo conto dell'esperienza acquisita durante la sua esecuzione.TITOLO VII STRUMENTI DELLA COOPERAZIONE Articolo 241. Per facilitare il conseguimento degli obiettivi della cooperazione prevista dal presente accordo, le parti si impegnano a mettere a disposizione mezzi adeguati, anche finanziari, a seconda delle disponibilità e dei rispettivi meccanismi.2. In funzione dei risultati ottenuti, le parti invitano la Banca europea per gli investimenti a intensificare i suoi interventi nel Mercosur, secondo le sue procedure e i suoi criteri di finanziamento.3. Le disposizioni del presente accordo non pregiudicano le cooperazioni bilaterali avviate a norma degli accordi di cooperazione esistenti.TITOLO VIII QUADRO ISTITUZIONALE Articolo 251. È istituito un consiglio di cooperazione incaricato di vigilare l'applicazione del presente accordo. Il consiglio di cooperazione si riunisce a livello ministeriale a scadenze periodiche, e ogniqualvolta lo richiedano le circostanze.2. Il consiglio di cooperazione esamina i problemi di rilievo inerenti all'applicazione dell'accordo, nonché le altre questioni bilaterali o internazionali di comune interesse, onde raggiungere gli obiettivi fissati.3. Il consiglio di cooperazione può inoltre presentare proposte appropriate, previo accordo tra le parti. Esso provvede, fra l'altro, a formulare raccomandazioni che constribuiscano a realizzare, a termine, l'obiettivo dell'associazione interregionale.Articolo 261. Il consiglio di cooperazione è composto, da un lato, da membri del Consiglio dell'Unione europea e della Commissione europea e, dall'altro, da membri del Consiglio del Mercato comune del Mercosur e del Gruppo Mercato comune del Mercosur.2. Il consiglio di cooperazione adotta il proprio regolamento interno.3. Il consiglio di cooperazione è presieduto a turno da un rappresentante della Comunità e da un rappresentante del Mercosur.Articolo 271. Nell'esercizio delle sue funzioni, il consiglio di cooperazione è assistito da una commissione mista, che è composta da membri del Consiglio dell'Unione europea e da membri della Commissione europea e da rappresentanti del Mercosur.2. Di norma, la commissione mista si riunisce una volta all'anno, alternativamente a Bruxelles e in uno degli Stati membri del Mercosur. La data e l'ordine del giorno delle riunioni vengono fissati di comune accordo. Possono essere indette riunioni straordinarie previo consenso tra le parti. La commissione mista è presieduta a turno da un rappresentante di ciascuna parte.3. Il consiglio di cooperazione adotta il proprio regolamento interno e determina le modalità di funzionamento della commissione mista.4. Il consiglio di cooperazione può delegare, integralmente o parzialmente, le sue competenze alla commissione mista, che garantisce la continuità fra le riunioni del consiglio di cooperazione.5. La commissione mista assiste il consiglio di cooperazione nell'esercizio delle sue funzioni, e provvede in particolare a:a) favorire le relazioni commerciali, in linea con gli obiettivi del presente accordo, in particolare le disposizioni del titolo II;b) scambiare opinioni su tutte le questioni di interesse comune relative alla liberalizzazione commerciale e alle cooperazione, compresi i futuri programmi di cooperazione e i mezzi di esecuzione disponibili;c) presentare proposte al consiglio di cooperazione per agevolare la preparazione della liberalizzazione commerciale e l'intensificazione della cooperazione, tenendo conto altresì del necessario coordinamento delle azioni previste;d) in generale, presentare al consiglio di cooperazione proposte che contribuiscano al conseguimento dell'obiettivo finale, che è quello dell'associazione interregionale UE-Mercosur.Articolo 28Il consiglio di cooperazione può decidere di creare tutti gli organi necessari per assisterlo nello svolgimento dei suoi compiti. Esso determina la composizione, gli obiettivi e il funzionamento di tali organi.Articolo 291. A norma dell'articolo 5 del presente accordo, le parti istituiscono una sottocommissione commerciale che garantisce il conseguimento degli obiettivi commerciali previsti dal presente accordo e prepara i lavori per la futura liberalizzazione degli scambi.2. La sottocommissione commerciale mista è composta da membri del Consiglio dell'Unione europea, da membri della Commissione europea e da rappresentanti del Mercosur.Essa può richiedere l'esecuzione di tutti gli studi e di tutte le analisi tecniche che ritiene necessari.3. La sottocommissione commerciale mista presenta una volta all'anno alla commissione mista di cooperazione di cui all'articolo 27 del presente accordo una relazione sullo svolgimento dei suoi lavori, formulando proposte finalizzate alla futura liberalizzazione degli scambi commerciali.4. La sottocommissione commerciale mista sottopone, per approvazione, alla commissione mista il suo regolamento di funzionamento interno.Articolo 30Clausola di consultazione Nell'ambito delle rispettive competenze, le parti si impegnano a consultarsi su tutti i temi contemplati dal presente accordo.La procedura per le consultazioni di cui al comma precedente è stabilita nel regolamento di funzionamento della commissione mista.TITOLO IX DISPOSIZIONI FINALI Articolo 31Altri accordi Fatte salve le disposizioni dei trattati che istituiscono la Comunità europea e il Mercosur, il presente accordo e tutte le misure attuate in base ad esso lasciano impregiudicata la facoltà, per gli Stati membri della Comunità europea e del Mercosur, di avviare azioni bilaterali nell'ambito delle rispettive competenze e di concludere, eventualmente, nuovi accordi.Articolo 32Definizione delle parti Ai fini del presente accordo, per «parti» si intendono, da un lato, la Comunità o i suoi Stati membri oppure la Comunità e i suoi Stati membri, in base alle rispettive competenze definite dal trattato che istituisce la Comunità europea, e, dall'altro, il Mercosur o i suoi Stati membri, a norma del trattato che istituisce il Mercato comune del Sud.Articolo 33Applicazione territoriale Il presente accordo si applica, da un lato, ai territori in cui si applica il trattato che istituisce la Comunità europea, alle condizioni precisate in detto trattato, e, dall'altro, ai territori in cui si applica il trattato che istituisce il Mercato comune del Sud, alle condizioni precisate in detto trattato e nei protocolli aggiuntivi.Articolo 34Durata e entrata in vigore 1. Il presente accordo è concluso per un periodo illimitato.2. Secondo le rispettive procedure e in funzione dei lavori e delle proposte elaborate nel quadro istituzionale del presente accordo, le parti stabiliscono l'opportunità, il momento e le condizioni per l'avvio dei negoziati diretti alla creazione dell'associazione interregionale.3. Il presente accordo entra in vigore il primo giorno del mese successivo alla data in cui le parti si saranno notificate l'avvenuto espletamento delle procedure necessarie.4. Dette notifiche sono destinate al Consiglio dell'Unione europea e al Gruppo Mercato comune del Mercosur.5. I depositari del presente accordo sono, per la Comunità, il segretario generale del Consiglio e, per il Mercosur, il governo della Repubblica del Paraguay.Articolo 35Adempimento degli obblighi 1. Le parti adottano tutti i provvedimenti generali o specifici necessari per l'adempimento degli obblighi previsti dal presente accordo. Esse si adoperano per la realizzazione degli obiettivi fissati nell'accordo.Qualora una delle parti ritenga che l'altra parte non abbia ottemperato ad un obbligo previsto dall'accordo, può adottare le misure appropriate. Prima di procedere, fatta eccezione per i casi particolarmente urgenti, essa fornisce alla commissione mista tutte le informazioni pertinenti necessarie per un esame approfondito della situazione, onde trovare una soluzione accettabile per le parti.Nella scelta delle misure, si privilegiano quelle meno lesive per il funzionamento dell'accordo. Le misure decise sono comunicate senza indugio alla commissione mista e, qualora l'altra parte ne faccia richiesta, sono oggetto di consultazioni in seno a detto organo.2. Le parti convengono che per «casi particolarmente urgenti», a norma del paragrafo 1 del presente articolo, si intendono le violazioni di una clausola sostanziale dell'accordo ad opera di una di esse. La violazione di una clausola sostanziale dell'accordo consiste:a) in una denuncia dell'accordo non sancita dalle norme generali del diritto internazionale, oppureb) nell'inosservanza degli elementi fondamentali dell'accordo di cui all'articolo 1.3. Le parti convengono che per «misure del caso», a norma del presente articolo, si intendono le misure prese a norma del diritto internazionale. Se una parte prende una misura in un caso particolarmente urgente a norma del presente articolo, l'altra parte può chiedere che sia indetta entro quindici giorni una riunione in merito.Articolo 36Testi facenti fede Il presente accordo è redatto in due esemplari in lingua danese, finnica, francese, greca, inglese, italiana, olandese, portoghese, spagnola, svedese e tedesca, ciascun testo facente ugualmente fede.Articolo 37Firma Il presente accordo sarà aperto alla firma a Madrid tra il 15 e il 31 dicembre 1995.Hecho en Madrid, el quince de diciembre de mil novecientos noventa y cinco.Udfærdiget i Madrid, den femtende december nitten hundrede og femoghalvfems.Geschehen zu Madrid am fünfzehnten Dezember neunzehnhundertfünfundneunzig.¸ãéíå óôç Ìáäñßôç, óôéò äÝêá ðÝíôå Äåêåìâñßïõ ÷ßëéá åííéáêüóéá åíåíÞíôá ðÝíôå.Done at Madrid on the fifteenth day of December in the year one thousand nine hundred and ninety-five.Fait à Madrid, le quinze décembre mil neuf cent quatre-vingt-quinze.Fatto a Madrid, addì quindici dicembre millenovecentonovantacinque.Gedaan te Madrid, de vijftiende december negentienhonderd vijfennegentig.Feito em Madrid, em quinze de Dezembro de mil novecentos e noventa e cinco.Tehty Madridissa viidentenätoista päivänä joulukuuta vuonna tuhatyhdeksänsataayhdeksänkymmentäviisi.Som skedde i Madrid den femtonde december nittonhundranittiofem.Pour le Royaume de BelgiqueVoor het Koninkrijk BelgiëFür das Königreich Belgien>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>Cette signature engage également la Communauté française, la Communauté flamande, la Communauté germanophone, la Région wallonne, la Région flamande et la Région de Bruxelles-Capitale.Deze handtekening verbindt eveneens de Vlaamse Gemeenschap, de Franse Gemeenschap, de Duitstalige Gemeenschap, het Vlaamse Gewest, het Waalse Gewest en het Brusselse Hoofdstedelijke Gewest.Diese Unterschrift verbindet zugleich die Deutschsprachige Gemeinschaft, die Flämische Gemeinschaft, die Französische Gemeinschaft, die Wallonische Region, die Flämische Region und die Region Brüssel-Hauptstadt.På Kongeriget Danmarks vegne>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>Für die Bundesrepublik Deutschland>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>Ãéá ôçí ÅëëçíéêÞ Äçìïêñáôßá>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>Por el Reino de España>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>Pour la République française>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>Thar ceann na hÉireannFor Ireland>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>Per la Repubblica italiana>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>Pour le Grand-Duché de Luxembourg>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>Voor het Koninkrijk der Nederlanden>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>Für die Republik Österreich>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>Pela República Portuguesa>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>Suomen tasavallan puolesta>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>För Konungariket Sverige>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>For the United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>Por la Comunidad EuropeaFor Det Europæiske FællesskabFür die Europäische GemeinschaftÃéá ôçí ÅõñùðáúêÞ ÊïéíüôçôáFor the European CommunityPour la Communauté européennePer la Comunità europeaVoor de Europese GemeenschapPela Comunidade EuropeiaEuroopan yhteisön puolestaFör Europeiska gemenskapen>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>Por la República Argentina>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>Pela República Federativa do BrasilPor la República del Paraguay>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>Por la República Oriental del Uruguay>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>Por el Mercado Común del SurPelo Mercado Comum do Sul>RIFERIMENTO A UN GRAFICO>Dichiarazione congiunta sul dialogo politico tra l'Unione europea e il Mercosur Preambolo L'UNIONE EUROPEA E GLI STATI PARTI DEL MERCOSUR,- consapevoli dei legami storici, politici ed economici che li uniscono, del loro patrimonio culturale comune e delle relazioni di profonda amicizia esistenti tra i rispettivi popoli,- considerando che le libertà politiche ed economiche costituiscono la base delle società dei paesi membri dell'Unione europea e del Mercosur;- riaffermando, conformemente alla Carta delle Nazioni Unite, il valore della dignità umana e della promozione dei diritti dell'uomo quali fondamenti delle società democratiche;- riaffermando il ruolo essenziale dei principi e delle istituzioni democratiche fondate sullo Stato di diritto, sul cui rispetto poggiano le politiche interne ed estere delle parti;- desiderosi di rafforzare la pace e la sicurezza internazionali secondo i principi stabiliti nella Carta delle Nazioni Unite,- affermando congiuntamente il loro interesse per l'integrazione regionale quale strumento per promuovere uno sviluppo duraturo e armonioso dei rispettivi popoli, fondato su principi di progresso sociale e di solidarietà tra i loro membri,- basandosi sulle relazioni privilegiate istituite dagli accordi quadro di cooperazione firmati tra la Comunità europea ed i singoli Stati parti del Mercosur,- rammentando i principi stabiliti nella dichiarazione solenne congiunta firmata tra le parti il 22 dicembre 1994,HANNO DECISO di inserire le loro relazioni in una prospettiva a lungo termine.Obiettivi - Il Mercosur e l'Unione europea riaffermano solennemente la loro volontà di progredire verso l'instaurazione di un'associazione interregionale e di istituire a tal fine un dialogo politico rafforzato.- L'integrazione regionale costituisce uno dei mezzi per conseguire uno sviluppo duraturo e socialmente armonioso nonché uno strumento per un inserimento competitivo nell'economia internazionale.- Tale dialogo sarà inteso inoltre ad assicurare una più stretta concertazione su questioni che interessano le due regioni e su questioni multilaterali, segnatamente attraverso il coordinamento delle rispettive posizioni nelle sedi competenti.Meccanismi del dialogo - Il dialogo politico tra le parti si svolgerà tramite contatti, scambi di informazioni e consultazioni, in particolare sotto forma di riunioni al livello appropriato tra i vari organi del Mercosur e dell'Unione europea, nonché avvalendosi pienamente delle vie diplomatiche.- In particolare, allo scopo anche di instaurare e sviluppare tale dialogo politico su questioni bilaterali e internazionali di reciproco interesse, le parti convengono:a) che si svolgeranno regolarmente delle riunioni, secondo modalità definite dalle parti, tra i capi di Stato dei paesi del Mercosur e i vertici dell'Unione europea;b) che ogni anno si terrà una riunione tra i ministri degli Affari esteri del Mercosur e i ministri degli Affari esteri degli Stati membri dell'Unione europea, in presenza della Commissione europea. Il luogo in cui si svolgeranno le riunioni sarà deciso di volta in volta dalle parti;c) che, inoltre, saranno convocate riunioni tra altri ministri competenti per questioni di interesse comune, quando le parti ne ravvisino la necessità per rafforzare le relazioni reciproche;d) che si terranno riunioni periodiche tra alti funzionari delle due parti. | Accordo quadro interregionale di cooperazione tra la Comunità europea e il Mercosur
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE E DELL’ACCORDO?
La decisione conclude l’accordo per conto della Comunità europea (ora Unione europea). L’accordo, che si basa sui principi democratici e sui diritti fondamentali, mira a rafforzare le relazioni esistenti fra le parti e a gettare le basi per un’associazione interregionale fra l’Unione europea (l’Unione) e il Mercato comune del Sud (Mercosur).
PUNTI CHIAVE
Oltre a una serie di accordi bilaterali, l’Unione ha concluso con il Mercosur questo accordo quadro interregionale. Il Mercosur comprende Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay. L’accordo riguarda questioni commerciali ed economiche, la cooperazione e altri settori di reciproco interesse. In materia di scambi, il dialogo regolare sulle questioni commerciali ed economiche è volto a preparare una graduale e reciproca liberalizzazione degli stessi, e tra i principali settori di cooperazione figurano:l’accesso al mercato, la liberalizzazione degli scambi e le discipline commerciali;la compatibilità degli scambi con le norme dell’OMC;l’individuazione dei prodotti sensibili e prioritari;la cooperazione e scambi di informazioni in materia di servizi. Benché nessun settore sia escluso dalla cooperazione economica, l’accordo riguarda nello specifico:l’energia;i trasporti;le telecomunicazioni e le tecnologie dell’informazione;la protezione dell’ambiente;la scienza e la tecnologia;la cooperazione tra imprese; ela promozione degli investimenti. Altri settori di cooperazione comprendono:la formazione e l’istruzione;la comunicazione, l’informazione e la cultura, ambiti in cui lo scopo è promuovere la comprensione reciproca e rafforzare i legami culturali;la lotta contro il narcotraffico.FinanziamentoLe parti si impegnano a fornire le risorse necessarie e a incoraggiare la Banca europea per gli investimenti a fornire un maggiore aiuto al Mercosur per raggiungere gli obiettivi dell’accordo.Sostegno istituzionaleUn Consiglio di cooperazione che sovrintende all’attuazione dell’accordo si riunisce regolarmente a livello ministeriale.Associazione interregionaleL’accordo istituisce un dialogo politico regolare per progredire verso un’associazione interregionale. Nel giugno 2019 è stato raggiunto un accordo politico sull’accordo di associazione tra le parti.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
L’accordo è entrato in vigore il 1° luglio 1999 e ha una validità indeterminata.
CONTESTO
Per maggiori informazioni consultare:Unione europea e Mercosur (Servizio europeo per l’azione esterna).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione 1999/279/CE del Consiglio, del 22 marzo 1999, relativa alla conclusione, a nome della Comunità europea, dell’accordo quadro interregionale di cooperazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e il Mercato comune del Sud e i suoi Stati parti, dall’altra (GU L 112 del 29.4.1999, pag. 65).
Accordo quadro interregionale di cooperazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e il Mercato comune del Sud e i suoi Stati parti, dall’altra - Dichiarazione congiunta sul dialogo politico tra l’Unione europea e il Mercosur (GU L 69 del 19.3.1996, pag. 4).
DOCUMENTI COLLEGATI
Informazione concernente l’entrata in vigore dell’accordo quadro interregionale di cooperazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e il Mercato comune del Sud e i suoi Stati parti, dall’altra (GU L 175 del 10.7.1999, pag. 62). | 13,229 | 922 |
31983L0182 | false | Direttiva 83/182/CEE del Consiglio del 28 marzo 1983 relativa alle franchigie fiscali applicabili all'interno della Comunità in materia d'importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto
Gazzetta ufficiale n. L 105 del 23/04/1983 pag. 0059 - 0063 edizione speciale finlandese: capitolo 9 tomo 1 pag. 0112 edizione speciale spagnola: capitolo 09 tomo 1 pag. 0156 edizione speciale svedese/ capitolo 9 tomo 1 pag. 0112 edizione speciale portoghese: capitolo 09 tomo 1 pag. 0156
++++DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 28 marzo 1983 relativa alle franchigie fiscali applicabili all ' interno della Comunità in materia d ' importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto ( 83/182/CEE ) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE , visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea , in particolare l ' articolo 99 , vista la proposta della Commissione ( 1 ) , visto il parere del Parlamento europeo ( 2 ) , visto il parere del Comitato economico e sociale ( 3 ) , considerando che i regimi fiscali applicati all ' importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto ad uso privato o professionale sono di ostacolo alla libera circolazione dei residenti comunitari all ' interno della Comunità ; considerando che la soppressione degli ostacoli risultanti da questi regime fiscali è particolarmente necessaria ai fini della costituzione di un mercato economico che presenti caratteristiche analoghe a quelle di un mercato interno ; considerando che in taluni casi è necessario poter stabilire con certezza la qualità di residente di uno Stato membro ; considerando che è sembrato opportuno , in un primo tempo , limitare il campo di applicazione della presente direttiva , per taluni mezzi di trasporto , a quelli che sono stati acquistati o importati alle condizioni generali d ' imposizione del mercato interno di uno Stato membro , HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA : Articolo 1 Campo di applicazione 1 . Alle condizioni stabilite in appresso , gli Stati membri accordano , all ' atto dell ' importazione temporanea in provenienza da uno Stato membro di autoveicoli a motore - compresi i rimorchi - , roulottes da campeggio , imbarcazioni da diporto , aerei da turismo , velocipedi e cavalli da sella , una franchigia : - dalle imprese sulla cifra d ' affari , dalle accise e da ogni altra imposta sui consumi , - dalle tasse che figurano in allegato alla presente direttiva . 2 . La franchigia di cui al paragrafo 1 si applica del pari ai normali pezzi di ricambio , accessori e attrezzature importati con i mezzi di trasporto . 3 . Dalla franchigia di cui al paragrafo 1 sono esclusi i veicoli commerciali . 4 . a ) Il campo di applicazione della presente direttiva non comprende l ' importazione temporanea di veicoli di turismo , roulottes da campeggio , imbarcazioni da diporto , aerei da turismo e velocipedi per uso privato , non acquistati nù importati alle condizioni generali di imposizione del mercato interno di uno Stato membro e/o ai quali sia concesso , a titolo dell ' esportazione , un esonero o un rimborso di imposte sulla cifra d ' affari , accise o qualsiasi altra imposta di consumo . Per l ' applicazione della presente direttiva , sono considerati rispondenti alle condizioni generali di imposizione del mercato interno di uno Stato membro i mezzi di trasporto acquistati alle condizioni di cui all ' articolo 15 , punto 10 , della direttiva 77/388/CEE ( 4 ) ; tuttavia gli Stati membri possono ritenere non rispondenti a tali condizioni i mezzi di trasporto acquistati alle condizioni di cui al terzo trattino di detto punto . b ) Il Consiglio , che delibera all ' unanimità su proposta della Commissione , adotterà entro e non oltre il 31 dicembre 1985 le norme comunitarie per la concessione della franchigia ai mezzi di trasporto di cui alla lettera a ) , primo comma , tenendo conto della necessità di evitare doppie imposizioni e di garantire la tassazione normale e completa dei mezzi di trasporto per uno privato . Articolo 2 Definizioni Ai sensi della presente direttiva si intendono per : a ) « veicoli commerciali » , i veicoli stradali che , per il loro tipo di costruzione e l ' attrezzatura , sono atti e destinati al trasporto con o senza compenso : - di oltre nove persone , compreso il conducente , - di merci , nonchù i veicoli stradali per uso speciale diverso dal trasporto propriamente detto ; b ) « veicoli da turismo » , i veicoli stradali , compreso l ' eventuale rimorchio , diversi da quelli di cui alla lettera a ) ; c ) « uso professionale » di un mezzo di trasporto , l ' utilizzazione di tale mezzo di trasporto per l ' esercizio diretto di una attività retribuita o avente scopo di lucro ; d ) « uso privato » , ogni altro uso . Articolo 3 Importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto per uso privato È concessa una franchigia dalle imposte e tasse di cui all ' articolo 1 , per una durata continua o non continua non superiore a sei mesi per ogni periodo di dodici mesi , all ' atto dell ' importazione temporanea dei veicoli da turismo , delle roulottes da campeggio , delle imbarcazioni da diporto , degli aerei da turismo e dei velocipedi , alle seguenti condizioni : a ) il privato che importa i suddetti beni deve : aa ) avere la sua normale residenza in uno Stato membro diverso da quello dell ' importazione temporanea ; bb ) utilizzare i suddetti mezzi di trasporto per uso privato ; b ) i mezzi di trasporto non possono essere nù ceduti nù noleggiati nello Stato membro di importazione temporanea , nù prestati a residenti di questo Stato . Tuttavia , i veicoli da turismo appartenenti a un ' impresa di noleggio con sede sociale nella Comunità possono essere ridati a noleggio a un non residente , per essere riesportati , se si trovano nel paese in seguito all ' esecuzione di un contratto di noleggio che ha avuto termine in detto paese . Essi possono altresì essere riportati nello Stato membro in cui è iniziato il noleggio da un dipendente dell ' impresa di noleggio , anche se quest ' ultimo risiede nello Stato membro di importazione temporanea . Articolo 4 Importazione temporanea di veicoli da turismo per uso professionale 1 . È concessa una franchigia dalle imposte e tasse di cui all ' articolo 1 in caso di importazione di veicoli da turismo adibiti ad uso professionale , alle seguenti condizioni : a ) il privato che importa il veicolo da turismo : aa ) deve avere la sua normale residenza in uno Stato membro diverso da quello dell ' importazione temporanea ; bb ) non può utilizzare il veicolo all ' interno dello Stato membro d ' importazione temporanea per il trasporto di persone dietro remunerazione o altri vantaggi materiali , nù per il trasporto industriale o commerciale di merci con o senza remunerazione ; b ) il veicolo da turismo non può essere ceduto , noleggiato o prestato nello Stato membro d ' importazione temporanea ; c ) il veicolo da turismo deve essere stato acquistato , o importato , alle condizioni fiscali generali applicate sul mercato interno dello Stato membro in cui l ' utente risiede normalmente e non deve beneficiare , a titolo dell ' esportazione , di alcuna esenzione o di alcun rimborso di importe sulla cifra di affari , di accise o di altre importe sui consumi . Tale condizioni si presume osservata quando il veicolo è munito di una targa di immatricolazione di serie normale nello Stato membro d ' immatricolazione , esclusa ogni targa provvisoria . Tuttavia , per i veicoli da turismo immatricolati in uno Stato membro in cui il rilascio delle targhe di immatricolazione di serie normale non dipende dall ' osservanza delle condizioni fiscali generali applicate sul mercato interno , gli utenti devono provare con qualsiasi mezzo il pagamento delle imposte sui consumi . 2 . La franchigia di cui al paragrafo 1 avrà una durata continua o non continua - di sette mesi per ogni periodo di dodici mesi , in caso di importazione di un veicolo da turismo effettuata dai rappresentanti di commercio di cui all ' articolo 3 della direttiva 64/224/CEE ( 5 ) ; - di sei mesi , per ogni periodo di dodici mesi , in tutti gli altri casi . Articolo 5 Casi particolari di importazione temporanea di veicoli da turismo 1 . È concessa una franchigia dalle imposte e tasse di cui all ' articolo 1 all ' atto dell ' importazione temporanea di veicoli da turismo , nei seguenti casi : a ) in caso di utilizzazione di un veicolo da turismo immatricolato nel paese di normale residenza dell ' utente per il precorso effettuato regolarmente nel territorio di un altro Stato membro per recarsi dalla propria residenza al luogo di lavoro dell ' impresa e ritornare . Tale franchigia non è soggetta a nessun limite di durata ; b ) in caso di utilizzazione da parte di uno studente di un veicolo da turismo immatricolato nello Stato membri in cui egli risiede normalmente , nel territorio dello Stato membro in cui lo studente soggiorna all ' unico scopo di proseguirvi gli studi . 2 . La concessione delle franchigie di cui al paragrafo 1 è subordinata unicamente al rispetto delle condizioni previste dall ' articolo 4 , paragrafo 1 , lettere a ) , b ) e c ) . Articolo 6 Franchigia all ' importazione temporanea di cavalli da sella nel quadro del turismo a cavallo È concessa una franchigia dalle imposte e tasse di cui all ' articolo 1 per una durata di tre mesi , in ogni Stato membro , all ' atto dell ' importazione temporanea di cavalli da sella alle seguenti condizioni : a ) i cavalli da sella devono entrare nel territorio dello Stato membro d ' importazione temporanea allo scopo e/o nel corso di gite effettuate dai loro cavalieri . Gli Stati membri possono escludere dalla franchigia le importazioni di cavalli collocati a bordo di mezzi di trasporto , effettuate dai loro residenti ; b ) la franchigia deve essere richiesta al più tardi al momento dell ' entrata nel territorio dello Stato membro d ' importazione temporanea . Se la franchigia è richiesta prima dell ' importazione temporanea , il cavaliere può essere dispensato dall ' obbligo di entrare nel territorio dello Stato membro d ' importazione temporanea attraverso un posto di frontiera ; c ) i cavalli da sella non possono essere noleggiati nù prestati nù ceduti ad un terzo nello Stato membro d ' importazione temporanea , nù utilizzati per fini diversi dalla gita . Articolo 7 Norme generali per la determinazione della residenza 1 . Ai fini dell ' applicazione della presente direttiva , si intende per « residenza normale » il luogo in cui una persona dimora abitualmente , ossia durante almeno 185 giorni all ' anno , a motivo di legami personali e professionali oppure , nel caso di una persona senza legami professionali , a motivo di legami personali che rivelano l ' esistenza di una stretta correlazione tra la persona in questione e il luogo in cui abita . Tuttavia , nel caso di una persona i cui legami professionali siano risultati in un luogo diverso da quello dei suoi legami personali e che pertanto sia indotta a soggiornare alternativamente in luoghi diversi situati in due o più Stati membri , si presume che la residenza normale sia quella del luogo dei legami personali , purchù tale persona vi ritorni regolarmente . Questa condizione non è richiesta allorchù la persona effettua un soggiorno in uno Stato membro per l ' esecuzione di una missione di durata determinata . La frequenza di un ' università o di una scuola non implica il trasferimento della residenza normale . 2 . I privati forniscono le prove del luogo della loro residenza normale con tutti i mezzi , in particolare con la carta d ' identità , o mediante qualsiasi altro documento valido . Qualora la autorità competenti dello Stato membro d ' importazione abbiano dubbi circa la validità della dichiarazione della residenza normale effettuata in conformità del paragrafo 2 od anche ai fini di taluni controlli specifici , dette autorità possono chiedere qualsiasi elemento d ' informazione o prove supplementari . Articolo 8 Norme complementari per la determinazione della residenza in caso di uso professionale di un veicolo da turismo Nei casi eccezionali in cui , malgrado le ulteriori informazioni di cui all ' articolo 7 , paragrafo 3 , fornite all ' autorità competente dello Stato membro di importazione , sussistono ancora seri dubbi , l ' importazione temporanea di un veicolo da turismo per uso professionali può essere sottoposta al versamento di una cauzione . Tuttavia , se l ' utente del veicolo fornisce la prova che ha la normale residenza in un altro Stato membro , l ' autorità dello Stato membro di importazione temporanea ha l ' obbligo di rimborsare la cauzione entro due mesi a decorrere dalla presentazione della suddetta prova . Articolo 9 Regimi speciali 1 . Gli Stati membri hanno facoltà di mantenere in vigore e/o di prevedere regimi più favorevoli di quelli contemplati dalla presente direttiva . Essi hanno in particolare facoltà di permettere , su richiesta dell ' importazione , l ' importazione temporanea per periodo più lunghi di quelli di cui all ' articolo 3 e all ' articolo 4 , paragrafo 2 . In quest ' ultimo caso , gli Stati membri possono riscuotere le tasse elencate nell ' allegato della presente direttiva per i periodi superiori a quelli previsti dalla presente direttiva . Gli Stati membri possono consentire di noleggiare a un residente dello Stato membro d ' importazione i veicoli da turismo di cui all ' articolo 3 , lettera b ) , seconda frase , per essere riesportati . 2 . In nessun caso , gli Stati membri possono applicare , in virtù della presente direttiva , franchigie fiscali all ' interno della Comunità meno favorevoli di quelle che concederebbero ai mezzi di trasporto proveniente da un paese terzo . 3 . Per quanto riguarda la residenza normale , il Regno di Danimarca è autorizzato a mantenere le sue norme vigenti in base alle quali si presume che ogni persona , anche se studente , nel caso dell ' articolo 5 , paragrafo 1 , lettera b ) , abbia la propria residenza normale in Danimarca se vi rimane almeno un anno o 365 giorni in un periodo di ventiquattro mesi . Tuttavia , per evitare una doppia imposizione : - quando l ' applicazione di dette norme porti a ritenere che una persona abbia due residenze , la residenza normale di questa persona è situata nel luogo in cui dimorano il suo coniuge e i suoi figli ; - nei casi analoghi il Regno di Danimarca si concerta con l ' altro Stato membro interessato per stabilire quale delle due residenze deve essere presa in considerazione per l ' imposizione . Prima dello scadere di un periodo di tre anni , il Consiglio , in base a una relazione della Commissione , procederà a un riesame della deroga prevista dal presente paragrafo e , se necessario , adotterà le misure necessarie per assicurarne la soppressione , su proposta della Commissione sulla base dell ' articolo 99 del trattato . 4 . Gli Stati membri notificano alla Commissione i regimi di cui al paragrafo 1 al momento in cui adempiono agli obblighi di cui all ' articolo 10 . La Commissione comunica successivamente tali regimi agli altri Stati membri . Articolo 10 Disposizioni finali 1 . Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative , regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 1° gennaio 1984 . Essi ne informano immediatamente la Commissione . 2 . Quando l ' applicazione pratica delle disposizioni della presente direttiva pone difficoltà , le autorità competenti degli Stati membri interessati adottano di comune accordo le decisioni necessarie , tenendo conto in particolare delle convenzioni e delle direttive comunitarie in materia di reciproca assistenza . 3 . Gli Stati membri provvedono a comunicare alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva . 4 . La Commissione , previa consultazione degli Stati membri , presenta ogni due anni al Consiglio e al Parlamento europeo una relazione sull ' applicazione della presente direttiva negli Stati membri , segnatamente per quanto riguarda la nozione di « residenza normale » , e propone se del caso le disposizioni comunitarie necessarie per giungere all ' instaurazione di un sistema uniforme in tutti gli Stati membri . Articolo 11 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva . Fatto a Bruxelles , addì 18 marzo 1983 . Per il Consiglio Il Presidente J . ERTL ( 1 ) GU n . C 267 del 21 . 11 . 1975 , pag . 8 . ( 2 ) GU n . C 53 dell ' 8 . 3 . 1976 , pag . 37 . ( 3 ) GU n . C 131 del 12 . 6 . 1976 , pag . 50 . ( 4 ) GU n . L 145 del 13 . 6 . 1977 , pag . 1 . ( 5 ) GU n . 56 del 4 . 4 . 1964 , pag . 869/64 . ALLEGATO Elenco delle tasse di cui all ' articolo 1 , paragrafo 1 , secondo trattino BELGIO : Il presente testo è disponibile in francese e olandese DANIMARCA : Il presente testo è disponibile in danese olandese REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA : Il presente testo è disponibile in tedesco GRECIA : Il presente testo è disponibile in greco FRANCIA : Il presente testo è disponibile in francese IRLANDA : Il presente testo è disponibile in inglese ITALIA : - Tassa sulla circolazione degli autoveicoli ( TU delle leggi sulle tasse automobilistiche approvato con DPR n . 39 del 5 febbraio 1953 e successive modificazioni ) LUSSEMBURGO : Il presente testo è disponibile in francese PAESI BASSI : Il presente testo è disponibile in olandese REGNO UNITO : Il presente testo è disponibile in inglese | Franchigie fiscali: importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Mira a eliminare le barriere fiscali all’importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto all’interno dell’UE attraverso l’armonizzazione dei regimi fiscali nazionali.
PUNTI CHIAVE
La direttiva accorda una franchigia dalle imposte sulla cifra d’affari, dalle accise, da ogni altra imposta sui consumi e dalle tasse che figurano in allegato alla direttiva all’atto dell’importazione temporanea in provenienza da un altro paese dell’UE di:vari mezzi di trasporto acquistati o importati alle condizioni generali di imposizione in vigore nel mercato interno di un paese dell’UE:autoveicoli a motore (compresi i rimorchi),roulottes da campeggio,imbarcazioni da diporto,aerei da turismo,bicicli,tricicli,cavalli da sella nel quadro del turismo a cavallo, normali pezzi di ricambio, accessori e attrezzature importati con tali mezzi di trasporto. Come norma generale, è concessa una franchigia all’atto dell’importazione temporanea di tali mezzi di trasporto per uso privato, purché il privato che li importa abbia la sua normale residenza in un paese diverso da quello dell’importazione, per una durata di almeno sei mesi per ogni periodo di dodici mesi.
I veicoli commerciali (veicoli destinati al trasporto di merci e di oltre nove passeggeri) sono esclusi dalla franchigia.
I mezzi di trasporto non possono essere né ceduti, né noleggiati, né prestati nel paese dell’UE di importazione temporanea.
In casi eccezionali, l’importazione temporanea di un’autovettura per uso professionale può essere sottoposta al versamento di una cauzione.
Vi sono norme specifiche per determinati casi di importazione temporanea di autovetture, che riguardano i privati che lavorano o studiano in un paese dell’UE diverso da quello della loro normale residenza.
I paesi dell’UE hanno facoltà di mantenere in vigore o di prevedere regimi di franchigia più favorevoli di quelli contemplati dalla direttiva.
La direttiva è stata aggiornata più volte per tener conto dell’allargamento e includere un maggior numero di paesi.
DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è entrata in vigore il 31 marzo 1983 e doveva essere recepita dalle legislazioni nazionali dei paesi dell’UE entro il 1° gennaio 1984.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 83/182/CEE del Consiglio, del 28 marzo 1983, relativa alle franchigie fiscali applicabili all’interno della Comunità in materia d’importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto (GU L 105 del 23.4.1983, pag. 59-63)
Modifiche successive alla direttiva 83/182/CEE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. | 6,038 | 986 |
32004R0533 | false | Regolamento (CE) n. 533/2004 del Consiglio, del 22 marzo 2004, relativo all'istituzione di partenariati europei nell'ambito del processo di stabilizzazione e di associazione
Gazzetta ufficiale n. L 086 del 24/03/2004 pag. 0001 - 0002
Regolamento (CE) n. 533/2004 del Consigliodel 22 marzo 2004relativo all'istituzione di partenariati europei nell'ambito del processo di stabilizzazione e di associazioneIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 181 A, paragrafo 2, prima frase,vista la proposta della Commissione,visto il parere del Parlamento europeo(1),considerando quanto segue:(1) Il Consiglio europeo di Feira del 19 e 20 giugno 2000 ha confermato che il suo obiettivo resta quello della massima integrazione possibile dei paesi dei Balcani occidentali nel contesto politico ed economico dell'Europa e ha riconosciuto che tutti i paesi interessati sono candidati potenziali all'adesione all'Unione europea.(2) Nella dichiarazione adottata a Zagabria il 24 novembre 2000 in occasione del vertice tra i Capi di Stato o di Governo dell'Unione europea e dei paesi partecipanti al processo di stabilizzazione e di associazione si riconosce che la prospettiva dell'adesione viene offerta sulla base del rispetto dei criteri definiti al Consiglio europeo di Copenaghen del giugno 1993 e dei progressi compiuti nell'attuazione degli accordi di stabilizzazione e di associazione, in particolare quelli sulla cooperazione regionale.(3) Il Consiglio europeo di Salonicco del 19 e 20 giugno 2003 ha ribadito la sua determinazione ad appoggiare appieno ed efficacemente la prospettiva europea dei paesi dei Balcani occidentali affermando che diverranno parte integrante dell'Unione europea una volta soddisfatti i criteri stabiliti. Ha approvato le conclusioni del Consiglio del 16 giugno 2003, compresa l'allegata "Agenda di Salonicco per i Balcani occidentali: Procedere verso l'integrazione europea", la quale esamina come potenziare il processo di stabilizzazione e di associazione, prevedendo, tra l'altro, l'elaborazione di partenariati europei.(4) Nella dichiarazione adottata a Salonicco il 21 giugno 2003 in occasione del vertice tra l'Unione europea e i Balcani occidentali, l'"Agenda di Salonicco" è considerata un programma comune che l'Unione europea e i paesi dei Balcani occidentali s'impegnano ad attuare. Il processo di stabilizzazione e di associazione potenziato resta il contesto generale per tutta la durata del cammino europeo dei Balcani occidentali verso la loro futura adesione.(5) I partenariati europei per i paesi dei Balcani occidentali indicheranno le azioni da intraprendere in via prioritaria al fine di sostenere gli sforzi compiuti da tali paesi per avvicinarsi all'Unione europea e fungeranno da parametri in base ai quali misurare i progressi realizzati. Essi saranno adattati alle esigenze specifiche di ciascun paese e al suo specifico stadio di preparazione, nonché alle specificità del processo di stabilizzazione e di associazione, inclusa la cooperazione regionale. Per preparare i partenariati europei si terranno consultazioni informali con ciascun paese e, se del caso, con la comunità internazionale allargata.(6) I partenariati europei, opportunamente aggiornati, servono per aiutare i paesi dei Balcani occidentali a prepararsi in vista dell'adesione in un contesto coerente e ad elaborare piani nazionali che specifichino i tempi delle riforme e i modi in cui si intendono soddisfare i requisiti per un'ulteriore integrazione nell'Unione europea.(7) L'assistenza comunitaria dovrebbe concentrarsi sulle sfide da definire nell'ambito dei partenariati europei, i quali forniranno un orientamento per l'assistenza finanziaria e osserveranno principi, priorità e condizioni prestabiliti.(8) Nell'ambito del processo di stabilizzazione e di associazione l'assistenza comunitaria ai paesi dei Balcani occidentali sarà fornita mediante gli appositi strumenti finanziari, in particolare il regolamento (CE) n. 2666/2000 del Consiglio(2), del 5 dicembre 2000, relativo all'assistenza all'Albania, alla Bosnia Erzegovina, alla Croazia, alla Repubblica federale di Jugoslavia e all'ex Repubblica di Macedonia e recante abrogazione del regolamento (CE) n. 1628/96 e modifica dei regolamenti (CEE) n. 3906/89, (CEE) n. 1360/90 e delle decisioni 97/256/CE e 1999/311/CE; il presente regolamento è pertanto privo di implicazioni finanziarie.(9) La programmazione delle risorse finanziarie che compongono l'assistenza comunitaria dovrebbe fondarsi sulle priorità dei partenariati europei ed essere decisa in conformità delle procedure indicate nei rispettivi strumenti finanziari.(10) La revisione delle priorità dei partenariati europei potrebbe avere un notevole impatto politico sulle relazioni con i paesi dei Balcani occidentali. È pertanto opportuno che il Consiglio adotti i principi, le priorità e le condizioni applicabili a ciascun partenariato.(11) Il controllo dei partenariati europei è assicurato nell'ambito dei meccanismi istituiti in virtù del processo di stabilizzazione e di associazione, segnatamente le relazioni annuali sul processo di stabilizzazione e di associazione,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 1Sono istituiti partenariati europei per l'Albania, la Bosnia-Erzegovina, la Croazia, l'ex Repubblica iugoslava di Macedonia e la Serbia e Montenegro, incluso il Kosovo, come definiti dalla risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 10 giugno 1999 (qui di seguito denominati "paesi partner"). I partenariati europei forniscono un quadro delle priorità risultanti dall'analisi delle diverse situazioni dei paesi partner, sulle quali si debbono concentrare i preparativi in vista di un'ulteriore integrazione nell'Unione europea, alla luce dei criteri stabiliti dal Consiglio europeo e dei progressi effettuati nell'attuazione del processo di stabilizzazione e di associazione, compresi, ove necessario, gli accordi di stabilizzazione e di associazione e, in particolare, la cooperazione regionale.Articolo 2Il Consiglio decide a maggioranza qualificata, su proposta della Commissione, i principi, le priorità e le condizioni da inserire nei partenariati europei, nonché qualsiasi successivo adeguamento.Articolo 3Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 22 marzo 2004.Per il ConsiglioIl PresidenteB. Cowen(1) Parere reso il 10 marzo 2004 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).(2) GU L 306 del 7.12.2000, pag. 1. Regolamento modificato dal regolamento (CE) n. 2415/2001 (GU L 327 del 12.12.2001, pag. 3). | Partenariati europei con i Balcani occidentali
Nel quadro del processo di stabilizzazione e di associazione a favore dei paesi dei Balcani Occidentali, l'Unione europea istituisce partenariati europei con l'Albania, la Bosnia-Erzegovina, l'ex Repubblica iugoslava di Macedonia e la Serbia e Montenegro, incluso il Kosovo, secondo la definizione data dalla risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Tali partenariati definiscono un quadro per gli ambiti d'azione prioritari ed un quadro finanziario nell'intento di favorire la stabilità e la prosperità di quei paesi e della regione, in vista di un'ulteriore integrazione nell'UE, dal momento che sono riconosciuti come candidati potenziali all'adesione. In quanto paese candidato con cui sono stati avviati negoziati di adesione, la Croazia beneficia di un partenariato per l'adesione.
ATTO
Regolamento (CE) n. 533/2004 del Consiglio, del 22 marzo 2004, relativo all'istituzione di partenariati europei nell'ambito del processo di stabilizzazione e di associazione [Cfr atti modificativi].
SINTESI
L'Unione europea (UE) adotta con i paesi dei Balcani occidentali la stessa metodologia seguita per i nuovi Stati membri e paesi aderenti. Di conseguenza, il processo di stabilizzazione e di associazione potenziato continua a rappresentare il quadro generale del percorso europeo dei paesi dei Balcani occidentali fino all'adesione.
Sono istituiti partenariati europei per l'Albania, la Bosnia-Erzegovina, l'ex Repubblica iugoslava di Macedonia, il Montenegro e la Serbia, incluso il Kosovo, secondo la definizione stabilita dalla risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 10 giugno 1999.
La Croazia, con cui sono stati avviati i negoziati di adesione, beneficia di un partenariato per l'adesione che tiene conto della sua qualità specifica di paese candidato.
I partenariati europei (al pari del partenariato per l'adesione della Croazia) sono intesi a sostenere il processo di stabilizzazione e di associazione dei paesi dei Balcani occidentali, così come il rispetto dei criteri di Copenaghen in vista della futura adesione. Essi forniscono un quadro coerente per le riforme da intraprendere e un quadro finanziario. I paesi interessati definiscono, dal canto loro, piani di azione che specificano i tempi e i modi in cui si intendono soddisfare i requisiti per un'ulteriore integrazione nell'Unione europea.
Meccanismo dei partenariati europei
I partenariati europei definiscono un quadro per le priorità che risultano dall'analisi della situazione del singolo paese partner, sulle quali si debbono concentrare i preparativi in vista di un'ulteriore integrazione nell'UE, alla luce dei criteri stabiliti dal Consiglio europeo e dei progressi effettuati nell'attuazione del processo di stabilizzazione e di associazione, compresi, ove necessario, gli accordi di stabilizzazione e di associazione e, in particolare, la cooperazione regionale.
I partenariati europei vengono riveduti regolarmente, in base ai progressi compiuti da ciascun paese e delle sue nuove priorità via via identificate. Il Consiglio adotta a maggioranza qualificata, su proposta della Commissione, i principi, le priorità e le condizioni che devono figurare nei partenariati europei, oltre ad eventuali modifiche ulteriori.
Il controllo dei partenariati europei è assicurato nell'ambito dei meccanismi istituiti in virtù del processo di stabilizzazione e di associazione, segnatamente in base alle relazioni annuali.
Assistenza finanziaria
I partenariati europei forniscono anche un quadro all'assistenza finanziaria, il cui scopo è principalmente l'attuazione delle priorità e degli obiettivi individuati.
Nell'ambito del processo di stabilizzazione e di associazione, l'assistenza comunitaria ai paesi dei Balcani occidentali è fornita mediante gli appositi strumenti finanziari, ovvero il programma CARDS, e lo strumento di assistenza preadesione (IAP). L' IAP è infatti destinato a sostituire il programma CARDS per il periodo 2007-2013.
Contesto
Il Consiglio europeo di Feira, del giugno 2000, ha riconosciuto che tutti i paesi dei Balcani occidentali sono candidati potenziali per l'adesione all'Unione europea. Tale prospettiva esige il rispetto dei criteri politici, economici ed istituzionali definiti dal Consiglio europeo di Copenhagen del 1993 (articoli 6 e 49 del trattato sull'Unione europea), come riconosciuto nella dichiarazione di Zagabria del novembre 2000 tra l'UE e i paesi che partecipano al processo di stabilizzazione e di associazione, e successivamente riaffermato dal Consiglio europeo di Salonicco del giugno 2003.
L' "Agenda di Salonicco" (EN) del giugno 2003 individua gli strumenti per potenziare il processo di stabilizzazione e di associazione, in particolare mediante l'elaborazione di partenariati europei.
La Croazia e l'ex Repubblica iugoslava di Macedonia sono entrambi paesi candidati, qualità che è stata loro riconosciuta rispettivamente nel 2004 e nel 2005. Inoltre, gli Stati membri hanno avviato i negoziati di adesione con la Croazia il 3 ottobre 2005.
Riferimenti
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Regolamento (CE) n. 533/2004
27.3.2004
-
GU L 86 del 24.3.2004
Atto(i) modificatore(i)
Data di entrata in vigore
Termine ultimo per il recepimento negli Stati membri
Gazzetta ufficiale
Regolamento (CE) n. 269/2006
20.2.2006
-
GU L 47 del 17.2.2006
Regolamento (CE) n. 229/2008
18.3.2008
-
GU L 73 del 15.3.2008 | 3,870 | 867 |
32001L0112 | false | Direttiva 2001/112/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001, concernente i succhi di frutta e altri prodotti analoghi destinati all'alimentazione umana
Gazzetta ufficiale n. L 010 del 12/01/2002 pag. 0058 - 0066
Direttiva 2001/112/CE del Consigliodel 20 dicembre 2001concernente i succhi di frutta e altri prodotti analoghi destinati all'alimentazione umanaIL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 37,vista la proposta della Commissione(1),visto il parere del Parlamento europeo(2),visto il parere del Comitato economico e sociale(3),considerando quanto segue:(1) Occorre semplificare talune direttive verticali nel settore dei prodotti alimentari per tener conto soltanto dei requisiti essenziali ai quali i prodotti oggetto di queste direttive devono conformarsi affinché possano circolare liberamente nel mercato interno, conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo di Edimburgo dell'11 e 12 dicembre 1992, confermate da quelle del Consiglio europeo di Bruxelles del 10 e 11 dicembre 1993.(2) Con la direttiva 93/77/CEE del Consiglio, del 21 settembre 1993, relativa ai succhi di frutta e a taluni prodotti simili(4), si è proceduto alla codificazione della direttiva 75/726/CEE(5) relativa alla stessa materia.(3) Le direttive 75/726/CEE e 93/77/CEE erano state motivate dal fatto che disparità tra le legislazioni nazionali concernenti i succhi di frutta e i nettari destinati all'alimentazione umana potevano creare condizioni di concorrenza sleale con la conseguenza di trarre in inganno il consumatore e avevano quindi un'incidenza diretta sull'instaurazione e il funzionamento del mercato comune.(4) Tali direttive avevano pertanto stabilito norme comuni per la composizione, l'impiego di denominazioni riservate, le caratteristiche di fabbricazione e l'etichettatura di detti prodotti, al fine di consentirne la libera circolazione all'interno della Comunità.(5) È opportuno per maggiore chiarezza procedere alla rifusione della direttiva 93/77/CEE in un nuovo testo, al fine di rendere più accessibili le norme relative alle condizioni di produzione e di immissione in commercio dei succhi di frutta e altri prodotti analoghi.(6) Occorre altresì adeguare la direttiva 93/77/CEE alla normativa comunitaria generale relativa a tutti i prodotti alimentari, in particolare a quella sull'etichettatura, sui coloranti, sugli edulcoranti e sugli altri additivi autorizzati.(7) La direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità(6), e in particolare l'articolo 7, paragrafi 2 e 5, dovrebbero applicarsi salve talune deroghe. Occorre indicare chiaramente quando un prodotto è un miscuglio di succo di frutta e di succo di frutta ottenuto da un succo concentrato e, nel caso del nettare di frutta, quando è ottenuto interamente o parzialmente a partire da un prodotto concentrato. L'elenco degli ingredienti sull'etichetta riporta i nomi sia dei succhi di frutta, sia dei succhi di frutta ottenuti da un succo concentrato utilizzati.(8) Fatta salva la direttiva 90/496/CEE del Consiglio, del 24 settembre 1990, relativa all'etichettatura nutrizionale dei prodotti alimentari(7), l'aggiunta di vitamine ai prodotti definiti dalla presente direttiva è autorizzata in alcuni Stati membri. Tuttavia tale possibilità non si può estendere a tutta la Comunità. Pertanto gli Stati membri sono liberi di autorizzare o vietare l'aggiunta di vitamine ed anche di minerali nelle loro produzioni nazionali. In ogni caso, la libera circolazione delle merci all'interno della Comunità dovrebbe essere garantita in conformità delle norme e dei principi derivanti dal trattato.(9) Secondo i principi di sussidiarietà e di proporzionalità definiti dall'articolo 5 del trattato, l'obiettivo di stabilire definizioni e regole comuni per i prodotti interessati e di allineare le disposizioni alla normativa comunitaria generale sui prodotti alimentari non può essere realizzato dagli Stati membri e può dunque, data la natura della presente direttiva, essere realizzato meglio a livello comunitario. La presente direttiva non va al di là di quanto è necessario per il raggiungimento di tale obiettivo.(10) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate in base alla decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione(8).(11) Per evitare che si creino nuovi ostacoli alla libera circolazione, gli Stati membri dovrebbero astenersi dall'adottare, per i prodotti contemplati dalla presente direttiva, norme nazionali non previste dalla presente direttiva,HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:Articolo 1La presente direttiva si applica ai prodotti definiti nell'allegato I.Articolo 2Fatta salva la direttiva 90/496/CEE, gli Stati membri possono autorizzare l'aggiunta di vitamine e di minerali ai prodotti definiti nell'allegato I, parte I.Articolo 3La direttiva 2000/13/CE si applica ai prodotti definiti nell'allegato I, alle seguenti condizioni:1) a) Le denominazioni di vendita elencate nell'allegato I sono riservate ai prodotti in esso definiti e, salvo la lettera b), sono utilizzate nel commercio per designarli.b) In alternativa alle denominazioni di cui alla lettera a) l'allegato III fornisce un elenco di denominazioni specifiche. Esse possono essere usate nella lingua ed alle condizioni specificate nell'allegato III.2) Se il prodotto è fabbricato con una sola specie di frutta, l'indicazione della specie sostituisce il termine "frutta".3) Se il prodotto è fabbricato con due o più specie di frutta, salvo quando viene utilizzato succo di limone, alle condizioni stabilite nell'allegato I, parte II, punto 1, la denominazione di vendita è completata dall'indicazione della frutta utilizzata, in ordine decrescente di volume dei succhi o delle puree di frutta. Tuttavia, nel caso di prodotti fabbricati con tre o più specie di frutta, l'indicazione della frutta utilizzata può essere sostituita dalla dicitura "più specie di frutta", da un'indicazione simile o da quella relativa al numero delle specie utilizzate.4) Nel caso di succhi di frutta ai quali siano stati aggiunti zuccheri allo scopo di conferire loro un gusto zuccherato, la denominazione commerciale contiene la dicitura "zuccherato" o "con aggiunta di zuccheri", seguita dall'indicazione del tenore massimo degli zuccheri aggiunti, calcolato in sostanza secca e espresso in grammi per litro.5) La ricomposizione dello stato d'origine, mediante sostanze a ciò strettamente necessarie, dei prodotti definiti nell'allegato I, punto I, non comporta l'obbligo di citare nell'etichettatura l'elenco degli ingredienti utilizzati per dette operazioni.L'aggiunta di polpa e di cellule, definite nell'allegato II, nei succhi di frutta è indicata nell'etichettatura.6) Fatto salvo l'articolo 7, paragrafi 2 e 5, della direttiva 2000/13/CE, nel caso di miscugli di succo di frutta e di succo di frutta ottenuto da un succo concentrato, e di nettare di frutta ottenuti interamente o parzialmente a partire da uno o più succhi concentrati, l'etichettatura comporta la dicitura "a base di succo/succhi concentrato/i" o "parzialmente a base di succo/succhi concentrato/i", a seconda dei casi. Questa dicitura figura immediatamente accanto alla denominazione di vendita, bene in evidenza rispetto all'intero contesto e a caratteri chiaramente visibili.7) Nel caso del nettare di frutta, l'etichettatura indica il contenuto minimo di succo di frutta, di purea di frutta o del miscuglio di tali ingredienti, con la dicitura "frutta ... % minimo". Questa dicitura figura nello stesso campo visivo della denominazione di vendita.Articolo 4L'etichettatura del succo di frutta concentrato di cui al punto all'allegato I, parte I, punto 2 non destinato al consumatore finale, contiene un riferimento indicante la presenza e la quantità di zuccheri aggiunti o di succo di limone o di sostanze acidificanti aggiunti consentiti dalla direttiva 95/2/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 febbraio 1995, relativa agli additivi alimentari diversi dai coloranti e dagli edulcoranti(9). Tale menzione è riportata sull'imballaggio, su un'etichetta apposta sull'imballaggio o su un documento di accompagnamento.Articolo 5Per i prodotti di cui all'allegato I gli Stati membri non adottano disposizioni nazionali non previste dalla presente direttiva.Articolo 6Salvo quanto stabilito nella direttiva 89/107/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti gli additivi autorizzati nei prodotti alimentari destinati al consumo umano(10) per la fabbricazione dei prodotti definiti nella parte I dell'allegato I, si può ricorrere esclusivamente ai trattamenti e alle sostanze di cui alla parte II dell'allegato I e alle materie prime conformi all'allegato II. Inoltre i nettari di frutta sono conformi al disposto dell'allegato IV.Articolo 7Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva concernenti i punti citati in seguito sono adottate conformemente alla procedura di regolamentazione di cui all'articolo 8, paragrafo 2:- gli adeguamenti della presente direttiva alle disposizioni comunitarie generali in materia di prodotti alimentari,- gli adeguamenti al progresso tecnico.Articolo 81. La Commissione è assistita dal comitato permanente per i prodotti alimentari (in prosieguo: "il comitato") istituito dall'articolo 1 della decisione 69/414/CEE(11).2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE.Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.Articolo 9La direttiva 93/77/CEE è abrogata con decorrenza 12 luglio 2003.I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva.Articolo 10Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva anteriormente al 12 luglio 2003. Essi ne informano immediatamente la Commissione.Dette disposizioni sono applicate in modo da:- autorizzare l'immissione in commercio dei prodotti di cui all'allegato I se conformi alle definizioni e alle norme previste dalla presente direttiva, a decorrere dal 12 luglio 2003,- vietare l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva a decorrere dal 12 luglio 2004.Tuttavia, l'immissione in commercio dei prodotti non conformi alla presente direttiva, ma etichettati anteriormente al 12 luglio 2004, in conformità della direttiva 93/77/CEE, è autorizzata fino allo smaltimento delle scorte.Quando gli Stati membri adottano le disposizioni di cui al primo comma, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della loro pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.Articolo 11La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Articolo 12Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.Fatto a Bruxelles, addì 20 dicembre 2001.Per il ConsiglioIl PresidenteC. Picqué(1) GU C 231 del 9.8.1996, pag. 14.(2) GU C 279 dell'1.10.1999, pag. 92.(3) GU C 56 del 24.2.1997, pag. 20.(4) GU L 244 del 30.9.1993, pag. 23. Direttiva modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1994.(5) GU L 311 dell'1.12.1975, pag. 40.(6) GU L 109 del 6.5.2000, pag. 29.(7) GU L 276 del 6.10.1990, pag. 40.(8) GU L 184 del 7.7.1999, pag. 23.(9) GU L 61 del 18.3.1995, pag. 1. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 98/72/CE (GU L 295 del 4.11.1998, pag. 18).(10) GU L 40 dell'11.2.1989, pag. 27. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 94/34/CE (GU L 237 del 10.9.1994, pag. 1).(11) GU L 291 del 19.11.1969, pag. 9.ALLEGATO IDENOMINAZIONI DEI PRODOTTI, DEFINIZIONI DEI PRODOTTI E CARATTERISTICHEI. DEFINIZIONI1. a) Succo di fruttaDesigna il prodotto fermentescibile ma non fermentato, ottenuto da frutta sana e matura, fresca o conservata al freddo, appartenente ad una o più specie e avente il colore, l'aroma e il gusto caratteristici dei succhi di frutta da cui proviene. L'aroma, la polpa e le cellule del succo che sono separati durante la lavorazione possono essere restituiti allo stesso succo.Nel caso degli agrumi il succo di frutta proviene dall'endocarpo. Tuttavia, il succo di limetta può essere ottenuto dal frutto intero, secondo le buone prassi di fabbricazione in modo da ridurre al massimo la presenza, nel succo, di costituenti delle parti esterne del frutto.b) Succo di frutta ottenuto da un succo concentratoDesigna il prodotto ottenuto, reinserendo nel succo di frutta concentrato l'acqua estratta dal succo al momento della concentrazione e ripristinando gli aromi e, se opportuno, la polpa e le cellule perduti dal succo ma ricuperati al momento del processo produttivo del succo di frutta in questione o di succhi di frutta della stessa specie. L'acqua aggiunta deve presentare caratteristiche appropriate, in particolare dal punto di vista chimico, microbiologico e organolettico, in modo da garantire le qualità essenziali del succo.Il prodotto così ottenuto deve presentare le caratteristiche organolettiche e analitiche per lo meno equivalenti a quelle di un succo di tipo medio ottenuto a partire da frutta della stessa specie ai sensi della lettera a).2. Succo di frutta concentratoDesigna il prodotto ottenuto dal succo di frutta di una o più specie, mediante eliminazione fisica di una determinata parte d'acqua. Se il prodotto è destinato al consumo diretto, questa eliminazione deve essere almeno pari al 50 %.3. Succo di frutta disidratato - in polvereDesigna il prodotto ottenuto dal succo di frutta di una o più specie, mediante eliminazione fisica della quasi totalità dell'acqua.4. Nettare di fruttaa) Designa il prodotto fermentescibile ma non fermentato, ottenuto con l'aggiunta di acqua e di zuccheri e/o miele ai prodotti definiti ai punti 1, 2 e 3, alla purea di frutta o ad un miscuglio di questi prodotti, e che è inoltre conforme a quanto disposto nell'allegato IV.L'aggiunta di zuccheri e/o miele è autorizzata in quantità non superiore al 20 % in peso rispetto al peso totale del prodotto finito.Nella fabbricazione di nettari di frutta senza zuccheri aggiunti o con debole apporto energetico, gli zuccheri sono sostituiti totalmente o parzialmente da edulcoranti, conformemente al disposto della direttiva 94/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 giugno 1994, sugli edulcoranti destinati ad essere utilizzati nei prodotti alimentari(1).b) In deroga alla lettera a), i frutti elencati nelle parti II e III dell'allegato IV nonché le albicocche possono costituire, singolarmente o mescolati tra loro, la base per la fabbricazione di nettari di frutta senza aggiunta di zuccheri, miele e/o edulcoranti.II. INGREDIENTI, TRATTAMENTI E SOSTANZE AUTORIZZATI1. Ingredienti autorizzati- Ai sensi dell'articolo 2, per i prodotti di cui alla parte I del presente allegato, l'aggiunta di vitamine e minerali può essere autorizzata, fatte salve le disposizioni della direttiva 90/496/CEE.- Gli aromi, la polpa e le cellule restituiti al succo di frutta devono essere stati separati da tale succo di frutta durante la lavorazione, mentre l'aroma, la polpa e le cellule restituiti al succo di frutta di cui alla parte I, punto 1, lettera b) possono provenire da succo di frutta dello stesso tipo.La restituzione di sali di acido tartarico può essere effettuata soltanto per i succhi di uva.- È autorizzata l'aggiunta di zuccheri ai prodotti di cui alla parte I, punti 1, 2 e 3 diversi dai succhi di pera e di uva:- per correggere il gusto acido, la quantità di zuccheri addizionata, espressa in sostanza secca, non può eccedere i 15 g per litro di succo,- per dolcificare il prodotto, la quantità di zuccheri addizionata, espressa in sostanza secca, non può eccedere i 150 g per litro di succo,a condizione che la quantità di zuccheri addizionata per correggere il gusto acido e per dolcificare il prodotto non ecceda 150 g per litro.- Per i prodotti di cui alla parte I, punti 1, 2, 3 e 4, al fine di correggerne il gusto acido, è autorizzata l'aggiunta di succo di limone e/o di succo concentrato di limone in quantità non superiore ai 3 g per litro di succo, espresso in anidride di acido citrico.- È autorizzato l'utilizzo di biossido di carbonio come ingrediente.È vietata l'aggiunta di zuccheri e di succo di limone, concentrato o no, o di sostanze acidificanti come consentito della direttiva 95/2/CE ad uno stesso succo di frutta.2. Trattamenti e sostanze autorizzati- Processi meccanici d'estrazione,- gli abituali processi fisici ed i processi di estrazione ad acqua (processo "in line") della parte commestibile dei frutti diversi dall'uva destinati alla fabbricazione di succhi di frutta concentrati, purché i succhi di frutta concentrati ottenuti soddisfino quanto disposto alla parte I, punto 1. L'utilizzo di taluni processi e trattamenti può essere limitato o vietato conformemente alla procedura di cui all'articolo 8, paragrafo 2,- per i succhi di uva, se è stata utilizzata la solfitazione dell'uva mediante biossido di zolfo, la desolfitazione tramite processi fisici è autorizzata purché la quantità totale di SO2 presente nel prodotto finito non superi i 10 mg/1,- enzimi pectolitici,- enzimi proteolitici,- enzimi amiolitici,- gelatina alimentare,- tannino,- bentonite,- gel di silice,- carboni,- coadiuvanti di filtrazione e agenti precipitanti chimicamente inerti (perlite, diatomite lavata, cellulosa, poliamide insolubile, polivinilpolipirolidone, polistirene), conformi alle direttive comunitarie relative ai materiali e agli oggetti a contatto con i prodotti alimentari,- coadiuvanti di assorbimento chimicamente inerti conformi alle direttive relative ai materiali e agli oggetti a contatto con i prodotti alimentari, utilizzati per ridurre il tenore di limonoidi e naringina del succo di agrumi senza incidere in modo rilevante sul tenore di glucosidi dei limonoidi, acido, zuccheri (compresi gli oligosaccaridi) o minerali.(1) GU L 237 del 10.9.1994, pag. 3. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 96/83/CE (GU L 48 del 19.2.1997, pag. 16).ALLEGATO IIDEFINIZIONI DELLE MATERIE PRIMEAi fini della presente direttiva1) Fruttodesigna tutte le specie di frutta. Ai fini della presente direttiva, il pomodoro non costituisce una specie di frutta.2) Purea di fruttadesigna il prodotto fermentescibile ma non fermentato, ottenuto mediante stacciatura della parte commestibile dei frutti interi o senza buccia, senza eliminazione di succo.3) Purea concentrata di fruttadesigna il prodotto ottenuto dalla purea di frutta mediante eliminazione fisica di una determinata parte dell'acqua di costituzione.4) ZuccheriDesigna, relativamente alla produzione dia) nettari di frutta:- gli zuccheri definiti dalla direttiva 2001/111/CE del Consiglio del 20 dicembre 2001 relativa a determinati tipi di zucchero destinati all'alimentazione umana(1),- lo sciroppo di fruttosio,- gli zuccheri derivati dalla frutta;b) succo di frutta ottenuto da un succo concentrato:- gli zuccheri definiti dalla direttiva 2001/111/CE,- lo sciroppo di fruttosio;c) succhi di frutta: gli zuccheri di cui alla lettera b) con un contenuto di acqua inferiore al 2 %.5) Mieledesigna il prodotto definito dalla direttiva 2001/110/CE del Consiglio del 20 dicembre 2001 relativa al miele(2)6) Polpa o celluledesigna i prodotti ottenuti a partire dalle parti commestibili del frutto della stessa specie, senza eliminazione di succo. Per gli agrumi, per polpa o cellule si intendono gli agglomerati di succo ottenuti dall'endocarpo.(1) Vedi pagina 53 della presente Gazzetta ufficiale.(2) Vedi pagina 47 della presente Gazzetta ufficiale.ALLEGATO IIIDENOMINAZIONI SPECIFICHE DI TALUNI PRODOTTI ELENCATI NELL'ALLEGATO Ia) "Vruchtendrank", per i nettari di frutta;b) "Süßmost"La designazione "Süßmost" può essere utilizzata solo in concomitanza con le denominazioni "Fruchtsaft" o "Fruchtnektar":- per i nettari di frutta ottenuti esclusivamente da succhi di frutta, da succhi concentrati di frutta o da un miscuglio di questi due prodotti, non idonei al consumo tal quali a causa del loro elevato grado di acidità naturale,- per i succhi di frutta ottenuti da pere, con aggiunta di mele se del caso, ma senza aggiunta di zuccheri;c) "Succo e polpa" o "Sumo e polpa", per i nettari di frutta ottenuti esclusivamente da purea di frutta, anche concentrata;d) "Æblemost", per i succhi di mela senza aggiunta di zuccheri;e) - "Sur ... saft", completata dall'indicazione in lingua danese della frutta utilizzata, per i succhi senza aggiunta di zuccheri, ottenuti dai ribes neri, dalle ciliegie, dai ribes rossi, dai ribes bianchi, dai lamponi, dalle fragole o dalle bacche di sambuco,- "Sød ... saft" o "sødet ... saft", completata dall'indicazione in lingua danese della frutta utilizzata, per i succhi di questa stessa frutta, addizionati con più di 200 g di zuccheri per litro;f) "Äpplemust", per i succhi di mela senza aggiunta di zuccheri;g) "Mosto", sinonimo di succo di uva.ALLEGATO IVDISPOSIZIONI SPECIFICHE RELATIVE AI NETTARI DI FRUTTA>SPAZIO PER TABELLA> | Succhi di frutta e prodotti analoghi
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Stabilisce norme specifiche per la composizione, l’impiego di denominazioni riservate, le caratteristiche di fabbricazione e l’etichettatura dei succhi di frutta.
PUNTI CHIAVE
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Succhi di fruttaI prodotti oggetto della presente direttiva sono:i succhi di frutta, i succhi di frutta da concentrato, succhi di frutta concentrati, i succhi di frutta disidratati/in polvere, i succhi di frutta estratti con acqua e i nettari di frutta.Tali prodotti sono definiti in base alla loro composizione e ai loro processi di preparazione, al fine di favorire un utilizzo commerciale corretto e non ingannevole delle loro denominazioni per i consumatori. La direttiva definisce inoltre alcune denominazioni (tradizionali) particolari utilizzate in alcuni paesi e in alcune lingue.
EtichettaturaI succhi di frutta sono etichettati in conformità con le regole generali definite dal regolamento (UE) n. 1169/2011 sull’etichettatura dei prodotti alimentari (si veda la sintesi). Tuttavia, la presente direttiva prevede disposizioni specifiche per una migliore informazione dei consumatori. Tali disposizioni richiedono di indicare chiaramente nel nome del prodotto:se un prodotto è un miscuglio di diversi tipi di frutta;se un prodotto è ottenuto interamente o parzialmente a partire da un prodotto concentrato. A partire dalla modifica della direttiva 2012/12/UE, l’aggiunta di zuccheri ai succhi di frutta non è più consentita. Per quanto riguarda gli altri prodotti, gli zuccheri aggiunti dovranno continuare a essere indicati in etichetta, in conformità con il regolamento (UE) n. 1169/2011. Poiché in precedenza l’aggiunta di zuccheri era consentita, era frequente che alcuni operatori del settore alimentare indicassero in etichetta l’assenza di zuccheri aggiunti nei succhi di frutta per ragioni commerciali, attraverso l’indicazione «senza zuccheri aggiunti». L’uso di tale dichiarazione è stato vietato dopo la conclusione del periodo di transizione di diciotto mesi. Per consentire al settore di informare adeguatamente i consumatori durante il periodo di transizione e per ulteriori 18 mesi dopo la sua conclusione, gli operatori del settore alimentare hanno potuto inserire sulle etichette una dichiarazione per informare i consumatori che, da una certa data in poi, nessun succo di frutta conterrà zuccheri aggiunti. Per i prodotti ottenuti a partire da due o più tipi di frutta, fatta eccezione per i casi in cui si utilizza succo di limone e/o di lime, il nome del prodotto deve essere composto da un elenco dei tipi di frutta utilizzati, in ordine decrescente di volume dei succhi o delle puree presenti, come indicato nell’elenco degli ingredienti. Nel caso di prodotti ottenuti con tre o più frutti, l’indicazione dei tipi di frutta utilizzati può essere sostituita dalla dicitura «diversi frutti», da un’indicazione simile o dal numero di tipi di frutta utilizzati. Per i succhi di frutta concentrati, non destinati al consumatore finale, l’imballaggio deve riportare la presenza e la quantità di succo di limone, succo di lime o di sostanze acidificanti aggiunti sull’imballaggio, su un’etichetta apposta sull’imballaggio o su un documento di accompagnamento. La direttiva enumera le materie prime autorizzate per la fabbricazione dei succhi e nettari nonché gli additivi che possono essere autorizzati, salvo quanto stabilito dal regolamento (UE) n. 1169/2011 sull’etichettatura dei prodotti alimentari. I tenori minimi di succo e/o di purea di frutta nei nettari di frutta devono rispettare i livelli indicati nella presente direttiva e devono essere indicati sull’etichettatura del prodotto.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è entrata in vigore il 12 gennaio 2002 e doveva essere recepita dalle legislazioni nazionali dei paesi dell’Unione entro l’11 luglio 2003.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni consultare:Informazioni ai consumatori sugli alimenti — legislazione (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2001/112/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001, concernente i succhi di frutta e altri prodotti analoghi destinati all’alimentazione umana (GU L 10 del 12.1.2002, pag. 58).
Le successive modifiche alla direttiva 2001/112/CE sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento delegato (UE) n. 1040/2014 della Commissione, del 25 luglio 2014, che modifica la direttiva 2001/112/CE concernente i succhi di frutta e altri prodotti analoghi destinati all’alimentazione umana per adeguarne l’allegato I al progresso tecnico (GU L 288 del 2.10.2014, pag. 1). | 8,489 | 680 |
31989L0654 | false | Direttiva 89/654/CEE del Consiglio, del 30 novembre 1989, relativa alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute per i luoghi di lavoro (prima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE)
Gazzetta ufficiale n. L 393 del 30/12/1989 pag. 0001 - 0012 edizione speciale finlandese: capitolo 5 tomo 4 pag. 0170 edizione speciale svedese/ capitolo 5 tomo 4 pag. 0170
DIRETTIVA DEL CONSIGLIO del 30 novembre 1989 relativa alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute per i luoghi di lavoro (prima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE) (89/654/CEE) IL CONSIGLIO DELLE COMUNITÀ EUROPEE, visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 118 A, vista la proposta della Commissione (1), presentata previa consultazione del comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro, in cooperazione con il Parlamento europeo (2), visto il parere del Comitato economico e sociale (3), considerando che l'articolo 118 A del trattato prevede che il Consiglio adotti, mediante direttiva, prescrizioni minime per promuovere il miglioramento in particolare dell'ambiente di lavoro, per garantire un più elevato livello di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori; considerando che, a norma dell'articolo precitato, le direttive evitano di imporre vincoli amministrativi, finanziari e giuridici di natura tale da ostacolare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese; considerando che la comunicazione della Commissione circa il suo programma nel settore della sicurezza, dell'igiene e GU n. C 115 dell'8. 5. 1989, pag. 34 e GU n. C 284 del 10. 11. 1989, pag. 8. GU n. C 256 del 9. 10. 1988, pag. 51. della salute sul luogo di lavoro (4) prevede l'adozione di una direttiva volta a garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori sui luoghi di lavoro; considerando che il Consiglio, nella risoluzione del 21 dicembre 1987 concernente la sicurezza, l'igiene e la salute sul luogo di lavoro (5), ha preso atto dell'intenzione della Commissione di presentargli a breve termine prescrizioni minime riguardo alla sistemazione del luogo di lavoro; considerando che il rispetto delle prescrizioni minime atte a garantire un maggior livello di sicurezza e di salute per i luoghi di lavoro costituisce un imperativo per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori; considerando che la presente direttiva è una direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (6); che di conseguenza le disposizioni di quest'ultima direttiva si applicano pienamente al settore dei luoghi di lavoro, fatte salve le disposizioni più vincolanti e/o specifiche contenute nella presente direttiva; considerando che la presente direttiva costituisce un elemento concreto nell'ambito della realizzazione della dimensione sociale del mercato interno; considerando che, a norma della decisione 74/325/CEE (7), modificata da ultimo dall'atto di adesione del 1985, la Commissione consulta il comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro, ai fini dell'elaborazione di proposte in questo settore, HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA: SEZIONE I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1 Oggetto 1. La presente direttiva, che è la prima direttiva particolare ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1 della direttiva 89/391/CEE, stabilisce precisazioni minime di sicurezza e di salute per i luoghi di lavoro di cui all'articolo 2. 2. La presente direttiva non si applica: a) ai mezzi di trasporto utilizzati fuori dell'impresa e/o dello stabilimento, nonché ai luoghi di lavoro all'interno dei mezzi di trasporto; b) ai cantieri temporanei o mobili; c) alle industrie estrattive; d) ai pescherecci; e) ai campi, boschi e altri terreni facenti parte di un'impresa agricola o forestale, ma situati fuori dell'area edificata dell'impresa. 3. Le disposizioni della direttiva 89/391/CEE si applicano interamente a tutto il settore di cui al paragrafo 1, fatte salve le disposizioni più vincolanti e/o specifiche contenute nella presente direttiva. Articolo 2 Definizione Ai sensi della presente direttiva, s'intendono per luogo di lavoro i luoghi destinati a contenere posti di lavoro ubicati all'interno degli edifici dell'impresa e/o dello stabilimento, compresi ogni altro luogo nell'area dell'impresa e/o dello stabilimento accessibile al lavoratore nell'ambito del suo lavoro. SEZIONE II OBBLIGHI DEI DATORI DI LAVORO Articolo 3 Luoghi di lavoro utilizzati per la prima volta I luoghi di lavoro utilizzati per la prima volta successivamente al 31 dicembre 1992 devono soddisfare le prescrizioni minime di sicurezza e di salute di cui all'allegato I. Articolo 4 Luoghi di lavoro già utilizzati I luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1g gennaio 1993 devono soddisfare le prescrizioni minime di sicurezza e di salute di cui all'allegato II, al massimo tre anni dopo tale data. Tuttavia, per quanto concerne la Repubblica portoghese, i luoghi di lavoro già utilizzati prima del 1g gennaio 1993 devono soddisfare le prescrizioni minime di sicurezza e di salute di cui all'allegato II al massimo quattro anni dopo tale data. Articolo 5 Modifiche dei luoghi di lavoro Qualora ai luoghi di lavoro vengano apportate, successivamente al 31 dicembre 1992, modifiche, ampliamenti e/o trasformazioni, il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché tali modifiche, ampliamenti e/o trasformazioni siano conformi alle corrispondenti prescrizioni minime di cui all'allegato I. Articolo 6 Obbligazioni generali Per preservare la sicurezza e la salute dei lavoratori, il datore di lavoro deve provvedere: - a che le vie di circolazione che conducono a uscite e uscite d'emergenza, nonché le uscite e uscite d'emergenza stesse siano sgombre, in modo da poter essere utilizzate in ogni momento; - alla manutenzione tecnica dei luoghi di lavoro e degli impianti e dispositivi, segnatamente quelli di cui agli allegati I e II, nonché all'eliminazione, quanto più rapida possibile, dei difetti rilevati che possono pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori; - alla regolare pulitura dei luoghi di lavoro e degli impianti e dispositivi, segnatamente quelli di cui all'allegato I, punto 6 e all'allegato II, punto 6, onde assicurare condizioni di igiene adeguate; - alla regolare manutenzione e al controllo del funzionamento degli impianti e dispositivi di sicurezza, in particolare quelli di cui agli allegati I e II, destinati alla prevenzione o all'eliminazione dei pericoli. Articolo 7 Informazione dei lavoratori Fatto salvo l'articolo 10 della direttiva 89/391/CEE, i lavoratori e/o i loro rappresentanti sono informati di tutte le misure da prendere per quanto concerne la sicurezza e la salute sui luoghi di lavoro. Articolo 8 Consultazione e partecipazione dei lavoratori La consultazione e la partecipazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti si svolge conformemente all'articolo 11 della direttiva 89/391/CEE per tutte le materie disciplinate dalla presente direttiva, compresi i suoi allegati. SEZIONE III DISPOSIZIONI VARIE Articolo 9 Adattamento degli allegati Gli adattamenti di carattere prettamente tecnico degli allegati, in funzione: - dell'adozione di direttive in materia di armonizzazione tecnica e di normalizzazione, relative alla progettazione, alla fabbricazione o alla costruzione di componenti di luoghi di lavoro, e/o - del progresso tecnico, dell'evoluzione delle normative o delle specifiche internazionali e delle conoscenze nel campo dei luoghi di lavoro, sono adottati secondo la procedura prevista all'articolo 17 della direttiva 89/391/CEE. Articolo 10 Disposizioni finali 1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva al più tardi il 31 dicembre 1992. Essi ne informano immediatamente la Commissione. Tuttavia, per la Repubblica ellenica, la data applicabile è il 31 dicembre 1994. 2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni di diritto interno che hanno già adottato o che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva. 3. Gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione quinquennale sull'attuazione pratica delle disposizioni della presente direttiva, indicando i punti di vista delle parti sociali. La Commissione ne informa il Parlamento europeo, il Consiglio, il Comitato economico e sociale ed il comitato consultivo per la sicurezza, l'igiene e la tutela della salute sul luogo di lavoro. 4. La Commissione presenta periodicamente al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale una relazione sull'attuazione della presente direttiva, tenendo conto dei paragrafi 1, 2 e 3. Articolo 11 Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva. Fatto a Bruxelles, addì 30 novembre 1989. Per il Consiglio Il Presidente J. P. SOISSON (1) GU n. C 141 del 30. 5. 1988, pag. 6;(2) GU n. C 326 del 19 .12. 1988, pag. 123 e(3) GU n. C 175 del 4. 7. 1988, pag. 28.(4) GU n. C 28 del 3. 2. 1988, pag. 3. (5) GU n. C 28 del 3. 2. 1988, pag .1. (6) GU n. L 183 del 29. 6. 1989, pag. 1. (7) GU n. L 185 del 9. 7. 1974, pag. 15. ALLEGATO I PRESCRIZIONI MINIME DI SICUREZZA E DI SALUTE PER I LUOGHI DI LAVORO UTILIZZATI PER LA PRIMA VOLTA, DI CUI ALL'ARTICOLO 3 DELLA DIRETTIVA 1. Osservazione preliminare Gli obblighi previsti nel presente allegato sono di applicazione ogniqualvolta lo richiedano le caratteristiche del luogo di lavoro o dell'attività, le circostanze o un rischio. 2. Stabilità e solidità Gli edifici che ospitano i luoghi di lavoro devono essere stabili e possedere una solidità che corrisponda al loro tipo d'impiego. 3. Impianto elettrico L'impianto elettrico deve essere concepito e realizzato in modo da non costituire un pericolo d'incendio ed esplosione e far sì che le persone siano protette in modo adeguato dai rischi di infortunio che possono essere causati da contatti diretti o indiretti. La concezione, la realizzazione e la scelta del materiale e dei dispositivi di protezione devono tener conto della tensione, dei condizionamenti esterni e della competenza delle persone aventi accesso a parti dell'impianto. 4. Vie e uscite di emergenza 4.1. Le vie e uscite di emergenza devono rimanere sgombre e sboccare il più rapidamente possibile all'aperto o in una zona di sicurezza. 4.2. In caso di pericolo tutti i posti di lavoro devono poter essere evacuati rapidamente e in piena sicurezza da parte dei lavoratori. 4.3. Il numero, la distribuzione e le dimensioni delle vie e uscite d'emergenza dipendono dall'uso, dall'attrezzatura e dalle dimensioni dei luoghi di lavoro, nonché dal numero massimo di persone che possono essere presenti in detti luoghi. 4.4. Le porte di emergenza devono aprirsi verso l'esterno. Le porte di emergenza non devono essere chiuse, in modo da poter essere aperte facilmente e immediatamente da parte di qualsiasi persona che abbia bisogno di utilizzarle in caso di emergenza. Le porte scorrevoli e le porte a bussola che costituiscono specificamente porte d'emergenza sono vietate. 4.5. Le vie e uscite specifiche di emergenza devono essere oggetto di una segnaletica conforme alle norme nazionali che hanno recepito la direttiva 77/576/CEE (;). Detta segnaletica deve essere apposta nei luoghi appropriati ed essere durevole. 4.6. Le porte d'emergenza non devono essere chiuse a chiave. Le vie e uscite d'emergenza, nonché le vie di circolazione e le porte che vi danno accesso non devono essere ostruite da oggetti, in modo da poter essere utilizzate in ogni momento senza impedimenti. 4.7. Le vie e uscite d'emergenza che richiedono un'illuminazione devono essere dotate di un'illuminazione di sicurezza di intensità sufficiente nei casi di guasto dell'impianto elettrico. 5. Rilevazione e lotta antincendio 5.1. A seconda delle dimensioni e dell'uso degli edifici, delle attrezzature presenti, delle caratteristiche fisiche e chimiche delle sostanze presenti, nonché del numero massimo di persone che possono essere presenti, i luoghi di lavoro devono essere dotati di dispositivi adeguati per combattere l'incendio, e se del caso, di rilevatori di incendio e di sistemi di allarme. (;) GU n. L 229 del 7. 9. 1977, pag. 12. 5.2. I dispositivi non automatici di lotta antincendio devono essere facilmente accessibili e utilizzabili. Essi devono essere oggetto di una segnaletica conforme alle regole nazionali che hanno recepito la direttiva 77/576/CEE. Questa segnaletica deve essere apposta nei luoghi appropriati ed essere durevole. 6. Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi 6.1. Nei luoghi di lavoro chiusi, è necessario far sì che, tenendo conto dei metodi di lavoro e degli sforzi fisici ai quali sono sottoposti i lavoratori, essi dispongano di aria salubre in quantità sufficiente. Se viene utilizzato un impianto d'aerazione, esso deve essere sempre mantenuto funzionante. Ogni eventuale guasto deve essere segnalato da un sistema di controllo, quando ciò sia necessario per salvaguardare la salute dei lavoratori. 6.2. Se impianti di condizionamento dell'aria o di ventilazione meccanica sono utilizzati, essi devono funzionare in modo che i lavoratori non siano esposti a correnti d'aria fastidiose. Qualsiasi sedimento o sporcizia che potrebbe comportare un pericolo immediato per la salute dei lavoratori dovuto all'inquinamento dell'aria respirata deve essere eliminato rapidamente. 7. Temperatura dei locali 7.1. La temperatura nei locali di lavoro deve essere adeguata all'organismo umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro applicati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori. 7.2. La temperatura dei locali di riposo, dei locali per il personale di sorveglianza, dei servizi igienici, delle mense e dei locali di pronto soccorso deve essere conforme alla destinazione specifica di questi locali. 7.3. Le finestre, i lucernari e le pareti vetrate devono permettere di evitare un soleggiamento eccessivo dei luoghi di lavoro, tenendo conto del tipo di attività e della natura del luogo di lavoro. 8. Illuminazione naturale e artificiale dei locali 8.1. I luoghi di lavoro devono disporre, nella misura del possibile, di sufficiente luce naturale ed essere dotati di dispositivi che consentano un'illuminazione artificiale adeguata per salvaguardare la sicurezza e la salute dei lavoratori. 8.2. Gli impianti di illuminazione dei locali di lavoro e delle vie di circolazione devono essere installati in modo che il tipo d'illuminazione previsto non rappresenti un rischio di infortunio per i lavoratori. 8.3. I luoghi di lavoro nei quali i lavoratori sono particolarmente esposti a rischi in caso di guasto dell'illuminazione artificiale, devono disporre di un'illuminazione di sicurezza di sufficiente intensità. 9. Pavimenti, muri, soffitti e tetti dei locali 9.1. I pavimenti dei locali devono essere esenti da protuberanze, cavità o piani inclinati pericolosi; devono essere fissi, stabili e antisdrucciolevoli. I luoghi di lavoro in cui sono installati posti di lavoro devono essere provvisti di un isolamento termico sufficiente, tenuto conto del tipo di impresa e dell'attività fisica dei lavoratori. 9.2. Le superfici dei pavimenti, dei muri e dei soffitti nei locali devono essere tali da poter essere pulite e deterse per ottenere condizioni adeguate d'igiene. 9.3. Le pareti trasparenti o traslucide, in particolare le pareti completamente vetrate, nei locali o nelle vicinanze dei posti di lavoro e delle vie di circolazione devono esere chiaramente segnalate e costituite da materiali di sicurezza ovvero essere separate dai posti di lavoro e dalle vie di circolazione succitati, in modo tale che i lavoratori non possano entrare in contatto con le pareti né essere feriti qualora esse vadano in frantumi. 9.4. L'accesso ai tetti costituiti da materiali non sufficientemente resistenti può essere autorizzato soltanto se sono fornite attrezzature che permettano di eseguire il lavoro in tutta sicurezza. 10. Finestre e lucernari dei locali 10.1. Le finestre, i lucernari e i dispositivi di ventilazione devono poter essere aperti, chiusi, regolati e fissati dai lavoratori in tutta sicurezza. Quando sono aperti, essi non devono essere posizionati in modo da costituire un pericolo per i lavoratori. 10.2. Le finestre e i lucernari devono essere concepiti congiuntamente con l'attrezzatura o dotati di dispositivi che consentano la loro pulitura senza rischi per i lavoratori che effettuano tale lavoro, nonché per i lavoratori presenti nell'edificio e intorno ad esso. 11. Porte e portoni 11.1. La posizione, il numero, i materiali di realizzazione e le dimensioni delle porte e dei portoni sono determinati dalla natura e dall'uso dei locali o degli spazi. 11.2. Sulle porte trasparenti deve essere apposto un segno indicativo all'altezza degli occhi. 11.3. Le porte e i portoni a battente devono essere trasparenti o essere muniti di pannelli trasparenti. 11.4. Se le superfici trasparenti o traslucide di porte e portoni non sono costituite da materiali di sicurezza e c'è da temere che i lavoratori possano essere feriti se una porta o un portone va in frantumi, dette superfici devono essere protette contro lo sfondamento. 11.5. Le porte scorrevoli devono disporre di un sistema di sicurezza che impedisca loro di uscire dalle guide e di cadere. 11.6. Le porte e i portoni che si aprono verso l'alto devono disporre di un sistema di sicurezza che impedisca loro di ricadere. 11.7. Le porte situate sul percorso delle vie di emergenza devono essere contrassegnate in maniera appropriata. Esse devono poter essere aperte ad ogni momento dall'interno senza aiuto speciale. Quando i luoghi di lavoro sono occupati, le porte devono poter essere aperte. 11.8. Immediatamente accanto ai portoni destinati essenzialmente alla circolazione dei veicoli devono esistere, a meno che il passaggio dei pedoni sia sicuro, porte per la circolazione dei pedoni che devono essere segnalate in modo visibile e essere sgombre in permanenza. 11.9. Le porte e i portoni meccanici devono funzionare senza rischi di infortuni per i lavoratori. Essi debbono essere muniti di dispositivi di arresto di emergenza facilmente identificabili ed accessibili e poter essere aperte anche manualmente, salvo che si aprano automaticamente in caso di mancanza di corrente. 12. Vie di circolazione - zone di pericolo 12.1. Le vie di circolazione, comprese scale, scale fisse e banchine e rampe di carico, devono essere situate e calcolate in modo tale che i pedoni o i veicoli possano utilizzarle facilmente in piena sicurezza e conformemente alla loro destinazione e che i lavoratori operanti nelle vicinanze di queste vie di circolazione non corrano alcun rischio. 12.2. Il calcolo delle dimensioni delle vie di circolazione per persone e/o merci dovrà basarsi sul numero potenziale di utenti e sul tipo di impresa. Qualora sulle vie di circolazione siano utilizzati mezzi di trasporto, dovrà essere prevista per i pedoni una distanza di sicurezza sufficiente. 12.3. Le vie di circolazione destinate ai veicoli devono passare ad una distanza sufficiente da porte, portoni, passaggi per pedoni, corridoi e scale. 12.4. Nella misura in cui l'uso e l'attrezzatura dei locali lo esigano per garantire la protezione dei lavoratori, il tracciato delle vie di circolazione deve essere evidenziato. 12.5. Se i luoghi di lavoro comportano zone a rischio in funzione della natura del lavoro e presentano rischi di cadute dei lavoratori o rischi di cadute d'oggetti, tali luoghi dovranno essere dotati, nella misura del possibile, di dispositivi per impedire che i lavoratori non autorizzati possano accedere a dette zone. Devono essere prese misure appropriate per proteggere i lavoratori autorizzati ad accedere alle zone a rischio. Le zone a rischio devono essere segnalate in modo chiaramente visibile. 13. Misure specifiche per le scale e i marciapiedi mobili Le scale e i marciapiedi mobili devono funzionare in piena sicurezza. Essi devono essere muniti dei necessari dispositivi di sicurezza. Essi devono possedere dispositivi di arresto di emergenza facilmente identificabili e accessibili. 14. Banchine e rampe di carico 14.1. Le banchine e rampe di carico devono essere adeguate alle dimensioni dei carichi trasportati. 14.2. Le banchine di carico devono disporre di almeno un'uscita. Ove sia tecnicamente possibile, le banchine di carico che superano una certa lunghezza devono disporre di un'uscita a ciascuna estremità. 14.3. Le rampe di carico devono offrire, per quanto possibile, una sicurezza tale da evitare che i lavoratori possano cadere. 15. Dimensioni e volume d'aria nei locali, spazio per la libertà di movimento sul posto di lavoro 15.1. I locali di lavoro devono avere una superficie, un'altezza e un volume d'aria tali da permettere ai lavoratori di eseguire il lavoro senza rischi per la sicurezza, la salute e il benessere. 15.2. Le dimensioni della superficie libera senza mobili del posto di lavoro devono essere calcolate in modo tale che il personale disponga di sufficiente libertà di movimento per le sue attività. Se questo criterio nun può essere rispettato per motivi propri al posto di lavoro, il lavoratore deve poter disporre nelle vicinanze del suo posto di lavoro di un altro spazio libero sufficiente. 16. Locali di riposo 16.1. Quando la sicurezza e la salute dei lavoratori, segnatamente a causa del tipo di attività o del numero dei lavoratori, superiore ad un determinato limite, lo richiedano, i lavoratori devono poter disporre di un locale di riposo facilmente accessibile. Questa disposizione non si applica quando il personale lavora in uffici o in analoghi locali di lavoro che offrano equivalenti possibilità di riposo durante la pausa. 16.2. I locali di riposo devono avere dimensioni sufficienti e essere dotati di un numero di tavoli e di sedili con schienale in funzione del numero dei lavoratori. 16.3. Nei locali di riposo si devono adottare misure adeguate per la protezione dei non fumatori contro gli inconvenienti del fumo. 16.4. Quando il tempo di lavoro è interrotto regolarmente e frequentemente e non esistono locali di riposo, devono essere messi a disposizione del personale altri locali affinché questi possa soggiornarvi durante l'interruzione del lavoro nel caso in cui la sicurezza o la salute dei lavoratori lo esiga. In detti locali è opportuno prevedere misure adeguate per la protezione dei non fumatori contro gli inconvenienti del fumo. 17. Donne incinte e madri che allattanoLe donne incinte e le madri che allattano devono avere la possibilità di riposarsi in posizione distesa in condizioni appropriate. 18. Servizi sanitari 18.1. Spogliatoi e armadi per il vestiario 18.1.1. Spogliatoi appropriati devono essere messi a disposizione dei lavoratori quando questi devono indossare indumenti di lavoro speciali e non si possa loro chiedere, per ragioni di salute o di decenza, di cambiarsi in un altro locale. Gli spogliatoi devono essere facilmente accessibili, avere una capacità sufficiente ed essere muniti di sedili. 18.1.2. Gli spogliatoi devono avere dimensioni sufficienti ed essere dotati di attrezzature che consentano a ciascun lavoratore di chiudere a chiave i propri indumenti durante il tempo di lavoro. Ove le circostanze lo richiedano (ad esempio, sostanze pericolose, umidità, sporcizia), gli armadi per gli indumenti da lavoro devono essere separti da quelli per gli indumenti privati. 18.1.3. Spogliatoi separati o un'utilizzazione separata degli stessi devono essere previsti per gli uomini e per le donne. 18.1.4. Qualora gli spogliatoi non risultino necessari ai sensi del punto 8.1.1, ciascun lavoratore deve poter disporre di uno spazio per riporre i propri indumenti. 18.2. Docce, lavabi 18.2.1. Docce sufficienti ed appropriate devono essere messe a disposizione dei lavoratori quando il tipo di attività o la salubrità lo esigano. Devono essere previsti locali per le docce separati per uomini e donne o un'utilizzazione separata degli stessi. 18.2.2. I locali delle docce devono avere dimensioni sufficienti per permettere a ciascun lavoratore di rassettarsi senza impacci e in condizioni appropriate di igiene. Le docce devono essere dotate di acqua corrente calda e fredda. 18.2.3. Qualora le docce non risultino necessarie ai sensi del punto 18.2.1, primo comma, nelle vicinanze dei posti di lavoro devono essere collocati lavabi sufficienti ed appropriati con acqua corrente calda, se necessario. Devono essere previsti lavabi separati per uomini e donne ovvero un'utilizzazione separata dei lavabi, qualora ciò sia necessario per motivi di decenza. 18.2.4. Benché siano locali separati, le docce o i lavabi e gli spogliatoi devono facilmente comunicare tra loro. 18.3. Gabinetti e lavabi I lavoratori devono disporre in prossimità dei loro posti di lavoro dei locali di riposo, degli spogliatoi, delle docce o lavabi di locali speciali dotati di un numero sufficiente di gabinetti e di lavabi. Per uomini e donne devono essere previsti gabinetti separati o un'utilizzazione separata degli stessi. 19. Locali adibiti al pronto soccorso 19.1. Qualora l'importanza dei locali, il tipo di attività in essi svolta a la frequenza degli infortuni lo richiedano, occorre prevedere uno o più locali adibiti al pronto soccorso. 19.2. I locali adibiti al pronto soccorso devono essere dotati di apparecchi e di materiale di pronto soccorso indispensabili ed essere facilmente accessibili con barelle. Essi devono essere oggetto di una segnaletica conforme alle regole nazionali che hanno recepito la direttiva 77/576/CEE. 19.3. Il materiale di pronto soccorso deve inoltre essere disponibile in tutti i luoghi in cui le condizioni di lavoro lo richiedano. Esso deve essere oggetto di una segnaletica appropriata e deve essere facilmente accessibile. 20. Lavoratori portatori di handicap I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, di eventuali lavoratori portatori di handicap. Questo obbligo vige in particolare per le porte, le vie di circolazione, le scale, le docce, i lavatoi, i gabinetti e i posti di lavoro utilizzati od occupati direttamente da lavoratori portatori di handicap. 21. Luoghi di lavoro esterni (disposizioni particolari) 21.1. I posti di lavoro, le vie di circolazione e altri luoghi o impianti all'aperto utilizzati od occupati dai lavoratori durante le loro attività devono essere concepiti in modo tale che la circolazione dei pedoni e dei veicoli possa avvenire in modo sicuro. I punti 12, 13 e 14 sono altresì applicabili alle vie di circolazione principali sul terreno dell'impresa (vie di circolazione che portano a posti di lavoro fissi), alle vie di circolazione utilizzate per la regolare manutenzione e sorveglianza degli impianti dell'impresa, nonché alle banchine di carico. Il punto 12 si applica per analogia ai luoghi di lavoro esterni. 21.2. I luoghi di lavoro all'aperto devono essere opportunamente illuminati con luce artificiale quando la luce del giorno non è sufficiente. 21.3. Quando i lavoratori occupano posti di lavoro all'aperto, questi posti devono essere strutturati, per quanto possibile, in modo tale che i lavoratori: a) siano protetti contro gli agenti atmosferici e, se necessario, contro la caduta di oggetti; b) non siano esposti a livelli sonori nocivi o ad agenti esterni nocivi (ad esempio, gas, vapori, polveri); c) possano abbandonare rapidamente il posto di lavoro in caso di pericolo o possano essere soccorsi rapidamente; d) non possano scivolare o cadere. ALLEGATO II PRESCRIZIONI MINIME DI SICUREZZA E DI SALUTE PER I LUOGHI DI LAVORO GIÀ UTILIZZATI, DI CUI ALL'ARTICOLO 4 DELLA DIRETTIVA 1. Osservazioni preliminari Gli obblighi previsti nel presente allegato sono di applicazione ogniqualvolta le caratteristiche del luogo di lavoro o dell'attività, le circostanze o un rischio lo richiedano. 2. Stabilità e solidità Gli edifici che ospitano i luoghi di lavoro devono possedere strutture e solidità corrispondenti al loro tipo di utilizzazione. 3. Impianto elettrico L'impianto elettrico non deve costituire un pericolo d'incendio o di esplosione; le persone devono essere protette in modo adeguato dai rischi di infortunio che possono essere causati da contatti diretti o indiretti. L'impianto elettrico e i dispositivi di protezione devono tener conto della tensione, dei condizionamenti esterni e della competenza delle persone aventi accesso a parti dell'impianto. 4. Vie e uscite di emergenza 4.1. Le vie e uscite di emergenza devono restare sgombre e sboccare il più direttamente possibile all'aperto o in una zona di sicurezza. 4.2. In caso di pericolo, tutti i posti di lavoro devono poter essere evacuati rapidamente e in piena sicurezza per i lavoratori. 4.3. Le vie e uscite di emergenza devono essere in numero sufficiente. 4.4. Le porte di emergenza devono aprirsi verso l'esterno. Le porte di emergenza non devono essere chiuse, in modo da poter essere aperte facilmente e immediatamente da parte di qualsiasi persona che abbia bisogno di utilizzarle in caso di emergenza. Le porte scorrevoli e le porte a bussola che costituiscono specificamente porte di emergenza sono vietate. 4.5. Le vie e uscite specifiche di emergenza devono essere oggetto di una segnaletica conforme alle regole nazionali che hanno recepito la dirittiva 77/576/CEE. Questa segnaletica deve essere apposta nei luoghi appropriati e deve essere durevole. 4.6. Le porte d'emergenza non devono essere chiuse a chiave. Le vie e uscite d'emergenza, nonché le vie di circolazione e le porte che vi danno accesso non devono essere ostruite da oggetti, in modo da poter essere utilizzate in ogni momento senza impedimenti. 4.7. Le vie e uscite d'emergenza che richiedono un'illuminazione devono essere dotate di un'illuminazione di sicurezza di intensità sufficiente nei casi di guasto all'impianto elettrico. 5. Rilevazione e lotta antincendio 5.1. A seconda delle dimensioni e dell'uso degli edifici, delle attrezzature presenti, delle caratteristiche fisiche e chimiche delle sostanze presenti, nonché del numero massimo di persone che possono essere presenti, i luoghi di lavoro devono essere dotati di dispositivi adeguati per combattere l'incendio e, se del caso, di rilevatori di incendio e di sistemi di allarme. 5.2. I dispositivi non automatici di lotta antincendio devono essere facilmente accessibili e utilizzabili. Essi devono essere oggetto di una segnaletica conforme alle regole nazionali che hanno recepito la direttiva 77/576/CEE. Questa segnaletica deve essere apposta nei luoghi appropriati ed essere durevole. 6. Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi Nei luoghi di lavoro chiusi, è necessario far sì che, tenendo conto dei metodi di lavoro e degli sforzi fisici ai quali sono sottoposti i lavoratori, essi dispongano di aria salubre in quantità sufficiente. Se viene utilizzato un impianto d'aerazione, esso deve essere sempre mantenuto funzionante. Ogni eventuale guasto deve essere segnalato da un sistema di controllo, quando ciò sia necessario per salvaguardare la salute dei lavoratori. 7. Temperatura dei locali 7.1. La temperatura nei locali di lavoro deve essere adeguata all'organismo umano durante il tempo di lavoro, tenuto conto dei metodi di lavoro applicati e degli sforzi fisici imposti ai lavoratori. 7.2. La temperatura dei locali di riposo, dei locali per il personale di sorveglianza, dei servizi igienici, delle mense e dei locali di pronto soccorso deve essere conforme alla destinazione specifica di questi locali. 8. Illuminazione naturale e artificiale dei locali 8.1. I luoghi di lavoro devono disporre, nella misura del possibile, di sufficiente luce naturale ed essere dotati di dispositivi che consentano un'illuminazione artificiale adeguata per salvaguardare la sicurezza e la salute dei lavoratori. 8.2. I luoghi di lavoro nei quali i lavoratori sono particolarmente esposti a rischi in caso di guasto dell'illuminazione artificiale, devono disporre di un'illuminazione di sicurezza di sufficiente intensità. 9. Porte e portoni 9.1. Sulle porte trasparenti deve essere apposto un segno indicativo all'altezza degli occhi. 9.2. Le porte e i portoni a battente devono essere trasparenti o essere muniti di pannelli trasparenti. 10. Zone di pericolo Se i luoghi di lavoro comportano zone a rischio, in funzione della natura del lavoro e presentano rischi di cadute dei lavoratori o rischi di cadute d'oggetti, tali luoghi devono essere dotati, nella misura del possibile, di dispositivi per impedire che i lavoratori non autorizzati possano accedere a dette zone. Devono essere prese misure appropriate per proteggere i lavoratori autorizzati ad accedere alle zone a rischio. Le zone a rischio devono essere segnalate in modo chiaramente visibile. 11. Locali e posti di riposo 11.1. Quando la sicurezza o la salute dei lavoratori, segnatamente a causa del tipo di attività o del numero dei lavoratori, superiore ad un determinato limite, lo richiedano, i lavoratori devono poter disporre di un locale o posto appropriato di riposo facilmente accessibile. Questa disposizione non si applica quando il personale lavora in uffici o in analoghi locali di lavoro che offrano equivalenti possibilità di riposo durante la pausa. 11.2. I locali e posti di riposo devono essere dotati di tavoli e di sedili con schienale. 11.3. Nei locali e posti di riposo si devono adottare misure adeguate per la protezione dei non fumatori contro gli inconvenienti del fumo. 12. Donne incinte e madri che allattano Le donne incinte e le madri che allattano devono avere la possibilità di riposarsi in posizione distesa in condizioni appropriate. 13. Servizi sanitari 13.1. Spogliatoi e armadi per il vestiario 13.1.1. Spogliatoi appropriati devono essere messi a disposizione dei lavoratori quando questi devono indossare indumenti di lavoro speciali e non si possa loro chiedere, per ragioni di salute o di decenza, di cambiarsi in un altro locale. Gli spogliatoi devono essere facilmente accessibili ed avere una capacità sufficiente. 13.1.2. Gli spogliatoi devono essere dotati di attrezzature che consentano a ciascun lavoratore di chiudere a chiave i propri indumenti durante il tempo di lavoro. Ove le circostanze lo richiedano (ad esempio, sostanze pericolose, umidità, sporcizia), gli armadi per gli indumenti da lavoro devono essere separati da quelli per gli indumenti privati. 13.1.3. Spogliatoi separati o un'utilizzazione separata degli stessi devono essere previsti per gli uomini e per le donne. 13.2. Docce, gabinetti e lavabi 13.2.1. I luoghi di lavoro devono essere strutturati in modo che i lavoratori dispongano nelle vicinanze: - di docce, se la natura delle loro attività lo richiede; - di locali speciali muniti di un numero sufficiente di gabinetti e lavabi. 13.2.2. Le docce ed i lavabi devono essere dotati di acqua corrente calda, se necessario. 13.2.3. Docce separate o un'utilizzazione separata delle stesse devono essere previste per gli uomini e per le donne. Gabinetti separati o un'utilizzazione separata degli stessi devono essere previsti per gli uomini e per le donne. 14. Materiali di pronto soccorso I locali di lavoro devono essere dotati di materiale di pronto soccorso. Il materiale deve essere oggetto di una segnaletica appropriata e deve essere facilmente accessibile. 15. Lavoratori portatori di handicap I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, dei lavoratori portatori di handicap. Questa disposizione si applica in particolare per le porte, le vie di comunicazione, le scale, le docce, i lavatoi, i gabinetti e i posti di lavoro utilizzati ed occupati direttamente da lavoratori portatori di handicap. 16. Circolazione dei pedoni e dei veicoli I luoghi di lavoro interni ed esterni devono essere concepiti in modo tale che la circolazione dei pedoni e dei veicoli possa avvenire in modo sicuro. 17. Luoghi di lavoro esterni (disposizioni particolari) Quando i lavoratori occupano posti di lavoro all'aperto, questi posti devono essere strutturati, per quanto possibile, in modo tale che i lavoratori: a) siano protetti contro gli agenti atmosferici e, se necessario, contro la caduta di oggetti: b) non siano esposti a livelli sonori nocivi o ad agenti esterni nocivi (ad esempio, gas, vapori, polveri); c) possano abbandonare rapidamente il posto di lavoro in caso di pericolo o possano essere soccorsi rapidamente; d) non possano scivolare o cadere. | Prescrizioni minime di sicurezza e salute per i luoghi di lavoro
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Stabilisce prescrizioni minime volte a tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori sul luogo di lavoro*.
Integra le disposizioni generali della direttiva 89/391/CEE in materia di sicurezza e sanità sul luogo di lavoro.
PUNTI CHIAVE
La direttiva non si applica:ai mezzi di trasporto utilizzati fuori dell’impresa, nonché ai luoghi di lavoro all’interno dei mezzi di trasporto; ai cantieri temporanei o mobili; alle industrie estrattive; ai pescherecci; ai campi, boschi e altri terreni situati fuori dell’area edificata di un’impresa agricola o forestale. Obblighi dei datori di lavoro
Le prescrizioni minime di sicurezza e di salute applicabili sono riportate nell’allegato I della direttiva, nel caso in cui i luoghi di lavoro siano stati utilizzati per la prima volta dopo il 31 dicembre 1992 o qualora a tali luoghi siano state apportate modifiche dopo tale data. I luoghi di lavoro utilizzati già prima del 1° gennaio 1993 dovevano soddisfare i requisiti stabiliti nell’allegato II della direttiva.
Inoltre, il datore di lavoro deve provvedere:alla presenza di uscite d’emergenza sgombre in modo da poter essere utilizzate in ogni momento; alla corretta manutenzione tecnica dei luoghi, degli impianti e dei dispositivi, nonché all’eliminazione rapida degli elementi difettosi che possono determinare rischi; a condizioni di igiene adeguate; al controllo e alla manutenzione regolare degli impianti di sicurezza, di prevenzione e di eliminazione dei pericoli. Informazione e consultazione dei lavoratoriI lavoratori e/o i loro rappresentanti sono informati di tutte le misure da prendere per tutelare la loro salute e la loro sicurezza. Vengono consultati per tutte le questioni e le misure legate a tale ambito, conformemente alle norme stabilite dalla direttiva 89/391/CEE. Trasmissione delle relazioni
I paesi dell’UE presentano alla Commissione europea una relazione quinquennale sull’attuazione della direttiva 89/391/CEE e delle direttive correlate, compresa la direttiva 89/654/CEE.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è entrata in vigore dal 15 dicembre 1989 e doveva diventare legge negli Stati membri entro il 31 dicembre 1992.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, consultare:Salute e sicurezza sul lavoro (Commissione europea) Direttiva 89/654/CEE: prescrizioni per i luoghi di lavoro (Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro).
PAROLE CHIAVE
Luogo di lavoro: i luoghi ubicati all’interno degli edifici dell’impresa in cui è impiegato un lavoratore, compreso ogni altro luogo nell’area dell’impresa accessibile al lavoratore nell’ambito del suo lavoro.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 89/654/CEE del Consiglio, del 30 novembre 1989, relativa alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute per i luoghi di lavoro (prima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) (GU L 393 del 30.12.1989, pagg. 1-12).
Modifiche successive alla direttiva 89/654/CEE sono state integrate nel testo originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU L 183 del 29.6.1989, pagg. 1-8).
Cfr. la versione consolidata. | 12,627 | 927 |
32006L0114 | false | DIRETTIVA 2006/114/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 12 dicembre 2006
concernente la pubblicità ingannevole e comparativa
(versione codificata)
(Testo rilevante ai fini del SEE)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 95,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 84/450/CEE del Consiglio, del 10 settembre 1984, concernente la pubblicità ingannevole e comparativa (3) è stata più volte modificata in modo sostanziale (4). Per ragioni di chiarezza e razionalizzazione è opportuno procedere alla codificazione di tale direttiva.
(2)
Esistono grandi disparità delle disposizioni legislative vigenti negli Stati membri in materia di pubblicità ingannevole. La pubblicità si estende oltre i confini dei singoli Stati membri e quindi ha un'incidenza diretta sul corretto funzionamento del mercato interno.
(3)
La pubblicità ingannevole ed illegittimamente comparativa può condurre ad una distorsione di concorrenza nel mercato interno.
(4)
La pubblicità, indipendentemente dal fatto che essa porti o no alla conclusione di un contratto, influisce sulla situazione economica dei consumatori e dei professionisti.
(5)
La difformità delle disposizioni degli Stati membri in materia di pubblicità che induce in inganno le imprese ostacola la realizzazione di campagne pubblicitarie oltre i confini nazionali e quindi incide sulla libera circolazione di merci e servizi.
(6)
Il completamento del mercato interno comporta una grande varietà dell’offerta. Poiché i consumatori e i professionisti possono e devono ricavare il massimo vantaggio dal mercato interno, e la pubblicità costituisce uno strumento molto importante per aprire sbocchi reali in tutta la Comunità per qualsiasi bene o servizio, le disposizioni essenziali che disciplinano la forma e il contenuto della pubblicità comparativa dovrebbero essere uniformi e le condizioni per l’utilizzazione della pubblicità comparativa in tutti gli Stati membri dovrebbero essere armonizzate. Il rispetto di queste condizioni contribuirà a mettere oggettivamente in evidenza i pregi dei vari prodotti comparabili. La pubblicità comparativa può anche stimolare la concorrenza tra i fornitori di beni e di servizi nell’interesse dei consumatori.
(7)
Si dovrebbero fissare dei criteri minimi oggettivi in base ai quali si possa giudicare se una determinata forma di pubblicità è ingannevole.
(8)
La pubblicità comparativa che confronti caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili e rappresentative e non sia ingannevole, può essere un mezzo legittimo per informare i consumatori nel loro interesse. È opportuno definire un concetto generale di pubblicità comparativa per includere tutte le forme della stessa.
(9)
È opportuno stabilire le condizioni della pubblicità comparativa lecita, per quanto riguarda il confronto, per determinare quali prassi in materia di pubblicità comparativa possono comportare una distorsione della concorrenza, svantaggiare i concorrenti e avere un'incidenza negativa sulla scelta dei consumatori. Tali condizioni di pubblicità lecita dovrebbero includere criteri di confronto obiettivo delle caratteristiche di beni e servizi.
(10)
Le convenzioni internazionali sui diritti d'autore nonché le disposizioni nazionali in materia di responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale dovrebbero essere applicate quando si fa riferimento, o si riproduce, nella pubblicità comparativa, il risultato di test comparativi effettuati da terzi.
(11)
Le condizioni della pubblicità comparativa dovrebbero essere cumulative e soddisfatte nella loro interezza. A norma del trattato, la scelta della forma e dei mezzi di applicazione di tali condizioni dovrebbe essere lasciata agli Stati membri, nella misura in cui forma e mezzi non siano già determinati dalla presente direttiva.
(12)
Queste condizioni dovrebbero, in particolare, tener conto delle disposizioni del regolamento (CE) n. 510/2006 del Consiglio, del 20 marzo 2006, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli ed alimentari (5), in particolare l'articolo 13 e le altre disposizioni adottate dalla Comunità nel settore agricolo.
(13)
L'articolo 5 della prima direttiva 89/104/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi di impresa (6), conferisce al titolare di un marchio di impresa registrato un diritto esclusivo, che comporta in particolare il diritto di vietare ai terzi di usare nel commercio un segno identico o simile per prodotti o servizi identici o, se del caso, anche per altri prodotti.
(14)
Per poter svolgere una pubblicità comparativa efficace può, tuttavia, essere indispensabile identificare i prodotti o i servizi di un concorrente, facendo riferimento ad un marchio di cui quest'ultimo è titolare, oppure alla sua denominazione commerciale.
(15)
Una simile utilizzazione del marchio, della denominazione commerciale o di altri segni distintivi appartenenti ad altri, se avviene nel rispetto delle condizioni stabilite dalla presente direttiva, non viola il diritto esclusivo del titolare del marchio, essendo lo scopo unicamente quello di effettuare distinzioni tra di loro e quindi di metterne obiettivamente in rilievo le differenze.
(16)
Le persone o le organizzazioni che in base alla legislazione nazionale si considerano aventi un diritto o interesse legittimo nel caso di specie dovrebbero avere la possibilità di agire contro la pubblicità ingannevole ed illegittimamente comparativa davanti ad un tribunale o ad un'autorità amministrativa avente la competenza di giudicare in merito ai ricorsi oppure di promuovere un'adeguata azione giudiziaria.
(17)
I tribunali o gli organi amministrativi dovrebbero avere il potere di ordinare ed ottenere la cessazione della pubblicità ingannevole ed illegittimamente comparativa. In certi casi può essere opportuno vietare la pubblicità ingannevole ed illegittimamente comparativa anche prima che essa sia stata portata a conoscenza del pubblico. Tuttavia ciò non implica assolutamente che gli Stati membri siano tenuti ad istituire una regolamentazione che preveda un sistematico controllo preliminare della pubblicità.
(18)
I controlli volontari esercitati da organismi autonomi per eliminare la pubblicità ingannevole ed illegittimamente comparativa possono evitare azioni giudiziarie o ricorsi amministrativi e devono quindi essere incoraggiati.
(19)
Pur spettando al diritto nazionale stabilire l'onere della prova, è appropriato attribuire agli organi giurisdizionali e alle autorità amministrative il potere di esigere che il professionista fornisca prove sull'esattezza delle allegazioni fattuali che ha presentato.
(20)
La regolamentazione della pubblicità comparativa appare necessaria per il buon funzionamento del mercato interno e un'azione a livello comunitario s'impone. L'adozione di una direttiva è la misura appropriata poiché stabilisce i principi generali uniformi, pur consentendo agli Stati membri di scegliere la forma e i mezzi appropriati per raggiungere detti obiettivi. Essa è conforme al principio di sussidiarietà.
(21)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione e applicazione di cui all’allegato I, parte B,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
La presente direttiva ha lo scopo di tutelare i professionisti dalla pubblicità ingannevole e dalle sue conseguenze sleali e di stabilire le condizioni di liceità della pubblicità comparativa.
Articolo 2
Ai sensi della presente direttiva si intende per
a)
«pubblicità», qualsiasi forma di messaggio che sia diffuso nell'esercizio di un'attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, allo scopo di promuovere la fornitura di beni o servizi, compresi i beni immobili, i diritti e gli obblighi;
b)
«pubblicità ingannevole», qualsiasi pubblicità che in qualsiasi modo, compresa la sua presentazione, induca in errore o possa indurre in errore le persone alle quali è rivolta o che essa raggiunge e che, dato il suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il comportamento economico di dette persone o che, per questo motivo, leda o possa ledere un concorrente;
c)
«pubblicità comparativa», qualsiasi pubblicità che identifica in modo esplicito o implicito un concorrente o beni o servizi offerti da un concorrente;
d)
«professionista», qualsiasi persona fisica o giuridica che agisca nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale; e chiunque agisca in nome o per conto di un professionista;
e)
«responsabile del codice», qualsiasi soggetto, compresi un professionista o un gruppo di professionisti, responsabile della formulazione e della revisione di un codice di condotta e/o del controllo del rispetto del codice da parte di coloro che si sono impegnati a rispettarlo.
Articolo 3
Per determinare se la pubblicità sia ingannevole, se ne devono considerare tutti gli elementi, in particolare i suoi riferimenti:
a)
alle caratteristiche dei beni o dei servizi, quali la loro disponibilità, la natura, esecuzione, composizione, il metodo e la data di fabbricazione o della prestazione, l'idoneità allo scopo, gli usi, la quantità, la descrizione, l'origine geografica o commerciale o i risultati che si possono attendere dal loro uso, o i risultati e le caratteristiche fondamentali di prove e controlli effettuati sui beni o sui servizi;
b)
al prezzo o al modo in cui questo viene calcolato, e alle condizioni alle quali i beni o i servizi vengono forniti;
c)
alla natura, alle qualifiche e ai diritti dell'operatore pubblicitario, quali l'identità, il patrimonio, le capacità, i diritti di proprietà industriale, commerciale o intellettuale ed i premi o riconoscimenti.
Articolo 4
Per quanto riguarda il confronto, la pubblicità comparativa è ritenuta lecita qualora rispetti soddisfatte le seguenti condizioni: che essa
a)
non sia ingannevole ai sensi dell'articolo 2, lettera b, e degli articoli 3 e 8, paragrafo 1 della presente direttiva o degli articoli 6 e 7 della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno (direttiva sulle pratiche commerciali sleali) (7);
b)
confronti beni o servizi che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono gli stessi obiettivi;
c)
confronti obiettivamente una o più caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili e rappresentative, compreso eventualmente il prezzo, di tali beni e servizi;
d)
non causi discredito o denigrazione di marchi, denominazioni commerciali, altri segni distintivi, beni, servizi, attività o circostanze di un concorrente;
e)
per i prodotti recanti denominazione di origine, si riferisca in ogni caso a prodotti aventi la stessa denominazione;
f)
non tragga indebitamente vantaggio dalla notorietà connessa al marchio, alla denominazione commerciale o ad altro segno distintivo di un concorrente o alle denominazioni di origine di prodotti concorrenti;
g)
non rappresenti un bene o servizio come imitazione o contraffazione di beni o servizi protetti da un marchio o da una denominazione commerciale depositati;
h)
non ingeneri confusione tra i professionisti, tra l'operatore pubblicitario ed un concorrente o tra i marchi, le denominazioni commerciali, altri segni distintivi, i beni o i servizi dell'operatore pubblicitario e quelli di un concorrente.
Articolo 5
1. Gli Stati membri assicurano la disponibilità di mezzi adeguati ed efficaci per combattere la pubblicità ingannevole e garantire l'osservanza delle disposizioni in materia di pubblicità comparativa nell'interesse dei professionisti e dei concorrenti.
Tali mezzi includono disposizioni giuridiche a norma delle quali persone od organizzazioni aventi secondo la legislazione nazionale un legittimo interesse a combattere la pubblicità ingannevole o la regolamentazione della pubblicità comparativa possano:
a)
promuovere un'azione giudiziaria contro tale pubblicità
o
b)
sottoporre tale pubblicità al giudizio di un'autorità amministrativa competente a giudicare in merito ai ricorsi oppure a promuovere un'adeguata azione giudiziaria.
2. Spetta a ciascuno Stato membro decidere a quali dei mezzi di cui al paragrafo 1, secondo comma si debba ricorrere e se sia opportuno che l'organo giurisdizionale o amministrativo sia autorizzato ad esigere che si ricorra in via preliminare ad altri mezzi previsti per risolvere le controversie, compresi quelli di cui all'articolo 6.
Spetta a ciascuno Stato membro decidere:
a)
se le azioni giudiziarie possano essere promosse singolarmente o congiuntamente contro più professionisti dello stesso settore economico
e
b)
se possano essere promosse nei confronti del responsabile del codice allorché il codice in questione incoraggia a non rispettare i requisiti di legge.
3. Nel contesto delle disposizioni di cui ai paragrafi 1 e 2 gli Stati membri conferiscono alle autorità giudiziarie o amministrative il potere, qualora ritengano che detti provvedimenti siano necessari, tenuto conto di tutti gli interessi in causa e in particolare dell'interesse generale:
a)
di far sospendere la pubblicità ingannevole o illegittimamente comparativa oppure di avviare le azioni giudiziarie appropriate per fare ingiungere la sospensione di tale pubblicità,
o
b)
qualora la pubblicità ingannevole o illegittimamente comparativa non sia stata ancora portata a conoscenza del pubblico, ma la pubblicazione ne sia imminente, di vietare tale pubblicità o di avviare le azioni giudiziarie appropriate per vietare tale pubblicità.
Il primo comma si applica anche in assenza di prove in merito alla perdita o al danno effettivamente subito, oppure in merito all'intenzionalità o alla negligenza da parte dell'operatore pubblicitario.
Gli Stati membri prevedono che i provvedimenti di cui al primo comma possano essere adottati con procedimento d'urgenza con effetto provvisorio o con effetto definitivo, a discrezione degli Stati membri.
4. Al fine di impedire che continui a produrre effetti la pubblicità ingannevole o illegittimamente comparativa la cui sospensione sia stata ordinata con una decisione definitiva, gli Stati membri possono conferire alle autorità giudiziarie o amministrative il potere:
a)
di far pubblicare tale decisione per esteso, o in parte, e nella forma che ritengano opportuna;
b)
di far pubblicare inoltre, una dichiarazione rettificativa.
5. Le autorità amministrative di cui al paragrafo 1, secondo comma, lettera b) devono:
a)
essere composte in modo che la loro imparzialità non possa essere messa in dubbio;
b)
avere i poteri necessari per vigilare e imporre in modo efficace l'esecuzione delle loro decisioni, quando esse decidono in merito ai ricorsi
e
c)
motivare, in linea di massima, le loro decisioni.
6. Allorché le competenze di cui ai paragrafi 3 e 4 sono esercitate esclusivamente da una autorità amministrativa, le decisioni devono essere sempre motivate. Devono essere previste, in questo caso, procedure in base alle quali l'esercizio improprio o ingiustificato dei poteri dell'autorità amministrativa e le omissioni improprie o ingiustificate nell'esercizio dei poteri stessi possano essere oggetto di ricorso giurisdizionale.
Articolo 6
La presente direttiva non esclude il controllo volontario, che gli Stati membri possono incoraggiare, della pubblicità ingannevole o comparativa esercitato da organismi autonomi, né esclude che le persone o le organizzazioni di cui all'articolo 5, paragrafo 1, secondo comma possano adire tali organismi a condizione che sia prevista una procedura dinanzi ad essi, oltre a quella giudiziaria o amministrativa di cui a detto articolo.
Articolo 7
Gli Stati membri attribuiscono ai tribunali o agli organi amministrativi il potere, in occasione di un procedimento giurisdizionale civile o amministrativo, di cui all'articolo 5:
a)
di esigere che l'operatore pubblicitario fornisca prove sull'esattezza materiale dei dati di fatto contenuti nella pubblicità se, tenuto conto dei diritti o interessi legittimi dell'operatore pubblicitario e di qualsiasi altra parte nella procedura, tale esigenza risulti giustificata, date le circostanze del caso specifico e nel caso della pubblicità comparativa di esigere che l'operatore pubblicitario fornisca tali elementi entro un periodo di tempo breve;
e
b)
di considerare inesatti i dati di fatto, se le prove richieste conformemente alla lettera a) non siano state fornite o siano ritenute insufficienti dal tribunale o dall'organo amministrativo.
Articolo 8
1. La presente direttiva non osta al mantenimento o all'adozione da parte degli Stati membri di disposizioni che abbiano lo scopo di garantire una più ampia tutela, in materia di pubblicità ingannevole, dei professionisti e dei concorrenti.
Il primo comma non si applica alla pubblicità comparativa per quanto riguarda il confronto.
2. Le disposizioni della presente direttiva si applicano lasciando impregiudicate le disposizioni comunitarie applicabili alla pubblicità riguardante prodotti e/o servizi specifici oppure restrizioni o divieti relativi al contenuto pubblicitario di particolari mezzi di comunicazione di massa.
3. Le disposizioni della presente direttiva concernenti la pubblicità comparativa non obbligano gli Stati membri che, nel rispetto delle disposizioni del trattato, mantengono o introducono il divieto della pubblicità per taluni beni o servizi imposto direttamente o da un ente o un'organizzazione incaricati, ai sensi della legge degli Stati membri, di disciplinare l'esercizio di un'attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, a consentire la pubblicità comparativa per tali beni o servizi. Qualora tale divieto sia limitato a mezzi di comunicazione di massa particolari, la presente direttiva si applica ai mezzi di comunicazione che non sono coperti da tale divieto.
4. Nessuna disposizione della presente direttiva impedisce agli Stati membri, nel rispetto delle disposizioni del trattato, di mantenere o introdurre divieti o limitazioni dell'uso della pubblicità comparativa riguardante servizi professionali, imposti direttamente o da un ente o un'organizzazione incaricati, a norma della legislazione degli Stati membri, di disciplinare l'esercizio di un'attività professionale.
Articolo 9
Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 10
La direttiva 84/450/CEE è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini d’attuazione e di applicazione che figurano all’allegato I, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato II.
Articolo 11
La presente direttiva entra in vigore il 12 dicembre 2007.
Articolo 12
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, il 12 dicembre 2006.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
J. BORRELL FONTELLES
Per il Consiglio
Il presidente
M. PEKKARINEN
(1) Parere del 26 ottobre 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) Parere del Parlamento europeo del 12 ottobre 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 30 novembre 2006.
(3) GU L 250 del 19.9.1984, pag. 17. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 149 dell’11.6.2005, pag. 22).
(4) V. allegato I, Parte A.
(5) GU L 93 del 31.3.2006, pag. 12.
(6) GU L 40 dell'11.2.1989, pag. 1. Direttiva modificata dalla decisione 92/10/CEE (GU L 6 dell'11.1.1992, pag. 35).
(7) GU L 149 dell’11.6.2005, pag. 22.
ALLEGATO I
PARTE A
Direttiva abrogata e sue modificazioni successive
Direttiva 84/450/CEE del Consiglio
(GU L 250 del 19.9.1984, pag. 17)
Direttiva 97/55/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 290 del 23.10.1997, pag. 18)
Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 149 dell’11.6.2005, pag. 22)
limitatamente all’articolo 14
PARTE B
Elenco dei termini di attuazione e di applicazione in diritto interno
(di cui all’articolo 10)
Direttiva
Termine di attuazione
Data di applicazione
84/450/CEE
1o ottobre 1986
—
97/55/CE
23 aprile 2000
—
2005/29/CE
12 giugno 2007
12 dicembre 2007
ALLEGATO II
TAVOLA DI CONCORDANZA
Direttiva 84/450/CEE
Presente direttiva
Articolo 1
Articolo 1
Articolo 2, alinea
Articolo 2, alinea
Articolo 2, punto 1
Articolo 2, lettera a)
Articolo 2, punto 2
Articolo 2, lettera b)
Articolo 2, punto 2bis
Articolo 2, lettera c)
Articolo 2, punto 3
Articolo 2, lettera d)
Articolo 2, punto 4
Articolo 2, lettera e)
Articolo 3
Articolo 3
Articolo 3 bis, paragrafo 1
Articolo 4
Articolo 4 paragrafo 1, primo comma, prima frase
Articolo 5, paragrafo 1, primo comma
Articolo 4, paragrafo 1, primo comma, seconda frase
Articolo 5, paragrafo 1, secondo comma
Articolo 4, paragrafo 1, secondo comma
Articolo 5, paragrafo 2, primo comma
Articolo 4, paragrafo1, terzo comma
Articolo 5, paragrafo 2, secondo comma
Articolo 4, paragrafo 2, primo comma, alinea
Articolo 5, paragrafo 3, primo comma, alinea
Articolo 4, paragrafo 2, primo comma, primo trattino
Articolo 5, paragrafo 3, primo comma lettera a)
Articolo 4, paragrafo 2, primo comma, secondo trattino
Articolo 5, paragrafo 3, primo comma lettera b)
Articolo 4, paragrafo 2, primo comma, parole finali
Articolo 5, paragrafo 3, secondo comma
Articolo 4, paragrafo 2, secondo comma, alinea
Articolo 5, paragrafo 3, terzo comma
Articolo 4, paragrafo 2, secondo comma, primo trattino
Articolo 5, paragrafo 3, terzo comma
Articolo 4, paragrafo 2, secondo comma, secondo trattino
Articolo 5, paragrafo 3, terzo comma
Articolo 4, paragrafo 2, secondo comma, parole finali
Articolo 5, paragrafo 3, terzo comma
Articolo 4, paragrafo 2, terzo comma, alinea
Articolo 5, paragrafo 4, alinea
Articolo 4, paragrafo 2, terzo comma, primo trattino
Articolo 5, paragrafo 4, lettera a)
Articolo 4, paragrafo 2, terzo comma, secondo trattino
Articolo 5, paragrafo 4, lettera b)
Articolo 4, paragrafo 3, primo comma
Articolo 5, paragrafo 5
Articolo 4, paragrafo 3, secondo comma
Articolo 5, paragrafo 6
Articolo 5
Articolo 6
Articolo 6
Articolo 7
Articolo 7, paragrafo 1
Articolo 8, paragrafo 1, primo comma
Articolo 7, paragrafo 2
Articolo 8, paragrafo 1, secondo comma
Articolo 7, paragrafo 3
Articolo 8, paragrafo 2
Articolo 7, paragrafo 4
Articolo 8, paragrafo 3
Articolo 7, paragrafo 5
Articolo 8, paragrafo 4
Articolo 8, primo comma
—
Articolo 8, secondo comma
Articolo 9
—
Articolo 10
—
Articolo 11
Articolo 9
Articolo 12
—
Allegato I
—
Allegato II | Pubblicità ingannevole e pubblicità comparativa
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
La direttiva mira a tutelare i professionisti dalla pubblicità ingannevole delle altre imprese (ad esempio B2B), che è assimilabile a una pratica commerciale sleale. In tale contesto, essa fissa anche le condizioni alle quali la pubblicità comparativa può essere ritenuta lecita.
PUNTI CHIAVE
Pubblicità ingannevole
Le pubblicità che inducono in errore, o possono indurre in errore le persone che le ricevono, sono vietate. Infatti, il loro carattere ingannevole può influenzare il comportamento economico dei consumatori e dei professionisti o ledere un professionista concorrente.
Il carattere ingannevole di una pubblicità dipende da una serie di criteri:
le caratteristiche dei beni o dei servizi (disponibilità, composizione o natura, modalità di fabbricazione o di prestazione, origine, ecc.), i risultati che ci si attende dal loro utilizzo e i risultati dei controlli di qualità effettuati;
il prezzo o il modo in cui questo viene calcolato;
le condizioni di fornitura dei beni e dei servizi;
la natura, le qualifiche e i diritti dell'operatore pubblicitario (identità e patrimonio, qualifiche, diritti di proprietà industriale, ecc.).
Pubblicità comparativa
Le pubblicità comparative fanno riferimento a un concorrente o a beni e servizi concorrenti, in maniera esplicita o implicita.
Questo tipo di pubblicità è lecito soltanto quando non è ingannevole. In tal caso, essa può essere un mezzo legittimo per informare i consumatori nel loro interesse. I confronti devono pertanto:
riguardare beni o servizi che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono gli stessi obiettivi;
riferirsi a prodotti aventi la stessa denominazione di origine;
illustrare obiettivamente una o più caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili e rappresentative, compreso eventualmente il prezzo, di tali beni e servizi;
evitare di generare confusione tra i professionisti, non causare discredito, imitare o trarre vantaggio da marchi o denominazioni commerciali concorrenti
Ricorsi
I paesi dell'Unione europea (UE) si accertano che le persone o gli organismi aventi un interesse legittimo possano intraprendere un'azione giudiziaria o un ricorso amministrativo contro le pubblicità illecite.
Pertanto, i tribunali o gli organi amministrativi dei paesi dell'UE devono poter:
far sospendere la pubblicità illecita anche in assenza di prova di una perdita, di un danno reale o di un’intenzionalità di negligenza oppure
vietare una pubblicità illecita non ancora pubblicata.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva è in vigore dal 12 dicembre 2007. Essa codifica e abroga la direttiva 84/450/CEE che i paesi dell'UE dovevano recepire nella propria legislazione nazionale entro il 1o ottobre 1986.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni si consulti:
«Pubblicità ingannevole», sul sito Internet della Commissione europea
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2006/114/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, concernente la pubblicità ingannevole e comparativa (versione codificata) (GU L 376 del 27.12.2006, pag. 21–27) | 8,295 | 810 |
32009L0071 | false | DIRETTIVA 2009/71/EURATOM DEL CONSIGLIO
del 25 giugno 2009
che istituisce un quadro comunitario per la sicurezza nucleare degli impianti nucleari
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica, in particolare gli articoli 31 e 32,
vista la proposta della Commissione, elaborata previo parere di un gruppo di personalità designate dal comitato scientifico e tecnico fra gli esperti scientifici degli Stati membri, e previa consultazione del Comitato economico e sociale europeo (1),
visto il parere del Parlamento europeo (2),
considerando quanto segue:
(1)
Ai sensi dell’articolo 2, lettera b), del trattato, devono essere stabilite norme di sicurezza uniformi per la protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori.
(2)
L’articolo 30 del trattato prevede l’adozione nella Comunità di norme fondamentali relative alla protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti.
(3)
La direttiva 96/29/Euratom del Consiglio, del 13 maggio 1996, che stabilisce le norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti (3), fissa le norme fondamentali in materia di sicurezza. Le disposizioni di tale direttiva sono state integrate da una normativa più specifica.
(4)
Come riconosciuto dalla Corte di giustizia delle Comunità europee («Corte di giustizia») nella sua giurisprudenza (4), la Comunità possiede competenze, ripartite con gli Stati membri, in settori regolati dalla convenzione sulla sicurezza nucleare (5).
(5)
Come riconosciuto dalla Corte di giustizia nella sua giurisprudenza, le disposizioni del capo 3 del trattato, relative alla protezione sanitaria, formano un complesso coerente che attribuisce alla Commissione competenze piuttosto estese per la protezione della popolazione e dell’ambiente contro i rischi di contaminazione nucleare.
(6)
Come riconosciuto dalla Corte di giustizia nella sua giurisprudenza, il compito di stabilire norme di sicurezza uniformi per la protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori, imposto alla Comunità dall’articolo 2, lettera b), del trattato, non significa che, una volta che tali norme siano state stabilite, uno Stato membro non possa prevedere misure di protezione più stringenti.
(7)
La decisione 87/600/Euratom del Consiglio, del 14 dicembre 1987, concernente le modalità comunitarie di uno scambio rapido d’informazioni in caso di emergenza radioattiva (6), ha istituito un quadro per la notifica e la trasmissione di informazioni che gli Stati membri devono utilizzare per proteggere la popolazione in caso di emergenza radiologica. La direttiva 89/618/Euratom del Consiglio, del 27 novembre 1989, concernente l’informazione della popolazione sui provvedimenti di protezione sanitaria applicabili e sul comportamento da adottare in caso di emergenza radioattiva (7), impone agli Stati membri l’obbligo di informare la popolazione in caso di emergenza radiologica.
(8)
La responsabilità nazionale degli Stati membri per quanto concerne la sicurezza nucleare degli impianti nucleari costituisce il principio fondamentale, sancito dalla convenzione sulla sicurezza nucleare, in base al quale la comunità internazionale ha elaborato la regolamentazione in materia di sicurezza nucleare. La presente direttiva dovrebbe rafforzare il detto principio della responsabilità nazionale e quello della responsabilità primaria per la sicurezza nucleare di un impianto nucleare, che spetta al titolare della licenza sotto il controllo della sua autorità di regolamentazione nazionale competente, e dovrebbe potenziare il ruolo e l’indipendenza delle autorità di regolamentazione competenti.
(9)
Ogni Stato membro può stabilire il proprio mix energetico in base alle politiche nazionali in materia.
(10)
Nel definire il quadro nazionale appropriato ai sensi della presente direttiva si terrà conto delle specificità nazionali.
(11)
Gli Stati membri hanno già attuato misure che consentono loro di raggiungere un elevato livello di sicurezza nucleare nella Comunità.
(12)
Benché la presente direttiva riguardi principalmente la sicurezza nucleare degli impianti nucleari, è importante altresì garantire la gestione sicura del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, anche nelle strutture per lo stoccaggio e lo smaltimento.
(13)
Gli Stati membri dovrebbero valutare, ove appropriato, i pertinenti principi fondamentali di sicurezza definiti dall’Agenzia internazionale dell’energia atomica (8), che dovrebbero costituire un quadro di prassi cui gli Stati membri dovrebbero attenersi nell’attuazione della presente direttiva.
(14)
È utile basarsi sul processo grazie al quale le autorità nazionali in materia di sicurezza degli Stati membri che possiedono impianti nucleari nel loro territorio hanno collaborato nell’ambito della WENRA (Western European Nuclear Regulators’ Association) e hanno definito vari livelli di sicurezza di riferimento per i reattori.
(15)
A seguito dell’invito del Consiglio di istituire un gruppo ad alto livello in ambito UE, contenuto nelle conclusioni dell’8 maggio 2007 relative alla sicurezza nucleare e alla gestione sicura del combustibile nucleare irraggiato e dei rifiuti radioattivi, la decisione 2007/530/Euratom della Commissione, del 17 luglio 2007, relativa all’istituzione del gruppo europeo ad alto livello sulla sicurezza nucleare e la sicurezza della gestione dei residui (9), ha istituito il gruppo dei regolatori europei in materia di sicurezza nucleare (ENSREG), al fine di contribuire al conseguimento degli obiettivi della Comunità in materia di sicurezza nucleare.
(16)
È opportuno definire una struttura unica per le relazioni che gli Stati membri devono presentare alla Commissione sull’applicazione della presente direttiva. Data la vasta esperienza dei suoi membri, l’ENSREG potrebbe apportare un valido contributo in tal senso, favorendo così la consultazione e la cooperazione delle autorità di regolamentazione nazionali.
(17)
Come indicato nel verbale del 20 novembre 2008, l’ENSREG ha adottato, nella quinta riunione del 15 ottobre 2008, dieci principi cui attenersi per la stesura di una direttiva sulla sicurezza nucleare.
(18)
Progressi in materia di tecnologia nucleare, insegnamenti tratti dall’esperienza operativa e dalle ricerche sulla sicurezza, nonché miglioramenti dei quadri normativi potrebbero contribuire a migliorare ulteriormente la sicurezza. Conformemente all’impegno assunto di mantenere e migliorare la sicurezza, gli Stati membri dovrebbero tener conto di tali fattori nell’ampliare i loro programmi di energia nucleare o nel decidere di usare l’energia nucleare per la prima volta.
(19)
Una solida cultura della sicurezza all’interno degli impianti nucleari costituisce uno dei principi fondamentali della gestione della sicurezza necessari ai fini di un esercizio sicuro.
(20)
Il mantenimento e l’ulteriore sviluppo dell’esperienza e delle competenze in materia di sicurezza nucleare dovrebbero basarsi tra l’altro su un processo di apprendimento dall’esperienza operativa precedente nonché di ricorso agli sviluppi in metodologia e scienza, a seconda dei casi.
(21)
In passato, taluni Stati membri hanno effettuato autovalutazioni in stretto collegamento con le valutazioni inter pares internazionali svolte sotto l’egida dell’AIEA come missioni del gruppo internazionale per la revisione normativa o del servizio di esame regolatorio integrato. Tali autovalutazioni sono state effettuate dagli Stati membri e tali missioni sono state invitate su base volontaria, in uno spirito di apertura e trasparenza. Le autovalutazioni e le correlate valutazioni inter pares delle infrastrutture legislative, regolatorie e organizzative dovrebbero mirare a rafforzare e potenziare il quadro nazionale degli Stati membri, ferme restando le competenze di questi ad assicurare la sicurezza nucleare degli impianti nucleari presenti nel loro territorio. Le autovalutazioni seguite dalle valutazioni inter pares internazionali non sono né ispezioni né controlli, bensì meccanismi di apprendimento reciproco che accettano approcci diversi all’organizzazione e alle prassi di una autorità di regolamentazione competente e tengono nel contempo presenti gli aspetti regolamentari, tecnici e politici di uno Stato membro che concorrono a un sistema solido di sicurezza nucleare. Le valutazioni inter pares internazionali dovrebbero essere considerate un’occasione per scambiarsi esperienze professionali e condividere insegnamenti tratti e buone prassi, in uno spirito di apertura e di cooperazione basato sui consigli dei pari piuttosto che su controlli o giudizi. Riconoscendo che sono necessarie flessibilità e pertinenza per quanto riguarda i diversi sistemi esistenti negli Stati membri, uno Stato membro dovrebbe essere libero di decidere i segmenti del suo sistema da assoggettare alla valutazione specifica inter pares convocata, al fine di migliorare costantemente la sicurezza nucleare.
(22)
Conformemente al punto 34 dell’accordo interistituzionale «Legiferare meglio» (10), gli Stati membri sono incoraggiati a redigere e a rendere pubblici, nell’interesse proprio e della Comunità, prospetti indicanti, per quanto possibile, la concordanza tra la presente direttiva e i provvedimenti di recepimento,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
CAPO 1
OBIETTIVI, DEFINIZIONI E AMBITO DI APPLICAZIONE
Articolo 1
Obiettivi
La presente direttiva ha i seguenti obiettivi:
a)
stabilire un quadro comunitario al fine di mantenere e promuovere il continuo miglioramento della sicurezza nucleare e della relativa regolamentazione;
b)
assicurare che gli Stati membri adottino adeguati provvedimenti in ambito nazionale per un elevato livello di sicurezza nucleare al fine di proteggere i lavoratori e la popolazione dai pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti degli impianti nucleari.
Articolo 2
Ambito di applicazione
1. La presente direttiva si applica a qualsiasi impianto nucleare civile che operi in base a licenza rilasciata ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, in tutte le fasi contemplate dalla licenza stessa.
2. La presente direttiva non osta a che gli Stati membri adottino misure di sicurezza più rigorose nel settore da essa contemplato, in conformità del diritto comunitario.
3. La presente direttiva integra le norme fondamentali di cui all’articolo 30 del trattato per quanto attiene alla sicurezza nucleare degli impianti nucleari e fa salva la direttiva 96/29/Euratom.
Articolo 3
Definizioni
Ai fini della presente direttiva si intende per:
1)
«impianto nucleare»:
a)
un impianto di arricchimento, un impianto di fabbricazione di combustibile nucleare, una centrale nucleare, un impianto di riprocessamento, un reattore di ricerca, una struttura per lo stoccaggio del combustibile irraggiato; e
b)
strutture per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi ubicate nello stesso sito e direttamente connesse agli impianti nucleari di cui alla lettera a);
2)
«sicurezza nucleare» il conseguimento di adeguate condizioni di esercizio, la prevenzione di incidenti e l’attenuazione delle loro conseguenze, al fine di assicurare la protezione dei lavoratori e della popolazione dai pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti degli impianti nucleari;
3)
«autorità di regolamentazione competente» l’autorità o il sistema di autorità designati in uno Stato membro nel campo della regolamentazione della sicurezza nucleare degli impianti nucleari di cui all’articolo 5;
4)
«licenza» qualsiasi documento avente valore legale rilasciato sotto la giurisdizione di uno Stato membro per conferire la responsabilità in materia di localizzazione, progettazione, costruzione, messa in funzione ed esercizio o disattivazione di un impianto nucleare;
5)
«titolare della licenza» la persona fisica o giuridica avente la responsabilità generale di un impianto nucleare come specificato in una licenza.
CAPO 2
OBBLIGHI
Articolo 4
Quadro legislativo, regolamentare e organizzativo
1. Gli Stati membri istituiscono e mantengono un quadro legislativo, normativo e organizzativo nazionale («quadro nazionale») per la sicurezza nucleare degli impianti nucleari che attribuisce le responsabilità e prevede il coordinamento tra gli organismi statali competenti. Il quadro nazionale stabilisce le responsabilità per quanto riguarda:
a)
l’adozione di requisiti nazionali di sicurezza nucleare. La determinazione delle modalità di adozione e dei relativi strumenti di applicazione restano di competenza degli Stati membri;
b)
la predisposizione di un sistema di concessione di licenze e di divieto di esercizio degli impianti nucleari senza licenza;
c)
la predisposizione di un sistema di supervisione della sicurezza nucleare;
d)
azioni di di garanzia dell’esecuzione, comprese la sospensione dell’esercizio e la modifica o revoca di una licenza.
2. Gli Stati membri provvedono affinché il quadro nazionale sia conservato e migliorato, se del caso, tenendo conto dell’esperienza operativa, delle conoscenze acquisite con le analisi di sicurezza degli impianti nucleari in funzionamento, dello sviluppo della tecnologia e dei risultati delle ricerche di sicurezza, ove disponibili e pertinenti.
Articolo 5
Autorità di regolamentazione competente
1. Gli Stati membri istituiscono e forniscono i mezzi a un’autorità di regolamentazione competente in materia di sicurezza nucleare degli impianti nucleari.
2. Gli Stati membri garantiscono che l’autorità di regolamentazione competente sia funzionalmente separata da ogni altro organismo o organizzazione coinvolto nella promozione o nell’utilizzazione dell’energia nucleare, compresa la produzione di energia elettrica, al fine di assicurare l’effettiva indipendenza da ogni influenza indebita sul suo processo decisionale regolatorio.
3. Gli Stati membri provvedono affinché l’autorità di regolamentazione competente sia dotata dei poteri giuridici e delle risorse umane e finanziarie necessari per adempiere ai suoi obblighi in relazione al quadro nazionale di cui all’articolo 4, paragrafo 1, attribuendo la debita priorità alla sicurezza. Ciò comprende i poteri e le risorse per:
a)
richiedere al titolare della licenza di conformarsi ai requisiti nazionali di sicurezza nucleare e ai termini della pertinente licenza;
b)
richiedere la dimostrazione di detta conformità, comprese le prescrizioni previste all’articolo 6, paragrafi da 2 a 5;
c)
verificare tale conformità mediante valutazioni e ispezioni regolatorie; e
d)
procedere ad azioni di garanzia dell’esecuzione regolatoria, compresa la sospensione dell’esercizio di un impianto nucleare in conformità delle condizioni definite nel quadro nazionale di cui all’articolo 4, paragrafo 1.
Articolo 6
Titolari delle licenze
1. Gli Stati membri provvedono affinché la responsabilità primaria per la sicurezza degli impianti nucleari resti in capo ai titolari delle licenze. Tale responsabilità non può essere delegata.
2. Gli Stati membri provvedono affinché il quadro nazionale vigente imponga ai titolari delle licenze, sotto la supervisione dell’autorità di regolamentazione competente, di valutare e verificare periodicamente nonché di migliorare costantemente, nella misura ragionevolmente possibile, la sicurezza nucleare dei loro impianti nucleari in modo sistematico e verificabile.
3. Le valutazioni di cui al paragrafo 2 includono l’accertamento dell’esistenza di misure per la prevenzione di incidenti e per la mitigazione delle relative conseguenze, compresa la verifica delle barriere fisiche e delle procedure amministrative di protezione adottate dal titolare della licenza il cui mancato funzionamento causerebbe per i lavoratori e la popolazione esposizioni significative alle radiazioni ionizzanti.
4. Gli Stati membri provvedono affinché il quadro nazionale vigente imponga ai titolari delle licenze di istituire e attuare sistemi di gestione che attribuiscano la dovuta priorità alla sicurezza nucleare e che siano regolarmente controllati dall’autorità di regolamentazione competente.
5. Gli Stati membri provvedono affinché il quadro nazionale vigente imponga ai titolari delle licenze di prevedere e mantenere adeguate risorse finanziarie e umane per adempiere ai loro obblighi, di cui ai paragrafi da 1 a 4, per quanto riguarda la sicurezza nucleare degli impianti nucleari.
Articolo 7
Esperienza e competenze in materia di sicurezza
Gli Stati membri provvedono affinché il quadro nazionale vigente imponga a tutte le parti di prendere misure per l’istruzione e la formazione del personale che ha responsabilità in materia di sicurezza nucleare degli impianti nucleari, al fine di mantenere ed accrescere l’esperienza e le competenze in materia di sicurezza nucleare.
Articolo 8
Informazione del pubblico
Gli Stati membri provvedono affinché le informazioni riguardanti la regolamentazione della sicurezza nucleare siano rese accessibili ai lavoratori e al pubblico. Sono altresì tenuti a provvedere affinché l’autorità di regolamentazione competente informi il pubblico nei settori di sua competenza. Le informazioni sono rese accessibili al pubblico conformemente alle legislazioni nazionali e agli obblighi internazionali, purché ciò non pregiudichi altri interessi, quali, in particolare, la sicurezza, riconosciuti dalle legislazioni nazionali o da obblighi internazionali.
Articolo 9
Relazioni
1. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione una relazione sull’attuazione della presente direttiva per la prima volta entro il 22 luglio 2014 e, successivamente, ogni tre anni, approfittando dei cicli previsti dalla Convenzione sulla sicurezza nucleare riguardo a riesame e relazioni.
2. In base alle relazioni degli Stati membri, la Commissione presenta al Consiglio e al Parlamento europeo una relazione sui progressi realizzati nell’attuazione della presente direttiva.
3. Gli Stati membri dispongono, almeno ogni dieci anni, autovalutazioni periodiche del loro quadro nazionale e delle loro autorità di regolamentazione nazionali competenti e invitano un riesame internazionale inter pares i pertinenti segmenti del loro quadro nazionale e/o autorità nazionali, al fine di migliorare continuamente la sicurezza nucleare. I risultati dei riesami inter pares, ove disponibili, sono trasmessi agli Stati membri e alla Commissione.
CAPO 3
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 10
Attuazione
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 22 luglio 2011. Essi ne informano immediatamente la Commissione.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di un siffatto riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle principali disposizioni di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva, nonché ogni loro successiva modificazione ed integrazione.
Articolo 11
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 12
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Lussemburgo, addì 25 giugno 2009.
Per il Consiglio
Il presidente
L. MIKO
(1) Parere del 10 giugno 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) Parere del Parlamento europeo del 22 aprile 2009 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(3) GU L 159 del 29.6.1996, pag. 1.
(4) Cause C-187/87 (Racc. 1988, pag. 5013), C-376/90 (Racc. 1992, pag. I-6153) e C-29/99 (Racc. 2002, pag. I-11221).
(5) GU L 318 dell’11.12.1999, pag. 21.
(6) GU L 371 del 30.12.1987, pag. 76.
(7) GU L 357 del 7.12.1989, pag. 31.
(8) Principi fondamentali di sicurezza dell’AIEA: Fundamental safety principles, IAEA Safety Standard Series No SF-1 (2006).
(9) GU L 195 del 27.7.2007, pag. 44.
(10) GU C 321 del 31.12.2003, pag. 1. | Sicurezza degli impianti nucleari
L'Unione europea ha pubblicato una direttiva volta a garantire la sicurezza degli impianti nucleari (centrali nucleari, impianti di arricchimento o di ritrattamento ecc.). L'obiettivo è quello di proteggere la popolazione e i lavoratori dai rischi che essi presentano.
ATTO
Direttiva 2009/71/Euratom del Consiglio, del 25 giugno 2009, che istituisce un quadro comunitario per la sicurezza nucleare degli impianti nucleari.
SINTESI
L'Unione europea ha pubblicato una direttiva volta a garantire la sicurezza degli impianti nucleari (centrali nucleari, impianti di arricchimento o di ritrattamento ecc.). L'obiettivo è quello di proteggere la popolazione e i lavoratori dai rischi che essi presentano.
CHE COSA FA LA PRESENTE DIRETTIVA?
La direttiva stabilisce un quadro europeo per mantenere e promuovere il miglioramento continuo della sicurezza nucleare e della sua regolamentazione. Essa si pone un obiettivo di sicurezza ambizioso per tutta l'UE al fine di prevenire gli incidenti ed evitare i rifiuti radioattivi provenienti dagli impianti nucleari.
PUNTI CHIAVE
Obblighi spettanti ai paesi dell'UE
Definire il quadro nazionale per la sicurezza degli impianti nucleari.
Istituire un'autorità di sicurezza nazionale indipendente incaricata di supervisionare le attività degli operatori dell'energia nucleare.
Effettuare una valutazione iniziale della sicurezza prima di costruire un impianto nucleare e verificare nuovamente la sicurezza degli impianti almeno ogni dieci anni.
Garantire ai lavoratori e alla popolazione l'accesso a informazioni trasparenti sugli impianti nucleari, sia durante il normale funzionamento che in caso di incidenti.
Organizzare delle autovalutazioni periodiche del quadro nazionale e delle autorità di regolamentazione ogni dieci anni.
Richiedere una valutazione inter pares su questioni specifiche di sicurezza da realizzare ogni sei anni da parte delle autorità di sicurezza dei paesi dell'UE, facendo appello al gruppo dei regolatori europei in materia di sicurezza nucleare (European Nuclear Safety Regulator Group, ENSREG) e sfruttando l'esperienza dell'Associazione dei regolatori nucleari dell'Europa occidentale (Western European Nuclear Regulators Association, WENRA); la prima valutazione sarà eseguita nel 2017.
Prevedere una struttura organizzativa all'interno del quadro nazionale per prepararsi alle situazioni e agli interventi di emergenza sul posto.
Responsabilità delle altre parti interessate
Il titolare dell'autorizzazione è il primo responsabile in materia di sicurezza nucleare; non può in alcun caso delegare tale responsabilità e deve occuparsi della valutazione e del miglioramento continuo della sicurezza nucleare degli impianti.
La direttiva sottolinea l'importanza del fattore umano nella promozione di una cultura di sicurezza nucleare e quindi la necessità un'educazione e una formazione ininterrotte del personale incaricato della sicurezza degli impianti.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
La direttiva 2009/71/Euratom è entrata in vigore il 22 luglio 2009 e la direttiva 2014/87/Euratom il 14 agosto 2014.
CONTESTO
Nel 2009 è stato adottato un quadro in grado di garantire la sicurezza nucleare all'interno dell'UE. In seguito all'incidente di Fukushima del 2011, la Commissione ha condotto una campagna di valutazione dei rischi e della sicurezza delle centrali nucleari di tutta l'UE e, sulla base di tali test, ha proposto il miglioramento della regolamentazione vigente.
Ulteriori informazioni sono disponibili sui siti web dell'ENSREG e dell'Associazione dei regolatori nucleari.
Si vedano inoltre la scheda «
Sicurezza nucleare
» sul sito della direzione generale dell'Energia della Commissione europea, il comunicato stampa della Commissione europea sulla nuova direttiva UE relativa alla sicurezza nucleare e il comunicato stampa del Consiglio sull'adozione di tale direttiva.
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea
Direttiva 2009/71/Euratom
22.7.2009
22.7.2011
GU L 172 del 2.7.2009, pag. 18-22
Direttiva 2014/87/Euratom
14.8.2014
15.8.2017
GU L 219 del 25.7.2014, pag. 42-52 | 7,363 | 135 |
21995A0805(01) | false | Convenzione sulla protezione e l'utilizzazione dei corsi d'acqua transfrontalieri e dei laghi internazionali - Dichiarazione della Comunità ai sensi dell'articolo 25, paragrafo 4 della convenzione
Gazzetta ufficiale n. L 186 del 05/08/1995 pag. 0044 - 0058
ALLEGATO ICONVENZIONE sulla protezione e l'utilizzazione dei corsi d'acqua transfrontalieri e dei laghi internazionali in data, a Helsinki, il 17 marzo 1992 Nazioni unite 1992 Convenzione sulla protezione e l'utilizzazione dei corsi d'acqua transfrontalieri e dei laghi internazionaliPREAMBOLO LE PARTI ALLA PRESENTE CONVENZIONE,CONSAPEVOLI che la protezione e l'utilizzazione dei corsi di acqua transfrontalieri e dei laghi internazionali sono compiti importanti e urgenti che possono essere svolti in modo efficace soltanto con una cooperazione più intensa;PREOCCUPATI dal fatto che i cambiamenti dello stato dei corsi di acqua transfrontalieri e dei laghi internazionali hanno o possono avere effetti dannosi, a breve o a lungo termine, sull'ambiente, l'economia e il benessere dei paesi membri della Commissione economica per l'Europa (CEE),SOTTOLINEANDO la necessità di rafforzare i provvedimenti adottati a livello nazionale ed internazionale per prevenire, tenere sotto controllo e ridurre lo scarico di sostanze pericolose nell'ambiente idrico e per diminuire l'eutrofizzazione e l'acidificazione, nonché l'inquinamento di origine terrestre dell'ambiente marino, in particolare delle zone costiere,CONSTATANDO con soddisfacimento gli forzi già intrapresi dai governi dei paesi della CEE per rafforzare la cooperazione, ai livelli bilaterale e multilaterale, al fine di prevenire, tenere sotto controllo e ridurre l'inquinamento transfrontaliero, assicurare una gestione durevole dell'acqua, preservare le risorse idriche e proteggere l'ambiente,RICORDANDO le disposizioni e i principi pertinenti della Dichiarazione della Conferenza di Stoccolma sull'ambiente, dell'Atto finale della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa (CSCE), dei documenti finali delle riunioni di Madrid e di Vienna dei rappresentanti degli Stati partecipanti alla CSCE, e della strategia regionale per la protezione dell'ambiente e l'utilizzazione razionale delle risorse naturali nei paesi membri della CEE durante il periodo che va fino al 2000 e oltre,CONSAPEVOLI del ruolo che svolge la Commissione economica delle Nazioni Unite in Europa per la promozione della cooperazione internazionale al fine di prevenire, tenere sotto controllo e ridurre l'inquinamento delle acqua transfrontaliere e di poter utilizzare durevolmente tali acque; ricordando a questo proposito la Dichiarazione di principio della CEE sulla prevenzione dell'inquinamento delle acque, ivi compreso l'inquinamento transfrontaliero, e sulla lotta contro questo inquinamento, la Dichiarazione di principio della CEE sull'utilizzazione razionale dell'acqua, i principi della CEE relativi alla cooperazione nel campo delle acque transfrontaliere, la carta della CEE per la gestione delle acque sotterranee e il codice di condotta relativo all'inquinamento incidentale delle acque interne transfrontaliere,FACENDO RIFERIMENTO alle decisioni I (42) e I (44) adottate dalla Commissione economica per l'Europa durante le sessioni 42 e 44, e ai risultati della riunione della CSCE sulla protezione dell'ambiente [Sofia (Bulgaria), 16 ottobre - 3 novembre 1989],SOTTOLINEANDO che la cooperazione tra paesi membri in materia di protezione e utilizzazione delle acque transfrontaliere deve concretizzarsi, in via prioritaria, nell'elaborazione di accordi tra paesi rivieraschi delle stesse acque, soprattutto nei casi in cui non esiste ancora un simile accordo,HANNO CONVENUTO quanto segue:Articolo 1 Definizioni Ai fini della presente convenzione,1) l'espressione « acque transfrontaliere » designa tutte le acque superficiali e sotterranee che segnano i confini tra due o più Stati, li attraversano o sono situate su questi confini; nel caso delle acque transfrontaliere che si gettano in mare senza formare l'estuario, il limite di queste acque è una linea retta tracciata attraverso l'imboccatura tra i punti limite del livello della bassa marea sulle rive;2) l'espressione « impatto transfrontaliero » designa qualsiasi grave effetto dannoso che un cambiamento dello stato delle acque transfrontaliere, causato da un'attività umana la cui origine fisica è situata interamente o in parte in una zona soggetta alla giurisdizione di una parte, produce sull'ambiente di una zona soggetta alla giurisdizione di un'altra parte. Questo effetto sull'ambiente può assumere varie forme: pregiudizio per la salute e la sicurezza dell'uomo, per la flora, la fauna, il suolo, l'atmosfera, l'acqua, il clima, il paesaggio e i monumenti storici o altre costruzioni oppure interazioni di alcuni di questi fattori: può trattarsi anche di un pregiudizio al patrimonio culturale o alle condizioni socioeconomiche causato dai cambiamenti di questi fattori;3) il termine « parte » designa, salvo indicazione contraria nel testo, una parte contraente alla presente convenzione;4) l'espressione « parti rivierasche » designa le parti contigue alle stesse acque transfrontaliere;5) l'espressione « organo comune » designa qualsiasi commissione bilaterale o multilaterale o qualsiasi altro strumento istituzionale conveniente di cooperazione tra le parti rivierasche;6) l'espressione « sostanze pericolose » designa le sostanze che sono tossiche, cancerogene, mutagene, teratogene o bioaccumulative, soprattutto se sono sostanze persistenti;7) « migliore tecnologia disponibile » (la definizione è riportata nell'allegato I della presente convenzione).PARTE I DISPOSIZIONI APPLICABILI A TUTTE LE PARTI Articolo 2 Disposizioni generali 1. Le parti adottano tutti i provvedimenti opportuni per prevenire, tenere sotto controllo e ridurre qualsiasi impatto transfrontaliero.2. In particolare le parti adottano tutti i provvedimenti opportuni:a) per prevenire, tenere sotto controllo e ridurre l'inquinamento delle acque che ha o può avere un impatto transfrontaliero;b) per vigilare affinché le acque transfrontaliere siano utilizzate allo scopo di garantire una gestione delle acque innocuo per l'ambiente e razionale, la conservazione delle risorse idriche e la protezione dell'ambiente;c) per vigilare affinché sia fatto un uso ragionevole ed equo delle acque transfrontaliere, tenendo particolarmente conto del loro carattere transfrontaliero, nel caso di attività che comportano o possono comportare un impatto transfrontaliero;d) per assicurare la conservazione e, se necessario, il ripristino degli ecosistemi.3. I provvedimenti di prevenzione, controllo e riduzione dell'inquinamento dell'acqua sono applicati, se possibile, alla fonte.4. Questi provvedimenti non provocano, direttamente o indirettamente, un trasferimento dell'inquinamento verso altri ambienti.5. Al fine dell'adozione dei provvedimenti di cui ai paragrafi 1 e 2 del presente articolo, le parti si basano sui seguenti principi:a) il principio di precauzione, in virtù del quale esse non rinviano l'applicazione di provvedimenti destinati ad evitare che lo scarico di sostanze pericolose possa avere un impatto transfrontaliero, adducendo come motivo che la ricerca scientifica non ha definitivamente dimostrato l'esistenza di un legame di causalità tra queste sostanze, da un lato, e un eventuale impatto transfrontaliero, dall'altro;b) il principio « chi inquina paga », in virtù del quale i costi dei provvedimenti di prevenzione, controllo e riduzione dell'inquinamento sono a carico dell'inquinatore;c) le risorse idriche sono gestite in modo da soddisfare ai bisogni della generazione attuale, senza compromettere la possibilità per le generazioni future di soddisfare ai propri.6. Le parti rivierasche cooperano su una base di parità e di reciprocità, in particolare per mezzo di accordi bilaterali e multilaterali, al fine di elaborare politiche, programmi e strategie armonizzati, applicabili a tutto il territorio, o a parte di esso, dei bacini idrografici in questione e aventi lo scopo di prevenire, controllare e ridurre l'impatto transfrontaliero e di proteggere l'ambiente delle acque transfrontaliere o l'ambiente sul quale queste acque esercitano un'influenza, ivi compreso l'ambiente marino.7. L'applicazione della presente convenzione non deve dar luogo ad un deterioramento dello stato dell'ambiente o ad un incremento dell'impatto transfrontaliero.8. Le disposizioni della presente convenzione non pregiudicano il diritto delle parti di adottare e applicare, individualmente o congiuntamente, provvedimenti più rigorosi di quelli enunciati nella presente convenzione.Articolo 3 Prevenzione, controllo e riduzione 1. Ai fini della prevenzione, del controllo e della riduzione dell'impatto transfrontaliero, le parti elaborano, adottano, applicano i relativi provvedimenti giuridici, amministrativi, economici, finanziari e tecnici, impegnandosi il più possibile ad armonizzarli, in particolare per fare in modo che:a) l'emissione di sostanze inquinanti sia evitata, controllata e ridotta alla fonte, in particolare applicando tecniche poco inquinanti o senza rifiuti;b) le acque transfrontaliere siano protette contro l'inquinamento proveniente da fonti puntuali mediante un sistema che subordina gli scarichi di acque reflue al rilascio di un'autorizzazione da parte delle autorità nazionali competenti, e gli scarichi autorizzati siano sorvegliati e controllati;c) i limiti fissati dall'autorizzazione per gli scarichi di acque reflue siano basati sulla migliore tecnologia disponibile, applicabile agli scarichi di sostanze pericolose;d) siano imposte prescrizioni più rigorose, che possono arrivare in taluni casi fino al divieto, qualora lo esiga la qualità delle acque ricettive o l'ecosistema;e) si applichi almeno alle acque reflue urbane, se del caso progressivamente, un trattamento biologico oppure una forma di trattamento equivalente;f) siano adottati provvedimenti adeguati, per esempio ricorrendo alla migliore tecnologia disponibile, per ridurre gli apporti di sostanze nutritive di fonti industriali e urbane;g) siano messi a punto e applicati provvedimenti adeguati e le migliori prassi ambientali, allo scopo di ridurre gli apporti di sostanze nutritive e pericolose provenienti da fonti diffuse, in particolare qualora la principale fonte sia l'agricoltura (nell'allegato II della presente convenzione sono riportate linee direttive per la messa a punto delle migliori prassi ambientali);h) si faccia ricorso alla valutazione dell'impatto ambientale e ad altri mezzi di valutazione;i) sia incoraggiata la gestione durevole delle risorse idriche, ivi compresa l'applicazione di un approccio ecosistemico;j) siano messi a punto dispositivi di intervento;k) siano adottate misure specifiche complementari per evitare l'inquinamento delle acque sotterranee;l) sia ridotto al minimo il rischio di inquinamento accidentale.2. A tal fine ciascuna parte stabilisce, basandosi sulla migliore tecnologia disponibile, limiti di emissione per gli scarichi nelle acque superficiali a partire da fonti puntuali, limiti che sono espressamente applicabili ai vari settori industriali o branche dell'industria, dalle quali provengono sostanze pericolose. Fra i provvedimenti opportuni, di cui al paragrafo 1 del presente articolo, per prevenire, controllare e ridurre gli scarichi di sostanze pericolose nelle acque a partire da fonti puntuali o diffuse, può essere incluso il divieto totale o parziale della produzione o dell'impiego di questo tipo di sostanze. Si devono prendere in considerazione gli elenchi di questi settori industriali o branche dell'industria e gli elenchi delle sostanze pericolose in questione, che sono stati elaborati nel quadro di convenzioni o regolamenti internazionali applicabili al campo disciplinato dalla presente convenzione.3. Inoltre ciascuna parte stabilisce, se del caso, obiettivi di qualità dell'acqua e adotta criteri di qualità dell'acqua per prevenire, controllare e ridurre l'impatto transfrontaliero. Nell'allegato III della presente convenzione sono riportate indicazioni generali per definire questi obiettivi e questi criteri. Le parti s'impegnano ad aggiornare questo allegato, qualora sia necessario.Articolo 4 Sorveglianza Le parti predispongono programmi che permettono di sorvegliare lo stato delle acque transfrontaliere.Articolo 5 Ricerca e sviluppo Le parti cooperano all'esecuzione di lavori di ricerca e sviluppo riguardo a tecniche efficaci di prevenzione, controllo e riduzione dell'impatto transfrontaliero. A tal fine si impegnano, su base bilaterale e/o multilaterale e tenendo conto delle attività di ricerca svolte dalle istituzioni internazionali competenti, ad intraprendere o, se del caso, intensificare programmi di ricerca particolari, i cui scopi saranno soprattutto di:a) mettere a punto metodi di valutazione della tossicità delle sostanze pericolose e della nocività degli agenti inquinanti;b) migliorare le conoscenze sull'apparizione, la ripartizione e gli effetti ambientali degli agenti inquinanti, e sui processi in gioco;c) mettere a punto e applicare tecnologie, metodi di produzione e modi di consumo innocui per l'ambiente;d) sopprimere progressivamente e/o sostituire le sostanze che rischiano di avere un impatto transfrontaliero;e) mettere a punto metodi di eliminazione delle sostanze pericolose, che siano innocui per l'ambiente;f) studiare metodi speciali per migliorare lo stato delle acque transfrontaliere;g) progettare opere idrauliche e tecniche di regolazione delle acque, che siano innocue per l'ambiente;h) procedere alla valutazione materiale e finanziaria dei danni dovuti all'impatto transfrontaliero.Le parti si comunicano i risultati di questi programmi di ricerca in applicazione dell'articolo 6 della presente convenzione.Articolo 6 Scambio di informazioniAppena possibile, le parti procedono ad un vasto scambio di informazioni sulle questioni disciplinate dalle disposizioni della presente convenzione.Articolo 7 Responsabilità Le parti favoriscono le opportune iniziative internazionali intese all'elaborazione di norme, criteri e procedure concernenti la responsabilità.Articolo 8 Protezione dell'informazione Le disposizioni della presente convenzione non recano pregiudizio né ai diritti né agli obblighi delle parti di proteggere, conformemente al loro ordinamento giuridico nazionale e ai regolamenti internazionali applicabili, le informazioni che sono oggetto di segreto industriale e commerciale, ivi compresa la proprietà intellettuale o riguardino la sicurezza nazionale.PARTE II DISPOSIZIONI APPLICABILI ALLE PARTI RIVIERASCHE Articolo 9 Cooperazione bilaterale e multilaterale 1. Le parti rivierasche concludono, su una base di parità e di reciprocità, accordi bilaterali o multilaterali e altri fatti qualora non siano già stati stipulati, oppure adattano quelli esistenti, qualora ciò sia necessario per eliminare le contraddizioni con i principi fondamentali della presente convenzione, al fine di definire le relazioni reciproche e le direttive da seguire per quanto riguarda la prevenzione, il controllo e la riduzione dell'impatto transfrontaliero. Le parti rivierasche precisano il bacino idrografico oppure la (o le) parte(i) di questo bacino che costituisce (costituiscono) oggetto di una cooperazione. Questi accordi o patti comprendono le questioni pertinenti disciplinate dalla presente convenzione, nonché tutte le altre questioni a proposito delle quali le parti rivierasche possono giudicare necessaria una cooperazione.2. Gli accordi o i patti di cui al paragrafo 1 del presente articolo prevedono la creazione di organi comuni. Le attribuzioni di questi organi comuni sono in particolare, senza pregiudizio degli accordi o patti pertinenti già esistenti, le seguenti:a) raccogliere, riunire e valutare i dati al fine di identificare le fonti di inquinamento che possono avere un impatto transfrontaliero;b) elaborare programmi comuni di sorveglianza dell'acqua dal punto di vista qualitativo e quantitativo;c) elaborare inventari e scambiare informazioni sulle fonti di inquinamento di cui al paragrafo 2, lettera a) del presente articolo;d) stabilire limiti di emissione per le acque reflue e valutare l'efficacia dei programmi di lotta contro l'inquinamento;e) definire obiettivi e criteri comuni di qualità dell'acqua, tenendo conto delle disposizioni del paragrafo 3 dell'articolo 3 della presente convenzione, e proporre misure adeguate per preservare e, se necessario, migliorare la qualità dell'acqua;f) mettere a punto programmi di azione concordati, per ridurre i carichi di inquinamento sia a partire da fonti puntuali (per es.: urbane e industriali) sia a partire da fonti diffuse (in particolare l'agricoltura);g) stabilire procedure di preallarme e di allarme;h) servire da quadro per lo scambio di informazioni sulle utilizzazioni dell'acqua e degli impianti connessi esistenti o previsti, che presentano un rischio di un impatto transfrontaliero;i) promuovere la cooperazione e lo scambio di informazioni sulla migliore tecnologia disponibile in conformità delle disposizioni dell'articolo 13 della presente Convenzione e incoraggiare la cooperazione nel quadro di programmi di ricerca scientifica;j) partecipare alla realizzazione di studi di impatto sull'ambiente relativi alle acque transfrontaliere, conformemente ai regolamenti internazionali pertinenti.3. Nel caso in cui uno Stato costiero, (Parte della presente convenzione, è direttamente e notevolmente colpito da un impatto transfrontaliero, le parti rivierasche possono, se sono tutte d'accordo, invitare questo Stato costiero a svolgere un ruolo adeguato nelle attività degli organi comuni multilaterali istituiti dalle parti rivierasche di queste acque transfrontaliere.4. Gli organi comuni ai sensi della presente convenzione invitano gli organi comuni istituiti dagli Stati costieri per proteggere l'ambiente marino direttamente soggetto ad un impatto transfrontaliero, a cooperare al fine di armonizzare i lavori e prevenire, controllare e ridurre quest'impatto transfrontaliero.5. Qualora esistano due organi comuni o più per lo stesso bacino idrografico, essi s'impegnano a coordinare le loro attività, al fine di rafforzare la prevenzione, il controllo e la riduzione dell'impatto transfrontaliero in questo bacino.Articolo 10 Consultazioni Sono organizzate tra le parti rivierasche, su richiesta di una qualsiasi di queste ultime, consultazioni su una base di reciprocità, buona fede e buon vicinato. Queste consultazioni mirano ad instaurare una cooperazione riguardo ai problemi disciplinati dalle disposizioni della presente convenzione. Qualsiasi consultazione di questo tipo è svolta tramite un organo comune creato in applicazione dell'articolo 9 della presente convenzione, qualora un simile organo esista.Articolo 11 Sorveglianza e valutazione comuni 1. Nel quadro della cooperazione generale prevista dall'articolo 9 della presente convenzione o di fatti particolari, le parti rivierasche elaborano ed applicano programmi comuni al fine di sorvegliare lo stato delle acque transfrontaliere, ivi comprese le piene e i ghiacci galleggianti, nonché l'impatto transfrontaliero.2. Le parti rivierasche si mettono d'accordo sui parametri di inquinamento e sulle sostanze inquinanti di cui sorvegliano regolarmente lo scarico e la concentrazione nelle acque transfrontaliere.3. Le parti rivierasche eseguono, ad intervalli regolari, valutazioni comuni oppure coordinate dello stato delle acque transfrontaliere e dell'efficacia dei provvedimenti adottati per prevenire, controllare e ridurre l'impatto transfrontaliero. I risultati di queste valutazioni sono portati a conoscenza del pubblico in conformità alle disposizioni dell'articolo 16 della presente convenzione.4. A tal fine le parti rivierasche armonizzano le norme relative all'elaborazione e all'applicazione dei programmi di sorveglianza, sistemi di misurazione, dispositivi, tecniche di analisi, metodi di trattamento e di valutazione dei dati e metodi di registrazione delle sostanze inquinanti scaricate.Articolo 12 Attività comuni di ricerca e sviluppo Nel quadro della cooperazione generale prevista all'articolo 9 della presente convenzione o di patti speciali, le parti rivierasche intraprendono attività particolari di ricerca e sviluppo al fine di pervenire e attenersi a quegli obiettivi e a quei criteri di qualità dell'acqua che esse hanno stabilito e adottato di comune accordo.Articolo 13 Scambio di informazioni tra le parti rivierasche 1. Le parti rivierasche si scambiano, nel quadro di accordi o di altre intese pertinenti, conclusi in conformità all'articolo 9 della presente convenzione, i dati che sono ragionevolmente disponibili, in particolare i dati concernenti le questioni seguenti:a) stato ambientale delle acque transfrontaliere;b) esperienza acquisita nell'applicazione e nello sfruttamento della migliore tecnologia disponibile e risultati dai lavori di ricerca e sviluppo;c) dati relativi alle emissioni e dati di sorveglianza;d) provvedimenti adottati e previsti per prevenire, controllare e ridurre l'impatto transfrontaliero;e) autorizzazioni rilasciate o le disposizioni regolamentari adottate dall'autorità competente o dall'organo opportuno, concernenti gli scarichi delle acque reflue.2. Al fine di armonizzare i limiti di emissione, le parti rivierasche procedono ad uno scambio di informazioni sulle rispettive regolamentazioni nazionali.3. Se una parte rivierasca chiede ad una altra parte rivierasca di comunicarle dati o informazioni che non sono disponibili, la seconda s'impegna a soddisfare a questa richiesta, ma può porre, a tal fine, la condizione che la parte che presenta la richiesta, prenda a suo carico le spese ragionevoli dovute alla raccolta, ed eventualmente, al trattamento di questi dati o di queste informazioni.4. Ai fini dell'applicazione della presente convenzione, le parti rivierasche facilitano lo scambio della migliore tecnologia disponibile, favorendo in particolare: lo scambio commerciale della tecnologia disponibile, i contatti e la cooperazione industriale diretti, ivi comprese le imprese comuni, lo scambio di informazioni e di dati acquisiti con l'esperienza e la prestazione di un'assistenza tecnica. Inoltre le parti rivierasche intraprendono programmi comuni di formazione e organizzano i seminari e le riunioni necessari.Articolo 14 Sistemi di allerta e di allarme Le parti rivierasche si informano reciprocamente e senza indugio riguardo a qualsiasi situazione critica, che può avere un impatto transfrontaliero. Se necessario, installano e sfruttano sistemi coordinati o comuni di comunicazione, di allerta e di allarme, allo scopo di ottenere e trasmettere informazioni. Questi sistemi funzionano grazie a procedure e mezzi compatibili di trasmissione e di trattamento dei dati, su cui le parti rivierasche devono accordarsi. Le parti rivierasche si comunicano reciprocamente quali sono le autorità competenti o i punti di contatto designati a tal fine.Articolo 15 Assistenza reciproca 1. In caso di situazione critica, le parti rivierasche si prestano reciprocamente assistenza, su richiesta, secondo procedure da stabilirsi in conformità al paragrafo 2 del presente articolo.2. Le parti rivierasche definiscono e adottano di comune accordo procedure di reciproca assistenza, che riguardano in particolare le seguenti questioni:a) direzione, controllo, coordinamento e supervisione dell'assistenza;b) facilitazioni e servizi che la Parte che richiede assistenza, deve fornire localmente, ivi compresa, se necessaria, la semplificazione delle formalità doganali;c) intese volte ad escludere da ogni responsabilità la parte che presta assistenza e/o il suo personale, a indennizzarla e/o concederle compensazioni, nonché a permettere il transito sul territorio di parti terze, se necessario;d) modalità di rimborso dei servizi di assistenza.Articolo 16 Informazione del pubblico 1. Le parti rivierasche provvedono affinché il pubblico possa prendere conoscenza delle informazioni relative allo stato delle acque transfrontaliere, ai provvedimenti adottati o previsti per prevenire, controllare e ridurre l'impatto transfrontaliero, e all'efficacia di questi provvedimenti. A tal fine le parti rivierasche fanno in modo che siano messe a disposizione del pubblico le seguenti informazioni:a) gli obiettivi di qualità dell'acqua;b) le autorizzazioni rilasciate e le condizioni da osservare in proposito;c) i risultati dei prelievi di campioni di acqua e di effluenti effettuati a fine di sorveglianza e di valutazione, nonché i risultati dei controlli volti a determinare in quale misura gli obiettivi di qualità dell'acqua o le condizioni indicate nelle autorizzazioni sono realizzati.2. Le parti rivierasche vigilano affinché il pubblico possa avere accesso a queste informazioni in qualsiasi momento ragionevole e possa prenderne conoscenza gratuitamente; esse mettono a disposizione dei membri del pubblico mezzi sufficienti affinché possano ottenere copia di queste informazioni contro pagamento di spese ragionevoli.PARTE III DISPOSIZIONI ISTITUZIONALI E DISPOSIZIONI FINALI Articolo 17 Riunione delle parti 1. La prima riunione delle parti è convocata al più tardi entro un anno a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente convenzione. Successivamente le riunioni ordinarie si svolgono ogni tre anni o ad intervalli più brevi stabiliti dal regolamento interno. Le parti si riuniscono in riunione straordinaria, se così decidono durante una riunione ordinaria oppure se una di esse ne fa richiesta per iscritto, a condizione che questa richiesta sia approvata da un terzo almeno delle parti nei sei mesi successivi alla comunicazione della richiesta a tutte le parti.2. Durante le riunioni, le parti si impegnano ad applicare la presente convenzione, e tenendo presente questo obiettivo:a) esaminano le loro politiche e i loro interventi metodologici in materia di protezione e di utilizzazione delle acque transfrontaliere allo scopo di migliorare ancora la protezione e l'utilizzazione di queste acque;b) si scambiano informazioni sulle esperienze compiute nella conclusione e nell'applicazione di accordi bilaterali e multilaterali o di altri accordi concernenti la protezione e l'utilizzazione delle acque transfrontaliere, di cui sono partecipi una o più parti;c) chiedono, se opportuno, i servizi degli organi competenti della CEE, nonché di altri organi internazionali o di taluni comitati competenti per tutte le questioni che hanno un rapporto con la realizzazione degli obiettivi della presente convenzione;d) durante la prima riunione esaminano il regolamento interno delle riunioni e l'adottano all'unanimità;e) esaminano e adottano proposte di emendamenti alla presente convenzione;f) esaminano e intraprendono qualsiasi altra azione che possa rivelarsi necessaria ai fini della presente convenzione.Articolo 18 Diritto di voto 1. Con riserva delle disposizioni del paragrafo 2 del presente articolo, le parti alla presente convenzione hanno ciascuna un voto.2. Le organizzazioni regionali di integrazione economica dispongono, per l'esercizio del diritto di voto nei settori di loro competenza, di un numero di voti pari al numero dei loro Stati membri, che sono parti alla presente convenzione. Queste organizzazioni non esercitano il diritto di voto, se lo esercitano i loro Stati membri, e viceversa.Articolo 19 Segretariato Il segretariato esecutivo della commissione economica per l'Europa esercita le seguenti funzioni di segretariato:a) prepara la riunione e convoca le parti;b) trasmette alle parti le relazioni e le altre informazioni ricevute in applicazione delle disposizioni della presente convenzione; ec) svolge le altre funzioni che le parti eventualmente gli assegnano.Articolo 20 Allegati Gli allegati della presente convenzione costituiscono parte integrante della convenzione.Articolo 21 Emendamenti alla convenzione 1. Qualsiasi parte può proporre emendamenti alla presente convenzione.2. Le proposte di emendamenti alla presente convenzione sono esaminate durante una riunione delle parti.3. Il testo di qualsiasi proposta di emendamento alla presente convenzione è presentato per iscritto al segretariato esecutivo della Commissione economica per l'Europa, che lo comunica a tutte le parti almeno 90 giorni prima della riunione, nel corso della quale l'emendamento è proposto per adozione.4. Qualsiasi emendamento alla presente convenzione è adottato all'unanimità dai rappresentanti delle parti alla convenzione, presenti ad una riunione delle parti, ed entra in vigore per le parti alla convenzione che l'hanno accettato il novantesimo giorno successivo alla data alla quale i due terzi di esse hanno depositato presso il depositario gli strumenti di accettazione dell'emendamento. Per qualsiasi altra parte l'emendamento entra in vigore il giorno successivo alla data alla quale questa parte ha depositato il suo strumento di accettazione dell'emendamento.Articolo 22 Composizione delle controversie 1. Se tra due o più parti sorge una controversia riguardo all'interpretazione o all'applicazione della presente convenzione, queste parti cercano di risolverla tramite negoziazione oppure tramite qualsiasi metodo di composizione delle controversie, da esse giudicato accettabile.2. Quando una parte sottoscrive, ratifica, accetta, approva la presente convenzione o aderisce ad essa, oppure in qualsiasi altro momento successivo, può dichiarare per iscritto al depositario che per le controversie che non sono state risolte in conformità del paragrafo 1 del presente articolo, essa accetta di considerare come obbligatoria (e), nei suoi rapporti con qualsiasi parte che accetti lo stesso obbligo, una delle due procedure o le due procedure di composizione delle controversie qui di seguito indicate:a) presentazione della controversia alla Corte internazionale di giustizia;b) arbitrato in conformità della procedura esposta all'allegato IV.3. Se le parti della controversia hanno accettato le due procedure di composizione delle controversie di cui al paragrafo 2 del presente articolo, la controversia può essere presentata soltanto alla Corte internazionale di giustizia, a meno che le parti convengano diversamente.Articolo 23 Firma La presente convenzione è aperta alla firma degli Stati membri della commissione economica per l'Europa, nonché degli Stati dotati di funzione consultiva presso la commissione economica per l'Europa a norma del paragrafo 8 della risoluzione 36 (IV) del Consiglio economico e sociale, del 28 marzo 1947, e delle organizzazioni regionali di integrazione economica costituite da Stati sovrani, membri della commissione economica per l'Europa, i quali hanno conferito ad esse la competenza per le materie cui tratta la presente convenzione, ivi compresa la competenza a concludere trattati su queste materie, a Helsinki dal 17 al 18 marzo 1992 compreso e successivamente presso la sede dell'Organizzazione delle Nazioni Unite a New York fino al 18 settembre 1992.Articolo 24 Depositario Il segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite esercita le funzioni di depositario della presente convenzione.Articolo 25 Ratifica, accettazione, approvazione e adesione 1. La presente convenzione è sottoposta alla ratifica, all'accettazione o all'approvazione degli Stati e delle organizzazioni regionali di integrazione economica firmatari.2. La presente convenzione è aperta all'adesione degli Stati e delle organizzazioni di cui all'articolo 23.3. Qualsiasi organizzazione di cui all'articolo 23 che diventi parte alla presente convenzione senza che nessuno dei suoi Stati membri ne sia parte, è soggetta a tutti gli obblighi che derivano dalla convenzione. Se uno o più Stati membri di tale organizzazione sono parti alla presente convenzione, le organizzazioni e i suoi Stati membri concordano le rispettive responsabilità nell'adempimento degli obblighi assunti a norma della convenzione. In simile caso, l'organizzazione e gli Stati membri non sono autorizzati ad esercitare concorsualmente i diritti che derivano dalla presente convenzione.4. Nei rispettivi strumenti di ratifica, accettazione, approvazione o adesione, le organizzazioni regionali di integrazione economica di cui all'articolo 23, specificano la portata della loro competenza riguardo alle materie di cui tratta la presente convenzione. Inoltre, queste organizzazioni informano il depositario di qualsiasi modifica importante della portata della loro competenza.Articolo 26 Entrata in vigore 1. La presente convenzione entra in vigore il novantesimo giorno successivo alla data di deposito del sedicesimo strumento di ratifica, accettazione, approvazione o adesione.2. Ai fini del paragrafo 1 del presente articolo, lo strumento depositato da un'organizzazione regionale di integrazione economica non si aggiunge a quelli che sono depositati dagli Stati membri di quest'organizzazione.3. Riguardo a ciascuno Stato od organizzazione di cui all'articolo 23, che ratifica, accetta o approva la presente convenzione o vi aderisce dopo il deposito del sedicesimo strumento di ratifica, accettazione, approvazione o adesione, la convenzione entra in vigore il novantesimo giorno successivo alla data di deposito da parte di questo Stato o organizzazione del proprio strumento di ratifica, accettazione, approvazione o adesione.Articolo 27 Denuncia In qualsiasi momento dopo la scadenza di un periodo di 3 anni calcolato a decorrere dalla data alla quale la presente convenzione è entrata in vigore riguardo ad una parte, questa parte può denunciare la convenzione mediante notifica scritta indirizzata al depositario. Questa denuncia prende effetto il novantesimo giorno successivo alla data di ricezione della notifica da parte del depositario.Articolo 28 Testi autentici L'originale della presente convenzione, di cui i testi inglese, francese e russo fanno ugualmente fede, è depositato presso il segretario generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.In fede di che i sottoscritti, a tal fine debitamente autorizzati, hanno formato la presente convenzione.Fatto a Helsinki, li 17 marzo 1992.Allegato I DEFINIZIONE DELL'ESPRESSIONE « MIGLIORE TECNOLOGIA DISPONIBILE » 1. L'espressione « migliore tecnologia disponibile » designa l'ultima fase di sviluppo dei procedimenti, delle apparecchiature o dei metodi di sfruttamento, indicando che un determinato provvedimento è applicabile nella prassi per limitare le emissioni, gli scarichi e i rifiuti. Per stabilire se un insieme di procedimenti, apparecchiature e metodi di sfruttamento costituisca la migliore tecnologia disponibile in generale o in casi particolari, è opportuno prendere in considerazione in modo particolare:a) i procedimenti, le apparecchiature o i metodi di sfruttamento comparabili, che sono stati recentemente sperimentati con successo;b) i progressi tecnologici e l'evoluzione delle conoscenze e delle integrazioni scientifiche;c) l'applicabilità di questa tecnologia dal punto di vista economico;d) i tempi di applicazione sia in nuovi impianti, sia negli impianti già esistenti;e) la natura e il volume dei rifiuti e degli effluenti in causa;f) le tecnologie poco inquinanti o senza rifiuti.2. Da quanto detto risulta che per un particolare procedimento la « migliore tecnologia disponibile » si evolverà nel tempo in funzione dei progressi tecnologici, dei fattori economici e sociali e dell'evoluzione delle conoscenze e delle interpretazioni scientifiche.Allegato II LINEE DIRETTIVE PER LA MESSA A PUNTO DELLE MIGLIORI PRASSI AMBIENTALI 1. Scegliendo per casi particolari la combinazione più adatta di provvedimenti, che può costituire la migliore prassi ambientale, si deve prendere in considerazione la seguente serie di provvedimenti elencati in progressione:a) informazione e istruzione del pubblico e degli utenti riguardo alle conseguenze sull'ambiente della scelta di attività e di prodotti particolari e, per questi ultimi, della loro utilizzazione e della loro eliminazione finale;b) elaborazione e applicazione di codici di buona prassi ambientale, che sia applicata a tutti gli aspetti della vita del prodotto;c) etichettatura che informi gli utenti dei rischi ambientali connessi a un prodotto, alla sua utilizzazione e alla sua eliminazione finale;d) messa a disposizione del pubblico di sistemi di raccolta e di eliminazione;e) riciclaggio, recupero e riutilizzo;f) applicazione di strumenti economici ad attività, prodotti o gruppi di prodotti;g) adozione di un sistema di autorizzazione, completato da una serie di limitazioni o da un divieto.2. Per stabilire quale combinazione di provvedimenti costituisca la migliore prassi ambientale in generale o in casi particolari, è opportuno prendere in considerazione in modo particolare:a) il rischio che rappresentano per l'ambiente:i) il prodotto;ii) la fabbricazione del prodotto;iii) l'utilizzazione del prodotto;iv) l'eliminazione finale del prodotto;b) la sostituzione dei procedimenti o delle sostanze con altri meno inquinanti;c) la scala di utilizzazione;d) i vantaggi o gli inconvenienti che materiali o attività di sostituzione possono presentare dal punto di vista dell'ambiente;e) i progressi e l'evoluzione delle conoscenze e delle interpretazioni scientifiche;f) i tempi di applicazione;g) le conseguenze sociali ed economiche.3. Da quanto detto risulta che, per una fonte particolare, le migliori prassi ambientali mutano nel tempo in funzione dei progressi tecnologici, di fattori economici e sociali e dell'evoluzione delle conoscenze e delle interpretazioni scientifiche.Allegato III LINEE DIRETTIVE PER LA MESSA A PUNTO DI OBIETTIVI E DI CRITERI DI QUALITÀ DELL'ACQUA Per la messa a punto di obiettivi e di criteri di qualità dell'acqua:a) si tiene conto dello scopo perseguito, che è di preservare e, se necessario, migliorare la qualità dell'acqua;b) si mira a ridurre i carichi inquinanti medi (in particolare quelli di sostanze pericolose) ad un determinato livello in un periodo prestabilito;c) si tiene conto delle esigenze specifiche in materia di qualità dell'acqua (acqua non trattata utilizzata come acqua potabile, irrigazione, ecc.);d) si tiene conto delle esigenze specifiche per quanto riguarda le acque sensibili e le acque specialmente protette e il loro ambiente (per es.: laghi e acque sotterranee);e) ci si basa sull'impiego di metodi di classificazione ecologica e di indici chimici, che permettano di esaminare la preservazione e il miglioramento della qualità dell'acqua a medio e a lungo termine;f) si tiene conto del grado di realizzazione degli obiettivi e dei provvedimenti di protezione supplementari, basati sui limiti di emissione, che possono risultare necessari in casi particolari.Allegato IV ARBITRATO 1. Nel caso in cui una controversia sia sottoposta all'arbitrato a norma del paragrafo 2 dell'articolo 22 della presente convenzione, una parte (o le parti) notifica(no) al segretariato l'oggetto dell'arbitrato e indica(no) in particolare gli articoli della presente convenzione la cui interpretazione o applicazione costituisce oggetto della controversia. Il segretariato trasmette le informazioni ricevute a tutte le parti alla presente convenzione.2. Il tribunale arbitrale è composto di tre membri. La (o le) parte(i) attrice(i) e l'altra (o le altre) parte(i) della controversia nominano un arbitro e i due arbitri così rinominati designano di comune accordo il terzo arbitro che è il presidente del tribunale arbitrale. Quest'ultimo non deve essere cittadino di una delle parti della controversia, né avere la residenza abituale nel territorio di una di queste parti, né essere al servizio di una di esse, né essersi già occupato della controversia in base a qualsiasi altro titolo.3. Se il presidente del tribunale arbitrale non viene designato entro i due mesi successivi alla nomina del secondo arbitro, il segretario esecutivo della commissione economica per l'Europa provvede, su richiesta di una delle parti della controversia, a designarlo entro un nuovo termine di due mesi.4. Se una delle parti della controversia non procede alla nomina di un arbitro entro un termine di due mesi a decorrere dalla ricezione della richiesta, l'altra parte può informarne il segretario esecutivo della commissione economica per l'Europa, il quale designa il presidente del tribunale arbitrale entro un nuovo termine di due mesi. Appena nominato, il presidente del tribunale arbitrale chiede alla parte che non ha nominato l'arbitro, di farlo entro un termine di due mesi. Se la parte non provvede entro questo termine, il presidente ne informa il segretario esecutivo della commissione economica per l'Europa, il quale procede a tale nomina entro un nuovo termine di due mesi.5. Il tribunale sentenzia in conformità del diritto internazionale e delle disposizioni della presente convenzione.6. Qualsiasi tribunale arbitrale costituito in applicazione delle disposizioni del presente allegato adotta esso stesso la propria procedura.7. Le decisioni del tribunale arbitrale, sia su questioni di procedura che di merito, sono adottate a maggioranza dei membri.8. Il tribunale può prendere tutti i provvedimenti opportuni per accertare i fatti.9. Le parti della controversia facilitano il compito del tribunale arbitrale e, in particolare, mediante tutti i mezzi a loro disposizione:a) forniscono tutti i documenti, i mezzi e le informazioni pertinenti; eb) gli permettono, se ciò è necessario, di citare e di ascoltare testimoni o esperti.10. Le parti e gli arbitri mantengono il segreto su qualsiasi informazione che ricevono a titolo riservato durante la procedura di arbitrato.11. Il tribunale arbitrale può, su richiesta di una delle parti, raccomandare provvedimenti cautelari.12. Se una delle parti della controversia non si presenta davanti al tribunale arbitrale o non fa valere le sue ragioni, l'altra parte può chiedere al tribunale di proseguire il procedimento e di adottare la sentenza definitiva. Il fatto che una parte non si presenti o non faccia valere le proprie ragioni, non costituisce ostacolo allo svolgimento del procedimento.13. Il tribunale arbitrale può esaminare e decidere richiese riconvenzionali direttamente connesse all'oggetto della controversia.14. A meno che il tribunale arbitrale decida diversamente in considerazione di particolari circostanze della causa, le spese del tribunale, ivi compresa la remunerazione dei suoi membri, sono sostenute in pari misura dalle parti della controversia. Il tribunale tiene un conto di tutte le sue spese e ne fornisce un estratto finale alle parti.15. Qualsiasi parte alla presente convenzione, che in merito all'oggetto della controversia ha un interesse di carattere giuridico, che può essere pregiudicato dalla decisione adottata nella causa, può intervenire nel procedimento con l'accordo del tribunale.16. Il tribunale arbitrale emette la sentenza entro cinque mesi successivi alla data alla quale è stato costituito, a meno che ritenga necessario prolungare questo termine di un periodo che non dovrebbe superare i cinque mesi.17. La sentenza del tribunale arbitrale è accompagnata da una relazione sulle motivazioni. Essa è definitiva e obbligatoria per tutte le parti della controversia. Il tribunale arbitrale la comunica alle parti della controversia e al segretariato. Quest'ultimo trasmette le informazioni ricevute a tutte le parti alla presente convenzione.18. Qualsiasi controversia tra le parti in merito all'interpretazione o all'esecuzione della sentenza deve essere sottoposta da una delle parti al tribunale arbitrale che ha emesso detta sentenza oppure, se non ci si può rivolgere a quest'ultimo, ad un altro tribunale costituito a tal fine nello stesso modo del primo.ALLEGATO II Dichiarazione della Comunità ai sensi dell'articolo 25, paragrafo 4 della convenzione sulla protezione e l'utilizzazione dei corsi d'acqua transfrontalieri e dei laghi internazionali visto l'articolo 25, paragrafo 4 della convenzione sulla protezione e l'utilizzazione dei corsi d'acqua transfrontalieri e dei laghi internazionali, relativo alla portata delle competenze delle organizzazioni che sono menzionate nel presente paragrafo,conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea e alla luce della legislazione comunitaria vigente nel settore contemplato dalla convenzione sulla protezione e l'utilizzazione dei corsi d'acqua transfrontalieri e dei laghi internazionali, e in particolare agli strumenti giuridici indicati in appresso, la Comunità dispone di una competenza in materia a livello internazionale. Anche gli Stati membri della Comunità europea dispongono di una competenza a livello internazionale per quanto riguarda parimenti le materie contemplate da detta convenzione sulla protezione e l'utilizzazione dei corsi d'acqua transfrontalieri e dei laghi internazionali.Gli strumenti giuridici in questione sono i seguenti:- direttiva 75/440/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1975, concernente la qualità delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile negli Stati membri (1);- direttiva 76/160/CEE del Consiglio, dell'8 dicembre 1975, concernente la qualità delle acque di balneazione (2);- direttiva 76/464/CEE del Consiglio, del 4 maggio 1976, concernente l'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose scaricate nell'ambiente idrico della Comunità (3);- direttiva 78/176/CEE del Consiglio, del 20 febbraio 1978, relativa ai rifiuti provenienti dall'industria del biossido di titanio (4);- direttiva 78/659/CEE del Consiglio, del 18 luglio 1978, sulla qualità delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci (5);- direttiva 79/869/CEE del Consiglio, del 9 ottobre 1979, relativa ai metodi di misura, alla frequenza dei campionamenti e delle analisi delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile negli Stati membri (6);- direttiva 80/68/CEE del Consiglio, del 17 dicembre 1979, concernente la protezione delle acque sotterranee dall'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose (7);- direttiva 80/778/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1980, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano (8);- direttiva 82/176/CEE del Consiglio, del 22 marzo 1982, concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di mercurio del settore dell'elettrolisi dei cloruri alcalini (9);- direttiva 82/883/CEE del Consiglio, del 3 dicembre 1982, relativa alle modalità di vigilanza e di controllo degli ambienti interessati dagli scarichi dell'industria del biossido di titanio (10);- direttiva 83/513/CEE del Consiglio, del 26 settembre 1983, concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di cadmio (11);- direttiva 84/156/CEE del Consiglio, dell'8 marzo 1984, concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di mercurio provenienti da settori diversi da quello dell'elettrolisi dei cloruri alcalini (12);- direttiva 84/491/CEE del Consiglio, del 9 ottobre 1984, concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di esaclorocicloesano (13);- direttiva 86/280/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1986, concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell'elenco I dell'allegato della direttiva 76/464/CEE (14);- direttiva 88/347/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1988, che modifica l'allegato II della direttiva 86/280/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell'elenco I dell'allegato della direttiva 76/464/CEE (15);- direttiva 90/415/CEE del Consiglio, del 27 luglio 1990, che modifica l'allegato II della direttiva 86/280/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell'elenco I dell'allegato della direttiva 76/464/CEE (16);- direttiva 91/271/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1991, concernente il trattamento delle acque reflue urbane (17);- direttiva 91/676/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole (18).Lo sviluppo della politica comunitaria in materia ambientale implica che questo elenco può essere soggetto a modifiche consistenti nell'emendamento o nell'abrogazione di testi vigenti o nell'adozione di nuovi testi.(1) GU n. L 194 del 25. 7. 1975, pag. 34.(2) GU n. L 31 del 5. 2. 1976, pag. 1.(3) GU n. L 129 del 18. 5. 1976, pag. 23.(4) GU n. L 54 del 25. 2. 1978, pag. 19.(5) GU n. L 222 del 14. 8. 1978, pag. 1.(6) GU n. L 271 del 29. 10. 1979, pag. 44.(7) GU n. L 20 del 26. 1. 1980, pag. 43.(8) GU n. L 229 del 30. 8. 1980, pag. 11.(9) GU n. L 81 del 27. 3. 1982, pag. 29.(10) GU n. L 378 del 31. 12. 1982, pag. 1.(11) GU n. L 291 del 24. 10. 1983, pag. 1.(12) GU n. L 74 del 17. 3. 1984, pag. 49.(13) GU n. L 274 del 17. 10. 1984, pag. 11.(14) GU n. L 181 del 4. 7. 1986, pag. 16.(15) GU n. L 158 del 25. 6. 1988, pag. 35.(16) GU n. L 219 del 14. 8. 1990, pag. 49.(17) GU n. L 135 del 30. 5. 1991, pag. 40.(18) GU n. L 375 del 31. 12. 1991, pag. 1. | Convenzione di Helsinki: prevenire l’inquinamento dei corsi d’acqua e dei laghi internazionali
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE E DELLA CONVENZIONE?
Con la decisione 95/308/CE la Comunità europea (ora UE) aderisce alla convenzione sulla protezione e l’utilizzazione dei corsi d’acqua transfrontalieri* e dei laghi internazionali (Convenzione sull’acqua dell’UNECE, la Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite).
Si tratta della cosiddetta Convenzione di Helsinki, poiché è stata firmata lì nel 1992.
PUNTI CHIAVE
La convenzione fornisce un quadro legale entro il quale due o più parti collaborano per:prevenire e controllare l’inquinamento acquatico lungo le frontiere nazionali;garantire un’utilizzazione ragionevole e imparziale delle acque transfrontaliere. Le parti devono adottare tutte le misure appropriate in materia di acque transfrontaliere al fine di:prevenire, controllare e ridurre l’inquinamento effettivo o potenziale;assicurare una gestione delle acque ecologicamente affidabile, la conservazione delle risorse e la tutela ambientale, compreso il ripristino degli ecosistemi, laddove necessario;garantire un’utilizzazione ragionevole e imparziale delle risorse. Le parti sono tenute a:applicare il principio di precauzione: non mancare di intervenire perché la scienza non ha ancora dimostrato completamente il legame tra particolari sostanze e l’inquinamento;applicare il principio «chi inquina paga»: la parte responsabile dell’inquinamento paga i costi legati a prevenzione, controllo e riduzione;gestire le risorse idriche in modo tale da non danneggiare le esigenze delle generazioni future;stabilire programmi volti a monitorare le acque transfrontaliere;collaborare, condividendo informazioni e ricerche al fine di sviluppare tecniche efficaci volte a prevenire, controllare e ridurre l’inquinamento transfrontaliero;sostenere gli sforzi internazionali atti ad elaborare regolamenti, criteri e procedure per la determinazione delle responsabilità legate all’inquinamento. Tali misure devono:essere adottate alla fonte, se possibile;evitare di trasferire direttamente o indirettamente l’inquinamento in altre parti dell’ambiente. Gli accordi tra due o più parti possono trattare argomenti quali:la compilazione di dati e inventari;la creazione di programmi di monitoraggio congiunti;l’adozione di limiti di emissione per le acque reflue e di obiettivi comuni relativi alla qualità delle acque;l’introduzione di procedure di avvertenza e di allarme;l’impiego di valutazioni dell’impatto ambientale. Le parti dell’accordo devono:offrirsi vicendevolmente aiuto, se richiesto;fare sì che le informazioni sullo stato delle acque transfrontaliere e le eventuali misure adottate siano disponibili al pubblico. Nel 2003, la convenzione è stata modificata per consentire il coinvolgimento di tutti i paesi non europei. La modifica è entrata in vigore il 6 febbraio 2013 e la decisione 2013/790/UE ne ha sancito l’accettazione. Dal marzo 2016 tutti gli Stati membri dell’ONU possono aderirvi.
DATA DI ENTRATA IN VIGORE
La convenzione è entrata in vigore il 6 ottobre 1996.
CONTESTO
La maggioranza dei problemi ambientali supera i confini nazionali e può anche avere una natura globale. Per questo motivo il trattato di Lisbona (articolo 191 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea) assegna all’Unione il compito di promuovere misure internazionali volte a contrastare i problemi ambientali regionali e mondiali.
L’Unione è competente per la negoziazione e la sottoscrizione degli accordi ambientali internazionali. Lo ha già fatto in molti ambiti, sia sotto gli auspici delle Nazioni Unite che a livello regionale o subregionale. Ha ratificato sei convenzioni relative alle acque.
Per maggiori informazioni, si veda:Accordi ambientali multilaterali (Commissione europea) Sulla Convenzione sull’acqua dell’UNECE (Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite, UNECE) Guida all’attuazione della Convenzione sull’acqua (Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite, UNECE)
TERMINI CHIAVE
Corso d’acqua transfrontaliero: acque superficiali o sotterranee che demarcano, attraversano o si trovano in concomitanza del confine tra due o più paesi.
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione 95/308/CE del Consiglio, del 24 luglio 1995, relativa alla conclusione, a nome della Comunità, della convenzione sulla protezione e l’utilizzazione dei corsi d’acqua transfrontalieri e dei laghi internazionali (GU L 186 del 5.8.1995, pag. 42).
Convenzione sulla protezione e l’utilizzazione dei corsi d’acqua transfrontalieri e dei laghi internazionali (GU L 186 del 5.8.1995, pag. 44).
Le successive modifiche alla convenzione sono state incorporate nel documento originale. La versione consolidata ha unicamente un valore documentale. | 15,895 | 606 |
32006L0116 | false | DIRETTIVA 2006/116/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 12 dicembre 2006
concernente la durata di protezione del diritto d'autore e di alcuni diritti connessi
(versione codificata)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 47, paragrafo 2, e gli articoli 55 e 95,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 93/98/CEE del Consiglio, del 29 ottobre 1993, concernente l'armonizzazione della durata di protezione del diritto d'autore e di alcuni diritti connessi (3), è stata modificata in modo sostanziale (4). Per ragioni di chiarezza e razionalizzazione è opportuno procedere alla codificazione di tale direttiva.
(2)
La convenzione di Berna per la tutela delle opere letterarie e artistiche e la convenzione internazionale per la protezione degli artisti, interpreti o esecutori, dei produttori di fonogrammi e degli organismi di radiodiffusione (convenzione di Roma) contemplano soltanto durate di protezione minime, lasciando agli Stati contraenti la facoltà di tutelare i diritti in questione per periodi più lunghi. Alcuni Stati membri si sono avvalsi di tale facoltà. Inoltre, alcuni Stati membri non hanno aderito alla convenzione di Roma.
(3)
Di conseguenza tra le legislazioni nazionali che disciplinano la durata della protezione del diritto d'autore e dei diritti connessi sussistono difformità che possono ostacolare la libera circolazione delle merci e la libera prestazione dei servizi, nonché falsare le condizioni della concorrenza nel mercato comune. È pertanto necessario, nella prospettiva del buon funzionamento del mercato interno, armonizzare le legislazioni degli Stati membri in modo che le durate di protezione siano identiche in tutta la Comunità.
(4)
È importante stabilire non soltanto la durata dei periodi di protezione, ma anche talune modalità di attuazione quali il momento a decorrere dal quale ciascuna durata di protezione è calcolata.
(5)
Le disposizioni della presente direttiva dovrebbero lasciare impregiudicata l'applicazione, da parte degli Stati membri, dell'articolo 14 bis, paragrafo 2, lettere b), c) e d) e paragrafo 3 della convenzione di Berna.
(6)
Il periodo di protezione minimo di cinquant'anni dopo la morte dell'autore contemplato dalla convenzione di Berna era destinato a proteggere l'autore e le due prime generazioni dei suoi discendenti. In seguito all'allungamento della vita media nella Comunità questa durata non è più sufficiente per coprire due generazioni.
(7)
Alcuni Stati membri hanno disposto proroghe del periodo di protezione oltre il cinquantesimo anno dalla morte dell'autore per compensare gli effetti delle guerre mondiali sull'utilizzazione commerciale delle opere.
(8)
Per quanto attiene alla durata della protezione dei diritti connessi, alcuni Stati membri hanno optato per una tutela di cinquant'anni dalla lecita pubblicazione o dalla lecita comunicazione al pubblico.
(9)
La conferenza diplomatica tenutasi nel dicembre 1996 sotto gli auspici dell'Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale (OMPI) ha concluso i suoi lavori con l'adozione del trattato dell'OMPI sulle interpretazioni ed esecuzioni e sui fonogrammi, relativo alla protezione degli artisti interpreti o esecutori e dei produttori di fonogrammi. Tale trattato rappresenta un importante aggiornamento della protezione internazionale dei diritti connessi.
(10)
Il rispetto dei diritti acquisiti è uno dei principi generali del diritto tutelati dall'ordinamento giuridico comunitario. Quindi, la durata dei periodi di protezione del diritto d'autore e dei diritti connessi istituiti dal diritto comunitario non può avere l'effetto di ridurre la protezione di cui fruivano gli aventi diritto nella Comunità prima dell’entrata in vigore della direttiva 93/98/CEE. Allo scopo di limitare al minimo gli effetti dei provvedimenti transitori e consentire il corretto funzionamento del mercato interno, è opportuno armonizzare le durate della protezione su periodi lunghi.
(11)
Il livello di protezione del diritto d’autore e dei diritti connessi dovrebbe essere elevato, in quanto questi diritti sono indispensabili alla creazione intellettuale. La loro protezione permette di assicurare il mantenimento e lo sviluppo della creatività nell'interesse degli autori, delle industrie culturali, dei consumatori e dell'intera collettività.
(12)
Per istituire un livello di protezione elevato che risponda tanto alle esigenze del mercato interno quanto alla necessità di creare un quadro normativo favorevole allo sviluppo armonioso della creatività letteraria e artistica nella Comunità, è opportuno armonizzare la durata della protezione dei diritti d'autore portandola a settant'anni dalla morte dell'autore o dalla data in cui l'opera è stata lecitamente messa a disposizione del pubblico e, per i diritti connessi, a cinquant'anni dall'evento che fa decorrere la protezione.
(13)
Le raccolte sono protette conformemente all'articolo 2, paragrafo 5 della convenzione di Berna, quando, per la scelta e la disposizione del loro contenuto, costituiscono creazioni intellettuali. Tali opere sono protette in quanto tali, fatti salvi i diritti d'autore su ognuna delle opere che compongono tali raccolte. Di conseguenza, durate specifiche di protezione possono essere applicate alle opere incluse nelle raccolte.
(14)
In tutti i casi in cui una o più persone fisiche siano identificate come autori, è opportuno che la durata della protezione decorra dalla loro morte. La questione dell'appartenenza in tutto o in parte di un'opera a un autore è una questione di fatto che all'occorrenza deve essere risolta dai giudici nazionali.
(15)
La durata della protezione dovrebbe essere calcolata a decorrere dal 1o gennaio dell'anno successivo a quello in cui ha luogo il fatto costitutivo del diritto, come nelle convenzioni di Berna e di Roma.
(16)
La protezione delle opere fotografiche negli Stati membri è soggetta a regolamentazioni diverse. Un'opera fotografica ai sensi della convenzione di Berna deve essere considerata originale se è il risultato della creazione intellettuale dell'autore e rispecchia la personalità di quest'ultimo, indipendentemente da qualsiasi altro criterio quale il pregio o lo scopo. È opportuno affidare la protezione delle altre fotografie alla legislazione nazionale.
(17)
Al fine di evitare differenze nella durata di protezione per quanto riguarda i diritti connessi, è necessario prevedere uno stesso punto d'inizio per il calcolo della durata in tutta la Comunità. Per calcolare la durata della protezione è opportuno prendere in considerazione l'esecuzione, la fissazione, la trasmissione, la pubblicazione lecita e la lecita comunicazione al pubblico, vale a dire i mezzi che pongono in ogni modo appropriato l'oggetto di un diritto connesso alla portata di chiunque, a prescindere dal paese in cui ha luogo tale esecuzione, fissazione, trasmissione, pubblicazione lecita o lecita comunicazione al pubblico.
(18)
I diritti degli organismi di radiodiffusione nelle loro emissioni, siano esse trasmesse su filo o via etere, incluse le emissioni via cavo o via satellite, non dovrebbero essere perpetui. È dunque necessario che la durata della protezione cominci a decorrere soltanto dalla prima diffusione di una specifica emissione. Questa disposizione si propone di evitare che un nuovo periodo di protezione decorra per un'emissione identica a una precedente.
(19)
Gli Stati membri dovrebbero conservare la facoltà di mantenere o introdurre altri diritti connessi al diritto d'autore, in particolare in ordine alla protezione delle pubblicazioni critiche e scientifiche. Al fine di garantire la trasparenza a livello comunitario, è tuttavia necessario che gli Stati membri che introducono nuovi diritti connessi ne diano notifica alla Commissione.
(20)
Va precisato che la presente direttiva non si applica ai diritti morali.
(21)
Per le opere il cui paese di origine ai sensi della convenzione di Berna sia un paese terzo e il cui autore non sia un cittadino della Comunità, occorre applicare il confronto delle durate di protezione, fermo restando che la durata concessa nella Comunità non deve superare quella prevista dalla presente direttiva.
(22)
Qualora un titolare di diritti che non sia cittadino comunitario soddisfi le condizioni per poter beneficiare di una protezione in virtù di un accordo internazionale, è opportuno che la durata di protezione dei diritti connessi sia identica a quella prevista dalla presente direttiva. Tuttavia tale durata non dovrebbe superare quella prevista per il paese di cui il titolare ha la nazionalità.
(23)
Il confronto delle durate di protezione non dovrebbe comportare, per gli Stati membri, conflitti con i rispettivi obblighi internazionali.
(24)
Gli Stati membri dovrebbero conservare la facoltà di adottare disposizioni sull'interpretazione, l'adeguamento e l'ulteriore esecuzione di contratti relativi all'utilizzazione di opere e altri soggetti protetti, conclusi anteriormente all'estensione della durata di protezione risultante dalla presente direttiva.
(25)
I diritti acquisiti e le lecite aspettative dei terzi sono tutelati nell'ambito dell'ordinamento giuridico comunitario. Gli Stati membri hanno segnatamente la facoltà di prevedere che in determinate circostanze i diritti d'autore e i diritti connessi ripristinati conformemente alla presente direttiva non possano dar luogo a pagamenti da parte di persone che avevano intrapreso in buona fede lo sfruttamento delle opere nel momento in cui dette opere erano di dominio pubblico.
(26)
La presente direttiva dovrebbe far salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione e di applicazione indicati nell'allegato I, parte B,
HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:
Articolo 1
Durata dei diritti d'autore
1. I diritti d'autore di opere letterarie ed artistiche ai sensi dell'articolo 2 della convenzione di Berna durano tutta la vita dell'autore e sino al termine del settantesimo anno dopo la sua morte indipendentemente dal momento in cui l'opera è stata resa lecitamente accessibile al pubblico.
2. Se il diritto d'autore appartiene congiuntamente ai coautori di un'opera il periodo di cui al paragrafo 1 decorre dalla morte del coautore che muore per ultimo.
3. Per le opere anonime o pseudonime la durata della protezione termina settant'anni dopo che l'opera è stata resa lecitamente accessibile al pubblico. Tuttavia, quando lo pseudonimo assunto dall'autore non lascia alcun dubbio sulla sua identità, ovvero se l'autore rivela la propria identità durante il termine indicato nella prima frase, la durata di protezione è quella prevista nel paragrafo 1.
4. Qualora uno Stato membro preveda disposizioni particolari sul diritto d'autore per quanto riguarda le opere collettive oppure disponga che una persona giuridica sia designata come titolare del diritto, la durata di protezione è calcolata in base alle disposizioni del paragrafo 3, salvo che le persone fisiche che hanno creato l'opera siano identificate in quanto tali nelle versioni dell'opera rese accessibili al pubblico. Il presente paragrafo lascia impregiudicati i diritti degli autori identificati i cui contributi riconoscibili sono stati inseriti in siffatte opere. A tali contributi si applicano i paragrafi 1 o 2.
5. Per le opere pubblicate in volumi, parti, fascicoli, numeri o episodi, il cui termine di protezione decorre dal momento in cui l'opera è stata lecitamente resa accessibile al pubblico, il termine della protezione decorre separatamente per ogni singolo elemento.
6. La protezione cessa di essere attribuita alle opere la cui durata di protezione non è calcolata a partire dalla morte dell'autore o degli autori e che non sono state rese lecitamente accessibili al pubblico entro settant'anni dalla loro creazione.
Articolo 2
Opere cinematografiche o audiovisive
1. Si considera come autore o uno degli autori il regista principale di un'opera cinematografica o audiovisiva. Gli Stati membri hanno la facoltà di riconoscere altri coautori.
2. La durata di protezione di un'opera cinematografica o audiovisiva scade decorsi settant'anni dalla morte dell'ultima persona sopravvissuta fra le seguenti persone, a prescindere dal fatto che esse siano o meno riconosciute quali coautori: il regista principale, l'autore della sceneggiatura, l'autore del dialogo e il compositore della musica specificamente creata per essere utilizzata nell'opera cinematografica o audiovisiva.
Articolo 3
Durata dei diritti connessi
1. I diritti degli artisti interpreti o esecutori scadono cinquant'anni dopo l'esecuzione. Tuttavia, se una fissazione dell'esecuzione è lecitamente pubblicata o lecitamente comunicata al pubblico durante detto periodo, i diritti scadono cinquant'anni dopo la data della prima pubblicazione o, se è anteriore, dopo quella della prima comunicazione al pubblico.
2. I diritti dei produttori di fonogrammi scadono cinquant'anni dopo la fissazione. Tuttavia, se il fonogramma è lecitamente pubblicato durante tale periodo, i diritti scadono cinquant'anni dopo la data della prima pubblicazione lecita. Se nel periodo indicato nella prima frase non sono effettuate pubblicazioni lecite e se il fonogramma è lecitamente comunicato al pubblico durante detto periodo, i diritti scadono cinquant'anni dopo la data di tale prima comunicazione al pubblico.
Tuttavia, il presente paragrafo non produce l'effetto di proteggere nuovamente i diritti dei produttori di fonogrammi, che per effetto della scadenza della durata della protezione loro riconosciuta in forza dell’articolo 3, paragrafo 2 della direttiva 93/98/CEE nella versione precedente alla modifica operata dalla direttiva 2001/29, alla data del 22 dicembre 2002 non erano più protetti.
3. I diritti dei produttori della prima fissazione di una pellicola scadono cinquant'anni dopo la fissazione. Tuttavia, se la pellicola è lecitamente pubblicata o comunicata al pubblico durante tale periodo, i diritti scadono cinquant'anni dopo la data della prima pubblicazione o, se è anteriore, dopo quella della prima comunicazione al pubblico. Il termine «pellicola» designa un'opera cinematografica o audiovisiva o sequenza di immagini in movimento, sia essa sonora o meno.
4. I diritti degli organismi di radiodiffusione scadono cinquant'anni dopo la prima diffusione di un'emissione, sia essa trasmessa su filo o via etere, incluse le emissioni via cavo o via satellite.
Articolo 4
Protezione di opere non pubblicate anteriormente
Chiunque, dopo la scadenza della protezione del diritto d'autore, per la prima volta pubblichi lecitamente o comunichi lecitamente al pubblico un'opera non pubblicata anteriormente beneficia di una protezione pari a quella dei diritti patrimoniali dell'autore. La durata di protezione di tali diritti è di venticinque anni a decorrere dal momento in cui l'opera è stata per la prima volta lecitamente pubblicata o lecitamente comunicata al pubblico.
Articolo 5
Edizioni critiche e scientifiche
Gli Stati membri possono proteggere le edizioni critiche e scientifiche di opere diventate di dominio pubblico. La durata della protezione di tali diritti è di trent'anni al massimo a decorrere dalla data in cui per la prima volta l'opera è stata lecitamente pubblicata.
Articolo 6
Protezione di opere fotografiche
Le fotografie che sono opere originali, ossia sono il risultato della creazione intellettuale dell'autore, fruiscono della protezione prevista dall'articolo 1. Per determinare il diritto alla protezione non sono presi in considerazione altri criteri. Gli Stati membri possono prevedere la protezione di altre fotografie.
Articolo 7
Protezione nei confronti dei paesi terzi
1. La tutela riconosciuta negli Stati membri alle opere il cui paese di origine ai sensi della convenzione di Berna sia un paese terzo e il cui autore non sia un cittadino comunitario cessa alla data in cui cessa la protezione nel paese di origine dell'opera e non può comunque superare la durata prevista dall'articolo 1.
2. Le durate di protezione di cui all'articolo 3 valgono anche per titolari che non siano cittadini comunitari, purché la protezione stessa sia loro riconosciuta dagli Stati membri. Tuttavia, fatti salvi gli obblighi internazionali degli Stati membri, la protezione riconosciuta dagli Stati membri cessa al più tardi alla data in cui cessa la protezione nel paese di cui è cittadino il titolare e la sua durata non può superare la durata prevista dall'articolo 3.
3. Gli Stati membri che, alla data del 29 ottobre 1993, in particolare conformemente ai loro obblighi internazionali, garantivano una durata di protezione più lunga di quella che consegue dai paragrafi 1 e 2 possono mantenere tale protezione sino alla conclusione di accordi internazionali sulla durata di protezione del diritto d'autore o dei diritti connessi.
Articolo 8
Calcolo dei termini
I termini previsti dalla presente direttiva sono calcolati dal 1o gennaio dell'anno successivo a quello in cui ha luogo il fatto costitutivo del diritto.
Articolo 9
Diritti morali
La presente direttiva lascia impregiudicate le disposizioni degli Stati membri in materia di diritti morali.
Articolo 10
Applicazione nel tempo
1. Qualora in uno Stato membro, alla data del 1o luglio 1995, fosse già in corso un periodo di protezione di durata superiore a quella prevista nella presente direttiva, quest'ultima non ha per effetto di abbreviare la durata della protezione in detto Stato membro.
2. Le durate di protezione di cui alla presente direttiva si applicano a qualsiasi opera e soggetto protetti in almeno uno Stato membro alla data di cui al paragrafo 1, secondo le disposizioni nazionali sul diritto d'autore o sui diritti connessi, o che soddisfano i criteri per la protezione secondo le disposizioni della direttiva [92/100/CEE del Consiglio, del 19 novembre 1992, concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale] (5).
3. La presente direttiva lascia impregiudicata l'utilizzazione in qualsiasi forma, effettuata anteriormente alla data di cui al paragrafo 1. Gli Stati membri adottano le misure necessarie al fine di proteggere segnatamente i diritti acquisiti dei terzi.
4. Gli Stati membri non devono necessariamente applicare l'articolo 2, paragrafo 1 alle opere cinematografiche o audiovisive realizzate anteriormente al 1o luglio 1994.
Articolo 11
Notifica e comunicazione
1. Gli Stati membri notificano immediatamente alla Commissione ogni progetto governativo relativo a nuovi diritti connessi, compresi i motivi fondamentali dell'introduzione e la durata prevista dalla relativa protezione.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 12
Abrogazione
La direttiva 93/98/CEE è abrogata, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione e di applicazione indicati all'allegato I, parte B.
I riferimenti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza dell'allegato II.
Articolo 13
Entrata in vigore
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo a quello di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 14
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Strasburgo, del 12 dicembre 2006.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
J. BORRELL FONTELLES
Per il Consiglio
Il presidente
M. PEKKARINEN
(1) Parere del 26 ottobre 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) Parere del Parlamento europeo del 12 ottobre 2006 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio del 30 novembre 2006.
(3) GU L 290 del 24.11.1993, pag. 9. Direttiva modificata dalla direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 167 del 22.6.2001, pag. 10).
(4) Cfr. allegato I, parte A.
(5) GU L 346 del 27.11.1992, pag. 61. Direttiva modificata da ultimo dalla direttiva 2001/29/CE.
ALLEGATO I
PARTE A
Direttiva abrogata e sua modifica
Direttiva 93/98/CEE del Consiglio
(GU L 290 del 24.11.1993, pag. 9)
soltanto l’articolo 11, paragrafo 2
Direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
(GU L 167 del 22.6.2001, pag. 10)
PARTE B
Elenco dei termini di attuazione e di applicazione in diritto interno
(di cui all'articolo 12)
Direttiva
Termine di attuazione
Termine di applicazione
93/98/CEE
1o luglio 1995 (dall’articolo 1 all’articolo 11)
19 novembre 1993 (articolo 12)
entro il 1o luglio 1997, con riferimento all’articolo 2, paragrafo 1 (articolo 10, paragrafo 5)
2001/29/CE
22 dicembre 2002
ALLEGATO II
tavola di concordanza
Direttiva 93/98/CEE
Presente direttiva
Articoli 1-9
Articolo 10, paragrafi 1-4
Articolo 10, paragrafo 5
Articolo 11
Articolo 12
Articolo 13, paragrafo 1, primo comma
Articolo 13, paragrafo 1, secondo comma
Articolo 13, paragrafo 1, terzo comma
Articolo 13, paragrafo 2
—
—
Articolo 14
—
—
Articoli 1-9
Articolo 10, paragrafi 1-4
—
—
Articolo 11, paragrafo 1
—
—
Articolo 11, paragrafo 2
—
Articolo 12
Articolo 13
Articolo 14
Allegato I
Allegato II | Diritto d’autore e diritti connessi: durata di protezione
QUAL È LO SCOPO DELLA DIRETTIVA?
Mira ad armonizzare la durata di protezione del diritto d’autore* e di alcuni diritti connessi*.
Essa codifica e abroga la direttiva 93/98/CEE che armonizzava la durata di protezione del diritto d’autore e di alcuni diritti connessi.
PUNTI CHIAVE
La durata di protezione del diritto d’autore per un’opera letteraria o artistica è fissato a 70 anni da:la morte dell’autore dell’opera, o la morte dell’ultimo autore sopravvissuto nel caso di un’opera in comproprietà; la data in cui l’opera è stata resa lecitamente accessibile al pubblico se è anonima o se è stata realizzata sotto uno pseudonimo. La durata di protezione per un film o un’opera audiovisiva è fissata a 70 anni dopo la morte dell’ultimo sopravvissuto tra i seguenti:il regista principale; l’autore della sceneggiatura; l’autore dei dialoghi; e il compositore di musica appositamente creata per l’uso nel film o nell’opera audiovisiva. La direttiva è stata modificata dalla direttiva 2011/77/UE che ha esteso la durata della tutela per le registrazioni musicali. Questo perché gli artisti spesso iniziano la loro carriera in giovane età, e il termine di 50 anni per le fissazioni delle esecuzioni, come le registrazioni, era insufficiente a proteggere le loro esecuzioni per tutta la durata della loro vita. Perciò essa estende i diritti degli artisti e dei produttori di fonogrammi sulle registrazioni musicali da 50 a 70 anni.
La direttiva 2011/77/UE armonizza anche il modo di calcolare la durata di protezione per le canzoni e altre composizioni musicali con le parole, create da diversi autori. La durata di protezione scade 70 anni dopo la morte dell’ultima persona sopravvissuta (cioè dell’autore dei testi o del compositore della musica).
Diritti connessi
La durata di protezione dei diritti connessi (produttori cinematografici e organismi di radiodiffusione) è di 50 anni. Questa è calcolata caso per caso dalla data dell’esecuzione, dalla pubblicazione o dalla comunicazione della sua fissazione. La durata di protezione degli artisti e dei produttori di fonogrammi è stata estesa a 70 anni dalla direttiva 2011/77/UE.
Calcolo della durata
La durata di protezione inizia contemporaneamente in tutti i paesi dell’UE. Viene calcolata a partire dal 1 gennaio dell’anno successivo all’evento che l’ha generata.
Protezione di opere provenienti da paesi non appartenenti all’UE
Se l’opera è originaria di un paese non UE e l’autore non è un cittadino dell’UE, la protezione concessa nell’UE termina nella data ultima di protezione nel paese di origine, ma non deve superare il termine stabilito nell’UE.
Notifica
I paesi dell’UE devono comunicare immediatamente alla Commissione europea qualsiasi piano per nuovi diritti connessi.
DA QUANDO SI APPLICA LA DIRETTIVA?
È in vigore dal 16 gennaio 2007.
La direttiva 2006/116/CE codifica e sostituisce la direttiva 93/98/CEE del Consiglio, che doveva entrare in vigore nei paesi dell’UE entro il 1995.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, consultare:Legislazione sul diritto d’autore dell’UE (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Diritto d’autore: tutela gli interessi dei creatori dando loro diritti di proprietà sulle loro creazioni o opere.
Diritti connessi: tutelano gli interessi giuridici di persone e organismi che:contribuiscono a rendere le opere disponibili al pubblico; oproducono materiali che, sebbene non si qualifichino come «opere» soggette ai sistemi del diritto d’autore di tutti i paesi, esprimono creatività o abilità tecniche e organizzative sufficienti a giustificare il riconoscimento di un diritto di proprietà simile al diritto d’autore.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Direttiva 2006/116/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, concernente la durata di protezione del diritto d’autore e di alcuni diritti connessi (versione codificata) (GU L 372 del 27.12.2006, pag. 12).
Le successive modifiche alla direttiva 2006/116/CE sono state incorporate nel testo originale. La presente versione consolidata ha solo valore documentale. | 7,785 | 769 |
32021R1163 | false | REGOLAMENTO (UE, Euratom) 2021/1163 DEL PARLAMENTO EUROPEO
del 24 giugno 2021
che fissa lo statuto e le condizioni generali per l’esercizio delle funzioni del Mediatore (statuto del Mediatore europeo) e che abroga la decisione 94/262/CECA, CE, Euratom
IL PARLAMENTO EUROPEO,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 228, paragrafo 4,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica, in particolare l’articolo 106 bis, paragrafo 1,
previa trasmissione del progetto di atto legislativo ai parlamenti nazionali,
vista l’approvazione del Consiglio dell’Unione europea (1),
visto il parere della Commissione europea (2),
deliberando secondo una procedura legislativa speciale,
considerando quanto segue:
(1)
È opportuno che lo statuto e le condizioni generali per l’esercizio delle funzioni del Mediatore siano fissati nel rispetto delle disposizioni previste dal trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), e in particolare all’articolo 20, paragrafo 2, lettera d), e all’articolo 228, dal trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea («Carta»).
(2)
La decisione 94/262/CECA, CE, Euratom del Parlamento europeo (3) è stata modificata da ultimo nel 2008. A seguito dell’entrata in vigore del trattato di Lisbona, il 1o dicembre 2009, la decisione 94/262/CECA, CE, Euratom dovrebbe essere abrogata e sostituita da un regolamento adottato sulla base dell’articolo 228, paragrafo 4, TFUE.
(3)
L’articolo 41 della Carta riconosce il diritto a una buona amministrazione quale diritto fondamentale dei cittadini dell’Unione. L’articolo 43 della Carta sancisce il diritto di sottoporre al Mediatore europeo casi di cattiva amministrazione nell’operato delle istituzioni, degli organi o degli organismi dell’Unione. Per garantire che tali diritti siano realmente esercitati e al fine di rafforzare la capacità del Mediatore di condurre indagini approfondite e imparziali, consolidandone così l’indipendenza da cui entrambi dipendono, il Mediatore dovrebbe essere dotato di tutti gli strumenti necessari all’efficace esercizio delle sue funzioni, di cui ai trattati e nel presente regolamento.
(4)
La determinazione delle condizioni in base alle quali una denuncia può essere presentata al Mediatore dovrebbe rispettare il principio dell’accesso pieno, gratuito e agevole, tenendo debitamente conto delle specifiche restrizioni derivanti dai procedimenti giudiziari e amministrativi.
(5)
Il Mediatore dovrebbe agire nel debito rispetto delle competenze delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione che sono oggetto delle sue indagini.
(6)
Occorre stabilire le procedure da seguire allorché dalle indagini del Mediatore emergano casi di cattiva amministrazione. Il Mediatore dovrebbe presentare una relazione completa al Parlamento europeo, al termine di ciascuna sessione annuale. Il Mediatore dovrebbe altresì avere il diritto di includere, in tale relazione annuale, una valutazione sul rispetto delle raccomandazioni formulate.
(7)
Al fine di rafforzare il ruolo del Mediatore e promuovere le migliori prassi amministrative all’interno delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione, è opportuno consentire al Mediatore, fatta salva la sua funzione primaria, ovvero la gestione delle denunce, di condurre indagini di propria iniziativa laddove ne riscontri motivo, e in particolare nei casi di cattiva amministrazione ripetuti, sistematici o particolarmente gravi.
(8)
Il regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (4), così come integrato dal regolamento (CE) n. 1367/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio (5), dovrebbe applicarsi alle richieste di accesso del pubblico ai documenti del Mediatore, ad eccezione di quelli ottenuti nel corso di un’indagine, nel cui caso le richieste dovrebbero essere trattate dall’istituzione, dall’organo o dall’organismo dell’Unione che li ha prodotti.
(9)
Il Mediatore dovrebbe avere accesso a tutti gli elementi necessari all’esercizio delle sue funzioni. A tal fine, è opportuno che le istituzioni, gli organi e gli organismi dell’Unione forniscano al Mediatore qualsiasi informazione di cui quest’ultimo faccia richiesta ai fini di un’indagine. Laddove l’esercizio delle funzioni del Mediatore implichi la trasmissione al Mediatore di informazioni riservate in possesso delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione o delle autorità degli Stati membri, il Mediatore dovrebbe poter accedere a tali informazioni, fatto salvo il rispetto delle norme relative alla loro protezione.
(10)
È opportuno che il Mediatore e il personale alle sue dipendenze abbiano l’obbligo della riservatezza per quanto riguarda le informazioni acquisite nell’esercizio delle loro funzioni, fatto salvo l’obbligo che incombe al Mediatore di informare le autorità degli Stati membri di fatti potenzialmente legati a reati di cui sia venuto a conoscenza nell’ambito di un’indagine. Il Mediatore dovrebbe altresì poter informare l’istituzione, l’organo o l’organismo dell’Unione interessato dei fatti che mettono in discussione la condotta di un membro del personale alle sue dipendenze. L’obbligo della riservatezza che incombe al Mediatore per quanto riguarda le informazioni di cui è venuto a conoscenza nell’esercizio delle sue funzioni non pregiudica l’obbligo del Mediatore di svolgere le proprie attività nel modo più trasparente possibile, a norma dell’articolo 15, paragrafo 1, TFUE. In particolare, al fine di esercitare correttamente le sue funzioni e di corroborare le sue conclusioni, il Mediatore dovrebbe poter fare riferimento a qualsiasi informazione accessibile al pubblico nelle sue relazioni.
(11)
Qualora risultasse necessario ai fini dell’efficace esercizio delle sue funzioni, il Mediatore dovrebbe avere la possibilità di collaborare e scambiare informazioni con le autorità degli Stati membri, nel rispetto del diritto nazionale e dell’Unione applicabile, e con altre istituzioni, organi o organismi dell’Unione, nel rispetto del diritto dell’Unione applicabile.
(12)
Dovrebbe spettare al Parlamento europeo eleggere il Mediatore all’inizio della legislatura e per la durata della stessa, scegliendolo tra personalità che siano cittadini dell’Unione e offrano tutte le garanzie di indipendenza e di competenza richieste. Si dovrebbero inoltre prevedere condizioni generali riguardanti, tra l’altro, la cessazione delle funzioni del Mediatore, la sostituzione del Mediatore, le incompatibilità, la retribuzione del Mediatore e i privilegi e le immunità dello stesso.
(13)
È opportuno specificare che la sede del Mediatore è quella del Parlamento europeo come determinata dal protocollo n. 6, lettera a), del suo unico articolo, sulle sedi delle istituzioni e di determinati organi, organismi e servizi dell’Unione europea, allegato al trattato dell’Unione europea, al trattato sul funzionamento dell’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica («protocollo n. 6»).
(14)
Il Mediatore dovrebbe garantire la parità di genere nella composizione della sua segreteria, nel dovuto rispetto dell’articolo 1 quinquies, paragrafo 2, dello statuto dei funzionari dell’Unione europea e del regime applicabile agli altri agenti dell’Unione, definito dal regolamento (CEE, Euratom, CECA) n. 259/68 del Consiglio (6) («statuto dei funzionari»).
(15)
Spetta al Mediatore adottare le disposizioni di esecuzione del presente regolamento, previa consultazione del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione europea. In assenza di un parere da parte di tali istituzioni entro il termine ragionevolmente stabilito in anticipo dal Mediatore, quest’ultimo può adottare le disposizioni di esecuzione in questione. Affinché siano garantiti la certezza del diritto e il rispetto delle norme più rigorose nell’esercizio delle funzioni del Mediatore, il contenuto minimo delle disposizioni di esecuzione da adottare dovrebbe essere definito nel presente regolamento,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto e principi
1. Il presente regolamento stabilisce lo statuto e le condizioni generali per l’esercizio delle funzioni del Mediatore (statuto del Mediatore europeo).
2. Il Mediatore è completamente indipendente nell’esercizio delle sue funzioni e agisce senza alcuna autorizzazione previa.
3. Il Mediatore contribuisce a individuare casi di cattiva amministrazione nell’azione delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione, salvo la Corte di giustizia dell’Unione europea nell’esercizio delle sue funzioni giurisdizionali, nel debito rispetto dell’articolo 20, paragrafo 2, lettera d), e dell’articolo 228 TFUE, nonché dell’articolo 41 della Carta sul diritto a una buona amministrazione.
L’azione di qualsiasi altra autorità o persona non può costituire oggetto di denunce presentate al Mediatore.
4. Il Mediatore, se del caso, formula raccomandazioni, proposte di soluzioni e suggerimenti di miglioramento per affrontare la questione in oggetto.
5. Nell’esercizio delle sue funzioni, il Mediatore non può mettere in discussione la fondatezza delle decisioni di un organo giurisdizionale o la sua competenza a emettere una decisione.
Articolo 2
Denunce
1. Qualsiasi cittadino dell’Unione o qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro può presentare al Mediatore, direttamente o tramite un deputato al Parlamento europeo, una denuncia riguardante un caso di cattiva amministrazione.
2. La denuncia fa chiaro riferimento al proprio oggetto e all’identità del denunciante. Il denunciante può chiedere che la denuncia rimanga in tutto o in parte riservata.
3. La denuncia è presentata entro due anni a decorrere dalla data in cui i fatti che la giustificano sono portati a conoscenza del denunciante. Prima della presentazione della denuncia, il denunciante deve espletare le necessarie pratiche amministrative presso le istituzioni, gli organi o gli organismi dell’Unione interessati.
4. Il Mediatore dichiara irricevibile una denuncia qualora essa non rientri nel suo mandato o laddove i requisiti procedurali di cui ai paragrafi 2 e 3 non siano rispettati. Nel caso in cui una denuncia esuli dal mandato del Mediatore, quest’ultimo può consigliare al denunciante di rivolgersi ad un’altra autorità.
5. Qualora ritenga che la denuncia sia manifestamente priva di fondamento, il Mediatore archivia il fascicolo e ne informa il denunciante. Nei casi in cui il denunciante abbia notificato la denuncia all’istituzione, organo od organismo dell’Unione interessato, il Mediatore informa anche l’autorità in questione.
6. Le denunce relative ai rapporti di lavoro tra le istituzioni, gli organi o gli organismi dell’Unione e il rispettivo personale sono ricevibili soltanto se la persona interessata ha esaurito tutte le procedure amministrative interne, in particolare quelle di cui all’articolo 90 dello statuto dei funzionari, e l’autorità competente dell’istituzione, organo o organismo dell’Unione interessato ha adottato una decisione o se i termini per la risposta sono scaduti. Il Mediatore ha inoltre il diritto di verificare le misure adottate dall’autorità competente dell’istituzione, organo o organismo dell’Unione interessato onde garantire la protezione delle presunte vittime di molestie e ripristinare un ambiente di lavoro sano e sicuro, nel rispetto della dignità delle persone interessate, nel corso di un’indagine amministrativa, a condizione che le persone interessate abbiano esaurito le procedure amministrative interne relative alle misure in oggetto.
7. Il Mediatore informa l’istituzione, organo o organismo dell’Unione interessato di una denuncia registrata non appena tale denuncia sia stata dichiarata ricevibile e sia stata adottata la decisione di avviare un’indagine.
8. Le denunce presentate al Mediatore non interrompono i termini per i ricorsi nei procedimenti giudiziari o amministrativi.
9. Allorché il Mediatore, a causa di un procedimento giudiziario in corso o concluso relativo ai fatti addotti, dichiara irricevibile una denuncia o decide di porre fine al suo esame, i risultati di qualunque indagine da questi eventualmente svolta in precedenza sono schedati e il fascicolo è archiviato.
10. Il Mediatore informa quanto prima il denunciante delle azioni adottate relativamente alla denuncia e, per quanto possibile, ricerca assieme all’istituzione, all’organo o all’organismo dell’Unione interessato una soluzione atta a eliminare il caso di cattiva amministrazione. Il Mediatore comunica al denunciante la soluzione proposta, unitamente alle eventuali osservazioni dell’istituzione, dell’organo o dell’organismo dell’Unione interessato. Il denunciante può formulare osservazioni o fornire, in qualunque momento, informazioni supplementari che non erano note al momento della presentazione della denuncia.
Qualora sia raggiunta una soluzione accettata dal denunciante e dall’istituzione, organo o organismo dell’Unione interessato, il Mediatore può archiviare il fascicolo senza seguire la procedura di cui all’articolo 4.
Articolo 3
Indagini
1. Conformemente alle sue funzioni, il Mediatore conduce le indagini che ritiene giustificate, di propria iniziativa o a seguito di una denuncia.
2. Il Mediatore informa senza indebito ritardo l’istituzione, l’organo o l’organismo dell’Unione interessato in merito a tali indagini. Fatto salvo l’articolo 5, l’istituzione, l’organo o l’organismo dell’Unione interessato può, di propria iniziativa o su richiesta del Mediatore, presentare eventuali osservazioni o elementi di prova utili.
3. Il Mediatore può condurre indagini di propria iniziativa ogniqualvolta lo ritenga giustificato, e in particolare in casi di cattiva amministrazione ripetuti, sistematici o particolarmente gravi, trattandoli come questioni di pubblico interesse. Nel contesto delle succitate indagini, il Mediatore può altresì formulare proposte e presentare iniziative tese a promuovere le migliori prassi amministrative in seno alle istituzioni, agli organi e agli organismi dell’Unione.
Articolo 4
Interazione tra il Mediatore e le istituzioni
1. Qualora a seguito di un’indagine riscontri casi di cattiva amministrazione, il Mediatore informa senza indebito ritardo l’istituzione, l’organo o l’organismo dell’Unione interessato delle conclusioni dell’indagine e, se del caso, formula raccomandazioni.
2. L’istituzione, l’organo o l’organismo dell’Unione interessato trasmette al Mediatore, entro tre mesi, un parere circostanziato. Su richiesta motivata dell’istituzione, dell’organo o dell’organismo dell’Unione interessato, il Mediatore può concedere una proroga di tale termine. Tale proroga non è superiore a due mesi. Qualora l’istituzione, l’organo o l’organismo dell’Unione interessato non trasmetta il parere entro il termine iniziale di tre mesi o entro la scadenza prorogata, il Mediatore può concludere l’indagine senza detto parere.
3. Alla chiusura di un’indagine il Mediatore trasmette una relazione all’istituzione, all’organo o all’organismo dell’Unione interessato e, se la natura o l’entità del caso di cattiva amministrazione individuato lo richiede, al Parlamento europeo. Il Mediatore può corredare la relazione di raccomandazioni. Il Mediatore informa il denunciante del risultato delle indagini, del parere dell’istituzione, dell’organo o dell’organismo dell’Unione interessato nonché delle eventuali raccomandazioni formulate nella relazione.
4. Il Mediatore può, se del caso, essere ascoltato dal Parlamento europeo, al livello più opportuno, in relazione a un’indagine sull’azione di un’istituzione, un organo o un organismo dell’Unione, di propria iniziativa o su richiesta del Parlamento europeo stesso.
5. Al termine di ogni sessione annuale il Mediatore presenta al Parlamento europeo una relazione sui risultati delle indagini che ha svolto. La relazione include una valutazione concernente il rispetto delle raccomandazioni, delle proposte di soluzione e dei suggerimenti di miglioramento del Mediatore. Nella valutazione figura altresì, se del caso, il risultato delle indagini del Mediatore in materia di molestie, denunce di irregolarità e conflitti di interesse in seno alle istituzioni, agli organi e agli organismi dell’Unione.
Articolo 5
Comunicazione di informazioni al Mediatore
1. Ai fini del presente articolo, il termine «comunicazione di informazioni» si riferisce a tutti i mezzi fisici ed elettronici mediante i quali il Mediatore e la sua segreteria hanno accesso alle informazioni, compresi i documenti, indipendentemente dalla forma in cui sono presentate.
2. Per «informazione classificata dell’UE» si intende qualsiasi informazione o qualsiasi materiale designato da una classifica di sicurezza dell’Unione, la cui divulgazione non autorizzata potrebbe arrecare pregiudizio in varia misura agli interessi dell’Unione o a quelli di uno o più Stati membri.
3. Fatte salve le condizioni di cui al presente articolo, le istituzioni, gli organi e gli organismi dell’Unione e le autorità competenti degli Stati membri forniscono al Mediatore, su richiesta di quest’ultimo o di propria iniziativa e senza indebito ritardo, tutte le informazioni da esso richieste ai fini di un’indagine.
4. Al Mediatore sono fornite informazioni classificate dell’UE nel rispetto dei principi e delle condizioni seguenti:
a)
l’istituzione, l’organo o l’organismo dell’Unione che fornisce le informazioni classificate dell’UE deve aver completato le pertinenti procedure interne e, se l’entità che le ha prodotte è una terza parte, quest’ultima deve avere previamente concesso il proprio consenso scritto;
b)
deve essere stata accertata la necessità che il Mediatore sia a conoscenza di tali informazioni;
c)
deve essere garantito che l’accesso a informazioni riservate di livello CONFIDENTIEL UE/EU CONFIDENTIAL o superiore è accordato solo alle persone in possesso di un nulla osta di sicurezza al livello di sicurezza pertinente, conformemente al diritto nazionale, e autorizzate dall’autorità di sicurezza competente.
5. Per quanto concerne la comunicazione di informazioni classificate dell’UE, l’istituzione, l’organo o l’organismo dell’Unione interessato valuta se il Mediatore abbia efficacemente adottato norme di sicurezza interne e misure fisiche e procedurali atte a proteggere le informazioni classificate dell’UE. A tal fine, il Mediatore e un’istituzione, un organo o un organismo dell’Unione possono anche concludere un accordo che stabilisca un quadro generale per disciplinare la comunicazione di informazioni classificate dell’UE.
6. In conformità dei paragrafi 4 e 5, l’accesso alle informazioni classificate dell’UE è accordato all’interno dei locali dell’istituzione, dell’organo o dell’organismo dell’Unione interessato, salvo laddove diversamente concordato con il Mediatore.
7. Fatto salvo il paragrafo 3, le autorità competenti degli Stati membri possono rifiutare di fornire al Mediatore le informazioni contemplate dalla legislazione nazionale sulla protezione delle informazioni classificate o da disposizioni che ne impediscano la comunicazione.
Ciononostante, lo Stato membro interessato può fornire al Mediatore tali informazioni alle condizioni stabilite dalla sua autorità competente.
8. Qualora le istituzioni, gli organi o gli organismi dell’Unione e le autorità degli Stati membri intendano trasmettere informazioni classificate dell’UE o qualsiasi altra informazione non accessibile al pubblico, ne danno preventivamente comunicazione al Mediatore.
Il Mediatore garantisce una protezione adeguata delle succitate informazioni e in particolare non le divulga al denunciante né al pubblico senza il previo consenso dell’istituzione, dell’organo o dell’organismo dell’Unione o dell’autorità competente dello Stato membro interessati. Per quanto concerne le informazioni classificate dell’UE, il consenso è dato per iscritto.
9. Le istituzioni, gli organi e gli organismi dell’Unione che rifiutano di concedere l’accesso a informazioni classificate dell’UE forniscono al Mediatore una motivazione scritta, indicando quanto meno i motivi del rifiuto.
10. Il Mediatore rimane in possesso delle informazioni di cui al paragrafo 8 solamente fino alla chiusura definitiva dell’indagine.
Il Mediatore può chiedere a un’istituzione, un organo o un organismo dell’Unione o a uno Stato membro di conservare tali informazioni per un periodo di almeno cinque anni.
11. Il Mediatore, qualora non ottenga l’assistenza richiesta, può informarne il Parlamento europeo, il quale agisce di conseguenza.
Articolo 6
Accesso pubblico a documenti del Mediatore
Il Mediatore tratta le richieste di accesso del pubblico ai documenti, ad eccezione di quelli ottenuti nel corso di un’indagine e conservati dal Mediatore per la durata di tale indagine o dopo la sua conclusione, in conformità delle condizioni e dei limiti previsti dal regolamento (CE) n. 1049/2001 come integrato dal regolamento (CE) n. 1367/2006.
Articolo 7
Audizioni di funzionari e altri agenti
1. Su richiesta del Mediatore, i funzionari e gli altri agenti delle istituzioni, degli organi e degli organismi dell’Unione sono ascoltati relativamente a fatti concernenti un’indagine del Mediatore in corso.
2. Tali funzionari e altri agenti si esprimono a nome della loro istituzione, del loro organo o del loro organismo. Essi restano soggetti agli obblighi derivanti dai loro rispettivi statuti.
Articolo 8
Indagini nel contesto della denuncia di irregolarità
1. Il Mediatore può condurre un’indagine per individuare casi di cattiva amministrazione nel trattamento delle informazioni, come disposto dall’articolo 22 bis dello statuto dei funzionari, che gli siano stati segnalati da un funzionario o da un altro agente conformemente alle pertinenti disposizioni dello statuto dei funzionari.
2. In tali casi, i funzionari e gli altri agenti godono della protezione offerta dallo statuto dei funzionari contro eventuali effetti pregiudizievoli da parte dell’istituzione, dell’organo o dell’organismo dell’Unione derivanti dalla comunicazione delle informazioni.
3. Il Mediatore può altresì indagare sull’effettiva esistenza di un caso di cattiva amministrazione nel trattamento di tale caso da parte dell’istituzione, dell’organo o dell’organismo dell’Unione interessato, anche per quanto concerne la protezione del funzionario o dell’agente interessato.
Articolo 9
Segreto professionale
1. Il Mediatore e il suo personale non divulgano le informazioni e i documenti di cui siano venuti in possesso nell’ambito di un’indagine. Fatto salvo il paragrafo 2, essi non divulgano, in particolare, informazioni classificate dell’UE o documenti interni delle istituzioni, degli organi o degli organismi dell’Unione forniti al Mediatore o documenti che rientrano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione in materia di protezione dei dati personali, né qualsiasi altra informazione che possa ledere i diritti del denunciante o di eventuali altri soggetti coinvolti.
2. Fatto salvo l’obbligo generale di informazione di tutte le istituzioni, gli organi e gli organismi dell’Unione nei confronti dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), in conformità dell’articolo 8 del regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (7), qualora i fatti appresi nel corso di un’indagine del Mediatore possano costituire o riguardare un reato, il Mediatore riferisce alle autorità competenti degli Stati membri e, nella misura in cui il caso rientra nelle rispettive competenze, alla Procura europea, conformemente all’articolo 24 del regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio (8), e all’OLAF.
3. Se del caso e previo accordo della Procura europea o dell’OLAF, il Mediatore informa anche l’istituzione, l’organo o l’organismo dell’Unione che esercita l’autorità sul funzionario o l’agente interessato, che può avviare le procedure del caso.
Articolo 10
Cooperazione con le autorità degli Stati membri e con le istituzioni, gli organi e gli organismi dell’Unione
1. Qualora risulti necessario per l’esercizio delle sue funzioni, il Mediatore può cooperare con le autorità degli Stati membri, nel rispetto del diritto nazionale e dell’Unione applicabile.
2. Nell’ambito delle sue funzioni, il Mediatore può anche cooperare con altre istituzioni, organi e organismi dell’Unione, in particolare quelli responsabili della promozione e della tutela dei diritti fondamentali. Il Mediatore evita sovrapposizioni o duplicazioni con le attività delle istituzioni, degli organi o degli organismi dell’Unione di cui sopra.
3. Le comunicazioni destinate alle autorità degli Stati membri ai fini dell’applicazione del presente regolamento sono trasmesse attraverso le loro rappresentanze permanenti presso l’Unione, salvo laddove la rappresentanza permanente interessata accetti che la segreteria del Mediatore possa contattare direttamente le autorità dello Stato membro interessato.
Articolo 11
Elezione del Mediatore
1. Il Mediatore è eletto, e può essere rieletto, in conformità dell’articolo 228, paragrafo 2, TFUE tra candidati selezionati secondo una procedura trasparente.
2. A seguito della pubblicazione dell’invito a presentare candidature nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, il Mediatore è scelto tra i candidati che:
—
sono cittadini dell’Unione,
—
sono in pieno possesso dei diritti civili e politici,
—
offrono tutte le garanzie di indipendenza,
—
soddisfano le condizioni richieste nel rispettivo Stato per l’esercizio delle più alte funzioni giurisdizionali o sono in possesso di competenze e qualifiche comprovate per l’assolvimento delle funzioni di Mediatore, e
—
nei due anni precedenti alla data di pubblicazione dell’invito a presentare candidature, non sono Stati membri di governi nazionali, deputati al Parlamento europeo o membri del Consiglio europeo o della Commissione europea.
Articolo 12
Cessazione delle funzioni del Mediatore
1. Il Mediatore cessa di esercitare le sue funzioni alla fine del suo mandato o in caso di dimissioni o licenziamento.
2. Salvo in caso di licenziamento, il Mediatore resta in carica fino all’elezione di un nuovo Mediatore.
3. In caso di cessazione anticipata delle funzioni, il nuovo Mediatore è eletto entro un termine di tre mesi a decorrere dall’inizio della vacanza del posto, per il periodo rimanente sino al termine della legislatura del Parlamento europeo. Sino all’elezione del nuovo Mediatore, spetta al principale responsabile di cui all’articolo 16, paragrafo 2, occuparsi delle questioni urgenti di competenza del Mediatore.
Articolo 13
Licenziamento
Qualora il Parlamento europeo intenda chiedere la destituzione del Mediatore in conformità dell’articolo 228, paragrafo 2, TFUE, esso ascolta il Mediatore prima di avanzare tale richiesta.
Articolo 14
Esercizio delle funzioni del Mediatore
1. Nell’adempimento delle sue funzioni, il Mediatore agisce in conformità dell’articolo 228, paragrafo 3, TFUE. Il Mediatore si astiene dal compiere atti incompatibili con il carattere di dette funzioni.
2. Al momento di assumere le sue funzioni, il Mediatore si impegna solennemente dinanzi alla Corte di giustizia a esercitare le funzioni di cui ai trattati e nel presente regolamento nella massima indipendenza e con totale imparzialità, e a rispettare gli obblighi derivanti dalla sua carica, durante e dopo il mandato. L’impegno solenne include in particolare l’obbligo di comportarsi con integrità e discrezione per quanto riguarda l’accettazione di determinate funzioni o determinati vantaggi dopo la fine del mandato.
3. Per tutto il periodo del suo mandato, il Mediatore non può esercitare alcuna altra funzione politica o amministrativa né svolgere un’altra attività professionale retribuita o non retribuita.
Articolo 15
Retribuzione, privilegi e immunità
1. Per quanto riguarda la retribuzione, le indennità e il trattamento di quiescenza, il Mediatore è assimilato a un giudice della Corte di giustizia.
2. Al Mediatore e ai funzionari e altri agenti della sua segreteria si applicano gli articoli da 11 a 14 e l’articolo 17 del protocollo n. 7 sui privilegi e sulle immunità dell’Unione europea, allegato al trattato dell’Unione europea, al trattato sul funzionamento dell’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica.
Articolo 16
Segreteria del Mediatore
1. Il Mediatore riceve un bilancio adeguato, sufficiente a garantire la sua indipendenza e l’adempimento delle sue funzioni.
2. Il Mediatore è assistito da una segreteria. Il Mediatore nomina il principale responsabile della segreteria.
3. Ai funzionari e agli agenti della segreteria del Mediatore si applicano lo statuto dei funzionari. L’organico della segreteria è fissato ogni anno nel quadro della procedura di bilancio.
4. Qualora un funzionario dell’Unione sia distaccato presso la segreteria del Mediatore, tale distacco è considerato un distacco nell’interesse del servizio, conformemente all’articolo 37, primo comma, lettera a), e all’articolo 38 dello statuto dei funzionari.
Articolo 17
Sede del Mediatore
La sede del Mediatore è quella del Parlamento europeo come determinata dal protocollo n. 6, lettera a).
Articolo 18
Disposizioni di attuazione
Il Mediatore adotta le disposizioni di attuazione per il presente regolamento, previa consultazione del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione europea. Tali disposizioni sono conformi al presente regolamento e contengono quanto meno prescrizioni riguardanti:
a)
i diritti procedurali del denunciante e dell’istituzione, dell’organo o dell’organismo dell’Unione interessato;
b)
il ricevimento, il trattamento e l’archiviazione di una denuncia;
c)
le indagini di propria iniziativa; e
d)
le indagini di seguito.
Articolo 19
Disposizioni finali
1. La decisione 94/262/CECA, CE, Euratom è abrogata.
2. Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 24 giugno 2021
Per il Parlamento europeo
Il presidente
D. M. SASSOLI
(1) Approvazione del 18 giugno 2021 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).
(2) Approvazione del 18 giugno 2021 (non ancora pubblicata nella Gazzetta ufficiale).
(3) Decisione 94/262/CECA, CE, Euratom del Parlamento europeo, del 9 marzo 1994, sullo statuto e le condizioni generali per l’esercizio delle funzioni del Mediatore (GU L 113 del 4.5.1994, pag. 15).
(4) Regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43).
(5) Regolamento (CE) n. 1367/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006, sull’applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (GU L 264 del 25.9.2006, pag. 13).
(6) GU L 56 del 4.3.1968, pag. 1.
(7) Regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 settembre 2013, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e che abroga il regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (Euratom) n. 1074/1999 del Consiglio (GU L 248 del 18.9.2013, pag. 1).
(8) Regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio, del 12 ottobre 2017, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea («EPPO») (GU L 283 del 31.10.2017, pag. 1). | Il mediatore europeo
QUAL È L’OBIETTIVO DEL REGOLAMENTO?
Stabilisce le norme e le condizioni dell’attività del Mediatore europeo, note anche come Statuto del Mediatore europeo.
PUNTI CHIAVE
Il Mediatore europeo:deve essere completamente indipendente e non ricevere istruzioni esterne; contribuisce a individuare casi di cattiva amministrazione* nelle istituzioni, negli organi o organismi dell’Unione europea (Unione); formula raccomandazioni e propone soluzioni per affrontare una questione, ove necessario; non può mettere in discussione la fondatezza o la competenza di un tribunale, compresa la Corte di giustizia dell’Unione europea; collabora con le autorità nazionali ed europee nello svolgimento dei loro compiti.DenunceQualsiasi cittadino dell’Unione o qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro dell’Unione, può presentare una denuncia al Mediatore, direttamente o tramite un deputato al Parlamento europeo. Le denunce presentate da qualsiasi altra persona o autorità non sono ammissibili. La persona che presenta la denuncia deve farlo entro 2 anni a decorrere dalla data in cui è venuta a conoscenza dei fatti che la giustificano e deve aver già contattato l’organizzazione competente per i fatti in questione. Il Mediatore dichiara irricevibile una denuncia qualora essa non rientri nel suo mandato o sia manifestamente priva di fondamento e informa l’istituzione qualora dichiari una denuncia non compatibile. Le denunce provenienti dal personale dell’Unione devono aver esaurito tutte le procedure amministrative interne prima di essere presentate al Mediatore. Il Mediatore informa il denunciante dell’azione adottata e cerca di risolvere il caso di cattiva amministrazione assieme all’istituzione in questione. Se una soluzione soddisfa il denunciante e l’istituzione, il caso viene archiviato.IndaginiIl Mediatore può condurre indagini di propria iniziativa o a seguito di una denuncia, informandone l’istituzione in questione. Tali indagini riguardano in particolare casi di cattiva amministrazione ripetuti, sistematici o particolarmente gravi, in quanto questioni di pubblico interesse, e possono essere seguite da proposte di migliori prassi. Gli informatori che rivelano informazioni al Mediatore che portano all’apertura di un’indagine, godono della protezione contro eventuali effetti pregiudizievoli.Seguito dell’indagineIl Mediatore informa l’istituzione interessata se riscontra casi di cattiva amministrazione e, ove necessario, formula raccomandazioni. L’istituzione può rispondere al Mediatore, normalmente entro tre mesi. Qualora non lo faccia, l’indagine viene archiviata e il Mediatore invia la sua relazione a tutte le parti coinvolte. Il Mediatore presenta una relazione al Parlamento europeo al termine di ogni sessione annuale sui risultati delle indagini che ha svolto. La relazione include una valutazione concernente il rispetto delle raccomandazioni, delle proposte di soluzione e dei suggerimenti di miglioramento, e i dettagli dei casi in materia di molestie, denunce di irregolarità e conflitti di interesse.InformazioniLe istituzioni, gli organi e gli organismi dell’Unione, nonché le relative autorità nazionali devono fornire al Mediatore, senza indugio, qualsiasi informazione richiesta nell’indagine. Le informazioni, soggette al segreto professionale, riguardano tutti i documenti fisici ed elettronici, comprese le informazione classificate dell’Unione, fatte salve talune condizioni. Il Mediatore può interrogare i funzionari europei sui fatti relativi a un’indagine in corso. Il Mediatore tratta le richieste di accesso del pubblico ai documenti, ad eccezione di quelli ottenuti nel corso di un’indagine.Condizioni generaliIl Parlamento europeo elegge (e ha il potere di destituire) il Mediatore, che può essere rieletto all’inizio della legislatura. Il Mediatore:deve essere cittadino dell’Unione, in pieno possesso dei diritti civili e politici; nei due anni precedenti alla data di pubblicazione dell’invito a presentare candidature, non deve essere stato un deputato al Parlamento nazionale o europeo o membro del Consiglio europeo o della Commissione europea;per tutto il periodo del suo mandato, non può esercitare alcuna altra funzione politica o amministrativa né svolgere un’altra attività professionale retribuita o non retribuita;per quanto riguarda la retribuzione, le indennità e il trattamento di quiescenza, è assimilato a un giudice della Corte di giustizia;riceve un bilancio adeguato ed è assistito da una segreteria per garantirne la sua indipendenza e per lo svolgimento delle sue mansioni;ha sede a Strasburgo.Il presente regolamento abroga e sostituisce la decisione 94/262/CECA, CE, Euratom.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Il regolamento è in vigore dal 5 agosto 2021.
CONTESTO
Il regolamento di revisione dello statuto del Mediatore europeo codifica molte delle sue prassi di lavoro esistenti. Rafforza la base legale del Mediatore e introduce talune salvaguardie per garantirne un’ulteriore indipendenza. Il regolamento rappresenta un processo legislativo speciale in cui il Parlamento europeo ha il diritto diretto di iniziativa legislativa, il Consiglio dà il suo consenso e la Commissione il suo parere. Il regolamento viene adottato in base all’articolo 228 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) e all’articolo 106a del trattato che istituisce la Comunità europea per l’energia atomica. L’articolo 20, par. 2, lettera d, del TFUE riconosce il diritto di un cittadino europeo di ricorrere al Mediatore europeo e l’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali riconosce la buona amministrazione come diritto fondamentale dell’Unione europea. L’Ufficio del Mediatore europeo è stato istituito dal trattato di Maastricht (si veda la sintesi) nel 1992. Dal 1995 si sono succeduti tre Mediatori. Per maggiori informazioni, si veda:Mediatore europeo (Mediatore europeo).
TERMINI CHIAVE
Cattiva amministrazione. Mancato rispetto della legge o dei principi di buona amministrazione o violazione dei diritti umani.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (UE, Euratom) 2021/1163 del Parlamento europeo, del 24 giugno 2021 che fissa lo statuto e le condizioni generali per l’esercizio delle funzioni del Mediatore (statuto del Mediatore europeo) e che abroga la decisione 94/262/CECA, CE, Euratom (GU L 253 del 16.7.2021, pag. 1).
DOCUMENTI CORRELATI
Testo consolidato: Regolamento n. 31 (CEE), 11 (CEEA), relativo allo statuto dei funzionari e al regime applicabile agli altri agenti della Comunità Economica Europea e della Comunità Europea dell’Energia Atomica.
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte sesta — Disposizioni istituzionali e finanziarie — Titolo I — Disposizioni istituzionali — Capo 1 — Le istituzioni — Sezione 1 — Il Parlamento europeo — Articolo 228 (ex articolo 195 del TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 150).
Versione consolidata del trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica — Titolo III — Disposizioni istituzionali e finanziarie — Capo 1 — Applicazione di talune disposizioni del trattato sull’Unione europea e del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Articolo 106a (GU C 203 del 7.6.2016, pag. 40).
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea — Titolo V — Cittadinanza — Articolo 41 — Diritto a una buona amministrazione (GU C 202 del 7.6.2016, pag. 401). | 11,932 | 1,109 |
32018D1220 | false | DECISIONE (UE) 2018/1220 DELLA COMMISSIONE
del 6 settembre 2018
relativa al regolamento interno dell'istanza di cui all'articolo 143 del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
visto il regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (1), in particolare l'articolo 143, paragrafo 4,
considerando quanto segue:
(1)
Il regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 ha sostituito il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (2) che crea un'istanza incaricata di assicurare una valutazione centralizzata di alcune situazioni di esclusione di operatori economici e di adottare opportune raccomandazioni («l'istanza»).
(2)
Il regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 estende la competenza dell'istanza alla formulazione di pareri e raccomandazioni volti a determinare l'esistenza di un'irregolarità finanziaria e stabilisce che l'esercizio di tale competenza è disciplinato dal suo regolamento interno.
(3)
L'articolo 143 del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 stabilisce la composizione dell'istanza, la procedura di nomina del presidente e la gestione dei conflitti d'interessi. Prevede che il regolamento interno dell'istanza sia adottato dalla Commissione e che l'istanza sia assistita da un segretariato permanente fornito dalla Commissione.
(4)
Al fine di garantire la continuità e il buon funzionamento dell'istanza, è opportuno specificare la procedura di nomina e revoca del presidente e prevedere disposizioni sulla supplenza per i casi in cui il presidente sia assente o impossibilitato a svolgere le proprie funzioni.
(5)
Al fine di garantire la continuità e il buon funzionamento dell'istanza, è altresì necessario stabilire regole dettagliate sulla sua composizione per ogni caso particolare, segnatamente le regole relative alla designazione dei due membri permanenti, dei loro supplenti e del membro supplementare che rappresenta l'ordinatore responsabile.
(6)
È necessario chiarire che alle riunioni dell'istanza assistono osservatori, in particolare al fine di garantire che essa sia pienamente e adeguatamente informata.
(7)
Ai fini di una corretta gestione, è opportuno specificare le funzioni di supporto che il segretariato permanente svolge per l'istanza nell'ambito dei suoi lavori.
(8)
Occorre chiarire la procedura da seguire per sottoporre un caso all'istanza, specie per quanto riguarda il suo contenuto minimo.
(9)
Nell'interesse degli operatori economici, è necessario stabilire la procedura atta a garantire il rispetto del loro diritto di essere ascoltati.
(10)
È opportuno definire le modalità pratiche per una stretta collaborazione fra l'istanza e l'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) alla luce degli accordi amministrativi in materia di cooperazione e tempestivo scambio di informazioni tra la Commissione e l'OLAF.
(11)
È opportuno chiarire le norme per l'adozione delle raccomandazioni e dei pareri dell'istanza.
(12)
Poiché l'istanza sostituisce l'istanza prevista all'articolo 73, paragrafo 6, del regolamento n. 966/2012 e succede all'istanza prevista all'articolo 108, paragrafo 4, di detto regolamento (UE, Euratom), è opportuno abrogare le decisioni C (2011) 6109 e 2015/2463 della Commissione (3) relative ai regolamenti interni di queste ultime.
(13)
Il trattamento dei dati personali da parte dell'istanza e del suo segretariato permanente si effettua conformemente al regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (4).
(14)
Alle raccomandazioni adottate dall'istanza si applica il regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio (5),
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Articolo 1
Oggetto
La presente decisione stabilisce il regolamento interno dell'istanza di cui all'articolo 143 del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046.
Articolo 2
Nomina, cessazione delle funzioni e revoca del presidente e del suo supplente
1. Il presidente dell'istanza è nominato dalla Commissione per un mandato non rinnovabile di cinque anni, in seguito a un invito a manifestare interesse. Il suo mandato inizia alla data stabilita a tal fine nella decisione di nomina. La decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale – serie C.
2. Il presidente è nominato con la qualifica di consigliere speciale della Commissione ai sensi dell'articolo 5 del regime applicabile agli altri agenti dell'Unione europea. Il suo contratto di consigliere speciale rispetta pienamente la sua indipendenza e non incide sulla durata del mandato.
3. La Commissione può revocare il presidente se questi non soddisfa più le condizioni richieste per l'esercizio delle sue funzioni.
4. Le norme che disciplinano la nomina, la cessazione delle funzioni e la revoca del presidente si applicano anche al suo supplente. Le disposizioni di cui ai paragrafi da 1 a 3 del presente articolo e all'articolo 143 del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 si applicano anche al supplente del presidente.
Articolo 3
Supplenza del presidente
1. In caso di impedimento del presidente, le sue funzioni sono esercitate dal suo supplente.
2. Se il posto di presidente è vacante, le sue funzioni sono esercitate dal supplente fino alla nomina del nuovo presidente.
3. In caso di contemporaneo impedimento del presidente e del suo supplente, le funzioni sono esercitate dal membro permanente più anziano che rappresenta la Commissione.
Articolo 4
Poteri del presidente
1. Il presidente rappresenta l'istanza.
2. Ne presiede le riunioni e ne organizza i lavori.
3. A tal fine è assistito dal segretariato permanente di cui all'articolo 7.
4. Può delegare la sua firma a ciascuno dei membri permanenti che rappresentano la Commissione affinché firmino a suo nome e in sua vece, in base alle istruzioni che dà loro, i documenti relativi a un particolare fascicolo o a questioni amministrative.
5. Adotta, previa consultazione dei membri permanenti, il calendario delle riunioni dell'istanza.
6. Esercita gli altri poteri che gli sono conferiti dalla presente decisione.
Articolo 5
Designazione degli altri membri dell'istanza e dei loro supplenti
1. Il direttore del Servizio finanziario centrale della direzione generale del Bilancio è uno dei due membri permanenti dell'istanza che rappresentano la Commissione, in applicazione dell'articolo 143, paragrafo 2, lettera b), del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046. Il direttore generale della direzione generale del Bilancio designa un funzionario di grado AD11 o superiore per garantire la supplenza di tale membro permanente.
Il direttore generale della direzione generale del Bilancio designa ad personam il secondo membro permanente che rappresenta la Commissione e il suo supplente tra i funzionari della Commissione di grado minimo rispettivamente pari a AD14 e AD11.
2. Il membro rappresentante l'ordinatore responsabile («l'autorità che ha sottoposto il caso») e il suo supplente sono funzionari o agenti temporanei designati conformemente al regolamento interno e alle regole amministrative interne dell'istituzione, dell'organo o dell'organismo interessato, di cui all'articolo 73, paragrafo 3, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046. Essi esercitano almeno funzioni di capo unità o di capo delegazione.
Articolo 6
Osservatori
1. Gli osservatori partecipano alle deliberazioni dell'istanza senza prendere parte all'adozione delle raccomandazioni.
2. Il Servizio giuridico della Commissione ha di diritto la qualità di osservatore per ogni caso sottoposto all'istanza e presenta osservazioni di propria iniziativa o su richiesta del presidente. Pertanto uno dei suoi membri assiste a tutte le deliberazioni dell'istanza. Il Servizio giuridico viene informato di tutte le procedure scritte.
3. Per i casi nei quali la domanda dell'autorità che ha sottoposto il caso si fonda, in particolare, su informazioni trasmesse dall'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), il rappresentante di quest'ultimo assiste alle riunioni dell'istanza e partecipa alle procedure orali e scritte. Egli può presentare osservazioni di propria iniziativa o su richiesta del presidente.
4. Per gli altri casi, l'OLAF può essere invitato a fornire informazioni pertinenti o pareri, su richiesta del presidente.
5. Ad esclusione dell'autorità che ha sottoposto il caso, gli altri ordinatori della Commissione, di un ufficio europeo istituito dalla Commissione, di un'agenzia esecutiva, di un'altra istituzione o di un altro organo od organismo europei interessati dal caso sottoposto all'istanza hanno il ruolo di osservatori. Tali ordinatori possono assistere alle deliberazioni dell'istanza, sono informati delle procedure scritte e presentano osservazioni orali e scritte su richiesta del presidente.
6. Il presidente, previa consultazione dei membri permanenti dell'istanza, può invitare altri osservatori ad assistere alle deliberazioni e a presentare osservazioni orali e scritte.
Articolo 7
Segretariato permanente
1. Il segretariato permanente dell'istanza è assicurato da funzionari o agenti della direzione generale del Bilancio, da cui dipende sotto il profilo amministrativo.
2. Sotto l'autorità del presidente, il segretariato permanente:
a)
verifica il ruolo delle autorità che hanno sottoposto il caso, dei loro rappresentanti designati e degli osservatori;
b)
verifica che i fascicoli siano completi e contengano tutti i documenti e le informazioni necessari, in particolare la scheda informativa;
c)
individua gli altri ordinatori interessati dal caso che potrebbero essere proposti come osservatori;
d)
gestisce le attività e i contatti con l'autorità che ha sottoposto il caso, il Servizio giuridico della Commissione e altre entità che sono o potrebbero essere associate al caso in esame, per ottenere l'aggiornamento delle informazioni contenute nei fascicoli;
e)
stabilisce i progetti da sottoporre all'esame dell'istanza e li trasmette al presidente, agli altri membri e agli osservatori chiamati a partecipare alla risoluzione di un caso;
f)
propone al presidente il progetto di calendario delle riunioni dell'istanza;
g)
stabilisce un progetto di ordine del giorno delle riunioni dell'istanza e lo trasmette ai membri e ai partecipanti alle sue riunioni;
h)
verifica la presenza delle persone e dei documenti richiesti per garantire la regolarità delle deliberazioni dell'istanza;
i)
assiste alle deliberazioni dell'istanza e dà loro seguito;
j)
stabilisce per ogni caso un verbale sintetico di ciascuna riunione e lo trasmette ai membri;
k)
si occupa di inviare le notifiche agli operatori economici;
l)
comunica all'autorità che ha sottoposto il caso la raccomandazione adottata dall'istanza;
m)
si occupa di dare seguito a tutta la corrispondenza indirizzata all'istanza o concernente le sue attività;
n)
tiene il registro delle raccomandazioni adottate dall'istanza e delle decisioni prese dall'ordinatore responsabile;
o)
si occupa della pubblicazione delle decisioni relative ai casi di esclusione e delle sanzioni pecuniarie di cui all'articolo 140 del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046.
Articolo 8
Prevenzione e gestione dei conflitti d'interessi
1. Qualora il presidente o il suo supplente, o qualsiasi altro membro o suo supplente, o i funzionari e agenti che compongono il segretariato dell'istanza o qualsiasi altra persona che partecipi alle riunioni dell'istanza o che sia a conoscenza dei documenti relativi a un caso si trovino in una situazione che potrebbe dar luogo a un rischio di conflitto d'interessi, essi ne informano immediatamente gli altri membri e il segretariato. Ciò vale anche qualora essi si trovino in una situazione che potrebbe oggettivamente essere percepita come conflitto d'interessi.
2. Nessuna delle persone di cui al paragrafo 1 partecipa alle deliberazioni o all'adozione della raccomandazione. Al caso in esame viene annessa una nota nella quale si descrivono le modalità applicate per trattare il rischio di conflitto di interessi.
Articolo 9
Collaborazione tra l'istanza e l'OLAF
1. L'OLAF opera in stretta collaborazione con l'istanza, conformemente al regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio (6), nel rispetto dei diritti procedurali e fondamentali e della protezione degli informatori.
2. Quando la richiesta dell'autorità che ha sottoposto il caso si basa su informazioni trasmesse dall'OLAF, prima di inviare la notifica all'operatore economico l'istanza consulta l'Ufficio per non compromettere la riservatezza dei procedimenti giudiziari e delle indagini da esso svolti o coordinati, compresa la protezione degli informatori, e delle indagini o dei procedimenti giudiziari nazionali, se noti.
3. Per la comunicazione agli operatori economici o ai loro agenti di informazioni emerse dalle indagini o relative alle indagini effettuate o coordinate dall'OLAF è necessario l'accordo di quest'ultimo.
Articolo 10
Ricorso all'istanza
1. L'istanza viene adita in base a una domanda di raccomandazione di un ordinatore delegato della Commissione, di un'altra istituzione, di un ufficio europeo istituito dalla Commissione, di un'agenzia esecutiva o di un altro ufficio, organismo o agenzia europei.
Qualora l'istanza sia adita da un'autorità estranea alla Commissione, il segretariato permanente stabilisce immediatamente i dovuti contatti al fine di garantire la riservatezza della corrispondenza relativa al caso in esame per entrambe le parti.
2. La domanda è trasmessa al segretariato per posta elettronica, in forma riservata, al seguente indirizzo: [email protected].
3. Qualora venga a conoscenza delle informazioni di cui all'articolo 136 del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046, l'autorità che ha sottoposto il caso si rivolge il più rapidamente possibile all'istanza, tranne in casi debitamente giustificati.
4. La domanda di raccomandazione contiene tutte le informazioni disposte all'articolo 142, paragrafo 3, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046. Contiene altresì le altre pertinenti informazioni di cui all'articolo 136 di detto regolamento, tra cui le relazioni dell'OLAF, se del caso. Comprende infine una scheda informativa debitamente compilata.
Articolo 11
Convocazione dell'istanza
L'istanza si riunisce su convocazione del suo presidente al fine di:
a)
stabilire la qualificazione giuridica preliminare conformemente all'articolo 136, paragrafo 2, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 ai fini della sua notifica all'operatore economico interessato;
b)
adottare una raccomandazione in conformità dell'articolo 143, paragrafo 6, del medesimo regolamento;
c)
trattare le questioni relative al funzionamento dell'istanza.
Articolo 12
Procedura scritta
Su iniziativa del presidente o su richiesta di un membro dell'istanza i fatti e la qualificazione giuridica preliminare possono essere stabiliti e la raccomandazione può essere adottata mediante procedura scritta. Qualsiasi membro dell'istanza può opporsi al ricorso alla procedura scritta. Gli osservatori sono coinvolti in tale procedura.
Articolo 13
Diritto dell'operatore economico di essere ascoltato
1. A meno che motivi preminenti e legittimi impongano di garantire la riservatezza di un'indagine o di procedimenti giudiziari nazionali, l'operatore economico ha il diritto di presentare osservazioni conformemente all'articolo 143, paragrafo 5, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046.
2. All'operatore economico viene trasmessa una lettera di comunicazione dei fatti e della loro qualificazione giuridica preliminare nella quale l'istanza tiene conto esclusivamente degli elementi di cui l'operatore economico ha potuto prendere conoscenza, fatta salva l'applicazione dell'articolo 143, paragrafo 5, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046. In linea di principio, tale trasmissione è effettuata mediante posta elettronica.
3. L'operatore economico presenta le sue osservazioni al segretariato, per iscritto e in formato elettronico, al seguente indirizzo: [email protected] o all'indirizzo di posta elettronica che gli è stato comunicato nella lettera di trasmissione, con gli eventuali allegati, sotto forma di documento elettronico standard creato con un comune programma informatico.
4. Le osservazioni scritte non superano le dieci pagine, esclusi gli allegati, ad eccezione di casi debitamente giustificati dalla complessità in diritto o in fatto.
5. Di norma, è accordato all'operatore economico un termine di tre settimane per la presentazione delle osservazioni. Il termine inizia a decorrere dal giorno successivo alla comunicazione dei fatti e della loro qualificazione giuridica preliminare. Se l'operatore economico ha accettato contrattualmente di comunicare con l'ordinatore responsabile per via elettronica, la notifica avviene tramite invio della lettera con mezzi elettronici.
6. Eccezionalmente, su richiesta motivata dell'operatore economico, il termine può essere prorogato per un periodo non superiore alla metà di quello inizialmente concesso.
7. Alla scadenza del termine previsto e in mancanza di richiesta di proroga debitamente motivata o alla scadenza del periodo di proroga, la procedura in contraddittorio è conclusa.
8. Se il presidente constata che l'operatore economico non ha presentato osservazioni entro il termine assegnatogli, il procedimento prosegue e il presidente convoca l'istanza al fine di adottare la raccomandazione.
Articolo 14
Adozione delle lettere e delle raccomandazioni
Il presidente e gli altri membri si adoperano per raggiungere un consenso in merito al contenuto della lettera che comunica all'operatore economico interessato i fatti contestati e la loro qualificazione giuridica preliminare, e successivamente in merito alla raccomandazione.
In assenza di consenso, si procede a un voto a maggioranza nel quale:
a)
il presidente dispone di un voto;
b)
i due membri permanenti dispongono insieme di un voto;
c)
il membro che rappresenta l'autorità che ha sottoposto il caso dispone di un voto.
Articolo 15
Notifica della raccomandazione
L'istanza notifica la propria raccomandazione all'autorità che ha sottoposto il caso e agli osservatori.
Articolo 16
Termini applicabili alla risoluzione di un caso
1. Una volta che il segretariato ha verificato il fascicolo e istruito il caso conformemente alle disposizioni applicabili di cui all'articolo 7, lo trasmette al presidente e ai membri dell'istanza. Il presidente prende atto dell'istruzione del caso dopo aver richiesto, se opportuno, misure di verifica o d'indagine complementari.
2. La durata del procedimento, che inizia con la constatazione del presidente dell'istruzione del caso e si conclude con la comunicazione di un parere all'autorità che ha sottoposto la questione e, se del caso, di una raccomandazione, non supera, in linea di principio, i tre mesi. Tale durata può essere prorogata dal presidente, in particolare per garantire il rispetto del diritto dell'operatore economico di essere ascoltato.
Articolo 17
Riservatezza dei lavori e delle deliberazioni
Fatta salva l'applicazione dell'articolo 8, paragrafo 1, del regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 e dell'articolo 22 bis dello statuto dei funzionari (7), i membri dell'istanza e del suo segretariato, così come tutte le persone che, a qualsiasi titolo, hanno partecipato ai lavori o alle riunioni dell'istanza o sono intervenute nell'elaborazione dei documenti, pareri o posizioni da essa emessi, rispettano la massima riservatezza in proposito, conformemente alla loro eventuale responsabilità amministrativa, statutaria o contrattuale. Lo stesso vale per il presidente e il suo supplente.
Articolo 18
Trattamento delle domande di accesso ai documenti e protezione dei dati di carattere personale
Ai lavori dell'istanza si applicano il regolamento (CE) n. 1049/2001 e il regolamento (CE) n. 45/2001.
CAPO II
DISPOSIZIONI PARTICOLARI RELATIVE ALL'ESERCIZIO DELLA COMPETENZA CONSULTIVA DI CUI ALL'ARTICOLO 93 DEL REGOLAMENTO FINANZIARIO
Articolo 19
Principi
1. Le disposizioni di cui agli articoli da 1 a 4, 8, 12, 13, 17 e 18 del Capo I del presente regolamento si applicano all'esercizio da parte dell'istanza della competenza consultiva conferitale dall'articolo 93 del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046.
2. Le disposizioni di cui agli altri articoli del Capo I del presente regolamento si applicano anche all'esercizio da parte dell'istanza della competenza di cui al paragrafo 1, fatte salve disposizioni specifiche previste dal presente capo.
Articolo 20
Membri supplementari dell'istanza e loro supplenti
1. Quando emette un parere di cui all'articolo 93, paragrafo 1, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046, l'istanza si compone dei membri di cui all'articolo 143, paragrafo 2, di detto regolamento e dei tre membri supplementari seguenti:
a)
un rappresentante dell'autorità che ha il potere di nomina competente in materia disciplinare dell'istituzione o dell'organismo interessati;
b)
un membro, designato dal comitato del personale dell'istituzione o dell'organismo interessato;
c)
un membro del servizio giuridico dell'istituzione, dell'ufficio europeo istituito dalla Commissione, dell'agenzia esecutiva o di un altro ufficio, organismo o agenzia europei del membro del personale interessato.
2. Ciascuno di questi tre membri ha un supplente, che è designato, a seconda dei casi:
a)
dall'autorità che ha il potere di nomina interessata;
b)
dal comitato del personale interessato;
c)
dal servizio giuridico interessato.
Articolo 21
Designazione degli osservatori
1. Il Servizio giuridico della Commissione designa un osservatore se il membro del personale interessato non appartiene alla Commissione.
2. L'ordinatore responsabile o, a seconda dei casi, il capo delegazione dell'Unione che agisce in qualità di ordinatore sottodelegato, o i loro rappresentanti hanno lo status di osservatori.
3. L'OLAF designa un osservatore qualora la comunicazione relativa alla presunta violazione di una disposizione del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046, di un'altra disposizione relativa alla gestione finanziaria o del controllo delle operazioni provenga da un'informazione trasmessa dall'Ufficio.
4. L'ufficio disciplinare dell'istituzione o dell'organo interessato designa un osservatore nel caso l'istanza sia consultata dall'autorità avente il potere di nomina. Negli altri casi, può essere invitato dal presidente a designare un osservatore.
5. Dopo aver consultato i membri, il presidente può invitare altri osservatori.
Articolo 22
Segretariato permanente dell'istanza
1. Le disposizioni di cui all'articolo 7, ad eccezione di quelle al paragrafo 2, lettera k), sono d'applicazione.
2. In particolare, il segretariato:
a)
quando l'istanza è informata riguardo a un caso direttamente da un membro del personale, s'incarica della trasmissione del caso all'autorità avente il potere di nomina e ne informa il membro del personale che ha fornito le informazioni, come specificato all'articolo 23, paragrafo 2;
b)
quando l'istanza è adita per un caso, verifica la qualità dell'autorità che ha sottoposto il caso e dei suoi rappresentanti designati;
c)
individua, in accordo con il presidente, i tre membri supplementari dell'istanza e gli osservatori, e ne verifica le qualifiche;
d)
verifica che i fascicoli siano completi e contengano tutti i documenti e le informazioni necessari, in particolare la scheda informativa, una descrizione dei fatti, della presunta irregolarità e i documenti giustificativi, comprese le relazioni di indagine;
e)
verifica che il membro del personale interessato sia stato correttamente ascoltato dall'autorità che ha il potere di nomina o dall'ordinatore responsabile, a seconda dei casi;
f)
redige i progetti di parere da sottoporre all'esame dell'istanza per decisione e li trasmette al presidente, agli altri membri e agli osservatori chiamati a partecipare alla risoluzione di un caso;
g)
trasmette le raccomandazioni di cui all'articolo 93, paragrafo 3, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 all'ordinatore responsabile e al servizio di audit interno competente;
h)
se l'istanza ritiene che il caso sia di competenza dell'OLAF, trasmette la pratica alla competente autorità che ha il potere di nomina e ne informa l'OLAF.
Articolo 23
Consultazione dell'istanza
1. Conformemente all'articolo 93, paragrafo 1, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 l'istanza è convocata su richiesta di un'autorità che ha il potere di nomina competente in materia disciplinare o di un ordinatore responsabile, compreso un capo delegazione dell'Unione o un su vice che agisce in qualità di ordinatore sottodelegato («le autorità che hanno sottoposto il caso»).
2. Quando è informata direttamente da un membro del personale, l'istanza trasmette il fascicolo all'autorità avente il potere di nomina competente o, a seconda del caso, all'autorità abilitata a concludere i contratti di assunzione e ne informa il membro del personale. Se l'autorità che ha il potere di nomina competente decide di consultare l'istanza, ne informa il membro del personale. Se decide di non consultare l'istanza, informa quest'ultima e il membro del personale.
Al fine di garantire un'efficace protezione degli informatori, come previsto all'articolo 22 bis, paragrafo 3, dello statuto dei funzionari, l'istanza può decidere, in deroga al comma precedente, di non informare l'autorità che ha il potere di nomina competente e lo comunica all'OLAF.
Articolo 24
Procedura scritta
Su iniziativa del presidente o su richiesta di un membro dell'istanza il parere può essere emesso mediante procedura scritta. Qualsiasi membro dell'istanza o, se del caso, il presidente può opporsi al ricorso alla procedura scritta. In questo caso il presidente convoca una riunione entro un termine ragionevole. Lo stesso vale per quanto riguarda la raccomandazione di cui all'articolo 93, paragrafo 3, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046.
Articolo 25
Adozione del parere o della raccomandazione
1. L'istanza si adopera per raggiungere un consenso sulla determinazione dell'esistenza di una irregolarità finanziaria e sulle motivazioni sulle quali si basa il parere o la raccomandazione.
2. In assenza di consenso, la questione è sottoposta a una votazione in cui:
a)
il presidente dispone di un voto;
b)
i due membri permanenti rappresentanti la Commissione dispongono insieme di un voto;
c)
il membro che rappresenta l'autorità che ha sottoposto il caso dispone di un voto;
d)
i tre membri supplementari dispongono ciascuno di un voto.
In caso di parità di voti, prevale il voto del presidente.
3. I paragrafi 1 e 2 si applicano mutatis mutandis all'adozione delle raccomandazioni. Il consenso o il voto interessa in particolare il carattere sistemico di un'irregolarità finanziaria.
Articolo 26
Notifica del parere e della raccomandazione
L'istanza notifica senza indugio il proprio parere all'autorità che ha sottoposto il caso, all'ordinatore responsabile e agli osservatori.
Articolo 27
Diritto del membro del personale di essere ascoltato
Conformemente all'articolo 93, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046, prima di consultare l'istanza, l'autorità che ha il potere di nomina o, se del caso, l'ordinatore responsabile danno al membro del personale la possibilità di formulare osservazioni sui fatti che lo riguardano. Conformemente all'articolo 22, paragrafo 2, lettera e), il segretariato permanente verifica, dopo la presentazione del caso, che la persona interessata sia stata regolarmente ascoltata.
CAPO III
DISPOSIZIONI FINALI
Articolo 29
Riesame
La presente decisione è sottoposta a riesame entro la data stabilita dalla Commissione conformemente all'articolo 120, paragrafo 2, secondo e terzo comma, del regolamento (UE, Euratom) 2017/1939 del Consiglio (8).
Articolo 30
Abrogazione
1. La decisione C(2011)6109 è abrogata.
2. La decisione (UE, Euratom) 2015/2463 è abrogata.
Articolo 31
Entrata in vigore e applicazione
La presente decisione entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Essa si applica a decorrere dalla data di entrata in vigore dell'articolo 143, paragrafo 4, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046.
Fatto a Bruxelles, il 6 settembre 2018
Per la Commissione
Il presidente
Jean-Claude JUNCKER
(1) GU L 193 del 30.7.2018, pag. 1.
(2) Regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione e che abroga il regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2012 (GU L 298 del 26.10.2012, pag. 1).
(3) Decisione (UE) 2015/2463 della Commissione, del 18 dicembre 2015, relativa al regolamento interno dell'istanza di cui all'articolo 108 del regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 342 del 29.12.2015, pag. 57).
(4) Regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1).
(5) Regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all'accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43).
(6) Regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 settembre 2013, relativo alle indagini svolte dall'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e che abroga il regolamento (CE) n. 1073/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (Euratom) n. 1074/1999 del Consiglio (GU L 248 del 18.9.2013, pag. 1).
(7) Regolamento (CEE, Euratom, CECA) n. 259/68 del Consiglio, del 29 febbraio 1968, che definisce lo statuto dei funzionari delle Comunità europee nonché il regime applicabile agli altri agenti di tali Comunità, ed istituisce speciali misure applicabili temporaneamente ai funzionari della Commissione (GU L 56 del 4.3.1968, pag. 1).
(8) Regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio, del 12 ottobre 2017, relativo all'attuazione di una cooperazione rafforzata sull'istituzione della Procura europea («EPPO») (GU L 283 del 31.10.2017, pag. 1). | Garantire una sana gestione finanziaria del bilancio dell’Unione europea
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Essa stabilisce il regolamento interno per il gruppo interistituzionale di cui all’articolo 143 del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 (si veda la sintesi relativa al regolamento finanziario). Il gruppo costituisce il punto centrale di tutte le istituzioni, gli organi e le agenzie dell’Unione europea (Unione) per valutare se i partecipanti, i beneficiari e le altre persone ed entità che richiedono i fondi dell’Unione, dovrebbero essere esclusi dai finanziamenti dell’Unione o se dovrebbe essere loro imposta una sanzione pecuniaria e se tali sanzioni dovrebbero essere pubblicate. Pur garantendo alle persone e alle entità interessate il diritto di essere sentite, il gruppo basa le proprie raccomandazioni su fatti e risultati provenienti da varie fonti, tra cui l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), nonché sulle indagini e sulle decisioni della Procura europea (EPPO) adottate dalle autorità nazionali o dalle organizzazioni internazionali. Dispone inoltre della competenza (ai sensi dell’articolo 93 del regolamento finanziario) di formulare pareri e raccomandazioni sulle irregolarità finanziarie derivanti da un atto o da un’omissione di un membro del personale dell’Unione europea.
PUNTI CHIAVE
La Commissione europea nomina un presidente indipendente e di alto livello del gruppo per un mandato quinquennale non rinnovabile. La persona deve essere un ex membro della Corte di giustizia dell’Unione europea o della Corte dei conti europea, oppure un ex direttore generale di un’istituzione dell’Unione europea diversa dalla Commissione. Il presidente è affiancato da un vicepresidente.
Il presidente:rappresenta il gruppo, ne presiede e programma le riunioni e ne organizza i lavori; è assistito da un segretariato permanente; convoca il gruppo quando è richiesta l’adozione di una raccomandazione riguardo a un caso.Il presidente è affiancato da un vicepresidente nominato alle stesse condizioni che sostituisce il presidente in caso di impedimento a svolgere le proprie funzioni.
Il gruppo è inoltre composto da:due membri permanenti: il direttore del servizio finanziario centrale della direzione generale del Bilancio e un’altra persona designata dal direttore generale del Bilancio; l’ordinatore competente richiesto; osservatori che comprendono:il Servizio giuridico della Commissione che partecipa a tutte le riunioni del gruppo;l’OLAF e/o l’EPPO, qualora il caso riguardi informazioni da essi fornite;ordinatori competenti appartenenti alle istituzioni, agli organismi o alle agenzie dell’Unione europea interessati dal caso;altri osservatori invitati dal presidente.Il segretariato permanente è sotto l’autorità del presidente:è composto da funzionari della direzione generale del Bilancio; organizza le attività del gruppo; redige documenti per il gruppo; verifica le informazioni e i documenti presentati; individua le persone potenzialmente coinvolte in un caso; tiene un registro di tutte le raccomandazioni del gruppo.Qualsiasi membro del gruppo o del segretariato che ritenga di avere un conflitto di interessi in un caso non partecipa al procedimento.
Partecipazione dell’OLAF:l’OLAF opera in stretta collaborazione con il gruppo nel rispetto dei diritti procedurali e fondamentali e per la protezione degli informatori; l’OLAF è consultato prima che il gruppo notifichi una persona o un’entità interessata, se un caso si basa su informazioni trasmesse dall’OLAF: ciò è fatto per evitare di danneggiare la riservatezza dei procedimenti giudiziari o delle indagini in corso.Partecipazione dell’EPPO:l’EPPO collabora con il gruppo secondo le modalità di cooperazione stabilite nell’accordo di cui all’articolo 103, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2017/1939 del Consiglio; l’EPPO partecipa in qualità di osservatore alle riunioni del gruppo nelle quali la richiesta dell’autorità di riferimento si fonda, in tutto o in parte, sulle informazioni trasmesse dall’EPPO.Trasmissione dei casi al gruppo Qualsiasi ordinatore competente di un’istituzione, agenzia o organismo dell’Unione europea:può trasmettere al gruppo, utilizzando un indirizzo di posta elettronica riservato, un caso con richiesta di raccomandazione; è tenuto a informare il gruppo non appena venga a conoscenza di informazioni che potrebbero escludere una persona o un’entità dall’assegnazione di fondi dell’Unione europea; fornisce tutte le informazioni necessarie che ha rilevato.Diritto di essere sentiti Gli operatori economici*:hanno il diritto di presentare le proprie osservazioni sul caso, a meno che motivi preminenti e legittimi impongano di garantire la riservatezza di un’indagine o di procedimenti giudiziari; ricevono una lettera e la documentazione di comunicazione dei fatti relativi al caso; presentano tramite posta elettronica le proprie osservazioni, che non superano le dieci pagine ed entro un termine di tre settimane (tali condizioni possono essere più flessibili in casi particolarmente complessi).Il gruppo:si adopera per raggiungere un consenso in merito alla propria raccomandazione su un caso che interessa una persona o un’entità; in assenza di consenso, procede a un voto a maggioranza nel quale il presidente dispone di un voto, i due membri permanenti dispongono di un voto (voto condiviso) e l’ordinatore competente interessato dispone di un voto; notifica la raccomandazione agli osservatori e all’istituzione, all’organismo o agenzia che ha sottoposto il caso; formula una raccomandazione entro tre mesi dal ricevimento di un caso, a meno che il presidente non decida di prorogarne il termine, in particolare al fine di garantire il diritto di essere sentiti delle persone fisiche o giuridiche interessate; i membri, il personale del segretariato, così come tutte le persone coinvolte nei lavori o nell’elaborazione sono tenute a rispettare la massima riservatezza.Membri del personale dell’Unione europea Il gruppo:può esprimere un parere sul fatto che un membro del personale dell’Unione europea abbia commesso un’irregolarità finanziaria; comprende, in tali circostanze, tre membri supplementari (uno dell’organismo disciplinare dell’istituzione interessata, un membro del comitato del personale, un membro del servizio giuridico);Prima dell’analisi del caso da parte del gruppo, l’autorità di riferimento tiene un procedimento giudiziario in contraddittorio.
La decisione abroga le decisioni della Commissione C(2011) 6109 final e (UE) 2015/2463 che avevano stabilito il regolamento interno per i gruppi precedenti.
La decisione è stata modificata il 3 luglio 2021 dalla decisione (UE) 2021/1081, al fine di garantire la continuità del gruppo e di includere la menzione degli accordi tra l’EPPO e la Commissione.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
La decisione è in vigore dal 2 agosto 2018.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, si veda:Moderne e più semplici: le nuove regole finanziarie dell’Unione europea entrano oggi in vigore — comunicato stampa (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Operatore economico: persona, entità, impresa o altra organizzazione che fornisce beni, lavori o servizi.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione (UE) 2018/1220 della Commissione, del 6 settembre 2018, relativa al regolamento interno dell’istanza di cui all’articolo 143 del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 226 del 7.9.2018, pag. 7).
Le successive modifiche alla decisione (UE) 2018/1220 sono state incorporate nel testo originale. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE) n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE) n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU L 193 del 30.7.2018, pag. 1). | 12,461 | 151 |
32008D0381 | false | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 14 maggio 2008
che istituisce una rete europea sulle migrazioni
(2008/381/CE)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l’articolo 66,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
considerando quanto segue:
(1)
Nel 2003 la Commissione ha deciso un’azione preparatoria triennale per istituire una rete europea sulle migrazioni («REM») nell’intento di fornire alla Comunità e ai suoi Stati membri dati oggettivi, affidabili e aggiornati sull’immigrazione.
(2)
Il Consiglio europeo di Salonicco del giugno 2003, vista l’importanza del monitoraggio e delle analisi del fenomeno pluridimensionale della migrazione, si è detto compiaciuto nelle sue conclusioni dell’istituzione della REM e ha dichiarato che avrebbe esaminato la possibilità di istituire in futuro una struttura permanente.
(3)
Il 4 novembre 2004 il Consiglio europeo ha approvato un programma pluriennale, inteso a rafforzare lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, il cosiddetto programma dell’Aia, che esorta a sviluppare la seconda fase di una politica comune in materia di asilo, migrazione, visti e frontiere iniziata il 1o maggio 2004, basata in particolare su una più stretta cooperazione pratica fra gli Stati membri e un migliore scambio di informazioni. Il programma dell’Aia riconosce che «L’attuale sviluppo della politica europea in materia di asilo e migrazione dovrebbe basarsi su un’analisi comune del fenomeno migratorio in tutti i suoi aspetti. È di massima importanza rafforzare la raccolta, la fornitura, lo scambio e l’utilizzo efficace di informazioni e dati aggiornati su tutti gli sviluppi migratori pertinenti.»
(4)
Per raccogliere il parere delle parti interessate sul futuro della REM, il 28 novembre 2005 la Commissione ha adottato un «Libro verde relativo al futuro della rete europea sulle migrazioni» che, unitamente ad una valutazione del funzionamento della REM nei primi anni del periodo preparatorio, ne ha anche esaminato aspetti come il mandato e la struttura futura.
(5)
Dalla consultazione pubblica è emerso che la maggioranza delle parti interessate è favorevole a proseguire e intensificare le attività della REM e a mantenerne l’obiettivo iniziale, vale a dire quello di fornire informazioni aggiornate, oggettive, affidabili e comparabili in materia di migrazione e asilo. È altresì emerso che la maggioranza delle parti interessate è favorevole a mantenere il legame della REM con la Commissione.
(6)
La REM dovrebbe evitare doppioni con le attività degli strumenti o delle strutture comunitarie esistenti il cui fine sia raccogliere e scambiare informazioni in materia di migrazione e asilo, rispetto alle quali dovrebbe apportare un valore aggiunto, specie grazie all’ampia gamma dei suoi compiti, all’importanza che attribuisce all’analisi, ai legami con i circuiti accademici e alla diffusione pubblica dei suoi lavori.
(7)
Fra gli strumenti e le strutture esistenti, il regolamento (CE) n. 862/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, relativo alle statistiche comunitarie in materia di migrazione e di protezione internazionale (2), costituisce un quadro di riferimento importante per il funzionamento della rete europea sulle migrazioni. Si dovrebbe prestare particolare attenzione all’utile lavoro svolto dal centro d’informazione, di riflessione e di scambi in materia di attraversamento delle frontiere e di immigrazione (CIRSFI) ed alle disposizioni della decisione 2005/267/CE del Consiglio, del 16 marzo 2005, relativa alla creazione sul web di una rete di informazione e coordinamento sicura per i servizi di gestione dell’immigrazione degli Stati membri (3).
(8)
Per raggiungere i suoi obiettivi la REM dovrebbe avere il sostegno di un «punto di contatto nazionale» in ciascuno Stato membro. È opportuno che le attività dei punti di contatto nazionali siano coordinate a livello comunitario dalla Commissione con l’assistenza di un fornitore di servizi che disponga delle competenze necessarie per organizzare le attività di routine della REM e relativo sistema di scambio di informazioni.
(9)
Perché i punti di contatto nazionali dispongano delle competenze necessarie per trattare le complesse questioni della migrazione e dell’asilo, è opportuno che siano composti di almeno tre esperti che, da soli o insieme, abbiano competenze nei seguenti settori: iter decisionale, diritto, ricerca e statistica. Tali esperti potrebbero provenire dalle amministrazioni degli Stati membri o da organizzazioni diverse. Ciascun punto di contatto nazionale dovrebbe inoltre possedere collettivamente adeguate competenze in informatica, nell’istituzione di schemi di collaborazione e di reti con altre organizzazioni e strutture nazionali, nonché nella collaborazione in un ambiente multilingue a livello europeo.
(10)
Ogni punto di contatto nazionale dovrebbe stabilire una rete nazionale sulle migrazioni composta da organizzazioni e soggetti attivi nel settore della migrazione e dell’asilo, fra cui università, istituti di ricerca e ricercatori, organizzazioni governative e non governative e organizzazioni internazionali, in modo da sentire tutte le parti interessate.
(11)
È opportuno che a impartire l’orientamento strategico della REM sia un «comitato direttivo», che contribuisca anche alla preparazione e all’approvazione del programma annuale di attività.
(12)
Per la più ampia divulgazione possibile delle informazioni da essa prodotte sotto forma di studi e rapporti, la REM dovrebbe avvalersi dei mezzi tecnologici più avanzati, compreso un apposito sito web.
(13)
Se necessario per realizzare i suoi scopi, la REM dovrebbe essere in grado di stabilire relazioni di cooperazione con altre strutture attive nel settore della migrazione e dell’asilo. Nello stabilire queste relazioni, occorrerebbe prestare particolare attenzione ad un buon livello di cooperazione con strutture in Danimarca, Islanda, Norvegia, Svizzera, nei paesi candidati all’adesione, nei paesi rientranti nella politica europea di vicinato e in Russia.
(14)
La REM dovrebbe essere cofinanziata con sovvenzioni della Commissione, conformemente al regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee (4).
(15)
Con riguardo al sistema di scambio di informazioni della REM, è opportuno tenere conto della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (5), e del regolamento (CE) n. 45/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2000, concernente la tutela delle persone fisiche in relazione al trattamento dei dati personali da parte delle istituzioni e degli organismi comunitari, nonché la libera circolazione di tali dati (6).
(16)
A norma dell’articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda, allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, il Regno Unito ha notificato che desidera partecipare all’adozione e all’applicazione della presente.
(17)
A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda, allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, e fatto salvo l’articolo 4 di detto protocollo, l’Irlanda non partecipa all’adozione della presente decisione e non è vincolata da essa né è soggetta alla sua applicazione.
(18)
A norma degli articoli 1 e 2 del protocollo sulla posizione della Danimarca allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, la Danimarca non partecipa all’adozione della presente decisione e non è vincolata da essa né è soggetta alla sua applicazione,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
Oggetto e ambito d’applicazione
1. È istituita una rete europea sulle migrazioni («REM»).
2. L’obiettivo della REM è soddisfare l’esigenza di informazione delle istituzioni comunitarie e delle autorità e istituzioni degli Stati membri sulla migrazione e sull’asilo, fornendo al riguardo informazioni aggiornate, oggettive, affidabili e comparabili nell’intento di sostenere l’iter decisionale dell’Unione europea in questi settori.
3. La REM serve inoltre a fornire informazioni in materia ai cittadini.
Articolo 2
Compiti
1. Per raggiungere l’obiettivo di cui all’articolo 1, la REM:
a)
raccoglie e scambia dati e informazioni aggiornati e affidabili provenienti da una vasta gamma di fonti;
b)
analizza i dati e le informazioni di cui alla lettera a) e li presenta in un formato facilmente accessibile;
c)
in collaborazione con altri organi competenti dell’UE contribuisce alla messa a punto di indicatori e criteri che migliorino la coerenza delle informazioni e favoriscano lo sviluppo delle attività comunitarie connesse alle statistiche migratorie;
d)
elabora e pubblica rapporti periodici sulla situazione della migrazione e dell’asilo nella Comunità e negli Stati membri;
e)
crea e mantiene un sistema di scambio di informazioni basato su Internet che permette di accedere a documenti e pubblicazioni pertinenti nel settore della migrazione e dell’asilo;
f)
si fa conoscere fornendo l’accesso alle informazioni che raccoglie e provvedendo alla diffusione dei propri lavori, a meno che tali informazioni abbiano carattere riservato;
g)
coordina le informazioni e coopera con altri organi competenti europei e internazionali.
2. La REM assicura che le sue attività siano coerenti e coordinate con i pertinenti strumenti e strutture comunitari nel settore della migrazione e dell’asilo.
Articolo 3
Composizione
La REM è composta:
—
dai «punti di contatto nazionali» designati dagli Stati membri,
—
dalla Commissione.
Articolo 4
Comitato direttivo
1. La REM è diretta da un comitato direttivo composto da un rappresentante per Stato membro e un rappresentante della Commissione, assistito da due esperti scientifici.
2. Il rappresentante della Commissione presiede il comitato direttivo.
3. Ogni membro del comitato direttivo ha diritto ad un voto, compreso il presidente. Il comitato direttivo delibera a maggioranza dei due terzi dei voti espressi.
4. Alle riunioni del comitato direttivo un rappresentante del Parlamento europeo può partecipare in qualità di osservatore.
5. In particolare il comitato direttivo:
a)
contribuisce all’elaborazione e all’approvazione del programma annuale di attività della REM, fornendo anche un importo indicativo per il bilancio minimo e massimo di ciascun punto di contatto nazionale, tale da assicurare la copertura dei costi di base derivanti dal corretto funzionamento della rete, a norma dell’articolo 5, sulla base di un progetto del presidente;
b)
esamina i progressi della REM, formulando all’occorrenza raccomandazioni per le azioni necessarie;
c)
presenta, almeno una volta l’anno, un rapporto di sintesi sullo stato delle attività della REM e sulle conclusioni principali dei suoi studi al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Commissione, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni;
d)
individua le relazioni strategiche di cooperazione più appropriate con altre strutture competenti nel settore della migrazione e dell’asilo e approva, laddove necessario, le modalità amministrative di questa cooperazione, come previsto all’articolo 10;
e)
offre consulenza ai punti di contatto nazionali sulle modalità per migliorare il loro funzionamento e li aiuta a prendere gli opportuni provvedimenti qualora ravvisi persistenti lacune nell’operato di un punto di contatto nazionale che potrebbero avere ripercussioni negative sulle attività della REM.
6. Il comitato direttivo adotta il proprio regolamento interno e si riunisce, su convocazione del presidente, almeno due volte l’anno.
Articolo 5
Punti di contatto nazionali
1. Ciascuno Stato membro designa una struttura che funge da suo punto di contatto nazionale. Per agevolare le attività della REM ed assicurare il raggiungimento dei suoi obiettivi, gli Stati membri, se del caso, tengono conto della necessità di un coordinamento tra il loro rappresentante nel comitato direttivo e il punto di contatto nazionale.
2. Il punto di contatto nazionale si compone di almeno tre esperti, uno dei quali funge da coordinatore nazionale ed è un funzionario o agente della struttura designata. Gli altri esperti possono provenire dalla struttura stessa ovvero da altre organizzazioni pubbliche o private nazionali e internazionali basate nello Stato membro.
3. Gli esperti di ciascun punto di contatto nazionale possiedono collettivamente competenze in materia di asilo e migrazione che riguardino anche aspetti attinenti all’iter decisionale, al diritto, alla ricerca e alla statistica.
4. Entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente decisione gli Stati membri informano la Commissione in merito agli esperti che compongono il loro punto di contatto nazionale e specificano come questi rispondano ai requisiti di cui al paragrafo 3.
5. I punti di contatto nazionali svolgono i compiti della REM a livello nazionale; in particolare,
a)
redigono rapporti nazionali, compresi i rapporti di cui all’articolo 9;
b)
contribuiscono con informazioni nazionali al sistema di scambio di informazioni di cui all’articolo 8;
c)
sviluppano la capacità di rivolgere richieste specifiche e di rispondere rapidamente a richieste analoghe degli altri punti di contatto nazionali;
d)
stabiliscono una rete nazionale sulle migrazioni composta da una molteplicità di organizzazioni e persone fisiche attive nel settore della migrazione e dell’asilo che rappresentano le parti interessate. Ai membri della rete nazionale sulle migrazioni può essere chiesto di contribuire alle attività della REM, con particolare riguardo agli articoli 8 e 9.
6. Gli esperti di ciascun punto di contatto nazionale si incontrano regolarmente per esaminarne i lavori, se del caso anche con i membri delle rispettive reti nazionali sulle migrazioni di cui al paragrafo 5, lettera d), e per scambiare informazioni sulle attività presenti e future.
Articolo 6
Coordinamento
1. La Commissione coordina i lavori della REM, anche conformemente all’articolo 2, paragrafo 2, e si assicura che questi riflettano opportunamente le priorità politiche della Comunità nel settore della migrazione e dell’asilo.
2. Per organizzare i lavori della REM la Commissione è assistita da un fornitore di servizi selezionato in base a una procedura di appalto, il quale soddisfa i requisiti stabiliti nell’articolo 5, paragrafo 3 e ogni altro requisito pertinente definito dalla Commissione.
3. Sotto il controllo della Commissione, il fornitore di servizi svolge in particolare i seguenti compiti:
a)
organizza il funzionamento quotidiano della REM;
b)
istituisce e gestisce il sistema di scambio di informazioni di cui all’articolo 8;
c)
coordina il contributo dei punti di contatto nazionali;
d)
prepara le riunioni di cui all’articolo 7;
e)
prepara le raccolte e le sintesi dei rapporti e degli studi di cui all’articolo 9.
4. Previa consultazione dei punti di contatto nazionali e approvazione del comitato direttivo, la Commissione adotta, nei limiti dell’obiettivo generale e dei compiti definiti negli articoli 1 e 2, il programma annuale di attività della REM. Il programma specifica gli obiettivi e le priorità tematiche. La Commissione controlla l’esecuzione del programma annuale di attività e riferisce regolarmente al comitato direttivo circa l’esecuzione e lo sviluppo della REM.
5. In base alla consulenza fornita dal comitato direttivo ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 5, lettera e), la Commissione prende gli opportuni provvedimenti in base alle convenzioni di sovvenzione di cui al paragrafo 6 del presente articolo.
6. La Commissione determina, sulla base del programma annuale di attività della REM, gli importi indicativi disponibili per le sovvenzioni e i contratti, nell’ambito di una decisione di finanziamento a norma dell’articolo 75 del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002.
7. La Commissione eroga sovvenzioni di funzionamento ai punti di contatto nazionali che rispondono ai requisiti di cui all’articolo 5, paragrafi 2 e 3, sulla base delle singole domande di sovvenzione che avranno presentato. Il tasso massimo di cofinanziamento comunitario è fissato all’80 % del totale dei costi ammissibili.
8. Le sovvenzioni non hanno, in caso di rinnovo, carattere degressivo a norma dell’articolo 113, paragrafo 2 del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002.
Articolo 7
Riunioni
1. La REM si riunisce di norma almeno cinque volte l’anno.
2. Ogni punto di contatto nazionale è rappresentato alle riunioni della REM da almeno uno dei suoi esperti. Al massimo tre esperti di ciascun punto di contatto nazionale partecipano alle riunioni.
3. Le riunioni della REM sono convocate e presiedute da un rappresentante della Commissione.
4. Obiettivo delle riunioni periodiche della REM è:
a)
permettere ai punti di contatto nazionali di scambiare conoscenze e esperienze, specie sul funzionamento della REM;
b)
esaminare i progressi dei lavori della REM, con particolare riguardo alla preparazione dei rapporti e degli studi di cui all’articolo 9;
c)
scambiare informazioni e pareri, in particolare sulla struttura, l’organizzazione, il contenuto delle informazioni disponibili di cui all’articolo 8, e il relativo accesso;
d)
fornire una piattaforma per discutere i problemi pratici e giuridici degli Stati membri nel settore della migrazione e dell’asilo, in particolare le richieste specifiche di cui all’articolo 5, paragrafo 5, lettera c);
e)
consultare i punti di contatto nazionali per l’elaborazione del programma annuale di attività della REM di cui all’articolo 6, paragrafo 4.
5. Possono essere invitati alle riunioni esperti e strutture che non siano membri della REM ma la cui presenza sia considerata auspicabile. Possono anche essere organizzate riunioni congiunte con altre reti o organizzazioni.
6. Ove le attività di cui al paragrafo 5 non siano previste nel programma annuale della REM, sono comunicate tempestivamente ai punti di contatto nazionali.
Articolo 8
Sistema di scambio di informazioni
1. È istituito, a norma del presente articolo, un sistema di scambio di informazioni basato su Internet, accessibile mediante apposito sito Web.
2. Il contenuto del sistema di scambio di informazioni è di norma pubblico.
Fatto salvo il regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (7), l’accesso alle informazioni riservate è limitato soltanto ai membri della REM.
3. Il sistema di scambio di informazioni comprende almeno i seguenti elementi:
a)
accesso alla legislazione comunitaria e nazionale, alla giurisprudenza e agli sviluppi delle politiche nei settori della migrazione e dell’asilo;
b)
una funzionalità per le richieste specifiche di cui all’articolo 5, paragrafo 5, lettera c);
c)
un glossario ed un thesaurus sulla migrazione e l’asilo;
d)
accesso diretto a tutte le pubblicazioni della REM, inclusi i rapporti e gli studi di cui all’articolo 9, e un notiziario periodico;
e)
un repertorio dei ricercatori e degli istituti di ricerca nel settore della migrazione e dell’asilo.
4. Ai fini dell’accesso alle informazioni citate al paragrafo 3, la REM può, all’occorrenza, aggiungere collegamenti verso altri siti nei quali figurino le informazioni originali.
5. L’apposito sito Web agevola l’accesso a iniziative analoghe di informazione pubblica in settori connessi e ai siti contenenti informazioni sulla situazione della migrazione e dell’asilo negli Stati membri e nei paesi terzi.
Articolo 9
Rapporti e studi
1. Ciascun punto di contatto nazionale redige ogni anno un rapporto sulla situazione della migrazione e dell’asilo nei rispettivi Stati membri nel quale è contenuta una descrizione degli sviluppi delle politiche e dati statistici.
2. Nell’ambito del programma annuale di attività ogni punto di contatto nazionale elabora, sulla scorta di specifiche comuni, altri studi su aspetti specifici della migrazione e dell’asilo necessari per sostenere l’iter decisionale.
Articolo 10
Cooperazione con altre strutture
1. La REM coopera con strutture degli Stati membri o dei paesi terzi, comprese le agenzie dell’UE e le organizzazioni internazionali, competenti in materia di migrazione e asilo.
2. Le modalità amministrative della cooperazione di cui al paragrafo 1, fra cui l’eventuale conclusione di accordi da parte della Commissione a nome della Comunità, sono subordinate all’approvazione del comitato direttivo.
Articolo 11
Risorse di bilancio
Le risorse di bilancio destinate alle azioni previste nella presente decisione sono iscritte negli stanziamenti annuali del bilancio generale dell’Unione europea. L’autorità di bilancio autorizza gli stanziamenti annuali disponibili entro i limiti del quadro finanziario.
Articolo 12
Esecuzione del bilancio
La Commissione attua il sostegno finanziario comunitario conformemente al regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio.
Articolo 13
Riesame
Entro tre anni dall’entrata in vigore della presente decisione, e successivamente ogni tre anni, la Commissione presenta al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni una relazione, basata su una valutazione esterna e indipendente, sullo sviluppo della REM. La relazione è corredata, se necessario, di proposte di modifica.
Articolo 14
Pubblicazione e data di applicazione
La presente decisione si applica a decorrere dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Articolo 15
Destinatari
Gli Stati membri sono destinatari della presente decisione conformemente al trattato che istituisce la Comunità europea.
Fatto a Bruxelles, addì 14 maggio 2008.
Per il Consiglio
Il presidente
A. BAJUK
(1) Parere del 10 aprile 2008 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) GU L 199, del 31.7.2007, pag. 23.
(3) GU L 83 dell’1.4.2005, pag. 48.
(4) GU L 248 del 16.9.2002, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 1525/2007 (GU L 343 del 27.12.2007, pag. 9).
(5) GU L 281 del 23.11.1995, pag. 31. Direttiva modificata dal regolamento (CE) n. 1882/2003 (GU L 284 del 31.10.2003, pag. 1).
(6) GU L 8 del 12.1.2001, pag. 1.
(7) GU L 145 del 31.5.2001, pag. 43. | La rete europea sulle migrazioni
SINTESI
CHE COSA FA LA DECISIONE?
Istituisce la rete europea sulle migrazioni (REM), che intende fornire informazioni aggiornate, oggettive e affidabili sulla migrazione e sull’asilo alle istituzioni europee, ai paesi dell’Unione europea (UE) e ai cittadini.
PUNTI CHIAVE
Per raggiungere tale obiettivo, la REM, in collaborazione con altri organi competenti dell’UE, raccoglie e analizza dati da una vasta gamma di fonti. Produce rapporti e studi sulla situazione della migrazione e dell’asilo nell’UE e nei suoi paesi, che sono condivisi nel suo sistema di scambio di informazioni.
La Commissione europea (CE) coordina il lavoro della REM in collaborazione con punti di contatto nazionali che sono nominati in ogni paese dell’UE e sono responsabili dello sviluppo di una rete nazionale. Ogni punto di contatto nazionale è composto da almeno tre esperti in materia di asilo e migrazione competenti nei seguenti settori: iter decisionale, diritto, ricerca e statistica.
Altre responsabilità in capo ai punti di contatto nazionali includono:
partecipare alle riunioni della REM al fine di scambiarsi dati e punti di vista e fornire spunti per lo sviluppo di un programma di lavoro;
preparare rapporti nazionali e fornire informazioni al sistema di scambio di informazioni;
aiutare a sviluppare il glossario e il thesaurus della REM; e
sviluppare la capacità di rispondere a richieste specifiche.
Il comitato direttivo della REM (presieduto dalla CE e costituito dai rappresentanti di ciascun paese dell’UE e da un osservatore del Parlamento europeo) garantisce che il lavoro della REM sia allineato alle priorità politiche dell’UE.
La REM è finanziata dalla Commissione europea. In particolare, il Fondo Asilo, migrazione e integrazione fornisce le risorse finanziarie per lo sviluppo delle attività presenti e future della REM.
CONTESTO
La fase preparatoria della REM fu avviata nel 2003 al fine di rispondere all’esigenza di scambiarsi informazioni su tutti gli aspetti della migrazione e di contribuire alla politica comune in materia di asilo e immigrazione. Il Programma dell’Aia ha rafforzato ulteriormente il bisogno di un’analisi comune della migrazione, dando un impulso alla proposta della Commissione europea affinché questa decisione del Consiglio istituisse formalmente la REM.
La rete europea sulle migrazioni.
ATTO
Decisione 2008/381/CE del Consiglio, del 14 maggio 2008, che istituisce la rete europea sulle migrazioni
RIFERIMENTI
Atto
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Decisione 2008/381/CE
21.5.2008
—
GU L 131 del 21.5.2008, pagg. 7-12
Atto(i) modificatore(i)
Data di entrata in vigore
Data limite di trasposizione negli Stati membri
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea
Regolamento (UE) n. 516/2014
1.1.2014
—
GU L 150 del 20.5.2014, pagg. 168-194 | 7,921 | 452 |
31965R0019 | false | Regolamento n. 19/65/CEE del Consiglio, del 2 marzo 1965, relativo all'applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3, del Trattato a categorie di accordi e pratiche concordate
Gazzetta ufficiale n. 036 del 06/03/1965 pag. 0533 - 0535 edizione speciale finlandese: capitolo 8 tomo 1 pag. 0036 edizione speciale danese: serie I capitolo 1965-1966 pag. 0031 edizione speciale svedese/ capitolo 8 tomo 1 pag. 0036 edizione speciale inglese: serie I capitolo 1965-1966 pag. 0035 edizione speciale greca: capitolo 08 tomo 1 pag. 0059 edizione speciale spagnola: capitolo 08 tomo 1 pag. 0085 edizione speciale portoghese: capitolo 08 tomo 1 pag. 0085
REGOLAMENTO N. 19/63/CEE DEL CONSIGLIO del 2 marzo 1963 relative all'applicazione dell'articolo 63, paragrafo 3, del Trattato a categorie di accordi e pratiche concordateIL CONSIGLIO DELLA COMUNITÀ ECONOMICA EUROPEA,Visto il Trattato che istituisce la Comunità Economica Europea, e in particolare l'articolo 87,Vista la proposta della Commissione,Visto il parere del Parlamento Europeo (1),Visto il parere del Comitato economico e sociale (2),Considerando che la dichiarazione di inapplicabilità delle disposizioni dell'articolo 85, paragrafo 1 del Trattato può, conformemente alle disposizioni del paragrafo 3 dello stesso articolo, riguardare categorie di accordi, decisioni e pratiche concordate che soddisfino alle condizioni-richieste da tali disposizioni;Considerando che le modalità d'applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3 devono essere stabilite per regolamento basato sull'articolo 87;Considerando che, dato il gran numero di notifiche depositate in applicazione del regolamento n. 17 (3), è opportuno, al fine di facilitarne il compito, porre la Commissione in grado di dichiarare, mediante regolamento, inapplicabili a talune categorie di accordi e di pratiche concordate le disposizioni dell'articolo 85, paragrafo 1;Considerando che occorre precisare le condizioni in cui la Commissione potrà esercitare tale potere, in collegamento stretto e costante con le autorità competenti degli Stati membri, quando sarà stata acquisita un'esperienza sufficiente a seguito di decisioni individuali e sarà possibile definire le categorie di accordi e di pratiche concordate per le quali le condizioni dell'articolo 85, paragrafo 3 potranno essere considerate soddisfatte;Considerando che la Commissione ha indicato, con la propria azione e in particolare col regolamento n. 153 (4), che nessun alleggerimento delle procedure previste dal regolamento n. 17 può essere preso in considerazione per alcuni tipo di accordi o di pratiche concordate che siano particolarmente suscettibili di falsare il giuoco della concorrenza nel mercato comune;Considerando che, in virtù dell'articolo 6 del regolamento n. 17, la Commissione può decidere che una dicharazione rilasciata ai sensi dell'articolo 85, paragrafo 3, del Trattato abbia effetto retroattivo; che conviene che la Commissione possa prendere tale decisione anche in un regolamento;Considerando che, in virtù dell'articolo 7 del regolamento n. 17, mediante decisione della Commissione, possono essere sottratti al divieto di cui all'articolo 83, paragrafo 1, accordi, decisioni e pratiche concordate, specie se modificati in modo da soddisfare alle condizioni di applicazione dell'articolo 85, paragrafo 3; che è opportuno che la Commissione possa accordare lo stesso beneficio mediante regolamento a tali accordi e pratiche concordate qualora siano modificati in modo da rientrare in una categoria definita mediante regolamento d'esenzione;Considerando che, se non si trovano riunite le condizioni menzionate all'articolo 85, paragrafo 3, un'esenzione non può restare acquisita; che, quindi, la Commissione deve avere la facoltà di stabilire, mediante decisione, le condizioni alle quali dovrà soddisfare un accordo o una pratica concordata che, a motivo di particolari circostanze, riveli effetti incompatibili con l'articolo 85, paragrafo 3,HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:Articolo 11. Fatta salva l'applicazione del regolamento n. 17 del Consiglio, la Commissione può dichiarare mediante regolamento e in conformità dell'articolo 85, paragrafo 3 del Trattato che l'articolo 85, paragrafo 1 non è applicabile a categorie di accordi ai quali partecipano soltanto due imprese ea) - nei quali l'una s'impegna nei confronti dell'altra a fornire determinati prodotti soltanto ad essa, ai fini della rivendita all'interno di una parte determinata del territorio del mercato comune, oppure- nei quali l'una s'impegna nei confronti dell'altra ad acquistare determinati prodotti soltanto da essa, ai fini della rivendita, oppure- nei quali sono stati conclusi tra le due imprese, ai fini della rivendita, impegni esclusivi di fornitura e di acquisto dello stesso tipo di quelli previsti nei due precedenti capoversi,b) che comportano limitazioni imposte in rapporto all'acquisto o all'utilizzazione di diritti relativi alla proprietà industriale - in particolare ai brevetti, modelli di utilità, modelli e disegni ornamentali o marchi - o ai diritti derivanti da contratti di cessione o di concessione di procedimenti di fabbricazione o di cognizioni relative all'utilizzazione o all'applicazione di tecniche industriali.2. Il regolamento deve comprendere una definizione delle categorie di accordi ai quali si applica e precisare in particolare:a) le restrizioni o le clausole che non possono figurare negli accordi;b) le clausole che devono figurare negli accordi o le altre condizioni che devono essere soddisfatte.3. I paragrafi 1 e 2 si applicano, in quanto compatibili, alle categorie di pratiche concordate alle quali partecipano soltanto due imprese.Articolo 21. Un regolamento, emanato in virtù dell'articolo 1, è adottato per una durata limitata.2. Può essere abrogato o modificato quando le circostanze si sono modificate relativamente ad un elemento che è stato essenziale per la sua adozione; in tal caso è previsto un periodo di adattamento per gli accordi e le pratiche concordate, contemplati dal regolamento anteriore.Articolo 3Un regolamento adottato in virtù dell'articolo 1 può applicarsi con effetto retroattivo agli accordi e pratiche concordate che, al momento dell'entrata in vigore del regolamento, avrebbero potuto beneficiare di una decisione con effetto retroattivo in applicazione dell'articolo 6 del regolamento n. 17.Articolo 41. Un regolamento adottato in virtù dell'articolo 1 può disporre che il divieto di cui all'articolo 85, paragrafo 1 del Trattato non si applica, per il periodo in esso stabilito, agli accordi e pratiche concordate esistenti alla data del 13 marzo 1962 e che non soddisfano alle condizioni dell'articolo 85, paragrafo 3:- se sono modificati entro tre mesi dall'entrata in vigore del regolamento, in modo da soddisfare a dette condizioni secondo le disposizioni del regolamento stesso e- se le modifiche sono portate a conoscenza della Commissione nel termine fissato dal regolamento.2. Il paragrafo 1 è applicabile agli accordi e pratiche concordate che dovevano essere notificati anteriormente al 1° febbraio 1963, conformemente all'articolo 5 del regolamento n. 17, solo se la notificazione è stata effettuata prima di tale data.3. Il beneficio delle disposizioni stabilite a norma del paragrafo 1 non può essere invocato nelle vertenze pendenti alla data dell'entrata in vigore di un regolamento adottato in virtù dell'articolo 1; né può essere invocato per motivare una domanda di risarcimento di danni nei confronti di terzi.Articolo 5Quando la Commissione intende adottare un regolamento, ne pubblica il progetto, invitando tutti gli interessati a comunicarle le loro osservazioni entro il termine da essa stabilito, che non può essere inferiore ad un mese.Articolo 61. La Commissione consulta il Comitato consultivo in materia di intese e posizioni dominanti:a) prima di pubblicare un progetto di regolamento,b) prima di adottare un regolamento.2. L'articolo 10, paragrafi 5 e 6 del regolamento n. 17, relativo alla consultazione del Comitato consultivo, è applicabile, in quanto compatibile, restando inteso che le riunioni comuni con la Commissione avranno luogo al più presto un mese dopo l'invio della convocazione.Articolo 7Se la Commissione costata d'ufficio o su domanda di uno Stato membro o di persone fisiche o giuridiche che fanno valere un interesse che, in un caso determinato, accordi o pratiche concordate previsti in un regolamento, adottato in virtù dell'articolo 1, hanno tuttavia taluni effetti incompatibili con le condizioni previste all'articolo 85, paragrafo 3 del Trattato, essa può, ritirando il beneficio dell'applicazione di detto regolamento, prendere una decisione in conformità agli articoli 6 e 8 del regolamento n. 17, senza che sia richiesta la notificazione di cui all'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 17.Articolo 8La Commissione trasmette al Consiglio, prima del 1° gennaio 1970, una proposta di regolamento intesa ad apportare al presente regolamento le modifiche che appariranno necessarie in relazione all'esperienza acquisita.Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.Fatto a Bruxelles, addì 2 marzo 1965.Per il ConsiglioIl PresidenteM. COUVE DE MURVILLE | Norme UE su pratiche concordate e accordi tra società
QUAL È LO SCOPO DELL’ARTICOLO 101 DEL TFUE E DEL REGOLAMENTO?
L’articolo 101, paragrafo 1 del TFUE1 vieta gli accordi e le pratiche concordate* tra società e gruppi di società che possono incidere sugli scambi tra i paesi dell’UE e il cui scopo è prevenire, limitare o distorcere la concorrenza all’interno del mercato unico dell’UE.
L’articolo 101, paragrafo 2 stabilisce che tutti gli accordi che rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, sono nulli a meno che non siano esentati ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 3.
L’articolo 101, paragrafo 3, tuttavia, consente eccezioni a questa regola quando tali accordi o pratiche:favoriscono la produzione o la distribuzione di beni; o promuovono il progresso economico o tecnico; e consentono ai consumatori una giusta quota del beneficio risultante. Il regolamento applica l’articolo 101, paragrafo 3, del TFUE a determinati tipi di accordi e pratiche concordate tra società in cui i loro benefici a favore della concorrenza sono superiori al loro impatto anticoncorrenziale.
1 Nota: L’articolo 101 era in precedenza l’articolo 81 del trattato che istituisce la Comunità europea, come modificato dal trattato di Amsterdam. In precedenza, era l’articolo 85 del trattato di Roma.
PUNTI CHIAVE
Il regolamento autorizza la Commissione europea ad applicare l’articolo 101, paragrafo 3, del TFUE mediante regolamento, a determinate categorie di accordi verticali* e alle pratiche concordate corrispondenti che rientrano nell’ambito dell’articolo 101, paragrafo 1, del TFUE.
Esso stabilisce le condizioni in base alle quali la Commissione, previa consultazione delle parti interessate e del comitato consultivo in materia di pratiche restrittive e posizioni dominanti, può adottare un regolamento che dichiara che l’articolo 101, paragrafo 1, non si applica a un caso individuale o a categorie di accordi:stipulati da due o più imprese, ciascuna delle quali opera a un livello diverso della catena di produzione o di distribuzione, riguardanti le condizioni in base alle quali le parti possono acquistare, vendere o rivendere determinati beni o servizi; a cui partecipano solo due società e che contengono restrizioni in relazione all’acquisizione o all’utilizzo di diritti di proprietà industriale, quali brevetti, modelli di utilità, disegni o marchi commerciali, o diritti derivanti da contratti di cessione o diritti d’uso, di un metodo di fabbricazione o conoscenza relativo all’uso o all’applicazione di processi industriali. Il regolamento della Commissione definisce le categorie di accordi a cui si applica e stabilisce le restrizioni o le clausole che non possono essere contenute negli accordi. Le stesse regole si applicano in relazione alle categorie di pratiche concordate.
Il regolamento può anche stabilire le condizioni che possono comportare l’esclusione dalla sua applicazione di determinate reti parallele di accordi simili o pratiche concordate che operano su un determinato mercato.
Tali disposizioni:vengono adottate per un periodo determinato; possono essere modificate o abrogate se le circostanze sulle quali sono basate sono cambiate; possono essere emesse con effetto retroattivo. A seguito di un libro verde della Commissione del 1997 sulle restrizioni verticali nella politica di concorrenza dell’UE, il regolamento 19/65 è stato modificato, insieme al regolamento n. 17/62 (il primo regolamento sulla politica della concorrenza dell’UE adottato per attuare gli articoli 85 e 86 del trattato di Roma) a gettare le basi per un unico regolamento di esenzione per categoria (BER) per gli accordi verticali di fornitura e distribuzione (regolamento (UE) n. 330/2010).
La Commissione ha inoltre emesso orientamenti sulle restrizioni verticali che chiariscono le condizioni per l’applicazione del regolamento BER.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL REGOLAMENTO?
Il regolamento è in vigore dal 6 marzo 1965.
CONTESTO
Per ulteriori informazioni, consultare:Accordi esentati (articolo 101, paragrafo 3 del TFUE) (Commissione europea).
TERMINI CHIAVE
Pratiche concordate: pratiche che, con o senza un accordo formale concluso tra le parti, sono anticoncorrenziali. Esse possono derivare da contatti diretti o indiretti tra società la cui intenzione è quella di influenzare la condotta del mercato o di rivelare comportamenti futuri previsti ai concorrenti.
Accordi verticali: accordi tra imprese che operano a diversi livelli della catena di fornitura, ad esempio, in cui una società fornisce i materiali di produzione della seconda società.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Versione consolidata del trattato sul funzionamento dell’Unione europea — Parte terza — Politiche e azioni interne dell’Unione — Titolo VII — Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni — Capo 1 — Regole di concorrenza Sezione 1: Regole applicabili alle imprese — Articolo 101 (ex articolo 81 TCE) (GU C 202 del 7.6.2016, pagg. 88-89).
Regolamento n. 19/65/CEE del Consiglio, del 2 marzo, relativo all’applicazione dell’articolo 85, paragrafo 3, del Trattato a categorie di accordi e pratiche concordate (edizione speciale inglese: serie I capitolo 1965-1966 pagg. 35-37)
Le modifiche successive al regolamento (CE) n. 19/65/EEC sono state integrate nel testo di base. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
DOCUMENTI CORRELATI
Orientamenti sulle restrizioni verticali (GU C 130, del 19.5.2010, pagg. 1-46)
Regolamento (UE) n. 330/2010 della Commissione, del 20 aprile 2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi verticali e pratiche concordate (GU L 102 del 23.4.2010, pagg. 1-7)
Si veda la versione consolidata.
Libro verde sulle restrizioni verticali nella politica di concorrenza comunitaria (COM(96) 721 final, del 20.1.1997)
CEE Consiglio:Regolamento n. 17 Primo regolamento d’applicazione degli articoli 85 e 86 del trattato (edizione speciale inglese: serie I capitolo 1959-1962 pagg. 87-93)
Si veda la versione consolidata. | 4,941 | 1,024 |
32016R0052 | false | REGOLAMENTO (Euratom) 2016/52 DEL CONSIGLIO
del 15 gennaio 2016
che fissa i livelli massimi ammissibili di radioattività per i prodotti alimentari e per gli alimenti per animali a seguito di un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radiologica e che abroga il regolamento (Euratom) n. 3954/87 del Consiglio e i regolamenti (Euratom) n. 944/89 e (Euratom) n. 770/90 della Commissione
IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica, in particolare gli articoli 31 e 32,
vista la proposta della Commissione europea, elaborata previo parere di un gruppo di personalità designate dal comitato scientifico e tecnico tra gli esperti scientifici degli Stati membri,
visto il parere del Parlamento europeo (1),
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (2),
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 2013/59/Euratom (3) del Consiglio fissa le norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti.
(2)
A seguito dell'incidente verificatosi il 26 aprile 1986 nell'impianto nucleare di Cernobyl, sono stati immesse nell'atmosfera notevoli quantità di materiali radioattivi che, in numerosi paesi europei, hanno contaminato i prodotti alimentari e gli alimenti per animali, a un livello significativo sotto il profilo sanitario. Sono state adottate misure al fine di garantire che taluni prodotti agricoli siano introdotti nell'Unione soltanto secondo modalità comuni che tutelino la salute dei consumatori, preservino l'unicità del mercato e impediscano deviazioni dei flussi commerciali.
(3)
Il regolamento (Euratom) n. 3954/87 (4) del Consiglio fissa i livelli massimi ammissibili di contaminazione radioattiva da applicare a seguito di un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radiologica che possa dar luogo a una contaminazione radioattiva significativa dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali. Tali livelli massimi ammissibili sono ancora in linea con i più recenti pareri scientifici disponibili a livello internazionale. Le basi per la fissazione dei livelli massimi ammissibili di cui al presente regolamento sono state riesaminate e descritte dalla Commissione nella pubblicazione n. 105 in materia di radioprotezione (EU Food Restriction Criteria for Application after an Accident). In particolare, tali livelli si basano su un livello di riferimento di 1 mSv all'anno per l'incremento di dose individuale efficace in caso di ingestione e sul presupposto che il 10 % degli alimenti consumati ogni anno sia contaminato. Tuttavia, per i bambini di età inferiore ad un anno si applicano presupposti diversi.
(4)
A seguito dell'incidente verificatosi nella centrale nucleare di Fukushima l'11 marzo 2011, la Commissione è stata informata che i livelli di radionuclidi in alcuni prodotti alimentari originari del Giappone superavano i livelli di intervento per gli alimenti applicabili in Giappone. Tale contaminazione può costituire una minaccia per la salute pubblica e degli animali nell'Unione e pertanto sono state adottate misure che imponevano condizioni speciali per l'importazione prodotti alimentari e di alimenti per animali originari del Giappone o da esso provenienti, conformemente al parere del comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali istituito dal regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (5).
(5)
È necessario istituire un sistema che consenta alla Comunità, in caso di incidente nucleare o di altro caso di emergenza radiologica che possa dar luogo o che abbia dato luogo a una significativa contaminazione radioattiva dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali, di fissare i livelli massimi ammissibili di contaminazione radioattiva per i prodotti destinati a essere immessi sul mercato, onde proteggere la popolazione.
(6)
Come ogni altro alimento, l'acqua potabile viene ingerita direttamente o indirettamente, e incide pertanto sull'esposizione complessiva del consumatore a sostanze radioattive. Relativamente alle sostanze radioattive, il controllo della qualità delle acque destinate al consumo umano è già disciplinato dalla direttiva 2013/51/Euratom del Consiglio (6), ad esclusione delle acque minerali e delle acque medicinali. Il presente regolamento dovrebbe applicarsi ai prodotti alimentari, ai prodotti alimentari secondari e agli alimenti per animali che possono essere immessi sul mercato a seguito di un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radiologica, e non alle acque destinate al consumo umano alle quali si applica la direttiva 2013/51/Euratom. Tuttavia, nel caso di un'emergenza radiologica, gli Stati membri sono liberi di scegliere di fare riferimento ai livelli massimi per gli alimenti liquidi di cui al presente regolamento, al fine di gestire l'utilizzo delle acque destinate al consumo umano.
(7)
I livelli massimi ammissibili di contaminazione radioattiva dovrebbero applicarsi ai prodotti alimentari e agli alimenti per animali originari dell'Unione o importati da paesi terzi in base all'ubicazione e alle circostanze dell'incidente nucleare o di altra emergenza radiologica.
(8)
La Commissione deve essere informata di ogni incidente nucleare o della registrazione di livelli insolitamente elevati di radioattività in applicazione della decisione del Consiglio 87/600/Euratom (7) o in applicazione della convenzione dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA) sulla rapida notificazione di un incidente nucleare, del 26 settembre 1986.
(9)
Al fine di tenere in considerazione il fatto che le abitudini alimentari dei bambini durante i primi sei mesi di vita possono variare notevolmente e che vi sono, altresì, delle incertezze relative al metabolismo dei bambini durante il secondo semestre di vita, è opportuno estendere l'applicazione dei livelli massimi ammissibili ridotti per i prodotti alimentari destinati ai bambini per i primi dodici mesi di età.
(10)
Per facilitare l'adeguamento dei livelli massimi ammissibili applicabili, in particolare per quanto attiene alle circostanze dell'incidente nucleare o di altra emergenza radiologica, è opportuno che le procedure per la revisione del regolamento di esecuzione prevedano che la Commissione consulti il gruppo di esperti di cui all'articolo 31 del trattato.
(11)
Per garantire che i prodotti alimentari e gli alimenti per animali che presentano un livello massimo di contaminazione superiore a quello applicabile non siano immessi in commercio nella Comunità, è necessario che tali livelli siano soggetti a controlli adeguati.
(12)
Per garantire condizioni uniformi di esecuzione del presente regolamento sotto il profilo dell'applicabilità dei livelli massimi ammissibili, dovrebbero essere attribuite alla Commissione competenze di esecuzione. Tali competenze dovrebbero essere esercitate conformemente al regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (8), che deve applicarsi ai fini del presente regolamento anche se non fa riferimento all'articolo 106 bis del trattato.
(13)
La Commissione dovrebbe essere assistita dal comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi. Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché, quando i progetti di atti di esecuzione basati sul presente regolamento sono discussi in seno a tale comitato, i loro rappresentanti siano in possesso, o possano avvalersi, di un'adeguata competenza in materia di protezione radiologica.
(14)
La procedura d'esame dovrebbe essere utilizzata per l'adozione di atti che rendano applicabili i livelli massimi ammissibili di contaminazione radioattiva dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali.
(15)
Ove sussistano, in casi debitamente giustificati connessi a taluni casi di emergenza radiologica che possano causare o abbiano causato una significativa contaminazione radioattiva dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali, imperativi motivi di urgenza, la Commissione dovrebbe adottare atti di esecuzione immediatamente applicabili.
(16)
Il presente regolamento dovrebbe costituire lex specialis per quanto riguarda la procedura per adottare, e successivamente modificare, i regolamenti di esecuzione che fissano i livelli massimi ammissibili applicabili di radioattività a seguito di un caso di emergenza radiologica. Quando è evidente che i prodotti alimentari o gli alimenti per animali originari dell'Unione o importati da un paese terzo possono comportare un grave rischio per la salute umana, per la salute degli animali o per l'ambiente e che tale rischio non può essere adeguatamente affrontato mediante misure adottate dallo Stato membro o dagli Stati membri interessati, la Commissione è autorizzata ad adottare misure di emergenza supplementari ai sensi del regolamento (CE) n. 178/2002. La Commissione dovrebbe assicurare che il presente regolamento e il regolamento (CE) n. 178/2002 siano attuati in modo armonizzato. Ove possibile, i livelli massimi ammissibili applicabili e le misure d'emergenza supplementari dovrebbero essere integrati in un unico regolamento di esecuzione basato sul presente regolamento e sul regolamento (CE) n. 178/2002.
(17)
Inoltre, norme generali per l'esecuzione dei controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alle normative volte, segnatamente, a prevenire, eliminare o ridurre a livelli accettabili i rischi per gli esseri umani e gli animali, sono stabilite nel regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (9).
(18)
In sede di elaborazione o di revisione del regolamento di esecuzione, la Commissione dovrebbe tenere conto, tra l'altro, delle seguenti circostanze: luogo, natura e entità dell'incidente nucleare o di altra emergenza radiologica all'interno o all'esterno della Comunità; natura, entità e diffusione dell'emissione individuata o prevista di sostanze radioattive nell'atmosfera, nelle acque o nel suolo e nei prodotti alimentari e negli alimenti per animali all'interno o all'esterno della Comunità; rischi radiologici della radioattività, individuata o potenziale, dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali e delle conseguenti dosi di radiazione; tipo e quantità dei prodotti alimentari e dei alimenti per animali contaminati che potrebbero essere immessi sul mercato della Comunità; livelli massimi ammissibili di contaminazione per prodotti alimentari e alimenti per animali stabiliti nei paesi terzi; importanza di tali prodotti alimentari e alimenti per animali per garantire alla popolazione un approvvigionamento alimentare adeguato; aspettative dei consumatori per quanto riguarda la sicurezza degli alimenti ed eventuali modifiche delle abitudini alimentari dei consumatori a seguito di un'emergenza radiologica.
(19)
In casi debitamente giustificati, ogni Stato membro dovrebbe avere la possibilità di chiedere di poter derogare temporaneamente ai livelli massimi ammissibili di contaminazione radioattiva di determinati prodotti alimentari o alimenti per animali consumati nel suo territorio. Regolamenti di esecuzione dovrebbero specificare a quali prodotti alimentari e alimenti per animali sono applicabili le deroghe, i tipi di radionuclidi interessati, nonché l'ambito di applicazione geografico delle deroghe e la loro durata.
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Oggetto
Il presente regolamento stabilisce i livelli massimi ammissibili di contaminazione radioattiva dei:
a)
prodotti alimentari, come specificato nell'allegato I;
b)
prodotti alimentari secondari come specificati nell'allegato II;
c)
alimenti per animali, come specificati all'allegato III,
che possono essere immessi sul mercato, a seguito di un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radiologica che possa causare o abbia causato una significativa contaminazione radioattiva dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali.
Il presente regolamento prevede inoltre la procedura per adottare, e successivamente modificare, i regolamenti di esecuzione che fissano i livelli massimi ammissibili.
Articolo 2
Definizioni
Ai fini del presente regolamento, si applicano le seguenti definizioni:
1) «prodotto alimentare»: qualsiasi sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato ad essere ingerito, o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere ingerito, da esseri umani.
Sono comprese le bevande, le gomme da masticare e qualsiasi sostanza, compresa l'acqua, intenzionalmente incorporata nei prodotti alimentari nel corso della loro produzione, preparazione o trattamento.
I «prodotti alimentari» non comprendono:
a)
gli alimenti per animali;
b)
gli animali vivi, a meno che siano preparati per l'immissione sul mercato ai fini del consumo umano;
c)
i vegetali prima della raccolta;
d)
i prodotti medicinali ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (10);
e)
i prodotti cosmetici ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (CE) n. 1223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio (11);
f)
il tabacco e i prodotti del tabacco ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, e paragrafo 4, della direttiva 2014/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (12);
g)
le sostanze stupefacenti o psicotrope ai sensi della convenzione unica delle Nazioni Unite sugli stupefacenti del 1961 e della convenzione delle Nazioni Unite sulle sostanze psicotrope del 1971;
h)
i residui e contaminanti;
i)
le acque destinate al consumo umano, ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2013/51/Euratom.
2) «prodotti alimentari secondari»: i prodotti alimentari di relativa importanza dietetica che rappresentano soltanto un contributo marginale nel consumo alimentare della popolazione;
3) «alimenti per animali»: qualsiasi sostanza o prodotto, compresi gli additivi, trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato all'alimentazione per via orale degli animali;
4) «immissione sul mercato»: la detenzione di prodotti alimentari o di alimenti per animali a fini di vendita, compresa l'offerta a fini di vendita, o altre forme di cessione, a titolo gratuito o oneroso, nonché la vendita, la distribuzione e altre forme di cessione.
5) «emergenza radiologica»: una situazione o un evento non ordinario implicante una sorgente di radiazioni che richiede un'azione tempestiva intesa a mitigare gravi conseguenze negative per la salute e la sicurezza della popolazione, la qualità della vita, il patrimonio o l'ambiente, o un pericolo che potrebbe dar luogo a tali conseguenze negative.
Articolo 3
Livelli massimi ammissibili applicabili
1. Qualora la Commissione riceva — in particolare ai sensi del sistema della Comunità per un rapido scambio di informazioni in caso di emergenza radiologica o in base alla convenzione dell'AIEA sulla notifica tempestiva di un incidente nucleare del 26 settembre 1986 — comunicazione ufficiale di un incidente nucleare o di qualsiasi altro evento di emergenza radiologica che possa dar luogo o che abbia dato luogo a una significativa contaminazione radioattiva dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali, essa adotta un regolamento di esecuzione che rende applicabili i livelli massimi ammissibili ai prodotti alimentari e agli alimenti per animali potenzialmente contaminati che potrebbero essere immessi sul mercato.
Fatto salvo l'articolo 3, paragrafo 4, i livelli massimi ammissibili applicabili fissati da tale regolamento di esecuzione non superano quelli stabiliti negli allegati I, II e III. Tale regolamento di esecuzione è adottato conformemente alla procedura di esame di cui all'articolo 5, paragrafo 2.
Per imperativi motivi di urgenza debitamente giustificati connessi alle circostanze dell'incidente nucleare o di altra emergenza radiologica, la Commissione adotta un regolamento di esecuzione immediatamente applicabile, secondo la procedura di cui all'articolo 5, paragrafo 3.
2. Il periodo di validità dei regolamenti di esecuzione adottati ai sensi del paragrafo 1 è per quanto possibile limitato. La durata del primo regolamento di esecuzione a seguito di un incidente nucleare o di qualsiasi altro caso di emergenza radiologica non supera i tre mesi.
I regolamenti di esecuzione sono periodicamente riesaminati dalla Commissione e, se del caso, modificati in base alla natura e al luogo dell'incidente e dell'evoluzione del livello di radioattività effettivamente misurato.
3. In sede di elaborazione o di revisione dei regolamenti di esecuzione, la Commissione prende in considerazione le norme fondamentali stabilite a norma degli articoli 30 e 31 del trattato, tra cui i principi di giustificazione e di ottimizzazione, allo scopo di mantenere l'ordine di grandezza delle dosi individuali, la probabilità dell'esposizione e il numero di individui esposti al minimo ragionevolmente possibile tenendo conto dello stato attuale delle conoscenze tecniche e di fattori economici e sociali.
In sede di revisione dei regolamenti di esecuzione, la Commissione consulta il gruppo di esperti di cui all'articolo 31 del trattato, qualora un incidente nucleare o un qualsiasi altro caso di emergenza radiologica provochino una contaminazione dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali consumati nell'UE così diffusa che, i presupposti alla base dei livelli massimi ammissibili fissati negli allegati I, II e III del presente regolamento non siano più validi La Commissione può chiedere il parere di tale gruppo di esperti in ogni altro caso di contaminazione dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali consumati nella Comunità.
4. Fatto salvo l'obiettivo di protezione della salute perseguito dal presente regolamento, la Commissione può, mediante regolamenti di esecuzione autorizzare qualsiasi Stato membro, su sua richiesta e alla luce di circostanze eccezionali in esso verificatesi, a derogare temporaneamente ai livelli massimi ammissibili di determinati prodotti alimentari e alimenti per animali consumati nel suo territorio. Tali deroghe sono basate su elementi scientifici e sono debitamente giustificate dalle circostanze, in particolare i fattori sociali esistenti nello Stato membro interessato.
Articolo 4
Misure restrittive
1. Quando la Commissione adotta un regolamento di esecuzione che rende applicabili i livelli massimi ammissibili, i prodotti alimentari e gli alimenti per animali non conformi a tali livelli massimi ammissibili non possono più essere immessi sul mercato a decorrere dalla data specificata in tale regolamento di esecuzione.
Ai fini dell'applicazione del presente regolamento, i prodotti alimentari e gli alimenti per animali importati da paesi terzi sono considerati immessi sul mercato se, nel territorio doganale dell'Unione, sono sottoposti ad una procedura doganale diversa da quella del transito.
2. Ciascuno Stato membro comunica alla Commissione tutte le informazioni riguardanti l'applicazione del presente regolamento. La Commissione trasmette tali informazioni agli altri Stati membri. Qualsiasi caso di violazione dei livelli massimi ammissibili applicabili è notificato tramite il sistema di allarme rapido per gli alimenti e i mangimi (RASFF).
Articolo 5
Procedura di comitato
1. La Commissione è assistita dal comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi istituito a norma dell'articolo 58, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 178/2002. Esso è un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 5 del regolamento (UE) n. 182/2011.
3. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente paragrafo, si applica l'articolo 8 del regolamento (UE) n. 182/2011, in combinato disposto con l'articolo 5.
Articolo 6
Relazioni
Nel caso di un incidente nucleare o di qualsiasi altro caso di emergenza radiologica che possa causare o abbia causato una contaminazione radioattiva significativa dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali, la Commissione presenta una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio. La relazione riguarda l'attuazione delle misure adottate a norma del presente regolamento e notificate alla Commissione a norma dell'articolo 4, paragrafo 2.
Articolo 7
Abrogazione
Il regolamento (Euratom) n. 3954/87 del Consiglio e i regolamenti (Euratom) n. 944/89 (13) e (Euratom) n. 770/90 (14) della Commissione sono abrogati.
I riferimenti ai regolamenti abrogati si intendono fatti al presente regolamento e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all'allegato IV.
Articolo 8
Entrata in vigore
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 15 gennaio 2016
Per il Consiglio
Il presidente
J.R.V.A. DIJSSELBLOEM
(1) Parere del 9 luglio 2015 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale).
(2) GU C 226 del 16.7.2014, pag. 68.
(3) Direttiva 2013/59/Euratom del Consiglio, del 5 dicembre 2013, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom (GU L 13 del 17.1.2014, pag. 1).
(4) Regolamento (Euratom) n. 3954/87 del Consiglio, del 22 dicembre 1987, che fissa i livelli massimi ammissibili di radioattività per i prodotti alimentari e per gli alimenti per animali in caso di livelli anormali di radioattività a seguito di un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radioattiva (GU L 371 del 30.12.1987, pag. 11).
(5) Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GU L 31 dell'1.2.2002, pag. 1).
(6) Direttiva 2013/51/Euratom del Consiglio, del 22 ottobre 2013, che stabilisce requisiti per la tutela della salute della popolazione relativamente alle sostanze radioattive presenti nelle acque destinate al consumo umano (GU L 296 del 7.11.2013, pag. 12).
(7) Decisione 87/600/Euratom del Consiglio, del 14 dicembre 1987, concernente le modalità comunitarie di uno scambio rapido d'informazioni in caso di emergenza radioattiva (GU L 371 del 30.12.1987, pag. 76).
(8) Regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU L 55 del 28.2.2011, pag. 13).
(9) Regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali (GU L 165 del 30.4.2004, pag. 1).
(10) Direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU L 311 del 28.11.2001, pag. 67).
(11) Regolamento (CE) n. 1223/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, sui prodotti cosmetici (GU L 342 del 22.12.2009, pag. 59).
(12) Direttiva 2014/40/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati e che abroga la direttiva 2001/37/CE (GU L 127 del 29.4.2014, pag. 1).
(13) Regolamento (Euratom) n. 944/89 della Commissione, del 12 aprile 1989, che fissa i livelli massimi ammissibili di contaminazione radioattiva per i prodotti alimentari secondari a seguito di un incidente nucleare o di qualsiasi altro caso di emergenza radioattiva (GU L 101 del 13.4.1989, pag. 17).
(14) Regolamento (Euratom) n. 770/90 della Commissione, del 29 marzo 1990, che fissa i livelli massimi di radioattività ammessi negli alimenti per animali contaminati a seguito di incidenti nucleari o di altri casi di emergenza da radiazione (GU L 83 del 30.3.1990, pag. 78).
ALLEGATO I
LIVELLI MASSIMI AMMISSIBILI DI CONTAMINAZIONE RADIOATTIVA DEI PRODOTTI ALIMENTARI
I livelli massimi ammissibili applicabili ai prodotti alimentari non eccedono i livelli seguenti:
Gruppo di isotopi/gruppo di prodotti alimentari
Prodotti alimentari (Bq/kg) (1)
Alimenti per lattanti (2)
Latte e derivati del latte (3)
Altri prodotti alimentari esclusi quelli secondari (4)
Prodotti alimentari liquidi (5)
Somma degli isotopi dello stronzio, in particolare Sr-90
75
125
750
125
Somma degli isotopi dello iodio, in particolare I-131
150
500
2 000
500
Somma degli isotopi del plutonio e degli elementi transplutonici che emettono radiazioni alfa, in particolare Pu-239 e Am-241
1
20
80
20
Somma di tutti gli altri nuclidi il cui tempo di dimezzamento supera i 10 giorni, in particolare Cs-134 e Cs-137 (6)
400
1 000
1 250
1 000
(1) Il livello applicabile ai prodotti concentrati o essiccati è calcolato sulla base del prodotto ricostituito pronto al consumo. Gli Stati membri possono formulare raccomandazioni in materia di condizioni di diluizione per garantire il rispetto dei livelli massimi ammissibili fissati dal presente regolamento.
(2) Per alimenti per lattanti si intendono i prodotti alimentari destinati all'alimentazione dei lattanti durante i primi 12 mesi di vita, che soddisfano le esigenze nutritive di tale categoria di persone e che vengono condizionati per la vendita al minuto in confezioni chiaramente identificabili ed etichettate come tali.
(3) Per latte e derivati del latte si intendono i prodotti di cui ai seguenti codici NC, ivi compresi eventualmente gli adeguamenti che potrebbero esservi apportati ulteriormente: 0401 e 0402 (salvo 0402 29 11).
(4) I prodotti alimentari secondari e i corrispondenti livelli applicabili sono stabiliti all'allegato II.
(5) Gli alimenti liquidi sono quelli definiti ricompresi nel codice 2009 e nel capitolo 22 della nomenclatura combinata. I valori sono calcolati tenendo conto del consumo di acqua di rubinetto; gli stessi valori possono essere applicabili all'acqua potabile a discrezione delle competenti autorità degli Stati membri.
(6) Il carbonio 14, il trizio e il potassio 40 non sono compresi nel presente gruppo.
ALLEGATO II
LIVELLI MASSIMI AMMISSIBILI DI CONTAMINAZIONE RADIOATTIVA DEI PRODOTTI ALIMENTARI SECONDARI
1.
Elenco dei prodotti alimentari secondari
Codice NC
Designazione
0703 20 00
Agli (freschi e refrigerati)
0709 59 50
Tartufi (freschi e refrigerati)
0709 99 40
Capperi (freschi e refrigerati)
0711 90 70
Capperi (temporaneamente conservati, ma non idonei al consumo nello stato in cui sono presentati)
ex 0712 39 00
Tartufi (secchi, anche tagliati in pezzi o a fette oppure tritati o polverizzati, ma non altrimenti preparati)
0714
Radici di manioca, d'arrow-root o di salep, topinambur, patate dolci e altre simili radici e tuberi ad alto tenore di fecola o di inulina, freschi, refrigerati, congelati o essiccati, anche tagliati in pezzi o agglomerati in forma di pellet; midollo della palma a sago
0814 00 00
Scorze di agrumi o di meloni (comprese quelle di cocomeri), fresche, congelate, presentate in acqua salata, solforata o addizionata di altre sostanze atte ad assicurarne temporaneamente la conservazione, oppure secche
0903 00 00
Matè
0904
Pepe del genere Piper; pimenti del genere Capsicum o del genere Pimenta, essiccati, tritati o polverizzati
0905 00 00
Vaniglia
0906
Cannella e fiori di cinnamomo
0907 00 00
Garofani (antofilli, chiodi e steli)
0908
Noci moscate, macis, amomi e cardamomi
0909
Semi di anice, di badiana, di finocchio, di coriandolo, di cumino, di carvi; bacche di ginepro
0910
Zenzero, zafferano, curcuma, timo, foglie di alloro, curry e altre spezie
1106 20
Farine, semolini e polveri di sago, di radici o tuberi della voce 0714
1108 14 00
Fecola di manioca
1210
Coni di luppolo freschi o secchi, anche tritati, macinati o in forma di pellet; luppolina
1211
Piante, parti di piante, semi e frutti, delle specie utilizzate principalmente in profumeria, in medicina o nella preparazione di insetticidi, antiparassitari o simili, freschi o secchi, anche tagliati, frantumati o polverizzati, eccetto le piante e parti di piante utilizzate per la produzione alimentare
1301
Gomma lacca; gomme, gomme, resine, gommo-resine e oleoresine (per esempio: balsami), naturali
1302
Succhi ed estratti vegetali; sostanze pectiche, pectinati e pectati; agar-agar e altre mucillagini e ispessenti derivati da vegetali, anche modificati
1504
Grassi ed oli e loro frazioni, di pesci o di mammiferi marini, anche raffinati, ma non modificati chimicamente
1604 31 00
Caviale
1604 32 00
Succedanei del caviale
1801 00 00
Cacao in grani anche infranto, greggio o torrefatto
1802 00 00
Gusci o pellicole (bucce) ed altri residui di cacao
1803
Pasta di cacao, anche sgrassata
2003 90 10
Tartufi (preparati o conservati ma non nell'aceto o acido acetico)
2006 00
Ortaggi e legumi, frutta, scorze di frutta ed altre parti di piante, cotte negli zuccheri o candite (sgocciolate, diacciate o cristallizzate)
2102
Lieviti (vivi o morti); altri microrganismi monocellulari morti (esclusi i vaccini della voce 3002); lieviti in polvere, preparati
2936
Provitamine e vitamine, naturali o riprodotte per sintesi (compresi i concentrati naturali) e loro derivati utilizzati principalmente come vitamine, miscelati o non fra loro, anche disciolti in qualsiasi soluzione
3301
Oli essenziali (deterpenati o no) compresi quelli detti «concreti» o «assoluti»; resinoidi; soluzioni concentrate di oli essenziali nei grassi, negli oli fissi, nelle cere o nei prodotti analoghi, ottenute per «enfleurage» o macerazione; sottoprodotti terpenici residuali della deterpenazione degli oli essenziali; acque distillate aromatiche e soluzioni acquose di oli essenziali
2.
I livelli massimi ammissibili da applicare ai prodotti alimentari secondari di cui al punto 1, non eccedono i livelli seguenti:
Gruppo di isotopi
Bq/kg
Somma degli isotopi dello stronzio, in particolare Sr-90
7 500
Somma degli isotopi dello iodio, in particolare I-131
20 000
Somma degli isotopi del plutonio e degli elementi transplutonici che emettono radiazioni alfa, in particolare Pu-239e Am-241
800
Somma di tutti gli altri nuclidi il cui tempo di dimezzamento supera i 10 giorni, in particolare Cs-134 e Cs-137 (1)
12 500
(1) Il carbonio 14, il trizio e il potassio 40 non sono compresi nel presente gruppo.
ALLEGATO III
LIVELLI MASSIMI AMMISSIBILI DI CONTAMINAZIONE RADIOATTIVA NEGLI ALIMENTI PER ANIMALI
I livelli massimi ammissibili per la somma di cesio-134 e cesio-137 non eccedono i livelli seguenti:
Mangimi per
Bq/kg (1)
(2)
Suini
1 250
Pollame, agnelli, vitelli
2 500
Altri
5 000
(1) Tali livelli dovrebbero contribuire all'osservanza dei massimi livelli consentiti per i prodotti alimentari; essi non garantiscono di per se stessi tale osservanza in ogni circostanza e lasciano impregiudicata la necessità di controllare i livelli di contaminazione nei prodotti animali destinati al consumo umano.
(2) Tali livelli si applicano agli alimenti per animali pronti per il consumo.
ALLEGATO IV
TAVOLA DI CONCORDANZA
Regolamento (Euratom) n. 3954/87
Regolamento (Euratom) n. 944/89
Regolamento (Euratom) n. 770/90
Presente regolamento
Articolo 1, paragrafo 1
Articolo 1
Articolo 1
Articolo 1
Articolo 1, paragrafo 2
Articolo 2
Articolo 2, paragrafo 1
Articolo 3, paragrafo 1
Articolo 2, paragrafo 2
Articolo 3, paragrafo 2
Articolo 3, paragrafo 1
—
Articolo 3, paragrafo 2
Articolo 3, paragrafo 3
Articolo 3, paragrafi 3 e 4
—
Articolo 4
—
Articolo 5
—
Articolo 6, paragrafo 1
Articolo 4, paragrafo 1
Articolo 6, paragrafo 2
Articolo 4, paragrafo 2
Articolo 2
Allegato II, punto 2
—
—
—
Articolo 5
Articolo 7
—
—
—
—
Articolo 7
Articolo 8
Articolo 3
Articolo 2
Articolo 8
Allegato
Allegato I
Allegato
Allegato II, punto 1
Allegato
Allegato III
—
—
—
Allegato IV | Livelli massimi di radioattività nei prodotti alimentari
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Il regolamento fissa i livelli massimi ammissibili di radioattività per i prodotti alimentari e per gli alimenti per animali a seguito di un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radiologica.
Abroga i regolamenti (Euratom) n. 3954/87, (Euratom) n. 944/89 e (Euratom) n. 770/90 della Commissione. Eventuali riferimenti agli atti abrogati vanno letti come riferimenti al presente regolamento.
PUNTI CHIAVE
Ambito di applicazione
Il regolamento disciplina i livelli massimi ammissibili per i prodotti alimentari, i prodotti alimentari secondari* e agli alimenti per animali.
Livelli massimi di contaminazione ammissibiliQualora la Commissione europea riceva comunicazione ufficiale di un incidente nucleare o di qualsiasi altro evento di emergenza radiologica che possa dar luogo o che abbia dato luogo a una significativa contaminazione radioattiva dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali, deve adottare un regolamento di esecuzione che:fisserà i livelli massimi ammissibili (non superiori a quelli indicati negli allegati del regolamento) di prodotti alimentari e alimenti per animali potenzialmente contaminati che potrebbero essere immessi sul mercato;avrà un periodo di validità quanto più possibile limitato, inizialmente non superiore a 3 mesi;sarà periodicamente riesaminato dalla Commissione e, se del caso, modificato in base alla natura e al luogo dell’incidente e dell’evoluzione del livello di radioattività effettivamente misurato. Qualsiasi caso di violazione dovrà essere notificato tramite il sistema di allarme rapido per gli alimenti e i mangimi. I paesi dell’Unione europea (Unione) possono richiedere un’esenzione temporanea da questi livelli massimi ammissibili per determinati alimenti o mangimi consumati sul loro territorio. Tali esenzioni devono essere definite nel regolamento di esecuzione.Comitato
La Commissione è assistita in materia dal comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi istituito a norma del regolamento (CE) n. 178/2002 che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare.
Relazioni
La Commissione deve presentare al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione che illustri le misure adottate, nel caso di un incidente o di un’emergenza che possa causare o abbia causato una contaminazione radioattiva significativa dei prodotti alimentari e degli alimenti per animali.
DA QUANDO È IN VIGORE IL REGOLAMENTO?
È in vigore dal 9 febbraio 2016.
CONTESTO
Il regolamento (UE) 2017/625 (si veda la sintesi) stabilisce le regole per i controlli ufficiali sulla catena agroalimentare dell’Unione. Le norme di sicurezza dell’Unione per l’esposizione alle radiazioni ionizzanti sono stabilite nella direttiva 2013/59/Euratom (si veda la sintesi).
TERMINI CHIAVE
Prodotti alimentari secondari: alimenti, come aglio e tartufi, che costituiscono solo una parte marginale del consumo alimentare della popolazione.
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento (Euratom) 2016/52 del Consiglio, del 15 gennaio 2016, che fissa i livelli massimi ammissibili di radioattività per i prodotti alimentari e per gli alimenti per animali a seguito di un incidente nucleare o in qualsiasi altro caso di emergenza radiologica e che abroga il regolamento (Euratom) n. 3954/87 del Consiglio e i regolamenti (Euratom) n. 944/89 e (Euratom) n. 770/90 della Commissione (GU L 13 del 20.1.2016, pag. 2).
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) 2017/625 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2017, relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l’applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fitosanitari, recante modifica dei regolamenti (CE) n. 999/2001, (CE) n. 396/2005, (CE) n. 1069/2009, (CE) n. 1107/2009, (UE) n. 1151/2012, (UE) n. 652/2014, (UE) 2016/429 e (UE) 2016/2031 del Parlamento europeo e del Consiglio, dei regolamenti (CE) n. 1/2005 e (CE) n. 1099/2009 del Consiglio e delle direttive 98/58/CE, 1999/74/CE, 2007/43/CE, 2008/119/CE e 2008/120/CE del Consiglio, e che abroga i regolamenti (CE) n. 854/2004 e (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 89/608/CEE, 89/662/CEE, 90/425/CEE, 91/496/CEE, 96/23/CE, 96/93/CE e 97/78/CE del Consiglio e la decisione 92/438/CEE del Consiglio (regolamento sui controlli ufficiali) (GU L 95 del 7.4.2017, pag. 1).
Successive modifiche al regolamento (UE) 2017/625 sono state integrate nel testo originario. La versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Direttiva 2013/59/Euratom del Consiglio, del 5 dicembre 2013, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom (GU L 13 del 17.1.2014, pag. 1).
Si veda la versione consolidata. | 12,652 | 52 |
32008H0506(01) | false | RACCOMANDAZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO
del 23 aprile 2008
sulla costituzione del Quadro europeo delle qualifiche per l'apprendimento permanente
(Testo rilevante ai fini del SEE)
(2008/C 111/01)
IL PARLAMENTO EUROPEO E IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 149, paragrafo 4, e l'articolo 150, paragrafo 4,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale europeo (1),
visto il parere del Comitato delle regioni (2),
deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (3),
considerando quanto segue:
(1)
Lo sviluppo e il riconoscimento delle conoscenze, delle abilità e delle competenze dei cittadini sono fondamentali per lo sviluppo individuale, la competitività, l'occupazione e la coesione sociale della Comunità. Essi dovrebbero favorire la mobilità transnazionale dei lavoratori e dei discenti e contribuire a far fronte alle esigenze dell'offerta e della domanda sul mercato europeo del lavoro. A tal fine, è opportuno promuovere e migliorare, a livello nazionale e comunitario, l'accesso e la partecipazione all'apprendimento permanente per tutti, compresi i gruppi svantaggiati, e l'uso delle qualifiche.
(2)
Le conclusioni del Consiglio europeo di Lisbona del 2000 hanno stabilito che una maggior trasparenza delle qualifiche dovrebbe essere una delle componenti principali necessarie per adeguare i sistemi di istruzione e formazione europei alle esigenze della società della conoscenza. Inoltre il Consiglio europeo di Barcellona nel 2002 ha chiesto una più stretta cooperazione nel settore universitario ed un miglioramento della trasparenza e dei metodi di riconoscimento nel campo dell'istruzione e formazione professionale.
(3)
La risoluzione del Consiglio, del 27 giugno 2002, sull'apprendimento permanente (4) invitava la Commissione, in stretta cooperazione con il Consiglio e gli Stati membri, a sviluppare un quadro per il riconoscimento delle qualifiche in materia di istruzione e formazione, partendo dai risultati del processo di Bologna e promuovendo iniziative analoghe nel campo della formazione professionale.
(4)
I rapporti congiunti del Consiglio e della Commissione sull'attuazione del programma di lavoro «Istruzione e formazione 2010», adottati nel 2004 e 2006, hanno sottolineato la necessità di sviluppare un Quadro europeo delle qualifiche.
(5)
Nell'ambito del processo di Copenaghen, le conclusioni del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, del 15 novembre 2004, sulle future priorità per una maggiore cooperazione europea in materia di istruzione e formazione professionale, hanno dato priorità allo sviluppo di un Quadro europeo delle qualifiche aperto e flessibile, fondato sulla trasparenza e sulla fiducia reciproca, quale riferimento comune sia per l'istruzione che per la formazione.
(6)
È opportuno promuovere la convalida dei risultati dell'apprendimento non formale e informale, conformemente alle conclusioni del Consiglio del 28 maggio 2004 relative ai principi comuni europei concernenti l'individuazione e la convalida dell'apprendimento non formale e informale.
(7)
I Consigli europei di Bruxelles del marzo 2005 e del marzo 2006 hanno sottolineato l'importanza di adottare un Quadro europeo delle qualifiche.
(8)
La presente raccomandazione tiene conto della decisione n. 2241/2004/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2004, relativa ad un quadro comunitario unico per la trasparenza delle qualifiche e delle competenze (Europass) (5), e della raccomandazione 2006/962/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, sulle competenze chiave per l'apprendimento permanente (6).
(9)
La presente raccomandazione è compatibile con il Quadro per lo spazio europeo dell'istruzione superiore e i descrittori dei cicli concordati dai ministri responsabili per l'istruzione superiore di 45 paesi europei, riuniti a Bergen il 19 e 20 maggio 2005, nel contesto del processo di Bologna.
(10)
Le conclusioni del Consiglio sulla garanzia della qualità nell'istruzione e nella formazione professionale del 23 e 24 maggio 2004, la raccomandazione 2006/143/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 febbraio 2006, sul proseguimento della cooperazione europea in materia di certificazione della qualità nell'istruzione superiore (7), e le norme e gli orientamenti per la certificazione della qualità nello spazio europeo dell'istruzione superiore concordati dai ministri responsabili dell'istruzione superiore nella riunione di Bergen contengono principi comuni in materia di garanzia della qualità su cui dovrebbe basarsi l'attuazione del Quadro europeo delle qualifiche.
(11)
La presente raccomandazione lascia impregiudicata la direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (8), che conferisce diritti e doveri sia alla competente autorità nazionale sia al migrante. Il riferimento ai livelli del Quadro europeo delle qualifiche non dovrebbe influire sull'accesso al mercato del lavoro, se le qualifiche professionali sono state riconosciute conformemente alla direttiva 2005/36/CE.
(12)
L'obiettivo della presente raccomandazione è di istituire un quadro di riferimento comune che funga da dispositivo di traduzione tra i diversi sistemi delle qualifiche e i rispettivi livelli, sia per l'istruzione generale e superiore sia per l'istruzione e la formazione professionale. Ciò consentirà di migliorare la trasparenza, la comparabilità e la trasferibilità delle qualifiche dei cittadini rilasciate secondo le prassi esistenti nei vari Stati membri. Ciascun livello di qualifica dovrebbe, in linea di principio, essere raggiungibile tramite vari percorsi di istruzione e di carriera. Il Quadro europeo delle qualifiche dovrebbe consentire inoltre alle organizzazioni settoriali internazionali di mettere in relazione i propri sistemi di qualifica con un punto di riferimento comune europeo, mostrando così il rapporto tra le qualifiche settoriali internazionali e i sistemi nazionali delle qualifiche. La presente raccomandazione contribuisce quindi al conseguimento degli obiettivi più ampi di promuovere l'apprendimento permanente e di aumentare l'occupabilità, la mobilità e l'integrazione sociale dei lavoratori e dei discenti. L'applicazione di principi trasparenti di garanzia della qualità e lo scambio di informazioni forniranno un sostegno alla sua attuazione contribuendo a sviluppare la fiducia reciproca.
(13)
La presente raccomandazione dovrebbe contribuire ad ammodernare i sistemi dell'istruzione e della formazione, a collegare istruzione, formazione e occupazione e a gettare un ponte fra l'apprendimento formale, non formale e informale, conducendo anche alla convalida di risultati dell'apprendimento ottenuti grazie all'esperienza.
(14)
La presente raccomandazione non sostituisce né definisce sistemi nazionali delle qualifiche e/o qualifiche nazionali. Il Quadro europeo delle qualifiche non descrive titoli specifici o competenze individuali ed una particolare qualifica dovrebbe essere rapportata al livello corrispondente del Quadro europeo delle qualifiche tramite i sistemi nazionali delle qualifiche.
(15)
Dato il suo carattere non vincolante, la presente raccomandazione è conforme al principio di sussidiarietà sostenendo e completando le attività degli Stati membri e facilitando un'ulteriore cooperazione tra di essi per aumentare la trasparenza e promuovere la mobilità e l'apprendimento permanente. Essa dovrebbe essere attuata conformemente alla legislazione e alle prassi nazionali.
(16)
Poiché l'obiettivo della presente raccomandazione, vale a dire la creazione di un quadro di riferimento comune che funga da dispositivo di traduzione tra i diversi sistemi delle qualifiche ed i rispettivi livelli non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti dell'azione in esame, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente raccomandazione si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo,
RACCOMANDANO AGLI STATI MEMBRI:
1)
di usare il Quadro europeo delle qualifiche come strumento di riferimento per confrontare i livelli delle qualifiche dei diversi sistemi delle qualifiche e per promuovere sia l'apprendimento permanente sia le pari opportunità nella società basata sulla conoscenza, nonché l'ulteriore integrazione del mercato del lavoro europeo, rispettando al contempo la ricca diversità dei sistemi d'istruzione nazionali;
2)
di rapportare i loro sistemi nazionali delle qualifiche al Quadro europeo delle qualifiche entro il 2010, in particolare collegando in modo trasparente i livelli delle qualifiche nazionali ai livelli di cui all'allegato II e, ove opportuno, sviluppando quadri nazionali delle qualifiche conformemente alla legislazione e alle prassi nazionali;
3)
di adottare misure, se del caso, affinché entro il 2012 tutti i nuovi certificati di qualifica, i diplomi e i documenti Europass rilasciati dalle autorità competenti contengano un chiaro riferimento — in base ai sistemi nazionali delle qualifiche — all'appropriato livello del Quadro europeo delle qualifiche;
4)
di adottare un approccio basato sui risultati dell'apprendimento nel definire e descrivere le qualifiche e di promuovere la convalida dell'apprendimento non formale e informale, secondo i principi europei comuni concordati nelle conclusioni del Consiglio del 28 maggio 2004, prestando particolare attenzione ai cittadini più esposti alla disoccupazione o a forme di occupazione precarie, per i quali tale approccio potrebbe contribuire ad aumentare la partecipazione all'apprendimento permanente e l'accesso al mercato del lavoro;
5)
di promuovere e applicare i principi di garanzia della qualità nell'istruzione e nella formazione di cui all'allegato III al momento di correlare le qualifiche relative all'istruzione superiore e all'istruzione e formazione professionale previste nei sistemi nazionali delle qualifiche al Quadro europeo delle qualifiche;
6)
di designare punti nazionali di coordinamento, collegati alle strutture e alle condizioni specifiche degli Stati membri, che sostengano e, unitamente ad altre autorità nazionali competenti, orientino la correlazione tra sistemi nazionali delle qualifiche e il Quadro europeo delle qualifiche, per promuovere la qualità e la trasparenza di tale correlazione.
I punti nazionali di coordinamento dovrebbero svolgere le seguenti funzioni:
a)
correlare i livelli delle qualifiche previsti dai sistemi nazionali a quelli del Quadro europeo delle qualifiche descritti nell'allegato II;
b)
assicurare che il metodo usato per correlare i livelli delle qualifiche nazionali al Quadro europeo delle qualifiche sia trasparente, onde facilitare i raffronti, da un lato, e assicurare che le decisioni che ne derivano vengano pubblicate, dall'altro;
c)
fornire alle parti interessate accesso alle informazioni e orientamenti sul collegamento stabilito tra le qualifiche nazionali e il Quadro europeo delle qualifiche attraverso i sistemi nazionali delle qualifiche;
d)
promuovere la partecipazione di tutte le parti interessate, compresi, conformemente alla legislazione e alle prassi nazionali, gli istituti di istruzione superiore, gli istituti di istruzione e formazione professionale, le parti sociali, i settori e gli esperti in materia di comparazione e uso delle qualifiche a livello europeo.
APPROVANO L'INTENZIONE DELLA COMMISSIONE DI:
1)
Sostenere gli Stati membri nello svolgimento dei compiti di cui sopra e le organizzazioni settoriali internazionali nell'applicazione dei livelli di correlazione e dei principi del Quadro europeo delle qualifiche stabiliti nella presente raccomandazione, soprattutto agevolando la cooperazione, scambiando buona prassi e sperimentazione, anche tramite controllo reciproco volontario e progetti pilota nell'ambito dei programmi comunitari, avviando azioni di informazione e consultazione dei comitati di dialogo sociale e sviluppando materiale di supporto e di orientamento.
2)
Istituire, entro 23 aprile 2009, un gruppo consultivo per il Quadro europeo delle qualifiche, composto da rappresentanti degli Stati membri e che associ le parti sociali europee e, se del caso, altre parti interessate, incaricato di garantire la coerenza complessiva e promuovere la trasparenza del processo volto a correlare i sistemi di qualifica e il Quadro europeo delle qualifiche.
3)
Esaminare e valutare, in cooperazione con gli Stati membri e previa consultazione delle parti interessate, i provvedimenti presi in risposta alla presente raccomandazione, compresi il mandato e la durata del gruppo consultivo, e riferire entro 23 aprile 2013 al Parlamento europeo e al Consiglio sull'esperienza acquisita e sulle implicazioni future, compresi l'eventuale riesame e revisione della presente raccomandazione.
4)
Promuovere stretti collegamenti tra il Quadro europeo delle qualifiche e sistemi europei esistenti e futuri per il trasferimento e il cumulo delle unità di credito nel contesto dell'istruzione superiore e dell'istruzione e formazione professionale, onde migliorare la mobilità dei cittadini ed agevolare il riconoscimento dei risultati dell'apprendimento.
Fatto a Strasburgo, addì 23 aprile 2008.
Per il Parlamento europeo
Il presidente
H.-G. PÖTTERING
Per il Consiglio
Il presidente
J. LANARČIČ
(1) GU C 175 del 27.7.2007, pag. 74.
(2) GU C 146 del 30.6.2007, pag. 77.
(3) Parere del Parlamento europeo, del 24 ottobre 2007 (non ancora pubblicato nella Gazzetta ufficiale) e decisione del Consiglio, del 14 febbraio 2008.
(4) GU C 163 del 9.7.2002, pag. 1.
(5) GU L 390 del 31.12.2004, pag. 6.
(6) GU L 394 del 30.12.2006, pag. 10.
(7) GU L 64 del 4.3.2006, pag. 60.
(8) GU L 255 del 30.9.2005, pag. 22. Direttiva modificata dalla direttiva 2006/100/CE del Consiglio (GU L 363 del 20.12.2006, pag. 141).
ALLEGATO I
Definizioni
Ai fini della presente raccomandazione, si applicano le seguenti definizioni:
a)
«qualifica»: risultato formale di un processo di valutazione e convalida, acquisito quando l'autorità competente stabilisce che i risultati dell'apprendimento di una persona corrispondono a standard definiti;
b)
«sistema nazionale di qualifiche»: complesso delle attività di uno Stato membro connesse con il riconoscimento dell'apprendimento e altri meccanismi che raccordano l'istruzione e la formazione con il mercato del lavoro e la società civile. Ciò comprende l'elaborazione e l'attuazione di disposizioni e processi istituzionali in materia di garanzia della qualità, valutazione e rilascio delle qualifiche. Un sistema nazionale di qualifiche può essere composto di vari sottosistemi e può comprendere un quadro nazionale di qualifiche;
c)
«quadro nazionale di qualifiche»: strumento di classificazione delle qualifiche in funzione di una serie di criteri basati sul raggiungimento di livelli di apprendimento specifici. Esso mira a integrare e coordinare i sottosistemi nazionali delle qualifiche e a migliorare la trasparenza, l'accessibilità, la progressione e la qualità delle qualifiche rispetto al mercato del lavoro e alla società civile;
d)
«settore»: raggruppamento di attività professionali in base a funzione economica, prodotto, servizio o tecnologia principali;
e)
«organizzazione settoriale internazionale»: associazione di organizzazioni nazionali, anche, ad esempio, di datori di lavoro e organismi professionali, che rappresenta gli interessi di settori nazionali;
f)
«risultati dell'apprendimento»: descrizione di ciò che un discente conosce, capisce ed è in grado di realizzare al termine di un processo d'apprendimento. I risultati sono definiti in termini di conoscenze, abilità e competenze;
g)
«conoscenze»: risultato dell'assimilazione di informazioni attraverso l'apprendimento. Le conoscenze sono un insieme di fatti, principi, teorie e pratiche relative ad un settore di lavoro o di studio. Nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche le conoscenze sono descritte come teoriche e/o pratiche;
h)
«abilità»: indicano le capacità di applicare conoscenze e di utilizzare know-how per portare a termine compiti e risolvere problemi. Nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche le abilità sono descritte come cognitive (comprendenti l'uso del pensiero logico, intuitivo e creativo) o pratiche (comprendenti l'abilità manuale e l'uso di metodi, materiali, strumenti);
i)
«competenze»: comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capacità personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e personale. Nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche le competenze sono descritte in termini di responsabilità e autonomia.
ALLEGATO II
Descrittori che definiscono i livelli del Quadro europeo delle qualifiche
Ciascuno degli 8 livelli è definito da una serie di descrittori che indicano i risultati dell'apprendimento relativi alle qualifiche a tale livello in qualsiasi sistema delle qualifiche
Conoscenze
Abilità
Competenze
Nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche, le conoscenze sono descritte come teoriche e/o pratiche
Nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche, le abilità sono descritte come cognitive (comprendenti l'uso del pensiero logico, intuitivo e creativo) e pratiche (comprendenti l'abilità manuale e l'uso di metodi, materiali, strumenti e utensili)
Nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche, le competenze sono descritte in termini di responsabilità e autonomia
Livello 1
I risultati dell'apprendimento relativi al livello 1 sono:
Conoscenze generale di base
Abilità di base necessarie a svolgere mansioni/compiti semplici
Lavoro o studio, sotto la diretta supervisione, in un contesto strutturato
Livello 2
I risultati dell'apprendimento relativi al livello 2 sono:
Conoscenza pratica di base in un ambito di lavoro o di studio
Abilità cognitive e pratiche di base necessarie all'uso di informazioni pertinenti per svolgere compiti e risolvere problemi ricorrenti usando strumenti e regole semplici
Lavoro o studio sotto la supervisione con una certo grado di autonomia
Livello 3
I risultati dell'apprendimento relativi al livello 3 sono:
Conoscenza di fatti, principi, processi e concetti generali, in un ambito di lavoro o di studio
Una gamma di abilità cognitive e pratiche necessarie a svolgere compiti e risolvere problemi scegliendo e applicando metodi di base, strumenti, materiali ed informazioni
Assumere la responsabilità di portare a termine compiti nell'ambito del lavoro o dello studio.
Adeguare il proprio comportamento alle circostanze nella soluzione dei problemi
Livello 4
I risultati dell'apprendimento relativi al livello 4 sono:
Conoscenza pratica e teorica in ampi contesti in un ambito di lavoro o di studio
Una gamma di abilità cognitive e pratiche necessarie a risolvere problemi specifici in un campo di lavoro o di studio
Sapersi gestire autonomamente, nel quadro di istruzioni in un contesto di lavoro o di studio, di solito prevedibili, ma soggetti a cambiamenti.
Sorvegliare il lavoro di routine di altri, assumendo una certa responsabilità per la valutazione e il miglioramento di attività lavorative o di studio
Livello 5 (1)
I risultati dell'apprendimento relativi al livello 5 sono:
Conoscenza teorica e pratica esauriente e specializzata, in un ambito di lavoro o di studio e consapevolezza dei limiti di tale conoscenza
Una gamma esauriente di abilità cognitive e pratiche necessarie a dare soluzioni creative a problemi astratti
Saper gestire e sorvegliare attività nel contesto di attività lavorative o di studio esposte a cambiamenti imprevedibili.
Esaminare e sviluppare le prestazioni proprie e di altri
Livello 6 (2)
I risultati dell'apprendimento relativi al livello 6 sono:
Conoscenze avanzate in un ambito di lavoro o di studio, che presuppongano una comprensione critica di teorie e principi
Abilità avanzate, che dimostrino padronanza e innovazione necessarie a risolvere problemi complessi ed imprevedibili in un ambito specializzato di lavoro o di studio
Gestire attività o progetti, tecnico/professionali complessi assumendo la responsabilità di decisioni in contesti di lavoro o di studio imprevedibili.
Assumere la responsabilità di gestire lo sviluppo professionale di persone e gruppi
Livello 7 (3)
I risultati dell'apprendimento relativi al livello 7 sono:
Conoscenze altamente specializzata, parte delle quali all'avanguardia in un ambito di lavoro o di studio, come base del pensiero originario e/o della ricerca.
Consapevolezza critica di questioni legate alla conoscenza all'interfaccia tra ambiti diversi
Abilità specializzate, orientate alla soluzione di problemi, necessarie nella ricerca e/o nell'innovazione al fine di sviluppare conoscenze e procedure nuove e integrare la conoscenza ottenuta in ambiti diversi
Gestire e trasformare contesti di lavoro o di studio complessi, imprevedibili che richiedono nuovi approcci strategici.
Assumere la responsabilità di contribuire alla conoscenza e alla prassi professionale e/o di verificare le prestazioni strategiche dei gruppi
Livello 8 (4)
I risultati dell'apprendimento relativi al livello 8 sono:
Le conoscenze più all'avanguardia in un ambito di lavoro o di studio e all'interfaccia tra settori diversi
Le abilità e le tecniche più avanzate e specializzate, comprese le capacità di sintesi e di valutazione, necessarie a risolvere problemi complessi della ricerca e/o dell'innovazione e ad estendere e ridefinire le conoscenze o le pratiche professionali esistenti
Dimostrare effettiva autorità, capacità di innovazione, autonomia, integrità tipica dello studioso e del professionista e impegno continuo nello sviluppo di nuove idee o processi all'avanguardia in contesti di lavoro, di studio e di ricerca
Il Quadro dei titoli accademici dell'area europea dell'istruzione superiore fornisce descrittori per cicli.
Ogni descrittore di ciclo dà una definizione generica di aspettative tipiche di esiti e capacità legati alle qualifiche/ai titoli accademici che rappresentano la fine di tale ciclo.
(1) Il descrittore per il ciclo breve dell'istruzione superiore (all'interno o collegato al primo ciclo), sviluppato dall'Iniziativa congiunta per la qualità come parte del processo di Bologna, corrisponde ai risultati dell'apprendimento al livello 5 del Quadro europeo delle qualifiche.
(2) Il descrittore per il primo ciclo nel Quadro dei titoli accademici dell'area europea dell'istruzione superiore, approvato dai ministri responsabili dell'istruzione superiore riuniti a Bergen nel maggio 2005, nel contesto del processo di Bologna, corrisponde ai risultati dell'apprendimento al livello 6 del Quadro europeo delle qualifiche.
(3) Il descrittore per il secondo ciclo nel Quadro dei titoli accademici dell'area europea dell'istruzione superiore, approvato dai ministri responsabili dell'istruzione superiore riuniti a Bergen nel maggio 2005, nel contesto del processo di Bologna, corrisponde ai risultati dell'apprendimento al livello 7 del Quadro europeo delle qualifiche.
(4) Il descrittore per il terzo ciclo nel Quadro dei titoli accademici dell'area europea dell'istruzione superiore, approvato dai ministri responsabili dell'istruzione superiore riuniti a Bergen nel maggio 2005, nel contesto del processo di Bologna, corrisponde ai risultati dell'apprendimento al livello 8 del Quadro europeo delle qualifiche.
ALLEGATO III
Principi comuni di garanzia della qualità nell'istruzione superiore e nell'istruzione e formazione professionale nel contesto del Quadro europeo delle qualifiche
Nell'attuazione del Quadro europeo delle qualifiche, il livello di qualità necessaria a garantire l'affidabilità e il miglioramento dell'istruzione e della formazione va elaborato conformemente ai seguenti principi:
—
le politiche e procedure a garanzia della qualità devono essere alla base di tutti i livelli dei sistemi del Quadro europeo delle qualifiche,
—
la garanzia della qualità deve essere parte integrante della gestione interna delle istituzioni di istruzione e di formazione,
—
la garanzia della qualità comprenderà attività regolari di valutazione delle istituzioni o dei programmi da parte di enti o di agenzie di controllo esterne,
—
gli enti o le agenzie di controllo esterne che effettuano valutazioni a garanzia della qualità andranno esaminate regolarmente,
—
la garanzia della qualità riguarderà anche gli elementi del contesto, gli input, la dimensione dei processi e degli output, evidenziando gli output e i risultati dell'apprendimento,
—
i sistemi di garanzia della qualità comprenderanno i seguenti elementi:
—
obiettivi e norme chiari e misurabili,
—
orientamenti di attuazione, come il coinvolgimento delle parti interessate,
—
risorse adeguate,
—
metodi di valutazione coerenti, che associno auto-valutazione e revisione esterna,
—
sistemi e procedure per la rilevazione del «feedback», per introdurre miglioramenti,
—
risultati delle valutazioni ampiamente accessibili,
—
le iniziative internazionali, nazionali e regionali a garanzia della qualità vanno coordinate per mantenere il profilo, la coerenza, le sinergie e l'analisi dell'intero sistema,
—
la garanzia della qualità sarà frutto di un processo di cooperazione attraverso tutti i livelli e i sistemi di istruzione e formazione con il coinvolgimento di tutte le parti interessate, negli Stati membri e nell'intera Comunità,
—
orientamenti a garanzia della qualità a livello comunitario potranno fornire dei punti di riferimento per le valutazioni e le attività di apprendimento fra pari. | Apprendimento permanente: qualifiche europee
SINTESI
CHE COSA FA QUESTA RACCOMANDAZIONE?
Istituisce uno schema comune, conosciuto come il Quadro europeo delle qualifiche, per aiutare i paesi dell'UE e le istituzioni scolastiche, i datori di lavoro e gli individui europei a confrontare le qualifiche di tutti i sistemi di istruzione e formazione dell'UE. Tale strumento è essenziale per lo sviluppo di un mercato del lavoro europeo.
PUNTI CHIAVE
Rendendo le competenze e le qualifiche più trasparenti, il Quadro europeo delle qualifiche rappresenta uno strumento per la promozione di Erasmus+. Attraverso un documento standardizzato, il Quadro europeo delle qualifiche completa inoltre la rete dei servizi europei dell'occupazione (EURES) e l'iniziativa Europass, entrambe volte ad aiutare gli europei a trovare occasioni di lavoro o formazione in tutto il continente.
Il Quadro europeo delle qualifiche, che riguarda sia l'istruzione superiore (università e istituzioni simili) sia la formazione professionale, contribuirà ad aumentare la mobilità di lavoratori e studenti, consentendo il riconoscimento delle loro qualifiche al di fuori del paese di provenienza.
Il Quadro europeo delle qualifiche è uno strumento basato sui risultati di apprendimento piuttosto che sulla durata degli studi. I principali descrittori del livello di riferimento sono:
le abilità (la capacità di applicare le conoscenze per portare a termine compiti e risolvere problemi);
le competenze (la capacità di usare le conoscenze e le abilità in situazioni di lavoro o di studio);
le conoscenze.
Il nucleo del Quadro europeo delle qualifiche consiste in otto livelli di riferimento che descrivono che cosa un discente conosce, capisce ed è in grado di realizzare. Ad esempio, il livello 1 (conoscenza generica di base) si applica a chi non ha alcuna formazione o istruzione, mentre il livello 8 (conoscenza di livello molto avanzato) si applica a chi è in possesso di un titolo di dottorato.
Il Quadro europeo delle qualifiche non intende sostituire i quadri nazionali delle qualifiche, ma piuttosto facilitare la cooperazione fra gli stessi. In ogni paese che partecipa al Quadro europeo delle qualifiche viene istituito un punto nazionale di coordinamento, che fornisce informazioni sul modo in cui il quadro nazionale delle qualifiche si relaziona al Quadro europeo delle qualifiche e coordina l'attuazione di quest'ultimo a livello nazionale.
CONTESTO
La dichiarazione di Bologna del 1999 promuoveva la mobilità e la trasparenza dell'istruzione nell'UE. Contemporaneamente, il processo di Bologna ha consentito all'UE di progredire verso un sistema di istruzione superiore confrontabile, compatibile e coerente, il che ha suscitato l'esigenza di un'azione simile riguardante la formazione professionale.
Opportunità di apprendimento e qualifiche in Europa
ATTO
Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, sulla costituzione del Quadro europeo delle qualifiche per l'apprendimento permanente (GU C 111 del 6.5.2008, pag. 1-7) | 8,654 | 1,010 |
32016R0128 | false | REGOLAMENTO DELEGATO (UE) 2016/128 DELLA COMMISSIONE
del 25 settembre 2015
che integra il regolamento (UE) n. 609/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le prescrizioni specifiche in materia di composizione e di informazione per gli alimenti destinati a fini medici speciali
(Testo rilevante ai fini del SEE)
LA COMMISSIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
visto il regolamento (UE) n. 609/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 giugno 2013, relativo agli alimenti destinati ai lattanti e ai bambini nella prima infanzia, agli alimenti a fini medici speciali e ai sostituti dell'intera razione alimentare giornaliera per il controllo del peso e che abroga la direttiva 92/52/CEE del Consiglio, le direttive 96/8/CE, 1999/21/CE, 2006/125/CE e 2006/141/CE della Commissione, la direttiva 2009/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e i regolamenti (CE) n. 41/2009 e (CE) n. 953/2009 della Commissione (1), in particolare l'articolo 11, paragrafo 1,
considerando quanto segue:
(1)
La direttiva 1999/21/CE della Commissione (2) stabilisce norme armonizzate sugli alimenti dietetici destinati a fini medici speciali nel quadro della direttiva 2009/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (3).
(2)
Le direttive 2009/39/CE e 1999/21/CE sono abrogate dal regolamento (UE) n. 609/2013. Tale regolamento stabilisce le prescrizioni generali in materia di composizione e di informazione per diverse categorie di alimenti, compresi gli alimenti destinati a fini medici speciali. La Commissione deve adottare prescrizioni specifiche in materia di composizione e di informazione per gli alimenti a fini medici speciali, tenendo conto delle disposizioni della direttiva 1999/21/CE.
(3)
Gli alimenti a fini medici speciali sono sviluppati in stretta collaborazione con gli operatori sanitari per alimentare pazienti affetti da una specifica malattia, un disturbo o uno stato patologico diagnosticati oppure da una denutrizione conseguente a tale stato che rende loro impossibile o molto difficile soddisfare le proprie esigenze nutrizionali con il consumo di altri alimenti. Per questo motivo gli alimenti a fini medici speciali devono essere utilizzati sotto controllo medico, che può essere assicurato con l'assistenza di altri operatori sanitari competenti.
(4)
La composizione degli alimenti a fini medici speciali può variare sostanzialmente a seconda, tra l'altro, della specifica malattia, del disturbo o dello stato patologico per la cui gestione dietetica il prodotto è previsto, o a seconda dell'età dei pazienti, del luogo in cui ricevono l'assistenza sanitaria e dell'uso previsto del prodotto. In particolare, gli alimenti a fini medici speciali possono essere classificati in diverse categorie, a seconda che la loro composizione sia standard o specificamente adattata dal punto di vista nutritivo a una malattia, un disturbo o uno stato patologico e a seconda che costituisca o meno l'unica fonte di nutrimento per le persone cui sono destinati.
(5)
A causa della grande diversità degli alimenti a fini medici speciali, della rapida evoluzione delle conoscenze scientifiche su cui esse si basano e della necessità di garantire una certa flessibilità per sviluppare prodotti innovativi, non è opportuno stabilire disposizioni dettagliate in materia di composizione per questi prodotti alimentari. È tuttavia importante definire principi e prescrizioni specifiche per tali prodotti, al fine di garantire che siano sicuri, benefici ed efficaci per le persone cui sono destinati, in base a dati scientifici generalmente accettati.
(6)
In particolare, la composizione nutrizionale degli alimenti a fini medici speciali sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti dovrebbe essere basata su quella delle formule per lattanti e delle formule di proseguimento, per tener conto delle specificità delle esigenze nutrizionali dei lattanti. Tuttavia,considerando che le formule per lattanti e le formule di proseguimento sono destinate a lattanti in buona salute, è opportuno prevedere deroghe per gli alimenti a fini medici speciali sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti, quando ciò si rende necessario per l'uso previsto del prodotto.
(7)
È importante che siano fissate disposizioni di base sul tenore di vitamine e sostanze minerali negli alimenti a fini medici speciali, allo scopo di garantire la libera circolazione di prodotti con composizione diversa e la protezione dei consumatori. Tali disposizioni dovrebbero essere basate su quelle della direttiva 1999/21/CE, dato che queste hanno garantito finora un quadro adeguato per gli alimenti a fini medici speciali. Le disposizioni dovrebbero indicare le quantità minime e massime nel caso dei prodotti considerati completi dal punto di vista nutrizionale per coprire le esigenze nutrizionali del paziente e soltanto le quantità massime nel caso dei prodotti considerati incompleti dal punto di vista nutrizionale, fatte salve le modifiche di una o più sostanze nutritive rese necessarie dall'uso previsto del prodotto.
(8)
A norma del regolamento (UE) n. 609/2013, la Commissione deve adottare disposizioni che limitano o vietano l'utilizzo di pesticidi e che riguardano i residui di pesticidi negli alimenti a fini medici speciali sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti e dei bambini nella prima infanzia. L'adozione di disposizioni in linea con le attuali conoscenze scientifiche richiede un tempo notevole, dato che l'Autorità europea per la sicurezza alimentare deve effettuare una valutazione approfondita di una serie di aspetti, tra cui l'adeguatezza dei valori di riferimento tossicologici per i lattanti e i bambini nella prima infanzia.
(9)
La direttiva 1999/21/CE non stabilisce disposizioni di questo tipo. Le direttive 2006/125/CE (4) e 2006/141/CE (5) della Commissione fissano però attualmente prescrizioni specifiche a tale riguardo per le formule per lattanti e bambini nella prima infanzia in buona salute, sulla base di due pareri espressi dal comitato scientifico per gli alimenti il 19 settembre 1997 (6) e il 4 giugno 1998 (7).
(10)
Visto che la data stabilita dal regolamento (UE) n. 609/2013 per l'adozione del presente regolamento delegato è il 20 luglio 2015, le relative prescrizioni vigenti delle direttive 2006/125/CE e 2006/141/CE dovrebbero, a questo punto, essere riprese. È comunque opportuno utilizzare la terminologia del regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio (8).
(11)
Un livello di residui molto basso pari a 0,01 mg/kg è fissato per tutti i pesticidi in base al principio precauzionale. Inoltre, sono fissate limitazioni più rigorose per un numero esiguo di pesticidi o metaboliti di pesticidi, per i quali anche un livello massimo di residui (LMR) pari a 0,01 mg/kg potrebbe comportare, nel peggiore dei casi, un'assunzione superiore alla dose giornaliera ammissibile (DGA) per i lattanti e i bambini nella prima infanzia.
(12)
Un divieto di impiego di alcuni pesticidi non garantirebbe necessariamente che gli alimenti a fini medici speciali sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti e dei bambini nella prima infanzia non li contengano, dato che alcuni pesticidi continuano a persistere nell'ambiente e i loro residui possono essere riscontrati nei prodotti alimentari. Per questo motivo tali pesticidi si considerano come non utilizzati se i residui sono inferiori a un dato livello.
(13)
Gli alimenti a fini medici speciali devono essere conformi alle disposizioni del regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio (9). Per tener conto della natura specifica degli alimenti a fini medici speciali, il presente regolamento dovrebbe stabilire le aggiunte e le deroghe da apportare, se del caso, a tali disposizioni generali.
(14)
Per gli alimenti a fini medici speciali dovrebbe essere obbligatorio fornire tutte le informazioni necessarie per assicurare l'utilizzo appropriato di questo tipo di alimenti. Queste dovrebbero comprendere informazioni sulle proprietà e le caratteristiche riguardanti, tra l'altro, la particolare lavorazione e la formulazione, la composizione nutrizionale e i motivi dell'utilizzo del prodotto che lo rendono utile per lo specifico scopo previsto. Tali informazioni non dovrebbero essere considerate indicazioni nutrizionali e sulla salute ai sensi del regolamento (CE) n. 1924/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio (10).
(15)
La dichiarazione nutrizionale per gli alimenti a fini medici speciali è essenziale per garantire il loro utilizzo appropriato, sia per i pazienti che li consumano sia per gli operatori sanitari che ne raccomandano il consumo. Per questo motivo e allo scopo di fornire informazioni più complete ai pazienti e agli operatori sanitari, la dichiarazione nutrizionale dovrebbe contenere più indicazioni di quelle richieste dal regolamento (UE) n. 1169/2011. Inoltre, l'esenzione prevista nel punto 18 dell'allegato V del regolamento (UE) n. 1169/2011 non dovrebbe essere applicata e la dichiarazione nutrizionale dovrebbe essere obbligatoria per tutti gli alimenti a fini medici speciali, indipendentemente dalle dimensioni dell'imballaggio o del contenitore.
(16)
I consumatori di alimenti a fini medici speciali hanno esigenze nutrizionali diverse da quelle della popolazione generale. Le informazioni nutrizionali sul valore energetico e sulle quantità di sostanze nutritive degli alimenti a fini medici speciali espresse in percentuale dei valori di riferimento dell'assunzione giornaliera stabiliti dal regolamento (UE) n. 1169/2011 potrebbero indurre in errore i consumatori e non dovrebbero perciò essere consentite.
(17)
L'utilizzo delle indicazioni nutrizionali e sulla salute autorizzate dal regolamento (CE) n. 1924/2006 per promuovere gli alimenti a fini medici speciali non sarebbe appropriato, dato che i consumatori di tali prodotti sono pazienti affetti da una malattia, un disturbo o uno stato patologico e quindi non fanno parte della popolazione generale in buona salute. Gli alimenti a fini medici speciali devono inoltre essere utilizzati sotto controllo medico e il loro consumo non dovrebbe essere promosso con indicazioni nutrizionali e sulla salute rivolte direttamente ai consumatori. Per questi motivi non dovrebbe essere consentito l'impiego di indicazioni nutrizionali e sulla salute per gli alimenti a fini medici speciali.
(18)
Negli ultimi anni è stato immesso sul mercato un numero crescente di prodotti definiti alimenti a fini medici speciali sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti. Questi prodotti sono promossi talvolta con mezzi che si rivolgono direttamente ai consumatori e che non sono sottoposti alle restrizioni previste dalla normativa dell'Unione applicabili alle formule per lattanti e alle formule di proseguimento. Al fine di evitare eventuali abusi legati a una classificazione errata dei prodotti, ridurre la confusione per i consumatori riguardo alla natura dei diversi prodotti offerti e garantire condizioni di concorrenza leale, sembra opportuno introdurre restrizioni supplementari per l'etichettatura, la presentazione, la pubblicità e le prassi promozionali e commerciali degli alimenti a fini medici speciali sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti. Tali restrizioni dovrebbero essere simili a quelle applicabili alle formule per lattanti e alle formule di proseguimento per lattanti in buona salute, con adeguamenti che tengono conto dell'uso previsto del prodotto, senza pregiudicare la necessità di fornire informazioni sugli alimenti ai pazienti e agli operatori sanitari per garantire l'utilizzo appropriato del prodotto. Dato che gli alimenti a fini medici speciali devono essere utilizzati sotto controllo medico, tali restrizioni non dovrebbero rendere più difficile la comunicazione tra operatori del settore alimentare e operatori sanitari e dovrebbero consentire a questi ultimi di valutare l'idoneità dei diversi prodotti per l'utilizzo cui sono destinati.
(19)
L'articolo 17, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio (11) prevede che gli Stati membri applichino la legislazione alimentare e controllino e verifichino il rispetto delle pertinenti disposizioni della medesima da parte degli operatori del settore alimentare e dei mangimi, in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione. In questo contesto, al fine di facilitare il controllo ufficiale efficace degli alimenti a fini medici speciali, gli operatori del settore alimentare che immettono sul mercato alimenti a fini medici speciali dovrebbero fornire alle autorità nazionali competenti un modello dell'etichetta utilizzata e tutte le informazioni pertinenti considerate necessarie a dimostrare la conformità al presente regolamento, a meno che gli Stati membri dispongano di un diverso sistema di controllo efficiente.
(20)
Al fine di consentire agli operatori del settore alimentare di adeguarsi alle nuove prescrizioni, il presente regolamento dovrebbe applicarsi trascorsi tre anni dalla data della sua entrata in vigore. Tenendo conto del numero e dell'importanza delle nuove prescrizioni applicabili agli alimenti a fini medici speciali sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti, per tali prodotti il presente regolamento dovrebbe applicarsi trascorsi quattro anni dalla data della sua entrata in vigore,
HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:
Articolo 1
Immissione sul mercato
Gli alimenti a fini medici speciali possono essere immessi sul mercato solo se conformi al presente regolamento.
Articolo 2
Prescrizioni in materia di composizione
1. Gli alimenti a fini medici speciali sono classificati in tre categorie:
a)
alimenti completi dal punto di vista nutrizionale con una formulazione standard delle sostanze nutritive che, se utilizzati secondo le istruzioni del fabbricante, possono rappresentare l'unica fonte di nutrimento per le persone cui sono destinati;
b)
alimenti completi dal punto di vista nutrizionale con una formulazione delle sostanze nutritive adattata ad una specifica malattia, un disturbo o uno stato patologico che, se utilizzati secondo le istruzioni del fabbricante, possono rappresentare l'unica fonte di nutrimento per le persone cui sono destinati;
c)
alimenti incompleti dal punto di vista nutrizionale con una formulazione delle sostanze nutritive standard o adattata ad una specifica malattia, un disturbo o uno stato patologico, che non sono idonei ad essere utilizzati come unica fonte di nutrimento.
Gli alimenti di cui al primo comma, lettere a) e b), possono essere utilizzati anche per sostituire parzialmente o integrare l'alimentazione del paziente.
2. La formulazione degli alimenti a fini medici speciali è basata su principi attendibili di medicina e scienza dell'alimentazione. Il loro consumo, secondo le istruzioni del fabbricante, deve essere sicuro, vantaggioso ed efficace nel rispondere alle specifiche esigenze nutrizionali delle persone a cui essi sono destinati, in base a dati scientifici generalmente riconosciuti.
3. Gli alimenti a fini medici speciali sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti devono essere conformi alle prescrizioni in materia di composizione fissate nell'allegato I, parte A.
Gli alimenti a fini medici speciali diversi da quelli sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti devono essere conformi alle prescrizioni in materia di composizione fissate nell'allegato I, parte B.
4. Le prescrizioni in materia di composizione fissate nell'allegato I si applicano agli alimenti a fini medici speciali pronti per l'uso, commercializzati come tali o dopo una preparazione conforme alle istruzioni del fabbricante.
Articolo 3
Prescrizioni in materia di pesticidi negli alimenti a fini medici speciali sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti e dei bambini nella prima infanzia.
1. Ai fini del presente articolo per «residuo» si intende il residuo di una sostanza attiva, di cui all'articolo 2, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1107/2009, utilizzata in un prodotto fitosanitario, di cui all'articolo 2, paragrafo 1, di detto regolamento, compresi i metaboliti e i prodotti della degradazione o reazione di tale sostanza attiva.
2. Gli alimenti a fini medici speciali sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti e dei bambini nella prima infanzia non devono contenere residui a livelli superiori a 0,01 mg/kg per sostanza attiva.
Tali livelli sono determinati con metodi analitici standardizzati generalmente accettati.
3. In deroga al paragrafo 2, per le sostanze attive elencate nell'allegato II si applicano i livelli massimi di residui specificati in tale allegato.
4. Gli alimenti a fini medici speciali sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti e dei bambini nella prima infanzia sono ottenuti solo con prodotti agricoli per la cui produzione non sono stati utilizzati prodotti fitosanitari contenenti le sostanze attive elencate nell'allegato III.
Tuttavia, a fini di controllo, i prodotti fitosanitari contenenti le sostanze attive elencate nell'allegato III si considerano come non utilizzati se i loro residui non sono superiori a un livello di 0,003 mg/kg.
5. I livelli di cui ai paragrafi 2, 3 e 4 si applicano agli alimenti a fini medici speciali pronti all'uso, commercializzati come tali o dopo una preparazione conforme alle istruzioni del fabbricante.
Articolo 4
Denominazione dell'alimento
La denominazione degli alimenti a fini medici speciali è conforme a quanto stabilito nell'allegato IV.
Articolo 5
Prescrizioni specifiche per le informazioni sugli alimenti
1. Salvo disposizioni contrarie contenute nel presente regolamento, gli alimenti a fini medici speciali devono essere conformi al regolamento (UE) n. 1169/2011.
2. Oltre alle indicazioni obbligatorie elencate all'articolo 9, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1169/2011, per gli alimenti a fini medici speciali sono obbligatorie le seguenti indicazioni complementari:
a)
una dicitura che specifichi che il prodotto deve essere utilizzato sotto controllo medico;
b)
una dicitura che specifichi se il prodotto è idoneo ad essere utilizzato come unica fonte di nutrimento;
c)
una dicitura che specifichi che il prodotto è destinato a una specifica fascia d'età, se del caso;
d)
se opportuno, una dicitura che specifichi che il prodotto può comportare rischi per la salute se consumato da persone non affette dalla malattia, dal disturbo o dallo stato patologico per cui il prodotto è indicato;
e)
la dicitura «Indicato per la gestione dietetica di…», laddove i puntini sono completati dal nome della malattia, del disturbo o dello stato patologico per cui il prodotto è indicato;
f)
se opportuno, un'avvertenza sulle necessarie precauzioni e controindicazioni;
g)
una descrizione delle proprietà e/o caratteristiche del prodotto che lo rendono utile in relazione alla malattia, al disturbo o allo stato patologico per la cui gestione dietetica esso è previsto, specialmente, a seconda dei casi,quelle riguardanti la particolare lavorazione e formulazione, l'aumento, la riduzione, l'eliminazione o qualsiasi modifica delle sostanze nutritive e i motivi dell'utilizzo del prodotto;
h)
se opportuno, un'avvertenza che il prodotto non deve essere somministrato per via parenterale;
i)
le istruzioni per la corretta preparazione, la corretta conservazione e il corretto smaltimento del prodotto dopo l'apertura del contenitore, se del caso.
Le indicazioni di cui alle lettere da a) a d) sono precedute dall'espressione «avvertenza importante» o da un'espressione equivalente.
3. L'articolo 13, paragrafi 2 e 3, del regolamento (UE) n. 1169/2011 si applica anche alle indicazioni obbligatorie complementari di cui al paragrafo 2 del presente articolo.
Articolo 6
Prescrizioni specifiche sulla dichiarazione nutrizionale
1. Oltre alle informazioni di cui all'articolo 30, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 1169/2011, la dichiarazione nutrizionale obbligatoria per gli alimenti a fini medici speciali comprende i seguenti elementi:
a)
la quantità di ogni sostanza minerale e ogni vitamina elencata nell'allegato I del presente regolamento e contenuta nel prodotto;
b)
la quantità di componenti di proteine, carboidrati, grassi e/o di altre sostanze nutritive e dei relativi componenti, la cui dichiarazione sia necessaria per l'appropriato utilizzo previsto del prodotto;
c)
informazioni sull'osmolalità o sull'osmolarità del prodotto, se del caso;
d)
informazioni sulla fonte e la natura delle proteine e/o degli idrolizzati proteici contenuti nel prodotto.
2. In deroga all'articolo 30, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1169/2011, le informazioni contenute nella dichiarazione nutrizionale obbligatoria per gli alimenti a fini medici speciali non devono essere ripetute nell'etichettatura.
3. La dichiarazione nutrizionale è obbligatoria per tutti gli alimenti a fini medici speciali, indipendentemente dalle dimensioni della superficie maggiore dell'imballaggio o del contenitore.
4. Gli articoli da 31 a 35 del regolamento (UE) n. 1169/2011 si applicano a tutte le sostanze nutritive incluse nella dichiarazione nutrizionale per gli alimenti a fini medici speciali.
5. In deroga all'articolo 31, paragrafo 3. del regolamento (UE) n. 1169/2011, il valore energetico e le quantità di sostanze nutritive degli alimenti a fini medici speciali sono quelli dell'alimento come venduto e, se del caso, dell'alimento pronto all'uso dopo una preparazione conforme alle istruzioni del fabbricante.
6. In deroga all'articolo 32, paragrafi 3 e 4, del regolamento (UE) n. 1169/2011, il valore energetico e le quantità di sostanze nutritive degli alimenti a fini medici speciali non devono essere espressi in percentuale delle assunzioni di riferimento indicate nell'allegato XIII di tale regolamento.
7. Le indicazioni comprese nella dichiarazione nutrizionale per gli alimenti a fini medici speciali che non sono elencate nell'allegato XV del regolamento (UE) n. 1169/2011 sono inserite dopo la voce più pertinente di tale allegato a cui appartengono o di cui sono componenti.
Le indicazioni non elencate nell'allegato XV del regolamento (UE) n. 1169/2011 che non appartengono o non sono componenti di una voce di tale allegato sono inserite nella dichiarazione nutrizionale dopo l'ultima voce di tale allegato.
L'indicazione della quantità di sodio figura insieme agli altri minerali e può essere ripetuta accanto all'indicazione del tenore di sale come segue: «Sale: X g (di cui sodio: Y mg)».
Articolo 7
Indicazioni nutrizionali e sulla salute
Sugli alimenti a fini medici speciali non devono essere fornite indicazioni nutrizionali e sulla salute.
Articolo 8
Prescrizioni specifiche per gli alimenti a fini medici speciali sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti
1. Tutte le indicazioni obbligatorie per gli alimenti a fini medici speciali sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti devono essere fornite in una lingua facilmente comprensibile per i consumatori.
2. L'etichettatura, la presentazione e la pubblicità degli alimenti a fini medici speciali sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti non devono riportare immagini di lattanti né altre immagini o diciture che possano idealizzare l'utilizzo del prodotto.
Sono tuttavia consentite le rappresentazioni grafiche che facilitano l'identificazione del prodotto e spiegano i metodi di preparazione.
3. L'etichettatura, la presentazione e la pubblicità degli alimenti a fini medici speciali sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti sono concepiti in modo tale da consentire ai consumatori di distinguere chiaramente tali prodotti dalle formule per lattanti e dalle formule di proseguimento, in particolare per quanto riguarda il testo, le immagini e i colori utilizzati, in modo da evitare qualsiasi rischio di confusione.
4. La pubblicità degli alimenti a fini medici speciali sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti è limitata alle pubblicazioni specializzate in puericultura e alle pubblicazioni scientifiche.
Gli Stati membri possono limitare ulteriormente o vietare tale pubblicità. Questa contiene solo informazioni di carattere scientifico e fattuale.
Il primo e il secondo comma non impediscono la diffusione di informazioni destinate esclusivamente agli operatori sanitari.
5. È vietata la pubblicità nei punti di vendita, la distribuzione di campioni o il ricorso ad altre forme di promozione intesi a promuovere le vendite degli alimenti a fini medici speciali sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti direttamente presso il consumatore nella fase del commercio al dettaglio, quali esposizioni speciali, buoni sconto, premi, vendite speciali, vendite promozionali e vendite abbinate ai prodotti.
6. I produttori e i distributori di alimenti a fini medici speciali sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti non devono offrire direttamente al pubblico o alle donne incinte, alle madri e ai membri delle famiglie prodotti gratuiti o a basso prezzo, campioni o altri omaggi.
Articolo 9
Notifica
Quando un alimento a fini medici speciali è immesso sul mercato, l'operatore del settore alimentare notifica le informazioni figuranti sull'etichetta all'autorità competente di ogni Stato membro in cui il prodotto in questione è commercializzato, inviandole un modello dell'etichetta utilizzata per il prodotto, e fornendo all'autorità competente qualsiasi altra informazione che essa possa ragionevolmente richiedere per stabilire la conformità al presente regolamento, a meno che uno Stato membro non esoneri l'operatore del settore alimentare da quest'obbligo nel contesto di un sistema nazionale che garantisca un controllo ufficiale efficace del prodotto in questione.
Articolo 10
Direttiva 1999/21/CE
In conformità all'articolo 20, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 609/2013, la direttiva 1999/21/CE è abrogata con effetto dal 22 febbraio 2019. La direttiva 1999/21/CE continua tuttavia ad applicarsi fino al 21 febbraio 2020 agli alimenti a fini medici speciali sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti.
I riferimenti alla direttiva 1999/21/CE in altri atti si intendono fatti al presente regolamento secondo il sistema indicato nel primo comma.
Articolo 11
Entrata in vigore e applicazione
Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.
Esso si applica a decorrere dal 22 febbraio 2019, ad eccezione degli alimenti a fini medici speciali sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti, ai quali esso si applica a decorrere dal 22 febbraio 2020.
Ai fini dell'articolo 21, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento (UE) n. 609/2013, per quanto riguarda gli alimenti a fini medici speciali sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti, la data posteriore indicata nel secondo comma del presente articolo è considerata la data di applicazione.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Bruxelles, il 25 settembre 2015
Per la Commissione
Il presidente
Jean-Claude JUNCKER
(1) GU L 181 del 29.6.2013, pag. 35.
(2) Direttiva 1999/21/CE della Commissione, del 25 marzo 1999, sugli alimenti dietetici destinati a fini medici speciali (GU L 91 del 7.4.1999, pag. 29).
(3) Direttiva 2009/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, relativa ai prodotti alimentari destinati ad un'alimentazione particolare (GU L 124 del 20.5.2009, pag. 21).
(4) Direttiva 2006/125/CE della Commissione, del 5 dicembre 2006, sugli alimenti a base di cereali e gli altri alimenti destinati ai lattanti e ai bambini (GU L 339 del 6.12.2006, pag. 16).
(5) Direttiva 2006/141/CE della Commissione, del 22 dicembre 2006, riguardante gli alimenti per lattanti e gli alimenti di proseguimento e recante modifica della direttiva 1999/21/CE (GU L 401 del 30.12.2006, pag. 1).
(6) Parere del comitato scientifico dell'alimentazione umana espresso il 19 settembre 1997 sul limite massimo di residui (LMR) pari a 0,01 mg/kg per i pesticidi negli alimenti per i lattanti e i bambini nella prima infanzia (Opinion of the Scientific Committee for Food on a maximum residue limit (MRL) of 0,01 mg/kg for pesticides in foods intended for infants and young children).
(7) Ulteriori dati sul parere del comitato scientifico dell'alimentazione umana espresso il 19 settembre 1997 sul limite massimo di residui (LMR) pari allo 0,01 mg/kg per i pesticidi negli alimenti per i lattanti e i bambini nella prima infanzia (adottato il 4 giugno 1998 dal comitato scientifico dell'alimentazione umana).
(8) Regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativo all'immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari e che abroga le direttive del Consiglio 79/117/CEE e 91/414/CEE (GU L 309 del 24.11.2009, pag. 1).
(9) Regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, che modifica i regolamenti (CE) n. 1924/2006 e (CE) n. 1925/2006 del Parlamento e del Consiglio e abroga la direttiva 87/250/CEE della Commissione, la direttiva 90/496/CEE del Consiglio, la direttiva 1999/10/CE della Commissione, la direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 2002/67/CE e 2008/5/CE della Commissione e il regolamento (CE) n. 608/2004 della Commissione (GU L 304 del 22.11.2011, pag. 18).
(10) Regolamento (CE) n. 1924/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari (GU L 404 del 30.12.2006, pag. 9).
(11) Regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GU L 31 dell'1.2.2002, pag. 1).
ALLEGATO I
PRESCRIZIONI IN MATERIA DI COMPOSIZIONE DI CUI ALL'ARTICOLO 2, PARAGRAFO 3
PARTE A
Alimenti destinati a fini medici speciali sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti
1.
I prodotti di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti, contengono le vitamine e le sostanze minerali indicate nella tabella 1.
2.
I prodotti di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera b), sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti, contengono le vitamine e le sostanze minerali indicate nella tabella 1, fatte salve le modifiche di una o più sostanze nutritive rese necessarie dall'uso previsto del prodotto.
3.
I livelli massimi di vitamine e sostanze minerali contenute nei prodotti di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera c), sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti, non devono superare quelli indicati nella tabella 1, fatte salve le modifiche di una o più sostanze nutritive rese necessarie dall'uso previsto del prodotto.
4.
A condizione che siano rispettati i requisiti dettati dall'uso previsto, gli alimenti a fini medici speciali sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti devono essere conformi alle disposizioni relative ad altre sostanze nutritive applicabili alle formule per lattanti e alle formule di proseguimento, a seconda dei casi, stabilite nel regolamento delegato (UE) 2016/127 della Commissione (1).
Tabella 1
Valori di vitamine e minerali negli alimenti a fini medici speciali sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti
Per 100 kJ
Per 100 kcal
Minimo
Massimo
Minimo
Massimo
Vitamine
Vitamina A (μg-RE) (2)
16,7
43
70
180
Vitamina D (μg)
0,48
0,72
2
3
Vitamina K (μg)
0,24
6
1
25
Vitamina C (mg)
0,96
7,2
4
30
Tiamina (μg)
9,6
72
40
300
Riboflavina (μg)
14,3
107
60
450
Vitamina B6 (μg)
4,8
72
20
300
Niacina (mg) (3)
0,1
0,72
0,4
3
Folato (μg-DFE) (4)
3,6
11,4
15
47,6
Vitamina B12(μg)
0,02
0,12
0,1
0,5
Acido pantotenico (mg)
0,1
0,48
0,4
2
Biotina (μg)
0,24
4,8
1
20
Vitamina E (mg α-tocoferolo) (5)
0,14
1,2
0,6
5
Minerali
Sodio (mg)
6
14,3
25
60
Cloruro (mg)
14,3
38,2
60
160
Potassio (mg)
19,1
38,2
80
160
Calcio (mg) (6)
12
60
50
250
Fosforo (mg) (7)
6
24
25
100
Magnesio (mg)
1,2
3,6
5
15
Ferro (mg)
0,07
0,6
0,3
2,5
Zinco (mg)
0,12
0,6
0,5
2,4
Rame (μg)
14,3
29
60
120
Iodio (μg)
3,6
8,4
15
35
Selenio(μg)
0,72
2
3
8,6
Manganese (μg)
0,24
24
1
100
Cromo (μg)
—
2,4
—
10
Molibdeno (μg)
—
3,3
—
14
Fluoruro (μg)
—
47,8
—
200
PARTE B
Alimenti a fini medici speciali diversi da quelli sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti
1.
I prodotti di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), diversi da quelli sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti, contengono le vitamine e le sostanze minerali indicate nella tabella 2.
2.
I prodotti di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera b), diversi da quelli sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti, contengono le vitamine e le sostanze minerali indicate nella tabella 2, fatte salve le modifiche di una o più sostanze nutritive rese necessarie dall'uso previsto del prodotto.
3.
I livelli massimi di vitamine e sostanze minerali contenute nei prodotti di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera c), diversi da quelli sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti, non devono superare quelli indicati nella tabella 2, fatte salve le modifiche di una o più sostanze nutritive rese necessarie dall'uso previsto del prodotto.
Tabella 2
Valori di vitamine e minerali negli alimenti a fini medici speciali diversi da quelli sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti
Per 100 kJ
Per 100 kcal
Minimo
Massimo
Minimo
Massimo
Vitamine
Vitamina A (μg-RE)
8,4
43
35
180
Vitamina D (μg)
0,12
0,65/0,75 (8)
0,5
2,5/3 (8)
Vitamina K (μg)
0,85
5
3,5
20
Vitamina C (mg)
0,54
5,25
2,25
22
Tiamina (mg)
0,015
0,12
0,06
0,5
Riboflavina (mg)
0,02
0,12
0,08
0,5
Vitamina B6 (mg)
0,02
0,12
0,08
0,5
Niacina (mg NE)
0,22
0,75
0,9
3
Acido folico (μg)
2,5
12,5
10
50
Vitamina B12(μg)
0,017
0,17
0,07
0,7
Acido pantotenico (mg)
0,035
0,35
0,15
1,5
Biotina (μg)
0,18
1,8
0,75
7,5
Vitamina E (mg α-TE)
0,5/g di acidi grassi polinsaturi espressi in acido linoleico e comunque non meno di 0,1 mg per 100 kJ disponibili
0,75
0,5/g di acidi grassi polinsaturi espressi in acido linoleico e comunque non meno di 0,5 mg per 100 kcal disponibili
3
Minerali
Sodio (mg)
7,2
42
30
175
Cloruro (mg)
7,2
42
30
175
Potassio (mg)
19
70
80
295
Calcio (mg)
8,4/12 (8)
42/60 (8)
35/50 (8)
175/250 (8)
Fosforo (mg)
7,2
19
30
80
Magnesio (mg)
1,8
6
7,5
25
Ferro (mg)
0,12
0,5
0,5
2
Zinco (mg)
0,12
0,36
0,5
1,5
Rame (μg)
15
125
60
500
Iodio (μg)
1,55
8,4
6,5
35
Selenio(μg)
0,6
2,5
2,5
10
Manganese (mg)
0,012
0,12
0,05
0,5
Cromo (μg)
0,3
3,6
1,25
15
Molibdeno (μg)
0,84
4,3
3,5
18
Fluoruro (mg)
—
0,05
—
0,2
(1) Regolamento delegato (UE) 2016/127 della Commissione, del 25 settembre 2015, che integra il regolamento (UE) n. 609/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le prescrizioni specifiche in materia di composizione e di informazione per gli alimenti per lattanti e gli alimenti di proseguimento e per quanto riguarda le prescrizioni relative alle informazioni sull'alimentazione dei lattanti e dei bambini nella prima infanzia, (cfr. la pagina 1 della presente Gazzetta ufficiale).
(2) Vitamina A preformata; RE = tutto il trans-retinolo equivalente.
(3) Niacina preformata.
(4) Equivalente di folato dalla dieta: 1 μg DFE (dietary folate equivalent) = 1 μg di folato dagli alimenti = 0,6 μg di acido folico dell'alimento a fini medici speciali.
(5) Basato sull'attività come vitamina E dell'RRR-α-tocoferolo.
(6) Il rapporto molare calcio/fosforo disponibile non deve essere inferiore a 1 né superiore a 2.
(7) Fosforo totale.
(8) Per i prodotti destinati a bambini di età compresa fra 1 e 10 anni.
ALLEGATO II
SOSTANZE ATTIVE DI CUI ALL'ARTICOLO 3, PARAGRAFO 3
Denominazione chimica della sostanza
Livello massimo di residui
(mg/kg)
Cadusafos
0,006
Demeton-S-metil/demeton-S-metil-solfone/ossidemeton-metile (singolarmente o in combinazione, espressi in demeton-S-metil)
0,006
Etoprofos
0,008
Fipronil (somma di fipronil e fipronil-desulfinil, espressi in fipronil)
0,004
Propineb/propilenetiourea (somma di propineb e propilenetiourea)
0,006
ALLEGATO III
SOSTANZE ATTIVE DI CUI ALL'ARTICOLO 3, PARAGRAFO 4
Denominazione chimica della sostanza (definizione del residuo)
Aldrin e dieldrin, espressi in dieldrin
Disulfoton (somma di disulfoton, solfossido di disulfoton e solfone di disulfoton, espressi in disulfoton)
Endrin
Fensulfothion (somma di fensulfothion, del suo analogo di ossigeno e dei loro solfoni, espressi in fensulfothion)
Fentin, espresso in cationi di trifenilstagno
Alossifop (somma di alossifop, dei suoi sali ed esteri compresi i coniugati, espressi in alossifop)
Eptacloro e trans-eptacloro epossido, espressi in eptacloro
Esaclorobenzene
Nitrofen
Ometoato
Terbufos (somma di terbufos, del suo solfossido e solfone, espressi in terbufos)
ALLEGATO IV
DENOMINAZIONE DI CUI ALL'ARTICOLO 4
Le denominazioni degli alimenti a fini medici speciali sono, rispettivamente:
—
in bulgaro: «Храни за специални медицински цели»,
—
in spagnolo: «Alimento para usos médicos especiales»,
—
in ceco: «Potravina pro zvláštní lékařské účely»,
—
in danese: «Fødevare til særlige medicinske formål»,
—
in tedesco: «Lebensmittel für besondere medizinische Zwecke (bilanzierte Diät)»,
—
in estone: «Meditsiinilisel näidustusel kasutamiseks ettenähtud toit»,
—
in greco: «Τρόφιμα για ειδικούς ιατρικούς σκοπούς»,
—
in inglese: «Food for special medical purposes»,
—
in francese: «Denrée alimentaire destinée à des fins médicales spéciales»,
—
in croato: «Hrana za posebne medicinske potrebe»,
—
in italiano: «Alimento a fini medici speciali»,
—
in lettone: «Īpašiem medicīniskiem nolūkiem paredzēta pārtika»,
—
in lituano: «Specialios medicininės paskirties maisto produktai»,
—
in ungherese: «Speciális gyógyászati célra szánt élelmiszer»,
—
in maltese: «Ikel għal skopijiet mediċi speċjali»,
—
in neerlandese: «Voeding voor medisch gebruik»,
—
in polacco: «Żywność specjalnego przeznaczenia medycznego»,
—
in portoghese: «Alimento para fins medicinais específicos»,
—
in rumeno: «Alimente destinate unor scopuri medicale speciale»,
—
in slovacco: «Potraviny na osobitné lekárske účely»,
—
in sloveno: «Živila za posebne zdravstvene namene»,
—
in finlandese: «Erityisiin lääkinnällisiin tarkoituksiin tarkoitettu elintarvike (kliininen ravintovalmiste)»,
—
in svedese: «Livsmedel för speciella medicinska ändamål». | Alimenti destinati a fini medici speciali
QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
Modifica i requisiti di etichettatura per gli alimenti destinati a fini medici speciali e introduce il divieto di presentare indicazioni nutrizionali e sulla salute per tali alimenti. Estende le regole per le formule per lattanti e formule di proseguimento per quanto riguarda l’etichettatura, la presentazione, la pubblicità e le prassi promozionali e commerciali degli alimenti destinati ai lattanti. Inoltre estende le norme sui pesticidi negli alimenti a fini medici speciali destinati ai lattanti e alla prima infanzia.
PUNTI CHIAVE
La direttiva abroga la direttiva 1999/21/CE. È un atto delegato che integra il regolamento (UE) n. 609/2013 sugli alimenti destinati a categorie specifiche.
Alimenti destinati a fini medici speciali:possono essere immessi sul mercato solo se conformi al presente regolamento; sono classificati in tre categorie:alimenti completi con una formulazione standard delle sostanze nutritive che possono rappresentare l’unica fonte di nutrimento o possono essere utilizzati per sostituire parzialmente o integrare l’alimentazione;alimenti completi con una formulazione delle sostanze nutritive adattata a una specifica malattia, un disturbo o uno stato patologico che possono rappresentare l’unica fonte di nutrimento o possono essere utilizzati per sostituire parzialmente o integrare l’alimentazione;alimenti incompleti dal punto di vista nutrizionale che non sono idonei a essere utilizzati come unica fonte di nutrimento. Pesticidi
Gli alimenti a fini medici speciali sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti e dei bambini nella prima infanzia non devono contenere pesticidi residui a livelli superiori a 0,01 mg/kg per sostanza attiva.
Etichettatura e informazioni sugli alimenti
gli alimenti a fini medici speciali devono essere conformi al regolamento (UE) n. 1169/2011 sull’etichettatura degli alimenti e devono essere riportate in etichetta le affermazioni o avvertenze (i primi quattro punti preceduti dalla dicitura «avvertenza importante») che specificano:che il prodotto deve essere utilizzato sotto controllo medico; se il prodotto è idoneo a essere utilizzato come unica fonte di alimentazione; se il prodotto è destinato a una specifica fascia di età; se il prodotto può comportare rischi per la salute di persone non affette dallo stato patologico per cui il prodotto è indicato; la menzione «Indicato per la gestione dietetica di…(patologia, disturbo o malattia per i quali il prodotto è previsto)»; precauzioni e controindicazioni; una descrizione di ciò che rende il prodotto utile in relazione alla malattia, al disturbo o allo stato patologico con riferimento alla particolare lavorazione e formulazione, alle sostanze nutritive e ai motivi dell’utilizzo del prodotto; un’avvertenza che il prodotto deve essere somministrato esclusivamente per via orale; istruzioni per la corretta preparazione, l’utilizzo e la conservazione del prodotto dopo l’apertura. Dichiarazione nutrizionaleLa dichiarazione nutrizionale obbligatoria, salvo alcune eccezioni specifiche, deve comprendere la quantità (ove appropriato) di minerali, vitamine, proteine (compresa la fonte e la natura), carboidrati, grassi e altre sostanze nutritive e dei relativi componenti. Le indicazioni nutrizionali e sulla salute non devono essere ripetute nell’etichettatura degli alimenti a fini medici speciali. Prescrizioni specifiche per gli alimenti a fini medici speciali sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattantiLe indicazioni obbligatorie devono essere fornite in una lingua facilmente comprensibile per i consumatori. L’etichettatura non deve riportare immagini di lattanti né altre immagini o diciture che possano idealizzare l’utilizzo del prodotto, con l’eccezione delle rappresentazioni grafiche che facilitano l’identificazione del prodotto o spiegano i metodi di preparazione. L’etichettatura deve essere concepita in modo tale da consentire ai consumatori di distinguere chiaramente tali prodotti dalle formule per lattanti. La pubblicità deve essere limitata alle pubblicazioni specializzate in puericultura e a quelle scientifiche. È vietata la pubblicità nei punti di vendita, la distribuzione di campioni o il ricorso ad altre forme di promozione intese a promuovere le vendite direttamente presso il consumatore nella fase del commercio al dettaglio. I produttori e i distributori non devono offrire direttamente al pubblico o alle donne incinte, alle madri e ai membri delle famiglie prodotti gratuiti o a basso prezzo, campioni o altri omaggi. Gli operatori del settore alimentare notificano all’autorità competente di ogni Stato membro in cui il prodotto in questione è commercializzato inviandole un modello dell’etichetta utilizzata per il prodotto e qualsiasi altra informazione richiesta per stabilire la conformità al presente regolamento.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA IL PRESENTE REGOLAMENTO?
Viene applicato dal 22 febbraio 2019, con l’eccezione degli alimenti a fini medici speciali sviluppati per soddisfare le esigenze nutrizionali dei lattanti, per i quali verrà applicato a partire dal 22 febbraio 2020.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, consultare:Alimenti destinati a fini medici speciali (Commissione europea) Domande frequenti: alimenti a fini medici speciali (Autorità europea per la sicurezza alimentare).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Regolamento delegato (UE) 2016/128 della Commissione, del 25 settembre 2015, che integra il regolamento (UE) n. 609/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le prescrizioni specifiche in materia di composizione e di informazione per gli alimenti destinati a fini medici speciali (GU L 25 del 2.2.2016, pag. 30).
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) n. 609/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 giugno 2013, relativo agli alimenti destinati ai lattanti e ai bambini nella prima infanzia, agli alimenti a fini medici speciali e ai sostituti dell’intera razione alimentare giornaliera per il controllo del peso e che abroga la direttiva 92/52/CEE del Consiglio, le direttive 96/8/CE, 1999/21/CE, 2006/125/CE e 2006/141/CE della Commissione, la direttiva 2009/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e i regolamenti (CE) n. 41/2009 e (CE) n. 953/2009 della Commissione (GU L 181 del 29.6.2013, pag. 35).
Le successive modifiche al Regolamento (UE) n. 609/2013 sono state integrate nel documento di base. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, che modifica i regolamenti (CE) n. 1924/2006 e (CE) n. 1925/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga la direttiva 87/250/CEE della Commissione, la direttiva 90/496/CEE del Consiglio, la direttiva 1999/10/CE della Commissione, la direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 2002/67/CE e 2008/5/CE della Commissione e il regolamento (CE) n. 608/2004 della Commissione (GU L 304 del 22.11.2011, pag. 18).
Si veda la versione consolidata.
Direttiva 2009/128/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria ai fini dell’utilizzo sostenibile dei pesticidi (GU L 309 del 24.11.2009, pag. 71).
Si veda la versione consolidata.
Direttiva 2006/141/CE della Commissione, del 22 dicembre 2006, riguardante gli alimenti per lattanti e gli alimenti di proseguimento che modifica la direttiva 1999/21/CE (GU L 401 del 30.12.2006, pag. 1).
Si veda la versione consolidata.
Regolamento (UE) n. 1924/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari (GU L 404 del 30.12.2006, pag. 9).
Si veda la versione consolidata.
Direttiva 2006/125/CE della Commissione, del 5 dicembre 2006, sugli alimenti a base di cereali e gli altri alimenti destinati ai lattanti e ai bambini (Versione codificata) (GU L 339 del 6.12.2006, pag. 16).
Direttiva 1999/21/CE della Commissione, del 25 marzo 1999, sugli alimenti dietetici destinati a fini medici speciali (GU L 91 del 7.4.1999, pag. 29).
Si veda la versione consolidata. | 16,243 | 44 |
32012D0443 | false | DECISIONE DEL CONSIGLIO
del 23 luglio 2012
indirizzata alla Spagna su misure specifiche atte a rafforzare la stabilità finanziaria
(2012/443/UE)
IL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA,
visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in particolare l’articolo 136, paragrafo 1, lettera b), in combinato disposto con l’articolo 126, paragrafo 6,
vista la proposta della Commissione europea,
considerando quanto segue:
(1)
L’articolo 136, paragrafo 1, lettera b), del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) prevede la possibilità di elaborare orientamenti di politica economica specifici concernenti gli Stati membri la cui moneta è l’euro.
(2)
Nella raccomandazione sul programma nazionale di riforma 2012 della Spagna e nel parere sul programma di stabilità della Spagna 2012-2015 (1), il Consiglio ha raccomandato alla Spagna di adottare provvedimenti al fine di «attuare la riforma del settore finanziario, e in particolare completare la ristrutturazione del settore bancario affrontando il problema delle istituzioni deboli rimanenti, presentando una strategia generale per gestire efficacemente le attività preesistenti nei bilanci delle banche e definendo un orientamento chiaro per il finanziamento e l’uso degli strumenti di sostegno».
(3)
L’abbondante disponibilità di finanziamento esterno a basso costo ha alimentato in Spagna negli anni 2000 una domanda interna trainata dal credito e una bolla speculativa, che si sono concentrate soprattutto sul settore immobiliare. Lo scoppio della bolla edilizia e immobiliare e la conseguente recessione economica hanno prodotto effetti negativi sul settore bancario spagnolo. Pertanto, alle banche spagnole è ormai ampiamente precluso, a eccezione di pochi enti creditizi di grandi dimensioni e diversificati sul piano internazionale, un accesso a prezzi abbordabili ai mercati del finanziamento all’ingrosso; esse sono pertanto estremamente dipendenti dal rifinanziamento dell’Eurosistema. Inoltre, la loro capacità di contrarre prestiti è ormai considerevolmente limitata dagli effetti dei declassamenti del rating sulla disponibilità di garanzie reali.
(4)
La considerevole contrazione dell’economia registrata negli ultimi anni, che influisce molto negativamente su occupazione e disoccupazione, ha determinato un grave deterioramento della posizione di bilancio della Spagna. Secondo l’aggiornamento delle previsioni della primavera 2012, preparato dai servizi della Commissione, le proiezioni indicano un disavanzo pubblico al 6,3 % del PIL nel 2012, rispetto al 5,3 % previsto nel programma di stabilità 2012 e nel progetto di legge finanziaria 2012. Nel 2011 il debito pubblico lordo è salito al 68,5 % del PIL e, stando all’aggiornamento delle previsioni della primavera 2012 preparato dai servizi della Commissione, si prevede che, a politiche invariate, aumenti all’80,9 % del PIL nel 2012 e all’86,8 % nel 2013, superando quindi il valore di riferimento del trattato ogni anno. I rischi associati allo scenario macroeconomico e agli obiettivi di bilancio, così come a ulteriori misure di salvataggio finanziario, potranno concorrere a un ulteriore aumento del debito pubblico. Alla luce di tale evoluzione il 10 luglio 2012 il Consiglio ha rivolto alla Spagna una raccomandazione a norma della procedura per i disavanzi eccessivi (PDE), volta a far cessare l’attuale situazione di disavanzo eccessivo entro il 2014.
(5)
Le autorità spagnole hanno adottato una serie di misure importanti per affrontare i problemi del settore bancario, fra cui: ripulitura dei bilanci delle banche, aumento dei requisiti patrimoniali minimi, ristrutturazione del settore delle casse di risparmio, innalzamento consistente degli obblighi di accantonamento per i prestiti connessi allo Sviluppo immobiliare (Real Estate Development — RED) e alle attività vincolate. Le misure si sono tuttavia rivelate insufficienti ad allentare la pressione dei mercati.
(6)
Nel febbraio 2011 le autorità spagnole hanno innalzato il requisito del coefficiente minimo di capitale («capital principal») all’8 % delle attività ponderate per il rischio delle banche, cui hanno concesso fino al settembre 2011 per conformarsi alla nuova regolamentazione. Per le banche più dipendenti dal finanziamento all’ingrosso e caratterizzate da un accesso limitato al mercato, il coefficiente minimo di capitale è stato portato al 10 %. Nel febbraio e nel maggio 2012 una nuova normativa ha imposto alle banche di costituire riserve e margini patrimoniali più consistenti per tutelarsi dalle eventuali perdite sui prestiti sia redditizi sia in sofferenza relativamente alle attività edilizie e immobiliari accumulate in passato. Il volume complessivo previsto di questi nuovi obblighi di copertura ammontava a circa 84 miliardi di EUR.
(7)
Fino all’aprile 2012 il contributo finanziario complessivo lordo dello Stato spagnolo (escluse le garanzie sulle emissioni di titoli) ammontava a circa 15 miliardi di EUR. Il sostegno finanziario è stato fornito attraverso il Fondo per la ristrutturazione bancaria ordinata (FROB), cui è stato conferito un capitale di 15 miliardi di EUR di cui 9 miliardi già versati. Lo Stato ha inoltre fornito garanzie alle emissioni di obbligazioni bancarie privilegiate per un importo intorno agli 86 miliardi di EUR (di cui garanzie in essere per circa 58 miliardi). Nonostante le capacità residue del FROB pari a tre volte la sua allocazione di capitale, le disponibilità del settore pubblico non saranno sufficienti a garantire un sostegno abbastanza ampio da permettere la richiesta ripulitura a livello sistemico nel settore bancario.
(8)
I timori relativi alla necessità di un’ulteriore ricapitalizzazione del settore bancario hanno contribuito ad aumentare le pressioni del mercato sui titoli di Stato spagnoli. I rendimenti dei titoli sovrani hanno raggiunto livelli abbondantemente superiori ai 500 punti base fra fine giugno e inizio luglio 2012, con conseguente aumento dei costi di finanziamento del settore sovrano spagnolo. L’aumento dell’onere per interessi rende più impegnativa la sfida del risanamento delle finanze pubbliche spagnole e della correzione del disavanzo eccessivo. La ristrutturazione completa e la ricapitalizzazione del settore bancario sono pertanto elementi importanti per l’alleggerimento della pressione sulle finanze pubbliche.
(9)
Il 25 giugno 2012 le autorità spagnole hanno chiesto ufficialmente assistenza finanziaria nel contesto del processo in corso di ristrutturazione e ricapitalizzazione del settore bancario del paese. L’assistenza è chiesta a titolo di assistenza finanziaria alla ricapitalizzazione degli istituti finanziari del Fondo europeo di stabilità finanziaria. L’assistenza fornita è subordinata a condizioni specifiche al settore finanziario, come previsto nel memorandum d’intesa (MoU) negoziato tra il governo spagnolo e la Commissione, di concerto con la Banca centrale europea (BCE) e l’Autorità bancaria europea (ABE), con l’assistenza tecnica del Fondo monetario internazionale (FMI). Essa comprenderà sia una condizionalità specifica per le banche, in linea con le norme in materia di aiuti di Stato, sia una condizionalità orizzontale. Parallelamente, la Spagna dovrà conformarsi pienamente ai propri impegni e obblighi nel quadro della PDE e delle raccomandazioni, volte ad affrontare gli squilibri macroeconomici, formulate nell’ambito del Semestre europeo.
(10)
Il miglioramento della resilienza a lungo termine del settore bancario spagnolo è essenziale per mantenere la stabilità finanziaria in Spagna e contenere il contagio dello stress finanziario preservando le altre economie della zona euro e, quindi, per scongiurare effetti negativi sul buon funzionamento dell’economia e dell’Unione economica e monetaria. Le misure significative adottate finora per risolvere tali problemi non si sono rivelate del tutto adeguate. Sono pertanto necessarie ulteriori misure. La Spagna dovrebbe, in particolare, attuare altre misure specifiche per risolvere in modo efficace la questione delle attività accumulate in passato, ripristinare la capacità di finanziamento sui mercati, limitare il ricorso al sostegno alla liquidità della banca centrale da parte delle banche e potenziare i meccanismi di individuazione dei rischi e gestione delle crisi.
(11)
Nell’ambito della strategia globale è fondamentale gestire efficacemente le attività accumulate in passato, imponendo una segregazione netta delle attività problematiche delle banche beneficiarie di sostegno mediante estromissione dai loro bilanci, in particolare per i prestiti connessi al comparto RED e per le attività vincolate. Tale segregazione fugherebbe gli ultimi dubbi sulla qualità dei bilanci delle banche, cui consentirebbe così di adempiere meglio la loro funzione di intermediazione finanziaria.
(12)
Un siffatto miglioramento della trasparenza dei bilanci delle banche può inoltre agevolare un ridimensionamento ordinato delle esposizioni delle banche nei confronti del settore immobiliare, ripristinare la capacità di finanziamento sui mercati e limitare il ricorso al sostegno alla liquidità della banca centrale da parte delle banche.
(13)
La definizione di un quadro solido per il settore bancario spagnolo implica il potenziamento dei meccanismi di individuazione dei rischi e di gestione delle crisi. Una strategia efficace dovrebbe prevedere modifiche atte a rafforzare il quadro di regolamentazione e di vigilanza alla luce delle esperienze maturate con la crisi finanziaria. Occorre inoltre potenziare il governo societario in linea con le migliori pratiche internazionali,
HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:
Articolo 1
1. La Commissione, in consultazione con la BCE, l’ABE e l’FMI, ha convenuto con le autorità spagnole le condizioni specifiche di politica nel settore finanziario cui è collegata l’assistenza finanziaria. Tali condizioni figurano nel memorandum d’intesa (MoU) che dovrà essere firmato dalla Commissione europea e dalle autorità spagnole. Le condizioni finanziarie sono stabilite nel dettaglio in un accordo sullo strumento di assistenza finanziaria.
La Spagna procede a una ricapitalizzazione adeguata e a una ristrutturazione profonda del suo sistema bancario. A tale scopo la Spagna sviluppa, coordinandosi con la Commissione europea e consultandosi con la BCE, una strategia per la struttura, il funzionamento e la sostenibilità economica futuri delle banche spagnole, che stabilirà in che modo garantire che siano in grado di operare senza ulteriore sostegno statale. Tale strategia sarà precisata ulteriormente nel MoU, in cui saranno ulteriormente elaborate le condizioni di politica contenute nella presente decisione.
2. Le componenti essenziali di tale strategia sono una revisione approfondita dei segmenti deboli del settore bancario spagnolo e il rafforzamento dei quadri di regolamentazione e di vigilanza nel settore bancario.
3. La revisione approfondita dei segmenti deboli del settore bancario spagnolo si articola nei tre elementi seguenti:
a)
individuazione del fabbisogno di capitale di ogni singola banca mediante un esame completo della qualità delle attività nel settore bancario e, su tale base, una prova di stress sulle singole banche. In base ai risultati della prova di stress, le banche che necessitano di un apporto di capitale saranno divise in tre gruppi, ognuno dei quali sarà soggetto all’obbligo di presentare piani di ristrutturazione e risoluzione e tutte le misure complementari e successive, come previsto nel MoU;
b)
per le banche deboli, ricapitalizzazione, ristrutturazione e/o risoluzione ordinata della crisi in base a piani atti a colmare gli eventuali deficit di capitale individuati nella prova di stress. Tali piani si fonderanno sui principi di sostenibilità economica, riducendo al minimo i costi per i contribuenti (ripartizione degli oneri) e limitando le distorsioni della concorrenza. A tal fine la Spagna adotterà atti legislativi intesi a i) consentire l’attuazione di piani riguardanti i crediti subordinati, comprese forme obbligatorie di ripartizione degli oneri, ii) potenziare il quadro di risoluzione nel settore bancario in modo da integrare i pertinenti poteri del FROB e del Fondo di garanzia dei depositi (FGD) in materia di risoluzione e tenendo conto della proposta di regolamentazione dell’UE sulla gestione delle crisi e la risoluzione nel settore bancario, compresi strumenti speciali di risoluzione delle banche non economicamente sostenibili;
c)
per le banche beneficiarie di sostegno pubblico nel processo di ricapitalizzazione, segregazione delle attività e cessione delle attività deteriorate a una società di gestione patrimoniale esterna, per realizzare il loro valore a lungo termine. La Spagna, in stretta consultazione con la Commissione, la BCE e l’ABE, nonché avvalendosi dell’assistenza tecnica dell’FMI, metterà a punto un quadro legislativo globale per l’istituzione e il funzionamento della società di gestione patrimoniale, al fine di renderla pienamente operativa entro il novembre 2012.
4. Per definire un quadro solido nel settore bancario, la Spagna provvede inoltre al rafforzamento dei quadri di regolamentazione e di vigilanza e al potenziamento della governance. La strategia e la condizionalità, delineate con precisione nel MoU, comprendono tra l’altro le misure seguenti:
a)
gli enti creditizi spagnoli sono tenuti ad aumentare ad almeno il 9 % il coefficiente del capitale di base di classe 1 conformemente alla definizione di capitale di cui all’esercizio di ricapitalizzazione dell’ABE;
b)
a partire dal 1o gennaio 2013, gli enti creditizi spagnoli sono tenuti ad applicare la definizione di capitale contenuta nel regolamento sui requisiti patrimoniali (Capital Requirements Regulation — CRR);
c)
è riveduto il quadro giuridico inerente al fondo perdite su crediti. Alla luce delle esperienze maturate con la crisi finanziaria, le autorità spagnole presentano, in particolare, proposte per rinnovare il quadro permanente del fondo perdite su crediti, tenendo conto sia delle misure temporanee introdotte negli ultimi mesi sia del quadro contabile dell’UE;
d)
è rafforzata ulteriormente l’autonomia operativa del Banco de España; in linea con le raccomandazioni e norme internazionali, i poteri di sanzionamento e di conferimento delle autorizzazioni nel settore bancario attualmente attribuiti al ministero dell’economia sono trasferiti al Banco de España;
e)
sono ulteriormente rafforzate le procedure di vigilanza del Banco de España sulla base di un audit interno;
f)
i dispositivi di governance delle agenzie della rete di sicurezza finanziaria (FROB e FGD) sono riveduti per evitare potenziali conflitti d’interesse;
g)
sono potenziate le norme sulla governance nel settore delle casse di risparmio e delle banche di proprietà delle casse di risparmio;
h)
è modificata la normativa sulla protezione dei consumatori e sui titoli al fine di limitare la vendita da parte delle banche di strumenti di debito subordinati (o di strumenti non coperti dall’FGD) a clienti al dettaglio non qualificati, ed è rafforzato il controllo di conformità da parte delle autorità;
i)
sono adottati provvedimenti per ridurre al minimo i costi per i contribuenti derivanti dalla ristrutturazione bancaria. Dopo l’attribuzione delle perdite agli azionisti, le autorità spagnole imporranno misure di ripartizione degli oneri ai detentori di capitale ibrido e di titoli di debito subordinato nelle banche che ricevono capitale pubblico;
j)
sono fissati massimali per i livelli di remunerazione dei membri dei consigli direttivi e di sorveglianza di tutte le banche che beneficiano di aiuti di Stato;
k)
è potenziato il registro pubblico dei crediti.
5. Le autorità forniscono alla Commissione, alla BCE, all’ABE e all’FMI, in condizioni di massima riservatezza, i dati necessari ai fini del controllo del settore bancario.
6. La Commissione, di concerto con la BCE e l’ABE, verifica a intervalli regolari, attraverso controlli in loco e relazioni periodiche elaborate dalle autorità spagnole, su base trimestrale, che siano soddisfatte le condizioni di politica cui è collegata l’assistenza finanziaria. Il monitoraggio delle attività del FROB nel contesto del programma avrà luogo a scadenze regolari.
Articolo 2
Il Regno di Spagna è destinatario della presente decisione.
Fatto a Bruxelles, il 23 luglio 2012
Per il Consiglio
La presidente
C. ASHTON
(1) GU C 219 del 24.7.2012, pag. 81. | Assistenza finanziaria alla Spagna
QUAL È LO SCOPO DELLA DECISIONE?
Ha approvato un programma di assistenza finanziaria volto ad aiutare la Spagna a ricapitalizzare e ristrutturare il proprio settore bancario.
PUNTI CHIAVE
Il programma di assistenza finanziaria concordato dai ministri delle Finanze della zona euro a luglio 2012 prevedeva finanziamenti da parte dei paesi della zona euro alla Spagna fino a 100 miliardi di euro per 18 mesi.
Quando il programma è terminato, a gennaio 2014, la Spagna aveva usato solo circa 38,9 miliardi di euro degli aiuti per ricapitalizzare le proprie banche e altri 2,5 miliardi di euro per capitalizzare la società spagnola di gestione patrimoniale, Sareb.
In cambio degli aiuti la Spagna, in consultazione con la Banca centrale europea (BCE), l’Autorità bancaria europea (ABE) e il Fondo monetario internazionale (FMI), doveva:
individuare il fabbisogno di capitale di ogni singola banca mediante un esame completo della qualità delle attività nel settore e una prova di stress sulle singole banche;
ricapitalizzare, ristrutturare e/o effettuare una risoluzione ordinata delle banche deboli, riducendo al minimo i costi per i contribuenti;
segregare le attività deteriorate delle banche beneficiarie di sostegno pubblico e cederle alla società di gestione patrimoniale Sareb;
rafforzare i suoi quadri di regolamentazione e di vigilanza e potenziare la governance.
Ogni tre mesi, la Commissione europea, la BCE e l’ABE hanno verificato che la Spagna rispettasse le condizioni cui gli aiuti erano subordinati.
Dopo che la Spagna ha abbandonato il programma nel dicembre del 2013, la Commissione ha continuato a monitorare l’economia e il settore finanziario spagnoli nell’ambito delle misure di vigilanza successive al programma stabilite nel regolamento (UE) n. 472/2013.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
Si applica dal 24 luglio 2012.
CONTESTO
Il 25 giugno 2012, il governo spagnolo ha richiesto assistenza finanziaria esterna a titolo del programma di assistenza finanziaria per la ricapitalizzazione degli istituti finanziari del Fondo europeo di stabilità finanziaria (FESF).
I capi di Stato e di governo presenti al Vertice della zona euro del 29 giugno 2012 hanno concordato che l’assistenza sarebbe di conseguenza arrivata dal meccanismo europeo di stabilità (MES), ma senza ottenere le stesse priorità per il rimborso di altri prestiti MES. Il memorandum d’intesa è stato firmato il 23 luglio. La sua piena attuazione ha tenuto conto di tutte le altre considerazioni pertinenti contenute nella dichiarazione del Vertice della zona euro del 29 giugno 2012.
Il funzionamento del programma è stato monitorato da vicino dalla Commissione e dalla BCE, parzialmente anche dall’ABE e dal FESF. È stato fortemente coinvolto anche l’FMI.
Per ulteriori informazioni, si veda:
«Il programma di aggiustamento del settore finanziario per la Spagna» (Commissione europea)
«Vigilanza successiva al programma per la Spagna» (Commissione europea).
DOCUMENTO PRINCIPALE
Decisione 2012/443/UE del Consiglio, del 23 luglio 2012, indirizzata alla Spagna su misure specifiche atte a rafforzare la stabilità finanziaria (GU L 202 del 28.7.2012, pagg. 17-20)
DOCUMENTI CORRELATI
Regolamento (UE) n. 407/2010 del Consiglio, dell’11 maggio 2010, che istituisce un meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (GU L 118 del 12.5.2010, pagg. 1-4)
Le successive modifiche al regolamento (UE) n. 407/2010 sono state integrate nel documento di base. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale.
Regolamento (UE) n. 472/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri nella zona euro che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria (GU L 140 del 27.5.2013, pagg. 1-10) | 6,205 | 362 |
32002D0621 | false | 2002/621/CE: Decisione dei segretari generali del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, del cancelliere della Corte di giustizia, dei segretari generali della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del rappresentante del Mediatore, del 25 luglio 2002, relativa all'organizzazione e al funzionamento dell'Ufficio di selezione del personale delle Comunità europee
Gazzetta ufficiale n. L 197 del 26/07/2002 pag. 0056 - 0059
Decisione dei segretari generali del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, del cancelliere della Corte di giustizia, dei segretari generali della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del rappresentante del Mediatoredel 25 luglio 2002relativa all'organizzazione e al funzionamento dell'Ufficio di selezione del personale delle Comunità europee(2002/621/CE)I SEGRETARI GENERALI DEL PARLAMENTO EUROPEO, DEL CONSIGLIO, DELLA COMMISSIONE, IL CANCELLIERE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA, I SEGRETARI GENERALI DELLA CORTE DEI CONTI, DEL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE, DEL COMITATO DELLE REGIONI E IL RAPPRESENTANTE DEL MEDIATORE,visto lo statuto dei funzionari delle Comunità europee e il regime applicabile agli altri agenti di tali Comunità, definiti nel regolamento (CEE, Euratom, CECA) n. 259/68 del Consiglio(1),vista la decisione del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, della Corte di giustizia, della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del Mediatore europeo, del 25 luglio 2002, che istituisce l'Ufficio di selezione del personale delle Comunità europee, in particolare l'articolo 5(2),considerando quanto segue:(1) In virtù dell'articolo 27 dello statuto, le istituzioni devono fare in modo che le assunzioni assicurino loro la collaborazione di funzionari dotati delle più alte qualità di competenza, rendimento e integrità, assunti secondo una base geografica quanto più ampia possibile tra i cittadini degli Stati membri delle Comunità, senza distinzione di razza, di credo politico, filosofico o religioso, di sesso o orientamento sessuale e indipendentemente dal loro stato civile o dalla loro situazione familiare.(2) L'allegato III dello statuto definisce all'articolo 1, punto 1, terzo comma, le competenze della commissione paritetica comune e, all'articolo 3, secondo comma, le modalità di designazione dei membri della giuria per l'organizzazione dei concorsi generali,DECIDONO:Articolo 1Compiti dell'Ufficio1. L'Ufficio è incaricato di organizzare concorsi generali al fine di garantire alle istituzioni delle Comunità europee i servizi di funzionari reclutati nelle migliori condizioni finanziarie e di professionalità. L'Ufficio stabilisce l'elenco dei candidati risultati idonei per consentire alle istituzioni l'assunzione di personale altamente qualificato e rispondente ai bisogni definiti dalle stesse istituzioni.2. Più in particolare, l'Ufficio ha i seguenti compiti:a) a richiesta di una singola istituzione organizza concorsi generali al fine di stabilire elenchi di idoneità per la nomina dei funzionari. I concorsi sono organizzati nel rispetto delle disposizioni dello statuto, sulla base dei criteri armonizzati fissati in conformità dell'articolo 6, lettera c) e del programma di lavoro approvato dal consiglio di amministrazione;b) agisce in stretta collaborazione con le istituzioni al fine di valutare le necessità future in materia di personale manifestate dalle istituzioni e di predisporre un programma di concorsi per rispondere a tali necessità nei tempi opportuni;c) mette a punto metodi e tecniche di selezione sulla base delle migliori pratiche e conformemente alle competenze richieste per le differenti categorie del personale delle istituzioni;d) gestione e controllo dell'utilizzo degli elenchi degli idonei stabiliti sulla base dei concorsi interistituzionali;e) presenta alle istituzioni relazioni annuali sulle sue attività.Articolo 2Responsabilità delle istituzioniL'autorità che ha il potere di nomina di ciascuna istituzione mette a disposizione dell'Ufficio un numero sufficiente di membri della giuria, assessori e sorveglianti sulla base delle "quote" approvate dal consiglio di amministrazione come previsto dall'articolo 6, lettera i), per consentire il corretto svolgimento delle procedure di selezione conformemente alle disposizioni dell'articolo 3 dell'allegato III dello statuto.Articolo 3Altri servizi1. Sulla base di un accordo tra il direttore dell'Ufficio e qualsiasi organo, ufficio o agenzia, l'Ufficio può organizzare procedure di selezione finalizzate all'assunzione di personale da parte di tale organo, ufficio o agenzia. Prima di concludere un tale accordo, il direttore dell'Ufficio chiede l'approvazione del consiglio di amministrazione. Ogni accordo di questo tipo deve includere le modalità finanziarie relative ai servizi forniti dall'Ufficio.2. Se del caso, l'Ufficio può fornire un sostegno tecnico nei concorsi interni organizzati dai singoli organi, istituzioni, uffici o agenzie.3. Su richiesta di un'istituzione, l'Ufficio organizza la procedura di selezione degli altri agenti al fine di stabilire elenchi di idonei e/o basi di dati a cui tutte le istituzioni possano attingere per l'assunzione di altri agenti.4. Queste attività sono incluse nel programma di lavoro dell'Ufficio conformemente all'articolo 6, lettera f), purché l'istituzione in questione presenti la domanda tempestivamente.Articolo 4Reclami e domande1. Il direttore dell'Ufficio esercita i poteri che sono conferiti all'autorità che ha il potere di nomina in virtù dell'articolo 90, dello statuto per tutte le domande o i reclami relativi ai compiti dell'Ufficio.2. In caso di reclami, il direttore dell'Ufficio, qualora intenda confermare la sua decisione iniziale, consulta il presidente del consiglio di amministrazione.3. L'Ufficio risponde alle domande inoltrate dal Mediatore europeo per tutte le questioni di sua competenza ai sensi della presente decisione.Articolo 5Consiglio di amministrazione1. È istituito un consiglio di amministrazione dell'Ufficio composto da un membro per ognuna delle istituzioni (designato dalle stesse) e tre rappresentanti del personale, in qualità di osservatori, nominati di comune accordo dai comitati del personale delle istituzioni.2. Il consiglio di amministrazione designa un presidente che viene scelto tra i suoi membri con votazione a maggioranza semplice e che resta in carica due anni.3. Il consiglio di amministrazione adotta il proprio regolamento interno con votazione a maggioranza semplice dopo averlo sottoposto all'esame delle istituzioni.4. Il consiglio di amministrazione si riunisce su iniziativa del presidente o su richiesta di uno dei membri.5. Quando il consiglio di amministrazione adotta una decisione a maggioranza semplice ogni istituzione dispone di un voto. In caso di parità il voto del presidente è decisivo.6. Quando il consiglio di amministrazione delibera a maggioranza qualificata, i voti sono ripartiti come segue tra le istituzioni: Commissione, 18 voti; Parlamento europeo, 7 voti; Consiglio, 7 voti; Corte di giustizia, 3 voti; Corte dei conti, 2 voti; Comitato economico e sociale: 2 voti; Comitato delle regioni, 2 voti; Mediatore europeo, 1 voto. La maggioranza qualificata è di 24 voti.Articolo 6Funzioni del consiglio di amministrazioneNell'interesse comune delle istituzioni, il consiglio di amministrazione svolge le seguenti funzioni:a) approva, a maggioranza qualificata, le norme di funzionamento dell'Ufficio;b) approva, a maggioranza semplice, la struttura organizzativa dell'Ufficio su proposta del direttore dello stesso;c) nel rispetto dell'accordo da concludere tra i segretari generali del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, il cancelliere della Corte di giustizia, i segretari generali della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e il rappresentante del Mediatore europeo relativo ai principi comuni di una politica armonizzata di selezione e di assunzione e ai principi di utilizzo degli elenchi degli idonei come pure delle disposizioni statutarie in materia, approva, a maggioranza qualificata sulla base delle proposte presentate dal direttore dell'Ufficio, i principi della politica di selezione che sarà messa in atto da quest'ultimo;d) nell'ambito della procedura di bilancio e deliberando a maggioranza semplice, redige, in base a un progetto elaborato dal direttore dell'Ufficio, uno stato di previsione delle entrate e delle spese dell'Ufficio, che trasmette poi alla Commissione affinché essa possa stabilire lo stato di previsione delle entrate e delle spese della Commissione; in questo stesso ambito propone alla Commissione gli adeguamenti dell'organico dell'Ufficio che esso ritiene necessari;e) approva, a maggioranza semplice, la natura e le tariffe delle prestazioni supplementari che l'Ufficio può effettuare a titolo oneroso per le istituzioni, gli organi, gli uffici e le agenzie, come pure le condizioni in cui tali prestazioni possono essere effettuate;f) sulla base di una proposta del direttore dell'Ufficio, approva all'unanimità il programma di lavoro e, in particolare, la pianificazione e il calendario dei concorsi da organizzare. Il programma di lavoro deve includere anche i servizi non connessi con i concorsi generali organizzati per le istituzioni, gli organi, gli uffici e le agenzie;g) approva, a maggioranza qualificata, in base a un progetto elaborato dal direttore dell'Ufficio, una relazione annua di gestione che riguarda in particolare tutte le voci di entrata e di spesa relative ai lavori effettuati e alle prestazioni fornite dall'Ufficio; anteriormente al 1o maggio di ogni anno, sulla scorta della contabilità analitica, trasmette alle istituzioni la relazione sull'esercizio precedente;h) approva, a maggioranza semplice, aggiornandola ogni tre anni, una ripartizione giusta ed equilibrata dei costi variabili e diretti da imputare a fini analitici a ciascuna delle istituzioni;i) sulla base delle necessità in materia di assunzioni, decide, a maggioranza semplice, le modalità in base alle quali ciascuna istituzione mette a disposizione dell'Ufficio un numero adeguato di membri di giuria, assessori e sorveglianti;j) approva, a maggioranza semplice, le condizioni alle quali l'Ufficio può concedere il suo accordo alle istituzioni per l'organizzazione di concorsi propri conformemente all'articolo 2, paragrafo 1, della decisione delle istituzioni.Articolo 7Nomina del personale1. L'Ufficio è guidato da un direttore nominato dalla Commissione, previo parere favorevole del consiglio di amministrazione espresso a maggioranza semplice. Il consiglio di amministrazione collabora fattivamente all'espletamento delle procedure necessarie prima della nomina del direttore, e in particolare alla redazione degli avvisi di posto vacante e all'esame delle candidature.2. Il direttore dell'Ufficio è l'autorità che ha il potere di nomina del personale dell'Ufficio.3. La Commissione, per quanto riguarda il direttore dell'Ufficio, e quest'ultimo per quanto riguarda il personale di cui è l'autorità che ha il potere di nomina, informano il consiglio di amministrazione delle nomine, della firma di contratti, delle promozioni o dell'adozione di provvedimenti disciplinari nei confronti dei funzionari e altri agenti.4. I funzionari di tutte le istituzioni delle Comunità sono informati in tempo utile dei posti vacanti presso l'Ufficio, non appena l'AIPN abbia deciso di coprire tali posti.5. Il direttore dell'Ufficio è designato per un periodo di cinque anni e il suo mandato è rinnovabile per una volta.Articolo 8Funzioni del direttore dell'Ufficio, gestione del personale1. Il direttore dell'Ufficio è responsabile del buon funzionamento dello stesso. Nell'ambito delle competenze del consiglio di amministrazione, il direttore agisce sotto l'autorità di quest'ultimo. Provvede al segretariato del consiglio di amministrazione e rende conto a quest'ultimo dell'esecuzione delle proprie funzioni, presentandogli qualsiasi suggerimento utile per il buon funzionamento dell'Ufficio.2. Le procedure amministrative relative alla gestione corrente del personale, segnatamente in ordine alle retribuzioni e ai congedi, alla cassa malattia, agli infortuni sul lavoro e al pensionamento, si applicano secondo le stesse modalità in vigore per i funzionari e gli agenti della Commissione. Tale elenco non è completo e l'Ufficio può concordare con la Commissione altri ambiti di intervento.Articolo 9Aspetti finanziari1. La dotazione dell'Ufficio, il cui importo complessivo è iscritto su una linea di bilancio particolare della sezione del bilancio relativa alla Commissione, è indicata in modo particolareggiato in un allegato della stessa sezione. Tale allegato reca uno stato delle entrate e delle spese, suddiviso nello stesso modo delle sezioni di bilancio.2. L'organico dell'Ufficio è allegato a quello della Commissione.3. Sulla base di una proposta del consiglio di amministrazione e per quanto riguarda la dotazione dell'Ufficio iscritta in allegato, la Commissione delega al direttore dell'Ufficio i poteri di ordinatore e fissa i limiti e le condizioni per l'esercizio di tale delega. Per quanto riguarda le prestazioni supplementari fornite dall'Ufficio a titolo oneroso, alla fine dell'esercizio il consiglio di amministrazione informa l'autorità di bilancio sulla ripartizione degli importi recuperati all'interno della linea di bilancio dell'allegato.4. La contabilità dell'Ufficio viene tenuta conformemente alle norme e ai metodi contabili stabiliti dal contabile della Commissione. L'Ufficio mantiene una contabilità separata delle entrate derivanti dalle prestazioni fornite a titolo oneroso.Articolo 10RiesameLa presente decisione viene riesaminata dopo un periodo di tre anni dall'istituzione dell'Ufficio.Articolo 11Data di entrata in vigoreLa presente decisione entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.Per il Parlamento europeoIl segretario generaleJ. PriestleyPer il ConsiglioIl segretario generale aggiuntoP. De BoissieuPer la CommissioneIl segretario generaleD. O'SullivanPer la Corte di giustiziaIl presidenteR. GrassPer la Corte dei contiIl segretario generaleM. HervéPer il Comitato economico e socialeIl segretario generaleP. VenturiniPer il Comitato delle regioniIl segretario generaleV. FalconeIl MediatoreJ. Söderman(1) GU L 56 del 4.3.1968, pag. 1.(2) Vedi pagina 53 della presente Gazzetta ufficiale. | Ufficio europeo di selezione del personale (EPSO)
QUAL È LO SCOPO DI QUESTE DECISIONI?
La decisione 2002/620/CE istituisce l’Ufficio europeo di selezione del personale (EPSO) responsabile per l’assunzione del personale delle istituzioni, agenzie e organi dell’UE. La decisione 2002/621/CE stabilisce le norme per l’organizzazione e il funzionamento dell’EPSO.
PUNTI CHIAVE
CompitiL’EPSO è responsabile del funzionamento del processo di selezione del personale per le istituzioni, le agenzie e gli organi dell’UE. A tal fine, organizza concorsi generali dai cui risultati stabilisce l’elenco dei candidati idonei. Agisce in stretta collaborazione con le istituzioni al fine di valutare le esigenze future in materia di personale e di predisporre un programma di concorsi per rispondere a tali necessità. Mette a punto metodi e tecniche di selezione sulla base delle migliori pratiche e conformemente ai profili di competenza richiesti. Gestisce e controlla l’utilizzo degli elenchi di candidati ritenuti idonei stabiliti sulla base dei concorsi. Procedure di selezioneCiascuna istituzione dell’UE deve mettere a disposizione dell’EPSO un numero sufficiente di membri della giuria, assessori e sorveglianti per consentire il corretto svolgimento delle procedure di selezione. La decisione di nominare i candidati idonei è presa dall’autorità con il potere di nomina dell’istituzione, agenzia o organo dell’UE pertinente. Servizi aggiuntivi
L’EPSO può inoltre:accordarsi per organizzare procedure di selezione finalizzate all’assunzione di personale da parte di qualunque organo, ufficio o agenzia. Prima di accordarsi in tal senso, il direttore dell’EPSO ha bisogno dell’approvazione del consiglio di amministrazione dell’EPSO. Ogni accordo di questo tipo deve includere le modalità finanziarie relative ai servizi forniti dall’EPSO; fornire sostegno tecnico nei concorsi interni organizzati dai singoli organi, istituzioni, uffici e agenzie; organizzare le procedure di selezione delle categorie diverse dai funzionari, come agenti contrattuali e agenti temporanei, e stabilire elenchi di candidati idonei. Consiglio di amministrazioneL’EPSO dispone di un consiglio di amministrazione composto da un membro per istituzione e da tre rappresentanti del personale, in qualità di osservatori, nominati dai comitati del personale delle istituzioni (sindacati). I compiti principali del consiglio di amministrazione comprendono:l’approvazione delle norme di funzionamento dell’EPSO e della sua struttura organizzativa;l’approvazione dei principi che disciplinano la politica di selezione dell’EPSO;l’approvazione delle tariffe dei servizi aggiuntivi forniti dall’EPSO;la decisione sulle modalità in base alle quali ciascuna istituzione mette a disposizione dell’EPSO un numero adeguato di membri di giuria, assessori e sorveglianti. Nomina del personale dell’EPSO
La Commissione europea nomina il direttore dell’EPSO previo parere favorevole del consiglio di amministrazione in merito al candidato. Il direttore è responsabile del corretto funzionamento dell’EPSO e della nomina del suo personale. Il direttore è designato per un periodo di 5 anni, rinnovabile per una volta.
Bilancio e contabilità
Il bilancio dell’EPSO rientra nella sezione del bilancio dell’UE relativa alla Commissione europea. La contabilità dell’EPSO deve essere tenuta conformemente alle norme e ai metodi contabili della Commissione. Deve mantenere una contabilità separata delle entrate derivanti dalle prestazioni fornite a titolo oneroso.
A PARTIRE DA QUANDO SI APPLICA LA DECISIONE?
Le decisioni 2002/620/CE e 2002/621/CE si applicano dal 26 luglio 2002.
CONTESTO
Per maggiori informazioni, consultare:Ufficio europeo di selezione del personale (Europa).
DOCUMENTI PRINCIPALI
Decisione 2002/620/CE del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, della Corte di giustizia, della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del Mediatore europeo, del 25 luglio 2002, che istituisce l’Ufficio di selezione del personale delle Comunità europee - Dichiarazione dell’Ufficio del Parlamento europeo (GU L 197 del 26.7.2002, pag. 53-55)
Decisione 2002/621/CE dei segretari generali del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, del cancelliere della Corte di giustizia, dei segretari generali della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del rappresentante del Mediatore europeo, del 25 luglio 2002, relativa all’organizzazione e al funzionamento dell’Ufficio di selezione del personale delle Comunità europee (GU L 197 del 26.7.2002, pag. 56-59)
Le successive modifiche alla direttiva 2002/621/UE sono state incorporate nel documento originale. La presente versione consolidata ha esclusivamente valore documentale. | 5,791 | 563 |
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